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AGGIORNAMENTO AL 31.03.2010 |
ã |
GURI - GUUE - BURL
(e anteprima) |
URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n.
13 del 30.03.2010, "Il Piano Territoriale
Regionale della Lombardia (2010) - Testo
integrato degli elaborati approvati (d.c.r.
del 19.01.2010, n. 951)" (comunicato
regionale 15.03.2010 n. 37 - link
a www.infopoint.it).
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Per vedere gli allegati del P.T.R.
cliccare qui. |
QUESITI &
PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
È consentito il trasporto eccezionale di
rifiuti propri non pericolosi con mezzi non
autorizzati? (link a
www.ambientelegale.it). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
C. Rapicavoli,
Trasmissione per via telematica dei
certificati di malattia (link a
www.ambientediritto.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
C. Contessa,
L’offerta economicamente più vantaggiosa:
brevi note su un istituto ancora in cerca di
equilibri (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
C. Baldi e D. Porfidia,
L’annullamento d’ufficio e ministeriale
degli atti amministrativi (link a
www.altalex.com). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
Pubblico impiego, i certificati medici
telematici.
A partire dal 19.06.2010 in caso di assenza
per malattia dei lavoratori pubblici, i
certificati medici dovranno essere inviati
esclusivamente per via telematica.
La nuova procedura è già attiva dal 19
marzo, ma si prevede un periodo transitorio
di tre mesi, durante il quale è ancora
possibile ai medici rilasciare il documento
in forma cartacea, per permettere a tutti di
abilitarsi e adattarsi alle nuove regole.
Il Ministero della salute, con decreto del
26.02.2010 pubblicato nella G.U. n. 65 del
19.03.2010, ha definito le modalità tecniche
per la predisposizione e l'invio telematico
dei dati delle certificazioni di malattia al
sistema di accoglienza centralizzata (SAC).
Trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione in
Gazzetta il medico curante può procedere
all'invio on line.
I lavoratori, quindi, non dovranno più
provvedere, entro i due giorni lavorativi
successivi all'inizio della malattia, ad
inviare tramite raccomandata o recapitare le
attestazioni di malattia alle proprie
amministrazioni.
Infatti l'invio telematico soddisfa tale
l'obbligo; rimane fermo, invece, l'obbligo
di segnalare tempestivamente la propria
assenza e l'indirizzo di reperibilità
all'amministrazione per i successivi
controlli medico fiscali (link a
www.governo.it). |
GIURISPRUDENZA |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Siti inquinati -
Obbligo di bonifica - Responsabile
dell’inquinamento - Profilo causale - Regola
del “più probabile che non” - Artt. 40 e 41
c.p. - responsabilità civile o
amministrativa.
Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di
bonifica dei siti inquinati grava in primo
luogo sull'effettivo responsabile
dell'inquinamento stesso, che le competenti
Autorità amministrative hanno l'obbligo di
individuare e ricercare, mentre la mera
qualifica di proprietario o detentore del
terreno inquinato non implica di per sé
l'obbligo di effettuazione della bonifica,
con la conseguenza che esso può essere posto
a suo carico solo se responsabile o
corresponsabile dell'illecito abbandono
(cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
16.06.2009, n. 3885).
Sotto il profilo causale, anche in campo
amministrativo-ambientale non può non valere
la regola, codificata nel processo civile
(nel leading case di cui alla pronuncia
della Cassazione civile, sez. un.,
11.01.2008, n. 581) del “più probabile
che non”.
Secondo tale regola, ai sensi degli art. 40
e 41 c.p., un evento è da considerarsi causa
di un altro se, ferme restando le altre
condizioni, il primo non si sarebbe
verificato in assenza del secondo; ma
l'applicazione di tale principio, temperato
dalla regolarità casuale, ai fini della
ricostruzione del nesso eziologico, va
applicata alla peculiarità delle singole
fattispecie normative di responsabilità
civile o amministrativa, dove muta la regola
probatoria.
Pertanto, mentre ai fini della
responsabilità penale vige la regola della
prova oltre il ragionevole dubbio, nel
processo civile, così come nel campo della
responsabilità civile o amministrativa, vige
la regola della preponderanza dell'evidenza
o del più probabile che non.
INQUINAMENTO - Siti
contaminati antecedentemente all’entrata in
vigore del d.lgs. n. 22/1997 - Natura di
illecito permanente della contaminazione.
La disciplina contenuta nel d.lgs.
05.02.1997, n. 22 e nel D.M. 25.10.1999, n.
471 è diretta a risanare anche i siti
contaminati antecedentemente all'entrata in
vigore di detta disciplina e che ancora
necessitano di interventi (cfr., ex
multis, TAR Lombardia, Milano, sez. I,
13.02.2001, n. 987), attesa la natura di
illecito permanente della contaminazione
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 24.03.2010 n. 1575 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Bonifica -
Proprietario dell’area non responsabile
dell’inquinamento - Intervento diretto del
comune - Facoltà di provvedere direttamente
- Onere reale e privilegio speciale
immobiliare.
La normativa in materia di inquinamento se,
da un lato, non consente di imporre alcun
obbligo di bonifica in capo al proprietario
dell’area che non sia anche responsabile
dell’inquinamento, dall’altro, prevede
espressamente che al proprietario intimato,
che non sia responsabile dell’inquinamento,
sia data la facoltà di provvedere
direttamente alla bonifica al fine di
evitare le conseguenze derivanti dai vincoli
che gravano sull’area sub specie di onere
reale e di privilegio speciale immobiliare
(Consiglio di Stato, sez. VI, 05.09.2005, n.
4525) e, quindi, l’esproprio.
L’intervento diretto del Comune per la
bonifica non presuppone, infatti,
l’accertamento della responsabilità del
proprietario, che non può sottrarsi allo
stesso, se non provvedendovi direttamente
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 19.03.2010 n. 1313 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono - Curatore
fallimentare - Obblighi ripristinatori -
Inconfigurabilità - Esecuzione d’ufficio in
danno dei soggetti obbligati - Insinuazione
al passivo fallimentare.
Nei confronti del curatore fallimentare non
è configurabile alcun obbligo
ripristinatorio in ordine all'abbandono dei
rifiuti in assenza dell’accertamento univoco
di un’autonoma responsabilità del medesimo
conseguente alla presupposta ricognizione di
comportamenti commissivi, ovvero meramente
omissivi, che abbiano dato luogo al fatto
antigiuridico.
All'Amministrazione competente, in difetto
della ascrivibilità soggettiva della
condotta preordinata allo scarico abusivo
dei rifiuti, residua la possibilità, alla
stregua di quanto stabilito dall'ultima
parte del III comma dell'art. 14 del d.lgs.
05.02.1997 n. 22, di procedere
all'esecuzione d'ufficio "in danno dei
soggetti obbligati ed al recupero delle
somme anticipate" che può avvenire
mediante insinuazione del relativo credito
nel passivo fallimentare (TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 19.03.2010 n. 700 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Misurazione dell’inquinamento acustico -
Tempo di riferimento
- Definizione - Tempo di osservazione -
Allegato A al D.M. 16.03.1998.
Nell’allegato A al d.m. 16.03.1998 rubricato
“tecniche di rilevamento e di misurazione
dell’inquinamento acustico”, il tempo di
riferimento viene definito come il ”periodo
della giornata all’interno del quale si
eseguono le misure”.
La stessa norma precisa poi che “la
durata della giornata è articolata in due
tempi di riferimento: quello diurno compreso
tra le h 6,00 e le h. 22,00 e quello
notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”.
La stessa norma definisce poi il tempo di
osservazione come il periodo di tempo
compreso nel tempo di riferimento nel quale
si verificano le condizioni di rumorosità
che si intendono verificare. Le norme in
esame non impongono quindi necessariamente
che il tempo di osservazione sia
circoscritto ad uno solo dei due periodi nei
quali si articola il tempo di riferimento
potendo le condizioni di rumorosità da
valutare perdurare per entrambi i periodi in
cui si articola il tempo di riferimento.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Rumore ambientale - Rumore residuo - Rumore
prodotto dalla sorgente disturbante.
Il rumore ambientale è costituito da tutte
le sorgenti di rumore esistenti in un dato
luogo e durante un determinato tempo.
Il rumore ambientale è costituito
dall’insieme del rumore residuo, dove per
tale si intende il rumore rilevato quando si
esclude la specifica sorgente disturbante, e
da quello che prodotto dalla specifica
sorgente disturbante.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Valore limite differenziale - Nozione -
Rumore trascurabile - Parametri.
Il valore limite differenziale è quel valore
dato dalla differenza tra il livello
equivalente di rumore ambientale e il rumore
residuo. Tenendo presente la definizione di
rumore residuo che è il rumore che residua
una volta eliminata la sorgente disturbante,
il valore differenziale esprime lo specifico
grado di inquinamento acustico della
specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale
esprime il contributo che una specifica
fonte dà al livello di inquinamento
generale. I valori limite sono di 5 db per
il periodo diurno e di 3 db per il periodo
notturno (art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997).
Tali valori differenziali non si applicano
quando comunque il rumore ambientale è al di
sotto di determinati valori e precisamente
50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A)
per il periodo notturno misurati a finestre
aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25
db (A) per il periodo notturno misurati a
finestre chiuse. Si tratta ovviamente di
limiti da applicarsi disgiuntamente nel
senso che anche il superamento di uno solo
di essi consente l’applicazione del valore
differenziale. Ciò è fatto palese dalla
circostanza che il rumore viene definito in
tali casi trascurabile.
Orbene è evidente che, essendo il rumore
sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile
non deve superare i parametri di cui sopra
per cui il superamento anche di uno solo di
essi implica l’applicazione dei valori
limite differenziali.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Autorizzazione di un pubblico esercizio -
Amministrazione - Potere di imporre le
prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse - Prescrizioni relative alle
emissioni sonore.
Il rilascio dell’autorizzazione di un
pubblico esercizio comprende il potere
dell’amministrazione di imporre le
prescrizioni necessarie nel pubblico
interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le
quali devono ritenersi comprese anche quelle
relative alle emissioni sonore (TAR Liguria,
Sez. I,
sentenza 15.03.2010 n. 1166 -
link a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE GESTIONALI:
INQUINAMENTO - Circolazione
stradale - Regolamentazione - Competenza -
Comandante della polizia locale - D.lgs. n.
285/1992.
Ai sensi del d.lgs. n. 285/1992, i
provvedimenti in materia di regolamentazione
della circolazione stradale sono attribuiti
alla competenza del Comandante della Polizia
locale (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.03.2010 n. 605 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Gare d’appalto: non sono
ammissibili offerte condizionate.
L’offerta condizionata non può costituire
per la Pubblica Amministrazione offerta
suscettibile di valutazione, meritando
pertanto di essere esclusa dalla procedura,
posto che essa non può essere ritenuta
offerta attendibile, univoca e idonea a
manifestare una volontà certa ed inequivoca
dell’impresa di partecipazione alla gara
(Cons. Stato, sez. V, 25.02.1991, n. 192;
Cons. Stato, Sez. V, 23.08.2004, n. 5583)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 25.01.2010 n. 248 - link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il professionista progettista non
può impugnare il diniego di permesso di
costruire.
Il professionista progettista non può
impugnare autonomamente un provvedimento con
il quale l’Amministrazione comunale abbia
negato un permesso di costruire relativo ad
un progetto dallo stesso professionista
predisposto (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.01.2010 n. 90 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI SERVIZI:
Controllo analogo nell’in house
providing: precisazioni.
Il "controllo analogo", inteso nei
sensi della "dottrina Teckal", non
postula necessariamente anche il
"controllo", da parte del socio pubblico,
sulla società e, in via consequenziale, su
tutta l’attività, sia straordinaria sia
ordinaria, da essa posta in essere,
assimilabile a quello, individuale,
delineato dai primi due commi dell’art. 2359
c.c., essendo, invece, sufficiente che il
controllo della mano pubblica sull’ente
affidatario sia effettivo, ancorché
esercitato congiuntamente e, deliberando a
maggioranza, dai singoli enti pubblici
associati.
Il requisito del controllo analogo non
sottende una logica "dominicale",
rivelando piuttosto una dimensione "funzionale":
affinché il controllo sussista anche nel
caso di una pluralità di soggetti pubblici
partecipanti al capitale della società
affidataria non è dunque indispensabile che
ad esso corrisponda simmetricamente un "controllo"
della governance societaria.
Il requisito del "controllo analogo"
postula un rapporto che lega gli organi
societari della società affidataria con
l’ente pubblico affidante, in modo che
quest’ultimo sia in grado, con strumenti
pubblicistici o con mezzi societari di
derivazione privatistica, di indirizzare "tutta"
l’attività sociale attraverso gli strumenti
previsti dall’ordinamento; risulta quindi
indispensabile che le decisioni più
importanti siano sempre sottoposte al vaglio
preventivo dell’ente affidante o, in caso di
in house frazionato, della totalità degli
enti pubblici soci.
È corretta e legittima la modalità
organizzativa dell’in house providing
c.d. frazionato, nel quale cioè la società
in house costituisce longa manus ed
organo di gestione del servizio per tante e
diverse amministrazioni ed è strumentale ad
una gestione associata ed economica della
attività dalle medesime prestate; in
sostanza, ciò che rileva ai fini della
legittimità dell’affidamento non è la
circostanza della configurabilità di un
controllo totale ed assoluto di ciascun ente
pubblico sull’intera società in house,
bensì l’esistenza di strumenti giuridici (di
diritto pubblico o di diritto privato)
idonei a garantire che ciascun ente, insieme
a tutti gli altri azionisti della società in
house, sia effettivamente in grado di
controllare ed orientare l’attività della
società controllata (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 29.12.2009 n. 8970 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: La
costruzione di un edificio non destinato
all’esercizio del culto, bensì destinato ad
ospitare la sede di una associazione
religiosa, non può ritenersi che tale opera
rientrante tra quelle qualificate come opere
di urbanizzazione secondaria, per cui
legittimamente il comune ha assoggettato la
sua realizzazione al pagamento degli oneri
concessori.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma,
lettera e), della legge 29.09.1964 n. 847
individua come opere di urbanizzazione
secondaria le “chiese ed altri edifici
religiosi” per le quali la successiva
legge n. 10 del 1977 prevede, secondo
determinate condizioni, l’esonero dal
pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la
costruzione della sede della Associazione
ricorrente, oggetto della concessione
edilizia impugnata in parte qua,
possa rientrare tra quelle opere di
carattere religioso, ossia destinate
all’esercizio del culto, per le quali la
norma prevede l’esenzione dal pagamento dei
contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che
essere negativa, solo si si consideri che la
sede della Associazione dei Testimoni di
Geova non può certo qualificarsi quale luogo
di culto o edificio religioso, ma ha
prettamente una destinazione di carattere
direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame
della costruzione di un edificio non
destinato all’esercizio del culto, bensì
destinato ad ospitare la sede di una
associazione religiosa, non può ritenersi
che tale opera rientri tra quelle
qualificate come opere di urbanizzazione
secondaria, per cui legittimamente il Comune
di Cerea ha assoggettato la sua
realizzazione al pagamento degli oneri
concessori
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 30.03.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il contributo per il rilascio
della concessione edilizia imposto dalla
legge 28.01.1977, n. 10 e commisurato agli
oneri di urbanizzazione, ha carattere
generale perché prescinde totalmente
dall’esistenza, o meno, delle singole opere
di urbanizzazione; esso ha natura di
prestazione patrimoniale imposta e viene
determinato indipendentemente sia
dall’utilità che il concessionario ritrae
dal titolo edificatorio sia dalle spese
effettivamente occorrenti per realizzare
dette opere.
Ai fini dell’esenzione del contributo di
costruzione, ex art. 9 l. 10/1977, occorre
che l’opera sia pubblica o di interesse
pubblico e sia realizzata da un ente
pubblico, non competendo essa alle opere
eseguite da soggetti privati, quale che sia
la rilevanza sociale dell’attività da essi
esercitata nella (o con la) opera edilizia
alla quale la concessione si riferisce.
Il contributo per il rilascio della
concessione edilizia (ora permesso di
costruire) imposto dalla legge 28.01.1977,
n. 10 (art. 3; v. ora art. 16 d.P.R.
06.06.2001, n. 380) e commisurato agli oneri
di urbanizzazione, ha carattere generale
perché prescinde totalmente dall’esistenza,
o meno, delle singole opere di
urbanizzazione; esso ha natura di
prestazione patrimoniale imposta e viene
determinato indipendentemente sia
dall’utilità che il concessionario ritrae
dal titolo edificatorio sia dalle spese
effettivamente occorrenti per realizzare
dette opere (cfr. Cons. St., sez. V,
06.05.1997, n. 462; per la natura tributaria
di tale prestazione, v., altresì, C.G.A.R.S.,
05.05.1999, n. 203).
Ora, per quanto riguarda il contributo di
costruzione da corrispondere per la
realizzazione di opere od impianti non
destinati ad usi residenziali l’art. 10,
legge 28.01.1977, n. 10 (v. ora art. 19
d.P.R. 06.06.2001, n. 380), prevede, al
comma 1, una esenzione da tale contributo
per le concessioni relative a costruzioni o
impianti destinati ad attività <<industriali
o artigianali dirette alla trasformazione di
beni ed alla prestazione di servizi>>,
mentre uguale esenzione non è prevista al
comma 2 per la concessione relativa a
costruzioni o impianti destinati <<ad
attività turistiche, commerciali e
direzionali>>.
Alla luce, dunque, sia del chiaro disposto
dell’art. 10 L. n. 10/1977, sia della
predetta natura tributaria della componente
in esame del contributo, sia della
tassatività dell’elencazione legislativa dei
casi di esenzione o di concessione edilizia
gratuita, deve ritenersi infondata la tesi
dell’appellante, secondo cui il
convenzionamento e la previsione
dell’assunzione di determinati oneri di
urbanizzazione, valgano di per sé ad
escludere il pagamento degli oneri di
urbanizzazione in sede di rilascio della
concessione edilizia, potendo incidere
finanche sull’obbligo tributario del
pagamento del contributo afferente al costo
di costruzione.
Il contributo controverso, dunque, come
sostenuto dal Comune appellato, deve essere
corrisposto nella misura prevista dall’art.
10, comma 2, L. n. 10/1977, in quanto le
costruzioni della società ricorrente,
odierna appellante, per la loro destinazione
ad uso commerciale, non sono esenti dal
pagamento di tale contributo.
Ai fini
dell’esenzione del contributo di
costruzione, ex art. 9 l. 10/1977, occorre
che l’opera sia pubblica o di interesse
pubblico e sia realizzata da un ente
pubblico, non competendo essa alle opere
eseguite da soggetti privati, quale che sia
la rilevanza sociale dell’attività da essi
esercitata nella (o con la) opera edilizia
alla quale la concessione si riferisce (cfr.
Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons.
St., sez. V, 19.09.1995, n. 1313; C.G.A.R.S.,
20.07.1999, n. 369); quanto, invece,
all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della
citata lett. f) per le <<opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati, in
attuazione di strumenti urbanistici>>,
occorre che si tratti di opera di
urbanizzazione specificamente indicata come
tale nello strumento urbanistico, anche
attuativo (cfr. Cons. St., sez. V,
21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V,
01.06.1992, n. 489) (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.12.2005 n. 7140 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai fini dell'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione,
prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977,
occorre il concorso di due presupposti, e
cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto
di concessione edilizia alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale e
l'esecuzione delle opere da parte di enti
istituzionalmente competenti, vale a dire da
parte di soggetti cui sia demandata in via
istituzionale la realizzazione di opere di
interesse generale.
Il beneficio della gratuità della
concessione edilizia previsto dall'art. 9,
lett. f), può essere concesso anche ad un
soggetto non pubblico, ma per conto di un
ente pubblico, come nella figura della
concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie ovvero nel
caso di un ente istituzionalmente
competente, cioè destinato, finalizzato e
creato per il perseguimento di interessi
generali, ricollegati a determinati bisogni
della collettività o di determinati gruppi
sociali.
Nell'ambito delle opere di urbanizzazione
secondaria consistenti in attrezzature
sanitarie non vi possono rientrare gli
edifici di proprietà privata sol perché
essi, poi, siano utilizzati per finalità
simili a quella propria degli edifici
pubblici; pertanto, non ricade
nell'esenzione dal contributo l'opera
costruita dall'imprenditore per la propria
attività d'impresa.
Passando all'esame del contenuto
dell'ipotesi di esenzione prevista dall'art.
9, lett. f), L. n. 10/1977, si osserva in
particolare che le opere di urbanizzazione,
ivi previste, sono unicamente quelle che, in
carenza di intervento del privato,
dovrebbero essere realizzate
dall'amministrazione comunale.
Anzi, di norma tali opere sono realizzate
dal soggetto pubblico; solo in alternativa,
ove un soggetto privato s'impegni ad
eseguirle, questi non viene gravato dal
pagamento del relativo contributo
concessorio.
Solo tali opere, per come sono configurate,
sono anche conteggiate ai fini della
verifica degli standards urbanistici di cui
all'art. 3 del D.M. n. 1444/1968,
trattandosi a tutti gli effetti di
attrezzature pubbliche.
Conformemente a tale natura, le suddette
opere sono di proprietà pubblica ab
origine, oppure lo diventano mediante
provvedimenti preordinati al loro acquisto,
anche mediante esproprio da parte della
stessa pubblica amministrazione.
In generale, tutte le opere di
urbanizzazione devono ritenersi escluse dal
contributo relativo al costo di costruzione
(TAR Lombardia, Milano, 11.11.1999 n. 3671).
Peraltro, come ha ben chiarito la
giurisprudenza, ai fini dell'esenzione dal
pagamento del contributo di costruzione,
prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977,
occorre il concorso di due presupposti, e
cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto
di concessione edilizia alla categoria delle
opere pubbliche o di interesse generale (nel
senso che deve trattarsi di impianti o
attrezzature che, quantunque non destinati
direttamente a scopi dell'amministrazione,
siano idonei a soddisfare bisogni della
collettività anche se realizzati e gestiti
da privati) e l'esecuzione delle opere da
parte di enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia
demandata in via istituzionale la
realizzazione di opere di interesse generale
(TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR
Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della
concessione edilizia previsto dall'art. 9,
lett. f), può essere concesso anche ad un
soggetto non pubblico, ma per conto di un
ente pubblico, come nella figura della
concessione di opera pubblica o in altre
analoghe figure organizzatorie (TAR
Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St.,
V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di
un ente istituzionalmente competente, cioè
destinato, finalizzato e creato per il
perseguimento di interessi generali,
ricollegati a determinati bisogni della
collettività o di determinati gruppi sociali
(TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che
l'opera sia di pubblico interesse e sia
realizzata da un ente pubblico, mentre non
compete alle opere eseguite da soggetti
privati, quale che sia la rilevanza sociale
dell'attività da essi esercitata nella (o
con la) opera edilizia alla quale la
concessione edilizia si riferisce (TAR
Toscana, citata); così, ad es., é stato
escluso che la realizzazione di un edificio
scolastico da parte di un privato possa
fruire dell'esenzione dal contributo
urbanistico (TAR Lombardia, Brescia,
20.06.2000 n. 554).
E' stato, invece, riconosciuto il diritto
all'esenzione per un soggetto concessionario
di servizi aeroportuali per la realizzazione
di strutture da adibire ad uffici per gli
spedizionieri in quanto opere di interesse
generale realizzate da ente
istituzionalmente competente, nella
considerazione che le predette strutture,
realizzate su aree demaniali, sarebbero
diventate, al termine della concessione, di
proprietà dello Stato (Cons. St., V,
04.05.1998 n. 492).
La giurisprudenza ha già affermato che,
nell'ambito delle opere di urbanizzazione
secondaria consistenti in attrezzature
sanitarie, non vi possono rientrare gli
edifici di proprietà privata sol perché
essi, poi, siano utilizzati per finalità
simili a quella propria degli edifici
pubblici; pertanto, non ricade
nell'esenzione dal contributo l'opera
costruita dall'imprenditore per la propria
attività d'impresa, considerato che il fine
dell'esenzione é quello di evitare una
contribuzione intimamente contraddittoria
(quale sarebbe quella per opere costruite a
carico della collettività) e non quella di
esonerare gli imprenditori dai costi
d'impresa (Cons. St., V, 19.05.1998 n. 617).
Ne consegue che le attrezzature sanitarie,
ancorché rientranti nel tassativo elenco
previsto dalla L. n. 847/1964, qualora siano
di proprietà privata, non possono comunque
essere annoverate tra le opere di
urbanizzazione secondaria.
In ogni caso, come esattamente osservato
dalla difesa dell'amministrazione, l'opera
di urbanizzazione, ai fini dell'applicazione
dell'esonero dal contributo concessorio,
deve essere qualificata come tale nello
strumento urbanistico dell'ente locale,
anche attuativo (Cons. St., V, 21.01.1997 n.
69); al contrario, nella fattispecie, lo
strumento urbanistico comunale destina
l'area a "servizi privati e pertinenze",
consentendo la realizzazione di strutture
private e non di opere di urbanizzazione
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 29.03.2010 |
ã |
QUESITI &
PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla necessità o meno di acquisire agli
atti il parere ASL sulle richieste di
permesso di costruire ex art. 20 del DPR n.
380/2001: il Ministero mette la parola
FINE??
(Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti,
Ufficio Legislativo,
nota e-mail del 16.03.2010). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI: Aspetti
applicativi del D.U.R.C.
(link a
www.mediagraphic.it). |
UTILITA' |
VARI: Incentivi
e semplificazioni per i lavori: i contenuti
del "Decreto-Legge Scajola".
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del
19.03.2010, ha approvato un Decreto Legge
che prevede incentivazioni economiche per
alcuni settori e semplificazioni per
l'esecuzione di alcuni lavori.
Per rendere operative le disposizioni del
decreto, illustrate nel seguito, è
necessario un decreto del Ministero dello
Sviluppo Economico da adottare entro 10
giorni dalla data di entrata in vigore del
Decreto Legge ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Le
linee guida ISPESL per l'esposizione ad
agenti fisici (rumore, vibrazioni,
radiazioni ottiche artificiali, etc.) nei
luoghi di lavoro.
Il Coordinamento tecnico delle Regioni, in
collaborazione con l'ISPESL, ha pubblicato
la revisione n. 02 delle linee guida per
l'applicazione delle disposizioni
sull'esposizione agli agenti fisici.
È disponibile, infatti, la l'edizione
aggiornata all'11.03.2011 del "Decreto
Legislativo 81/2008, Titolo VIII, Capo I, II
e III, IV, V sulla prevenzione e protezione
dai rischi dovuti all'esposizione ad agenti
fisici nei luoghi di lavoro – Indicazioni
Operative" ...
(link a www.acca.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Le
Linee guida per l'utilizzo delle terre e
rocce da scavo dalla regione Piemonte.
La gestione delle terre e rocce da scavo è
un argomento molto complesso, disciplinato,
attualmente, dall'art. 186 del D. Lgs.
152/2006 (così come modificato dal D.Lgs.
4/2008).
Nell'attività quotidiana scontrarsi con
queste problematiche è molto frequente:
qualsiasi attività edilizia infatti, anche
modesta, presuppone scavi e quindi
produzione di materiale di risulta che va
gestito nell'ambito del progetto.
Le norme, succedutesi nel tempo, che
disciplinano la materia sono molteplici e
diverse, non sempre concordanti, a volte
contraddittorie: non solo, i margini di
interpretazione delle stesse norme hanno
spesso condotto a interpretazioni degli
organi preposti al controllo e alla
vigilanza non univoche, anzi spesso assai
diverse fra loro ...
(link a www.acca.it). |
VARI: Dall'AEEG
il Testo unico per la produzione elettrica.
L'Autorità per l'Energia Elettrica ed il GAS
(AEEG) ha realizzato e reso disponibile il "Testo
unico ricognitivo della produzione elettrica",
un documento che raccoglie tutta le regole
sulla produzione elettrica.
Il Testo contiene anche tutte le principali
disposizioni adottate dall'Autorità relative
alla produzione di energia elettrica da
fonti rinnovabili e alla cogenerazione ad
alto rendimento.
Il testo si propone come un agile e completo
strumento di supporto per quanti operano nel
settore, rendendo disponibile una guida
esplicativa ed aggiornata dell'attuale
contesto di mercato per tutte le varie
tecnologie di generazione ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Comunicazione
del nominativo del Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza all'INAIL.
Il 31.03.2010 è il termine entro il quale è
necessario comunicare in via telematica
all'INAIL i nominativi dei rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza (RLS),
designati o eletti nel corso del 2009, solo
in caso di nuova nomina o designazione.
Con la circolare 25.08.2009, n. 43 l'INAIL,
infatti, ha definito le istruzioni per la
trasmissione dei nominativi dei
rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, nel rispetto delle modifiche
intervenute con la pubblicazione del
correttivo al Testo unico della sicurezza
sul lavoro ...
(link a www.acca.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI: G.U.
27.03.2010 n. 72 "Testo
del decreto-legge 25.01.2010, n. 2,
coordinato con la legge di conversione
26.03.2010, n. 42, recante: «Interventi
urgenti concernenti enti locali e regioni»". |
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
26.03.2010 n. 40 "Disposizioni urgenti
tributarie e finanziarie in materia di
contrasto alle frodi fiscali internazionali
e nazionali operate, tra l’altro, nella
forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere
», di potenziamento e razionalizzazione
della riscossione tributaria anche in
adeguamento alla normativa comunitaria, di
destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e
sostegno della domanda in particolari
settori" (D.L.
25.03.2010 n. 40).
---------------
N.B.: l'art. 5 sostituisce
l'art. 6 del D.P.R. 380/2001 dal titolo "Attività
edilizia libera". |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 12 del
25.03.2010, "Testo coordinato della L.R.
11.03.2005 n. 12 «Legge per il governo del
territorio»"
(testo
coordinato L.R. 11.03.2005 n. 12
- link a
www.infopoint.it). |
APPALTI: G.U.
20.03.2010 n. 66, suppl. ord. n. 56
(Autorità per la Vigilanza sui Contratti
Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture):
- "Regolamento in materia di esercizio
del potere sanzionatorio da parte
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture"
(deliberazione
02.03.2010);
- "Regolamento per la pubblicazione sul
sito web degli atti dell’Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture" (deliberazione
16.02.2010);
- "Requisiti di ordine generale per
l’affidamento di contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture ai sensi
dell’articolo 38 del decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, nonché per gli
affidamenti di subappalti. Profili
interpretativi ed applicativi" (determinazione
12.01.2010). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, Serie Inserzioni e Concorsi n. 9
del 03.03.2010, "Direzione Generale
Territorio e Urbanistica - Piani di Governo
del Territorio: indicazioni ai Comuni a
seguito dell'approvazione del Piano
Territoriale Regionale"
(comunicato
regionale 25.02.2010 n. 29 - link a
www.infopoint.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI - VARI: Normattiva,
la banca dati delle leggi italiane.
Dal 19.03.2010 è on line 'Normattiva'.
Si tratta di una banca dati, accessibile a
tutti e consultabile gratuitamente, che
contiene i testi delle leggi statali vigenti
aggiornate in tempo reale.
Le leggi presenti nella banca dati "Normattiva"
potranno essere consultate nel loro testo
originario, come pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale; nel testo vigente, e quindi
effettivamente applicabile, alla data di
consultazione della banca dati e nel testo
vigente a qualunque data pregressa indicata
dall'utente.
Il cittadino sarà aiutato con strumenti che
consentono la ricerca per concetti e per
classi di materie. Normattiva è il frutto
della collaborazione tra le principali
istituzioni dello Stato, con il
coordinamento del Ministro per la
semplificazione normativa.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il
Senato della Repubblica e la Camera dei
deputati -in collaborazione con la Corte di
Cassazione- curano gli adempimenti per la
realizzazione del programma e lo sviluppo
del sito. L'Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato ne cura la gestione e provvede
all'alimentazione della correlata Banca
Dati.
Normattiva, infatti, è anche un sito in
evoluzione. L'intero corpus della normativa
statale verrà inserito gradualmente, secondo
un programma già definito, e le funzionalità
di ricerca verranno progressivamente
arricchite. Attualmente sono disponibili per
i cittadini tutti gli atti normativi
pubblicati dal primo gennaio 1980 ad oggi
(link a www.governo.it). |
VARI: Il
decreto incentivi è in vigore. Una mappa
delle novità fiscali.
Approdato in Gazzetta Ufficiale il
provvedimento varato dal Consiglio dei
ministri la settimana scorsa.
Il Dl n. 40/2010, oltre alle misure a
sostegno della domanda in particolari
settori per le quali lo Sviluppo economico
indicherà le modalità di fruizione dei
contributi, contiene importanti disposizioni
in materia di lotta alle frodi
internazionali e riduzione del contenzioso,
e nuove regole per la notifica di atti ai
non residenti
(link a www.nuovofiscooggi.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: Allorché
il privato rinunci al permesso di costruire
o anche quando sia intervenuta la decadenza
del titolo edilizio sorge in capo alla p.a.
l’obbligo di restituzione delle somme
corrisposte a titolo di contributo per oneri
di urbanizzazione e costo di costruzione e
conseguentemente il diritto del privato a
pretenderne la restituzione.
Il diritto alla restituzione sorge non
solamente nel caso in cui la mancata
realizzazione delle opere sia totale ma
anche ove il permesso di costruire sia stato
utilizzato solo parzialmente.
L’avvalimento solo parziale delle facoltà
edificatorie consentite da un permesso di
costruire comporta il sorgere in capo al
titolare del diritto alla rideterminazione
del contributo ed alla restituzione della
quota di esso che è stata calcolata con
riferimento alla porzione non realizzata.
Il termine di prescrizione, nel restituire
la quota di contributo di costruzione
versata per mancata edificazione, comincia a
decorrere dal giorno in cui il diritto può
essere fatto valere, e, dunque, dalla data
in cui il titolare comunica alla
amministrazione la propria intenzione di
rinunciare al titolo abilitativo o dalla
data di adozione da parte della p.a. del
provvedimento che dichiara la decadenza del
permesso di costruire per scadenza dei
termini iniziali o finali o per l’entrata in
vigore delle previsioni urbanistiche
contrastanti.
Sulle somme indebitamente riscosse dalla
p.a., la ricorrente ha diritto agli
interessi legali, che, non essendovi
elementi per escludere la buona fede
dell’amministrazione, spettano dalla data
della domanda.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere
che, allorché il privato rinunci al permesso
di costruire o anche quando sia intervenuta
la decadenza del titolo edilizio -per
scadenza dei termini iniziali o finali o per
il sopravvenire di previsioni urbanistiche
introdotte o dallo strumento urbanistico o
da norme legislative o regolamentari,
contrastanti con le opere autorizzate e non
ancora realizzate- sorga in capo alla p.a.
l’obbligo di restituzione delle somme
corrisposte a titolo di contributo per oneri
di urbanizzazione e costo di costruzione e
conseguentemente il diritto del privato a
pretenderne la restituzione (cfr. TAR
Abruzzo, Pescara, 15.12.2006, n. 890; Cons.
Stato, sez. V, 22.02.1988, n. 105). Il
contributo concessorio è, difatti,
strettamente connesso all’attività di
trasformazione del territorio, quindi, ove
tale circostanza non si verifichi, il
relativo pagamento risulta privo di causa
cosicché l’importo versato va restituito
(Cons. Stato, sez. V, 12.06.1995, n. 894;
Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 12.03.2008, n.
2294).
Il Collegio è dell’avviso che il diritto
alla restituzione sorga non solamente nel
caso in cui la mancata realizzazione delle
opere sia totale ma anche ove il permesso di
costruire sia stato utilizzato solo
parzialmente, come è accaduto nel caso di
specie in cui è stato edificato solamente un
capannone industriale e non anche un
edificio uso ufficio, come, invece, previsto
nel titolo edilizio.
Sia la quota per oneri di urbanizzazione
-che compensa l’aggravio del carico
urbanistico della zona indotto dalla nuova
costruzione- che la quota per costo di
costruzione -che si giustifica per
l'aumentata capacità contributiva del
titolare ed è pertanto commisurata al valore
economico del costo di costruzione,
determinato sulla base di parametri
generali– sono, difatti, correlati, sia pur
sotto profili differenti, all’oggetto della
costruzione: la realizzazione solamente di
uno dei due edifici oggetto del permesso di
costruire non può che comportare una
riduzione dell’aggravio del carico
urbanistico della zona e manifestare una
minore capacità contributiva rispetto
all’ipotesi in cui entrambe le opere
assentite fossero edificate.
L’avvalimento solo parziale delle facoltà
edificatorie consentite da un permesso di
costruire comporta, pertanto, il sorgere in
capo al titolare, del diritto alla
rideterminazione del contributo ed alla
restituzione della quota di esso che è stata
calcolata con riferimento alla porzione non
realizzata.
Ai sensi dell’art. 2935 c.c., il termine di
prescrizione comincia a decorrere dal giorno
in cui il diritto può essere fatto valere,
e, dunque, dalla data in cui il titolare
comunica alla amministrazione la propria
intenzione di rinunciare al titolo
abilitativo o dalla data di adozione da
parte della p.a. del provvedimento che
dichiara la decadenza del permesso di
costruire per scadenza dei termini iniziali
o finali o per l’entrata in vigore delle
previsioni urbanistiche contrastanti.
Il Collegio non condivide quindi la
posizione assunta dalla amministrazione, non
potendo la prescrizione iniziare a decorrere
da un momento, quello del rilascio del
titolo edilizio, in cui il diritto alla
restituzione del contributo non è ancora
sorto non essendosi ancora verificati i
fatti impeditivi della edificazione sopra
richiamati.
Il principio affermato nella sentenza del
Consiglio di Stato, 13.06.2003, n. 3332,
richiamata dalla difesa dell’amministrazione
comunale non trova quindi applicazione nel
caso di specie: tale pronuncia,
nell’individuare nel rilascio della
concessione edilizia il momento da cui
inizia a decorrere la prescrizione, fa,
difatti, riferimento ad un diritto
differente rispetto a quello oggetto della
presente controversia, cioè quello del
Comune al pagamento del contributo.
Sulle somme indebitamente riscosse dalla
p.a., la ricorrente ha diritto agli
interessi legali, che, non essendovi
elementi per escludere la buona fede
dell’amministrazione, spettano dalla data
della domanda.
Non spetta, invece, il risarcimento del
maggior danno.
L'eventuale maggior danno, rispetto agli
interessi legali, richiesto a colui che
abbia ricevuto in buona fede un pagamento
indebito, ai sensi dell'art. 2033 c.c.,
riguarda il periodo successivo alla
presentazione della domanda; irrilevante, di
conseguenza, è l'allegazione e dimostrazione
di aver dovuto far ricorso ad oneroso
credito bancario in periodo precedente la
presentazione della domanda di restituzione
(Cassazione civile, sez. lav., 13.04.2007,
n. 8921).
La documentazione allegata dalla ricorrente
non può, quindi, ritenersi sufficiente ad
assolvere l’onere della prova in quanto
dimostra una situazione di difficoltà
economica della società ed il ricorso al
credito bancario in un momento antecedente
al 16.10.2001, data in cui la società
ricorrente ha domandato al Comune la
restituzione dei quanto indebitamente
corrisposto
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.03.2010 n. 728 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In sede di gara, l'unica
verbalizzazione riferita a più sedute non è
illegittima quando segua il compimento delle
attività rappresentate entro un termine
ragionevolmente breve.
L'unica verbalizzazione riferita a più
sedute, non è di per sé illegittima a
condizione che la verbalizzazione non
contestuale segua il compimento delle
attività rappresentate entro un termine
ragionevolmente breve, tale da scongiurare
gli effetti negativi della naturale tendenza
alla dispersione degli elementi informativi;
in ogni caso, sul giudicante grava sempre
l'obbligo di verificare, previo esame della
fattispecie concreta, se la verbalizzazione
unica e differita abbia determinato un
vulnus apprezzabile degli interessi in gioco
(Cons. Stato, V, 278/2009; V, 4463/2005)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.03.2010 n. 1589 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI: La
decisione di agire e resistere in giudizio
compete in via ordinaria e salva deroga
statutaria, al rappresentante legale
dell'ente senza bisogno di autorizzazione
della giunta o del dirigente ratione
materiae competente.
Non può condividersi il rilievo secondo cui
il Sindaco alla data della sottoscrizione
del ricorso (27 agosto 1999) non aveva alcun
potere di conferire il mandato al difensore,
essendo intervenuta la relativa
autorizzazione da parte della G.M. solo in
data 1° settembre 1999.
In realtà, dagli articoli 36 e 35 della
legge 142/1990, poi trasfusi negli artt. 48,
comma 2, e 50, commi 2 e 3, del t.u. sugli
ordinamenti degli enti locali, approvato con
d.lgs. 267/2000, si evince il principio
secondo cui competente a conferire al
difensore del Comune la procura alle liti è
il Sindaco, non essendo più necessaria
l'autorizzazione della Giunta municipale,
atteso che al Sindaco è attribuita la
rappresentanza dell'Ente (cfr. Cass. Civ.,
Sez. Un., 10.05.2001, n. 186; 10.12.2002, n.
17550).
La decisione di agire e resistere in
giudizio e il conseguente conferimento del
mandato alle liti competono quindi, in via
ordinaria e salva deroga statutaria, al
rappresentante legale dell'ente senza
bisogno di autorizzazione della giunta o del
dirigente ratione materiae competente
(Cons. Stato, sez. V, 07.09.2007, n. 4721 e
16.02.2009 n. 848) (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 18.03.2010 n. 1588 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
Amministrazioni restano libere di stabilire
altra documentazione da richiedere, a pena
di esclusione, a preventiva giustificazione
dell'anomalia dell'offerta.
Osserva la
Sezione che le regole della gara sono
dettate dalla lex specialis e che una
clausola di richiesta di giustificazioni
preventive, anche ulteriori rispetto a
quelle indicate nell’ art. 86 e 87 del
codice degli appalti, come recentemente
rilevato da questo Consiglio di Stato, non
si pone, per quel che qui rileva, in
contrasto con alcuna disposizione normativa,
interna o comunitaria (Cons. Stato, Sez. VI,
06.03.2009 n. 1348).
In particolare, l'art. 86, comma 5, del
codice degli appalti, nella formulazione
vigente al momento del bando di gara prevede
la presentazione da parte delle imprese di
giustificazioni sin dalla formulazione
dell'offerta e l'elenco della documentazione
che può essere richiesta, contenuto nel
successivo art. 87 comma 2, è fatto solo "a
titolo esemplificativo".
Ciò significa che le Amministrazioni restano
libere di stabilire altra documentazione da
richiedere, a pena di esclusione, a
preventiva giustificazione dell'anomalia
dell'offerta.
Come rilevato dalla giurisprudenza, la
presentazione preventiva di giustificazioni
risponde a finalità di semplificazione ed
accelerazione della procedura di gara
essendo garanzia di serietà della offerta,
scongiurando il pericolo che le
giustificazioni vengano ricostruite solo ex
post anziché essere realmente esistenti al
momento della formulazione della offerta
(cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. n.
399/2006).
La ragionevolezza della prescrizione risiede
nel fatto che solo l’offerente che abbia
esposto con completezza i costi delle
singole voci che compongono la lavorazione
dimostra di avere la piena consapevolezza
dell’impegno che assume presentando
l’offerta.
Né le giustificazioni delle offerte possono
consistere nelle semplici indicazione dei
prezzi rappresentando invece una
elaborazione concettuale da documentare
debitamente riferita alle singole voci di
spesa.
D’altro canto la clausola di esclusione, una
volta entrata a far parte della lex
specialis, non può essere disapplicata
con l’effetto che sussiste l’obbligo per la
stazione appaltante di escludere dalla
procedura di gara l’impresa che non l’abbia
rispettata.
Ed invero l’impresa che ha presentato una
offerta non corredata dalle giustificazioni
per oltre 300 voci di prezzo dimostra di non
avere analizzato con sufficiente attenzione
il lavoro da eseguire e l’onere che esso
comporta e ciò indipendentemente dal fatto
che tale prezzo, ad una successiva ipotetica
verifica, possa rilevarsi congruo.
Infine è vero che, nella normativa qui
applicabile, le giustificazioni a corredo
della offerta hanno natura diversa da quelle
previste in sede di verifica della anomalia,
ma è altrettanto vero che ciò non giustifica
la violazione della norma della lex
specialis (con la presentazione di
giustificazioni iniziali gravemente carenti)
e la conseguente vincolata esclusione dalla
gara, tanto più se la verifica di anomalia,
come nella specie, risulti facoltativa
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1530 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Nell'ambito del lavoro
subordinato pubblico le mansioni superiori
svolte da un dipendente sono irrilevanti ai
fini economici, giuridici e di progressione
di carriera.
La giurisprudenza ha da tempo rilevato (ex
multis, con specifico riferimento ai
dipendenti comunali, Cons. Stato, V,
10.02.2004 n.451; V, 10.08.2000 n. 4399) che
nell'ambito del lavoro subordinato pubblico
e salvo che la legge non disponga
espressamente altrimenti, le mansioni svolte
da un dipendente, superiori a quelle
corrispondenti alla qualifica formalmente
posseduta, sono irrilevanti ai fini
economici, giuridici e di progressione di
carriera, in quanto, per un verso ed a
differenza dell'impiego privato, gli
interessi coinvolti nel rapporto di pubblico
impiego sono indisponibili e le qualifiche e
le mansioni non sono oggetto di libere
determinazioni dei funzionari
amministrativi, sotto altro profilo,
l'indennità per lo svolgimento di mansioni
superiori non può considerarsi spettante
neppure in base all'art. 2041 c.c., atteso
che le norme imperative che fissano le
retribuzioni dei pubblici dipendenti
accordano specifiche azioni in presenza dei
relativi presupposti, sicché non è
configurabile la proponibilità dell'azione
sussidiaria di arricchimento senza causa
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1510 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: L’occupazione
senza titolo di un terreno di un privato
rappresenta un illecito permanente, dal
quale non può decorrere il termine
quinquennale di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno.
Si chiedeva, nella controversia in esame, la
restituzione delle aree occupate da un
Comune sardo per la realizzazione del campo
di calcio comunale ed in via subordinata il
risarcimento per equivalente ed il
risarcimento di tutti i danni connessi
all’illegittima occupazione.
Il Comune, al contrario, si opponeva alla
restituzione dell’area in quanto sulla
stessa era stata oramai realizzata l’opera
pubblica, ritenendo che ai sensi
dell’articolo 43 del DPR 08.06.2001 n. 327,
gli interessati potessero ottenere soltanto
il risarcimento dei danni.
Il principio dell’occupazione acquisitiva,
per effetto della realizzazione di un’opera
pubblica sul terreno occupato, è stato
riconsiderato dal Consiglio di Stato con le
sentenze A.P., 29.04.2005 n. 2 e sez. IV,
21.05.2007 n. 2582, che il Tribunale
Amministrativo per la Sardegna condivide,
nella quale ultima è stato ribadito che tale
modalità di acquisto della proprietà “non è
conforme ai principi della Convenzione
Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una
diretta rilevanza nell’ordinamento interno,
poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della
Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di
Maastricht (modificato dal Trattato di
Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti
fondamentali quali sono garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, ... in quanto principi
generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU
(che ha più volte riaffermato i principi
enunciati dalla Sez. II, 30.05.2000, ric.
31524/96, già segnalata in data 29.03.2001
dall’Adunanza Generale di questo Consiglio,
con la relazione illustrativa del testo
unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del
2001), si è posta in diretto contrasto con
l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la
prassi interna sulla ‘espropriazione
indiretta’, secondo cui
l’Amministrazione diventerebbe proprietaria
del bene, in assenza di un atto ablatorio
(cfr. CEDU, Sez. IV, 17.05.2005; Sez. IV,
15.11.2005, ric. 56578/2000; Sez. IV,
20.04.2006).
Nella sentenza, segnalano i giudici isolani,
si afferma anche che “dalla Convenzione
europea e dal diritto comunitario già emerge
il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione
indiretta’ o ‘sostanziale’, pur
in assenza di un idoneo titolo, previsto
dalla legge.”
L’acquisto della proprietà del terreno
occupato, precisa il Consiglio di Stato, può
quindi avvenire in forza dell’art. 43 del
D.P.R. 08.06.2001 n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica
utilità) che al primo comma così dispone:
“Valutati gli interessi in conflitto,
l'autorità che utilizza un bene immobile per
scopi di interesse pubblico, modificato in
assenza del valido ed efficace provvedimento
di esproprio o dichiarativo della pubblica
utilità, può disporre che esso vada
acquisito al suo patrimonio indisponibile e
che al proprietario vadano risarciti i
danni”.
Dalla riportata disposizione emerge il
principio per il quale l’occupazione sine
titulo, costituisce un illecito che
obbliga il responsabile a restituire il
suolo ed a risarcire il danno cagionato,
salvo il potere dell’Amministrazione di
adottare un provvedimento di acquisizione
del bene al proprio patrimonio, per
sottrarsi all’obbligo di restituzione. In
alternativa, ai sensi del 3° comma dell’art.
43, l'amministrazione può chiedere in
giudizio che il giudice amministrativo
disponga la condanna al risarcimento del
danno, con esclusione della restituzione del
bene senza limiti di tempo.
In altri termini, precisa il Consiglio, “a
parte l’applicabilità della disciplina
civile sull’usucapione (per la quale il
possesso ultraventennale fa acquistare
all’Amministrazione il diritto di proprietà
pur in assenza dell’atto di natura ablatoria),
l’art. 43 testualmente preclude che
l’Amministrazione diventi proprietaria di un
bene in assenza di un titolo previsto dalla
legge”.
L’occupazione senza titolo di un terreno di
un privato rappresenta un illecito
permanente, da cui non può, quindi,
conseguire il passaggio della proprietà in
capo all’Ente Pubblico e conseguentemente
non può decorrere il termine quinquennale di
prescrizione del diritto al risarcimento del
danno.
Pertanto, concludono i giudici sardi,
ancorché l’occupazione del terreno dei
ricorrenti risalga ad anni antecedenti
l’entrata in vigore del T.U. sulle
espropriazioni, i riportati principi
desumibili dall’art. 43, si applicano anche
al caso di specie.
Infatti l’art. 43 “si riferisce a tutti i
casi di occupazione sine titulo, anche a
quelle sussistenti alla data di entrata in
vigore del testo unico” (cfr. Cons.
stato 2582/2007 cit.) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 16.03.2010 n. 303 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: E'
legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una Stazione Appaltante nei
confronti della concorrente che si sia resa
inadempiente nell'ambito di una precedente
gara e non l'abbia dichiarato ai sensi
dell'art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006.
E’ legittimo il provvedimento di esclusione
adottato dalla Stazione Appaltante nei
confronti della concorrente che, pur avendo
presentato le dichiarazioni di cui all’art.
38, comma 1, D.Lgs. 163/2006, attestando
così il possesso pieno dei requisiti di
ordine professionale morale economico e
tecnico amministrativo, aveva omesso di
comunicare gravi inadempienze commesse
nell'ambito di una precedente gara, indetta
da una diversa amministrazione.
L'articolo 38, comma 1, lettera e),
stabilisce che “sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti … e non
possono stipulare i relativi contratti i
soggetti … f) che, secondo motivata
valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso un grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara; o che hanno commesso un errore grave
nell'esercizio della loro attività
professionale, accertato con qualsiasi mezzo
di prova da parte della stazione appaltante”.
Nel caso di specie, la concorrente esclusa
aveva omesso di dichiarare di aver subìto,
in qualità di aggiudicataria di una
precedente gara, la risoluzione del
contratto stipulato con l’Ente
amministratore, per essersi resa gravemente
inadempiente degli obblighi derivanti dal
contratto, in quanto aveva fornito materiale
difforme dalle campionature previste
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.03.2010 n. 1500 -
link a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La demolizione rappresenta la
sanzione principale, la sanzione pecuniaria
è secondaria avviene in ipotesi circoscritte
e oggettive.
Nel caso affrontato dai giudici della quarta
sezione, ad un ordine di demolizione
conseguente alla mancata accettazione di una
richiesta di condono in sanatoria, il
destinatario del provvedimento si opponeva
chiedendo in alternativa l'applicazione
della sanzione pecuniaria prevista da una
normativa regionale.
Ad avviso dei giudici, non può accogliersi
la diversa impostazione, pure propugnata in
giurisprudenza, in forza della quale
l’ordine di demolizione emanato ai sensi
dell’art. 34 cit., costituirebbe una
semplice diffida al trasgressore con la
conseguenza che la scelta fra la demolizione
d’ufficio e la irrogazione della sanzione
pecuniaria atterrebbe ad un momento e ad un
procedimento successivo ed autonomo rispetto
alla diffida stessa (cfr. Cons. St., sez. II,
14.02.2007, n. 10509/2004; sez. VI,
28.02.2000, n. 1055).
Il collegio invece non intende non
discostarsi dalla tesi che riconosce alla
demolizione la funzione di sanzione
principale, a contenuto ripristinatorio
dello status quo ante, consentendo
l’applicazione della sanzione pecuniaria in
ipotesi circoscritte ed oggettive (cfr. da
ultimo Cons. St., sez. V, 20.03.2007, n.
1325; sez. V, 18.12.2002, n. 7030; Cass. pen.,
sez. III, 02.10.2002, Pizzuti).
Dal punto di vista della struttura, infatti,
il procedimento sanzionatorio disciplinato
dall’art. 34 (sulla falsariga di quanto
divisato dall’art. 33 cit.), appare
unitario; sotto il profilo funzionale, la
decisione dell’amministrazione di infliggere
la misura pecuniaria non costituisce deroga
al carattere obbligatorio e vincolato
dell’esercizio del potere repressivo: che si
debba ripristinare la legalità violata, a
tutela dell’ordinato assetto del territorio,
è fuori dubbio; nello schema legale, l’alternatività
si appunta sul contenuto della sanzione,
consentendo l’inflizione della pena
pecuniaria solo in presenza della
impossibilità di demolire; tale valutazione
tecnica, rimessa in via esclusiva
all’autorità amministrativa, non può che
essere effettuata, sul piano logico e
cronologico, prima dell’emanazione
dell’ordine demolitorio rivolto al privato.
La circostanza che, scaduto infruttuosamente
il termine per l’adempimento spontaneo della
misura ripristinatoria, quest’ultima venga
realizzata d’ufficio, non consente di
configurare un nuovo ed autonomo
procedimento avente finalità e presupposti
diversi: il ripristino dello stato dei
luoghi a cura dell’amministrazione, infatti,
costituisce una semplice modalità attuativa
della già inflitta sanzione demolitoria, non
il momento culminante dell’esercizio del
potere repressivo (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 12.03.2010 n. 1469 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul potere delle Stazione
Appaltante in ordine al giudizio di
congruità dell'offerta anomala.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione di
un potere tecnico-discrezionale
dell'Amministrazione di per sé insindacabile
in sede di legittimità, salva l'ipotesi in
cui le valutazioni siano manifestamente
illogiche o fondate su insufficiente
motivazione o affette da errori di fatto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.03.2010 n. 1414 -
link a
www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se l’intervento di
ristrutturazione edilizia conduce alla
realizzazione di un edificio da considerare
come nuova costruzione rispetto a quella
preesistente, si applica l’art. 41-sexies
della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità
degli spazi da destinare a parcheggio.
Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di
rilevare che “Se l’intervento di
ristrutturazione edilizia conduce alla
realizzazione di un edificio da considerare
come nuova costruzione rispetto a quella
preesistente, si applica l’art. 41-sexies
della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità
degli spazi da destinare a parcheggio"
(Cons. Stato, Sezione V, 22.06.1998 n. 921)
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2010 n. 1339 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La nozione di ristrutturazione si
distingue pur sempre da quella di nuova
costruzione per la necessità che la
ricostruzione sia identica per sagoma,
volumetria e superficie al fabbricato
demolito.
La ricostruzione di un rudere non è
ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione
edilizia e men che meno di risanamento
conservativo (come dedotto dai
controinteressati nelle memoria difensiva),
integrando in sostanza un’attività di nuova
costruzione, attesa la mancanza di elementi
sufficienti a testimoniare le dimensioni e
le caratteristiche dell’edificio da
recuperare.
Ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. d),
del D.P.R. 380/2001, per interventi di
ristrutturazione edilizia si intendono
quelli “rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi
anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria e
sagoma di quello preesistente, fatte salve
le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica”.
Secondo il consolidato indirizzo
giurisprudenziale, a cui il Collegio ritiene
di aderire, intanto può attuarsi un
intervento di ristrutturazione edilizia
(come quello indicato nella d.i.a.) in
quanto esista un organismo edilizio dotato
di mura perimetrali, strutture orizzontali e
copertura in stato di conservazione tale da
consentire la sua fedele ricostruzione
(Consiglio di Stato, Sez. V, 10.02.2004 n.
475; TAR Lazio, Latina, 15.07.2009, n. 700).
Difatti, la nozione di ristrutturazione si
distingue pur sempre da quella di nuova
costruzione per la necessità che la
ricostruzione sia identica per sagoma,
volumetria e superficie al fabbricato
demolito (Consiglio Stato, Sez. V,
01.04.2006, n. 2085; TAR Campania Napoli,
Sez. II, 11.09.2009, n. 4949).
Viceversa, la ricostruzione di un rudere non
è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione
edilizia e men che meno di risanamento
conservativo (come dedotto dai
controinteressati nelle memoria difensiva),
integrando in sostanza un’attività di nuova
costruzione, attesa la mancanza di elementi
sufficienti a testimoniare le dimensioni e
le caratteristiche dell’edificio da
recuperare (TAR Campania, Napoli, 09.11.2009
n. 7049; Consiglio di Stato, Sez. VI,
15.09.2006 n. 5375).
Nel concetto giuridico di rudere rientra,
senza dubbio, il caso di specie relativo al
rifacimento di un organismo edilizio dotato
di sole mura perimetrali, e privo di
copertura (TAR Campania Napoli, Sez. II,
11.09.2009, n. 4949) (TAR Campania-Napoli,
Sez. VIII,
sentenza 04.03.2010 n. 1286 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Illegittima
la clausola di un bando di gara che
introduca requisiti ulteriori e
sproporzionati rispetto a quelli previsti
dalla legislazione.
Costituisce ius receptum
l'affermazione secondo cui i bandi di gare
d'appalto possono prevedere requisiti di
partecipazione più rigorosi di quelli
fissati normativamente purché non
discriminanti ed abnormi rispetto alle
regole proprie del settore. Nel caso di
specie la ricorrente sosteneva l’abnormità
dei requisiti di ammissione richiesti,
rilevando che l’iscrizione nell’albo dei
riscossori, integrante la condicio sine
qua non ai fini dell’acquisizione dei
servizi in questione, costituisse da sé
presunzione di idoneità delle imprese alla
gestione del servizio.
Infatti, per un comune con circa 90.000
abitanti, l’aver richiesto lo svolgimento
continuativo nell’ultimo quinquennio, e per
almeno un triennio, del servizio di
liquidazione, accertamento e riscossione dei
servizi oggetto del bando in forma congiunta
ed in almeno due Comuni con popolazione
superiore a 90.000 abitanti, risultava
certamente eccessivo, ove si consideri che,
in Italia su oltre 8.000 comuni, solo
cinquantasei hanno un numero di abitanti
superiore a 90.000 (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 03.03.2010 n. 677 -
link a
www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Appaltatore, progettista,
responsabilità, solidale, sussistenza.
Nel caso di
vizi dell’opera derivanti da una carente
progettazione, l’appaltatore risponde, in
solido col progettista, sia nel caso in cui
si sia accorto degli errori e non li abbia
tempestivamente denunciati al committente;
sia nel caso in cui, pur non essendosi
accorto degli errori, lo avrebbe potuto fare
con l’uso della normale diligenza e delle
normali cognizioni tecniche.
Infatti, anche in presenza di un progetto,
residua pur sempre un margine di autonomia
per l’appaltatore, che gli impone di
attenersi alle regole dell’arte e di
assicurare alla controparte un risultato
tecnico conforme alle esigenze, eliminando
le cause oggettivamente suscettibili di
inficiare la riuscita della realizzazione
dell’opera.
Rientra pertanto tra gli obblighi di
diligenza dell’appaltatore, senza necessità
di una specifica pattuizione, esercitare il
controllo della validità tecnica del
progetto fornito dal committente, posto che
dalla corretta progettazione, oltre che
dall’esecuzione dell’opera, dipende il
risultato promesso; e che l’obbligazione
dell’appaltatore è di risultato.
Conseguentemente, l’appaltatore è esentato
da responsabilità solo ove dimostri che gli
errori non potevano essere riconosciuti con
l’ordinaria diligenza richiesta
all’appaltatore stesso; ovvero nel caso in
cui, pur essendo gli errori stati
prospettati e denunciati al committente,
questi ha però imposto, direttamente o
tramite il direttore dei lavori,
l’esecuzione del progetto ribadendo le
istruzioni, posto che in tale eccezionale
caso l’appaltatore ha agito come nudus
minister, a rischio del committente e
con degradazione del rapporto di appalto a
mero lavoro subordinato (TRIBUNALE
di Piacenza,
sentenza 23.02.2010 n. 108 -
liink a
www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Qualora
non c'è trasformazione del territorio in
forza di una rilasciata concessione
edilizia, il relativo pagamento del
contributo di costruzione si appalesa come
privo di causa cosicché l’eventuale importo
versato deve essere restituito.
Va precisato che la restituzione dei
contributi (oo.uu. + costo di costruzione) deve ammettersi anche nella
ipotesi di decadenza della concessione
edilizia già rilasciata, intervenuta in
conseguenza della non tempestiva
realizzazione del progetto assentito e del
sopravvenire di nuove previsioni
urbanistiche che lo rendono definitivamente
irrealizzabile.
E’ stato rilevato in decisioni della
giurisprudenza anche remote, che gli
obblighi contributivi di cui all’art. 3 e 4
l. n. 10 del 1977 devono essere correlati
alla disposizione di cui al precedente
articolo 1 della medesima legge il quale
riferisce il pagamento degli oneri
concessori ad una precisa circostanza di
fatto: la esplicazione di una attività
trasformativa del territorio.
Pertanto qualora tale circostanza non si
verifica, il relativo pagamento si appalesa
come privo di causa cosicché l’eventuale
importo versato deve essere restituito (TAR
Lombardia, Sez. II, 18.12.1987 n. 482 e, per
più recente affermazione del principio, cfr.
C.d.S., V Sezione, 12.06.1995 n. 894).
Va precisato che la restituzione dei
contributi deve ammettersi anche nella
ipotesi di decadenza della concessione
edilizia già rilasciata, intervenuta in
conseguenza della non tempestiva
realizzazione del progetto assentito e del
sopravvenire di nuove previsioni
urbanistiche che lo rendono definitivamente
irrealizzabile.
Ciò perché la sopravvenienza della nuova
normativa urbanistica, contraria a quella
sotto la cui vigenza era stata rilasciata la
concessione edilizia, impedisce
definitivamente e senza possibilità di
ulteriori proroghe della concessione
edilizia decaduta, la utilizzabilità dello
stesso provvedimento che aveva assentito la
edificazione nella zona.
Va dunque riconosciuto il diritto della
ricorrente alla parziale restituzione dei
contributi già versati a titolo di oneri di
urbanizzazione quale risulta derivato, nella
sua esatta misura, dalla parziale decadenza
della concessione edilizia n. 286 notificata
il 30.12.1978 (rilasciata alla ricorrente
per la realizzazione di tre villini) ed
intervenuta dopo la realizzazione di un solo
villino, che la ricorrente asserisce di
avere già eseguito.
Va perciò statuito il conseguente obbligo
del Comune di Subiaco di restituire alla
avente diritto le somme riferite agli
importi che risultano indebitamente
trattenuti.
In conseguenza della stessa decadenza della
concessione edilizia va riconosciuto anche
il diritto alla restituzione delle somme
riferibili al costo di costruzione, il quale
contributo realizza anch’esso l’obbligo
della onerosità della concessione sancito
dall’art. 3 l. n. 47/1985 sempre, tuttavia,
in riferimento al compimento di una attività
di trasformazione del territorio
effettivamente avvenuta.
Sulle somme dal Comune riscosse per
contributi che risulteranno da restituire
spettano alla ricorrente gli interessi
legali dalla data della domanda di
restituzione.
Trattasi di una fattispecie di indebito
oggettivo il quale genera la sola
obbligazione di restituzione con gli
interessi, a norma dell’art. 2033 cod. civ.
che gli stessi interessi fa decorrere dalla
data della domanda ripetitiva dell’indebito
nella ipotesi di buona fede del percettore
che deve ritenersi nel caso di specie
ricorrere
(TAR Lazio-Roma,
Sez. II-bis,
sentenza 12.03.2008 n. 2294 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
somme pagate a titolo di contributi per
oneri di urbanizzazione relativamente ad una
concessione edilizia sono ripetibili se la
concessione non sia stata utilizzata;
inoltre, sulla somma dovuta spettano,
altresì, gli interessi che decorrono dal
giorno in cui per il Comune sorge l’obbligo
di restituzione, dies a quo che va
individuato nella data in cui sia stata
dichiarata la decadenza della concessione
edilizia.
Così come chiarito dalla giurisprudenza
(Cons. St, sez. V, 22.02.1988, n. 105), le
somme pagate a titolo di contributi per
oneri di urbanizzazione relativamente ad una
concessione edilizia sono ripetibili se la
concessione non sia stata utilizzata;
inoltre, sulla somma dovuta spettano,
altresì, gli interessi che decorrono dal
giorno in cui per il Comune sorge l’obbligo
di restituzione, dies a quo che va
individuato nella data in cui sia stata
dichiarata la decadenza della concessione
edilizia.
Conseguentemente, in accoglimento della
specifica richiesta formulata dalla società
ricorrente il Comune di Silvi va condannato
al pagamento degli interessi sulla somma
predetta a decorrere dal 23.12.1994 (giorno
in cui con atto 23 dicembre 1994, n. 30661,
è stata dichiarata la decadenza della
concessione assentita) fino al 30.04.1997
(data dell’avvenuto rimborso sulla somma in
questione).
Il Comune va, altresì, condannato al
pagamento dalla data della domanda degli
ulteriori interessi sulle somme dovute
(TAR
Abruzzo-Pescara,
sentenza 15.12.2006 n. 890 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 22.03.2010 |
ã |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA:
F. Petrillo,
L’applicabilità del preavviso di rigetto ex
articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990
- Con particolare riferimento ai
procedimenti destinati a concludersi con le
varie tipologie di silenzio ed a quelli
avviati con la presentazione della d.i.a.
(link a www.filodiritto.com). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
VARI: G.U.
19.03.2010 n. 65 "Disposizioni per
garantire l’accesso alle cure palliative e
alla terapia del dolore"
(Legge
15.03.2010 n. 38). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n.
11 del 18.03.2010, "Direzione Centrale
Programmazione Integrata - Approvazione
Linee guida di rendicontazione e schema
guida di asseverazione ad uso dei
beneficiari relativi all'intervento
regionale a supporto dell'innovazione e
dell'efficienza energetica nelle imprese di
cui alla d.g.r. n. 11236 del 10.02.2010"
(decreto
D.U.O. 11.03.2010 n. 2330 - link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA: G.U.
26.11.2008 n. 277 "Interventi necessari
per la realizzazione dell’EXPO Milano 2015"
(D.P.C.M.
22.10.2008). |
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
23.02.2007 n. 45 "Criteri e modalità per
incentivare la produzione di energia
elettrica mediante conversione fotovoltaica
della fonte solare, in attuazione
dell’articolo 7 del decreto legislativo
29.12.2003, n. 387" (D.M.
19.02.2007). |
UTILITA' |
SICUREZZA LAVORO:
Dal Ministero del Lavoro una check-list per
la sicurezza nei cantieri edili.
L'ing. M. Grandi - funzionario della
Direzione provinciale del Lavoro di Verbania
– ha curato la realizzazione una check
list dedicata alla sicurezza dei
cantieri.
La check list costituisce un valido
supporto per le imprese e per i tecnici che
vogliono valutare le condizioni di salute e
sicurezza sul lavoro nei cantieri; può
essere utilizzata sia dalle imprese come
check-up preventivo per verificare se il
cantiere è in regola prima di un'ispezione,
sia dai coordinatori per rilevare e
segnalare eventuali irregolarità .
La check-list è articolata in sette sezioni
... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La documentazione obbligatoria da tenere in
cantiere e gli organi che hanno compiti di
controllo e vigilanza.
Il Comitato Paritetico Territoriale di Roma
e Provincia ha realizzato un documento
sintetico con l’elenco della documentazione
obbligatoria da tenere in cantiere.
L'Elenco è aggiornato con le disposizioni
del Decreto Legislativo n. 81 del 09.04.2008
e contempla:
- documenti concernenti obblighi a carico
del Datore di Lavoro
- documenti concernenti obblighi a carico
del Committente che devono essere conservati
in cantiere da parte dell’Impresa
affidataria
- documenti concernenti adempimenti a carico
del lavoratore autonomo.
Il documento del C.P.T. di Roma contiene
anche l'elenco degli organi con compiti di
controllo, coordinamento e vigilanza che
hanno accesso nei cantieri edili (di propria
iniziativa o su richiesta) ... (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
ENEA: per il 55% nel calcolo della
trasmittanza dell’infisso si può tenere
conto anche delle schermature.
L’ENEA ha provveduto a rilasciare una nuova
versione della faq n. 31 in base alla quale
si può tenere conto della resistenza termica
delle schermature per il calcolo della
trasmittanza termica del serramento, fino ad
oggi esclusa.
L’ENEA, con una modifica della faq n. 31, ha
affermato che, ai fini della detrazione del
55%, si può tenere conto della resistenza
termica delle schermature per il calcolo
della trasmittanza termica del serramento.
Tale possibilità era fino ad oggi esclusa;
la nuova interpretazione trae origine dal
DPR 59/09 che richiama espressamente le
norme UNI TS 11.300 ... (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Detrazioni 55%: fino al 14.03.2010 possibile
adoperare i vecchi limiti (D.M. 11/03/2008).
Il D.M. 26.01.2010, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12/02/2010, ha
modificato i valori limite di trasmittanza,
previsti nel D.M. 11.03.2008, per usufruire
delle detrazioni fiscali del 55%.
Il decreto 26.01.2010, che è entrato in
vigore 30 giorni dopo la pubblicazione, cioè
lo scorso 14 marzo, ha originato numerosi
dubbi circa i limiti da applicare per il
periodo 1 gennaio–4 marzo 2010.
A sgomberare il campo dai dubbi è stata
l’ENEA che ha risposto alla domanda posta da
un contribuente che avendo acquistato nuovi
infissi nel febbraio 2010 rispettosi del
valore limite di trasmittanza definito dal
DM 11.03.2008, si chiede quale valore di
trasmittanza debba essere rispettato nel suo
caso per avvalersi delle detrazioni.
L'Enea, di concerto con la Segreteria
Tecnica del ministero dello Sviluppo
economico, ha chiarito che è possibile
osservare i limiti precedenti (quelli cioè
stabiliti dal D.M. 11.03.2008) per coloro
che hanno acquistato, commissionato o
ordinato tra il 1° gennaio e il 14 marzo
2010 interventi di riqualificazione
afferenti al comma 345 della Finanziaria
2007, e che sarebbero soggetti a nuovi
valori di trasmittanza più restrittivi (link
a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Obbligo di impianti rinnovabili: i
regolamenti edilizi anticipano la scadenza
del 2011.
La Legge di conversione del recente Decreto
“Milleproroghe” ha rinviato al 1°
gennaio 2011 il termine a partire dal quale
i regolamenti edilizi comunali dovranno
imporre l’installazione di impianti per la
generazione di elettricità da fonti
rinnovabili nei nuovi edifici (almeno 1 kW
per unità abitativa; 5 kW per i fabbricati
industriali oltre i 100 metri quadrati).
Sono circa 600, tuttavia, i Comuni che hanno
già provveduto a modificare i regolamenti
edilizi, estendendo, in alcuni casi,
l’obbligo del ricorso alle fonti rinnovabili
anche in caso di interventi su edifici
esistenti.
Vediamo alcuni esempi ...
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA: SCHEDA
TECNICA SUPERFICIE DRENANTE E PAVIMENTAZIONI
SUPERFICI SCOPERTE (ARPA
di Milano - sede di Melegnano,
nota 06.06.2007). |
QUESITI & PARERI |
COMPETENZE GESTIONALI:
Al dirigente la vigilanza sui
locali.
Laddove si valuti che la Commissione
vigilanza locali pubblico spettacolo svolga
funzioni prettamente tecniche vi parteciperà
il Dirigente e non il Sindaco.
E' questa l'importante massima di un parere
espresso dalla direzione autonomie locali
della regione Friuli Venezia Giulia servizio
consulenza affari giuridici.
Il parere è stato fornito sulla base di un
articolato quesito posto da un comune
friulano, in relazione a quella che è stata
l'evoluzione normativa dal 1977 in poi, con
il trasferimento dallo Stato ai comuni, di
diverse funzioni connesse ad attività
disciplinate dal testo unico di pubblica
sicurezza.
La disposizione presa in esame dalla regione
è l'art. 141-bis del R.D. 635/1940, come
introdotto dal dpr 311/2001, il quale
prevede che la commissione comunale di
vigilanza è presieduta dal sindaco o da un
suo delegato, mentre il Comune ritiene
invece che la disposizione debba riferirsi
al dirigente, in forza del generale
principio di separazione tra le funzioni
d'indirizzo politico e quelle gestionali.
In sostanza, rileva il Comune friulano, non
va ignorato il fatto che già la Corte
costituzionale, con sentenza 77/1987, aveva
affermato che «non può dubitarsi, che con
riferimento all'attribuzione delle
competenze previste dall'art. 19 del dlgs
616/1977 ci si trovi in presenza di funzioni
in ogni caso attribuite al comune, e di
conseguenza la figura del sindaco venga in
evidenza come organo di questo ente.
D'altronde il fatto stesso che il secondo
comma dell'art. 19 del dpr 616/1977 prevede
che il comune possa deliberare quale dei
propri organi debba provvedere in ordine
alle funzioni attribuite, conferma che si
tratti di funzioni del comune perché, se il
sindaco fosse stato considerato come
ufficiale di Governo, sarebbe stato lui solo
a potere esercitare le funzioni in parola».
Secondo la regione, con il
parere 27.01.2010 n. 982 di prot.,
laddove il Sindaco vada considerato quale
rappresentante politico, essendo i poteri
della Commissione in parola prettamente
tecnici, sembrerebbe logico interpretare la
disposizione in parola come facente
riferimento alla figura dirigenziale.
Tra l'altro, rileva la Regione, in attesa di
un pronunciamento giurisprudenziale vista la
complessità della materia, una possibile
soluzione potrebbe essere quella a suo tempo
proposta dall'Anci, con il parere del
15.04.2009, in cui si individuava la
fattibilità, all'interno dell'autonomia
normativa dell'Ente, di nominare il
dirigente delegato dal sindaco
(articolo ItaliaOggi del 17.03.2010, pag.
24). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ruoli e funzioni dei
Soprintendenti nel procedimento di
autorizzazione paesaggistica.
Articoli 146 e 159 (così come sostituito
dall’art. 4-quinquies del D.L. 03.06.2008 n.
97, convertito in legge 02.08.2008, n. 129)
del Codice dei beni culturali e del
paesaggio: ruoli e funzioni dei
Soprintendenti nel procedimento di
autorizzazione paesaggistica.
Come è noto, l'01.01.2010 è entrato in
vigore il procedimento di rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica secondo la
disciplina del Capo IV della Parte terza del
decreto legislativo 22.01.2004, n. 42 e
s.m.i. recante “Codice dei beni culturali
e del paesaggio”.
Considerata la rilevanza della disposizione
e l’incidenza della stessa sul regime
autorizzatorio per le opere e gli interventi
che incidano su beni paesaggistici, si
ritiene di dover fornire nell’immediato
chiarimenti che consentano l’operatività
degli Uffici, nelle more di ulteriori più
specifiche direttive (nota
22.01.2010 n. prot.
DGPBAACS04/34.01.04/2089 - link a
www.pabaac.beniculturali.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Cosa è l’unità locale di un’azienda?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quali obblighi hanno le discariche alla
stregua del Sistri? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
In base a quale criterio vanno richiesti i
dispositivi usb nel sistema Sistri?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quale è il termine per il ritiro dei
dispositivi usb e istallazione del
dispositivo satellitare Sistri?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Nel caso in cui un’azienda si trovi a dover
pagare in sede di iscrizione un contributo
Sistri troppo elevato per le sue risorse,
quali alternative ha a disposizione?
(link a www.ambientelegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Definizione di costruzione “a
cortina”.
Il Comune interpellante chiede quale sia la
definizione di costruzione “a cortina”
(Regione Piemonte,
parere n.
162/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
URBANISTICA:
Variante strumento urbanistico
per la modifica di localizzazione di diverse
destinazioni d'uso.
E’ chiesto parere relativamente alla
necessità, o meno, di varianti agli
strumenti urbanistici esecutivi di libera
iniziativa, per la corretta legittimazione
di modifiche alla localizzazione delle
diverse destinazioni d’uso, senza variazione
delle quantità (Regione Piemonte,
parere n.
152/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Caducazione vincolo convenzionale
per la determinazione del prezzo di
concessione di alloggio a edilizia economica
popolare.
Viene chiesto parere al Servizio scrivente
in ordine alla caducazione del vincolo
convenzionale relativo alla determinazione
del prezzo di cessione di un alloggio di
edilizia economica e popolare.
Nella fattispecie, viene segnalato che:
- tra il 1987 ed il 1989 sono state
stipulate diverse convenzioni edilizie
relative a Piani di zona per l'Edilizia
Economica e Popolare, ai sensi dell'art. 35
L. 865/1971 ed in conformità alla
convenzione-tipo regionale, che prevedeva
tra l'altro criteri e modalità per la
determinazione del prezzo delle unità
immobiliari per le cessioni successive alla
prima;
- ora il Comune sta attivando la cessione in
proprietà degli immobili già concessi in
diritto di superficie, ed alcuni proprietari
di detti immobili sostengono l'intervenuta
caducazione del vincolo relativo alla
determinazione del prezzo per le cessioni
successive alla prima, che è contemplato
nella convenzione non ancora scaduta;
- quale fondamento di tale intervenuta
caducazione si evidenziano; la sentenza
Cass. n. 13006 del 02.10.2000; i principi
espressi dal Consiglio di Stato con la
decisione n. 9 del 10.01.1990, sez. IV).
Il Comune chiede di conoscere se sia
legittimo eliminare dalle convenzioni
stipulate e stipulande il disposto relativo
alla determinazione dei prezzi degli alloggi
per le cessioni successive alla prima; e se
-in caso affermativo- l'eliminazione di tale
vincolo possa essere formalizzata con una
delibera della Giunta o del Consiglio
comunale, al fine di evitare la stipula di
nuovi, numerosi e dispendiosi atti pubblici
(Regione Piemonte,
parere n.
139/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
CONSIGLIO DEI MINISTRI/ Approvato
il dl incentivi. Con qualche sorpresa
dell'ultima ora. Edilizia, piccoli
interventi liberi. Solo una comunicazione
telematica per le ristrutturazioni.
Liberalizzata la piccola
attività edilizia. Chi vorrà ristrutturare
casa, pavimentare una parte di giardino,
installare pannelli solari, impiantare una
serra mobile sul proprio terreno o, ancora,
eliminare barriere architettoniche, potrà
fare da sé. E non avrà più bisogno di alcun
titolo abilitativo. Nemmeno della Denuncia
di inizio attività (Dia).
Come già accaduto per le norme sui tagli ai
costi della politica, prima inserite nel
disegno di legge sul Codice autonomie e poi
anticipate in Finanziaria, il ministro
Roberto Calderoli, è riuscito nuovamente
nell'impresa di accelerare l'entrata in
vigore di una riforma in cantiere.
Questa volta è toccato alle norme sulla
liberalizzazione della piccola attività
edilizia previste nel ddl sulla
semplificazione (scritto a quattro mani con
il ministro della funzione pubblica Renato
Brunetta) approvato in consiglio dei
ministri il 12 novembre scorso (si veda
ItaliaOggi del 13/11/2009) e assegnato alla
commissione bilancio di Montecitorio (AC
3209).
L'art. 5 del ddl è stato integralmente
recepito nel dl incentivi approvato ieri dal
consiglio dei ministri. “Si tratta di un
articolo fondamentale, su cui abbiamo
lavorato intensamente insieme al ministro
Raffaele Fitto, per consentire, finalmente,
a tutti i cittadini, di essere realmente
padroni a casa propria”, ha detto
Calderoli, ringraziando i Tremonti e Scajola
per aver dato il via libera
all'anticipazione delle norme. «Con
l'articolo che abbiamo inserito nel
decreto», spiega Tremonti, «le opere interne
alla casa si potranno fare a meno che non ci
sia una legge regionale che le vieta». E
nelle regioni in cui non è stato attuato il
piano casa che, tra le altre cose,
predisponeva la semplificazione delle
procedure per le opere di manutenzione, si
potrà far riferimento al dl incentivi.
Sulla compatibilità della nuova norma con le
competenze regionali il ministro Fitto non
ha dubbi. «L'intervento deciso dal
consiglio dei ministri si muove nel rispetto
delle competenze legislative regionali in
materia e consente un completamento, per le
parti di competenza statale, del piano casa
e dell'accordo con le regioni».
L'unico adempimento che bisognerà ricordarsi
di rispettare, prima di dare il via ai
lavori, sarà la comunicazione telematica al
comune, nella quale si dovranno allegare le
eventuali autorizzazioni obbligatorie
richieste dalla legge. Perché in ogni caso
la liberalizzazione della piccola attività
edilizia non potrà prevalere sugli strumenti
urbanistici né derogare alle normative
antisismiche, antincendio,
igienico-sanitarie e di sicurezza.
Per gli interventi di manutenzione
straordinaria (che non dovranno interessare
le parti strutturali dell'edificio né
modificare il numero delle unità immobiliari
o la cubatura) bisognerà indicare il nome
dell'impresa che effettuerà i lavori. Stesso
discorso per l'installazione di strutture
rimovibili, opere di pavimentazione e di
finitura di spazi esterni, pannelli solari,
fotovoltaici e termici.
Nel decreto legge sugli incentivi è stata
anche anticipata la proposta del ministro
Brunetta sul bonus per l'incentivazione
degli abbonamenti alle linee veloci di
connessione a internet.
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La disposizione
contenuta nel ddl semplificazione.
1. L'articolo 6 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia, di cui al decreto del
presidente della repubblica 06.06.2001, n.
380, è sostituito dal seguente:
«Art. 6. (L) - (Attività edilizia
libera).
1.
Salve più restrittive disposizioni previste
dalla disciplina regionale e comunque
nell'osservanza delle prescrizioni degli
strumenti urbanistici comunali e nel
rispetto delle altre normative di settore
aventi incidenza sulla disciplina
dell'attività edilizia e, in particolare,
delle norme antisismiche, di sicurezza,
antincendio, igienico-sanitarie, di quelle
relative all'efficienza energetica nonché
delle disposizioni contenute nel codice dei
beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22.01.2004, n. 42, i
seguenti interventi possono essere eseguiti
senza alcun titolo abilitativo:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria;
b) gli interventi di manutenzione
straordinaria di cui all'articolo 3, comma
1, lettera b), sempre che non riguardino le
parti strutturali dell'edificio, non
comportino aumento del numero delle unità
immobiliari e non implichino incremento dei
parametri urbanistici;
c) gli interventi volti all'eliminazione di
barriere architettoniche che non comportino
la realizzazione di rampe o di ascensori
esterni, ovvero di manufatti che alterino la
sagoma dell'edificio;
d) le opere temporanee per attività di
ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere
geognostico, ad esclusione di attività di
ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite
in aree esterne al centro edificato;
e) i movimenti di terra strettamente
pertinenti all'esercizio dell'attività
agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali,
compresi gli interventi su impianti
idraulici agrari;
f) le opere dirette a soddisfare obiettive
esigenze contingenti e temporanee e a essere
immediatamente rimosse al cessare della
necessità e, comunque, entro un termine non
superiore a novanta giorni;
g) le serre mobili stagionali, sprovviste di
strutture in muratura, funzionali allo
svolgimento dell'attività agricola;
h) le opere di pavimentazione e di finitura
di spazi esterni, anche per aree di sosta,
che siano contenute entro l'indice di
permeabilità, ove stabilito dallo strumento
urbanistico comunale;
i) i pannelli solari, fotovoltaici e
termici, senza serbatoio di accumulo
esterno, a servizio degli edifici, da
realizzare al di fuori delle zone di tipo A
di cui al decreto del ministro per i lavori
pubblici 02.04.1968, n. 1444;
l) le aree ludiche senza fini di lucro e gli
elementi di arredo delle aree pertinenziali
degli edifici.
2.
Al fine di semplificare il rilascio del
certificato di prevenzione incendi per le
attività di cui al comma 1, il certificato
stesso, ove previsto, è rilasciato in via
ordinaria con l'esame a vista. Per le
medesime attività, il termine previsto dal
primo periodo del comma 2 dell'articolo 2
del regolamento di cui al decreto del
presidente della repubblica 12.01.1998, n.
37, è ridotto a trenta giorni.
3.
Prima dell'inizio degli interventi di cui al
comma 1, lettere b), f), h), i) e l),
l'interessato, anche per via telematica,
comunica all'amministrazione comunale,
allegando le autorizzazioni eventualmente
obbligatorie ai sensi delle normative di
settore e limitatamente agli interventi di
cui alla citata lettera b), i dati
identificativi dell'impresa alla quale
intende affidare la realizzazione dei
lavori.
4.
Dall'attuazione del presente articolo non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica» (articolo
ItaliaOggi del 20.03.2010, pag. 21). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
OSSERVATORIO VIMINALE/ In
consiglio senza conflitti. Ma l'ultima
parola sulla regolarità dell'elezione spetta
all'assemblea. Incompatibile il
professionista incaricato dall'ente.
Sussiste causa di incompatibilità per un
consigliere comunale, libero professionista,
che ha avuto, prima di essere eletto,
incarichi professionali dal comune
attualmente ancora in corso?
La Corte di Cassazione. sez. I., con
sentenza n. 550 del 16.01.2004, ha affermato
che «l'art. 63 del dlgs n. 267/2000,
comma 1, n. 2, nello stabilire lo causa di
incompatibilità di interessi» («non
può ricoprire lo carica di .... consigliere
comunale ... 2) colui che, come titolare ...
ha parte, direttamente o indirettamente, in
servizi, nell'interesse del comune») ivi
prevista e rilevante nella fattispecie,
pone, ai fini della sua sussistenza, una
duplice, concorrente condizione: la prima,
di natura soggettiva; la seconda, di natura
oggettiva.
È necessario, innanzitutto (condizione
soggettiva), che il soggetto in ipotesi
incompatibile all'esercizio della carica
elettiva riveste lo qualità di titolare ad
es., di impresa individuale, o di «amministratore»
(ad es., di società di persone o di
capitali) ovvero di dipendente con poteri di
rappresentanza o di coordinamento». In
secondo luogo, il legislatore prevede -come
condizione «oggettiva», che deve
necessariamente concorrere con quella
«soggettiva» per la sussistenza della causa
di «incompatibilità di interessi»-
che il soggetto, rivestito di una delle
predette qualità, in tanto è incompatibile,
in quanto «ha parte in servizi,
nell'interesse del comune».
Per lo comprensione del senso normativo di
tale espressione, pare indispensabile
analizzare partitamente le locuzioni che lo
compongono.
Se si pone l'accento sulle termine «parte»
della locuzione «aver parte» e lo si
correla alla successiva locuzione
nell'interesse del comune appare chiaro che
lo locuzione «aver parte» allude alla
contrapposizione tra interesse «particolare»
del soggetto, in ipotesi incompatibile, e
interesse del comune, istituzionalmente «generale»,
in relazione alle funzioni attribuitegli
(cfr., ad es., art. 13 del dlgs n.
267/2000), e, quindi, allude alla situazione
di potenziale conflitto di interessi, in cui
si trova il predetto soggetto, rispetto
all'esercizio «imparziale» della
carica elettiva.
In altri termini, ad esempio, se un
professionista «ha parte», nel senso
ora indicato, in un «servizio», al
quale l'ente locale è «interessato»
lo stesso non è idoneo, secondo lo
previsione tipica del legislatore, ad
adempiere «imparzialmente» i doveri
connessi all'esercizio della carica
elettiva.
Dalla stessa sentenza emerge che, nel caso
esaminato dalla Corte, ricorre la causa di
incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1,
n. 2) del Tuel per il professionista
(architetto) esterno, componente di un
gruppo di professionisti costituito sotto la
direzione del responsabile del servizio
urbanistica comunale, investito dal comune
dell'incarico, in corso al momento della
tornata elettorale di redigere strumenti
urbanistici attuativi del piano regolatore
generale, determinandosi infatti in tal
caso, al momento delle elezioni
amministrative comunali, non soltanto una
partecipazione ad un servizio (quello
relativo alla materia urbanistica),
afferente ad una attività amministrativa,
attribuita istituzionalmente al comune, ma
avendosi anche, relativamente a questa, una
specifica situazione di incompatibilità di
interessi risultante dalla contestuale e
contraddittoria coincidenza in quanto eletto
alla carica di consigliere comunale, delle
posizioni di «controllato» (quale
professionista, i piani urbanistici redatti
dal quale essendo assoggettati all'adozione
e all'approvazione del consiglio comunale) e
«controllore» (quale consigliere comunale
chiamato a concorrere alla deliberazione di
adozione ed approvazione dei piani dal
medesimo elaborati).
La Corte di cassazione (n. 11959/2003) ha
affermato il principio secondo il quale «sino
a quando non sia intervenuta l'approvazione
del collaudo finale sussiste incompatibilità
tra la carica di sindaco e quella di
subappaltatore di opera pubblica di
interesse del comune». Tale concetto si
riferisce, in modo tassativo, alla figura
dell'imprenditore appaltatore. Invero, il
direttore dei lavori, così come il
progettista, sono estranei al rapporto
d'appalto intercorrente tra l'ente locale e
la ditta appaltatrice.
In considerazione di quanto sopra è da
ritenere che l'ipotesi prospettata in via
generale configuri la causa di
incompatibilità prevista dal citato articolo
63, comma 1. n. 2), del Tuel. Inoltre, nel
caso di specie occorre tener presente anche
l'art. 5 della legge n. 32/1992 secondo cui
la funzione di consigliere comunale del
comune dove sono ubicate le opere pubbliche
e private finanziate ai sensi della legge
14.05.1981, n. 219 e successive
modificazioni, è incompatibile con quella di
progettista, direttore dei lavori o
collaudatore di tali opere o con l'esercizio
di attività professionali comunque connesse
con lo svolgimento di dette opere. Pertanto
per le opere finanziate dalla citata legge
del 1981 l'incompatibilità sussiste anche ai
sensi dell'art. 5 della legge n. 32/1992.
Si precisa, comunque, che la valutazione
della eventuale sussistenza della causa di
incompatibilità è rimessa al consiglio
comunale.
Infatti, in conformità al principio generale
per cui ogni organo collegiale è competente
a deliberare sulla regolarità dei titoli di
appartenenza dei propri componenti, la
verifica delle cause ostative
all'espletamento del mandato è compiuta con
la procedura consiliare prevista dall'art.
69 del dlgs n. 267/2000, che garantisce il
contraddittorio tra organo e amministratore,
assicurando a quest'ultimo l'esercizio del
diritto di difesa e la possibilità di
rimuovere entro un congruo termine la causa
di incompatibilità contestata (articolo
ItaliaOggi del 19.03.2010, pag. 35). |
INCENTIVO PROGETTAZIONE: L'incentivo
è al 2% se va ancora liquidato.
Progettazione: la retroattività degli
aumenti
(articolo
Il Sole 24 Ore del 15.03.2010 - link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Il durc nelle gare d'appalto
estende la validità a tre mesi. Nuovo
orientamento dell'Authority
(articolo
Il Sole 24 Ore del 15.03.2010 - link a www.corteconti.it). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO:
Niente visite fiscali ai
lavoratori esenti. Parere Uppa sulle assenze
per malattia.
Il dipendente pubblico
esente, in quanto affetto da grave
patologia, dall'obbligo di reperibilità in
caso di assenza dal lavoro, non può ricevere
la visita fiscale se ha ha trasmesso
all'amministrazione di appartenenza tutta la
documentazione relativa alla causa di
servizio, all'accertamento legale
dell'invalidità o alla causa di infortunio.
In caso contrario l'amministrazione deve
richiedere l'accertamento fin dal primo
giorno di assenza. E in ogni caso il
dipendente sarà sempre tenuto a comunicare
l'assenza all'ufficio di appartenenza
«tempestivamente e all'inizio dell'orario di
lavoro del giorno in cui si verifica».
A dettare i chiarimenti sulla nuova
disciplina delle assenze per malattia
introdotta dalla riforma Brunetta è la
stessa Funzione pubblica con il parere
15.03.2010 n. 12567 di prot..
L'Ufficio personale pubbliche
amministrazioni ha risposto a un quesito del
ministero della difesa che chiedeva lumi
sulla obbligatorietà della richiesta di
accertamento dello stato di malattia nei
confronti dei dipendenti per i quali ricorre
una delle circostanze di esenzione
dall'obbligo di reperibilità previste
dall'art. 2 del decreto ministeriale
18.12.2009 n. 206.
Il provvedimento (si veda ItaliaOggi del
19.12.2009) in vigore da febbraio ha operato
un giro di vite sulle fasce di reperibilità
che sono passate da quattro a sette ore. E
ha al contempo elencato alcune fattispecie
di esclusione dall'obbligo di reperibilità
che scattano, per esempio, in presenza di
patologie molto gravi (che richiedono la
cura mediante terapie salvavita) o malattie
di cui la p.a. ha già avuto conoscenza.
«Le ipotesi di esclusione», spiega il
dipartimento guidato da Antonio Naddeo, «sono
motivate da esigenze di economicità
dell'azione amministrativa» ed evitano
alla p.a. «una duplicazione di attività,
lì dove un accertamento è stato già
effettuato ovvero una conoscenza già
acquisita». Ma ciò non toglie che vadano
rispettati alcuni passaggi formali
indispensabili come la trasmissione della
documentazione.
Se questo adempimento è stato osservato,
chiarisce l'Uppa, «l'amministrazione si
astiene dal richiedere la visita fiscale
poiché il controllo potrebbe risultare
infruttuoso». In caso contrario, «l'amministrazione
deve richiedere l'accertamento sin dal primo
giorno di assenza».
Nessuna sanzione, infine, per il dipendente
esente da reperibilità che non venga trovato
in casa dall'incaricato della Asl (articolo
ItaliaOggi del 16.03.2010, pag. 21). |
GIURISPRUDENZA |
CONSIGLIERI COMUNALI: Anche
se le sedute del consiglio comunale sono
pubbliche, non esiste alcun diritto di
effettuare videoriprese televisive, se
questo non è previsto dal regolamento.
In assenza di una esplicita
regolamentazione, l'ammissione della
registrazione può essere regolata, caso per
caso, dal presidente del consiglio comunale,
come chiarito dal Ministero dell'Interno in
un parere del 20.12.2004.
La videoripresa della seduta dell’organo
consiliare per certo costituisce una forma
di documentazione delle modalità di
esercizio del munus di ciascun
consigliere comunale e –pertanto–
altrettanto assodatamente sostanzia un
interesse in capo ai consiglieri comunali a
veder diffusa nella collettività l’attività
da loro svolta; né va sottaciuto che la
possibilità, garantita senza discriminazioni
di sorta a ciascuno degli eletti, di poter
visionare i filmati delle precedenti sedute
consiliari può costituire un supporto
documentale utile per richiamare alla
memoria il contenuto di precedenti dibattiti
ovvero di decisioni già assunte, rendendo in
tal modo più agevole lo svolgimento del
mandato ricevuto dal corpo elettorale.
Allo stesso modo, risulta altrettanto
evidente la sussistenza di un interesse
all’impugnazione del diniego da parte dei
cittadini singoli o associati, stante la ben
evidente inerenza del provvedimento sul
diritto di accesso e di informazione
disciplinato in via generale dall’art. 10
del T.U. approvato con D.L.vo 18.08.2000 n.
267 e assicurato dall’articolo medesimo “ai
cittadini, singoli e associati”
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 16.03.2010 n. 826 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Spese di
bonifica - Proprietario del fondo - Limiti
di valore del bene - Ipotesi in cui il
proprietario del bene sia il Comune - Oneri
complessivi riferibili alla realizzazione
del piano di bonifica.
Se è pur vero che il proprietario è
obbligato alle spese di bonifica del fondo
entro i limiti di valore del bene, tale
criterio non può predicarsi per il soggetto
titolare di diritti reali che la normativa
primaria individua come responsabile della
gestione territoriale nel suo complesso,
qual è il Comune ex articolo 4 della legge
28.02.1985, n. 47.
Rispetto a quest’ultimo valgono
evidentemente gli oneri complessivi
riferibili alla realizzazione del piano di
bonifica, tutte le volte che lo stesso non
sia assistito da specifico finanziamento
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.03.2010 n. 1503 -
link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
P.R.G.: il grafico lungi dall'essere un
mero accessorio del piano regolatore, ne
costituisce la parte essenziale.
Nella vertenza in esame, la questione di
principio implicata consiste nel contrasto
tra valore precettivo proprio della Tavola
n. 5 ed assenza di indicazioni specifiche
-negli atti della variante- al comprensorio
tra vie Luigi Einaudi e Carlo Marx.
Sul punto giova innanzitutto considerare che
il grafico non è un mero accessorio del
piano regolatore, ma ne costituisce la parte
essenziale, atteso che non esiste un vincolo
di espressione delle disposizioni attinenti
all’utilizzazione urbanistica del territorio
e che il linguaggio grafico può essere
altrettanto espressivo e pertinente di
quello scritto, correntemente usato
nell’esperienza amministrativa (Cons. St.,
IV, 13.11.1973 n. 994 e 30.05.1972 n. 483):
del resto, nel caso che ne occupa in cui il
testo della variante è silente in argomento
e non emerge dal suo contesto alcuna
incongruenza o contraddizione o
inintelligibilità, non si può neanche
supporre un errore nel grafico perché le due
zone graffate (quella con espressa
indicazione e quella senza riscontri
testuali) sono accomunate da una identica “vocazione
residenziale” e dalla costante
applicazione fattane dal Comune almeno sino
a fine 2006.
Inoltre, secondo tradizionale e consolidato
principio giurisprudenziale in tema di
interpretazione degli strumenti urbanistici,
gli elaborati tecnici costituiscono parte
integrante di essi e, pertanto, per togliere
validità ad un simbolo grafico inserito
nella planimetria originale adottata ed
approvata, occorre fornire la prova positiva
che lo stesso è stato apposto erroneamente
o, comunque, in contrasto con specifiche ed
univoche indicazioni di piano (Cons. St., IV,
23.10.1973, n. 713): ebbene -nella specie- è
mancata una siffatta dimostrazione; il
rinvio nella seduta del 25.01.1980 della
variante di cui a C.C. n. 32/1980 può aver
determinato la graffatura della zona nella
planimetria della successiva variante di cui
a C.C. n. 41 dello stesso 25.01.1980, come
pure può essere accaduto che, incluse nelle
planimetrie delle varianti in adozione
quelle antecedenti da adottare o adottate,
non si sia provveduto ad espungere in questo
atto la parte relativa a C.C. n. 32/1980
stralciata per rinvio, in tal modo
diventando inutile e non più coltivata la
specifica “variante puntuale”
d’interesse degli appellati adottata con la
delibera consiliare n. 56 del 14.02.1980,
una volta intervenuta l’approvazione
regionale su C.C. n. 41/1980 come da D.G.R.
n. 4645 del 30.5.1980; né questi ultimi
provvedimenti ed annessa Tavola 5 sono stati
mai rimossi dall’Amministrazione nella parte
in discussione, come correttamente rilevato
dai primi giudici (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza
11.03.2010 n. 1452 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il condono non definito non è
causa di sospensione di giudizio avverso la
demolizione se l'opera è sottoposta a
vincolo.
Deve essere respinta la richiesta
dell’appellante di sospensione del giudizio
ex art. 44 della legge n. 47/1985, non
essendo ancora stata definita l’stanza di
condono attivata in base alla legge n.
724/1994.
Infatti, l'art. 44 della legge n. 47 del
1985, richiamato dall'art. 39 l. n. 724 del
1994, che prevede che l'istanza di condono
edilizio determina la sospensione d'ufficio
di tutti i procedimenti amministrativi in
corso, non si applica in caso di
provvedimenti adottati in funzione della
valenza paesaggistica del bene (Cons. Stato,
IV, n. 2892/2005, in presenza di una
ordinanza emessa con riguardo alla assenza
della concessione edilizia per una opera
realizzata in zona vincolata; IV, n.
2111/2005).
Nel caso di specie, l’impugnata ordinanza è
stata adottata proprio a causa della valenza
paesaggistica del bene e dell’assenza di un
valido titolo abilitativo.
Di conseguenza, non sussiste alcun obbligo
di sospensione del presente giudizio,
potendo l’appellante agire con gli strumenti
previsti dall’ordinamento per ottenere la
definizione dell’istanza di condono,
presentata ormai da quasi quindici anni (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza V,
sentenza
11.03.2010 n. 1429 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' legittima la scelta di una
stazione appaltante di procedere ad un
appalto unitario invece che a separati
appalti contemporanei.
Sulla base del quadro normativo nazionale e
comunitario non esiste alcuna specifica
disposizione che precluda la possibilità di
cumulare in un'unica procedura di gara più
interventi ancorché teoricamente scindibili.
Anzi, è logico e coerente con i principi di
economicità e celerità dell'azione
amministrativa che la stazione appaltante
concentri in un unico procedimento di gara
l'aggiudicazione di vari servizi
caratterizzati da una reciproca connessione.
Ne consegue che, nel caso di specie,
relativo ad una procedura indetta per
l'affidamento di una serie di interventi da
effettuarsi lungo una linea ferroviaria, è
legittima la scelta della stazione
appaltante di procedere ad un appalto
unitario invece che a separati appalti
contemporanei, scelta che è stata preceduta
da un apposito studio di verifica che ha
concluso per l'accorpamento di tutti i lotti
(sette lotti) in considerazione della
necessità di strettissimo coordinamento di
interventi da compiere contemporaneamente
sulla medesima linea (ciascuno dei quali
ostacola e condiziona gli altri) e
dall'evidente vantaggio di gestirli
attraverso un appalto unico (TAR Puglia,
Bari, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 891 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Spetta alla p.a. dimostrare che
si è trattato di un errore scusabile, nel
caso in cui il privato danneggiato
dall'illegittimo esercizio dell'azione
amministrativa invochi, ai fini della prova
della colpa della p.a., l'illegittimità del
provvedimento.
Laddove il privato danneggiato
dall'illegittimo esercizio dell'azione
amministrativa invochi, ai fini della prova
della colpa della p.a., l'illegittimità del
provvedimento quale indice presuntivo della
colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee
a dimostrare che si è trattato di un errore
non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare
che si è trattato di un errore scusabile,
configurabile in caso di contrasti
giurisprudenziali sull'interpretazione di
una norma, di formulazione incerta di norme
da poco entrate in vigore, di rilevante
complessità del fatto, di influenza
determinante di comportamenti di altri
soggetti, di illegittimità derivante da una
successiva dichiarazione di
incostituzionalità della norma applicata,
etc. (TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 11.03.2010 n. 249 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori
limite differenziali - Immediata
applicabilità - Mancata effettuazione della
zonizzazione acustica - Irrilevanza -
Ragioni - Artt. 4 e 8 DPCM 14.11.1997.
In tema di limiti pubblicistici alle
emissioni sonore trova immediata
applicazione l’art. 4, comma 1, DPCM
14.11.1997, il quale fissa i valori limite
differenziali in 5 dB per il periodo diurno
(dalle ore 6,00 fino alle ore 22,00) e in 3
dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00
fino alle ore 6,00), in quanto:
a) l’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si
limita a prevedere che, in attesa della
classificazione del territorio da parte dei
Comuni in zone, trovano applicazione i
limiti del previgente art. 6, comma 1, DPCM
01.3.1991, cioè rinvia ad una norma che
disciplina soltanto i valori limite
assoluti, per cui dal contenuto letterale
dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si
desume che i valori limite differenziali,
previsti dall’art. 4, comma 1, DPCM
14.11.1997, sono immediatamente vigenti, a
prescindere dalla circostanza se i Comuni
abbiano o meno effettuato le cd.
zonizzazioni acustiche;
b) in ogni caso, il rinvio dell’art. 8,
comma 1, DPCM 14.11.1997 risulta coerente
con i principi stabiliti dalla normativa in
materia di inquinamento acustico, poiché i
valori limite assoluti hanno la finalità di
tutelare dall’inquinamento acustico
l’ambiente esterno in termini assoluti,
mentre i valori limite differenziali si
riferiscono al rumore percepito dall’essere
umano nel suo ambiente abitativo e perciò
hanno la finalità di tutelare il diritto
della salute ex art. 32 Cost..
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Valori limite differenziali - Aree
esclusivamente industriali -
Inapplicabilità.
I valori limite differenziali, previsti
dall’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, non
si applicano nelle aree esclusivamente
industriali (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 125 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Il corriere privato costituisce
un mezzo alternativo alla spedizione
postale, ma non è equivalente ad essa.
Le censure
delle ricorrenti incidentali colgono nel
segno, atteso che il disciplinare di gara
-alla sezione 4 punto 4.6, recante le
modalità di collazione, sigillatura e
spedizione del plico generale e delle buste-
dispone testualmente che <<a pena di
esclusione, il plico generale dovrà
pervenire esclusivamente a mezzo di
raccomandata del servizio postale…>>.
La modalità scelta dalla ricorrente De
Francesco Costruzioni s.a.s. di inviare il
plico di gara con un corriere privato non
risponde alla prescrizione dell’utilizzo
esclusivo della raccomandata postale per
l’invio del plico dell’offerta.
Invero, il corriere privato costituisce un
mezzo alternativo alla spedizione postale,
ma non è equivalente ad essa, in quanto il
servizio di Poste Italiane offre la
certificazione legale dell’avvenuta
spedizione, che è particolarmente adatta per
gli usi amministrativi e giudiziari.
La prescrizione in parola ha l’ulteriore
ragion d’essere di uniformare tra loro le
modalità di spedizione, per evitare che
vettori diversi, con tempi e tecniche
operative diverse, possano recare disguidi
nella raccolta dei plichi delle offerte e,
più in generale, nell’organizzazione della
gara.
Il fatto che la prescrizione sia prevista a
pena di esclusione la rende cogente e
inderogabile e non consente che la ditta
ricorrente esclusa sia riammessa in gara,
senza che ne sia turbato l’intero andamento,
avendone particolare detrimento la “par
condicio” dei concorrenti
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise,
sentenza
10.03.2010 n. 172 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI -
Imposizione dei vincoli - Potere concorrente
dello Stato - Disciplina costituzionale del
paesaggio - Art. 9 Cost. - Poteri
sostitutivi - Fattispecie: lavori di
ampliamento di un fabbricato preesistente -
Artt. 82 del DPR n. 616/1977, 10, 34, 37, e
44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D Lgs n.
42/04 - L. n. 1497/1939.
Anche a seguito della delega di funzioni da
parte dello Stato alle regioni in materia
paesaggistica, di cui all'art. 82 del DPR n.
616/1977, permane un potere concorrente
dello Stato in ordine alla imposizione dei
vincoli.
Invero, la sentenza 21.12.1985 n. 359 della
Corte Costituzionale ha espressamente
affermato che l'art. 82 del DPR n. 616/1977
deve essere interpretato, tenendo conto
della disciplina costituzionale del
paesaggio quale è stabilita nell'art. 9 Cost..
Pertanto, alla luce del disposto di cui
all'art. 9, comma secondo, della
Costituzione, ed ai sensi dell'art. 4 del
DPR n. 616/1977, lo Stato legittimamente
esercita in materia paesaggistica poteri di
imposizione del vincolo in via sostitutiva
delle regioni nel caso di inerzia delle
medesime (conferma sentenza del 12.03.2009
della Corte di Appello di Lecce e Tribunale
di Brindisi, sezione distaccata di
Francavilla Fontana, del 18.12.2007).
Zona sottoposta a
vincolo - Lavori di ampliamento di un
fabbricato preesistente - Permesso di
costruire - Necessità - Artt. 10, 34, 37, e
44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D Lgs n.
42/2004.
I lavori di ampliamento di un fabbricato
preesistente, in zona sottoposta a vincolo,
riguardanti, nella specie, un vano destinato
a bagno (per una superficie di mq. 2,80),
quando comportino un aumento di volumetria,
nonché modificazioni della sagoma e dei
prospetti del fabbricato preesistente,
devono essere assentiti, anche, mediante il
permesso di costruire ai sensi dell'art. 10
del DPR n. 380/2001 (conferma sentenza del
12.03.2009 della Corte di Appello di Lecce e
Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di
Francavilla Fontana, del 18.12.2007) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.03.2010 n. 9255 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sussiste l'obbligo di
dichiarazione ex art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, non solo da parte di chi rivesta
formalmente la carica di amministratore, ma
anche da parte di colui che abbia la
titolarità di ampi poteri di rappresentanza
dell'impresa.
L'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nella
parte in cui elenca le dichiarazioni di
sussistenza dei requisiti morali e
professionali richiesti ai fini della
partecipazione alle procedure di gara,
assume come destinatari tutti coloro che, in
quanto titolari della rappresentanza
dell'impresa, siano in grado di trasmettere,
con il proprio comportamento, la
riprovazione dell'ordinamento nei riguardi
della loro personale condotta, al soggetto
rappresentato.
Deve, pertanto, ritenersi sussistente
l'obbligo di dichiarazione non soltanto da
parte di chi rivesta formalmente la carica
di amministratore, ma anche da parte di
colui che, in qualità di procuratore ad
negotia, abbia ottenuto il conferimento
di poteri consistenti nella rappresentanza
dell'impresa e nel compimento di atti
decisionali (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.03.2010 n. 1373 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'obbligo di una stazione
appaltante di revisionare il contratto
adeguandolo ai costi del servizio a causa di
un provvedimento autoritativo dell'autorità
statale.
In un appalto per il servizio di nettezza
urbana, l'obbligo di conferimento in nuovi
siti di discarica dei rifiuti solidi urbani,
diversi da quello indicato nel contratto di
appalto, avvenuto in forza di provvedimenti
autoritativi dell'autorità statale
costituisce un evento straordinario,
imprevedibile, non riconducibile ad una
condotta colposa della società affidataria
del servizio ed incidente in maniera
rilevante e sostanziale sul sinallagma
contrattuale.
Pertanto, anche in presenza di una clausola
preclusiva alla revisione dei prezzi, deve
ritenersi, che la suddetta clausola vada
riferita alla normale alea contrattuale,
ossia a quel rischio presente in tutti i
contratti di durata a prestazione
corrispettive, legato alle fluttuazioni
fisiologiche del mercato ed agli effetti che
possono derivare dal decorso del tempo.
Certamente esulano dall'alea contrattuale i
fattori di costo sopportati
dall'imprenditore cagionati dall'adozione di
provvedimenti autoritativi che determinato
un abnorme aggravio di costi. Una diversa
interpretazione della clausola, se intesa
come escludente in radice la possibilità di
revisione periodica dei prezzi imposta dalla
legge,ne comporterebbe la nullità ex art.
1339 c.c..
Conseguentemente, l'amministrazione comunale
ha l'obbligo di revisionare il contratto
adeguandolo ai costi del servizio, tenuto
conto della nuova situazione contingente
delineatasi, che non è imputabile certamente
alla società (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2010 n. 1333 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un'opera edilizia può definirsi
precaria se la stessa è preordinata, sul
piano funzionale, a soddisfare esigenze
oggettivamente provvisorie del soggetto
attuatore.
Osserva il Collegio sul punto, condividendo
il pressoché costante indirizzo della
giurisprudenza amministrativa in materia,
che un'opera edilizia può definirsi precaria
se la stessa, indipendentemente dalla natura
dei materiali usati è preordinata, sul piano
funzionale, a soddisfare esigenze
oggettivamente provvisorie del soggetto
attuatore (v. "ex multis": C.d.S.,
sez. VI, 27/01/2003 n. 419; TAR Emilia
Romagna -PR- 25/09/2007 n. 469; TAR Lazio
-RM- Sez. I-quater, 16/05/2007 n. 4458; Sez.
II, 04/05/2007 n. 3873; TAR Campania -SA-
sez. II, 27/02/2007 n. 179; TAR Toscana,
sez. III, 13/04/2005 n. 1596).
Come risulta
dal progetto esistente in atti, l’intervento
concreta un aumento della superficie della
pensilina in legno precedentemente
autorizzata, con realizzazione di una scala
in legno per accedere all’estradosso di tale
struttura; tale circostanza evidenzia la
accessorietà dell’intervento risultando lo
stesso tendente ad ottenere una maggiore
fruibilità dell’immobile già autorizzato,
risultandone in concreto impossibile, o
comunque, inutile, un utilizzo autonomo e
scorporato dall’intero.
Ne consegue che non può revocarsi in dubbio
la precarietà dell'opera, intesa, come
richiesto dalla giurisprudenza, in senso
funzionale, come destinazione a soddisfare
scopi specifici e cronologicamente
delimitati (cfr., da ultimo, sez. V,
04.02.1998, n. 131), a nulla rilevando che
il periodo di mantenimento in loco
dell'opera precaria non sia espressamente
previsto nel provvedimento di assenso in
esame.
Del tutto irrilevante è poi che la nuova
costruzione abbia concretizzato un aumento
delle superfici e dei volumi esistenti, in
violazione delle norme urbanistiche vigenti,
atteso che la precarietà e temporaneità
della stessa giustifica la deroga e
l’assenso .
Dall’accertamento della precarietà
dell’intervento autorizzato discende che lo
stesso non richiedeva la specifica richiesta
di dotazione aggiuntiva di aree a standards
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza
08.03.2010 n. 688 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Le scelte localizzatorie delle
amministrazioni sono sottratte al sindacato
di legittimità a meno che non si riscontrino
profili di illogicità o abnormità.
Occorre richiamare il prevalente
orientamento giurisprudenziale, da cui
questo Collegio non ritiene vi sia motivo di
discostarsi, secondo cui le scelte
localizzatorie operate dall'Amministrazione
restano naturalmente sottratte al sindacato
di legittimità, salvo evidenti profili di
illogicità o abnormità (ex multis,
Cons. Stato, Sez. IV, 12.06.2009, n. 3733;
CGARS, 14.01.2009, n. 2; Cons. Stato, Sez.
IV, 15.05.2008, n. 2247; TAR
Sicilia–Catania, Sez. III, 25.11.2009, n.
1974) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. II,
sentenza 08.03.2010 n. 479 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Le repliche alle osservazioni su
preavviso di diniego non comportano
l'obbligo di reiterare il medesimo.
L'interessante principio consente di
definire meglio gli obblighi
dell'amministrazione nel rapporto con gli
istanti privati.
Nel caso trattato dalla sentenza, un comune
rigettava la richiesta di autorizzazione
allo svolgimento di una manifestazione
fieristica nel corso di una festa patronale.
Il destinatario del provvedimento impugna il
medesimo sostenendo che le motivazioni
addotte sono in parte diverse da quelle che
sono state oggetto del preavviso di rigetto.
Il collegio piemontese esclude la fondatezza
del motivo: in effetti risulta dalla
documentazione prodotta che
l'amministrazione ha ripetuto puntualmente
le repliche opposte alle osservazioni che il
privato aveva presentato a seguito del
preavviso di rigetto.
Secondo il ricorrente l'amministrazione
avrebbe dovuto fornire un ulteriore
preavviso di rigetto ma i giudici non sono
dello stesso avviso: sarebbe irragionevole
se ogni doverosa replica
dell’Amministrazione alle osservazioni
presentate dal richiedente dopo la
comunicazione del preavviso di rigetto
dovesse implicare l’obbligo per la P.A. di
reiterare la comunicazione dei motivi
ostativi per sollecitare nuovamente, sulla
propria replica, l’eventuale controreplica
dell’interessato, alla quale poi
l’Amministrazione avrebbe l’obbligo di
replicare a sua volta, in una sequenza
potenzialmente infinita di repliche e
controrepliche, di deduzioni e
controdeduzioni, che non avrebbe altro
effetto, in definitiva, se non quello di
impedire la conclusione del procedimento
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza
05.03.2010 n. 1425 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La dichiarazione sostitutiva di
un atto di notorietà non è idonea a
comprovare la conformità di un documento
all’originale.
Dall’esame complessivo delle clausole del
bando è agevole evincere che, ai fini
dell’ammissione alla procedura selettiva,
ogni aspirante al contributo dovesse
effettuare distinti adempimenti formali, tra
i quali la predisposizione della domanda e
la compilazione di una scheda tecnica,
corredate dalle impegnative dichiarazioni
rese secondo le modalità tipiche delle
“autocertificazioni” disciplinate dal testo
unico della documentazione amministrativa.
La produzione dei documenti in originale,
recanti i preventivi di spesa degli
interventi oggetto del richiesto
finanziamento, è considerata dal bando quale
autonomo e ulteriore requisito formale di
partecipazione.
Non vi è alcun dato letterale o sistematico
della lex specialis della procedura che
permetta di considerare “assorbita” o
surrogata la prescritta produzione
documentale mediante le semplici
autodichiarazioni degli interessati.
Il valore di autocertificazione e di
dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà attribuita alla domanda e ai
relativi allegati va spiegata, agevolmente,
in considerazione del contenuto complesso di
tali atti, che si riferiscono ad una
pluralità di fatti e di stati posti a
diretta conoscenza del dichiarante.
In termini generali, del resto, è pacifico
che la dichiarazione sostitutiva di un atto
di notorietà non è idonea a comprovare la
conformità di un documento all’originale. In
concreto, poi, non risulta affatto che la
dichiarazione presentata dall’odierna
appellante contenga tale riferimento. A
tutto concedere, la dichiarazione
sostitutiva presentata potrebbe riguardare
la veridicità dei contenuti di quanto
esposto nella scheda tecnica.
Ma il bando della procedura non ritiene
sufficiente un’autodichiarazione relativa ai
preventivi di spesa, esigendo, al contrario,
una apposita documentazione, proveniente dai
soggetti interessati.
Ed è appena il caso di osservare che non
presenta i caratteri dell’autodichiarazione
la firma autografa del rappresentante legale
della società Deck sul frontespizio
dell’allegato C, relativo alle copie dei
preventivi di spesa.
È evidente, poi, che le dichiarazioni
sostitutive dell’interessata non rientrano
nemmeno nel raggio di applicazione
dell’articolo 19 del testo unico della
documentazione amministrativa (rubricato
Modalità alternative all'autenticazione di
copie).
Secondo tale previsione, “la dichiarazione
sostitutiva dell'atto di notorietà di cui
all'articolo 47 può riguardare anche il
fatto che la copia di un atto o di un
documento conservato o rilasciato da una
pubblica amministrazione, la copia di una
pubblicazione ovvero la copia di titoli di
studio o di servizio sono conformi
all'originale. Tale dichiarazione può
altresì riguardare la conformità
all'originale della copia dei documenti
fiscali che devono essere obbligatoriamente
conservati dai privati”.
Ora, questa previsione restringe l’ambito
operativo della dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà a ben delimitate
ipotesi, tra le quali non rientra,
certamente, la fattispecie della
attestazione di conformità all’originale di
documenti provenienti da soggetti privati,
non aventi carattere fiscale.
Né risulta convincente l’affermazione della
parte appellante, secondo la quale
l’amministrazione regionale, attraverso le
regole indicate nel bando, avrebbe inteso
allargare il novero degli atti indicati
dall’articolo 19, suscettibili di essere
autocertificati.
È vero, invece, che l’amministrazione
regionale ha espressamente richiesto di
dimostrare l’entità e i contenuti dei
preventivi di spesa mediante l’esclusivo
strumento della esibizione degli atti
originali.
La portata “generale” del principio
dell’autocertificazione, sostenuta
dall’appellante, infatti, è indiscussa, ma
essa opera in conformità alle regole
legislative che la disciplinano e
nell’ambito dei margini di scelta
riconosciuti dalla legge alle singole
amministrazioni che ne fanno applicazione.
Dunque, se è inesatta, nella sua
assolutezza, l’affermazione del TAR, secondo
il quale la domanda dell’interessata non
conterrebbe alcuna autodichiarazione o
dichiarazione sostituiva, perché, in
effetti, esistono due dichiarazioni rese
dall’interessata, pienamente conformi alle
prescrizioni del bando, va però precisato
che esse, certamente, non si riferiscono
alla riconosciuta conformità delle copie
prodotte agli originali dei preventivi di
spesa.
Va osservato, ancora, che la previsione del
bando risulta formulata in modo espresso ed
inequivoco, indicando con chiarezza la
conseguenza della mancata produzione dei
preventivi di spesa in originale, sanzionata
con l’inammissibilità della domanda (art. 8,
comma 2, punto V, lett. D: «la domanda di
contributo…deve essere corredata, a pena di
inammissibilità, della seguente
documentazione completa in ogni sua
parte:…preventivi di spesa in originale…»).
Dunque, l’utilizzazione di modalità diverse
di dimostrazione delle spese preventivate
non risulta ammessa dalla disciplina
speciale della procedura selettiva.
Nel caso in esame, poi, non possono trovare
applicazione i principi normativi e
giurisprudenziali del cosiddetto “dovere di
soccorso”, che impongono all’amministrazione
di richiedere ai partecipanti a concorsi o
gare le necessarie integrazioni documentali
e gli opportuni chiarimenti, prima di
procedere alla esclusione delle domande di
ammissione, per carenze di carattere
essenzialmente formale.
Infatti, nella vicenda in oggetto, mentre
non operano le norme richiamate
dall’appellante, espressamente riferite alle
procedure contrattuali, l’integrazione
ipotizzata non riguarda un aspetto parziale
o formale della domanda, ma proprio la
produzione di un documento originale,
ritenuto essenziale nell’istruttoria delle
istanze.
L’ammissione di una produzione tardiva, nel
contesto di una disciplina concorsuale molto
precisa e non particolarmente gravosa degli
allegati alla domanda, poi, comporterebbe
una evidente violazione della par condicio
tra gli aspiranti al finanziamento, a tutto
vantaggio dei partecipanti meno diligenti, i
quali non abbiano rispettato scrupolosamente
le chiare regole della procedura.
Le censure proposte contro la clausola del
bando non sono fondate nel merito.
Al riguardo, non è condivisibile
l’affermazione del TAR, secondo il quale
sussisterebbe “la inammissibilità per
tardività della impugnativa, tenuto conto
del fatto che la lesività della stessa sul
punto in discussione –comunque ragionevole
in quanto risponde ad un’esigenza di
certezza e di immediata verificabilità delle
opere da finanziare– era immediatamente
percepibile, proprio in virtù del suo
inequivoco tenore, sin dalla pubblicazione
del bando.”
Infatti, l’onere di immediata impugnazione
delle clausole del bando sussiste solo per
le prescrizioni “escludenti”, vale a dire
per quelle disposizioni che indicano i
requisiti soggettivi di ammissione alla
procedura.
Tuttavia, nel merito, non sussistono le
lamentate illegittimità.
Non vi è, in primo luogo, alcuna puntuale
regola legislativa che imponga di ammettere,
in ogni caso e senza eccezioni, modalità di
produzione documentale di atti privati
mediante l’esibizione di copie non
autentiche.
Sul piano della ragionevolezza e della
logicità intrinseca della contestata
prescrizione formale, inoltre, occorre
considerare che, nell’ambito della procedura
selettiva in esame, è comprensibile
l’esigenza dell’amministrazione di avere la
massima certezza in ordine alla formulazione
di preventivi di spesa elaborati da soggetti
privati.
Proprio sulla base delle cifre indicate e
delle correlate prestazioni di servizi e
forniture, infatti, l’amministrazione può
effettuare le necessarie e approfondite
valutazioni delle istanze di ammissione ai
richiesti finanziamenti.
La richiesta degli originali dei preventivi,
dunque, si colloca nel novero del legittimo
apprezzamento discrezionale
dell’amministrazione, a nulla rilevando che
i preventivi esibiti potrebbero non essere
definitivamente vincolanti per le parti.
Infatti, si tratta, in ogni caso, degli atti
che giustificano l’entità della richiesta
formulata dagli aspiranti al finanziamento,
in funzione del progetto di intervento
proposto.
Contrariamente a quanto ritenuto
dall’appellante, poi, in relazione ad atti
formati da soggetti privati, la richiesta
degli originali consente, obiettivamente, di
ottenere un maggior grado di certezza in
ordine alla genuinità della documentazione
prodotta (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 05.03.2010 n. 1290 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Le società strumentali degli enti
locali non possono svolgere attività con
soggetti diversi da chi le partecipa o
costituisce.
Il divieto di cui all'art. 13 della legge
223/2006 è chiaramente rivolto alle sole
società che svolgano attività strumentali
nei confronti degli enti che le hanno
costituite. In particolare la strumentalità
vi è laddove l'attività amministrativa sia
rivolta all'amministrazione.
La giurisprudenza amministrativa (C.d.S.,
sez. V, 07.07.2009, n. 4346) ha chiarito che
la strumentalità sussiste “…allorquando
l’attività che le società sono chiamate a
svolgere sia rivolta agli stessi enti
promotori o comunque azionisti della società
per svolgere le funzioni di supporto di tali
amministrazioni pubbliche, secondo
l’ordinamento amministrativo” e per il
perseguimento dei loro fini istituzionali
(C.d.S., sez. V, 12.06.2009, n. 3766),
mirando pertanto il divieto (vedi art. 13,
comma 2) in questione “…ad escludere che
le società strumentali possano svolgere, in
relazione alla loro posizione privilegiata,
altre attività a favore di altri soggetti
pubblici o privati perché se così fosse si
creerebbe un’alterazione o una distorsione
della concorrenza o del mercato”.
Il divieto che colpisce le società
strumentali è giustificato dalla circostanza
che esse costituiscono una longa manus
delle amministrazioni pubbliche, operando
quindi essenzialmente per queste ultime e
non già per il pubblico (C.d.S., 12.06.2009,
n. 3766; 14.04.2008, n. 1600; sez. VI,
16.01.2009, n. 215) e sostanzialmente in
deroga ai principi di concorrenza, non
discriminazione e trasparenza e perciò
stesso determinando il vulnus
dell’alterazione o distorsione della
concorrenza e del mercato e al principio di
parità degli operatori (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza
05.03.2010 n. 1282 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Immobili abusivi - Condono
edilizio e pagamento dell'oblazione -
Effetti - Rilascio del permesso di costruire
- Necessità - Interventi di ristrutturazione
edilizia - Esclusione - Fattispecie - Artt.
10, 22 e 44 DPR n. 380/2001.
In materia urbanistica, tutti gli interventi
di ristrutturazione edilizia anche se
soggetti alla cosiddetta DIA semplice, ai
sensi dell'art. 22, primo e secondo comma,
del DPR n. 380/2001, in quanto non portano
alla realizzazione di un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente,
secondo la previsione di cui all'art. 10,
comma primo, lett. c), non possono essere
eseguiti su immobili originariamente
abusivi.
Nella specie, il ricorso dell'autore della
violazione al condono edilizio ed il
pagamento dell'oblazione producono solo gli
effetti estintivi del reato previsti dalla
corrispondente normativa, mentre non rendono
legittima la costruzione eseguita
abusivamente finché non viene rilasciato il
permesso di costruire o, secondo la
normativa previgente, la concessione
edilizia in sanatoria (conferma ordinanza
del Tribunale della libertà di Napoli del
12.06.2009) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.03.2010 n. 8739 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Immobili sottoposti a tutela
storico-artistica o paesaggistico-ambientale
- Interventi edilizi - DIA - Super DIA -
Manutenzione ordinaria - Disciplina
applicabile - Art. 22, c. 6° DPR n.
380/2001, come sostituito dall'art. 1, c.
1°, lett. e), D. L.gs. n. 301/2002 - D. L.vo
n. 42/2004.
Ai sensi dell'art. 22, comma sesto, del DPR
n. 380/2001, come sostituito dall'art. 1,
comma I, lett. e), del D.L.gs. 27.12.2002 n.
301, la realizzazione degli interventi di
cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino
immobili sottoposti a tutela
storico-artistica o paesaggistico-ambientale,
è subordinata al preventivo rilascio del
parere o dell'autorizzazione richiesti dalle
relative previsioni normative.
Pertanto, l'autorizzazione
dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo è prevista dalla norma citata
non solo con riferimento alla cosiddetta
super DIA, di cui al comma 3 dell'art. 22,
sostitutiva del permesso di costruire, ma
anche per gli interventi minori previsti dai
primi due commi dello stesso articolo,
sempre che la normativa che disciplina il
vincolo lo preveda.
Va quindi osservato che, ai sensi del T.U.
n. 380/2001, solo gli interventi di
manutenzione ordinaria non sono sottoposti
ad alcun titolo abilitativo, ai sensi
dell'art. 6, comma primo, lett. a), mentre
ogni altro intervento, per il quale non sia
necessario il permesso di costruire (art.
10), deve essere preceduto dalla
presentazione della DIA (art. 22, comma
primo) (conferma ordinanza del Tribunale
della libertà di Napoli del 12.06.2009)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.03.2010 n. 8739 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico
- Ristrutturazione edilizia - Demolizione e
ricostruzione degli edifici - Autorizzazione
dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo - Disciplina applicabile - DIA,
Super DIA e permesso di costruire - Art. 22,
c. 6° DPR n. 380/2001, come sostituito
dall'art. 1, c. 1°, lett. e), D. L.gs. n.
301/2002 - Art. 149, c. 1°, lett. a), D.
L.vo n. 42/2004.
Nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono compresi, in
base al combinato disposto dei citati art.
3, primo comma, lett. d), ultima parte, e
10, primo comma, lett. c), del DPR n.
380/2001, anche quelli di demolizione e
ricostruzione degli edifici con la stessa
volumetria e sagoma di quelli precedenti.
Tali interventi di ristrutturazione possono
essere eseguiti mediante la DIA, di cui ai
primi due commi dell'art. 22, se non portano
ad un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente, né modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle
superfici dell'edificio, ovvero
modificazione della destinazione d'uso nelle
zone omogenee A.
Nel caso, invece, l'intervento di
ristrutturazione determini tali
modificazioni lo stesso deve essere
assentito mediante il permesso di costruire
ovvero la presentazione della DIA di cui
all'art. 22, terzo comma.
In ogni caso, gli interventi di
ristrutturazione edilizia sono subordinati
all'autorizzazione dell'amministrazione
competente per la tutela del vincolo
paesaggistico (conferma ordinanza del
Tribunale della libertà di Napoli del
12.06.2009) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.03.2010 n. 8739 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è legittimato ad impugnare il diniego di
sanatoria l'attuale proprietario del terreno
su cui insistono le richieste di sanatoria
avanzate da terzi soggetti non legittimati.
Il ricorrente, proprietario dal 1991 di
terreno su cui insistono opere abusive, non
ha proposto domanda di sanatoria. Egli
impugna i provvedimenti reiettivi di domande
di sanatoria proposte da terzo soggetto, che
non risulta avesse titolo a presentarla,
nonché gli ordini di demolizione delle opere
predette rivolti ai precedenti proprietari.
Il ricorrente è, quindi, del tutto estraneo
agli atti impugnati che non gli sono rivolti
né sono idonei a produrre nella sua sfera
giuridica alcun effetto innovativo lesivo; i
dinieghi su domande di terzo non legittimato
a proporle lasciano immutata la situazione
del ricorrente, che non ha richiesto
alcunché, ed altrettanto è a dirsi di ordini
di demolizione rivolti a soggetti che non
sono giuridicamente in grado di darvi
esecuzione.
Manca, di conseguenza, in capo al ricorrente
una situazione giuridica tutelata di
interesse legittimo con riferimento agli
atti predetti (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR
Toscana, Sez. III,
sentenza
04.03.2010 n. 628 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il parere concernente la
compatibilità paesaggistica è presupposto
per la decorrenza del termine per la D.I.A..
Nel caso di coinvolgimento in via
sostitutiva della Soprintendenza, infatti,
non operava l’istituto del silenzio assenso
ma, semmai, quello del silenzio rifiuto in
relazione ad un parere obbligatorio
normativamente previsto.
In seguito alla sospensione, da parte del
comune in causa, dei lavori per
l’installazione di un impianto di telefonia
mobile, la società ricorrente ha, pertanto,
contestato allo stesso la violazione degli
artt. 146 e 159 del D.Lgs. n. 42/2004 e
dell’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003.
Il Tribunale amministrativo di Firenze,
rilevando la fondatezza del ricorso, ricorda
che l’art. 87, comma 9, d.lgs. n. 259/03
applicabile alla fattispecie, prevede che “Le
istanze di autorizzazione e le denunce di
attività di cui al presente articolo…si
intendono accolte qualora, entro novanta
giorni dalla presentazione del progetto e
della relativa domanda, fatta eccezione per
il dissenso di cui al comma 8, non sia stato
comunicato un provvedimento di diniego…”.
Tale disposizione, facendo espresso richiamo
al “dissenso di cui al comma 8” –che
prevede il motivato dissenso espresso da un
Amministrazione preposta alla tutela
ambientale, alla tutela della salute o alla
tutela del patrimonio storico-artistico–
chiarisce che l’automaticità del silenzio
assenso come invocato, anche nelle sue
difese, dal Comune non opera qualora sia
necessaria la pronuncia di un’Autorità
preposta alla tutela dei particolari beni di
rilevante importanza sociale individuati dal
richiamato comma 8, dovendosi attendere una
pronuncia espressa in tal senso.
Si ricorda che già lo stesso Tribunale
toscano aveva precisato, in applicazione
della normativa precedente al d.lgs. n.
42/2004, che le opere relative
all’installazione di una stazione radio base
per telefonia mobile, in zona soggetta a
vincolo paesaggistico, devono essere
precedute dal rilascio dell’autorizzazione
prevista dall’art. 151 T.U. n. 490/1999 (TAR
Toscana, Sez. I, 22.12.04, n. 6625).
Tale conclusione è stata avallata anche da
successiva giurisprudenza –con cui i giudici
fiorentini sono concordi– per la quale il
parere dell’autorità competente alla tutela
del vincolo paesaggistico si configura come
un presupposto di validità della d.i.a., e
non quale semplice condizione di efficacia
della stessa, come per i titoli edilizi la
cui normativa non può essere invocata in
applicazione analogica (Cons. Stato, Sez. VI,
21.1.2005, n. 100).
La necessità della preventiva acquisizione
di detto parere emerge chiaramente, a
contrario, dallo stesso dato normativo
rilevabile nell’art. 87, commi 6,7, 8 e 9,
d.lgs. n. 259/03 che, nel prevedere
espressamente che il parere contrario (c.d.
“motivato dissenso”) assunto
dall’Amministrazione preposta alla tutela
ambientale ovvero della salute ovvero del
patrimonio storico-artistico impedisce la
formazione del silenzio assenso postula,
evidentemente, la necessità che un parere
comunque venga espresso (TAR Campania, Na,
Sez. VII, 06.04.2006, n. 3454).
Se, dunque, la mancanza del parere
concernente la compatibilità paesaggistica o
storico-artistica è stato ritenuto legittimo
motivo di reiezione della D.I.A. (TAR
Sicilia, Pa, Sez. II, 22.2.05, n. 203),
tanto più –aggiungono gli stessi giudici- la
sua presenza appare necessaria come
presupposto per la decorrenza del termine
osservato dalla società ricorrente (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
TAR Toscana, Sez. II,
sentenza
03.03.2010 n. 589 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L.
n. 447/1995 - Potere extra ordinem -
Presupposti - Urgenza di provvedere - Misure
di carattere temporaneo.
Il testo dell’art. 9 della legge 26.10.1995
n. 447 contempla un potere “extra ordinem”,
che si estrinseca mediante provvedimenti di
contenuto atipico in presenza dei
presupposti propri degli atti di tale
natura.
L’art. 9 medesimo fissa detti presupposti: è
previsto infatti che ricorrano eccezionali
ed urgenti necessità di tutela della salute
pubblica o dell’ambiente, cui deve farsi
fronte con misure di carattere temporaneo
(TAR Umbria, 11.11.2008 n. 722).
La norma non ritiene quindi sufficiente
l’urgenza di provvedere, richiedendo che si
tratti di situazione eccezionale, che non
può sussistere laddove le circostanze da cui
deriva la situazione dannosa abbia carattere
permanente, giacché la nozione stessa di
eccezionalità richiama l’idea di
imprevedibilità di una situazione.
A rimarcare ciò è richiesto che le stesse
misure adottate per fronteggiare la
situazione eccezionale abbiano carattere di
temporaneità (TAR Lazio, sez. II, 20.01.2006
n. 455; TAR Liguria, sez. II, 21.06.2004 n.
989; TAR Lombardia, Milano, sez. I,
01.03.2004 n. 813; TAR Campania, Napoli,
sez. I, 30.01.2004 n. 1139) (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 02.03.2010 n. 260 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La deroga prevista dall’art. 57,
comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda
esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri
esistenti e non anche l’attività
edificatoria dei privati; in altre parole,
la deroga che prevede la distanza di 100
metri dai centri abitati non ha lo scopo di
ridurre la distanza indicata dall’art. 338
del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire
l’ampliamento di un cimitero con riferimento
agli edifici preesistenti.
Nel caso di specie rileva non la
realizzazione dell’edificio, ma la
costruzione, in epoca successiva alla
realizzazione del cimitero ed al suo
ampliamento, di opere di incremento della
superficie dell’edificio della deducente.
La deroga prevista dall’art. 57, comma 4,
del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente
l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non
anche l’attività edificatoria dei privati;
in altre parole, la deroga che prevede la
distanza di 100 metri dai centri abitati non
ha lo scopo di ridurre la distanza indicata
dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di
consentire l’ampliamento di un cimitero con
riferimento agli edifici preesistenti (si
veda: Cons. Stato, sez. V, 23/08/2000, n.
4574, sentenza riguardante appello
presentato dalla odierna ricorrente).
Inoltre l’apposizione del vincolo
cimiteriale persegue una molteplicità di
interessi pubblici: la tutela di esigenze
igienico sanitarie e della sacralità del
luogo, l’interesse a mantenere un’area di
possibile espansione del perimetro
cimiteriale; pertanto anche la costruzione
di case sparse, e persino la realizzazione
di edifici isolati non destinati ad
abitazione, deve rispettare la distanza
minima di 200 metri, senza che sia richiesta
all’Ente pubblico una valutazione in
concreto della compatibilità della presenza
del manufatto rispetto al vincolo de quo
(Tar Toscana, sez. II, 27.11.2008, n. 3046;
Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n. 1933;
idem, 27.08.1999, n. 1006)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 26.02.2010 n. 549 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: L’emanazione
di ordinanze contingibili ed urgenti da
parte del Sindaco non abbisogna della previa
comunicazione dell’avvio del procedimento
amministrativo ai sensi dell’art. 7 della
legge 07.08.1990, n. 241.
Il potere del Sindaco di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti presuppone la
necessità di provvedere, con immediatezza,
in ordine a situazioni di natura eccezionale
ed imprevedibile.
Il potere del Sindaco di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti presuppone la
necessità di provvedere, con immediatezza,
in ordine a situazioni di natura eccezionale
ed imprevedibile.
Inoltre, è necessario che esista una
situazione di pericolo, quale ragionevole
probabilità che accada un evento dannoso,
nel caso in cui l’Amministrazione non
intervenga prontamente.
Sussistendo tale situazione, ed in linea di
principio, la giurisprudenza ha chiarito
come l’emanazione di ordinanze contingibili
ed urgenti da parte del Sindaco non
abbisogni della previa comunicazione
dell’avvio del procedimento amministrativo
ai sensi dell’art. 7 della legge 07.08.1990,
n. 241 (Consiglio di Stato, sez. V,
09.02.2001, n. 580; TAR Campania, Napoli,
sez. V, 25.02.2009, n. 1083; TAR Puglia,
Bari, sez III, 26.05.2004, n. 2285; TAR
Emilia Romagna, Parma, 10.01.2003, n. 1; TAR
Basilicata, 16.10.2001, 740)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 26.02.2010 n. 243 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Anche
il solo “sospetto di inquinamento” è più che
sufficiente per l’interdizione dell’uso
agricolo del suolo.
Come ha avuto
modo di rilevare il Consiglio di Stato,
anche il solo “sospetto di inquinamento”
è più che sufficiente per l’interdizione
dell’uso agricolo del suolo.
La garanzia della sicurezza dei prodotti
destinati all’alimentazione umana ed, ancor
prima, dei mangimi somministrati agli
animali (che rappresentano il precedente
anello della catena alimentare) è
strumentale alla salvaguardia del bene della
salute e, dunque, mira alla protezione di un
valore assoluto, ovverosia il diritto ad una
alimentazione sana, che esige una sensibile
anticipazione di tutela (Consiglio di Stato,
sez. V, 01.07.2005, n. 3677).
Sotto questo profilo, non si è mancato di
evidenziare come eloquenti, in questo senso,
sono le suggestioni provenienti dal diritto
sopranazionale che ha accolto, con il
regolamento CE n. 178/2002 “il principio
di precauzione“ come fondamentale
criterio guida nella gestione dei rischi
alimentari (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 26.02.2010 n. 243 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
La disciplina legale della
revisione dei prezzi prevale sulla quella
pattizia in caso di contrasto.
Sulla base di questo principio, il Tar per
la Puglia si è espresso in ordine ad una
controversia tra comune e gestore del
servizio smaltimento rifiuti.
Primo motivo di dibattito è stata la
definizione della natura del rapporto
contrattuale in corso e per il quale si
chiede la revisione dei prezzi; dalla
soluzione della diatriba si decide se è
applicabile il codice dei contratti
pubblici, nello specifico l’art. 115 del
medesimo.
Non c’è dubbio per i giudici che il caso
trattato sia quello di un appalto di
servizi, in quanto la ditta ha assunto in
forza di un rapporto contrattuale una
prestazione dietro pagamento di un
corrispettivo che è totalmente a carico
della stazione appaltante su cui ricade il
rischio finanziario della gestione. Posto
che la fattispecie è quella di appalto di
servizi, risulta evidentemente applicabile
l’art. 115 del D.Lgs 163/2006 che stabilisce
non solo la necessità di una clausola
revisionale ma fissa anche i criteri che
devono essere inderogabilmente osservati per
un corretto adeguamento del corrispettivo.
A proposito i giudici rammentano che, ai
sensi dell’art. 6 comma 4 della L. 537/1993,
come novellato dall’art. 44 della legge n.
724/1994 (normativa applicabile ratione
temporis alla fattispecie oggetto del
giudizio secondo la tesi del Comune e
comunque riproposta nelle linee essenziali,
quelle che qui vengono in considerazione,
dal codice dei contratti pubblici), tutti i
contratti ad esecuzione periodica o
continuativa debbono recare una clausola di
revisione periodica del prezzo, che viene
operata sulla base di una istruttoria
condotta dai dirigenti responsabili della
acquisizione di beni e servizi sulla base
dei dati fissati con la medesima normativa.
Considerato che l’art. 6 della legge n.
537/1993 è norma imperativa, non
suscettibile di essere derogata
pattiziamente (la sua finalità primaria è
quella di salvaguardare l’interesse pubblico
a che le prestazioni di beni e servizi alle
pubbliche amministrazioni non possano col
tempo subire una diminuzione qualitativa a
causa della eccessiva onerosità sopravvenuta
della prestazione e della conseguente
incapacità del fornitore di farvi
compiutamente fronte), ne consegue che le
disposizioni negoziali contrastanti con la
disposizione legislativa non solo sono
colpite dalla nullità ai sensi dell’art.
1419 cod. civ., ma sostituite de iure, ex
art. 1339 cod. civ., dalla disciplina
imperativa di legge.
Nel caso, quindi, la disciplina legale in
materia di revisione prezzi si inserisce
automaticamente e prevale sulla previsione
pattizia, assunta in contratto (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 25.02.2010 n. 680 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Sull'obbligo del sindaco di
rispettare il principio di pari opportunità
tra uomo e donna anche nella scelta dei
membri del consiglio di amministrazione di
una società in house.
Un sindaco nell'ambito della procedura
svolta per la nomina dei membri del
consiglio di amministrazione e del collegio
dei sindaci di una società in house
interamente partecipata dal comune, deve
osservare l'art. 51 Cost. sul principio di
pari opportunità tra uomo e donna,
riservando una aliquota dei membri da
nominare (la cui consistenza deve a sua
volta formare oggetto di valutazione in
concreto, sulla base delle singole
circostanze) al sesso femminile (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 24.02.2010 n. 622 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA: Se
si consentisse a qualunque cittadino
residente di proporre ricorso
giurisdizionale avverso lo strumento
urbanistico, senza che vi sia alcuna
incidenza delle prescrizioni censurate su un
suo peculiare interesse, i vizi
eventualmente riscontrati dovrebbero
comportare l'annullamento dell'intero piano,
al fine di far conseguire al ricorrente una
qualche e solo asserita utilità strumentale.
Il Collegio ben conosce la pur ampia
legittimazione astrattamente riconosciuta
dalla giurisprudenza in tema di impugnazione
del Piano regolatore generale (cfr. per
tutte, Tar Lazio, Roma, sez. II, 19.03.2009,
n. 2860) ritenendo sufficiente l’interesse
strumentale all’annullamento in vista dei
vantaggi conseguibili sul piano della
destinazione urbanistica dell’area di
proprietà a seguito della rinnovazione
dell’intero atto di pianificazione, tuttavia
ritiene che non si possa prescindere da una
effettiva rappresentazione del concreto e
sostanziale interesse a sollevarla.
Nella specie, la società censura la
disciplina dei mutamenti delle destinazioni
d’uso, così come stabilita nelle specifiche
norme rubricate delle N.T.A., in quanto dopo
l’ultimazione del fabbricato ad uso uffici
di sua proprietà, intenderebbe avviare la
procedura per ottenere il cambio di
destinazione come prevista dalla vigente
convenzione di lottizzazione.
Pertanto, l’interesse della società
all’annullamento dell’atto di pianificazione
con riferimento alle norme contestate si
fonda su una possibile ed eventuale
richiesta di cambio di destinazione
dell’immobile ricadente nella nuova
disciplina di cui alle NTA, cambio allo
stato non attuale e non concretamente
dimostrato dalla stessa ricorrente (né
vengono allegate le modalità di detto
eventuale cambiamento di destinazione se con
opere, o senza, oppure con passaggio a più
elevata categoria di carico urbanistico),
mentre risulta in atti solo il permesso a
costruire n. 985 dell’11.11.2008, per il
completamento di cubatura del Permesso di
costruire n. 1100 del 14.10.2004, relativo
all’edificio in questione destinato ad
uffici privati e negozi.
In tal caso, la società ricorrente non può
dolersi dell’illegittimità dell’atto
pianificatorio e delle norme contestate con
il motivo in esame, in quanto la medesima
non riceve dalle stesse, allo stato, una
lesione immediata e certa; infatti, non
appare sussistente l’interesse immediato e
diretto, ossia l’utilità che conseguirebbe
la società direttamente dall’accoglimento di
dette censure e l’attualità delle stesse,
attesa la diversa situazione di fatto
esistente rispetto a quella eventuale da
realizzare in futuro.
Del resto, se si consentisse a qualunque
cittadino residente di proporre ricorso
giurisdizionale avverso lo strumento
urbanistico, senza che vi sia alcuna
incidenza delle prescrizioni censurate su un
suo peculiare interesse, i vizi
eventualmente riscontrati dovrebbero
comportare l'annullamento dell'intero piano,
al fine di far conseguire al ricorrente una
qualche e solo asserita utilità strumentale.
Ne deriva che una simile soluzione si pone
in evidente contrasto con diversi principi
generali: il principio costituzionale di
buona amministrazione, il principio generale
sull'interesse al ricorso di cui all'art.
100 del c.p.c. e i principi elaborati dalla
giurisprudenza e dalla dottrina in materia
di interessi legittimi.
Si avrebbe, quanto al primo aspetto,
la caducazione di un piano per la tutela di
un asserito e solo ipotetico, interesse del
ricorrente, a discapito di quell'interesse
pubblico che la disciplina urbanistica é
fisiologicamente destinata a perseguire.
Quanto al secondo aspetto si
introdurrebbe un ricorso giurisdizionale per
la tutela di un generico ed eventuale
interesse, mentre ai sensi dell'art. 100
c.p.c. per proporre un'azione in sede
giurisdizionale occorre avere un interesse
specifico, inteso quale concreta utilità
(bene della vita) che il ricorrente si
prefigge di conseguire con l'annullamento
(totale o parziale) dell'atto amministrativo
ritenuto illegittimo.
Per di più, non va sottaciuto che
l'ordinamento attribuisce tutela
giurisdizionale amministrativa a quelle
posizioni giuridiche soggettive che
risultino differenziate e qualificate: ciò
che, nel caso di specie, il Collegio non
rileva, avendo la società ricorrente, in
difetto di specifica prova della quale era
onerata, una posizione giuridica del tutto
indifferenziata rispetto alla generalità dei
cittadini (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
17.04.2003, n. 2017; idem, sez. V,
08.05.2007, n. 2119; TAR Campania, Napoli,
sez. II, 19.11.2009, n. 7698)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 17.02.2010 n. 2386 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: E'
illegittima la previsione del contributo
straordinario per oneri di urbanizzazione,
attesa la carenza della necessaria base
legislativa, non solo a livello statale, ma
anche a livello regionale.
L’ordinario
contributo per oneri di urbanizzazione,
secondo la giurisprudenza, costituisce un
corrispettivo di diritto pubblico posto a
carico del costruttore, connesso al rilascio
della concessione edilizia, a titolo di
partecipazione del concessionario ai costi
delle opere di urbanizzazione in proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae; con l’importante
corollario che consiste nell’esigenza di
rispettare, nella determinazione dello
stesso, l'art. 23 della Costituzione,
secondo il quale nessuna prestazione
patrimoniale può essere imposta se non in
base alla legge (Consiglio di Stato, sez. V,
21.04.2006 n. 2258; Consiglio di Stato, sez.
V, 18.12.2003 n. 8345; Consiglio di Stato,
sez. V, 20.04.2009, n. 2359; TAR
Campania-Salerno, sez. II, 05.10.2009, n.
5318).
E' vero che il
Consiglio di Stato ha riconosciuto che -in
linea di principio- in sede convenzionale il
privato può liberamente assumere impegni
patrimoniali più onerosi rispetto a quelli
astrattamente previsti dalla legge: impegni,
questi, che rientrano nella piena
disponibilità delle parti, posto che la
normativa vigente in materia urbanistica ed
edilizia non esclude affatto che le parti
possano, per valutazioni di convenienza,
regolare il rapporto in termini diversi in
punto di oneri economici (Consiglio di
Stato, sez. V, 29.09.1999, n. 1209; sez. IV,
28.07.2005, n. 4015); e che non è escluso
che ciò possa valere anche qualora alcuni
contenuti dell'accordo vengano proposti
dall'Amministrazione in termini non
modificabili dal privato (Consiglio di
Stato, sez. IV, 28.07.2005, n. 4014).
Ma in questa sede -si badi bene- non si
controverte sull’interpretazione del singolo
atto convenzionale, il quale contenga (per
così dire “ex post”) obbligazioni la
cui misura vada oltre quella vigente. Si
tratta, piuttosto, della previsione “ex
ante” di un istituto, il contributo
straordinario, che viene “a priori”
quantificato sia nella quota di
maggiorazione di edificabilità che ne
costituisce la base (0,06 mq/mq) sia
nell’individuazione della misura (cfr.
l’art. 20, commi 2 e 3, delle N.T.A.).
Non si tratta qui semplicemente di un atto
unilaterale, analogo alle “condizioni
generali di contratto”, o alle clausole
contenute, ad esempio, nel D.M. Lavori
Pubblici 21.12.1994, sui programmi di
riqualificazione urbana, che attengono a un
atto avente valore di bando per
l’assegnazione di finanziamenti, o alle
deliberazioni ministeriali che fissano le
modalità per l’assegnazione di contributi in
materia di programmi di recupero urbano).
Trattasi, piuttosto, di un atto a carattere
normativo, e come tale, quindi, non
solamente dotato di una più diretta
influenza sulla stessa sostanziale
conformazione della proprietà, ma anche
vincolante “ex ante”, in via generale
e astratta, i soggetti dell’ordinamento, e
quindi incidente direttamente e
imperativamente sul contenuto del successivo
eventuale accordo delle parti.
Sotto questo profilo, considerando le N.T.A.
del Piano come un atto normativo, il
problema del rispetto non solo del principio
di legalità, ma della vera e propria riserva
di legge prevista dall’art. 23 della
Costituzione, rimane allora ineludibile
(dato che il Comune è comunque privo di
poteri legislativi, anche nel sistema
autonomistico disegnato dalla riforma del
Titolo V della Costituzione).
Ne consegue quindi, in conclusione, la
fondatezza della censura proposta, dovendosi
ritenere illegittima la previsione del
contributo straordinario, attesa la carenza
della necessaria base legislativa, non solo
a livello statale, ma anche a livello
regionale, non potendosi considerare
sufficiente, a tal fine, il riferimento
contenuto nell’art. 18, comma 7, della L.R.
n. 21 del 2009, che attiene alla sola
materia dell’edilizia residenziale sociale
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 17.02.2010 n. 2386 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In ordine alle verifica delle
offerte anomale.
Il giudizio che conclude il sub procedimento
di verifica delle offerte anomale,
costituisce espressione di un potere tecnico
discrezionale dell’amministrazione, di per
sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le
valutazioni ad esso sottese non siano
abnormi o manifestamente illogiche o affette
da errori di fatto; il giudizio conclusivo
ha natura globale e sintetica sulla serietà
o meno dell’offerta nel suo insieme;
conseguentemente la relativa motivazione
deve essere rigorosa in caso di esito
negativo; invece la positiva valutazione di
congruità della presunta offerta anomala è
sufficientemente espressa anche con
motivazione per relationem alle
giustificazioni rese dall’impresa offerente
(cfr. ex plurimis e da ultimo Cons.
St., sez. V, 10.02.2009, n. 748; sez. V,
20.05.2008, n. 2348) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.02.2010 n. 741 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In ordine all’annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria.
L’aggiudicazione
provvisoria ha natura di atto
endoprocedimentale, ancora ad effetti
instabili, del tutto interinali, inserendosi
nell’ambito della procedura di scelta del
contraente come momento necessario, ma non
decisivo, atteso che la definitiva
individuazione del contraente risulta
consacrata soltanto con l’aggiudicazione
definitiva.
Ne discende che, allorquando
l’amministrazione intenda esercitare il
proprio potere di autotutela rispetto
all’aggiudicazione provvisoria, non è tenuta
a dare comunicazione dell’avvio del relativo
procedimento iniziato con l’istanza di
partecipazione alla gara (cfr. Cons. di
Stato, sez. IV, 25.07.2021, n. 4065;
29.10.2002, n. 5903 e 31.10.2006, n. 6456);
ciò in quanto l’aggiudicatario provvisorio
vanta una mera aspettativa alla conclusione
del procedimento, non sussumibile al rango
di posizione differenziata tale da
comportare la titolarità di un interesse
procedimentale distinto da quello degli
altri partecipanti.
Solo l’aggiudicazione definitiva induce la
titolarità di una posizione giuridica
qualificata tale da comportare la necessaria
interlocuzione con la pubblica
amministrazione nel caso di procedimenti di
secondo grado (cfr. Cons. di Stato, sez. IV,
31.10.2006, n. 6456)
(TAR Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla stringente interpretazione
del bando di gara.
Nelle procedure per l’aggiudicazione dei
contratti della P.A., il bando va
interpretato in modo formale, dato che ciò
risponde, da un lato, ad esigenze pratiche
di certezza e celerità, e, dall’altro, alla
necessità di garantire l’imparzialità
dell’azione amministrativa e la parità di
condizioni tra i concorrenti; soltanto nel
varco aperto da un’equivoca formulazione
della lettera d’invito o del bando può
trovare applicazione il principio di massima
partecipazione, secondo cui, cioè, va data
preferenza all’interpretazione del bando che
consente la più ampia ammissione degli
aspiranti (cfr. Cons. di Stato, 17.12.2001,
n. 6250) (TAR Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità, o meno, della
riapertura della fase di gara.
La riapertura
della gara è stata determinata non già da
uno spontaneo “ripensamento” da parte
della Commissione ma da una nota
circostanziata pervenuta all’Amministrazione
da parte della controinteressata (cfr. doc.
n. 2 in produzione di parte resistente), di
cui è stata data immediata contezza alla
ricorrente (cfr. doc. n. 3 in produzione di
parte ricorrente), che evidenziava
l’irritualità dell’esclusione alla stregua
della lex specialis di cui al bando.
Sembra pertanto al Collegio che la “riverifica”,
in presenza di detta situazione, e in un
momento nel quale gli esiti della gara non
erano stati, come sopra detto, ancora
consacrati e consolidati in
un’aggiudicazione definitiva, fosse non solo
opportuna, ma addirittura doverosa al fine
di prevenire possibili contenziosi, oltre
che al fine di individuare con assoluta
correttezza il legittimo contraente, in
osservanza del principio costituzionale di
buon andamento che impegna la pubblica
Amministrazione ad adottare atti il più
possibile rispondenti ai fini da conseguire
(cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 22.10.2004,
n. 6931, ex pluris)
(TAR Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla discrezionalità di non
aggiudicazione della gara.
Correttamente la stazione appaltante si sia
avvalsa della facoltà di non procedere
all’aggiudicazione della gara all’offerta
del raggruppamento ricorrente, pur essendo
l’unica valida, in quanto presentava “carenze
progettuali e qualitative tali da renderla
non idonea rispetto alle esigenze
dell’Amministrazione e, comunque, non
conveniente dal punto di vista economico”.
Invero, in primo luogo, nel caso di specie
sussistevano i presupposti per l’esercizio
da parte della stazione appaltante del
potere discrezionale in questione (ex art.
81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006), in quanto
la circostanza che l’offerta tecnica della
ricorrente avesse superato il preliminare
vaglio di corrispondenza ai requisiti
qualitativi indicati come soglia minima nel
disciplinare, non configura un vincolo per
la stazione appaltante in ordine alla
valutazione definitiva delle offerte, ma in
realtà rappresenta soltanto il riscontro del
raggruppamento di un livello qualitativo “sufficiente”
da parte delle varie soluzioni progettuali
elaborate dalle imprese concorrenti.
Pertanto non appare suffragata sotto il
profilo né testuale né sistematico
l’interpretazione elaborata dalla ricorrente
secondo cui, in presenza di soglie minime di
requisiti qualitativi stabilite nella lex
specialis di gara, l’esercizio –da parte
della stazione appaltante– del potere, di
cui all’art. 81, comma 3, D.Lgs. n.
163/2006, sarebbe di fatto circoscritto al
sopravvenire di circostanze imprevedibili
all’atto di indizione della gara; la
discrezionalità di non aggiudicare la gara,
invece, concerne la valutazione complessiva
dell’offerta (nella sua interezza) come non
rispondente alle esigenze della stazione
appaltante e, pertanto, si pone su un piano
generale nel quale va ricompreso, quale
singolo aspetto, il superamento di un
preliminare scrutinio di qualità minima da
parte delle offerte in gara (TAR Lazio-Roma,
Sez. III-quater,
sentenza 01.02.2010 n. 1258 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nella
distanza tra fabbricati frontistanti una
strada a fondo cieco, quest'ultima non deve
essere tenuta in considerazione, trovando
applicazione il disposto di cui all'art. 9,
comma 2, del DM 1444/1968.
Parte ricorrente insiste nel ritenere
applicabile l’ultimo comma dell’art. 9 del
DM 1444/1968, secondo cui “qualora le
distanze tra fabbricati, come sopra
computate, risultino inferiori all'altezza
del fabbricato più alto, le distanze stesse
sono maggiorate fino a raggiungere la misura
corrispondente all'altezza stessa. Sono
ammesse distanze inferiori a quelle indicate
nei precedenti commi, nel caso di gruppi di
edifici che formino oggetto di piani
particolareggiati o lottizzazioni
convenzionate con previsioni
planovolumetriche.” Pertanto, secondo i
calcoli di parte ricorrente, il nuovo
edificio sarebbe tenuto a rispettare una
distanza pari alla sua progettata altezza
dalle costruzioni.
Secondo le difese avversarie la disposizione
va invece letta unitamente al capoverso
precedente, dettato per la disciplina delle
distanze tra fabbricati tra i quali siano
interposte strade destinate al traffico, ad
esclusione della viabilità a fondo cieco al
servizio di singoli edifici e di
insediamenti.
E’ emerso dall’istruttoria che Via Mocchetti
è una strada a fondo cieco, il fabbricato
erigendo dista dagli altri fabbricati
rispettivamente mt. 10,05 a sud e 10,75 a
nord, mentre l’altezza prevista nel permesso
di costruire è di 11,70, a fronte di quella
massima consentita di 12,50.
Ad avviso del Collegio la distanza è
rispettata, dovendo trovare applicazione nel
caso de quo l’art. 9, punto 2), che
prescrive la distanza di 10 mt..
Gli ultimi due capoversi invece contengono
una disciplina, tra loro integrativa, per il
calcolo delle distanze nel caso di edifici
tra i quali sono interposte strade, con la
chiara ipotesi di esclusione delle strade a
fondo cieco, che è stata accertata nel caso
de quo.
Anche la disposizione secondo cui va
calcolata la distanza va maggiorata fino al
raggiungimento della misura corrispondente
all’altezza del fabbricato più alto si
applica solo nell’ipotesi di edifici tra i
quali sono interposte strade destinate al
traffico dei veicoli.
Quanto alla distanza dal box e dal muro, si
osserva che correttamente il box non è stato
considerato, in quanto lo stesso è interrato
e pertanto non integra, ai fini delle
distanze, la nozione di costruzione.
Rispetto al muro di sostegno, parte
ricorrente afferma la violazione della
distanza in quanto disterebbe mt. 8,10 dal
suddetto muro, da considerarsi come muro di
fabbrica e non di cinta e quindi
assoggettato al rispetto delle distanze
legali.
Il Comune ha invece qualificato il muro come
muro di sostegno del terreno di proprietà
del ricorrente, in quanto ha la funzione di
contenimento del dislivello naturale;
pertanto è corretta la scelta di non
considerare detto manufatto rilevante ai
fini delle distanze ai fini dell'art. 9 del
d.m. 1444/1968, dal momento che la norma
presuppone che le pareti siano «costruzioni»
in senso edilizio, non mere opere di
contenimento del declivio naturale (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.01.2010 n. 191 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
DIA è un atto di natura privata e quindi ne
esclude la sua diretta impugnazione. Il
terzo che vuole quindi contestare la
legittimità delle opere realizzate in forza
di detto titolo, deve promuovere un’azione,
non di annullamento, ma di accertamento
dell'insussistenza dei requisiti e dei
presupposti previsti dalla legge per i
lavori oggetti della DIA.
Come noto
questa Sezione aderisce all’orientamento
secondo cui la DIA è un atto di natura
privata e quindi ne esclude la sua diretta
impugnazione. Il terzo che vuole quindi
contestare la legittimità delle opere
realizzate in forza di detto titolo, deve
promuovere un’azione, non di annullamento,
ma di accertamento dell'insussistenza dei
requisiti e dei presupposti previsti dalla
legge per i lavori oggetti della DIA (da
ultimo TAR Lombardia Milano, sez. II,
23.10.2009 n. 4886)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.01.2010 n. 191 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
mera affissione all'albo pretorio del comune
non costituisce formalità idonea a
cristallizzare il dies a quo per
l’impugnazione di un titolo abilitativo
edilizio.
Per costante giurisprudenza, la mera
affissione all'albo pretorio del comune non
costituisce formalità idonea a
cristallizzare il dies a quo per
l’impugnazione di un titolo abilitativo
edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. V,
08.06.1998, n. 779; TAR Umbria, Perugia,
12.05.2003, n. 332; TAR Lombardia, Milano,
sez. II, 10.06.2002, n. 2445; 15.10.2002, n.
3941; 27.05.2005, n. 1111; TAR Liguria,
Genova, sez. I, 25.07.2008, n. 1543);
cosicché, non essendo, in tal caso,
richiesta la notifica ai terzi, il termine
in parola decorre, nei confronti di questi
ultimi, dalla piena consapevolezza del
provvedimento autorizzativo, la quale –come
evidenziato– deve essere provata dal
soggetto eccipiente la tardività del ricorso
e si perfeziona da quando è percepibile la
lesività dell'opera realizzata, ossia da
quando venga conosciuto il contenuto
specifico del permesso di costruire o del
progetto assentito ovvero da quando detta
opera si trovi in fase di avanzata o di
completamento e riveli, così, in modo certo
ed inequivoco le sue caratteristiche
essenziali e la sua eventuale non conformità
alla disciplina urbanistica (cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 17.05.2002, n. 2668; sez. IV,
08.07.2002, n. 3805; sez. V, 23.09.2005, n.
5033; sez. IV, 15.09.2006, n. 5394; sez. IV,
31.10.2006, n. 6465; 12.02.2007, n. 599;
sez. V, 24.08.2007, n. 4485; sez. IV,
10.12.2007, n. 6342; sez. V, 04.03.2008, n.
885; sez. VI, 09.02.2009, n. 717; sez. IV,
29.05.2009, n. 3358; 18.06.2009, n. 4015;
TAR Campania, Napoli, sez. IV, 18.03.2003,
n. 2637; sez. IV, 14.02.2005, n. 1004; sez.
II, 12.04.2005, n. 3784; sez. VII,
06.05.2005, n. 5552; sez. II, 19.10.2006, n.
8673; Salerno, sez. II, 19.07.2007, n. 860;
Napoli, sez. IV, 03.09.2008, n. 10036; sez.
III, 18.09.2008, n. 10354; Salerno, sez. II,
03.10.2008, n. 2823; TAR Sardegna, Cagliari,
16.12.2003, n. 1737; sez. II, 06.04.2009, n.
432; TAR Marche, Ancona, 24.04.2004, n. 179;
TAR Veneto, Venezia, sez. II, 04.11.2004, n.
3840; TAR Sicilia, Catania, sez. I,
30.12.2004, n. 4101; TAR Puglia, Lecce, sez.
I, 22.12.2005, n. 6040; TAR Piemonte,
Torino, sez. I, 10.05.2006, n. 2022;
26.03.2009, n. 795; 05.06.2009, n. 1601; TAR
Marche, Ancona, sez. I, 31.01.2007, n. 10;
TAR Basilicata, Potenza, 21.02.2007, n. 59;
TAR Sicilia, Catania, sez. I, 08.02.2008, n.
225; 23.01.2009, n. 168; TAR Toscana,
Firenze, sez. II, 30.12.2008, n. 4451)
(TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 18.01.2010 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: I
piani di recupero di cui agli artt. 28 della
l. 05.08.1978, n. 457 e 28 della l. n.
219/1981 hanno natura attuativa e sono
vincolati al rispetto della sovraordinata
disciplina dei piani regolatori generali.
I piani di
recupero di cui agli artt. 28 della l.
05.08.1978, n. 457 e 28 della l. n.
219/1981, quali strumenti urbanistici
equivalenti ai piani particolareggiati (e da
questi distinti per essere finalizzati non
già alla complessiva trasformazione del
territorio, bensì alla conservazione, alla
valorizzazione, al risanamento e alla
ricostruzione del patrimonio urbanistico ed
edilizio esistente: cfr. Cons. Stato, sez.
IV, 05.03.2008, n. 922), hanno natura
attuativa e sono vincolati al rispetto della
sovraordinata disciplina dei piani
regolatori generali; cosicché sono da
ritenersi illegittime le prescrizioni da
essi impartite in funzione non meramente
integrativa e specificativa, ma anche
derogatoria o sostitutiva della predetta
disciplina di rango superiore (cfr. Cass.,
sez. II, 11.07.2000, n. 9175; 13.10.2000, n.
13639; 20.07.2005, n. 15247; Cons. Stato,
sez. V, 12.03.1992, n. 214; TAR Veneto,
Venezia, sez. I, 04.04.2002, n. 1240; TAR
Campania, Napoli, sez. IV, 24.06.2002, n.
3725; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II,
06.03.2003, n. 537) (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 18.01.2010 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Compiti e responsabilità del RSPP
secondo la Cassazione (penale).
Con la recente
sentenza 15.01.2010 n. 1834 la
Corte di Cassazione penale è intervenuta sul
tema dei compiti e delle responsabilità del
Responsabile del Servizio di Prevenzione e
Protezione.
La Corte ritiene che il RSPP, anche se privo
di poteri decisionali e di spesa, può essere
ritenuto corresponsabile del verificarsi di
un infortunio, ogni qual volta questo sia
oggettivamente riconducibile ad una
situazione pericolosa che egli avrebbe avuto
l'obbligo di conoscere e segnalare ... (link
a www.acca.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI
- CONSIGLIERI COMUNALI: Le
opinioni espresse e le valutazioni
manifestate dai membri di organi collegiali
nel corso delle relative sedute, anche
qualora raccolte in appunti presi
dall’organi verbalizzante, non costituiscono
documenti amministrativi soggetti al diritto
di accesso di cui alla L. 241/1990.
Ugualmente, qualora il Segretario adotti, ai
fini della stesura del verbale, altri
strumenti di riproduzione come la
registrazione fonografica della seduta.
La giurisprudenza ha affermato in più
occasioni che le opinioni espresse e le
valutazioni manifestate dai membri di organi
collegiali nel corso delle relative sedute,
anche qualora raccolte in appunti presi
dall’organi verbalizzante, non costituiscono
documenti amministrativi soggetti al diritto
di accesso di cui alla L. 241/1990 (TAR
Friuli 13/02/2009 n. 68; TAR Brescia
31/12/2003 n. 1823; Consiglio di Stato, IV,
04/07/1996 n. 820).
A diversa conclusione non si può pervenire
qualora il Segretario adotti, ai fini della
stesura del verbale, altri strumenti di
riproduzione come, appunto, la registrazione
fonografica della seduta (TAR Veneto,
Venezia II, 14/01/2002 n. 60).
Da tali precedenti giurisprudenziali il
Collegio non ha motivo di discostarsi
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 13.03.2009 n. 1914 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
L’accesso agli atti necessario a
curare o difendere interessi giuridicamente
rilevanti è sempre prevalente sulla
riservatezza del terzo anche se intacchi
dati sensibili, salva la più accentuata
tutela per i dati c.d. “supersensibili”.
Non suscettibile di favorevole esame è anche
il quarto motivo di gravame con il quale si
oppone l’insuperabilità della normativa
posta a tutela della riservatezza nella
misura in cui si oppone alla divulgazione di
notizie relative alla persona presenti in
una banca dati:
- è da premettere, in linea generale, che il
rapporto tra diritto di accesso e diritto
alla riservatezza è stato risolto
direttamente dal legislatore grazie al vasto
intervento riformatore operato dal codice
dei dati personali –d.lgs. n. 196 del 2003- dalla l. n. 15 del 2005 -recante la
novella alla l. n. 241 del 1990– dal d.P.R.
n. 184 del 2006, che hanno, nella sostanza
ed in estrema sintesi, cristallizzato gli
approdi cui era giunta la giurisprudenza del
Consiglio di Stato (in particolare ad. plen.
n. 5 del 1997), avanzando in ogni caso la
soglia di tutela dell’accesso;
- in particolare l’art. 59, codice dati
personali, fatta salva l’applicazione della
disciplina derogatoria sancita dal
successivo art. 60 per i dati idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale (inapplicabile alla vicenda in
trattazione), ha demandato interamente alla
l. n. 241 del 1990 la regolamentazione del
rapporto accesso – privacy anche per ciò che
concerne i dati sensibili e giudiziari (pure
questi non in rilievo nel presente
giudizio);
- l’art. 24, l. n. 241 del 1990 nel testo
novellato, recita al comma 7, che <<deve
comunque essere garantito ai richiedenti
l’accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici. Nel
caso di documenti contenenti dati sensibili
e giudiziari, l’accesso è consentito nei
limiti in sia strettamente indispensabile e
nei termini previsti dall’art. 60 del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
in caso di dati idonei a rivelare lo stato
di salute e la vita sessuale>>;
- alla luce della evoluzione normativa deve
concludersi che l’accesso necessario a
curare o difendere interessi giuridicamente
rilevanti è sempre prevalente sulla
riservatezza del terzo anche se intacchi
dati sensibili, salva la più accentuata
tutela per i dati c.d. “supersensibili”; in
quest’ultimo caso il responsabile del
procedimento, in base ad una valutazione
casistica effettuata sulla scorta del
menzionato art. 60, darà prevalenza al
diritto di accesso nei limiti della
<<stretta indispensabilità>> prevista dalla
norma, solo se la situazione soggettiva
sottostante sia di rango almeno pari ai
diritti dell’interessato, ovvero consista in
un diritto della personalità o in un altro
diritto o libertà fondamentale e
inviolabile;
- la novella formulazione dell’art. 24 cit.,
non pone più alcun limite <<modale>>
all’accesso, che, dunque, potrà tradursi in
un rilascio dell’atto e non più nella mera
visione dello stesso (come ritenuto dalla
citata ad. plen. n. 5 del 1997);
- pertanto l’interesse alla riservatezza
tutelato dalla normativa mediante una
limitazione del diritto di accesso ai
documenti amministrativi recede quando
l’accesso stesso è esercitato per la difesa
di un interesse giuridico, nei limiti in cui
esso è necessario alla difesa di
quell’interesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI,
12.04.2007, n. 1699), sicché è del tutto inconferente il richiamo operato dagli atti
impugnati alla norma sancita dall’art. 19,
co. 3, d.lgs. n. 196 del 2003 che ha
tutt’altro ambito applicativo (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 27.05.2008 n. 2511 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: E'
legittimo il diniego all'accesso della
registrazione su supporto magnetico
dell’adunanza del Consiglio Comunale poiché
non si tratta di documento amministrativo,
ma di un mero ausilio, riconducibile a
semplici appunti, che il Segretario comunale
utilizza per la formazione del verbale della
seduta. Quest’ultimo soltanto è il documento
amministrativo.
I ricorrenti, consiglieri comunali, hanno
chiesto di avere accesso alla registrazione
su supporto magnetico dell’adunanza del
Consiglio Comunale di Casalserugo del
18.06.2001. L’accesso è stato negato dal
Sindaco e dal Segretario comunale, col
provvedimento 19.10.2001, sul rilievo che
non si tratta di un documento
amministrativo, ma di un semplice ausilio
del Segretario comunale. E’ stato invece
messo a disposizione il verbale della seduta
consiliare.
I ricorrenti sostengono invece di aver
diritto ad ottenere tale registrazione
magnetica, trattandosi di notizie ed
informazioni che i consiglieri comunali
hanno diritto di avere ex art. 43, co. 2,
d.lgs. 267/2000, utili all’espletamento del
mandato.
La risposta negativa del Comune di
Casalserugo è corretta. Non si tratta
infatti di documento amministrativo, ma di
un mero ausilio, riconducibile a semplici
appunti, che il Segretario comunale utilizza
per la formazione del verbale della seduta.
Quest’ultimo soltanto è il documento
amministrativo.
Giova, infatti, osservare che i documenti
amministrativi che possono formare oggetto
di accesso ex l. 241/1990, sono quelli
definiti dall’art. 22, c. 2, della stessa l.
241/1990, come rappresentazione grafica,
fotocinematografica, elettromagnetica o di
qualunque altra specie di atti, anche
interni, formati dalla P.A. o comunque
utilizzati ai fini dell’attività
amministrativa. L’art. 1, c. 1, lett. a),
del D.P.R. 445/2000, ripete sostanzialmente
la stessa definizione, con la locuzione “ogni
rappresentazione comunque formata”.
Ciò posto, è evidente che semplici appunti,
come deve considerarsi la registrazione
effettuata dal Segretario comunale a proprio
uso, non ancora tradotti in atti, non
assurgono alla qualificazione di documento
amministrativo
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 14.01.2002 n. 60 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Oggetto del diritto di accesso è, dunque, il
documento amministrativo, inteso come bene
mobile materiale, avente carattere
strumentale ed accessorio, formato dalla
pubblica amministrazione, in funzione
rappresentativa o riproduttiva di un fatto o
di un atto giuridicamente rilevante, ed
utilizzato nell’esercizio dell’attività
amministrativa.
La redazione, necessariamente affrettata ed
approssimativa, di un testo informale che si
rivela più assimilabile ad un brogliaccio
che ad un resoconto assembleare, non può
valere se non per ciò che essa realmente
rappresenta: cioè una serie di appunti ed
annotazioni resi a futura memoria, che il
segretario verbalizzante compila, ad uso
interno e personale del proprio ufficio, e
che, pertanto, sono destinati a restare
nell’esclusiva disponibilità del medesimo,
al fine della loro utilizzazione in sede di
stesura definitiva del verbale di assemblea,
senza che alcuno possa ritenersi investito
della legittimazione di accedervi, per
effettuare su di essi una consultazione a
riscontro della veridicità e della fedeltà
di riproduzione delle operazioni e delle
discussioni svolte nel corso della seduta.
L’art. 2 della legge n. 241/1990, in materia
di accesso ai documenti amministrativi,
testualmente recita, al primo comma: “Al
fine di assicurare la trasparenza
dell’attività amministrativa e di favorirne
lo svolgimento imparziale è riconosciuto a
chiunque vi abbia interesse per la tutela di
situazioni giuridicamente rilevanti il
diritto di accesso ai documenti
amministrativi, secondo le modalità
stabilite dalla presente legge.”
Al secondo comma, il legislatore del 1990 si
premura di precisare: “E’ considerato
documento amministrativo ogni
rappresentazione grafica,
fotocinematografica, elettromagnetica o di
qualunque altra specie del contenuto di
atti, anche interni, formati dalle pubbliche
amministrazioni o, comunque, utilizzati ai
fini dell’attività amministrativa.”
Oggetto del diritto di accesso è, dunque, il
documento amministrativo, inteso come bene
mobile materiale, avente carattere
strumentale ed accessorio, formato dalla
pubblica amministrazione, in funzione
rappresentativa o riproduttiva di un fatto o
di un atto giuridicamente rilevante, ed
utilizzato nell’esercizio dell’attività
amministrativa.
Ciò posto, si osserva che, se è vero che la
legge sopra richiamata fornisce un’ampia
nozione di documento amministrativo,
ricomprendendo in essa, secondo
l’orientamento prevalente della
giurisprudenza amministrativa, non solo gli
atti interni al procedimento amministrativo,
ma anche quelli riconducibili all’attività
svolta dalla P.A. iure privatorum,
nonché quelli posti in essere da privati
investiti di una pubblica funzione, in
quanto, in ogni caso, volti a perseguire
scopi e finalità di interesse generale e
collettivo, non sembra al Collegio che le
minute dei verbali delle sedute assembleari
siano ex se suscettibili di entrare a far
parte del novero degli atti o documenti
amministrativi, in relazione ai quali la
legge consente agli interessati l’esercizio
del diritto di accesso.
Deve, invero, ritenersi che in carenza di
una specifica normazione positiva, anche di
livello secondario, che attribuisca alle
minutazioni dei verbali delle riunioni degli
organi collegiali, la veste ufficiale di
atti o documenti amministrativi, ancorché
strumentali e prodromici, siccome
finalizzati al successivo adempimento della
verbalizzazione formale, relativa alla
determinazione finale e conclusiva
effettivamente assunta dall’organo
deliberante, la redazione, necessariamente
affrettata ed approssimativa, di un testo
informale, che, sulla scorta della comune
esperienza, si rivela più assimilabile ad un
brogliaccio che ad un resoconto assembleare,
non possa valere se non per ciò che essa
realmente rappresenta: cioè a dire, una
serie di appunti ed annotazioni resi a
futura memoria, che il segretario
verbalizzante compila, ad uso interno e
personale del proprio ufficio, e che,
pertanto, sono destinati a restare
nell’esclusiva disponibilità del medesimo,
al fine della loro utilizzazione in sede di
stesura definitiva del verbale di assemblea,
senza che alcuno possa ritenersi investito
della legittimazione di accedervi, per
effettuare su di essi una consultazione a
riscontro della veridicità e della fedeltà
di riproduzione delle operazioni e delle
discussioni svolte nel corso della seduta.
Poiché, dunque, le minute dei verbali non
costituiscono elementi costitutivi della
fattispecie procedimentale, ma si pongono
quali semplici strumenti di supporto
dell’attività demandata ai funzionari
addetti alla verbalizzazione, esse non
rivestono alcuna rilevanza giuridica
nell’iter formativo della documentazione
ufficiale e, non rientrando, quindi, nel
concetto di documenti amministrativi in
senso proprio, non possono ritenersi
soggette alla disciplina dell’accesso.
Di conseguenza, correttamente
l’Amministrazione comunale ha opposto
l’impugnato diniego, nel presupposto del
carattere non ufficiale ed indisponibile
delle minute redatte dal segretario
verbalizzante.
Né può validamente sostenersi, come fa
l’attuale ricorrente, che il censurato
provvedimento si presenterebbe, comunque,
lesivo dei diritti politici dei consiglieri
comunali, specie di minoranza, ai quali
risulterebbe preclusa la possibilità di
svolgere compiutamente il proprio mandato,
mediante una congrua valutazione della
correttezza e dell’efficacia dell’operato
del consiglio e dei singoli componenti.
In realtà, deve ammettersi che, in sede di
approvazione del verbale relativo alla
seduta precedente, ciascun componente del
collegio conserva il diritto di integrare il
documento, chiedendo l’inserimento in esso
delle rettifiche che ritenga opportune e
facendo constare atti e dichiarazioni che, a
suo avviso, non siano stati correttamente
riportati nel testo dal funzionario
verbalizzante.
Sicché, deve escludersi che il contestato
diniego costituisca espressione di
un’illegittima compressione dei diritti
politici delle minoranze, in seno all’organo
collegiale.
D’altra parte, della facoltà di modifica ed
integrazione del verbale risulta che la
ricorrente si è regolarmente avvalsa, con
riferimento alla deliberazione n. 35 assunta
dal Consiglio comunale in data 18.09.2000.
Senza contare che, in ultima analisi, resta
sempre ferma la possibilità di sottoporre ad
impugnativa di falso il verbale che, ad
avviso di taluno dei componenti, non
corrisponda esattamente al contenuto
dell’adottato partito di deliberazione
(TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 09.05.2001 n. 4025 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Non
può essere accolta ogni iniziativa del
privato diretta ad ottenere
dall’Amministrazione mere notizie o
dichiarazioni di scienza non ancora tradotte
in appositi strumenti documentali.
Ai sensi dell’art. 22 della legge n.
241/1990 oggetto del diritto di eccesso sono
i documenti amministrativi, in qualsiasi
forma redatti, rappresentativi di atti
formati dalle pubbliche amministrazione o
dai soggetti a essa equiparati dal
successivo art. 23 come modificato dall’art.
4 della legge 03.08.1999, n. 265.
Esula, pertanto, dalla disciplina dettata
dal capo V della legge n. 241/1990 ogni
iniziativa del privato diretta ad ottenere
dall’Amministrazione mere notizie o
dichiarazioni di scienza non ancora tradotte
in appositi strumenti documentali
(TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 28.02.2001 n. 1606 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 19.03.2010 |
ã |
QUESITI & PARERI |
URBANISTICA:
LOMBARDIA: legge per
il governo del territorio - Art. 26, comma
3-ter, L.R. n. 12/2005.
La recente l.r. 05.02.2010 n. 7 con l’art.
21, comma 1, lett. b), ha introdotto il
comma 3-ter all’art. 26 della l.r. n.
12/2005 il quale ha posto dei dubbi -alle
amministrazioni comunali- in ordine alle "procedure
in corso alla data del 31.03.2010" dei
piani attuativi in variante al P.R.G..
In merito, si è avuto in data 16.03.2010
l'intervento chiarificatore dal parte
dell'Ing. Mario Nova, Direttore della D.G.
Territorio e Urbanistica della Regione
Lombardia, il quale è stato preceduto (in
tempi non sospetti) da un autorevole
commento di un noto legale milanese e, non
appena di dominio pubblico, ha avuto una
breve ed interessante replica dissimile nei
contenuti interpretativi. |
NEWS |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Più spazio al verde nelle città e nuovi
compiti per i comuni.
Approvato dal Consiglio dei ministri del
12.03.2010, su proposta del Ministro
dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, uno
schema di disegno di legge recante norme per
lo sviluppo degli spazi verdi urbani, che
introduce disposizioni innovative in materia
di promozione e divulgazione dei temi della
tutela ambientale e del patrimonio arboreo e
boschivo, recuperando e rilanciando la "Giornata
nazionale degli alberi" da celebrare il
21 novembre di ogni anno, attraverso
iniziative da realizzare nelle scuole, nelle
università e negli istituti d'istruzione
superiore.
A tal fine ogni anno la Giornata nazionale
degli alberi sarà intitolata e dedicata ad
un tema specifico di rilevante valore etico,
culturale e sociale con l'obiettivo di
stimolare l'interesse e la consapevolezza
dei giovani sui temi dell'ambiente e
dell'ecosistema, coinvolgimento essenziale
per il raggiungimento degli obiettivi
fissati dal Protocollo di Kioto e da
politiche di riduzione delle emissioni, di
prevenzione del dissesto idrogeologico e
miglioramento della qualità dell'aria.
Il disegno di legge, inoltre, modifica la
legge n. 113 del 1992, dando effettività
all'obbligo imposto ai Comuni di porre a
dimora un albero per ogni neonato residente.
Il provvedimento sarà trasmesso alla
Conferenza Stato-Regioni per il parere di
competenza (link a www.governo.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Oneri di urbanizzazione
discendenti da contratti pubblici.
Un accordo transattivo relativo alla
compensazione di oneri precedentemente
versati connesso alla permuta di proprietà,
al pari di una convenzione di lottizzazione,
a causa dei profili di stampo pubblicistico
che si accompagnano allo strumento
dichiaratamente contrattuale, rappresenta un
istituto di complessa ricostruzione, e
tuttavia la giurisprudenza è concorde nel
ritenere che esso rappresenti l'incontro di
volontà delle parti contraenti
nell'esercizio dell'autonomia negoziale
retta dal codice civile: tale assunto
conserva validità anche nelle ipotesi in cui
alcuni contenuti dell'accordo vengano
proposti dall'amministrazione in termini non
modificabili dal privato. Quest’ultima
circostanza, neanche esclude che la parte
che abbia sottoscritto la convenzione,
conoscendone il contenuto, abbia inteso
aderirvi e ne resti vincolata, salvo il
ricorso agli strumenti di tutela in caso di
invalidità del contratto.
Gli oneri di urbanizzazione stabiliti in via
generale sono dovuti a prescindere dalla
situazione urbanizzativa delle zone in cui
ricadono i singoli interventi, adempiendo
essi all’esigenza della partecipazione
patrimoniale dei privati interessati al
pregiudizio economico gravante sulla
collettività comunale per effetto della
trasformazione del territorio.
A nulla rilevano le pregresse vicende
edilizie trattate in un accordo pubblico, se
non relativamente al conguaglio in
connessione alla mancata attuazione della
concessione assentita per la sopravvenuta
permuta, in quanto lo strumento transattivo
ha previsto, per la rilascianda concessione,
l’applicazione delle norme relative all’area
urbanistica e, pertanto, non vi sono ragioni
per introdurre un trattamento differenziato
quanto ai relativi oneri.
Del resto, ai sensi dell'art. 7 della legge
24.12.1993, n. 537, questi oneri devono
essere aggiornati ogni quinquennio dai
comuni, in conformità alle relative
disposizioni regionali, in relazione ai
riscontri dei prevedibili costi delle opere
di urbanizzazione primaria, secondaria e
generale, con la conseguenza che, una volta
intervenuta questa delibera comunale di
determinazione, ogni concessione edilizia
rilascianda può essere legittimamente
assoggettata solo al pagamento degli oneri
di urbanizzazione tabellari da questo
provvedimento comunale previsti ed applicati
in relazione alla localizzazione del
manufatto (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 24.12.2009 n. 8757 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 15.03.2010 |
ã |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.
12.03.2010 n. 59 "Disciplina
sanzionatoria dello scarico di acque reflue"
(Legge 25.02.2010 n.
36).
---------------
Scarichi irregolari,
multe salate.
Arresto fino a due anni e ammenda da 3.000 a
30.000 euro per chi nell'effettuazione di
uno scarico di acque reflue industriali,
superi i limite previsti dalla legge o
quelli più restrittivi fissati dalle
regioni.
È quanto previsto dalla legge 25.02.2010 n.
36 «Disciplina sanzionatoria dello
scarico di acque reflue» che è stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 59
del 12.03.2010.
La legge, voluta dal ministro dell'ambiente
Stefania Prestigiacomo e composta di un solo
articolo, interviene a modificare l'articolo
137 del Codice ambientale (decreto
legislativo 03.04.2006, n. 152).
Le disposizioni più restrittive previste
dalla nuova legge entreranno in vigore
decorso il periodo di vacatio legis e
dunque dal prossimo 27 marzo (articolo
ItaliaOggi del 13.03.2010, pag. 26). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Contributi in sede di gara. Nuove
modalità di versamento in vigore dal 1°
maggio 2010.
Le nuove modalità di versamento delle
contribuzioni da parte delle stazioni
appaltanti e degli operatori economici
entreranno in vigore dal 1° maggio 2010. Le
istruzioni operative saranno rese
disponibili sul sito dell'Autorità a partire
dal 1° aprile 2010, al fine di consentire ai
soggetti interessati di adeguarsi per tempo
alle stesse (deliberazione
15.02.2010 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Requisiti di ordine generale per
l'affidamento di contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture ai sensi
dell'articolo 38 del decreto legislativo
12.04.2006, n. 163 nonché per gli
affidamenti di subappalti. Profili
interpretativi ed applicativi
(determinazione
12.01.2010 n. 1 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
UTILITA' |
SICUREZZA LAVORO:
Manuale Inail: il Medico Competente e gli
Addetti ai Videoterminali.
L’INAIL ha reso disponibile l'edizione 2010
del manuale “Il Medico Competente e gli
Addetti ai Videoterminali”.
L’aggiornamento si è reso necessario alla
luce dell'emanazione delle nuove normative
sulla prevenzione nei luoghi di lavoro
(Testo unico della sicurezza -D.Lgs.
81/2008- e recenti aggiornamenti D.Lgs.
106/2009) che hanno introdotto alcune novità
per quanto riguarda la sorveglianza
sanitaria ed il giudizio di idoneità
nell’attività del medico competente.
Il manuale è dedicato sia agli addetti al
videoterminale che al medico competente ...
(link a www.acca.it). |
VARI:
La Nuova Guida al Conto Energia del GSE
(Gestore dei Servizi Elettrici).
Il Gestore dei Servizi Energetici ha reso
disponibile on line la quarta
edizione della Guida al Conto Energia,
aggiornata a marzo 2010.
La pubblicazione, curata dal GSE in
collaborazione con l’Autorità per l’energia
elettrica e il gas, costituisce un utile
supporto per tutti coloro che intendono
realizzare un impianto fotovoltaico e
richiedere al GSE i relativi incentivi ...
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dalla protezione civile “Il Manuale di
compilazione della scheda di rilevamento dei
danni e dell’agibilità degli edifici”.
Dopo una calamità naturale e, in
particolare, dopo un terremoto, è necessario
rilevare in modo omogeneo e veloce i danni e
l’agibilità degli edifici, per distinguere
le costruzioni agibili da quelle che devono
essere interdette del tutto o in parte.
L'agibilità definisce il confine tra il
rientro nella propria casa e l'attesa nei
ricoveri provvisori; tra la permanenza delle
funzioni dell'amministrazione, dei servizi,
dell'economia e il rallentamento delle
attività di un intero e complesso contesto
sociale.
La valutazione dell’agibilità rappresenta
anche un momento delicato di diagnosi
dell'organismo strutturale, cui è affidata
la tranquillità delle popolazioni residenti.
I ricercatori del Servizio sismico nazionale
e del Gruppo nazionale per la difesa dai
terremoti hanno condotto un lavoro di
definizione della teoria e della pratica
della esecuzione delle operazioni di
valutazione dell'agibilità post sisma ...
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Linee guida: Modalità di indagine sulle
strutture e sui terreni per i progetti di
riparazione/miglioramento/ricostruzione di
edifici inagibili.
Il Consorzio RELUIS ha reso disponibili le
linee guida “Modalità di indagine sulle
strutture e sui terreni per i progetti di
riparazione/miglioramento/ricostruzione di
edifici inagibili".
Il documento e gli schemi riportati nel
documento (ancora in stato di bozza)
intendono costituire un supporto al tecnico
nella progettazione di un piano di indagini
strutturali e geotecniche e nella successiva
interpretazione dei risultati ... (link a
www.acca.it). |
CONDOMINIO:
Amministratori di condominio: redazione del
DVR e del DUVRI.
La Direzione Prevenzione della Regione
Veneto, in risposta ad alcuni quesiti,
fornisce chiarimenti in merito:
1. alla necessità o meno da parte
dell'amministratore di condominio di
procedere alla valutazione dei rischi
all'interno dei condomini (con e senza
dipendenti);
2. all'esistenza dell’obbligo di redigere il
DUVRI nei condomini (con e senza
dipendenti).
Secondo la regione gli amministratori di
condomini che non sono datori di lavoro nei
termini del D.Lgs. 09.04.2008, n. 81 non
sono tenuti ad elaborare né il DVR né il
DUVRI ... (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
IL VETRO PER L’EFFICIENZA ENERGETICA
DELL’EDILIZIA: LINEE GUIDA PER L’ADEGUAMENTO
DEI REGOLAMENTI EDILIZI COMUNALI.
Determinante il dialogo tra Comuni e mondo
produttivo per la realizzazione di
un’edilizia sostenibile ed energeticamente
efficiente
Il 20 gennaio, presso il Circolo della
Stampa di Milano, si è tenuta la
presentazione ufficiale delle “Linee
Guida per l’introduzione nei Regolamenti
edilizi comunali di elementi per la piena
attuazione della normativa vigente e delle
misure finalizzate a promuovere l’efficienza
energetica degli edifici mediante l’utilizzo
dei prodotti vetrari (vetri piani per
serramenti, lane di vetro per isolamento
termico delle superfici opache)” ...
(link a www.ea.ancitel.it). |
QUESITI & PARERI |
COMPETENZE GESTIONALI:
Attribuzione responsabilità di
servizio all’amministratore.
Il sindaco del Comune di (omissis) chiede
parere sulla possibilità di attribuire la
responsabilità di servizio per l’area
tecnica al sindaco di un comune con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti
(Regione Piemonte,
parere n.
159/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Applicazione oneri di
urbanizzazione e relativi costi da parte di
una Parrocchia per un permesso di costruire.
È posto il quesito se sia dovuto il
contributo di costruzione (Oneri di
urbanizzazione e Costo di Costruzione) da
parte di una Parrocchia che ha presentato ad
un Comune richiesta di permesso di costruire
per lavori di ristrutturazione edilizia
della casa parrocchiale, per ricavare al
secondo piano della stessa cinque locali da
destinare ad uso foresteria, attualmente
identificati come locali di sgombero
(Regione Piemonte,
parere n.
153/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Possibilità di ricorrere alla
relazione paesaggistica semplificata. Caso
di specie.
Viene richiesto parere al Servizio scrivente
in ordine alla possibilità di ricorrere alla
relazione paesaggistica semplificata,
prevista per determinate tipologie di
intervento tra le quali anche quelle oggetto
di subdelega ai Comuni ai sensi dell’art. 13
della L.R. 20/1989, a seguito
dell’abrogazione di tale norma ad opera
della L.R. n. 32 dell'01.12.2008 (Regione
Piemonte,
parere n.
150/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Integrazione fondo 2009 con
risorse integrative. Ammissibilità su
richiesta sindacale.
Il Comune di (omissis) premette che nella
trattativa decentrata per l’anno 2009 la
Parte Sindacale -R.S.U. ed Organizzazioni
Provinciali- chiede l'integrazione del Fondo
2009 con risorse integrative -a discrezione
dell'Ente- per l'inverno 2008/2009 a titolo
di una sorta di "indennità neve" e di
“indennità chiamata” a favore dei
dipendenti del servizio tecnico-manutentivo.
Il Comune rivolge un parere
sull’ammissibilità di tale richiesta
sindacale ed, inoltre, chiede se la
corresponsione dell’indennità di rischio sia
rapportata all’effettiva presenza in
servizio del dipendente (Regione Piemonte,
parere n.
148/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Procedura amministrativa per
installazione impianti fotovoltaici.
Il quesito posto attiene alla procedura
amministrativa da seguire per
l’installazione di impianti fotovoltaici.
Il quesito posto allo scrivente Servizio
regionale di consulenza agli enti locali
riguarda l’iter procedimentale necessario al
fine di ottenere l’autorizzazione
all’installazione di impianti fotovoltaici.
Vengono, in particolare, citate alcune
normative di riferimento e viene richiesto
un chiarimento specifico sulla competenza al
rilascio della predetta autorizzazione
(Regione Piemonte,
parere n.
143/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
IL SISTRI, SISTEMA INFORMATICO DI CONTROLLO
DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIUTI: UNA PRIMA
RICOSTRUZIONE (parte terza) (link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
IL SISTRI, SISTEMA INFORMATICO DI CONTROLLO
DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIUTI: UNA PRIMA
RICOSTRUZIONE (seconda parte)
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
Nulla-osta nelle aree naturali protette e
formazione del silenzio-assenso
(link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
A. Barbiero,
Partecipate di terzo livello: insuperabile
la costituzione di società mista non
conforme ai principi comunitari del PPPI
(link a www.albertobarbiero.net). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Villani e S. Attolini,
La TARSU non esiste più dall'01.01.2010
(link a www.altalex.com). |
ENTI LOCALI:
G. Salvadori,
Videosorveglianza e sicurezza urbana: uno
sguardo d’insieme (link a
www.altalex.com). |
APPALTI:
La capacità economica e finanziaria negli
appalti pubblici di servizi: profili
interpretativi (link a
www.mediagraphic.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Ritardi nei pagamenti nelle
transazioni commerciali: tasso
01.01.2010-30.06.2010.
Il saggio
d'interesse per ritardati pagamenti nelle
transazioni commerciali per il semestre 1°
gennaio-30.06.2010 è determinato all'8,0%
(Ministero Economia e finanze,
comunicato 18.02.2010 - link a
www.altalex.com). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
OSSERVATORIO VIMINALE / Meno
vincoli sui consiglieri. L'attività di
studio non può essere equiparata alla delega
di competenze. Niente astensione per gli
incarichi istruttori.
Un consigliere comunale
cui sia stato attribuito dal sindaco un
incarico istruttorio in materia di
urbanistica ed energie rinnovabili ha il
dovere di astenersi dall'esercitare attività
professionale in materia di edilizia privata
e pubblica nel territorio del comune in cui
esercita il proprio mandato?
Benché i destinatari del divieto siano solo
«i componenti la giunta comunale
competenti in materia di urbanistica, di
edilizia e di lavori pubblici», non può
ritenersi astrattamente precluso il ricorso
all'analogia per ampliarne la portata in
quanto la norma in questione non prevede una
causa ostativa all' espletamento del mandato
e pertanto non può considerarsi di stretta
interpretazione.
Ciò premesso, si ritiene che l'applicabilità
o meno della citata norma al caso in
questione dipende dalla natura dell'incarico
affidato al suddetto consigliere. L'art. 6
del dlgs n. 267/2000 consente agli statuti
comunali di specificare le attribuzioni
degli organi in armonia, ovviamente, con
quanto previsto dalla legge statale.
In base all'art. 25 dello statuto comunale,
dell'ente in questione le cui disposizioni
appaiono in linea con la disciplina primaria
in materia, «il sindaco può attribuire ad
assessori e consiglieri incarico di svolgere
attività di istruzione e studio di
determinati problemi e progetti o di curare
determinate questioni dell'amministrazione»,
fermo restando che «tali incarichi non
costituiscono delega di competenze e non
abilitano allo svolgimento di un
procedimento amministrativo che si concluda
con un atto amministrativo ad efficacia
esterna».
Il provvedimento sindacale in questione
precisa, in effetti, che l'incarico
attribuito al consigliere «non costituisce
delega di competenza», e che si tratta di un
incarico meramente «istruttorio», ma
non risulta circoscritto, come prescritto
dalla citata norma statutaria, a «determinati
problemi e progetti» ovvero a «determinate
questioni dell'amministrazione», bensì è
esteso a intere materie, tra le quali
l'urbanistica.
È necessario precisare, pertanto, che
l'incarico in questione può ritenersi
conforme alla disciplina statale e
statutaria in materia solo qualora le
funzioni svolte dagli amministratori
medesimi, nel loro concreto atteggiarsi, non
comprendano anche l'assunzione di atti a
rilevanza esterna, ovvero l'adozione di atti
di gestione spettanti agli organi
burocratici.
La giurisprudenza in materia ha ritenuto,
infatti, che in tali ultimi casi e,
comunque, quando l'incarico conferito
afferisce a compiti riguardanti interi
settori dell'amministrazione comunale (e non
a determinati problemi o progetti come
correttamente prescritto dallo statuto), si
verrebbe ad aumentare in modo surrettizio il
numero degli assessori e ad attuare una
incongrua commistione tra le funzioni di
controllo, proprie del consiglio, e quelle
esecutive demandate alla giunta.
Se, dunque, le funzioni svolte dal
consigliere in questione sono riconducibili
agli ambiti circoscritti sopra delineati, al
medesimo, non esercitando, nemmeno di fatto,
attribuzioni proprie degli assessori
all'urbanistica, edilizia e lavori pubblici,
non è possibile estendere l'applicabilità di
cui all'art. 78 del dlgs n. 267/2000,
venendo a mancare il presupposto dell'«eadem
ratio» necessario per il ricorso
all'analogia
(articolo ItaliaOggi del 12.03.2010, pag.
36). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Gli enti possono assumere l'8% di
dirigenti a termine.
La percentuale dei
dirigenti che gli enti locali possono
assumere con contratto a tempo determinato,
a seguito dell'entrata in vigore del dlgs
150/2009, è dell'8%.
Il nuovo testo dell'articolo 19 del dlgs
165/2001, al comma 6-ter, estende agli enti
locali l'applicazione del precedente comma
6, che consente alle amministrazioni statali
di coprire con contratti a tempo determinato
il 10% della dotazione organica dei
dirigenti di prima fascia; tale percentuale
scende all'8% per i dirigenti di seconda
fascia.
Negli enti locali si pone il problema di
quale percentuale prendere in
considerazione. Piuttosto diffusa è
l'interpretazione estensiva secondo la
quale, in assenza di una distinzione tra
dirigenti in fasce, occorrerebbe sommare le
due percentuali; sicché negli enti locali
sarebbe del 18%.
L'assunto, tuttavia, non è condivisibile.
Nello stato il conto del personale riferito
al 2008 ha censito 317 dirigenti di prima
fascia e 2.850 dirigenti di seconda fascia.
Complessivamente, dunque, nello stato, a
dotazioni invariate, potrebbero essere
assunti a contratto 32 dirigenti di prima
fascia e 228 dirigenti di seconda fascia.
Sommando i due risultati, su un totale di
3.167 dirigenti (tra prima e seconda fascia)
potrebbero essere reclutati a tempo
determinato 260 dirigenti, pari all'8,21%
complessivamente. Si dimostra, dunque, che
la somma delle due percentuali risulterebbe
una falsa applicazione della norma ed una
soluzione illegittima. Infatti, L'incidenza
della percentuale di assunzione di dirigenti
di prima fascia è bassissima, dato il numero
estremamente contenuto di tali dirigenti.
La soluzione, allora, è automatica: alla
dirigenza locale non può che applicarsi la
percentuale dell'8% prevista dal primo
periodo dell'articolo 19, comma 6, del dlgs
165/2001, riguardante la dirigenza di
seconda fascia. Al limite potrebbe
considerarsi opportuno l'arrotondamento ed
ammettere per gli enti locali una
percentuale di incarichi a soggetti non
appartenenti ai ruoli del 10%. Occorrerebbe,
tuttavia, una disposizione normativa chiara
in materia (articolo ItaliaOggi del
12.03.2010, pag. 31). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Visite fiscali dal volto umano.
Il lavoratore a casa in
malattia è assente giustificato se alla
visita fiscale non viene trovato a casa
perché è andato a trovare la mamma malata.
La legittimità dell'assenza, dice la
Cassazione, deriva dalla «esigenza di
solidarietà e di vicinanza familiare
senz'altro meritevole di tutela nell'ambito
dei rapporti etico sociali garantiti dalla
Costituzione». In questo modo, la
sezione lavoro ha respinto il ricorso
dell'Inps che non voleva riconoscere
l'indennità di malattia a un lavoratore
fiorentino, Luca G., non trovato a casa dal
medico fiscale nella fascia oraria prevista
per le visite.
L'assenza da casa, nonostante la malattia,
era dovuta al fatto che Luca G. si era
recato a fare visita alla mamma ricoverata
in un centro specialistico di riabilitazione
a seguito di un intervento cardiochirurgico.
Intrappolato nel traffico, era rincasato non
in tempo per la visita fiscale. Da qui il
rifiuto dell'Inps di riconoscerli
l'indennità di malattia pari a dieci giorni.
A Luca G. già la Corte d'appello di Firenze,
nel giugno 2006, aveva dato ragione. Inutile
il ricorso della previdenza in Cassazione,
volto a dimostrare che la legittimità
dell'assenza non può essere giustificata da
un discorso di «utilità morale».
Piazza Cavour, nella sentenza 5718, ha
respinto il ricorso dell'Inps e ha
evidenziato che «la situazione addotta
dal lavoratore e accertata dal giudice
configura un'esigenza di solidarietà e di
vicinanza familiare senz'altro meritevole di
tutela nell'ambito dei rapporti etico
sociali garantiti dalla Costituzione».
Insomma, il lavoratore non ha fatto altro
che recarsi dalla madre malata per darle un
«sostegno morale e di vicinanza» tale
da giustificare la sua assenza alla visita
fiscale (articolo ItaliaOggi
dell'11.03.2010, pag. 28). |
EDILIZIA PRIVATA:
Iva agevolata in edilizia: breve excursus
fra norme e prassi.
La Finanziaria 2010 ha stabilizzato
l'aliquota ridotta per i lavori di
manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per poter compiutamente esporre le
condizioni che regolano l’applicabilità
dell’aliquota ridotta nella cessione di beni
in edilizia, è di fondamentale importanza
definire il concetto di beni finiti e quello
di materie prime o semilavorati ... (link a
www.nuovofiscooggi.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Servizi di depurazione,
individuati i parametri per restituire agli
utenti la tariffa non dovuta
(Guida agli Enti Locali n. 10/2010 - link a
www.ascolod.it):
-
Decreto del Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio e del mare 30.09.2009;
-
Il rimborso scatta con una richiesta
documentata. |
ENTI LOCALI: Le
conseguenze per chi è fuori dal patto. Il
blocco assunzioni è "totale"
(articolo
Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sotto esame 170mila part-time.
Possibile rivedere entro 6 mesi le riduzioni
d'orario concesse sino al 2008
(articolo
Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Stretta sui permessi agli
statali. Troppe assenze nel pubblico
impiego: subito le nuore regole
sull'handicap
(articolo
Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it). |
CORTE DEI CONTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
In tema di responsabilità di dipendenti
comunali per omesso versamento delle
contribuzioni CPDEL e il conseguente danno
erariale per interessi legali a causa della
regolarizzazione del debito attraverso
l'adesione al condono (Corte dei Conti,
Sez. giurdiz. Lazio,
sentenza 15.01.2010 n. 41 - link
a http://bddweb.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Richiesta di parere dal Sindaco
del Comune di Brignano Gera D'Adda (BG)
sulla facoltà di ricorrere ad una
professionalità esterna per la copertura del
posto di responsabile di ufficio.
Per poter ricorrere ad una professionalità
esterna per la copertura del posto di
responsabile dell'Ufficio è presupposto
essenziale di legittimità che il Comune
abbia verificato l'assenza di
professionalità analoga al suo interno (Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
14.01.2010 n. 57 - link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Richiesta di parere dal Sindaco
del Comune di Busto Garolfo (MI)
sull’assunzione dell'onere relativo
all'assistenza legale del dipendente da
parte dell'Ente locale.
L'assunzione dell'onere relativo
all'assistenza legale del dipendente da
parte dell'Ente locale non è automatica, ma
è conseguenza di rigorose valutazioni che
l'Ente è tenuto a fare, anche ai fini di una
trasparente, efficace ed efficiente
amministrazione delle risorse economiche
pubbliche.
In particolare occorre che il procedimento
con una sentenza definitiva di assoluzione,
con cui si sia stabilita l'insussistenza
dell'elemento psicologico del dolo o della
colpa grave. Quest'ultima condizione non può
ritenersi ricorrente allorché il giudice
penale non abbia concluso con formula
liberatoria ma abbia soltanto dato atto,
nella propria decisione, del venir meno
dell'interesse a perseguire il reato
contestato a causa del decorso del tempo,
constatando la preclusione all'accertamento
nel merito a causa, appunto,
dell'intervenuta prescrizione.
In ogni caso l'Amministrazione non può
procedere al pagamento di spese legali
laddove sia affermata la penale
responsabilità dell'imputato (Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
14.01.2010 n. 56 - link a www.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
In tema di responsabilità del segretario
generale e del responsabile del settore
affari del personale di un ente locale per
danno erariale derivante dall’illegittimo
affidamento di incarichi in assenza dei
requisiti di legge - art. 28 D.Lo 30.03.2001
n. 165 (nella fattispecie la Sezione ha
riconosciuto la responsabilità dei convenuti
per aver affidato incarichi dirigenziali a
personale interno privo del requisito del
diploma di laurea) (Corte dei Conti, Sez.
giurisdiz. Sardegna,
sentenza 14.12.2009 n. 1246 -
link a http://bddweb.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
La consulenza che aggira
professionalità interne danneggia l’erario
anche se è utile alla Pa.
Affidamento di incarichi consulenziali da
parte della Pa - Violazione dei limiti di
cui all’articolo 7 del Dlgs. 165/2001 e
all’articolo 110, comma 6, Dlgs. 267/2000 -
Inesistenza del presupposto della mancanza
di professionalità interne alla Pa -
Responsabilità erariale - Sussiste.
Responsabilità erariale connessa a una
consulenza affidata in violazione dei limiti
di legge - Consulenza effettivamente
espletata e dotata di utilità per la Pa -
Integrazione del danno erariale - Non è da
escludere - Un professionista interno alla
Pa non avrebbe percepito compensi
aggiuntivi.
La Corte dei Conti, torna a intervenire in
tema di responsabilità erariale conseguente
all’affidamento di incarichi di consulenza
in assenza dei presupposti previsti dalla
normativa.
Il caso esaminato riguarda l’affidamento da
parte di un dirigente di un ufficio speciale
del Comune di Roma di due incarichi di
consulenza per la prestazione di pareri in
ambito normativo affidati, per supposta
carenza di professionalità interne al
Comune, a un professore universitario. La
Corte dei Conti ribadisce due importanti
capisaldi della sua giurisprudenza in
proposito:
- gli incarichi di consulenza devono essere
prestati nel rispetto dei presupposti di cui
al Tu del Pubblico impiego e del Tuel - tra
cui spicca la necessità che non sussistano
adeguate professionalità interne alla Pa;
- il danno erariale sussiste anche ove la
consulenza sia prestata con utilità per la
Pa; anche in tal caso, infatti, si verifica
un esborso di denaro pubblico che può essere
evitato attraverso l’utilizzo di
professionalità di personale interno alla PA
medesima (Guida agli Enti Locali n.
10/2010 - Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.
Lazio,
sentenza 06.10.2009 n. 1868 -
link a www.ascolod.it).
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Necessario verificare le competenze
disponibili (Guida agli Enti
Locali n. 10/2010 - link a www.ascolod.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Installazione degli impianti per
l’esercizio della radiodiffusione sonora o
televisiva - Attività edilizia di
costruzione degli impianti - Concessione
alla radiodiffusione - Titolo necessario di
legittimazione all’istanza edilizia.
L’art. 16 della legge 06.08.1990, n. 223
assoggetta a regime concessorio tanto
l’esercizio della radiodiffusione sonora o
televisiva quanto l'installazione dei
relativi impianti.
Nel settore della radiodiffusione, il regime
pubblicistico di concessione appare un
ragionevole strumento utilizzato dal
legislatore al fine di regolamentare lo
sviluppo ed esercizio del servizio e
dell’attività stessa. Tale ratio,
sottesa alla norma, e al più generale
impianto della legge, postula che l’attività
edilizia di costruzione degli impianti non
possa essere considerata funzionalmente
autonoma ma accessoria all’attività di
radiodiffusione (cfr. art. 25 D.Lgs.
259/2003).
Deve pertanto evincersi che l’art. 4 della
stessa legge n. 223/1990, nel richiamare
espressamente l’art. 16, pone la concessione
alla radiodiffusione quale necessario titolo
di legittimazione all’istanza edilizia
(Cass. Pen., III, 06.11.2007, n. 172)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.03.2010 n. 1387 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia.
Tutti gli interventi di ristrutturazione
edilizia, anche se soggetti alla cosiddetta
D.I.A. semplice, ai sensi dell’art. 22,
primo e secondo comma. del DPR n. 380/2001,
in quanto non portano alla realizzazione di
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente, secondo la
previsione di cui all’art. 10, comma primo,
lett. e), non possono essere eseguiti su
immobili originariamente abusivi (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.03.2010 n. 8739 -
link a www.lexambiente.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
È fatto divieto di assunzione in
forme diverse da quelle del pubblico
concorso, con conseguente nullità degli atti
adottati in senso contrario.
La ricorrente, chiede, nella pronuncia in
commento, il pagamento delle differenze
retributive e degli oneri accessori che
sarebbero ad essa dovuti, sul presupposto
del riconoscimento del rapporto di pubblico
impiego svolto alle dipendenze del comune in
causa nel periodo 1973/1980.
L’asserita costituzione di un rapporto di
pubblico impiego sarebbe avvenuta in forme
diverse da quelle previste dalla legge, e
quindi, in violazione del divieto di cui
all'art. 5, co. 18 del d.l. 10.11.1978 n.
702, convertito nella legge 08.01.1979 n. 3,
che commina la nullità, di diritto, di tali
assunzioni.
Al riguardo, i giudici del Consiglio di
Stato segnalano che la giurisprudenza
risulta consolidata nel senso del divieto di
assunzione in forme diverse da quelle del
pubblico concorso, con conseguente nullità
degli atti adottati in senso contrario (Ad.
Pl. n. 1, n. 6 del 1992, C.S. n. 2389/2003,
n. 4892/2003, n. 6749/2003).
Nella fattispecie, peraltro, viene invocato
il diverso orientamento che ammette che un
rapporto di impiego, pur se nullo per
contrasto con il richiamato divieto,
assumerebbe rilievo, ai sensi dell’art. 2126
c.c., ai soli fini della retribuzione della
qualifica rivestita in via di fatto e del
relativo trattamento previdenziale. Tale
orientamento, presuppone, tuttavia, che il
rapporto di lavoro, costituito senza le
prescritte modalità, presenti i profili
dell’impiego pubblico, che la giurisprudenza
ha analiticamente individuato
nell'inserimento stabile nella struttura
dell'ente, nell'esclusività della
prestazione, nella retribuzione
prestabilita, nel godimento di ferie, ecc..
Nella fattispecie, risulta dalle delibere di
incarico in favore dell’appellante che il
servizio di pulizia delle varie scuole
comunali era stato affidato a varie ditte,
tra cui quella intestata alla ricorrente,
con un contratto di appalto dal quale
risulta che il lavoro di pulizia doveva
svolgersi in piena autonomia e senza vincolo
di orario e di esclusività. Pertanto, i
criteri sopra enunciati, volti a configurare
la costituzione di un rapporto di lavoro
subordinato, sostenuti, nel gravame dalla
parte appellante, risultano, nella
fattispecie, essere meramente enunciati e
non provati.
Sotto altro profilo, va anche ricordato
l'ulteriore orientamento della
giurisprudenza, assolutamente prevalente,
secondo cui l'atto con cui l'amministrazione
definisce la posizione di lavoro con un
privato deve essere impugnato
tempestivamente, se ritenuto lesivo, atteso
che l'omessa impugnazione determina
acquiescenza, con la conseguenza che il
rapporto resta inoppugnabilmente regolato
dall'atto medesimo (da ultimo, C.S. n.
1368/2003, n. 3375/2003, n. 5971/2002, n.
1894/2001) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 04.03.2010 n. 1259 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Abbandono fuori dei
contenitori per la raccolta.
E’ vietato l’abbandono dei rifiuti fuori
dagli appositi contenitori e vi è l’onere,
per le imprese addette alla raccolta dei
rifiuti, di controllare la corretta attività
di smaltimento rivolgendosi ad altro luogo
di conferimento nel caso in cui siano saturi
i contenitori ai quali vengano destinati i
rifiuti (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 03.03.2010 n. 8275 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Articolo 674 cp..
L’art. 674 c.p. non prevede due distinte ed
autonome ipotesi di reato ma un reato unico,
in quanto la condotta, consistente nel
provocare emissioni di gas, vapori o fumo
rappresenta una specie del più ampio genere
costituito dal gettare o versare cose atte
ad offendere, imbrattare o molestare
persone.
La previsione della condotta di provocare
emissioni ha, in sostanza, il solo fine di
specificare che, quando si tratta di
attività disciplinata dalla legge, la
rilevanza penale delle emissioni è
subordinata al superamento dei limiti e
delle prescrizioni di settore. Ove tali
limiti e prescrizioni di settore non vi
siano, come nel caso in esame, l’emissione
va considerata idonea ad offendere o a
molestare le persone anche sulla base del
mero dato olfattivo, come del resto
riconosciuto anche a livello europeo (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.03.2010 n. 8273 -
link a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sono a carico del comune le spese
processuali di un giudizio che non sarebbe
iniziato se l'amministrazione avesse fin
dall'inizio interpretato correttamente una
disposizione normativa.
Le spese di giudizio debbono essere poste a
carico del Comune di Borgomanero il quale,
in un primo momento, con il provvedimento
impugnato, aveva dato alla disposizione di
cui all’art. 1 della legge n. 108/1999 una
lettura errata, ritenendo che essa non si
applicasse agli esercenti che operano presso
grandi struttura di vendita (lettura poi
correttamente rivista con il provvedimento
da ultimo emanato), costringendo in tal modo
l’interessata alla proposizione del ricorso
in esame (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
03.03.2010 n. 515 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione
di un concorrente dalla gara disposta sulla
base della violazione dell'art. 48 del
D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto
in tempo utile la documentazione richiesta
ai fini dell'ammissione alla procedura.
E' legittima l'esclusione di un concorrente
dalla gara a procedura aperta per la
copertura assicurativa triennale delle
polizze infortuni degli amministratori e
dipendenti della polizia stradale, disposta
sulla base della violazione dell'art. 48 del
D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto
in tempo utile la documentazione richiesta
ai fini dell'ammissione alla procedura, in
quanto nel caso di specie, la stazione
appaltante aveva concesso al ricorrente un
termine superiore a quello minimo previsto
dall'art. 48 c. 1 D.Lgs. n. 163/2006 per la
produzione documentale.
Inoltre, la giurisprudenza maggioritaria
riconosce natura perentoria al predetto
termine ricollegando al suo decorso le
conseguenze previste dalla norma citata,
perciò, è onere del concorrente produrre la
documentazione atta a comprovare il possesso
dei requisiti autocertificati, non dovendo
la stessa essere acquisita d'ufficio dalla
stazione appaltante. Il concorrente doveva,
quindi, attivarsi per tempo, onde ottenere i
documenti necessari, che infatti vanno
espressamente indicati nel bando di gara
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.03.2010 n. 514 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA: Le norme degli strumenti di piano che
individuano delle altezze convenzionali
hanno la finalità
di impedire che colui il quale costruisce
realizzi un edificio con un’altezza
interpiano molto ridotta riuscendo in questo
modo ad insediare più unità immobiliari con
lo stesso indice di fabbricabilità.
E’ accaduto che la controinteressata Corte Maria Luisa srl., nel
costruire il supermercato, ha realizzato il
manufatto con un’altezza effettiva di m.
7.60, ma lo ha computato come se lo stesso
fosse stato alto soli m. 3.00, utilizzando
per l’appunto il criterio di lettura
dell’art. 5.10 delle n.t.a..
Per effetto di questa fictio iuris, un
edificio della volumetria totale effettiva
di 9.607,00 mc., che non rispetterebbe l’indice
di fabbricabilità di 1.20 mc/mq, può essere
dichiarato della consistenza
volumetria di soli mc. 3977,00.
La ricorrente sostiene, però, che questo
criterio di calcolo puramente convenzionale
non sarebbe applicabile ai casi in cui
l’indice di fabbricabilità è espresso in mc./mq..
E questa prospettiva deve essere accolta,
pur se soltanto nei limiti che saranno
specificati di seguito.
La questione dell’interpretazione da dare
alle norme talora inserite dai Comune negli
strumenti urbanistici che prevedono altezze
convenzionali per il calcolo della
volumetria è stata affrontata di recente in
modo molto approfondito dalla pronuncia del
Tar Lombardia, Milano, sez. II, 6188/2008.
E’ opportuno riportare in modo esteso i
passaggi principali della motivazione della
sentenza 6188/2008, che –depurata dalle
particolarità della fattispecie affrontata
in quella sede sull’art. 41-quinquies l.
urbanistica e sulla disapplicazione delle
norme di piano- sarà decisiva per risolvere
anche la questione sottoposta all’attenzione
del Tribunale in questo giudizio.
Secondo il Tar Lombardia, Milano, infatti,
“la volumetria edificabile è un dato che ha
a che fare non solo col peso insediativo
(cioè con il carico urbanistico indotto da
un nuovo insediamento), ma anche con la
morfologia del territorio, e con l’ingombro
fisico ritenuto compatibile con la
fisionomia e l’assetto di una determinata
zona. Se è vero che il calcolo della
volumetria può essere orientato da criteri
regolamentari volti a stabilire quali spazi
non siano computabili (spazi accessori non
abitabili, volumi tecnici, vani di servizio,
ecc.), il volume virtuale non può essere
sganciato da quello fisico fino al punto da
alterare sensibilmente il dato reale. Ove le
singole Amministrazioni fossero libere di
fissare per il computo del volume criteri
del tutto avulsi da una base reale, la norma
primaria (art. 41-quinquies, sesto comma,
legge n. 1150 del 1942), e il decreto
ministeriale applicativo (art. 7 d.m. 02.04.1968 n. 1444), che pongono limiti di
densità edilizia valevoli su tutto il
territorio nazionale senza stabilire criteri
uniformi per il calcolo della volumetria,
verrebbero diversamente applicati e
sostanzialmente vanificati. Ora, l’art.
41-quinquies della legge 17.08.1942 n.
1150 (aggiunto dall’art. 17 legge 06.08.1967 n. 765) dispone che nei comuni dotati
di piano regolatore generale o di programma
di fabbricazione, nelle zone in cui siano
consentite costruzioni per volumi superiori
a tre metri cubi per metro quadrato di area
edificabile, ovvero altezze superiori a
metri 25, non possono essere realizzati
edifici con volumi ed altezze superiori a
detti limiti, se non previa approvazione di
apposito piano particolareggiato o
lottizzazione convenzionata estesi alla
intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti
nella zona stessa. L’art. 19 n.t.a., laddove
prevede, nelle zone B1, l’edificabilità a
concessione edilizia semplice secondo un
indice massimo pari a 3 mc/mq., è in linea
con la norma primaria.
Sennonché, l’art. 11
del Regolamento edilizio del 1999, riducendo
ulteriormente l’altezza “virtuale” già
fissata in m. 3,30 dall’art. 6.10 delle n.t.a., stabilisce che “il volume delle
costruzioni è da ricavarsi convenzionalmente
moltiplicando la superficie lorda
complessiva di pavimento (S.l.p.) dei
singoli piani per l’altezza virtuale
dell’interpiano di m. 3,00 indipendentemente
dalla sua altezza effettiva”. Ora, qualunque
sia la ratio della norma (computare a tre
metri anche altezze inferiori; utilizzare un
criterio uniforme di calcolo
indipendentemente dalle differenze di
altezza dei singoli piani interni allo
stesso edificio; ecc.), essa non può essere
intesa nel senso di autorizzare la
progettazione e la realizzazione di edifici
pluripiano come se le altezze interpiano,
qualunque sia la loro estensione, fossero
pari a tre metri.
L’applicazione indiscriminata del criterio
virtuale finirebbe per alterare la regola
posta dalla norma primaria fino al punto di
ammettere volumetrie del tutto avulse dalla
realtà: come avviene nel caso di specie, in
cui l’altezza effettiva interpiano (m.
4,85), di gran lunga superiore a quella
virtuale (m. 3,00), tende a sfruttare
attraverso l’uso di soppalchi spazi interni
artificiosamente dilatati in altezza. Intesa
altrimenti, la norma finirebbe per aggirare
lo stesso limite volumetrico (conforme alla
norma primaria) dettato in sede di
pianificazione, autorizzando la
realizzazione con concessione semplice di
volumetrie che richiederebbero (in base alla
medesima norma primaria) la redazione di un
piano attuativo e -verosimilmente- il
potenziamento delle opere di urbanizzazione,
la cui verifica è invece da escludersi
laddove l’edificazione, mantenendosi nel
limite di 3 mc./mq., sia consentita con
semplice concessione (ora permesso di
costruire).
Così interpretata, ed escluso
che essa possa “interpolare” l’art. 19. n.t.a. al fine di rendere assentibili
interventi come quello in contestazione, la
norma regolamentare -peraltro suscettibile
di disapplicazione in caso di contrasto con
fonti normative superiori: cfr. Cons. Stato
V 04.02.2004 n. 367, 10.01.2003 n. 35- si sottrae
a censure di illegittimità. Lo stesso dicasi
dell’art. 19 n.t.a., che rettamente inteso
non si espone né a disapplicazione (peraltro
consentita dalla sua natura normativa: cfr.
TAR Brescia 04.11.2003 n. 1344), né ad
annullamento (chiesto in ricorso, ancorché
in via subordinata)”.
Pertanto, per effetto del ragionamento
proposto dal Tar Milano, cui in questa
pronuncia si presta adesione, alle norme
degli strumenti di piano che individuano
delle altezze convenzionali, per le quali
deve essere moltiplicata la s.l.p. per
ottenere la volumetria, non può essere data
l’interpretazione che consente di dilatare
artificiosamente i termini della costruzione
per aggirare il vincolo volumetrico previsto
dalle stesse norme di piano (come realizzare
un fabbricato alto m. 7.60 e considerarlo
per fictio iuris alto m. 3).
Le norme degli strumenti di piano che
individuano delle altezze convenzionali
hanno, invece, un’altra finalità. Come
notato dal Tar Milano, tali norme hanno la
finalità -esattamente opposta a quella per
cui è stata utilizzata nel caso in esame-
di impedire che colui il quale costruisce
realizzi un edificio con un’altezza
interpiano molto ridotta riuscendo in questo
modo ad insediare più unità immobiliari con
lo stesso indice di fabbricabilità.
Per spiegarsi con un esempio: se in un lotto
di 1.000 mq. è ammesso un indice di
fabbricabilità di 3 mc./mq., in esso potranno
essere realizzati 3.000 mc.; ammettendo per
pura semplicità di calcolo che tutte le
unità abitative da realizzare siano
identiche e misurino 100 mq. l’una per
un’altezza di 3 m., ne conseguirebbe che in
quel lotto potrebbero essere edificate 10
unità abitative. Se, però, il costruttore
decide di edificare quelle stesse abitazioni
di 100 mq. con un’altezza interpiano di m.
2.70, a quel punto la volumetria sfruttata
per quelle dieci unità abitative sarebbe
pari a mc. 2.700, e residuerebbe volumetria
edificabile per 300 mc. con cui potrebbe
essere realizzata un’ulteriore unità
abitativa.
Per evitare situazioni di questo tipo, e
cioè per evitare di lasciare al costruttore
la possibilità di agire sul requisito
dell’altezza interpiano per aumentare il
carico insediativo rispetto a quello
previsto in sede di pianificazione –in cui
il progettista del piano dimensiona a priori
i bisogni ed, in base ad essi, dimensiona
gli indici di fabbricabilità e gli standard– talora gli strumenti urbanistici prevedono
un’altezza convenzionale di 3 m. che
prescinde dall’effettiva altezza interpiano.
Si ottiene in questo modo, infatti, un
parametro costante da applicare in modo
omogeneo in tutto il territorio comunale,
che consente di impedire di sfruttare
l’altezza interpiano per eludere i carichi
insediativi decisi in sede di
pianificazione.
L’opposta interpretazione che consente di
realizzare liberamente –ed in via del tutto
generale- edifici con un’altezza interpiano
di m. 7.60 calcolando la volumetria come se
fosse stato realizzato un edificio alto m. 3
(e che in questo modo affida al solo
parametro dell’altezza massima di zona il
limite massimo di ampliamento indiscriminato
dei carichi urbanistici sul territorio),
deve pertanto essere disattesa (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 871 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Se
la variante semplificata (L.R. Lombardia 23/1997) ha
finalità solo localizzative (ossia riguarda
l’inserimento o lo spostamento di un’opera
pubblica all’interno di un quadro
urbanistico già definito) la complessità
delle valutazioni tecniche è molto minore e
non giustifica la riserva a favore dei
professionisti laureati.
Pertanto, è legittima la variante
predisposta da un tecnico comunale geometra
(e non laureato).
Il Comune di Bassano Bresciano con
deliberazione consiliare n. 47 del
12.11.1998 ha adottato una variante
semplificata al PRG ex art. 3 della LR
23.06.1997 n. 23 avente ad oggetto il
completamento di ambiti territoriali
rientranti nelle zone C e D, la
localizzazione di un’opera pubblica comunale
e l’adeguamento di alcune previsioni di
localizzazione del PRG. Il progetto della
variante era stato predisposto dal tecnico
comunale, funzionario in possesso del titolo
di studio di geometra.
Contro la suddetta deliberazione hanno
proposto ricorso l’Ordine degli architetti
di Brescia e l’Ordine degli ingegneri di
Brescia con atto notificato il 29.01.1999 e
depositato l’11.02.1999.
Le censure possono essere sintetizzate nei
punti seguenti:
(a)
violazione dell’art. 16 del RD 11.02.1929 n.
274 (regolamento della professione di
geometra), in quanto la progettazione
urbanistica sarebbe estranea alle competenze
professionali dei geometri;
(b)
violazione degli art. 8 e 41-bis della legge
17.08.1942 n. 1150, in quanto la
predisposizione degli strumenti urbanistici
costituirebbe una funzione esclusiva dei
professionisti abilitati e non potrebbe
essere svolta da pubblici dipendenti.
In proposito si osserva tuttavia che non
sono stati proposti argomenti idonei a far
ipotizzare un sicuro accoglimento del
ricorso. Più in dettaglio si possono
svolgere le seguenti considerazioni:
(a)
La competenza professionale dei geometri ex
art. 16 del RD 274/1929 non comprende la
progettazione urbanistica, ma d’altra parte
neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925
n. 2537 (regolamento delle professioni di
ingegnere e architetto) trattano
espressamente la materia.
Il problema della progettazione urbanistica
si è posto con l’introduzione del piano
regolatore generale (art. 7 della legge
1150/1942), che al proprio interno prevede
sia la zonizzazione del territorio sia la
localizzazione di opere pubbliche.
La redazione di uno strumento di
programmazione generale è un’attività
complessa collegabile al grado di
preparazione di ingegneri e architetti (e
urbanisti), come confermato dall’art. 5,
comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n.
143 (tariffa professionale di ingegneri e
architetti).
Nel caso di varianti semplificate è però
necessario distinguere a seconda del
contenuto.
In particolare se la variante semplificata
ha finalità solo localizzative (ossia
riguarda l’inserimento o lo spostamento di
un’opera pubblica all’interno di un quadro
urbanistico già definito) la complessità
delle valutazioni tecniche è molto minore e
non giustifica la riserva a favore dei
professionisti laureati (fermo restando che
il progetto dei lavori dovrà comunque essere
firmato da un tecnico abilitato per quel
tipo di opera).
Parimenti non sembra sufficiente per
escludere la competenza dei geometri il
fatto che alla localizzazione si
accompagnino variazioni marginali alla
zonizzazione.
(b)
Dagli art. 8 e 41-bis della legge 1150/1942
non può desumersi una riserva di attività a
favore dei tecnici libero-professionisti.
Il potere organizzativo dei comuni consente
agli stessi di dotarsi delle necessarie
professionalità tecniche per internalizzare
anche la progettazione urbanistica, a
maggior ragione nel caso di varianti
semplificate (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 864 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nel
caso di presentazione di una D.I.A. anche
dopo il decorso del termine di 30 giorni
l'Amministrazione non perde i suoi poteri di
autotutela sia come potere di vigilanza e
sanzionatorio, sia come potere di
annullamento d'ufficio in tutti i casi di
accertamento della mancanza originaria o
sopravvenuta dei requisiti al cui possesso
l'ordinamento di settore subordina
l'espletamento dell'attività medesima.
Anche dopo il decorso del termine di 30
giorni previsto dall'art. 23 TU 06.06.2001
n. 380 e decorrente dalla denuncia di inizio
attività edilizia per la verifica dei
presupposti e requisiti di legge,
l'Amministrazione non perde i suoi poteri di
autotutela sia come potere di vigilanza e
sanzionatorio, sia come potere di
annullamento d'ufficio in tutti i casi di
accertamento della mancanza originaria o
sopravvenuta dei requisiti al cui possesso
l'ordinamento di settore subordina
l'espletamento dell'attività medesima (Cons.
Stato IV 25.11.2008 n. 5811; V 19.06.2006 n.
3586)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.02.2010 n. 423 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Tenendo ferma la natura di atto
privato della dichiarazione di inizio
attività, è riconosciuta l’esperibilità di
un’azione di accertamento dell'inesistenza
dei presupposti per intraprendere l’attività
in base alla d.i.a., sottoposta al generale
termine di decadenza di 60 giorni
previsto per l'azione di annullamento.
Questa Sezione si è recentemente discostata
dall’orientamento precedentemente seguito
che sosteneva l’inammissibilità
dell’impugnazione della d.i.a., in quanto
atto privato, e che la tutela del terzo si
realizzasse rivolgendo all'amministrazione
formale istanza per l'esercizio della
potestà repressiva attribuitale dalla legge
(artt. 27 ss., d.P.R. n. 380 del 2001) ed
agendo ai sensi dell'art. 21-bis, l. n. 1034
del 1971 avverso il silenzio-rifiuto
formatosi sull'istanza (ovvero impugnando
con il ricorso ordinario il diniego
esplicito di intervento da parte del comune)
(TAR Lombardia-Milano, sez. II, 10.05.2007,
n. 2894).
Con la sentenza n. 4886/2009, questa Sezione
ha, difatti, aderito alla tesi che, tenendo
ferma la natura di atto privato della
dichiarazione di inizio attività, riconosce
l’esperibilità di un’azione di accertamento
dell'inesistenza dei presupposti per
intraprendere l’attività in base alla d.i.a.,
sottoposta al generale termine di decadenza
di sessanta giorni previsto per l'azione di
annullamento (Cons. Stato, sez. VI,
09.02.2009, n. 917)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.01.2010 n. 134 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel caso in cui un originario
lotto urbanistico abbia acquisito una
maggiore potenzialità edificatoria in
dipendenza di modifiche alla disciplina
urbanistica e, quindi, la parte rimasta
inedificata sia suscettibile di
edificazione, per verificare l'effettiva
potenzialità edificatoria di quest’ultima,
occorre sempre partire dalla considerazione
che, in virtù del carattere "unitario"
dell'originario lotto interamente asservito
alla precedente costruzione, non possono non
computarsi le volumetrie realizzate sul
lotto urbanistico originario (considerato
complessivamente), il quale è l'unico ad
aver acquisito (e mantenuto) una "propria"
potenzialità edificatoria.
Secondo il
pacifico orientamento della giurisprudenza,
nel caso in cui, un originario lotto
urbanistico abbia acquisito una maggiore
potenzialità edificatoria in dipendenza di
modifiche alla disciplina urbanistica e,
quindi, la parte rimasta inedificata sia
suscettibile di edificazione, per verificare
l'effettiva potenzialità edificatoria di
quest’ultima, occorre sempre partire dalla
considerazione che, in virtù del carattere "unitario"
dell'originario lotto interamente asservito
alla precedente costruzione, non possono non
computarsi le volumetrie realizzate sul
lotto urbanistico originario (considerato
complessivamente), il quale è l'unico ad
aver acquisito (e mantenuto) una "propria"
potenzialità edificatoria; conseguentemente
la verifica dell'edificabilità della parte
del lotto rimasta inedificato e la
quantificazione della volumetria su di essa
realizzabile non può che derivare, per
sottrazione, dalla predetta potenzialità,
diminuita della volumetria dei fabbricati
già realizzati sull'unica, complessiva, area
(Cons. Stato, sez. IV, 19.01.2008, n. 255;
26.09.2008, n. 4647; 19.10.2006, n. 6229;
31.01.2005, n. 217; TAR Trentino Alto Adige,
Bolzano, 22.08.2007, n. 286; TAR Sardegna,
sez. II, 19.05.2006, n. 996).
Ai fini del calcolo della cubatura che può
essere realizzata su un lotto edificabile
deve, dunque, essere detratta la volumetria
già realizzata da parte dell’originario ed
unico proprietario, senza che assuma rilievo
la circostanza che quest’ultima insista su
una parte del lotto catastalmente divisa
(Cons. Stato, sez. V, 28.02.2001 n. 1074).
Non rileva, dunque “la circostanza che
l'unico fondo del proprietario sia stato
suddiviso in catasto in più particelle,
dovendosi verificare [...] l'esistenza di
più manufatti sul fondo dell'originario
unico proprietario" (Cons. Stato, sez.
V, 26.11.1994 n. 1382)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.01.2010 n. 134 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sono
qualificabili interventi di restauro e
risanamento conservativo gli interventi
sistematici che, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell'edificio preesistente, ne
conservano tipologia, forma e struttura.
Gli interventi di restauro e di risanamento
conservativo sono interventi sistematici
che, pur con rinnovo di elementi costitutivi
dell'edificio, ne conservano tipologia,
forma e struttura.
La realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di
restauro o risanamento conservativo ma nel
novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia
dal momento che determina una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico.
Non è dato comprendere come si possa
considerare restauro conservativo la
costruzione ex novo di un soppalco in
muratura di 50 mq., sorretto da una poderosa
trave in cemento armato, “incastata sul
muro affrescato“ che divide in altezza,
pressappoco a metà, l’originario vano e
comporta la creazione di quattro nuovi
ambienti.
Non conferente è, perciò, la
puntualizzazione che l’intervento non
inciderebbe sull’intera unità edilizia
(palazzo) i cui elementi resterebbero
immutati, bensì sul singolo alloggio, al
primo piano, del palazzo stesso, non
costituendo, comunque, le opere realizzate
restauro parziale, ma ristrutturazione
edilizia dell’alloggio.
Gli arresti giurisprudenziali formatisi al
riguardo sono assai chiari, ed affermano,
infatti, che:
- sono qualificabili interventi di restauro
e risanamento conservativo gli interventi
sistematici che, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell'edificio preesistente, ne
conservano tipologia, forma e struttura; per
contro, rientrano nella nozione di
ristrutturazione edilizia le opere rivolte a
creare un organismo in tutto o in parte
diverso da quello oggetto di intervento
(Consiglio Stato, sez. IV, 16.06.2008, n.
2981);
- gli interventi di restauro e di
risanamento conservativo sono interventi
sistematici che, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell'edificio, ne conservano
tipologia, forma e struttura; la
ristrutturazione edilizia è invece un
insieme sistematico di opere dirette a
creare un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso. Un esempio tipico di
ristrutturazione edilizia è quello diretto a
trasformare una villa, mantenendo o meno
l'aspetto architettonico esterno, in un
edificio ad appartamenti (Consiglio Stato,
sez. V, 09.10.2007, n. 5273);
- gli interventi comportanti incrementi
volumetrici, anche interni, rientrano
nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia e sono pertanto
assoggettati a permesso di costruire ex
artt. 3, comma 1, lett. d), e 10 d.P.R. n.
380 del 2001, non potendo configurarsi né
come manutenzione straordinaria, né come
restauro o risanamento conservativo (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 06.11.2007, n.
10674).
- la realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di
restauro o risanamento conservativo (i quali
presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett.
c), D.P.R. n. 380/2001, la conservazione di
elementi, anche strutturali, degli edifici,
che siano comunque preesistenti, ovvero
l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano
tuttavia carattere accessorio), ma nel
novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001,
dal momento che determina una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico
(TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008,
n. 20563).
Anche questo Tribunale (Catania, sez. I,
07.11.2002, n. 1939, 08.05.2006, n. 699) ha
avuto occasione di affermare che la
costruzione di un soppalco all'interno di un
appartamento, impedisce la regolarizzazione
ai sensi dell'art. 9 l.reg. n. 37 del 1985,
in quanto, comportando effettivo aumento di
superficie, non può considerarsi alla
stregua di mera opera interna. Dalla detta
connotazione consegue, altresì,
l'impossibilità di considerare detto
intervento come pertinenziale e, come tale,
suscettivo di essere consentito con la mera
autorizzazione. Inoltre, non può essere
considerato intervento di manutenzione
straordinaria la realizzazione di un
soppalco all'interno di un appartamento al
fine di ricavare un autonomo
mini-appartamento, costituito da due vani
più servizi, dal momento che detto
intervento, non soltanto amplia la
superficie utile, ma determina un maggiore
peso urbanistico in considerazione della
costituzione di una autonoma unità
abitativa; conseguentemente per la
realizzazione di detto intervento è
necessario il previo rilascio della
concessione edilizia.
Sempre in tema di distinzione tra restauro
e risanamento conservativo ex lett. c)
dell’art. 20 della l.r. n. 71/1978, e
ristrutturazioni edilizie ex lett. d)
dell’art. 31 l. n. 457/1978 (norma del tutto
analoga al citato art. 20 l.r. n. 71/1978 )
cfr. anche C.G.A. decisione 25.05.2009, n.
481
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Concorsi, segni di
riconoscimento, stampatello, legittimità.
Segni di riconoscimento devono essere delle
chiare appostazioni grafiche che possano
permettere a chi legge un componimento di
individuare significativamente il soggetto
che l’ha apposto.
Non sono segni di riconoscimento:
- la numerazione delle pagine, che è una
evidente vicenda ordinatoria;
- la utilizzazione della scrittura in
stampatello maiuscolo (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 16.02.2010 n. 877 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione
da una gara di una società per aver violato
quanto previsto dalla lex specialis che
imponeva la carenza di qualsivoglia
collegamento tra le imprese partecipanti.
La lex specialis della gara imponeva
la carenza di qualsivoglia collegamento tra
le imprese partecipanti.
Per contro l’odierna appellante:
- operava con altra impresa partecipante in
unico locale, in condizioni che
evidentemente non consentono alcuna
riservatezza e con l’effetto altamente
probabile, della reciproca conoscenza delle
condizioni dell’offerta tale da alterare
assai gravemente l’equilibrio delle proposte
contrattuali a vantaggio delle imprese
allocate nella medesima sede;
- indicava numero telefonico e fax di
riferimento per le comunicazioni identico a
quello dell’altra impresa concorrente ed
allocata nella stessa sede;
- presentava, unitamente all’altra impresa,
polizze fideiussorie stipulate con identico
soggetto e con numerazione in gran parte
progressiva.
Tanto si rileva, in disparte la pur
rilevante constatazione dei vincoli
parentali che intercorrono tra
amministratori e rappresentanti delle due
società.
Gli elementi appena indicati sono univoci
nel rappresentare l’unicità del centro
decisionale o di imputazione o, quanto meno,
un sostanziale collegamento di fatto (oltre
che per vincoli di parentela) tra gli
esponenti delle due imprese.
Quanto sostenuto dall’appellante circa una
effettiva estraneità tra i due soggetti e
sulla autonomia degli stessi in senso
imprenditoriale non appare convincente sotto
alcun profilo, posto che gli elementi sopra
rilevati non sono stati smentiti in fatto,
anche se si è tentato di dare agli stessi
una coloritura meno decisa in ordine alla
compresenza di due imprese nello stesso
stabile ed operanti con lo stesso
apparecchio telefonico e con lo stesso fax.
Il collegamento in senso sostanziale tra le
stesse è del tutto palese. Comunque,
trattandosi di una valutazione di merito
operata dalla Commissione di gara, non
sindacabile in sede di legittimità se non
per manifesta irrazionalità, tale
irrazionalità deve per quanto sopra detto
sicuramente essere esclusa (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2010 n. 685 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
L’affidamento in house providing
costituisce una ipotesi eccezionale di
affidamento di servizio pubblico da
sottoporre obbligatoriamente al vaglio
dell’Autorità Garante per la concorrenza e
il mercato - Tar per il Veneto 336/2010
La sentenza concerne una complessa vicenda
di affidamento in house del servizio
raccolta rifiuti da parte di un consorzio di
enti locali che, unitamente ad altro
consorzio, partecipa del capitale
interamente pubblico della società
prescelta.
L’analisi sul caso svolta dai giudici
amministrativi ha fatto emergere
l’insussistenza del requisito del controllo
analogo,condizione che permette di evitare
il ricorso alle procedure di evidenza
pubblica. A seguito di tale pronuncia, il
consorzio in questione ha deciso di
persistere nell’affidamento alla medesima
società e ciò anche senza rispettare la
nuova procedura per gli affidamenti diretti
introdotta dall’art. 23-bis della legge
133/2008.
La sentenza di cui ci occupiamo concerne il
momento successivo alla decisione assunta
dai primi giudici sulla mancanza
dell'elemento del controllo analogo. Per
ragioni di spazio non rappresenteremo
l’articolata dialettica tra le parti, per la
cui lettura rinviamo al testo della
sentenza. In questa sede ci limiteremo a
riepilogare i principi espressi dal collegio
sull’ambito applicativo dell’art. 23-bis
introdotto nel d.l. 112/2008 dalla legge di
conversione 133/2008.
Innanzitutto i giudici riassumono i principi
consolidati in giurisprudenza per quanto
concerne il controllo analogo:
a)
la necessità della totale partecipazione
pubblica (Corte di Giustizia europea; sez. V
18.11.1999 n. C. 107/98 Teckal, punto 50);
b)
il divieto, sancito statutariamente, di
apertura al capitale privato (Corte di
Giustizia europea, sez. I, 11.01.2005 n.
C-26/03 Stadt Halle, punto 49);
c)
la riserva in capo ai soci pubblici del
potere di designare i componenti degli
organi della società (Corte di Giustizia
europea, sez. 1, 13.10.2005 n. C-458/03
Parking Brixen, punto 69; TAR Lombardia,
Brescia, 21.04.2006, n. 433);
d)
la possibilità di esercitare un’influenza
determinante sia sugli obbiettivi
strategici,sia sulle decisioni importanti
della società (Corte di Giustizia europea,
sez. 1, 13 ottobre C-458/03 Parking Brixen.
punto 65 e Corte di Giustizia europea, sez.
1, 11 maggio C-340/04 Carbotermo, punto 36);
e)
la necessità che il controllo sia preventivo
e non solo a posteriori (Corte di Giustizia
europea, sez. V, 27.02.2003, n. C. 373/00
Truley, punto 70; Consiglio di Stato sez. VI,
05.01.2007, n. 5) e che siano previsti
concreti poteri ispettivi (Corte di
Giustizia. europea, sez. V, 27.02.2003 n. C
373/00 Truley, punto 73) e d’intervento
(Consiglio di Stato, Sez. V, 11.04.2006 n.
5072, p. 22);
f)
la circostanza che l'impresa non deve
acquisire una vocazione commerciale (Corte
di Giustizia europea, Sez. 1, 13.10.2005 n.
458/03 Parking Brixen, punto 67);
g)
la non sufficienza, per la configurazione
del c.d. controllo analogo, degli ordinari
strumenti di diritto civile (Consiglio di
Stato, Sez. V; 05.01.2007, n. 5);
h)
il carattere (speciale, rispetto a quelle
disciplinate dal Codice Civile, delle
società di capitali in house (TAR Campania,
Napoli, Sez. 1, sentenza n. 8055/2006) e
nella necessità di predisporre un meccanismo
di controllo coerente con la peculiarità
della forma (societaria (TAR Lazio, Roma,
Sez. II-ter, 16.10.2007 n. 9988);
i)
la possibilità che il capitale sociale della
società in house sia partecipato da una
pluralità di enti locali, purché il
controllo analogo a quello esercitato suoi
propri servizi sia realizzato,
indipendentemente dalla quota di
partecipazione propria di ciascun ente,
attraverso la costituzione di un ufficio
comune, cui sia attribuito il compito di
realizzare il coordinamento e la
consultazione tra gli enti locali (TAR
Abruzzo, Pescara, 07.11.2006 n. 687; TAR
Puglia, Bari, Sez. I, 12.04.2006 n. 1318);
j)
l’utilizzabilità dello strumento della
convenzione ex art. 30 del D.L.vo 18.08.2000
n. 267 e s.m.i. per l’esercizio del
controllo analogo da parte di una pluralità
di enti soci (TAR Friuli Venezia Giulia
15.07.2007 n. 634.
Un altro principio rilevante ai fini
della prova della sussistenza del controllo
analogo è dato dalla previsione di un
diritto di veto da parte di ciascun Ente
partecipante alla società nei confronti
delle deliberazioni assunte dagli organi
sociali in modo difforme dalle proposte,
nonché della competenza dell’assemblea
ordinaria della trattazione di argomenti
inerenti a pretese della società sugli Enti
locali che ad essa partecipano scaturenti
dal contratto di servizio e corrispondente
al diritto di veto di ciascun Ente locale
interessato sulle relative determinazioni;
e, soprattutto, del diritto di recesso dalla
società nei casi in cui l’Ente socio abbia
diritto a far valere la risoluzione o,
comunque, lo scioglimento del contratto di
servizio con la Società.
Entrando nel merito dell’applicazione
dell’art. 23-bis, per i casi di affidamento
diretto i giudici evidenziano che dalla
lettura della norma emerge: la necessità
dell'esistenza di situazioni del tutto
particolari che non permettono un'efficace
utile ricorso al mercato, derivanti da
peculiari caratteristiche economiche sociali
ambientali e geomorfologica del contesto
territoriale di riferimento, ai fini di
consentire la deroga alle modalità di
affidamento ordinaria, pur sempre nel
rispetto della disciplina comunitaria;la
necessità, in tali casi, da parte dell'ente
affidante di dare pubblicità alla scelta
motivandola in base a un'analisi del
mercato; la necessità, in tali casi, di
contestuale trasmissione di una relazione
contenente gli esiti della predetta verifica
all’Autorità garante della concorrenza del
mercato e alle autorità di regolazione del
settore, ove costituite, per l'espressione
di un parere sui profili di competenza da
render entro 60 giorni dalla ricezione della
relazione.
Circa la necessità di acquisire il parere
dell’Autorità preventivamente non ci sono
dubbi ora e non ce n’erano neanche prima del
decreto legge 135/2009 che ha esplicitamente
previsto come preventivo il solo parere
Garante della concorrenza. In effetti, la
medesima Autorità in una comunicazione del
16.10.2008 aveva già interpretato la norma
in modo da collocare il proprio parere in
una fase iniziale preventiva. Ne risulta che
il parere è obbligatorio e preventivo ma non
vincolante pur se, come aveva specificato il
Garante, l’amministrazione è obbligata a
spiegare le ragioni che eventualmente la
inducano a disattendere le indicazioni
contenute nel parere. E' importante poi
sottolineare il rapporto tra l'articolo
23-bis e la precedente normativa sulla
quale, ad avviso dei giudici, l'articolo
della manovra estiva prevale in caso di
incompatibilità.
Analizzando il rapporto con l'art. 113 TUEL,
i giudici veneti ritengono che non vi siano
profili di incompatibilità. Anche secondo la
disciplina del testo unico enti locali,
l’affidamento in house doveva avvenire nel
rispetto della normativa comunitaria rappresentando una procedura alla quale gli
enti locali possono ricorrere previa
specifica motivazione e laddove le
condizioni di mercato non consentono di
assicurare lo svolgimento efficiente di un
determinato servizio - commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza
08.02.2010 n. 336 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
assenza di una documentata istanza da parte
del titolare del permesso di costruire il
Comune non può rilasciare l’agibilità delle
nuove costruzioni, né il certificato in
questione può essere sostituito da
attestazioni provenienti dal privato o da
tecnici di sua fiducia.
La tesi della ricorrente secondo cui
l’immobile era, seppure funzionalmente non
corrispondente a quanto progettato (il che,
come detto, è ammesso anche nel ricorso),
completo dal punto di vista urbanistico e
pienamente agibile, si scontra con le
disposizioni di cui agli artt. 24 e 25 del
T.U. n. 380/2001, il che è stato confermato
a seguito dell’istruttoria disposta con
l’ordinanza n. 65/2009.
In effetti, l’art. 24 del T.U. dispone che “1.
Il certificato di agibilità attesta la
sussistenza delle condizioni di sicurezza,
igiene, salubrità, risparmio energetico
degli edifici e degli impianti negli stessi
installati, valutate secondo quanto dispone
la normativa vigente.
2. Il certificato di agibilità viene
rilasciato dal dirigente o dal responsabile
del competente ufficio comunale con
riferimento ai seguenti interventi:
a) nuove costruzioni;
b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o
parziali;
c) interventi sugli edifici esistenti che
possano influire sulle condizioni di cui al
comma 1.
3. Con riferimento agli interventi di cui al
comma 2, il soggetto titolare del permesso
di costruire o il soggetto che ha presentato
la denuncia di inizio attività, o i loro
successori o aventi causa, sono tenuti a
chiedere il rilascio del certificato di
agibilità. La mancata presentazione della
domanda comporta l'applicazione della
sanzione amministrativa pecuniaria da 77 a
464 euro.
4. Alla domanda per il rilascio del
certificato di agibilità deve essere
allegata copia della dichiarazione
presentata per la iscrizione in catasto,
redatta in conformità alle disposizioni
dell'articolo 6 del regio decreto-legge
13.04.1939, n. 652, e successive
modificazioni e integrazioni…”, mentre
il successivo art. 25 disciplina il relativo
procedimento.
Come si può agevolmente comprendere, in
assenza di una documentata istanza da parte
del titolare del permesso di costruire
(attraverso la quale viene verificato anche
il rispetto di normative aventi differente
campo di applicazione -quali ad esempio
quelle relative all’accatastamento degli
immobili o all’efficienza energetica degli
edifici- ma ugualmente rilevanti in
subiecta materia), il Comune non può
rilasciare l’agibilità delle nuove
costruzioni, né il certificato in questione
può essere sostituito da attestazioni
provenienti dal privato o da tecnici di sua
fiducia (a ciò ostando tra l’altro anche la
clausola dell’art. 4 della convenzione, che
parla espressamente di “certificato di
agibilità”, ossia del documento,
proveniente dal Comune, previsto dagli artt.
24 e 25 del T.U. edilizia)
(TAR Marche,
sentenza 25.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
circostanza che determinati beni siano stati
ritenuti, per il loro pregio culturale,
meritevoli di riconoscimento e tutela sulla
base delle procedure stabilite dalla
normativa statale non esclude che gli enti
esponenziali delle comunità locali, allorché
esercitano i poteri loro attribuiti in
materia di pianificazione territoriale,
possano individuare ulteriori beni ritenuti
(sotto il medesimo profilo) di particolare
pregio e prevedere forme di tutela diverse
ed eventualmente anche più intense di quella
assicurata dal vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004.
In primo luogo non convince l'affermazione
secondo cui il vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004
avrebbe maggior valore (e dunque dovrebbe
garantire maggiore tutela) rispetto alle
invarianti strutturali di rilevante valore
paesaggistico individuate dagli strumenti di
pianificazione del territorio (PTC e PS); la
circostanza che determinati beni siano stati
ritenuti, per il loro pregio culturale (in
senso ampio, conformemente a quanto statuito
dall’art. 2 del citato decreto legislativo),
meritevoli di riconoscimento e tutela sulla
base delle procedure stabilite dalla
normativa statale non esclude che gli enti
esponenziali delle comunità locali, allorché
esercitano i poteri loro attribuiti in
materia di pianificazione territoriale (che
incidono sulla gestione del loro territorio
e dunque del loro patrimonio), possano
individuare ulteriori beni ritenuti (sotto
il medesimo profilo) di particolare pregio e
prevedere forme di tutela diverse ed
eventualmente anche più intense di quella
assicurata dal vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004:
quest’ultimo, d’altra parte, soggiace ad una
disciplina di carattere generale valevole
per l’intero territorio nazionale, mentre
invece la specifica disciplina dettata dal
Piano strutturale è in grado di calibrare
più puntualmente le misure adottate in
rapporto alle concrete esigenze di tutela
del paesaggio; la formulazione dell’art. 34
(di cui nel ricorso si deduce la violazione)
è sufficientemente ampia e generica da non
precludere la possibilità di introdurre nel
piano strutturale disposizioni rigorose come
quelle contestate nel presente giudizio;
quanto poi alla prospettata illogicità di
una previsione che consente l'edificazione
nelle aree vincolate, ma non nelle
invarianti strutturali, va rilevato che
l'edificabilità è comunque esclusa anche
nelle aree vincolate, se le stesse sono "ricomprese
all'interno di altre tipologie di
invariante…": il che evidenzia come il
vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004 e
l'individuazione delle invarianti possano
sovrapporsi perché ispirate ad esigenze di
tutela non esattamente coincidenti, bensì
complementari -anche perché rimesse alla
valutazione di soggetti diversi- e
ridimensiona, tra l’altro, l’ambito della
(solo apparente) disparità di trattamento
prospettata nel gravame; non va poi neppure
sottovalutato che le invarianti riguardano
per la maggior parte aree già
tendenzialmente inedificabili in quanto
agricole
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 19.01.2010 n. 59 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Gara d’appalto e obbligo di
dichiarazione per gli institori.
L’obbligo di
fornire dichiarazioni posto a carico degli
institori appare corretta applicazione del
principio, così emergente dalla legge e
dell’orientamento giurisprudenziale, per il
quale l’obbligo di dichiarazione di cui
all’art. 38 vige per i titolari del potere
di rappresentanza della persona giuridica,
pur se lo stesso venga ad espletarsi in un
limitato ambito territoriale
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
ordinanza 09.01.2010 n. 43 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
COTTIMO FIDUCIARIO – PROCEDURA
NEGOZIATA.
Il TAR Toscana, pur partendo da corrette
premesse, perviene ad un inquadramento del
cottimo fiduciario non convincente e,
soprattutto, non in linea con la chiara
disciplina del Codice: “Il cottimo
fiduciario, di cui all’articolo 125 del
D.Lgs n. 163/2006, costituisce una procedura
negoziata, in cui le acquisizioni avvengono
mediante affidamento a terzi (comma 4°),
nelle quali l’affidamento avviene nel
rispetto dei principi di trasparenza,
rotazione, parità di trattamento, previa
consultazione di almeno cinque operatori”
(comma 11°), senza che invece risulti una
generale applicabilità delle singole norme
del Codice dei contratti pubblici, proprie
dell’evidenza pubblica comunitaria. Siamo,
quindi, in presenza di una procedura
negoziata la quale, pur procedimentalizzata,
non richiede, tuttavia, il necessario
rispetto dello specifico assetto
disciplinare predisposto dal Codice per le
procedure aperte e ristrette”.
Le statuizioni del Tar non appaiono
integralmente persuasive.
In primo luogo, occorre principiare da una
ragione di ordine sistematico. Il comma 1°
dell’articolo 121, disciplinante i contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, di
importo inferiore alla soglia comunitaria,
stabilisce che “ai contratti pubblici
aventi per oggetto lavori, servizi,
forniture, di importo inferiore alle soglie
di rilevanza comunitaria, si applicano oltre
alle disposizioni della parte I, della parte
IV e della parte V, anche le disposizioni
della parte II, in quanto non derogate dalle
norme del presente titolo”.
Al fine di chiarire il significato
dell’importante disposizione normativa, è
possibile far ricorso al seguente schema:
- Parte I: Principi e disposizioni comuni e
contratti esclusi in tutto o in parte
dall'ambito di applicazione del codice;
articoli 1-27;
- Parte II: Contratti pubblici relativi a
lavori servizi e forniture nei settori
ordinari; articoli 28-205;
- Parte III: Contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture nei settori speciali;
articoli 206-238;
- Parte IV: Contenzioso; articoli 239-246;
- Parte V: Disposizioni di coordinamento
finali e transitorie – abrogazioni; articoli
247-257.
Dunque, al cottimo fiduciario, quale
procedura negoziata per i “contratti
sotto soglia comunitaria”, come nella
concreta fattispecie, si applicano le parti
I, IV e V, in modo integrale e la parte II “in
quanto non derogata dalle norme del presente
titolo”.
Ora, gli articoli 83 (Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa) ed 84
(Commissione di nel caso di aggiudicazione
con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa) sono entrambi collocati
nella parte seconda, per cui occorre
verificare se, nel titolo in esame (artt.
121-125), sussiste una deroga alle
disposizioni dei due predetti articoli.
Ebbene, da un rapido esame del titolo ed, in
particolare dell’articolo 125, si deduce che
tale deroga non sussiste. In altri termini,
non esiste una deroga espressa alle regole
contenute nei predetti articoli. Di
conseguenza, le indicate disposizioni
normative con le loro peculiari regole
(divieto di integrazione del bando, da parte
della commissione; nomina della commissione
dopo la scadenza del termine per la
presentazione delle offerte) trovano piena
applicazione in sede di cottimo fiduciario.
Venendo, poi, al merito pieno delle già
ricordate disposizioni normative, occorre
osservare che il terzo decreto correttivo (D.Lgs
n. 152/2008; in vigore dal 17.10.2008) ha
disposto la modificazione del comma 4°
dell’articolo 83. Precisamente, con la
riforma, viene implicitamente sancito che
ogni criterio o sub-criterio di giudizio
deve essere predeterminato a monte, cioè in
sede di stesura del bando di gara o della
lettera di invito. La commissione di gara
non può aggiungere o modificare alcunché,
nemmeno determinare i criteri motivazionali.
Ora, appare ben chiaro che l’indicato
divieto di integrazione e di modifica trova
applicazione in sede di cottimo fiduciario,
anche in ragione del principio di
trasparenza, richiamato nel comma 11°,
dell’articolo 125, il quale esige una
preventiva e non più mutabile fissazione dei
criteri di valutazione e dei pesi.
Per quanto concerne, invece, il comma 10°,
dell’articolo 84 (nomina della commissione
dopo la scadenza del termine per la
presentazione delle offerte), occorre porre
in evidenza la ratio: evitare che le
imprese, che intendono partecipare alla
gara, conoscano, prima della presentazione
della loro offerta, i nominativi dei
componenti della commissione. Se
conoscessero tali nominativi prima,
potrebbero "orientare", "articolare"
la loro offerta in relazione ai commissari
prescelti.
Orbene, tale ratio può avere un senso
solo se trova applicazione il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
indipendentemente dalla procedura di scelta
del contraente prescelta. Infatti, in tali
fattispecie, la commissione di gara è
titolare un potere di discrezionalità
tecnica indubbiamente forte, in quanto deve
esprimere puntuali valutazioni e giudizi
tecnici, in relazione a diversi elementi: la
qualità, il pregio tecnico, le
caratteristiche estetiche e funzionali, etc.
In tali gare, conoscere prima il nominativo,
può comportare il rischio di un potenziale
inquinamento della gara in duplice senso:
orientare la propria offerta, in relazione
alle note preferenze tecniche di un
commissario, oppure, ancor peggio,
contattare preventivamente i commissari,
commettendo illecito penale. Ovviamente,
tali pericoli di inquinamento della gara
sussistono in ogni procedura di selezione.
Dunque, appare chiaro che il cottimo
fiduciario, proprio in quanto “procedura
negoziata”, è sottoposto in modo
tendenziale all’integrale disciplina del
Codice, a meno che non vi siano chiare ed
esplicite deroghe (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 22.12.2009 n. 3988 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire: tempi
ragionevoli per l'annullamento.
Per il Consiglio di Stato il titolo
abitativo e il provvedimento amministrativo
illegittimo possono essere annullati ma
entro un termine ragionevole dal rilascio.
Le regole di imparzialità, correttezza e
buona amministrazione devono essere
applicate anche all’esercizio
dell’autotutela, confrontando il legittimo
affidamento con l’interesse pubblico.
Nel caso in cui non venga effettuata questa
valutazione, il privato subisce un danno che
l’amministrazione deve risarcire.
L'annullamento di ufficio della concessione
edilizia presuppone una congrua motivazione
sull'interesse pubblico attuale e concreto a
sostegno dell'esercizio discrezionale dei
poteri di autotutela, con una adeguata
ponderazione comparativa, che tenga anche
conto dell'interesse dei destinatari
dell'atto al mantenimento delle posizioni,
che su di esso si sono consolidate e del
conseguente affidamento derivante dal
comportamento seguito dall'amministrazione
(cfr. Cons. St., sez. VI, 14/10/2004, n.
6656).
È appena il caso di soggiungere che tale
principio, già enunciato dalla
giurisprudenza amministrativa (invero già la
risalente sentenza del Cons. St., VI,
24.12.1982, n. 721 affermava il principio,
secondo cui la rimozione degli atti
amministrativi illegittimi non deve
pregiudicare l’interesse, cedevole solo a
fronte di un più grave interesse pubblico,
di chi sugli effetti di quell’atto abbia
fatto affidamento), ha trovato da ultimo
esplicito riscontro normativo nell'art. 14
della legge n. 15 del 2005, con il quale è
stato introdotto l'art. 21-nonies della
legge n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 21.12.2009 n. 8529 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
CARENZA DEI REQUISITI GENERALI.
Il TAR Piemonte ha manifestato adesione ad
un orientamento in tema di conseguenza
sanzionatorie, a carico dell’aggiudicatario
provvisorio, a seguito di accertata carenza
dei requisiti generali.
Precisamente, si è affermato che: “Non
può essere accolta la tesi
dell’applicabilità delle sanzioni previste
dall’articolo 48 del Codice dei contratti
pubblici (D.Lgs n. 163/2006), in tema di
requisiti economico-finanziari e tecnico
organizzativi, anche alle ipotesi di carenze
afferenti i requisiti generali, di cui
all’articolo 38. In primo luogo, si trascura
la circostanza che l’articolo 48 medesimo si
applica limitatamente ai soli predetti
requisiti speciali, trattandosi di misure
sanzionatorie e, quindi, di stretta
interpretazione. Inoltre, non può esplicare
alcuna efficacia la disciplina in materia di
cauzione provvisoria (art. 75, comma 6°,
Codice), in relazione alla mancata stipula
del contratto, che fa riferimento ad una
fase diversa del procedimento, quella,
appunto, della stipula del contratto”.
Siffatto orientamento, seppur supportato da
diverse pronunce, non appare caratterizzato
da sufficiente persuasività. Infatti,
occorre prendere atto che sussiste un altro
orientamento, il quale delinea una diversa
ricostruzione della problematica in esame.
Primariamente, occorre rilevare che oggetto
dell’analisi non deve essere l’articolo 48,
che disciplina, appunto, con un puntuale
corredo sanzionatorio, la carenza dei “requisiti
speciali”, ma altri articoli del Codice.
Innanzitutto, l’articolo 75, disciplinante
la cauzione provvisoria. Al riguardo,
occorre ricordare che, nella versione
originaria della legge n. 109/1994, la
cauzione provvisoria era finalizzata a
garantire la mancata sottoscrizione del
contratto per “volontà”
dell’aggiudicatario. Nella versione
successiva, avutasi in seguito alla legge
415/1998 (cd. Merloni ter), il termine "volontà"
venne sostituito dal termine "fatto".
In tal modo, fu ampliata l'operatività della
garanzia, nel senso che la mancata
sottoscrizione del contratto non risulta
essere più legata ad un elemento di
volontarietà dell'aggiudicatario, ma a
qualunque fatto, a lui imputabile. Il
Codice, pur abrogando la legge n. 109/1994,
ha confermato la disciplina preesistente,
prevedendo, appunto, che la cauzione
provvisoria “copre la mancata
sottoscrizione del contratto per fatto
dell’affidatario”.
Quindi, nella disciplina attuale, la
responsabilità precontrattuale
dell’aggiudicatario provvisorio rimane
svincolata completamente dall'elemento
soggettivo, essendo sufficientemente
integrata da qualunque evento, ancorché non
intenzionale o colposo, collegato al
comportamento dell'aggiudicatario medesimo.
Inoltre, accanto all’articolo 75, comma 6°,
che giustifica l’escussione della cauzione,
occorre tener presente anche l’articolo 6,
disciplinante i poteri e le funzioni
dell’Autorità di vigilanza. Al riguardo, la
medesima Autorità, nella determinazione n.
5/2009, ben chiarisce che la stazione
appaltante, laddove accerti la carenza dei
requisiti generali falsamente autodichiarati,
“procederà all’esclusione dalla gara per
l'operatore inadempiente, alla denuncia dei
fatti costituenti reato ed alla segnalazione
all’Autorità per l'iscrizione nel casellario
informatico, secondo le modalità previste
nella Determinazione n. 1 approvata dal
Consiglio della Autorità il 10.01.2008. Solo
nel caso di carenza dei requisiti generali
in capo all' aggiudicatario provvisorio, la
stazione appaltante oltre alla revoca dell'
aggiudicazione, procederà all'incameramento
della cauzione, ma ciò non quale conseguenza
dell'articolo 48, ma dell'articolo 75, comma
6, del codice che prevede tale sanzione per
mancata stipula del contratto per fatto
dell'affidatario”.
Orbene, sembra essere chiaro che il
fondamento del potere di segnalazione va
correttamente rinvenuto proprio
nell’articolo 6 e, precisamente, nei commi
7° (potere di vigilanza dell’Autorità), 9°
(potere dell’Autorità di richiedere
documenti ed informazioni) ed 11° (sanzioni
per omesso invio di documenti ed
informazioni).
In buona sostanza, accertata la falsità
dell’autodichiarazione, la stazione
appaltante deve ottemperare al suo obbligo
di segnalazione, il quale riceve la sua
disciplina dalla determinazione n. 1/2008,
ma conosce la sua base normativa proprio nei
tre predetti commi: affinché l’Autorità
possa esercitare il suo potere di vigilanza,
la stazione appaltante segnala i “fatti
accaduti”, ai fini dell’inserimento dei
medesimi nel Casellario informatico.
Ciò, ovviamente, nel rispetto di un congruo
contraddittorio procedimentale (commento
tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3699 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
COMMISSIONI GARA.
Il Tar Lombardia-Milano ha esaminato in modo
chiaro, la non infrequente prassi, da parte
di talune stazioni appaltanti, di nominare,
inutilmente e confusamente, due commissioni
di gara.
Al riguardo, ha puntualmente affermato che:
“Risulta violato il principio di
collegialità della commissione di gara, non
essendo ammissibile che le offerte
economiche vengano valutate da un organo
sostanzialmente monocratico (il direttore
amministrativo dell’Azienda Ospedaliera,
assistito da due testimoni). Inoltre, non
appare ammissibile che, nelle procedure da
aggiudicarsi con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione delle offerte tecniche e di
quelle economiche venga affidata a
commissioni diverse, dovendo la valutazione
essere effettuata dalla medesima commissione
giudicatrice, salva restando la possibilità
di incaricare un seggio di gara della sola
preliminare valutazione dell’ammissibilità
della documentazione amministrativa, ai fini
dell’ammissione delle offerte”.
Il pregio della pronuncia risiede anche
nell’aver collocato la problematica
dell’illegittima prassi delle doppie
commissioni nell’alveo della disciplina
codicistica.
Precisamente, Codice dei contratti pubblici
(D.Lgs n. 163/2006) contiene una puntuale
disciplina della commissione di gara, in
riferimento all’eventualità in cui si
utilizzi il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa (art. 84), ed
in tema di concorso di progettazione
(articolo 106).
Ai sensi dell’articolo 84, la commissione di
gara:
- viene nominata dalla stazione appaltante
(organo competente ad effettuare la scelta
del soggetto affidatario del contratto);
- è composta da un numero dispari di
componenti, in numero massimo di cinque,
esperti nello specifico settore cui si
riferisce l'oggetto del contratto;
- è presieduta di norma da un dirigente
della stazione appaltante e, in caso di
mancanza in organico, da un funzionario
della stazione appaltante incaricato di
funzioni apicali, nominato dall'organo
competente.
Occorre osservare che i commissari, diversi
dal presidente, non devono aver svolto né
possono svolgere alcun'altra funzione o
incarico tecnico o amministrativo
relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta.
Orbene, dai pochi cenni di disciplina
delineati, appare chiaro che il Codice esige
l’obbligatorietà della commissione solo
laddove si utilizzi il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Viceversa,
laddove si utilizzi il diverso criterio del
prezzo più basso, la commissione non è
obbligatoria, per cui il responsabile della
stazione appaltante può ben procedere,
solitariamente, all’aggiudicazione
provvisoria, cioè all’individuazione della
migliore offerta.
Allora, se la commissione è obbligatoria
solo in taluni casi, perché non ritenerne
semplificante la presenza, laddove
necessario, di una sola, a cui sono
attribuiti tutti e tre i poteri: - verifica
della regolarità della documentazione
amministrativa; - valutazione dei profili
economici; - valutazione dei profili
tecnici.
La pluralità di competenze è in ogni caso
garantita, in quanto l’articolo 84 esige la
presenza di “membri esperti nello
specifico settore cui si riferisce l'oggetto
del contratto” (comma 2°) e la presenza,
con funzioni di presidenza, di un “dirigente
della stazione appaltante o di un
funzionario” (comma 3°): ciò vuol dire
che il presidente-funzionario è competente
almeno per ciò che concerne la verifica
della regolarità documentale, mentre gli
altri membri garantiscono conoscenze
specifiche di settore, per la valutazione
dei profili economici e tecnici.
Dunque, un’unica commissione, in linea con
la normativa codicistica, titolare delle
necessarie e plurime conoscenze ed
esplicante tutti i poteri. Appare ben
evidente che, in tal modo, si eviterebbero,
in maniera ancor più radicale, perniciose
confusioni e la creazione di organismi
superflui (commento tratto dalla newsletter
del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.12.2009 n. 5346 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Successivamente
alla proposizione della d.i.a. residua
comunque in capo alla P.A. il potere di
autotutela, sia pure sui generis in quanto
caratterizzato dal fatto di non implicare
un’attività di secondo grado su di un
precedente provvedimento amministrativo; il
riferimento all’autotutela può, quindi,
spiegarsi anche restando nei confini della
linea interpretativa secondo cui la DIA è un
atto del privato: si tratterà, appunto, di
un’autotutela sui generis poiché non andrà
ad incidere su un atto amministrativo, ma
consisterà nella possibilità per la P.A. di
adottare, successivamente alla scadenza del
termine di 30 giorni dalla comunicazione
di avvio dell’attività, provvedimenti di
divieto di prosecuzione della stessa e di
rimozione dei suoi effetti, condizionata,
però, dalla sussistenza di un interesse
pubblico attuale e concreto, ulteriore e
diverso rispetto a quello volto al mero
ripristino della legalità violata.
Con il secondo motivo di appello si deduce l’inammissibilità del ricorso
di primo grado per omessa impugnazione della
D.I.A. presentata dal sig. Messina.
Al fine di poter meglio delibare la
fondatezza o meno di tale eccezione di
inammissibilità, appare utile fare qualche
breve cenno in ordine alla questione della
natura giuridica della dichiarazione di
inizio di attività, al centro di un annoso
dibattito in dottrina ed in giurisprudenza,
dibattito non ancora sopito e che ha
ricevuto di recente nuova linfa a seguito
dell’entrata in vigore della L. n. 80/2005.
Le tesi che si contendono il campo sono
essenzialmente due.
Secondo una prima opzione ermeneutica la
dichiarazione di inizio di attività si
configura come un atto di iniziativa privata
e la legittimazione all’esercizio
dell’attività non è fondata su un atto di
consenso della P.A., ma trova la propria
fonte direttamente nella legge.
Secondo un altro orientamento, invece, la
DIA costituirebbe una fattispecie complessa
o a formazione successiva, che vede un atto
amministrativo tacito formarsi in presenza
di alcuni presupposti formali e sostanziali
e per effetto del decorso del tempo
assegnato all’amministrazione per
l’esercizio del potere inibitorio.
Aderire all’uno o all’altro indirizzo
interpretativo comporta alcune rilevanti
conseguenze in punto di tutela per il terzo
danneggiato dall’intervento edilizio.
Muta, in particolare, l’oggetto del
giudizio. La giurisprudenza, alquanto divisa
sul punto, ha, invero, individuato l’oggetto
del giudizio di impugnazione ora
direttamente nella DIA, ora nel
comportamento inerte tenuto
dall’amministrazione dopo la presentazione
della dichiarazione, ora nel silenzio sulla
richiesta di intervento in autotutela, ora
nel silenzio sulla richiesta di esercizio
del potere sanzionatorio.
Il problema si pone in quanto, se si
considera la DIA un atto privato, allora ne
è inammissibile la diretta impugnazione in
sede giurisdizionale e la tutela del terzo
passa attraverso la sollecitazione del
potere (sanzionatorio o di autotutela)
dell’amministrazione e, in caso di inerzia,
dall’impugnazione del silenzio secondo il
rito di cui all’art. 21-bis L. n. 1034/1971
(cfr. Cons. St., sez. IV, 04.09.2002,
n. 4453), oppure dall’accertamento in sede
giurisdizionale dell’illegittimità del
comportamento dell’amministrazione che, pur
nell’inesistenza dei presupposti e dei
requisiti fissati dalla legge per il
legittimo compimento dei lavori, non ha
inibito l’avvio delle opere oggetto della
denunzia.
Se, invece, si attribuisce alla DIA il
valore di provvedimento, allora non vi sono
ostacoli alla sua impugnativa: alcune
pronunce configurano, infatti, la DIA come
istanza idonea ad originare un provvedimento
per silentium della p.a. che nei trenta
giorni successivi alla sua presentazione non
inibisca l’inizio dei lavori, ritenendo
ammissibile il ricorso del terzo danneggiato
avverso l’atto di assenso tacito
dell’amministrazione.
Quest’ultima opzione ha registrato consenso
in qualche decisione, di questo Consiglio
che qualifica la DIA, unitamente al decorso
del tempo, in termini di provvedimento
amministrativo (cfr. Cons. St., sez. VI, 10.06.2003, n. 356).
Tuttavia, l’orientamento prevalente di
questo Consiglio è per la tesi della DIA
come atto privato (cfr. Cons. St., sez. IV,
04.09.2002, n. 4453; id., 22.07.2005, n. 3916).
La tesi che configura la DIA come un atto
abilitativo tacito, formatosi a seguito
della denunzia del privato e della
successiva inerzia dell’amministrazione
sembrerebbe oggi avere al suo arco una nuova
freccia, costituita dalla espressa
previsione, contenuta nell’art. 19, comma 3,
l. 07.08.1990 n. 241, nel testo stabilito
dall’art. 3, comma 1, d.l. 14.03.2005 n.
35, conv. nella l. 14.05.2005 n. 80, del
residuare in capo alla P.A. del potere di
autotutela.
Non pare, tuttavia, che questa novità
normativa possa ritenersi decisiva, in
quanto, già prima della citata L. n. 80/2005
la giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. IV,
dec. n. 4453 del 2002 cit.) affermava che,
successivamente alla proposizione della
denunzia di inizio di attività, residua
comunque in capo alla P.A. il potere di
autotutela, sia pure sui generis in quanto
caratterizzato dal fatto di non implicare
un’attività di secondo grado su di un
precedente provvedimento amministrativo; il
riferimento all’autotutela può, quindi,
spiegarsi anche restando nei confini della
linea interpretativa secondo cui la DIA è un
atto del privato: si tratterà, appunto, di
un’autotutela sui generis poiché non andrà
ad incidere su un atto amministrativo, ma
consisterà nella possibilità per la P.A. di
adottare, successivamente alla scadenza del
termine di 30 giorni dalla comunicazione di
avvio dell’attività, provvedimenti di
divieto di prosecuzione della stessa e di
rimozione dei suoi effetti, condizionata,
però, dalla sussistenza di un interesse
pubblico attuale e concreto, ulteriore e
diverso rispetto a quello volto al mero
ripristino della legalità violata
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.06.2006 n. 3586 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La D.I.A. non realizza un procedimento
ad iniziativa di parte, ma è una fattispecie
tipica a formazione progressiva automatica,
con consolidazione degli effetti della “denuncia”,
ovvero con la sua interruzione “in
itinere”, in sede di controllo
amministrativo dei presupposti e/o della
conformità agli stessi; non si tratta,
quindi, di accogliere o meno una domanda di
parte, ma vi è solo una dichiarazione
privata soggetta a controllo.
La DIA, invero, non realizza un procedimento
ad iniziativa di parte, ma è una fattispecie
tipica a formazione progressiva automatica,
con consolidazione degli effetti della “denuncia”,
ovvero con la sua interruzione “in
itinere”, in sede di controllo
amministrativo dei presupposti e/o della
conformità agli stessi; non si tratta,
quindi, di accogliere o meno una domanda di
parte, ma vi è solo una dichiarazione
privata soggetta a controllo (cd. inversione
procedimentale).
IL particolare tipo di procedimento
semplificato ed accelerato, introdotto
dall'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241
(la denuncia di inizio di attività),
rappresenta un istituto “sui generis”,
che non richiede l’emanazione di un
provvedimento amministrativo; il soggetto,
infatti, comunica che inizierà una certa
attività, con la tacita intesa “ope legis”,
che, se nel termine stabilito tra la
comunicazione e l'inizio dell'attività
stessa, l'Amministrazione nulla comunicherà,
l'attività potrà essere iniziata, salvo un
eventuale intervento successivo in
autotutela.
Non vi è, quindi, alcun inizio di un
procedimento amministrativo ordinario, ma,
soltanto la sua conclusione, ovvero, come
per legge, un’attività di inibizione e/o
interruzione.
Stessa conclusione si ricava dalla specifica
finalità della DIA, che non prevede alcun
adempimento ulteriore da parte
dell’Amministrazione (TAR
Abruzzo-Pescara,
sentenza 30.05.2006 n. 334 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Costruire
un muro di recinzione in mattoni in luogo
della rete metallica è un intervento di
ristrutturazione edilizia.
Le nozioni di “manutenzione
straordinaria”, “ristrutturazione”
e “nuova costruzione” [art. 3, comma
1, lett. b), d), e), DPR n. 380/2001],
invero, sono riferite agli interventi
edilizi “tipici” e comportano “rinnovazione
e/o sostituzione di parti strutturali senza
modifiche di destinazione d’uso, alterazione
dei volumi e superfici” (manutenzione
straordinaria), “trasformazione
dell’organismo edilizio anche in parte
diverso da quello iniziale, con sostituzione
di elementi costitutivi”
(ristrutturazione), “la realizzazione di
un <quid novi>, ovvero di una trasformazione
edilizia” (nuova costruzione).
Adeguando tali nozioni al muro di
recinzione, la nuova muratura, in
sostituzione della rete metallica, è
conforme alla destinazione d’uso
(recinzione), che non è modificata, ma la
manutenzione straordinaria implica che la “rinnovazione
e/o sostituzione delle parti strutturali”,
non dovendo alterare i volumi e le
superfici, abbia una identità e/o
similarietà con la struttura precedente,
poiché i mattoni hanno consistenza e
dimensioni diverse rispetto alla rete
metallica, che era l’elemento costitutivo
precedente, la cui sostituzione fa rientrare
l’intervento nell’ambito della
ristrutturazione, per sostituzione di un
elemento costitutivo
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 30.05.2006 n. 334 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'08.03.2010 |
ã |
QUESITI & PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Qual'è la procedura autorizzativa
dei cartelli pubblicitari lungo le strade ed
in zona paesaggisticamente vincolata?
Un comune lombardo ha posto un quesito in
data 26.02.2010 al Servizio Giuridico per
l'edilizia, il paesaggio e le valutazioni
ambientali della Regione Lombardia del
seguente tenore.
In merito all'installazione dei cartelli
pubblicitari (es. dimensioni mt. 3,00 x
2,00) lungo le strade provinciali l'art. 23,
comma 4, del D.Lgs. n. 285/1992 così
dispone: "23
Pubblicità sulle strade e sui veicoli.
4. La collocazione di cartelli e di altri
mezzi pubblicitari lungo le strade o in
vista di esse è soggetta in ogni caso ad
autorizzazione da parte dell'ente
proprietario della strada nel rispetto delle
presenti norme. Nell'interno dei centri
abitati la competenza è dei comuni, salvo il
preventivo nulla osta tecnico dell'ente
proprietario se la strada è statale,
regionale o provinciale.".
Per esemplificare, poniamo che il suddetto
cartello da posizionare ricada in zona
paesaggisticamente vincolata, all'esterno
del centro abitato, lungo una strada
provinciale. Al riguardo, parrebbe che i
cartelli in questione soggiaciano ad una
procedura autorizzativa ambientale diversa,
rispetto alla solita autorizzazione
paesaggistica, giusto l'art. 153 del D.Lgs.
n. 42/2004 il quale così recita: "Art.
153. Cartelli pubblicitari.
1. Nell’ambito e in prossimità dei beni
paesaggistici indicati nell’articolo 134 è
vietata la posa in opera di cartelli o altri
mezzi pubblicitari se non previa
autorizzazione dell'amministrazione
competente, che provvede su parere
vincolante, salvo quanto previsto
dall'articolo 146, comma 5, del
soprintendente. Decorsi inutilmente i
termini previsti dall'articolo 146, comma 8,
senza che sia stato reso il prescritto
parere, l'amministrazione competente procede
ai sensi del comma 9 del medesimo articolo
146.
(comma così modificato dall'articolo 2,
comma 1, lettera cc), numero 1), del d.lgs.
n. 63 del 2008)
2. Lungo le strade site nell'ambito e in
prossimità dei beni indicati nel comma 1 è
vietata la posa in opera di cartelli o altri
mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione
rilasciata ai sensi della normativa in
materia di circolazione stradale e di
pubblicità sulle strade e sui veicoli,
previo parere favorevole del soprintendente
sulla compatibilità della collocazione o
della tipologia del mezzo pubblicitario con
i valori paesaggistici degli immobili o
delle aree soggetti a tutela."
(comma così modificato
dall'articolo 2, comma 1, lettera cc),
numero 2), del d.lgs. n. 63 del 2008).
Il suddetto comma 2 prevede che necessiti
acquisire preliminarmente agli atti
l'obbligatorio "parere favorevole del
soprintendente sulla compatibilità della
collocazione o della tipologia del mezzo
pubblicitario con i valori paesaggistici
degli immobili o delle aree soggetti a
tutela".
Detto ciò, stamane ho contattato
telefonicamente l'Avv. ... della Provincia
di ... il quale sostiene che il suddetto
art. 153 non si applica al caso di specie e,
quindi, necessita rilasciare comunque
l'autorizzazione paesaggistica poiché la
Regione Lombardia ha legiferato in materia
ex art. 80 l.r. n. 12/2005 in ossequio a
quanto previsto dall'art. 158 del D.Lgs. n.
42/2004.
Non solo, c'è anche un'ulteriore
problematica da sviscerare ovverosia se per
l'installazione del suddetto cartello
pubblicitario necessiti presentare la
richiesta del permesso di costruire (ovvero
presentare la d.i.a.) oppure l'atto
abilitativo è solo quello di cui all'art.
23, comma 4, del codice della strada (D.Lgs.
n. 285/1992) così come sostengono le ditte
che vogliono installare tali cartelli.
Riassumendo, per l'esempio sopra indicato,
lo scrivente propende per la seguente
procedura autorizzativa:
1-
l'interessato presenta al comune la
richiesta del permesso di costruire (ovvero d.i.a.) per l'installazione del cartello
pubblicitario. Invero, tale cartello non può
considerarsi opera precaria per la quale non
abbisogna rilasciare alcun titolo
abilitativo di tipo edilizio-urbanistico. La
suddetta istanza dovrà essere istruita circa
la verifica di compatibilità, tra l'altro,
con le disposizioni del vigente P.T.C.P.;
2-
il comune acquisisce agli atti
l'autorizzazione dell'Amministrazione
Provinciale (cfr. art. 23, comma 4, del
d.lgs. n. 285/1992). Tale autorizzazione
attiene agli aspetti propri del codice della
strada (es.: distanza minima tra un cartello
e l'altro, distanza minima dagli incroci
stradali, verifica che i colori del cartello
con siano causa di distrazione da parte
degli automobilisti, ecc.) e tale
autorizzazione, così come l'autorizzazione
paesaggistica per la d.i.a. ovvero permesso
di costruire, è un atto propedeutico
all'atto abilitativo di cui al punto
precedente;
3-
il comune acquisisce il parere favorevole
del soprintendente (cfr. art. 153, comma 2,
d.lgs. n. 42/2004);
4-
il comune rilascia il richiesto permesso di
costruire ovvero la d.i.a. presentata
diviene efficace nei termini di legge.
DOMANDA: è corretto procedere nel modo sopra
indicato?
* * * * *
Ecco la
risposta
del 03.03.2010 del Servizio Giuridico
per l'edilizia, il paesaggio e le
valutazioni ambientali della Regione
Lombardia inviata
con e-mail.
Con riferimento alla questione
prospettata, si rileva quanto segue.
L'art. 153, 1°, comma del D.Lgs. 42/2004
deve intendersi ... (continua) |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito sui pannelli solari e/o
fotovoltaici.
Installazione e qualificazione intervento
come “manutenzione ordinaria”. Necessità o
meno del Permesso di Costruire ovvero D.I.A..
Al fine di poter compiutamente illustrare il
quesito che si andrà a formulare, necessita
introdurre una breve premessa.
L’art. 11, comma 3, del D.Lgs. 30.05.2008 n.
115 così recita:
“3. Fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 26, comma 1, della legge
09.01.1991, n. 10, e successive
modificazioni, gli interventi di incremento
dell'efficienza energetica che prevedano
l'installazione di singoli generatori eolici
con altezza complessiva non superiore a 1,5
metri e diametro non superiore a 1 metro,
nonché di impianti solari termici o
fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti
degli edifici con la stessa inclinazione e
lo stesso orientamento della falda e i cui
componenti non modificano la sagoma degli
edifici stessi, sono considerati interventi
di manutenzione ordinaria e non sono
soggetti alla disciplina della denuncia di
inizio attività di cui agli articoli 22 e 23
del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia
edilizia, di cui al d.P.R. 06.06.2001, n.
380, e successive modificazioni, qualora la
superficie dell'impianto non sia superiore a
quella del tetto stesso. In tale caso, fatti
salvi i casi di cui all'articolo 3, comma 3,
lettera a), del decreto legislativo
19.08.2005, n. 192, e successive
modificazioni, è sufficiente una
comunicazione preventiva al Comune.”.
Il servizio Giuridico-Legislativo per
l’Urbanistica e il Territorio della Regione
Lombardia, con nota 01.10.2008 n. 17773 di
prot. in risposta ad un quesito del Comune
di Agrate Brianza (MI), opportunamente
rileva «… che l’ultimo periodo del comma
3 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 115/2008
prevede che siano soggetti alla disciplina
della d.i.a. “i casi di cui all’art. 3,
comma 3, lett. a), del D.Lgs. n. 192/2005”.
Tale ultima disposizione statuisce che “sono
escluse dall’ambito di applicazione del
presente decreto le seguenti categorie di
edifici e di impianti:
a) gli immobili ricadenti nell’ambito della
disciplina della parte seconda e dell’art.
136, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs.
22.01.2004, n. 42, recante il codice dei
beni culturali e del paesaggio nei casi in
cui il rispetto delle prescrizioni
implicherebbe una alterazione inaccettabile
del loro carattere o aspetto con particolare
riferimento ai caratteri storici o
artistici”.
Precisamente, l’art. 136, comma 1, lett. b)
e c) D.Lgs. n. 42/2004 individua come
immobili ed aree di notevole “interesse
pubblico”:
a) […];
b) le ville, i giardini e i parchi, non
tutelati dalle disposizioni della Parte
Seconda del presente codice, che si
distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che
compongono un caratteristico aspetto avente
valore estetico e tradizionale, inclusi i
centri ed i nuclei storici;
d) […].».
Ciò premesso, il Servizio
Giuridico-Legislativo della Regione
Lombardia perviene alle seguente
conclusione:
1. per la realizzazione di impianti
fotovoltaici di modeste dimensioni aderenti
o integrati nel tetto dell’edificio, che
rispettano i parametri individuati dall’art.
11, comma 3, del D.Lgs. n. 115/2208, non è
necessario richiedere la d.i.a. (ndr: ovvero
il permesso di costruire);
2. la d.i.a. (ndr: ovvero il permesso di
costruire) è necessaria per quegli impianti
che, pur avendo le caratteristiche ex art.
11, comma 3, D.Lgs. n. 115/2008, incidano
sulle aree di notevole interesse pubblico
sopra indicate, comportando una alterazione
inaccettabile del loro carattere o aspetto
con particolare riferimento agli aspetti
storici o artistici.
Stante la situazione giuridica siccome
prospettata più sopra e, precisamente, con
riferimento alla necessità della d.i.a. di
cui al punto 2. avremmo la casistica
operativa di seguito riportata in ordine
alla corretta definizione dell’intervento
edilizio di che trattasi ex art. 27 L.R. n.
12/2005 ... (continua).
* * * * *
Ecco la
risposta
01.03.2010 della Direzione Generale
Territorio e Urbanistica della Regione
Lombardia dell’01.03.2010 inviata con e-mail.
Si fa seguito alla mail del 03.11.2009,
per specificare quanto segue.
La questione sollevata, relativa alla ...
(continua) |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Rimborso ordine professionale
oneri previdenziali, assistenziali,
assicurativi.
Il Comune di (omissis) chiede di sapere se è
tenuto a rimborsare, a un ordine
professionale gli oneri previdenziali,
assistenziali e assicurativi relativamente
ai permessi retribuiti concessi ad un
proprio dipendente, il quale svolge il
mandato di assessore comunale e se, in caso
di aspettativa, sia applicabile altresì la
disciplina di cui all'art. 86 del TUEL
267/2000 (Regione Piemonte,
parere n. 149/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio permesso a costruire
impianto fotovoltaico sottoposto a vincolo
urbanistico.
Si chiede parere in merito alla possibilità
di rilascio di un permesso di costruire
avente ad oggetto la realizzazione di un
impianto fotovoltaico da installare in zona
sottoposta a vincolo di rispetto cimiteriale
e, parzialmente, in fascia di rispetto
stradale (Regione Piemonte,
parere n. 140/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
UTILITA' |
ENTI LOCALI:
Il Milleproroghe è legge: novità per
rinnovabili, testo unico sicurezza, appalti
pubblici, ...
Sul Supplemento Ordinario 39 alla Gazzetta
Ufficiale n. 48 del 27.02.2010 è stata
pubblicata la Legge 26.02.2010, n. 25,
conversione in legge, con modificazioni del
D.L. 30.12.2009, n. 194 , c.d. “mille
proroghe”.
Ecco alcuni dei punti principali del
provvedimento ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Le Opere di protezione contro la caduta nei
cantieri dalla Provincia di Bolzano.
D-A-CH-S è un gruppo di lavoro
internazionale formato da esperti
provenienti dalla Germania, Austria,
Svizzera e Alto Adige, che ha lo scopo di
elaborare regolamenti standardizzati
internazionali per sistemi di protezione
contro le cadute dall’alto nei lavori in
quota ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dall'ASL di Trento la collana "Strumenti per
la formazione Sicurezza sul Lavoro".
L’Unità operativa Prevenzione e sicurezza
ambienti di lavoro dell'Azienda provinciale
per i servizi sanitari della Provincia
autonoma di Trento, ha realizzato la collana
"Strumenti per la formazione SSL" che
raccoglie pubblicazioni dedicate alla
promozione della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro ... (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il rischio di fulminazione dei sistemi di
generazione fotovoltaica.
Sulla rivista "Prevenzione Oggi"
dell’ISPESL è pubblicato un interessante
articolo dal titolo "Il rischio di
fulminazione dei sistemi di generazione
fotovoltaica".
Gli impianti fotovoltaici, che hanno avuto
negli ultimi anni una notevole diffusione,
possono essere soggetti a guasti originati
da sovratensioni e/o sovracorrenti dovute a
fenomeni atmosferici, cioè a effetti
prodotti dai fulmini ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Il manuale per gli incaricati di primo
soccorso dell'Inail aggiornato al Testo
Unico della Sicurezza.
Il Manuale per incaricati di primo soccorso,
realizzato dall'Inail nel 2001, è stato
aggiornato secondo le disposizioni del
D.Lgs. 81/2008.
Con “primo soccorso”, si indica
l’insieme di manovre che si applica senza
l’ausilio di attrezzature particolari e che
consente di preservare la vita o migliorare
le condizioni generali della persona che ha
bisogno di soccorso ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza cantieri: arriva la guida
interattiva.
Pubblicato un vademecum basato su domande e
risposte e rivolto al committente e al
responsabile lavori del cantiere
Con l’intento di fornire ai Committenti e ai
Responsabili dei Lavori, uno strumento
operativo (interattivo), basato su domande e
risposte, che li supporti nell’ottemperare
agli obblighi previsti dalla legge, è stato
preparato un vademecum redatto in
collaborazione tra Ordini e Collegi
Professionali, Collegio Costruttori Edili
dell’Associazione Industriali, SPSAL AUSL,
Comune di Reggio Emilia–Servizio Edilizia
Privata, Provincia di Reggio Emilia ...
(link a
www.ediliziaurbanistica.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del
05.03.2010, "Presidenza - Direzione
Centrale Affari Istituzionali e legislativo
- Struttura Segreteria di Giunta - Nuovo
testo risultante dalle modifiche apportate
dalla l.r. 05.02.2010 n. 7"
(comunicato
regionale 03.03.2010 n. 32 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del
05.03.2010, "Regolamento regionale per
l'installazione di sonde geotermiche che non
comportano il prelievo di acqua, in
attuazione dell'art. 10 della l.r.
11.12.2006 n. 24 (Norme per la prevenzione e
la riduzione delle emissioni in atmosfera a
tutela della salute e dell'ambiente)"
(Regolamento
Regionale 15.02.2010 n. 7 - link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia. serie ordinaria al n. 9
dell'01.03.2010, "Linee guida in materia
di bonifica di siti contaminati"
(deliberazione
G.R. 10.02.2010 n. 11348 - link a www.infopoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
LAVORI PUBBLICI:
G. Guzzo,
Le nuove regole del Project Financing: corsi
e ricorsi storici
(link a www.ambientediritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: C.
Rapicavoli,
D.Lgs. 27.10.2009 n. 150 - Incarichi
dirigenziali a tempo determinato negli Enti
Locali - Compatibilità con l'art. 110 del
D.Lgs. 267/2000 - Prime linee giuda
dell'ANCI
(link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
S. Iliadis,
Che succede quando piove su un piazzale di
cava? (nota a Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.12.2009 n. 7618)
(link a www.filodiritto.it). |
ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA:
V. Salamone,
I vincoli urbanistici preordinati
all'espropriazione per pubblica utilità
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
M. T. Oreste,
Pareri tecnici. Diritto di accesso e
riservatezza. Orientamenti giurisprudenziali
(commento a TAR Liguria, Sez. II, 17.12.2009
n. 3782) (link a www.diritto.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: G.
Gioffrè,
Il diniego di accesso alle minute dei
verbali ed alle registrazioni delle sedute
dei consigli comunali e provinciali
(link a www.diritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Pneumatici usati: in arrivo l’ecotassa
(link a www.ambientelegale.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
LA VALIDITÀ TEMPORALE DEL DURC NEGLI APPALTI
PUBBLICI È DI TRE MESI – LA RESIDUALE
INEVITABILITÀ PRATICA DI DOVER FAR
RIFERIMENTO ALLA DATA DEL RILASCIO DEL
DOCUMENTO – L’ESSENZIALITÀ DELLA
VERIFICA DELL’EFFETTIVA EQUIVALENZA DELLE
DIVERSE TIPOLOGIE DI DURC – L’APPOSIZIONE DI
UN TERMINE MENSILE SUL DURC
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
La determinazione dell’Autorità sui
requisiti di ordine generale (12.01.2010, n.
1)
(link a www.linobellagamba.it). |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Ciaglia,
La disciplina dell'esecuzione delle opere di
urbanizzazione introdotta dal Codice dei
contratti
(L'Ufficio Tecnico n. 11-12/2009). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Normattiva, attendere prego.
Normattiva, la banca dati normativa gratuita
realizzata dal ministero della
semplificazione e gestita dall'Istituto
poligrafico e Zecca dello stato, resta
ancora un servizio per pochi eletti.
È infatti scaduto il termine del 1° marzo
entro cui doveva essere consentita la libera
consultazione delle leggi della repubblica
on-line sul sito
www.normattiva.it.
Ma, a causa di problemi tecnici dovuti alla
necessità di apportare «miglioramenti
alle funzionalità di ricerca dei dati»,
almeno stando a quanto dichiarato dalla
redazione web del sito, «si è determinato
uno slittamento rispetto alla data
dell'annunciata attivazione».
L'accesso al sito resta perciò riservato
solo a un limitato numero di utenti
provvisti di username e password. È proprio
il caso di dire: «Normattiva? Attendere,
prego» (articolo ItaliaOggi del 06.03.2010,
pag. 23). |
APPALTI:
Appalti, più concorrenza sulle
opere specialistiche. Parere positivo di
palazzo spada sullo schema di regolamento.
Parere positivo del
Consiglio di stato sullo schema di
regolamento del Codice dei contratti
pubblici, ma la disciplina sui requisiti per
l'esecuzione delle opere cosiddette
superspecialistiche deve essere rivista alla
luce dei principi di non discriminazione e
di proporzionalità per non restringere la
concorrenza; il limite ai ribassi nelle gare
di progettazione viene ritenuto in contrasto
con il principio della derogabilità dei
minimi. Deve essere precisato che il
regolamento non è vincolante per le regioni
a statuto speciale e per le province
autonome; sono inammissibili i compensi a
tariffa per i dipendenti pubblici che
partecipano a commissioni di collaudo miste.
Da rivedere alcune norme sulla
qualificazione e sulle Soa.
Sono questi i principali punti sui quali si
sofferma il
parere
24.02.2010 n. 313 del Consiglio di
Stato, sezione consultiva per gli atti
normativi (presieduta da Giancarlo
Coraggio), che ha preso in esame lo schema
di regolamento di attuazione ed esecuzione
del codice dei contratti pubblici (dlgs
12.04.2006, n. 163).
In merito alla struttura dello schema il
Consiglio di stato, analogamente a quanto
fatto dall'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici (vedi ItaliaOggi del 3
marzo), ha espresso una certa perplessità
sull'estremo dettaglio delle norme e sulla
loro natura integrativa più che attuativa ed
esecutiva del Codice, mettendo in luce che «mai
come in questo caso, la semplificazione e il
principio del minimo mezzo si rendono
indispensabili, sia sul piano formale, sia
su quello sostanziale». Conseguentemente
la sezione rileva come «probabilmente il
nuovo schema di regolamento avrebbe potuto
evitare alcuni eccessi normativistici, fermo
comunque che esso appare suscettibile di un
giudizio globalmente positivo».
Per quel che riguarda l'applicabilità delle
norme regolamentari il Consiglio di stato
richiede di specificare che esse si
applichino soltanto alle regioni a statuto
ordinario. Secondo i giudici, infatti, in
base alle pronunce della Corte
costituzionali, il Codice e la maggior parte
del regolamento (ad esclusione delle norme
sulla programmazione, gli organi del
procedimento e le commissioni giudicatrici),
incidendo sulla materia della concorrenza,
sono riservate al legislatore statale.
In riferimento alla disciplina della
verifica dei progetti si segnala come non
debba essere previsto un compenso ulteriore,
rispetto alla retribuzione, per i dipendenti
pubblici che dovessero svolgere tale
attività, in quanto si determinerebbe una
disparità di trattamento con gli altri
dipendenti pubblici. Per quel che riguarda
la disciplina degli affidamenti di
progettazione le critiche si appuntano sulla
norma che prevede l'obbligo di stabilire un
tetto ai ribassi (in contrasto con la
normativa primaria che stabilisce la
derogabilità dei minimi professionali) e
sull'altra norma che richiama soltanto il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, «quasi che questo criterio sia
il solo possibile», «mentre invece si
pone in alternativa con il prezzo più basso».
Il Consiglio di stato critica, sulla scia
dell'Autorità, la possibilità di affidamento
all'esterno di attività promozionali.
Sulla rivalutazione dei lavori eseguiti, ai
fini della qualificazione delle imprese
costruzioni, si critica l'esclusione dei
lavori privati o eseguiti in proprio;
perplessità (anche di ordine comunitario)
sulla norma che ammette che l'impresa si
qualifichi con i lavori affidati in
subappalto anche per categorie scorporabili
a qualificazione obbligatoria (con il limite
del 10%): tale possibilità deve essere
esclusa, dovendo rimanere soltanto i limiti
del 30 e 40% del subappalto ai fini
dell'utilizzabilità dell'intero importo dei
lavori.
Sull'allegato A1 in materia di requisiti per
le opere superspecialistiche, dopo avere
dato conto delle opposte posizioni espresse
da Agi (Associazione Imprese generali) e da
Finco, il parere precisa che, «fermo
restando che l'individuazione in concreto
dei requisiti di specializzazione rientra
nell'apprezzamento di merito amministrativo
riservato al ministero, la scelta di merito
deve essere tale da acclarare quale sia la
effettiva esigenza di qualità per le
stazioni appaltanti in relazione alle opere
superspecialistiche”. Ma ciò deve avvenire
tenendo conto della necessità di evitare
restrizioni alla concorrenza (che l'Autorità
di vigilanza nel suo parere ha chiaramente
riscontrato) e garantire il potenziale
accesso al mercato di tutti gli operatori in
grado di eseguirle2, inoltre, nota il
parere, «requisiti sproporzionati rischiano
di restringere la concorrenza e porsi in
contrasto con il diritto comunitario e
nazionale». Sarà quindi il ministero a
dovere rivalutare la questione.
Come l'Autorità, anche il
Consiglio di stato boccia l'ipotesi di
attribuire un compenso stabilito secondo le
tariffe professionali ai dipendenti che
fanno parte delle commissioni di collaudo
miste, dal momento che essi «percepiscono lo
stipendio e l'incentivo» e che da ciò
deriverebbero oneri aggiuntivi per
l'amministrazione
(articolo ItaliaOggi del 06.03.20010, pag.
23). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
OSSERVATORIO VIMINALE /
COMMISSIONI CONSILIARI.
È possibile costituire
una commissione consultiva consiliare i cui
componenti appartengano esclusivamente allo
schieramento di maggioranza, o la
maggioranza può individuare anche i
componenti che rappresentano la minoranza,
qualora lo statuto e il regolamento
dell'ente prevedono che tali commissioni
siano composte nel rispetto del criterio
proporzionale fra le forze politiche
presenti in consiglio?
Lo statuto dell'ente in questione prevede
che la deliberazione consiliare istitutiva
delle commissioni in argomento sia adottata
«a maggioranza assoluta dai consiglieri
assegnati al consiglio».
Tuttavia tale disposizione va raccordata con
le altre inerenti alla materia e,
segnatamente, con la previsione statutaria
che impone, per dette commissioni, il
vincolo alla composizione «con criterio
proporzionale», e con quello del
«Regolamento per le sedute del consiglio
comunale», in base alle quali i componenti
delle cennate commissioni, proporzionati al
«numero dei gruppi consiliari» sono
nominati dal consiglio comunale «su
designazione dei singoli gruppi consiliari,
(ivi compresi, pertanto quelli di minoranza)
secondo le rispettive spettanze».
Alla stregua dei surriferiti principi,
dovrebbe reputarsi preclusa la possibilità
che le commissioni possano essere costituite
con componenti appartenenti esclusivamente
alla maggioranza e che non sia ipotizzabile
che quest'ultima provveda alla nomina dei
componenti spettanti ai gruppi di minoranza
(articolo ItaliaOggi del 05.03.2010, pag.
37). |
ENTI LOCALI:
Enti locali, controlli a tutto
campo. Il ministro Calderoli ha anticipato
nel ddl anticorruzione le norme del Codice
autonomie. Verifiche trimestrali, bilancio
consolidato e qualità ai raggi X.
È un'anticipazione del Codice delle
autonomie la parte del
disegno di legge anticorruzione
dedicata ai controlli negli enti locali.
Il testo del ddl, infatti, altro non fa se
non estrapolare dall'iniziativa del ministro
Calderoli rivolta ad ammodernare
l'ordinamento locale la parte che era
dedicata al sistema dei controlli di
gestione. Il ddl punta sul potenziamento dei
controlli interni di gestione, il cui
funzionamento ottimale può essere uno
strumento utile per la lotta agli sprechi e,
indirettamente, a cattive gestioni che
possano nascondere proprio pericoli di
corruttela.
Le modalità per lo svolgimento del controllo
di gestione saranno fissare dagli statuti e
dai regolamenti di contabilità. Il controllo
di gestione dovrà, in primo luogo,
verificare lo stato di attuazione degli
obiettivi programmati e, in secondo,
rilevare il livello di efficienza, efficacia
ed economicità della gestione, attraverso
l'analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e
qualità dei servizi offerti.
Per tale ragione, il controllo di gestione
riguarda l'intera attività amministrativa e
gestionale degli enti locali e va svolto
periodicamente. Nei comuni con popolazione
inferiore ai 5.000 abitanti e nelle unioni
di comuni, ove si presuppone possano non
esservi servizi interni, il controllo di
gestione è affidato al responsabile del
servizio economico-finanziario o, in
assenza, al segretario comunale, in ogni
caso, l'attività può essere svolta anche
mediante forme di gestione associata con
altri enti limitrofi.
Le fasi del controllo di gestione sono
almeno 3. La prima consiste nella
predisposizione di un piano dettagliato di
obiettivi, che negli enti con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti si accompagna
al piano esecutivo di gestione. La seconda
fase riguarda la rilevazione dei dati
relativi ai costi ed ai proventi, nonché dei
risultati raggiunti. Infine, la terza
comprende la valutazione dei dati rilevati,
per metterli in rapporto al piano degli
obiettivi e, così, stabilire il loro grado
di attuazione per misurare l'efficacia
dell'azione amministrativa.
Il disegno di legge intende anche apprestare
sistemi di sana gestione finanziaria
tendenti ad evitare pratiche elusive dei
vincoli finanziari e normativi relativi alla
gestione del bilancio, del personale e degli
appalti, prevalentemente realizzate mediante
la costituzione di società partecipate.
Per questa ragione, si punta al bilancio
consolidato, che dovrà esporre i risultati,
secondo il principio della competenza
economica, complessivamente conseguiti
dall'attività gestione dell'ente locale,
comprendente anche quelli delle aziende
partecipate. Le esternalizzazioni, pertanto,
non potranno essere più il mezzo per
nascondere gestioni in perdita o, comunque,
per scavalcare oneri procedimentali contando
su una gestione privata solo sul piano
formale. Tanto è vero che le partecipate
dovranno a loro volta rispettare le norme di
legge sui vincoli di finanza pubblica: il
che significa anche attenersi ai limiti
operativi e procedurali previsti per
assumere personale, acquisire appalti,
contrarre mutui. Gli enti locali dovranno
garantire il rispetto di questi vincoli a
carico delle partecipate, fissando
preventivamente obiettivi gestionali, da
verificare attraverso un sistema di
controlli sulla corretta applicazione delle
norme e sulla situazione contabile,
gestionale e organizzativa delle società.
Sempre sul fronte dei controlli, il ddl
introduce quello della qualità dei servizi
erogati, sia direttamente, sia mediante
organismi gestionali esterni; si imporrà
l'utilizzo della rilevazione del gradimento
degli utenti esterni e interni dell'ente. Il
ddl, per quanto risulti in linea con il dlgs
150/2009, costruisce un sistema di
programmazione, gestione e controllo
peculiare per gli enti locali.
Sono, comunque, piuttosto evidenti i rischi
di creazione di un ulteriore carico di
adempimenti. Basti pensare che si prevede
l'introduzione per gli atti di impegno di
spesa (rilasciato anche nella determinazione
a contrattare, per l'attestazione relativa
alla base di gara, e nella stipulazione di
contratti di servizio con le aziende
partecipate) di un «parere di congruità»,
col quale il responsabile del servizio
interessato attesti sotto la propria
personale responsabilità amministrativa e
contabile, oltre alla rispondenza dell'atto
alla normativa vigente, il rispetto dei
criteri di economicità ed efficienza, il
comprovato confronto competitivo, anche
tenuto conto dei parametri di riferimento
relativi agli acquisti in convenzione col
sistema Consip (articolo ItaliaOggi del
05.03.2010, pag. 36). |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Gli incentivi per i progettisti
degli enti tornano al 2%.
Nuovamente al 2% lordo
dell'importo a base di gara l'incentivo per
i progettisti delle pubbliche
amministrazioni.
Il
collegato lavoro
(S.1167-B), approvato dal Senato in
via definitiva il 03.03.2010 ed in attesa di
pubblicazione sulla G.U., ripristina la
vecchia soglia massima dell'incentivo,
abolendo il comma 7-bis dell'articolo 67 del
d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008,
che l'aveva ridotta allo 0,5%. Tutto torna,
dunque, come prima. Gli enti potranno
nuovamente contare su una più piena
disponibilità dei propri progettisti,
superando i malumori determinati dalla
riduzione di ben tre quarti dell'incentivo
da anni previsto dalla normativa.
Si riproporrà, tuttavia, nuovamente il
problema delle decorrenze. Come è noto la
magistratura contabile, in particolare la
Sezione autonomie della Corte dei conti, ha
ritenuto che la riduzione dell'incentivo
allo 0,5% massimo dovesse valere solo per le
progettazioni affidate ai tecnici
successivamente alla data dell'01/01/2009,
ritenendola non retroattiva; una teoria
certamente di favore nei confronti dei
tecnici, ma non completamente persuasiva,
per altro contraria alle interpretazioni
fornite, invece, della ragioneria generale
dello Stato.
Sta di fatto che le amministrazioni hanno
continuato a liquidare al 2% gli incentivi
per progettazioni affidate antecedentemente
al 1° gennaio 2009; mentre hanno iniziato a
liquidare allo 0,5% per quelle successive.
Applicando, adesso, il medesimo criterio
interpretativo, allora, non dovrebbe essere
possibile per le amministrazioni agire
diversamente, ora che l'aliquota è stata
portata al 2%. Il principio
dell'irretroattività dovrebbe continuare a
valere.
Dunque, tutti gli incarichi di progettazione
interna affidati prima dell'entrata in
vigore del collegato alla Finanziaria
dovrebbero continuare a essere pagati allo
0,5% nel massimo. Soprattutto se gli enti
avessero impegnato a tale fine la spesa
limitatamente all'importo dello 0,5%, come
molti in realtà hanno fatto. In effetti,
l'interpretazione basata sulla questione di
retroattività della norma mostra, adesso, i
suoi problemi.
L'abolito comma 7-bis non aveva, a ben
vedere, previsto una riduzione
dell'ammontare dell'incentivo dal 2% allo
0,5%, ma aveva prescritto che dell'incentivo
si pagasse solo un quarto, imponendo di
conservare al bilancio dello Stato o, per
gli enti locali, dei loro bilanci, la
restante somma. Non applicando
l'interpretazione retroattiva, gli enti
avrebbero potuto mantenere l'impegno di
spesa al massimo possibile del 2% e
avrebbero potuto da subito ripristinare il
pagamento entro questa soglia. Invece, la
prevalenza dell'interpretazione suggerita
dalla magistratura contabile crea un impasse
operativo, destinato a durare qualche tempo,
finché non andranno a regime i pagamenti
degli incarichi nuovi (articolo ItaliaOggi
del 05.03.2010, pag. 35). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Pubblico impiego al restyling. Le
novità del collegato lavoro. Aspettativa di
un anno per iniziare un'attività
imprenditoriale. Comunicazioni online più
facili, modificabile il part-time.
Dalla facilitazione delle comunicazioni
on-line delle assunzioni, alla possibilità
di rivedere i provvedimenti di concessione
del part-time, sono molteplici le norme del
collegato-lavoro alla finanziaria del 2009,
approvato in via definitiva ieri al senato.
Comunicazioni telematiche.
Si consentirà alle amministrazioni pubbliche
di non comunicare più le assunzioni entro le
ore 24 del giorno antecedente
l'instaurazione del rapporto di lavoro, ma
entro il ventesimo giorno successivo del
mese nel quale si è proceduto
all'assunzione, alla proroga, alla
trasformazione ed alla cessazione del
rapporto di lavoro. Insomma, si applica alla
pubblica amministrazione una disciplina
analoga a quella prevista per le agenzie per
il lavoro, esentate dalla comunicazione
preventiva essendo per loro sostanzialmente
impossibile assumere con contratti
irregolari.
Con tre anni di distanza, il legislatore ha
preso atto che anche nelle pubbliche
amministrazioni l'attivazione di rapporti di
lavoro nero è, di fatto, impossibile e,
dunque, semplifica le comunicazioni. Il
provvedimento interesserà anche le scuole,
che già da tempo godevano di una deroga
rispetto alle comunicazioni preventive. Si
attendono, tuttavia, i criteri e le modalità
per procedere alle comunicazioni, da
determinare con una circolare del ministro
della funzione pubblica. In caso di mancata
o incompleta comunicazione, i dirigenti
rischieranno una valutazione negativa ai
fini della performance individuale.
Il datore di lavoro pubblico potrà assolvere
all'obbligo di informare il proprio
dipendente dell'avvenuta instaurazione del
rapporto di lavoro fornendogli copia della
comunicazione ai servizi provinciali per
l'impiego sempre entro il ventesimo giorno
del mese successivo alla data di assunzione,
oppure dandogli copia del contratto
individuale di lavoro.
Conferimento dati alla
borsa nazionale del lavoro.
Anche le amministrazioni pubbliche dovranno
conferire alla borsa nazionale del lavoro i
dati relativi agli avviamenti. Entro cinque
giorni dalla data di pubblicazione dei bandi
di concorso, gli enti dovranno inserire nei
nodi regionali della borsa i dati relativi
alle procedure concorsuali previste dagli
articoli 35 e 36 del dlgs 165/2001; detti
dati saranno definiti da un successivo
decreto del ministero del lavoro.
Il medesimo adempimento dovrà essere posto
in essere anche per le procedure comparative
attivate ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e
seguenti, del d.lgs 165/2001, allo scopo di
selezionare i collaboratori esterni.
Esuberi per mobilità.
Il trasferimento o il conferimento di
funzioni tra amministrazioni statali, da un
lato e regionali o locali, dall'altro, e,
comunque, tra amministrazioni pubbliche tra
loro, non può comportare la duplicazione
delle strutture amministrative. Di
conseguenza il personale adibito ai servizi
oggetto del trasferimento di funzioni, se
non passano in mobilità presso l'altro ente,
dovranno essere dichiarati in esubero e
dovranno essere inseriti nelle liste di
disponibilità del personale. Lo stesso varrà
anche per i processi di esternalizzazione
delle funzioni da amministrazioni pubbliche
verso soggetti privati.
Assegnazioni temporanee.
Finita l'era dei distacchi o comandi a tempo
indeterminato. Per motivate esigenze
organizzative, da evidenziare nei programmi
triennali delle assunzioni, le
amministrazioni potranno ricevere
l'assegnazione di personale dipendente da
altri enti per un periodo non superiore a
tre anni.
Privacy.
Si modifica l'articolo 19 del dlgs 196/2003
inserendo un nuovo comma 3-bis che sottrae
alla disciplina sulla riservatezza dei dati
le notizie riguardanti lo svolgimento delle
prestazioni lavorative di chiunque sia
addetto a una funzione pubblica; il medesimo
regime riguarda anche le relative
valutazioni. La norma completa quanto già
previsto dall'articolo 4, comma 9, della
legge 15/2009.
Non saranno, però, accessibili le notizie
riguardanti la natura dell'infermità o degli
impedimenti personali o familiari alla base
di periodi di astensione dal lavoro, come
anche le componenti della valutazione che
possano rivelare alcune delle notizie
soggette a privacy, di cui all'articolo 4,
comma 1, lettera d), del dlgs 196/2003.
Part time.
Le amministrazioni avranno 180 giorni
dall'entrata in vigore della legge per
potere eventualmente rivedere i
provvedimenti di concessione del part
time ai dipendenti pubblici già adottati
prima dell'entrata in vigore del d.l.
112/2008, convertito in legge 133/2008.
Il tutto dovrà avvenire nel rispetto dei
principi di buona fede e correttezza. Il che
rende oggettivamente complicato, se non
impossibile, la revisione di provvedimenti
adottati magari da anni, incidenti in
maniera estremamente impattante
sull'organizzazione della vita dei
dipendenti.
Aspettativa.
Si introduce una nuova ipotesi di
aspettativa, fino a un anno, finalizzata a
consentire ai dipendenti di testare la
possibilità di intraprendere un'attività
professionale o imprenditoriale (articolo
ItaliaOggi del 05.03.2010, pag. 35). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione di un concorrente per
violazione dell'obbligo di chiusura del
plico contenente l'offerta economica.
Le formalità imposte dalla lex specialis
relativamente alla sigillatura dei vari
plichi di cui si compone l'offerta, sono
state poste a presidio della loro
segretezza, della garanzia dell'identità
dell'offerente, e contro il rischio di una
loro manomissione.
Nel caso di specie, le finalità sottese al
predetto obbligo di sigillatura sono state
comunque raggiunte, giacché la busta
contenente l'offerta economica si trovava
all'interno di un plico correttamente
sigillato, aperto in seduta pubblica e
contestualmente inserita entro un ulteriore
plico, parimenti sigillato, il che ha
impedito la manomissione del contenuto della
busta economica, garantendone la
riconducibilità all'impresa offerente.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato nei confronti di un
concorrente che abbia presentato la propria
offerta economica all'interno di una busta
priva dei sigilli di ceralacca, come
prescritto dalla lex specialis di
gara, ciò in quanto la violazione formale
delle clausole di un bando, allorquando non
abbiano avuto alcun tipo di incidenza
sull'interesse pubblico tutelato dalle norme
sull'evidenza pubblica, non è sufficiente ad
integrare una causa di esclusione (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 02.03.2010 n. 483 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Esenzione del contributo di
costruzione - Art. 17 d.P.R. 380/2001 -
Concetto di imprenditore agricolo - Richiamo
all’art. 9 L. n. 10/1977 - Riforma in senso
estensivo dell’art. 2135 c.c. - Estraneità -
Nozioni parallele di impresa agricola.
Con l’art. 17 del d.P.R. n. 380/2001, il
legislatore, pur in presenza di una
pressoché coeva riforma in senso estensivo
del concetto di imprenditore agricolo
dettato dall’art. 2135 c.c., ha persistito
nel richiamare una risalente normativa
dettata in specifico per l’agricoltura (art.
9 L. n. 10/1977) e non la rinnovata e
generalizzata nozione di imprenditore
agricolo.
Non è infatti precluso che l’ordinamento
mantenga più parallele nozioni di “impresa
agricola” in ragione delle diverse
finalità per cui detta nozione viene
definita; l’esenzione dal contributo di
costruzione si collega ragionevolmente al
ritenuto minor impatto sul carico
urbanistico che ovviamente potrà assumere
caratteristiche del tutto differenti a
seconda della natura più o meno intensiva
dell’attività, e conseguentemente dal
maggior o minore impatto ambientale che essa
comporta (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 01.03.2010 n. 1302 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Il lodo arbitrale è
insuscettibile di esecuzione attraverso lo
speciale rimedio del ricorso per
ottemperanza.
Il lodo arbitrale è insuscettibile di
esecuzione attraverso lo speciale rimedio
del ricorso per ottemperanza, in quanto,
data la sua connotazione in termini
negoziali, gli è estranea la possibilità di
conseguire quella particolare qualità o
stabilità consistente nella immutabilità
dell'accertamento, ossia il "far stato
tra le parti" previsto per le sentenze
dall'art. 2909 c.c., che è proprio ed
esclusivo delle sentenze che provengono
dall'autorità giurisdizionale statuale.
Si può, dunque, affermare che sebbene il
lodo abbia "efficacia di sentenza",
l'assimilazione del lodo alla sentenza può
riguardare soltanto gli effetti processuali
della decisione e il suo regime di
impugnazione, non potendo valere a fare
acquisire al lodo, data la propria
inidoneità in tal senso, l'autorità di cosa
giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non
più impugnabile per nullità (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.03.2010 n. 1213 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 844
c.c. - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti
applicativi - Differenza - Fattispecie.
Il presupposto per l’applicazione dell’art.
844 del cod. civ. è la produzione di un
danno al proprietario del fondo vicino,
mentre il presupposto per l’applicazione
dell’art. 9 della legge n. 447 del 1995 è la
sussistenza di eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o
dell’ambiente.
Ne consegue che l’ordinanza con cui il
sindaco vieti l’effettuazione all’esterno
dei capannoni di determinate attività
produttive, non può essere sostenuta dal
mero richiamo ad una sentenza del Tribunale
Civile: il richiamo in questione non è
idoneo a cogliere i presupposti stabiliti
per l’emanazione delle ordinanze sindacali
di cui all’art. 9 cit., avendo la sentenza
del Tribunale Civile presupposti differenti
(TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 01.03.2010 n. 587 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della clausola
di un bando di gara che demandi l'esclusione
di un concorrente ad un organo monocratico.
E' illegittima la clausola di un bando che
consenta l'adozione di un provvedimento di
esclusione da parte del solo Presidente
della commissione di gara, anziché
dall'intero collegio giudicante, ciò in
quanto, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. n.
163 del 2006 (Codice dei contratti), nel
caso in cui la scelta dell'aggiudicatario
avvenga con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione è demandata ad una commissione
giudicatrice, che opera secondo le norme
stabilite dal regolamento, e la verifica in
ordine alla regolarità dei plichi ed alla
sussistenza dei requisiti per la
partecipazione alla gara, nonché le
determinazioni di ammissione o di esclusione
dei concorrenti, costituiscono attività
avente carattere decisorio, che rientra,
quindi, nei compiti della commissione di
gara, da svolgersi in composizione plenaria,
nel pieno rispetto del c.d. principio della
"collegialità perfetta" (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 26.02.2010 n. 1195 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
VIA - Progetto definitivo
sensibilmente diverso da quello preliminare
- Art. 42 d.lgs. n. 152/2006 - Rinnovo
dell’istruttoria - Successivo procedimento
autorizzatorio.
L’art. 42, c. 4 del d.lgs. 03.04.2006, n.
152 impone la rinnovazione dell’istruttoria
ai fini del rilascio della VIA anche nel
caso di progetto definitivo sensibilmente
diverso da quello preliminare; il successivo
procedimento autorizzatorio non può che
svolgersi sullo stesso progetto che la VIA
abbia ottenuto, sicché, nel caso di
variazioni sostanziali del medesimo che
portino ad un progetto “sensibilmente
diverso” deve al riguardo essere
acquisita nuova VIA su quest’ultimo, pena
altrimenti l’elusione del giudizio di
compatibilità ambientale e restando
ovviamente irrilevante l’istruttoria
compiuta sul progetto variato in sede di
conferenza di servizi.(cfr. Cons. St., Sez.
VI, 31.01.2007, n. 370; cfr. altresì Cons.
St., Sez. V, 16.06.2009, n. 3849, laddove è
stata affermata, sia pure in diversa
fattispecie concernente la sottoposizione a
VIA di porzioni di opera, la necessità che
la valutazione ambientale debba riguardare
unitariamente l’opera nel suo complesso allo
scopo di poterne apprezzare i livelli di
qualità finale, pena altrimenti l’elusione
delle finalità perseguite dalla legge
attraverso la stessa VIA) (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 26.02.2010 n. 1142 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione e gestione di
impianti eolici - Attività d’impresa
liberalizzate - Autorizzazione unica
regionale - Titolo sostitutivo del permesso
di costruire - Comune - Interesse ad una
corretta localizzazione urbanistica -
Conferenza di servizi.
La realizzazione e gestione di impianti
eolici rientra tra le attività di impresa
liberalizzate, non essendovi alcuna
privativa in favore di enti pubblici o
soggetti concessionari; essa, a scopo di
semplificazione burocratica e in ossequio ai
principi comunitari, è sottoposta ad una
autorizzazione unica regionale, previa
conferenza di servizi; tale autorizzazione
unica costituisce anche titolo per la
costruzione dell’impianto, e dunque è
sostitutiva anche del permesso di costruire
ed il Comune può far valere il proprio
interesse ad una corretta localizzazione
urbanistica del parco eolico, e alla sua
conformità edilizia, nell’ambito della
conferenza di servizi che precede il
rilascio dell’autorizzazione unica (v. il
parere della Sez, 3^ di questo Consiglio
14.10.2008 n. 2849).
Regolamento Regione Puglia n. 16/2006 -
Mancanza del piano regolatore per
l’installazione di impianti eolici -
Impedimento alla realizzazione sul
territorio comunale di siffatti impianti -
Esclusione - Contrasto con il principio
fondamentale di cui al d.lgs. n. 387/2003 -
Conclusione del procedimento autorizzatorio
in 180 giorni - Sentenza Corte Cost. n.
364/2006.
La mancanza del piano regolatore per
l’installazione di impianti eolici (art. 14
del regolamento della Regione Puglia n.
16/2006) non può impedire la realizzazione
sul territorio comunale di siffatti
impianti, atteso che una tale
interpretazione verrebbe a sospendere
sine die le richieste di autorizzazione
in tale settore ponendosi in contrasto con
il principio fondamentale del D.L.vo n.
387/2003, che esige la conclusione del
procedimento in 180 giorni, come già
statuito dalla sentenza Corte Cost. n.
364/2006 proprio con riferimento ad una
disposizione legislativa della regione
Puglia avente un effetto sospensivo analogo
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.02.2010 n. 1139 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Fino
a quando l'Amministrazione non si sia
pronunciata su una domanda di condono
edilizio, il richiedente ha la facoltà di
modificare, sostituire o anche rinunciare
alla richiesta di sanatoria.
Il Collegio ritiene di poter condividere la
sentenza TAR Toscana-Firenze, sez. III,
21.12.2004, n. 6520, che afferma che “costituisce
principio generale quello secondo cui gli
atti propulsivi posti in essere dal soggetto
privato nella fase preparatoria del
procedimento amministrativo possono essere
modificati e ritirati dall'interessato fino
al momento in cui non sia intervenuto il
provvedimento terminale della fattispecie
provvedimentale. Fino a quando
l'Amministrazione non si sia pronunciata su
di una domanda di condono edilizio, il
richiedente ha la facoltà di modificare,
sostituire o anche rinunciare alla richiesta
di sanatoria, non ostandovi nell'ordinamento
una norma impeditiva di tale potere e
inoltre deve ritenersi consentita la
rinuncia parziale alla domanda di condono
edilizio, anteriormente all'adozione del
richiesto provvedimento concessorio” (in
tal senso anche TAR Piemonte, Torino, Sez.
I, 19.06.1997, n. 480 ed in termini
sostanzialmente equivalenti, TAR Lombardia,
Milano, Sez. II, 18.12.1987, n. 490)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 26.02.2010 n. 998 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI: La
rappresentanza in giudizio del Comune
compete esclusivamente al Sindaco, quale
rappresentante legale dell'ente e non al
Dirigente.
La rappresentanza in giudizio del Comune
compete esclusivamente al Sindaco, quale
rappresentante legale dell'ente, e non al
Dirigente per cui è nulla -per violazione
dell'art. 145 c.p.c. che disciplina le
notificazioni alle persone giuridiche- la
notifica del ricorso qualora lo stesso sia
stato notificato al Comune in persona del
Dirigente (cfr. Consiglio Stato , sez. V,
25.01.2005, n. 155; TAR Lazio-Roma, sez. II,
06.05.2009, n. 4743; TAR Basilicata,
21.05.2007, n. 413; TAR Sicilia-Palermo,
sez. II, 13.03.2007, n. 799; TAR
Sicilia-Palermo, sez. III, 06.06.2005, n.
954)
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 26.02.2010 n. 227 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192
d.lgs. n. 152/2006 - Soggetto sottoposto a
procedimento penale ex art. 256 d.lgs. n.
152/2006 - Amministrazione comunale -
Individuazione quale responsabile
dell’abbandono - Legittimità.
Il soggetto individuato dalle competenti
forze dell’ordine quale autore e gestore di
una discarica non autorizzata e, per tali
motivi, ai sensi dell’art. 256 del codice
dell’ambiente, deferito all’autorità
giudiziaria e sottoposto a specifico
procedimento penale è correttamente
individuato dall’amministrazione comunale
quale soggetto responsabile dell’abbandono:
una tale valutazione costituisce il frutto
di un accertamento sufficientemente idoneo,
in forza del procedimento penale avviato, a
supportare le conclusioni cui sarebbe
pervenuta l’amministrazione comunale ai
sensi dell’art. 192 del decreto legislativo
n. 152 del 2006 (TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 25.02.2010 n. 640 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Nel
passaggio dalla fase di aggiudicazione
provvisoria a quella definitiva il dirigente
non può procedere alla riapertura della
gara.
La ditta ricorrente, nella pronuncia in
commento, contesta l’operato del dirigente
nelle operazioni di gara: in quanto egli non
si limita ad una verifica dell’operato della
Commissione, come passaggio tipico dalla
fase di aggiudicazione provvisoria a quella
definitiva, bensì procede ad una sorta di
riapertura della gara e ripetizione della
stessa, riesaminando la documentazione,
peraltro in seduta non pubblica, e
riattribuendo punteggi, con ciò perpetrando
una violazione delle più elementari regole
di trasparenza dell’azione amministrativa.
Sul punto il Tribunale amministrativo di
Cagliari ritiene opportuno segnalare che il
principio di pubblicità delle sedute della
commissione di gara è funzionale al rispetto
delle esigenze di imparzialità e trasparenza
che sono proprie di ogni attività
amministrativa, sicché la pubblicità delle
sedute assurge a principio generale della
materia dei contratti pubblici (Consiglio
Stato, sez. V, 12.11.2009, n. 7042).
Tali principi, secondo i giudici isolani,
non possono essere violati mediante
un’irrituale ripetizione della gara con
totale ribaltamento dei risultati, nel
passaggio dalla aggiudicazione provvisoria a
quella definitiva. Come ha già avuto modo di
precisare la stessa Sezione (TAR Sardegna,
Sezione I, 09.10.2009 n. 1537), il
legislatore del Codice non ha affatto inteso
assegnare alle amministrazioni
aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato
a principio generale un modo di procedere,
volto a far prevalere, entro certi limiti,
la sostanza sulla forma. Tale impostazione,
discende direttamente dalla applicazione di
due principi tradizionalmente fissati dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia:
quello di proporzionalità e quello del
dovere dell’Amministrazione di ascoltare i
privati prima di assumere decisioni.
E’ fuor di dubbio che l’esclusione dalla
gara per dubbi in ordine alla effettiva
sussistenza di un requisito in capo ad un
partecipante determina un forte scostamento
del provvedimento amministrativo rispetto
alla scopo della fase di qualificazione alla
gara pubblica. Quando la ditta partecipante
incorre in un errore nell’allegazione di un
certificato o, in ogni caso, quando il
contenuto di un documento non soddisfa
appieno le necessità istruttorie
dell’Amministrazione, il principio generale
è che questi aspetti devono essere oggetto
di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in
quanto quell’operatore economico potrebbe
risultare in concreto il migliore contraente
per soddisfare le necessità per cui è stata
bandita la gara.
L’esclusione della ditta, disposta con la
determinazione impugnata, quindi, oltre ad
urtare contro le risultanze documentali e le
disposizioni del bando, viola precise regole
poste a presidio della regolarità delle
procedure ad evidenza pubblica. L’asserita
incompletezza documentale, non rilevata
dalla Commissione, poteva, al più essere
oggetto di richiesta di integrazione in sede
di gara, non certo di esclusione nella fase
dell’aggiudicazione definitiva. A tal
proposito, data la peculiarità della
vicenda, i giudici sardi, chiariscono i
rapporti tra aggiudicazione provvisoria e
definitiva alla luce della disciplina
contenuta nel codice dei contratti. Fino
all'entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del
2006, l'aggiudicazione provvisoria, quale
atto terminale del subprocedimento di
selezione dell'offerta migliore, non era
normativamente prevista, risultando un
istituto introdotto dalla prassi e
variamente regolato dagli ordinamenti delle
singole amministrazioni.
Il combinato disposto degli artt. 11, comma
4, e 12, comma 1 del Codice ha comportato
una previsione espressa dell'istituto,
configurando la selezione della migliore
offerta quale atto provvisorio, che deve
essere sottoposto a verifica obbligatoria.
Il controllo dell'aggiudicazione
provvisoria, infatti, è affidato ad un
organo diverso da quello che l'ha
dichiarata, organo che è individuato dall'“ordinamento
delle amministrazioni aggiudicatrici e degli
enti aggiudicatori, ovvero degli altri
soggetti aggiudicatori, ...”.
Rispetto all'aggiudicazione provvisoria,
quella definitiva non è atto meramente
confermativo o esecutivo, ma atto che, anche
quando recepisce in toto i risultati
dell'aggiudicazione provvisoria, chiude la
fase pubblicistica della gara ed accerta
l'idoneità dell'offerta sulla base di
predeterminati elementi oggettivi,
comportando comunque, un'autonoma
valutazione. Attualmente l'aggiudicazione
definitiva è disciplinata dall'art. 11 del
Codice, che, tuttavia, al comma 7,
nonostante il dichiarato e riconosciuto
carattere di definitività, statuisce che
l'aggiudicazione «non equivale ad
accettazione dell'offerta», risultando
necessaria la verifica del possesso dei
requisiti prescritti (art. 11, comma 8).
In linea di principio, quindi, la decisione
di non confermare l'aggiudicazione
provvisoria e conseguentemente di non
procedere all'aggiudicazione definitiva,
deve configurarsi non quale atto di
autotutela decisoria, revoca o annullamento
d'ufficio, ma in termini di potere
intrinseco al procedimento concorsuale.
L'instabilità propria dell'aggiudicazione
provvisoria, atto non definitivo e non
idoneo a radicare consolidate aspettative,
rende quindi legittima la sua caducazione da
parte di un atto soprassessorio che deve
essere, però, congruamente motivato sotto il
profilo del pubblico interesse.
Deve essere in definitiva precisato, che il
potere di verifica in capo al dirigente, non
consiste nella celebrazione di una nuova
gara, bensì in un controllo circa la
correttezza dell’operato della commissione,
che, se negativo, legittima lo stesso
soggetto a non procedere all’aggiudicazione
definitiva e, se del caso, alla indizione di
una nuova gara
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 25.02.2010 n. 224 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Vincolo archeologico - Oggetto di tutela
normativa e titoli autorizzatori - Inizio e
termine dei lavori entro cinque anni -
Decadenza - Nuova autorizzazione - Necessità
- Art. 142, lett. m), D.Lgs. n. 42/2004 già
art. 146, 10 c., lett. m), D.Lgs. n.
490/1999 - L. n. 1089/1939 - L. n. 431/1985
- L. n. 1089/1939 - T.U. n. 380/2001.
L'interesse archeologico, dopo la legge n.
431/1985, costituisce oggetto di due tipi di
tutela ai quali si correlano due distinti
titoli autorizzatori: quello riferito al
patrimonio storico-artistico (di cui alla
legge n. 1089/1939) e quello paesistico,
riguardanti ambiti che non si sovrappongono,
per la diversità dell'oggetto materiale
oltre che delle dimensioni spaziali.
In ogni caso, dopo il rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica,
l'intervento deve essere avviato e portato a
compimento in un arco temporale di cinque
anni, decorso il quale -a norma dell'art. 16
del R.D. 03.06.1940, n. 1357 (disposizione
da ritenersi ancora vigente ai sensi
dell'art. 158 del Dlgs. n. 42/2004)- il
provvedimento medesimo cessa di avere
efficacia e l'esecuzione dei progettati
lavori deve essere sottoposta a nuova
autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 23.02.2010 n. 7114 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Decadenza del permesso di
costruire per decorso del termine di inizio
o di ultimazione dei lavori - Nozione di
"inizio dei lavori” - Art. 15, 2° c., T.U.
n. 380/2001.
Ai sensi dell'art. 15, 2° comma, del T.U. n.
380/2001, i lavori devono ritenersi "iniziati"
quando consistano nel concentramento di
mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del
cantiere, nell'innalzamento di elementi
portanti, nella elevazione di muri e nella
esecuzione di scavi coordinati al gettito
delle fondazioni del costruendo edificio.
Sicché, va salvaguardata, l'esigenza di
evitare che il termine prescritto possa
essere eluso con ricorso ad interventi
fittizi e simbolici.
I soli lavori di sbancamento -non
accompagnati dalla compiuta organizzazione
del cantiere e da altri indizi idonei a
confermare l'effettivo intendimento del
titolare del permesso di costruire di
addivenire al compimento dell'opera
assentata, attraverso un concreto,
continuativo e durevole impiego di risorse
finanziarie e materiali- non possono
ritenersi idonei a dare dimostrazione
dell'esistenza dei presupposti
indispensabili per configurare un effettivo
inizio dei lavori.
Nuovo permesso di
costruire susseguente alla decadenza di
altro già assentito - Vincolo
dell'amministrazione comunale - Esclusione -
Esamina delle condizioni di fatto e di
diritto esistenti al momento della
presentazione - Necessità - T.U. n.
380/2001.
In sede di rilascio di nuovo permesso
susseguente alla decadenza di altro già
assentito, l'amministrazione comunale non
può ritenersi vincolata da quello
precedentemente dato, poiché si trova di
fronte ad una istanza del tutto nuova, da
esaminare in relazione alle condizioni di
fatto e di diritto esistenti al momento
della presentazione [C.Stato, Sez. IV,
ordinanza cautelare 25.02.2005, n. 966]
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.02.2010 n. 7114 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
diritto di accesso non è ostacolato dalla
pendenza di un giudizio civile o
amministrativo nel corso del quale gli
stessi documenti potrebbero essere
richiesti.
Un Comune aveva presentato richiesta di
accesso alla Regione relativamente alla
documentazione relativa alle sovvenzioni
erogate dalla medesima a una ditta in virtù
della legge 151/1981, a titolo di contributi
per il servizio di autotrasporto nonché alla
documentazione relativa alla vertenza che
interessava la Regione in qualità di terzo
chiamato ex art. 107 c.p.c. nella causa tra
il Comune e la ditta stessa, in riferimento
ai suddetti contributi. Aveva altresì
chiesto l’accesso ai provvedimenti con i
quali la Regione aveva disposto liquidazioni
alla ditta, in riferimento alle somme
erogate a titolo di contributi di esercizio
ed a quelle liquidate per l'acquisto di
automezzi.
Al silenzio della Regione, il Comune, con
ricorso ex art. 25 della legge n. 241 del
1990, si rivolgeva al TAR perché ordinasse
alla Regione di esibire i documenti sopra
riportati.
La Regione depositava una relazione del
responsabile del servizio opere idrauliche e
marittime nella quale sottolineava la
difficoltà del rinvenimento della
documentazione richiesta e che, in ogni
caso, una richiesta sostanzialmente analoga
era stata fatta anche al Ctu nella causa
civile n. 414 del 2005 R.G., pendente presso
il Tribunale. La difesa della Regione,
ribadiva poi che la documentazione richiesta
attiene alla prova del credito vantato dalla
parte attrice nel processo civile della
ditta nei confronti del Comune e che per
tale accertamento, avente ad oggetto anche
il profilo documentale in esame, era stata
disposta una Ctu in quel medesimo processo
civile.
Il TAR ha dichiarato il ricorso
inammissibile ritenendo che la pendenza di
un processo civile, peraltro nella fase
istruttoria, riguardante l’accertamento
delle medesime circostanze in funzione delle
quali è stata rivolta la istanza di accesso,
incide in maniera determinante
sull’interesse ad agire nella sede
giurisdizionale amministrativa. Che pertanto
la sede processuale civile, nella quale
pende il giudizio, è quella naturalmente
deputata a valutare la rilevanza dei
documenti in relazione al thema
decidendum e, in caso positivo, ad
ordinarne la produzione all’amministrazione
regionale terza, ai sensi dell’articolo 213
c.p.c.. Del resto, proprio la circostanza,
che l’amministrazione non ha ritenuto di
poter accogliere la richiesta di accesso,
legittimava la parte a chiedere, in sede
civile, al giudice di disporre l’incombente
istruttorio di cui all’articolo 213 c.p.c.
trattandosi di documenti che la medesima non
poteva acquisire e produrre autonomamente.
Il Comune, pertanto, assume, nella pronuncia
in rassegna, la erroneità della sentenza del
primo giudice rilevando che il diritto alla
trasparenza dell’azione amministrativa
costituisce situazione attiva meritevole di
autonoma protezione indipendentemente dalla
pendenza e dall’oggetto di un giudizio…e i
giudici d’appello hanno ritenuto valide le
argomentazioni dell’amministrazione
comunale.
Ed invero il Consiglio di Stato ha da tempo
osservato che il diritto alla trasparenza
dell’azione amministrativa costituisce
situazione attiva meritevole di autonoma
protezione indipendentemente dalla pendenza
e dall’oggetto di una controversia
giurisdizionale e non è condizionata al
necessario giudizio di ammissibilità e
rilevanza cui è subordinata la positiva
delibazione di istanze a finalità
probatorie. Pertanto è rimesso al libero
apprezzamento dell’interessato di avvalersi
della tutela giurisdizionale prevista
dall’art. 25 della legge n. 241 del 1990
ovvero di conseguire la conoscenza dell’atto
nel diverso giudizio pendente tra le parti
mediante la richiesta di esibizione
istruttoria (ex plurimis, Cons.
Stato, Sez. VI, 12.04.2000 n. 2190).
In tale ottica è stato altresì rilevato che
il diritto di accesso non costituisce una
pretesa meramente strumentale alla difesa in
giudizio della situazione sottostante,
essendo in realtà diretto al conseguimento
di un autonomo bene della vita così che la
domanda giudiziale tesa ad ottenere
l’accesso ai documenti è indipendente non
solo dalla sorte del processo principale nel
quale venga fatta valere l’anzidetta
situazione (Cons. Stato, sez. VI del
12.04.2005 n. 1680) ma anche dall’eventuale
infondatezza od inammissibilità della
domanda giudiziale che il richiedente, una
volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre
(Cons. Stato, Sez. VI, 21.09.2006 n. 5569).
Pertanto il diritto di accesso non è
ostacolato dalla pendenza di un giudizio
civile o amministrativo nel corso del quale
gli stessi documenti potrebbero essere
richiesti
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 23.02.2010 n. 1067 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul requisito di capacità
economico e finanziaria ex art. 41 d.lvo n.
163/2006; sull'irrilevanza delle condanne
estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38,
lett. c), d.lvo. 163/2006; sulle valutazioni
svolte dalla p.a. in ordine alla congruità
delle offerte.
La disposizione contenuta nell'art. 41 del
d.lvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei
contratti), consente all'amministrazione
appaltante di inserire nel bando di gara la
richiesta della prova della capacità
economica e finanziaria attraverso una
dichiarazione che riguardi sia il fatturato
globale, sia il fatturato del settore
oggetto dell'appalto, ma solo la
dichiarazione del primo dato è
indispensabile ai fini della legittimità del
bando, laddove la richiesta del secondo dato
è rimessa alla discrezionalità
dell'amministrazione, il cui concreto
esercizio, sfugge al sindacato di
legittimità allorquando non risulti essere
manifestamente illogica, arbitraria,
irragionevole o irrazionale (profili questi
che non sussistono nel caso di specie e che,
anzi, non sono stati neppure evidenziati).
E', pertanto, errato ritenere illegittima la
clausola di un bando di gara che preveda, ai
fini della dimostrazione della capacità
economico-finanziaria delle imprese, la
dichiarazione relativa al solo fatturato
globale di impresa realizzato nell'ultimo
triennio; ciò che rileva è che il fatturato
corrisponda, come nel caso di specie, a
servizi effettivamente resi.
E' principio consolidato in giurisprudenza
quello secondo cui sono irrilevanti le
condanne ormai estinte, con conseguente non
necessità della loro indicazione in sede di
dichiarazioni ex art. 38, lett. c), del dlvo
12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti),
con la conseguenza che non viene meno, in
capo alle stesse, il requisito di moralità
professionale prescritto ai fini
dell'ammissione alla gara.
Le valutazioni svolte dall'amministrazione
appaltante in ordine alla congruità delle
offerte presentate ovvero relativamente alla
valutazione delle offerte anomale sono
espressione della discrezionalità tecnica e
come tale sfuggono al sindacato di
legittimità, se adeguatamente motivate,
salvo che non siano manifestamente
irragionevoli, irrazionali, illogiche,
arbitrarie ovvero se si fondano su di un
evidente travisamento di fatti (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 23.02.2010 n. 1040 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva - Distinte
fattispecie - Negoziale e materiale -
Nozione - Art. 18 L. n. 47/1985.
L'art. 18 della L. 47/1985 configura due
distinte fattispecie di lottizzazione
abusiva: la prima "negoziale”, che si
concretizza nell’ipotesi di trasferimento in
proprietà di una o più particelle che
vengono appunto staccate da un fondo di
maggiore estensione, in funzione di una
finalità edificatoria non consentita;
laddove, la seconda “materiale”, non
postula che siano realizzate delle vere e
proprie costruzioni abusive, essendo
sufficiente la sussistenza di opere le
quali, pur se nella fase iniziale, denotino
che è stato iniziato o è in corso un
procedimento di trasformazione urbanistica
ed edilizia del terreno, in contrasto con le
norme vigenti (cfr. TAR Lazio-Latina,
13.06.1992, n. 562) (TAR Lazio-Latina, Sez.
I,
sentenza 23.02.2010 n. 142 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Fonti energetiche rinnovabili -
Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Principi di
semplificazione e accelerazione -
Autorizzazione unica - Conferenza di servizi
- Valutazioni di carattere paesaggistico,
storico e artistico.
L’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, ispirato a
principi di semplificazione e accelerazione
delle procedure finalizzate alla
realizzazione e gestione degli impianti di
energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili, ha previsto una
autorizzazione unica, che sostituisce tutti
i pareri e le autorizzazioni altrimenti
necessari, e in cui confluiscono anche le
valutazioni di carattere paesaggistico,
nonché quelle relative alla esistenza di
vincoli di carattere storico- artistico,
tramite il meccanismo della conferenza di
servizi.
Fonti energetiche rinnovabili - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Rinvio alla L.
n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi
- Dissenso delle amministrazioni convocate -
Espressione all’interno della conferenza di
servizi a pena di inammissibilità - Dissenso
delle amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale -
Norme procedurali per il superamento del
dissenso.
Stante il rinvio operato dall’art. 12,
d.lgs. n. 387/2003, alla l. n. 241/1990 in
tema di conferenza di servizi, ne consegue
che, ai sensi dell’art. 14-quater, citata l.
n. 241/1990, le amministrazioni convocate
devono esprimere il proprio eventuale
dissenso, a pena di inammissibilità,
motivatamente e all’interno della conferenza
di servizi. Ove poi il dissenso sia
espresso, tra l’altro, da amministrazioni
preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico, sono dettate specifiche
norme procedurali per il superamento del
dissenso (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.02.2010 n. 1020 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Impianti eolici -
Conflitto tra l’interesse ambientale e
l’interesse paesaggistico - Valutazione di
merito - Competenza - Amministrazione
regionale.
Il potenziale conflitto tra interesse
ambientale, comprensivo di quello alla
riduzione dell’inquinamento, a sua volta
perseguibile attraverso lo sviluppo di
impianti che producono energia da fonti
rinnovabili, e interesse paesaggistico,
potenzialmente leso dalla realizzazione di
tali impianti, ove essi abbiano rilevante
impatto visivo, è valutazione che,
implicando inevitabili scelte di merito
amministrativo, compete all’amministrazione
regionale, preposta sia al rilascio del
nulla osta paesaggistico, sia al rilascio
dell’autorizzazione unica per la
realizzazione degli impianti eolici.
L’amministrazione statale, in sede di
controllo del nulla osta paesaggistico, non
ha alcune potere di sindacato di merito,
dovendosi limitare a verificare la
legittimità o meno del nulla osta
paesaggistico (Cons. St., ad. plen., n.
9/2001) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.02.2010 n. 1013 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIRITTO DELL’ENERGIA - D.M.
27.07.2005 - Obiettivo del conseguimento del
risparmio energetico - Obiettivi perseguiti
dalle norme di disciplina edilizia ed
urbanistica - Contemperamento.
L’obiettivo del conseguimento del risparmio
energetico, perseguito nello specifico con
D.M. 27.07.2005, va contemperato con quelli
perseguiti dalle norme di disciplina
edilizia ed urbanistica, senza che possa
affermarsi una generalizzata ed
indiscriminata prevalenza della prima sulle
seconde (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 875 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Interventi di risanamento e
restauro - Finalità specifica - Elementi
accessori e impianti - Opere di autonoma
rilevanza - Qualifica di restauro -
Esclusione.
La finalità specifica degli interventi di
risanamento e restauro è quello di
consentire di rinnovare l'edificio nel
rispetto dei suoi elementi essenziali dal
punto di vista tipologico, formale e
strutturale. In altri termini, mediante il
restauro e risanamento conservativo non si
può modificare in modo sostanziale l'assetto
edilizio preesistente, dovendosi porre in
essere solo quegli interventi sistematici i
quali, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell’edificio preesistente, ne
conservano tipologia, forma e struttura
(cfr. Consiglio di Stato, sez. IV - sentenza
16.06.2008, n. 2981).
Gli unici elementi nuovi che sono ammessi
nelle opere di restauro e risanamento
conservativo sono quegli elementi accessori
e quegli impianti che sono richiesti dalle
esigenze d’uso (come ad esempio gli impianti
idrici, di condizionamento o di
riscaldamento), purché l’inserimento degli
stessi non alteri in modo rilevante la
struttura originaria. Viceversa, non possono
rientrare fra gli interventi di restauro e
risanamento conservativo quelle opere che,
se pure oggettivamente di non grande
rilievo, hanno comunque una loro autonoma
rilevanza sotto il profilo edilizio perché
prevedono l’aggiunta di nuove strutture alle
parti preesistenti mediante interventi che
travalicano quelli rivolti solo a conservare
o proteggere le parti dell'edificio cui
accedono, ovvero ad assicurarne la
funzionalità o l'uso (cfr. Tar Campania Sez.
IV, 06.07.2004 n. 9924) (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 875 - link
a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
Standard urbanistici - Principi -
Concetto - Opere di urbanizzazione primaria
- Dimensionamento - Imposizione di vincoli
espropriativi - Attribuzione di cubatura su
altri terreni.
In materia di standard urbanistici sono
stati elaborati alcuni principi che si
possono così riassumere:
(a) il concetto di standard urbanistico non
deve essere definito formalisticamente ma si
estende a qualunque servizio di interesse
pubblico e generale, sia esso gestito
dall’amministrazione o dai privati;
(b) gli standard urbanistici si distinguono
dalle opere di urbanizzazione primaria in
quanto rispetto all’infrastrutturazione di
base sono qualcosa di aggiuntivo, che può
essere considerato necessario solo in una
visione urbanistica di qualità;
(c) per alcuni standard urbanistici sono
fissate dalla legge regionale le misure
minime, tuttavia ogni comune è autonomo
nella scelta della misura complessiva;
(d) nel dimensionamento degli standard
urbanistici si devono considerare anche
eventuali flussi di utenza aggiuntivi
rispetto a quelli della popolazione
residente;
(e) qualora i servizi siano svolti da
privati l’amministrazione deve assicurarne
la destinazione pubblica attraverso
convenzioni;
(f) qualora la previsione di standard
urbanistici si traduca nell’imposizione di
vincoli espropriativi è necessaria una
valutazione economica relativa alla
sostenibilità della spesa per gli
indennizzi;
(g) in alternativa (o anche congiuntamente)
agli indennizzi può essere utilizzata la
perequazione urbanistica nella forma
dell’attribuzione di cubatura su altri
terreni (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 869 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Procedura di
bonifica - Presupposto - Superamento delle
CSC e delle CSR - Rinvenimento di sostanze
per le quali la tabella 1 dell’allegato 5
alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006 non
prevede le CSC - Procedure.
Nell’ipotesi in cui non siano state superate
le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)
non vi è il presupposto per attivare la
procedura di bonifica (v. art. 242 comma 2
del Dlgs. 152/2006). Tali concentrazioni
operano infatti come valori di attenzione
oltre i quali sono necessarie la
caratterizzazione del sito inquinato e
l’analisi di rischio sito-specifica per la
determinazione delle concentrazioni soglia
di rischio (CSR). L’obbligo di bonifica
sorge solo quando sia superata anche questa
seconda serie di concentrazioni (v. art.
242, comma 7, del Dlgs. 152/2006).
Ove nel sedimento campionato siano rilevate
anche sostanze per le quali la tabella 1
dell’allegato 5 alla parte IV del Dlgs.
152/2006 non prevede le concentrazioni
soglia di contaminazione (CSC) nel suolo e
nel sottosuolo, le procedure possibili sono
due:
(a) adottare come valori di concentrazione
accettabili quelli indicati per le sostanze
tossicologicamente più affini (soluzione
espressamente indicata nella nota 1 della
tabella 1);
(b) stabilire un livello accettabile di
inquinamento mediante un’analisi
sito-generica (da sviluppare eventualmente
in analisi sito-specifica).
RIFIUTI - INQUINAMENTO -
Abbandono incontrollato - Espressa
esclusione della procedura di bonifica ex
art. 239, c. 2, lett. a) - Procedura
applicabile - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
L’abbandono incontrollato di rifiuti - non
qualificabile come potenziale contaminazione
del suolo -è ipotesi espressamente esclusa
dalla procedura di bonifica ex art. 239
comma 2 lett. a) del Dlgs. 152/2006 salvo
superamento dei valori di attenzione.
Si applica, quindi, la procedura dell’art.
192 del Dlgs. 152/2006, che prevede la
rimozione e lo smaltimento dei rifiuti a
cura e spese del responsabile
dell’abbandono. Nel caso in cui il
responsabile non sia individuato l’onere
ricade sul Comune (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 22.02.2010 n. 869 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Vincolo paesaggistico - Autorizzazione
paesaggistica - Potere ministeriale -
Sindacato di legittimità.
Il Ministero -e per esso la Soprintendenza-,
chiamato a pronunciarsi su una
autorizzazione paesaggistica, può svolgere
l’ampio sindacato di legittimità consentito
dall’ordinamento sugli atti amministrativi,
corrispondente a quello che potrebbe
esercitare il giudice amministrativo nel
caso in cui fosse impugnata l’autorizzazione
paesaggistica non annullata in sede
amministrativa, e tuttavia con la
possibilità di sollevare d’ufficio
qualsivoglia questione di legittimità: di
conseguenza l’annullamento della
autorizzazione paesaggistica deve ritenersi
correttamente disposto quante volte
l’autorizzazione stessa non contenga alcuna
motivazione in ordine alla compatibilità
dell’intervento con il vincolo ambientale o
non effettui neppure per relazione un rinvio
ad atti istruttori espletati nel corso del
procedimento ( cfr. C.d.S. sez. VI n.
3991/2006 e, negli stessi termini, C.d.S. VI
n. 6420/2009) (TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 22.02.2010 n. 618 - link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Recupero sottotetti in Lombardia:
il Tribunale di Brescia rimette alla Corte
Costituzionale l'articolo 64, comma 2, della
l.r. 12/2005.
Il Tribunale civile di Brescia, Sez. III,
ordinanza 22.02.2010, ha rimesso
alla Corte Costituzionale la questione di
legittimità dell'articolo 64, comma 2, della
l.r. n. 12 del 2005, nella parte in cui,
autorizzando ampliamenti degli edifici
esistenti in deroga ai limiti e alle
prescrizioni dei piani urbanistici al di
fuori delle ipotesi di deroga legittime ex
art. 9 u.c. D.M. 1444/1968, si pone in
insanabile contrasto con il principio
fondamentale dettato dall'articolo 3 del
T.U. dell'Edilizia in tema di definizioni
degli interventi edilizi e, quindi, con
l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
In breve: non è vero, come afferma il TAR
Lombardia nella decisione 153/2009, che la
lettura comparata delle disposizioni
regionali e nazionali deve suggerire una
interpretazione delle prime conforme a
legittimità a scapito di una non di
legittimità, poiché nella fattispecie il
legislatore regionale ha intenzionalmente
qualificato il recupero dei sottotetti come
ristrutturazione, al fine di sottrarli alla
applicazione delle disposizioni di rango
superiore (commento tratto e link a http://studiospallino.blogspot.com). |
URBANISTICA: Le
norme di carattere sanitario previste nella
legislazione statale sono efficaci a
prescindere dalla destinazione urbanistica
delle aree del territorio comunale.
La sentenza da cui è stato tratto
l'interessante principio posto come titolo,
concerne l'approvazione di una variante
urbanistica al PRG del Comune, adottata
tramite accordo di programma tra Comune e
Regione.
Diverse sono le lamentele dei ricorrenti,
volendo prescindere da quella che ha dato
l'occasione ai giudici di ribadire il
principio richiamato, risulta interessante
la speculazione del collegio sui soggetti
che debbono partecipare ad una conferenza di
servizi.
I ricorrenti si lamentano del fatto che la
Provincia di appartenenza del Comune, lungi
dal sottoscrivere l'accordo, ha partecipato
esclusivamente alla conferenza di servizi.
Si afferma in sostanza l'illegittimità della
procedura in quanto la Provincia, chiamata a
pronunciarsi sulla variante urbanistica
compresa nell’accordo di programma , avrebbe
dovuto essere parte dell’accordo stesso, non
essendo sufficiente la sua partecipazione
alla conferenza dei servizi nella quale è
stato approvato l’accordo stesso.
Ai giudici di Palazzo Spada tale
argomentazione appare priva di fondamento: "Se
si tiene conto che l’accordo di programma ha
la specifica funzione di coordinare in modo
vincolante, secondo una specifica intesa, le
attività programmate da più soggetti
pubblici, si può comprendere che non
richiede necessariamente la partecipazione
di quei soggetti pubblici che, invece,
esauriscono in una unica determinazione la
loro partecipazione al procedimento
amministrativo, anche se complesso e
pluriarticolato, che consente di perseguire
gli obbiettivi comuni a più Enti (vedi sul
punto Cons. Stato, sezione sesta, 05.01.2001
n. 25). Detti soggetti pubblici possono,
pertanto, come è avvenuto nel caso di
specie, esaurire la loro partecipazione con
la adozione delle intese, pareri o atti di
altra natura che sono indispensabili per il
perfezionamento del procedimento in sede di
conferenza dei servizi. Non è, quindi,
esatto che illegittimamente il Comune
avrebbe distinto tra enti chiamati a
stipulare l’accordo di programma ed enti
convocati solo per la conferenza dei
servizi: è, infatti, la natura del
contributo che ciascuno deve portare al
procedimento e la funzione che deve svolgere
nel suo ambito che consentono di assumere
l’una o l’altra veste nel procedimento. E’
altresì legittimo che, ferma la
semplificazione del procedimento che si
consegue con la conferenza dei servizi, i
pareri di soggetti pubblici che alla stessa
non abbiano partecipato siano acquisiti
nelle forme ordinarie, posto che il ricorso
alla conferenza di servizi, quale strumento
di semplificazione, non esclude l’esercizio
degli ordinari poteri istruttori delle
Amministrazioni"
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.02.2010 n. 1001 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Bonifica di siti
contaminati - Ordinanza ex art. 244 d.lgs.
n. 152/2006 - Competenza - Provincia -
Disciplina transitoria ex art. 265, c. 3 -
Applicabilità - Limiti.
In tema di bonifica di siti contaminati, ai
sensi dell’art. 244 del d.lgs. 03.04.2006 n.
152, la competenza ad emettere l’ordinanza
con la quale il responsabile
dell’inquinamento è diffidato a provvedere
appartiene, dalla data di entrata in vigore
del nuovo codice dell’ambiente, alla
provincia e non al comune.
Devono ritenersi fatti salvi, in forza della
norma transitoria di cui all’art. 265, c. 3,
solo i procedimenti che si sono conclusi con
una espressa autorizzazione degli interventi
di bonifica, sulla base del principio per
cui "nel caso di mutamento della norma
regolatrice del potere amministrativo,
restano soggette alla vigente normativa solo
con i sub-procedimenti che hanno prodotto
effetti consolidati o comunque
legittimamente esteriorizzati e portati
concretamente ad esecuzione" (TAR
Sicilia, Catania, sez. I, 20.07.2007, n.
1254).
INQUINAMENTO -
Procedimenti in materia di bonifica
ambientale - Partecipazione dei destinatari.
Nei procedimenti in materia di bonifica
ambientale, è necessario che la P.A.
consenta ai soggetti destinatari delle
prescrizioni dettate dalla stessa P.A. di
partecipare al relativo procedimento
(articolato in una o più Conferenze di
Servizi, istruttorie e decisorie).
Ciò, quantomeno, con riguardo alle fasi
procedimentali in cui emerge l’esistenza di
una contaminazione del terreno e della falda
acquifera nell’area in esame e che poi
sfociano nelle determinazioni assunte dalla
Conferenza di Servizi decisoria. È evidente,
infatti, che l’onerosità degli obblighi
imposti agli interessati impone di
instaurare con questi ultimi un ampio
contraddittorio.
INQUINAMENTO -
Procedimenti di bonifica - Attività
istruttoria - Contraddittorio procedimentale
- Accertamenti analitici - Art. 223 disp.
att. c.p.p..
Nell’attività istruttoria del procedimento
di bonifica, il contraddittorio
procedimentale si appalesa necessario in
particolare per gli accertamenti analitici
(v. TAR Lombardia, Sez. I, n. 1913/2007,
cit.): ciò, atteso che l’onere di effettuare
gli accertamenti in contraddittorio con le
parti interessate risponde ad evidenti
ragioni di trasparenza e pubblicità,
principi del diritto vivente cui la P.A. si
deve uniformare in ogni momento della
propria azione, oltre che all’interesse
pubblico all’imparzialità dell’azione
amministrativa.
Va poi rilevato che in materia è applicabile
l’art. 223 disp. att. c.p.p., secondo cui,
qualora, nel corso di attività ispettive o
di vigilanza previste da leggi o decreti, si
debbano eseguire analisi di campioni per le
quali non è prevista la revisione, l’organo
procedente deve, anche oralmente, dare
avviso all’interessato dell’ora e del luogo
di effettuazione delle analisi, in funzione
del diritto dello stesso di presenziare a
queste, di persona o tramite persona di
fiducia da lui designata, eventualmente con
l’assistenza di un consulente tecnico (cfr.
TAR, Lombardia, Sez. I, 11.11.2003, n. 4982,
che, in proposito, ricorda l’orientamento
della Cassazione, per cui la disposizione è
applicabile anche alle analisi di campioni
finalizzate a verificare l’esistenza di
illeciti puniti con sanzioni amministrative)
(TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 19.02.2010 n. 436 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire -
Autorizzazioni amministrative - Falsa
attestazione fornite alla P.A. -
Provvedimento del Pubblico Ufficiale - Falso
per induzione - Disciplina giuridica - Art.
480 c.p. - T.U. n. 380/2001.
La circostanza che i dati debbano essere
oggetto di verifica non esclude la
responsabilità per la falsa attestazione: il
bene tutelato nelle varie disposizioni in
tema di falsità ideologica non è solo
l'affidamento del destinatario dell'atto, ma
anche la fiducia che la generalità dei
consociati deve poter riporre in taluni atti
provenienti da soggetti qualificati (Cass.
Sez. V, sentenza n. 3146/2008).
In particolare, l'autore di false
attestazioni che sono alla base del
provvedimento del Pubblico Ufficiale può non
rispondere del falso per induzione nella
sola ipotesi in cui il secondo sia caduto in
errore esclusivamente per causa propria e
non anche quando l'inganno del decipiens
e la colpa del deceptus concorrono
alla produzione dell'evento (Cass. Sezione 5
sentenza 3146/2008). Ai fini della
classificazione delle falsità in atti
disciplinate dal codice penale, quella
ideologica del permesso di costruire rientra
nella fattispecie di reato dell'art. 480
c.p. che concerne le autorizzazioni
amministrative.
Concessione edilizia in
sanatoria in mancanza dei requisiti -
Realizzazione documenti falsi - Illecito
penale - Responsabilità per induzione e
dovere di verifica - Fattispecie.
La realizzazione di non veritieri documenti
destinati alla produzione in un procedimento
amministrativo integra l'illecito penale
anche quando le regole di quel procedimento
impongono un controllo da parte della P.A.
di quanto attestato dal privato (Cass.
Sezione 5 sentenza 12175/2005).
Nella specie, è stata fornita una inesatta
informazione dello stato dei luoghi, a
trarre in inganno i componenti della
commissione comunale i quali hanno
rilasciato una concessione edilizia in
sanatoria in mancanza dei requisiti per la
sua legittima emanazione.
Permesso di costruire -
Effetti del rilascio - Esercizio del diritto
ad edificare - Natura e limiti - Disciplina
del regime dei suoli - C.d. jus edificandi -
Norme urbanistiche.
In materia urbanistica, la licenza edilizia
(poi denominata concessione edilizia ed ora
permesso di costruire) rimuove i limiti di
natura pubblicistica all'esercizio di un
diritto preesistente in capo al destinatario
dell'atto e non ne costituisce, o
trasferisce, uno nuovo. Ciò in quanto lo
jus edificandi, inerisce alla proprietà
(ed alle altre situazioni che comprendono la
legittimazione a costruire), ma deve essere
esercitato secondo la disciplina del regime
dei suoli che tiene opportunamente conto
della molteplicità degli interessi
collettivi.
Il provvedimento amministrativo ha lo scopo
di accertare l’esistenza delle condizioni
previste dall'ordinamento per la legittima
esplicazione del diritto ad edificare. Tale
provvedimento, è carente delle
caratteristiche e dei requisiti essenziali
propri della concessione amministrativa
(revocabilità, discrezionalità, intuitus
personae, incommerciabilità).
Invero, il proprietario ha il diritto ad
edificare se la costruzione è rispettosa
delle norme urbanistiche ed, in tale
ipotesi, il permesso di costruire è atto
dovuto, irrevocabile (anche in caso di
sopravvenienza di diversa valutazione degli
interessi collettivi) e trasmissibile con
l'immobile al quale accede (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.02.2010 n. 6642 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di un soppalco -
Natura dell’intervento - Restauro o
risanamento conservativo - Esclusione -
Ristrutturazione edilizia - Fondamento -
Art. 10, c. 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un soppalco non rientra
nell'ambito degli interventi di restauro o
risanamento conservativo (i quali
presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett.
c), D.P.R. n. 380/2001, la conservazione di
elementi, anche strutturali, degli edifici,
che siano comunque preesistenti, ovvero
l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano
tuttavia carattere accessorio), ma nel
novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001,
dal momento che determina una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico
(TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008,
n. 20563) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.02.2010 n. 1953 -
link a www.ambientediritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Nei
concorsi pubblici la scrittura in
stampatello non è causa di esclusione.
Un comune aveva impugnato, nella pronuncia
in rassegna, la sentenza con cui il
Tribunale amministrativo regionale del
Piemonte aveva accolto un ricorso che
annullava il provvedimento di approvazione
della graduatoria del concorso per un posto
di funzionario (VIII qualifica funzionale),
in quanto la vincitrice, avendo utilizzato
la scrittura a stampatello maiuscolo, aveva
posto in essere un segno di riconoscimento e
doveva perciò essere esclusa dal concorso.
I giudici del Consiglio di Stato, in
proposito, rilevano che i segni di
riconoscimento devono essere delle chiare
appostazioni grafiche che possano permettere
a chi legge un componimento di individuare
significativamente il soggetto che l’ha
apposto, mentre nella specie, né la
numerazione delle pagine, che è una evidente
vicenda ordinatoria, né la utilizzazione
della scrittura in stampatello maiuscolo,
possono essere considerati segni di
riconoscimento.
In particolare, l’uso della scrittura i n
stampatello maiuscolo, pur non essendo
abituale da parte dei candidati, è comunque
una modalità di uso, specialmente quando il
candidato stesso, per timore di non essere
ben compreso, intende chiaramente
rappresentare da un punto di vista grafico
le proprie argomentazioni.
In mancanza, pertanto, di altri evidenti
segni di riconoscimento, l’elaborato, né per
la numerazione delle pagine, né per l’uso
della scrittura a stampatello maiuscolo, può
considerarsi affetto da segni di
riconoscimento
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.02.2010 n. 877 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere di recinzione del terreno -
Permesso di costruire - Necessità -
Esclusione - Condizioni - Fattispecie.
Le opere di recinzione del terreno non si
configurano come nuova costruzione, per la
quale è necessario il previo rilascio di
permesso di costruire, quando, per natura e
dimensioni, rientrino tra le manifestazioni
del diritto di proprietà, comprendente lo
ius excludendi alios o, comunque, la
delimitazione e l'assetto delle singole
proprietà.
Tale è il caso della recinzione eseguita
senza opere murarie, costituita da una
semplice rete metallica sorretta da paletti
in ferro, la quale costituisce installazione
precaria e non incide in modo permanente
sull’assetto edilizio del territorio (cfr.,
fra le ultime, TAR Lazio, Roma, sez. II,
11.09.2009, n. 8644) (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 15.02.2010 n. 950 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Giurisdizione - appalti pubblici
- domande di annullamento
dell'aggiudicazione e di caducazione del
contratto di appalto - giurisdizione
amministrativa esclusiva-devoluzione.
Il revirement delle SS.UU. della Cassazione
tiene conto della direttiva dell'11.12.2007
n. 66, CE, sul miglioramento delle procedure
di ricorso in caso di aggiudicazione di
appalti pubblici.
L'esigenza della cognizione del giudice
amministrativo sulla domanda di annullamento
dell'affidamento dell'appalto, per le
illegittime modalità con cui si è svolto il
relativo procedimento e della valutazione
dei vizi di illegittimità del provvedimento
di aggiudicazione di un appalto pubblico,
comporta che lo stesso giudice adito per
l'annullamento degli atti di gara, che abbia
deciso su tale prima domanda, può conoscere
pure della domanda del contraente
pretermesso dal contratto illecitamente, di
essere reintegrato nella sua posizione, con
la privazione di effetti del contratto
eventualmente stipulato dall'aggiudicante
con il concorrente alla gara scelto in modo
illegittimo.
La posizione soggettiva del ricorrente, che
ha chiesto il risarcimento in forma
specifica delle posizioni soggettive a base
delle sue domande di annullamento
dell'aggiudicazione e di caducazione del
contratto concluso dall'aggiudicatario, è da
trattare unitariamente dal giudice
amministrativo in sede di giurisdizione
esclusiva ai sensi della Direttiva n.
66/2007, che riconosce il rilievo peculiare
in tal senso alla connessione tra le due
indicate domande, che pertanto vanno decise
di regola da un solo giudice.
Tale soluzione è ormai ineludibile per tutte
le controversie in cui la procedura di
affidamento sia intervenuto dopo il dicembre
2007, data dell'entrata in vigore della
richiamata normativa comunitaria del 2007 e,
comunque, quando la tutela delle due
posizioni soggettive sia consentita
dall'attribuzione della cognizione al
giudice amministrativo di esse nelle materie
di giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo e possa essere effettiva solo
attraverso la perdita di efficacia dei
contratti conclusi dall'aggiudicante con
l'aggiudicatario prima o dopo l'annullamento
degli atti di gara, fermo restando il potere
del giudice amministrativo di preferire,
motivatamente e in relazione agli interessi
generali e pubblici oggetto di controversia,
un'eventuale reintegrazione per equivalente,
se richiesta dal ricorrente in via
subordinata (Corte di Cassazione, Sezz.
Unite civili,
sentenza 10.02.2010 n. 2906 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Responsabilità della P.A.: paga i
danni l'Amministrazione che omette di
annullare in autotutela un provvedimento
illegittimo.
La Pubblica Amministrazione che ometta di
adottare tempestivamente un provvedimento di
autotutela è tenuta, in forza dell'art. 2043
c.c., a risarcire il privato dei danni da
questo subiti, consistenti nelle spese
legali sostenute per ottenere l'annullamento
dell'atto illegittimo (Corte di Cassazione,
Sez. III civile,
sentenza 19.01.2010 n. 698 - link
a www.eius.it). |
URBANISTICA:
La possibilità di realizzazione
delle costruzioni edilizie previste nel
Piano di Lottizzazione, anche dopo la sua
scadenza, è collegata alla completa
attuazione del PDL.
La scadenza del termine previsto nella
convenzione di lottizzazione per la
realizzazione delle opere di urbanizzazione,
comporta la decadenza del piano di
lottizzazione limitatamente alle parti non
urbanizzate, mentre le parti del piano
urbanizzate ed in particolare i lotti non
ancora edificati potranno ottenere la
concessione edilizia.
La possibilità di realizzazione delle
costruzioni edilizie previste nel Piano di
Lottizzazione, anche dopo la sua scadenza, è
collegata alla completa attuazione del PDL,
nel senso che devono essere state
realizzate, entro il termine di vigenza del
Piano, tutte le opere di urbanizzazione
primaria.
Com’è noto, la scadenza del termine previsto
nella convenzione di lottizzazione per la
realizzazione delle opere di urbanizzazione,
comporta la decadenza del piano di
lottizzazione limitatamente alle parti non
urbanizzate, mentre le parti del piano
urbanizzate ed in particolare i lotti non
ancora edificati potranno ottenere la
concessione edilizia in quanto, come
chiarito dalla Sezione con la sentenza
19/2006, “la lottizzazione è stata fatta
espressamente salva dal legislatore (cfr.
art. 2, lett. b, dell’art. 10-bis della LR
45/1989, come introdotto dalla LR 23/1993),
essendo state le opere di urbanizzazione
avviate entro il 17.11.1989”
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 14.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’onere
della prova circa la data di realizzazione
dell’immobile abusivo spetta a colui che ha
commesso l’abuso.
Costituisce principio consolidato di questo
Consiglio di Stato che l’onere della prova
circa la data di realizzazione dell’immobile
abusivo (o anche della attività edilizia
abusiva da sanare) spetti a colui che ha
commesso l’abuso e solo la deduzione, da
parte di quest’ultimo, di concreti elementi,
che non possono limitarsi a sole allegazioni
documentali a sostegno delle proprie
affermazioni, trasferisce il suddetto onere
in capo all’amministrazione (ex plurimis,
Consiglio di Stato, V, 09.11.2009, n. 6984)
.
La pubblica amministrazione non può di
solito materialmente accertare quale fosse
la situazione dell’intero suo territorio a
quella data prevista dalla legge, mentre il
privato, che propone l’istanza di
concessione edilizia in sanatoria, è
normalmente in grado di fornire idonea
documentazione che comprovi la ultimazione
dell’abuso alla entro la data di riferimento
del 31.12.1993 (in tal senso, Consiglio di
Stato, V, 12.10.1999, n. 1440), a costui
spettando l’onere di fornire quantomeno un
principio di prova su tale ultimazione e in
caso contrario restando integro il potere di
non concedere il condono e di irrogare la
sanzione prescritta (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 13.01.2010 n. 45 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
mutamento della destinazione d'uso senza
l'esecuzione di opere edilizie.
Il mutamento
abusivo di destinazione di uso di un
immobile senza l’esecuzione di opere
edilizie, realizzato in contrasto con le
previsioni degli strumenti urbanistici
normativi o amministrativi (regolamenti
edilizi, atti di concessione, ecc.), deve
comportare una traslazione non precaria
dall’una all’altra delle categorie
urbanistiche considerate dalla normativa
vigente (uso residenziale, uso agricolo, uso
industriale, uso commerciale) (in tal senso,
ai fini della integrazione del reato di cui
all’art. 17, lett. a), l. n. 10 del 1977,
Cassazione penale, sez. III, 29.02.1984).
Il mutamento di destinazione di uso
giuridicamente rilevante è quello tra
categorie funzionalmente autonome dal punto
di vista urbanistico (in tal senso,
Consiglio di Stato, V, 13.02.1993, n. 245 e
Cassazione penale, III sezione, 27.09.2007,
n. 35640) e nella specie l’interprete deve
rifarsi alla normativa statale e regionale
antecedente alla legge regionale Piemonte n.
19 del 1999.
Le destinazioni autonome sopra richiamate
sono evincibili (così Consiglio Stato, V,
448 depositata in data 05.02.2007) dal
decreto del Ministro dei lavori pubblici n.
1444 del 1968, dalla legge n. 10 del 1977 e
dall’art. 12, comma 2, punto 4) della l.r.
Piemonte n. 56 del 1977 (nel testo vigente
ratione temporis al momento di
presentazione della domanda di condono)
Il mutamento di destinazione di uso viene
per esempio escluso nel caso di mutamento
del tipo di attività industriale (Consiglio
Stato, V, 21.12.1992, n. 1547).
Nel caso di mutamento abusivo senza opere
edilizie della destinazione di un immobile,
il rilascio della concessione in sanatoria è
ammesso solo quando, sulla base di elementi
obiettivi, sia possibile verificare in
concreto l’uso diverso da quello assentito
(in tal senso, Consiglio Stato, IV,
09.09.2009, n. 5416) (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 13.01.2010 n. 45 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La clausola del disciplinare di
gara che richiede, espressamente e a pena di
esclusione, ai fini della partecipazione
alla gara esclusivamente la produzione
dell’originale o copia conforme del DURC,
peraltro non antecedente al mese dalla data
della gara, è illegittima.
A parere del Collegio la clausola del
disciplinare che richiede, espressamente e a
pena di esclusione, ai fini della
partecipazione alla gara esclusivamente la
produzione dell’originale o copia conforme
del DURC, peraltro non antecedente al mese
dalla data della gara, è illegittima sotto i
profili evidenziati dalla ricorrente.
Tale clausola, in particolare, in modo
ingiustificatamente restrittivo, non prevede
la possibilità di produrre il DURC anche
successivamente alla presentazione della
domanda, a fronte dell’obbligo di presentare
la certificazione contributiva sancito dal
legislatore solo a carico
dell’aggiudicatario.
La disciplina della “lex specialis”
è, infatti, sotto tale aspetto, in aperta
violazione dell’art. 38, commi 2 e 3, della
d.lvo n. 163/2006, a norma dei quali,
rispettivamente: “2. Il candidato o il
concorrente attesta il possesso dei
requisiti mediante dichiarazione sostitutiva
in conformità alle disposizioni del decreto
del Presidente della Repubblica 28.12.2000,
n. 445….
3. Ai fini degli accertamenti relativi alle
cause di esclusione di cui al presente
articolo, si applica l'articolo 43 del
decreto del Presidente della Repubblica
28.12.2000, n. 445; resta fermo, per
l'affidatario, l'obbligo di presentare la
certificazione di regolarità contributiva di
cui all'articolo 2, del decreto-legge
25.09.2002, n. 210, convertito dalla legge
22.11.2002, n. 266 e di cui all'articolo 3,
comma 8, del decreto legislativo 14.08.1996,
n. 494 e successive modificazioni e
integrazioni…” (alla presentazione del
DURC da parte dell’aggiudicatario il d.l. n.
185/2008, art. 16-bis, comma 10, ha
sostituito l’acquisizione d’ufficio da parte
della stazione appaltante) .
Sotto il profilo rilevato, la clausola del
disciplinare è, altresì, in contrasto con il
disposto regolamentare dell’art. 46,
rubricato “Dichiarazioni sostitutive di
certificazioni”, del DPR 28/12/2000 n.
445 -Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa-, a norma del
quale: “1. Sono comprovati con
dichiarazioni, anche contestuali
all'istanza, sottoscritte dall'interessato e
prodotte in sostituzione delle normali
certificazioni i seguenti stati, qualità
personali e fatti: ...omissis… p)
assolvimento di specifici obblighi
contributivi con l'indicazione
dell'ammontare corrisposto...”.
Coerentemente il successivo art. 48 – “Disposizioni
generali in materia di dichiarazioni
sostitutive”, al 3 comma, prevede: “In
tutti i casi in cui sono ammesse le
dichiarazioni sostitutive, le singole
amministrazioni inseriscono la relativa
formula nei moduli per le istanze”.
L’applicazione di queste norme avrebbe
consentito, infatti, mediante il ricorso
all’autocertificazione, proprio l’auspicata
produzione solo nella fase successiva alla
partecipazione del DURC in corso di
validità.
Peraltro il disciplinare di gara, alla lett.
b) relativa al paragrafo “documentazione
da presentare nel plico, fuori dalla busta
dell’offerta”, richiede la “dichiarazione
del titolare o del legale rappresentante,
conforme al modello “A” … e comunque
contenente tutti i dati in esso richiesti...”.
Tale modello, allegato al bando,
conformemente alla richiamata disciplina ma
in contraddizione a quanto disposto dalla
sopra censurata clausola, lett. g) del
disciplinare, prevede, tra le dichiarazioni
sostitutive da rendere, alla lett. i), anche
quella secondo la quale “non sono state
commesse violazioni gravi, definitivamente
accertate, alle norme in materia di
contributi previdenziali e assistenziali...”.
In altri termini, a prescindere dalla
validità o meno del DURC presentato dalla
ricorrente al momento della partecipazione
alla gara, la ricorrente, con dichiarazione
sostitutiva avente valore legale equivalente
al certificato sostituito, aveva dichiarato
di non essere incorsa proprio in quelle
violazioni, connotate dal requisito di
gravità e definitivamente accertate, uniche
in grado di escludere legittimamente,
secondo la legislazione vigente, la sua
partecipazione alla gara (TAR Puglia, Lecce,
sez. II, nn. 5465 e 6104/2006) ed il
rilascio del DURC.
Per quanto concerne poi, la validità del
DURC, coglie nel segno parte ricorrente
laddove afferma la validità del DURC
prodotto, emesso in data 26.06.2009, al
momento della presentazione dell’offerta e,
ritiene il Collegio di dovere specificare,
anche al momento della data della gara,
prevista per il 29.07.2009. Tale
precisazione vale, per inciso, a confermare
quanto affermato in premessa, in merito alla
non immediata lesività del disciplinare,
attesa la complessità della normativa di
riferimento, sino alla comunicata mancata
aggiudicazione definitiva, intervenuta con
l’atto applicativo.
A parere del Collegio, infatti, il richiamo,
contenuto nel suddetto disciplinare,
all’art. 7 del DM 24/10/2007 n. 28578, al
fine di circoscrivere ad un mese la validità
del DURC da un lato concreta solo una
dichiarazione di scienza e non di volontà (e
non ha quindi contenuto
dispositivo),dall’altro è erroneo,in quanto
prescinde da una lettura sistematica del
complessivo quadro normativo.
In particolare, dispone tale norma ai commi
1 e 2: “1. Ai fini della fruizione delle
agevolazioni normative e contributive di cui
all'art. 1 il DURC ha validità mensile.
2. Nel solo settore degli appalti privati di
cui all'art. 3, comma 8, del decreto
legislativo 14.08.1996, n. 494, e successive
modifiche, il DURC ha validità trimestrale,
ai sensi dell'art. 39-septies del decreto
legge 30.12.2005, n. 273, convertito dalla
legge 23.02.2006, n. 51”.
Ora, ciò che emerge “ictu oculi”
dalla lettura della norma e che pertanto può
ritenersi incontestabile è, in primo luogo,
che esclusivamente per la fruizione delle
agevolazioni normative e contributive il
DURC abbia validità mensile (essendo questo
il campo di applicazione espressamente
circoscritto) e, in secondo luogo, che nel
solo settore degli appalti privati lo stesso
abbia una validità trimestrale. Nulla è
detto con riferimento alla validità generale
nel settore degli appalti pubblici (posto
che la partecipazione agli stessi non
rientra nelle agevolazioni normative e
contributive di cui all’art. 1).
Premesso che tale normativa è stata emanata
in esecuzione della delega contenuta
nell'art. 1, comma 1176, della legge
27.12.2006, n. 296 che prevede l'adozione di
un decreto ministeriale per la definizione
delle modalità di rilascio e dei contenuti
analitici del Documento Unico di Regolarità
Contributiva (DURC), nell’ipotesi di
manifesta lacuna disciplinare di secondo
grado trova applicazione, con ciò garantendo
anche le esigenze di una disciplina uniforme
nei settori pubblico e privato, la norma di
carattere generale e di fonte primaria. In
particolare, l’art. 39-septies del decreto
legge 30.12.2005, n. 273, convertito dalla
legge 23.02.2006, n. 51, dispone: “1. Il
documento unico di regolarità contributiva
di cui all' articolo 3, comma 8, del decreto
legislativo 14.08.1996, n. 494 ha validità
di tre mesi”
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 16.10.2009 n. 2304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Le
opinioni espresse e le valutazioni
manifestate dai membri di organi collegiali
nel corso delle relative sedute, anche
qualora raccolte in appunti presi
dall’organi verbalizzante, non costituiscono
documenti amministrativi soggetti al diritto
di accesso di cui alla L. 241/1990.
La giurisprudenza ha affermato in più
occasioni che le opinioni espresse e le
valutazioni manifestate dai membri di organi
collegiali nel corso delle relative sedute,
anche qualora raccolte in appunti presi
dall’organi verbalizzante, non costituiscono
documenti amministrativi soggetti al diritto
di accesso di cui alla L. 241/1990 (TAR
Friuli 13/02/2009 n. 68; TAR Brescia
31/12/2003 n. 1823; Consiglio di Stato, IV,
04/07/1996 n. 820).
A diversa conclusione non si può pervenire
qualora il Segretario adotti, ai fini della
stesura del verbale altri strumenti di
riproduzione come, appunto, la registrazione
fonografica della seduta (TAR Veneto,
Venezia II, 14/01/2002 n. 60)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 13.03.2009 n. 1914 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Le
minute od altro tipo di documentazione
costituente elaborazione interna ed
informale dell'organo amministrativo è, per
definizione, prodromica all’attività
provvedimentale estrinsecantesi
nell’adozione dell’atto amministrativo e,
quindi, non sussumibile nella nozione di
documento amministrativo.
Tra gli atti di cui può venir chiesta
l’ostensione, non rientrano minute o altro
tipo di documentazione costituente
elaborazione interna ed informale
dell'organo amministrativo, la quale è, per
definizione, prodromica all’attività
provvedimentale estrinsecantesi
nell’adozione dell’atto amministrativo (TAR
Emilia Romagna-Bologna, sez. II, 05.12.2005,
n. 1686, TAR Lombardia-Milano, sez. II,
10.01.2003, n. 10) e, quindi, non
sussumibile nella nozione di documento
amministrativo, mentre vi rientrano atti
ufficiali quali eventuali relazioni e/o
comunicazioni di titolari di uffici comunali
che siano state ufficialmente inviate ad
organi comunali per l’adozione di atti degli
stessi (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez.
I,
sentenza 13.02.2009 n. 68 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Se
il comune non si è ancora pronunciato, è
possibile la rinuncia totale o parziale
della richiesta di condono edilizio
presentata.
Ricorso per l'annullamento del provvedimento
prot. n. 39867/2001 del 25.10.2001 con il
quale il Direttore dell’Ufficio Condono
Edilizio del Comune di Firenze ha ritenuto
che “non è possibile né la rinuncia
totale né la rinuncia parziale” alla
domanda di condono edilizio.
Fino a quando l’Amministrazione non si è
pronunciata sulla domanda di condono, il
richiedente può legittimamente modificare,
sostituire o anche rinunciare alla richiesta
di sanatoria, non ostandovi nell’ordinamento
una norma impeditiva di tale potere (vd. TAR
Piemonte, Torino, Sez. I, 19.06.1997, n.
480; ed in termini sostanzialmente
equivalenti, TAR Lombardia, Milano, Sez. II,
18.12.1987, n. 490). Ed invero, l’espressa
previsione -nelle suddette pronunce- della
facoltà da parte dell’interessato, di
modificare (o sostituire) l’istanza
originariamente presentata, in assenza di
decisione amministrativa sulla prima, rende
palese la legittimità anche di una rinuncia
parziale (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 21.12.2004 n. 6520 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Il
brogliaccio del segretario comunale non
rappresenta alcun documento amministrativo,
contenendo meri appunti rispetto ad opinioni
espresse e valutazioni manifestate dai
componenti del consiglio comunale
successivamente riportate nel testo della
stessa delibera comunale debitamente
approvata dal Consiglio e, come tale, non è
accessibile.
Non è richiedibile ed ostensibile il
brogliaccio del Segretario comunale, per la
successiva redazione della delibera
consiliare citata, posto che lo stesso non
rappresenta alcun documento amministrativo,
contenendo meri appunti rispetto ad opinioni
espresse e valutazioni manifestate dai
componenti del consiglio comunale
successivamente riportate nel testo della
stessa delibera comunale debitamente
approvata dal Consiglio
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 31.12.2003 n. 1823 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'01.03.2010 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
Detrazione 55% e requisiti 2010: disponibile
il testo coordinato del decreto 11.03.2008.
Il D.M. 26.01.2010 "Aggiornamento del
decreto 11.03.2008 in materia di
riqualificazione energetica degli edifici"
è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
n. 35 del 12/02/2010.
Il decreto modifica (anche sensibilmente) i
valori della trasmittanza previsti nel D.M.
11.03.2008 e introduce nuovi requisiti
necessari all'ottenimento delle detrazioni
per gli interventi di riqualificazione
globale degli edifici (definiti dal comma
344 della legge finanziaria 2007) in caso di
sostituzione del generatore di calore con
una caldaia a biomassa ... (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Approvato il decreto: nuovi incentivi dal
2011 per il fotovoltaico.
E' stato approvato, ed è in attesa di
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il
decreto del Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare che
definisce gli incentivi per la produzione di
energia elettrica da impianti solari
fotovoltaici per l'anno 2011.
Il decreto individua le categorie di
impianti oggetto di incentivi ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Gli atti del convegno sulla tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro "D.lgs.
81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e
organizzativi".
Nei giorni 20 e 21.01.2010, a Firenze, si è
tenuto il convegno sulla tutela della salute
e della sicurezza sul lavoro dal titolo "D.Lgs.
81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e
organizzativi".
Nel corso delle due giornate di studio sono
stati affrontati numerosi aspetti relativi
alla sicurezza, dalla gestione degli appalti
di lavori e forniture di beni e servizi agli
aspetti applicativi e procedurali dei
Modelli Organizzativi e Gestionali ... (link
a www.acca.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
G.U. 27.02.2010 n. 48, suppl. ord. n. 39/L:
- "Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 30.12.2009,
n. 194, recante proroga di termini previsti
da disposizioni legislative" (L.
26.02.2010 n. 25);
- "Testo del
decreto-legge 30.12.2009, n. 194 coordinato
con la legge di conversione 26.02.2010, n.
25, recante: «Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative»".
---------------
Milleproroghe cotto e mangiato. Il
senato ha dato via libera a tempo di record
al dl 194/2009 approvato dalla camera.
Scudo, scuola, sfratti & co.: la legge già
stasera in G.U..
Il milleproroghe è legge. L'aula del senato
ha definitivamente convertito ieri il
decreto 194 del 2009 dopo che il giorno
prima la camera aveva dato il suo ok. I sì
sono stati 134, i no 99, gli astenuti 4. Nel
testo, che sarà pubblicato questa sera in
Gazzetta Ufficiale, c'è il rinvio della
stretta sulle risorse per l'editoria (ItaliaOggi
di ieri e del 12 febbraio).
Scudo fiscale. Si riaprono i termini
per lo scudo fiscale fino al 30.04.2010.
Vengono fissate però aliquote più alte: 6%
fino al 28 febbraio e 7% dal primo marzo al
30 aprile.
Sicurezza scuole. Slitta di cinque
mesi, al 30 giugno, il termine entro il
quale devono essere individuati gli
interventi immediatamente realizzabili per
la messa in sicurezza e l'adeguamento
antisismico delle scuole.
Sisma abruzzo. Viene prorogata la
sospensione dei tributi e contributi. Per il
periodo di stop dal novembre 2009 al giugno
2010, la copertura è prevista però solo per
novembre (100 milioni di euro) e le somme
dovranno essere restituite entro l'anno.
Spiagge. Le concessioni demaniali
marittime sono prorogate sino al 31.12.2015.
Blocco sfratti. In arrivo la proroga
del blocco degli sfratti per determinate
categorie svantaggiate fino al 31.12.2010.
Tariffe. Si proroga al 31.12.2010 il
blocco delle tariffe, con l'esclusione dei
servizi aeroportuali, di trasporto
ferroviario e delle tariffe postali
agevolate.
Carta identità. Chi lo vorrà potrà
inserire nella carta d'identità
l'indicazione sul consenso o il diniego a
donare i propri organi in caso di morte.
Condono cartelli elettorali. La
sanatoria per i cartelli elettorali abusivi
vale sino al 31.05.2010, cioè anche per le
prossime Regionali.
Stretta p.a. In arrivo una nuova
stretta del 10% per gli uffici e gli
organici della pubblica amministrazione
dello stato.
Banche popolari. Un anno in più, cioè
fino al 31.12.2011, per gli azionisti delle
banche popolari per l'alienazione delle
quote di partecipazione al capitale sociale
di una banca popolare eccedenti lo 0,50%.
Studi settore. La pubblicazione degli
studi in G.U. viene posticipata di sei mesi,
al 31.03.2011.
Immobili. Il termine concesso per
l'esercizio dell'opzione per il regime
speciale delle Siiq è posticipato al
30.04.2010.
Piccola proprietà contadina.
Ripartono le agevolazioni che prevedono
l'imposta di registro e ipotecaria fissa e
l'imposta catastale all'1%.
Lavoratori stranieri. I visti per gli
stranieri che arrivano in Italia per
svolgere lavori subordinati, stagionali o
autonomi devono essere rilasciati entro il
30 novembre.
Salva-precari. Scuola, le norme
varate lo scorso anno, valide anche per il
prossimo anno scolastico 2010-2011.
Processi lavoro cassazione. Il
contributo unificato non dovrà essere pagato
ma solo fino al 31 dicembre 2010.
Cinque per mille. Proroga al
30.04.2010 delle procedure di
regolarizzazione delle domande delle
associazioni di volontariato anche per gli
anni 2006/07/08.
Transfrontalieri. Anche per il 2011 i
redditi prodotti dai lavoratori dipendenti
transfrontalieri concorrono al reddito
complessivo per un importo eccedente gli 8
mila euro (articolo ItaliaOggi del
26.02.2010, pag. 28). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U. 27.02.2010 n. 48 "Modifiche ed
integrazioni al decreto 17.12.2009,
recante: «Istituzione del sistema di
controllo della tracciabilità dei rifiuti,
ai sensi dell’articolo 189 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 e dell’articolo
14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009
convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 102 del 2009»" (Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare,
decreto
15.02.2010).
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Tracciabilità dei
rifiuti, un mese per iscriversi al Sistri.
Ancora 30 giorni per iscriversi al Sistri,
il nuovo sistema elettronico di
tracciabilità dei rifiuti.
Lo prevede un nuovo decreto ministeriale
pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale
(27/02/2010).
Il decreto, che è composto di 13 articoli,
non contiene solo la proroga ma anche una
serie di modifiche al precedente dm
17.12.2009 pubblicato il 13.01.2010.
Tra le più importanti c'è la modifica della
nozione di delegato che è quello a cui è
attribuito il certificato per la firma
elettronica. Qualora l'impresa non abbia
indicato, nella procedura di iscrizione un
delegato, il certificato verrà attribuito
automaticamente al rappresentante legale
dell'impresa. Diversi sono anche i moduli,
che dovranno essere utilizzati per le nuove
iscrizioni a partire dal 1° marzo 2010.
Cambiano anche i tempi per la comunicazione
al Sistri dei dati per la movimentazione dei
rifiuti oggetto di critiche in quanto dette
procedure erano spesso in contrasto con
l'operatività in concreto. Infatti, in caso
di rifiuti pericolosi il produttore e il
trasportatore dovranno accedere al sistema,
rispettivamente, quattro ore e due ore prima
dell'operazione. Per i rifiuti non
pericolosi il termine precedente (otto ore
prima) viene soppresso stabilendo che la
relativa scheda dovrà essere compilata prima
della movimentazione.
Esteso anche il campo di applicazione.
Dovranno iscriversi tutti i produttori di
rifiuti non pericolosi (anche quelli non
inquadrati in un ente o in un'impresa) e
quelli che effettuano l'esportazione dei
rifiuti.
Cambia anche la videosorveglianza: già
prevista per le discariche dovrà essere
introdotta anche per gli impianti di
incenerimento. Gli impianti di recupero e
smaltimento dei rifiuti urbani, invece che
tenere il registro di carico e scarico e
comunicare annualmente le quantità al
catasto dei rifiuti, dovranno compilare
l'Area registro cronologico. Gli impianti di
messa in riserva e di deposito preliminare
dei soli rifiuti urbani pagheranno un
forfait di 500 euro (articolo ItaliaOggi del
27.02.2010, pag. 24). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 8° suppl. straord. al n. 8
del 26.02.2010, "«Contributi alle unioni
di comuni lombarde e alle comunità montane e
incentivazione alla fusione dei piccoli
comuni, in attuazione dell'art. 20 della
l.r. 27.06.2008, n. 19 (Riordino delle
comunità montane della Lombardia, disciplina
delle unioni di comuni lombarde e sostegno
all'esercizio associato di funzioni e
servizi comunali)», modificato dal r.r.
25.01.2010, n. 2"
(testo
coordinato del Regolamento Regionale
27.07.2009 n. 2 - link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 6° suppl. straord, al n. 8
del 26.02.2010, "Revisione dei «Criteri e
direttive per la formazione dei Piani e
delle cave provinciali» di cui al primo
comma dell'art. 2 e al primo comma dell'art.
5 della l.r. n. 14/1998, in materia di cave"
(deliberazione
G.R. 10.02.2010 n. 11347 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord, al n. 8
del 26.02.2010, "Metodo per
l'espletamento della verifica di
assoggettabilità alla VIA per gli impianti
smaltimento e/o recupero rifiuti"
(deliberazione
G.R. 10.02.2010 n. 11317 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord, al n. 8
del 26.02.2010, "Modifiche alla l.r.
11.03.2005, n. 12 (Legge per il governo del
territorio) e alla l.r. 05.01.2010, n. 1
(Riordino del sistema delle autonomie in
Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31.03.1998,
n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dallo Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I
della legge 15.03.1997, n. 59»" (L.R.
22.02.2010 n. 12 - link a
www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord, al n. 8
del 26.02.2010, "Interventi di
manutenzione e di razionalizzazione del
corpus normativo" (L.R.
22.02.2010 n. 11 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 24.02.2010 n. 45 "Riassetto della
normativa in materia di ricerca e
coltivazione delle risorse geotermiche, a
norma dell’articolo 27, comma 28, della
legge 23.07.2009, n. 99" (D.Lgs.
11.02.2010 n. 22). |
QUESITI & PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Potestà rogatoria segretario
comunale atti unilaterali di obbligo
edilizio.
Il Comune di (omissis) premette che:
- la Legge della regione Piemonte
05.12.1977, n. 56 e s.m.i. “Tutela ed uso
del suolo” (B.U. 24.12.1977, n. 53)
all’art. 25, tra l’altro, testualmente
recita “…il rilascio della concessione
per gli interventi edificatori nelle zone
agricole è subordinato alla presentazione al
Sindaco di un atto di impegno dell’avente
diritto che preveda il mantenimento della
destinazione dell’immobile a servizio
dell’attività agricola e le sanzioni per
inosservanza degli impegni assunti; l’atto è
trascritto, a cura dell’Amministrazione ed a
spese del concessionario, sui registri della
proprietà immobiliare…”;
- le vigenti norme tecniche di attuazione
del PRGC del comune prevedono che “Il
rilascio della concessione per gli
interventi edificatori nelle zone agricole è
subordinata alla presentazione al Sindaco di
un atto di impegno dell’avente diritto che
preveda:
- il mantenimento della destinazione
dell’immobile a servizio dell’attività
agricola;
- la classi di coltura in atto e in progetto
documentate a norma del 18° comma
dell’art. 25 della legge regionale n. 56/77
e s.m.i.;
- le sanzioni previste dall’art. 69 della L.
R. n. 56/1977 e s.m.i. per l’inosservanza
degli impegni assunti.
- l’atto è trascritto a cura
dell’Amministrazione comunale e a spese del
concessionario sui registri della proprietà
immobiliare”;
quindi richiede se, alla luce dell’art. 97,
comma 4, lett. c), del d.lgs. 267/2000 e
s.m.i., il segretario comunale sia
competente ad autenticare tali atti, in
dipendenza del rifiuto della Conservatoria
locale di ricevere tali atti nella forma
della scrittura privata autenticata dal
segretario comunale eccependo l’incompetenza
dello stesso ad effettuare tali autentiche
in quanto atti nei quali l’Ente non è parte
e nei quali non è presente l’interesse per
l’Ente stesso (Regione Piemonte,
parere n.
151/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Regolamentazione volume edifici.
Ampliamento edifici. Proroga lavori.
Agibilità.
Il Comune richiedente pone una serie di
quesiti in materia edilizia e precisamente:
1) In materia di volume degli edifici; 2) In
materia di ampliamento degli edifici; 3) In
materia di “proroga dei lavori”; 4)
Agibilità (Regione Piemonte,
parere n.
142/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Modalità calcolo altezza
fabbricato. Normativa fosse biologiche.
Accesso agli atti. Acquisizione strade nel
demanio.
Il Comune richiedente pone una serie di
quesiti in materia urbanistica e di accesso
ai documenti amministrativi e precisamente:
1) Modalità di calcolo dell’altezza di un
fabbricato; 2) Normativa vigente in materia
di fosse biologiche; 3) Accesso ai documenti
amministrativi; 4) Acquisizione di strade
nel demanio comunale (Regione
Piemonte,
parere n. 141/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 10 -
Sulla nozione di volumi tecnici non
computabili ai fini della volumetria
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 9 -
Sulla realizzazione di una veranda e di un
soppalco e sul titolo edilizio necessario
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 8 -
Sulle condizioni che devono sussistere
affinché i vani sopraelevati possano
considerarsi pertinenza dell'appartamento
sottostante (Geometra Orobico n.
6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 7 -
Sull'applicabilità o meno delle norme sul
rispetto delle distanze riguardo ai locali
interrati (Geometra Orobico n.
6/2009). |
ESPROPRIAZIONE:
Quesito 6 -
Sul criterio di determinazione
dell'indennità di esproprio in base
all'edificabilità di fatto in seguito alla
decadenza del vincolo urbanistico ablativo
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 5 -
In merito al fatto che il vincolo di
pertinenzialità tra l'appartamento ed il
posto auto, ex lege 1150 del 1942, art.
41-sexies, non si estende necessariamente a
tutte le aree destinate a parcheggio
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 4 -
Sui caratteri che devono possedere le
costruzioni per essere soggette alla
disciplina contenuta nell'art. 873 c.c.
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 3 -
Sulla realizzazione di balconi e sul
rispetto delle distanze dai confini
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 2 -
Sulla decorrenza del termine per
l'impugnazione della concessione edilizia
(Geometra Orobico n. 6/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 1 -
Sul riferimento all'art. 10-bis della Legge
n. 241 del 1990, contenuto nell'attuale
formulazione dell'art. 146 del codice dei
beni culturali, e sulla
riferibilità dello stesso al solo sistema
dell'autorizzazione paesaggistica ovvero
anche quello transitorio (Geometra Orobico
n. 6/2009). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Corso di specializzazione sull'applicazione della
L.R. n. 12/2005:
3^ lezione - Cambi di destinazione d'uso
(Geometra
Orobico n. 6/2009). |
PUBBLICO IMPIEGO:
L. Spadone e D. Noretta,
CHI ELUDE I SISTEMI DI RILEVAMENTO DELLA
PRESENZA VA LICENZIATO?
PUO’ ESSERE ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL
PUBBLICO DIPENDENTE CHE ABBIA POSTO IN
ESSERE FATTI E COMPORTAMENTI TESI
ALL’ELUSIONE DEI SISTEMI DI RILEVAMENTO
DELLA PRESENZA (link a
www.lavoroprevidenza.com). |
APPALTI:
Stop agli affidamenti senza gara tra P.A.
(link a www.mediagraphic.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI - PUBBLICO
IMPIEGO: Presentato
alla Camera il 12.02.2010, da parte dei
Ministri Brunetta e Calderoli, il
ddl C-3209 "Disposizioni
in materia di semplificazione dei rapporti
della Pubblica Amministrazione con cittadini
e imprese e delega al Governo per
l’emanazione della Carta dei doveri delle
amministrazioni pubbliche e per la
codificazione in materia di pubblica
amministrazione".
Di interesse sono i seguenti articoli:
- art. 5 "Attività edilizia libera";
- art. 12 "Disposizioni in materia di
sportello unico per l'edilizia";
- art. 21 "Giuramento dei dipendenti
pubblici";
- art. 28 "Delega al Governo per
l’emanazione della Carta dei doveri delle
amministrazioni pubbliche";
- art. 29 "Princìpi e criteri direttivi";
- art. 30 "Codificazione". |
ENTI LOCALI:
OSSERVATORIO VIMINALE / Delibere
sprint, voto ad hoc. È necessario il sì
della maggioranza qualificata dei componenti
del collegio. Votazione separata per
l'immediata eseguibilità.
Come devono essere
adottate le delibere con immediata
eseguibilità?
In base alla disposizione dell'art. 134
comma 4 del Tuel la dichiarazione di
immediata eseguibilità risponde all'esigenza
di porre in essere le deliberazioni urgenti
quindi, limitatamente a tali casi, deve
scaturire da apposita separata votazione che
la approvi con il voto favorevole della
maggioranza dei componenti del collegio, non
essendo sufficiente il voto della
maggioranza semplice dei votanti o dei
presenti.
Siffatta decisione, di attribuire a una
deliberazione la connotazione dell'immediata
eseguibilità, assume autonoma valenza
rispetto all'approvazione del provvedimento
cui si riferisce, restandone logicamente
distinta, anzitutto perché presidiata dalla
maggioranza qualificata e comunque perché
ciascun componente dell'organo collegiale
potrebbe esprimere valutazioni differenziate
sul merito del provvedimento e sulla
opportunità della sua immediata esecuzione.
Si segnala in proposito come il Tar Liguria,
sez. Il, con decisione n. 2/2007 ha
affermato che «in virtù dell'art. 134
comma 4, del dlgs n. 267/2000, la necessità
che la dichiarazione di immediata
eseguibilità, per motivi di urgenza, di una
delibera di consiglio o di giunta, sia
oggetto di un'autonoma votazione, fa si che
tale dichiarazione, pur accedendo alla
delibera, non si identifichi con essa».
Lo stesso tribunale ha puntualizzato che il
legislatore non ha ritenuto la clausola di
immediata eseguibilità quale attributo
necessario di ogni delibera, ma ha inteso
farla dipendere da una scelta discrezionale,
basata sul requisito dell'urgenza,
dell'amministrazione procedente.
Proprio per tale scelta discrezionale, la
situazione di urgenza, che per opportunità
dovrebbe essere indicata nel dispositivo del
provvedimento, scaturisce certamente da
motivazioni che, rientrando nell'ambito
della sfera di valutazione afferente la
discrezionalità politica, comunque sono
rilevabili esclusivamente dall'organo
deliberante il quale si assume la
responsabilità della decisione adottata.
Si evidenzia infine come il Consiglio di
stato con sentenza n. 107/2009 ha chiarito
che «la pubblicazione dell'atto
amministrativo quando è prescritta, non
costituisce requisito di validità ma solo di
efficacia del provvedimento, la quale
attiene al diverso fenomeno della produzione
degli effetti che si realizza quando si è
perfezionato l'iter procedimentale
(estrinseco) previsto per la formazione
dell'atto».
L'Alto consesso ha puntualizzato, altresì,
che con la dichiarazione di immediata
esecutività, viene rimosso ogni impedimento
estrinseco alla produzione degli effetti
dell'atto (ovvero della sua temporanea
inefficacia, o meglio, in operatività in
pendenza dell'affissione).
Siffatte considerazioni possono certamente
valere anche per la deliberazione di
salvaguardia degli equilibri di bilancio
che, consistendo nell'accertamento della
permanenza del pareggio di bilancio, di per
sé può non richiedere il requisito
dell'urgenza.
Infatti, lo strumento previsto dal comma 2
dell'art. 193 per assicurare il rispetto
degli equilibri di bilancio nel corso della
gestione prevede la deliberazione del
consiglio, il quale deve provvedere, almeno
una volta all'anno, e comunque entro il 30
settembre, a effettuare la ricognizione
sullo stato di attuazione dei programmi. Il
corretto esercizio di questo compito, che
rientra nell'ambito delle funzioni di
indirizzo e controllo attribuite ai consigli
dall'art. 42 del Testo unico, presuppone un
bilancio di previsione annuale che sia stato
elaborato nella logica della relazione
previsionale e programmatica e del bilancio
pluriennale.
Il rilievo fondamentale degli adempimenti
posti dalla citata norma, volti a garantire
una corretta gestione finanziaria, emerge
quindi dall'attribuzione al consiglio
comunale della competenza all'adozione della
relativa delibera e dalla circostanza che
l'omissione dei provvedimenti di
riequilibrio, da adottare successivamente e
separatamente solo ove necessari in
conseguenza della ricognizione effettuata
dall'organo consiliare, è equiparata «ad
ogni effetto» alla mancata approvazione
del bilancio di previsione (articolo
ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 39). |
APPALTI SERVIZI:
Al via le gare per la scelta dei gestori del
gas naturale.
Decreto Minambiente. Affidamenti per non più
di 12 anni.
Al via le gare per la scelta dei gestori del
servizio di distribuzione del gas naturale;
entro otto mesi gli enti locali dovranno
individuare la stazione appaltante e poi la
gara sarà effettuata con l'offerta
economicamente più vantaggiosa; i
concorrenti dovranno essere già titolari di
una concessione di un impianto analogo o
gestori di infrastrutture a rete.
Sono
questi alcuni dei punti principali della
bozza di decreto
predisposto dal Ministero dello Sviluppo
Economico relativamente alle gare per
l'affidamento, per un periodo non superiori
a 12 anni, della gestione del servizio
di distribuzione del gas naturale da parte
degli enti locali. Il decreto, sul quale
dovrà esprimersi sia la Conferenza
Unificata, sia l'Authority per l'energia,
prevede che saranno gli enti locali di ogni
ambito ad individuare il soggetto che
fungerà da stazione appaltante, che potrà
essere o un comune capofila, o la provincia
o un altro soggetto «quale una società di
patrimonio delle reti».
L'individuazione
dovrà avvenire entro otto mesi dall'entrata
in vigore del decreto e sono previsti poteri
sostitutivi della Regione. Gli enti locali
dovranno fornire alla stazione appaltante la
documentazione necessaria a preparare gli
atti di gara. I gestori attuali degli
impianti, entro 30 giorni dalla richiesta,
dovranno a loro volta fornire numerosi
elementi all'ente locale (stato di
consistenza dell'impianto, obbligazioni
finanziarie in essere, indicazioni dello
stato dell'impianto e delle sue eventuali
carenze ecc.).
Il provvedimento stabilisce
anche che i gestori uscenti per i quali la
concessione non prevede un termine di
scadenza (o prevede un termine superiore a
quello del periodo transitorio) debbano
ricevere un rimborso che dovrà essere
quantificato sulla base delle indicazioni
che stabilirà l'Autorità per l'energia entro
90 giorni dall'entrata in vigore del
decreto, secondo una serie di principi
stabiliti dal decreto stesso. Il gestore che
si aggiudicherà la gara dovrà poi remunerare
l'ente locale con un corrispettivo una
tantum a copertura degli oneri che l'ente ha
sostenuto per lo svolgimento della gara.
Il
bando di gara e il disciplinare dovranno
essere predisposti sulla base di due
allegati al decreto e poi vagliati
dall'Authority (previsto il silenzio assenso
dopo 30 giorni dall'invio senza alcuna
risposta da parte dell'Autorità). La
stazione appaltante dovrà definire le linee
guida programmatiche d'ambito, le condizioni
minime di sviluppo eventualmente
differenziate in base al grado di
metanizzazione raggiunto dal Comune, alla
vetustà dell'impianto e alle caratteristiche
territoriali.
Per partecipare alla gara occorrerà
possedere i requisiti minimi previsti
dall'articolo 10 del decreto che dal punto
di vista economico-finanziario prevede il
possesso di un fatturato globale medio annuo
pari al valore del servizio oggetto di gara
o la produzione di due garanzie finanziarie
attestanti che l'impresa ha assolto
regolarmente ai propri impegni.
Per quel che concerne invece l'esperienza
pregressa si chiede di avere la titolarità
di concessioni di impianti di distribuzione
del gas naturale per un numero di clienti
pari ad almeno il 50% di quelli previsti per
la gara, oppure la disponibilità di sistemi
informativi, di equipaggiamento tecnico e di
personale tali da gestire un numero di
clienti uguale o superiore a quello oggetto
della gara, oltre alla condizione di essere
gestore di infrastrutture a rete.
La commissione di gara, formata da cinque
esperti nel settore specifico, o nel settore
dei servizi pubblici locali o nel settore
degli appalti pubblici, aggiudicherà con il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa sulla base dei seguenti
elementi: prezzo, criteri di sicurezza e
piani di sviluppo (articolo ItaliaOggi del
25.02.2010, pag. 26).
---------------
Gare del gas in 129 ambiti. In arrivo i
decreti che riformano l'affidamento della
distribuzione.
Le regole delle gare per la concessione del
servizio di distribuzione del gas sono in
dirittura d'arrivo e con esse la definizione
dei nuovi ambiti territoriali minimi. La
definizione degli ambiti ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 15.02.2010 -
tratto da http://rassegnastampa.formez.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Corruzione, enti ai raggi X. Le
norme sui controlli nei comuni saranno
recepite nel ddl del governo. Per le
concessioni edilizie servirà la doppia
firma.
Non basterà la firma del
dirigente, ma ci vorrà la controfirma del
sindaco (o dell'assessore) per rendere
efficace la concessione edilizia rilasciata
dal comune. La doppia firma sarà necessaria
anche su tutti i provvedimenti autorizzatori
(art. 107, comma 3, lett. f) e g) del Testo
unico sugli enti locali) che presuppongano
accertamenti e valutazioni di natura
discrezionale, nonché su tutti i
provvedimenti di sospensione dei lavori,
abbattimento e riduzione in pristino di
competenza comunale. Basterà invece la sola
firma del dirigente per irrogare le sanzioni
amministrative in materia di prevenzione e
repressione dell'abusivismo edilizio.
È questa una delle soluzioni a cui la
maggioranza sta pensando nel tentativo di
arginare la corruzione negli enti locali.
E la norma, ancor prima della sua
presentazione ufficiale all'interno del più
ampio disegno di legge anticorruzione che il
governo varerà nella prossima riunione del
consiglio dei ministri, fa già discutere.
Perché infliggerebbe un colpo mortale a uno
dei principi cardine della governance
locale, ossia la separazione tra attività di
indirizzo politico e attività di gestione. E
proprio per questo all'interno
dell'esecutivo c'è già chi storce il naso
davanti a una soluzione che ai più sembra
radicale e di difficile realizzazione
pratica. Anche se il problema della
compatibilità col Tuel e con il dlgs 29/1993
potrebbe essere superato considerando la
firma del sindaco (o dell'assessore) mera
condizione di efficacia dell'atto che però
resterebbe di emanazione dirigenziale.
Secondo quanto risulta a ItaliaOggi,
l'emendamento è stato già scritto e inviato
al ministro della giustizia Angelino Alfano
assieme alle altre norme sugli enti locali
che andranno a integrare il ddl
anticorruzione. L'ipotesi di anticipare
all'interno del decreto legge sulla finanza
locale (dl 2/2010) le disposizioni del
Codice delle autonomie sui controlli nei
comuni è stata infatti accantonata dal
governo.
Ieri in mattinata il ministro per la
semplificazione, Roberto Calderoli, a cui il
cdm venerdì scorso aveva affidato il compito
di sondare il terreno (si veda ItaliaOggi
del 20 febbraio), ha incontrato i vertici di
Anci e Upi, ma si è dovuto arrendere di
fronte al no delle due associazioni
contrarie a un provvedimento ad hoc sugli
enti locali. Gli articoli 29 e 30 del Codice
autonomie transiteranno dunque integralmente
nel ddl Alfano.
Ieri, i tecnici del ministro Calderoli hanno
lavorato a una versione semplificata delle
norme, ma alla fine si è deciso di recepire
le due disposizioni così come sono nel testo
approvato lo scorso 19 novembre dal
consiglio dei ministri. Tra le novità
l'estensione del parere di regolarità
contabile, il rafforzamento del parere di
congruità in materia di appalti e la
possibilità di prevedere controlli di
regolarità non solo preventivi ma anche
successivi e a campione.
Un'altra novità dell'ultima ora potrebbe
riguardare le regioni. Non potrebbero essere
più eleggibili i governatori che hanno
causato dissesti per gravi violazioni di
legge (art. 126, comma 1, della
Costituzione). L'ineleggibilità per il
momento sarebbe limitata ai presidenti di
regione, ma potrebbe anche essere estesa ai
sindaci. Anche su questo punto però al
momento non c'è accordo nella maggioranza.
Il timore che una norma del genere possa
spingere molti sindaci a non dichiarare lo
stato di dissesto per salvare la poltrona è
forte (articolo ItaliaOggi del 24.02.2010,
pag. 22). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Pa, meno incarichi al legale
esterno. Ecco cosa prevedono i principali
orientamenti giurisprudenziali in materia di
consulenze.
Gli avvocati interni
all'amministrazione restano i preferiti.
Avvocato interno all'ente pubblico protetto
o dimezzato. I legali delle avvocature
pubbliche oscillano da una situazione di
tutela, che implica un regime controllato di
affidamenti di incarichi all'esterno,
all'opposta situazione di sottovalutazione
del ruolo e di confusione all'interno della
macchina amministrativa.
Peraltro le restrizioni agli enti pubblici
al conferimento di incarichi professionali
esterni, che colpisce in particolar modo gli
avvocati, finiscono talvolta con il
provocare una diminuzione di tutela per
l'ente stesso.
Migliore è la situazione degli enti che
hanno una propria avvocatura, mentre per
quelli senza una unità organizzativa interna
dedicata alla consulenza e al contenzioso le
restrizioni costituiscono talvolta una
barriera invalicabile.
Vediamo, dunque, in base alla recente
giurisprudenza quali possono essere le
opportunità per il giurista
d'amministrazione.
Cosa prevede la
giurisprudenza.
Partiamo innanzitutto dalle tutele per chi
svolge l'attività all'interno dell'ente,
quale dipendente dello stesso, e che, al di
là delle rivendicazioni di carattere
economico, si trova anche a difendere spazio
alla propria professionalità.
Una mano la dà il Tar Lazio, sez. II,
07.07.2009 n. 6257, che ha bocciato un bando
di gara di un ministero avente per oggetto
la «fornitura dei servizi legali
comprensivi di quelli di assistenza nelle
procedure contenziose», in quanto
sostanzia violazione del r.d. 30.10.1933 n.
1611 che prevede il cosiddetto patrocinio
obbligatorio dell'Avvocatura dello stato e
non consente alle amministrazioni dello
stato, salvo eccezionali motivi conducenti
ad apposita autorizzazione in deroga al
detto patrocinio obbligatorio, di affidare
le dette attività agli avvocati del libero
foro attraverso una pubblica gara di
appalto, anche per la consulenza
stragiudiziale.
Si dirà che siamo in presenza di una legge
che tutela l'Avvocatura dello stato. Ma il
principio si può estendere anche alle altre
avvocature pubbliche, per esempio quelle
comunali. In questi casi le delibere
istitutive e gli accordi di natura
contrattuale riservano l'attività legale
appunto agli uffici interni e, d'altra
parte, una barriera significativa deriva dal
fatto che un incarico all'esterno può
esserci solo se all'interno dell'ente non vi
siano professionalità adeguate: la stessa
presenza di una avvocatura interna argina a
ipotesi eccezionali l'affidamento
all'esterno.
Vista dal lato del legale esterno che ha
interesse a conseguire l'incarico va però
detto che un bando illegittimo non può
essere revocato dall'amministrazione senza
conseguenze a carico.
Nel caso che ha dato origine alla sentenza
citata del Tar Lazio il ministero è stato
condannato a risarcire il danno
precontrattuale, quantificato in 30 mila
euro.
L'affidamento diretto
dell'incarico.
Sempre vista dal lato del legale esterno va
considerato l'orientamento che accorda la
possibilità di un incarico diretto e
fiduciario.
Così è stato deciso che da un lato
l'affidamento dei servizi legali, come
complesso di consulenze e patrocinio di un
comune dinanzi a tutti i tribunali, non può
essere affidato direttamente, ma deve
rispondere ai principi espressi dal dlgs n.
163 del 2006, art. 27, comma 1, (codice dei
contratti), con l'obbligo del confronto
concorrenziale con almeno cinque offerenti,
e un'adeguata pubblicità preventiva
finalizzata alla possibilità di un'adeguata
valutazione comparativa dei candidati,
potendosi ammettere un affidamento diretto
solo casi eccezionalmente previsti dalla
medesima legge; dall'altro resta invece
escluso da tale normativa ed è legittimo
l'affidamento del solo patrocinio legale che
potrà pertanto essere affidato direttamente
senza l'espletamento di alcuna gara (Tar
Calabria-Reggio Calabria, 04.05.2007, n.
330). Insomma quest'ultimo orientamento
lascia spazio a incarichi fiduciari tout
court.
Nessuna alternativa, invece, e nessuno
spazio per incarichi fiduciari, invece, per
l'ipotesi di attività di assistenza tecnica,
economica e legale per esempio per
l'affidamento e l'indizione di una nuova
gara relativamente a un servizio pubblico
svolta da una società di capitali con
presenza di professionalità diversificate:
un'attività di questo tipo deve essere
qualificata come servizio di consulenza
gestionale e non come consulenza
professionale e quindi il suo affidamento
ricade nell'ambito di applicazione del
codice dei contratti (dlgs 12.04.2006 n.
163) con obbligo di gara.
Dunque il legale esterno può intervenire ad
assistere l'ente pubblico, sempreché la
stessa non abbia professionalità adeguate al
suo interno, e l'incarico su base
continuativa deve avvenire mediante un
percorso selettivo.
Dovrebbe avere ancora spazio l'affidamento
diretto di un singolo incarico di
rappresentanza in giudizio. Una chiusura,
invece, si ha nel campo della consulenza,
che non è facile assegnare su base diretta
fiduciaria. Una serie di regole queste che
rappresentano un equilibrio tra delle
esigenze della tutela delle professionalità
sia dell'avvocato interno sia di quello
esterno all'amministrazione (articolo
ItaliaOggiSette del 04.01.2010). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
ENTI LOCALI:
Le p.a. riflettono sulla qualità.
Una direttiva di Brunetta spiega come
fissare gli obiettivi la cui violazione fa
scattare la class action. Al via la
ricognizione degli standard qualitativi ed
economici.
Tutte le
amministrazioni, statali, regionali e locali
dovranno effettuare, nel più breve tempo
possibile, una ricognizione completa dei
rispettivi standard qualitativi ed
economici. L'esito di questa ricognizione
dovrà essere reso noto sui rispettivi siti
internet istituzionali, ai fini della
migliore conoscibilità sia da parte dei
singoli cittadini che delle associazioni di
consumatori ed utenti.
È quanto prevede la
direttiva 25.02.2010 n. 4/2010
firmata ieri dal ministro della funzione
pubblica, Renato Brunetta, in relazione
all'attuazione delle previsioni normative in
materia di ricorso per l'efficienza delle
amministrazioni e dei concessionari di
servizi pubblici (meglio nota come class
action), contenute all'articolo 7 del
dlgs n. 198/2009.
Come si ricorderà, con tale complesso di
disposizioni, il legislatore ha intenso
creare un sistema che ha, quale obiettivo
unitario, la definizione di obblighi e
standard di comportamento delle
amministrazioni. Standard che siano, lo dice
la stessa direttiva in esame, «oggettivi,
misurabili e concretamente giustiziabili con
l'azione collettiva».
Ad oggi, la concreta applicazione delle
disposizioni previste necessita di uno o più
dpcm, da emanare su proposta dello stesso
Brunetta, che definiscano, in via
preventiva, gli obblighi contenuti nelle
carte di servizi e gli standard qualitativi
ed economici, la cui violazione, appunto,
legittima alla proposizione dell'azione
collettiva per l'efficienza.
Inoltre, cita la direttiva in esame, la
norma dispone che le pubbliche
amministrazioni dovranno definire i propri
standard in conformità alle disposizioni
contenute nella riforma varata con il dlgs
n. 150/2009, in materia di misurazione della
qualità (la cosiddetta performance) e che i
concessionari di pubblici servizi sono
soggetti agli obblighi contenuti nelle carte
di servizi e dovranno agire in aderenza agli
standard di qualità che le direttive annuali
della presidenza del consiglio stabiliranno.
Ma la riforma non è impantanata, tiene a
precisare il ministro. Il riferimento va a
quei rimedi, già esperibili, che derivano
dalla violazione di termini o dalla mancata
emanazione di atti amministrativi generali
(che non hanno contenuto normativo) che
devono essere emanati obbligatoriamente
entro e non oltre un termine che la legge o
un regolamento, ha fissato.
Senza dimenticare che la commissione per la
valutazione, trasparenza e integrità della
p.a. (Covit) già, con la delibera n. 1/2010,
ha fissato alcuni paletti, nelle more della
definizione degli standard. In particolare,
si deve fare riferimento alle previsioni di
termini fissati da leggi o regolamenti e
alle carte dei servizi esistenti e ad altri
provvedimenti sinora adottati dalle singole
pubbliche amministrazioni (si veda pezzo a
pag. 38)
È ovvio, ed è questo il fine della direttiva
in esame, che occorre giungere alla completa
azionabilità di tutte le tipologie di
ricorsi individuati dal citato dlgs n.
198/2009. Quindi, come primo passo è
necessario adottare con direttiva in esame «un
percorso unitario».
Percorso che si svolge attraverso la
ricognizione completa, da parte delle
amministrazioni statali, regionali e locali,
dei rispettivi standard qualitativi ed
economici e a pubblicare l'esito di tale
ricognizione sui propri siti internet
istituzionali. Obblighi, questi, che si
intendono riferiti anche per quanto
contenuto nelle carte di servizi e negli
standard dei concessionari di pubblici
servizi, «ognuno in relazione ai
concessionari di rispettiva competenza».
Infatti, è necessario diffondere una
migliore conoscibilità da parte dei
cittadini e delle associazioni di
consumatori e utenti, anche per consentire
loro, evidenzia espressamente la direttiva,
«l'esercizio dei diritti riconosciuti da
testo normativo».
Inoltre, gli esiti delle ricognizioni
andranno trasmessi alla Covit, a fini di
ausilio nelle attività di definizione degli
standard per le pubbliche amministrazioni
(articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag.
37). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
Al sindaco niente indennità
retroattiva. Parere della corte conti
Campania.
All'ex sindaco non può
essere erogata l'indennità di funzione mai
deliberata in consiglio comunale, né
prevista nei rispettivi bilanci di
previsione. Tale fattispecie manca, altresì,
di qualsiasi presupposto giuscontabilistico
che permetta un suo riconoscimento quale
debito fuori bilancio.
Così si è espressa la Corte dei Conti, Sez.
regionale di controllo per la Campania, con
il
parere 15.01.2010 n. 3.
Il sindaco del comune di S. Arcangelo
Trimonte ha richiesto parere riguardo la
possibilità di erogare all'ex sindaco, in
carica dal 2004 al 2008, l'indennità di
funzione, mai deliberata, né prevista nei
bilanci di previsione in considerazione
delle difficoltà economiche dell'ente, e se,
in caso positivo, la somma poteva essere
inserita a competenza o necessitava di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
L'articolo 82 del Tuel, in attuazione del
principio costituzionale per il quale chi
ricopre cariche pubbliche ha il diritto di
disporre dei servizi e delle risorse
necessarie, riconosce al sindaco
un'indennità mensile, determinata con
apposito decreto del Ministero dell'interno,
adottato di concerto con il Ministero
dell'economia: il d.m. oggi in vigore è il
n. 119 del 04.04.2000, che ha fissato,
all'articolo 1, le indennità di funzione e
le misure percentuali di incremento delle
stesse.
Pertanto, in sede di programmazione, l'ente
locale prevede le indennità che spettano
agli amministratori e stanzia le necessarie
somme in bilancio, con erogazione mensile,
previa assunzione dell'impegno di spesa. La
mancanza dell'atto d'impegno delle somme
stanziate determina che, a fine esercizio,
confluiscono nelle economie di bilancio e
quindi non è possibile l'imputazione al
bilancio corrente del pagamento delle
indennità di funzione.
Per la Corte dei conti, nel caso in esame,
la mancanza di stanziamenti nei bilanci di
previsione degli esercizi 2004/2008 è un
elemento ostativo all'assunzione, comunque
postuma, dell'impegno contabile e alla
successiva erogazione degli emolumenti, in
quanto la caratteristica principale del
bilancio di previsione è il suo contenuto
autorizzatorio degli stanziamenti di spesa,
per il quale non è possibile assumere
impegni che eccedano gli importi stanziati.
Tale principio è una garanzia del rispetto
dell'equilibrio finanziario del bilancio e
uno strumento per il perfetto governo della
gestione, così come chiarito anche dal
principio contabile n. 2.
Non può essere erogata, di conseguenza,
l'indennità di funzione per gli esercizi
passati, senza la preventiva deliberazione
consiliare e in mancanza di stanziamento in
bilancio. Circa la possibilità di
riconoscere la fattispecie come debito fuori
bilancio, per la Corte manca qualsiasi
presupposto giuscontabile che permetta tale
riconoscimento, in mancanza di un titolo
giuridico che sorregga la richiesta dell'ex
sindaco, considerando anche la
partecipazione dello stesso alle sedute
consiliari di approvazione dei bilanci, che
non contenevano gli stanziamenti per le
indennità ex articolo 82 (articolo
ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 35). |
LAVORI PUBBLICI:
Stadi, pagano i sindaci.
Gli enti locali
proprietari degli impianti sportivi concessi
a società sportive professionistiche possono
provvedere ad adeguarli, in tutto o in
parte, secondo le prescrizioni imposte dalla
normativa sulla sicurezza. Infatti, la
disposizione contenuta all'articolo 10 del
decreto legge n. 8 del 2007, secondo cui
all'adeguamento degli impianti provvedono le
società che li utilizzano, non ha carattere
imperativo, soprattutto in relazione alla
sua finalità che è quella di evitare
possibili episodi di violenza durante lo
svolgimento di manifestazioni sportive.
È quanto ha chiarito la sezione regionale di
controllo della Corte dei Conti per la
regione Lombardia, nel testo della
deliberazione n. 85/2010, con la quale ha
fatto luce sul soggetto obbligato all'onere
di adeguare gli impianti sportivi alle nuove
misure imposte dalle nuove norme sulla
sicurezza.
In primo luogo, ha precisato la Corte, la
verifica sul soggetto cui spetta l'onere
finanziario relativo a tale adeguamento va
fatta sulla concessione. È in questo accordo
che vengono infatti disciplinati i rapporti
finanziari e patrimoniali correlati alla
gestione dell'impianto sportivo.
Tuttavia, in mancanza di precise pattuizioni,
rileva la Corte, sarà necessario riferirsi
alle disposizioni normative che prevedono
gli adeguamenti in misura di sicurezza. La
normativa degli ultimi anni, al fine di
contrastare precisi fenomeni di violenza
avvenuti durante manifestazioni sportive, ha
disciplinato gli oneri di adeguamento a
nuove misure di sicurezza.
L'articolo 10 del decreto legge n. 8/2007,
infatti, sancisce che all'adeguamento «possono
provvedere, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica, le società
utilizzatrici degli stessi impianti». A
una prima lettura, ha rilevato il collegio,
«sembrerebbe» che gli adeguamenti
siano di competenza delle società sportive.
Tuttavia, tale norma non sembra avere
carattere imperativo, sia per la sua
formulazione (l'utilizzo di «possono»)
che per la finalità che la contraddistingue,
vale a dire l'individuazione di interventi
diretti ad evitare episodi di violenza
nell'ambito di manifestazioni sportive
(articolo ItaliaOggi del 24.02.2010, pag.
22). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sulla necessità per le imprese
associate in A.T.I. partecipanti ad una gara
di appalto di rendere note le quote di
partecipazione di ciascuna di esse e sulla
regolarizzabilità dell'omissione di tale
dichiarazione.
Costituisce causa di esclusione il mancato
adempimento dell'obbligo di dichiarare, in
caso di imprese associate in A.T.I., le
quote di partecipazione all'interno della
compagine; obbligo imposto al fine di
assicurare che la stazione appaltante possa
in concreto verificare il possesso dei
requisiti di qualificazione da parte delle
singole imprese per l'effettiva parte di
lavori che ciascuna deve espletare. Ne
consegue che, nel caso di specie, è
illegittimo il provvedimento di riammissione
delle offerte di una RTI esclusa per mancata
dichiarazione della quota dei lavori di
ciascuna partecipante.
La regolarizzazione documentale è consentita
nell'ipotesi di vizi puramente formali o
imputabili a mero errore materiale, purché
inerenti a dichiarazioni o documenti non
richiesti a pena di esclusione, non essendo,
in tal caso, consentite la sanatoria o
l'integrazione postuma, che verrebbero in
tal modo a configurare una violazione dei
termini ultimi di presentazione
dell'offerta, nonché della "par condicio"
dei concorrenti.
Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.lgs 163/2006
(Codice dei contratti), i criteri disposti
ai fini dell'integrazione documentale
riguardano: il semplice chiarimento di un
documento incompleto, ovvero un documento
relativo a requisiti di partecipazione, e
non all'offerta. Nella fattispecie la
questione della integrazione è stata posta
in relazione alla dichiarazione della quota
di partecipazione, inerente l'offerta ed
incidente sulle modalità di esecuzione della
prestazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.02.2010 n. 1038 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
In materia di avvalimento
l'impresa ausiliante deve impegnarsi
formalmente a mettere a disposizione i
propri (specificati) mezzi per tutto l'arco
temporale di esecuzione dell'appalto.
La dimostrazione delle condizioni per l’avvalimento
dei requisiti non può essere desunta dal
mero dato fattuale dell’esistenza di un
contratto di consorzio, di per sé non
comprovante la disponibilità dei mezzi
propri del consorzio stesso.
E’ invero necessario che il soggetto terzo (ausiliante)
si impegni formalmente a mettere a
disposizione i propri (specificati) mezzi
per tutto l’arco temporale di esecuzione
dell’appalto in caso di aggiudicazione,
senza che possa assumere un rilievo
sostituivo, sul versante probatorio, la sola
esistenza di un "rapporto di gruppo”
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2010 n. 641 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sul collegamento sostanziale tra
due imprese partecipanti ad una gara sulla
base di elementi oggettivi e concordanti.
Deve ritenersi sussistente il collegamento
sostanziale tra due imprese partecipanti ad
una gara qualora venisse riscontrato: che le
rispettive offerte sono state spedite nello
stesso giorno e ora, con le medesime
modalità e dallo stesso ufficio postale; che
è stata costituita la cauzione con polizze
fideiussorie rilasciate dalla stessa
compagnia, in sequenza, in pari data e con
identica autentica notarile; la comunanza di
sedi delle due imprese.
In questo quadro il Collegio ritiene che
correttamente la stazione appaltante ha
ritenuto che il caso rientrasse nella
fattispecie del collegamento sostanziale
dovendosi ritenere gli elementi suddetti
oggettivi e concordanti (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 05.02.2010 n. 530 - link
a www.mediagraphic.it). |
ENTI LOCALI:
Messi lumaca, il fisco va
risarcito. Secondo la Corte di cassazione si
instaura un rapporto diretto tra i due enti
interessati. Comune responsabile verso
l'amministrazione finanziaria.
Comune responsabile verso l'amministrazione
finanziaria per i ritardi dei messi nella
notificazione delle imposte. Infatti l'ente
locale deve i danni al fisco con il quale
instaura, in questi casi, un rapporto
diretto.
Infatti, hanno precisato le Sezz. unite
civili della Corte di Cassazione con la
sentenza 27.01.2010 n.
1627, prevedere una responsabilità
diretta dei messi notificatori sarebbe
impossibile dal momento che non si sa
neppure “quali siano preposti a quel
compito” e quanti ma soprattutto se sono
“sufficienti per far fronte ai compiti
istituzionali”.
In proposito si legge in sentenza che “in
tema di notifica degli avvisi di
accertamento tributario, qualora
l'Amministrazione finanziaria, avvalendosi
della facoltà di cui all'art. 60 del d.P.R.
n. 600 del 1973, faccia richiesta al comune
di provvedere all'incombente a mezzo di
messi comunali, si instaura, tra
amministrazione ed ente locale, un rapporto
di preposizione gestoria che deve essere
qualificato come mandato «ex lege», la cui
violazione costituisce, se del caso, fonte
di responsabilità esclusiva a carico del
comune, non essendo ravvisabile
l'instaurazione di un rapporto di servizio
diretto tra l'amministrazione finanziaria e
i messi comunali, che operano alle esclusive
dipendenze dell'ente territoriale”.
Le motivazioni sono interessanti anche per
un altro aspetto. I giudici si soffermano
infatti sulla quantificazione del danno che
deve corrispondere, hanno affermato, a
quanto il fisco avrebbe incassato se la
notificazione fosse stata fatta in tempi
utili per la riscossione.
“In caso di responsabilità del comune
–hanno messo nero su bianco gli Ermellini-
nei confronti dell'amministrazione
finanziaria dello Stato per tardiva
notificazione di un avviso di accertamento
tributario, l'esistenza e l'ammontare del
danno devono ritenersi in via presuntiva
commisurati all'entità della pretesa fiscale
dalla quale l'amministrazione è decaduta,
salvo che l'autore del danno non deduca e
dimostri l'infondatezza della pretesa
fiscale, ovvero la ricorrenza di impedimenti
insuperabili ad un esercizio utile della
stessa”.
Una vicenda finita male per il comune di
Garda che aveva ricevuto
dall'amministrazione finanziaria l'incarico
di riscuotere alcuni tributi. I messi
notificatori avevano tardato e il fisco
aveva perso il diritto a vedersi pagare le
imposte. Così aveva fatto causa all'ente
locale ottenendo il risarcimento. Ora la
Suprema corte ha reso definitiva la
decisione della Corte d'Appello di Venezia
(articolo ItaliaOggi del 29.01.2010, pag.
25). |
APPALTI:
CUSTODIA PLICHI GARA.
In assenza di una specifica previsione
normativa, relativa alle specifiche modalità
di custodia, durante la gara, dei plichi
consegnati dalle imprese offerenti, il
generale principio di riservatezza non può
di per sé ritenersi violato per il sol fatto
che siffatte specifiche modalità non siano
state adottate sua sponte dalla stazione
appaltante. Ciò, primariamente, perché
sarebbe, comunque, incerto il livello e la
qualità delle misure sufficienti a garantire
la segretezza e, poi, perché il mero rischio
di violazione non può assurgere a
violazione, sia pur sub specie di legittima
suspicione, in assenza di elementi o indizi
circa il verificarsi di concrete anomalie, a
siffatto rischio riconducibili.
E’ quanto affermato dal TAR Calabria-Reggio Calabria che offre un importante
contributo per il consolidamento di un
orientamento meno formalistico, in materia
di obbligo di custodia della documentazione,
contenuta nelle offerte in sede di gara.
La pronuncia, aderendo al non minoritario
orientamento sostanzialista (CdS, sez. V, n.
4973/2001; CdS, sez. V, n. 5/2002; CdS, sez.
IV, n. 5360/2005; TAR Lombardia, sez.
Brescia I, n. 507/2007; TAR Puglia, sez.
Bari I, n. 2624/2007; TAR Sicilia, sez.
Catania IV, n. 106/2009; oltre alle già
richiamate sentenze), consolida il medesimo,
ponendo, correttamente in giusta evidenza
che, in assenza di una puntuale previsione
normativa, relativa alle specifiche modalità
di custodia, sussiste, nell’attuale
ordinamento, solo un generale obbligo di
custodia e di riservatezza.
Infatti, occorre tener conto che il 2°
comma, dell’articolo 229 del Codice
stabilisce espressamente che le “informazioni”
cioè i documenti, relativi alle gare, devono
essere conservati per almeno quattro anni
dalla data di aggiudicazione dell'appalto,
affinché, durante tale periodo, la stazione
appaltante possa fornirle alla commissione
su richiesta di quest'ultima, nonché a
chiunque ne abbia diritto.
Dunque, la vigente normativa non sembra,
affatto, richiedere una formale
verbalizzazione delle misure di custodia, ma
esige che la documentazione sia conservata.
Fra l’altro, argomento non affatto
secondario, l’articolo 78 del Codice, in
tema di disciplina dei verbali, non fa
alcuna menzione, proprio in riferimento
all’obbligo di minima ed obbligatoria
verbalizzazione (comma 2°), alla necessità
di verbalizzare le misure di custodia
(commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - TAR
Calabria-Reggio Calabria, Sez. I,
sentenza 03.12.2009 n. 1191 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Deliberazioni degli organi di
governo - Sia organi collegiali che
monocratici - Pubblicazione sull'albo
pretorio ex art. 24 T.U. 267/2000-
Necessità.
La pubblicazione sull'albo pretorio è
prescritta dall'art. 24 del T.U. n. 267/2000
per tutte le deliberazioni del Comune e
della Provincia e riguarda non solo le
deliberazioni degli organi di governo
(Consiglio e Giunta), ma "anche le
determinazioni dirigenziali, esprimendo la
parola "deliberazioni" ab antiquo sia
risoluzioni adottate da organi collegiali
che da organi monocratici ed essendo
l'intento quello di rendere pubblici tutti
gli atti degli Enti locali di esercizio del
potere deliberativo, indipendentemente dalla
natura collegiale o meno dell'organo
emanante (V. Corte cost. nn. 38 e 39 dell'01.06.1979
e Cons. Stato, sez. IV, n. 1129 del
06.12.1977)” (cfr. Cons. Stato, sez. V,
15.03.2006, n. 1370) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
24.11.2009 n.
5139 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
SPECIFICHE TECNICHE.
La stazione appaltante può, in sede di gara
per un appalto di fornitura, individuare
particolari caratteristiche tecniche dei
prodotti, ritenuti idonei allo svolgimento
delle attività, cui destinare le forniture;
ma, ciò, invero, all'unico scopo di
garantirsi l'aggiudicazione di beni e
servizi di migliore qualità ad un minore
prezzo.
Quindi, è necessario che l'individuazione di
tali specifiche caratteristiche sia
effettuata facendo riferimento ad elementi
davvero significativi, per distinguere
nettamente l'oggetto della fornitura.
Infine, deve essere recisamente escluso, in
via di principio, che un prodotto
migliorativo sotto il profilo tecnico, possa
essere giudicato inadeguato, perché non
rispettoso di specifiche tecniche, a loro
volta non “essenziali”.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato,
nella sentenza n. 6997/2009, la quale si
palesa di notevole interesse, in quanto
contiene importanti statuizioni e
precisazioni in materia di “specifiche
tecniche” nei pubblici appalti (commento tratto
dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 12.11.2009 n. 6997 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Avvio del procedimento - Avviso -
Omissione - Partecipazione - Utilità.
La partecipazione al procedimento
amministrativo da parte dei privati è quella
di essere uno strumento di tutela anticipata
di posizioni soggettive; strumento
attraverso il quale i titolari di interessi
individuali fatti oggetto di particolare
considerazione da parte dell'ordinamento,
ancor prima di subire un pregiudizio da
parte del provvedimento finale, sono messi
in condizione di interloquire con
l'Amministrazione in ordine ai profili di
legittimità e di merito dell'affare che
possono condurre ad un esito per loro
favorevole. Pertanto la privazione della
garanzia di partecipazione procedimentale
possa comportare l'annullamento dell'atto
tutte le volte che in giudizio appaia
chiaro, in relazione agli aspetti vincolati
della fattispecie, che l'interesse
sostanziale del privato non avrebbe avuto
alcuna possibilità di trovare soddisfazione
attraverso il legittimo esercizio del
potere.
Nel caso specifico (esclusione dalla gara
per l'affidamento del servizio per la stampa
di un giornale) l'omissione dell'avviso di
avvio del procedimento ha comportato la
perdita di uno strumento di tutela a cui non
può porre rimedio il processo sia perché, in
sede di legittimità: il giudice
amministrativo non può sostituirsi
all'amministrazione nel ponderare la
rilevanza delle difese del destinatario del
provvedimento, sia per il fatto che
nell'ambito del suddetto giudizio non sono
ammessi strumenti istruttori che non abbiano
carattere documentale (fatta eccezione per
la consulenza tecnica che, nel caso di
specie, non potrebbe avere alcuna utilità)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
12.11.2009 n.
5022 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
PROCEDURE NEGOZIATE.
La stazione appaltante
ha individuato gli operatori economici da
consultare, conformemente al dettato della
norma, di cui all’articolo 57, comma sesto,
del D.Lgs. 163/2006, vale a dire sulla base
di informazioni riguardanti le
caratteristiche di qualificazione
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa desunte dal mercato,
selezionando un numero di soggetti idonei
non inferiore a cinque (art. 122, comma
7-bis).
I principi di trasparenza, proporzionalità e
imparzialità, al cui rispetto
l’Amministrazione è tenuta anche quando
procede all’aggiudicazione di lavori in via
semplificata e negoziata, non risultano
violati, atteso che essa ha dimostrato nel
giudizio di essersi attenuta, nella scelta
delle ditte offerenti, ad un meccanismo di
rotazione, che in passato ha consentito
anche alla ditta ricorrente di partecipare a
gare analoghe.
E’ quanto statuito dal TAR Molise, nella
sentenza n. 700/2009, ove viene analizzata
la condotta della stazione appaltante, a
fronte della nuova ipotesi di procedura
negoziata, introdotta dalla legge n.
201/2008, mediante l’inserimento del novello
comma 7-bis all’articolo 122 del Codice dei
contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
In particolare, il Tar Molise evidenzia che
la stazione appaltante ha dimostrato in
giudizio di aver osservato, nella delicata
fase di scelta delle imprese da invitare, un
“meccanismo di rotazione”, che, nelle
precedenti gare, ha consentito anche
all’impresa ricorrente di partecipare a
analoghe selezioni.
In relazione a siffatto “meccanismo”,
occorre prendere atto che la novella
normativa non richiama il principio di
rotazione, invocato, invece, proprio dal
comma 6°, dell’articolo 57. In relazione a
ciò, va osservato che non è possibile
considerare, comunque, sussistente il
principio di rotazione, in virtù della sua
presenza nel comma 6°, in quanto il rinvio
al citato comma è riferito alla sola “procedura”,
cioè alla selezione ad inviti, e non ai
principi, che debbono governare la selezione
medesima. Infatti, i principi sono già
espressamente indicati nella novella
normativa, la quale non fa riferimento
alcuno alla “rotazione”.
Cosa vuol dire tale assenza? Cosa può
comportare tale assenza? Formulare una
convincente risposta non è facile.
Ad un primario esame, si potrebbe ritenere
che tale assenza comporta un maggior spazio
di azione per la stazione appaltante, la
quale sembrerebbe non obbligata a far “ruotare”
le imprese. Ad ogni modo, i richiamati
principi di non discriminazione e parità di
trattamento dovrebbero costituire un sicuro
argine contro condotte irrazionali ed
arbitrarie.
In tal senso, la sentenza del Tar Molise
offre un importante ausilio ermeneutico.
Infatti, per i giudici molisani non vi è
dubbio che un sistema di rotazione debba
presiedere alla scelta delle imprese da
invitare, nel senso ovvio, ma rilevante, che
deve essere fornita ad ogni impresa di
settore la possibilità di poter prender
parte alle procedure negoziate (commento tratto dalla
newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - TAR
Molise, Sez. I,
sentenza 06.11.2009 n. 700 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
COMMISSIONI GARA.
Lo scopo della supplenza, nel caso di
commissioni di gara, è proprio quello, da un
lato, di garantire che il collegio possa
operare con il plenum anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi, e dall'altro
lato che la commissione svolga le sue
operazioni con continuità e tempestività,
senza che il suo agire sia impedito o
ritardato dall'impedimento di taluno dei
suoi componenti. Sicché, la necessità che il
collegio perfetto operi con il plenum dei
suoi componenti non è contraddetta dalla
nomina di supplenti. Infatti il plenum dei
componenti del collegio perfetto va riferito
alla contestuale presenza del numero di
componenti previsto, e non alla necessaria
identità fisica delle persone che compongono
il collegio.
E’ quanto affermato dal TAR Lazio-Roma,
nella sentenza n. 10878/2009, ove si è
affrontata, in modo analitico e convincente,
la problematica dei membri supplenti nelle
commissioni di gara.
Ad avviso del Tar Lazio, la funzione della
supplenza è duplice:
a) garantire che il collegio possa operare
con il plenum, anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi;
b) assicurare che la commissione di gara
possa svolgere le sue operazioni e la sua
complessiva attività con continuità e
tempestività, senza che il suo agire venga
impedito o ritardato dall'impedimento di
taluno dei suoi componenti.
Dunque, l’istituto della supplenza dei
componenti delle commissioni sembra
costituire, non senza ragione, un principio
immanente delle procedure di gara.
Per quanto riguarda, poi, la censura di
carenza motivazionale, cioè la mancata
indicazione delle ragioni delle
sostituzioni, il Tar parte da un assunto
indiscutibile: il provvedimento di nomina
della commissione di gara ha previsto la
possibilità di sostituzione dei membri
effettivi con i supplenti.
Quindi, un’espressa e chiara previsione, a
fronte della quale non appare indispensabile
che, in sede di verbale di gara, venissero
indicate le puntuali ragioni delle
sostituzioni. Infatti, il tribunale
amministrativo laziale ben osserva, al
riguardo, che la legittimazione del
componente supplente a partecipare alle
sedute ed alle operazioni di gara deriva
dalla mera presa d’atto dell'assenza del
componente effettivo.
Tuttavia, il Tar non si limita ad un’analisi
di tipo formale, ma va oltre, in quanto si
pone il problema di comprendere le eventuali
ragioni di una puntuale motivazione in tal
senso. L’analisi ha un esito negativo. Non è
indispensabile che, nel verbale si
illustrino con dovizia le cause
dell'impedimento del componente effettivo,
in quanto, stante la predetta formale
legittimazione, siffatta illustrazione si
tradurrebbe in una mera clausola di stile
(commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - TAR Lazio-Roma,
Sez. II,
sentenza 05.11.2009 n. 10878 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
PUBBLICITA’ SEDUTE GARA.
Il principio di
pubblicità delle sedute trova immediata
applicazione, indipendentemente da una sua
espressa previsione nell'ambito della lex
specialis di gara, atteso che costituisce
una regola generale, riconducibile
direttamente ai principi costituzionali di
imparzialità e buon andamento, di cui
all'articolo 97 Cost.. Siffatto principio
trova applicazione pure in sede di procedura
negoziata, non potendo costituire deroga
un’ordinanza commissariale, legittimante
solo alla trattativa privata anche per
importi superiori a quelli previsti dalle
disposizioni di legge.
Infine, la pubblicità trova esplicazione
nella fase di verifica della documentazione
amministrativa ed in quella di apertura
delle buste contenenti le offerte
economiche, potendo la stazione appaltante
procedere in forma riservata solo laddove
debba compiere operazioni di valutazione di
carattere tecnico-discrezionale in ordine
alle offerte presentate.
E’ quanto affermato dal TAR Sardegna, nella
sentenza n. 1609/2009, ove vengono forniti
importanti chiarimenti in tema di pubblicità
delle gare nei pubblici contratti (commento tratto
dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 05.11.2009 n. 1609 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
AUTENTICAZIONE DOCUMENTI GARA.
Una pluralità di dichiarazioni, sottoscritte
in uno stesso foglio o più fogli, ma
inserite in una unica busta, possono essere
corredate da una unica copia del documento
di identità, ai fini autenticativi, perché
l'unicità della busta consente di riferire
la copia del documento ad ogni dichiarazione
, sicché, per ognuna di esse, sussistono i
due elementi, cui è riconnessa l'assunzione
di responsabilità penale e ,quindi, la
garanzia della provenienza e della
veridicità della dichiarazione stessa.
Se, invece, le dichiarazioni sono inserite
in più buste, viene meno il legame fisico,
che consente di riferire a tutte la copia
del documento di identità inserito in una
delle buste, cioè di ritenere che, anche per
quelle inserite in una busta senza il
corredo dell'anzidetta copia, vi sia la
concorrenza dei due elementi, che
determinano l'assunzione di responsabilità
penale e, quindi, la garanzia non solo della
provenienza ma anche della veridicità della
dichiarazione.
E’ quanto affermato dal TAR Puglia-Lecce,
nella sentenza n. 2357/2009, ove vengono
avanzate statuizioni, sicuramente corrette,
ma non conformi ad un più innovativo
approccio sostanzialistico, che dovrebbe
contraddistinguere la celebrazione delle
pubbliche gare.
Infatti, appare evidente che il Tar Lecce
compie un indubbio sforzo semplificativo, in
quanto, in buona sostanza, afferma che, se
più autodichiarazioni sono contenute in
un’unica busta, è sufficiente, al fine di
autenticare le relative sottoscrizioni, una
sola fotocopia del documento di identità.
Ciò che non convince è l’identificazione del
“legame fisico”. Ad avviso del Tar,
siffatto legame è rappresentato dalla busta
“piccola”, ove vengono inserite talune
autodichiarazioni.
Al riguardo, appare necessaria una breve
precisazione, afferente la prassi delle
pubbliche gare. Di norma, le stazioni
appaltanti, in sede di bando di gara o di
lettera di invito, prevedono il seguente
generale adempimento: inserire in un plico
“grande” le buste “piccole” (busta “a”, “b”,
“c”, etc.) , ove sono contenuti diversi
documenti e diverse dichiarazioni.
Ad esempio: nella busta “a”, si richiede di
inserire le autodichiarazioni, afferenti i
requisiti di ordine generale, ai sensi
dell’articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici (D.Lgs n. 163/2006), oltre la
cauzione provvisoria; nella busta “b”, si
richiede di inserire le autodichiarazioni,
afferenti i requisiti speciali; nella busta
“c”, si richiede di inserire l’offerta
economica; etc..
Orbene, secondo l’illustrata impostazione
del Tar Lecce, è necessaria una fotocopia
del documento identificativo per ogni busta.
In tal modo, il predetto legame fisico è
individuato nella busta o, più
correttamente, nel rapporto trilatere fra
busta, dichiarazione sottoscritta e
fotocopia autenticativa. In altri termini,
la fotocopia autentica tutte le
dichiarazioni contenute in una busta, ma non
può andare oltre. Ecco, proprio tale punto
appare ancora eccessivamente severo.
Infatti, come accaduto nella concreta
vicenda, se il soggetto sottoscrittore (ed
autore delle dichiarazioni sostitutive) era
uno solo, perché occorre fare esclusivo
riferimento alle buste e non al plico
grande? In altri termini, se sussiste una
sola fotocopia autenticativa,
indifferentemente collocata in modo libero
nel plico grande oppure in una delle “buste
piccole”, perché non conferirgli efficacia
generale?
Se il sottoscrittore è unico, se cioè il
soggetto che deve rilasciare più
dichiarazioni, da inserire in più buste, è
sempre il medesimo, l’adempimento
autenticativo può conoscere una ragionevole
semplificazione: il sottoscrittore allega
una sola fotocopia autenticativa. In tal
caso, il “legame fisico” è
rappresentato non dal predetto rapporto
trilatere (busta, dichiarazione sottoscritta
e fotocopia autenticativa), ma da un nuovo
rapporto, sempre trilatere, ove cambia, il
modo decisivo, il primo elemento. In luogo
della busta, tale primo elemento è
costituito dal plico grande, per cui la
relazione è: plico grande, dichiarazione
sottoscritta e fotocopia autenticativa.
In termini più semplici, se il soggetto
sottoscrittore è unico, può essere
presentata una sola fotocopia autenticata
(ovunque sia collocata), la quale può ben
riferirsi a tutte le dichiarazioni contenute
in tutte le buste. Non sembra sussistere
pericolo di errore o di confusione: il
soggetto sottoscrittore è sempre lo stesso.
Dunque, una sola fotocopia, riferita ai dati
identificatiti dell’unico sottoscrittore
della pluralità di autodichiarazioni.
Tale soluzione appare ragionevole, per due
ragioni. In primo luogo, semplifica gli
adempimenti, evitando la produzione di
inutili fotocopie. In secondo luogo,
consente, in modo congruo e non
sproporzionato, di evitare un improduttivo “formalismo
senza scopo” (commento tratto dalla newsletter
del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.10.2009 n. 2357 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Capitolato speciale - lex
specialis.
2. Gara deserta - conseguenze - libertà di
scelta della p.a.
3. Verifica congruità offerta.
1.
La regola del capitolato speciale di appalto
che prescrive il completo anonimato
dell'elaborato (inserito in busta e
integrante l'offerta tecnica, accompagnato
da una seconda busta chiusa contenente gli
estremi identificativi del concorrente) è da
ritenersi prescrizione rispondente ad un
particolare interesse dell'amministrazione
appaltante o posta a garanzia della 'par
condicio' dei concorrenti, evidenziandosi
come un evidente e del tutto ammissibile
sviluppo del principio di segretezza che
vige in materia di appalti aggiudicati
secondo il metodo dell'offerta
economicamente più vantaggiosa e che è posto
al fine di garantire l'imparzialità del
giudizio
2.
In caso di gara di rilievo comunitario per
il servizio di raccolta rifiuti urbani,
indetta da un Comune sussiste la sostanziale
libertà di scelta dell'Amministrazione, in
ordine alla modalità di affidamento del
servizio, una volta andata deserta la gara
(comunitaria) bandita: dall'esperimento di
una nuova procedura di appalto, alla
trattativa privata, all'affidamento in
house. Dette scelte si sottraggono al
sindacato di legittimità.
3.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione
paradigmatica di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
28.10.2009 n.
1780 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ritardato
pagamento rata costo di costruzione.
2. Sanzioni
amministrative - fideiussione con rinuncia al
beneficio di preventiva escussione.
1. L'atto con il quale l'Amministrazione
comunale liquida - con riferimento ad una
determinata concessione edilizia- i
contributi urbanistici, in applicazione di
determinazioni generali, ha carattere
ricognitivo e contabile, non presentando
alcun margine di discrezionalità. e le
controversie sui contributi di concessione
edilizia, ivi comprese quelle che irrogano
le sanzioni per mancato pagamento, sono
devolute alla giurisdizione del giudice
amministrativo, a partire dall'art. 16 della
l. 28.01.1977 n. 10 ed ora in forza dell'art.
7 della L. n. 205 del 21.07.2000.
2.
E' illegittima l'applicazione delle sanzioni
per il ritardo nel versamento nel caso in
cui il titolare della concessione, a
garanzia del pagamento dei contributi
concessori, abbia stipulato fideiussione
contenente rinuncia al beneficio di
preventiva escussione.
Il Comune ha infatti uno specifico dovere,
fondato sugli articoli 1175, 1375 e 1227,
comma 2, del cod. civ., di richiedere quanto
dovutogli al garante, con la conseguenza che
-se esso viene meno a tale dovere e resta
inerte- viola l'obbligo gravante sul
creditore di attivarsi per non aggravare la
posizione del debitore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
22.10.2009 n.
1760 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Esclusione - false dichiarazioni.
L'art. 38 d.lgs. 163/2006 ed espressamente
richiamata dall'art. 4 del Disciplinare dei
Fornitori di Poste Italiane che regola
l'iscrizione nell'elenco dei fornitori -la
quale disciplina le ipotesi di esclusione
dei concorrenti- prevede un preciso iter
che passa attraverso l'accertamento della
falsità della dichiarazione, l'esclusione
dalla gara per tale specifica motivazione,
la segnalazione dell'esclusione all'Autorità
di Vigilanza per l'inclusione nel casellario
informatico; adempimento quest'ultimo a
decorrere dal quale opera il divieto per la
ditta di partecipare ad altre gare per il
periodo di un anno.
Nel caso di specie
l'esclusione è stata comminata in ragione
del rilievo di elementi che hanno indotto la
stazione appaltante a presumere l'esistenza
di una situazione di collegamento tra due
aziende partecipanti alla gara: ne discende
che alla controinteressata non è mai stato
contestato il ricorso a false dichiarazioni,
con la conseguenza che non poteva ritenersi
integrata la condizione che avrebbe escluso
la possibilità di iscrizione nell'elenco dei
fornitori e quindi, analogamente, neanche
quella che avrebbe determinato la sua
cancellazione per mancanza di un requisito
necessario per l'iscrizione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
16.10.2009 n.
1756). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Distacco tra
costruzioni - art. 9 D.M. 02.04.1968 n. 1444.
2. Distacco tra
costruzioni - c.d. doppia tutela.
1. L'art. 9 D.M.
02.04.1968 n. 1444 che
prescrive in tutti i casi la distanza minima
assoluta di metri 10 tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti,
non è immediatamente operante anche nei
rapporti tra privati: da ciò deriva che
l'adozione, da parte degli enti locali, di
strumenti urbanistici contrastanti con la
norma comporta l'obbligo, per il giudice di
merito, non solo di disapplicare le
disposizioni illegittime, ma anche di
applicare direttamente la disposizione del
ricordato art. 9, divenuta, per inserzione
automatica, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della norma
illegittima disapplicata.
2. Nel nostro ordinamento vige il regime
della c.d. "doppia tutela" in relazione a
possibili violazioni della disciplina
vigente in materia di distacco delle
costruzioni dai confini del fondo ovvero da
altre costruzioni, a seconda che si agisca
nei riguardi del confinante ovvero nei
confronti dell'Amministrazione Comunale che
ha rilasciato il titolo edilizio, ben
potendo le azioni stesse coesistere e ben
potendo il titolare dell'interesse
qualificato alla legittimità dell'azione
amministrativa ottenere, comunque, in sede
di giurisdizione amministrativa
l'annullamento ope iudicis del titolo
edilizio reputato illegittimo anche a
prescindere dalla sua eventuale
disapplicazione da parte del giudice
ordinario concomitantemente adito, a' sensi
degli artt. 4 e 5 della L. 25.03.1965 n.
2248, all. E (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
16.10.2009 n.
1742 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di tettoia in edificio.
Le opere perimetrali di chiusura di una
tettoia non sono riconducibili a quelle di
completamento funzionale in quanto
trasformano radicalmente il manufatto in un
locale chiuso con un diverso grado di
funzionalità: non possono qualificarsi come
opere di completamento funzionale quelle che
si traducono nella creazione di un quid novi
rispetto alla consistenza strutturale e
tipologica del manufatto già realizzato e
che attribuiscono una diversa
caratterizzazione funzionale allo stesso,
sicché le opere che trasformino una tettoia
in un edificio non costituiscono un
completamento funzionale ma una
trasformazione dell'originario manufatto in
un qualcosa di nuovo.
L'eventuale diritto del proprietario
frontista a mantenere un fabbricato
preesistente sin dall'origine costruito ad
una distanza inferiore a quella legale
rispetto all'immobile limitrofo non
conferisce al predetto l'ulteriore diritto
di apportare al manufatto aggiunte e/o
modifiche di qualsiasi natura nella parte
che, in base alla normativa attualmente
vigente, risulti a distanza inferiore a
quella minima legale, atteso che dette
aggiunte o modifiche costituirebbero
un'ulteriore -e non consentita- violazione
della normativa in materia di distanze (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
16.10.2009 n.
1742 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Bonifica siti interesse nazionale -
Attività di gestione - Competenza Dirigenziale - Sussiste.
2. Conferenza dei servizi - provvedimento
conclusivo - Immediata Esecutività - Autonoma
impugnabilità.
3. Atto amministrativo - Principio di
precauzione - Applicabile.
4. Barrieramento fisico - Presupposti -
Estrema gravità.
5. Tabelle ex d.m. 471/1999 - Elencazione non
tassativa.
1. In forza del generale principio di
distinzione tra attività di governo e
attività di gestione che presiede
l'organizzazione e il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche, gli atti del
procedimento di bonifica dei siti di
interesse nazionale, compresi quelli
conclusivi, rientrano nella competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi
(dirigenti) poiché non contengono elementi
di indirizzo politico-amministrativo che
possono attrarre detta competenza nella
sfera riservata agli organi di governo.
La
competenza ad adottare l'ordinanza prevista
dall'art. 8, co. 2, del D.M. 28.10.1999
n. 471 spetta al dirigente (o in sua assenza
al responsabile del servizio).
2. La determinazione conclusiva della
conferenza assunta sulla base della
maggioranza delle posizioni espresse in tale
sede è immediatamente esecutiva ed è
autonomamente ed immediatamente impugnabile
e ciò rende senz'altro superflua l'adozione
di un successivo provvedimento da parte
dell'Amministrazione procedente.
3.
L'autonomo principio di precauzione che
discende dalle disposizioni del Trattato, ha
contenuto ampio ed atipico, obbliga le
autorità competenti ad adottare
provvedimenti appropriati al fine di
prevenire taluni rischi potenziali per la
sanità pubblica, per la sicurezza e per
l'ambiente, facendo prevalere le esigenze
connesse alla protezione di tali valori
sugli interessi economici.
4. In un procedimento per l'adozione di
misure di bonifica e di ripristino
ambientale in un sito inquinato di interesse
nazionale è illegittima l'imposizione di una
barriera di contenimento fisico di una falda
inquinata (costituente un intervento di
messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lg. n. 152 del
03.04.2006), al fine di
contenere la diffusione delle sorgenti
primarie di contaminazione, qualora, nel
verbale della conferenza di servizi
decisoria che abbia disposto tale misura,
non risulti una motivazione specifica
relativamente all'accertamento della
situazione di emergenza «repentina» e
della gravità della situazione denunciata
che possano giustificare l'intervento
richiesto.
5. Le tabelle allegate al d.m. 471/1999 non
contengono una elencazione tassativa, ma
sono suscettibili di interpretazione
analogica fondata sulla eadem ratio
(interpretazione che, ai soli fini
amministrativi, e prescindendo dagli aspetti
penali della bonifica, non è vietata da
alcuna norma di principio).
Per le sostanze
non indicate in Tabella si adottano i valori
di concentrazione limite accettabili
riferiti alla sostanza più affine tossico
logicamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
09.10.2009 n.
1738 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Bonifica siti interesse nazionale -
Attività di gestione - Competenza
Dirigenziale.
2. Conferenza dei servizi - provvedimento
conclusivo - Immediata Esecutività -Autonoma
impugnabilità.
3. Conferenza dei servizi - Mancata
Partecipazione - Vizio- Rilevabilità dal
privato- Esclusa.
4. Procedura di messa in sicurezza di
emergenza - Ordine di asportazione dei
sedimenti - Compatibilità.
5. Barrieramento fisico - Presupposti-
Estrema gravità.
6. Tabelle ex d.m. 471/1999 - Elencazione non
tassativa.
1. In forza del generale principio di
distinzione tra attività di governo e
attività di gestione che presiede
l'organizzazione e il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche, gli atti del
procedimento di bonifica dei siti di
interesse nazionale, compresi quelli
conclusivi, rientrano nella competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi
(dirigenti) poiché non contengono elementi
di indirizzo politico-amministrativo che
possono attrarre detta competenza nella
sfera riservata agli organi di governo.
2. La determinazione conclusiva della
conferenza dei servizi, assunta sulla base
della maggioranza delle posizioni espresse
in tale sede è immediatamente esecutiva ed è
autonomamente ed immediatamente impugnabile
e ciò rende senz'altro superflua l'adozione
di un successivo provvedimento da parte
dell'Amministrazione procedente.
3. L'eventuale vizio nella partecipazione ad
una conferenza di servizi può essere fatta
valere solo dal soggetto interessato, se le
amministrazioni interessate non lamentano la
violazione di tale garanzia, non può essere
il privato a sollevare in giudizio la
relativa censura.
4. L'ordine di asportazione dei sedimenti
non è in astratto incompatibile con la
procedura di messa in sicurezza di
emergenza, in particolare, qualora la
contaminazione sia penetrata nei suoli sì da
raggiungere anche la falda , la bonifica,
non potrà risolversi nella mera asportazione
dei sedimenti ma contemplerà ulteriori
attività molto più complesse di
disinquinamento dei suoli e della falda.
5. In un procedimento per l'adozione di
misure di bonifica e di ripristino
ambientale in un sito inquinato di interesse
nazionale ex art. 14, l. 31.07.2002 n.
179, è illegittima l'imposizione di una
barriera di contenimento fisico di una falda
inquinata (costituente un intervento di
messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lgs. n. 152 del
03.04.2006), al fine di
contenere la diffusione delle sorgenti
primarie di contaminazione, qualora, nel
verbale della conferenza di servizi
decisoria che abbia disposto tale misura,
non risulti una motivazione specifica
relativamente all'accertamento della
situazione di emergenza «repentina» e
della gravità della situazione denunciata
che possano giustificare l'intervento
richiesto.
6. Le tabelle allegate al d.m. 471/1999 non
contengono una elencazione tassativa, ma
sono suscettibili di interpretazione
analogica fondata sulla eadem ratio
(interpretazione che, ai soli fini
amministrativi, e prescindendo dagli aspetti
penali della bonifica, non è vietata da
alcuna norma di principio).
Per le sostanze
non indicate in Tabella si adottano i valori
di concentrazione limite accettabili
riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
09.10.2009 n.
1736 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bando - Requisiti di
partecipazione - Valutazione in concreto.
L'adeguatezza e proporzionalità dei
requisiti richiesti dal bando va valutata
con riguardo all'oggetto in concreto
dell'appalto ed alle sue specifiche
peculiarità.
La richiesta di un determinato fatturato
pregresso per servizi identici va
commisurata al concreto interesse della
stazione appaltante a una certa affidabilità
del proprio interlocutore contrattuale,
avuto riguardo alle prestazioni oggetto di
affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
02.10.2009 n.
1728). |
APPALTI:
1. Contratti della p.a. - Gara - Sigillatura
e controfirma buste - Unico lato non
preincollato.
2. Contratti della p.a. - Gara - Bando lex
specialis - Sigillatura e controfirma buste
- Tre lati.
3. Giustizia amministrativa - Esclusione
vincitore - mancato ricorso incidentale -
aggiudicazione gara al secondo classificato.
4. Giustizia amministrativa - Domanda
risarcitoria.
1. L'adempimento formale di sigillatura e
controfirma delle buste che compongono le
offerte, in linea generale può essere
limitato al lembo della busta che viene
chiuso da chi la utilizza, con esclusione
dei lembi preincollati dal fabbricante
2. In presenza di previsione del bando di
gara per cui ciascuna busta, a pena di
esclusione, deve essere "debitamente
sigillata e controfirmata sui lembi di
chiusura", la peculiare 'lex specialis' deve
essere interpretata nel senso che tutti i
lembi delle buste vanno necessariamente
sigillati e controfirmati dai concorrenti,
quale garanzia certa e incontrovertibile
dell'inalterabilità dell'offerta.
3. Esclusa
la vincitrice controinteressata per mancato
rispetto del bando, la ricorrente,
classificatasi seconda in graduatoria senza
contestazioni, non avendo la
controinteressata proposto in merito alcun
ricorso incidentale, deve necessariamente
essere dichiarata vincitrice.
4.
In caso di declaratoria di inefficacia del
contratto concluso con vincitrice esclusa in
esecuzione dell'annullata aggiudicazione,
l'amministrazione deve stipulare un nuovo
contratto con la nuova vincitrice della
gara, per la durata in origine stabilita
dalla gara per cui è causa, decorrente però
dal momento in cui venga data esecuzione
esecuzione.
In tal modo, infatti, alla vincitrice verrà
garantito in modo pieno il bene della vita
che avrebbe conseguito se la gara si fosse
svolta in modo legittimo, sì che, per altro
verso, non vi è luogo a riconoscere in suo
favore alcun ulteriore e distinto
risarcimento pecuniario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
02.10.2009 n.
1722 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Procedimento -
Comunicazione di avvio del procedimento -
Revoca provvedimento - Obbligo - Sussiste.
2. Procedimento in autotutela - Obbligo
comunicazione avvio procedimento - Non sussiste nelle ipotesi di atto generale.
1.
In via generale, un procedimento di
autotutela, volto all'eventuale caducazione
di un precedente provvedimento
amministrativo, è soggetto alla
comunicazione di avvio di cui all'art. 7
della l. 241/1990.
2.
Nelle ipotesi in cui il provvedimento emesso
in autotutela sia atto generale (nella
specie ordinanza che per tutti i consociati
stabilisce una certa disciplina del transito
su una pubblica via) è esclusa
l'applicazione dell'art. 7 in questione, in
forza dell'art. 13 della medesima legge, e
invero anche della comune logica, perché non
si comprende a quali determinati soggetti la
comunicazione stessa si sarebbe dovuta
indirizzare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
02.10.2009 n.
1718 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Distanza minima
tra edifici di nuova costruzione in zona A -
pareti finestrate - scelta comunale - art. 9
DM 1444/1968 comma 3 - ammissibilità.
E' rimessa ai Comuni la scelta (da
esercitarsi in base al comma 3, art. 9, DM
1444/1968) della distanza minima tra edifici
con pareti finestrate nel caso di nuova costruzione in zona A stante la lacuna ex
art. 9, comma 1, n. 1, dm 1444/1968 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
29.09.2009 n.
1712 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Recupero
sottotetto - art. 64 l.r. 12/2005 - disciplina
comunale anteriore più ampia - efficacia.
Ex art. 64, comma 1, della LR 12/2005
l'altezza media ponderale di 2,40 metri deve
essere intesa contemporaneamente come misura
minima (ai fini dell'abitabilità) e massima
(con riguardo alla sopraelevazione
dell'edificio): ciò al fine di evitare che
il recupero del sottotetto si trasformi in
una generalizzata facoltà di sopraelevazione
e assuma connotati speculativi..
I comuni nell'esercizio del proprio potere
regolatorio possono disciplinare il recupero
dei sottotetti in maniera più ampia di
quanto stabilito dalla legge regionale se la
normativa comunale è anteriore alla legge
regionale: in questo caso le norme comunali
anche più favorevoli mantengono efficacia,
sia per il principio di specialità sia
perché il recupero dei sottotetti
corrisponde a un interesse pubblico di cui
la legge regionale individua soltanto la
misura minima lasciando spazio per il resto
alle scelte urbanistiche dei comuni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
29.09.2009 n.
1712 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Lottizzazione - convenzione - mancata
trascrizione - opponibilità agli acquirenti
successivi- sussistenza.
2. Lottizzazione - piano attuato solo in
parte nel termine decennale - interesse
pubblico ancora attuale - caducazione - non
sussiste.
1. La mancata trascrizione non impedisca l'opponibilità
della convenzione di lottizzazione ai
successivi acquirenti dell'area. Sul piano
urbanistico la conformazione dell'area, e
quindi la stessa presenza del vincolo, opera
oggettivamente come conseguenza
dell'esercizio della potestà di
programmazione del territorio, e non subisce
limitazioni per il fatto di essere mediata
da accordi stipulati ex art. 11 l. 241/1990.
Diversamente sarebbe concesso ai privati di
disporre delle scelte urbanistiche
dell'amministrazione trasferendo la
proprietà dell'area prima della trascrizione
della convenzione di lottizzazione
2. Non è possibile ipotizzare la caducazione
di un piano di lottizzazione quando nel
termine decennale la convenzione sia stata
in parte attuata e quindi la conformazione
abbia assunto una dimensione immediatamente
percepibile nella realtà.
La persistenza del vincolo è legata
unicamente all'interesse pubblico, nel senso
che una volta decorso il periodo decennale
di validità del piano è possibile per tutte
le parti coinvolte dimostrare l'inattualità
o l'inutilità della soluzione urbanistica
originaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
29.09.2009 n.
1711 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi - art. 69 l.r. 12/2005
- equiparazione opere di urbanizzazione-
titolo edilizio gratuito - sufficienza.
Per l'art. 69 LR 12/2005 i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge, sono
equiparati alle opere di urbanizzazione e
pertanto sono realizzabili mediante un
titolo edilizio gratuito e non concorrono
alla definizione della classe dell'edificio
ai fini del calcolo del costo di
costruzione.
Ciò in quanto l'utilità
pubblica dei parcheggi è stata messa in
relazione direttamente con gli interessi
della viabilità senza la mediazione di uno
specifico edificio (con abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi
(con superamento della misura minima ex lege) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
29.09.2009 n.
1709 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Cartelli pubblicitari - zona vincolata
paesaggistica - giudizio di incompatibilità -
motivazione congrua - riferimento al
concreto stato dei luoghi.
2. Commissione edilizia integrata - parere
paesaggistico - ampia discrezionalità
estetica - censura solo per travisamento
fatti o evidenti illogicità .
1. In materia di installazione di cartelli
pubblicitari in zona vincolata paessaggistica il giudizio di
incompatibilità deve essere adeguatamente
motivato e deve dare contezza delle ragioni
per le quali viene ritenuta la non
compatibilità del manufatto con le esigenze
di tutela paesistica del contesto : la
motivazione del provvedimento di diniego
dell'autorizzazione è congrua ed esaustiva
se dai pareri autonomamente espressi in sede
endoprocedimentale dagli esperti ambientali
recepiti dal provvedimento conclusivo emerge
un giudizio sfavorevole non astratto, ma
puntuale e riferito al concreto stato dei
luoghi.
2. Se nel procedimento è intervenuta la
Commissione edilizia integrata dagli esperti
per il paesaggio, il parere espresso da
questa è connotato da ampia discrezionalità
"estetica" ed è censurabile solo in presenza
di travisamenti fattuali o evidenti
illogicità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
17.09.2009 n.
1706 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego del
permesso di costruire sottoposto a
condizione sospensiva - consolidamento dei
motivi ostativi - non necessità di un
ulteriore provvedimento.
2. Autorizzazione
commerciale - non può essere condizione
della conformità urbanistica.
1. Correttamente l'amministrazione pronuncia
un diniego del permesso di costruire
sottoposto alla condizione sospensiva della
mancata presentazione in un termine
prefissato di ulteriori elementi istruttori
a cura degli interessati.
E' pertanto
legittimo ed ispirato al principio di
economicità dell'azione amministrativa un
provvedimento di diniego del permesso di
costruire avente doppia natura di
comunicazione dei motivi ostativi e di
provvedimento finale negativo. Il diniego
annunciato diventa definitivo attraverso il
consolidamento della comunicazione dei
motivi ostativi. Non vi sono infatti ragioni
particolari per adottare un formale atto di
diniego dopo che sono già stati comunicati
con piena trasparenza i motivi che
impediscono l'accoglimento dell'istanza.
2. E' la conformità urbanistica a
condizionare il rilascio dell'autorizzazione
commerciale e non il contrario, pertanto è
illegittima la decisione del Comune di
subordinare l'esame della pratica urbanistico-edilizia
alla produzione degli atti di acquisto delle
autorizzazioni commerciali.
L'onere di acquistare preventivamente
un'azienda commerciale senza la certezza di
poter svolgere la relativa attività
nell'immobile a disposizione eccede la
misura della proporzionalità che
l'amministrazione deve sempre rispettare
quando stabilisce i pesi a carico dei
privati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
11.09.2009 n.
1690 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Pagamento a favore di un ente pubblico -
reversale di incasso - predisposizione
anticipata - non necessaria.
2. Sanzioni ex
art. 3 L. 47/1985 - sollecitazione ad
adempiere - non necessaria.
1. Per effettuare un pagamento a favore di
un ente pubblico non è necessaria alcuna
reversale di incasso predisposta dagli
uffici.
In base al principio contenuto
ancora nell'art. 197, comma 2, del RD 12.02.1911 n. 297 (in seguito nuovamente
codificato nell'art. 24, comma 4, del Dlgs. 25.02.1995 n. 77 e ora nell'art. 180,
comma 4, del Dlgs. 18.08.2000 n. 267) il
tesoriere deve accettare la riscossione di
ogni somma versata in favore dell'ente,
anche senza la preventiva emissione di un
ordinativo di incasso (è poi compito del
tesoriere dare immediata comunicazione
all'ente dell'avvenuto pagamento richiedendo
la conferma o la regolarizzazione).
La mancata predisposizione in via anticipata
delle reversali di incasso da parte degli
uffici comunali non costituisce rifiuto
illegittimo di ricevere il pagamento ai
sensi degli art. 1206-1207 cc.
2.
La natura sanzionatoria delle misure ex art.
3 della legge 47/1985 impone che l'ente
pubblico stabilisca in modo chiaro le
obbligazioni del privato e che quest'ultimo
sia messo in condizione di adempiere. Non è
necessario invece che il privato sia
sollecitato ad adempiere o agevolato in
altro modo.
Pertanto, se il rapporto con
l'amministrazione è trasparente e il privato
è puntualmente informato delle scadenze
delle rate degli oneri concessori non
servono ulteriori atti di impulso diretti a
provocare l'adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva
escussione del fideiussore, a meno che un
obbligo in questo senso non sia stato
espressamente assunto dall'amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
11.09.2009 n.
1688 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Impugnazione degli atti di gara -
Domanda di partecipazione - Non necessaria
solo se il bando preclude in radice la
partecipazione.
Alla regola per cui per avere interesse
all'impugnazione degli atti di una gara è
necessario avervi presentato domanda di
partecipazione si deroga nel solo caso in
cui il bando sia formulato in maniera tale
da precludere in radice la partecipazione
della ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
04.09.2009 n.
1586). |
APPALTI:
Regolarizzazione documentale.
In presenza di documentazione del tutto
mancante, o fisicamente incompleta, o
assolutamente inidonea, o non corrispondente
a quella prevista (“aliud pro alio”), ovvero
ancora, in caso di mancanza delle prescritte
sottoscrizioni, non è consentita la
regolarizzazione o l’integrazione della
documentazione, atteso che, in caso
contrario, si verrebbe a realizzare una
palese violazione della par condicio
rispetto alle imprese concorrenti, che
abbiano, invece, puntualmente rispettato la
disciplina prevista dalla lex specialis.
E’ quanto statuito dal TAR Bolzano, nella
pronuncia n. 308/2009, ove si ripropone
un’interpretazione restrittiva del potere di
“regolarizzazione documentale” in
sede di gara.
L’importanza della sentenza risiede nel
fatto che l’orientamento severo, assunto
dalla giurisprudenza, viene confermato, pur
in presenza di una disposizione normativa
(art. 46, Codice dei contratti, D.Lgs. n.
163/2006), che sembrerebbe implicare
maggiori possibilità di sanatoria nei
confronti di documentazioni o dichiarazioni
irregolari.
Il Tar Bolzano, aderendo all’attuale
orientamento restrittivo, afferma che il
potere di regolarizzazione costituisce:
a) una facoltà insindacabile della stazione
appaltante;
b) il suo esercizio deve rispettare il
generale principio di par condicio;
c) non può dar luogo ad alcuna attività
integrativa;
d) deve esplicarsi entro il termine di
presentazione delle offerte;
e) deve avere a fondamento incertezze o
equivoci rinvenibili nel disciplinare di
gara;
f) può essere legittimamente esercitato solo
in presenza di vizi puramente formali o
chiaramente imputabili a errore solo
materiale, e non ad elementi essenziali
dell’offerta (commento tratto dalla newsletter del
sito www.centrostudimarangoni.it - TRGA Trentino
Alto Adige-Bolzano, Sez. I,
sentenza 04.09.2009 n. 308 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
quantificazione del danno ambientale per
abuso edilizio commesso in zona
paesaggisticamente vincolata.
Con riferimento alla richiesta di
concessione edilizia in sanatoria di una
piscina costruita -senza titolo- in zona
agricola soggetta a vincolo paesaggistico, è
necessario osservare:
- che andava applicata,
con riferimento alla sanzione ambientale in
esame, la disciplina statale di cui all’art.
15 della Legge n. 1497 del 1939, poi art.
164 del D.Lgs. n. 490 del 1999 e quindi art.
167 del D.Lgs. n. 42 del 2004 nonché il D.M.
26.09.1997 per la sua quantificazione (cfr.
Cons. Stato, IV, n. 7405 del 2004);
- che
occorreva, dunque, effettuare apposita
perizia del danno ambientale nonché stima
del profitto discendente dall’esecuzione
dell’opera, determinata dalla differenza tra
il valore dell’opera stessa ed i costi di
sua realizzazione (cfr. art. 2 del D.M. ed
art. 3 per i susseguenti criteri);
- che,
trattandosi di sanzione diretta a reprimere
violazioni formali oltre che sostanziali, la
stessa, in mancanza di un concreto danno
ambientale, doveva essere commisurata al
profitto conseguito (cfr. TAR Campania, IV,
n. 16752 del 2004);
- che invece
l’Amministrazione, in applicazione dell’art.
10 del Reg. Com., ha identificato il
profitto con il costo di produzione
dell’opera, disattendendo quindi la suddetta
disciplina statale
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 07.08.2009 n. 1373 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
I continui e pesanti rimproveri
integrano il mobbing se fatti davanti ai
colleghi.
La Cassazione ha ritenuto che i rimproveri
orali da parte del superiore adottati con «toni
pesanti» e davanti agli altri colleghi,
possono costituire episodio di mobbing.
I giudici hanno così confermato la condanna
per mobbing di un'azienda milanese perché
una sua dirigente aveva vessato per mesi una
dipendente, con una serie di sanzioni
disciplinari culminate nel licenziamento
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 20.03.2009 n. 6907 -
link a www.lavoroprevidenza.com). |
EDILIZIA PRIVATA: I
manufatti interrati non devono rispettare le
distanze.
Per giurisprudenza costante i locali
interrati non sono computabili ai fini
dell'applicazione delle norme sulle distanze
in quanto le prescrizioni dettate dagli
strumenti urbanistici in tema di altezza,
distanze e volumetria degli edifici sono
dirette a tutelare quegli specifici valori
-aria, luce, vista- sui quali incidono tutti
i volumi che, sporgendo al di sopra della
linea naturale del terreno, modificano in
maniera significativa la conformazione del
suolo e dell'ambiente
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 12.03.2009 n. 77 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sanzione prevista dall'art. 15 della legge
n. 1497/1939 non costituisce un’ipotesi di
risarcimento del danno ambientale, ma
rappresenta una sanzione amministrativa
applicabile sia in caso di illeciti
sostanziali (compromissione dell’integrità
paesaggistica) sia nella ipotesi di illeciti
formali (mancanza del titolo autorizzatorio) e trova applicazione
anche nella ipotesi in cui sia intervenuto,
ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del
1985, parere favorevole alla condonabilità
da parte dell’Autorità preposta alla tutela
del vincolo.
Le questioni che vengono in rilievo in
relazione all’odierna controversia non sono
sconosciute al Collegio che, in relazione
alla fattispecie in esame, ritiene di poter
condividere, sia pure con alcune ulteriori
precisazioni rese necessarie dalla
peculiarità della fattispecie ora in esame,
l’impostazione seguita e le conclusioni alle
quali sono pervenute la quinta e questa
stessa Sezione nell’esame di controversie
aventi contenuto analogo (cfr. Sez. IV, n.
6279 del 12.11.2002; Sez. V, n. 614
dell’08.06.1994, n. 3184 del 02.06.2000 e n. 5373 del
09.10.2000).
I principi enucleati in quelle decisioni
possono riassumersi nelle seguenti
considerazioni:
a) l’art. 15 della L. 29.06.1939 n. 1497
va interpretato nel senso che l’indennità
prevista per abusi edilizi in zone soggette
a vincoli paesaggistici costituisce una vera
e propria sanzione amministrativa che
prescinde dalla sussistenza effettiva di un
danno ambientale, non rappresentando una
forma di risarcimento del danno;
b) condonabilità degli abusi commessi in
zone soggette a tutela ambientale purché sia
intervenuto il parere favorevole
dell’autorità competente, ai sensi dell’art.
32 della L. n. 47 del 28.02.1985;
c) applicabilità della sanzione di cui al
predetto art. 15 anche in caso in cui sia
intervenuto il previsto nulla-osta, come
precisato dall’art. 2, comma 46, della L. n.
662 del 23.12.1996, norma di natura
chiaramente interpretativa;
d) applicabilità, per espresso dettato
legislativo, dell’art. 28, primo comma,
della L. n. 689 del 24.11.1981 il
quale espressamente dispone che il “diritto
a riscuotere le somme dovute per le
violazioni indicate dalla presente legge si
prescrive nel termine di 5 anni dal
giorno in cui è stata commessa la
violazione”, sia pure con i temperamenti
necessari attesa la particolare natura
dell’illecito sanzionato dal ricordato art.
15.
La regola della prescrizione quinquennale,
decorrente dal giorno della commissione
della violazione, infatti, trova in astratto
applicazione anche in materia di illeciti
amministrativi puniti con la pena pecuniaria
di cui alla normativa di tutela
urbanistica-edilizia e di tutela del
paesaggio (Cass., 1° Sez. civ. n. 6967 del
25.07.1997).
Occorre, a questo punto, individuare il dies a quo dal quale inizia a decorrere il
quinquennio prescrizionale.
In proposito il giudice di primo grado, dopo
aver precisato che il comportamento
sanzionato dall’art. 15 della ricordata
legge n. 1457 del 1939 ha carattere di
illecito permanente, individua detto momento
in quello in cui l’Autorità preposta alla
tutela del vincolo ha espresso parere
favorevole al mantenimento dell’opera
abusiva realizzata, facendo così venir meno
l’antigiuridicità del fatto.
Siffatte conclusioni, peraltro immotivate,
non possono essere condivise.
Ed infatti, se è vero, come affermato in
sentenza, che l’illecito in questione ha
natura permanente, è altrettanto vero che lo
stesso è caratterizzato dall’omissione
dell’obbligo, perdurante nel tempo, di
ripristinare secundum jus lo stato dei
luoghi, così che se l’Amministrazione si
determina con un provvedimento repressivo
(demolizione ovvero irrogazione della
sanzione pecuniaria), non è “emanato un atto
a distanza di tempo” dalla commissione
dell’abuso, ma si sanziona una situazione
antigiuridica ancora contra jus, atteso che
la situazione di illiceità può dirsi venuta
meno solo quando è stato assolto l’obbligo
di ripristino dello stato dei luoghi (ovvero
sia stata pagata, in alternativa, la
prevista sanzione pecuniaria).
Non è esatto assumere a parametro di
riferimento, come ha fatto il giudice di
primo grado, l’intervenuto parere favorevole
al mantenimento delle opere abusivamente
realizzate posto in essere dalla Commissione
regionale per la tutela del paesaggio e
dall’Assessore al Dipartimento assetto del
territorio in relazione al provvedimento
rilascio della concessione edilizia in
sanatoria.
Siffatto parere, in mancanza di una
qualsiasi norma positiva in tal senso, è da
ritenere privo di un’autonoma rilevanza in
quanto concorre a consentire il rilascio
della concessione edilizia (o
autorizzazione) in sanatoria inserendosi,
secondo le previsioni contenute nell’art. 32
della L. n. 47 del 1985, nel diverso
procedimento volto a sanare solo ed
esclusivamente illeciti di natura
edilizia-urbanistica in relazione ad
immobili soggetti a vincoli paesaggistici
e/o ambientali e non è, quindi, atto idoneo
a far decorrere il termine di prescrizione
previsto dal ricordato art. 28 della
normativa del 1981. Al contrario, il
provvedimento sanzionatorio impugnato trova
la sua disciplina in una normativa diversa
da quella prevista nella cd. legge di
sanatoria, disciplina che delinea un
autonomo procedimento in cui intervengono
altre Amministrazioni in quanto titolari di
interessi finalizzati alla tutela
dell’ambiente, del paesaggio e del
territorio, nonché alla repressione di
eventuali abusi.
Come conferma della correttezza di quanto
fin qui precisato si pone anche l’art. 2,
comma 46, della L. n. 662 del 23.12.1996 in base al quale il “versamento
dell’oblazione non esime dall’applicazione
dell’indennità risarcitoria di cui all’art.
15 della L. n. 1457 del 1939”, attesa la
peculiarità della sua funzione di riparare
alla lesione di uno specifico interesse
pubblico violato, lesione che perdura
fintanto che esso non sia risarcito per
equivalente.
Infatti oblazione ed indennità risarcitoria
hanno finalità diverse, perché diversi sono
i procedimenti in cui si vanno ad inserire
ed profili su cui vanno ad incidere, così
che il pagamento dell’una non fa venir meno
il dovere di agire per la riscossione
dell’altra con le ulteriori conseguenze
connesse alle dette differenze, compresa
quella di cui ora si discute.
--------------
La fondatezza dell’appello principale
impone al Collegio l’esame dei motivi del
ricorso di primo grado che il Tribunale
Amministrativo regionale ha dichiarato
assorbiti.
Conviene, preliminarmente, sgombrare il
campo dalle doglianze rispetto alle quali
valgono le considerazioni svolte nei
precedenti paragrafi (in particolare quelle
contenute sub n. 1 e 4 della memoria di
costituzione e da quelle manifestamente
infondate.
In particolare si deduce (sub 3) che la
dichiarata assenza di danno ambientale
sarebbe di ostacolo alla comminatoria della
sanzione pecuniaria in argomento.
Sul punto il Collegio non può che richiamare
quanto già precisato in sede di esame di
controversia di contenuto analogo (cfr.
decisione n. 6279 del 12.11.2002 ed
anche VI Sez. n. 3184 del 02.06.2000) in
cui si è precisato che la sanzione prevista
dal più volte citato art. 15 non costituisce
un’ipotesi di risarcimento del danno
ambientale, ma rappresenta una sanzione
amministrativa applicabile sia in caso di
illeciti sostanziali (compromissione
dell’integrità paesaggistica) sia nella
ipotesi di illeciti formali (mancanza del
titolo autorizzatorio) e trova applicazione
anche nella ipotesi in cui sia intervenuto,
ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del
1985, parere favorevole alla condonabilità
da parte dell’Autorità preposta alla tutela
del vincolo (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.11.2004 n. 7405 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sanzione da irrogare per gli abusi edilizi
commessi in aree con vincolo paesaggistico
(in alternativa all’ordine di rimessione in
pristino) è pari alla maggior somma fra il
danno ambientale causato dall’intervento
sanzionato e il profitto conseguito.
Precisano poi le indicate disposizioni che
la somma è determinata previa perizia di
stima.
Trattandosi di sanzione pecuniaria tesa a
reprimere, con effetto deterrente oltre che
ripristinatorio, ogni tipo di violazione,
sostanziale e formale, l'indennità in
questione -per giurisprudenza oramai
costante- è dovuta anche in mancanza di un
concreto danno ambientale; in tal caso la
sanzione deve essere commisurata al profitto
conseguito.
Per quanto riguarda poi la determinazione
del quantum della sanzione, la
giurisprudenza ha chiarito che per la
determinazione del profitto è più agevole
ricorrere ad elementi oggettivi di
valutazione mentre per la determinazione del
danno ambientale soccorrono criteri
equitativi e che la quantificazione non può
essere oggetto di una dimostrazione
articolata ed analitica, sfuggendo il danno
paesistico ad una indagine dettagliata e
minuta con la conseguenza che tale
valutazione può essere censurata solo per
manifesta illogicità.
La questione sottoposta all’esame di questo
TAR riguarda l'applicazione della sanzione
ambientale prevista dall'art. 15 della legge
n. 1497 del 1939 (ed ora dall’art. 167 del
decreto legislativo 22.01.2004, n. 42
recante il Codice dei Beni culturali e del
paesaggio) per opere realizzate in assenza
della necessaria preventiva autorizzazione
in area sottoposte alla tutela
paesaggistica.
Secondo l’art.
15 della legge n. 1497 del 1939 e poi
dell'art. 164 del decreto legislativo
29.10.1999 n. 490 (testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali) ed ora dell’art. 167
del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42,
recante il Codice dei Beni culturali e del
paesaggio, la sanzione da irrogare per gli
abusi edilizi commessi in aree con vincolo
paesaggistico (in alternativa all’ordine di
rimessione in pristino) è pari alla maggior
somma fra il danno ambientale causato
dall’intervento sanzionato e il profitto
conseguito. Precisano poi le indicate
disposizioni che la somma è determinata
previa perizia di stima.
Trattandosi di sanzione pecuniaria tesa a
reprimere, con effetto deterrente oltre che
ripristinatorio, ogni tipo di violazione,
sostanziale (per l’effettivo contrasto della
costruzione con i valori paesistici ed
ambientali della zona) e formale (per
l’omessa acquisizione del nulla osta
paesistico), l'indennità in questione, per
giurisprudenza oramai costante, è dovuta
anche in mancanza di un concreto danno
ambientale; in tal caso la sanzione deve
essere commisurata al profitto conseguito
(Consiglio di Stato, Sez. II, n. 48 del
15.05.2002, Sez. VI, n. 912 del 21.02.2001).
Basta pertanto verificare che per la
costruzione o l'intervento edilizio fosse
necessario il nulla osta paesistico, come
nella specie, per far ritenere legittimo il
potere sanzionatorio esercitato
dall'Amministrazione.
Per quanto riguarda poi la determinazione
del quantum della sanzione, la
giurisprudenza ha chiarito che per la
determinazione del profitto è più agevole
ricorrere ad elementi oggettivi di
valutazione mentre per la determinazione del
danno ambientale soccorrono criteri
equitativi (Consiglio di Stato, Sez. II, n.
48 del 15.05.2002, Sez. V n. 1225
dell'01.10.1999).
Si deve peraltro aggiungere che, in materia
di condono edilizio, l’art. 10, comma 5-ter,
del decreto legge 31.12.1996, n. 669,
convertito, con modificazioni, dalla legge
28.02.1997, n. 30, ha previsto che, ai soli
fini della sanatoria degli abusi commessi,
il Ministro per i beni culturali e
ambientali, di concerto con il Ministro dei
lavori pubblici, doveva determinare i
parametri e le modalità per la
qualificazione della indennità risarcitoria
prevista dall'art. 15 della legge n. 1497
del 1939, con riferimento alle singole
tipologie di abuso ed alle zone territoriali
oggetto del vincolo.
Sulla base di tale previsione è stato
emanato dal Ministro per i beni culturali e
ambientali, di concerto con il Ministro dei
lavori pubblici, il D.M. 26.09.1997.
L’art. 2 del decreto ha quindi previsto che
l'indennità risarcitoria di cui all'art. 15
della legge 29.06.1939 del 1497 è
determinata previa apposita perizia di
valutazione del danno causato
dall'intervento abusivo in rapporto alle
caratteristiche del territorio vincolato ed
alla normativa di tutela vigente sull'area
interessata, nonché mediante la stima del
profitto conseguito dalla esecuzione delle
opere abusive. In via generale è qualificato
quale profitto la differenza tra il valore
dell'opera realizzata ed i costi sostenuti
per la esecuzione della stessa, alla data di
effettuazione delle perizia. Il successivo
art. 3 ha individuato poi criteri più
precisi per la determinazione del profitto
conseguito.
Per effetto delle indicate disposizioni si
deve quindi ritenere che l’irrogazione della
sanzione per la violazione delle norme di
tutela paesaggistiche può essere disposta
previa perizia di stima sul danno ambientale
prodotto e sul profitto conseguito e che, in
particolare, anche quando la sanzione viene
commisurata al danno arrecato al paesaggio
(perché ritenuto maggiore del profitto
conseguito) l’amministrazione deve comunque
procedere ad una quantificazione dello
stesso tenendo conto del danno causato
dall'intervento abusivo in rapporto alle
caratteristiche del territorio vincolato ed
alla normativa di tutela vigente sull'area
interessata.
Per quanto riguarda la concreta
determinazione del danno ambientale, la
giurisprudenza ha chiarito che devono
necessariamente soccorrere criteri
equitativi (Consiglio di Stato, Sez. II, n.
48 del 15.05.2002, Sez. V n. 1225
dell'01.10.1999) e che la quantificazione
non può essere oggetto di una dimostrazione
articolata ed analitica, sfuggendo il danno
paesistico ad una indagine dettagliata e
minuta (Consiglio di Stato, Sez. V n. 1225
dell'01.10.1999 cit., TAR Sicilia-Palermo n.
1822 del 31.10.2000, n. 479
dell’08.03.2000), con la conseguenza che
tale valutazione può essere censurata solo
per manifesta illogicità (TAR Puglia-Lecce
n. 1439 del 03.04.2002)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 11.11.2004 n. 16752 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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