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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di MARZO 2010

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aggiornamento al 31.03.2010

aggiornamento al 29.03.2010

aggiornamento al 22.03.2010

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AGGIORNAMENTO AL 31.03.2010

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URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 13 del 30.03.2010, "Il Piano Territoriale Regionale della Lombardia (2010) - Testo integrato degli elaborati approvati (d.c.r. del 19.01.2010, n. 951)" (comunicato regionale 15.03.2010 n. 37 - link a www.infopoint.it).
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Per vedere gli allegati del P.T.R. cliccare qui.

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: È consentito il trasporto eccezionale di rifiuti propri non pericolosi con mezzi non autorizzati? (link a www.ambientelegale.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

PUBBLICO IMPIEGO: C. Rapicavoli, Trasmissione per via telematica dei certificati di malattia (link a www.ambientediritto.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: C. Contessa, L’offerta economicamente più vantaggiosa: brevi note su un istituto ancora in cerca di equilibri (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: C. Baldi e D. Porfidia, L’annullamento d’ufficio e ministeriale degli atti amministrativi (link a www.altalex.com).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Pubblico impiego, i certificati medici telematici.
A partire dal 19.06.2010 in caso di assenza per malattia dei lavoratori pubblici, i certificati medici dovranno essere inviati esclusivamente per via telematica.
La nuova procedura è già attiva dal 19 marzo, ma si prevede un periodo transitorio di tre mesi, durante il quale è ancora possibile ai medici rilasciare il documento in forma cartacea, per permettere a tutti di abilitarsi e adattarsi alle nuove regole.
Il Ministero della salute, con decreto del 26.02.2010 pubblicato nella G.U. n. 65 del 19.03.2010, ha definito le modalità tecniche per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al sistema di accoglienza centralizzata (SAC). Trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta il medico curante può procedere all'invio on line.
I lavoratori, quindi, non dovranno più provvedere, entro i due giorni lavorativi successivi all'inizio della malattia, ad inviare tramite raccomandata o recapitare le attestazioni di malattia alle proprie amministrazioni.
Infatti l'invio telematico soddisfa tale l'obbligo; rimane fermo, invece, l'obbligo di segnalare tempestivamente la propria assenza e l'indirizzo di reperibilità all'amministrazione per i successivi controlli medico fiscali (link a www.governo.it).

GIURISPRUDENZA

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Siti inquinati - Obbligo di bonifica - Responsabile dell’inquinamento - Profilo causale - Regola del “più probabile che non” - Artt. 40 e 41 c.p. - responsabilità civile o amministrativa.
Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, che le competenti Autorità amministrative hanno l'obbligo di individuare e ricercare, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con la conseguenza che esso può essere posto a suo carico solo se responsabile o corresponsabile dell'illecito abbandono (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16.06.2009, n. 3885).
Sotto il profilo causale, anche in campo amministrativo-ambientale non può non valere la regola, codificata nel processo civile (nel leading case di cui alla pronuncia della Cassazione civile, sez. un., 11.01.2008, n. 581) del “più probabile che non”.
Secondo tale regola, ai sensi degli art. 40 e 41 c.p., un evento è da considerarsi causa di un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo; ma l'applicazione di tale principio, temperato dalla regolarità casuale, ai fini della ricostruzione del nesso eziologico, va applicata alla peculiarità delle singole fattispecie normative di responsabilità civile o amministrativa, dove muta la regola probatoria.
Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio, nel processo civile, così come nel campo della responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non.
INQUINAMENTO - Siti contaminati antecedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 22/1997 - Natura di illecito permanente della contaminazione.
La disciplina contenuta nel d.lgs. 05.02.1997, n. 22 e nel D.M. 25.10.1999, n. 471 è diretta a risanare anche i siti contaminati antecedentemente all'entrata in vigore di detta disciplina e che ancora necessitano di interventi (cfr., ex multis, TAR Lombardia, Milano, sez. I, 13.02.2001, n. 987), attesa la natura di illecito permanente della contaminazione (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 24.03.2010 n. 1575 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Bonifica - Proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento - Intervento diretto del comune - Facoltà di provvedere direttamente - Onere reale e privilegio speciale immobiliare.
La normativa in materia di inquinamento se, da un lato, non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in capo al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento, dall’altro, prevede espressamente che al proprietario intimato, che non sia responsabile dell’inquinamento, sia data la facoltà di provvedere direttamente alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (Consiglio di Stato, sez. VI, 05.09.2005, n. 4525) e, quindi, l’esproprio.
L’intervento diretto del Comune per la bonifica non presuppone, infatti, l’accertamento della responsabilità del proprietario, che non può sottrarsi allo stesso, se non provvedendovi direttamente (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 19.03.2010 n. 1313 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Curatore fallimentare - Obblighi ripristinatori - Inconfigurabilità - Esecuzione d’ufficio in danno dei soggetti obbligati - Insinuazione al passivo fallimentare.
Nei confronti del curatore fallimentare non è configurabile alcun obbligo ripristinatorio in ordine all'abbandono dei rifiuti in assenza dell’accertamento univoco di un’autonoma responsabilità del medesimo conseguente alla presupposta ricognizione di comportamenti commissivi, ovvero meramente omissivi, che abbiano dato luogo al fatto antigiuridico.
All'Amministrazione competente, in difetto della ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, residua la possibilità, alla stregua di quanto stabilito dall'ultima parte del III comma dell'art. 14 del d.lgs. 05.02.1997 n. 22, di procedere all'esecuzione d'ufficio "in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate" che può avvenire mediante insinuazione del relativo credito nel passivo fallimentare (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 19.03.2010 n. 700 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Misurazione dell’inquinamento acustico - Tempo di riferimento - Definizione - Tempo di osservazione - Allegato A al D.M. 16.03.1998.
Nell’allegato A al d.m. 16.03.1998 rubricato “tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico”, il tempo di riferimento viene definito come il ”periodo della giornata all’interno del quale si eseguono le misure”.
La stessa norma precisa poi che “la durata della giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello diurno compreso tra le h 6,00 e le h. 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”.
La stessa norma definisce poi il tempo di osservazione come il periodo di tempo compreso nel tempo di riferimento nel quale si verificano le condizioni di rumorosità che si intendono verificare. Le norme in esame non impongono quindi necessariamente che il tempo di osservazione sia circoscritto ad uno solo dei due periodi nei quali si articola il tempo di riferimento potendo le condizioni di rumorosità da valutare perdurare per entrambi i periodi in cui si articola il tempo di riferimento.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Rumore ambientale - Rumore residuo - Rumore prodotto dalla sorgente disturbante.
Il rumore ambientale è costituito da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo.
Il rumore ambientale è costituito dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si intende il rumore rilevato quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da quello che prodotto dalla specifica sorgente disturbante.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valore limite differenziale - Nozione - Rumore trascurabile - Parametri.
Il valore limite differenziale è quel valore dato dalla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che è il rumore che residua una volta eliminata la sorgente disturbante, il valore differenziale esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che una specifica fonte dà al livello di inquinamento generale. I valori limite sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo notturno (art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997).
Tali valori differenziali non si applicano quando comunque il rumore ambientale è al di sotto di determinati valori e precisamente 50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre chiuse. Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi disgiuntamente nel senso che anche il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore differenziale. Ciò è fatto palese dalla circostanza che il rumore viene definito in tali casi trascurabile.
Orbene è evidente che, essendo il rumore sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile non deve superare i parametri di cui sopra per cui il superamento anche di uno solo di essi implica l’applicazione dei valori limite differenziali.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Autorizzazione di un pubblico esercizio - Amministrazione - Potere di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico interesse - Prescrizioni relative alle emissioni sonore.
Il rilascio dell’autorizzazione di un pubblico esercizio comprende il potere dell’amministrazione di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico interesse (art. 9 r.d. 773/1931), tra le quali devono ritenersi comprese anche quelle relative alle emissioni sonore (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 15.03.2010 n. 1166 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE GESTIONALI: INQUINAMENTO - Circolazione stradale - Regolamentazione - Competenza - Comandante della polizia locale - D.lgs. n. 285/1992.
Ai sensi del d.lgs. n. 285/1992, i provvedimenti in materia di regolamentazione della circolazione stradale sono attribuiti alla competenza del Comandante della Polizia locale (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.03.2010 n. 605 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Gare d’appalto: non sono ammissibili offerte condizionate.
L’offerta condizionata non può costituire per la Pubblica Amministrazione offerta suscettibile di valutazione, meritando pertanto di essere esclusa dalla procedura, posto che essa non può essere ritenuta offerta attendibile, univoca e idonea a manifestare una volontà certa ed inequivoca dell’impresa di partecipazione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 25.02.1991, n. 192; Cons. Stato, Sez. V, 23.08.2004, n. 5583) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.01.2010 n. 248 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Il professionista progettista non può impugnare il diniego di permesso di costruire.
Il professionista progettista non può impugnare autonomamente un provvedimento con il quale l’Amministrazione comunale abbia negato un permesso di costruire relativo ad un progetto dallo stesso professionista predisposto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 90 - link a www.altalex.com).

APPALTI SERVIZI: Controllo analogo nell’in house providing: precisazioni.
Il "controllo analogo", inteso nei sensi della "dottrina Teckal", non postula necessariamente anche il "controllo", da parte del socio pubblico, sulla società e, in via consequenziale, su tutta l’attività, sia straordinaria sia ordinaria, da essa posta in essere, assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c., essendo, invece, sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.
Il requisito del controllo analogo non sottende una logica "dominicale", rivelando piuttosto una dimensione "funzionale": affinché il controllo sussista anche nel caso di una pluralità di soggetti pubblici partecipanti al capitale della società affidataria non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un "controllo" della governance societaria.
Il requisito del "controllo analogo" postula un rapporto che lega gli organi societari della società affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare "tutta" l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento; risulta quindi indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci.
È corretta e legittima la modalità organizzativa dell’in house providing c.d. frazionato, nel quale cioè la società in house costituisce longa manus ed organo di gestione del servizio per tante e diverse amministrazioni ed è strumentale ad una gestione associata ed economica della attività dalle medesime prestate; in sostanza, ciò che rileva ai fini della legittimità dell’affidamento non è la circostanza della configurabilità di un controllo totale ed assoluto di ciascun ente pubblico sull’intera società in house, bensì l’esistenza di strumenti giuridici (di diritto pubblico o di diritto privato) idonei a garantire che ciascun ente, insieme a tutti gli altri azionisti della società in house, sia effettivamente in grado di controllare ed orientare l’attività della società controllata (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.12.2009 n. 8970 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATALa costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientrante tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il comune ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma, lettera e), della legge 29.09.1964 n. 847 individua come opere di urbanizzazione secondaria le “chiese ed altri edifici religiosi” per le quali la successiva legge n. 10 del 1977 prevede, secondo determinate condizioni, l’esonero dal pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la costruzione della sede della Associazione ricorrente, oggetto della concessione edilizia impugnata in parte qua, possa rientrare tra quelle opere di carattere religioso, ossia destinate all’esercizio del culto, per le quali la norma prevede l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che essere negativa, solo si si consideri che la sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal punto di vista urbanistico. Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il Comune di Cerea ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 30.03.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il contributo per il rilascio della concessione edilizia imposto dalla legge 28.01.1977, n. 10 e commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale perché prescinde totalmente dall’esistenza, o meno, delle singole opere di urbanizzazione; esso ha natura di prestazione patrimoniale imposta e viene determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.
Ai fini dell’esenzione del contributo di costruzione, ex art. 9 l. 10/1977, occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo essa alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione si riferisce.

Il contributo per il rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire) imposto dalla legge 28.01.1977, n. 10 (art. 3; v. ora art. 16 d.P.R. 06.06.2001, n. 380) e commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale perché prescinde totalmente dall’esistenza, o meno, delle singole opere di urbanizzazione; esso ha natura di prestazione patrimoniale imposta e viene determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere (cfr. Cons. St., sez. V, 06.05.1997, n. 462; per la natura tributaria di tale prestazione, v., altresì, C.G.A.R.S., 05.05.1999, n. 203).
Ora, per quanto riguarda il contributo di costruzione da corrispondere per la realizzazione di opere od impianti non destinati ad usi residenziali l’art. 10, legge 28.01.1977, n. 10 (v. ora art. 19 d.P.R. 06.06.2001, n. 380), prevede, al comma 1, una esenzione da tale contributo per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività <<industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi>>, mentre uguale esenzione non è prevista al comma 2 per la concessione relativa a costruzioni o impianti destinati <<ad attività turistiche, commerciali e direzionali>>.
Alla luce, dunque, sia del chiaro disposto dell’art. 10 L. n. 10/1977, sia della predetta natura tributaria della componente in esame del contributo, sia della tassatività dell’elencazione legislativa dei casi di esenzione o di concessione edilizia gratuita, deve ritenersi infondata la tesi dell’appellante, secondo cui il convenzionamento e la previsione dell’assunzione di determinati oneri di urbanizzazione, valgano di per sé ad escludere il pagamento degli oneri di urbanizzazione in sede di rilascio della concessione edilizia, potendo incidere finanche sull’obbligo tributario del pagamento del contributo afferente al costo di costruzione.
Il contributo controverso, dunque, come sostenuto dal Comune appellato, deve essere corrisposto nella misura prevista dall’art. 10, comma 2, L. n. 10/1977, in quanto le costruzioni della società ricorrente, odierna appellante, per la loro destinazione ad uso commerciale, non sono esenti dal pagamento di tale contributo.
Ai fini dell’esenzione del contributo di costruzione, ex art. 9 l. 10/1977, occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un ente pubblico, non competendo essa alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione si riferisce (cfr. Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V, 19.09.1995, n. 1313; C.G.A.R.S., 20.07.1999, n. 369); quanto, invece, all’esenzione dovuta (sempre ai sensi della citata lett. f) per le <<opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici>>, occorre che si tratti di opera di urbanizzazione specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico, anche attuativo (cfr. Cons. St., sez. V, 21.01.1997, n. 69; Cons. St., sez. V, 01.06.1992, n. 489) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.12.2005 n. 7140 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977, occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale.
Il beneficio della gratuità della concessione edilizia previsto dall'art. 9, lett. f), può essere concesso anche ad un soggetto non pubblico, ma per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ovvero nel caso di un ente istituzionalmente competente, cioè destinato, finalizzato e creato per il perseguimento di interessi generali, ricollegati a determinati bisogni della collettività o di determinati gruppi sociali.
Nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria consistenti in attrezzature sanitarie non vi possono rientrare gli edifici di proprietà privata sol perché essi, poi, siano utilizzati per finalità simili a quella propria degli edifici pubblici; pertanto, non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita dall'imprenditore per la propria attività d'impresa.

Passando all'esame del contenuto dell'ipotesi di esenzione prevista dall'art. 9, lett. f), L. n. 10/1977, si osserva in particolare che le opere di urbanizzazione, ivi previste, sono unicamente quelle che, in carenza di intervento del privato, dovrebbero essere realizzate dall'amministrazione comunale.
Anzi, di norma tali opere sono realizzate dal soggetto pubblico; solo in alternativa, ove un soggetto privato s'impegni ad eseguirle, questi non viene gravato dal pagamento del relativo contributo concessorio.
Solo tali opere, per come sono configurate, sono anche conteggiate ai fini della verifica degli standards urbanistici di cui all'art. 3 del D.M. n. 1444/1968, trattandosi a tutti gli effetti di attrezzature pubbliche.
Conformemente a tale natura, le suddette opere sono di proprietà pubblica ab origine, oppure lo diventano mediante provvedimenti preordinati al loro acquisto, anche mediante esproprio da parte della stessa pubblica amministrazione.
In generale, tutte le opere di urbanizzazione devono ritenersi escluse dal contributo relativo al costo di costruzione (TAR Lombardia, Milano, 11.11.1999 n. 3671).
Peraltro, come ha ben chiarito la giurisprudenza, ai fini dell'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, prevista dall'art. 9, lett. f), L. 10/1977, occorre il concorso di due presupposti, e cioè l'ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di impianti o attrezzature che, quantunque non destinati direttamente a scopi dell'amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività anche se realizzati e gestiti da privati) e l'esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (TAR Toscana, III, 19.02.1999 n. 17; TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999 n. 217).
Il beneficio della gratuità della concessione edilizia previsto dall'art. 9, lett. f), può essere concesso anche ad un soggetto non pubblico, ma per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (TAR Piemonte, I, 17.12.1998 n. 746; Cons. St., V, 07.09.1995 n. 1280), ovvero nel caso di un ente istituzionalmente competente, cioè destinato, finalizzato e creato per il perseguimento di interessi generali, ricollegati a determinati bisogni della collettività o di determinati gruppi sociali (TAR Toscana, III, n. 17/1999, citata).
L'esenzione dai contributi presuppone che l'opera sia di pubblico interesse e sia realizzata da un ente pubblico, mentre non compete alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività da essi esercitata nella (o con la) opera edilizia alla quale la concessione edilizia si riferisce (TAR Toscana, citata); così, ad es., é stato escluso che la realizzazione di un edificio scolastico da parte di un privato possa fruire dell'esenzione dal contributo urbanistico (TAR Lombardia, Brescia, 20.06.2000 n. 554).
E' stato, invece, riconosciuto il diritto all'esenzione per un soggetto concessionario di servizi aeroportuali per la realizzazione di strutture da adibire ad uffici per gli spedizionieri in quanto opere di interesse generale realizzate da ente istituzionalmente competente, nella considerazione che le predette strutture, realizzate su aree demaniali, sarebbero diventate, al termine della concessione, di proprietà dello Stato (Cons. St., V, 04.05.1998 n. 492).
La giurisprudenza ha già affermato che, nell'ambito delle opere di urbanizzazione secondaria consistenti in attrezzature sanitarie, non vi possono rientrare gli edifici di proprietà privata sol perché essi, poi, siano utilizzati per finalità simili a quella propria degli edifici pubblici; pertanto, non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita dall'imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine dell'esenzione é quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Cons. St., V, 19.05.1998 n. 617).
Ne consegue che le attrezzature sanitarie, ancorché rientranti nel tassativo elenco previsto dalla L. n. 847/1964, qualora siano di proprietà privata, non possono comunque essere annoverate tra le opere di urbanizzazione secondaria.
In ogni caso, come esattamente osservato dalla difesa dell'amministrazione, l'opera di urbanizzazione, ai fini dell'applicazione dell'esonero dal contributo concessorio, deve essere qualificata come tale nello strumento urbanistico dell'ente locale, anche attuativo (Cons. St., V, 21.01.1997 n. 69); al contrario, nella fattispecie, lo strumento urbanistico comunale destina l'area a "servizi privati e pertinenze", consentendo la realizzazione di strutture private e non di opere di urbanizzazione (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 06.12.2001 n. 1819 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 29.03.2010

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QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Sulla necessità o meno di acquisire agli atti il parere ASL sulle richieste di permesso di costruire ex art. 20 del DPR n. 380/2001: il Ministero mette la parola FINE?? (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ufficio Legislativo, nota e-mail del 16.03.2010).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTIAspetti applicativi del D.U.R.C. (link a www.mediagraphic.it).

UTILITA'

VARIIncentivi e semplificazioni per i lavori: i contenuti del "Decreto-Legge Scajola".
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 19.03.2010, ha approvato un Decreto Legge che prevede incentivazioni economiche per alcuni settori e semplificazioni per l'esecuzione di alcuni lavori.
Per rendere operative le disposizioni del decreto, illustrate nel seguito, è necessario un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico da adottare entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto Legge ...
(link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVOROLe linee guida ISPESL per l'esposizione ad agenti fisici (rumore, vibrazioni, radiazioni ottiche artificiali, etc.) nei luoghi di lavoro.
Il Coordinamento tecnico delle Regioni, in collaborazione con l'ISPESL, ha pubblicato la revisione n. 02 delle linee guida per l'applicazione delle disposizioni sull'esposizione agli agenti fisici.
È disponibile, infatti, la l'edizione aggiornata all'11.03.2011 del "Decreto Legislativo 81/2008, Titolo VIII, Capo I, II e III, IV, V sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all'esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro – Indicazioni Operative" ...
(link a www.acca.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATALe Linee guida per l'utilizzo delle terre e rocce da scavo dalla regione Piemonte.
La gestione delle terre e rocce da scavo è un argomento molto complesso, disciplinato, attualmente, dall'art. 186 del D. Lgs. 152/2006 (così come modificato dal D.Lgs. 4/2008).
Nell'attività quotidiana scontrarsi con queste problematiche è molto frequente: qualsiasi attività edilizia infatti, anche modesta, presuppone scavi e quindi produzione di materiale di risulta che va gestito nell'ambito del progetto.
Le norme, succedutesi nel tempo, che disciplinano la materia sono molteplici e diverse, non sempre concordanti, a volte contraddittorie: non solo, i margini di interpretazione delle stesse norme hanno spesso condotto a interpretazioni degli organi preposti al controllo e alla vigilanza non univoche, anzi spesso assai diverse fra loro ...
(link a www.acca.it).

VARIDall'AEEG il Testo unico per la produzione elettrica.
L'Autorità per l'Energia Elettrica ed il GAS (AEEG) ha realizzato e reso disponibile il "Testo unico ricognitivo della produzione elettrica", un documento che raccoglie tutta le regole sulla produzione elettrica.
Il Testo contiene anche tutte le principali disposizioni adottate dall'Autorità relative alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla cogenerazione ad alto rendimento.
Il testo si propone come un agile e completo strumento di supporto per quanti operano nel settore, rendendo disponibile una guida esplicativa ed aggiornata dell'attuale contesto di mercato per tutte le varie tecnologie di generazione ...
(link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVOROComunicazione del nominativo del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza all'INAIL.
Il 31.03.2010 è il termine entro il quale è necessario comunicare in via telematica all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), designati o eletti nel corso del 2009, solo in caso di nuova nomina o designazione.
Con la circolare 25.08.2009, n. 43 l'INAIL, infatti, ha definito le istruzioni per la trasmissione dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nel rispetto delle modifiche intervenute con la pubblicazione del correttivo al Testo unico della sicurezza sul lavoro ...
(link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 27.03.2010 n. 72 "Testo del decreto-legge 25.01.2010, n. 2, coordinato con la legge di conversione 26.03.2010, n. 42, recante: «Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni»".

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.03.2010 n. 40 "Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere », di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori" (D.L. 25.03.2010 n. 40).
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N.B.: l'art. 5 sostituisce l'art. 6 del D.P.R. 380/2001 dal titolo "Attività edilizia libera".

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 12 del 25.03.2010, "Testo coordinato della L.R. 11.03.2005 n. 12 «Legge per il governo del territorio»" (testo coordinato L.R. 11.03.2005 n. 12 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: G.U. 20.03.2010 n. 66, suppl. ord. n. 56 (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture):
- "Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture" (deliberazione 02.03.2010);
- "Regolamento per la pubblicazione sul sito web degli atti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture" (deliberazione 16.02.2010);
- "Requisiti di ordine generale per l’affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché per gli affidamenti di subappalti. Profili interpretativi ed applicativi" (determinazione 12.01.2010).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, Serie Inserzioni e Concorsi n. 9 del 03.03.2010, "Direzione Generale Territorio e Urbanistica - Piani di Governo del Territorio: indicazioni ai Comuni a seguito dell'approvazione del Piano Territoriale Regionale" (comunicato regionale 25.02.2010 n. 29 - link a www.infopoint.it).

NEWS

ENTI LOCALI - VARINormattiva, la banca dati delle leggi italiane.
Dal 19.03.2010 è on line 'Normattiva'.
Si tratta di una banca dati, accessibile a tutti e consultabile gratuitamente, che contiene i testi delle leggi statali vigenti aggiornate in tempo reale.
Le leggi presenti nella banca dati "Normattiva" potranno essere consultate nel loro testo originario, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; nel testo vigente, e quindi effettivamente applicabile, alla data di consultazione della banca dati e nel testo vigente a qualunque data pregressa indicata dall'utente.
Il cittadino sarà aiutato con strumenti che consentono la ricerca per concetti e per classi di materie. Normattiva è il frutto della collaborazione tra le principali istituzioni dello Stato, con il coordinamento del Ministro per la semplificazione normativa.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati -in collaborazione con la Corte di Cassazione- curano gli adempimenti per la realizzazione del programma e lo sviluppo del sito. L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ne cura la gestione e provvede all'alimentazione della correlata Banca Dati.
Normattiva, infatti, è anche un sito in evoluzione. L'intero corpus della normativa statale verrà inserito gradualmente, secondo un programma già definito, e le funzionalità di ricerca verranno progressivamente arricchite. Attualmente sono disponibili per i cittadini tutti gli atti normativi pubblicati dal primo gennaio 1980 ad oggi
(link a www.governo.it).

VARIIl decreto incentivi è in vigore. Una mappa delle novità fiscali.
Approdato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa.
Il Dl n. 40/2010, oltre alle misure a sostegno della domanda in particolari settori per le quali lo Sviluppo economico indicherà le modalità di fruizione dei contributi, contiene importanti disposizioni in materia di lotta alle frodi internazionali e riduzione del contenzioso, e nuove regole per la notifica di atti ai non residenti
(link a www.nuovofiscooggi.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATAAllorché il privato rinunci al permesso di costruire o anche quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio sorge in capo alla p.a. l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione.
Il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente.
L’avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite da un permesso di costruire comporta il sorgere in capo al titolare del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata.
Il termine di prescrizione, nel restituire la quota di contributo di costruzione versata per mancata edificazione, comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, e, dunque, dalla data in cui il titolare comunica alla amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o dalla data di adozione da parte della p.a. del provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali o per l’entrata in vigore delle previsioni urbanistiche contrastanti.
Sulle somme indebitamente riscosse dalla p.a., la ricorrente ha diritto agli interessi legali, che, non essendovi elementi per escludere la buona fede dell’amministrazione, spettano dalla data della domanda.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che, allorché il privato rinunci al permesso di costruire o anche quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio -per scadenza dei termini iniziali o finali o per il sopravvenire di previsioni urbanistiche introdotte o dallo strumento urbanistico o da norme legislative o regolamentari, contrastanti con le opere autorizzate e non ancora realizzate- sorga in capo alla p.a. l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione (cfr. TAR Abruzzo, Pescara, 15.12.2006, n. 890; Cons. Stato, sez. V, 22.02.1988, n. 105). Il contributo concessorio è, difatti, strettamente connesso all’attività di trasformazione del territorio, quindi, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo di causa cosicché l’importo versato va restituito (Cons. Stato, sez. V, 12.06.1995, n. 894; Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 12.03.2008, n. 2294).
Il Collegio è dell’avviso che il diritto alla restituzione sorga non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, come è accaduto nel caso di specie in cui è stato edificato solamente un capannone industriale e non anche un edificio uso ufficio, come, invece, previsto nel titolo edilizio.
Sia la quota per oneri di urbanizzazione -che compensa l’aggravio del carico urbanistico della zona indotto dalla nuova costruzione- che la quota per costo di costruzione -che si giustifica per l'aumentata capacità contributiva del titolare ed è pertanto commisurata al valore economico del costo di costruzione, determinato sulla base di parametri generali– sono, difatti, correlati, sia pur sotto profili differenti, all’oggetto della costruzione: la realizzazione solamente di uno dei due edifici oggetto del permesso di costruire non può che comportare una riduzione dell’aggravio del carico urbanistico della zona e manifestare una minore capacità contributiva rispetto all’ipotesi in cui entrambe le opere assentite fossero edificate.
L’avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite da un permesso di costruire comporta, pertanto, il sorgere in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata.
Ai sensi dell’art. 2935 c.c., il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, e, dunque, dalla data in cui il titolare comunica alla amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o dalla data di adozione da parte della p.a. del provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali o per l’entrata in vigore delle previsioni urbanistiche contrastanti.
Il Collegio non condivide quindi la posizione assunta dalla amministrazione, non potendo la prescrizione iniziare a decorrere da un momento, quello del rilascio del titolo edilizio, in cui il diritto alla restituzione del contributo non è ancora sorto non essendosi ancora verificati i fatti impeditivi della edificazione sopra richiamati.
Il principio affermato nella sentenza del Consiglio di Stato, 13.06.2003, n. 3332, richiamata dalla difesa dell’amministrazione comunale non trova quindi applicazione nel caso di specie: tale pronuncia, nell’individuare nel rilascio della concessione edilizia il momento da cui inizia a decorrere la prescrizione, fa, difatti, riferimento ad un diritto differente rispetto a quello oggetto della presente controversia, cioè quello del Comune al pagamento del contributo.
Sulle somme indebitamente riscosse dalla p.a., la ricorrente ha diritto agli interessi legali, che, non essendovi elementi per escludere la buona fede dell’amministrazione, spettano dalla data della domanda.
Non spetta, invece, il risarcimento del maggior danno.
L'eventuale maggior danno, rispetto agli interessi legali, richiesto a colui che abbia ricevuto in buona fede un pagamento indebito, ai sensi dell'art. 2033 c.c., riguarda il periodo successivo alla presentazione della domanda; irrilevante, di conseguenza, è l'allegazione e dimostrazione di aver dovuto far ricorso ad oneroso credito bancario in periodo precedente la presentazione della domanda di restituzione (Cassazione civile, sez. lav., 13.04.2007, n. 8921).
La documentazione allegata dalla ricorrente non può, quindi, ritenersi sufficiente ad assolvere l’onere della prova in quanto dimostra una situazione di difficoltà economica della società ed il ricorso al credito bancario in un momento antecedente al 16.10.2001, data in cui la società ricorrente ha domandato al Comune la restituzione dei quanto indebitamente corrisposto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.03.2010 n. 728 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In sede di gara, l'unica verbalizzazione riferita a più sedute non è illegittima quando segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve.
L'unica verbalizzazione riferita a più sedute, non è di per sé illegittima a condizione che la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi; in ogni caso, sul giudicante grava sempre l'obbligo di verificare, previo esame della fattispecie concreta, se la verbalizzazione unica e differita abbia determinato un vulnus apprezzabile degli interessi in gioco (Cons. Stato, V, 278/2009; V, 4463/2005) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.03.2010 n. 1589 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALILa decisione di agire e resistere in giudizio compete in via ordinaria e salva deroga statutaria, al rappresentante legale dell'ente senza bisogno di autorizzazione della giunta o del dirigente ratione materiae competente.
Non può condividersi il rilievo secondo cui il Sindaco alla data della sottoscrizione del ricorso (27 agosto 1999) non aveva alcun potere di conferire il mandato al difensore, essendo intervenuta la relativa autorizzazione da parte della G.M. solo in data 1° settembre 1999.
In realtà, dagli articoli 36 e 35 della legge 142/1990, poi trasfusi negli artt. 48, comma 2, e 50, commi 2 e 3, del t.u. sugli ordinamenti degli enti locali, approvato con d.lgs. 267/2000, si evince il principio secondo cui competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco, non essendo più necessaria l'autorizzazione della Giunta municipale, atteso che al Sindaco è attribuita la rappresentanza dell'Ente (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 10.05.2001, n. 186; 10.12.2002, n. 17550).
La decisione di agire e resistere in giudizio e il conseguente conferimento del mandato alle liti competono quindi, in via ordinaria e salva deroga statutaria, al rappresentante legale dell'ente senza bisogno di autorizzazione della giunta o del dirigente ratione materiae competente (Cons. Stato, sez. V, 07.09.2007, n. 4721 e 16.02.2009 n. 848) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.03.2010 n. 1588 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe Amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere, a pena di esclusione, a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta.
Osserva la Sezione che le regole della gara sono dettate dalla lex specialis e che una clausola di richiesta di giustificazioni preventive, anche ulteriori rispetto a quelle indicate nell’ art. 86 e 87 del codice degli appalti, come recentemente rilevato da questo Consiglio di Stato, non si pone, per quel che qui rileva, in contrasto con alcuna disposizione normativa, interna o comunitaria (Cons. Stato, Sez. VI, 06.03.2009 n. 1348).
In particolare, l'art. 86, comma 5, del codice degli appalti, nella formulazione vigente al momento del bando di gara prevede la presentazione da parte delle imprese di giustificazioni sin dalla formulazione dell'offerta e l'elenco della documentazione che può essere richiesta, contenuto nel successivo art. 87 comma 2, è fatto solo "a titolo esemplificativo".
Ciò significa che le Amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere, a pena di esclusione, a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta.
Come rilevato dalla giurisprudenza, la presentazione preventiva di giustificazioni risponde a finalità di semplificazione ed accelerazione della procedura di gara essendo garanzia di serietà della offerta, scongiurando il pericolo che le giustificazioni vengano ricostruite solo ex post anziché essere realmente esistenti al momento della formulazione della offerta (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. n. 399/2006).
La ragionevolezza della prescrizione risiede nel fatto che solo l’offerente che abbia esposto con completezza i costi delle singole voci che compongono la lavorazione dimostra di avere la piena consapevolezza dell’impegno che assume presentando l’offerta.
Né le giustificazioni delle offerte possono consistere nelle semplici indicazione dei prezzi rappresentando invece una elaborazione concettuale da documentare debitamente riferita alle singole voci di spesa.
D’altro canto la clausola di esclusione, una volta entrata a far parte della lex specialis, non può essere disapplicata con l’effetto che sussiste l’obbligo per la stazione appaltante di escludere dalla procedura di gara l’impresa che non l’abbia rispettata.
Ed invero l’impresa che ha presentato una offerta non corredata dalle giustificazioni per oltre 300 voci di prezzo dimostra di non avere analizzato con sufficiente attenzione il lavoro da eseguire e l’onere che esso comporta e ciò indipendentemente dal fatto che tale prezzo, ad una successiva ipotetica verifica, possa rilevarsi congruo.
Infine è vero che, nella normativa qui applicabile, le giustificazioni a corredo della offerta hanno natura diversa da quelle previste in sede di verifica della anomalia, ma è altrettanto vero che ciò non giustifica la violazione della norma della lex specialis (con la presentazione di giustificazioni iniziali gravemente carenti) e la conseguente vincolata esclusione dalla gara, tanto più se la verifica di anomalia, come nella specie, risulti facoltativa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1530 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Nell'ambito del lavoro subordinato pubblico le mansioni superiori svolte da un dipendente sono irrilevanti ai fini economici, giuridici e di progressione di carriera.
La giurisprudenza ha da tempo rilevato (ex multis, con specifico riferimento ai dipendenti comunali, Cons. Stato, V, 10.02.2004 n.451; V, 10.08.2000 n. 4399) che nell'ambito del lavoro subordinato pubblico e salvo che la legge non disponga espressamente altrimenti, le mansioni svolte da un dipendente, superiori a quelle corrispondenti alla qualifica formalmente posseduta, sono irrilevanti ai fini economici, giuridici e di progressione di carriera, in quanto, per un verso ed a differenza dell'impiego privato, gli interessi coinvolti nel rapporto di pubblico impiego sono indisponibili e le qualifiche e le mansioni non sono oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi, sotto altro profilo, l'indennità per lo svolgimento di mansioni superiori non può considerarsi spettante neppure in base all'art. 2041 c.c., atteso che le norme imperative che fissano le retribuzioni dei pubblici dipendenti accordano specifiche azioni in presenza dei relativi presupposti, sicché non è configurabile la proponibilità dell'azione sussidiaria di arricchimento senza causa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1510 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIL’occupazione senza titolo di un terreno di un privato rappresenta un illecito permanente, dal quale non può decorrere il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Si chiedeva, nella controversia in esame, la restituzione delle aree occupate da un Comune sardo per la realizzazione del campo di calcio comunale ed in via subordinata il risarcimento per equivalente ed il risarcimento di tutti i danni connessi all’illegittima occupazione.
Il Comune, al contrario, si opponeva alla restituzione dell’area in quanto sulla stessa era stata oramai realizzata l’opera pubblica, ritenendo che ai sensi dell’articolo 43 del DPR 08.06.2001 n. 327, gli interessati potessero ottenere soltanto il risarcimento dei danni.
Il principio dell’occupazione acquisitiva, per effetto della realizzazione di un’opera pubblica sul terreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P., 29.04.2005 n. 2 e sez. IV, 21.05.2007 n. 2582, che il Tribunale Amministrativo per la Sardegna condivide, nella quale ultima è stato ribadito che tale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha più volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II, 30.05.2000, ric. 31524/96, già segnalata in data 29.03.2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si è posta in diretto contrasto con l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta’, secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU, Sez. IV, 17.05.2005; Sez. IV, 15.11.2005, ric. 56578/2000; Sez. IV, 20.04.2006).
Nella sentenza, segnalano i giudici isolani, si afferma anche che “dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”
L’acquisto della proprietà del terreno occupato, precisa il Consiglio di Stato, può quindi avvenire in forza dell’art. 43 del D.P.R. 08.06.2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) che al primo comma così dispone: “Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”.
Dalla riportata disposizione emerge il principio per il quale l’occupazione sine titulo, costituisce un illecito che obbliga il responsabile a restituire il suolo ed a risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell’Amministrazione di adottare un provvedimento di acquisizione del bene al proprio patrimonio, per sottrarsi all’obbligo di restituzione. In alternativa, ai sensi del 3° comma dell’art. 43, l'amministrazione può chiedere in giudizio che il giudice amministrativo disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.
In altri termini, precisa il Consiglio, “a parte l’applicabilità della disciplina civile sull’usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all’Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell’atto di natura ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge”.
L’occupazione senza titolo di un terreno di un privato rappresenta un illecito permanente, da cui non può, quindi, conseguire il passaggio della proprietà in capo all’Ente Pubblico e conseguentemente non può decorrere il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Pertanto, concludono i giudici sardi, ancorché l’occupazione del terreno dei ricorrenti risalga ad anni antecedenti l’entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni, i riportati principi desumibili dall’art. 43, si applicano anche al caso di specie.
Infatti l’art. 43 “si riferisce a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche a quelle sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico” (cfr. Cons. stato 2582/2007 cit.) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 16.03.2010 n. 303 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIE' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una Stazione Appaltante nei confronti della concorrente che si sia resa inadempiente nell'ambito di una precedente gara e non l'abbia dichiarato ai sensi dell'art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006.
E’ legittimo il provvedimento di esclusione adottato dalla Stazione Appaltante nei confronti della concorrente che, pur avendo presentato le dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006, attestando così il possesso pieno dei requisiti di ordine professionale morale economico e tecnico amministrativo, aveva omesso di comunicare gravi inadempienze commesse nell'ambito di una precedente gara, indetta da una diversa amministrazione.
L'articolo 38, comma 1, lettera e), stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti … e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti … f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso un grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
Nel caso di specie, la concorrente esclusa aveva omesso di dichiarare di aver subìto, in qualità di aggiudicataria di una precedente gara, la risoluzione del contratto stipulato con l’Ente amministratore, per essersi resa gravemente inadempiente degli obblighi derivanti dal contratto, in quanto aveva fornito materiale difforme dalle campionature previste
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2010 n. 1500 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: La demolizione rappresenta la sanzione principale, la sanzione pecuniaria è secondaria avviene in ipotesi circoscritte e oggettive.
Nel caso affrontato dai giudici della quarta sezione, ad un ordine di demolizione conseguente alla mancata accettazione di una richiesta di condono in sanatoria, il destinatario del provvedimento si opponeva chiedendo in alternativa l'applicazione della sanzione pecuniaria prevista da una normativa regionale.
Ad avviso dei giudici, non può accogliersi la diversa impostazione, pure propugnata in giurisprudenza, in forza della quale l’ordine di demolizione emanato ai sensi dell’art. 34 cit., costituirebbe una semplice diffida al trasgressore con la conseguenza che la scelta fra la demolizione d’ufficio e la irrogazione della sanzione pecuniaria atterrebbe ad un momento e ad un procedimento successivo ed autonomo rispetto alla diffida stessa (cfr. Cons. St., sez. II, 14.02.2007, n. 10509/2004; sez. VI, 28.02.2000, n. 1055).
Il collegio invece non intende non discostarsi dalla tesi che riconosce alla demolizione la funzione di sanzione principale, a contenuto ripristinatorio dello status quo ante, consentendo l’applicazione della sanzione pecuniaria in ipotesi circoscritte ed oggettive (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 20.03.2007, n. 1325; sez. V, 18.12.2002, n. 7030; Cass. pen., sez. III, 02.10.2002, Pizzuti).
Dal punto di vista della struttura, infatti, il procedimento sanzionatorio disciplinato dall’art. 34 (sulla falsariga di quanto divisato dall’art. 33 cit.), appare unitario; sotto il profilo funzionale, la decisione dell’amministrazione di infliggere la misura pecuniaria non costituisce deroga al carattere obbligatorio e vincolato dell’esercizio del potere repressivo: che si debba ripristinare la legalità violata, a tutela dell’ordinato assetto del territorio, è fuori dubbio; nello schema legale, l’alternatività si appunta sul contenuto della sanzione, consentendo l’inflizione della pena pecuniaria solo in presenza della impossibilità di demolire; tale valutazione tecnica, rimessa in via esclusiva all’autorità amministrativa, non può che essere effettuata, sul piano logico e cronologico, prima dell’emanazione dell’ordine demolitorio rivolto al privato.
La circostanza che, scaduto infruttuosamente il termine per l’adempimento spontaneo della misura ripristinatoria, quest’ultima venga realizzata d’ufficio, non consente di configurare un nuovo ed autonomo procedimento avente finalità e presupposti diversi: il ripristino dello stato dei luoghi a cura dell’amministrazione, infatti, costituisce una semplice modalità attuativa della già inflitta sanzione demolitoria, non il momento culminante dell’esercizio del potere repressivo (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.03.2010 n. 1469 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul potere delle Stazione Appaltante in ordine al giudizio di congruità dell'offerta anomala.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale dell'Amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.03.2010 n. 1414 -
link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: Se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla realizzazione di un edificio da considerare come nuova costruzione rispetto a quella preesistente, si applica l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità degli spazi da destinare a parcheggio.
Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di rilevare che “Se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla realizzazione di un edificio da considerare come nuova costruzione rispetto a quella preesistente, si applica l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità degli spazi da destinare a parcheggio" (Cons. Stato, Sezione V, 22.06.1998 n. 921)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2010 n. 1339 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La nozione di ristrutturazione si distingue pur sempre da quella di nuova costruzione per la necessità che la ricostruzione sia identica per sagoma, volumetria e superficie al fabbricato demolito.
La ricostruzione di un rudere non è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e men che meno di risanamento conservativo (come dedotto dai controinteressati nelle memoria difensiva), integrando in sostanza un’attività di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare.

Ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. d), del D.P.R. 380/2001, per interventi di ristrutturazione edilizia si intendono quelli “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, a cui il Collegio ritiene di aderire, intanto può attuarsi un intervento di ristrutturazione edilizia (come quello indicato nella d.i.a.) in quanto esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione (Consiglio di Stato, Sez. V, 10.02.2004 n. 475; TAR Lazio, Latina, 15.07.2009, n. 700).
Difatti, la nozione di ristrutturazione si distingue pur sempre da quella di nuova costruzione per la necessità che la ricostruzione sia identica per sagoma, volumetria e superficie al fabbricato demolito (Consiglio Stato, Sez. V, 01.04.2006, n. 2085; TAR Campania Napoli, Sez. II, 11.09.2009, n. 4949).
Viceversa, la ricostruzione di un rudere non è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e men che meno di risanamento conservativo (come dedotto dai controinteressati nelle memoria difensiva), integrando in sostanza un’attività di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare (TAR Campania, Napoli, 09.11.2009 n. 7049; Consiglio di Stato, Sez. VI, 15.09.2006 n. 5375).
Nel concetto giuridico di rudere rientra, senza dubbio, il caso di specie relativo al rifacimento di un organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura (TAR Campania Napoli, Sez. II, 11.09.2009, n. 4949) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 04.03.2010 n. 1286 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIIllegittima la clausola di un bando di gara che introduca requisiti ulteriori e sproporzionati rispetto a quelli previsti dalla legislazione.
Costituisce ius receptum l'affermazione secondo cui i bandi di gare d'appalto possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore. Nel caso di specie la ricorrente sosteneva l’abnormità dei requisiti di ammissione richiesti, rilevando che l’iscrizione nell’albo dei riscossori, integrante la condicio sine qua non ai fini dell’acquisizione dei servizi in questione, costituisse da sé presunzione di idoneità delle imprese alla gestione del servizio.
Infatti, per un comune con circa 90.000 abitanti, l’aver richiesto lo svolgimento continuativo nell’ultimo quinquennio, e per almeno un triennio, del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei servizi oggetto del bando in forma congiunta ed in almeno due Comuni con popolazione superiore a 90.000 abitanti, risultava certamente eccessivo, ove si consideri che, in Italia su oltre 8.000 comuni, solo cinquantasei hanno un numero di abitanti superiore a 90.000 (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 03.03.2010 n. 677 -
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EDILIZIA PRIVATA: Appaltatore, progettista, responsabilità, solidale, sussistenza.
Nel caso di vizi dell’opera derivanti da una carente progettazione, l’appaltatore risponde, in solido col progettista, sia nel caso in cui si sia accorto degli errori e non li abbia tempestivamente denunciati al committente; sia nel caso in cui, pur non essendosi accorto degli errori, lo avrebbe potuto fare con l’uso della normale diligenza e delle normali cognizioni tecniche.
Infatti, anche in presenza di un progetto, residua pur sempre un margine di autonomia per l’appaltatore, che gli impone di attenersi alle regole dell’arte e di assicurare alla controparte un risultato tecnico conforme alle esigenze, eliminando le cause oggettivamente suscettibili di inficiare la riuscita della realizzazione dell’opera.
Rientra pertanto tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso; e che l’obbligazione dell’appaltatore è di risultato.
Conseguentemente, l’appaltatore è esentato da responsabilità solo ove dimostri che gli errori non potevano essere riconosciuti con l’ordinaria diligenza richiesta all’appaltatore stesso; ovvero nel caso in cui, pur essendo gli errori stati prospettati e denunciati al committente, questi ha però imposto, direttamente o tramite il direttore dei lavori, l’esecuzione del progetto ribadendo le istruzioni, posto che in tale eccezionale caso l’appaltatore ha agito come nudus minister, a rischio del committente e con degradazione del rapporto di appalto a mero lavoro subordinato (
TRIBUNALE di Piacenza, sentenza 23.02.2010 n. 108 - liink a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAQualora non c'è trasformazione del territorio in forza di una rilasciata concessione edilizia, il relativo pagamento del contributo di costruzione si appalesa come privo di causa cosicché l’eventuale importo versato deve essere restituito.
Va precisato che la restituzione dei contributi (oo.uu. + costo di costruzione) deve ammettersi anche nella ipotesi di decadenza della concessione edilizia già rilasciata, intervenuta in conseguenza della non tempestiva realizzazione del progetto assentito e del sopravvenire di nuove previsioni urbanistiche che lo rendono definitivamente irrealizzabile.

E’ stato rilevato in decisioni della giurisprudenza anche remote, che gli obblighi contributivi di cui all’art. 3 e 4 l. n. 10 del 1977 devono essere correlati alla disposizione di cui al precedente articolo 1 della medesima legge il quale riferisce il pagamento degli oneri concessori ad una precisa circostanza di fatto: la esplicazione di una attività trasformativa del territorio.
Pertanto qualora tale circostanza non si verifica, il relativo pagamento si appalesa come privo di causa cosicché l’eventuale importo versato deve essere restituito (TAR Lombardia, Sez. II, 18.12.1987 n. 482 e, per più recente affermazione del principio, cfr. C.d.S., V Sezione, 12.06.1995 n. 894).
Va precisato che la restituzione dei contributi deve ammettersi anche nella ipotesi di decadenza della concessione edilizia già rilasciata, intervenuta in conseguenza della non tempestiva realizzazione del progetto assentito e del sopravvenire di nuove previsioni urbanistiche che lo rendono definitivamente irrealizzabile.
Ciò perché la sopravvenienza della nuova normativa urbanistica, contraria a quella sotto la cui vigenza era stata rilasciata la concessione edilizia, impedisce definitivamente e senza possibilità di ulteriori proroghe della concessione edilizia decaduta, la utilizzabilità dello stesso provvedimento che aveva assentito la edificazione nella zona.
Va dunque riconosciuto il diritto della ricorrente alla parziale restituzione dei contributi già versati a titolo di oneri di urbanizzazione quale risulta derivato, nella sua esatta misura, dalla parziale decadenza della concessione edilizia n. 286 notificata il 30.12.1978 (rilasciata alla ricorrente per la realizzazione di tre villini) ed intervenuta dopo la realizzazione di un solo villino, che la ricorrente asserisce di avere già eseguito.
Va perciò statuito il conseguente obbligo del Comune di Subiaco di restituire alla avente diritto le somme riferite agli importi che risultano indebitamente trattenuti.
In conseguenza della stessa decadenza della concessione edilizia va riconosciuto anche il diritto alla restituzione delle somme riferibili al costo di costruzione, il quale contributo realizza anch’esso l’obbligo della onerosità della concessione sancito dall’art. 3 l. n. 47/1985 sempre, tuttavia, in riferimento al compimento di una attività di trasformazione del territorio effettivamente avvenuta.
Sulle somme dal Comune riscosse per contributi che risulteranno da restituire spettano alla ricorrente gli interessi legali dalla data della domanda di restituzione.
Trattasi di una fattispecie di indebito oggettivo il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi, a norma dell’art. 2033 cod. civ. che gli stessi interessi fa decorrere dalla data della domanda ripetitiva dell’indebito nella ipotesi di buona fede del percettore che deve ritenersi nel caso di specie ricorrere
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 12.03.2008 n. 2294 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe somme pagate a titolo di contributi per oneri di urbanizzazione relativamente ad una concessione edilizia sono ripetibili se la concessione non sia stata utilizzata; inoltre, sulla somma dovuta spettano, altresì, gli interessi che decorrono dal giorno in cui per il Comune sorge l’obbligo di restituzione, dies a quo che va individuato nella data in cui sia stata dichiarata la decadenza della concessione edilizia.
Così come chiarito dalla giurisprudenza (Cons. St, sez. V, 22.02.1988, n. 105), le somme pagate a titolo di contributi per oneri di urbanizzazione relativamente ad una concessione edilizia sono ripetibili se la concessione non sia stata utilizzata; inoltre, sulla somma dovuta spettano, altresì, gli interessi che decorrono dal giorno in cui per il Comune sorge l’obbligo di restituzione, dies a quo che va individuato nella data in cui sia stata dichiarata la decadenza della concessione edilizia.
Conseguentemente, in accoglimento della specifica richiesta formulata dalla società ricorrente il Comune di Silvi va condannato al pagamento degli interessi sulla somma predetta a decorrere dal 23.12.1994 (giorno in cui con atto 23 dicembre 1994, n. 30661, è stata dichiarata la decadenza della concessione assentita) fino al 30.04.1997 (data dell’avvenuto rimborso sulla somma in questione).
Il Comune va, altresì, condannato al pagamento dalla data della domanda degli ulteriori interessi sulle somme dovute
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 15.12.2006 n. 890 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 22.03.2010

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DOTTRINA E CONTRIBUTI

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: F. Petrillo, L’applicabilità del preavviso di rigetto ex articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 - Con particolare riferimento ai procedimenti destinati a concludersi con le varie tipologie di silenzio ed a quelli avviati con la presentazione della d.i.a. (link a www.filodiritto.com).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

VARI: G.U. 19.03.2010 n. 65 "Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore" (Legge 15.03.2010 n. 38).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 11 del 18.03.2010, "Direzione Centrale Programmazione Integrata - Approvazione Linee guida di rendicontazione e schema guida di asseverazione ad uso dei beneficiari relativi all'intervento regionale a supporto dell'innovazione e dell'efficienza energetica nelle imprese di cui alla d.g.r. n. 11236 del 10.02.2010" (decreto D.U.O. 11.03.2010 n. 2330 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: G.U. 26.11.2008 n. 277 "Interventi necessari per la realizzazione dell’EXPO Milano 2015" (D.P.C.M. 22.10.2008).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 23.02.2007 n. 45 "Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 29.12.2003, n. 387" (D.M. 19.02.2007).

UTILITA'

SICUREZZA LAVORO: Dal Ministero del Lavoro una check-list per la sicurezza nei cantieri edili.
L'ing. M. Grandi - funzionario della Direzione provinciale del Lavoro di Verbania – ha curato la realizzazione una check list dedicata alla sicurezza dei cantieri.
La check list costituisce un valido supporto per le imprese e per i tecnici che vogliono valutare le condizioni di salute e sicurezza sul lavoro nei cantieri; può essere utilizzata sia dalle imprese come check-up preventivo per verificare se il cantiere è in regola prima di un'ispezione, sia dai coordinatori per rilevare e segnalare eventuali irregolarità .
La check-list è articolata in sette sezioni ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: La documentazione obbligatoria da tenere in cantiere e gli organi che hanno compiti di controllo e vigilanza.
Il Comitato Paritetico Territoriale di Roma e Provincia ha realizzato un documento sintetico con l’elenco della documentazione obbligatoria da tenere in cantiere.
L'Elenco è aggiornato con le disposizioni del Decreto Legislativo n. 81 del 09.04.2008 e contempla:
- documenti concernenti obblighi a carico del Datore di Lavoro
- documenti concernenti obblighi a carico del Committente che devono essere conservati in cantiere da parte dell’Impresa affidataria
- documenti concernenti adempimenti a carico del lavoratore autonomo.
Il documento del C.P.T. di Roma contiene anche l'elenco degli organi con compiti di controllo, coordinamento e vigilanza che hanno accesso nei cantieri edili (di propria iniziativa o su richiesta) ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: ENEA: per il 55% nel calcolo della trasmittanza dell’infisso si può tenere conto anche delle schermature.
L’ENEA ha provveduto a rilasciare una nuova versione della faq n. 31 in base alla quale si può tenere conto della resistenza termica delle schermature per il calcolo della trasmittanza termica del serramento, fino ad oggi esclusa.
L’ENEA, con una modifica della faq n. 31, ha affermato che, ai fini della detrazione del 55%, si può tenere conto della resistenza termica delle schermature per il calcolo della trasmittanza termica del serramento.
Tale possibilità era fino ad oggi esclusa; la nuova interpretazione trae origine dal DPR 59/09 che richiama espressamente le norme UNI TS 11.300 ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Detrazioni 55%: fino al 14.03.2010 possibile adoperare i vecchi limiti (D.M. 11/03/2008).
Il D.M. 26.01.2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12/02/2010, ha modificato i valori limite di trasmittanza, previsti nel D.M. 11.03.2008, per usufruire delle detrazioni fiscali del 55%.
Il decreto 26.01.2010, che è entrato in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione, cioè lo scorso 14 marzo, ha originato numerosi dubbi circa i limiti da applicare per il periodo 1 gennaio–4 marzo 2010.
A sgomberare il campo dai dubbi è stata l’ENEA che ha risposto alla domanda posta da un contribuente che avendo acquistato nuovi infissi nel febbraio 2010 rispettosi del valore limite di trasmittanza definito dal DM 11.03.2008, si chiede quale valore di trasmittanza debba essere rispettato nel suo caso per avvalersi delle detrazioni.
L'Enea, di concerto con la Segreteria Tecnica del ministero dello Sviluppo economico, ha chiarito che è possibile osservare i limiti precedenti (quelli cioè stabiliti dal D.M. 11.03.2008) per coloro che hanno acquistato, commissionato o ordinato tra il 1° gennaio e il 14 marzo 2010 interventi di riqualificazione afferenti al comma 345 della Finanziaria 2007, e che sarebbero soggetti a nuovi valori di trasmittanza più restrittivi (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Obbligo di impianti rinnovabili: i regolamenti edilizi anticipano la scadenza del 2011.
La Legge di conversione del recente Decreto “Milleproroghe” ha rinviato al 1° gennaio 2011 il termine a partire dal quale i regolamenti edilizi comunali dovranno imporre l’installazione di impianti per la generazione di elettricità da fonti rinnovabili nei nuovi edifici (almeno 1 kW per unità abitativa; 5 kW per i fabbricati industriali oltre i 100 metri quadrati).
Sono circa 600, tuttavia, i Comuni che hanno già provveduto a modificare i regolamenti edilizi, estendendo, in alcuni casi, l’obbligo del ricorso alle fonti rinnovabili anche in caso di interventi su edifici esistenti.
Vediamo alcuni esempi ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATASCHEDA TECNICA SUPERFICIE DRENANTE E PAVIMENTAZIONI SUPERFICI SCOPERTE (ARPA di Milano - sede di Melegnano, nota 06.06.2007).

QUESITI & PARERI

COMPETENZE GESTIONALI: Al dirigente la vigilanza sui locali.
Laddove si valuti che la Commissione vigilanza locali pubblico spettacolo svolga funzioni prettamente tecniche vi parteciperà il Dirigente e non il Sindaco.

E' questa l'importante massima di un parere espresso dalla direzione autonomie locali della regione Friuli Venezia Giulia servizio consulenza affari giuridici.
Il parere è stato fornito sulla base di un articolato quesito posto da un comune friulano, in relazione a quella che è stata l'evoluzione normativa dal 1977 in poi, con il trasferimento dallo Stato ai comuni, di diverse funzioni connesse ad attività disciplinate dal testo unico di pubblica sicurezza.
La disposizione presa in esame dalla regione è l'art. 141-bis del R.D. 635/1940, come introdotto dal dpr 311/2001, il quale prevede che la commissione comunale di vigilanza è presieduta dal sindaco o da un suo delegato, mentre il Comune ritiene invece che la disposizione debba riferirsi al dirigente, in forza del generale principio di separazione tra le funzioni d'indirizzo politico e quelle gestionali.
In sostanza, rileva il Comune friulano, non va ignorato il fatto che già la Corte costituzionale, con sentenza 77/1987, aveva affermato che «non può dubitarsi, che con riferimento all'attribuzione delle competenze previste dall'art. 19 del dlgs 616/1977 ci si trovi in presenza di funzioni in ogni caso attribuite al comune, e di conseguenza la figura del sindaco venga in evidenza come organo di questo ente. D'altronde il fatto stesso che il secondo comma dell'art. 19 del dpr 616/1977 prevede che il comune possa deliberare quale dei propri organi debba provvedere in ordine alle funzioni attribuite, conferma che si tratti di funzioni del comune perché, se il sindaco fosse stato considerato come ufficiale di Governo, sarebbe stato lui solo a potere esercitare le funzioni in parola».
Secondo la regione, con il parere 27.01.2010 n. 982 di prot., laddove il Sindaco vada considerato quale rappresentante politico, essendo i poteri della Commissione in parola prettamente tecnici, sembrerebbe logico interpretare la disposizione in parola come facente riferimento alla figura dirigenziale.
Tra l'altro, rileva la Regione, in attesa di un pronunciamento giurisprudenziale vista la complessità della materia, una possibile soluzione potrebbe essere quella a suo tempo proposta dall'Anci, con il parere del 15.04.2009, in cui si individuava la fattibilità, all'interno dell'autonomia normativa dell'Ente, di nominare il dirigente delegato dal sindaco (articolo ItaliaOggi del 17.03.2010, pag. 24).

EDILIZIA PRIVATA: Ruoli e funzioni dei Soprintendenti nel procedimento di autorizzazione paesaggistica.
Articoli 146 e 159 (così come sostituito dall’art. 4-quinquies del D.L. 03.06.2008 n. 97, convertito in legge 02.08.2008, n. 129) del Codice dei beni culturali e del paesaggio: ruoli e funzioni dei Soprintendenti nel procedimento di autorizzazione paesaggistica.
Come è noto, l'01.01.2010 è entrato in vigore il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica secondo la disciplina del Capo IV della Parte terza del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42 e s.m.i. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Considerata la rilevanza della disposizione e l’incidenza della stessa sul regime autorizzatorio per le opere e gli interventi che incidano su beni paesaggistici, si ritiene di dover fornire nell’immediato chiarimenti che consentano l’operatività degli Uffici, nelle more di ulteriori più specifiche direttive (nota 22.01.2010 n. prot. DGPBAACS04/34.01.04/2089 - link a
www.pabaac.beniculturali.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa è l’unità locale di un’azienda? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali obblighi hanno le discariche alla stregua del Sistri? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: In base a quale criterio vanno richiesti i dispositivi usb nel sistema Sistri? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è il termine per il ritiro dei dispositivi usb e istallazione del dispositivo satellitare Sistri? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui un’azienda si trovi a dover pagare in sede di iscrizione un contributo Sistri troppo elevato per le sue risorse, quali alternative ha a disposizione? (link a www.ambientelegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Definizione di costruzione “a cortina”.
Il Comune interpellante chiede quale sia la definizione di costruzione “a cortina” (Regione Piemonte, parere n. 162/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

URBANISTICA: Variante strumento urbanistico per la modifica di localizzazione di diverse destinazioni d'uso.
E’ chiesto parere relativamente alla necessità, o meno, di varianti agli strumenti urbanistici esecutivi di libera iniziativa, per la corretta legittimazione di modifiche alla localizzazione delle diverse destinazioni d’uso, senza variazione delle quantità (Regione Piemonte, parere n. 152/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Caducazione vincolo convenzionale per la determinazione del prezzo di concessione di alloggio a edilizia economica popolare.
Viene chiesto parere al Servizio scrivente in ordine alla caducazione del vincolo convenzionale relativo alla determinazione del prezzo di cessione di un alloggio di edilizia economica e popolare.
Nella fattispecie, viene segnalato che:
- tra il 1987 ed il 1989 sono state stipulate diverse convenzioni edilizie relative a Piani di zona per l'Edilizia Economica e Popolare, ai sensi dell'art. 35 L. 865/1971 ed in conformità alla convenzione-tipo regionale, che prevedeva tra l'altro criteri e modalità per la determinazione del prezzo delle unità immobiliari per le cessioni successive alla prima;
- ora il Comune sta attivando la cessione in proprietà degli immobili già concessi in diritto di superficie, ed alcuni proprietari di detti immobili sostengono l'intervenuta caducazione del vincolo relativo alla determinazione del prezzo per le cessioni successive alla prima, che è contemplato nella convenzione non ancora scaduta;
- quale fondamento di tale intervenuta caducazione si evidenziano; la sentenza Cass. n. 13006 del 02.10.2000; i principi espressi dal Consiglio di Stato con la decisione n. 9 del 10.01.1990, sez. IV).
Il Comune chiede di conoscere se sia legittimo eliminare dalle convenzioni stipulate e stipulande il disposto relativo alla determinazione dei prezzi degli alloggi per le cessioni successive alla prima; e se -in caso affermativo- l'eliminazione di tale vincolo possa essere formalizzata con una delibera della Giunta o del Consiglio comunale, al fine di evitare la stipula di nuovi, numerosi e dispendiosi atti pubblici (Regione Piemonte, parere n. 139/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

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EDILIZIA PRIVATA: CONSIGLIO DEI MINISTRI/ Approvato il dl incentivi. Con qualche sorpresa dell'ultima ora. Edilizia, piccoli interventi liberi. Solo una comunicazione telematica per le ristrutturazioni.
Liberalizzata la piccola attività edilizia. Chi vorrà ristrutturare casa, pavimentare una parte di giardino, installare pannelli solari, impiantare una serra mobile sul proprio terreno o, ancora, eliminare barriere architettoniche, potrà fare da sé. E non avrà più bisogno di alcun titolo abilitativo. Nemmeno della Denuncia di inizio attività (Dia).
Come già accaduto per le norme sui tagli ai costi della politica, prima inserite nel disegno di legge sul Codice autonomie e poi anticipate in Finanziaria, il ministro Roberto Calderoli, è riuscito nuovamente nell'impresa di accelerare l'entrata in vigore di una riforma in cantiere.
Questa volta è toccato alle norme sulla liberalizzazione della piccola attività edilizia previste nel ddl sulla semplificazione (scritto a quattro mani con il ministro della funzione pubblica Renato Brunetta) approvato in consiglio dei ministri il 12 novembre scorso (si veda ItaliaOggi del 13/11/2009) e assegnato alla commissione bilancio di Montecitorio (AC 3209).
L'art. 5 del ddl è stato integralmente recepito nel dl incentivi approvato ieri dal consiglio dei ministri. “Si tratta di un articolo fondamentale, su cui abbiamo lavorato intensamente insieme al ministro Raffaele Fitto, per consentire, finalmente, a tutti i cittadini, di essere realmente padroni a casa propria”, ha detto Calderoli, ringraziando i Tremonti e Scajola per aver dato il via libera all'anticipazione delle norme. «Con l'articolo che abbiamo inserito nel decreto», spiega Tremonti, «le opere interne alla casa si potranno fare a meno che non ci sia una legge regionale che le vieta». E nelle regioni in cui non è stato attuato il piano casa che, tra le altre cose, predisponeva la semplificazione delle procedure per le opere di manutenzione, si potrà far riferimento al dl incentivi.
Sulla compatibilità della nuova norma con le competenze regionali il ministro Fitto non ha dubbi. «L'intervento deciso dal consiglio dei ministri si muove nel rispetto delle competenze legislative regionali in materia e consente un completamento, per le parti di competenza statale, del piano casa e dell'accordo con le regioni».
L'unico adempimento che bisognerà ricordarsi di rispettare, prima di dare il via ai lavori, sarà la comunicazione telematica al comune, nella quale si dovranno allegare le eventuali autorizzazioni obbligatorie richieste dalla legge. Perché in ogni caso la liberalizzazione della piccola attività edilizia non potrà prevalere sugli strumenti urbanistici né derogare alle normative antisismiche, antincendio, igienico-sanitarie e di sicurezza.
Per gli interventi di manutenzione straordinaria (che non dovranno interessare le parti strutturali dell'edificio né modificare il numero delle unità immobiliari o la cubatura) bisognerà indicare il nome dell'impresa che effettuerà i lavori. Stesso discorso per l'installazione di strutture rimovibili, opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, pannelli solari, fotovoltaici e termici.
Nel decreto legge sugli incentivi è stata anche anticipata la proposta del ministro Brunetta sul bonus per l'incentivazione degli abbonamenti alle linee veloci di connessione a internet.
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La disposizione contenuta nel ddl semplificazione.
1. L'articolo 6 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del presidente della repubblica 06.06.2001, n. 380, è sostituito dal seguente:
«Art. 6. (L) - (Attività edilizia libera).
1. Salve più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale e comunque nell'osservanza delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22.01.2004, n. 42, i seguenti interventi possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria;
b) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;
c) gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
d) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
e) i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;
f) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e a essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;
g) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola;
h) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale;
i) i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A di cui al decreto del ministro per i lavori pubblici 02.04.1968, n. 1444;
l) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
2. Al fine di semplificare il rilascio del certificato di prevenzione incendi per le attività di cui al comma 1, il certificato stesso, ove previsto, è rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista. Per le medesime attività, il termine previsto dal primo periodo del comma 2 dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del presidente della repubblica 12.01.1998, n. 37, è ridotto a trenta giorni.
3. Prima dell'inizio degli interventi di cui al comma 1, lettere b), f), h), i) e l), l'interessato, anche per via telematica, comunica all'amministrazione comunale, allegando le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e limitatamente agli interventi di cui alla citata lettera b), i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.
4.
Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» (articolo ItaliaOggi del 20.03.2010, pag. 21).

CONSIGLIERI COMUNALI: OSSERVATORIO VIMINALE/ In consiglio senza conflitti. Ma l'ultima parola sulla regolarità dell'elezione spetta all'assemblea. Incompatibile il professionista incaricato dall'ente.
Sussiste causa di incompatibilità per un consigliere comunale, libero professionista, che ha avuto, prima di essere eletto, incarichi professionali dal comune attualmente ancora in corso?

La Corte di Cassazione. sez. I., con sentenza n. 550 del 16.01.2004, ha affermato che «l'art. 63 del dlgs n. 267/2000, comma 1, n. 2, nello stabilire lo causa di incompatibilità di interessi» («non può ricoprire lo carica di .... consigliere comunale ... 2) colui che, come titolare ... ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, nell'interesse del comune») ivi prevista e rilevante nella fattispecie, pone, ai fini della sua sussistenza, una duplice, concorrente condizione: la prima, di natura soggettiva; la seconda, di natura oggettiva.
È necessario, innanzitutto (condizione soggettiva), che il soggetto in ipotesi incompatibile all'esercizio della carica elettiva riveste lo qualità di titolare ad es., di impresa individuale, o di «amministratore» (ad es., di società di persone o di capitali) ovvero di dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento». In secondo luogo, il legislatore prevede -come condizione «oggettiva», che deve necessariamente concorrere con quella «soggettiva» per la sussistenza della causa di «incompatibilità di interessi»- che il soggetto, rivestito di una delle predette qualità, in tanto è incompatibile, in quanto «ha parte in servizi, nell'interesse del comune».
Per lo comprensione del senso normativo di tale espressione, pare indispensabile analizzare partitamente le locuzioni che lo compongono.
Se si pone l'accento sulle termine «parte» della locuzione «aver parte» e lo si correla alla successiva locuzione nell'interesse del comune appare chiaro che lo locuzione «aver parte» allude alla contrapposizione tra interesse «particolare» del soggetto, in ipotesi incompatibile, e interesse del comune, istituzionalmente «generale», in relazione alle funzioni attribuitegli (cfr., ad es., art. 13 del dlgs n. 267/2000), e, quindi, allude alla situazione di potenziale conflitto di interessi, in cui si trova il predetto soggetto, rispetto all'esercizio «imparziale» della carica elettiva.
In altri termini, ad esempio, se un professionista «ha parte», nel senso ora indicato, in un «servizio», al quale l'ente locale è «interessato» lo stesso non è idoneo, secondo lo previsione tipica del legislatore, ad adempiere «imparzialmente» i doveri connessi all'esercizio della carica elettiva.
Dalla stessa sentenza emerge che, nel caso esaminato dalla Corte, ricorre la causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 2) del Tuel per il professionista (architetto) esterno, componente di un gruppo di professionisti costituito sotto la direzione del responsabile del servizio urbanistica comunale, investito dal comune dell'incarico, in corso al momento della tornata elettorale di redigere strumenti urbanistici attuativi del piano regolatore generale, determinandosi infatti in tal caso, al momento delle elezioni amministrative comunali, non soltanto una partecipazione ad un servizio (quello relativo alla materia urbanistica), afferente ad una attività amministrativa, attribuita istituzionalmente al comune, ma avendosi anche, relativamente a questa, una specifica situazione di incompatibilità di interessi risultante dalla contestuale e contraddittoria coincidenza in quanto eletto alla carica di consigliere comunale, delle posizioni di «controllato» (quale professionista, i piani urbanistici redatti dal quale essendo assoggettati all'adozione e all'approvazione del consiglio comunale) e «controllore» (quale consigliere comunale chiamato a concorrere alla deliberazione di adozione ed approvazione dei piani dal medesimo elaborati).
La Corte di cassazione (n. 11959/2003) ha affermato il principio secondo il quale «sino a quando non sia intervenuta l'approvazione del collaudo finale sussiste incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di subappaltatore di opera pubblica di interesse del comune». Tale concetto si riferisce, in modo tassativo, alla figura dell'imprenditore appaltatore. Invero, il direttore dei lavori, così come il progettista, sono estranei al rapporto d'appalto intercorrente tra l'ente locale e la ditta appaltatrice.
In considerazione di quanto sopra è da ritenere che l'ipotesi prospettata in via generale configuri la causa di incompatibilità prevista dal citato articolo 63, comma 1. n. 2), del Tuel. Inoltre, nel caso di specie occorre tener presente anche l'art. 5 della legge n. 32/1992 secondo cui la funzione di consigliere comunale del comune dove sono ubicate le opere pubbliche e private finanziate ai sensi della legge 14.05.1981, n. 219 e successive modificazioni, è incompatibile con quella di progettista, direttore dei lavori o collaudatore di tali opere o con l'esercizio di attività professionali comunque connesse con lo svolgimento di dette opere. Pertanto per le opere finanziate dalla citata legge del 1981 l'incompatibilità sussiste anche ai sensi dell'art. 5 della legge n. 32/1992.
Si precisa, comunque, che la valutazione della eventuale sussistenza della causa di incompatibilità è rimessa al consiglio comunale.
Infatti, in conformità al principio generale per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all'espletamento del mandato è compiuta con la procedura consiliare prevista dall'art. 69 del dlgs n. 267/2000, che garantisce il contraddittorio tra organo e amministratore, assicurando a quest'ultimo l'esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa di incompatibilità contestata (articolo ItaliaOggi del 19.03.2010, pag. 35).

INCENTIVO PROGETTAZIONEL'incentivo è al 2% se va ancora liquidato. Progettazione: la retroattività degli aumenti (articolo Il Sole 24 Ore del 15.03.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Il durc nelle gare d'appalto estende la validità a tre mesi. Nuovo orientamento dell'Authority (articolo Il Sole 24 Ore del 15.03.2010 - link a www.corteconti.it).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGO Niente visite fiscali ai lavoratori esenti. Parere Uppa sulle assenze per malattia.
Il dipendente pubblico esente, in quanto affetto da grave patologia, dall'obbligo di reperibilità in caso di assenza dal lavoro, non può ricevere la visita fiscale se ha ha trasmesso all'amministrazione di appartenenza tutta la documentazione relativa alla causa di servizio, all'accertamento legale dell'invalidità o alla causa di infortunio. In caso contrario l'amministrazione deve richiedere l'accertamento fin dal primo giorno di assenza. E in ogni caso il dipendente sarà sempre tenuto a comunicare l'assenza all'ufficio di appartenenza «tempestivamente e all'inizio dell'orario di lavoro del giorno in cui si verifica».
A dettare i chiarimenti sulla nuova disciplina delle assenze per malattia introdotta dalla riforma Brunetta è la stessa Funzione pubblica con il parere 15.03.2010 n. 12567 di prot..
L'Ufficio personale pubbliche amministrazioni ha risposto a un quesito del ministero della difesa che chiedeva lumi sulla obbligatorietà della richiesta di accertamento dello stato di malattia nei confronti dei dipendenti per i quali ricorre una delle circostanze di esenzione dall'obbligo di reperibilità previste dall'art. 2 del decreto ministeriale 18.12.2009 n. 206.
Il provvedimento (si veda ItaliaOggi del 19.12.2009) in vigore da febbraio ha operato un giro di vite sulle fasce di reperibilità che sono passate da quattro a sette ore. E ha al contempo elencato alcune fattispecie di esclusione dall'obbligo di reperibilità che scattano, per esempio, in presenza di patologie molto gravi (che richiedono la cura mediante terapie salvavita) o malattie di cui la p.a. ha già avuto conoscenza.
«Le ipotesi di esclusione», spiega il dipartimento guidato da Antonio Naddeo, «sono motivate da esigenze di economicità dell'azione amministrativa» ed evitano alla p.a. «una duplicazione di attività, lì dove un accertamento è stato già effettuato ovvero una conoscenza già acquisita». Ma ciò non toglie che vadano rispettati alcuni passaggi formali indispensabili come la trasmissione della documentazione.
Se questo adempimento è stato osservato, chiarisce l'Uppa, «l'amministrazione si astiene dal richiedere la visita fiscale poiché il controllo potrebbe risultare infruttuoso». In caso contrario, «l'amministrazione deve richiedere l'accertamento sin dal primo giorno di assenza».
Nessuna sanzione, infine, per il dipendente esente da reperibilità che non venga trovato in casa dall'incaricato della Asl (articolo ItaliaOggi del 16.03.2010, pag. 21).

GIURISPRUDENZA

CONSIGLIERI COMUNALIAnche se le sedute del consiglio comunale sono pubbliche, non esiste alcun diritto di effettuare videoriprese televisive, se questo non è previsto dal regolamento.
In assenza di una esplicita regolamentazione, l'ammissione della registrazione può essere regolata, caso per caso, dal presidente del consiglio comunale, come chiarito dal Ministero dell'Interno in un parere del 20.12.2004.

La videoripresa della seduta dell’organo consiliare per certo costituisce una forma di documentazione delle modalità di esercizio del munus di ciascun consigliere comunale e –pertanto– altrettanto assodatamente sostanzia un interesse in capo ai consiglieri comunali a veder diffusa nella collettività l’attività da loro svolta; né va sottaciuto che la possibilità, garantita senza discriminazioni di sorta a ciascuno degli eletti, di poter visionare i filmati delle precedenti sedute consiliari può costituire un supporto documentale utile per richiamare alla memoria il contenuto di precedenti dibattiti ovvero di decisioni già assunte, rendendo in tal modo più agevole lo svolgimento del mandato ricevuto dal corpo elettorale.
Allo stesso modo, risulta altrettanto evidente la sussistenza di un interesse all’impugnazione del diniego da parte dei cittadini singoli o associati, stante la ben evidente inerenza del provvedimento sul diritto di accesso e di informazione disciplinato in via generale dall’art. 10 del T.U. approvato con D.L.vo 18.08.2000 n. 267 e assicurato dall’articolo medesimo “ai cittadini, singoli e associati” (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 16.03.2010 n. 826 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - INQUINAMENTO - Spese di bonifica - Proprietario del fondo - Limiti di valore del bene - Ipotesi in cui il proprietario del bene sia il Comune - Oneri complessivi riferibili alla realizzazione del piano di bonifica.
Se è pur vero che il proprietario è obbligato alle spese di bonifica del fondo entro i limiti di valore del bene, tale criterio non può predicarsi per il soggetto titolare di diritti reali che la normativa primaria individua come responsabile della gestione territoriale nel suo complesso, qual è il Comune ex articolo 4 della legge 28.02.1985, n. 47.
Rispetto a quest’ultimo valgono evidentemente gli oneri complessivi riferibili alla realizzazione del piano di bonifica, tutte le volte che lo stesso non sia assistito da specifico finanziamento (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2010 n. 1503 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: P.R.G.: il grafico lungi dall'essere un mero accessorio del piano regolatore, ne costituisce la parte essenziale.
Nella vertenza in esame, la questione di principio implicata consiste nel contrasto tra valore precettivo proprio della Tavola n. 5 ed assenza di indicazioni specifiche -negli atti della variante- al comprensorio tra vie Luigi Einaudi e Carlo Marx.
Sul punto giova innanzitutto considerare che il grafico non è un mero accessorio del piano regolatore, ma ne costituisce la parte essenziale, atteso che non esiste un vincolo di espressione delle disposizioni attinenti all’utilizzazione urbanistica del territorio e che il linguaggio grafico può essere altrettanto espressivo e pertinente di quello scritto, correntemente usato nell’esperienza amministrativa (Cons. St., IV, 13.11.1973 n. 994 e 30.05.1972 n. 483): del resto, nel caso che ne occupa in cui il testo della variante è silente in argomento e non emerge dal suo contesto alcuna incongruenza o contraddizione o inintelligibilità, non si può neanche supporre un errore nel grafico perché le due zone graffate (quella con espressa indicazione e quella senza riscontri testuali) sono accomunate da una identica “vocazione residenziale” e dalla costante applicazione fattane dal Comune almeno sino a fine 2006.
Inoltre, secondo tradizionale e consolidato principio giurisprudenziale in tema di interpretazione degli strumenti urbanistici, gli elaborati tecnici costituiscono parte integrante di essi e, pertanto, per togliere validità ad un simbolo grafico inserito nella planimetria originale adottata ed approvata, occorre fornire la prova positiva che lo stesso è stato apposto erroneamente o, comunque, in contrasto con specifiche ed univoche indicazioni di piano (Cons. St., IV, 23.10.1973, n. 713): ebbene -nella specie- è mancata una siffatta dimostrazione; il rinvio nella seduta del 25.01.1980 della variante di cui a C.C. n. 32/1980 può aver determinato la graffatura della zona nella planimetria della successiva variante di cui a C.C. n. 41 dello stesso 25.01.1980, come pure può essere accaduto che, incluse nelle planimetrie delle varianti in adozione quelle antecedenti da adottare o adottate, non si sia provveduto ad espungere in questo atto la parte relativa a C.C. n. 32/1980 stralciata per rinvio, in tal modo diventando inutile e non più coltivata la specifica “variante puntuale” d’interesse degli appellati adottata con la delibera consiliare n. 56 del 14.02.1980, una volta intervenuta l’approvazione regionale su C.C. n. 41/1980 come da D.G.R. n. 4645 del 30.5.1980; né questi ultimi provvedimenti ed annessa Tavola 5 sono stati mai rimossi dall’Amministrazione nella parte in discussione, come correttamente rilevato dai primi giudici (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 11.03.2010 n. 1452 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il condono non definito non è causa di sospensione di giudizio avverso la demolizione se l'opera è sottoposta a vincolo.
Deve essere respinta la richiesta dell’appellante di sospensione del giudizio ex art. 44 della legge n. 47/1985, non essendo ancora stata definita l’stanza di condono attivata in base alla legge n. 724/1994.
Infatti, l'art. 44 della legge n. 47 del 1985, richiamato dall'art. 39 l. n. 724 del 1994, che prevede che l'istanza di condono edilizio determina la sospensione d'ufficio di tutti i procedimenti amministrativi in corso, non si applica in caso di provvedimenti adottati in funzione della valenza paesaggistica del bene (Cons. Stato, IV, n. 2892/2005, in presenza di una ordinanza emessa con riguardo alla assenza della concessione edilizia per una opera realizzata in zona vincolata; IV, n. 2111/2005).
Nel caso di specie, l’impugnata ordinanza è stata adottata proprio a causa della valenza paesaggistica del bene e dell’assenza di un valido titolo abilitativo.
Di conseguenza, non sussiste alcun obbligo di sospensione del presente giudizio, potendo l’appellante agire con gli strumenti previsti dall’ordinamento per ottenere la definizione dell’istanza di condono, presentata ormai da quasi quindici anni (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza V, sentenza 11.03.2010 n. 1429 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' legittima la scelta di una stazione appaltante di procedere ad un appalto unitario invece che a separati appalti contemporanei.
Sulla base del quadro normativo nazionale e comunitario non esiste alcuna specifica disposizione che precluda la possibilità di cumulare in un'unica procedura di gara più interventi ancorché teoricamente scindibili. Anzi, è logico e coerente con i principi di economicità e celerità dell'azione amministrativa che la stazione appaltante concentri in un unico procedimento di gara l'aggiudicazione di vari servizi caratterizzati da una reciproca connessione.
Ne consegue che, nel caso di specie, relativo ad una procedura indetta per l'affidamento di una serie di interventi da effettuarsi lungo una linea ferroviaria, è legittima la scelta della stazione appaltante di procedere ad un appalto unitario invece che a separati appalti contemporanei, scelta che è stata preceduta da un apposito studio di verifica che ha concluso per l'accorpamento di tutti i lotti (sette lotti) in considerazione della necessità di strettissimo coordinamento di interventi da compiere contemporaneamente sulla medesima linea (ciascuno dei quali ostacola e condiziona gli altri) e dall'evidente vantaggio di gestirli attraverso un appalto unico (TAR Puglia, Bari, Sez. I, sentenza 11.03.2010 n. 891 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, nel caso in cui il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento.
Laddove il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata, etc. (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 11.03.2010 n. 249 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori limite differenziali - Immediata applicabilità - Mancata effettuazione della zonizzazione acustica - Irrilevanza - Ragioni - Artt. 4 e 8 DPCM 14.11.1997.
In tema di limiti pubblicistici alle emissioni sonore trova immediata applicazione l’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, il quale fissa i valori limite differenziali in 5 dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore 22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00 fino alle ore 6,00), in quanto:
a) l’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si limita a prevedere che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei Comuni in zone, trovano applicazione i limiti del previgente art. 6, comma 1, DPCM 01.3.1991, cioè rinvia ad una norma che disciplina soltanto i valori limite assoluti, per cui dal contenuto letterale dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si desume che i valori limite differenziali, previsti dall’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, sono immediatamente vigenti, a prescindere dalla circostanza se i Comuni abbiano o meno effettuato le cd. zonizzazioni acustiche;
b) in ogni caso, il rinvio dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 risulta coerente con i principi stabiliti dalla normativa in materia di inquinamento acustico, poiché i valori limite assoluti hanno la finalità di tutelare dall’inquinamento acustico l’ambiente esterno in termini assoluti, mentre i valori limite differenziali si riferiscono al rumore percepito dall’essere umano nel suo ambiente abitativo e perciò hanno la finalità di tutelare il diritto della salute ex art. 32 Cost..
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori limite differenziali - Aree esclusivamente industriali - Inapplicabilità.
I valori limite differenziali, previsti dall’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, non si applicano nelle aree esclusivamente industriali (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 11.03.2010 n. 125 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il corriere privato costituisce un mezzo alternativo alla spedizione postale, ma non è equivalente ad essa.
Le censure delle ricorrenti incidentali colgono nel segno, atteso che il disciplinare di gara -alla sezione 4 punto 4.6, recante le modalità di collazione, sigillatura e spedizione del plico generale e delle buste- dispone testualmente che <<a pena di esclusione, il plico generale dovrà pervenire esclusivamente a mezzo di raccomandata del servizio postale…>>.
La modalità scelta dalla ricorrente De Francesco Costruzioni s.a.s. di inviare il plico di gara con un corriere privato non risponde alla prescrizione dell’utilizzo esclusivo della raccomandata postale per l’invio del plico dell’offerta.
Invero, il corriere privato costituisce un mezzo alternativo alla spedizione postale, ma non è equivalente ad essa, in quanto il servizio di Poste Italiane offre la certificazione legale dell’avvenuta spedizione, che è particolarmente adatta per gli usi amministrativi e giudiziari.
La prescrizione in parola ha l’ulteriore ragion d’essere di uniformare tra loro le modalità di spedizione, per evitare che vettori diversi, con tempi e tecniche operative diverse, possano recare disguidi nella raccolta dei plichi delle offerte e, più in generale, nell’organizzazione della gara.
Il fatto che la prescrizione sia prevista a pena di esclusione la rende cogente e inderogabile e non consente che la ditta ricorrente esclusa sia riammessa in gara, senza che ne sia turbato l’intero andamento, avendone particolare detrimento la “par condicio” dei concorrenti
(commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise, sentenza 10.03.2010 n. 172 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Imposizione dei vincoli - Potere concorrente dello Stato - Disciplina costituzionale del paesaggio - Art. 9 Cost. - Poteri sostitutivi - Fattispecie: lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente - Artt. 82 del DPR n. 616/1977, 10, 34, 37, e 44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D Lgs n. 42/04 - L. n. 1497/1939.
Anche a seguito della delega di funzioni da parte dello Stato alle regioni in materia paesaggistica, di cui all'art. 82 del DPR n. 616/1977, permane un potere concorrente dello Stato in ordine alla imposizione dei vincoli.
Invero, la sentenza 21.12.1985 n. 359 della Corte Costituzionale ha espressamente affermato che l'art. 82 del DPR n. 616/1977 deve essere interpretato, tenendo conto della disciplina costituzionale del paesaggio quale è stabilita nell'art. 9 Cost..
Pertanto, alla luce del disposto di cui all'art. 9, comma secondo, della Costituzione, ed ai sensi dell'art. 4 del DPR n. 616/1977, lo Stato legittimamente esercita in materia paesaggistica poteri di imposizione del vincolo in via sostitutiva delle regioni nel caso di inerzia delle medesime (conferma sentenza del 12.03.2009 della Corte di Appello di Lecce e Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, del 18.12.2007).
Zona sottoposta a vincolo - Lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente - Permesso di costruire - Necessità - Artt. 10, 34, 37, e 44 del DPR n. 380/2001 e 181 del D Lgs n. 42/2004.
I lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente, in zona sottoposta a vincolo, riguardanti, nella specie, un vano destinato a bagno (per una superficie di mq. 2,80), quando comportino un aumento di volumetria, nonché modificazioni della sagoma e dei prospetti del fabbricato preesistente, devono essere assentiti, anche, mediante il permesso di costruire ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 380/2001 (conferma sentenza del 12.03.2009 della Corte di Appello di Lecce e Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, del 18.12.2007) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.03.2010 n. 9255 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sussiste l'obbligo di dichiarazione ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, non solo da parte di chi rivesta formalmente la carica di amministratore, ma anche da parte di colui che abbia la titolarità di ampi poteri di rappresentanza dell'impresa.
L'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nella parte in cui elenca le dichiarazioni di sussistenza dei requisiti morali e professionali richiesti ai fini della partecipazione alle procedure di gara, assume come destinatari tutti coloro che, in quanto titolari della rappresentanza dell'impresa, siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta, al soggetto rappresentato.
Deve, pertanto, ritenersi sussistente l'obbligo di dichiarazione non soltanto da parte di chi rivesta formalmente la carica di amministratore, ma anche da parte di colui che, in qualità di procuratore ad negotia, abbia ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella rappresentanza dell'impresa e nel compimento di atti decisionali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.03.2010 n. 1373 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'obbligo di una stazione appaltante di revisionare il contratto adeguandolo ai costi del servizio a causa di un provvedimento autoritativo dell'autorità statale.
In un appalto per il servizio di nettezza urbana, l'obbligo di conferimento in nuovi siti di discarica dei rifiuti solidi urbani, diversi da quello indicato nel contratto di appalto, avvenuto in forza di provvedimenti autoritativi dell'autorità statale costituisce un evento straordinario, imprevedibile, non riconducibile ad una condotta colposa della società affidataria del servizio ed incidente in maniera rilevante e sostanziale sul sinallagma contrattuale.
Pertanto, anche in presenza di una clausola preclusiva alla revisione dei prezzi, deve ritenersi, che la suddetta clausola vada riferita alla normale alea contrattuale, ossia a quel rischio presente in tutti i contratti di durata a prestazione corrispettive, legato alle fluttuazioni fisiologiche del mercato ed agli effetti che possono derivare dal decorso del tempo.
Certamente esulano dall'alea contrattuale i fattori di costo sopportati dall'imprenditore cagionati dall'adozione di provvedimenti autoritativi che determinato un abnorme aggravio di costi. Una diversa interpretazione della clausola, se intesa come escludente in radice la possibilità di revisione periodica dei prezzi imposta dalla legge,ne comporterebbe la nullità ex art. 1339 c.c..
Conseguentemente, l'amministrazione comunale ha l'obbligo di revisionare il contratto adeguandolo ai costi del servizio, tenuto conto della nuova situazione contingente delineatasi, che non è imputabile certamente alla società (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2010 n. 1333 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Un'opera edilizia può definirsi precaria se la stessa è preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze oggettivamente provvisorie del soggetto attuatore.
Osserva il Collegio sul punto, condividendo il pressoché costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa in materia, che un'opera edilizia può definirsi precaria se la stessa, indipendentemente dalla natura dei materiali usati è preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze oggettivamente provvisorie del soggetto attuatore (v. "ex multis": C.d.S., sez. VI, 27/01/2003 n. 419; TAR Emilia Romagna -PR- 25/09/2007 n. 469; TAR Lazio -RM- Sez. I-quater, 16/05/2007 n. 4458; Sez. II, 04/05/2007 n. 3873; TAR Campania -SA- sez. II, 27/02/2007 n. 179; TAR Toscana, sez. III, 13/04/2005 n. 1596).
Come risulta dal progetto esistente in atti, l’intervento concreta un aumento della superficie della pensilina in legno precedentemente autorizzata, con realizzazione di una scala in legno per accedere all’estradosso di tale struttura; tale circostanza evidenzia la accessorietà dell’intervento risultando lo stesso tendente ad ottenere una maggiore fruibilità dell’immobile già autorizzato, risultandone in concreto impossibile, o comunque, inutile, un utilizzo autonomo e scorporato dall’intero.
Ne consegue che non può revocarsi in dubbio la precarietà dell'opera, intesa, come richiesto dalla giurisprudenza, in senso funzionale, come destinazione a soddisfare scopi specifici e cronologicamente delimitati (cfr., da ultimo, sez. V, 04.02.1998, n. 131), a nulla rilevando che il periodo di mantenimento in loco dell'opera precaria non sia espressamente previsto nel provvedimento di assenso in esame.
Del tutto irrilevante è poi che la nuova costruzione abbia concretizzato un aumento delle superfici e dei volumi esistenti, in violazione delle norme urbanistiche vigenti, atteso che la precarietà e temporaneità della stessa giustifica la deroga e l’assenso .
Dall’accertamento della precarietà dell’intervento autorizzato discende che lo stesso non richiedeva la specifica richiesta di dotazione aggiuntiva di aree a standards
(commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 08.03.2010 n. 688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Le scelte localizzatorie delle amministrazioni sono sottratte al sindacato di legittimità a meno che non si riscontrino profili di illogicità o abnormità.
Occorre richiamare il prevalente orientamento giurisprudenziale, da cui questo Collegio non ritiene vi sia motivo di discostarsi, secondo cui le scelte localizzatorie operate dall'Amministrazione restano naturalmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo evidenti profili di illogicità o abnormità (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 12.06.2009, n. 3733; CGARS, 14.01.2009, n. 2; Cons. Stato, Sez. IV, 15.05.2008, n. 2247; TAR Sicilia–Catania, Sez. III, 25.11.2009, n. 1974) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. II, sentenza 08.03.2010 n. 479 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Le repliche alle osservazioni su preavviso di diniego non comportano l'obbligo di reiterare il medesimo.
L'interessante principio consente di definire meglio gli obblighi dell'amministrazione nel rapporto con gli istanti privati.
Nel caso trattato dalla sentenza, un comune rigettava la richiesta di autorizzazione allo svolgimento di una manifestazione fieristica nel corso di una festa patronale. Il destinatario del provvedimento impugna il medesimo sostenendo che le motivazioni addotte sono in parte diverse da quelle che sono state oggetto del preavviso di rigetto.
Il collegio piemontese esclude la fondatezza del motivo: in effetti risulta dalla documentazione prodotta che l'amministrazione ha ripetuto puntualmente le repliche opposte alle osservazioni che il privato aveva presentato a seguito del preavviso di rigetto.
Secondo il ricorrente l'amministrazione avrebbe dovuto fornire un ulteriore preavviso di rigetto ma i giudici non sono dello stesso avviso: sarebbe irragionevole se ogni doverosa replica dell’Amministrazione alle osservazioni presentate dal richiedente dopo la comunicazione del preavviso di rigetto dovesse implicare l’obbligo per la P.A. di reiterare la comunicazione dei motivi ostativi per sollecitare nuovamente, sulla propria replica, l’eventuale controreplica dell’interessato, alla quale poi l’Amministrazione avrebbe l’obbligo di replicare a sua volta, in una sequenza potenzialmente infinita di repliche e controrepliche, di deduzioni e controdeduzioni, che non avrebbe altro effetto, in definitiva, se non quello di impedire la conclusione del procedimento (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 05.03.2010 n. 1425 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà non è idonea a comprovare la conformità di un documento all’originale.
Dall’esame complessivo delle clausole del bando è agevole evincere che, ai fini dell’ammissione alla procedura selettiva, ogni aspirante al contributo dovesse effettuare distinti adempimenti formali, tra i quali la predisposizione della domanda e la compilazione di una scheda tecnica, corredate dalle impegnative dichiarazioni rese secondo le modalità tipiche delle “autocertificazioni” disciplinate dal testo unico della documentazione amministrativa.
La produzione dei documenti in originale, recanti i preventivi di spesa degli interventi oggetto del richiesto finanziamento, è considerata dal bando quale autonomo e ulteriore requisito formale di partecipazione.
Non vi è alcun dato letterale o sistematico della lex specialis della procedura che permetta di considerare “assorbita” o surrogata la prescritta produzione documentale mediante le semplici autodichiarazioni degli interessati.
Il valore di autocertificazione e di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attribuita alla domanda e ai relativi allegati va spiegata, agevolmente, in considerazione del contenuto complesso di tali atti, che si riferiscono ad una pluralità di fatti e di stati posti a diretta conoscenza del dichiarante.
In termini generali, del resto, è pacifico che la dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà non è idonea a comprovare la conformità di un documento all’originale. In concreto, poi, non risulta affatto che la dichiarazione presentata dall’odierna appellante contenga tale riferimento. A tutto concedere, la dichiarazione sostitutiva presentata potrebbe riguardare la veridicità dei contenuti di quanto esposto nella scheda tecnica.
Ma il bando della procedura non ritiene sufficiente un’autodichiarazione relativa ai preventivi di spesa, esigendo, al contrario, una apposita documentazione, proveniente dai soggetti interessati.
Ed è appena il caso di osservare che non presenta i caratteri dell’autodichiarazione la firma autografa del rappresentante legale della società Deck sul frontespizio dell’allegato C, relativo alle copie dei preventivi di spesa.
È evidente, poi, che le dichiarazioni sostitutive dell’interessata non rientrano nemmeno nel raggio di applicazione dell’articolo 19 del testo unico della documentazione amministrativa (rubricato Modalità alternative all'autenticazione di copie).
Secondo tale previsione, “la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi all'originale. Tale dichiarazione può altresì riguardare la conformità all'originale della copia dei documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dai privati”.
Ora, questa previsione restringe l’ambito operativo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà a ben delimitate ipotesi, tra le quali non rientra, certamente, la fattispecie della attestazione di conformità all’originale di documenti provenienti da soggetti privati, non aventi carattere fiscale.
Né risulta convincente l’affermazione della parte appellante, secondo la quale l’amministrazione regionale, attraverso le regole indicate nel bando, avrebbe inteso allargare il novero degli atti indicati dall’articolo 19, suscettibili di essere autocertificati.
È vero, invece, che l’amministrazione regionale ha espressamente richiesto di dimostrare l’entità e i contenuti dei preventivi di spesa mediante l’esclusivo strumento della esibizione degli atti originali.
La portata “generale” del principio dell’autocertificazione, sostenuta dall’appellante, infatti, è indiscussa, ma essa opera in conformità alle regole legislative che la disciplinano e nell’ambito dei margini di scelta riconosciuti dalla legge alle singole amministrazioni che ne fanno applicazione.
Dunque, se è inesatta, nella sua assolutezza, l’affermazione del TAR, secondo il quale la domanda dell’interessata non conterrebbe alcuna autodichiarazione o dichiarazione sostituiva, perché, in effetti, esistono due dichiarazioni rese dall’interessata, pienamente conformi alle prescrizioni del bando, va però precisato che esse, certamente, non si riferiscono alla riconosciuta conformità delle copie prodotte agli originali dei preventivi di spesa.
Va osservato, ancora, che la previsione del bando risulta formulata in modo espresso ed inequivoco, indicando con chiarezza la conseguenza della mancata produzione dei preventivi di spesa in originale, sanzionata con l’inammissibilità della domanda (art. 8, comma 2, punto V, lett. D: «la domanda di contributo…deve essere corredata, a pena di inammissibilità, della seguente documentazione completa in ogni sua parte:…preventivi di spesa in originale…»).
Dunque, l’utilizzazione di modalità diverse di dimostrazione delle spese preventivate non risulta ammessa dalla disciplina speciale della procedura selettiva.
Nel caso in esame, poi, non possono trovare applicazione i principi normativi e giurisprudenziali del cosiddetto “dovere di soccorso”, che impongono all’amministrazione di richiedere ai partecipanti a concorsi o gare le necessarie integrazioni documentali e gli opportuni chiarimenti, prima di procedere alla esclusione delle domande di ammissione, per carenze di carattere essenzialmente formale.
Infatti, nella vicenda in oggetto, mentre non operano le norme richiamate dall’appellante, espressamente riferite alle procedure contrattuali, l’integrazione ipotizzata non riguarda un aspetto parziale o formale della domanda, ma proprio la produzione di un documento originale, ritenuto essenziale nell’istruttoria delle istanze.
L’ammissione di una produzione tardiva, nel contesto di una disciplina concorsuale molto precisa e non particolarmente gravosa degli allegati alla domanda, poi, comporterebbe una evidente violazione della par condicio tra gli aspiranti al finanziamento, a tutto vantaggio dei partecipanti meno diligenti, i quali non abbiano rispettato scrupolosamente le chiare regole della procedura.
Le censure proposte contro la clausola del bando non sono fondate nel merito.
Al riguardo, non è condivisibile l’affermazione del TAR, secondo il quale sussisterebbe “la inammissibilità per tardività della impugnativa, tenuto conto del fatto che la lesività della stessa sul punto in discussione –comunque ragionevole in quanto risponde ad un’esigenza di certezza e di immediata verificabilità delle opere da finanziare– era immediatamente percepibile, proprio in virtù del suo inequivoco tenore, sin dalla pubblicazione del bando.”
Infatti, l’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando sussiste solo per le prescrizioni “escludenti”, vale a dire per quelle disposizioni che indicano i requisiti soggettivi di ammissione alla procedura.
Tuttavia, nel merito, non sussistono le lamentate illegittimità.
Non vi è, in primo luogo, alcuna puntuale regola legislativa che imponga di ammettere, in ogni caso e senza eccezioni, modalità di produzione documentale di atti privati mediante l’esibizione di copie non autentiche.
Sul piano della ragionevolezza e della logicità intrinseca della contestata prescrizione formale, inoltre, occorre considerare che, nell’ambito della procedura selettiva in esame, è comprensibile l’esigenza dell’amministrazione di avere la massima certezza in ordine alla formulazione di preventivi di spesa elaborati da soggetti privati.
Proprio sulla base delle cifre indicate e delle correlate prestazioni di servizi e forniture, infatti, l’amministrazione può effettuare le necessarie e approfondite valutazioni delle istanze di ammissione ai richiesti finanziamenti.
La richiesta degli originali dei preventivi, dunque, si colloca nel novero del legittimo apprezzamento discrezionale dell’amministrazione, a nulla rilevando che i preventivi esibiti potrebbero non essere definitivamente vincolanti per le parti. Infatti, si tratta, in ogni caso, degli atti che giustificano l’entità della richiesta formulata dagli aspiranti al finanziamento, in funzione del progetto di intervento proposto.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, poi, in relazione ad atti formati da soggetti privati, la richiesta degli originali consente, obiettivamente, di ottenere un maggior grado di certezza in ordine alla genuinità della documentazione prodotta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 05.03.2010 n. 1290 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: Le società strumentali degli enti locali non possono svolgere attività con soggetti diversi da chi le partecipa o costituisce.
Il divieto di cui all'art. 13 della legge 223/2006 è chiaramente rivolto alle sole società che svolgano attività strumentali nei confronti degli enti che le hanno costituite. In particolare la strumentalità vi è laddove l'attività amministrativa sia rivolta all'amministrazione.
La giurisprudenza amministrativa (C.d.S., sez. V, 07.07.2009, n. 4346) ha chiarito che la strumentalità sussiste “…allorquando l’attività che le società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti promotori o comunque azionisti della società per svolgere le funzioni di supporto di tali amministrazioni pubbliche, secondo l’ordinamento amministrativo” e per il perseguimento dei loro fini istituzionali (C.d.S., sez. V, 12.06.2009, n. 3766), mirando pertanto il divieto (vedi art. 13, comma 2) in questione “…ad escludere che le società strumentali possano svolgere, in relazione alla loro posizione privilegiata, altre attività a favore di altri soggetti pubblici o privati perché se così fosse si creerebbe un’alterazione o una distorsione della concorrenza o del mercato”.
Il divieto che colpisce le società strumentali è giustificato dalla circostanza che esse costituiscono una longa manus delle amministrazioni pubbliche, operando quindi essenzialmente per queste ultime e non già per il pubblico (C.d.S., 12.06.2009, n. 3766; 14.04.2008, n. 1600; sez. VI, 16.01.2009, n. 215) e sostanzialmente in deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione e trasparenza e perciò stesso determinando il vulnus dell’alterazione o distorsione della concorrenza e del mercato e al principio di parità degli operatori (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 05.03.2010 n. 1282 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Immobili abusivi - Condono edilizio e pagamento dell'oblazione - Effetti - Rilascio del permesso di costruire - Necessità - Interventi di ristrutturazione edilizia - Esclusione - Fattispecie - Artt. 10, 22 e 44 DPR n. 380/2001.
In materia urbanistica, tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia anche se soggetti alla cosiddetta DIA semplice, ai sensi dell'art. 22, primo e secondo comma, del DPR n. 380/2001, in quanto non portano alla realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, secondo la previsione di cui all'art. 10, comma primo, lett. c), non possono essere eseguiti su immobili originariamente abusivi.
Nella specie, il ricorso dell'autore della violazione al condono edilizio ed il pagamento dell'oblazione producono solo gli effetti estintivi del reato previsti dalla corrispondente normativa, mentre non rendono legittima la costruzione eseguita abusivamente finché non viene rilasciato il permesso di costruire o, secondo la normativa previgente, la concessione edilizia in sanatoria (conferma ordinanza del Tribunale della libertà di Napoli del 12.06.2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2010 n. 8739 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale - Interventi edilizi - DIA - Super DIA - Manutenzione ordinaria - Disciplina applicabile - Art. 22, c. 6° DPR n. 380/2001, come sostituito dall'art. 1, c. 1°, lett. e), D. L.gs. n. 301/2002 - D. L.vo n. 42/2004.
Ai sensi dell'art. 22, comma sesto, del DPR n. 380/2001, come sostituito dall'art. 1, comma I, lett. e), del D.L.gs. 27.12.2002 n. 301, la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative.
Pertanto, l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo è prevista dalla norma citata non solo con riferimento alla cosiddetta super DIA, di cui al comma 3 dell'art. 22, sostitutiva del permesso di costruire, ma anche per gli interventi minori previsti dai primi due commi dello stesso articolo, sempre che la normativa che disciplina il vincolo lo preveda.
Va quindi osservato che, ai sensi del T.U. n. 380/2001, solo gli interventi di manutenzione ordinaria non sono sottoposti ad alcun titolo abilitativo, ai sensi dell'art. 6, comma primo, lett. a), mentre ogni altro intervento, per il quale non sia necessario il permesso di costruire (art. 10), deve essere preceduto dalla presentazione della DIA (art. 22, comma primo) (conferma ordinanza del Tribunale della libertà di Napoli del 12.06.2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2010 n. 8739 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico - Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione degli edifici - Autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo - Disciplina applicabile - DIA, Super DIA e permesso di costruire - Art. 22, c. 6° DPR n. 380/2001, come sostituito dall'art. 1, c. 1°, lett. e), D. L.gs. n. 301/2002 - Art. 149, c. 1°, lett. a), D. L.vo n. 42/2004.
Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono compresi, in base al combinato disposto dei citati art. 3, primo comma, lett. d), ultima parte, e 10, primo comma, lett. c), del DPR n. 380/2001, anche quelli di demolizione e ricostruzione degli edifici con la stessa volumetria e sagoma di quelli precedenti.
Tali interventi di ristrutturazione possono essere eseguiti mediante la DIA, di cui ai primi due commi dell'art. 22, se non portano ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, né modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici dell'edificio, ovvero modificazione della destinazione d'uso nelle zone omogenee A.
Nel caso, invece, l'intervento di ristrutturazione determini tali modificazioni lo stesso deve essere assentito mediante il permesso di costruire ovvero la presentazione della DIA di cui all'art. 22, terzo comma.
In ogni caso, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono subordinati all'autorizzazione dell'amministrazione competente per la tutela del vincolo paesaggistico (conferma ordinanza del Tribunale della libertà di Napoli del 12.06.2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2010 n. 8739 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è legittimato ad impugnare il diniego di sanatoria l'attuale proprietario del terreno su cui insistono le richieste di sanatoria avanzate da terzi soggetti non legittimati.
Il ricorrente, proprietario dal 1991 di terreno su cui insistono opere abusive, non ha proposto domanda di sanatoria. Egli impugna i provvedimenti reiettivi di domande di sanatoria proposte da terzo soggetto, che non risulta avesse titolo a presentarla, nonché gli ordini di demolizione delle opere predette rivolti ai precedenti proprietari.
Il ricorrente è, quindi, del tutto estraneo agli atti impugnati che non gli sono rivolti né sono idonei a produrre nella sua sfera giuridica alcun effetto innovativo lesivo; i dinieghi su domande di terzo non legittimato a proporle lasciano immutata la situazione del ricorrente, che non ha richiesto alcunché, ed altrettanto è a dirsi di ordini di demolizione rivolti a soggetti che non sono giuridicamente in grado di darvi esecuzione.
Manca, di conseguenza, in capo al ricorrente una situazione giuridica tutelata di interesse legittimo con riferimento agli atti predetti (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 04.03.2010 n. 628 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il parere concernente la compatibilità paesaggistica è presupposto per la decorrenza del termine per la D.I.A..
Nel caso di coinvolgimento in via sostitutiva della Soprintendenza, infatti, non operava l’istituto del silenzio assenso ma, semmai, quello del silenzio rifiuto in relazione ad un parere obbligatorio normativamente previsto.
In seguito alla sospensione, da parte del comune in causa, dei lavori per l’installazione di un impianto di telefonia mobile, la società ricorrente ha, pertanto, contestato allo stesso la violazione degli artt. 146 e 159 del D.Lgs. n. 42/2004 e dell’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003.
Il Tribunale amministrativo di Firenze, rilevando la fondatezza del ricorso, ricorda che l’art. 87, comma 9, d.lgs. n. 259/03 applicabile alla fattispecie, prevede che “Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo…si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego…”.
Tale disposizione, facendo espresso richiamo al “dissenso di cui al comma 8” –che prevede il motivato dissenso espresso da un Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico– chiarisce che l’automaticità del silenzio assenso come invocato, anche nelle sue difese, dal Comune non opera qualora sia necessaria la pronuncia di un’Autorità preposta alla tutela dei particolari beni di rilevante importanza sociale individuati dal richiamato comma 8, dovendosi attendere una pronuncia espressa in tal senso.
Si ricorda che già lo stesso Tribunale toscano aveva precisato, in applicazione della normativa precedente al d.lgs. n. 42/2004, che le opere relative all’installazione di una stazione radio base per telefonia mobile, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, devono essere precedute dal rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 151 T.U. n. 490/1999 (TAR Toscana, Sez. I, 22.12.04, n. 6625).
Tale conclusione è stata avallata anche da successiva giurisprudenza –con cui i giudici fiorentini sono concordi– per la quale il parere dell’autorità competente alla tutela del vincolo paesaggistico si configura come un presupposto di validità della d.i.a., e non quale semplice condizione di efficacia della stessa, come per i titoli edilizi la cui normativa non può essere invocata in applicazione analogica (Cons. Stato, Sez. VI, 21.1.2005, n. 100).
La necessità della preventiva acquisizione di detto parere emerge chiaramente, a contrario, dallo stesso dato normativo rilevabile nell’art. 87, commi 6,7, 8 e 9, d.lgs. n. 259/03 che, nel prevedere espressamente che il parere contrario (c.d. “motivato dissenso”) assunto dall’Amministrazione preposta alla tutela ambientale ovvero della salute ovvero del patrimonio storico-artistico impedisce la formazione del silenzio assenso postula, evidentemente, la necessità che un parere comunque venga espresso (TAR Campania, Na, Sez. VII, 06.04.2006, n. 3454).
Se, dunque, la mancanza del parere concernente la compatibilità paesaggistica o storico-artistica è stato ritenuto legittimo motivo di reiezione della D.I.A. (TAR Sicilia, Pa, Sez. II, 22.2.05, n. 203), tanto più –aggiungono gli stessi giudici- la sua presenza appare necessaria come presupposto per la decorrenza del termine osservato dalla società ricorrente (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 03.03.2010 n. 589 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L. n. 447/1995 - Potere extra ordinem - Presupposti - Urgenza di provvedere - Misure di carattere temporaneo.
Il testo dell’art. 9 della legge 26.10.1995 n. 447 contempla un potere “extra ordinem”, che si estrinseca mediante provvedimenti di contenuto atipico in presenza dei presupposti propri degli atti di tale natura.
L’art. 9 medesimo fissa detti presupposti: è previsto infatti che ricorrano eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, cui deve farsi fronte con misure di carattere temporaneo (TAR Umbria, 11.11.2008 n. 722).
La norma non ritiene quindi sufficiente l’urgenza di provvedere, richiedendo che si tratti di situazione eccezionale, che non può sussistere laddove le circostanze da cui deriva la situazione dannosa abbia carattere permanente, giacché la nozione stessa di eccezionalità richiama l’idea di imprevedibilità di una situazione.
A rimarcare ciò è richiesto che le stesse misure adottate per fronteggiare la situazione eccezionale abbiano carattere di temporaneità (TAR Lazio, sez. II, 20.01.2006 n. 455; TAR Liguria, sez. II, 21.06.2004 n. 989; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 01.03.2004 n. 813; TAR Campania, Napoli, sez. I, 30.01.2004 n. 1139) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 02.03.2010 n. 260 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: La deroga prevista dall’art. 57, comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria dei privati; in altre parole, la deroga che prevede la distanza di 100 metri dai centri abitati non ha lo scopo di ridurre la distanza indicata dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire l’ampliamento di un cimitero con riferimento agli edifici preesistenti.
Nel caso di specie rileva non la realizzazione dell’edificio, ma la costruzione, in epoca successiva alla realizzazione del cimitero ed al suo ampliamento, di opere di incremento della superficie dell’edificio della deducente.
La deroga prevista dall’art. 57, comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria dei privati; in altre parole, la deroga che prevede la distanza di 100 metri dai centri abitati non ha lo scopo di ridurre la distanza indicata dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire l’ampliamento di un cimitero con riferimento agli edifici preesistenti (si veda: Cons. Stato, sez. V, 23/08/2000, n. 4574, sentenza riguardante appello presentato dalla odierna ricorrente).
Inoltre l’apposizione del vincolo cimiteriale persegue una molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l’interesse a mantenere un’area di possibile espansione del perimetro cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri, senza che sia richiesta all’Ente pubblico una valutazione in concreto della compatibilità della presenza del manufatto rispetto al vincolo de quo (Tar Toscana, sez. II, 27.11.2008, n. 3046; Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n. 1933; idem, 27.08.1999, n. 1006) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 26.02.2010 n. 549 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIL’emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco non abbisogna della previa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 della legge 07.08.1990, n. 241.
Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere, con immediatezza, in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile.
Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere, con immediatezza, in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile.
Inoltre, è necessario che esista una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso, nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente.
Sussistendo tale situazione, ed in linea di principio, la giurisprudenza ha chiarito come l’emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco non abbisogni della previa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 della legge 07.08.1990, n. 241 (Consiglio di Stato, sez. V, 09.02.2001, n. 580; TAR Campania, Napoli, sez. V, 25.02.2009, n. 1083; TAR Puglia, Bari, sez III, 26.05.2004, n. 2285; TAR Emilia Romagna, Parma, 10.01.2003, n. 1; TAR Basilicata, 16.10.2001, 740) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 26.02.2010 n. 243 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAAnche il solo “sospetto di inquinamento” è più che sufficiente per l’interdizione dell’uso agricolo del suolo.
Come ha avuto modo di rilevare il Consiglio di Stato, anche il solo “sospetto di inquinamento” è più che sufficiente per l’interdizione dell’uso agricolo del suolo.
La garanzia della sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana ed, ancor prima, dei mangimi somministrati agli animali (che rappresentano il precedente anello della catena alimentare) è strumentale alla salvaguardia del bene della salute e, dunque, mira alla protezione di un valore assoluto, ovverosia il diritto ad una alimentazione sana, che esige una sensibile anticipazione di tutela (Consiglio di Stato, sez. V, 01.07.2005, n. 3677).
Sotto questo profilo, non si è mancato di evidenziare come eloquenti, in questo senso, sono le suggestioni provenienti dal diritto sopranazionale che ha accolto, con il regolamento CE n. 178/2002 “il principio di precauzione“ come fondamentale criterio guida nella gestione dei rischi alimentari
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 26.02.2010 n. 243 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: La disciplina legale della revisione dei prezzi prevale sulla quella pattizia in caso di contrasto.
Sulla base di questo principio, il Tar per la Puglia si è espresso in ordine ad una controversia tra comune e gestore del servizio smaltimento rifiuti.
Primo motivo di dibattito è stata la definizione della natura del rapporto contrattuale in corso e per il quale si chiede la revisione dei prezzi; dalla soluzione della diatriba si decide se è applicabile il codice dei contratti pubblici, nello specifico l’art. 115 del medesimo.
Non c’è dubbio per i giudici che il caso trattato sia quello di un appalto di servizi, in quanto la ditta ha assunto in forza di un rapporto contrattuale una prestazione dietro pagamento di un corrispettivo che è totalmente a carico della stazione appaltante su cui ricade il rischio finanziario della gestione. Posto che la fattispecie è quella di appalto di servizi, risulta evidentemente applicabile l’art. 115 del D.Lgs 163/2006 che stabilisce non solo la necessità di una clausola revisionale ma fissa anche i criteri che devono essere inderogabilmente osservati per un corretto adeguamento del corrispettivo.
A proposito i giudici rammentano che, ai sensi dell’art. 6 comma 4 della L. 537/1993, come novellato dall’art. 44 della legge n. 724/1994 (normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto del giudizio secondo la tesi del Comune e comunque riproposta nelle linee essenziali, quelle che qui vengono in considerazione, dal codice dei contratti pubblici), tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, che viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati fissati con la medesima normativa.
Considerato che l’art. 6 della legge n. 537/1993 è norma imperativa, non suscettibile di essere derogata pattiziamente (la sua finalità primaria è quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non possano col tempo subire una diminuzione qualitativa a causa della eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte), ne consegue che le disposizioni negoziali contrastanti con la disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ai sensi dell’art. 1419 cod. civ., ma sostituite de iure, ex art. 1339 cod. civ., dalla disciplina imperativa di legge.
Nel caso, quindi, la disciplina legale in materia di revisione prezzi si inserisce automaticamente e prevale sulla previsione pattizia, assunta in contratto (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 25.02.2010 n. 680 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: Sull'obbligo del sindaco di rispettare il principio di pari opportunità tra uomo e donna anche nella scelta dei membri del consiglio di amministrazione di una società in house.
Un sindaco nell'ambito della procedura svolta per la nomina dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio dei sindaci di una società in house interamente partecipata dal comune, deve osservare l'art. 51 Cost. sul principio di pari opportunità tra uomo e donna, riservando una aliquota dei membri da nominare (la cui consistenza deve a sua volta formare oggetto di valutazione in concreto, sulla base delle singole circostanze) al sesso femminile (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 24.02.2010 n. 622 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICASe si consentisse a qualunque cittadino residente di proporre ricorso giurisdizionale avverso lo strumento urbanistico, senza che vi sia alcuna incidenza delle prescrizioni censurate su un suo peculiare interesse, i vizi eventualmente riscontrati dovrebbero comportare l'annullamento dell'intero piano, al fine di far conseguire al ricorrente una qualche e solo asserita utilità strumentale.
Il Collegio ben conosce la pur ampia legittimazione astrattamente riconosciuta dalla giurisprudenza in tema di impugnazione del Piano regolatore generale (cfr. per tutte, Tar Lazio, Roma, sez. II, 19.03.2009, n. 2860) ritenendo sufficiente l’interesse strumentale all’annullamento in vista dei vantaggi conseguibili sul piano della destinazione urbanistica dell’area di proprietà a seguito della rinnovazione dell’intero atto di pianificazione, tuttavia ritiene che non si possa prescindere da una effettiva rappresentazione del concreto e sostanziale interesse a sollevarla.
Nella specie, la società censura la disciplina dei mutamenti delle destinazioni d’uso, così come stabilita nelle specifiche norme rubricate delle N.T.A., in quanto dopo l’ultimazione del fabbricato ad uso uffici di sua proprietà, intenderebbe avviare la procedura per ottenere il cambio di destinazione come prevista dalla vigente convenzione di lottizzazione.
Pertanto, l’interesse della società all’annullamento dell’atto di pianificazione con riferimento alle norme contestate si fonda su una possibile ed eventuale richiesta di cambio di destinazione dell’immobile ricadente nella nuova disciplina di cui alle NTA, cambio allo stato non attuale e non concretamente dimostrato dalla stessa ricorrente (né vengono allegate le modalità di detto eventuale cambiamento di destinazione se con opere, o senza, oppure con passaggio a più elevata categoria di carico urbanistico), mentre risulta in atti solo il permesso a costruire n. 985 dell’11.11.2008, per il completamento di cubatura del Permesso di costruire n. 1100 del 14.10.2004, relativo all’edificio in questione destinato ad uffici privati e negozi.
In tal caso, la società ricorrente non può dolersi dell’illegittimità dell’atto pianificatorio e delle norme contestate con il motivo in esame, in quanto la medesima non riceve dalle stesse, allo stato, una lesione immediata e certa; infatti, non appare sussistente l’interesse immediato e diretto, ossia l’utilità che conseguirebbe la società direttamente dall’accoglimento di dette censure e l’attualità delle stesse, attesa la diversa situazione di fatto esistente rispetto a quella eventuale da realizzare in futuro.
Del resto, se si consentisse a qualunque cittadino residente di proporre ricorso giurisdizionale avverso lo strumento urbanistico, senza che vi sia alcuna incidenza delle prescrizioni censurate su un suo peculiare interesse, i vizi eventualmente riscontrati dovrebbero comportare l'annullamento dell'intero piano, al fine di far conseguire al ricorrente una qualche e solo asserita utilità strumentale.
Ne deriva che una simile soluzione si pone in evidente contrasto con diversi principi generali: il principio costituzionale di buona amministrazione, il principio generale sull'interesse al ricorso di cui all'art. 100 del c.p.c. e i principi elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina in materia di interessi legittimi.
Si avrebbe, quanto al primo aspetto, la caducazione di un piano per la tutela di un asserito e solo ipotetico, interesse del ricorrente, a discapito di quell'interesse pubblico che la disciplina urbanistica é fisiologicamente destinata a perseguire.
Quanto al secondo aspetto si introdurrebbe un ricorso giurisdizionale per la tutela di un generico ed eventuale interesse, mentre ai sensi dell'art. 100 c.p.c. per proporre un'azione in sede giurisdizionale occorre avere un interesse specifico, inteso quale concreta utilità (bene della vita) che il ricorrente si prefigge di conseguire con l'annullamento (totale o parziale) dell'atto amministrativo ritenuto illegittimo.
Per di più, non va sottaciuto che l'ordinamento attribuisce tutela giurisdizionale amministrativa a quelle posizioni giuridiche soggettive che risultino differenziate e qualificate: ciò che, nel caso di specie, il Collegio non rileva, avendo la società ricorrente, in difetto di specifica prova della quale era onerata, una posizione giuridica del tutto indifferenziata rispetto alla generalità dei cittadini (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17.04.2003, n. 2017; idem, sez. V, 08.05.2007, n. 2119; TAR Campania, Napoli, sez. II, 19.11.2009, n. 7698)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 17.02.2010 n. 2386 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAE' illegittima la previsione del contributo straordinario per oneri di urbanizzazione, attesa la carenza della necessaria base legislativa, non solo a livello statale, ma anche a livello regionale.
L’ordinario contributo per oneri di urbanizzazione, secondo la giurisprudenza, costituisce un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae; con l’importante corollario che consiste nell’esigenza di rispettare, nella determinazione dello stesso, l'art. 23 della Costituzione, secondo il quale nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge (Consiglio di Stato, sez. V, 21.04.2006 n. 2258; Consiglio di Stato, sez. V, 18.12.2003 n. 8345; Consiglio di Stato, sez. V, 20.04.2009, n. 2359; TAR Campania-Salerno, sez. II, 05.10.2009, n. 5318).
E' vero che il Consiglio di Stato ha riconosciuto che -in linea di principio- in sede convenzionale il privato può liberamente assumere impegni patrimoniali più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge: impegni, questi, che rientrano nella piena disponibilità delle parti, posto che la normativa vigente in materia urbanistica ed edilizia non esclude affatto che le parti possano, per valutazioni di convenienza, regolare il rapporto in termini diversi in punto di oneri economici (Consiglio di Stato, sez. V, 29.09.1999, n. 1209; sez. IV, 28.07.2005, n. 4015); e che non è escluso che ciò possa valere anche qualora alcuni contenuti dell'accordo vengano proposti dall'Amministrazione in termini non modificabili dal privato (Consiglio di Stato, sez. IV, 28.07.2005, n. 4014).
Ma in questa sede -si badi bene- non si controverte sull’interpretazione del singolo atto convenzionale, il quale contenga (per così dire “ex post”) obbligazioni la cui misura vada oltre quella vigente. Si tratta, piuttosto, della previsione “ex ante” di un istituto, il contributo straordinario, che viene “a priori” quantificato sia nella quota di maggiorazione di edificabilità che ne costituisce la base (0,06 mq/mq) sia nell’individuazione della misura (cfr. l’art. 20, commi 2 e 3, delle N.T.A.).
Non si tratta qui semplicemente di un atto unilaterale, analogo alle “condizioni generali di contratto”, o alle clausole contenute, ad esempio, nel D.M. Lavori Pubblici 21.12.1994, sui programmi di riqualificazione urbana, che attengono a un atto avente valore di bando per l’assegnazione di finanziamenti, o alle deliberazioni ministeriali che fissano le modalità per l’assegnazione di contributi in materia di programmi di recupero urbano).
Trattasi, piuttosto, di un atto a carattere normativo, e come tale, quindi, non solamente dotato di una più diretta influenza sulla stessa sostanziale conformazione della proprietà, ma anche vincolante “ex ante”, in via generale e astratta, i soggetti dell’ordinamento, e quindi incidente direttamente e imperativamente sul contenuto del successivo eventuale accordo delle parti.
Sotto questo profilo, considerando le N.T.A. del Piano come un atto normativo, il problema del rispetto non solo del principio di legalità, ma della vera e propria riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione, rimane allora ineludibile (dato che il Comune è comunque privo di poteri legislativi, anche nel sistema autonomistico disegnato dalla riforma del Titolo V della Costituzione).
Ne consegue quindi, in conclusione, la fondatezza della censura proposta, dovendosi ritenere illegittima la previsione del contributo straordinario, attesa la carenza della necessaria base legislativa, non solo a livello statale, ma anche a livello regionale, non potendosi considerare sufficiente, a tal fine, il riferimento contenuto nell’art. 18, comma 7, della L.R. n. 21 del 2009, che attiene alla sola materia dell’edilizia residenziale sociale
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 17.02.2010 n. 2386 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In ordine alle verifica delle offerte anomale.
Il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell’amministrazione, di per sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto; il giudizio conclusivo ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme; conseguentemente la relativa motivazione deve essere rigorosa in caso di esito negativo; invece la positiva valutazione di congruità della presunta offerta anomala è sufficientemente espressa anche con motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa offerente (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. St., sez. V, 10.02.2009, n. 748; sez. V, 20.05.2008, n. 2348) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.02.2010 n. 741 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In ordine all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del contraente risulta consacrata soltanto con l’aggiudicazione definitiva.
Ne discende che, allorquando l’amministrazione intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria, non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 25.07.2021, n. 4065; 29.10.2002, n. 5903 e 31.10.2006, n. 6456); ciò in quanto l’aggiudicatario provvisorio vanta una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, non sussumibile al rango di posizione differenziata tale da comportare la titolarità di un interesse procedimentale distinto da quello degli altri partecipanti.
Solo l’aggiudicazione definitiva induce la titolarità di una posizione giuridica qualificata tale da comportare la necessaria interlocuzione con la pubblica amministrazione nel caso di procedimenti di secondo grado (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 31.10.2006, n. 6456)
(TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla stringente interpretazione del bando di gara.
Nelle procedure per l’aggiudicazione dei contratti della P.A., il bando va interpretato in modo formale, dato che ciò risponde, da un lato, ad esigenze pratiche di certezza e celerità, e, dall’altro, alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti; soltanto nel varco aperto da un’equivoca formulazione della lettera d’invito o del bando può trovare applicazione il principio di massima partecipazione, secondo cui, cioè, va data preferenza all’interpretazione del bando che consente la più ampia ammissione degli aspiranti (cfr. Cons. di Stato, 17.12.2001, n. 6250) (TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità, o meno, della riapertura della fase di gara.
La riapertura della gara è stata determinata non già da uno spontaneo “ripensamento” da parte della Commissione ma da una nota circostanziata pervenuta all’Amministrazione da parte della controinteressata (cfr. doc. n. 2 in produzione di parte resistente), di cui è stata data immediata contezza alla ricorrente (cfr. doc. n. 3 in produzione di parte ricorrente), che evidenziava l’irritualità dell’esclusione alla stregua della lex specialis di cui al bando.
Sembra pertanto al Collegio che la “riverifica”, in presenza di detta situazione, e in un momento nel quale gli esiti della gara non erano stati, come sopra detto, ancora consacrati e consolidati in un’aggiudicazione definitiva, fosse non solo opportuna, ma addirittura doverosa al fine di prevenire possibili contenziosi, oltre che al fine di individuare con assoluta correttezza il legittimo contraente, in osservanza del principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 22.10.2004, n. 6931, ex pluris)
(TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla discrezionalità di non aggiudicazione della gara.
Correttamente la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di non procedere all’aggiudicazione della gara all’offerta del raggruppamento ricorrente, pur essendo l’unica valida, in quanto presentava “carenze progettuali e qualitative tali da renderla non idonea rispetto alle esigenze dell’Amministrazione e, comunque, non conveniente dal punto di vista economico”.
Invero, in primo luogo, nel caso di specie sussistevano i presupposti per l’esercizio da parte della stazione appaltante del potere discrezionale in questione (ex art. 81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006), in quanto la circostanza che l’offerta tecnica della ricorrente avesse superato il preliminare vaglio di corrispondenza ai requisiti qualitativi indicati come soglia minima nel disciplinare, non configura un vincolo per la stazione appaltante in ordine alla valutazione definitiva delle offerte, ma in realtà rappresenta soltanto il riscontro del raggruppamento di un livello qualitativo “sufficiente” da parte delle varie soluzioni progettuali elaborate dalle imprese concorrenti.
Pertanto non appare suffragata sotto il profilo né testuale né sistematico l’interpretazione elaborata dalla ricorrente secondo cui, in presenza di soglie minime di requisiti qualitativi stabilite nella lex specialis di gara, l’esercizio –da parte della stazione appaltante– del potere, di cui all’art. 81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006, sarebbe di fatto circoscritto al sopravvenire di circostanze imprevedibili all’atto di indizione della gara; la discrezionalità di non aggiudicare la gara, invece, concerne la valutazione complessiva dell’offerta (nella sua interezza) come non rispondente alle esigenze della stazione appaltante e, pertanto, si pone su un piano generale nel quale va ricompreso, quale singolo aspetto, il superamento di un preliminare scrutinio di qualità minima da parte delle offerte in gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 01.02.2010 n. 1258 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANella distanza tra fabbricati frontistanti una strada a fondo cieco, quest'ultima non deve essere tenuta in considerazione, trovando applicazione il disposto di cui all'art. 9, comma 2, del DM 1444/1968.
Parte ricorrente insiste nel ritenere applicabile l’ultimo comma dell’art. 9 del DM 1444/1968, secondo cui “qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.” Pertanto, secondo i calcoli di parte ricorrente, il nuovo edificio sarebbe tenuto a rispettare una distanza pari alla sua progettata altezza dalle costruzioni.
Secondo le difese avversarie la disposizione va invece letta unitamente al capoverso precedente, dettato per la disciplina delle distanze tra fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico, ad esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici e di insediamenti.
E’ emerso dall’istruttoria che Via Mocchetti è una strada a fondo cieco, il fabbricato erigendo dista dagli altri fabbricati rispettivamente mt. 10,05 a sud e 10,75 a nord, mentre l’altezza prevista nel permesso di costruire è di 11,70, a fronte di quella massima consentita di 12,50.
Ad avviso del Collegio la distanza è rispettata, dovendo trovare applicazione nel caso de quo l’art. 9, punto 2), che prescrive la distanza di 10 mt..
Gli ultimi due capoversi invece contengono una disciplina, tra loro integrativa, per il calcolo delle distanze nel caso di edifici tra i quali sono interposte strade, con la chiara ipotesi di esclusione delle strade a fondo cieco, che è stata accertata nel caso de quo.
Anche la disposizione secondo cui va calcolata la distanza va maggiorata fino al raggiungimento della misura corrispondente all’altezza del fabbricato più alto si applica solo nell’ipotesi di edifici tra i quali sono interposte strade destinate al traffico dei veicoli.
Quanto alla distanza dal box e dal muro, si osserva che correttamente il box non è stato considerato, in quanto lo stesso è interrato e pertanto non integra, ai fini delle distanze, la nozione di costruzione.
Rispetto al muro di sostegno, parte ricorrente afferma la violazione della distanza in quanto disterebbe mt. 8,10 dal suddetto muro, da considerarsi come muro di fabbrica e non di cinta e quindi assoggettato al rispetto delle distanze legali.
Il Comune ha invece qualificato il muro come muro di sostegno del terreno di proprietà del ricorrente, in quanto ha la funzione di contenimento del dislivello naturale; pertanto è corretta la scelta di non considerare detto manufatto rilevante ai fini delle distanze ai fini dell'art. 9 del d.m. 1444/1968, dal momento che la norma presuppone che le pareti siano «costruzioni» in senso edilizio, non mere opere di contenimento del declivio naturale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa DIA è un atto di natura privata e quindi ne esclude la sua diretta impugnazione. Il terzo che vuole quindi contestare la legittimità delle opere realizzate in forza di detto titolo, deve promuovere un’azione, non di annullamento, ma di accertamento dell'insussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per i lavori oggetti della DIA.
Come noto questa Sezione aderisce all’orientamento secondo cui la DIA è un atto di natura privata e quindi ne esclude la sua diretta impugnazione. Il terzo che vuole quindi contestare la legittimità delle opere realizzate in forza di detto titolo, deve promuovere un’azione, non di annullamento, ma di accertamento dell'insussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per i lavori oggetti della DIA (da ultimo TAR Lombardia Milano, sez. II, 23.10.2009 n. 4886) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa mera affissione all'albo pretorio del comune non costituisce formalità idonea a cristallizzare il dies a quo per l’impugnazione di un titolo abilitativo edilizio.
Per costante giurisprudenza, la mera affissione all'albo pretorio del comune non costituisce formalità idonea a cristallizzare il dies a quo per l’impugnazione di un titolo abilitativo edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 08.06.1998, n. 779; TAR Umbria, Perugia, 12.05.2003, n. 332; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 10.06.2002, n. 2445; 15.10.2002, n. 3941; 27.05.2005, n. 1111; TAR Liguria, Genova, sez. I, 25.07.2008, n. 1543); cosicché, non essendo, in tal caso, richiesta la notifica ai terzi, il termine in parola decorre, nei confronti di questi ultimi, dalla piena consapevolezza del provvedimento autorizzativo, la quale –come evidenziato– deve essere provata dal soggetto eccipiente la tardività del ricorso e si perfeziona da quando è percepibile la lesività dell'opera realizzata, ossia da quando venga conosciuto il contenuto specifico del permesso di costruire o del progetto assentito ovvero da quando detta opera si trovi in fase di avanzata o di completamento e riveli, così, in modo certo ed inequivoco le sue caratteristiche essenziali e la sua eventuale non conformità alla disciplina urbanistica (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17.05.2002, n. 2668; sez. IV, 08.07.2002, n. 3805; sez. V, 23.09.2005, n. 5033; sez. IV, 15.09.2006, n. 5394; sez. IV, 31.10.2006, n. 6465; 12.02.2007, n. 599; sez. V, 24.08.2007, n. 4485; sez. IV, 10.12.2007, n. 6342; sez. V, 04.03.2008, n. 885; sez. VI, 09.02.2009, n. 717; sez. IV, 29.05.2009, n. 3358; 18.06.2009, n. 4015; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 18.03.2003, n. 2637; sez. IV, 14.02.2005, n. 1004; sez. II, 12.04.2005, n. 3784; sez. VII, 06.05.2005, n. 5552; sez. II, 19.10.2006, n. 8673; Salerno, sez. II, 19.07.2007, n. 860; Napoli, sez. IV, 03.09.2008, n. 10036; sez. III, 18.09.2008, n. 10354; Salerno, sez. II, 03.10.2008, n. 2823; TAR Sardegna, Cagliari, 16.12.2003, n. 1737; sez. II, 06.04.2009, n. 432; TAR Marche, Ancona, 24.04.2004, n. 179; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 04.11.2004, n. 3840; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 30.12.2004, n. 4101; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 22.12.2005, n. 6040; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 10.05.2006, n. 2022; 26.03.2009, n. 795; 05.06.2009, n. 1601; TAR Marche, Ancona, sez. I, 31.01.2007, n. 10; TAR Basilicata, Potenza, 21.02.2007, n. 59; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 08.02.2008, n. 225; 23.01.2009, n. 168; TAR Toscana, Firenze, sez. II, 30.12.2008, n. 4451)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 18.01.2010 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAI piani di recupero di cui agli artt. 28 della l. 05.08.1978, n. 457 e 28 della l. n. 219/1981 hanno natura attuativa e sono vincolati al rispetto della sovraordinata disciplina dei piani regolatori generali.
I piani di recupero di cui agli artt. 28 della l. 05.08.1978, n. 457 e 28 della l. n. 219/1981, quali strumenti urbanistici equivalenti ai piani particolareggiati (e da questi distinti per essere finalizzati non già alla complessiva trasformazione del territorio, bensì alla conservazione, alla valorizzazione, al risanamento e alla ricostruzione del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 05.03.2008, n. 922), hanno natura attuativa e sono vincolati al rispetto della sovraordinata disciplina dei piani regolatori generali; cosicché sono da ritenersi illegittime le prescrizioni da essi impartite in funzione non meramente integrativa e specificativa, ma anche derogatoria o sostitutiva della predetta disciplina di rango superiore (cfr. Cass., sez. II, 11.07.2000, n. 9175; 13.10.2000, n. 13639; 20.07.2005, n. 15247; Cons. Stato, sez. V, 12.03.1992, n. 214; TAR Veneto, Venezia, sez. I, 04.04.2002, n. 1240; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 24.06.2002, n. 3725; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 06.03.2003, n. 537) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 18.01.2010 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Compiti e responsabilità del RSPP secondo la Cassazione (penale).
Con la recente sentenza 15.01.2010 n. 1834 la Corte di Cassazione penale è intervenuta sul tema dei compiti e delle responsabilità del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.
La Corte ritiene che il RSPP, anche se privo di poteri decisionali e di spesa, può essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare ... (link a www.acca.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - CONSIGLIERI COMUNALILe opinioni espresse e le valutazioni manifestate dai membri di organi collegiali nel corso delle relative sedute, anche qualora raccolte in appunti presi dall’organi verbalizzante, non costituiscono documenti amministrativi soggetti al diritto di accesso di cui alla L. 241/1990.
Ugualmente, qualora il Segretario adotti, ai fini della stesura del verbale, altri strumenti di riproduzione come la registrazione fonografica della seduta.

La giurisprudenza ha affermato in più occasioni che le opinioni espresse e le valutazioni manifestate dai membri di organi collegiali nel corso delle relative sedute, anche qualora raccolte in appunti presi dall’organi verbalizzante, non costituiscono documenti amministrativi soggetti al diritto di accesso di cui alla L. 241/1990 (TAR Friuli 13/02/2009 n. 68; TAR Brescia 31/12/2003 n. 1823; Consiglio di Stato, IV, 04/07/1996 n. 820).
A diversa conclusione non si può pervenire qualora il Segretario adotti, ai fini della stesura del verbale, altri strumenti di riproduzione come, appunto, la registrazione fonografica della seduta (TAR Veneto, Venezia II, 14/01/2002 n. 60).
Da tali precedenti giurisprudenziali il Collegio non ha motivo di discostarsi (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.03.2009 n. 1914 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: L’accesso agli atti necessario a curare o difendere interessi giuridicamente rilevanti è sempre prevalente sulla riservatezza del terzo anche se intacchi dati sensibili, salva la più accentuata tutela per i dati c.d. “supersensibili”.
Non suscettibile di favorevole esame è anche il quarto motivo di gravame con il quale si oppone l’insuperabilità della normativa posta a tutela della riservatezza nella misura in cui si oppone alla divulgazione di notizie relative alla persona presenti in una banca dati:
- è da premettere, in linea generale, che il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza è stato risolto direttamente dal legislatore grazie al vasto intervento riformatore operato dal codice dei dati personali –d.lgs. n. 196 del 2003- dalla l. n. 15 del 2005 -recante la novella alla l. n. 241 del 1990– dal d.P.R. n. 184 del 2006, che hanno, nella sostanza ed in estrema sintesi, cristallizzato gli approdi cui era giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare ad. plen. n. 5 del 1997), avanzando in ogni caso la soglia di tutela dell’accesso;
- in particolare l’art. 59, codice dati personali, fatta salva l’applicazione della disciplina derogatoria sancita dal successivo art. 60 per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (inapplicabile alla vicenda in trattazione), ha demandato interamente alla l. n. 241 del 1990 la regolamentazione del rapporto accesso – privacy anche per ciò che concerne i dati sensibili e giudiziari (pure questi non in rilievo nel presente giudizio);
- l’art. 24, l. n. 241 del 1990 nel testo novellato, recita al comma 7, che <<deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale>>;
- alla luce della evoluzione normativa deve concludersi che l’accesso necessario a curare o difendere interessi giuridicamente rilevanti è sempre prevalente sulla riservatezza del terzo anche se intacchi dati sensibili, salva la più accentuata tutela per i dati c.d. “supersensibili”; in quest’ultimo caso il responsabile del procedimento, in base ad una valutazione casistica effettuata sulla scorta del menzionato art. 60, darà prevalenza al diritto di accesso nei limiti della <<stretta indispensabilità>> prevista dalla norma, solo se la situazione soggettiva sottostante sia di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;
- la novella formulazione dell’art. 24 cit., non pone più alcun limite <<modale>> all’accesso, che, dunque, potrà tradursi in un rilascio dell’atto e non più nella mera visione dello stesso (come ritenuto dalla citata ad. plen. n. 5 del 1997);
- pertanto l’interesse alla riservatezza tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto di accesso ai documenti amministrativi recede quando l’accesso stesso è esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12.04.2007, n. 1699), sicché è del tutto inconferente il richiamo operato dagli atti impugnati alla norma sancita dall’art. 19, co. 3, d.lgs. n. 196 del 2003 che ha tutt’altro ambito applicativo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.05.2008 n. 2511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIE' legittimo il diniego all'accesso della registrazione su supporto magnetico dell’adunanza del Consiglio Comunale poiché non si tratta di documento amministrativo, ma di un mero ausilio, riconducibile a semplici appunti, che il Segretario comunale utilizza per la formazione del verbale della seduta. Quest’ultimo soltanto è il documento amministrativo.
I ricorrenti, consiglieri comunali, hanno chiesto di avere accesso alla registrazione su supporto magnetico dell’adunanza del Consiglio Comunale di Casalserugo del 18.06.2001. L’accesso è stato negato dal Sindaco e dal Segretario comunale, col provvedimento 19.10.2001, sul rilievo che non si tratta di un documento amministrativo, ma di un semplice ausilio del Segretario comunale. E’ stato invece messo a disposizione il verbale della seduta consiliare.
I ricorrenti sostengono invece di aver diritto ad ottenere tale registrazione magnetica, trattandosi di notizie ed informazioni che i consiglieri comunali hanno diritto di avere ex art. 43, co. 2, d.lgs. 267/2000, utili all’espletamento del mandato.
La risposta negativa del Comune di Casalserugo è corretta.  Non si tratta infatti di documento amministrativo, ma di un mero ausilio, riconducibile a semplici appunti, che il Segretario comunale utilizza per la formazione del verbale della seduta. Quest’ultimo soltanto è il documento amministrativo.
Giova, infatti, osservare che i documenti amministrativi che possono formare oggetto di accesso ex l. 241/1990, sono quelli definiti dall’art. 22, c. 2, della stessa l. 241/1990, come rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie di atti, anche interni, formati dalla P.A. o comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. L’art. 1, c. 1, lett. a), del D.P.R. 445/2000, ripete sostanzialmente la stessa definizione, con la locuzione “ogni rappresentazione comunque formata”.
Ciò posto, è evidente che semplici appunti, come deve considerarsi la registrazione effettuata dal Segretario comunale a proprio uso, non ancora tradotti in atti, non assurgono alla qualificazione di documento amministrativo (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 14.01.2002 n. 60 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIOggetto del diritto di accesso è, dunque, il documento amministrativo, inteso come bene mobile materiale, avente carattere strumentale ed accessorio, formato dalla pubblica amministrazione, in funzione rappresentativa o riproduttiva di un fatto o di un atto giuridicamente rilevante, ed utilizzato nell’esercizio dell’attività amministrativa.
La redazione, necessariamente affrettata ed approssimativa, di un testo informale che si rivela più assimilabile ad un brogliaccio che ad un resoconto assembleare, non può valere se non per ciò che essa realmente rappresenta: cioè una serie di appunti ed annotazioni resi a futura memoria, che il segretario verbalizzante compila, ad uso interno e personale del proprio ufficio, e che, pertanto, sono destinati a restare nell’esclusiva disponibilità del medesimo, al fine della loro utilizzazione in sede di stesura definitiva del verbale di assemblea, senza che alcuno possa ritenersi investito della legittimazione di accedervi, per effettuare su di essi una consultazione a riscontro della veridicità e della fedeltà di riproduzione delle operazioni e delle discussioni svolte nel corso della seduta.

L’art. 2 della legge n. 241/1990, in materia di accesso ai documenti amministrativi, testualmente recita, al primo comma: “Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge.”
Al secondo comma, il legislatore del 1990 si premura di precisare: “E’ considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.”
Oggetto del diritto di accesso è, dunque, il documento amministrativo, inteso come bene mobile materiale, avente carattere strumentale ed accessorio, formato dalla pubblica amministrazione, in funzione rappresentativa o riproduttiva di un fatto o di un atto giuridicamente rilevante, ed utilizzato nell’esercizio dell’attività amministrativa.
Ciò posto, si osserva che, se è vero che la legge sopra richiamata fornisce un’ampia nozione di documento amministrativo, ricomprendendo in essa, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, non solo gli atti interni al procedimento amministrativo, ma anche quelli riconducibili all’attività svolta dalla P.A. iure privatorum, nonché quelli posti in essere da privati investiti di una pubblica funzione, in quanto, in ogni caso, volti a perseguire scopi e finalità di interesse generale e collettivo, non sembra al Collegio che le minute dei verbali delle sedute assembleari siano ex se suscettibili di entrare a far parte del novero degli atti o documenti amministrativi, in relazione ai quali la legge consente agli interessati l’esercizio del diritto di accesso.
Deve, invero, ritenersi che in carenza di una specifica normazione positiva, anche di livello secondario, che attribuisca alle minutazioni dei verbali delle riunioni degli organi collegiali, la veste ufficiale di atti o documenti amministrativi, ancorché strumentali e prodromici, siccome finalizzati al successivo adempimento della verbalizzazione formale, relativa alla determinazione finale e conclusiva effettivamente assunta dall’organo deliberante, la redazione, necessariamente affrettata ed approssimativa, di un testo informale, che, sulla scorta della comune esperienza, si rivela più assimilabile ad un brogliaccio che ad un resoconto assembleare, non possa valere se non per ciò che essa realmente rappresenta: cioè a dire, una serie di appunti ed annotazioni resi a futura memoria, che il segretario verbalizzante compila, ad uso interno e personale del proprio ufficio, e che, pertanto, sono destinati a restare nell’esclusiva disponibilità del medesimo, al fine della loro utilizzazione in sede di stesura definitiva del verbale di assemblea, senza che alcuno possa ritenersi investito della legittimazione di accedervi, per effettuare su di essi una consultazione a riscontro della veridicità e della fedeltà di riproduzione delle operazioni e delle discussioni svolte nel corso della seduta.
Poiché, dunque, le minute dei verbali non costituiscono elementi costitutivi della fattispecie procedimentale, ma si pongono quali semplici strumenti di supporto dell’attività demandata ai funzionari addetti alla verbalizzazione, esse non rivestono alcuna rilevanza giuridica nell’iter formativo della documentazione ufficiale e, non rientrando, quindi, nel concetto di documenti amministrativi in senso proprio, non possono ritenersi soggette alla disciplina dell’accesso.
Di conseguenza, correttamente l’Amministrazione comunale ha opposto l’impugnato diniego, nel presupposto del carattere non ufficiale ed indisponibile delle minute redatte dal segretario verbalizzante.
Né può validamente sostenersi, come fa l’attuale ricorrente, che il censurato provvedimento si presenterebbe, comunque, lesivo dei diritti politici dei consiglieri comunali, specie di minoranza, ai quali risulterebbe preclusa la possibilità di svolgere compiutamente il proprio mandato, mediante una congrua valutazione della correttezza e dell’efficacia dell’operato del consiglio e dei singoli componenti.
In realtà, deve ammettersi che, in sede di approvazione del verbale relativo alla seduta precedente, ciascun componente del collegio conserva il diritto di integrare il documento, chiedendo l’inserimento in esso delle rettifiche che ritenga opportune e facendo constare atti e dichiarazioni che, a suo avviso, non siano stati correttamente riportati nel testo dal funzionario verbalizzante.
Sicché, deve escludersi che il contestato diniego costituisca espressione di un’illegittima compressione dei diritti politici delle minoranze, in seno all’organo collegiale.
D’altra parte, della facoltà di modifica ed integrazione del verbale risulta che la ricorrente si è regolarmente avvalsa, con riferimento alla deliberazione n. 35 assunta dal Consiglio comunale in data 18.09.2000.
Senza contare che, in ultima analisi, resta sempre ferma la possibilità di sottoporre ad impugnativa di falso il verbale che, ad avviso di taluno dei componenti, non corrisponda esattamente al contenuto dell’adottato partito di deliberazione (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 09.05.2001 n. 4025 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVINon può essere accolta ogni iniziativa del privato diretta ad ottenere dall’Amministrazione mere notizie o dichiarazioni di scienza non ancora tradotte in appositi strumenti documentali.
Ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990 oggetto del diritto di eccesso sono i documenti amministrativi, in qualsiasi forma redatti, rappresentativi di atti formati dalle pubbliche amministrazione o dai soggetti a essa equiparati dal successivo art. 23 come modificato dall’art. 4 della legge 03.08.1999, n. 265.
Esula, pertanto, dalla disciplina dettata dal capo V della legge n. 241/1990 ogni iniziativa del privato diretta ad ottenere dall’Amministrazione mere notizie o dichiarazioni di scienza non ancora tradotte in appositi strumenti documentali (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 28.02.2001 n. 1606 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 19.03.2010

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QUESITI & PARERI

URBANISTICA: LOMBARDIA: legge per il governo del territorio - Art. 26, comma 3-ter, L.R. n. 12/2005.
La recente l.r. 05.02.2010 n. 7 con l’art. 21, comma 1, lett. b), ha introdotto il comma 3-ter all’art. 26 della l.r. n. 12/2005 il quale ha posto dei dubbi -alle amministrazioni comunali- in ordine alle "procedure in corso alla data del 31.03.2010" dei piani attuativi in variante al P.R.G..
In merito, si è avuto in data 16.03.2010 l'intervento chiarificatore dal parte dell'Ing. Mario Nova, Direttore della D.G. Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia, il quale è stato preceduto (in tempi non sospetti) da un autorevole commento di un noto legale milanese e, non appena di dominio pubblico, ha avuto una breve ed interessante replica dissimile nei contenuti interpretativi.

NEWS

AMBIENTE-ECOLOGIA: Più spazio al verde nelle città e nuovi compiti per i comuni.
Approvato dal Consiglio dei ministri del 12.03.2010, su proposta del Ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, uno schema di disegno di legge recante norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, che introduce disposizioni innovative in materia di promozione e divulgazione dei temi della tutela ambientale e del patrimonio arboreo e boschivo, recuperando e rilanciando la "Giornata nazionale degli alberi" da celebrare il 21 novembre di ogni anno, attraverso iniziative da realizzare nelle scuole, nelle università e negli istituti d'istruzione superiore.
A tal fine ogni anno la Giornata nazionale degli alberi sarà intitolata e dedicata ad un tema specifico di rilevante valore etico, culturale e sociale con l'obiettivo di stimolare l'interesse e la consapevolezza dei giovani sui temi dell'ambiente e dell'ecosistema, coinvolgimento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kioto e da politiche di riduzione delle emissioni, di prevenzione del dissesto idrogeologico e miglioramento della qualità dell'aria.
Il disegno di legge, inoltre, modifica la legge n. 113 del 1992, dando effettività all'obbligo imposto ai Comuni di porre a dimora un albero per ogni neonato residente. Il provvedimento sarà trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni per il parere di competenza (link a www.governo.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Oneri di urbanizzazione discendenti da contratti pubblici.
Un accordo transattivo relativo alla compensazione di oneri precedentemente versati connesso alla permuta di proprietà, al pari di una convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo pubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenta un istituto di complessa ricostruzione, e tuttavia la giurisprudenza è concorde nel ritenere che esso rappresenti l'incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile: tale assunto conserva validità anche nelle ipotesi in cui alcuni contenuti dell'accordo vengano proposti dall'amministrazione in termini non modificabili dal privato. Quest’ultima circostanza, neanche esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto.
Gli oneri di urbanizzazione stabiliti in via generale sono dovuti a prescindere dalla situazione urbanizzativa delle zone in cui ricadono i singoli interventi, adempiendo essi all’esigenza della partecipazione patrimoniale dei privati interessati al pregiudizio economico gravante sulla collettività comunale per effetto della trasformazione del territorio.
A nulla rilevano le pregresse vicende edilizie trattate in un accordo pubblico, se non relativamente al conguaglio in connessione alla mancata attuazione della concessione assentita per la sopravvenuta permuta, in quanto lo strumento transattivo ha previsto, per la rilascianda concessione, l’applicazione delle norme relative all’area urbanistica e, pertanto, non vi sono ragioni per introdurre un trattamento differenziato quanto ai relativi oneri.
Del resto, ai sensi dell'art. 7 della legge 24.12.1993, n. 537, questi oneri devono essere aggiornati ogni quinquennio dai comuni, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri dei prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale, con la conseguenza che, una volta intervenuta questa delibera comunale di determinazione, ogni concessione edilizia rilascianda può essere legittimamente assoggettata solo al pagamento degli oneri di urbanizzazione tabellari da questo provvedimento comunale previsti ed applicati in relazione alla localizzazione del manufatto (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.12.2009 n. 8757 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 15.03.2010

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GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U. 12.03.2010 n. 59 "Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue" (Legge 25.02.2010 n. 36).
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Scarichi irregolari, multe salate.
Arresto fino a due anni e ammenda da 3.000 a 30.000 euro per chi nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i limite previsti dalla legge o quelli più restrittivi fissati dalle regioni.

È quanto previsto dalla legge 25.02.2010 n. 36 «Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue» che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12.03.2010.
La legge, voluta dal ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e composta di un solo articolo, interviene a modificare l'articolo 137 del Codice ambientale (decreto legislativo 03.04.2006, n. 152).
Le disposizioni più restrittive previste dalla nuova legge entreranno in vigore decorso il periodo di vacatio legis e dunque dal prossimo 27 marzo (articolo ItaliaOggi del 13.03.2010, pag. 26).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Contributi in sede di gara. Nuove modalità di versamento in vigore dal 1° maggio 2010.
Le nuove modalità di versamento delle contribuzioni da parte delle stazioni appaltanti e degli operatori economici entreranno in vigore dal 1° maggio 2010. Le istruzioni operative saranno rese disponibili sul sito dell'Autorità a partire dal 1° aprile 2010, al fine di consentire ai soggetti interessati di adeguarsi per tempo alle stesse (deliberazione 15.02.2010 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Requisiti di ordine generale per l'affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 nonché per gli affidamenti di subappalti. Profili interpretativi ed applicativi (determinazione 12.01.2010 n. 1 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

UTILITA'

SICUREZZA LAVORO: Manuale Inail: il Medico Competente e gli Addetti ai Videoterminali.
L’INAIL ha reso disponibile l'edizione 2010 del manuale “Il Medico Competente e gli Addetti ai Videoterminali”.
L’aggiornamento si è reso necessario alla luce dell'emanazione delle nuove normative sulla prevenzione nei luoghi di lavoro (Testo unico della sicurezza -D.Lgs. 81/2008- e recenti aggiornamenti D.Lgs. 106/2009) che hanno introdotto alcune novità per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria ed il giudizio di idoneità nell’attività del medico competente.
Il manuale è dedicato sia agli addetti al videoterminale che al medico competente ... (link a www.acca.it).

VARI: La Nuova Guida al Conto Energia del GSE (Gestore dei Servizi Elettrici).
Il Gestore dei Servizi Energetici ha reso disponibile on line la quarta edizione della Guida al Conto Energia, aggiornata a marzo 2010.
La pubblicazione, curata dal GSE in collaborazione con l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, costituisce un utile supporto per tutti coloro che intendono realizzare un impianto fotovoltaico e richiedere al GSE i relativi incentivi ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Dalla protezione civile “Il Manuale di compilazione della scheda di rilevamento dei danni e dell’agibilità degli edifici.
Dopo una calamità naturale e, in particolare, dopo un terremoto, è necessario rilevare in modo omogeneo e veloce i danni e l’agibilità degli edifici, per distinguere le costruzioni agibili da quelle che devono essere interdette del tutto o in parte.
L'agibilità definisce il confine tra il rientro nella propria casa e l'attesa nei ricoveri provvisori; tra la permanenza delle funzioni dell'amministrazione, dei servizi, dell'economia e il rallentamento delle attività di un intero e complesso contesto sociale.
La valutazione dell’agibilità rappresenta anche un momento delicato di diagnosi dell'organismo strutturale, cui è affidata la tranquillità delle popolazioni residenti.
I ricercatori del Servizio sismico nazionale e del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti hanno condotto un lavoro di definizione della teoria e della pratica della esecuzione delle operazioni di valutazione dell'agibilità post sisma ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Linee guida: Modalità di indagine sulle strutture e sui terreni per i progetti di riparazione/miglioramento/ricostruzione di edifici inagibili.
Il Consorzio RELUIS ha reso disponibili le linee guida “Modalità di indagine sulle strutture e sui terreni per i progetti di riparazione/miglioramento/ricostruzione di edifici inagibili".
Il documento e gli schemi riportati nel documento (ancora in stato di bozza) intendono costituire un supporto al tecnico nella progettazione di un piano di indagini strutturali e geotecniche e nella successiva interpretazione dei risultati ... (link a www.acca.it).

CONDOMINIO: Amministratori di condominio: redazione del DVR e del DUVRI.
La Direzione Prevenzione della Regione Veneto, in risposta ad alcuni quesiti, fornisce chiarimenti in merito:
1. alla necessità o meno da parte dell'amministratore di condominio di procedere alla valutazione dei rischi all'interno dei condomini (con e senza dipendenti);
2. all'esistenza dell’obbligo di redigere il DUVRI nei condomini (con e senza dipendenti).
Secondo la regione gli amministratori di condomini che non sono datori di lavoro nei termini del D.Lgs. 09.04.2008, n. 81 non sono tenuti ad elaborare né il DVR né il DUVRI ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: IL VETRO PER L’EFFICIENZA ENERGETICA DELL’EDILIZIA: LINEE GUIDA PER L’ADEGUAMENTO DEI REGOLAMENTI EDILIZI COMUNALI.
Determinante il dialogo tra Comuni e mondo produttivo per la realizzazione di un’edilizia sostenibile ed energeticamente efficiente
Il 20 gennaio, presso il Circolo della Stampa di Milano, si è tenuta la presentazione ufficiale delle “Linee Guida per l’introduzione nei Regolamenti edilizi comunali di elementi per la piena attuazione della normativa vigente e delle misure finalizzate a promuovere l’efficienza energetica degli edifici mediante l’utilizzo dei prodotti vetrari (vetri piani per serramenti, lane di vetro per isolamento termico delle superfici opache)” ... (link a www.ea.ancitel.it).

QUESITI & PARERI

COMPETENZE GESTIONALI: Attribuzione responsabilità di servizio all’amministratore.
Il sindaco del Comune di (omissis) chiede parere sulla possibilità di attribuire la responsabilità di servizio per l’area tecnica al sindaco di un comune con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (Regione Piemonte, parere n. 159/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Applicazione oneri di urbanizzazione e relativi costi da parte di una Parrocchia per un permesso di costruire.
È posto il quesito se sia dovuto il contributo di costruzione (Oneri di urbanizzazione e Costo di Costruzione) da parte di una Parrocchia che ha presentato ad un Comune richiesta di permesso di costruire per lavori di ristrutturazione edilizia della casa parrocchiale, per ricavare al secondo piano della stessa cinque locali da destinare ad uso foresteria, attualmente identificati come locali di sgombero (Regione Piemonte, parere n. 153/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Possibilità di ricorrere alla relazione paesaggistica semplificata. Caso di specie.
Viene richiesto parere al Servizio scrivente in ordine alla possibilità di ricorrere alla relazione paesaggistica semplificata, prevista per determinate tipologie di intervento tra le quali anche quelle oggetto di subdelega ai Comuni ai sensi dell’art. 13 della L.R. 20/1989, a seguito dell’abrogazione di tale norma ad opera della L.R. n. 32 dell'01.12.2008 (Regione Piemonte, parere n. 150/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Integrazione fondo 2009 con risorse integrative. Ammissibilità su richiesta sindacale.
Il Comune di (omissis) premette che nella trattativa decentrata per l’anno 2009 la Parte Sindacale -R.S.U. ed Organizzazioni Provinciali- chiede l'integrazione del Fondo 2009 con risorse integrative -a discrezione dell'Ente- per l'inverno 2008/2009 a titolo di una sorta di "indennità neve" e di “indennità chiamata” a favore dei dipendenti del servizio tecnico-manutentivo.
Il Comune rivolge un parere sull’ammissibilità di tale richiesta sindacale ed, inoltre, chiede se la corresponsione dell’indennità di rischio sia rapportata all’effettiva presenza in servizio del dipendente (Regione Piemonte, parere n. 148/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Procedura amministrativa per installazione impianti fotovoltaici.
Il quesito posto attiene alla procedura amministrativa da seguire per l’installazione di impianti fotovoltaici.
Il quesito posto allo scrivente Servizio regionale di consulenza agli enti locali riguarda l’iter procedimentale necessario al fine di ottenere l’autorizzazione all’installazione di impianti fotovoltaici.
Vengono, in particolare, citate alcune normative di riferimento e viene richiesto un chiarimento specifico sulla competenza al rilascio della predetta autorizzazione (Regione Piemonte, parere n. 143/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, IL SISTRI, SISTEMA INFORMATICO DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIUTI: UNA PRIMA RICOSTRUZIONE (parte terza) (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, IL SISTRI, SISTEMA INFORMATICO DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIUTI: UNA PRIMA RICOSTRUZIONE (seconda parte) (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, Nulla-osta nelle aree naturali protette e formazione del silenzio-assenso (link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: A. Barbiero, Partecipate di terzo livello: insuperabile la costituzione di società mista non conforme ai principi comunitari del PPPI (link a www.albertobarbiero.net).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Villani e S. Attolini, La TARSU non esiste più dall'01.01.2010 (link a www.altalex.com).

ENTI LOCALI: G. Salvadori, Videosorveglianza e sicurezza urbana: uno sguardo d’insieme (link a www.altalex.com).

APPALTI: La capacità economica e finanziaria negli appalti pubblici di servizi: profili interpretativi (link a www.mediagraphic.it).

NEWS

ENTI LOCALI: Ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali: tasso 01.01.2010-30.06.2010.
Il saggio d'interesse per ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali per il semestre 1° gennaio-30.06.2010 è determinato all'8,0% (Ministero Economia e finanze, comunicato 18.02.2010 - link a www.altalex.com).

CONSIGLIERI COMUNALI: OSSERVATORIO VIMINALE / Meno vincoli sui consiglieri. L'attività di studio non può essere equiparata alla delega di competenze. Niente astensione per gli incarichi istruttori.
Un consigliere comunale cui sia stato attribuito dal sindaco un incarico istruttorio in materia di urbanistica ed energie rinnovabili ha il dovere di astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio del comune in cui esercita il proprio mandato?
Benché i destinatari del divieto siano solo «i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici», non può ritenersi astrattamente precluso il ricorso all'analogia per ampliarne la portata in quanto la norma in questione non prevede una causa ostativa all' espletamento del mandato e pertanto non può considerarsi di stretta interpretazione.
Ciò premesso, si ritiene che l'applicabilità o meno della citata norma al caso in questione dipende dalla natura dell'incarico affidato al suddetto consigliere. L'art. 6 del dlgs n. 267/2000 consente agli statuti comunali di specificare le attribuzioni degli organi in armonia, ovviamente, con quanto previsto dalla legge statale.
In base all'art. 25 dello statuto comunale, dell'ente in questione le cui disposizioni appaiono in linea con la disciplina primaria in materia, «il sindaco può attribuire ad assessori e consiglieri incarico di svolgere attività di istruzione e studio di determinati problemi e progetti o di curare determinate questioni dell'amministrazione», fermo restando che «tali incarichi non costituiscono delega di competenze e non abilitano allo svolgimento di un procedimento amministrativo che si concluda con un atto amministrativo ad efficacia esterna».
Il provvedimento sindacale in questione precisa, in effetti, che l'incarico attribuito al consigliere «non costituisce delega di competenza», e che si tratta di un incarico meramente «istruttorio», ma non risulta circoscritto, come prescritto dalla citata norma statutaria, a «determinati problemi e progetti» ovvero a «determinate questioni dell'amministrazione», bensì è esteso a intere materie, tra le quali l'urbanistica.
È necessario precisare, pertanto, che l'incarico in questione può ritenersi conforme alla disciplina statale e statutaria in materia solo qualora le funzioni svolte dagli amministratori medesimi, nel loro concreto atteggiarsi, non comprendano anche l'assunzione di atti a rilevanza esterna, ovvero l'adozione di atti di gestione spettanti agli organi burocratici.
La giurisprudenza in materia ha ritenuto, infatti, che in tali ultimi casi e, comunque, quando l'incarico conferito afferisce a compiti riguardanti interi settori dell'amministrazione comunale (e non a determinati problemi o progetti come correttamente prescritto dallo statuto), si verrebbe ad aumentare in modo surrettizio il numero degli assessori e ad attuare una incongrua commistione tra le funzioni di controllo, proprie del consiglio, e quelle esecutive demandate alla giunta.
Se, dunque, le funzioni svolte dal consigliere in questione sono riconducibili agli ambiti circoscritti sopra delineati, al medesimo, non esercitando, nemmeno di fatto, attribuzioni proprie degli assessori all'urbanistica, edilizia e lavori pubblici, non è possibile estendere l'applicabilità di cui all'art. 78 del dlgs n. 267/2000, venendo a mancare il presupposto dell'«eadem ratio» necessario per il ricorso all'analogia (articolo ItaliaOggi del 12.03.2010, pag. 36).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Gli enti possono assumere l'8% di dirigenti a termine.
La percentuale dei dirigenti che gli enti locali possono assumere con contratto a tempo determinato, a seguito dell'entrata in vigore del dlgs 150/2009, è dell'8%.
Il nuovo testo dell'articolo 19 del dlgs 165/2001, al comma 6-ter, estende agli enti locali l'applicazione del precedente comma 6, che consente alle amministrazioni statali di coprire con contratti a tempo determinato il 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia; tale percentuale scende all'8% per i dirigenti di seconda fascia.
Negli enti locali si pone il problema di quale percentuale prendere in considerazione. Piuttosto diffusa è l'interpretazione estensiva secondo la quale, in assenza di una distinzione tra dirigenti in fasce, occorrerebbe sommare le due percentuali; sicché negli enti locali sarebbe del 18%.
L'assunto, tuttavia, non è condivisibile. Nello stato il conto del personale riferito al 2008 ha censito 317 dirigenti di prima fascia e 2.850 dirigenti di seconda fascia. Complessivamente, dunque, nello stato, a dotazioni invariate, potrebbero essere assunti a contratto 32 dirigenti di prima fascia e 228 dirigenti di seconda fascia.
Sommando i due risultati, su un totale di 3.167 dirigenti (tra prima e seconda fascia) potrebbero essere reclutati a tempo determinato 260 dirigenti, pari all'8,21% complessivamente. Si dimostra, dunque, che la somma delle due percentuali risulterebbe una falsa applicazione della norma ed una soluzione illegittima. Infatti, L'incidenza della percentuale di assunzione di dirigenti di prima fascia è bassissima, dato il numero estremamente contenuto di tali dirigenti.
La soluzione, allora, è automatica: alla dirigenza locale non può che applicarsi la percentuale dell'8% prevista dal primo periodo dell'articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001, riguardante la dirigenza di seconda fascia. Al limite potrebbe considerarsi opportuno l'arrotondamento ed ammettere per gli enti locali una percentuale di incarichi a soggetti non appartenenti ai ruoli del 10%. Occorrerebbe, tuttavia, una disposizione normativa chiara in materia (articolo ItaliaOggi del 12.03.2010, pag. 31).

PUBBLICO IMPIEGO: Visite fiscali dal volto umano.
Il lavoratore a casa in malattia è assente giustificato se alla visita fiscale non viene trovato a casa perché è andato a trovare la mamma malata.
La legittimità dell'assenza, dice la Cassazione, deriva dalla «esigenza di solidarietà e di vicinanza familiare senz'altro meritevole di tutela nell'ambito dei rapporti etico sociali garantiti dalla Costituzione». In questo modo, la sezione lavoro ha respinto il ricorso dell'Inps che non voleva riconoscere l'indennità di malattia a un lavoratore fiorentino, Luca G., non trovato a casa dal medico fiscale nella fascia oraria prevista per le visite.
L'assenza da casa, nonostante la malattia, era dovuta al fatto che Luca G. si era recato a fare visita alla mamma ricoverata in un centro specialistico di riabilitazione a seguito di un intervento cardiochirurgico. Intrappolato nel traffico, era rincasato non in tempo per la visita fiscale. Da qui il rifiuto dell'Inps di riconoscerli l'indennità di malattia pari a dieci giorni.
A Luca G. già la Corte d'appello di Firenze, nel giugno 2006, aveva dato ragione. Inutile il ricorso della previdenza in Cassazione, volto a dimostrare che la legittimità dell'assenza non può essere giustificata da un discorso di «utilità morale».
Piazza Cavour, nella sentenza 5718, ha respinto il ricorso dell'Inps e ha evidenziato che «la situazione addotta dal lavoratore e accertata dal giudice configura un'esigenza di solidarietà e di vicinanza familiare senz'altro meritevole di tutela nell'ambito dei rapporti etico sociali garantiti dalla Costituzione».
Insomma, il lavoratore non ha fatto altro che recarsi dalla madre malata per darle un «sostegno morale e di vicinanza» tale da giustificare la sua assenza alla visita fiscale (articolo ItaliaOggi dell'11.03.2010, pag. 28).

EDILIZIA PRIVATA: Iva agevolata in edilizia: breve excursus fra norme e prassi.
La Finanziaria 2010 ha stabilizzato l'aliquota ridotta per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per poter compiutamente esporre le condizioni che regolano l’applicabilità dell’aliquota ridotta nella cessione di beni in edilizia, è di fondamentale importanza definire il concetto di beni finiti e quello di materie prime o semilavorati ... (link a www.nuovofiscooggi.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Servizi di depurazione, individuati i parametri per restituire agli utenti la tariffa non dovuta (Guida agli Enti Locali n. 10/2010 - link a www.ascolod.it):
- Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 30.09.2009;
- Il rimborso scatta con una richiesta documentata.

ENTI LOCALILe conseguenze per chi è fuori dal patto. Il blocco assunzioni è "totale" (articolo Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Sotto esame 170mila part-time. Possibile rivedere entro 6 mesi le riduzioni d'orario concesse sino al 2008 (articolo Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Stretta sui permessi agli statali. Troppe assenze nel pubblico impiego: subito le nuore regole sull'handicap (articolo Il Sole 24 Ore dell'08.03.2010 - link a www.corteconti.it).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGO: In tema di responsabilità di dipendenti comunali per omesso versamento delle contribuzioni CPDEL e il conseguente danno erariale per interessi legali a causa della regolarizzazione del debito attraverso l'adesione al condono (Corte dei Conti, Sez. giurdiz. Lazio, sentenza 15.01.2010 n. 41 - link a http://bddweb.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Brignano Gera D'Adda (BG) sulla facoltà di ricorrere ad una professionalità esterna per la copertura del posto di responsabile di ufficio.
Per poter ricorrere ad una professionalità esterna per la copertura del posto di responsabile dell'Ufficio è presupposto essenziale di legittimità che il Comune abbia verificato l'assenza di professionalità analoga al suo interno (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 14.01.2010 n. 57 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Busto Garolfo (MI) sull’assunzione dell'onere relativo all'assistenza legale del dipendente da parte dell'Ente locale.
L'assunzione dell'onere relativo all'assistenza legale del dipendente da parte dell'Ente locale non è automatica, ma è conseguenza di rigorose valutazioni che l'Ente è tenuto a fare, anche ai fini di una trasparente, efficace ed efficiente amministrazione delle risorse economiche pubbliche.
In particolare occorre che il procedimento con una sentenza definitiva di assoluzione, con cui si sia stabilita l'insussistenza dell'elemento psicologico del dolo o della colpa grave. Quest'ultima condizione non può ritenersi ricorrente allorché il giudice penale non abbia concluso con formula liberatoria ma abbia soltanto dato atto, nella propria decisione, del venir meno dell'interesse a perseguire il reato contestato a causa del decorso del tempo, constatando la preclusione all'accertamento nel merito a causa, appunto, dell'intervenuta prescrizione.
In ogni caso l'Amministrazione non può procedere al pagamento di spese legali laddove sia affermata la penale responsabilità dell'imputato (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 14.01.2010 n. 56 - link a www.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: In tema di responsabilità del segretario generale e del responsabile del settore affari del personale di un ente locale per danno erariale derivante dall’illegittimo affidamento di incarichi in assenza dei requisiti di legge - art. 28 D.Lo 30.03.2001 n. 165 (nella fattispecie la Sezione ha riconosciuto la responsabilità dei convenuti per aver affidato incarichi dirigenziali a personale interno privo del requisito del diploma di laurea) (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Sardegna, sentenza 14.12.2009 n. 1246 - link a http://bddweb.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: La consulenza che aggira professionalità interne danneggia l’erario anche se è utile alla Pa.
Affidamento di incarichi consulenziali da parte della Pa - Violazione dei limiti di cui all’articolo 7 del Dlgs. 165/2001 e all’articolo 110, comma 6, Dlgs. 267/2000 - Inesistenza del presupposto della mancanza di professionalità interne alla Pa - Responsabilità erariale - Sussiste.
Responsabilità erariale connessa a una consulenza affidata in violazione dei limiti di legge - Consulenza effettivamente espletata e dotata di utilità per la Pa - Integrazione del danno erariale - Non è da escludere - Un professionista interno alla Pa non avrebbe percepito compensi aggiuntivi.

La Corte dei Conti, torna a intervenire in tema di responsabilità erariale conseguente all’affidamento di incarichi di consulenza in assenza dei presupposti previsti dalla normativa.
Il caso esaminato riguarda l’affidamento da parte di un dirigente di un ufficio speciale del Comune di Roma di due incarichi di consulenza per la prestazione di pareri in ambito normativo affidati, per supposta carenza di professionalità interne al Comune, a un professore universitario. La Corte dei Conti ribadisce due importanti capisaldi della sua giurisprudenza in proposito:
- gli incarichi di consulenza devono essere prestati nel rispetto dei presupposti di cui al Tu del Pubblico impiego e del Tuel - tra cui spicca la necessità che non sussistano adeguate professionalità interne alla Pa;
- il danno erariale sussiste anche ove la consulenza sia prestata con utilità per la Pa; anche in tal caso, infatti, si verifica un esborso di denaro pubblico che può essere evitato attraverso l’utilizzo di professionalità di personale interno alla PA medesima  (Guida agli Enti Locali n. 10/2010 - Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Lazio, sentenza 06.10.2009 n. 1868 - link a www.ascolod.it).
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Necessario verificare le competenze disponibili (Guida agli Enti Locali n. 10/2010 - link a www.ascolod.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Installazione degli impianti per l’esercizio della radiodiffusione sonora o televisiva - Attività edilizia di costruzione degli impianti - Concessione alla radiodiffusione - Titolo necessario di legittimazione all’istanza edilizia.
L’art. 16 della legge 06.08.1990, n. 223 assoggetta a regime concessorio tanto l’esercizio della radiodiffusione sonora o televisiva quanto l'installazione dei relativi impianti.
Nel settore della radiodiffusione, il regime pubblicistico di concessione appare un ragionevole strumento utilizzato dal legislatore al fine di regolamentare lo sviluppo ed esercizio del servizio e dell’attività stessa. Tale ratio, sottesa alla norma, e al più generale impianto della legge, postula che l’attività edilizia di costruzione degli impianti non possa essere considerata funzionalmente autonoma ma accessoria all’attività di radiodiffusione (cfr. art. 25 D.Lgs. 259/2003).
Deve pertanto evincersi che l’art. 4 della stessa legge n. 223/1990, nel richiamare espressamente l’art. 16, pone la concessione alla radiodiffusione quale necessario titolo di legittimazione all’istanza edilizia (Cass. Pen., III, 06.11.2007, n. 172) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.03.2010 n. 1387 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia.
Tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, anche se soggetti alla cosiddetta D.I.A. semplice, ai sensi dell’art. 22, primo e secondo comma. del DPR n. 380/2001, in quanto non portano alla realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, secondo la previsione di cui all’art. 10, comma primo, lett. e), non possono essere eseguiti su immobili originariamente abusivi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2010 n. 8739 - link a www.lexambiente.it).

PUBBLICO IMPIEGO: È fatto divieto di assunzione in forme diverse da quelle del pubblico concorso, con conseguente nullità degli atti adottati in senso contrario.
La ricorrente, chiede, nella pronuncia in commento, il pagamento delle differenze retributive e degli oneri accessori che sarebbero ad essa dovuti, sul presupposto del riconoscimento del rapporto di pubblico impiego svolto alle dipendenze del comune in causa nel periodo 1973/1980.
L’asserita costituzione di un rapporto di pubblico impiego sarebbe avvenuta in forme diverse da quelle previste dalla legge, e quindi, in violazione del divieto di cui all'art. 5, co. 18 del d.l. 10.11.1978 n. 702, convertito nella legge 08.01.1979 n. 3, che commina la nullità, di diritto, di tali assunzioni.
Al riguardo, i giudici del Consiglio di Stato segnalano che la giurisprudenza risulta consolidata nel senso del divieto di assunzione in forme diverse da quelle del pubblico concorso, con conseguente nullità degli atti adottati in senso contrario (Ad. Pl. n. 1, n. 6 del 1992, C.S. n. 2389/2003, n. 4892/2003, n. 6749/2003).
Nella fattispecie, peraltro, viene invocato il diverso orientamento che ammette che un rapporto di impiego, pur se nullo per contrasto con il richiamato divieto, assumerebbe rilievo, ai sensi dell’art. 2126 c.c., ai soli fini della retribuzione della qualifica rivestita in via di fatto e del relativo trattamento previdenziale. Tale orientamento, presuppone, tuttavia, che il rapporto di lavoro, costituito senza le prescritte modalità, presenti i profili dell’impiego pubblico, che la giurisprudenza ha analiticamente individuato nell'inserimento stabile nella struttura dell'ente, nell'esclusività della prestazione, nella retribuzione prestabilita, nel godimento di ferie, ecc..
Nella fattispecie, risulta dalle delibere di incarico in favore dell’appellante che il servizio di pulizia delle varie scuole comunali era stato affidato a varie ditte, tra cui quella intestata alla ricorrente, con un contratto di appalto dal quale risulta che il lavoro di pulizia doveva svolgersi in piena autonomia e senza vincolo di orario e di esclusività. Pertanto, i criteri sopra enunciati, volti a configurare la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, sostenuti, nel gravame dalla parte appellante, risultano, nella fattispecie, essere meramente enunciati e non provati.
Sotto altro profilo, va anche ricordato l'ulteriore orientamento della giurisprudenza, assolutamente prevalente, secondo cui l'atto con cui l'amministrazione definisce la posizione di lavoro con un privato deve essere impugnato tempestivamente, se ritenuto lesivo, atteso che l'omessa impugnazione determina acquiescenza, con la conseguenza che il rapporto resta inoppugnabilmente regolato dall'atto medesimo (da ultimo, C.S. n. 1368/2003, n. 3375/2003, n. 5971/2002, n. 1894/2001) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2010 n. 1259 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Abbandono fuori dei contenitori per la raccolta.
E’ vietato l’abbandono dei rifiuti fuori dagli appositi contenitori e vi è l’onere, per le imprese addette alla raccolta dei rifiuti, di controllare la corretta attività di smaltimento rivolgendosi ad altro luogo di conferimento nel caso in cui siano saturi i contenitori ai quali vengano destinati i rifiuti (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.03.2010 n. 8275 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria. Articolo 674 cp..
L’art. 674 c.p. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta, consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una specie del più ampio genere costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone.
La previsione della condotta di provocare emissioni ha, in sostanza, il solo fine di specificare che, quando si tratta di attività disciplinata dalla legge, la rilevanza penale delle emissioni è subordinata al superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore. Ove tali limiti e prescrizioni di settore non vi siano, come nel caso in esame, l’emissione va considerata idonea ad offendere o a molestare le persone anche sulla base del mero dato olfattivo, come del resto riconosciuto anche a livello europeo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.03.2010 n. 8273 - link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sono a carico del comune le spese processuali di un giudizio che non sarebbe iniziato se l'amministrazione avesse fin dall'inizio interpretato correttamente una disposizione normativa.
Le spese di giudizio debbono essere poste a carico del Comune di Borgomanero il quale, in un primo momento, con il provvedimento impugnato, aveva dato alla disposizione di cui all’art. 1 della legge n. 108/1999 una lettura errata, ritenendo che essa non si applicasse agli esercenti che operano presso grandi struttura di vendita (lettura poi correttamente rivista con il provvedimento da ultimo emanato), costringendo in tal modo l’interessata alla proposizione del ricorso in esame (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 03.03.2010 n. 515 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente dalla gara disposta sulla base della violazione dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto in tempo utile la documentazione richiesta ai fini dell'ammissione alla procedura.
E' legittima l'esclusione di un concorrente dalla gara a procedura aperta per la copertura assicurativa triennale delle polizze infortuni degli amministratori e dipendenti della polizia stradale, disposta sulla base della violazione dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto in tempo utile la documentazione richiesta ai fini dell'ammissione alla procedura, in quanto nel caso di specie, la stazione appaltante aveva concesso al ricorrente un termine superiore a quello minimo previsto dall'art. 48 c. 1 D.Lgs. n. 163/2006 per la produzione documentale.
Inoltre, la giurisprudenza maggioritaria riconosce natura perentoria al predetto termine ricollegando al suo decorso le conseguenze previste dalla norma citata, perciò, è onere del concorrente produrre la documentazione atta a comprovare il possesso dei requisiti autocertificati, non dovendo la stessa essere acquisita d'ufficio dalla stazione appaltante. Il concorrente doveva, quindi, attivarsi per tempo, onde ottenere i documenti necessari, che infatti vanno espressamente indicati nel bando di gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2010 n. 514 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICALe norme degli strumenti di piano che individuano delle altezze convenzionali hanno la finalità di impedire che colui il quale costruisce realizzi un edificio con un’altezza interpiano molto ridotta riuscendo in questo modo ad insediare più unità immobiliari con lo stesso indice di fabbricabilità.
E’ accaduto che la controinteressata Corte Maria Luisa srl., nel costruire il supermercato, ha realizzato il manufatto con un’altezza effettiva di m. 7.60, ma lo ha computato come se lo stesso fosse stato alto soli m. 3.00, utilizzando per l’appunto il criterio di lettura dell’art. 5.10 delle n.t.a..
Per effetto di questa fictio iuris, un edificio della volumetria totale effettiva di 9.607,00 mc., che non rispetterebbe l’indice di fabbricabilità di 1.20 mc/mq, può essere dichiarato della consistenza volumetria di soli mc. 3977,00.
La ricorrente sostiene, però, che questo criterio di calcolo puramente convenzionale non sarebbe applicabile ai casi in cui l’indice di fabbricabilità è espresso in mc./mq.. E questa prospettiva deve essere accolta, pur se soltanto nei limiti che saranno specificati di seguito.
La questione dell’interpretazione da dare alle norme talora inserite dai Comune negli strumenti urbanistici che prevedono altezze convenzionali per il calcolo della volumetria è stata affrontata di recente in modo molto approfondito dalla pronuncia del Tar Lombardia, Milano, sez. II, 6188/2008.
E’ opportuno riportare in modo esteso i passaggi principali della motivazione della sentenza 6188/2008, che –depurata dalle particolarità della fattispecie affrontata in quella sede sull’art. 41-quinquies l. urbanistica e sulla disapplicazione delle norme di piano- sarà decisiva per risolvere anche la questione sottoposta all’attenzione del Tribunale in questo giudizio.
Secondo il Tar Lombardia, Milano, infatti, “la volumetria edificabile è un dato che ha a che fare non solo col peso insediativo (cioè con il carico urbanistico indotto da un nuovo insediamento), ma anche con la morfologia del territorio, e con l’ingombro fisico ritenuto compatibile con la fisionomia e l’assetto di una determinata zona. Se è vero che il calcolo della volumetria può essere orientato da criteri regolamentari volti a stabilire quali spazi non siano computabili (spazi accessori non abitabili, volumi tecnici, vani di servizio, ecc.), il volume virtuale non può essere sganciato da quello fisico fino al punto da alterare sensibilmente il dato reale. Ove le singole Amministrazioni fossero libere di fissare per il computo del volume criteri del tutto avulsi da una base reale, la norma primaria (art. 41-quinquies, sesto comma, legge n. 1150 del 1942), e il decreto ministeriale applicativo (art. 7 d.m. 02.04.1968 n. 1444), che pongono limiti di densità edilizia valevoli su tutto il territorio nazionale senza stabilire criteri uniformi per il calcolo della volumetria, verrebbero diversamente applicati e sostanzialmente vanificati. Ora, l’art. 41-quinquies della legge 17.08.1942 n. 1150 (aggiunto dall’art. 17 legge 06.08.1967 n. 765) dispone che nei comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa. L’art. 19 n.t.a., laddove prevede, nelle zone B1, l’edificabilità a concessione edilizia semplice secondo un indice massimo pari a 3 mc/mq., è in linea con la norma primaria.
Sennonché, l’art. 11 del Regolamento edilizio del 1999, riducendo ulteriormente l’altezza “virtuale” già fissata in m. 3,30 dall’art. 6.10 delle n.t.a., stabilisce che “il volume delle costruzioni è da ricavarsi convenzionalmente moltiplicando la superficie lorda complessiva di pavimento (S.l.p.) dei singoli piani per l’altezza virtuale dell’interpiano di m. 3,00 indipendentemente dalla sua altezza effettiva”. Ora, qualunque sia la ratio della norma (computare a tre metri anche altezze inferiori; utilizzare un criterio uniforme di calcolo indipendentemente dalle differenze di altezza dei singoli piani interni allo stesso edificio; ecc.), essa non può essere intesa nel senso di autorizzare la progettazione e la realizzazione di edifici pluripiano come se le altezze interpiano, qualunque sia la loro estensione, fossero pari a tre metri.
L’applicazione indiscriminata del criterio virtuale finirebbe per alterare la regola posta dalla norma primaria fino al punto di ammettere volumetrie del tutto avulse dalla realtà: come avviene nel caso di specie, in cui l’altezza effettiva interpiano (m. 4,85), di gran lunga superiore a quella virtuale (m. 3,00), tende a sfruttare attraverso l’uso di soppalchi spazi interni artificiosamente dilatati in altezza. Intesa altrimenti, la norma finirebbe per aggirare lo stesso limite volumetrico (conforme alla norma primaria) dettato in sede di pianificazione, autorizzando la realizzazione con concessione semplice di volumetrie che richiederebbero (in base alla medesima norma primaria) la redazione di un piano attuativo e -verosimilmente- il potenziamento delle opere di urbanizzazione, la cui verifica è invece da escludersi laddove l’edificazione, mantenendosi nel limite di 3 mc./mq., sia consentita con semplice concessione (ora permesso di costruire).
Così interpretata, ed escluso che essa possa “interpolare” l’art. 19. n.t.a. al fine di rendere assentibili interventi come quello in contestazione, la norma regolamentare -peraltro suscettibile di disapplicazione in caso di contrasto con fonti normative superiori: cfr. Cons. Stato V 04.02.2004 n. 367, 10.01.2003 n. 35- si sottrae a censure di illegittimità. Lo stesso dicasi dell’art. 19 n.t.a., che rettamente inteso non si espone né a disapplicazione (peraltro consentita dalla sua natura normativa: cfr. TAR Brescia 04.11.2003 n. 1344), né ad annullamento (chiesto in ricorso, ancorché in via subordinata)”.

Pertanto, per effetto del ragionamento proposto dal Tar Milano, cui in questa pronuncia si presta adesione, alle norme degli strumenti di piano che individuano delle altezze convenzionali, per le quali deve essere moltiplicata la s.l.p. per ottenere la volumetria, non può essere data l’interpretazione che consente di dilatare artificiosamente i termini della costruzione per aggirare il vincolo volumetrico previsto dalle stesse norme di piano (come realizzare un fabbricato alto m. 7.60 e considerarlo per fictio iuris alto m. 3).
Le norme degli strumenti di piano che individuano delle altezze convenzionali hanno, invece, un’altra finalità. Come notato dal Tar Milano, tali norme hanno la finalità -esattamente opposta a quella per cui è stata utilizzata nel caso in esame- di impedire che colui il quale costruisce realizzi un edificio con un’altezza interpiano molto ridotta riuscendo in questo modo ad insediare più unità immobiliari con lo stesso indice di fabbricabilità.
Per spiegarsi con un esempio: se in un lotto di 1.000 mq. è ammesso un indice di fabbricabilità di 3 mc./mq., in esso potranno essere realizzati 3.000 mc.; ammettendo per pura semplicità di calcolo che tutte le unità abitative da realizzare siano identiche e misurino 100 mq. l’una per un’altezza di 3 m., ne conseguirebbe che in quel lotto potrebbero essere edificate 10 unità abitative. Se, però, il costruttore decide di edificare quelle stesse abitazioni di 100 mq. con un’altezza interpiano di m. 2.70, a quel punto la volumetria sfruttata per quelle dieci unità abitative sarebbe pari a mc. 2.700, e residuerebbe volumetria edificabile per 300 mc. con cui potrebbe essere realizzata un’ulteriore unità abitativa.
Per evitare situazioni di questo tipo, e cioè per evitare di lasciare al costruttore la possibilità di agire sul requisito dell’altezza interpiano per aumentare il carico insediativo rispetto a quello previsto in sede di pianificazione –in cui il progettista del piano dimensiona a priori i bisogni ed, in base ad essi, dimensiona gli indici di fabbricabilità e gli standard– talora gli strumenti urbanistici prevedono un’altezza convenzionale di 3 m. che prescinde dall’effettiva altezza interpiano. Si ottiene in questo modo, infatti, un parametro costante da applicare in modo omogeneo in tutto il territorio comunale, che consente di impedire di sfruttare l’altezza interpiano per eludere i carichi insediativi decisi in sede di pianificazione.
L’opposta interpretazione che consente di realizzare liberamente –ed in via del tutto generale- edifici con un’altezza interpiano di m. 7.60 calcolando la volumetria come se fosse stato realizzato un edificio alto m. 3 (e che in questo modo affida al solo parametro dell’altezza massima di zona il limite massimo di ampliamento indiscriminato dei carichi urbanistici sul territorio), deve pertanto essere disattesa (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 871 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALISe la variante semplificata (L.R. Lombardia 23/1997) ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l’inserimento o lo spostamento di un’opera pubblica all’interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati.
Pertanto, è legittima la variante predisposta da un tecnico comunale geometra (e non laureato).

Il Comune di Bassano Bresciano con deliberazione consiliare n. 47 del 12.11.1998 ha adottato una variante semplificata al PRG ex art. 3 della LR 23.06.1997 n. 23 avente ad oggetto il completamento di ambiti territoriali rientranti nelle zone C e D, la localizzazione di un’opera pubblica comunale e l’adeguamento di alcune previsioni di localizzazione del PRG. Il progetto della variante era stato predisposto dal tecnico comunale, funzionario in possesso del titolo di studio di geometra.
Contro la suddetta deliberazione hanno proposto ricorso l’Ordine degli architetti di Brescia e l’Ordine degli ingegneri di Brescia con atto notificato il 29.01.1999 e depositato l’11.02.1999.
Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti:
(a) violazione dell’art. 16 del RD 11.02.1929 n. 274 (regolamento della professione di geometra), in quanto la progettazione urbanistica sarebbe estranea alle competenze professionali dei geometri;
(b) violazione degli art. 8 e 41-bis della legge 17.08.1942 n. 1150, in quanto la predisposizione degli strumenti urbanistici costituirebbe una funzione esclusiva dei professionisti abilitati e non potrebbe essere svolta da pubblici dipendenti.
In proposito si osserva tuttavia che non sono stati proposti argomenti idonei a far ipotizzare un sicuro accoglimento del ricorso. Più in dettaglio si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) La competenza professionale dei geometri ex art. 16 del RD 274/1929 non comprende la progettazione urbanistica, ma d’altra parte neppure gli art. 51 e 52 del RD 23.10.1925 n. 2537 (regolamento delle professioni di ingegnere e architetto) trattano espressamente la materia.
Il problema della progettazione urbanistica si è posto con l’introduzione del piano regolatore generale (art. 7 della legge 1150/1942), che al proprio interno prevede sia la zonizzazione del territorio sia la localizzazione di opere pubbliche.
La redazione di uno strumento di programmazione generale è un’attività complessa collegabile al grado di preparazione di ingegneri e architetti (e urbanisti), come confermato dall’art. 5, comma 1, lett. c), della legge 02.03.1949 n. 143 (tariffa professionale di ingegneri e architetti).
Nel caso di varianti semplificate è però necessario distinguere a seconda del contenuto.
In particolare se la variante semplificata ha finalità solo localizzative (ossia riguarda l’inserimento o lo spostamento di un’opera pubblica all’interno di un quadro urbanistico già definito) la complessità delle valutazioni tecniche è molto minore e non giustifica la riserva a favore dei professionisti laureati (fermo restando che il progetto dei lavori dovrà comunque essere firmato da un tecnico abilitato per quel tipo di opera).
Parimenti non sembra sufficiente per escludere la competenza dei geometri il fatto che alla localizzazione si accompagnino variazioni marginali alla zonizzazione.
(b) Dagli art. 8 e 41-bis della legge 1150/1942 non può desumersi una riserva di attività a favore dei tecnici libero-professionisti.
Il potere organizzativo dei comuni consente agli stessi di dotarsi delle necessarie professionalità tecniche per internalizzare anche la progettazione urbanistica, a maggior ragione nel caso di varianti semplificate (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 864 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANel caso di presentazione di una D.I.A. anche dopo il decorso del termine di 30 giorni l'Amministrazione non perde i suoi poteri di autotutela sia come potere di vigilanza e sanzionatorio, sia come potere di annullamento d'ufficio in tutti i casi di accertamento della mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti al cui possesso l'ordinamento di settore subordina l'espletamento dell'attività medesima.
Anche dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto dall'art. 23 TU 06.06.2001 n. 380 e decorrente dalla denuncia di inizio attività edilizia per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i suoi poteri di autotutela sia come potere di vigilanza e sanzionatorio, sia come potere di annullamento d'ufficio in tutti i casi di accertamento della mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti al cui possesso l'ordinamento di settore subordina l'espletamento dell'attività medesima (Cons. Stato IV 25.11.2008 n. 5811; V 19.06.2006 n. 3586) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.02.2010 n. 423 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Tenendo ferma la natura di atto privato della dichiarazione di inizio attività, è riconosciuta l’esperibilità di un’azione di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per intraprendere l’attività in base alla d.i.a., sottoposta al generale termine di decadenza di 60 giorni previsto per l'azione di annullamento.
Questa Sezione si è recentemente discostata dall’orientamento precedentemente seguito che sosteneva l’inammissibilità dell’impugnazione della d.i.a., in quanto atto privato, e che la tutela del terzo si realizzasse rivolgendo all'amministrazione formale istanza per l'esercizio della potestà repressiva attribuitale dalla legge (artt. 27 ss., d.P.R. n. 380 del 2001) ed agendo ai sensi dell'art. 21-bis, l. n. 1034 del 1971 avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza (ovvero impugnando con il ricorso ordinario il diniego esplicito di intervento da parte del comune) (TAR Lombardia-Milano, sez. II, 10.05.2007, n. 2894).
Con la sentenza n. 4886/2009, questa Sezione ha, difatti, aderito alla tesi che, tenendo ferma la natura di atto privato della dichiarazione di inizio attività, riconosce l’esperibilità di un’azione di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per intraprendere l’attività in base alla d.i.a., sottoposta al generale termine di decadenza di sessanta giorni previsto per l'azione di annullamento (Cons. Stato, sez. VI, 09.02.2009, n. 917)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 134 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nel caso in cui un originario lotto urbanistico abbia acquisito una maggiore potenzialità edificatoria in dipendenza di modifiche alla disciplina urbanistica e, quindi, la parte rimasta inedificata sia suscettibile di edificazione, per verificare l'effettiva potenzialità edificatoria di quest’ultima, occorre sempre partire dalla considerazione che, in virtù del carattere "unitario" dell'originario lotto interamente asservito alla precedente costruzione, non possono non computarsi le volumetrie realizzate sul lotto urbanistico originario (considerato complessivamente), il quale è l'unico ad aver acquisito (e mantenuto) una "propria" potenzialità edificatoria.
Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza, nel caso in cui, un originario lotto urbanistico abbia acquisito una maggiore potenzialità edificatoria in dipendenza di modifiche alla disciplina urbanistica e, quindi, la parte rimasta inedificata sia suscettibile di edificazione, per verificare l'effettiva potenzialità edificatoria di quest’ultima, occorre sempre partire dalla considerazione che, in virtù del carattere "unitario" dell'originario lotto interamente asservito alla precedente costruzione, non possono non computarsi le volumetrie realizzate sul lotto urbanistico originario (considerato complessivamente), il quale è l'unico ad aver acquisito (e mantenuto) una "propria" potenzialità edificatoria; conseguentemente la verifica dell'edificabilità della parte del lotto rimasta inedificato e la quantificazione della volumetria su di essa realizzabile non può che derivare, per sottrazione, dalla predetta potenzialità, diminuita della volumetria dei fabbricati già realizzati sull'unica, complessiva, area (Cons. Stato, sez. IV, 19.01.2008, n. 255; 26.09.2008, n. 4647; 19.10.2006, n. 6229; 31.01.2005, n. 217; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 22.08.2007, n. 286; TAR Sardegna, sez. II, 19.05.2006, n. 996).
Ai fini del calcolo della cubatura che può essere realizzata su un lotto edificabile deve, dunque, essere detratta la volumetria già realizzata da parte dell’originario ed unico proprietario, senza che assuma rilievo la circostanza che quest’ultima insista su una parte del lotto catastalmente divisa (Cons. Stato, sez. V, 28.02.2001 n. 1074).
Non rileva, dunque “la circostanza che l'unico fondo del proprietario sia stato suddiviso in catasto in più particelle, dovendosi verificare [...] l'esistenza di più manufatti sul fondo dell'originario unico proprietario" (Cons. Stato, sez. V, 26.11.1994 n. 1382)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 134 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASono qualificabili interventi di restauro e risanamento conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e struttura.
Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio, ne conservano tipologia, forma e struttura.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia dal momento che determina una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico.

Non è dato comprendere come si possa considerare restauro conservativo la costruzione ex novo di un soppalco in muratura di 50 mq., sorretto da una poderosa trave in cemento armato, “incastata sul muro affrescato“ che divide in altezza, pressappoco a metà, l’originario vano e comporta la creazione di quattro nuovi ambienti.
Non conferente è, perciò, la puntualizzazione che l’intervento non inciderebbe sull’intera unità edilizia (palazzo) i cui elementi resterebbero immutati, bensì sul singolo alloggio, al primo piano, del palazzo stesso, non costituendo, comunque, le opere realizzate restauro parziale, ma ristrutturazione edilizia dell’alloggio.
Gli arresti giurisprudenziali formatisi al riguardo sono assai chiari, ed affermano, infatti, che:
- sono qualificabili interventi di restauro e risanamento conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e struttura; per contro, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello oggetto di intervento (Consiglio Stato, sez. IV, 16.06.2008, n. 2981);
- gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio, ne conservano tipologia, forma e struttura; la ristrutturazione edilizia è invece un insieme sistematico di opere dirette a creare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso. Un esempio tipico di ristrutturazione edilizia è quello diretto a trasformare una villa, mantenendo o meno l'aspetto architettonico esterno, in un edificio ad appartamenti  (Consiglio Stato, sez. V, 09.10.2007, n. 5273);
- gli interventi comportanti incrementi volumetrici, anche interni, rientrano nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia e sono pertanto assoggettati a permesso di costruire ex artt. 3, comma 1, lett. d), e 10 d.P.R. n. 380 del 2001, non potendo configurarsi né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo (TAR Campania Napoli, sez. IV, 06.11.2007, n. 10674).
- la realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti, ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che determina una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008, n. 20563).
Anche questo Tribunale (Catania, sez. I, 07.11.2002, n. 1939, 08.05.2006, n. 699) ha avuto occasione di affermare che la costruzione di un soppalco all'interno di un appartamento, impedisce la regolarizzazione ai sensi dell'art. 9 l.reg. n. 37 del 1985, in quanto, comportando effettivo aumento di superficie, non può considerarsi alla stregua di mera opera interna. Dalla detta connotazione consegue, altresì, l'impossibilità di considerare detto intervento come pertinenziale e, come tale, suscettivo di essere consentito con la mera autorizzazione. Inoltre, non può essere considerato intervento di manutenzione straordinaria la realizzazione di un soppalco all'interno di un appartamento al fine di ricavare un autonomo mini-appartamento, costituito da due vani più servizi, dal momento che detto intervento, non soltanto amplia la superficie utile, ma determina un maggiore peso urbanistico in considerazione della costituzione di una autonoma unità abitativa; conseguentemente per la realizzazione di detto intervento è necessario il previo rilascio della concessione edilizia.
Sempre in tema di distinzione tra restauro e risanamento conservativo ex lett. c) dell’art. 20 della l.r. n. 71/1978, e ristrutturazioni edilizie ex lett. d) dell’art. 31 l. n. 457/1978 (norma del tutto analoga al citato art. 20 l.r. n. 71/1978 ) cfr. anche C.G.A. decisione 25.05.2009, n. 481 (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Concorsi, segni di riconoscimento, stampatello, legittimità.
Segni di riconoscimento devono essere delle chiare appostazioni grafiche che possano permettere a chi legge un componimento di individuare significativamente il soggetto che l’ha apposto.
Non sono segni di riconoscimento:
- la numerazione delle pagine, che è una evidente vicenda ordinatoria;
- la utilizzazione della scrittura in stampatello maiuscolo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2010 n. 877 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di una società per aver violato quanto previsto dalla lex specialis che imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.
La lex specialis della gara imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.
Per contro l’odierna appellante:
- operava con altra impresa partecipante in unico locale, in condizioni che evidentemente non consentono alcuna riservatezza e con l’effetto altamente probabile, della reciproca conoscenza delle condizioni dell’offerta tale da alterare assai gravemente l’equilibrio delle proposte contrattuali a vantaggio delle imprese allocate nella medesima sede;
- indicava numero telefonico e fax di riferimento per le comunicazioni identico a quello dell’altra impresa concorrente ed allocata nella stessa sede;
- presentava, unitamente all’altra impresa, polizze fideiussorie stipulate con identico soggetto e con numerazione in gran parte progressiva.
Tanto si rileva, in disparte la pur rilevante constatazione dei vincoli parentali che intercorrono tra amministratori e rappresentanti delle due società.
Gli elementi appena indicati sono univoci nel rappresentare l’unicità del centro decisionale o di imputazione o, quanto meno, un sostanziale collegamento di fatto (oltre che per vincoli di parentela) tra gli esponenti delle due imprese.
Quanto sostenuto dall’appellante circa una effettiva estraneità tra i due soggetti e sulla autonomia degli stessi in senso imprenditoriale non appare convincente sotto alcun profilo, posto che gli elementi sopra rilevati non sono stati smentiti in fatto, anche se si è tentato di dare agli stessi una coloritura meno decisa in ordine alla compresenza di due imprese nello stesso stabile ed operanti con lo stesso apparecchio telefonico e con lo stesso fax.
Il collegamento in senso sostanziale tra le stesse è del tutto palese. Comunque, trattandosi di una valutazione di merito operata dalla Commissione di gara, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta irrazionalità, tale irrazionalità deve per quanto sopra detto sicuramente essere esclusa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2010 n. 685 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: L’affidamento in house providing costituisce una ipotesi eccezionale di affidamento di servizio pubblico da sottoporre obbligatoriamente al vaglio dell’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato - Tar per il Veneto 336/2010
La sentenza concerne una complessa vicenda di affidamento in house del servizio raccolta rifiuti da parte di un consorzio di enti locali che, unitamente ad altro consorzio, partecipa del capitale interamente pubblico della società prescelta.
L’analisi sul caso svolta dai giudici amministrativi ha fatto emergere l’insussistenza del requisito del controllo analogo,condizione che permette di evitare il ricorso alle procedure di evidenza pubblica. A seguito di tale pronuncia, il consorzio in questione ha deciso di persistere nell’affidamento alla medesima società e ciò anche senza rispettare la nuova procedura per gli affidamenti diretti introdotta dall’art. 23-bis della legge 133/2008.
La sentenza di cui ci occupiamo concerne il momento successivo alla decisione assunta dai primi giudici sulla mancanza dell'elemento del controllo analogo. Per ragioni di spazio non rappresenteremo l’articolata dialettica tra le parti, per la cui lettura rinviamo al testo della sentenza. In questa sede ci limiteremo a riepilogare i principi espressi dal collegio sull’ambito applicativo dell’art. 23-bis introdotto nel d.l. 112/2008 dalla legge di conversione 133/2008.
Innanzitutto i giudici riassumono i principi consolidati in giurisprudenza per quanto concerne il controllo analogo:
a) la necessità della totale partecipazione pubblica (Corte di Giustizia europea; sez. V 18.11.1999 n. C. 107/98 Teckal, punto 50);
b) il divieto, sancito statutariamente, di apertura al capitale privato (Corte di Giustizia europea, sez. I, 11.01.2005 n. C-26/03 Stadt Halle, punto 49);
c) la riserva in capo ai soci pubblici del potere di designare i componenti degli organi della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13.10.2005 n. C-458/03 Parking Brixen, punto 69; TAR Lombardia, Brescia, 21.04.2006, n. 433);
d) la possibilità di esercitare un’influenza determinante sia sugli obbiettivi strategici,sia sulle decisioni importanti della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13 ottobre C-458/03 Parking Brixen. punto 65 e Corte di Giustizia europea, sez. 1, 11 maggio C-340/04 Carbotermo, punto 36);
e) la necessità che il controllo sia preventivo e non solo a posteriori (Corte di Giustizia europea, sez. V, 27.02.2003, n. C. 373/00 Truley, punto 70; Consiglio di Stato sez. VI, 05.01.2007, n. 5) e che siano previsti concreti poteri ispettivi (Corte di Giustizia. europea, sez. V, 27.02.2003 n. C 373/00 Truley, punto 73) e d’intervento (Consiglio di Stato, Sez. V, 11.04.2006 n. 5072, p. 22);
f) la circostanza che l'impresa non deve acquisire una vocazione commerciale (Corte di Giustizia europea, Sez. 1, 13.10.2005 n. 458/03 Parking Brixen, punto 67);
g) la non sufficienza, per la configurazione del c.d. controllo analogo, degli ordinari strumenti di diritto civile (Consiglio di Stato, Sez. V; 05.01.2007, n. 5);
h) il carattere (speciale, rispetto a quelle disciplinate dal Codice Civile, delle società di capitali in house (TAR Campania, Napoli, Sez. 1, sentenza n. 8055/2006) e nella necessità di predisporre un meccanismo di controllo coerente con la peculiarità della forma (societaria (TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 16.10.2007 n. 9988);
i) la possibilità che il capitale sociale della società in house sia partecipato da una pluralità di enti locali, purché il controllo analogo a quello esercitato suoi propri servizi sia realizzato, indipendentemente dalla quota di partecipazione propria di ciascun ente, attraverso la costituzione di un ufficio comune, cui sia attribuito il compito di realizzare il coordinamento e la consultazione tra gli enti locali (TAR Abruzzo, Pescara, 07.11.2006 n. 687; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 12.04.2006 n. 1318);
j)
l’utilizzabilità dello strumento della convenzione ex art. 30 del D.L.vo 18.08.2000 n. 267 e s.m.i. per l’esercizio del controllo analogo da parte di una pluralità di enti soci (TAR Friuli Venezia Giulia 15.07.2007 n. 634.
Un altro principio rilevante ai fini della prova della sussistenza del controllo analogo è dato dalla previsione di un diritto di veto da parte di ciascun Ente partecipante alla società nei confronti delle deliberazioni assunte dagli organi sociali in modo difforme dalle proposte, nonché della competenza dell’assemblea ordinaria della trattazione di argomenti inerenti a pretese della società sugli Enti locali che ad essa partecipano scaturenti dal contratto di servizio e corrispondente al diritto di veto di ciascun Ente locale interessato sulle relative determinazioni; e, soprattutto, del diritto di recesso dalla società nei casi in cui l’Ente socio abbia diritto a far valere la risoluzione o, comunque, lo scioglimento del contratto di servizio con la Società.
Entrando nel merito dell’applicazione dell’art. 23-bis, per i casi di affidamento diretto i giudici evidenziano che dalla lettura della norma emerge: la necessità dell'esistenza di situazioni del tutto particolari che non permettono un'efficace utile ricorso al mercato, derivanti da peculiari caratteristiche economiche sociali ambientali e geomorfologica del contesto territoriale di riferimento, ai fini di consentire la deroga alle modalità di affidamento ordinaria, pur sempre nel rispetto della disciplina comunitaria;la necessità, in tali casi, da parte dell'ente affidante di dare pubblicità alla scelta motivandola in base a un'analisi del mercato; la necessità, in tali casi, di contestuale trasmissione di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui profili di competenza da render entro 60 giorni dalla ricezione della relazione.
Circa la necessità di acquisire il parere dell’Autorità preventivamente non ci sono dubbi ora e non ce n’erano neanche prima del decreto legge 135/2009 che ha esplicitamente previsto come preventivo il solo parere Garante della concorrenza. In effetti, la medesima Autorità in una comunicazione del 16.10.2008 aveva già interpretato la norma in modo da collocare il proprio parere in una fase iniziale preventiva. Ne risulta che il parere è obbligatorio e preventivo ma non vincolante pur se, come aveva specificato il Garante, l’amministrazione è obbligata a spiegare le ragioni che eventualmente la inducano a disattendere le indicazioni contenute nel parere. E' importante poi sottolineare il rapporto tra l'articolo 23-bis e la precedente normativa sulla quale, ad avviso dei giudici, l'articolo della manovra estiva prevale in caso di incompatibilità.
Analizzando il rapporto con l'art. 113 TUEL, i giudici veneti ritengono che non vi siano profili di incompatibilità. Anche secondo la disciplina del testo unico enti locali, l’affidamento in house doveva avvenire nel rispetto della normativa comunitaria rappresentando una procedura alla quale gli enti locali possono ricorrere previa specifica motivazione e laddove le condizioni di mercato non consentono di assicurare lo svolgimento efficiente di un determinato servizio - commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Veneto, Sez. I, sentenza 08.02.2010 n. 336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn assenza di una documentata istanza da parte del titolare del permesso di costruire il Comune non può rilasciare l’agibilità delle nuove costruzioni, né il certificato in questione può essere sostituito da attestazioni provenienti dal privato o da tecnici di sua fiducia.
La tesi della ricorrente secondo cui l’immobile era, seppure funzionalmente non corrispondente a quanto progettato (il che, come detto, è ammesso anche nel ricorso), completo dal punto di vista urbanistico e pienamente agibile, si scontra con le disposizioni di cui agli artt. 24 e 25 del T.U. n. 380/2001, il che è stato confermato a seguito dell’istruttoria disposta con l’ordinanza n. 65/2009.
In effetti, l’art. 24 del T.U. dispone che “1. Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.
2. Il certificato di agibilità viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con riferimento ai seguenti interventi:
a) nuove costruzioni;
b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.
3. Con riferimento agli interventi di cui al comma 2, il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività, o i loro successori o aventi causa, sono tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilità. La mancata presentazione della domanda comporta l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77 a 464 euro.
4. Alla domanda per il rilascio del certificato di agibilità deve essere allegata copia della dichiarazione presentata per la iscrizione in catasto, redatta in conformità alle disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto-legge 13.04.1939, n. 652, e successive modificazioni e integrazioni…
”, mentre il successivo art. 25 disciplina il relativo procedimento.
Come si può agevolmente comprendere, in assenza di una documentata istanza da parte del titolare del permesso di costruire (attraverso la quale viene verificato anche il rispetto di normative aventi differente campo di applicazione -quali ad esempio quelle relative all’accatastamento degli immobili o all’efficienza energetica degli edifici- ma ugualmente rilevanti in subiecta materia), il Comune non può rilasciare l’agibilità delle nuove costruzioni, né il certificato in questione può essere sostituito da attestazioni provenienti dal privato o da tecnici di sua fiducia (a ciò ostando tra l’altro anche la clausola dell’art. 4 della convenzione, che parla espressamente di “certificato di agibilità”, ossia del documento, proveniente dal Comune, previsto dagli artt. 24 e 25 del T.U. edilizia) (TAR Marche, sentenza 25.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa circostanza che determinati beni siano stati ritenuti, per il loro pregio culturale, meritevoli di riconoscimento e tutela sulla base delle procedure stabilite dalla normativa statale non esclude che gli enti esponenziali delle comunità locali, allorché esercitano i poteri loro attribuiti in materia di pianificazione territoriale, possano individuare ulteriori beni ritenuti (sotto il medesimo profilo) di particolare pregio e prevedere forme di tutela diverse ed eventualmente anche più intense di quella assicurata dal vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004.
In primo luogo non convince l'affermazione secondo cui il vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004 avrebbe maggior valore (e dunque dovrebbe garantire maggiore tutela) rispetto alle invarianti strutturali di rilevante valore paesaggistico individuate dagli strumenti di pianificazione del territorio (PTC e PS); la circostanza che determinati beni siano stati ritenuti, per il loro pregio culturale (in senso ampio, conformemente a quanto statuito dall’art. 2 del citato decreto legislativo), meritevoli di riconoscimento e tutela sulla base delle procedure stabilite dalla normativa statale non esclude che gli enti esponenziali delle comunità locali, allorché esercitano i poteri loro attribuiti in materia di pianificazione territoriale (che incidono sulla gestione del loro territorio e dunque del loro patrimonio), possano individuare ulteriori beni ritenuti (sotto il medesimo profilo) di particolare pregio e prevedere forme di tutela diverse ed eventualmente anche più intense di quella assicurata dal vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004: quest’ultimo, d’altra parte, soggiace ad una disciplina di carattere generale valevole per l’intero territorio nazionale, mentre invece la specifica disciplina dettata dal Piano strutturale è in grado di calibrare più puntualmente le misure adottate in rapporto alle concrete esigenze di tutela del paesaggio; la formulazione dell’art. 34 (di cui nel ricorso si deduce la violazione) è sufficientemente ampia e generica da non precludere la possibilità di introdurre nel piano strutturale disposizioni rigorose come quelle contestate nel presente giudizio; quanto poi alla prospettata illogicità di una previsione che consente l'edificazione nelle aree vincolate, ma non nelle invarianti strutturali, va rilevato che l'edificabilità è comunque esclusa anche nelle aree vincolate, se le stesse sono "ricomprese all'interno di altre tipologie di invariante…": il che evidenzia come il vincolo ex D.Lgs. n. 42/2004 e l'individuazione delle invarianti possano sovrapporsi perché ispirate ad esigenze di tutela non esattamente coincidenti, bensì complementari -anche perché rimesse alla valutazione di soggetti diversi- e ridimensiona, tra l’altro, l’ambito della (solo apparente) disparità di trattamento prospettata nel gravame; non va poi neppure sottovalutato che le invarianti riguardano per la maggior parte aree già tendenzialmente inedificabili in quanto agricole (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 19.01.2010 n. 59 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gara d’appalto e obbligo di dichiarazione per gli institori.
L’obbligo di fornire dichiarazioni posto a carico degli institori appare corretta applicazione del principio, così emergente dalla legge e dell’orientamento giurisprudenziale, per il quale l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 vige per i titolari del potere di rappresentanza della persona giuridica, pur se lo stesso venga ad espletarsi in un limitato ambito territoriale (Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza 09.01.2010 n. 43 - link a www.altalex.com).

APPALTI: COTTIMO FIDUCIARIO – PROCEDURA NEGOZIATA.
Il TAR Toscana, pur partendo da corrette premesse, perviene ad un inquadramento del cottimo fiduciario non convincente e, soprattutto, non in linea con la chiara disciplina del Codice: “Il cottimo fiduciario, di cui all’articolo 125 del D.Lgs n. 163/2006, costituisce una procedura negoziata, in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi (comma 4°), nelle quali l’affidamento avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori” (comma 11°), senza che invece risulti una generale applicabilità delle singole norme del Codice dei contratti pubblici, proprie dell’evidenza pubblica comunitaria. Siamo, quindi, in presenza di una procedura negoziata la quale, pur procedimentalizzata, non richiede, tuttavia, il necessario rispetto dello specifico assetto disciplinare predisposto dal Codice per le procedure aperte e ristrette”.
Le statuizioni del Tar non appaiono integralmente persuasive.
In primo luogo, occorre principiare da una ragione di ordine sistematico. Il comma 1° dell’articolo 121, disciplinante i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di importo inferiore alla soglia comunitaria, stabilisce che “ai contratti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture, di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, si applicano oltre alle disposizioni della parte I, della parte IV e della parte V, anche le disposizioni della parte II, in quanto non derogate dalle norme del presente titolo”.
Al fine di chiarire il significato dell’importante disposizione normativa, è possibile far ricorso al seguente schema:
- Parte I: Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice; articoli 1-27;
- Parte II: Contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture nei settori ordinari; articoli 28-205;
- Parte III: Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali; articoli 206-238;
- Parte IV: Contenzioso; articoli 239-246;
- Parte V: Disposizioni di coordinamento finali e transitorie – abrogazioni; articoli 247-257.
Dunque, al cottimo fiduciario, quale procedura negoziata per i “contratti sotto soglia comunitaria”, come nella concreta fattispecie, si applicano le parti I, IV e V, in modo integrale e la parte II “in quanto non derogata dalle norme del presente titolo”.
Ora, gli articoli 83 (Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) ed 84 (Commissione di nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) sono entrambi collocati nella parte seconda, per cui occorre verificare se, nel titolo in esame (artt. 121-125), sussiste una deroga alle disposizioni dei due predetti articoli. Ebbene, da un rapido esame del titolo ed, in particolare dell’articolo 125, si deduce che tale deroga non sussiste. In altri termini, non esiste una deroga espressa alle regole contenute nei predetti articoli. Di conseguenza, le indicate disposizioni normative con le loro peculiari regole (divieto di integrazione del bando, da parte della commissione; nomina della commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte) trovano piena applicazione in sede di cottimo fiduciario.
Venendo, poi, al merito pieno delle già ricordate disposizioni normative, occorre osservare che il terzo decreto correttivo (D.Lgs n. 152/2008; in vigore dal 17.10.2008) ha disposto la modificazione del comma 4° dell’articolo 83. Precisamente, con la riforma, viene implicitamente sancito che ogni criterio o sub-criterio di giudizio deve essere predeterminato a monte, cioè in sede di stesura del bando di gara o della lettera di invito. La commissione di gara non può aggiungere o modificare alcunché, nemmeno determinare i criteri motivazionali. Ora, appare ben chiaro che l’indicato divieto di integrazione e di modifica trova applicazione in sede di cottimo fiduciario, anche in ragione del principio di trasparenza, richiamato nel comma 11°, dell’articolo 125, il quale esige una preventiva e non più mutabile fissazione dei criteri di valutazione e dei pesi.
Per quanto concerne, invece, il comma 10°, dell’articolo 84 (nomina della commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte), occorre porre in evidenza la ratio: evitare che le imprese, che intendono partecipare alla gara, conoscano, prima della presentazione della loro offerta, i nominativi dei componenti della commissione. Se conoscessero tali nominativi prima, potrebbero "orientare", "articolare" la loro offerta in relazione ai commissari prescelti.
Orbene, tale ratio può avere un senso solo se trova applicazione il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, indipendentemente dalla procedura di scelta del contraente prescelta. Infatti, in tali fattispecie, la commissione di gara è titolare un potere di discrezionalità tecnica indubbiamente forte, in quanto deve esprimere puntuali valutazioni e giudizi tecnici, in relazione a diversi elementi: la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, etc.
In tali gare, conoscere prima il nominativo, può comportare il rischio di un potenziale inquinamento della gara in duplice senso: orientare la propria offerta, in relazione alle note preferenze tecniche di un commissario, oppure, ancor peggio, contattare preventivamente i commissari, commettendo illecito penale. Ovviamente, tali pericoli di inquinamento della gara sussistono in ogni procedura di selezione.
Dunque, appare chiaro che il cottimo fiduciario, proprio in quanto “procedura negoziata”, è sottoposto in modo tendenziale all’integrale disciplina del Codice, a meno che non vi siano chiare ed esplicite deroghe (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -  TAR Toscana, Sez. I, sentenza 22.12.2009 n. 3988 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire: tempi ragionevoli per l'annullamento.
Per il Consiglio di Stato il titolo abitativo e il provvedimento amministrativo illegittimo possono essere annullati ma entro un termine ragionevole dal rilascio.
Le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione devono essere applicate anche all’esercizio dell’autotutela, confrontando il legittimo affidamento con l’interesse pubblico.
Nel caso in cui non venga effettuata questa valutazione, il privato subisce un danno che l’amministrazione deve risarcire.
L'annullamento di ufficio della concessione edilizia presuppone una congrua motivazione sull'interesse pubblico attuale e concreto a sostegno dell'esercizio discrezionale dei poteri di autotutela, con una adeguata ponderazione comparativa, che tenga anche conto dell'interesse dei destinatari dell'atto al mantenimento delle posizioni, che su di esso si sono consolidate e del conseguente affidamento derivante dal comportamento seguito dall'amministrazione (cfr. Cons. St., sez. VI, 14/10/2004, n. 6656).
È appena il caso di soggiungere che tale principio, già enunciato dalla giurisprudenza amministrativa (invero già la risalente sentenza del Cons. St., VI, 24.12.1982, n. 721 affermava il principio, secondo cui la rimozione degli atti amministrativi illegittimi non deve pregiudicare l’interesse, cedevole solo a fronte di un più grave interesse pubblico, di chi sugli effetti di quell’atto abbia fatto affidamento), ha trovato da ultimo esplicito riscontro normativo nell'art. 14 della legge n. 15 del 2005, con il quale è stato introdotto l'art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.12.2009 n. 8529 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: CARENZA DEI REQUISITI GENERALI.
Il TAR Piemonte ha manifestato adesione ad un orientamento in tema di conseguenza sanzionatorie, a carico dell’aggiudicatario provvisorio, a seguito di accertata carenza dei requisiti generali.
Precisamente, si è affermato che: “Non può essere accolta la tesi dell’applicabilità delle sanzioni previste dall’articolo 48 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), in tema di requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi, anche alle ipotesi di carenze afferenti i requisiti generali, di cui all’articolo 38. In primo luogo, si trascura la circostanza che l’articolo 48 medesimo si applica limitatamente ai soli predetti requisiti speciali, trattandosi di misure sanzionatorie e, quindi, di stretta interpretazione. Inoltre, non può esplicare alcuna efficacia la disciplina in materia di cauzione provvisoria (art. 75, comma 6°, Codice), in relazione alla mancata stipula del contratto, che fa riferimento ad una fase diversa del procedimento, quella, appunto, della stipula del contratto”.
Siffatto orientamento, seppur supportato da diverse pronunce, non appare caratterizzato da sufficiente persuasività. Infatti, occorre prendere atto che sussiste un altro orientamento, il quale delinea una diversa ricostruzione della problematica in esame. Primariamente, occorre rilevare che oggetto dell’analisi non deve essere l’articolo 48, che disciplina, appunto, con un puntuale corredo sanzionatorio, la carenza dei “requisiti speciali”, ma altri articoli del Codice.
Innanzitutto, l’articolo 75, disciplinante la cauzione provvisoria. Al riguardo, occorre ricordare che, nella versione originaria della legge n. 109/1994, la cauzione provvisoria era finalizzata a garantire la mancata sottoscrizione del contratto per “volontà” dell’aggiudicatario. Nella versione successiva, avutasi in seguito alla legge 415/1998 (cd. Merloni ter), il termine "volontà" venne sostituito dal termine "fatto". In tal modo, fu ampliata l'operatività della garanzia, nel senso che la mancata sottoscrizione del contratto non risulta essere più legata ad un elemento di volontarietà dell'aggiudicatario, ma a qualunque fatto, a lui imputabile. Il Codice, pur abrogando la legge n. 109/1994, ha confermato la disciplina preesistente, prevedendo, appunto, che la cauzione provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario”.
Quindi, nella disciplina attuale, la responsabilità precontrattuale dell’aggiudicatario provvisorio rimane svincolata completamente dall'elemento soggettivo, essendo sufficientemente integrata da qualunque evento, ancorché non intenzionale o colposo, collegato al comportamento dell'aggiudicatario medesimo. Inoltre, accanto all’articolo 75, comma 6°, che giustifica l’escussione della cauzione, occorre tener presente anche l’articolo 6, disciplinante i poteri e le funzioni dell’Autorità di vigilanza. Al riguardo, la medesima Autorità, nella determinazione n. 5/2009, ben chiarisce che la stazione appaltante, laddove accerti la carenza dei requisiti generali falsamente autodichiarati, “procederà all’esclusione dalla gara per l'operatore inadempiente, alla denuncia dei fatti costituenti reato ed alla segnalazione all’Autorità per l'iscrizione nel casellario informatico, secondo le modalità previste nella Determinazione n. 1 approvata dal Consiglio della Autorità il 10.01.2008. Solo nel caso di carenza dei requisiti generali in capo all' aggiudicatario provvisorio, la stazione appaltante oltre alla revoca dell' aggiudicazione, procederà all'incameramento della cauzione, ma ciò non quale conseguenza dell'articolo 48, ma dell'articolo 75, comma 6, del codice che prevede tale sanzione per mancata stipula del contratto per fatto dell'affidatario”.
Orbene, sembra essere chiaro che il fondamento del potere di segnalazione va correttamente rinvenuto proprio nell’articolo 6 e, precisamente, nei commi 7° (potere di vigilanza dell’Autorità), 9° (potere dell’Autorità di richiedere documenti ed informazioni) ed 11° (sanzioni per omesso invio di documenti ed informazioni).
In buona sostanza, accertata la falsità dell’autodichiarazione, la stazione appaltante deve ottemperare al suo obbligo di segnalazione, il quale riceve la sua disciplina dalla determinazione n. 1/2008, ma conosce la sua base normativa proprio nei tre predetti commi: affinché l’Autorità possa esercitare il suo potere di vigilanza, la stazione appaltante segnala i “fatti accaduti”, ai fini dell’inserimento dei medesimi nel Casellario informatico.
Ciò, ovviamente, nel rispetto di un congruo contraddittorio procedimentale (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3699 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: COMMISSIONI GARA.
Il Tar Lombardia-Milano ha esaminato in modo chiaro, la non infrequente prassi, da parte di talune stazioni appaltanti, di nominare, inutilmente e confusamente, due commissioni di gara.
Al riguardo, ha puntualmente affermato che: “Risulta violato il principio di collegialità della commissione di gara, non essendo ammissibile che le offerte economiche vengano valutate da un organo sostanzialmente monocratico (il direttore amministrativo dell’Azienda Ospedaliera, assistito da due testimoni). Inoltre, non appare ammissibile che, nelle procedure da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione delle offerte tecniche e di quelle economiche venga affidata a commissioni diverse, dovendo la valutazione essere effettuata dalla medesima commissione giudicatrice, salva restando la possibilità di incaricare un seggio di gara della sola preliminare valutazione dell’ammissibilità della documentazione amministrativa, ai fini dell’ammissione delle offerte”.
Il pregio della pronuncia risiede anche nell’aver collocato la problematica dell’illegittima prassi delle doppie commissioni nell’alveo della disciplina codicistica.
Precisamente, Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006) contiene una puntuale disciplina della commissione di gara, in riferimento all’eventualità in cui si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 84), ed in tema di concorso di progettazione (articolo 106).
Ai sensi dell’articolo 84, la commissione di gara:
- viene nominata dalla stazione appaltante (organo competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto);
- è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto;
- è presieduta di norma da un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, da un funzionario della stazione appaltante incaricato di funzioni apicali, nominato dall'organo competente.
Occorre osservare che i commissari, diversi dal presidente, non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
Orbene, dai pochi cenni di disciplina delineati, appare chiaro che il Codice esige l’obbligatorietà della commissione solo laddove si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Viceversa, laddove si utilizzi il diverso criterio del prezzo più basso, la commissione non è obbligatoria, per cui il responsabile della stazione appaltante può ben procedere, solitariamente, all’aggiudicazione provvisoria, cioè all’individuazione della migliore offerta.
Allora, se la commissione è obbligatoria solo in taluni casi, perché non ritenerne semplificante la presenza, laddove necessario, di una sola, a cui sono attribuiti tutti e tre i poteri: - verifica della regolarità della documentazione amministrativa; - valutazione dei profili economici; - valutazione dei profili tecnici.
La pluralità di competenze è in ogni caso garantita, in quanto l’articolo 84 esige la presenza di “membri esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto” (comma 2°) e la presenza, con funzioni di presidenza, di un “dirigente della stazione appaltante o di un funzionario” (comma 3°): ciò vuol dire che il presidente-funzionario è competente almeno per ciò che concerne la verifica della regolarità documentale, mentre gli altri membri garantiscono conoscenze specifiche di settore, per la valutazione dei profili economici e tecnici.
Dunque, un’unica commissione, in linea con la normativa codicistica, titolare delle necessarie e plurime conoscenze ed esplicante tutti i poteri. Appare ben evidente che, in tal modo, si eviterebbero, in maniera ancor più radicale, perniciose confusioni e la creazione di organismi superflui (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.12.2009 n. 5346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASuccessivamente alla proposizione della d.i.a. residua comunque in capo alla P.A. il potere di autotutela, sia pure sui generis in quanto caratterizzato dal fatto di non implicare un’attività di secondo grado su di un precedente provvedimento amministrativo; il riferimento all’autotutela può, quindi, spiegarsi anche restando nei confini della linea interpretativa secondo cui la DIA è un atto del privato: si tratterà, appunto, di un’autotutela sui generis poiché non andrà ad incidere su un atto amministrativo, ma consisterà nella possibilità per la P.A. di adottare, successivamente alla scadenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di avvio dell’attività, provvedimenti di divieto di prosecuzione della stessa e di rimozione dei suoi effetti, condizionata, però, dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto, ulteriore e diverso rispetto a quello volto al mero ripristino della legalità violata.
Con il secondo motivo di appello si deduce l’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione della D.I.A. presentata dal sig. Messina.
Al fine di poter meglio delibare la fondatezza o meno di tale eccezione di inammissibilità, appare utile fare qualche breve cenno in ordine alla questione della natura giuridica della dichiarazione di inizio di attività, al centro di un annoso dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, dibattito non ancora sopito e che ha ricevuto di recente nuova linfa a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 80/2005.
Le tesi che si contendono il campo sono essenzialmente due.
Secondo una prima opzione ermeneutica la dichiarazione di inizio di attività si configura come un atto di iniziativa privata e la legittimazione all’esercizio dell’attività non è fondata su un atto di consenso della P.A., ma trova la propria fonte direttamente nella legge.
Secondo un altro orientamento, invece, la DIA costituirebbe una fattispecie complessa o a formazione successiva, che vede un atto amministrativo tacito formarsi in presenza di alcuni presupposti formali e sostanziali e per effetto del decorso del tempo assegnato all’amministrazione per l’esercizio del potere inibitorio.
Aderire all’uno o all’altro indirizzo interpretativo comporta alcune rilevanti conseguenze in punto di tutela per il terzo danneggiato dall’intervento edilizio.
Muta, in particolare, l’oggetto del giudizio. La giurisprudenza, alquanto divisa sul punto, ha, invero, individuato l’oggetto del giudizio di impugnazione ora direttamente nella DIA, ora nel comportamento inerte tenuto dall’amministrazione dopo la presentazione della dichiarazione, ora nel silenzio sulla richiesta di intervento in autotutela, ora nel silenzio sulla richiesta di esercizio del potere sanzionatorio.
Il problema si pone in quanto, se si considera la DIA un atto privato, allora ne è inammissibile la diretta impugnazione in sede giurisdizionale e la tutela del terzo passa attraverso la sollecitazione del potere (sanzionatorio o di autotutela) dell’amministrazione e, in caso di inerzia, dall’impugnazione del silenzio secondo il rito di cui all’art. 21-bis L. n. 1034/1971 (cfr. Cons. St., sez. IV, 04.09.2002, n. 4453), oppure dall’accertamento in sede giurisdizionale dell’illegittimità del comportamento dell’amministrazione che, pur nell’inesistenza dei presupposti e dei requisiti fissati dalla legge per il legittimo compimento dei lavori, non ha inibito l’avvio delle opere oggetto della denunzia.
Se, invece, si attribuisce alla DIA il valore di provvedimento, allora non vi sono ostacoli alla sua impugnativa: alcune pronunce configurano, infatti, la DIA come istanza idonea ad originare un provvedimento per silentium della p.a. che nei trenta giorni successivi alla sua presentazione non inibisca l’inizio dei lavori, ritenendo ammissibile il ricorso del terzo danneggiato avverso l’atto di assenso tacito dell’amministrazione.
Quest’ultima opzione ha registrato consenso in qualche decisione, di questo Consiglio che qualifica la DIA, unitamente al decorso del tempo, in termini di provvedimento amministrativo (cfr. Cons. St., sez. VI, 10.06.2003, n. 356).
Tuttavia, l’orientamento prevalente di questo Consiglio è per la tesi della DIA come atto privato (cfr. Cons. St., sez. IV, 04.09.2002, n. 4453; id., 22.07.2005, n. 3916).
La tesi che configura la DIA come un atto abilitativo tacito, formatosi a seguito della denunzia del privato e della successiva inerzia dell’amministrazione sembrerebbe oggi avere al suo arco una nuova freccia, costituita dalla espressa previsione, contenuta nell’art. 19, comma 3, l. 07.08.1990 n. 241, nel testo stabilito dall’art. 3, comma 1, d.l. 14.03.2005 n. 35, conv. nella l. 14.05.2005 n. 80, del residuare in capo alla P.A. del potere di autotutela.
Non pare, tuttavia, che questa novità normativa possa ritenersi decisiva, in quanto, già prima della citata L. n. 80/2005 la giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. IV, dec. n. 4453 del 2002 cit.) affermava che, successivamente alla proposizione della denunzia di inizio di attività, residua comunque in capo alla P.A. il potere di autotutela, sia pure sui generis in quanto caratterizzato dal fatto di non implicare un’attività di secondo grado su di un precedente provvedimento amministrativo; il riferimento all’autotutela può, quindi, spiegarsi anche restando nei confini della linea interpretativa secondo cui la DIA è un atto del privato: si tratterà, appunto, di un’autotutela sui generis poiché non andrà ad incidere su un atto amministrativo, ma consisterà nella possibilità per la P.A. di adottare, successivamente alla scadenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di avvio dell’attività, provvedimenti di divieto di prosecuzione della stessa e di rimozione dei suoi effetti, condizionata, però, dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto, ulteriore e diverso rispetto a quello volto al mero ripristino della legalità violata (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.06.2006 n. 3586 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa D.I.A. non realizza un procedimento ad iniziativa di parte, ma è una fattispecie tipica a formazione progressiva automatica, con consolidazione degli effetti della “denuncia”, ovvero con la sua interruzione “in itinere”, in sede di controllo amministrativo dei presupposti e/o della conformità agli stessi; non si tratta, quindi, di accogliere o meno una domanda di parte, ma vi è solo una dichiarazione privata soggetta a controllo.
La DIA, invero, non realizza un procedimento ad iniziativa di parte, ma è una fattispecie tipica a formazione progressiva automatica, con consolidazione degli effetti della “denuncia”, ovvero con la sua interruzione “in itinere”, in sede di controllo amministrativo dei presupposti e/o della conformità agli stessi; non si tratta, quindi, di accogliere o meno una domanda di parte, ma vi è solo una dichiarazione privata soggetta a controllo (cd. inversione procedimentale).
IL particolare tipo di procedimento semplificato ed accelerato, introdotto dall'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241 (la denuncia di inizio di attività), rappresenta un istituto “sui generis”, che non richiede l’emanazione di un provvedimento amministrativo; il soggetto, infatti, comunica che inizierà una certa attività, con la tacita intesa “ope legis”, che, se nel termine stabilito tra la comunicazione e l'inizio dell'attività stessa, l'Amministrazione nulla comunicherà, l'attività potrà essere iniziata, salvo un eventuale intervento successivo in autotutela.
Non vi è, quindi, alcun inizio di un procedimento amministrativo ordinario, ma, soltanto la sua conclusione, ovvero, come per legge, un’attività di inibizione e/o interruzione.
Stessa conclusione si ricava dalla specifica finalità della DIA, che non prevede alcun adempimento ulteriore da parte dell’Amministrazione (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 30.05.2006 n. 334 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACostruire un muro di recinzione in mattoni in luogo della rete metallica è un intervento di ristrutturazione edilizia.
Le nozioni di “manutenzione straordinaria”, “ristrutturazione” e “nuova costruzione” [art. 3, comma 1, lett. b), d), e), DPR n. 380/2001], invero, sono riferite agli interventi edilizi “tipici” e comportano “rinnovazione e/o sostituzione di parti strutturali senza modifiche di destinazione d’uso, alterazione dei volumi e superfici” (manutenzione straordinaria), “trasformazione dell’organismo edilizio anche in parte diverso da quello iniziale, con sostituzione di elementi costitutivi” (ristrutturazione), “la realizzazione di un <quid novi>, ovvero di una trasformazione edilizia” (nuova costruzione).
Adeguando tali nozioni al muro di recinzione, la nuova muratura, in sostituzione della rete metallica, è conforme alla destinazione d’uso (recinzione), che non è modificata, ma la manutenzione straordinaria implica che la “rinnovazione e/o sostituzione delle parti strutturali”, non dovendo alterare i volumi e le superfici, abbia una identità e/o similarietà con la struttura precedente, poiché i mattoni hanno consistenza e dimensioni diverse rispetto alla rete metallica, che era l’elemento costitutivo precedente, la cui sostituzione fa rientrare l’intervento nell’ambito della ristrutturazione, per sostituzione di un elemento costitutivo
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 30.05.2006 n. 334 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'08.03.2010

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QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Qual'è la procedura autorizzativa dei cartelli pubblicitari lungo le strade ed in zona paesaggisticamente vincolata?
Un comune lombardo ha posto un quesito in data 26.02.2010 al Servizio Giuridico per l'edilizia, il paesaggio e le valutazioni ambientali della Regione Lombardia del seguente tenore.
In merito all'installazione dei cartelli pubblicitari (es. dimensioni mt. 3,00 x 2,00) lungo le strade provinciali l'art. 23, comma 4, del D.Lgs. n. 285/1992 così dispone: "
23 Pubblicità sulle strade e sui veicoli.
4. La collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse è soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell'ente proprietario della strada nel rispetto delle presenti norme. Nell'interno dei centri abitati la competenza è dei comuni, salvo il preventivo nulla osta tecnico dell'ente proprietario se la strada è statale, regionale o provinciale.
".
Per esemplificare, poniamo che il suddetto cartello da posizionare ricada in zona paesaggisticamente vincolata, all'esterno del centro abitato, lungo una strada provinciale. Al riguardo, parrebbe che i cartelli in questione soggiaciano ad una procedura autorizzativa ambientale diversa, rispetto alla solita autorizzazione paesaggistica, giusto l'art. 153 del D.Lgs. n. 42/2004 il quale così recita: "
Art. 153. Cartelli pubblicitari.
1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell'amministrazione competente, che provvede su parere vincolante, salvo quanto previsto dall'articolo 146, comma 5, del soprintendente. Decorsi inutilmente i termini previsti dall'articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l'amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera cc), numero 1), del d.lgs. n. 63 del 2008)
2. Lungo le strade site nell'ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole del soprintendente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela."
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera cc), numero 2), del d.lgs. n. 63 del 2008).
Il suddetto comma 2 prevede che necessiti acquisire preliminarmente agli atti l'obbligatorio "parere favorevole del soprintendente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela".
Detto ciò, stamane ho contattato telefonicamente l'Avv. ... della Provincia di ... il quale sostiene che il suddetto art. 153 non si applica al caso di specie e, quindi, necessita rilasciare comunque l'autorizzazione paesaggistica poiché la Regione Lombardia ha legiferato in materia ex art. 80 l.r. n. 12/2005 in ossequio a quanto previsto dall'art. 158 del D.Lgs. n. 42/2004.
Non solo, c'è anche un'ulteriore problematica da sviscerare ovverosia se per l'installazione del suddetto cartello pubblicitario necessiti presentare la richiesta del permesso di costruire (ovvero presentare la d.i.a.) oppure l'atto abilitativo è solo quello di cui all'art. 23, comma 4, del codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992) così come sostengono le ditte che vogliono installare tali cartelli.
Riassumendo, per l'esempio sopra indicato, lo scrivente propende per la seguente procedura autorizzativa:
1- l'interessato presenta al comune la richiesta del permesso di costruire (ovvero d.i.a.) per l'installazione del cartello pubblicitario. Invero, tale cartello non può considerarsi opera precaria per la quale non abbisogna rilasciare alcun titolo abilitativo di tipo edilizio-urbanistico. La suddetta istanza dovrà essere istruita circa la verifica di compatibilità, tra l'altro, con le disposizioni del vigente P.T.C.P.;
2- il comune acquisisce agli atti l'autorizzazione dell'Amministrazione Provinciale (cfr. art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 285/1992). Tale autorizzazione attiene agli aspetti propri del codice della strada (es.: distanza minima tra un cartello e l'altro, distanza minima dagli incroci stradali, verifica che i colori del cartello con siano causa di distrazione da parte degli automobilisti, ecc.) e tale autorizzazione, così come l'autorizzazione paesaggistica per la d.i.a. ovvero permesso di costruire, è un atto propedeutico all'atto abilitativo di cui al punto precedente;
3- il comune acquisisce il parere favorevole del soprintendente (cfr. art. 153, comma 2, d.lgs. n. 42/2004);
4- il comune rilascia il richiesto permesso di costruire ovvero la d.i.a. presentata diviene efficace nei termini di legge.
DOMANDA: è corretto procedere nel modo sopra indicato?
* * * * *
Ecco la risposta del 03.03.2010 del Servizio Giuridico per l'edilizia, il paesaggio e le valutazioni ambientali della Regione Lombardia inviata con e-mail.
Con riferimento alla questione prospettata, si rileva quanto segue.
L'art. 153, 1°, comma del D.Lgs. 42/2004 deve intendersi ... (continua)

EDILIZIA PRIVATA: Quesito sui pannelli solari e/o fotovoltaici.
Installazione e qualificazione intervento come “manutenzione ordinaria”. Necessità o meno del Permesso di Costruire ovvero D.I.A..

Al fine di poter compiutamente illustrare il quesito che si andrà a formulare, necessita introdurre una breve premessa.
L’art. 11, comma 3, del D.Lgs. 30.05.2008 n. 115 così recita:
3. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26, comma 1, della legge 09.01.1991, n. 10, e successive modificazioni, gli interventi di incremento dell'efficienza energetica che prevedano l'installazione di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro, nonché di impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, sono considerati interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, e successive modificazioni, qualora la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del tetto stesso. In tale caso, fatti salvi i casi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 19.08.2005, n. 192, e successive modificazioni, è sufficiente una comunicazione preventiva al Comune.”.
Il servizio Giuridico-Legislativo per l’Urbanistica e il Territorio della Regione Lombardia, con nota 01.10.2008 n. 17773 di prot. in risposta ad un quesito del Comune di Agrate Brianza (MI), opportunamente rileva «… che l’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 115/2008 prevede che siano soggetti alla disciplina della d.i.a. “i casi di cui all’art. 3, comma 3, lett. a), del D.Lgs. n. 192/2005”.
Tale ultima disposizione statuisce che “sono escluse dall’ambito di applicazione del presente decreto le seguenti categorie di edifici e di impianti:
a) gli immobili ricadenti nell’ambito della disciplina della parte seconda e dell’art. 136, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe una alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto con particolare riferimento ai caratteri storici o artistici”.
Precisamente, l’art. 136, comma 1, lett. b) e c) D.Lgs. n. 42/2004 individua come immobili ed aree di notevole “interesse pubblico”:
a) […];
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte Seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
d) […].
».
Ciò premesso, il Servizio Giuridico-Legislativo della Regione Lombardia perviene alle seguente conclusione:
1. per la realizzazione di impianti fotovoltaici di modeste dimensioni aderenti o integrati nel tetto dell’edificio, che rispettano i parametri individuati dall’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 115/2208, non è necessario richiedere la d.i.a. (ndr: ovvero il permesso di costruire);
2. la d.i.a. (ndr: ovvero il permesso di costruire) è necessaria per quegli impianti che, pur avendo le caratteristiche ex art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 115/2008, incidano sulle aree di notevole interesse pubblico sopra indicate, comportando una alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto con particolare riferimento agli aspetti storici o artistici.
Stante la situazione giuridica siccome prospettata più sopra e, precisamente, con riferimento alla necessità della d.i.a. di cui al punto 2. avremmo la casistica operativa di seguito riportata in ordine alla corretta definizione dell’intervento edilizio di che trattasi ex art. 27 L.R. n. 12/2005 ... (continua).
* * * * *
Ecco la risposta 01.03.2010 della Direzione Generale Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia dell’01.03.2010 inviata con e-mail.
Si fa seguito alla mail del 03.11.2009, per specificare quanto segue.
La questione sollevata, relativa alla ... (continua)

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Rimborso ordine professionale oneri previdenziali, assistenziali, assicurativi.
Il Comune di (omissis) chiede di sapere se è tenuto a rimborsare, a un ordine professionale gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi relativamente ai permessi retribuiti concessi ad un proprio dipendente, il quale svolge il mandato di assessore comunale e se, in caso di aspettativa, sia applicabile altresì la disciplina di cui all'art. 86 del TUEL 267/2000 (Regione Piemonte, parere n. 149/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rilascio permesso a costruire impianto fotovoltaico sottoposto a vincolo urbanistico.
Si chiede parere in merito alla possibilità di rilascio di un permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di un impianto fotovoltaico da installare in zona sottoposta a vincolo di rispetto cimiteriale e, parzialmente, in fascia di rispetto stradale (Regione Piemonte, parere n. 140/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

UTILITA'

ENTI LOCALI: Il Milleproroghe è legge: novità per rinnovabili, testo unico sicurezza, appalti pubblici, ...
Sul Supplemento Ordinario 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27.02.2010 è stata pubblicata la Legge 26.02.2010, n. 25, conversione in legge, con modificazioni del D.L. 30.12.2009, n. 194 , c.d. “mille proroghe”.
Ecco alcuni dei punti principali del provvedimento ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Le Opere di protezione contro la caduta nei cantieri dalla Provincia di Bolzano.
D-A-CH-S è un gruppo di lavoro internazionale formato da esperti provenienti dalla Germania, Austria, Svizzera e Alto Adige, che ha lo scopo di elaborare regolamenti standardizzati internazionali per sistemi di protezione contro le cadute dall’alto nei lavori in quota ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Dall'ASL di Trento la collana "Strumenti per la formazione Sicurezza sul Lavoro".
L’Unità operativa Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento, ha realizzato la collana "Strumenti per la formazione SSL" che raccoglie pubblicazioni dedicate alla promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il rischio di fulminazione dei sistemi di generazione fotovoltaica.
Sulla rivista "Prevenzione Oggi" dell’ISPESL è pubblicato un interessante articolo dal titolo "Il rischio di fulminazione dei sistemi di generazione fotovoltaica".
Gli impianti fotovoltaici, che hanno avuto negli ultimi anni una notevole diffusione, possono essere soggetti a guasti originati da sovratensioni e/o sovracorrenti dovute a fenomeni atmosferici, cioè a effetti prodotti dai fulmini ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Il manuale per gli incaricati di primo soccorso dell'Inail aggiornato al Testo Unico della Sicurezza.
Il Manuale per incaricati di primo soccorso, realizzato dall'Inail nel 2001, è stato aggiornato secondo le disposizioni del D.Lgs. 81/2008.
Con “primo soccorso”, si indica l’insieme di manovre che si applica senza l’ausilio di attrezzature particolari e che consente di preservare la vita o migliorare le condizioni generali della persona che ha bisogno di soccorso ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Sicurezza cantieri: arriva la guida interattiva.
Pubblicato un vademecum basato su domande e risposte e rivolto al committente e al responsabile lavori del cantiere
Con l’intento di fornire ai Committenti e ai Responsabili dei Lavori, uno strumento operativo (interattivo), basato su domande e risposte, che li supporti nell’ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, è stato preparato un vademecum redatto in collaborazione tra Ordini e Collegi Professionali, Collegio Costruttori Edili dell’Associazione Industriali, SPSAL AUSL, Comune di Reggio Emilia–Servizio Edilizia Privata, Provincia di Reggio Emilia ... (link a
www.ediliziaurbanistica.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del 05.03.2010, "Presidenza - Direzione Centrale Affari Istituzionali e legislativo - Struttura Segreteria di Giunta - Nuovo testo risultante dalle modifiche apportate dalla l.r. 05.02.2010 n. 7" (comunicato regionale 03.03.2010 n. 32 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del 05.03.2010, "Regolamento regionale per l'installazione di sonde geotermiche che non comportano il prelievo di acqua, in attuazione dell'art. 10 della l.r. 11.12.2006 n. 24 (Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente)" (Regolamento Regionale 15.02.2010 n. 7 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia. serie ordinaria al n. 9 dell'01.03.2010, "Linee guida in materia di bonifica di siti contaminati" (deliberazione G.R. 10.02.2010 n. 11348 - link a www.infopoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

LAVORI PUBBLICI: G. Guzzo, Le nuove regole del Project Financing: corsi e ricorsi storici (link a www.ambientediritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: C. Rapicavoli, D.Lgs. 27.10.2009 n. 150 - Incarichi dirigenziali a tempo determinato negli Enti Locali - Compatibilità con l'art. 110 del D.Lgs. 267/2000 - Prime linee giuda dell'ANCI (link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Iliadis, Che succede quando piove su un piazzale di cava? (nota a Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.12.2009 n. 7618) (link a www.filodiritto.it).

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA: V. Salamone, I vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione per pubblica utilità (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: M. T. Oreste, Pareri tecnici. Diritto di accesso e riservatezza. Orientamenti giurisprudenziali (commento a TAR Liguria, Sez. II, 17.12.2009 n. 3782) (link a www.diritto.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: G. Gioffrè, Il diniego di accesso alle minute dei verbali ed alle registrazioni delle sedute dei consigli comunali e provinciali (link a www.diritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Pneumatici usati: in arrivo l’ecotassa (link a www.ambientelegale.it).

APPALTI: L. Bellagamba, LA VALIDITÀ TEMPORALE DEL DURC NEGLI APPALTI PUBBLICI È DI TRE MESI – LA RESIDUALE INEVITABILITÀ PRATICA DI DOVER FAR RIFERIMENTO ALLA DATA DEL RILASCIO DEL DOCUMENTO – L’ESSENZIALITÀ DELLA VERIFICA DELL’EFFETTIVA EQUIVALENZA DELLE DIVERSE TIPOLOGIE DI DURC – L’APPOSIZIONE DI UN TERMINE MENSILE SUL DURC (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: L. Bellagamba, La determinazione dell’Autorità sui requisiti di ordine generale (12.01.2010, n. 1) (link a www.linobellagamba.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Ciaglia, La disciplina dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione introdotta dal Codice dei contratti (L'Ufficio Tecnico n. 11-12/2009).

NEWS

ENTI LOCALI: Normattiva, attendere prego.
Normattiva, la banca dati normativa gratuita realizzata dal ministero della semplificazione e gestita dall'Istituto poligrafico e Zecca dello stato, resta ancora un servizio per pochi eletti.

È infatti scaduto il termine del 1° marzo entro cui doveva essere consentita la libera consultazione delle leggi della repubblica on-line sul sito www.normattiva.it.
Ma, a causa di problemi tecnici dovuti alla necessità di apportare «miglioramenti alle funzionalità di ricerca dei dati», almeno stando a quanto dichiarato dalla redazione web del sito, «si è determinato uno slittamento rispetto alla data dell'annunciata attivazione».
L'accesso al sito resta perciò riservato solo a un limitato numero di utenti provvisti di username e password. È proprio il caso di dire: «Normattiva? Attendere, prego» (articolo ItaliaOggi del 06.03.2010, pag. 23).

APPALTI: Appalti, più concorrenza sulle opere specialistiche. Parere positivo di palazzo spada sullo schema di regolamento.
Parere positivo del Consiglio di stato sullo schema di regolamento del Codice dei contratti pubblici, ma la disciplina sui requisiti per l'esecuzione delle opere cosiddette superspecialistiche deve essere rivista alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità per non restringere la concorrenza; il limite ai ribassi nelle gare di progettazione viene ritenuto in contrasto con il principio della derogabilità dei minimi. Deve essere precisato che il regolamento non è vincolante per le regioni a statuto speciale e per le province autonome; sono inammissibili i compensi a tariffa per i dipendenti pubblici che partecipano a commissioni di collaudo miste. Da rivedere alcune norme sulla qualificazione e sulle Soa.

Sono questi i principali punti sui quali si sofferma il parere 24.02.2010 n. 313 del Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi (presieduta da Giancarlo Coraggio), che ha preso in esame lo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici (dlgs 12.04.2006, n. 163).
In merito alla struttura dello schema il Consiglio di stato, analogamente a quanto fatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (vedi ItaliaOggi del 3 marzo), ha espresso una certa perplessità sull'estremo dettaglio delle norme e sulla loro natura integrativa più che attuativa ed esecutiva del Codice, mettendo in luce che «mai come in questo caso, la semplificazione e il principio del minimo mezzo si rendono indispensabili, sia sul piano formale, sia su quello sostanziale». Conseguentemente la sezione rileva come «probabilmente il nuovo schema di regolamento avrebbe potuto evitare alcuni eccessi normativistici, fermo comunque che esso appare suscettibile di un giudizio globalmente positivo».
Per quel che riguarda l'applicabilità delle norme regolamentari il Consiglio di stato richiede di specificare che esse si applichino soltanto alle regioni a statuto ordinario. Secondo i giudici, infatti, in base alle pronunce della Corte costituzionali, il Codice e la maggior parte del regolamento (ad esclusione delle norme sulla programmazione, gli organi del procedimento e le commissioni giudicatrici), incidendo sulla materia della concorrenza, sono riservate al legislatore statale.
In riferimento alla disciplina della verifica dei progetti si segnala come non debba essere previsto un compenso ulteriore, rispetto alla retribuzione, per i dipendenti pubblici che dovessero svolgere tale attività, in quanto si determinerebbe una disparità di trattamento con gli altri dipendenti pubblici. Per quel che riguarda la disciplina degli affidamenti di progettazione le critiche si appuntano sulla norma che prevede l'obbligo di stabilire un tetto ai ribassi (in contrasto con la normativa primaria che stabilisce la derogabilità dei minimi professionali) e sull'altra norma che richiama soltanto il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, «quasi che questo criterio sia il solo possibile», «mentre invece si pone in alternativa con il prezzo più basso». Il Consiglio di stato critica, sulla scia dell'Autorità, la possibilità di affidamento all'esterno di attività promozionali.
Sulla rivalutazione dei lavori eseguiti, ai fini della qualificazione delle imprese costruzioni, si critica l'esclusione dei lavori privati o eseguiti in proprio; perplessità (anche di ordine comunitario) sulla norma che ammette che l'impresa si qualifichi con i lavori affidati in subappalto anche per categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (con il limite del 10%): tale possibilità deve essere esclusa, dovendo rimanere soltanto i limiti del 30 e 40% del subappalto ai fini dell'utilizzabilità dell'intero importo dei lavori.
Sull'allegato A1 in materia di requisiti per le opere superspecialistiche, dopo avere dato conto delle opposte posizioni espresse da Agi (Associazione Imprese generali) e da Finco, il parere precisa che, «fermo restando che l'individuazione in concreto dei requisiti di specializzazione rientra nell'apprezzamento di merito amministrativo riservato al ministero, la scelta di merito deve essere tale da acclarare quale sia la effettiva esigenza di qualità per le stazioni appaltanti in relazione alle opere superspecialistiche”. Ma ciò deve avvenire tenendo conto della necessità di evitare restrizioni alla concorrenza (che l'Autorità di vigilanza nel suo parere ha chiaramente riscontrato) e garantire il potenziale accesso al mercato di tutti gli operatori in grado di eseguirle2, inoltre, nota il parere, «requisiti sproporzionati rischiano di restringere la concorrenza e porsi in contrasto con il diritto comunitario e nazionale». Sarà quindi il ministero a dovere rivalutare la questione.
Come l'Autorità, anche il Consiglio di stato boccia l'ipotesi di attribuire un compenso stabilito secondo le tariffe professionali ai dipendenti che fanno parte delle commissioni di collaudo miste, dal momento che essi «percepiscono lo stipendio e l'incentivo» e che da ciò deriverebbero oneri aggiuntivi per l'amministrazione (articolo ItaliaOggi del 06.03.20010, pag. 23).

CONSIGLIERI COMUNALI: OSSERVATORIO VIMINALE / COMMISSIONI CONSILIARI.
È possibile costituire una commissione consultiva consiliare i cui componenti appartengano esclusivamente allo schieramento di maggioranza, o la maggioranza può individuare anche i componenti che rappresentano la minoranza, qualora lo statuto e il regolamento dell'ente prevedono che tali commissioni siano composte nel rispetto del criterio proporzionale fra le forze politiche presenti in consiglio?
Lo statuto dell'ente in questione prevede che la deliberazione consiliare istitutiva delle commissioni in argomento sia adottata «a maggioranza assoluta dai consiglieri assegnati al consiglio».
Tuttavia tale disposizione va raccordata con le altre inerenti alla materia e, segnatamente, con la previsione statutaria che impone, per dette commissioni, il vincolo alla composizione «con criterio proporzionale», e con quello del «Regolamento per le sedute del consiglio comunale», in base alle quali i componenti delle cennate commissioni, proporzionati al «numero dei gruppi consiliari» sono nominati dal consiglio comunale «su designazione dei singoli gruppi consiliari, (ivi compresi, pertanto quelli di minoranza) secondo le rispettive spettanze».
Alla stregua dei surriferiti principi, dovrebbe reputarsi preclusa la possibilità che le commissioni possano essere costituite con componenti appartenenti esclusivamente alla maggioranza e che non sia ipotizzabile che quest'ultima provveda alla nomina dei componenti spettanti ai gruppi di minoranza (articolo ItaliaOggi del 05.03.2010, pag. 37).

ENTI LOCALI: Enti locali, controlli a tutto campo. Il ministro Calderoli ha anticipato nel ddl anticorruzione le norme del Codice autonomie. Verifiche trimestrali, bilancio consolidato e qualità ai raggi X.
È un'anticipazione del Codice delle autonomie la parte del disegno di legge anticorruzione dedicata ai controlli negli enti locali.
Il testo del ddl, infatti, altro non fa se non estrapolare dall'iniziativa del ministro Calderoli rivolta ad ammodernare l'ordinamento locale la parte che era dedicata al sistema dei controlli di gestione. Il ddl punta sul potenziamento dei controlli interni di gestione, il cui funzionamento ottimale può essere uno strumento utile per la lotta agli sprechi e, indirettamente, a cattive gestioni che possano nascondere proprio pericoli di corruttela.
Le modalità per lo svolgimento del controllo di gestione saranno fissare dagli statuti e dai regolamenti di contabilità. Il controllo di gestione dovrà, in primo luogo, verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, in secondo, rilevare il livello di efficienza, efficacia ed economicità della gestione, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti.
Per tale ragione, il controllo di gestione riguarda l'intera attività amministrativa e gestionale degli enti locali e va svolto periodicamente. Nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e nelle unioni di comuni, ove si presuppone possano non esservi servizi interni, il controllo di gestione è affidato al responsabile del servizio economico-finanziario o, in assenza, al segretario comunale, in ogni caso, l'attività può essere svolta anche mediante forme di gestione associata con altri enti limitrofi.
Le fasi del controllo di gestione sono almeno 3. La prima consiste nella predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi, che negli enti con popolazione superiore ai 15.000 abitanti si accompagna al piano esecutivo di gestione. La seconda fase riguarda la rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi, nonché dei risultati raggiunti. Infine, la terza comprende la valutazione dei dati rilevati, per metterli in rapporto al piano degli obiettivi e, così, stabilire il loro grado di attuazione per misurare l'efficacia dell'azione amministrativa.
Il disegno di legge intende anche apprestare sistemi di sana gestione finanziaria tendenti ad evitare pratiche elusive dei vincoli finanziari e normativi relativi alla gestione del bilancio, del personale e degli appalti, prevalentemente realizzate mediante la costituzione di società partecipate.
Per questa ragione, si punta al bilancio consolidato, che dovrà esporre i risultati, secondo il principio della competenza economica, complessivamente conseguiti dall'attività gestione dell'ente locale, comprendente anche quelli delle aziende partecipate. Le esternalizzazioni, pertanto, non potranno essere più il mezzo per nascondere gestioni in perdita o, comunque, per scavalcare oneri procedimentali contando su una gestione privata solo sul piano formale. Tanto è vero che le partecipate dovranno a loro volta rispettare le norme di legge sui vincoli di finanza pubblica: il che significa anche attenersi ai limiti operativi e procedurali previsti per assumere personale, acquisire appalti, contrarre mutui. Gli enti locali dovranno garantire il rispetto di questi vincoli a carico delle partecipate, fissando preventivamente obiettivi gestionali, da verificare attraverso un sistema di controlli sulla corretta applicazione delle norme e sulla situazione contabile, gestionale e organizzativa delle società.
Sempre sul fronte dei controlli, il ddl introduce quello della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni; si imporrà l'utilizzo della rilevazione del gradimento degli utenti esterni e interni dell'ente. Il ddl, per quanto risulti in linea con il dlgs 150/2009, costruisce un sistema di programmazione, gestione e controllo peculiare per gli enti locali.
Sono, comunque, piuttosto evidenti i rischi di creazione di un ulteriore carico di adempimenti. Basti pensare che si prevede l'introduzione per gli atti di impegno di spesa (rilasciato anche nella determinazione a contrattare, per l'attestazione relativa alla base di gara, e nella stipulazione di contratti di servizio con le aziende partecipate) di un «parere di congruità», col quale il responsabile del servizio interessato attesti sotto la propria personale responsabilità amministrativa e contabile, oltre alla rispondenza dell'atto alla normativa vigente, il rispetto dei criteri di economicità ed efficienza, il comprovato confronto competitivo, anche tenuto conto dei parametri di riferimento relativi agli acquisti in convenzione col sistema Consip (articolo ItaliaOggi del 05.03.2010, pag. 36).

INCENTIVO PROGETTAZIONE: Gli incentivi per i progettisti degli enti tornano al 2%.
Nuovamente al 2% lordo dell'importo a base di gara l'incentivo per i progettisti delle pubbliche amministrazioni.
Il collegato lavoro (S.1167-B), approvato dal Senato in via definitiva il 03.03.2010 ed in attesa di pubblicazione sulla G.U., ripristina la vecchia soglia massima dell'incentivo, abolendo il comma 7-bis dell'articolo 67 del d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008, che l'aveva ridotta allo 0,5%. Tutto torna, dunque, come prima. Gli enti potranno nuovamente contare su una più piena disponibilità dei propri progettisti, superando i malumori determinati dalla riduzione di ben tre quarti dell'incentivo da anni previsto dalla normativa.
Si riproporrà, tuttavia, nuovamente il problema delle decorrenze. Come è noto la magistratura contabile, in particolare la Sezione autonomie della Corte dei conti, ha ritenuto che la riduzione dell'incentivo allo 0,5% massimo dovesse valere solo per le progettazioni affidate ai tecnici successivamente alla data dell'01/01/2009, ritenendola non retroattiva; una teoria certamente di favore nei confronti dei tecnici, ma non completamente persuasiva, per altro contraria alle interpretazioni fornite, invece, della ragioneria generale dello Stato.
Sta di fatto che le amministrazioni hanno continuato a liquidare al 2% gli incentivi per progettazioni affidate antecedentemente al 1° gennaio 2009; mentre hanno iniziato a liquidare allo 0,5% per quelle successive. Applicando, adesso, il medesimo criterio interpretativo, allora, non dovrebbe essere possibile per le amministrazioni agire diversamente, ora che l'aliquota è stata portata al 2%. Il principio dell'irretroattività dovrebbe continuare a valere.
Dunque, tutti gli incarichi di progettazione interna affidati prima dell'entrata in vigore del collegato alla Finanziaria dovrebbero continuare a essere pagati allo 0,5% nel massimo. Soprattutto se gli enti avessero impegnato a tale fine la spesa limitatamente all'importo dello 0,5%, come molti in realtà hanno fatto. In effetti, l'interpretazione basata sulla questione di retroattività della norma mostra, adesso, i suoi problemi.
L'abolito comma 7-bis non aveva, a ben vedere, previsto una riduzione dell'ammontare dell'incentivo dal 2% allo 0,5%, ma aveva prescritto che dell'incentivo si pagasse solo un quarto, imponendo di conservare al bilancio dello Stato o, per gli enti locali, dei loro bilanci, la restante somma. Non applicando l'interpretazione retroattiva, gli enti avrebbero potuto mantenere l'impegno di spesa al massimo possibile del 2% e avrebbero potuto da subito ripristinare il pagamento entro questa soglia. Invece, la prevalenza dell'interpretazione suggerita dalla magistratura contabile crea un impasse operativo, destinato a durare qualche tempo, finché non andranno a regime i pagamenti degli incarichi nuovi (articolo ItaliaOggi del 05.03.2010, pag. 35).

PUBBLICO IMPIEGO: Pubblico impiego al restyling. Le novità del collegato lavoro. Aspettativa di un anno per iniziare un'attività imprenditoriale. Comunicazioni online più facili, modificabile il part-time.
Dalla facilitazione delle comunicazioni on-line delle assunzioni, alla possibilità di rivedere i provvedimenti di concessione del part-time, sono molteplici le norme del collegato-lavoro alla finanziaria del 2009, approvato in via definitiva ieri al senato.
Comunicazioni telematiche. Si consentirà alle amministrazioni pubbliche di non comunicare più le assunzioni entro le ore 24 del giorno antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro, ma entro il ventesimo giorno successivo del mese nel quale si è proceduto all'assunzione, alla proroga, alla trasformazione ed alla cessazione del rapporto di lavoro. Insomma, si applica alla pubblica amministrazione una disciplina analoga a quella prevista per le agenzie per il lavoro, esentate dalla comunicazione preventiva essendo per loro sostanzialmente impossibile assumere con contratti irregolari.
Con tre anni di distanza, il legislatore ha preso atto che anche nelle pubbliche amministrazioni l'attivazione di rapporti di lavoro nero è, di fatto, impossibile e, dunque, semplifica le comunicazioni. Il provvedimento interesserà anche le scuole, che già da tempo godevano di una deroga rispetto alle comunicazioni preventive. Si attendono, tuttavia, i criteri e le modalità per procedere alle comunicazioni, da determinare con una circolare del ministro della funzione pubblica. In caso di mancata o incompleta comunicazione, i dirigenti rischieranno una valutazione negativa ai fini della performance individuale.
Il datore di lavoro pubblico potrà assolvere all'obbligo di informare il proprio dipendente dell'avvenuta instaurazione del rapporto di lavoro fornendogli copia della comunicazione ai servizi provinciali per l'impiego sempre entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, oppure dandogli copia del contratto individuale di lavoro.
Conferimento dati alla borsa nazionale del lavoro. Anche le amministrazioni pubbliche dovranno conferire alla borsa nazionale del lavoro i dati relativi agli avviamenti. Entro cinque giorni dalla data di pubblicazione dei bandi di concorso, gli enti dovranno inserire nei nodi regionali della borsa i dati relativi alle procedure concorsuali previste dagli articoli 35 e 36 del dlgs 165/2001; detti dati saranno definiti da un successivo decreto del ministero del lavoro.
Il medesimo adempimento dovrà essere posto in essere anche per le procedure comparative attivate ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs 165/2001, allo scopo di selezionare i collaboratori esterni.
Esuberi per mobilità. Il trasferimento o il conferimento di funzioni tra amministrazioni statali, da un lato e regionali o locali, dall'altro, e, comunque, tra amministrazioni pubbliche tra loro, non può comportare la duplicazione delle strutture amministrative. Di conseguenza il personale adibito ai servizi oggetto del trasferimento di funzioni, se non passano in mobilità presso l'altro ente, dovranno essere dichiarati in esubero e dovranno essere inseriti nelle liste di disponibilità del personale. Lo stesso varrà anche per i processi di esternalizzazione delle funzioni da amministrazioni pubbliche verso soggetti privati.
Assegnazioni temporanee. Finita l'era dei distacchi o comandi a tempo indeterminato. Per motivate esigenze organizzative, da evidenziare nei programmi triennali delle assunzioni, le amministrazioni potranno ricevere l'assegnazione di personale dipendente da altri enti per un periodo non superiore a tre anni.
Privacy. Si modifica l'articolo 19 del dlgs 196/2003 inserendo un nuovo comma 3-bis che sottrae alla disciplina sulla riservatezza dei dati le notizie riguardanti lo svolgimento delle prestazioni lavorative di chiunque sia addetto a una funzione pubblica; il medesimo regime riguarda anche le relative valutazioni. La norma completa quanto già previsto dall'articolo 4, comma 9, della legge 15/2009.
Non saranno, però, accessibili le notizie riguardanti la natura dell'infermità o degli impedimenti personali o familiari alla base di periodi di astensione dal lavoro, come anche le componenti della valutazione che possano rivelare alcune delle notizie soggette a privacy, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del dlgs 196/2003.
Part time. Le amministrazioni avranno 180 giorni dall'entrata in vigore della legge per potere eventualmente rivedere i provvedimenti di concessione del part time ai dipendenti pubblici già adottati prima dell'entrata in vigore del d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008.
Il tutto dovrà avvenire nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza. Il che rende oggettivamente complicato, se non impossibile, la revisione di provvedimenti adottati magari da anni, incidenti in maniera estremamente impattante sull'organizzazione della vita dei dipendenti.
Aspettativa. Si introduce una nuova ipotesi di aspettativa, fino a un anno, finalizzata a consentire ai dipendenti di testare la possibilità di intraprendere un'attività professionale o imprenditoriale (articolo ItaliaOggi del 05.03.2010, pag. 35).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione di un concorrente per violazione dell'obbligo di chiusura del plico contenente l'offerta economica.
Le formalità imposte dalla lex specialis relativamente alla sigillatura dei vari plichi di cui si compone l'offerta, sono state poste a presidio della loro segretezza, della garanzia dell'identità dell'offerente, e contro il rischio di una loro manomissione.
Nel caso di specie, le finalità sottese al predetto obbligo di sigillatura sono state comunque raggiunte, giacché la busta contenente l'offerta economica si trovava all'interno di un plico correttamente sigillato, aperto in seduta pubblica e contestualmente inserita entro un ulteriore plico, parimenti sigillato, il che ha impedito la manomissione del contenuto della busta economica, garantendone la riconducibilità all'impresa offerente.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un concorrente che abbia presentato la propria offerta economica all'interno di una busta priva dei sigilli di ceralacca, come prescritto dalla lex specialis di gara, ciò in quanto la violazione formale delle clausole di un bando, allorquando non abbiano avuto alcun tipo di incidenza sull'interesse pubblico tutelato dalle norme sull'evidenza pubblica, non è sufficiente ad integrare una causa di esclusione (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.03.2010 n. 483 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Esenzione del contributo di costruzione - Art. 17 d.P.R. 380/2001 - Concetto di imprenditore agricolo - Richiamo all’art. 9 L. n. 10/1977 - Riforma in senso estensivo dell’art. 2135 c.c. - Estraneità - Nozioni parallele di impresa agricola.
Con l’art. 17 del d.P.R. n. 380/2001, il legislatore, pur in presenza di una pressoché coeva riforma in senso estensivo del concetto di imprenditore agricolo dettato dall’art. 2135 c.c., ha persistito nel richiamare una risalente normativa dettata in specifico per l’agricoltura (art. 9 L. n. 10/1977) e non la rinnovata e generalizzata nozione di imprenditore agricolo.
Non è infatti precluso che l’ordinamento mantenga più parallele nozioni di “impresa agricola” in ragione delle diverse finalità per cui detta nozione viene definita; l’esenzione dal contributo di costruzione si collega ragionevolmente al ritenuto minor impatto sul carico urbanistico che ovviamente potrà assumere caratteristiche del tutto differenti a seconda della natura più o meno intensiva dell’attività, e conseguentemente dal maggior o minore impatto ambientale che essa comporta (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 01.03.2010 n. 1302 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza.
Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza, in quanto, data la sua connotazione in termini negoziali, gli è estranea la possibilità di conseguire quella particolare qualità o stabilità consistente nella immutabilità dell'accertamento, ossia il "far stato tra le parti" previsto per le sentenze dall'art. 2909 c.c., che è proprio ed esclusivo delle sentenze che provengono dall'autorità giurisdizionale statuale.
Si può, dunque, affermare che sebbene il lodo abbia "efficacia di sentenza", l'assimilazione del lodo alla sentenza può riguardare soltanto gli effetti processuali della decisione e il suo regime di impugnazione, non potendo valere a fare acquisire al lodo, data la propria inidoneità in tal senso, l'autorità di cosa giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non più impugnabile per nullità (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.03.2010 n. 1213 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 844 c.c. - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti applicativi - Differenza - Fattispecie.
Il presupposto per l’applicazione dell’art. 844 del cod. civ. è la produzione di un danno al proprietario del fondo vicino, mentre il presupposto per l’applicazione dell’art. 9 della legge n. 447 del 1995 è la sussistenza di eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente.
Ne consegue che l’ordinanza con cui il sindaco vieti l’effettuazione all’esterno dei capannoni di determinate attività produttive, non può essere sostenuta dal mero richiamo ad una sentenza del Tribunale Civile: il richiamo in questione non è idoneo a cogliere i presupposti stabiliti per l’emanazione delle ordinanze sindacali di cui all’art. 9 cit., avendo la sentenza del Tribunale Civile presupposti differenti (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 01.03.2010 n. 587 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della clausola di un bando di gara che demandi l'esclusione di un concorrente ad un organo monocratico.
E' illegittima la clausola di un bando che consenta l'adozione di un provvedimento di esclusione da parte del solo Presidente della commissione di gara, anziché dall'intero collegio giudicante, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti), nel caso in cui la scelta dell'aggiudicatario avvenga con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione è demandata ad una commissione giudicatrice, che opera secondo le norme stabilite dal regolamento, e la verifica in ordine alla regolarità dei plichi ed alla sussistenza dei requisiti per la partecipazione alla gara, nonché le determinazioni di ammissione o di esclusione dei concorrenti, costituiscono attività avente carattere decisorio, che rientra, quindi, nei compiti della commissione di gara, da svolgersi in composizione plenaria, nel pieno rispetto del c.d. principio della "collegialità perfetta" (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 26.02.2010 n. 1195 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: VIA - Progetto definitivo sensibilmente diverso da quello preliminare - Art. 42 d.lgs. n. 152/2006 - Rinnovo dell’istruttoria - Successivo procedimento autorizzatorio.
L’art. 42, c. 4 del d.lgs. 03.04.2006, n. 152 impone la rinnovazione dell’istruttoria ai fini del rilascio della VIA anche nel caso di progetto definitivo sensibilmente diverso da quello preliminare; il successivo procedimento autorizzatorio non può che svolgersi sullo stesso progetto che la VIA abbia ottenuto, sicché, nel caso di variazioni sostanziali del medesimo che portino ad un progetto “sensibilmente diverso” deve al riguardo essere acquisita nuova VIA su quest’ultimo, pena altrimenti l’elusione del giudizio di compatibilità ambientale e restando ovviamente irrilevante l’istruttoria compiuta sul progetto variato in sede di conferenza di servizi.(cfr. Cons. St., Sez. VI, 31.01.2007, n. 370; cfr. altresì Cons. St., Sez. V, 16.06.2009, n. 3849, laddove è stata affermata, sia pure in diversa fattispecie concernente la sottoposizione a VIA di porzioni di opera, la necessità che la valutazione ambientale debba riguardare unitariamente l’opera nel suo complesso allo scopo di poterne apprezzare i livelli di qualità finale, pena altrimenti l’elusione delle finalità perseguite dalla legge attraverso la stessa VIA) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.02.2010 n. 1142 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione e gestione di impianti eolici - Attività d’impresa liberalizzate - Autorizzazione unica regionale - Titolo sostitutivo del permesso di costruire - Comune - Interesse ad una corretta localizzazione urbanistica - Conferenza di servizi.
La realizzazione e gestione di impianti eolici rientra tra le attività di impresa liberalizzate, non essendovi alcuna privativa in favore di enti pubblici o soggetti concessionari; essa, a scopo di semplificazione burocratica e in ossequio ai principi comunitari, è sottoposta ad una autorizzazione unica regionale, previa conferenza di servizi; tale autorizzazione unica costituisce anche titolo per la costruzione dell’impianto, e dunque è sostitutiva anche del permesso di costruire ed il Comune può far valere il proprio interesse ad una corretta localizzazione urbanistica del parco eolico, e alla sua conformità edilizia, nell’ambito della conferenza di servizi che precede il rilascio dell’autorizzazione unica (v. il parere della Sez, 3^ di questo Consiglio 14.10.2008 n. 2849).
Regolamento Regione Puglia n. 16/2006 - Mancanza del piano regolatore per l’installazione di impianti eolici - Impedimento alla realizzazione sul territorio comunale di siffatti impianti - Esclusione - Contrasto con il principio fondamentale di cui al d.lgs. n. 387/2003 - Conclusione del procedimento autorizzatorio in 180 giorni - Sentenza Corte Cost. n. 364/2006.
La mancanza del piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (art. 14 del regolamento della Regione Puglia n. 16/2006) non può impedire la realizzazione sul territorio comunale di siffatti impianti, atteso che una tale interpretazione verrebbe a sospendere sine die le richieste di autorizzazione in tale settore ponendosi in contrasto con il principio fondamentale del D.L.vo n. 387/2003, che esige la conclusione del procedimento in 180 giorni, come già statuito dalla sentenza Corte Cost. n. 364/2006 proprio con riferimento ad una disposizione legislativa della regione Puglia avente un effetto sospensivo analogo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.02.2010 n. 1139 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAFino a quando l'Amministrazione non si sia pronunciata su una domanda di condono edilizio, il richiedente ha la facoltà di modificare, sostituire o anche rinunciare alla richiesta di sanatoria.
Il Collegio ritiene di poter condividere la sentenza TAR Toscana-Firenze, sez. III, 21.12.2004, n. 6520, che afferma che “costituisce principio generale quello secondo cui gli atti propulsivi posti in essere dal soggetto privato nella fase preparatoria del procedimento amministrativo possono essere modificati e ritirati dall'interessato fino al momento in cui non sia intervenuto il provvedimento terminale della fattispecie provvedimentale. Fino a quando l'Amministrazione non si sia pronunciata su di una domanda di condono edilizio, il richiedente ha la facoltà di modificare, sostituire o anche rinunciare alla richiesta di sanatoria, non ostandovi nell'ordinamento una norma impeditiva di tale potere e inoltre deve ritenersi consentita la rinuncia parziale alla domanda di condono edilizio, anteriormente all'adozione del richiesto provvedimento concessorio” (in tal senso anche TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 19.06.1997, n. 480 ed in termini sostanzialmente equivalenti, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 18.12.1987, n. 490) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 26.02.2010 n. 998 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALILa rappresentanza in giudizio del Comune compete esclusivamente al Sindaco, quale rappresentante legale dell'ente e non al Dirigente.
La rappresentanza in giudizio del Comune compete esclusivamente al Sindaco, quale rappresentante legale dell'ente, e non al Dirigente per cui è nulla -per violazione dell'art. 145 c.p.c. che disciplina le notificazioni alle persone giuridiche- la notifica del ricorso qualora lo stesso sia stato notificato al Comune in persona del Dirigente (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 25.01.2005, n. 155; TAR Lazio-Roma, sez. II, 06.05.2009, n. 4743; TAR Basilicata, 21.05.2007, n. 413; TAR Sicilia-Palermo, sez. II, 13.03.2007, n. 799; TAR Sicilia-Palermo, sez. III, 06.06.2005, n. 954) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 26.02.2010 n. 227 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Soggetto sottoposto a procedimento penale ex art. 256 d.lgs. n. 152/2006 - Amministrazione comunale - Individuazione quale responsabile dell’abbandono - Legittimità.
Il soggetto individuato dalle competenti forze dell’ordine quale autore e gestore di una discarica non autorizzata e, per tali motivi, ai sensi dell’art. 256 del codice dell’ambiente, deferito all’autorità giudiziaria e sottoposto a specifico procedimento penale è correttamente individuato dall’amministrazione comunale quale soggetto responsabile dell’abbandono: una tale valutazione costituisce il frutto di un accertamento sufficientemente idoneo, in forza del procedimento penale avviato, a supportare le conclusioni cui sarebbe pervenuta l’amministrazione comunale ai sensi dell’art. 192 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 25.02.2010 n. 640 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTINel passaggio dalla fase di aggiudicazione provvisoria a quella definitiva il dirigente non può procedere alla riapertura della gara.
La ditta ricorrente, nella pronuncia in commento, contesta l’operato del dirigente nelle operazioni di gara: in quanto egli non si limita ad una verifica dell’operato della Commissione, come passaggio tipico dalla fase di aggiudicazione provvisoria a quella definitiva, bensì procede ad una sorta di riapertura della gara e ripetizione della stessa, riesaminando la documentazione, peraltro in seduta non pubblica, e riattribuendo punteggi, con ciò perpetrando una violazione delle più elementari regole di trasparenza dell’azione amministrativa.
Sul punto il Tribunale amministrativo di Cagliari ritiene opportuno segnalare che il principio di pubblicità delle sedute della commissione di gara è funzionale al rispetto delle esigenze di imparzialità e trasparenza che sono proprie di ogni attività amministrativa, sicché la pubblicità delle sedute assurge a principio generale della materia dei contratti pubblici (Consiglio Stato, sez. V, 12.11.2009, n. 7042).
Tali principi, secondo i giudici isolani, non possono essere violati mediante un’irrituale ripetizione della gara con totale ribaltamento dei risultati, nel passaggio dalla aggiudicazione provvisoria a quella definitiva. Come ha già avuto modo di precisare la stessa Sezione (TAR Sardegna, Sezione I, 09.10.2009 n. 1537), il legislatore del Codice non ha affatto inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato a principio generale un modo di procedere, volto a far prevalere, entro certi limiti, la sostanza sulla forma. Tale impostazione, discende direttamente dalla applicazione di due principi tradizionalmente fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: quello di proporzionalità e quello del dovere dell’Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni.
E’ fuor di dubbio che l’esclusione dalla gara per dubbi in ordine alla effettiva sussistenza di un requisito in capo ad un partecipante determina un forte scostamento del provvedimento amministrativo rispetto alla scopo della fase di qualificazione alla gara pubblica. Quando la ditta partecipante incorre in un errore nell’allegazione di un certificato o, in ogni caso, quando il contenuto di un documento non soddisfa appieno le necessità istruttorie dell’Amministrazione, il principio generale è che questi aspetti devono essere oggetto di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in quanto quell’operatore economico potrebbe risultare in concreto il migliore contraente per soddisfare le necessità per cui è stata bandita la gara.
L’esclusione della ditta, disposta con la determinazione impugnata, quindi, oltre ad urtare contro le risultanze documentali e le disposizioni del bando, viola precise regole poste a presidio della regolarità delle procedure ad evidenza pubblica. L’asserita incompletezza documentale, non rilevata dalla Commissione, poteva, al più essere oggetto di richiesta di integrazione in sede di gara, non certo di esclusione nella fase dell’aggiudicazione definitiva. A tal proposito, data la peculiarità della vicenda, i giudici sardi, chiariscono i rapporti tra aggiudicazione provvisoria e definitiva alla luce della disciplina contenuta nel codice dei contratti. Fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, l'aggiudicazione provvisoria, quale atto terminale del subprocedimento di selezione dell'offerta migliore, non era normativamente prevista, risultando un istituto introdotto dalla prassi e variamente regolato dagli ordinamenti delle singole amministrazioni.
Il combinato disposto degli artt. 11, comma 4, e 12, comma 1 del Codice ha comportato una previsione espressa dell'istituto, configurando la selezione della migliore offerta quale atto provvisorio, che deve essere sottoposto a verifica obbligatoria. Il controllo dell'aggiudicazione provvisoria, infatti, è affidato ad un organo diverso da quello che l'ha dichiarata, organo che è individuato dall'“ordinamento delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, ovvero degli altri soggetti aggiudicatori, ...”.
Rispetto all'aggiudicazione provvisoria, quella definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma atto che, anche quando recepisce in toto i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, chiude la fase pubblicistica della gara ed accerta l'idoneità dell'offerta sulla base di predeterminati elementi oggettivi, comportando comunque, un'autonoma valutazione. Attualmente l'aggiudicazione definitiva è disciplinata dall'art. 11 del Codice, che, tuttavia, al comma 7, nonostante il dichiarato e riconosciuto carattere di definitività, statuisce che l'aggiudicazione «non equivale ad accettazione dell'offerta», risultando necessaria la verifica del possesso dei requisiti prescritti (art. 11, comma 8).
In linea di principio, quindi, la decisione di non confermare l'aggiudicazione provvisoria e conseguentemente di non procedere all'aggiudicazione definitiva, deve configurarsi non quale atto di autotutela decisoria, revoca o annullamento d'ufficio, ma in termini di potere intrinseco al procedimento concorsuale. L'instabilità propria dell'aggiudicazione provvisoria, atto non definitivo e non idoneo a radicare consolidate aspettative, rende quindi legittima la sua caducazione da parte di un atto soprassessorio che deve essere, però, congruamente motivato sotto il profilo del pubblico interesse.
Deve essere in definitiva precisato, che il potere di verifica in capo al dirigente, non consiste nella celebrazione di una nuova gara, bensì in un controllo circa la correttezza dell’operato della commissione, che, se negativo, legittima lo stesso soggetto a non procedere all’aggiudicazione definitiva e, se del caso, alla indizione di una nuova gara (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 25.02.2010 n. 224 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo archeologico - Oggetto di tutela normativa e titoli autorizzatori - Inizio e termine dei lavori entro cinque anni - Decadenza - Nuova autorizzazione - Necessità - Art. 142, lett. m), D.Lgs. n. 42/2004 già art. 146, 10 c., lett. m), D.Lgs. n. 490/1999 - L. n. 1089/1939 - L. n. 431/1985 - L. n. 1089/1939 - T.U. n. 380/2001.
L'interesse archeologico, dopo la legge n. 431/1985, costituisce oggetto di due tipi di tutela ai quali si correlano due distinti titoli autorizzatori: quello riferito al patrimonio storico-artistico (di cui alla legge n. 1089/1939) e quello paesistico, riguardanti ambiti che non si sovrappongono, per la diversità dell'oggetto materiale oltre che delle dimensioni spaziali.
In ogni caso, dopo il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, l'intervento deve essere avviato e portato a compimento in un arco temporale di cinque anni, decorso il quale -a norma dell'art. 16 del R.D. 03.06.1940, n. 1357 (disposizione da ritenersi ancora vigente ai sensi dell'art. 158 del Dlgs. n. 42/2004)- il provvedimento medesimo cessa di avere efficacia e l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.02.2010 n. 7114 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Decadenza del permesso di costruire per decorso del termine di inizio o di ultimazione dei lavori - Nozione di "inizio dei lavori” - Art. 15, 2° c., T.U. n. 380/2001.
Ai sensi dell'art. 15, 2° comma, del T.U. n. 380/2001, i lavori devono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio. Sicché, va salvaguardata, l'esigenza di evitare che il termine prescritto possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici.
I soli lavori di sbancamento -non accompagnati dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di addivenire al compimento dell'opera assentata, attraverso un concreto, continuativo e durevole impiego di risorse finanziarie e materiali- non possono ritenersi idonei a dare dimostrazione dell'esistenza dei presupposti indispensabili per configurare un effettivo inizio dei lavori.
Nuovo permesso di costruire susseguente alla decadenza di altro già assentito - Vincolo dell'amministrazione comunale - Esclusione - Esamina delle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della presentazione - Necessità - T.U. n. 380/2001.
In sede di rilascio di nuovo permesso susseguente alla decadenza di altro già assentito, l'amministrazione comunale non può ritenersi vincolata da quello precedentemente dato, poiché si trova di fronte ad una istanza del tutto nuova, da esaminare in relazione alle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della presentazione [C.Stato, Sez. IV, ordinanza cautelare 25.02.2005, n. 966] (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.02.2010 n. 7114 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVIIl diritto di accesso non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti.
Un Comune aveva presentato richiesta di accesso alla Regione relativamente alla documentazione relativa alle sovvenzioni erogate dalla medesima a una ditta in virtù della legge 151/1981, a titolo di contributi per il servizio di autotrasporto nonché alla documentazione relativa alla vertenza che interessava la Regione in qualità di terzo chiamato ex art. 107 c.p.c. nella causa tra il Comune e la ditta stessa, in riferimento ai suddetti contributi. Aveva altresì chiesto l’accesso ai provvedimenti con i quali la Regione aveva disposto liquidazioni alla ditta, in riferimento alle somme erogate a titolo di contributi di esercizio ed a quelle liquidate per l'acquisto di automezzi.
Al silenzio della Regione, il Comune, con ricorso ex art. 25 della legge n. 241 del 1990, si rivolgeva al TAR perché ordinasse alla Regione di esibire i documenti sopra riportati.
La Regione depositava una relazione del responsabile del servizio opere idrauliche e marittime nella quale sottolineava la difficoltà del rinvenimento della documentazione richiesta e che, in ogni caso, una richiesta sostanzialmente analoga era stata fatta anche al Ctu nella causa civile n. 414 del 2005 R.G., pendente presso il Tribunale. La difesa della Regione, ribadiva poi che la documentazione richiesta attiene alla prova del credito vantato dalla parte attrice nel processo civile della ditta nei confronti del Comune e che per tale accertamento, avente ad oggetto anche il profilo documentale in esame, era stata disposta una Ctu in quel medesimo processo civile.
Il TAR ha dichiarato il ricorso inammissibile ritenendo che la pendenza di un processo civile, peraltro nella fase istruttoria, riguardante l’accertamento delle medesime circostanze in funzione delle quali è stata rivolta la istanza di accesso, incide in maniera determinante sull’interesse ad agire nella sede giurisdizionale amministrativa. Che pertanto la sede processuale civile, nella quale pende il giudizio, è quella naturalmente deputata a valutare la rilevanza dei documenti in relazione al thema decidendum e, in caso positivo, ad ordinarne la produzione all’amministrazione regionale terza, ai sensi dell’articolo 213 c.p.c.. Del resto, proprio la circostanza, che l’amministrazione non ha ritenuto di poter accogliere la richiesta di accesso, legittimava la parte a chiedere, in sede civile, al giudice di disporre l’incombente istruttorio di cui all’articolo 213 c.p.c. trattandosi di documenti che la medesima non poteva acquisire e produrre autonomamente.
Il Comune, pertanto, assume, nella pronuncia in rassegna, la erroneità della sentenza del primo giudice rilevando che il diritto alla trasparenza dell’azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall’oggetto di un giudizio…e i giudici d’appello hanno ritenuto valide le argomentazioni dell’amministrazione comunale.
Ed invero il Consiglio di Stato ha da tempo osservato che il diritto alla trasparenza dell’azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall’oggetto di una controversia giurisdizionale e non è condizionata al necessario giudizio di ammissibilità e rilevanza cui è subordinata la positiva delibazione di istanze a finalità probatorie. Pertanto è rimesso al libero apprezzamento dell’interessato di avvalersi della tutela giurisdizionale prevista dall’art. 25 della legge n. 241 del 1990 ovvero di conseguire la conoscenza dell’atto nel diverso giudizio pendente tra le parti mediante la richiesta di esibizione istruttoria (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 12.04.2000 n. 2190).
In tale ottica è stato altresì rilevato che il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione (Cons. Stato, sez. VI del 12.04.2005 n. 1680) ma anche dall’eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre (Cons. Stato, Sez. VI, 21.09.2006 n. 5569).
Pertanto il diritto di accesso non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.02.2010 n. 1067 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul requisito di capacità economico e finanziaria ex art. 41 d.lvo n. 163/2006; sull'irrilevanza delle condanne estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38, lett. c), d.lvo. 163/2006; sulle valutazioni svolte dalla p.a. in ordine alla congruità delle offerte.
La disposizione contenuta nell'art. 41 del d.lvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti), consente all'amministrazione appaltante di inserire nel bando di gara la richiesta della prova della capacità economica e finanziaria attraverso una dichiarazione che riguardi sia il fatturato globale, sia il fatturato del settore oggetto dell'appalto, ma solo la dichiarazione del primo dato è indispensabile ai fini della legittimità del bando, laddove la richiesta del secondo dato è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione, il cui concreto esercizio, sfugge al sindacato di legittimità allorquando non risulti essere manifestamente illogica, arbitraria, irragionevole o irrazionale (profili questi che non sussistono nel caso di specie e che, anzi, non sono stati neppure evidenziati). E', pertanto, errato ritenere illegittima la clausola di un bando di gara che preveda, ai fini della dimostrazione della capacità economico-finanziaria delle imprese, la dichiarazione relativa al solo fatturato globale di impresa realizzato nell'ultimo triennio; ciò che rileva è che il fatturato corrisponda, come nel caso di specie, a servizi effettivamente resi.
E' principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui sono irrilevanti le condanne ormai estinte, con conseguente non necessità della loro indicazione in sede di dichiarazioni ex art. 38, lett. c), del dlvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti), con la conseguenza che non viene meno, in capo alle stesse, il requisito di moralità professionale prescritto ai fini dell'ammissione alla gara.
Le valutazioni svolte dall'amministrazione appaltante in ordine alla congruità delle offerte presentate ovvero relativamente alla valutazione delle offerte anomale sono espressione della discrezionalità tecnica e come tale sfuggono al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivate, salvo che non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, illogiche, arbitrarie ovvero se si fondano su di un evidente travisamento di fatti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.02.2010 n. 1040 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva - Distinte fattispecie - Negoziale e materiale - Nozione - Art. 18 L. n. 47/1985.
L'art. 18 della L. 47/1985 configura due distinte fattispecie di lottizzazione abusiva: la prima "negoziale”, che si concretizza nell’ipotesi di trasferimento in proprietà di una o più particelle che vengono appunto staccate da un fondo di maggiore estensione, in funzione di una finalità edificatoria non consentita; laddove, la seconda “materiale”, non postula che siano realizzate delle vere e proprie costruzioni abusive, essendo sufficiente la sussistenza di opere le quali, pur se nella fase iniziale, denotino che è stato iniziato o è in corso un procedimento di trasformazione urbanistica ed edilizia del terreno, in contrasto con le norme vigenti (cfr. TAR Lazio-Latina, 13.06.1992, n. 562) (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 23.02.2010 n. 142 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fonti energetiche rinnovabili - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Principi di semplificazione e accelerazione - Autorizzazione unica - Conferenza di servizi - Valutazioni di carattere paesaggistico, storico e artistico.
L’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, ispirato a principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, ha previsto una autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni altrimenti necessari, e in cui confluiscono anche le valutazioni di carattere paesaggistico, nonché quelle relative alla esistenza di vincoli di carattere storico- artistico, tramite il meccanismo della conferenza di servizi.
Fonti energetiche rinnovabili - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Rinvio alla L. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi - Dissenso delle amministrazioni convocate - Espressione all’interno della conferenza di servizi a pena di inammissibilità - Dissenso delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale - Norme procedurali per il superamento del dissenso.
Stante il rinvio operato dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, alla l. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che, ai sensi dell’art. 14-quater, citata l. n. 241/1990, le amministrazioni convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di servizi. Ove poi il dissenso sia espresso, tra l’altro, da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono dettate specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.02.2010 n. 1020 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Impianti eolici - Conflitto tra l’interesse ambientale e l’interesse paesaggistico - Valutazione di merito - Competenza - Amministrazione regionale.
Il potenziale conflitto tra interesse ambientale, comprensivo di quello alla riduzione dell’inquinamento, a sua volta perseguibile attraverso lo sviluppo di impianti che producono energia da fonti rinnovabili, e interesse paesaggistico, potenzialmente leso dalla realizzazione di tali impianti, ove essi abbiano rilevante impatto visivo, è valutazione che, implicando inevitabili scelte di merito amministrativo, compete all’amministrazione regionale, preposta sia al rilascio del nulla osta paesaggistico, sia al rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione degli impianti eolici.
L’amministrazione statale, in sede di controllo del nulla osta paesaggistico, non ha alcune potere di sindacato di merito, dovendosi limitare a verificare la legittimità o meno del nulla osta paesaggistico (Cons. St., ad. plen., n. 9/2001) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.02.2010 n. 1013 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIRITTO DELL’ENERGIA - D.M. 27.07.2005 - Obiettivo del conseguimento del risparmio energetico - Obiettivi perseguiti dalle norme di disciplina edilizia ed urbanistica - Contemperamento.
L’obiettivo del conseguimento del risparmio energetico, perseguito nello specifico con D.M. 27.07.2005, va contemperato con quelli perseguiti dalle norme di disciplina edilizia ed urbanistica, senza che possa affermarsi una generalizzata ed indiscriminata prevalenza della prima sulle seconde (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 875 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Interventi di risanamento e restauro - Finalità specifica - Elementi accessori e impianti - Opere di autonoma rilevanza - Qualifica di restauro - Esclusione.
La finalità specifica degli interventi di risanamento e restauro è quello di consentire di rinnovare l'edificio nel rispetto dei suoi elementi essenziali dal punto di vista tipologico, formale e strutturale. In altri termini, mediante il restauro e risanamento conservativo non si può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente, dovendosi porre in essere solo quegli interventi sistematici i quali, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell’edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e struttura (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV - sentenza 16.06.2008, n. 2981).
Gli unici elementi nuovi che sono ammessi nelle opere di restauro e risanamento conservativo sono quegli elementi accessori e quegli impianti che sono richiesti dalle esigenze d’uso (come ad esempio gli impianti idrici, di condizionamento o di riscaldamento), purché l’inserimento degli stessi non alteri in modo rilevante la struttura originaria. Viceversa, non possono rientrare fra gli interventi di restauro e risanamento conservativo quelle opere che, se pure oggettivamente di non grande rilievo, hanno comunque una loro autonoma rilevanza sotto il profilo edilizio perché prevedono l’aggiunta di nuove strutture alle parti preesistenti mediante interventi che travalicano quelli rivolti solo a conservare o proteggere le parti dell'edificio cui accedono, ovvero ad assicurarne la funzionalità o l'uso (cfr. Tar Campania Sez. IV, 06.07.2004 n. 9924) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 875 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Standard urbanistici - Principi - Concetto - Opere di urbanizzazione primaria - Dimensionamento - Imposizione di vincoli espropriativi - Attribuzione di cubatura su altri terreni.
In materia di standard urbanistici sono stati elaborati alcuni principi che si possono così riassumere:
(a) il concetto di standard urbanistico non deve essere definito formalisticamente ma si estende a qualunque servizio di interesse pubblico e generale, sia esso gestito dall’amministrazione o dai privati;
(b) gli standard urbanistici si distinguono dalle opere di urbanizzazione primaria in quanto rispetto all’infrastrutturazione di base sono qualcosa di aggiuntivo, che può essere considerato necessario solo in una visione urbanistica di qualità;
(c) per alcuni standard urbanistici sono fissate dalla legge regionale le misure minime, tuttavia ogni comune è autonomo nella scelta della misura complessiva;
(d) nel dimensionamento degli standard urbanistici si devono considerare anche eventuali flussi di utenza aggiuntivi rispetto a quelli della popolazione residente;
(e) qualora i servizi siano svolti da privati l’amministrazione deve assicurarne la destinazione pubblica attraverso convenzioni;
(f) qualora la previsione di standard urbanistici si traduca nell’imposizione di vincoli espropriativi è necessaria una valutazione economica relativa alla sostenibilità della spesa per gli indennizzi;
(g) in alternativa (o anche congiuntamente) agli indennizzi può essere utilizzata la perequazione urbanistica nella forma dell’attribuzione di cubatura su altri terreni (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 869 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Procedura di bonifica - Presupposto - Superamento delle CSC e delle CSR - Rinvenimento di sostanze per le quali la tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006 non prevede le CSC - Procedure.
Nell’ipotesi in cui non siano state superate le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non vi è il presupposto per attivare la procedura di bonifica (v. art. 242 comma 2 del Dlgs. 152/2006). Tali concentrazioni operano infatti come valori di attenzione oltre i quali sono necessarie la caratterizzazione del sito inquinato e l’analisi di rischio sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). L’obbligo di bonifica sorge solo quando sia superata anche questa seconda serie di concentrazioni (v. art. 242, comma 7, del Dlgs. 152/2006).
Ove nel sedimento campionato siano rilevate anche sostanze per le quali la tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del Dlgs. 152/2006 non prevede le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) nel suolo e nel sottosuolo, le procedure possibili sono due:
(a) adottare come valori di concentrazione accettabili quelli indicati per le sostanze tossicologicamente più affini (soluzione espressamente indicata nella nota 1 della tabella 1);
(b) stabilire un livello accettabile di inquinamento mediante un’analisi sito-generica (da sviluppare eventualmente in analisi sito-specifica).
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Abbandono incontrollato - Espressa esclusione della procedura di bonifica ex art. 239, c. 2, lett. a) - Procedura applicabile - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
L’abbandono incontrollato di rifiuti - non qualificabile come potenziale contaminazione del suolo -è ipotesi espressamente esclusa dalla procedura di bonifica ex art. 239 comma 2 lett. a) del Dlgs. 152/2006 salvo superamento dei valori di attenzione.
Si applica, quindi, la procedura dell’art. 192 del Dlgs. 152/2006, che prevede la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti a cura e spese del responsabile dell’abbandono. Nel caso in cui il responsabile non sia individuato l’onere ricade sul Comune (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.02.2010 n. 869 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica - Potere ministeriale - Sindacato di legittimità.
Il Ministero -e per esso la Soprintendenza-, chiamato a pronunciarsi su una autorizzazione paesaggistica, può svolgere l’ampio sindacato di legittimità consentito dall’ordinamento sugli atti amministrativi, corrispondente a quello che potrebbe esercitare il giudice amministrativo nel caso in cui fosse impugnata l’autorizzazione paesaggistica non annullata in sede amministrativa, e tuttavia con la possibilità di sollevare d’ufficio qualsivoglia questione di legittimità: di conseguenza l’annullamento della autorizzazione paesaggistica deve ritenersi correttamente disposto quante volte l’autorizzazione stessa non contenga alcuna motivazione in ordine alla compatibilità dell’intervento con il vincolo ambientale o non effettui neppure per relazione un rinvio ad atti istruttori espletati nel corso del procedimento ( cfr. C.d.S. sez. VI n. 3991/2006 e, negli stessi termini, C.d.S. VI n. 6420/2009) (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 22.02.2010 n. 618 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Recupero sottotetti in Lombardia: il Tribunale di Brescia rimette alla Corte Costituzionale l'articolo 64, comma 2, della l.r. 12/2005.
Il Tribunale civile di Brescia, Sez. III, ordinanza 22.02.2010, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 64, comma 2, della l.r. n. 12 del 2005, nella parte in cui, autorizzando ampliamenti degli edifici esistenti in deroga ai limiti e alle prescrizioni dei piani urbanistici al di fuori delle ipotesi di deroga legittime ex art. 9 u.c. D.M. 1444/1968, si pone in insanabile contrasto con il principio fondamentale dettato dall'articolo 3 del T.U. dell'Edilizia in tema di definizioni degli interventi edilizi e, quindi, con l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
In breve: non è vero, come afferma il TAR Lombardia nella decisione 153/2009, che la lettura comparata delle disposizioni regionali e nazionali deve suggerire una interpretazione delle prime conforme a legittimità a scapito di una non di legittimità, poiché nella fattispecie il legislatore regionale ha intenzionalmente qualificato il recupero dei sottotetti come ristrutturazione, al fine di sottrarli alla applicazione delle disposizioni di rango superiore (commento tratto e link a http://studiospallino.blogspot.com).

URBANISTICALe norme di carattere sanitario previste nella legislazione statale sono efficaci a prescindere dalla destinazione urbanistica delle aree del territorio comunale.
La sentenza da cui è stato tratto l'interessante principio posto come titolo, concerne l'approvazione di una variante urbanistica al PRG del Comune, adottata tramite accordo di programma tra Comune e Regione.
Diverse sono le lamentele dei ricorrenti, volendo prescindere da quella che ha dato l'occasione ai giudici di ribadire il principio richiamato, risulta interessante la speculazione del collegio sui soggetti che debbono partecipare ad una conferenza di servizi.
I ricorrenti si lamentano del fatto che la Provincia di appartenenza del Comune, lungi dal sottoscrivere l'accordo, ha partecipato esclusivamente alla conferenza di servizi.
Si afferma in sostanza l'illegittimità della procedura in quanto la Provincia, chiamata a pronunciarsi sulla variante urbanistica compresa nell’accordo di programma , avrebbe dovuto essere parte dell’accordo stesso, non essendo sufficiente la sua partecipazione alla conferenza dei servizi nella quale è stato approvato l’accordo stesso.
Ai giudici di Palazzo Spada tale argomentazione appare priva di fondamento: "Se si tiene conto che l’accordo di programma ha la specifica funzione di coordinare in modo vincolante, secondo una specifica intesa, le attività programmate da più soggetti pubblici, si può comprendere che non richiede necessariamente la partecipazione di quei soggetti pubblici che, invece, esauriscono in una unica determinazione la loro partecipazione al procedimento amministrativo, anche se complesso e pluriarticolato, che consente di perseguire gli obbiettivi comuni a più Enti (vedi sul punto Cons. Stato, sezione sesta, 05.01.2001 n. 25). Detti soggetti pubblici possono, pertanto, come è avvenuto nel caso di specie, esaurire la loro partecipazione con la adozione delle intese, pareri o atti di altra natura che sono indispensabili per il perfezionamento del procedimento in sede di conferenza dei servizi. Non è, quindi, esatto che illegittimamente il Comune avrebbe distinto tra enti chiamati a stipulare l’accordo di programma ed enti convocati solo per la conferenza dei servizi: è, infatti, la natura del contributo che ciascuno deve portare al procedimento e la funzione che deve svolgere nel suo ambito che consentono di assumere l’una o l’altra veste nel procedimento. E’ altresì legittimo che, ferma la semplificazione del procedimento che si consegue con la conferenza dei servizi, i pareri di soggetti pubblici che alla stessa non abbiano partecipato siano acquisiti nelle forme ordinarie, posto che il ricorso alla conferenza di servizi, quale strumento di semplificazione, non esclude l’esercizio degli ordinari poteri istruttori delle Amministrazioni" (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.02.2010 n. 1001 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Ordinanza ex art. 244 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza - Provincia - Disciplina transitoria ex art. 265, c. 3 - Applicabilità - Limiti.
In tema di bonifica di siti contaminati, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. 03.04.2006 n. 152, la competenza ad emettere l’ordinanza con la quale il responsabile dell’inquinamento è diffidato a provvedere appartiene, dalla data di entrata in vigore del nuovo codice dell’ambiente, alla provincia e non al comune.
Devono ritenersi fatti salvi, in forza della norma transitoria di cui all’art. 265, c. 3, solo i procedimenti che si sono conclusi con una espressa autorizzazione degli interventi di bonifica, sulla base del principio per cui "nel caso di mutamento della norma regolatrice del potere amministrativo, restano soggette alla vigente normativa solo con i sub-procedimenti che hanno prodotto effetti consolidati o comunque legittimamente esteriorizzati e portati concretamente ad esecuzione" (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 20.07.2007, n. 1254).
INQUINAMENTO - Procedimenti in materia di bonifica ambientale - Partecipazione dei destinatari.
Nei procedimenti in materia di bonifica ambientale, è necessario che la P.A. consenta ai soggetti destinatari delle prescrizioni dettate dalla stessa P.A. di partecipare al relativo procedimento (articolato in una o più Conferenze di Servizi, istruttorie e decisorie).
Ciò, quantomeno, con riguardo alle fasi procedimentali in cui emerge l’esistenza di una contaminazione del terreno e della falda acquifera nell’area in esame e che poi sfociano nelle determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria. È evidente, infatti, che l’onerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con questi ultimi un ampio contraddittorio.
INQUINAMENTO - Procedimenti di bonifica - Attività istruttoria - Contraddittorio procedimentale - Accertamenti analitici - Art. 223 disp. att. c.p.p..
Nell’attività istruttoria del procedimento di bonifica, il contraddittorio procedimentale si appalesa necessario in particolare per gli accertamenti analitici (v. TAR Lombardia, Sez. I, n. 1913/2007, cit.): ciò, atteso che l’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti interessate risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui la P.A. si deve uniformare in ogni momento della propria azione, oltre che all’interesse pubblico all’imparzialità dell’azione amministrativa.
Va poi rilevato che in materia è applicabile l’art. 223 disp. att. c.p.p., secondo cui, qualora, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti, si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, l’organo procedente deve, anche oralmente, dare avviso all’interessato dell’ora e del luogo di effettuazione delle analisi, in funzione del diritto dello stesso di presenziare a queste, di persona o tramite persona di fiducia da lui designata, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico (cfr. TAR, Lombardia, Sez. I, 11.11.2003, n. 4982, che, in proposito, ricorda l’orientamento della Cassazione, per cui la disposizione è applicabile anche alle analisi di campioni finalizzate a verificare l’esistenza di illeciti puniti con sanzioni amministrative) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 19.02.2010 n. 436 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Autorizzazioni amministrative - Falsa attestazione fornite alla P.A. - Provvedimento del Pubblico Ufficiale - Falso per induzione - Disciplina giuridica - Art. 480 c.p. - T.U. n. 380/2001.
La circostanza che i dati debbano essere oggetto di verifica non esclude la responsabilità per la falsa attestazione: il bene tutelato nelle varie disposizioni in tema di falsità ideologica non è solo l'affidamento del destinatario dell'atto, ma anche la fiducia che la generalità dei consociati deve poter riporre in taluni atti provenienti da soggetti qualificati (Cass. Sez. V, sentenza n. 3146/2008).
In particolare, l'autore di false attestazioni che sono alla base del provvedimento del Pubblico Ufficiale può non rispondere del falso per induzione nella sola ipotesi in cui il secondo sia caduto in errore esclusivamente per causa propria e non anche quando l'inganno del decipiens e la colpa del deceptus concorrono alla produzione dell'evento (Cass. Sezione 5 sentenza 3146/2008). Ai fini della classificazione delle falsità in atti disciplinate dal codice penale, quella ideologica del permesso di costruire rientra nella fattispecie di reato dell'art. 480 c.p. che concerne le autorizzazioni amministrative.
Concessione edilizia in sanatoria in mancanza dei requisiti - Realizzazione documenti falsi - Illecito penale - Responsabilità per induzione e dovere di verifica - Fattispecie.
La realizzazione di non veritieri documenti destinati alla produzione in un procedimento amministrativo integra l'illecito penale anche quando le regole di quel procedimento impongono un controllo da parte della P.A. di quanto attestato dal privato (Cass. Sezione 5 sentenza 12175/2005).
Nella specie, è stata fornita una inesatta informazione dello stato dei luoghi, a trarre in inganno i componenti della commissione comunale i quali hanno rilasciato una concessione edilizia in sanatoria in mancanza dei requisiti per la sua legittima emanazione.
Permesso di costruire - Effetti del rilascio - Esercizio del diritto ad edificare - Natura e limiti - Disciplina del regime dei suoli - C.d. jus edificandi - Norme urbanistiche.
In materia urbanistica, la licenza edilizia (poi denominata concessione edilizia ed ora permesso di costruire) rimuove i limiti di natura pubblicistica all'esercizio di un diritto preesistente in capo al destinatario dell'atto e non ne costituisce, o trasferisce, uno nuovo. Ciò in quanto lo jus edificandi, inerisce alla proprietà (ed alle altre situazioni che comprendono la legittimazione a costruire), ma deve essere esercitato secondo la disciplina del regime dei suoli che tiene opportunamente conto della molteplicità degli interessi collettivi.
Il provvedimento amministrativo ha lo scopo di accertare l’esistenza delle condizioni previste dall'ordinamento per la legittima esplicazione del diritto ad edificare. Tale provvedimento, è carente delle caratteristiche e dei requisiti essenziali propri della concessione amministrativa (revocabilità, discrezionalità, intuitus personae, incommerciabilità).
Invero, il proprietario ha il diritto ad edificare se la costruzione è rispettosa delle norme urbanistiche ed, in tale ipotesi, il permesso di costruire è atto dovuto, irrevocabile (anche in caso di sopravvenienza di diversa valutazione degli interessi collettivi) e trasmissibile con l'immobile al quale accede (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.02.2010 n. 6642 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di un soppalco - Natura dell’intervento - Restauro o risanamento conservativo - Esclusione - Ristrutturazione edilizia - Fondamento - Art. 10, c. 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti, ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che determina una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008, n. 20563) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a www.ambientediritto.it).

PUBBLICO IMPIEGONei concorsi pubblici la scrittura in stampatello non è causa di esclusione.
Un comune aveva impugnato, nella pronuncia in rassegna, la sentenza con cui il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte aveva accolto un ricorso che annullava il provvedimento di approvazione della graduatoria del concorso per un posto di funzionario (VIII qualifica funzionale), in quanto la vincitrice, avendo utilizzato la scrittura a stampatello maiuscolo, aveva posto in essere un segno di riconoscimento e doveva perciò essere esclusa dal concorso.
I giudici del Consiglio di Stato, in proposito, rilevano che i segni di riconoscimento devono essere delle chiare appostazioni grafiche che possano permettere a chi legge un componimento di individuare significativamente il soggetto che l’ha apposto, mentre nella specie, né la numerazione delle pagine, che è una evidente vicenda ordinatoria, né la utilizzazione della scrittura in stampatello maiuscolo, possono essere considerati segni di riconoscimento.
In particolare, l’uso della scrittura i n stampatello maiuscolo, pur non essendo abituale da parte dei candidati, è comunque una modalità di uso, specialmente quando il candidato stesso, per timore di non essere ben compreso, intende chiaramente rappresentare da un punto di vista grafico le proprie argomentazioni.
In mancanza, pertanto, di altri evidenti segni di riconoscimento, l’elaborato, né per la numerazione delle pagine, né per l’uso della scrittura a stampatello maiuscolo, può considerarsi affetto da segni di riconoscimento (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2010 n. 877 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di recinzione del terreno - Permesso di costruire - Necessità - Esclusione - Condizioni - Fattispecie.
Le opere di recinzione del terreno non si configurano come nuova costruzione, per la quale è necessario il previo rilascio di permesso di costruire, quando, per natura e dimensioni, rientrino tra le manifestazioni del diritto di proprietà, comprendente lo ius excludendi alios o, comunque, la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà.
Tale è il caso della recinzione eseguita senza opere murarie, costituita da una semplice rete metallica sorretta da paletti in ferro, la quale costituisce installazione precaria e non incide in modo permanente sull’assetto edilizio del territorio (cfr., fra le ultime, TAR Lazio, Roma, sez. II, 11.09.2009, n. 8644) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.02.2010 n. 950 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Giurisdizione - appalti pubblici - domande di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto di appalto - giurisdizione amministrativa esclusiva-devoluzione.
Il revirement delle SS.UU. della Cassazione tiene conto della direttiva dell'11.12.2007 n. 66, CE, sul miglioramento delle procedure di ricorso in caso di aggiudicazione di appalti pubblici.

L'esigenza della cognizione del giudice amministrativo sulla domanda di annullamento dell'affidamento dell'appalto, per le illegittime modalità con cui si è svolto il relativo procedimento e della valutazione dei vizi di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta che lo stesso giudice adito per l'annullamento degli atti di gara, che abbia deciso su tale prima domanda, può conoscere pure della domanda del contraente pretermesso dal contratto illecitamente, di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato dall'aggiudicante con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo.
La posizione soggettiva del ricorrente, che ha chiesto il risarcimento in forma specifica delle posizioni soggettive a base delle sue domande di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto concluso dall'aggiudicatario, è da trattare unitariamente dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi della Direttiva n. 66/2007, che riconosce il rilievo peculiare in tal senso alla connessione tra le due indicate domande, che pertanto vanno decise di regola da un solo giudice.
Tale soluzione è ormai ineludibile per tutte le controversie in cui la procedura di affidamento sia intervenuto dopo il dicembre 2007, data dell'entrata in vigore della richiamata normativa comunitaria del 2007 e, comunque, quando la tutela delle due posizioni soggettive sia consentita dall'attribuzione della cognizione al giudice amministrativo di esse nelle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e possa essere effettiva solo attraverso la perdita di efficacia dei contratti conclusi dall'aggiudicante con l'aggiudicatario prima o dopo l'annullamento degli atti di gara, fermo restando il potere del giudice amministrativo di preferire, motivatamente e in relazione agli interessi generali e pubblici oggetto di controversia, un'eventuale reintegrazione per equivalente, se richiesta dal ricorrente in via subordinata (Corte di Cassazione, Sezz. Unite civili, sentenza 10.02.2010 n. 2906 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Responsabilità della P.A.: paga i danni l'Amministrazione che omette di annullare in autotutela un provvedimento illegittimo.
La Pubblica Amministrazione che ometta di adottare tempestivamente un provvedimento di autotutela è tenuta, in forza dell'art. 2043 c.c., a risarcire il privato dei danni da questo subiti, consistenti nelle spese legali sostenute per ottenere l'annullamento dell'atto illegittimo (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 19.01.2010 n. 698 - link a www.eius.it).

URBANISTICA: La possibilità di realizzazione delle costruzioni edilizie previste nel Piano di Lottizzazione, anche dopo la sua scadenza, è collegata alla completa attuazione del PDL.
La scadenza del termine previsto nella convenzione di lottizzazione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, comporta la decadenza del piano di lottizzazione limitatamente alle parti non urbanizzate, mentre le parti del piano urbanizzate ed in particolare i lotti non ancora edificati potranno ottenere la concessione edilizia.

La possibilità di realizzazione delle costruzioni edilizie previste nel Piano di Lottizzazione, anche dopo la sua scadenza, è collegata alla completa attuazione del PDL, nel senso che devono essere state realizzate, entro il termine di vigenza del Piano, tutte le opere di urbanizzazione primaria.
Com’è noto, la scadenza del termine previsto nella convenzione di lottizzazione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, comporta la decadenza del piano di lottizzazione limitatamente alle parti non urbanizzate, mentre le parti del piano urbanizzate ed in particolare i lotti non ancora edificati potranno ottenere la concessione edilizia in quanto, come chiarito dalla Sezione con la sentenza 19/2006, “la lottizzazione è stata fatta espressamente salva dal legislatore (cfr. art. 2, lett. b, dell’art. 10-bis della LR 45/1989, come introdotto dalla LR 23/1993), essendo state le opere di urbanizzazione avviate entro il 17.11.1989” (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 14.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’onere della prova circa la data di realizzazione dell’immobile abusivo spetta a colui che ha commesso l’abuso.
Costituisce principio consolidato di questo Consiglio di Stato che l’onere della prova circa la data di realizzazione dell’immobile abusivo (o anche della attività edilizia abusiva da sanare) spetti a colui che ha commesso l’abuso e solo la deduzione, da parte di quest’ultimo, di concreti elementi, che non possono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all’amministrazione (ex plurimis, Consiglio di Stato, V, 09.11.2009, n. 6984) .
La pubblica amministrazione non può di solito materialmente accertare quale fosse la situazione dell’intero suo territorio a quella data prevista dalla legge, mentre il privato, che propone l’istanza di concessione edilizia in sanatoria, è normalmente in grado di fornire idonea documentazione che comprovi la ultimazione dell’abuso alla entro la data di riferimento del 31.12.1993 (in tal senso, Consiglio di Stato, V, 12.10.1999, n. 1440), a costui spettando l’onere di fornire quantomeno un principio di prova su tale ultimazione e in caso contrario restando integro il potere di non concedere il condono e di irrogare la sanzione prescritta (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 45 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASul mutamento della destinazione d'uso senza l'esecuzione di opere edilizie.
Il mutamento abusivo di destinazione di uso di un immobile senza l’esecuzione di opere edilizie, realizzato in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici normativi o amministrativi (regolamenti edilizi, atti di concessione, ecc.), deve comportare una traslazione non precaria dall’una all’altra delle categorie urbanistiche considerate dalla normativa vigente (uso residenziale, uso agricolo, uso industriale, uso commerciale) (in tal senso, ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 17, lett. a), l. n. 10 del 1977, Cassazione penale, sez. III, 29.02.1984).
Il mutamento di destinazione di uso giuridicamente rilevante è quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico (in tal senso, Consiglio di Stato, V, 13.02.1993, n. 245 e Cassazione penale, III sezione, 27.09.2007, n. 35640) e nella specie l’interprete deve rifarsi alla normativa statale e regionale antecedente alla legge regionale Piemonte n. 19 del 1999.
Le destinazioni autonome sopra richiamate sono evincibili (così Consiglio Stato, V, 448 depositata in data 05.02.2007) dal decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1444 del 1968, dalla legge n. 10 del 1977 e dall’art. 12, comma 2, punto 4) della l.r. Piemonte n. 56 del 1977 (nel testo vigente ratione temporis al momento di presentazione della domanda di condono)
Il mutamento di destinazione di uso viene per esempio escluso nel caso di mutamento del tipo di attività industriale (Consiglio Stato, V, 21.12.1992, n. 1547).
Nel caso di mutamento abusivo senza opere edilizie della destinazione di un immobile, il rilascio della concessione in sanatoria è ammesso solo quando, sulla base di elementi obiettivi, sia possibile verificare in concreto l’uso diverso da quello assentito (in tal senso, Consiglio Stato, IV, 09.09.2009, n. 5416)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 45 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La clausola del disciplinare di gara che richiede, espressamente e a pena di esclusione, ai fini della partecipazione alla gara esclusivamente la produzione dell’originale o copia conforme del DURC, peraltro non antecedente al mese dalla data della gara, è illegittima.
A parere del Collegio la clausola del disciplinare che richiede, espressamente e a pena di esclusione, ai fini della partecipazione alla gara esclusivamente la produzione dell’originale o copia conforme del DURC, peraltro non antecedente al mese dalla data della gara, è illegittima sotto i profili evidenziati dalla ricorrente.
Tale clausola, in particolare, in modo ingiustificatamente restrittivo, non prevede la possibilità di produrre il DURC anche successivamente alla presentazione della domanda, a fronte dell’obbligo di presentare la certificazione contributiva sancito dal legislatore solo a carico dell’aggiudicatario.
La disciplina della “lex specialis” è, infatti, sotto tale aspetto, in aperta violazione dell’art. 38, commi 2 e 3, della d.lvo n. 163/2006, a norma dei quali, rispettivamente: “2. Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445….
3. Ai fini degli accertamenti relativi alle cause di esclusione di cui al presente articolo, si applica l'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445; resta fermo, per l'affidatario, l'obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, del decreto-legge 25.09.2002, n. 210, convertito dalla legge 22.11.2002, n. 266 e di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14.08.1996, n. 494 e successive modificazioni e integrazioni…
” (alla presentazione del DURC da parte dell’aggiudicatario il d.l. n. 185/2008, art. 16-bis, comma 10, ha sostituito l’acquisizione d’ufficio da parte della stazione appaltante) .
Sotto il profilo rilevato, la clausola del disciplinare è, altresì, in contrasto con il disposto regolamentare dell’art. 46, rubricato “Dichiarazioni sostitutive di certificazioni”, del DPR 28/12/2000 n. 445 -Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa-, a norma del quale: “1. Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: ...omissis… p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto...”. Coerentemente il successivo art. 48 – “Disposizioni generali in materia di dichiarazioni sostitutive”, al 3 comma, prevede: “In tutti i casi in cui sono ammesse le dichiarazioni sostitutive, le singole amministrazioni inseriscono la relativa formula nei moduli per le istanze”.
L’applicazione di queste norme avrebbe consentito, infatti, mediante il ricorso all’autocertificazione, proprio l’auspicata produzione solo nella fase successiva alla partecipazione del DURC in corso di validità.
Peraltro il disciplinare di gara, alla lett. b) relativa al paragrafo “documentazione da presentare nel plico, fuori dalla busta dell’offerta”, richiede la “dichiarazione del titolare o del legale rappresentante, conforme al modello “A” … e comunque contenente tutti i dati in esso richiesti...”. Tale modello, allegato al bando, conformemente alla richiamata disciplina ma in contraddizione a quanto disposto dalla sopra censurata clausola, lett. g) del disciplinare, prevede, tra le dichiarazioni sostitutive da rendere, alla lett. i), anche quella secondo la quale “non sono state commesse violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali...”.
In altri termini, a prescindere dalla validità o meno del DURC presentato dalla ricorrente al momento della partecipazione alla gara, la ricorrente, con dichiarazione sostitutiva avente valore legale equivalente al certificato sostituito, aveva dichiarato di non essere incorsa proprio in quelle violazioni, connotate dal requisito di gravità e definitivamente accertate, uniche in grado di escludere legittimamente, secondo la legislazione vigente, la sua partecipazione alla gara (TAR Puglia, Lecce, sez. II, nn. 5465 e 6104/2006) ed il rilascio del DURC.
Per quanto concerne poi, la validità del DURC, coglie nel segno parte ricorrente laddove afferma la validità del DURC prodotto, emesso in data 26.06.2009, al momento della presentazione dell’offerta e, ritiene il Collegio di dovere specificare, anche al momento della data della gara, prevista per il 29.07.2009. Tale precisazione vale, per inciso, a confermare quanto affermato in premessa, in merito alla non immediata lesività del disciplinare, attesa la complessità della normativa di riferimento, sino alla comunicata mancata aggiudicazione definitiva, intervenuta con l’atto applicativo.
A parere del Collegio, infatti, il richiamo, contenuto nel suddetto disciplinare, all’art. 7 del DM 24/10/2007 n. 28578, al fine di circoscrivere ad un mese la validità del DURC da un lato concreta solo una dichiarazione di scienza e non di volontà (e non ha quindi contenuto dispositivo),dall’altro è erroneo,in quanto prescinde da una lettura sistematica del complessivo quadro normativo.
In particolare, dispone tale norma ai commi 1 e 2: “1. Ai fini della fruizione delle agevolazioni normative e contributive di cui all'art. 1 il DURC ha validità mensile.
2. Nel solo settore degli appalti privati di cui all'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 14.08.1996, n. 494, e successive modifiche, il DURC ha validità trimestrale, ai sensi dell'art. 39-septies del decreto legge 30.12.2005, n. 273, convertito dalla legge 23.02.2006, n. 51
”.
Ora, ciò che emerge “ictu oculi” dalla lettura della norma e che pertanto può ritenersi incontestabile è, in primo luogo, che esclusivamente per la fruizione delle agevolazioni normative e contributive il DURC abbia validità mensile (essendo questo il campo di applicazione espressamente circoscritto) e, in secondo luogo, che nel solo settore degli appalti privati lo stesso abbia una validità trimestrale. Nulla è detto con riferimento alla validità generale nel settore degli appalti pubblici (posto che la partecipazione agli stessi non rientra nelle agevolazioni normative e contributive di cui all’art. 1).
Premesso che tale normativa è stata emanata in esecuzione della delega contenuta nell'art. 1, comma 1176, della legge 27.12.2006, n. 296 che prevede l'adozione di un decreto ministeriale per la definizione delle modalità di rilascio e dei contenuti analitici del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), nell’ipotesi di manifesta lacuna disciplinare di secondo grado trova applicazione, con ciò garantendo anche le esigenze di una disciplina uniforme nei settori pubblico e privato, la norma di carattere generale e di fonte primaria. In particolare, l’art. 39-septies del decreto legge 30.12.2005, n. 273, convertito dalla legge 23.02.2006, n. 51, dispone: “1. Il documento unico di regolarità contributiva di cui all' articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14.08.1996, n. 494 ha validità di tre mesi” (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 16.10.2009 n. 2304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALILe opinioni espresse e le valutazioni manifestate dai membri di organi collegiali nel corso delle relative sedute, anche qualora raccolte in appunti presi dall’organi verbalizzante, non costituiscono documenti amministrativi soggetti al diritto di accesso di cui alla L. 241/1990.
La giurisprudenza ha affermato in più occasioni che le opinioni espresse e le valutazioni manifestate dai membri di organi collegiali nel corso delle relative sedute, anche qualora raccolte in appunti presi dall’organi verbalizzante, non costituiscono documenti amministrativi soggetti al diritto di accesso di cui alla L. 241/1990 (TAR Friuli 13/02/2009 n. 68; TAR Brescia 31/12/2003 n. 1823; Consiglio di Stato, IV, 04/07/1996 n. 820).
A diversa conclusione non si può pervenire qualora il Segretario adotti, ai fini della stesura del verbale altri strumenti di riproduzione come, appunto, la registrazione fonografica della seduta (TAR Veneto, Venezia II, 14/01/2002 n. 60) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.03.2009 n. 1914 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALILe minute od altro tipo di documentazione costituente elaborazione interna ed informale dell'organo amministrativo è, per definizione, prodromica all’attività provvedimentale estrinsecantesi nell’adozione dell’atto amministrativo e, quindi, non sussumibile nella nozione di documento amministrativo.
Tra gli atti di cui può venir chiesta l’ostensione, non rientrano minute o altro tipo di documentazione costituente elaborazione interna ed informale dell'organo amministrativo, la quale è, per definizione, prodromica all’attività provvedimentale estrinsecantesi nell’adozione dell’atto amministrativo (TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. II, 05.12.2005, n. 1686, TAR Lombardia-Milano, sez. II, 10.01.2003, n. 10) e, quindi, non sussumibile nella nozione di documento amministrativo, mentre vi rientrano atti ufficiali quali eventuali relazioni e/o comunicazioni di titolari di uffici comunali che siano state ufficialmente inviate ad organi comunali per l’adozione di atti degli stessi (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 13.02.2009 n. 68 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASe il comune non si è ancora pronunciato, è possibile la rinuncia totale o parziale della richiesta di condono edilizio presentata.
Ricorso per l'annullamento del provvedimento prot. n. 39867/2001 del 25.10.2001 con il quale il Direttore dell’Ufficio Condono Edilizio del Comune di Firenze ha ritenuto che “non è possibile né la rinuncia totale né la rinuncia parziale” alla domanda di condono edilizio.
Fino a quando l’Amministrazione non si è pronunciata sulla domanda di condono, il richiedente può legittimamente modificare, sostituire o anche rinunciare alla richiesta di sanatoria, non ostandovi nell’ordinamento una norma impeditiva di tale potere (vd. TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 19.06.1997, n. 480; ed in termini sostanzialmente equivalenti, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 18.12.1987, n. 490). Ed invero, l’espressa previsione -nelle suddette pronunce- della facoltà da parte dell’interessato, di modificare (o sostituire) l’istanza originariamente presentata, in assenza di decisione amministrativa sulla prima, rende palese la legittimità anche di una rinuncia parziale (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 21.12.2004 n. 6520 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIIl brogliaccio del segretario comunale non rappresenta alcun documento amministrativo, contenendo meri appunti rispetto ad opinioni espresse e valutazioni manifestate dai componenti del consiglio comunale successivamente riportate nel testo della stessa delibera comunale debitamente approvata dal Consiglio e, come tale, non è accessibile.
Non è richiedibile ed ostensibile il brogliaccio del Segretario comunale, per la successiva redazione della delibera consiliare citata, posto che lo stesso non rappresenta alcun documento amministrativo, contenendo meri appunti rispetto ad opinioni espresse e valutazioni manifestate dai componenti del consiglio comunale successivamente riportate nel testo della stessa delibera comunale debitamente approvata dal Consiglio (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 31.12.2003 n. 1823 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'01.03.2010

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Detrazione 55% e requisiti 2010: disponibile il testo coordinato del decreto 11.03.2008.
Il D.M. 26.01.2010 "Aggiornamento del decreto 11.03.2008 in materia di riqualificazione energetica degli edifici" è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12/02/2010.
Il decreto modifica (anche sensibilmente) i valori della trasmittanza previsti nel D.M. 11.03.2008 e introduce nuovi requisiti necessari all'ottenimento delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione globale degli edifici (definiti dal comma 344 della legge finanziaria 2007) in caso di sostituzione del generatore di calore con una caldaia a biomassa ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Approvato il decreto: nuovi incentivi dal 2011 per il fotovoltaico.
E' stato approvato, ed è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che definisce gli incentivi per la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici per l'anno 2011.
Il decreto individua le categorie di impianti oggetto di incentivi ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Gli atti del convegno sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro "D.lgs. 81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e organizzativi".
Nei giorni 20 e 21.01.2010, a Firenze, si è tenuto il convegno sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro dal titolo "D.Lgs. 81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e organizzativi".
Nel corso delle due giornate di studio sono stati affrontati numerosi aspetti relativi alla sicurezza, dalla gestione degli appalti di lavori e forniture di beni e servizi agli aspetti applicativi e procedurali dei Modelli Organizzativi e Gestionali ... (link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 27.02.2010 n. 48, suppl. ord. n. 39/L:
- "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30.12.2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative" (L. 26.02.2010 n. 25);
- "Testo del decreto-legge 30.12.2009, n. 194 coordinato con la legge di conversione 26.02.2010, n. 25, recante: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»".

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Milleproroghe cotto e mangiato. Il senato ha dato via libera a tempo di record al dl 194/2009 approvato dalla camera. Scudo, scuola, sfratti & co.: la legge già stasera in G.U..
Il milleproroghe è legge. L'aula del senato ha definitivamente convertito ieri il decreto 194 del 2009 dopo che il giorno prima la camera aveva dato il suo ok. I sì sono stati 134, i no 99, gli astenuti 4. Nel testo, che sarà pubblicato questa sera in Gazzetta Ufficiale, c'è il rinvio della stretta sulle risorse per l'editoria (ItaliaOggi di ieri e del 12 febbraio).
Scudo fiscale. Si riaprono i termini per lo scudo fiscale fino al 30.04.2010. Vengono fissate però aliquote più alte: 6% fino al 28 febbraio e 7% dal primo marzo al 30 aprile.
Sicurezza scuole. Slitta di cinque mesi, al 30 giugno, il termine entro il quale devono essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole.
Sisma abruzzo. Viene prorogata la sospensione dei tributi e contributi. Per il periodo di stop dal novembre 2009 al giugno 2010, la copertura è prevista però solo per novembre (100 milioni di euro) e le somme dovranno essere restituite entro l'anno.
Spiagge. Le concessioni demaniali marittime sono prorogate sino al 31.12.2015.
Blocco sfratti. In arrivo la proroga del blocco degli sfratti per determinate categorie svantaggiate fino al 31.12.2010.
Tariffe. Si proroga al 31.12.2010 il blocco delle tariffe, con l'esclusione dei servizi aeroportuali, di trasporto ferroviario e delle tariffe postali agevolate.
Carta identità. Chi lo vorrà potrà inserire nella carta d'identità l'indicazione sul consenso o il diniego a donare i propri organi in caso di morte.
Condono cartelli elettorali. La sanatoria per i cartelli elettorali abusivi vale sino al 31.05.2010, cioè anche per le prossime Regionali.
Stretta p.a. In arrivo una nuova stretta del 10% per gli uffici e gli organici della pubblica amministrazione dello stato.
Banche popolari. Un anno in più, cioè fino al 31.12.2011, per gli azionisti delle banche popolari per l'alienazione delle quote di partecipazione al capitale sociale di una banca popolare eccedenti lo 0,50%.
Studi settore. La pubblicazione degli studi in G.U. viene posticipata di sei mesi, al 31.03.2011.
Immobili. Il termine concesso per l'esercizio dell'opzione per il regime speciale delle Siiq è posticipato al 30.04.2010.
Piccola proprietà contadina. Ripartono le agevolazioni che prevedono l'imposta di registro e ipotecaria fissa e l'imposta catastale all'1%.
Lavoratori stranieri. I visti per gli stranieri che arrivano in Italia per svolgere lavori subordinati, stagionali o autonomi devono essere rilasciati entro il 30 novembre.
Salva-precari. Scuola, le norme varate lo scorso anno, valide anche per il prossimo anno scolastico 2010-2011.
Processi lavoro cassazione. Il contributo unificato non dovrà essere pagato ma solo fino al 31 dicembre 2010.
Cinque per mille. Proroga al 30.04.2010 delle procedure di regolarizzazione delle domande delle associazioni di volontariato anche per gli anni 2006/07/08.
Transfrontalieri. Anche per il 2011 i redditi prodotti dai lavoratori dipendenti transfrontalieri concorrono al reddito complessivo per un importo eccedente gli 8 mila euro (articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 28).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U. 27.02.2010 n. 48 "Modifiche ed integrazioni al decreto 17.12.2009, recante: «Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009»" (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, decreto 15.02.2010).
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Tracciabilità dei rifiuti, un mese per iscriversi al Sistri. Ancora 30 giorni per iscriversi al Sistri, il nuovo sistema elettronico di tracciabilità dei rifiuti.
Lo prevede un nuovo decreto ministeriale pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale (27/02/2010).
Il decreto, che è composto di 13 articoli, non contiene solo la proroga ma anche una serie di modifiche al precedente dm 17.12.2009 pubblicato il 13.01.2010.
Tra le più importanti c'è la modifica della nozione di delegato che è quello a cui è attribuito il certificato per la firma elettronica. Qualora l'impresa non abbia indicato, nella procedura di iscrizione un delegato, il certificato verrà attribuito automaticamente al rappresentante legale dell'impresa. Diversi sono anche i moduli, che dovranno essere utilizzati per le nuove iscrizioni a partire dal 1° marzo 2010.
Cambiano anche i tempi per la comunicazione al Sistri dei dati per la movimentazione dei rifiuti oggetto di critiche in quanto dette procedure erano spesso in contrasto con l'operatività in concreto. Infatti, in caso di rifiuti pericolosi il produttore e il trasportatore dovranno accedere al sistema, rispettivamente, quattro ore e due ore prima dell'operazione. Per i rifiuti non pericolosi il termine precedente (otto ore prima) viene soppresso stabilendo che la relativa scheda dovrà essere compilata prima della movimentazione.
Esteso anche il campo di applicazione. Dovranno iscriversi tutti i produttori di rifiuti non pericolosi (anche quelli non inquadrati in un ente o in un'impresa) e quelli che effettuano l'esportazione dei rifiuti.
Cambia anche la videosorveglianza: già prevista per le discariche dovrà essere introdotta anche per gli impianti di incenerimento. Gli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani, invece che tenere il registro di carico e scarico e comunicare annualmente le quantità al catasto dei rifiuti, dovranno compilare l'Area registro cronologico. Gli impianti di messa in riserva e di deposito preliminare dei soli rifiuti urbani pagheranno un forfait di 500 euro (articolo ItaliaOggi del 27.02.2010, pag. 24).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 8° suppl. straord. al n. 8 del 26.02.2010, "«Contributi alle unioni di comuni lombarde e alle comunità montane e incentivazione alla fusione dei piccoli comuni, in attuazione dell'art. 20 della l.r. 27.06.2008, n. 19 (Riordino delle comunità montane della Lombardia, disciplina delle unioni di comuni lombarde e sostegno all'esercizio associato di funzioni e servizi comunali)», modificato dal r.r. 25.01.2010, n. 2" (testo coordinato del Regolamento Regionale 27.07.2009 n. 2 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 6° suppl. straord, al n. 8 del 26.02.2010, "Revisione dei «Criteri e direttive per la formazione dei Piani e delle cave provinciali» di cui al primo comma dell'art. 2 e al primo comma dell'art. 5 della l.r. n. 14/1998, in materia di cave" (deliberazione G.R. 10.02.2010 n. 11347 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord, al n. 8 del 26.02.2010, "Metodo per l'espletamento della verifica di assoggettabilità alla VIA per gli impianti smaltimento e/o recupero rifiuti" (deliberazione G.R. 10.02.2010 n. 11317 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord, al n. 8 del 26.02.2010, "Modifiche alla l.r. 11.03.2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e alla l.r. 05.01.2010, n. 1 (Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31.03.1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15.03.1997, n. 59»" (L.R. 22.02.2010 n. 12 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord, al n. 8 del 26.02.2010, "Interventi di manutenzione e di razionalizzazione del corpus normativo" (L.R. 22.02.2010 n. 11 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 24.02.2010 n. 45 "Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23.07.2009, n. 99" (D.Lgs. 11.02.2010 n. 22).

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Potestà rogatoria segretario comunale atti unilaterali di obbligo edilizio.
Il Comune di (omissis) premette che:
- la Legge della regione Piemonte 05.12.1977, n. 56 e s.m.i. “Tutela ed uso del suolo” (B.U. 24.12.1977, n. 53) all’art. 25, tra l’altro, testualmente recita “…il rilascio della concessione per gli interventi edificatori nelle zone agricole è subordinato alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno dell’avente diritto che preveda il mantenimento della destinazione dell’immobile a servizio dell’attività agricola e le sanzioni per inosservanza degli impegni assunti; l’atto è trascritto, a cura dell’Amministrazione ed a spese del concessionario, sui registri della proprietà immobiliare…”;
- le vigenti norme tecniche di attuazione del PRGC del comune prevedono che “Il rilascio della concessione per gli interventi edificatori nelle zone agricole è subordinata alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno dell’avente diritto che preveda:
- il mantenimento della destinazione dell’immobile a servizio dell’attività agricola;
- la classi di coltura in atto e in progetto documentate a norma del 18° comma
dell’art. 25 della legge regionale n. 56/77 e s.m.i.;
- le sanzioni previste dall’art. 69 della L. R. n. 56/1977 e s.m.i. per l’inosservanza degli impegni assunti.
- l’atto è trascritto a cura dell’Amministrazione comunale e a spese del concessionario sui registri della proprietà immobiliare
”;
quindi richiede se, alla luce dell’art. 97, comma 4, lett. c), del d.lgs. 267/2000 e s.m.i., il segretario comunale sia competente ad autenticare tali atti, in dipendenza del rifiuto della Conservatoria locale di ricevere tali atti nella forma della scrittura privata autenticata dal segretario comunale eccependo l’incompetenza dello stesso ad effettuare tali autentiche in quanto atti nei quali l’Ente non è parte e nei quali non è presente l’interesse per l’Ente stesso (Regione Piemonte, parere n. 151/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Regolamentazione volume edifici. Ampliamento edifici. Proroga lavori. Agibilità.
Il Comune richiedente pone una serie di quesiti in materia edilizia e precisamente:
1) In materia di volume degli edifici; 2) In materia di ampliamento degli edifici; 3) In materia di “proroga dei lavori”; 4) Agibilità (Regione Piemonte, parere n. 142/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Modalità calcolo altezza fabbricato. Normativa fosse biologiche. Accesso agli atti. Acquisizione strade nel demanio.
Il Comune richiedente pone una serie di quesiti in materia urbanistica e di accesso ai documenti amministrativi e precisamente: 1) Modalità di calcolo dell’altezza di un fabbricato; 2) Normativa vigente in materia di fosse biologiche; 3) Accesso ai documenti amministrativi; 4) Acquisizione di strade nel demanio comunale  (Regione Piemonte, parere n. 141/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 10 - Sulla nozione di volumi tecnici non computabili ai fini della volumetria (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 9 - Sulla realizzazione di una veranda e di un soppalco e sul titolo edilizio necessario (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 8 - Sulle condizioni che devono sussistere affinché i vani sopraelevati possano considerarsi pertinenza dell'appartamento sottostante (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 7 - Sull'applicabilità o meno delle norme sul rispetto delle distanze riguardo ai locali interrati (Geometra Orobico n. 6/2009).

ESPROPRIAZIONE: Quesito 6 - Sul criterio di determinazione dell'indennità di esproprio in base all'edificabilità di fatto in seguito alla decadenza del vincolo urbanistico ablativo (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 5 - In merito al fatto che il vincolo di pertinenzialità tra l'appartamento ed il posto auto, ex lege 1150 del 1942, art. 41-sexies, non si estende necessariamente a tutte le aree destinate a parcheggio (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 4 - Sui caratteri che devono possedere le costruzioni per essere soggette alla disciplina contenuta nell'art. 873 c.c. (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 3 - Sulla realizzazione di balconi e sul rispetto delle distanze dai confini (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 2 - Sulla decorrenza del termine per l'impugnazione della concessione edilizia (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 1 - Sul riferimento all'art. 10-bis della Legge n. 241 del 1990, contenuto nell'attuale formulazione dell'art. 146 del codice dei beni culturali, e sulla riferibilità dello stesso al solo sistema dell'autorizzazione paesaggistica ovvero anche quello transitorio (Geometra Orobico n. 6/2009).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Corso di specializzazione sull'applicazione della L.R. n. 12/2005: 3^ lezione - Cambi di destinazione d'uso (Geometra Orobico n. 6/2009).

PUBBLICO IMPIEGO: L. Spadone e D. Noretta, CHI ELUDE I SISTEMI DI RILEVAMENTO DELLA PRESENZA VA LICENZIATO?
PUO’ ESSERE ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL PUBBLICO DIPENDENTE CHE ABBIA POSTO IN ESSERE FATTI E COMPORTAMENTI TESI ALL’ELUSIONE DEI SISTEMI DI RILEVAMENTO DELLA PRESENZA (link a www.lavoroprevidenza.com).

APPALTI: Stop agli affidamenti senza gara tra P.A. (link a www.mediagraphic.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Presentato alla Camera il 12.02.2010, da parte dei Ministri Brunetta e Calderoli, il ddl C-3209 "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione".
Di interesse sono i seguenti articoli:
- art. 5 "Attività edilizia libera";
- art. 12 "Disposizioni in materia di sportello unico per l'edilizia";
- art. 21 "Giuramento dei dipendenti pubblici";
- art. 28 "Delega al Governo per l’emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche";
- art. 29 "Princìpi e criteri direttivi";
- art. 30 "Codificazione".

ENTI LOCALI OSSERVATORIO VIMINALE / Delibere sprint, voto ad hoc. È necessario il sì della maggioranza qualificata dei componenti del collegio. Votazione separata per l'immediata eseguibilità.
Come devono essere adottate le delibere con immediata eseguibilità?
In base alla disposizione dell'art. 134 comma 4 del Tuel la dichiarazione di immediata eseguibilità risponde all'esigenza di porre in essere le deliberazioni urgenti quindi, limitatamente a tali casi, deve scaturire da apposita separata votazione che la approvi con il voto favorevole della maggioranza dei componenti del collegio, non essendo sufficiente il voto della maggioranza semplice dei votanti o dei presenti.
Siffatta decisione, di attribuire a una deliberazione la connotazione dell'immediata eseguibilità, assume autonoma valenza rispetto all'approvazione del provvedimento cui si riferisce, restandone logicamente distinta, anzitutto perché presidiata dalla maggioranza qualificata e comunque perché ciascun componente dell'organo collegiale potrebbe esprimere valutazioni differenziate sul merito del provvedimento e sulla opportunità della sua immediata esecuzione.
Si segnala in proposito come il Tar Liguria, sez. Il, con decisione n. 2/2007 ha affermato che «in virtù dell'art. 134 comma 4, del dlgs n. 267/2000, la necessità che la dichiarazione di immediata eseguibilità, per motivi di urgenza, di una delibera di consiglio o di giunta, sia oggetto di un'autonoma votazione, fa si che tale dichiarazione, pur accedendo alla delibera, non si identifichi con essa». Lo stesso tribunale ha puntualizzato che il legislatore non ha ritenuto la clausola di immediata eseguibilità quale attributo necessario di ogni delibera, ma ha inteso farla dipendere da una scelta discrezionale, basata sul requisito dell'urgenza, dell'amministrazione procedente.
Proprio per tale scelta discrezionale, la situazione di urgenza, che per opportunità dovrebbe essere indicata nel dispositivo del provvedimento, scaturisce certamente da motivazioni che, rientrando nell'ambito della sfera di valutazione afferente la discrezionalità politica, comunque sono rilevabili esclusivamente dall'organo deliberante il quale si assume la responsabilità della decisione adottata.
Si evidenzia infine come il Consiglio di stato con sentenza n. 107/2009 ha chiarito che «la pubblicazione dell'atto amministrativo quando è prescritta, non costituisce requisito di validità ma solo di efficacia del provvedimento, la quale attiene al diverso fenomeno della produzione degli effetti che si realizza quando si è perfezionato l'iter procedimentale (estrinseco) previsto per la formazione dell'atto».
L'Alto consesso ha puntualizzato, altresì, che con la dichiarazione di immediata esecutività, viene rimosso ogni impedimento estrinseco alla produzione degli effetti dell'atto (ovvero della sua temporanea inefficacia, o meglio, in operatività in pendenza dell'affissione).
Siffatte considerazioni possono certamente valere anche per la deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio che, consistendo nell'accertamento della permanenza del pareggio di bilancio, di per sé può non richiedere il requisito dell'urgenza.
Infatti, lo strumento previsto dal comma 2 dell'art. 193 per assicurare il rispetto degli equilibri di bilancio nel corso della gestione prevede la deliberazione del consiglio, il quale deve provvedere, almeno una volta all'anno, e comunque entro il 30 settembre, a effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. Il corretto esercizio di questo compito, che rientra nell'ambito delle funzioni di indirizzo e controllo attribuite ai consigli dall'art. 42 del Testo unico, presuppone un bilancio di previsione annuale che sia stato elaborato nella logica della relazione previsionale e programmatica e del bilancio pluriennale.
Il rilievo fondamentale degli adempimenti posti dalla citata norma, volti a garantire una corretta gestione finanziaria, emerge quindi dall'attribuzione al consiglio comunale della competenza all'adozione della relativa delibera e dalla circostanza che l'omissione dei provvedimenti di riequilibrio, da adottare successivamente e separatamente solo ove necessari in conseguenza della ricognizione effettuata dall'organo consiliare, è equiparata «ad ogni effetto» alla mancata approvazione del bilancio di previsione (articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 39).

APPALTI SERVIZI: Al via le gare per la scelta dei gestori del gas naturale. Decreto Minambiente. Affidamenti per non più di 12 anni.
Al via le gare per la scelta dei gestori del servizio di distribuzione del gas naturale; entro otto mesi gli enti locali dovranno individuare la stazione appaltante e poi la gara sarà effettuata con l'offerta economicamente più vantaggiosa; i concorrenti dovranno essere già titolari di una concessione di un impianto analogo o gestori di infrastrutture a rete.
Sono questi alcuni dei punti principali della bozza di decreto predisposto dal Ministero dello Sviluppo Economico relativamente alle gare per l'affidamento, per un periodo non superiori a 12 anni, della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale da parte degli enti locali. Il decreto, sul quale dovrà esprimersi sia la Conferenza Unificata, sia l'Authority per l'energia, prevede che saranno gli enti locali di ogni ambito ad individuare il soggetto che fungerà da stazione appaltante, che potrà essere o un comune capofila, o la provincia o un altro soggetto «quale una società di patrimonio delle reti».
L'individuazione dovrà avvenire entro otto mesi dall'entrata in vigore del decreto e sono previsti poteri sostitutivi della Regione. Gli enti locali dovranno fornire alla stazione appaltante la documentazione necessaria a preparare gli atti di gara. I gestori attuali degli impianti, entro 30 giorni dalla richiesta, dovranno a loro volta fornire numerosi elementi all'ente locale (stato di consistenza dell'impianto, obbligazioni finanziarie in essere, indicazioni dello stato dell'impianto e delle sue eventuali carenze ecc.).
Il provvedimento stabilisce anche che i gestori uscenti per i quali la concessione non prevede un termine di scadenza (o prevede un termine superiore a quello del periodo transitorio) debbano ricevere un rimborso che dovrà essere quantificato sulla base delle indicazioni che stabilirà l'Autorità per l'energia entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto, secondo una serie di principi stabiliti dal decreto stesso. Il gestore che si aggiudicherà la gara dovrà poi remunerare l'ente locale con un corrispettivo una tantum a copertura degli oneri che l'ente ha sostenuto per lo svolgimento della gara.
Il bando di gara e il disciplinare dovranno essere predisposti sulla base di due allegati al decreto e poi vagliati dall'Authority (previsto il silenzio assenso dopo 30 giorni dall'invio senza alcuna risposta da parte dell'Autorità). La stazione appaltante dovrà definire le linee guida programmatiche d'ambito, le condizioni minime di sviluppo eventualmente differenziate in base al grado di metanizzazione raggiunto dal Comune, alla vetustà dell'impianto e alle caratteristiche territoriali.
Per partecipare alla gara occorrerà possedere i requisiti minimi previsti dall'articolo 10 del decreto che dal punto di vista economico-finanziario prevede il possesso di un fatturato globale medio annuo pari al valore del servizio oggetto di gara o la produzione di due garanzie finanziarie attestanti che l'impresa ha assolto regolarmente ai propri impegni.
Per quel che concerne invece l'esperienza pregressa si chiede di avere la titolarità di concessioni di impianti di distribuzione del gas naturale per un numero di clienti pari ad almeno il 50% di quelli previsti per la gara, oppure la disponibilità di sistemi informativi, di equipaggiamento tecnico e di personale tali da gestire un numero di clienti uguale o superiore a quello oggetto della gara, oltre alla condizione di essere gestore di infrastrutture a rete.
La commissione di gara, formata da cinque esperti nel settore specifico, o nel settore dei servizi pubblici locali o nel settore degli appalti pubblici, aggiudicherà con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dei seguenti elementi: prezzo, criteri di sicurezza e piani di sviluppo (articolo ItaliaOggi del 25.02.2010, pag. 26).
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Gare del gas in 129 ambiti. In arrivo i decreti che riformano l'affidamento della distribuzione.
Le regole delle gare per la concessione del servizio di distribuzione del gas sono in dirittura d'arrivo e con esse la definizione dei nuovi ambiti territoriali minimi. La definizione degli ambiti ... (articolo Il Sole 24 Ore del 15.02.2010 - tratto da http://rassegnastampa.formez.it).

EDILIZIA PRIVATA: Corruzione, enti ai raggi X. Le norme sui controlli nei comuni saranno recepite nel ddl del governo. Per le concessioni edilizie servirà la doppia firma.
Non basterà la firma del dirigente, ma ci vorrà la controfirma del sindaco (o dell'assessore) per rendere efficace la concessione edilizia rilasciata dal comune. La doppia firma sarà necessaria anche su tutti i provvedimenti autorizzatori (art. 107, comma 3, lett. f) e g) del Testo unico sugli enti locali) che presuppongano accertamenti e valutazioni di natura discrezionale, nonché su tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale. Basterà invece la sola firma del dirigente per irrogare le sanzioni amministrative in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio.
È questa una delle soluzioni a cui la maggioranza sta pensando nel tentativo di arginare la corruzione negli enti locali.
E la norma, ancor prima della sua presentazione ufficiale all'interno del più ampio disegno di legge anticorruzione che il governo varerà nella prossima riunione del consiglio dei ministri, fa già discutere. Perché infliggerebbe un colpo mortale a uno dei principi cardine della governance locale, ossia la separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione. E proprio per questo all'interno dell'esecutivo c'è già chi storce il naso davanti a una soluzione che ai più sembra radicale e di difficile realizzazione pratica. Anche se il problema della compatibilità col Tuel e con il dlgs 29/1993 potrebbe essere superato considerando la firma del sindaco (o dell'assessore) mera condizione di efficacia dell'atto che però resterebbe di emanazione dirigenziale.
Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, l'emendamento è stato già scritto e inviato al ministro della giustizia Angelino Alfano assieme alle altre norme sugli enti locali che andranno a integrare il ddl anticorruzione. L'ipotesi di anticipare all'interno del decreto legge sulla finanza locale (dl 2/2010) le disposizioni del Codice delle autonomie sui controlli nei comuni è stata infatti accantonata dal governo.
Ieri in mattinata il ministro per la semplificazione, Roberto Calderoli, a cui il cdm venerdì scorso aveva affidato il compito di sondare il terreno (si veda ItaliaOggi del 20 febbraio), ha incontrato i vertici di Anci e Upi, ma si è dovuto arrendere di fronte al no delle due associazioni contrarie a un provvedimento ad hoc sugli enti locali. Gli articoli 29 e 30 del Codice autonomie transiteranno dunque integralmente nel ddl Alfano.
Ieri, i tecnici del ministro Calderoli hanno lavorato a una versione semplificata delle norme, ma alla fine si è deciso di recepire le due disposizioni così come sono nel testo approvato lo scorso 19 novembre dal consiglio dei ministri. Tra le novità l'estensione del parere di regolarità contabile, il rafforzamento del parere di congruità in materia di appalti e la possibilità di prevedere controlli di regolarità non solo preventivi ma anche successivi e a campione.
Un'altra novità dell'ultima ora potrebbe riguardare le regioni. Non potrebbero essere più eleggibili i governatori che hanno causato dissesti per gravi violazioni di legge (art. 126, comma 1, della Costituzione). L'ineleggibilità per il momento sarebbe limitata ai presidenti di regione, ma potrebbe anche essere estesa ai sindaci. Anche su questo punto però al momento non c'è accordo nella maggioranza. Il timore che una norma del genere possa spingere molti sindaci a non dichiarare lo stato di dissesto per salvare la poltrona è forte (articolo ItaliaOggi del 24.02.2010, pag. 22).

INCARICHI PROFESSIONALI: Pa, meno incarichi al legale esterno. Ecco cosa prevedono i principali orientamenti giurisprudenziali in materia di consulenze.
Gli avvocati interni all'amministrazione restano i preferiti.
Avvocato interno all'ente pubblico protetto o dimezzato. I legali delle avvocature pubbliche oscillano da una situazione di tutela, che implica un regime controllato di affidamenti di incarichi all'esterno, all'opposta situazione di sottovalutazione del ruolo e di confusione all'interno della macchina amministrativa.
Peraltro le restrizioni agli enti pubblici al conferimento di incarichi professionali esterni, che colpisce in particolar modo gli avvocati, finiscono talvolta con il provocare una diminuzione di tutela per l'ente stesso.
Migliore è la situazione degli enti che hanno una propria avvocatura, mentre per quelli senza una unità organizzativa interna dedicata alla consulenza e al contenzioso le restrizioni costituiscono talvolta una barriera invalicabile.
Vediamo, dunque, in base alla recente giurisprudenza quali possono essere le opportunità per il giurista d'amministrazione.
Cosa prevede la giurisprudenza.
Partiamo innanzitutto dalle tutele per chi svolge l'attività all'interno dell'ente, quale dipendente dello stesso, e che, al di là delle rivendicazioni di carattere economico, si trova anche a difendere spazio alla propria professionalità.
Una mano la dà il Tar Lazio, sez. II, 07.07.2009 n. 6257, che ha bocciato un bando di gara di un ministero avente per oggetto la «fornitura dei servizi legali comprensivi di quelli di assistenza nelle procedure contenziose», in quanto sostanzia violazione del r.d. 30.10.1933 n. 1611 che prevede il cosiddetto patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello stato e non consente alle amministrazioni dello stato, salvo eccezionali motivi conducenti ad apposita autorizzazione in deroga al detto patrocinio obbligatorio, di affidare le dette attività agli avvocati del libero foro attraverso una pubblica gara di appalto, anche per la consulenza stragiudiziale.
Si dirà che siamo in presenza di una legge che tutela l'Avvocatura dello stato. Ma il principio si può estendere anche alle altre avvocature pubbliche, per esempio quelle comunali. In questi casi le delibere istitutive e gli accordi di natura contrattuale riservano l'attività legale appunto agli uffici interni e, d'altra parte, una barriera significativa deriva dal fatto che un incarico all'esterno può esserci solo se all'interno dell'ente non vi siano professionalità adeguate: la stessa presenza di una avvocatura interna argina a ipotesi eccezionali l'affidamento all'esterno.
Vista dal lato del legale esterno che ha interesse a conseguire l'incarico va però detto che un bando illegittimo non può essere revocato dall'amministrazione senza conseguenze a carico.
Nel caso che ha dato origine alla sentenza citata del Tar Lazio il ministero è stato condannato a risarcire il danno precontrattuale, quantificato in 30 mila euro.
L'affidamento diretto dell'incarico.
Sempre vista dal lato del legale esterno va considerato l'orientamento che accorda la possibilità di un incarico diretto e fiduciario.
Così è stato deciso che da un lato l'affidamento dei servizi legali, come complesso di consulenze e patrocinio di un comune dinanzi a tutti i tribunali, non può essere affidato direttamente, ma deve rispondere ai principi espressi dal dlgs n. 163 del 2006, art. 27, comma 1, (codice dei contratti), con l'obbligo del confronto concorrenziale con almeno cinque offerenti, e un'adeguata pubblicità preventiva finalizzata alla possibilità di un'adeguata valutazione comparativa dei candidati, potendosi ammettere un affidamento diretto solo casi eccezionalmente previsti dalla medesima legge; dall'altro resta invece escluso da tale normativa ed è legittimo l'affidamento del solo patrocinio legale che potrà pertanto essere affidato direttamente senza l'espletamento di alcuna gara (Tar Calabria-Reggio Calabria, 04.05.2007, n. 330). Insomma quest'ultimo orientamento lascia spazio a incarichi fiduciari tout court.
Nessuna alternativa, invece, e nessuno spazio per incarichi fiduciari, invece, per l'ipotesi di attività di assistenza tecnica, economica e legale per esempio per l'affidamento e l'indizione di una nuova gara relativamente a un servizio pubblico svolta da una società di capitali con presenza di professionalità diversificate: un'attività di questo tipo deve essere qualificata come servizio di consulenza gestionale e non come consulenza professionale e quindi il suo affidamento ricade nell'ambito di applicazione del codice dei contratti (dlgs 12.04.2006 n. 163) con obbligo di gara.
Dunque il legale esterno può intervenire ad assistere l'ente pubblico, sempreché la stessa non abbia professionalità adeguate al suo interno, e l'incarico su base continuativa deve avvenire mediante un percorso selettivo.
Dovrebbe avere ancora spazio l'affidamento diretto di un singolo incarico di rappresentanza in giudizio. Una chiusura, invece, si ha nel campo della consulenza, che non è facile assegnare su base diretta fiduciaria. Una serie di regole queste che rappresentano un equilibrio tra delle esigenze della tutela delle professionalità sia dell'avvocato interno sia di quello esterno all'amministrazione (articolo ItaliaOggiSette del 04.01.2010).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

ENTI LOCALI: Le p.a. riflettono sulla qualità. Una direttiva di Brunetta spiega come fissare gli obiettivi la cui violazione fa scattare la class action. Al via la ricognizione degli standard qualitativi ed economici.
Tutte le amministrazioni, statali, regionali e locali dovranno effettuare, nel più breve tempo possibile, una ricognizione completa dei rispettivi standard qualitativi ed economici. L'esito di questa ricognizione dovrà essere reso noto sui rispettivi siti internet istituzionali, ai fini della migliore conoscibilità sia da parte dei singoli cittadini che delle associazioni di consumatori ed utenti.
È quanto prevede la direttiva 25.02.2010 n. 4/2010 firmata ieri dal ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, in relazione all'attuazione delle previsioni normative in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici (meglio nota come class action), contenute all'articolo 7 del dlgs n. 198/2009.
Come si ricorderà, con tale complesso di disposizioni, il legislatore ha intenso creare un sistema che ha, quale obiettivo unitario, la definizione di obblighi e standard di comportamento delle amministrazioni. Standard che siano, lo dice la stessa direttiva in esame, «oggettivi, misurabili e concretamente giustiziabili con l'azione collettiva».
Ad oggi, la concreta applicazione delle disposizioni previste necessita di uno o più dpcm, da emanare su proposta dello stesso Brunetta, che definiscano, in via preventiva, gli obblighi contenuti nelle carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici, la cui violazione, appunto, legittima alla proposizione dell'azione collettiva per l'efficienza.
Inoltre, cita la direttiva in esame, la norma dispone che le pubbliche amministrazioni dovranno definire i propri standard in conformità alle disposizioni contenute nella riforma varata con il dlgs n. 150/2009, in materia di misurazione della qualità (la cosiddetta performance) e che i concessionari di pubblici servizi sono soggetti agli obblighi contenuti nelle carte di servizi e dovranno agire in aderenza agli standard di qualità che le direttive annuali della presidenza del consiglio stabiliranno.
Ma la riforma non è impantanata, tiene a precisare il ministro. Il riferimento va a quei rimedi, già esperibili, che derivano dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali (che non hanno contenuto normativo) che devono essere emanati obbligatoriamente entro e non oltre un termine che la legge o un regolamento, ha fissato.
Senza dimenticare che la commissione per la valutazione, trasparenza e integrità della p.a. (Covit) già, con la delibera n. 1/2010, ha fissato alcuni paletti, nelle more della definizione degli standard. In particolare, si deve fare riferimento alle previsioni di termini fissati da leggi o regolamenti e alle carte dei servizi esistenti e ad altri provvedimenti sinora adottati dalle singole pubbliche amministrazioni (si veda pezzo a pag. 38)
È ovvio, ed è questo il fine della direttiva in esame, che occorre giungere alla completa azionabilità di tutte le tipologie di ricorsi individuati dal citato dlgs n. 198/2009. Quindi, come primo passo è necessario adottare con direttiva in esame «un percorso unitario».
Percorso che si svolge attraverso la ricognizione completa, da parte delle amministrazioni statali, regionali e locali, dei rispettivi standard qualitativi ed economici e a pubblicare l'esito di tale ricognizione sui propri siti internet istituzionali. Obblighi, questi, che si intendono riferiti anche per quanto contenuto nelle carte di servizi e negli standard dei concessionari di pubblici servizi, «ognuno in relazione ai concessionari di rispettiva competenza».
Infatti, è necessario diffondere una migliore conoscibilità da parte dei cittadini e delle associazioni di consumatori e utenti, anche per consentire loro, evidenzia espressamente la direttiva, «l'esercizio dei diritti riconosciuti da testo normativo».
Inoltre, gli esiti delle ricognizioni andranno trasmessi alla Covit, a fini di ausilio nelle attività di definizione degli standard per le pubbliche amministrazioni (articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 37).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Al sindaco niente indennità retroattiva. Parere della corte conti Campania.
All'ex sindaco non può essere erogata l'indennità di funzione mai deliberata in consiglio comunale, né prevista nei rispettivi bilanci di previsione. Tale fattispecie manca, altresì, di qualsiasi presupposto giuscontabilistico che permetta un suo riconoscimento quale debito fuori bilancio.
Così si è espressa la Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Campania, con il parere 15.01.2010 n. 3.
Il sindaco del comune di S. Arcangelo Trimonte ha richiesto parere riguardo la possibilità di erogare all'ex sindaco, in carica dal 2004 al 2008, l'indennità di funzione, mai deliberata, né prevista nei bilanci di previsione in considerazione delle difficoltà economiche dell'ente, e se, in caso positivo, la somma poteva essere inserita a competenza o necessitava di riconoscimento di debito fuori bilancio.
L'articolo 82 del Tuel, in attuazione del principio costituzionale per il quale chi ricopre cariche pubbliche ha il diritto di disporre dei servizi e delle risorse necessarie, riconosce al sindaco un'indennità mensile, determinata con apposito decreto del Ministero dell'interno, adottato di concerto con il Ministero dell'economia: il d.m. oggi in vigore è il n. 119 del 04.04.2000, che ha fissato, all'articolo 1, le indennità di funzione e le misure percentuali di incremento delle stesse.
Pertanto, in sede di programmazione, l'ente locale prevede le indennità che spettano agli amministratori e stanzia le necessarie somme in bilancio, con erogazione mensile, previa assunzione dell'impegno di spesa. La mancanza dell'atto d'impegno delle somme stanziate determina che, a fine esercizio, confluiscono nelle economie di bilancio e quindi non è possibile l'imputazione al bilancio corrente del pagamento delle indennità di funzione.
Per la Corte dei conti, nel caso in esame, la mancanza di stanziamenti nei bilanci di previsione degli esercizi 2004/2008 è un elemento ostativo all'assunzione, comunque postuma, dell'impegno contabile e alla successiva erogazione degli emolumenti, in quanto la caratteristica principale del bilancio di previsione è il suo contenuto autorizzatorio degli stanziamenti di spesa, per il quale non è possibile assumere impegni che eccedano gli importi stanziati. Tale principio è una garanzia del rispetto dell'equilibrio finanziario del bilancio e uno strumento per il perfetto governo della gestione, così come chiarito anche dal principio contabile n. 2.
Non può essere erogata, di conseguenza, l'indennità di funzione per gli esercizi passati, senza la preventiva deliberazione consiliare e in mancanza di stanziamento in bilancio. Circa la possibilità di riconoscere la fattispecie come debito fuori bilancio, per la Corte manca qualsiasi presupposto giuscontabile che permetta tale riconoscimento, in mancanza di un titolo giuridico che sorregga la richiesta dell'ex sindaco, considerando anche la partecipazione dello stesso alle sedute consiliari di approvazione dei bilanci, che non contenevano gli stanziamenti per le indennità ex articolo 82 (articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 35).

LAVORI PUBBLICI: Stadi, pagano i sindaci.
Gli enti locali proprietari degli impianti sportivi concessi a società sportive professionistiche possono provvedere ad adeguarli, in tutto o in parte, secondo le prescrizioni imposte dalla normativa sulla sicurezza. Infatti, la disposizione contenuta all'articolo 10 del decreto legge n. 8 del 2007, secondo cui all'adeguamento degli impianti provvedono le società che li utilizzano, non ha carattere imperativo, soprattutto in relazione alla sua finalità che è quella di evitare possibili episodi di violenza durante lo svolgimento di manifestazioni sportive.
È quanto ha chiarito la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la regione Lombardia, nel testo della deliberazione n. 85/2010, con la quale ha fatto luce sul soggetto obbligato all'onere di adeguare gli impianti sportivi alle nuove misure imposte dalle nuove norme sulla sicurezza.
In primo luogo, ha precisato la Corte, la verifica sul soggetto cui spetta l'onere finanziario relativo a tale adeguamento va fatta sulla concessione. È in questo accordo che vengono infatti disciplinati i rapporti finanziari e patrimoniali correlati alla gestione dell'impianto sportivo.
Tuttavia, in mancanza di precise pattuizioni, rileva la Corte, sarà necessario riferirsi alle disposizioni normative che prevedono gli adeguamenti in misura di sicurezza. La normativa degli ultimi anni, al fine di contrastare precisi fenomeni di violenza avvenuti durante manifestazioni sportive, ha disciplinato gli oneri di adeguamento a nuove misure di sicurezza.
L'articolo 10 del decreto legge n. 8/2007, infatti, sancisce che all'adeguamento «possono provvedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le società utilizzatrici degli stessi impianti». A una prima lettura, ha rilevato il collegio, «sembrerebbe» che gli adeguamenti siano di competenza delle società sportive.
Tuttavia, tale norma non sembra avere carattere imperativo, sia per la sua formulazione (l'utilizzo di «possono») che per la finalità che la contraddistingue, vale a dire l'individuazione di interventi diretti ad evitare episodi di violenza nell'ambito di manifestazioni sportive (articolo ItaliaOggi del 24.02.2010, pag. 22).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sulla necessità per le imprese associate in A.T.I. partecipanti ad una gara di appalto di rendere note le quote di partecipazione di ciascuna di esse e sulla regolarizzabilità dell'omissione di tale dichiarazione.
Costituisce causa di esclusione il mancato adempimento dell'obbligo di dichiarare, in caso di imprese associate in A.T.I., le quote di partecipazione all'interno della compagine; obbligo imposto al fine di assicurare che la stazione appaltante possa in concreto verificare il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle singole imprese per l'effettiva parte di lavori che ciascuna deve espletare. Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento di riammissione delle offerte di una RTI esclusa per mancata dichiarazione della quota dei lavori di ciascuna partecipante.
La regolarizzazione documentale è consentita nell'ipotesi di vizi puramente formali o imputabili a mero errore materiale, purché inerenti a dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in tal caso, consentite la sanatoria o l'integrazione postuma, che verrebbero in tal modo a configurare una violazione dei termini ultimi di presentazione dell'offerta, nonché della "par condicio" dei concorrenti.
Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.lgs 163/2006 (Codice dei contratti), i criteri disposti ai fini dell'integrazione documentale riguardano: il semplice chiarimento di un documento incompleto, ovvero un documento relativo a requisiti di partecipazione, e non all'offerta. Nella fattispecie la questione della integrazione è stata posta in relazione alla dichiarazione della quota di partecipazione, inerente l'offerta ed incidente sulle modalità di esecuzione della prestazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2010 n. 1038 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: In materia di avvalimento l'impresa ausiliante deve impegnarsi formalmente a mettere a disposizione i propri (specificati) mezzi per tutto l'arco temporale di esecuzione dell'appalto.
La dimostrazione delle condizioni per l’avvalimento dei requisiti non può essere desunta dal mero dato fattuale dell’esistenza di un contratto di consorzio, di per sé non comprovante la disponibilità dei mezzi propri del consorzio stesso.
E’ invero necessario che il soggetto terzo (ausiliante) si impegni formalmente a mettere a disposizione i propri (specificati) mezzi per tutto l’arco temporale di esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione, senza che possa assumere un rilievo sostituivo, sul versante probatorio, la sola esistenza di un "rapporto di gruppo” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2010 n. 641 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sul collegamento sostanziale tra due imprese partecipanti ad una gara sulla base di elementi oggettivi e concordanti.
Deve ritenersi sussistente il collegamento sostanziale tra due imprese partecipanti ad una gara qualora venisse riscontrato: che le rispettive offerte sono state spedite nello stesso giorno e ora, con le medesime modalità e dallo stesso ufficio postale; che è stata costituita la cauzione con polizze fideiussorie rilasciate dalla stessa compagnia, in sequenza, in pari data e con identica autentica notarile; la comunanza di sedi delle due imprese.
In questo quadro il Collegio ritiene che correttamente la stazione appaltante ha ritenuto che il caso rientrasse nella fattispecie del collegamento sostanziale dovendosi ritenere gli elementi suddetti oggettivi e concordanti (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 05.02.2010 n. 530 - link a www.mediagraphic.it).

ENTI LOCALI: Messi lumaca, il fisco va risarcito. Secondo la Corte di cassazione si instaura un rapporto diretto tra i due enti interessati. Comune responsabile verso l'amministrazione finanziaria.
Comune responsabile verso l'amministrazione finanziaria per i ritardi dei messi nella notificazione delle imposte. Infatti l'ente locale deve i danni al fisco con il quale instaura, in questi casi, un rapporto diretto.

Infatti, hanno precisato le Sezz. unite civili della Corte di Cassazione con la sentenza 27.01.2010 n. 1627, prevedere una responsabilità diretta dei messi notificatori sarebbe impossibile dal momento che non si sa neppure “quali siano preposti a quel compito” e quanti ma soprattutto se sono “sufficienti per far fronte ai compiti istituzionali”.
In proposito si legge in sentenza che “in tema di notifica degli avvisi di accertamento tributario, qualora l'Amministrazione finanziaria, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, faccia richiesta al comune di provvedere all'incombente a mezzo di messi comunali, si instaura, tra amministrazione ed ente locale, un rapporto di preposizione gestoria che deve essere qualificato come mandato «ex lege», la cui violazione costituisce, se del caso, fonte di responsabilità esclusiva a carico del comune, non essendo ravvisabile l'instaurazione di un rapporto di servizio diretto tra l'amministrazione finanziaria e i messi comunali, che operano alle esclusive dipendenze dell'ente territoriale”.
Le motivazioni sono interessanti anche per un altro aspetto. I giudici si soffermano infatti sulla quantificazione del danno che deve corrispondere, hanno affermato, a quanto il fisco avrebbe incassato se la notificazione fosse stata fatta in tempi utili per la riscossione.
In caso di responsabilità del comune –hanno messo nero su bianco gli Ermellini- nei confronti dell'amministrazione finanziaria dello Stato per tardiva notificazione di un avviso di accertamento tributario, l'esistenza e l'ammontare del danno devono ritenersi in via presuntiva commisurati all'entità della pretesa fiscale dalla quale l'amministrazione è decaduta, salvo che l'autore del danno non deduca e dimostri l'infondatezza della pretesa fiscale, ovvero la ricorrenza di impedimenti insuperabili ad un esercizio utile della stessa”.
Una vicenda finita male per il comune di Garda che aveva ricevuto dall'amministrazione finanziaria l'incarico di riscuotere alcuni tributi. I messi notificatori avevano tardato e il fisco aveva perso il diritto a vedersi pagare le imposte. Così aveva fatto causa all'ente locale ottenendo il risarcimento. Ora la Suprema corte ha reso definitiva la decisione della Corte d'Appello di Venezia (articolo ItaliaOggi del 29.01.2010, pag. 25).

APPALTI: CUSTODIA PLICHI GARA.
In assenza di una specifica previsione normativa, relativa alle specifiche modalità di custodia, durante la gara, dei plichi consegnati dalle imprese offerenti, il generale principio di riservatezza non può di per sé ritenersi violato per il sol fatto che siffatte specifiche modalità non siano state adottate sua sponte dalla stazione appaltante. Ciò, primariamente, perché sarebbe, comunque, incerto il livello e la qualità delle misure sufficienti a garantire la segretezza e, poi, perché il mero rischio di violazione non può assurgere a violazione, sia pur sub specie di legittima suspicione, in assenza di elementi o indizi circa il verificarsi di concrete anomalie, a siffatto rischio riconducibili.

E’ quanto affermato dal TAR Calabria-Reggio Calabria che offre un importante contributo per il consolidamento di un orientamento meno formalistico, in materia di obbligo di custodia della documentazione, contenuta nelle offerte in sede di gara.
La pronuncia, aderendo al non minoritario orientamento sostanzialista (CdS, sez. V, n. 4973/2001; CdS, sez. V, n. 5/2002; CdS, sez. IV, n. 5360/2005; TAR Lombardia, sez. Brescia I, n. 507/2007; TAR Puglia, sez. Bari I, n. 2624/2007; TAR Sicilia, sez. Catania IV, n. 106/2009; oltre alle già richiamate sentenze), consolida il medesimo, ponendo, correttamente in giusta evidenza che, in assenza di una puntuale previsione normativa, relativa alle specifiche modalità di custodia, sussiste, nell’attuale ordinamento, solo un generale obbligo di custodia e di riservatezza.
Infatti, occorre tener conto che il 2° comma, dell’articolo 229 del Codice stabilisce espressamente che le “informazioni” cioè i documenti, relativi alle gare, devono essere conservati per almeno quattro anni dalla data di aggiudicazione dell'appalto, affinché, durante tale periodo, la stazione appaltante possa fornirle alla commissione su richiesta di quest'ultima, nonché a chiunque ne abbia diritto.
Dunque, la vigente normativa non sembra, affatto, richiedere una formale verbalizzazione delle misure di custodia, ma esige che la documentazione sia conservata. Fra l’altro, argomento non affatto secondario, l’articolo 78 del Codice, in tema di disciplina dei verbali, non fa alcuna menzione, proprio in riferimento all’obbligo di minima ed obbligatoria verbalizzazione (comma 2°), alla necessità di verbalizzare le misure di custodia (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Calabria-Reggio Calabria, Sez. I, sentenza 03.12.2009 n. 1191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: Deliberazioni degli organi di governo - Sia organi collegiali che monocratici - Pubblicazione sull'albo pretorio ex art. 24 T.U. 267/2000- Necessità.
La pubblicazione sull'albo pretorio è prescritta dall'art. 24 del T.U. n. 267/2000 per tutte le deliberazioni del Comune e della Provincia e riguarda non solo le deliberazioni degli organi di governo (Consiglio e Giunta), ma "anche le determinazioni dirigenziali, esprimendo la parola "deliberazioni" ab antiquo sia risoluzioni adottate da organi collegiali che da organi monocratici ed essendo l'intento quello di rendere pubblici tutti gli atti degli Enti locali di esercizio del potere deliberativo, indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell'organo emanante (V. Corte cost. nn. 38 e 39 dell'01.06.1979 e Cons. Stato, sez. IV, n. 1129 del 06.12.1977)” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15.03.2006, n. 1370) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 24.11.2009 n. 5139 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: SPECIFICHE TECNICHE.
La stazione appaltante può, in sede di gara per un appalto di fornitura, individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti, ritenuti idonei allo svolgimento delle attività, cui destinare le forniture; ma, ciò, invero, all'unico scopo di garantirsi l'aggiudicazione di beni e servizi di migliore qualità ad un minore prezzo.
Quindi, è necessario che l'individuazione di tali specifiche caratteristiche sia effettuata facendo riferimento ad elementi davvero significativi, per distinguere nettamente l'oggetto della fornitura. Infine, deve essere recisamente escluso, in via di principio, che un prodotto migliorativo sotto il profilo tecnico, possa essere giudicato inadeguato, perché non rispettoso di specifiche tecniche, a loro volta non “essenziali”.

E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6997/2009, la quale si palesa di notevole interesse, in quanto contiene importanti statuizioni e precisazioni in materia di “specifiche tecniche” nei pubblici appalti (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.11.2009 n. 6997 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Avvio del procedimento - Avviso - Omissione - Partecipazione - Utilità.
La partecipazione al procedimento amministrativo da parte dei privati è quella di essere uno strumento di tutela anticipata di posizioni soggettive; strumento attraverso il quale i titolari di interessi individuali fatti oggetto di particolare considerazione da parte dell'ordinamento, ancor prima di subire un pregiudizio da parte del provvedimento finale, sono messi in condizione di interloquire con l'Amministrazione in ordine ai profili di legittimità e di merito dell'affare che possono condurre ad un esito per loro favorevole. Pertanto la privazione della garanzia di partecipazione procedimentale possa comportare l'annullamento dell'atto tutte le volte che in giudizio appaia chiaro, in relazione agli aspetti vincolati della fattispecie, che l'interesse sostanziale del privato non avrebbe avuto alcuna possibilità di trovare soddisfazione attraverso il legittimo esercizio del potere.
Nel caso specifico (esclusione dalla gara per l'affidamento del servizio per la stampa di un giornale) l'omissione dell'avviso di avvio del procedimento ha comportato la perdita di uno strumento di tutela a cui non può porre rimedio il processo sia perché, in sede di legittimità: il giudice amministrativo non può sostituirsi all'amministrazione nel ponderare la rilevanza delle difese del destinatario del provvedimento, sia per il fatto che nell'ambito del suddetto giudizio non sono ammessi strumenti istruttori che non abbiano carattere documentale (fatta eccezione per la consulenza tecnica che, nel caso di specie, non potrebbe avere alcuna utilità) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 12.11.2009 n. 5022 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: PROCEDURE NEGOZIATE.
La stazione appaltante ha individuato gli operatori economici da consultare, conformemente al dettato della norma, di cui all’articolo 57, comma sesto, del D.Lgs. 163/2006, vale a dire sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa desunte dal mercato, selezionando un numero di soggetti idonei non inferiore a cinque (art. 122, comma 7-bis).
I principi di trasparenza, proporzionalità e imparzialità, al cui rispetto l’Amministrazione è tenuta anche quando procede all’aggiudicazione di lavori in via semplificata e negoziata, non risultano violati, atteso che essa ha dimostrato nel giudizio di essersi attenuta, nella scelta delle ditte offerenti, ad un meccanismo di rotazione, che in passato ha consentito anche alla ditta ricorrente di partecipare a gare analoghe.

E’ quanto statuito dal TAR Molise, nella sentenza n. 700/2009, ove viene analizzata la condotta della stazione appaltante, a fronte della nuova ipotesi di procedura negoziata, introdotta dalla legge n. 201/2008, mediante l’inserimento del novello comma 7-bis all’articolo 122 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
In particolare, il Tar Molise evidenzia che la stazione appaltante ha dimostrato in giudizio di aver osservato, nella delicata fase di scelta delle imprese da invitare, un “meccanismo di rotazione”, che, nelle precedenti gare, ha consentito anche all’impresa ricorrente di partecipare a analoghe selezioni.
In relazione a siffatto “meccanismo”, occorre prendere atto che la novella normativa non richiama il principio di rotazione, invocato, invece, proprio dal comma 6°, dell’articolo 57. In relazione a ciò, va osservato che non è possibile considerare, comunque, sussistente il principio di rotazione, in virtù della sua presenza nel comma 6°, in quanto il rinvio al citato comma è riferito alla sola “procedura”, cioè alla selezione ad inviti, e non ai principi, che debbono governare la selezione medesima. Infatti, i principi sono già espressamente indicati nella novella normativa, la quale non fa riferimento alcuno alla “rotazione”.
Cosa vuol dire tale assenza? Cosa può comportare tale assenza? Formulare una convincente risposta non è facile.
Ad un primario esame, si potrebbe ritenere che tale assenza comporta un maggior spazio di azione per la stazione appaltante, la quale sembrerebbe non obbligata a far “ruotare” le imprese. Ad ogni modo, i richiamati principi di non discriminazione e parità di trattamento dovrebbero costituire un sicuro argine contro condotte irrazionali ed arbitrarie.
In tal senso, la sentenza del Tar Molise offre un importante ausilio ermeneutico. Infatti, per i giudici molisani non vi è dubbio che un sistema di rotazione debba presiedere alla scelta delle imprese da invitare, nel senso ovvio, ma rilevante, che deve essere fornita ad ogni impresa di settore la possibilità di poter prender parte alle procedure negoziate (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Molise, Sez. I, sentenza 06.11.2009 n. 700 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: COMMISSIONI GARA.
Lo scopo della supplenza, nel caso di commissioni di gara, è proprio quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, e dall'altro lato che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti. Sicché, la necessità che il collegio perfetto operi con il plenum dei suoi componenti non è contraddetta dalla nomina di supplenti. Infatti il plenum dei componenti del collegio perfetto va riferito alla contestuale presenza del numero di componenti previsto, e non alla necessaria identità fisica delle persone che compongono il collegio.

E’ quanto affermato dal TAR Lazio-Roma, nella sentenza n. 10878/2009, ove si è affrontata, in modo analitico e convincente, la problematica dei membri supplenti nelle commissioni di gara.
Ad avviso del Tar Lazio, la funzione della supplenza è duplice:
a) garantire che il collegio possa operare con il plenum, anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi;
b) assicurare che la commissione di gara possa svolgere le sue operazioni e la sua complessiva attività con continuità e tempestività, senza che il suo agire venga impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti.
Dunque, l’istituto della supplenza dei componenti delle commissioni sembra costituire, non senza ragione, un principio immanente delle procedure di gara.
Per quanto riguarda, poi, la censura di carenza motivazionale, cioè la mancata indicazione delle ragioni delle sostituzioni, il Tar parte da un assunto indiscutibile: il provvedimento di nomina della commissione di gara ha previsto la possibilità di sostituzione dei membri effettivi con i supplenti.
Quindi, un’espressa e chiara previsione, a fronte della quale non appare indispensabile che, in sede di verbale di gara, venissero indicate le puntuali ragioni delle sostituzioni. Infatti, il tribunale amministrativo laziale ben osserva, al riguardo, che la legittimazione del componente supplente a partecipare alle sedute ed alle operazioni di gara deriva dalla mera presa d’atto dell'assenza del componente effettivo.
Tuttavia, il Tar non si limita ad un’analisi di tipo formale, ma va oltre, in quanto si pone il problema di comprendere le eventuali ragioni di una puntuale motivazione in tal senso. L’analisi ha un esito negativo. Non è indispensabile che, nel verbale si illustrino con dovizia le cause dell'impedimento del componente effettivo, in quanto, stante la predetta formale legittimazione, siffatta illustrazione si tradurrebbe in una mera clausola di stile (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 05.11.2009 n. 10878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: PUBBLICITA’ SEDUTE GARA.
Il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione, indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso che costituisce una regola generale, riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, di cui all'articolo 97 Cost.. Siffatto principio trova applicazione pure in sede di procedura negoziata, non potendo costituire deroga un’ordinanza commissariale, legittimante solo alla trattativa privata anche per importi superiori a quelli previsti dalle disposizioni di legge.
Infine, la pubblicità trova esplicazione nella fase di verifica della documentazione amministrativa ed in quella di apertura delle buste contenenti le offerte economiche, potendo la stazione appaltante procedere in forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine alle offerte presentate.

E’ quanto affermato dal TAR Sardegna, nella sentenza n. 1609/2009, ove vengono forniti importanti chiarimenti in tema di pubblicità delle gare nei pubblici contratti (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 05.11.2009 n. 1609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: AUTENTICAZIONE DOCUMENTI GARA.
Una pluralità di dichiarazioni, sottoscritte in uno stesso foglio o più fogli, ma inserite in una unica busta, possono essere corredate da una unica copia del documento di identità, ai fini autenticativi, perché l'unicità della busta consente di riferire la copia del documento ad ogni dichiarazione , sicché, per ognuna di esse, sussistono i due elementi, cui è riconnessa l'assunzione di responsabilità penale e ,quindi, la garanzia della provenienza e della veridicità della dichiarazione stessa.
Se, invece, le dichiarazioni sono inserite in più buste, viene meno il legame fisico, che consente di riferire a tutte la copia del documento di identità inserito in una delle buste, cioè di ritenere che, anche per quelle inserite in una busta senza il corredo dell'anzidetta copia, vi sia la concorrenza dei due elementi, che determinano l'assunzione di responsabilità penale e, quindi, la garanzia non solo della provenienza ma anche della veridicità della dichiarazione.

E’ quanto affermato dal TAR Puglia-Lecce, nella sentenza n. 2357/2009, ove vengono avanzate statuizioni, sicuramente corrette, ma non conformi ad un più innovativo approccio sostanzialistico, che dovrebbe contraddistinguere la celebrazione delle pubbliche gare.
Infatti, appare evidente che il Tar Lecce compie un indubbio sforzo semplificativo, in quanto, in buona sostanza, afferma che, se più autodichiarazioni sono contenute in un’unica busta, è sufficiente, al fine di autenticare le relative sottoscrizioni, una sola fotocopia del documento di identità. Ciò che non convince è l’identificazione del “legame fisico”. Ad avviso del Tar, siffatto legame è rappresentato dalla busta “piccola”, ove vengono inserite talune autodichiarazioni.
Al riguardo, appare necessaria una breve precisazione, afferente la prassi delle pubbliche gare. Di norma, le stazioni appaltanti, in sede di bando di gara o di lettera di invito, prevedono il seguente generale adempimento: inserire in un plico “grande” le buste “piccole” (busta “a”, “b”, “c”, etc.) , ove sono contenuti diversi documenti e diverse dichiarazioni.
Ad esempio: nella busta “a”, si richiede di inserire le autodichiarazioni, afferenti i requisiti di ordine generale, ai sensi dell’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), oltre la cauzione provvisoria; nella busta “b”, si richiede di inserire le autodichiarazioni, afferenti i requisiti speciali; nella busta “c”, si richiede di inserire l’offerta economica; etc..
Orbene, secondo l’illustrata impostazione del Tar Lecce, è necessaria una fotocopia del documento identificativo per ogni busta. In tal modo, il predetto legame fisico è individuato nella busta o, più correttamente, nel rapporto trilatere fra busta, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa. In altri termini, la fotocopia autentica tutte le dichiarazioni contenute in una busta, ma non può andare oltre. Ecco, proprio tale punto appare ancora eccessivamente severo.
Infatti, come accaduto nella concreta vicenda, se il soggetto sottoscrittore (ed autore delle dichiarazioni sostitutive) era uno solo, perché occorre fare esclusivo riferimento alle buste e non al plico grande? In altri termini, se sussiste una sola fotocopia autenticativa, indifferentemente collocata in modo libero nel plico grande oppure in una delle “buste piccole”, perché non conferirgli efficacia generale?
Se il sottoscrittore è unico, se cioè il soggetto che deve rilasciare più dichiarazioni, da inserire in più buste, è sempre il medesimo, l’adempimento autenticativo può conoscere una ragionevole semplificazione: il sottoscrittore allega una sola fotocopia autenticativa. In tal caso, il “legame fisico” è rappresentato non dal predetto rapporto trilatere (busta, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa), ma da un nuovo rapporto, sempre trilatere, ove cambia, il modo decisivo, il primo elemento. In luogo della busta, tale primo elemento è costituito dal plico grande, per cui la relazione è: plico grande, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa.
In termini più semplici, se il soggetto sottoscrittore è unico, può essere presentata una sola fotocopia autenticata (ovunque sia collocata), la quale può ben riferirsi a tutte le dichiarazioni contenute in tutte le buste. Non sembra sussistere pericolo di errore o di confusione: il soggetto sottoscrittore è sempre lo stesso. Dunque, una sola fotocopia, riferita ai dati identificatiti dell’unico sottoscrittore della pluralità di autodichiarazioni.
Tale soluzione appare ragionevole, per due ragioni. In primo luogo, semplifica gli adempimenti, evitando la produzione di inutili fotocopie. In secondo luogo, consente, in modo congruo e non sproporzionato, di evitare un improduttivo “formalismo senza scopo” (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.10.2009 n. 2357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Capitolato speciale - lex specialis.
2. Gara deserta - conseguenze - libertà di scelta della p.a.
3. Verifica congruità offerta.

1. La regola del capitolato speciale di appalto che prescrive il completo anonimato dell'elaborato (inserito in busta e integrante l'offerta tecnica, accompagnato da una seconda busta chiusa contenente gli estremi identificativi del concorrente) è da ritenersi prescrizione rispondente ad un particolare interesse dell'amministrazione appaltante o posta a garanzia della 'par condicio' dei concorrenti, evidenziandosi come un evidente e del tutto ammissibile sviluppo del principio di segretezza che vige in materia di appalti aggiudicati secondo il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa e che è posto al fine di garantire l'imparzialità del giudizio
2. In caso di gara di rilievo comunitario per il servizio di raccolta rifiuti urbani, indetta da un Comune sussiste la sostanziale libertà di scelta dell'Amministrazione, in ordine alla modalità di affidamento del servizio, una volta andata deserta la gara (comunitaria) bandita: dall'esperimento di una nuova procedura di appalto, alla trattativa privata, all'affidamento in house. Dette scelte si sottraggono al sindacato di legittimità.
3. Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 28.10.2009 n. 1780 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ritardato pagamento rata costo di costruzione.
2. Sanzioni amministrative - fideiussione con rinuncia al beneficio di preventiva escussione.

1. L'atto con il quale l'Amministrazione comunale liquida - con riferimento ad una determinata concessione edilizia- i contributi urbanistici, in applicazione di determinazioni generali, ha carattere ricognitivo e contabile, non presentando alcun margine di discrezionalità. e le controversie sui contributi di concessione edilizia, ivi comprese quelle che irrogano le sanzioni per mancato pagamento, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, a partire dall'art. 16 della l. 28.01.1977 n. 10 ed ora in forza dell'art. 7 della L. n. 205 del 21.07.2000.
2. E' illegittima l'applicazione delle sanzioni per il ritardo nel versamento nel caso in cui il titolare della concessione, a garanzia del pagamento dei contributi concessori, abbia stipulato fideiussione contenente rinuncia al beneficio di preventiva escussione.
Il Comune ha infatti uno specifico dovere, fondato sugli articoli 1175, 1375 e 1227, comma 2, del cod. civ., di richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza che -se esso viene meno a tale dovere e resta inerte- viola l'obbligo gravante sul creditore di attivarsi per non aggravare la posizione del debitore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 22.10.2009 n. 1760 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Esclusione - false dichiarazioni.
L'art. 38 d.lgs. 163/2006 ed espressamente richiamata dall'art. 4 del Disciplinare dei Fornitori di Poste Italiane che regola l'iscrizione nell'elenco dei fornitori -la quale disciplina le ipotesi di esclusione dei concorrenti- prevede un preciso iter che passa attraverso l'accertamento della falsità della dichiarazione, l'esclusione dalla gara per tale specifica motivazione, la segnalazione dell'esclusione all'Autorità di Vigilanza per l'inclusione nel casellario informatico; adempimento quest'ultimo a decorrere dal quale opera il divieto per la ditta di partecipare ad altre gare per il periodo di un anno.
Nel caso di specie l'esclusione è stata comminata in ragione del rilievo di elementi che hanno indotto la stazione appaltante a presumere l'esistenza di una situazione di collegamento tra due aziende partecipanti alla gara: ne discende che alla controinteressata non è mai stato contestato il ricorso a false dichiarazioni, con la conseguenza che non poteva ritenersi integrata la condizione che avrebbe escluso la possibilità di iscrizione nell'elenco dei fornitori e quindi, analogamente, neanche quella che avrebbe determinato la sua cancellazione per mancanza di un requisito necessario per l'iscrizione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.10.2009 n. 1756).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Distacco tra costruzioni - art. 9 D.M. 02.04.1968 n. 1444.
2. Distacco tra costruzioni - c.d. doppia tutela.
1. L'art. 9 D.M. 02.04.1968 n. 1444 che prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, non è immediatamente operante anche nei rapporti tra privati: da ciò deriva che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata.
2. Nel nostro ordinamento vige il regime della c.d. "doppia tutela" in relazione a possibili violazioni della disciplina vigente in materia di distacco delle costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni, a seconda che si agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti dell'Amministrazione Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo le azioni stesse coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato alla legittimità dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di giurisdizione amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio reputato illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da parte del giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5 della L. 25.03.1965 n. 2248, all. E (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di tettoia in edificio.
Le opere perimetrali di chiusura di una tettoia non sono riconducibili a quelle di completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente il manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di funzionalità: non possono qualificarsi come opere di completamento funzionale quelle che si traducono nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato e che attribuiscono una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sicché le opere che trasformino una tettoia in un edificio non costituiscono un completamento funzionale ma una trasformazione dell'originario manufatto in un qualcosa di nuovo.
L'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore -e non consentita- violazione della normativa in materia di distanze (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: 1. Bonifica siti interesse nazionale - Attività di gestione - Competenza Dirigenziale - Sussiste.
2. Conferenza dei servizi - provvedimento conclusivo - Immediata Esecutività - Autonoma impugnabilità.
3. Atto amministrativo - Principio di precauzione - Applicabile.
4. Barrieramento fisico - Presupposti - Estrema gravità.
5. Tabelle ex d.m. 471/1999 - Elencazione non tassativa.

1. In forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l'organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo.
La competenza ad adottare l'ordinanza prevista dall'art. 8, co. 2, del D.M. 28.10.1999 n. 471 spetta al dirigente (o in sua assenza al responsabile del servizio).
2. La determinazione conclusiva della conferenza assunta sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in tale sede è immediatamente esecutiva ed è autonomamente ed immediatamente impugnabile e ciò rende senz'altro superflua l'adozione di un successivo provvedimento da parte dell'Amministrazione procedente.
3. L'autonomo principio di precauzione che discende dalle disposizioni del Trattato, ha contenuto ampio ed atipico, obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici.
4. In un procedimento per l'adozione di misure di bonifica e di ripristino ambientale in un sito inquinato di interesse nazionale è illegittima l'imposizione di una barriera di contenimento fisico di una falda inquinata (costituente un intervento di messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lg. n. 152 del 03.04.2006), al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, qualora, nel verbale della conferenza di servizi decisoria che abbia disposto tale misura, non risulti una motivazione specifica relativamente all'accertamento della situazione di emergenza «repentina» e della gravità della situazione denunciata che possano giustificare l'intervento richiesto.
5. Le tabelle allegate al d.m. 471/1999 non contengono una elencazione tassativa, ma sono suscettibili di interpretazione analogica fondata sulla eadem ratio (interpretazione che, ai soli fini amministrativi, e prescindendo dagli aspetti penali della bonifica, non è vietata da alcuna norma di principio).
Per le sostanze non indicate in Tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossico logicamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.10.2009 n. 1738 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: 1. Bonifica siti interesse nazionale - Attività di gestione - Competenza Dirigenziale.
2. Conferenza dei servizi - provvedimento conclusivo - Immediata Esecutività -Autonoma impugnabilità.
3. Conferenza dei servizi - Mancata Partecipazione - Vizio- Rilevabilità dal privato- Esclusa.
4. Procedura di messa in sicurezza di emergenza - Ordine di asportazione dei sedimenti - Compatibilità.
5. Barrieramento fisico - Presupposti- Estrema gravità.
6. Tabelle ex d.m. 471/1999 - Elencazione non tassativa.

1. In forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l'organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo.
2. La determinazione conclusiva della conferenza dei servizi, assunta sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in tale sede è immediatamente esecutiva ed è autonomamente ed immediatamente impugnabile e ciò rende senz'altro superflua l'adozione di un successivo provvedimento da parte dell'Amministrazione procedente.
3. L'eventuale vizio nella partecipazione ad una conferenza di servizi può essere fatta valere solo dal soggetto interessato, se le amministrazioni interessate non lamentano la violazione di tale garanzia, non può essere il privato a sollevare in giudizio la relativa censura.
4. L'ordine di asportazione dei sedimenti non è in astratto incompatibile con la procedura di messa in sicurezza di emergenza, in particolare, qualora la contaminazione sia penetrata nei suoli sì da raggiungere anche la falda , la bonifica, non potrà risolversi nella mera asportazione dei sedimenti ma contemplerà ulteriori attività molto più complesse di disinquinamento dei suoli e della falda.
5. In un procedimento per l'adozione di misure di bonifica e di ripristino ambientale in un sito inquinato di interesse nazionale ex art. 14, l. 31.07.2002 n. 179, è illegittima l'imposizione di una barriera di contenimento fisico di una falda inquinata (costituente un intervento di messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lgs. n. 152 del 03.04.2006), al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, qualora, nel verbale della conferenza di servizi decisoria che abbia disposto tale misura, non risulti una motivazione specifica relativamente all'accertamento della situazione di emergenza «repentina» e della gravità della situazione denunciata che possano giustificare l'intervento richiesto.
6. Le tabelle allegate al d.m. 471/1999 non contengono una elencazione tassativa, ma sono suscettibili di interpretazione analogica fondata sulla eadem ratio (interpretazione che, ai soli fini amministrativi, e prescindendo dagli aspetti penali della bonifica, non è vietata da alcuna norma di principio).
Per le sostanze non indicate in Tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.10.2009 n. 1736 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bando - Requisiti di partecipazione - Valutazione in concreto.
L'adeguatezza e proporzionalità dei requisiti richiesti dal bando va valutata con riguardo all'oggetto in concreto dell'appalto ed alle sue specifiche peculiarità.
La richiesta di un determinato fatturato pregresso per servizi identici va commisurata al concreto interesse della stazione appaltante a una certa affidabilità del proprio interlocutore contrattuale, avuto riguardo alle prestazioni oggetto di affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1728).

APPALTI: 1. Contratti della p.a. - Gara - Sigillatura e controfirma buste - Unico lato non preincollato.
2. Contratti della p.a. - Gara - Bando lex specialis - Sigillatura e controfirma buste - Tre lati.
3. Giustizia amministrativa - Esclusione vincitore - mancato ricorso incidentale - aggiudicazione gara al secondo classificato.
4. Giustizia amministrativa - Domanda risarcitoria.

1. L'adempimento formale di sigillatura e controfirma delle buste che compongono le offerte, in linea generale può essere limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante
2. In presenza di previsione del bando di gara per cui ciascuna busta, a pena di esclusione, deve essere "debitamente sigillata e controfirmata sui lembi di chiusura", la peculiare 'lex specialis' deve essere interpretata nel senso che tutti i lembi delle buste vanno necessariamente sigillati e controfirmati dai concorrenti, quale garanzia certa e incontrovertibile dell'inalterabilità dell'offerta.
3. Esclusa la vincitrice controinteressata per mancato rispetto del bando, la ricorrente, classificatasi seconda in graduatoria senza contestazioni, non avendo la controinteressata proposto in merito alcun ricorso incidentale, deve necessariamente essere dichiarata vincitrice.
4. In caso di declaratoria di inefficacia del contratto concluso con vincitrice esclusa in esecuzione dell'annullata aggiudicazione, l'amministrazione deve stipulare un nuovo contratto con la nuova vincitrice della gara, per la durata in origine stabilita dalla gara per cui è causa, decorrente però dal momento in cui venga data esecuzione esecuzione.
In tal modo, infatti, alla vincitrice verrà garantito in modo pieno il bene della vita che avrebbe conseguito se la gara si fosse svolta in modo legittimo, sì che, per altro verso, non vi è luogo a riconoscere in suo favore alcun ulteriore e distinto risarcimento pecuniario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1722 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Procedimento - Comunicazione di avvio del procedimento - Revoca provvedimento - Obbligo - Sussiste.
2. Procedimento in autotutela - Obbligo comunicazione avvio procedimento - Non sussiste nelle ipotesi di atto generale.

1. In via generale, un procedimento di autotutela, volto all'eventuale caducazione di un precedente provvedimento amministrativo, è soggetto alla comunicazione di avvio di cui all'art. 7 della l. 241/1990.
2. Nelle ipotesi in cui il provvedimento emesso in autotutela sia atto generale (nella specie ordinanza che per tutti i consociati stabilisce una certa disciplina del transito su una pubblica via) è esclusa l'applicazione dell'art. 7 in questione, in forza dell'art. 13 della medesima legge, e invero anche della comune logica, perché non si comprende a quali determinati soggetti la comunicazione stessa si sarebbe dovuta indirizzare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Distanza minima tra edifici di nuova costruzione in zona A - pareti finestrate - scelta comunale - art. 9 DM 1444/1968 comma 3 - ammissibilità.
E' rimessa ai Comuni la scelta (da esercitarsi in base al comma 3, art. 9, DM 1444/1968) della distanza minima tra edifici con pareti finestrate nel caso di nuova costruzione in zona A stante la lacuna ex art. 9, comma 1, n. 1, dm 1444/1968 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.09.2009 n. 1712 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Recupero sottotetto - art. 64 l.r. 12/2005 - disciplina comunale anteriore più ampia - efficacia.
Ex art. 64, comma 1, della LR 12/2005 l'altezza media ponderale di 2,40 metri deve essere intesa contemporaneamente come misura minima (ai fini dell'abitabilità) e massima (con riguardo alla sopraelevazione dell'edificio): ciò al fine di evitare che il recupero del sottotetto si trasformi in una generalizzata facoltà di sopraelevazione e assuma connotati speculativi..
I comuni nell'esercizio del proprio potere regolatorio possono disciplinare il recupero dei sottotetti in maniera più ampia di quanto stabilito dalla legge regionale se la normativa comunale è anteriore alla legge regionale: in questo caso le norme comunali anche più favorevoli mantengono efficacia, sia per il principio di specialità sia perché il recupero dei sottotetti corrisponde a un interesse pubblico di cui la legge regionale individua soltanto la misura minima lasciando spazio per il resto alle scelte urbanistiche dei comuni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.09.2009 n. 1712 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA 1. Lottizzazione - convenzione - mancata trascrizione - opponibilità agli acquirenti successivi- sussistenza.
2. Lottizzazione - piano attuato solo in parte nel termine decennale - interesse pubblico ancora attuale - caducazione - non sussiste.

1. La mancata trascrizione non impedisca l'opponibilità della convenzione di lottizzazione ai successivi acquirenti dell'area. Sul piano urbanistico la conformazione dell'area, e quindi la stessa presenza del vincolo, opera oggettivamente come conseguenza dell'esercizio della potestà di programmazione del territorio, e non subisce limitazioni per il fatto di essere mediata da accordi stipulati ex art. 11 l. 241/1990. Diversamente sarebbe concesso ai privati di disporre delle scelte urbanistiche dell'amministrazione trasferendo la proprietà dell'area prima della trascrizione della convenzione di lottizzazione
2. Non è possibile ipotizzare la caducazione di un piano di lottizzazione quando nel termine decennale la convenzione sia stata in parte attuata e quindi la conformazione abbia assunto una dimensione immediatamente percepibile nella realtà.
La persistenza del vincolo è legata unicamente all'interesse pubblico, nel senso che una volta decorso il periodo decennale di validità del piano è possibile per tutte le parti coinvolte dimostrare l'inattualità o l'inutilità della soluzione urbanistica originaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.09.2009 n. 1711 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi - art. 69 l.r. 12/2005 - equiparazione opere di urbanizzazione- titolo edilizio gratuito - sufficienza.
Per l'art. 69 LR 12/2005 i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, sono equiparati alle opere di urbanizzazione e pertanto sono realizzabili mediante un titolo edilizio gratuito e non concorrono alla definizione della classe dell'edificio ai fini del calcolo del costo di costruzione.
Ciò in quanto l'utilità pubblica dei parcheggi è stata messa in relazione direttamente con gli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (con abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (con superamento della misura minima ex lege) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.09.2009 n. 1709 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Cartelli pubblicitari - zona vincolata paesaggistica - giudizio di incompatibilità - motivazione congrua - riferimento al concreto stato dei luoghi.
2. Commissione edilizia integrata - parere paesaggistico - ampia discrezionalità estetica - censura solo per travisamento fatti o evidenti illogicità .

1. In materia di installazione di cartelli pubblicitari in zona vincolata paessaggistica il giudizio di incompatibilità deve essere adeguatamente motivato e deve dare contezza delle ragioni per le quali viene ritenuta la non compatibilità del manufatto con le esigenze di tutela paesistica del contesto : la motivazione del provvedimento di diniego dell'autorizzazione è congrua ed esaustiva se dai pareri autonomamente espressi in sede endoprocedimentale dagli esperti ambientali recepiti dal provvedimento conclusivo emerge un giudizio sfavorevole non astratto, ma puntuale e riferito al concreto stato dei luoghi.
2. Se nel procedimento è intervenuta la Commissione edilizia integrata dagli esperti per il paesaggio, il parere espresso da questa è connotato da ampia discrezionalità "estetica" ed è censurabile solo in presenza di travisamenti fattuali o evidenti illogicità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 1706 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego del permesso di costruire sottoposto a condizione sospensiva - consolidamento dei motivi ostativi - non necessità di un ulteriore provvedimento.
2. Autorizzazione commerciale - non può essere condizione della conformità urbanistica.

1. Correttamente l'amministrazione pronuncia un diniego del permesso di costruire sottoposto alla condizione sospensiva della mancata presentazione in un termine prefissato di ulteriori elementi istruttori a cura degli interessati.
E' pertanto legittimo ed ispirato al principio di economicità dell'azione amministrativa un provvedimento di diniego del permesso di costruire avente doppia natura di comunicazione dei motivi ostativi e di provvedimento finale negativo. Il diniego annunciato diventa definitivo attraverso il consolidamento della comunicazione dei motivi ostativi. Non vi sono infatti ragioni particolari per adottare un formale atto di diniego dopo che sono già stati comunicati con piena trasparenza i motivi che impediscono l'accoglimento dell'istanza.
2. E' la conformità urbanistica a condizionare il rilascio dell'autorizzazione commerciale e non il contrario, pertanto è illegittima la decisione del Comune di subordinare l'esame della pratica urbanistico-edilizia alla produzione degli atti di acquisto delle autorizzazioni commerciali.
L'onere di acquistare preventivamente un'azienda commerciale senza la certezza di poter svolgere la relativa attività nell'immobile a disposizione eccede la misura della proporzionalità che l'amministrazione deve sempre rispettare quando stabilisce i pesi a carico dei privati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 11.09.2009 n. 1690 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Pagamento a favore di un ente pubblico - reversale di incasso - predisposizione anticipata - non necessaria.
2. Sanzioni ex art. 3 L. 47/1985 - sollecitazione ad adempiere - non necessaria.

1. Per effettuare un pagamento a favore di un ente pubblico non è necessaria alcuna reversale di incasso predisposta dagli uffici.
In base al principio contenuto ancora nell'art. 197, comma 2, del RD 12.02.1911 n. 297 (in seguito nuovamente codificato nell'art. 24, comma 4, del Dlgs. 25.02.1995 n. 77 e ora nell'art. 180, comma 4, del Dlgs. 18.08.2000 n. 267) il tesoriere deve accettare la riscossione di ogni somma versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di un ordinativo di incasso (è poi compito del tesoriere dare immediata comunicazione all'ente dell'avvenuto pagamento richiedendo la conferma o la regolarizzazione).
La mancata predisposizione in via anticipata delle reversali di incasso da parte degli uffici comunali non costituisce rifiuto illegittimo di ricevere il pagamento ai sensi degli art. 1206-1207 cc.
2. La natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l'ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest'ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo.
Pertanto, se il rapporto con l'amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l'adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall'amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 11.09.2009 n. 1688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Impugnazione degli atti di gara - Domanda di partecipazione - Non necessaria solo se il bando preclude in radice la partecipazione.
Alla regola per cui per avere interesse all'impugnazione degli atti di una gara è necessario avervi presentato domanda di partecipazione si deroga nel solo caso in cui il bando sia formulato in maniera tale da precludere in radice la partecipazione della ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 04.09.2009 n. 1586).

APPALTI: Regolarizzazione documentale.
In presenza di documentazione del tutto mancante, o fisicamente incompleta, o assolutamente inidonea, o non corrispondente a quella prevista (“aliud pro alio”), ovvero ancora, in caso di mancanza delle prescritte sottoscrizioni, non è consentita la regolarizzazione o l’integrazione della documentazione, atteso che, in caso contrario, si verrebbe a realizzare una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti, che abbiano, invece, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis.

E’ quanto statuito dal TAR Bolzano, nella pronuncia n. 308/2009, ove si ripropone un’interpretazione restrittiva del potere di “regolarizzazione documentale” in sede di gara.
L’importanza della sentenza risiede nel fatto che l’orientamento severo, assunto dalla giurisprudenza, viene confermato, pur in presenza di una disposizione normativa (art. 46, Codice dei contratti, D.Lgs. n. 163/2006), che sembrerebbe implicare maggiori possibilità di sanatoria nei confronti di documentazioni o dichiarazioni irregolari.
Il Tar Bolzano, aderendo all’attuale orientamento restrittivo, afferma che il potere di regolarizzazione costituisce:
a) una facoltà insindacabile della stazione appaltante;
b) il suo esercizio deve rispettare il generale principio di par condicio;
c) non può dar luogo ad alcuna attività integrativa;
d) deve esplicarsi entro il termine di presentazione delle offerte;
e) deve avere a fondamento incertezze o equivoci rinvenibili nel disciplinare di gara;
f) può essere legittimamente esercitato solo in presenza di vizi puramente formali o chiaramente imputabili a errore solo materiale, e non ad elementi essenziali dell’offerta (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, Sez. I, sentenza 04.09.2009 n. 308 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASulla quantificazione del danno ambientale per abuso edilizio commesso in zona paesaggisticamente vincolata.
Con riferimento alla richiesta di concessione edilizia in sanatoria di una piscina costruita -senza titolo- in zona agricola soggetta a vincolo paesaggistico, è necessario osservare:
- che andava applicata, con riferimento alla sanzione ambientale in esame, la disciplina statale di cui all’art. 15 della Legge n. 1497 del 1939, poi art. 164 del D.Lgs. n. 490 del 1999 e quindi art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004 nonché il D.M. 26.09.1997 per la sua quantificazione (cfr. Cons. Stato, IV, n. 7405 del 2004);
- che occorreva, dunque, effettuare apposita perizia del danno ambientale nonché stima del profitto discendente dall’esecuzione dell’opera, determinata dalla differenza tra il valore dell’opera stessa ed i costi di sua realizzazione (cfr. art. 2 del D.M. ed art. 3 per i susseguenti criteri);
- che, trattandosi di sanzione diretta a reprimere violazioni formali oltre che sostanziali, la stessa, in mancanza di un concreto danno ambientale, doveva essere commisurata al profitto conseguito (cfr. TAR Campania, IV, n. 16752 del 2004);
- che invece l’Amministrazione, in applicazione dell’art. 10 del Reg. Com., ha identificato il profitto con il costo di produzione dell’opera, disattendendo quindi la suddetta disciplina statale (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 07.08.2009 n. 1373 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: I continui e pesanti rimproveri integrano il mobbing se fatti davanti ai colleghi.
La Cassazione ha ritenuto che i rimproveri orali da parte del superiore adottati con «toni pesanti» e davanti agli altri colleghi, possono costituire episodio di mobbing.
I giudici hanno così confermato la condanna per mobbing di un'azienda milanese perché una sua dirigente aveva vessato per mesi una dipendente, con una serie di sanzioni disciplinari culminate nel licenziamento (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 20.03.2009 n. 6907 - link a www.lavoroprevidenza.com).

EDILIZIA PRIVATAI manufatti interrati non devono rispettare le distanze.
Per giurisprudenza costante i locali interrati non sono computabili ai fini dell'applicazione delle norme sulle distanze in quanto le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza, distanze e volumetria degli edifici sono dirette a tutelare quegli specifici valori -aria, luce, vista- sui quali incidono tutti i volumi che, sporgendo al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in maniera significativa la conformazione del suolo e dell'ambiente (TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 12.03.2009 n. 77 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa sanzione prevista dall'art. 15 della legge n. 1497/1939 non costituisce un’ipotesi di risarcimento del danno ambientale, ma rappresenta una sanzione amministrativa applicabile sia in caso di illeciti sostanziali (compromissione dell’integrità paesaggistica) sia nella ipotesi di illeciti formali (mancanza del titolo autorizzatorio) e trova applicazione anche nella ipotesi in cui sia intervenuto, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del 1985, parere favorevole alla condonabilità da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
Le questioni che vengono in rilievo in relazione all’odierna controversia non sono sconosciute al Collegio che, in relazione alla fattispecie in esame, ritiene di poter condividere, sia pure con alcune ulteriori precisazioni rese necessarie dalla peculiarità della fattispecie ora in esame, l’impostazione seguita e le conclusioni alle quali sono pervenute la quinta e questa stessa Sezione nell’esame di controversie aventi contenuto analogo (cfr. Sez. IV, n. 6279 del 12.11.2002; Sez. V, n. 614 dell’08.06.1994, n. 3184 del 02.06.2000 e n. 5373 del 09.10.2000).
I principi enucleati in quelle decisioni possono riassumersi nelle seguenti considerazioni:
a) l’art. 15 della L. 29.06.1939 n. 1497 va interpretato nel senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non rappresentando una forma di risarcimento del danno;
b) condonabilità degli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale purché sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità competente, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del 28.02.1985;
c) applicabilità della sanzione di cui al predetto art. 15 anche in caso in cui sia intervenuto il previsto nulla-osta, come precisato dall’art. 2, comma 46, della L. n. 662 del 23.12.1996, norma di natura chiaramente interpretativa;
d) applicabilità, per espresso dettato legislativo, dell’art. 28, primo comma, della L. n. 689 del 24.11.1981 il quale espressamente dispone che il “diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di 5 anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”, sia pure con i temperamenti necessari attesa la particolare natura dell’illecito sanzionato dal ricordato art. 15.
La regola della prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno della commissione della violazione, infatti, trova in astratto applicazione anche in materia di illeciti amministrativi puniti con la pena pecuniaria di cui alla normativa di tutela urbanistica-edilizia e di tutela del paesaggio (Cass., 1° Sez. civ. n. 6967 del 25.07.1997).
Occorre, a questo punto, individuare il dies a quo dal quale inizia a decorrere il quinquennio prescrizionale.
In proposito il giudice di primo grado, dopo aver precisato che il comportamento sanzionato dall’art. 15 della ricordata legge n. 1457 del 1939 ha carattere di illecito permanente, individua detto momento in quello in cui l’Autorità preposta alla tutela del vincolo ha espresso parere favorevole al mantenimento dell’opera abusiva realizzata, facendo così venir meno l’antigiuridicità del fatto.
Siffatte conclusioni, peraltro immotivate, non possono essere condivise.
Ed infatti, se è vero, come affermato in sentenza, che l’illecito in questione ha natura permanente, è altrettanto vero che lo stesso è caratterizzato dall’omissione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, così che se l’Amministrazione si determina con un provvedimento repressivo (demolizione ovvero irrogazione della sanzione pecuniaria), non è “emanato un atto a distanza di tempo” dalla commissione dell’abuso, ma si sanziona una situazione antigiuridica ancora contra jus, atteso che la situazione di illiceità può dirsi venuta meno solo quando è stato assolto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi (ovvero sia stata pagata, in alternativa, la prevista sanzione pecuniaria).
Non è esatto assumere a parametro di riferimento, come ha fatto il giudice di primo grado, l’intervenuto parere favorevole al mantenimento delle opere abusivamente realizzate posto in essere dalla Commissione regionale per la tutela del paesaggio e dall’Assessore al Dipartimento assetto del territorio in relazione al provvedimento rilascio della concessione edilizia in sanatoria.
Siffatto parere, in mancanza di una qualsiasi norma positiva in tal senso, è da ritenere privo di un’autonoma rilevanza in quanto concorre a consentire il rilascio della concessione edilizia (o autorizzazione) in sanatoria inserendosi, secondo le previsioni contenute nell’art. 32 della L. n. 47 del 1985, nel diverso procedimento volto a sanare solo ed esclusivamente illeciti di natura edilizia-urbanistica in relazione ad immobili soggetti a vincoli paesaggistici e/o ambientali e non è, quindi, atto idoneo a far decorrere il termine di prescrizione previsto dal ricordato art. 28 della normativa del 1981. Al contrario, il provvedimento sanzionatorio impugnato trova la sua disciplina in una normativa diversa da quella prevista nella cd. legge di sanatoria, disciplina che delinea un autonomo procedimento in cui intervengono altre Amministrazioni in quanto titolari di interessi finalizzati alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, nonché alla repressione di eventuali abusi.
Come conferma della correttezza di quanto fin qui precisato si pone anche l’art. 2, comma 46, della L. n. 662 del 23.12.1996 in base al quale il “versamento dell’oblazione non esime dall’applicazione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 15 della L. n. 1457 del 1939”, attesa la peculiarità della sua funzione di riparare alla lesione di uno specifico interesse pubblico violato, lesione che perdura fintanto che esso non sia risarcito per equivalente.
Infatti oblazione ed indennità risarcitoria hanno finalità diverse, perché diversi sono i procedimenti in cui si vanno ad inserire ed profili su cui vanno ad incidere, così che il pagamento dell’una non fa venir meno il dovere di agire per la riscossione dell’altra con le ulteriori conseguenze connesse alle dette differenze, compresa quella di cui ora si discute.
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La fondatezza dell’appello principale impone al Collegio l’esame dei motivi del ricorso di primo grado che il Tribunale Amministrativo regionale ha dichiarato assorbiti.
Conviene, preliminarmente, sgombrare il campo dalle doglianze rispetto alle quali valgono le considerazioni svolte nei precedenti paragrafi (in particolare quelle contenute sub n. 1 e 4 della memoria di costituzione e da quelle manifestamente infondate.
In particolare si deduce (sub 3) che la dichiarata assenza di danno ambientale sarebbe di ostacolo alla comminatoria della sanzione pecuniaria in argomento.
Sul punto il Collegio non può che richiamare quanto già precisato in sede di esame di controversia di contenuto analogo (cfr. decisione n. 6279 del 12.11.2002 ed anche VI Sez. n. 3184 del 02.06.2000) in cui si è precisato che la sanzione prevista dal più volte citato art. 15 non costituisce un’ipotesi di risarcimento del danno ambientale, ma rappresenta una sanzione amministrativa applicabile sia in caso di illeciti sostanziali (compromissione dell’integrità paesaggistica) sia nella ipotesi di illeciti formali (mancanza del titolo autorizzatorio) e trova applicazione anche nella ipotesi in cui sia intervenuto, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del 1985, parere favorevole alla condonabilità da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.11.2004 n. 7405 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA:  La sanzione da irrogare per gli abusi edilizi commessi in aree con vincolo paesaggistico (in alternativa all’ordine di rimessione in pristino) è pari alla maggior somma fra il danno ambientale causato dall’intervento sanzionato e il profitto conseguito. Precisano poi le indicate disposizioni che la somma è determinata previa perizia di stima. Trattandosi di sanzione pecuniaria tesa a reprimere, con effetto deterrente oltre che ripristinatorio, ogni tipo di violazione, sostanziale e formale, l'indennità in questione -per giurisprudenza oramai costante- è dovuta anche in mancanza di un concreto danno ambientale; in tal caso la sanzione deve essere commisurata al profitto conseguito.
Per quanto riguarda poi la determinazione del quantum della sanzione, la giurisprudenza ha chiarito che per la determinazione del profitto è più agevole ricorrere ad elementi oggettivi di valutazione mentre per la determinazione del danno ambientale soccorrono criteri equitativi e che la quantificazione non può essere oggetto di una dimostrazione articolata ed analitica, sfuggendo il danno paesistico ad una indagine dettagliata e minuta con la conseguenza che tale valutazione può essere censurata solo per manifesta illogicità.

La questione sottoposta all’esame di questo TAR riguarda l'applicazione della sanzione ambientale prevista dall'art. 15 della legge n. 1497 del 1939 (ed ora dall’art. 167 del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42 recante il Codice dei Beni culturali e del paesaggio) per opere realizzate in assenza della necessaria preventiva autorizzazione in area sottoposte alla tutela paesaggistica.
Secondo l’art. 15 della legge n. 1497 del 1939 e poi dell'art. 164 del decreto legislativo 29.10.1999 n. 490 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) ed ora dell’art. 167 del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42, recante il Codice dei Beni culturali e del paesaggio, la sanzione da irrogare per gli abusi edilizi commessi in aree con vincolo paesaggistico (in alternativa all’ordine di rimessione in pristino) è pari alla maggior somma fra il danno ambientale causato dall’intervento sanzionato e il profitto conseguito. Precisano poi le indicate disposizioni che la somma è determinata previa perizia di stima.
Trattandosi di sanzione pecuniaria tesa a reprimere, con effetto deterrente oltre che ripristinatorio, ogni tipo di violazione, sostanziale (per l’effettivo contrasto della costruzione con i valori paesistici ed ambientali della zona) e formale (per l’omessa acquisizione del nulla osta paesistico), l'indennità in questione, per giurisprudenza oramai costante, è dovuta anche in mancanza di un concreto danno ambientale; in tal caso la sanzione deve essere commisurata al profitto conseguito (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 48 del 15.05.2002, Sez. VI, n. 912 del 21.02.2001).
Basta pertanto verificare che per la costruzione o l'intervento edilizio fosse necessario il nulla osta paesistico, come nella specie, per far ritenere legittimo il potere sanzionatorio esercitato dall'Amministrazione.
Per quanto riguarda poi la determinazione del quantum della sanzione, la giurisprudenza ha chiarito che per la determinazione del profitto è più agevole ricorrere ad elementi oggettivi di valutazione mentre per la determinazione del danno ambientale soccorrono criteri equitativi (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 48 del 15.05.2002, Sez. V n. 1225 dell'01.10.1999).
Si deve peraltro aggiungere che, in materia di condono edilizio, l’art. 10, comma 5-ter, del decreto legge 31.12.1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28.02.1997, n. 30, ha previsto che, ai soli fini della sanatoria degli abusi commessi, il Ministro per i beni culturali e ambientali, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, doveva determinare i parametri e le modalità per la qualificazione della indennità risarcitoria prevista dall'art. 15 della legge n. 1497 del 1939, con riferimento alle singole tipologie di abuso ed alle zone territoriali oggetto del vincolo.
Sulla base di tale previsione è stato emanato dal Ministro per i beni culturali e ambientali, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, il D.M. 26.09.1997.
L’art. 2 del decreto ha quindi previsto che l'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29.06.1939 del 1497 è determinata previa apposita perizia di valutazione del danno causato dall'intervento abusivo in rapporto alle caratteristiche del territorio vincolato ed alla normativa di tutela vigente sull'area interessata, nonché mediante la stima del profitto conseguito dalla esecuzione delle opere abusive. In via generale è qualificato quale profitto la differenza tra il valore dell'opera realizzata ed i costi sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di effettuazione delle perizia. Il successivo art. 3 ha individuato poi criteri più precisi per la determinazione del profitto conseguito.
Per effetto delle indicate disposizioni si deve quindi ritenere che l’irrogazione della sanzione per la violazione delle norme di tutela paesaggistiche può essere disposta previa perizia di stima sul danno ambientale prodotto e sul profitto conseguito e che, in particolare, anche quando la sanzione viene commisurata al danno arrecato al paesaggio (perché ritenuto maggiore del profitto conseguito) l’amministrazione deve comunque procedere ad una quantificazione dello stesso tenendo conto del danno causato dall'intervento abusivo in rapporto alle caratteristiche del territorio vincolato ed alla normativa di tutela vigente sull'area interessata.
Per quanto riguarda la concreta determinazione del danno ambientale, la giurisprudenza ha chiarito che devono necessariamente soccorrere criteri equitativi (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 48 del 15.05.2002, Sez. V n. 1225 dell'01.10.1999) e che la quantificazione non può essere oggetto di una dimostrazione articolata ed analitica, sfuggendo il danno paesistico ad una indagine dettagliata e minuta (Consiglio di Stato, Sez. V n. 1225 dell'01.10.1999 cit., TAR Sicilia-Palermo n. 1822 del 31.10.2000, n. 479 dell’08.03.2000), con la conseguenza che tale valutazione può essere censurata solo per manifesta illogicità (TAR Puglia-Lecce n. 1439 del 03.04.2002)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 11.11.2004 n. 16752 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

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