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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di DICEMBRE 2009

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aggiornamento al 28.12.2009

aggiornamento al 21.12.2009

aggiornamento al 17.12.2009

aggiornamento al 14.12.2009

aggiornamento al 09.12.2009

aggiornamento al 07.12.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 28.12.2009

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Memento audere semper (Gabriele D'Annunzio)
Felice Anno Nuovo a Tutti.

UTILITA'

INCENTIVO PROGETTAZIONE AGGIORNAMENTO DEL 28.12.2009, ORE 12,30.
Dicevamo con l'aggiornamento dello scorso 30.11 che l'incentivo alla progettazione interna sarebbe tornato al 2%, grazie ad un sì bipartisan al Senato su un emendamento della Lega Nord al ddl lavoro collegato alla manovra 2009.
Il testo del ddl si trova, ora, alla Camera dei Deputati per la conversione in legge (si spera ... senza ulteriori modifiche).
La norma di interesse per i pubblici dipendenti la si trova sotto l'art. 37, comma 3, del pdl 1441-quater-B, siccome licenziato dal Senato ovverosia: "
3. All'articolo 61 del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133, il comma 7-bis, introdotto dall'articolo 18, comma 4-sexies, del decreto-legge 29.11.2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28.01.2009, n. 2, è abrogato.".
Teniamo monitorata l'evoluzione dei lavori parlamentari per vedere se si mette la parola "FINE" a questa telenovela.

COMPETENTE PROGETTUALI: Competenze professionali ingegneri e geometri - Sentenza Corte di Cassazione n. 19292/2009 (Consiglio Nazionale degli Ingegneri, circolare 04.11.2009 n. 5610 di prot. - link a www.ordineingegneri.bergamo.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord. al n. 51 del 24.12.2009, "Disposizioni urgenti concernenti limitazioni all'utilizzo di specifici combustibili per il riscaldamento civile nelle zone A2, B e C del territorio regionale, come individuate dalle dd.g.r. 5290/2007 e 9958/2009 (art. 24, comma 1, l.r. 24/2006)" (deliberazione G.R. 21.12.2009 n. 10858 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 22.12.2009 n. 297 "Entrata in vigore delle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14.01.2008. Circolare 05.08.2009 - Ulteriori considerazioni esplicative" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circolare 11.12.2009).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 51 del 21.12.2009, "Pubblicazione ai sensi dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco  dei «Tecnici competenti in acustica ambientale» riconosciuti dalla regione Lombardia alla data del 21.04.2009, in attuazione dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985" (comunicato regionale 14.12.2009 n. 158 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 51 del 21.12.2009, "D.g.r. 25.11.2009 n. 10622 «Linee guida per l'autorizzazione di impianti per la produzione di energia da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) - Impianti fotovoltaici ed eolici e per la valutazione ambientale degli stessi impianti», pubblicata nel BURL n. 48, 1° S.S. dell'01.12.2009" (errata corrige n. 51/01-Se.O. 2009 - link a www.infoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: S. Ruscica, Appalti pubblici: la "rivoluzione" attuata dalla Direttiva n. 66/2007 (link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: M. Scanniello, Si scrive dolo, si legge errore (La definizione del dolo attraverso l'errore) (link a www.diritto.it).

APPALTI: A. Gurrieri, L’“estate legislativa 2009” e le modifiche al Codice dei Contratti Pubblici (link a www.diritto.it).

ENTI LOCALI: P. Russo - M. I. Bruno, Tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni - Inapplicabilità della disposizione di cui all'art. 9 della legge 03.08.2009 n. 102 agli EE.LL. (link a www.diritto.it).

NEWS

ENTI LOCALICity manager, un addio che arriva dopo anni di confusione.
Una soppressione repentina, ma forse non inaspettata. Sta suscitando scalpore la previsione del disegno di legge finanziaria che sopprime la figura del direttore generale negli enti locali, introdotta, come si ricorda, nel 1997 dalla legge «Bassanini».
Non si deve dimenticare lo scenario nel quale tale figura venne introdotta: la legge intese evitare che si tenesse un referendum proposto allo scopo di abolire, invece, la figura dei segretari comunali. Il segretario, infatti, che ancora all'epoca esprimeva il parere preventivo di legittimità sulle delibere, era considerato un “signor no»; la scelta del legislatore, dunque, per evitare l'eliminazione dei segretari fu quella di affiancare loro un soggetto visto come «signor sì».
La compresenza delle due figure ha determinato un incremento dei costi, anche laddove le due funzioni fossero concentrate nel solo segretario comunale, al quale, come è noto, il sindaco può conferire le funzioni del direttore generale. C'è da ricordare che fino al contratto collettivo del 2001, nessuna norma ha regolato, per altro, l'entità del compenso per lo svolgimento di tale funzione, compensi rimasti senza titolo. Allo stesso modo, la normativa vigente non ha chiarito in modo esaustivo la differenza intercorrente tra le funzioni di direttore e segretario. In conseguenza di ciò, il segretario spesso è stato ridotto, se presente un direttore esterno, ad una mera figura simbolica; oppure, se incaricato come direttore, in una sorta di Giano bifronte, dalla difficile connotazione.
La poca chiarezza della norma ha portato a paradossi evidenti: il piano esecutivo di gestione, atto proposto dal direttore generale, è obbligatorio solo negli enti con oltre 15.000 abitanti. Per questa ragione moltissimi comuni con popolazione al di sotto di tale soglia non lo adottano. Eppure, tantissimi hanno egualmente incaricato il segretario come direttore generale, anche gli enti «polvere», piccolissimi.
E' facile riportare alla memoria il caso del comune di Dongo, che aveva previsto un compenso elevatissimo per la direzione generale attribuita al segretario. La procura della Corte dei conti ha chiesto la condanna del comune, che la Corte dei conti Lombardia, Sezione responsabilità, con sentenze 23.04.2009, n. 296 ha tuttavia respinto. Ma, la stessa Corte dei conti, invece, ha condannato (sentenze 22.09.2009, n. 595 e 23.10.2009, n. 645) i sindaci dei comuni di Consiglio di Rumo e Cremia a causa della carente motivazione alla base del conferimento dell'incarico, nonostante in quei casi il compenso attribuito al segretario-direttore fosse piuttosto contenuto.
Già tempo addietro, nel 2005, il Tar Veneto, Sezione I, con sentenza 21.02.2005 n. 726, ha affermato che «l'attribuzione di funzioni e compiti propri del direttore generale, figura di nuovo conio introdotta nell'ordinamento degli enti locali dalla legge 127/1997, segnatamente con riguardo ai piccoli comuni, appare come una superfetazione superflua». Forse, si tratta di affermazioni forti. Ma, un ripensamento sulla riforma del 1997 occorre (articolo ItaliaOggi dell'11.12.2009, pag. 34).

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come si configura il danno non patrimoniale conseguente ad un illecito ambientale? (quesito 21.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è il fondamento giuridico del SISTRI? (quesito 21.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa è il SISTRI? (quesito 16.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIALe associazioni ambientaliste hanno legittimazione ad agire in giudizio in sede civile per il risarcimento del danno derivante da illecito ambientale? (quesito 13.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa comporterà l’introduzione del SISTRI? (quesito 13.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIANel caso in cui un’impresa di gestione rifiuti voglia trasportare i propri rifiuti costituiti da cartucce di toner esausti potrà utilizzare l’autorizzazione super semplificata della quale è già in possesso? (quesito 06.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAQuali sono i criteri in base ai quali si legittima l’impugnazione della realizzazione di una discarica da parte del proprietario del fondo situato nelle vicinanze? (quesito 02.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come vengono gestiti i centri di raccolta di rifiuti urbani raccolti in modo differenziato? (quesito 02.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la corretta gestione dei rifiuti costituiti da cartucce di toner esausti? (quesito 02.12.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: La Tia ha natura tributaria o privatistica? (quesito 24.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È legittimo aggiungere l’IVA sull’importo dovuto per lo smaltimento dei rifiuti urbani? (quesito 24.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Esistono rimedi per ottenere il rimborso degli importi IVA illegittimamente pagati sul costo dello smaltimento dei rifiuti urbani? (quesito 24.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il Sindaco può legittimamente ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati? (quesito 24.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È necessario indicare l’orario di inizio e fine trasporto nel formulario di identificazione dei rifiuti? (quesito 24.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come sono disciplinati i sottoprodotti di origine animale? Sono rifiuti? (quesito 16.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il produttore, nel caso in cui i rifiuti avviati a smaltimento passino attraverso un sito di stoccaggio intermedio, può pretendere il certificato di avvenuto smaltimento? Cosa accade nel caso in cui l’impianto di destino si trovi in un Paese europeo? (quesito 05.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il gestore di un impianto di deposito preliminare o di trattamento rifiuti come può tutelarsi per evitare che, dopo aver accettato i rifiuti, scopra alla luce di verifiche analitiche che il materiale non è compatibile con il Codice CER indicato nel formulario? (quesito 05.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste un limite entro il quale i rifiuti in stoccaggio devono essere destinati a smaltimento o recupero? (quesito 04.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un’azienda che produce rifiuti da attività di cernita di materiali può effettuare un trasporto di rifiuti in discarica autorizzata in procedura ordinaria con l’autorizzazione in categoria 2 oppure occorreva categoria 4? (quesito 04.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è lo scopo dell’iscrizione super semplificata? E quali i vantaggi? (quesito 04.11.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: La scheda di trasporto è obbligatoria nel trasporto di rifiuti o può essere sostituita dal formulario di identificazione? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui una società che gestisce un servizio fognature e depurazione effettui deposito di rifiuti originati da lavori di manutenzione straordinaria di altri impianti di depurazione limitrofi, gestiti dalla stessa società, si configura il deposito temporaneo? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui il produttore conferisca rifiuti ad un soggetto non autorizzato è responsabile? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come deve essere la delega di compiti dal titolare dell’azienda al dipendente per avere efficacia liberatoria della responsabilità del titolare? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’amministratore o il legale rappresentante di una società è responsabile dei reati riconducibili all’azienda per le operazioni di gestione compiute dai dipendenti? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste una responsabilità delle persone giuridiche per la commissione di illeciti ambientali? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il diritto di accesso alle informazioni ambientali si differenzia dal diritto di accesso ai documenti amministrativi? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È necessario il formulario di identificazione durante il percorso su territorio nazionale nel corso di una spedizione transfrontaliera o sono sufficienti i documenti previsti dalla normativa comunitaria? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali mezzi processuali ha a disposizione un’azienda per impugnare il provvedimento che determina l’importo della garanzia fidejussoria, qualora lo ritenga illegittimo? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui sia avvenuta una incorporazione di una società a responsabilità limitata in un’altra e dopo la fusione l’ex amministratore della società incorporata subisca un accertamento per mancato pagamento di cartelle esattoriali relative alla T.I.A. per il periodo antecedente alla incorporazione, quest’ultimo è tenuto a pagare? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso di avviso di mora circa la tassa rifiuti urbani, il contribuente è tenuto al pagamento, anche se questo sia stato effettuato, se non può mostrare le ricevute relative al pagamento perché le ha smarrite? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il gestore del centro di stoccaggio è vincolato al rispetto della destinazione del rifiuto indicata dal produttore nel formulario? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un’azienda che passa dalla procedura semplificata alla ordinaria può continuare ad utilizzare la categoria 2 per i trasporti effettuati in conto terzi oppure deve passare alla cat. 4? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Una ditta autorizzata per il deposito preliminare (D15) può, con la medesima autorizzazione, effettuare le operazioni di raggruppamento preliminare (D13) e di ricondizionamento preliminare (D14)? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora un soggetto presenti il Mud su supporto informatico, e questo risulti illeggibile, corre il rischio di essere sanzionato? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il Mud può essere distrutto decorsi cinque anni (come i registri di carico e scarico e i formulari) o deve essere conservato a tempo indeterminato? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono i soggetti tenuti alla presentazione del Mud? Come va effettuata la dichiarazione e quale è il termine di presentazione? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa accade nell’ipotesi di mancanza dell’orario di inizio trasporto nel formulario? (quesito 28.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un gestore iscritto all’Albo in categoria 5 può effettuare anche raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi avviati al recupero in modo effettivo ed oggettivo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Sussiste il potere delle Regioni di legiferare in ordine alla Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È legittima la previsione della Tariffa Igiene ambientale calcolata anche sulla base di parametri relativi all’estensione dei locali occupati dall’utente? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la sanzione prevista per l’errata o incompleta compilazione del formulario? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la sanzione prevista per l’omessa o incompleta tenuta del registro di carico/scarico? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la sanzione prevista nel caso di omessa, incompleta, inesatta dichiarazione? E nel caso di ritardo entro i 60 giorni dalla scadenza? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la sanzione prevista per l’ipotesi di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la sanzione prevista per l’ipotesi di gestione non autorizzata? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il trasportatore è tenuto a verificare la regolarità amministrativa del destinatario? Egli risponde anche del risultato finale delle operazioni di recupero svolte dal gestore dell’impianto? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui il produttore/detentore non riceva dal destinatario il formulario entro tre mesi dal conferimento e non comunichi tale omissione alla Provincia, può incorrere in responsabilità? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Si può impugnare la determinazione dell’importo della fidejussione avvenuta in un certo ambito regionale, lamentando una disparità rispetto all’importo della garanzia richiesta ad impianti siti in altre Regioni? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la ratio della garanzia fidejussoria per gli impianti di smaltimento e/o recupero? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Sono obbligatorie le garanzie finanziarie ai fini dell’autorizzazione alla gestione rifiuti? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa si intende per reimpiego nella disciplina prevista per le apparecchiature elettriche ed elettroniche? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il gestore del centro di stoccaggio autorizzato in regime semplificato a “messa in riserva con separazione dei componenti riutilizzabili, separazione dei componenti pericolosi, separazione delle frazioni metalliche recuperabili per sottoporli all’operazione di recupero nell’industria metallurgica” - R13 - di apparecchiature fuori uso è vincolato a rispettare il codice Cer riportato nel formulario o può cambiarlo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come vanno smaltiti gli sfalci di potatura del proprio giardino? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: I rifiuti urbani non pericolosi possono essere smaltiti in Regioni diverse da quelle in cui è situato il luogo di produzione? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Davanti a quale autorità ed entro quale termine si può impugnare la Tariffa? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono i criteri che regolano il costo dello smaltimento dei rifiuti urbani? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come devono intendersi le categorie omogenee del deposito temporaneo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Per l’ipotesi di reato di costituzione di una discarica abusiva è necessario che l’accumulo sussista per almeno un anno? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A quali adempimenti è tenuto il produttore del rifiuto destinato alla discarica? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il gestore della discarica è responsabile nel caso di non rispondenza del codice Cer attribuito ai rifiuti conferiti in discarica? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la disciplina della discarica di rifiuti? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il gestore dell’impianto di destino deve richiedere le analisi per tutti i codici a specchio o solo per quelli non pericolosi? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il produttore deve effettuare le analisi di laboratorio per tutti i codici a specchio o solo per quelli non pericolosi? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa è la caratterizzazione analitica del rifiuto? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati e ripristino dello stato del luogo grava sul proprietario dell’area estraneo all’abbandono? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati e ripristino dello stato del luogo grava sul proprietario dell’area estraneo all’abbandono? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Chi è il soggetto tenuto a provvedere alla situazione di inquinamento ambientale? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa è la bonifica dei siti inquinati? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale iter amministrativo è previsto per la bonifica dei siti inquinati? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’intermediario è responsabile della errata compilazione del formulario? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Come deve interpretarsi l’obbligo dell’intermediario senza detenzione di iscriversi all’Albo nazionale dei Gestori Ambientali? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’intermediario senza detenzione può essere considerato gestore di rifiuti? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora un’impresa svolga attività di recupero di rifiuti, producendo scarti derivanti dalle operazioni medesime, è sottoposta ai limiti del deposito temporaneo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Può considerarsi spostamento interno all’azienda il tragitto su strada per trasportare un rifiuto dalla sede centrale dell’azienda ad una sede periferica? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Deposito preliminare è sinonimo di deposito temporaneo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa è il deposito temporaneo? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste la possibilità che il gestore di un centro di stoccaggio decida un parziale recupero dei rifiuti originariamente destinati, secondo quanto indicato nel formulario dal produttore, a smaltimento? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa si intende per stoccaggio di rifiuti? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il mancato pagamento del diritto annuale ha le stesse conseguenze per le imprese che operano in regime semplificato e per quelle che operano in procedura ordinaria? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Gli impianti di recupero autorizzati con procedura ordinaria possono accettare rifiuti da trasportatori iscritti all’Albo con procedura semplificata? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel caso in cui un fornitore vanti un’autorizzazione al trasporto in categoria 4, ma utilizzi un veicolo immatricolato con licenza in conto proprio, è responsabile anche il gestore dell’impianto di destino? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Per il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi, verso impianti di recupero in regime semplificato, è necessaria la categoria 4 oppure è sufficiente la categoria 2? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A quale categoria possono iscriversi i soggetti di cui all’art. 212, comma 5, D.Lgs 152/2006? E quale è l’iter di iscrizione? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A quale categoria possono iscriversi le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto di rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero in regime semplificato? E quale è l’iter di iscrizione? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Si può desumere dalla semplice lettura del testo dell’autorizzazione al recupero se si tratta di regime semplificato? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora un impianto sia autorizzato sia alla messa in riserva, sia al recupero di rifiuti in forma semplificata, quali limiti quantitativi dovrà rispettare? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la definizione di “quantità impiegabile” per attività di recupero ammesse alla procedura semplificata? (quesito 27.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono le norme generali che regolano la procedura semplificata? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un’azienda che recupera rifiuti in forma semplificata può ricevere rifiuti da un privato cittadino? E a quali condizioni? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ai fini del passaggio dalla procedura semplificata a quella ordinaria è necessaria l’istruttoria con convocazione della Conferenza di Servizi? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono le differenze tra la procedura semplificata e la procedura ordinaria? E quali i criteri da seguire nella scelta dell’una o dell’altra? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Se un’azienda effettua un trasporto di rifiuti e il destinatario respinge il carico, cosa dovrà scrivere l’azienda nel formulario per giustificare il trasporto della quantità respinta? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: La stampa dei registri tenuti in maniera informatica va effettuata in coincidenza con gli adempimenti temporali previsti per le annotazioni? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quando e come devono avvenire le registrazioni in entrata e in uscita dei registri di carico e scarico? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: I registri di carico e scarico devono essere vidimati? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A quali condizioni un’azienda può esimersi dall’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico in ragione di un’esigua produzione dei rifiuti? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: I registri relativi alle operazioni di smaltimento in discarica possono essere distrutti decorsi 5 anni? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: La data di emissione del formulario può divergere da quella di effettuazione del trasporto? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la corretta dicitura delle operazioni di recupero della carta da macero qualora se ne possa indicare una sola? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È necessario il formulario di trasporto relativamente a spostamenti di rifiuti da un’azienda ad un’altra attigua, appartenenti a gestori diversi? (quesito 26.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa fare quando si è effettuato un ritiro utilizzando un FIR privo del numero seriale per un errore in tipografia? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Se un privato cittadino incarica un’azienda di smaltimento e recupero di portare via i rifiuti ferrosi giacenti sulla sua proprietà, tale azienda è tenuta a consegnare copia del formulario per il trasporto dei rifiuti al soggetto in questione? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono gli obblighi del produttore/detentore in relazione al formulario? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel formulario di identificazione del rifiuto, il percorso va sempre definito? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il peso del rifiuto deve sempre essere indicato nel formulario? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono gli obblighi relativi al formulario nell’ipotesi di microraccolta? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali sono gli adempimenti del produttore e destinatario nel caso di carico parzialmente accettato o respinto? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il trasportatore è responsabile nell’ipotesi in cui il carico comprenda un rifiuto classificato con codice Cer errato per omessa caratterizzazione analitica da parte del produttore? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è il codice Cer di un rifiuto costituito da carta con impurità? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È ammesso il riutilizzo del sottoprodotto presso operatori economici diversi dal produttore? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è la nozione di sottoprodotto? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Le m.p.s. sono escluse dal regime dei rifiuti? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: I fanghi sono rifiuti? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Chi è produttore dei rifiuti da demolizione: il titolare della ditta edile o il proprietario dell’immobile? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il letame è rifiuto? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Il fresato di asfalto è rifiuto? Quale è il codice Cer? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Le carogne sono rifiuti? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: I rottami metallici sono m.p.s. o rifiuti? (quesito 25.10.2009 - link a www.ambientelegale.it).

CORTE DEI CONTI

LAVORI PUBBLICI: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Villa d'Adda (Bg) - "L'ente può procedere alla realizzazione di un'opera il cui costo complessivo (compresa iva) è superiore a 100.000 euro solo previa approvazione della variazione del piano delle opere pubbliche (in cui l'opera deve essere inserita ai sensi dell'art. 128 d.d.vo n. 163/2006) e del bilancio preventivo" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 17.11.2009 n. 1025 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Giussano (Mi) - "L'art. 19, comma 6, del d.lgs n. 165/2001, a seguito della modifica apportata dal d.lgs n. 150/2009, prevede testualmente la necessità di entrambi i presupposti, titolo di laurea ed esperienza lavorativa, ai fini della sussistenza dei requisiti della particolare e comprovata qualificazione professionale necessaria per il conferimento degli incarichi dirigenziali" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 12.11.2009 n. 1001 - link a www.corteconti.it).

INCENTIVO PROGETTAZIONE: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Terno d'Isola (Bg) - "Il quesito in ordine alla possibilità di deliberare l'incremento, nella parte delle risorse variabili, previsto dall'art. 15, comma 5, del CCNL 01/04/1999, nonché di incrementare il fondo nel limite del 1,5% del monte salari 2007 (art. 4, comma 3, del CCNL 31/07/2009, è da ritenersi inammissibile sulla base dei principi e della delimitazione dell'ambito della contabilità pubblica" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 03.11.2009 n. 948 - link a www.corteconti.it).

URBANISTICA: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Lainate (Mi) - "Ai fini della determinazione della misura del corrispettivo da pagare all'Amministrazione comunale per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà di aree comprese nei piani approvati a norma della Legge n. 167/1962 ovvero delimitate ai sensi dell’art. 51 della Legge n. 865/1971, deve essere adottato il criterio di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 327/2001, come modificato dalla Legge n. 244/2007" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 23.10.2009 n. 915 - link a www.corteconti.it).

EDILIZIA PRIVATA: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Poggio Rusco (Mn) - "La realizzazione di opere di riqualificazione di una casa di riposo esistente sul territorio comunale gestita da una fondazione ONLUS (EX IPAB) rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 17, comma 3, lett. C) del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 in materia di esonero dal contributo di costruzione" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 09.10.2009 n. 783 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGOImpiegati-amministratori ok.
Non sussiste la responsabilità amministrativa di un dipendente pubblico e il conseguente danno erariale per avere svolto, senza autorizzazione, l'attività privata retribuita di amministratore di condominio.
Questo è quanto ha sancito la Corte dei Conti, Sez. I Giurisdizionale centrale d'appello con la sentenza 16.09.2009 n. 554.
Nel caso in esame sia la Procura regionale prima e sia quella generale dopo nel corso del giudizio di appello, avevano ritenuto un dipendente pubblico, con rapporto di lavoro a tempo pieno, responsabile per danno erariale per aver svolto, senza la prescritta autorizzazione, l'attività di amministratore di condomini, al di fuori dell'ipotesi prevista dalla lett. b), punto 5, della circolare n. 6/97 della presidenza del consiglio dei ministri.
Si riteneva, più precisamente, che il pubblico dipendente, svolgendo l'attività sopra citata, avrebbe sottratto illecitamente energie lavorative e intellettuali alla pubblica amministrazione, distraendole a fini privati e che la presunta responsabilità seguiva ex se alla sola mancanza di autorizzazione, tra l'altro nemmeno richiesta.
Il Collegio ritiene tali considerazioni prive di rilevanza.
La responsabilità amministrativa di un dipendente pubblico, infatti, non è configurabile quale effetto automatico della violazione delle norme sulla mancata autorizzazione di attività extraistituzionali: è necessario dimostrare l'effettiva sussistenza del danno erariale concreto e attuale arrecato all'amministrazione di appartenenza e ricollegabile all'esercizio della predetta attività privata.
Dagli atti risultava invece non solo che il pubblico dipendente non ha mai nascosto alla propria amministrazione di appartenenza lo svolgimento dell'attività di amministratore condominiale, ma, soprattutto, che tale situazione non ha mai in alcun modo limitato o condizionato i propri compiti istituzionali, l'espletamento del lavoro d'ufficio e il rispetto rigoroso dell'orario di lavoro (articolo ItaliaOggi del 24.12.2009, pag. 31).

INCENTIVO PROGETTAZIONE: Richiesta di parere del Presidente della Provincia di Mantova -  Sulla disposizione limitativa della quantità d'incentivo per la progettazione interna, di cui all'art. 1, co. 10-quater del D.L. 23.10.2008, n. 162, convertito in legge 22.12.2008, n. 201 non può intendersi riferita ai compensi incentivanti da erogarsi per attività che risultino già compiute anteriormente alla sua vigenza, ma sarà operativa per le progettazioni successive ed opererà come limite complessivo annuo per tutte le opere liquidabili.
La limitazione "alle attività di progettazione" contenuta nel testo dell'art. 1, comma 10-quater citato si riferisce alla sola attività disciplinata nell'allegato tecnico XXI di cui all'art. 164 del d.lgs. n. 163/2006.
Per l'eccedenza dell'incentivo rispetto alla soglia di legge non è prevista una destinazione vincolata e la liquidazione in anni successivi a favore del dipendente che abbia raggiunto il limite di legge, oltre che costituire, di fatto, un'elusione della disposizione in discorso, sarebbe priva di un idoneo titolo giuridico, esaurendosi il diritto del dipendente all'incentivo nella quota massima corrispondente alla singola annualità di retribuzione
(
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 14.09.2009 n. 604 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sull'insindacabilità del tempo impiegato da una commissione di gara per valutare le offerte.
In sede di verifica delle offerte anomale, il giudizio di congruità dell'offerta, non richiede di regola una motivazione puntuale e analitica.

Costituisce ius receptum l'affermazione per la quale il tempo impiegato da una commissione per la correzione degli elaborati scritti dei candidati ad un pubblico concorso o per il vaglio delle offerte tecniche in un appalto pubblico attiene all'esercizio di discrezionalità tecnica e come tale è insindacabile se non emergono profili di assoluta arbitrarietà o illogicità.
Il giudizio tecnico sulla qualità di un elaborato concorsuale o di un'offerta tecnica concorrente ad una gara può essere espresso in chiave alfanumerica quando il bando di gara o il disciplinare rechino criteri di valutazione dettagliati ed espressi in termini sufficientemente precisi, idonei come tali ad arginare il percorso valutativo e la discrezionalità della commissione giudicatrice.
In sede di verifica delle offerte anomale, il giudizio di non anomalia, ovverosia di congruità dell'offerta, non richiede di regola una motivazione puntuale e analitica, essendo sufficiente anche un rinvio alle argomentazioni e alle giustificazioni della parte che ha formulato l'offerta sottoposta a verifica con esito positivo; è viceversa necessaria una motivazione particolarmente diffusa ed analitica nel caso di giudizio di anomalia che porta a non procedere all'aggiudicazione a favore dell'impresa che abbia formulato il migliore ribasso (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3697 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

PUBBLICO IMPIEGO: La mancanza di un formale e legittimo provvedimento di assunzione come pubblico dipendente è un fondamentale indice rilevatore della mancata costituzione di una rapporto di pubblico impiego.
Lo scopo del ricorso da cui nasce la sentenza in commento è quello di affermare la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato presso un comune con il conseguente riconoscimento delle spettanze dovute e della posizione contributiva e di carriera.
Com'è noto, secondo la giurisprudenza amministrativa, ai fini dell'accertamento giudiziale del rapporto di pubblico impiego è rilevante la concreta esistenza di quegli elementi che del rapporto stesso costituiscono i requisiti essenziali che sono dati, in concorso tra di loro, dalla continuità e professionalità delle prestazioni lavorative, dal vincolo di subordinazione gerarchica, dalla percezione di una retribuzione predeterminata, corrispondente ad una delle qualifiche esistenti nell'organico tipo dell'ente, dalla volontà dell'amministrazione, manifestata attraverso comportamenti univoci, di inserire il prestatore di lavoro nella propria organizzazione, dal rispetto di un orario di inizio e di termine dell'attività lavorativa.
Dai fatti del caso trattato però risultano solo provvedimenti relativi all’affidamento di incarichi di lavoro autonomo, a tempo determinato. Poiché la delibera di assunzione nell’organizzazione incide sullo status del lavoratore, ed ha quindi natura autoritativa, il ricorrente non può chiedere una diversa qualificazione del proprio status all’interno dell’organizzazione amministrativa, se non ha impugnato le delibere di incarico che configuravano il rapporto come contratto d’opera (al riguardo si vedano Consiglio di Stato adunanza plenaria 09.09.1992, n. 10 e 06.10.1992, n. 11; sentenza 11.11.1994 n. 1265, 29.11.1994 n. 1415, 03.08.1995 n. 1150, 07.12.1995 n. 1674).
Attesa la natura autoritativa del potere con cui l'Amministrazione disciplina il suo assetto organizzativo e funzionale (principio che, come ci ricordano i giudici molisani, è stato di recente ribadito dal Consiglio di Stato, con le sentenze 11.01.2002, n. 126 e 30.10.2002, n. 5971), la pretesa dell'interessata di ottenere l’accertamento di una diversa posizione giuridica ed economica, si sostanzia in un interesse legittimo.
In definitiva poiché il rapporto è regolato non solo dal contratto ma anche dal provvedimento autoritativo che ha determinato l’inserimento della lavoratrice nell’organizzazione della pubblica amministrazione, non basta impugnare il contratto (chiedendone una diversa qualificazione giuridica, contro il nomen iuris utilizzato dalle parti; oppure, addirittura, chiedendone l’accertamento della sua natura simulata), ma occorre anche impugnare, tempestivamente il provvedimento medesimo (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise, sentenza 17.12.2009 n. 854 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: I termini di impugnazione delle varianti al PRG mutano al mutare della natura delle varianti stesse.
La decisione si presta ad una lettura a scopi didattici.
Oggetto dell’indagine è quello della esatta definizione degli elementi che fanno differire una variante generale da una particolare. Se la variante è generale, l’impugnazione deve essere compiuta nel termine decadenziale che decorre dalla pubblicazione presso il comune, se di variante particolari si tratta, invece, la decorrenza inizia dalla data di notifica della stessa al destinatario del provvedimento. Dalla sussistenza nel caso concreto dell’una o dell’altra specie di variante dipende la ricevibilità o meno del ricorso avverso la variante medesima.
La tematica presenta indubbi aspetti di complessità come ricordano i giudici di Palazzo Spada: in effetti si tratta di ricercare un punto di equilibrio tra due apparentemente antitetici valori ed aspirazioni (quello alla certezza dei rapporti giuridici regolati attraverso provvedimenti generali, che verrebbe minata alla base ove se ne consentisse sine die l’impugnativa, e quella della difesa del singolo da atti amministrativi lesivi dei quali possa non avere avuto conoscenza diretta). Un punto di equilibrio tra i valori in apparente contrasto è stato raggiunto con l ’affermazione di una nozione sostanzialistica che superi il mero dato nominale.
A tal proposito i giudici ricordano le affermazioni della giurisprudenza consolidata: “l'atto di approvazione dei piani regolatori generali o loro varianti che, come nella specie, abbiano contenuto generale o riguardino ampie zone e comparti territoriali, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione individuale agli interessati" (Consiglio Stato, sez. IV, 19.07.2004, n. 5225 ma si veda anche Sez. IV, 08.07.2003, n. 4040; 23.11.2002, n. 6436; 30.07.2002, n. 4075) e Sez. VI, 15.05.2002, n. 2646).
Ciò perché, si è affermato anche in passato, “il termine per impugnare il p.r.g. o una sua variante generale decorre, per tutti gli interessati, dall'ultimo giorno della pubblicazione del provvedimento con il quale è stato approvato” (Consiglio Stato, sez. IV, 29.10.2001, n. 5628). Di variante generale non può parlarsi se le previsioni urbanistiche costituiscano atti di pianificazione a contenuto singolo, e i vincoli espropriativi vengano a incidere in modo diretto e immediato sui soggetti destinatari del vincolo reiterato (Cons. St., Sez. IV, n. 1904 del 23.12.1998).
In tali ipotesi, il termine di impugnazione deve farsi decorrere dalla notifica individuale: tale ipotesi non si verifica certamente, laddove l’amministrazione comunale adotti una vera e propria variante urbanistica a contenuto generale, in cui l’area in contestazione sia chiaramente inserita nel tessuto urbanistico di un'ampia zona dalla quale non sarebbe possibile estrapolarla senza incidere sull'intero contesto. Detto principio non soffre eccezioni, come recentemente affermato dal Consiglio di Stato: “in caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo posta in essere attraverso una variante del piano regolatore generale, il termine per l'impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del piano, non essendo necessaria la notifica individuale dello strumento approvato” (Consiglio Stato, sez. IV, 27.07.2007, n. 4198).
"Il termine per proporre impugnative avverso una variante al p.r.g. decorre dalla piena conoscenza degli interessati solo nei casi in cui la variante incidendo in concreto su un determinato immobile, non abbia quell'adeguata considerazione globale, sia pure riferita a una parte del territorio comunale, che è connaturale alla logica dello strumento urbanistico. Nel caso di variante che incida su un bene specifico, e che quindi non possa propriamente essere definita come atto amministrativo di carattere generale, spetta all'amministrazione l'onere di notificare al proprietario del bene in questione i provvedimenti relativi al procedimento” (Consiglio Stato , sez. IV, 14.06.2001, n. 3149) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.12.2009 n. 7963 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Manufatti interrati e necessità di permesso di costruire.
Nel concetto di costruzione rientra ogni intervento edilizio che abbia rilevanza urbanistica in quanto incide sull’assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico e tali sono pure i piani interrati, cioè sottostanti al livello stradale, visto che sono lavori di costruzione edilizia, per i quali occorre la concessione, non solo quelli per i quali il manufatto si eleva al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati perché trasformano durevolmente l’area impegnata (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.12.2009 n. 46984 - link a
www.lexambiente.it).

URBANISTICALe convenzioni di lottizzazione hanno natura di accordi sostitutivi di provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della legge 07.08.1990 n. 241, di talché non possono essere modificate senza il coinvolgimento di tutti i loro originari firmatari.
Una consolidata giurisprudenza, in materia di lottizzazione convenzionata, da tempo ribadisce che le convenzioni di lottizzazione hanno natura di accordi sostitutivi di provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della legge 07.08.1990 n. 241, di talché non possono essere modificate senza il coinvolgimento di tutti i loro originari firmatari, né può invocarsi la generale potestà pianificatoria del Comune, quando la pianificazione generale investe la pianificazione attuativa, incidendo direttamente sulla disciplina convenzionale (cfr.: Cons. Stato IV, 27.06.2008 n. 3255; idem 19.02.2008 n. 534; idem 31.05.1999 n. 934; TAR Catania I, 29.09.2004 n. 2718).
In via ipotetica, non si può certo escludere che una convenzione di lottizzazione possa essere unilateralmente e autoritativamente modificata dal Comune, mediante una diversa regolamentazione dell’assetto di interessi consacrato nell’accordo (cfr.: Cons. Stato IV, 31.01.2005 n. 222), ma ciò deve avvenire nelle forme e con le garanzie che la legge impone. La stessa ricorrente sembra voler indicare, in alcuni illuminanti passaggi del ricorso, quale potrebbe essere per il Comune la via più giusta, qualora voglia ovviare al problema di una correzione degli errori di previsione dei costi delle urbanizzazioni e alla necessità di copertura dei medesimi, nelle lottizzazioni già eseguite o “in itinere”.
Da un lato, il metodo potrebbe essere quello di intraprendere una revisione in autotutela –con le garanzie e gli obblighi motivazionali che l’autotutela amministrativa impone- del piano di riassetto del comprensorio “Colle dell’Orso” approvato dal commissario “ad acta” regionale (cfr.: Cons. Stato V, 12.05.1985 n. 391; TAR Milano I, 14.02.1990 n. 116), dall’altro, di farne seguire nuovi progetti di lottizzazione e, in caso di mancata adesione dei proprietari, promuovere eventualmente lottizzazioni di ufficio, come previsto dall’art. 28, al penultimo e all’ultimo comma, della legge urbanistica 17.08.1942 n. 1150 (cfr.: Cons. Stato IV, 19.06.2006 n. 3619; idem 03.02.1996 n. 112; TAR Napoli II, 05.12.2007 n. 15759; TAR Lecce I, 22.04.2004 n. 2577; TAR Firenze I, 17.03.2003 n. 1008).
In tal caso, occorre tuttavia che una pianificazione finalizzata a rivedere i costi delle urbanizzazioni di un comprensorio prenda in esame, ove possibile, tutti i comparti di esso, in modo uniforme ed equanime, distingua correttamente le opere di urbanizzazione primaria da quelle secondarie e, volendo persino dare un nuovo assetto alle urbanizzazioni, consideri prioritariamente le aree non ancora urbanizzate (cfr.: Cons. Stato IV, 03.02.1996 n. 112; TAR Brescia, 19.12.2001 n. 1593; TAR Milano II, 22.03.1999 n. 869) (TAR Molise, sentenza 04.12.2009 n. 723 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul potere della stazione appaltante di disciplinare la presentazione delle offerte imponendo delle modalità specifiche.
La stazione appaltante ha sicuramente il potere di disciplinare la presentazione delle offerte, imponendo delle modalità specifiche, che, comunque, non devono rappresentare un inutile e ingiustificato aggravio procedimentale e non devono essere illogiche.
Pertanto, nel caso di specie, l'aver richiesto, a pena di esclusione, che l'offerta fosse "corredata su ciascuna facciata di timbro e firma per esteso leggibile, del suo legale rappresentante" non costituisce evidentemente un onere aggiuntivo qualificabile come gravoso (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2972 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATALa casa mobile, carrellabile su ruote, è considerata intervento di nuova costruzione soggetto, per la sua realizzazione, al rilascio preventivo di un titolo abilitativo.
La casa mobile, carrellabile su ruote, è considerata, a norma dell’art. 3, comma 1, lett. e.5) del d.P.R. n. 380/2001, intervento di nuova costruzione, che, in quanto comportante, comunque, una trasformazione edilizia del territorio, è soggetto, per la sua realizzazione, al rilascio preventivo di un titolo abilitativo, da individuarsi, nello specifico, nel permesso di costruire, richiesto per gli interventi di maggiore impatto edilizio (art. 10, comma 1, lett. a), del citato decreto).
Dispone, infatti, l’art. 3, comma 1, lett. e.5), rubricato “Definizioni degli interventi edilizi”, sopra richiamato: 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:….e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:….e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee….. 2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.”.
Ora, dalla descrizione delle opere, contenuta negli atti impugnati, appare evidente che le medesime non siano da considerarsi precarie in quanto destinate ad esigenze limitate e contingenti nel tempo; valore dirimente rispetto al profilo strutturale dei materiali utilizzati, già comunque di per sé sufficiente, assume l’aspetto funzionale della destinazione, legato cioè al fattore tempo e, dunque, alla stabilità dell’utilizzo, non limitato, appunto, a soddisfare esigenze circoscritte -tali da indurre a sottoporre le opere all’immediata rimozione dopo l’uso temporaneo-, ma necessità durature ed apprezzabili (Consiglio Stato, sez. V, 13.06.2006, n. 3490; TAR Campania Napoli, sez. VIII, 24.04.2009, n. 2163; TAR Lombardia Brescia, sez. I, 30.03.2009, n. 720) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 26.11.2009 n. 2851 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Procedimento giurisdizionale - Sospensione del giudizio - Per presentazione istanza di condono - Decorrenza termine di perenzione.
2. Impugnazione titoli edilizi - Termine - Decorrenza.

1. Nell'ipotesi di sospensione del giudizio (per il caso di presentazione di istanza di domanda di condono) il termine da cui prendere le mosse per calcolare l'eventuale perenzione del ricorso, non può decorrere dalla data di sospensione dello stesso o dal momento in cui viene presentata la domanda di sanatoria, ma deve essere computato dal momento in cui si conclude il procedimento di sanatoria attraverso il procedimento comunale che accoglie o respinge la domanda.
Se così non fosse sarebbe contraddittorio sospendere il processo fino alla scadenza del termine per presentare l'istanza di condono e poi, senza attendere l'emanazione del provvedimento finale, proseguire la trattazione della controversia.
2. Il termine per l'impugnazione di titoli abilitativi edilizi inizia a decorrere quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità di essa al titolo o alla disciplina urbanistica, con la conseguenza che, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine per l'impugnazione decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 27.07.2009 n. 4465 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Concessione edilizia in sanatoria - Inesatta rappresentazione della realtà - Domanda dolosamente infedele ex Art. 40, l. 47/1985 - Configurabilità - Sussiste.
2. Concessione edilizia in sanatoria - Silenzio assenso -Configurabilità - Solo in caso di sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla norma - Esclusione in caso di domanda dolosamente infedele.
3. Concessione edilizia in sanatoria - Zona sottoposta a vincolo - Silenzio assenso - Termine - Decorre dall'emissione del parere favorevole.

1. L'inesatta rappresentazione della realtà contenuta nella richiesta di concessione in sanatoria su un presupposto essenziale per l'accoglibilità della stessa costituisce un'ipotesi di domanda dolosamente infedele ai sensi dell'art. 40, L. 15.02.1985, n. 47.
2. La mancata definizione del condono da parte del Comune entro il termine perentorio legalmente fissato e decorrente dalla presentazione della domanda di sanatoria, non determina ope legis la regolarizzazione dell'abuso, in applicazione dell'istituto del silenzio assenso, nel caso in cui manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma, ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele.
In altri termini il principio del silenzio-assenso in materia di condono edilizio postula che per il suo formarsi sussistano i presupposti di accoglibilità della domanda e cioè che il manufatto sia stato realizzato al momento della domanda stessa, che la stessa non sia dolosamente infedele e che non sussistano sull'area in cui è sorto il manufatto abusivo vincoli di in edificabilità, sicché l'infedele rappresentazione, nella domanda di condono edilizio, delle opere abusive effettivamente realizzate, non fa decorrere il termine di ventiquatto mesi per la formazione del silenzio-assenso.
3. Ai sensi del combinato disposto dell'art. 35 e dell'art. 32, comma 1, della legge n.47 del 1985 si evince che, in caso di istanza di condono edilizio per opere abusive costruite su aree sottoposte a vincolo, il silenzio assenso si forma per decorso del termine di ventiquattro mesi dall'emissione del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo e non dalla data di presentazione della domanda (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 22.07.2009 n. 4409 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA1. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti ex artt. 117 del D.Lgs. 112/1998 e 217 del R.D. 1265/1934 - Emissione per il caso di esistenza di una disciplina specifica o di una mera situazione di pericolo - Legittimità.
2. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 117 del D.Lgs. 112/1998 e 217 del R.D. 1265/1934 - Emissione nei confronti del proprietario dell'area che non sia l'autore dell'inquinamento - Legittimità.
3. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 117 del D.Lgs. 112/1998 e art. 217 R.D. 1265/1934 - Emissione in caso di cessazione dell'attività inquinante - Legittimità.

1. L'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti in materia di industrie insalubri è consentita anche quando un'apposita disciplina regola in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo. L'ordinanza può essere adottata anche a fronte di sole situazioni di pericolo, allo scopo di evitare la produzione di un danno per la salute pubblica, senza che si debba attendere che si sia verificato il danno medesimo.
2. Il provvedimento contingibile ed urgente che impone interventi su un'area inquinata prescinde dalla responsabilità del proprietario nel cagionare l'inquinamento, a differenza di quanto previsto per i provvedimenti bonifica di cui al D.Lgs. 152/2006, che ha sostituito il D.Lgs. 22/1997.
3. L'esercizio del potere di intervento mediante l'emissione di ordinanze contingibili e urgenti è possibile in ogni tempo, quindi anche in caso di intervenuta cessazione dell'attività inquinante, purché ne permangano gli effetti nocivi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 16.07.2009 n. 4379 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIOpere pubbliche - Impianto stradale di distribuzione carburante - Procedura espropriativa - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessita.
Non risulta che l'amministrazione abbia posto in essere le disposizioni relative alla comunicazione dell'avvio del procedimento di approvazione del progetto di un'opera pubblica cui si correla un'implicita dichiarazione di pubblica utilità, nel senso di orientare all'applicazione analogica della disciplina sulla partecipazione dettata per la dichiarazione di pubblica utilità esplicita e strutturata, ai sensi degli artt. 10 e 11 della legge 1971 n. 865, sull'attività di deposito e notificazione del progetto, presentazione di osservazioni da parte degli interessati e pronuncia dell'amministrazione sulle osservazioni medesime (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 15.09.1999 n. 14; Consiglio di Stato, Ad. Pl., 24.01.2000 n. 2; nonché tra le tante TAR Campania Napoli, sez. V, 29.01.2004 n. 851; TAR Calabria Reggio Calabria, 22.03.2007, n. 243).
Ciononostante il privato non può limitarsi a censurare la mancata comunicazione di avvio del procedimento, ma per ottenere l'annullamento dell'atto deve quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento qualora avesse ricevuto la comunicazione.
A questo punto l'amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.07.2009 n. 4354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIStazione appaltante - Lo stravolgimento dell'oggetto del contratto - Non sussiste.
Non può ritenersi che le varianti approvate dalla Stazione appaltante abbiano sforato la soglia del quinto d'obbligo stravolgendo l'oggetto del contratto. Una parte consistente dell'importo costituente il corrispettivo elle maggiori opere introdotte dalla variante è dovuta alla sopravvenuta necessità di procedere ad un rafforzamento delle fondazioni a causa della "sorpresa geologica".
Pertanto il costo non può essere conteggiato ai fini del computo della soglia del quinto (ex art. 10, comma 5, D.M. 245/2000) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.07.2009 n. 4346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAAree ricadenti nel Piano di zona - Assegnazione diritto di proprietà - Criteri.
Tenuto conto della duplice funzione dei piani di zona (dare attuazione alle previsioni contenute nei piani urbanistici generali e una funzione più generale di carattere sociale ed economico), appare evidente che il criterio adottato dall'amministrazione, ai fini dell'aggiudicazione della gara per l'assegnazione del diritto di proprietà, sia del tutto configgente con le finalità dell'intervento, giacché maggiore è il prezzo che i concorrenti offrono all'amministrazione per l'acquisizione della proprietà delle aree, maggiore sarà il prezzo di vendita degli alloggi.
E' dunque fondata la doglianza della ricorrente sul bando di gara che attribuisce un punteggio per le maggiorazioni sul prezzo di cessione delle aree offerte dai concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 07.07.2009 n. 4312 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAImpianti di distribuzione di carburante - Installazione Compatibilità - Valutazione NTA - Necessità.
E' errata l'affermazione secondo cui il PRG comunale prevedendo espressamente la realizzazione degli impianti di distribuzione di carburante solo in alcune zone, la vieterebbe implicitamente in tutte le altre. E' pertanto annullato il provvedimento del sindaco che comunicava alla società ricorrente di non ritenere urbanisticamente compatibile l'impianto di rifornimento di carburante di cui la stessa è titolare.
La compatibilità dell'impianto con la disciplina urbanistica deve essere valutata con esclusivo riferimento alla normativa dettata dall'art. 40 delle NTA che riguarda direttamente la zona in cui esso ricade e da questa norma non è possibile evincere alcun elemento espresso o implicito che possa supportare la conclusione a cui è giunto il sindaco nel provvedimento impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.06.2009 n. 4203 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIMotivazione per relationem - Legittimità - Omessa allegazione atto richiamato - Irrilevanza.
Nel caso di motivazione per relationem, l'art. 3 della legge 241/1990 non obbliga l'Amministrazione ad accludere al provvedimento adottato gli atti cui lo stesso rinvia, risultando sufficiente che tali atti siano resi disponibili rimettendone dunque la concreta disponibilità all'attivazione dell'interessato a mezzo del diritto di accesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 23.06.2009 n. 4258).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Inquinamento acustico - Ordinanza contingibile e urgente - Esposto di un solo cittadino - Legittimità.
In tema di inquinamento acustico il semplice esposto di un cittadino non impedisce al comune di intervenire per reprimere le violazioni attraverso l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente adottata ai sensi non solo del D.Lgs. 267/2000, ma anche dell'art. 9 della Legge quadro sull'inquinamento acustico (Legge 4447/1999) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 22.06.2009 n. 4092 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Diritto di accesso - Diniego - Attività di diritto privato posta in essere da gestori di pubblico servizio - Illegittimità.
2. Diritto di accesso - Atto di gestione del rapporto di lavoro privatizzato - Diniego - Illegittimità.

1. L'attività di diritto amministrativo alla quale gli artt. 22 e 23 della legge 241 del 1990 correlano il diritto di accesso ricomprende, non solo, quella di diritto amministrativo, ma, anche quella di diritto privato posta in essere da soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione di servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche sul versante oggettivo della intensa conformazione pubblicistica.
2. Il discrimen tra gli atti che devono considerarsi rientranti nell'ambito oggettivo della disciplina dell'accesso e quelli destinati a rimanerne fuori, non va identificato nella distinzione tra attività posta in essere nell'esercizio di potestà pubbliche e attività condotta secondo moduli privatistici, bensì nella sottoposizione o meno del soggetto preposto al suo espletamento al dovere di imparzialità.
Tale è il caso degli atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato, che hanno natura giuridica privata ma che sono funzionali all'interesse pubblico curato dal datore di lavoro che rimane, così, vincolati ai parametri costituzionali di cui all'art. 97 Costituzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 17.06.2009 n. 4061 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Appalto concorso - Commissione giudicatrice - Presidente della Commissione - Legittimazione passiva - Esclusa.
2. Progettazione esecutiva - Carenza nell'offerta - Può seguire l'esclusione dalla gara.

1. Così come per la Commissione, quale organo collegiale, anche per il suo Presidente va esclusa la legittimazione passiva, in quanto gli atti alla cui formazione egli ha partecipato in veste di componente della Commissione sono direttamente imputabili all'amministrazione, la quale è l'unico soggetto legittimato a contraddire (cfr. in argomento C.d.S., sez. IV, 30.12.2003 n. 9189; TAR Lazio, sez. II, 07.11.2001, n. 9049; TAR Sicilia Palermo, sez. I, 09.11.2005, n. 4992).
2. Alla riscontrata carenza nell'offerta presentata da un partecipante dei tratti propri della progettazione esecutiva, secondo quanto stabilito dall'art. 16, comma 5, della legge 1994 n. 109, dall'art. 35 e seguenti del d.p.r. 1999 n. 554 e dalla lex specialis, può seguire un provvedimento di esclusione dalla gara, atteso che non devono necessariamente essere assorbiti nella valutazione tecnica correlata all'attribuzione dei punteggi i difetti che "implicano una vera e propria inadeguatezza del progetto, collocandolo al disotto di una soglia minima di idoneità tecnica" (cfr. così testualmente C.d.S., sez. V, 06.12.1999, n. 812; in argomento si vedano anche C.d.S., sez. VI, 24.05.1996, n. 731; C.d.S., sez. V, 03.03.2004, n. 1040; TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 10.12.2007, n. 2227) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 12.06.2009 n. 3983 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIPrincipio secondo il quale non è ammesso l'intervento ad adiuvandum da parte di chi avrebbe avuto titolo a proporre ricorso in proprio - Non applicabile alle associazioni ambientalistiche.
Il principio giurisprudenziale, secondo il quale non è ammesso nel giudizio amministrativo d'impugnazione l'intervento ad adiuvandum di chi avrebbe avuto titolo a proporre ricorso in proprio, non è rigorosamente applicabile alle associazioni ambientalistiche, le quali agiscono in giudizio non a tutela di un interesse proprio e personale, bensì in quanto individuate dall'ordinamento quali soggetti esponenziali dei c.d. interessi diffusi, sicché è ragionevole che a chi si trova in tale posizione si consenta di scegliere fra l'esercizio diretto dell'impugnativa e la mera adesione a quella proposta da altri (TAR Umbria, I, 20/05/2008 n. 189, nello stesso senso CdS Ad. Plen 1/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 25.05.2009 n. 3838 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Controllo analogo - Sussistenza - Presupposti.
2. Principi di cui all'articolo 87 del Trattato e correlazione di tali principi con i limiti che caratterizzano gli affidamenti in house.

1. Costituisce oramai dato pacifico che per potersi configurare un "controllo analogo" non è sufficiente il possesso della totalità del capitale sociale da parte dell'ente affidatario, occorrendo, invece, che questo disponga di penetranti poteri di ingerenza gestionale e di controllo che superino quelli che nell'ordinario regime societario sono riservati all'assemblea dei soci (Cons. Stato, sez. VI, 03.04.2007, n. 1514). Occorre poi che dallo statuto della società affidataria, e, in particolare dal suo
Tenendo conto di ciò la giurisprudenza ha ritenuto necessario che lo statuto dell'organismo in house limiti i poteri gestionali dell'organo amministrativo, rimettendo alla approvazione dell'ente controllante gli indirizzi strategici e le decisioni più importanti (C. Giust. CE: 10.11.2005, C-29/04, 13.10.2005, C-458/03, 11.05.2006, C 340/04).
Inoltre, si è affermato che il controllo analogo non possa essere riconosciuto qualora lo statuto preveda una pluralità di oggetti ed ambiti di intervento dai quali si possa evincere che la società ha assunto una chiara vocazione commerciale.
Invero, il controllo analogo presuppone la sussistenza di una specifica relazione "organizzativa" che limiti dall'interno l'autonomia dell'organismo in house. Questo, in altre parole, si trova a non poter esercitare i pieni poteri decisionali che normalmente competono ad ogni entità dotata di personalità giuridica in forza di restrizioni che investono a livello genetico la sua stessa soggettività, e non, invece, in ragioni di limitazioni contrattuali volontariamente accettate.
Le limitazioni contrattuali riguardano, infatti, lo svolgimento del servizio, mentre il controllo analogo investe le decisioni dell'organismo controllato nella loro totalità.
A ciò si aggiunga che l'esistenza di penetranti poteri di controllo di natura negoziale sullo svolgimento del servizio affidato connota le più disparate figure contrattuali (come, ad esempio, i disciplinari accessivi a rapporti concessori) e non è affatto indicativa della esistenza di un rapporto "interorganico" quale è quello che contraddistingue la fattispecie dell'"in house".
Come questa Sezione ha già avuto occasione di precisare, la verifica del controllo analogo deve effettuarsi sul piano dell'esistenza di previsioni che conferiscano all'ente locale affidante poteri di controllo nell'ambito in cui si esplica l'attività decisionale della società affidataria tramite gli organi di questa: poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all'ordine del giorno di detti organi, ma anche -e principalmente- poteri di inibizione di iniziative o decisioni che contrastino con gli interessi dell'Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali rappresentati dall'Ente stesso con le suindicate proposte.
Occorre, inoltre, che i predetti poteri inibitivi siano esercitabili dall'Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della partecipazione di esso al capitale della società affidataria, ma per il semplice fatto che l'Ente, nel cui territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attività societarie contrastanti con i propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attività.
2. I finanziamenti in qualsiasi forma erogati ad enti che gestiscono servizi pubblici in regime di concorrenza, incorrono nel divieto di aiuti di stato sancito dall'art. 87 del trattato, salvo che rappresentino la contropartita delle prestazioni fornite dalle imprese beneficiarie per adempiere obblighi di servizio pubblico ed a condizione che i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione siano stati previamente definiti in modo obiettivo e trasparente e che essa non ecceda quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall'adempimento (Corte Giustizia 24/07/2003 C 280/00).
Ed ancora si è deciso che l'attribuzione alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale di diritti esclusivi che possono comportare restrizioni della concorrenza, o l'esclusione di qualsiasi concorrenza da parte di altri operatori economici, può essere consentita dal diritto comunitario nei limiti in cui ciò rappresenti una misura necessaria per garantire l'adempimento della loro specifica funzione (Corte Giustizia CE 19/05/1993 n. 320).
Più di recente la giurisprudenza amministrativa ha messo in correlazione tali principi con i limiti che caratterizzano gli affidamenti in house.
Si è affermato in proposito che l'affidamento diretto del servizio garantisce all'impresa affidataria l'acquisizione di contratti al di fuori del circuito del mercato con conseguente attribuzione alla stessa di una posizione di ingiusto privilegio rispetto alle imprese concorrenti (CdS Ad Plen 1/2008).
Si è quindi osservato che in tale situazione è ravvisabile una forma di "aiuto di stato" vietata dall'art. 87 del trattato CE, atteso che il vantaggio economico in cui la misura di favore può concretarsi non necessariamente deve consistere in un contributo, sussidio o agevolazione fiscale, ma può consistere anche nella garanzia di "una partecipazione sicura al mercato a cui -essa- appartiene" (CGARS, 04/09/2007 n. 719, Corte Giustizia CE 18/12/2007 C 220/06 punto n. 62). L'affidamento diretto, infatti, in virtù del meccanismo delle economie di scala, assicura all'impresa beneficiaria la possibilità di una copertura totale o parziale dei costi di impresa mediante i proventi del servizio affidatole senza gara, consentendole così di realizzare maggiori margini di profitto o di offrire prezzi di maggior favore quando essa opera nei confronti dell'utenza ordinaria (CGARS 719/2007 cit.).
In conseguenza di ciò si è ritenuto che anche il requisito dello svolgimento della attività prevalente nei confronti dell'ente affidatario debba essere interpretato in modo rigoroso, come tendenziale esclusività dell'attività economica della società affidataria nei confronti dell'ente azionista, potendo avere ogni altra attività solo carattere "marginale" (Corte Giustizia CE 17/07/2008 C. 371/05) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 25.05.2009 n. 3838 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Ricorso contro il rifiuto di accesso meramente confermativo di un precedente diniego - Inammissibile.
2. Autore di un esposto al quale ha fatto seguito un procedimento disciplinare a carico di terzi - Circostanza che lo legittima all'accesso agli atti del procedimento disciplinare.

1. E' oramai consolidato l'indirizzo giurisprudenziale che ritiene inammissibile il ricorso proposto contro il rifiuto, espresso o tacito, di accesso a documenti amministrativi meramente confermativo di un precedente diniego non tempestivamente impugnato dall'interessato, potendo quest'ultimo reiterare l'istanza solo in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o non, non rappresentati nell'originaria istanza, o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all'accesso (Cons. Stato, V, 10/02/2009 n. 742).
2. La qualità di autore di un esposto al quale abbia fatto seguito un procedimento disciplinare a carico di terzi è circostanza idonea, unitamente ad altri elementi, a radicare nell'autore del medesimo la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante ai sensi dell'art. 22 della L. 241/1990 che lo legittima a richiedere l'accesso agli atti del procedimento disciplinare che da esso a tratto origine (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.05.2009 n. 3783 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIMancata comunicazione dell'avvio del procedimento - Il privato deve quantomeno indicare o allegare quali siano gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione.
E' stato convincentemente affermato in giurisprudenza che, se è vero che la norma di cui all'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 pone in capo all'amministrazione (e non del privato) l'onere di dimostrare, in caso di mancata comunicazione dell'avvio, che l'esito del procedimento non poteva essere diverso, tuttavia, onde evitare di gravare la p.a. di una probatio diabolica (quale sarebbe quella consistente nel dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l'esito del procedimento), risulta preferibile interpretare la norma in esame nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi della mancata comunicazione di avvio, ma debba anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbero introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione.
Solo dopo che il ricorrente ha adempiuto questo onere di allegazione (che la norma implicitamente pone a suo carico), la p.a. sarà gravata del ben più consistente onere di dimostrare che anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato (Consiglio Stato, sez. VI, 29.07.2008, n. 3786) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.05.2009 n. 3721 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. - Presupposti - Individuazione.
2. Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. - Oggetto - Limitazione a specifiche materie - Sussiste.

1. L'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti ex artt. 50 e 54 del T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, presuppone la sussistenza di situazioni di pericolo e di urgenza, tali da non consentire di provvedere nelle forme ordinarie ed è limitata alle ipotesi di emergenze sanitarie o di igiene pubblica (art. 50, comma 5, T.U.E.L.,) o a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini (art. 54, comma 2).
Ne consegue che, trattandosi di attività provvedimentale extra ordinem, derogatoria al principio di tipicità degli atti amministrativi, essa è strettamente limitata alle materie specificatamente indicate dalla legge e postula, altresì, una attenta valutazione della emergenza in questione ed una approfondita motivazione in ordine alla sussistenza ed alla consistenza del pericolo e alle ragioni che giustificano la deroga alle ordinarie regole procedimentali.
2. Il Sindaco, quale ufficiale del Governo, può adottare, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; pertanto, il potere di ordinanza del sindaco è soggetto a precise limitazioni di materia, in quanto l'intervento deve avere ad oggetto interessi connessi alla sanità, all'igiene, all'edilizia ed alla polizia locale, e di scopo, atteso che dette ordinanze possono essere emanate al particolare fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 04.05.2009 n. 3601 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 21.12.2009

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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sulla questione se occorra o meno il parere preventivo dell'ASL sulle pratiche edilizie.
Forse, possiamo mettere la parola FINE ai dubbi (per lo meno di chi scrive) che sorgevano ogni qualvolta l'Ufficio Tecnico Comunale doveva rilasciare un permesso di costruire per interventi di edilizia non residenziale piuttosto che istruire un piano attuativo per l'adozione/approvazione da parte del Consiglio Comunale o Giunta che sia.
Sono stati posti precisi quesiti all'ASL di Bergamo la quale, di concerto con la Direzione Sanità della Lombardia, ha risposto in maniera chiara ed esaustiva, ponendo gli operatori del settore nella certezza giuridica del proprio operato.
La risposta fornita (nota 15.12.2009 n. 184451 di prot.) discende dalla combinata lettura delle disposizioni di cui alle LL.RR. n. 12/2005, n. 1/2007 e n. 8/2007.
Il chiarimento suddetto si è reso necessario anche alla luce di comportamenti difformi -in merito alla questione- fra le varie ASL lombarde.
Per maggiori dettagli si può anche consultare la pagina web della Regione Lombardia dedicata al "FAQ: risposte alle domande più frequenti" proprio in relazione ai dubbi applicativi di cui alle LL.RR. n. 1/2007 e n. 8/2007.

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il 31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file 1 - file 2).
ATTENZIONE: se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno 2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per adottare la determinazione nell'intento di avere una maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché "
l'indice di costo di costruzione di un fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova base" (comunicato ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de qua prima di dimenticarsi ...

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Dall’INAIL l’ABC della sicurezza sul lavoro.
L’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ha realizzato una pubblicazione dal titolo "Straniero, non estraneo - ABC della sicurezza sul lavoro".
Il manuale è destinato in particolare ai lavoratori migranti che sono generalmente più esposti ai rischi lavorativi dei colleghi italiani (link a
www.acca.it).

PUBBLICO IMPIEGO - VARI: Disponibile una pubblicazione dell'INAIL sulla prevenzione dei rischi da posture incongrue prolungate.
L’INAIL ha realizzato una pubblicazione sulla prevenzione dei rischi da posture incongrue prolungate.
Il lavoro, che nasce da un'indagine effettuata sui lavoratori di un call center, individua le patologie più ricorrenti presso questa categoria di lavoratori con particolare riguardo alle patologie muscolo scheletriche (link a
www.acca.it).

QUESITI & PARERI

ENTI LOCALI: Assimilabilità convenzione stipulata tra ente e privato. Contratto di servizio.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce che l’ente rappresentato, in collaborazione con la Comunità montana, ha realizzato un impianto di teleriscaldamento a cippato di legna. Il servizio di produzione e distribuzione calore è gestito da una società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, con il 77% delle quote sociali detenute dal Comune.
La società è stata costituita nell’anno 2000, con la scelta di socio operativo privato tramite gara ad evidenza pubblica. Oggetto della selezione concorsuale fu l’affidamento del completamento dell’impianto ed il servizio di produzione e distribuzione del calore ad operatore economico (socio operativo) in possesso dei requisiti necessari.
Lo statuto della società riservava al Comune di (omissis) una quota non inferiore al 51%, mentre la convenzione prevedeva che, decorsi dieci anni dall’entrata in funzione dell’impianto, lo stesso transitasse nel patrimonio della costituenda società.
Il sindaco esprime oggi la volontà di cedere (in tutto o in parte) le quote dell’ente, mantenendo in capo al Comune la proprietà delle reti e degli impianti, in applicazione della sostituzione operata con l’art. 35 della legge 28.12.2001, n. 448, dell’art. 113 del TUEL, approvato con D.Lgs. 18.08.2000, n. 267.
La prima preoccupazione espressa dal sindaco riguarda le pretese che il privato può vantare nell’operazione che si intende effettuare, tenuto conto di quanto stabilito nella bozza di convenzione (parte integrante dei documenti di gara) e nello statuto.
In appresso si richiedono chiarimenti sull’alienazione delle quote e sul relativo procedimento amministrativo.
Infine si sollecita il parere del consulente sulla assimilabilità della convenzione stipulata tra ente e socio privato al contratto di servizio, al fine di stabilire il regime transitorio da applicare, in attuazione di quanto disposto dall’art. 15 del D.L. 25.09.2009, n. 135 (Regione Piemonte, parere n. 129/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Inquadramento categoria personale dipendente.
Il Comune di (omissis) avente popolazione inferiore ai 5000 abitanti ha solo personale di qualifica “C“ al quale sono assegnate le posizioni organizative.
Per sopperire alla carenza di personale apicale nell’ambito della struttura tecnica, l’Amministrazione intende avvalersi della facoltà di cui al comma 557 dell’art. 1 della legge 311/2004, ricorrendo alle prestazioni lavorative di personale tecnico (ascritto in qualifica “D” e dipendente con rapporto a tempo pieno in altro Ente Locale) mediante apposito contratto di lavoro subordinato.
A tal fine chiede se in relazione all’incarico di Responsabile della struttura di riferimento, l’interessato possa essere inquadrato, previo consenso dello stesso, in cat. “C” inferiore alla posizione giuridica ricoperta nell’Ente di appartenenza, stante l’esigenza di garantire uniformità rispetto all’assetto dotazionale ed organizzativo adottato in questo Comune (Regione Piemonte, parere n. 120/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Incarico professionale.
Si chiede un parere circa la legittimità, o meno, dell’assunzione da parte del tecnico estensore del P.R.G.C. di incarichi professionali commissionati da privati, attinenti alla presentazione di D.I.A., domande di permessi di costruire o P.E.C., e se eventuali motivi ostativi possano essere circoscritti al periodo di adozione e/o approvazione definitiva del P.R.G. e delle eventuali varianti al medesimo (Regione Piemonte, parere n. 111/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGOProcedimenti disciplinari, novità non retroattive. Circolare sulla riforma introdotta dal dlgs 150/2009.
Sui procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti pubblici e sui rapporti tra lo stesso procedimento e quello penale, la data del 16.11.2009, quale entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2009, fa da spartiacque. Stante, infatti, l'assenza di una specifica disciplina transitoria e in ossequio al principio civilistico secondo il quale la legge non dispone che per l'avvenire, le nuove norme sul procedimento disciplinare si applicano dopo l'entrata in vigore della riforma Brunetta. Per i procedimenti già in itinere a questa data, invece, continueranno ad applicarsi le precedenti fonti di legge e di contratto collettivo.
A chiarirlo è lo stesso ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, che ha deciso di rispondere, con la circolare 27.11.2009 n. 9, alle numerose richieste di chiarimento sul punto formulate dalle pubbliche amministrazioni.
In particolare, le disposizioni ex artt. 55-bis e 55-ter del dlgs n. 165/2001, introdotti dall'articolo 79 del citato decreto di riforma, hanno posto «problemi di prima applicazione con riferimento ai procedimenti già avviati prima dell'entrata in vigore della nuova normativa».
Innanzitutto, scrive Brunetta, non c'è una disciplina transitoria. Motivo per cui, ci si deve riallacciare alla disciplina civilistica, secondo cui «la legge, in assenza di esplicite previsioni, non dispone che per l'avvenire». Pertanto, possono rilevarsi due distinte situazioni. La prima, quella in cui gli organi titolari dell'azione disciplinare vengono a conoscenza dell'infrazione commessa dal dipendente pubblico dopo l'entrata in vigore del dlgs n.150/2009. L'altra, ovviamente, quella in cui la conoscenza dell'infrazione avviene in data successiva. Nel primo caso, nessun motivo ostativo al che le nuove norme, disciplinate dagli articoli 55-bis e 55-ter del dlgs n. 165/2001 si applichino integralmente. Ma, il problema, se così può dirsi, rileva nel secondo caso. Qui, il presupposto rilevante per l'avvio del procedimento si è verificato prima del 16/11/2009. Quindi, evidenzia la funzione pubblica, per quanto riguarda la disciplina procedurale, sia dello svolgimento del procedimento disciplinare sia per i rapporti tra questo e il procedimento penale, «continuerà a farsi applicazione delle precedenti fonti di legge e di contratto collettivo».
Casi particolari. L'applicazione del regime precedente ai procedimenti disciplinari, comporta anche la possibilità di ricorrere al cosiddetto patteggiamento (il vecchio art. 55, comma 6 del dlgs n. 165/2001). Una facoltà che, dal 16/11/2009, non potrà più essere esercitata in quanto non più richiamata dalla legge di riforma che prevede invece l'istituto della «conciliazione non obbligatoria» (tranne per i casi di licenziamento immediato).
Ebbene, rileva la circolare, la peculiarità di questo istituto innovativo è che la sanzione «concordemente determinata» non potrà essere diversa da quella prevista (dalla legge o dal contratto collettivo) per l'infrazione per la quale si procede. Allora, scrive Brunetta, «in questo momento storico di transizione», si ritiene utile sottolineare il principio dell'immutabilità secondo il quale «sarebbe opportuno che le amministrazioni, qualora facessero ricorso al patteggiamento, mantenessero la medesima tipologia di sanzione».
Impugnazioni. Qui non opera alcun regime previgente. L'articolo 73, comma 1 del dlgs n. 150/2001 esclude, infatti, che le sanzioni disciplinari possano impugnarsi dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina, tranne quelli che, al 16/11/2009 erano già avviati e per i quali Brunetta auspica «una celere conclusione».
Stesso discorso per la facoltà di impugnazione delle sanzioni disciplinari di fronte all'arbitro unico (Ccnq del 23/1/2001). Benché lo stesso non venga nominato nell'impianto normativo, la circolare evidenzia che l'articolo 55, comma 3, del nuovo dlgs n. 165/2001 dispone che «la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari» (articolo ItaliaOggi dell'01.12.2009, pag. 26).

ENTI LOCALIBrunetta riordina il web della p.a.. Una direttiva di palazzo Vidoni impone l'utilizzo del suffisso gov.it e l'eliminazione dei siti inutili. Un dominio unico per i portali della pubblica amministrazione.
Siti e portali internet della pubblica amministrazione dovranno essere identificati esclusivamente con il dominio «gov.it». Pertanto, le amministrazioni pubbliche, qualora intendano mantenere attivi tutti i siti internet istituzionali sinora registrati senza tale dominio, dovranno provvedere all'integrazione in tal senso nel più breve tempo possibile, eliminando, al contempo, tutti i siti attivati sino ad oggi, non più ritenuti utili, affinché non siano raggiungibili dai cittadini né direttamente né per il tramite dei motori di ricerca.
E' quanto messo nero su bianco nella direttiva 26.11.2009 n. 8/2009 del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, con la quale si intende operare una drastica razionalizzazione dei siti web delle pubbliche amministrazioni così da migliorare i servizi e le informazioni che vengono rese al cittadino attraverso la comunicazione internet.
Da anni, ormai, uno dei principali strumenti che le amministrazioni pubbliche utilizzano per «veicolare» le informazioni ed i servizi resi ai cittadini è quello del sito web istituzionale. Ma fino ad oggi, si legge nella direttiva, la loro realizzazione «è nata dalla singola iniziativa con modalità spesso eterogenee».
Il ministro Brunetta si riferisce soprattutto al fatto che in questi anni si è verificata la registrazione e la creazione di siti web per specifici progetti che non hanno avuto una correlazione col sito internet istituzionale della pubblica amministrazione. Senza dimenticare il fatto che la p.a. creatrice del sito non ha poi provveduto alla rimozione del sito anche dopo la chiusura del progetto o dell'iniziativa. Inoltre, molti siti web che hanno visto la luce in questi anni non sempre sono «immediatamente identificabili» con l'amministrazione pubblica che lo ha realizzato.
Infine, Brunetta lamenta che oggi vige l'assenza di regole e di criteri per il trattamento dei contenuti da dichiarare obsoleti. Cosicché il cittadino spesso si imbatte in pagine internet su siti pubblici che non sono né validi né aggiornati. Pertanto, è lo scopo della direttiva, occorre fissare delle regole in merito al corretto uso della rete da parte delle amministrazioni pubbliche.
Un primo paletto, quello fondamentale, è che tutte le amministrazioni pubbliche che intendono «essere presenti» su internet dovranno dotare il proprio sito del dominio «gov.it». Questo dominio costituisce l'unico punto di «riconoscibilità, usabilità e accessibilità» in quanto permette al cittadino di rendersi immediatamente conto che si trova davanti ad un sito della pubblica amministrazione.
Ne consegue che tutte le amministrazioni dovranno al più presto effettuare una ricognizione dei siti che intendono mantenere attivi (cioè rintracciabili sulla rete) e provvedere alla loro iscrizione con il dominio «gov.it». L'obiettivo è quello di sviluppare, promuovere e diffondere un accesso diretto, semplificato e qualitativamente valido alle informazioni che, attraverso il mezzo telematico, vengono rese all'utenza. Al contempo, tutti i vecchi siti internet, per i quali le stesse amministrazioni pubbliche proprietarie non ritengono più opportuno il loro mantenimento, dovranno essere cancellati, così da non permettere il loro raggiungimento da parte dei cittadini, né direttamente né attraverso i motori di ricerca più diffusi.
Le p.a. dovranno rendere noto al dicastero della Funzione Pubblica l'elenco dei siti che intendono dismettere. Attraverso apposite linee guida, pubblicate sul sito internet istituzionale della funzione pubblica (www.innovazionepa.gov.it), palazzo Vidoni assicura una «guida organica» sulle modalità di riduzione previste dalla direttiva in esame, svolgendo altresì una funzione di monitoraggio dei siti pubblici al fine di valutarne periodicamente l'utilizzo e l'efficienza dei servizi e la relativa qualità (articolo ItaliaOggi dell'01.12.2009, pag. 26).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: P. Dell'Anno, SANATORIA URBANISTICA E VINCOLI DI TUTELA AMBIENTALE (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. A. De Santis, QUOUSQUE TANDEM, CATILINA, ABUTERE PATIENTIA NOSTRA? SUL CONCETTO DI «NORMALE TOLLERABILITÀ» DELLE IMMISSIONI ACUSTICHE ALLA LUCE DELLA L. N. 13 DEL 2009 (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Amendola, CHI TRASPORTA SALTUARIAMENTE RIFIUTI PROPRI DEVE ESSERE ISCRITTO ALL’ALBO? (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Bellomo, SMALTIMENTO ABUSIVO DI RIFIUTI SPECIALI ALTAMENTE PERICOLOSI TRA LACUNE LEGISLATIVE E SUPPLENZA DEL GIUDICE (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: T. Granata, Terre e rocce da scavo: rifiuti o non rifiuti, il dilemma risolto? (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Mengoli, Il mutamento d'uso senza opere nel Veneto è subordinato alla DIA o, in ogni caso, a un altro titolo edilizio? (link a http://venetoius.myblog.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: V. Italia, LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA - Guida operativa per i Dirigenti degli Enti locali (link a www.nuovarassegna.it).

APPALTI: Torna l’arbitrato negli appalti pubblici (link a www.mediagraphic.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGOBrunetta contro i falsi malati. Il ministro firma il decreto dopo che per il quarto mese consecutivo sono cresciute le assenze. Le fasce di reperibilità passano da quattro a sette ore.
Le assenze per malattia nella p.a. continuano ad aumentare e la Funzione pubblica corre ai ripari. Dalla prossima settimana scatteranno le nuove fasce orarie di reperibilità per le visite mediche di controllo dei dipendenti pubblici in malattia. Dalle attuali quattro ore le nuove fasce saranno estese a sette (dalle 9.00 alle 13.00 del mattino e dalle 15.00 alle 18.00 della sera).
Ieri il ministro Renato Brunetta ha firmato la versione definitiva del decreto che sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale la prossima settimana.
Il dietrofront di palazzo Vidoni si è reso necessario dopo che per il quarto mese consecutivo le assenze per malattia hanno fatto segnare un significativo rialzo, solo in parte spiegato dal picco influenzale.
Il primo campanello d'allarme era suonato ad agosto quando le assenze per malattia erano cresciute del 16,7% rispetto allo stesso periodo del 2008. Un dato difficile da spiegare, soprattutto in periodo estivo, che era stato letto dalla Funzione pubblica come il segno di un «aggiustamento dei comportamenti individuali» dopo un lungo periodo di consistente diminuzione delle assenze (-39,6% dall'entrata in vigore della legge 133/2008).
Ma dopo gli incrementi dei giorni di malattia fatti segnare a settembre (+24,2%), ottobre (+21% al netto dell'influenza) e novembre 2009 (+20% al netto dell'influenza) il ministro si è convinto che «l'assenteismo opportunistico» dei dipendenti pubblici è ripreso.
Di qui la decisione di tornare parzialmente all'antico sulla reperibilità, visto che le nuove fasce sono comunque più favorevoli rispetto alle undici ore (8.00-13.00 e 14.00-20.00) applicate sino a giugno scorso quando Brunetta aveva deciso, portandole a quattro (con il decreto legge n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009) di dare un segnale di fiducia ai dipendenti statali.
Brunetta non ha difficoltà ad ammettere l'errore di valutazione. «Da luglio in poi ho cambiato le fasce di reperibilità, riportandole a quattro ore, pensando che il fenomeno dell'assenteismo fosse ormai sotto controllo e si fosse assestato», spiega. «Così non era e per questo ho deciso di estendere la fascia delle viste fiscali a sette ore. La battaglia continua e già da gennaio conto di ritornare a un andamento fisiologico virtuoso».
In ogni caso, l'effetto Brunetta, per quanto sembri essersi arrestato, rimane ancora «sensibile»: il confronto tra il periodo giugno-novembre 2009 e gli stessi mesi del 2007, quando la legge contro l'assenteismo non era ancora in vigore, indica un -29,9%.
La stretta in arrivo non graverà sui malati oncologici, o comunque con patologie gravi che richiedono terapie salva-vita, e sui malati per causa di servizio.
Da gennaio, ha ricordato inoltre Brunetta, «partirà un'altra rivoluzione» con il via alla trasmissione telematica dei certificati medici all'Inps, per tutti i dipendenti, pubblici e privati. «Si tratta di 15 milioni di lavoratori dipendenti», ha sottolineato Brunetta, «il che vuol dire abbattere tempi e costi sui 150-200 milioni di certificati prodotti ogni anno (considerando una media di 10 giorni di malattia pro capite) e «far risparmiare 2-3 mila impiegati all'Inps che non archivieranno più certificati inutili ma svolgeranno un'altra mansione». Per alcuni mesi varrà il doppio canale, cartaceo e telematico, per poi arrivare, almeno questo è l'obiettivo di Brunetta, al 70-80% di certificati on-line dalla metà dell'anno prossimo.
Alla Cgil l'aumento delle fasce di reperibilità non va giù. «Si colpisce il diritto alla salute di tutti i lavoratori della pubblica amministrazione invece di colpire, con controlli mirati, chi si assenta dal lavoro ingiustamente», ha commentato Michele Gentile, responsabile del dipartimento settori pubblici della Cgil nazionale. Pronta la replica del ministro secondo cui si tratta di «una misura necessaria» (articolo ItaliaOggi del 19.12.2009, pag. 25).

ENTI LOCALIAlbo pretorio on-line: in affanno. La Gazzetta ufficiale del comune diventerà virtuale. Regolamenti interni per evitare il caos. Partenza dal 2010 ma mancano tutte le modalità attuative.
Rush finale con affanno per l'albo pretorio virtuale delle p.a. Deve partire dal 1° gennaio 2010, ma la norma di riferimento (articolo 32 della legge 69/2009) non specifica le modalità attuative. Da qui i dubbi sui parametri tecnici standard per garantire effettività e genuinità delle pubblicazioni: formato dei file, uso di firma digitale, possibilità di compresenza dell'albo cartaceo, individuazione responsabilità, modalità di compilazione del registro delle pubblicazioni, stesura dell'attestazione di avvenuta pubblicazione, rispetto della tutela della riservatezza. In assenza di specifiche norme di riferimento risulta essenziale che le amministrazioni, attualmente alle prese, soprattutto quelle locali, con proposte commerciali di acquisto di software appositi, si dotino di regolamenti interni che chiariscano normativamente le condizioni della pubblicazione sull'albo virtuale.
Dal 1° gennaio 2010 solo questa pubblicazione avrà valore di legge e non si tratta della semplice trasposizione dei documenti o del contenuto dei documenti sul sito del comune. Un conto è, infatti, la pubblicità cosiddetta «notizia», che non produce effetti legali, altro conto è la pubblicità legale, da cui scattano ad esempio termini di legge, compresi quelli previsti per impugnare gli atti.
Vediamo dunque che cosa prescrive il citato articolo 32.

A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. Dalla stessa data le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale. Una diversa decorrenza (1° gennaio 2013) è prevista per la pubblicazione con effetti legali su internet (con abbandono della pubblicazione cartacea) per atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica o i propri bilanci.
Dunque dal 2010 vanno obbligatoriamente pubblicati su internet tutte le deliberazioni del comune e della provincia e anche tutte le deliberazioni degli altri enti locali, le affissioni matrimoniali, e tutte gli atti o provvedimenti amministrativi, la cui pubblicazione sia prevista per legge.
Cerchiamo di analizzare bene gli effetti della norma e di risolvere nell'immediato alcuni aspetti dubbi.
La disposizione disciplina le forme di pubblicazione degli atti e provvedimenti, riservando gli effetti legali solo alla pubblicazione in rete. Questo significa che, allo stato, rimane come originale il documento cartaceo, di cui, appunto, cambia la modalità di diffusione legale.
L'atto o provvedimento va sull'albo pretorio virtuale, senza modifiche alla disciplina giuridica. Ad esempio le deliberazioni devono rimanere all'albo virtuale per 15 giorni, trascorsi i quali diventano esecutive: alla scadenza vanno rimosse dall'albo pretorio virtuale (anche se possono rimanere nell'archivio on line, con mera funzione di documentazione, codice della privacy permettendo, secondo le linee guida del Garante del 2007). Si deve garantire la genuinità del testo e la non modificabilità da parte degli utenti (da qui la preferenza per formati pdf o jpg o comunque per soluzioni tecniche che arginino la possibile manipolazione del testo).
È opportuno che l'ente nomini uno o più responsabili-incaricati del trattamento ad hoc, con il compito di garantire la decorrenza della pubblicazione virtuale e l'avvenuto compimento della stessa oltre che il funzionamento del sito. Qualora per qualche motivo la pubblicazione non abbia avuto luogo (ad esempio per problemi di linea) occorre che si provveda reiterando la pubblicazione stessa. Se ci si rivolge a soggetti esterni, che trattano i dati, occorre che gli stessi siano nominati responsabili del trattamento.
Da ricordare che se si conserva l'albo cartaceo (con mera funzione di pubblicità notizia, magari al fine di dare una possibilità di conoscenza a chi non ha il computer o il collegamento a internet) si deve sottolineare con appositi avvisi che l'unica pubblicazione con valore legale è quella su internet. In ogni caso è meglio non creare confusione con periodi di pubblicazione diversi tra pubblicazione cartacea e virtuale.
Con il nuovo sistema, poi, è possibile che ogni ufficio dell'ente curi le proprie pubblicazioni (caricando atti e provvedimenti su internet) anziché rivolgersi all'unico ufficio dell'albo pretorio (curato nei comuni in genere dai messi). Anche di questo è opportuno dare conto in un apposito regolamento (di competenza della giunta degli enti locali).
Problema specifico riguarda le determinazioni dei dirigenti, per i quali l'art. 124 del Testo unico degli enti locali non prevede espressamente la pubblicazione (imposta invece dal Consiglio di stato), per le quali, atteso che non necessitano di pubblicazione per divenire esecutive (si veda l'art. 151 Tuel), è lo statuto dell'ente che può disporre se e come pubblicarle (ad esempio mediante pubblicazione parziale o solo dell'elenco).
Per gli atti soggetti a pubblicazione, infine, va ricordato che per contare i termini di decadenza per impugnare gli atti occorrerà fare riferimento alla scadenza della pubblicazione virtuale (art. 21 legge Tar n. 1034/1971) (articolo ItaliaOggi del 09.12.2009, pag. 19).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sul requisito della regolarità contributiva ai fini della partecipazione ad una gara. La consapevolezza della mancata correttezza contributiva al momento della richiesta di partecipazione connota di gravità la violazione.
La regolarità contributiva costituisce requisito sostanziale di partecipazione alla gara, avendo il legislatore ritenuto tale regolarità indice dell'affidabilità, diligenza e serietà dell'impresa e della sua correttezza nei rapporti con le maestranze. Ne consegue che la piena verifica in merito alle relative dichiarazioni rientra nei poteri officiosi della stazione appaltante, sia in relazione alle specifiche previsioni del Codice dei contratti, sia con riguardo a più generali canoni dell'azione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000 in materia di documenti amministrativi e art. 6 della legge n. 241/1990).
La consapevolezza della mancata correttezza contributiva al momento della richiesta di partecipazione connota di gravità tout court la violazione, essendo la ricorrente onerata, al momento della domanda di partecipazione, e proprio al fine di evitare false dichiarazione, di rappresentare l'eventuale insoluto, la sua entità e le ragioni che l'avessero determinato, al fine di instaurare, essa stessa, un contraddittorio sul punto onde consentire alla stazione appaltante di escludere la gravità e definitività della violazione che comunque, indiscutibilmente, alla data di presentazione della domanda sussisteva.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con la deliberazione n. 28 del 06.02.2007, pur ribadendo l'indirizzo tradizionale secondo cui la semplice menzione nel DURC dell'assenza della regolarità contributiva non può condurre di per sé all'esclusione dell'impresa risultata non in regola, ha ritenuto, in caso di DURC negativo, la necessità, da parte dell'impresa, di rappresentare le ragioni dell'eventuale irregolarità nel senso che "è essenziale che il concorrente provi di aver presentato ricorso o di aver beneficiato di tali norme entro il termine di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara ovvero di presentazione delle offerte in caso di procedura aperta"; la stazione appaltate deve, pertanto, valutare la veridicità delle dichiarazione di regolarità contribuita prodotta in sede di gara, tenendo ferma la data della domanda stessa, non solo prendendo atto di quanto emerge dal certificato DURC che fotografa la situazione dell'impresa ad una determinata data ma anche se a quella data aveva in corso una sanatoria, una rateizzazione oppure un ricorso giurisdizionale o amministrativo.
In ordine alla gravità dell'infrazione, è stato osservato che "il legislatore vuole escludere dalla contrattazione con le amministrazioni quelle imprese che non siano corrette (regolari) per quanto concerne gli obblighi previdenziali, anche e forse soprattutto, con riferimento alle ipotesi in cui non si adempia ad obblighi rispetto ai quali non vi siano ragionevoli motivi per non effettuare o comunque per ritardare il pagamento. Si può anzi affermare che queste ultime ipotesi siano anch'esse gravi (indipendentemente dall'importo del contributo dovuto), proprio perché rivelano un atteggiamento di trascuratezza verso gli obblighi previdenziali" (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 11.12.2009 n. 8693 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La valutazione circa la sussistenza del requisito della moralità professionale spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, in quanto quest'ultimo non ha il potere di anticipare tale giudizio omettendo di dichiarare dati penalmente rilevanti
L'estinzione del reato ex art. 455 cpp non opera "ipso iure" essendo necessaria una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione.

Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro", omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali.
L'estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445 c.p.p., c. 2 (e cioè la mancata commissione nel termine previsto -cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione- di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.12.2009 n. 7740 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Confisca e terzo acquirente.
L’onere probatorio posto in capo agli acquirenti di beni oggetto di provvedimento di natura cautelare o sanzionatoria, che chiedono la revoca della confisca disposta nell’ambito di un procedimento penale, richiede la prova di avere ignorato senza colpa l’irregolare immissione del bene sul mercato.
A tal fine è irrilevante che al momento dell’acquisto la confisca non fosse stata ancora trascritta con la conseguente opponibilità ai terzi perché per tale istituto non opera la disciplina civilistica che regola la circolazione dei beni, con la conseguenza che l’onere probatorio dei terzi acquirenti non si esaurisce nella dimostrazione della conformità dell’acquisto al regime civilistico della pubblicità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.12.2009 n. 46737 - link a
www.lexambiente.it).

APPALTI: Il ricorso incidentale quando è di tipo paralizzante deve essere trattato per primo.
Le imprese partecipanti a una gara di appalto devono essere messe al corrente, anticipatamente, di quelli che sono i criteri e sub criteri di attribuzione del punteggio, al fine di poter articolare specificatamente la propria offerta.

- Qualora in una gara d'appalto alla quale prendano parte e siano ammesse più di due imprese, la controinteressata interponga un ricorso incidentale inteso a conseguire la declaratoria di illegittimità della partecipazione e presupposta ammissione alla gara dell'impresa che riveste la posizione processuale di ricorrente principale, il gravame incidentale deve necessariamente essere scrutinato con priorità rispetto al ricorso principale, in quanto ove ne sia delibata la fondatezza, il ricorso principale diviene inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere della ricorrente principale, a motivo dell'annullamento ex tunc della sua ammissione alla gara, il quale importa la privazione ab origine, in capo a quest'ultima del titolo processuale a dolersi dell'aggiudicazione della gara alla controinteressata.
Nel caso in cui, invece, alla gara partecipino due sole imprese nessuna priorità può predicarsi a vantaggio del gravame incidentale, poiché l'ordinamento costituzionale non ritaglia a favore del ricorrente incidentale alcuna iperprotezione, sorgendo quindi per il Giudicante l'esigenza di giustizia di esaminare, comunque, anche il ricorso principale, ancorché si prospetti fondato il mezzo incidentale e dovendo in tali evenienze procedersi all'annullamento giurisdizionale dell'intera procedura concorsuale.
- L'art. 83 del dlgs 163/2006 (Codice dei contratti), obbliga espressamente le stazioni appaltanti ad indicare con precisione i criteri di valutazione nonché a prevedere, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub punteggi che ritenuti necessari ai fini della valutazione dell'aspetto tecnico delle offerte e dell'espressione del punteggio.
La ratio sottesa alla norma di cui all'art. 83, c. 4 del Codice e mutuata dalla giurisprudenza comunitaria è che le imprese concorrenti devono essere messe, ex ante, al corrente di tutti i criteri e sub criteri di attribuzione del punteggio, al fine di poter articolare specificatamente la propria offerta, presentando aspetti o particolari della stessa atti a conseguire specifici sub-punteggi in definiti dalla legge di gara. Difettando, come è avvenuto, nel caso di specie, siffatta conoscenza iniziale, ne risulta violato l'affidamento dei partecipanti ed il principio generale della par condicio competitorum.
Inoltre, tutti gli elementi presi in considerazione dall'autorità aggiudicatrice per identificare l'offerta economicamente più vantaggiosa e la loro importanza relativa devono essere noti ai potenziali offerenti sin dal momento della presentazione delle offerte. Pertanto, un'amministrazione aggiudicatrice non può applicare regole di ponderazione o sottocriteri di aggiudicazione che non abbia preventivamente portato a conoscenza degli offerenti (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.12.2009 n. 3255 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Proprietà dell’area e responsabilità penale.
Dalla disciplina dell’accessione (art. 934 c.c.) si evince che qualunque costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo. Consegue che l’opera abusiva comunque accede alla proprietà del suolo sicché il proprietario è il soggetto interessato a tale accessione e quindi anche alla realizzazione della stessa.
Ciò costituisce elemento indiziario utile, in mancanza di ogni altra contraria risultanza probatoria, perché il giudice del merito possa riferire al proprietario del suolo la condotta contestata, ossia la realizzazione dell’opera edilizia abusiva (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.12.2009 n. 46681 - link a
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APPALTI: Avvalimento - Esclusa menzione della impresa ausiliaria nella cauzione provvisoria - Irrilevanza per la Stazione Appaltante del rapporto intercorrente tra impresa concorrente impresa ausiliaria.
Se al fine della partecipazione ad una procedura di gara un’impresa decide di avvalersi dei requisiti di altro soggetto non è necessario che la polizza menzioni anche l’impresa ausiliaria.
L'art. 49 del Codice de Lise prevede che il concorrente che decida di ricorrere all’avvalimento alleghi un contratto con il quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti di quest’ultimo a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie. Tale documento è sufficiente a garantire la Stazione Appaltante circa l’esecuzione dell’oggetto dell’appalto, gli obblighi interni tra l'avvalente e l'avvalso sono del tutto irrilevanti ai fini della partecipazione e dell'aggiudicazione della gara.
E’ sufficiente che la Stazione Appaltante sia posta in condizione di acquisire piena certezza in ordine alla disponibilità dei requisiti tecnici e organizzativi ed economico-finanziari apportati al concorrente mediante l'avvalimento (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 03.12.2009 n. 12455 - link a
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PUBBLICO IMPIEGONiente concorsi senza mobilità.
La mobilità volontaria è un presupposto necessario, per la legittimità dello svolgimento dei concorsi. La giurisprudenza amministrativa è ormai concorde: in ordine di tempo, ultimo è il TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, che con sentenza 02.12.2009 n. 2634 ha considerato illegittima l'indizione di un bando di concorso, proprio per violazione dell'articolo 30, comma 2-bis, del dlgs 165/2001.
Secondo il Tar dal testo di tale norma non possono emergere dubbi interpretativi: le procedure di mobilità debbano essere preferite a quelle concorsuali.
La novellazione apportata nel 2005 al testo dell'articolo 30 del dlgs 165/2001, con il dl 7/2005, convertito in legge 43/2005, spiega la sentenza, ha avuto esattamente il fine di imporre alle amministrazioni di verificare se esistono domande di mobilità, prima di procedere in altra direzione per ottenere il personale di cui necessità.
Lo scopo della norma è estremamente chiaro: si tratta di una regola di buon andamento ed economicità dell'agire amministrativo, dal momento che l'assunzione per mobilità non comporta alcun incremento della spesa connessa al personale, sostenuta dall'insieme delle amministrazioni pubbliche.
Una corretta gestione amministrativa, pertanto, vincola a sondare le modalità di assunzione che non comportano aggravi di spesa in via prioritaria, rispetto all'inserimento di nuovo personale nei ruoli pubblici.
La sentenza in commento evidenzia questo principio, affermando che la ratio dell'articolo 30, comma 2-bis risulta particolarmente chiara, in un momento come quello attuale, caratterizzato da anni da forti limitazioni alle assunzioni nel pubblico impiego finalizzate indubbiamente a favorire una diminuzione della spesa pubblica, conseguente alla riduzione degli organici delle pubbliche amministrazioni. La riscrittura del comma 1 dell'articolo 30, ad opera del d.lgs 150/2009, crea però qualche scompenso.
Non appare del tutto condivisibile la scelta di ammantare il procedimento di quell'evidenza pubblica imposta dal legislatore, nel richiedere di rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta. Si sarebbe dovuto considerare con maggiore attenzione la circostanza che nel caso della mobilità l'ente assume personale già in servizio presso altre amministrazioni (articolo ItaliaOggi del 09.12.2009, pag. 20).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di urbanizzazione.
Prevedendo l’art. 12 t.u. edilizia la subordinazione del permesso di costruire alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso, non può l’amministrazione comunale disattendere una formale richiesta di allacciamento all’acquedotto allorquando nella richiesta medesima è genericamente indicato l’allacciamento o la costruzione di un pozzo artesiano (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.11.2009 n. 7432 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Provvedimento di demolizione opere abusive - Natura vincolata - Sussiste - Accertata abusività - Motivazione del provvedimento - Sussiste.
Nell'ordine di demolizione di opere abusive, quale provvedimento vincolato, l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera è motivazione esaustiva ai sensi dell'art. 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.08.2009 n. 4584
).

EDILIZIA PRIVATA 1. Ordine di demolizione di opere abusive - Inerzia della P.A. - Affidamento su sanatoria tacita - Non sussiste.
2. Ordine di demolizione di opere abusive - Incidenza urbanistica - Sussiste - Legittimità.

1. L'inerzia dell'Amministrazione, tra il primo sopralluogo effettuato ed il secondo sulla base del quale è stato adottato l'ordine di demolizione, non vale a costituire alcun titolo sanante implicito, né può ingenerare nel responsabile dell'abuso o nel proprietario delle aree coinvolte alcun affidamento circa la possibilità di un provvedimento tacito.
2. E' legittimo l'ordine di demolizione di opere abusive che hanno un'incidenza urbanistica in quanto la casetta, la recinzione ed il muro di sostegno, globalmente considerati, presentano uno stabile collegamento con il terreno e comportano una trasformazione dell'assetto del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.08.2009 n. 4583
).

URBANISTICA: Variante di PRG relativa ad aree interessate da piano di lottizzazione decaduto per inadempimento - Legittimità.
E' legittimo il provvedimento di variante di PRG riguardante aree ricadenti in un precedente piano di lottizzazione dichiarato decaduto per inadempimento dell'operatore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.08.2009 n. 4582 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: Abuso edilizio - Ingiunzione di demolizione -Attivazione del procedimento di condono o accertamento di conformità - Riesame dell'abusività dell'opera - Domanda di condono proposta nei termini di legge ma oltre il termine per l'adempimento dell'ordinanza di demolizione - Superamento dell'originario provvedimento sanzionatorio - Sussiste.
L'ingiunzione di demolizione di un'opera abusivamente realizzata perde di efficacia qualora l'interessato abbia attivato il procedimento di condono o di accertamento di conformità, previsti dalla legge. Ciò in quanto il riesame dell'abusività dell'opera, al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento che vale, comunque, a superare il provvedimento sanzionatorio originariamente adottato dall'Amministrazione.
Tale effetto si produce anche nel caso in cui la domanda di condono edilizio sia stata proposta oltre il termine previsto dall'ordinanza di demolizione per adempiere, purché nei termini di legge. Nell'ipotesi di rigetto di detta istanza, infatti, l'Amministrazione deve emanare un nuovo provvedimento sanzionatorio con l'assegnazione, in tal caso, di un nuovo termine per adempiere (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 4499 -  link a
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URBANISTICA 1. Convenzione edilizia - Piano di Recupero - L.R. n. 33/2007 - Permesso di costruire in variante - Clausola convenzionale limitativa dell'aumento di s.l.p. - Inderogabile.
2. Convenzione edilizia - Piano di Recupero - L.R. n. 33/2007- Ratio - Permesso di costruire in variante - Modifica del Piano di Recupero e della convenzione - Necessità.

1. A fronte di una clausola della Convenzione Edilizia che esclude qualsiasi aumento della s.l.p. e che, per accordo delle parti, non è superabile con altre iniziative e neppure derogabile in presenza di disposizioni di legge che lo consentissero, non è neppure possibile che la modifica della s.l.p. prevista in convenzione (indicata nell'istanza di permesso di costruire in variante) derivi da un diverso calcolo, in virtù dell'applicazione della L.R. n. 33/2007 che permette di non computare nella s.l.p. i muri perimetrali in caso di utilizzo di tecniche che permettono la riduzione del dispendio energetico.
2. Poiché la L.R. n. 33/2007 intende incentivare l'utilizzo di modalità costruttive attente al risparmio energetico, ritenendo questo interesse prevalente rispetto a quelli connessi alla determinazione della s.l.p., dei volumi e dei rapporti di copertura, con un meccanismo premiale fondato sulla libera scelta del privato, ne consegue che qualora il privato abbia rinunciato all'utilizzo di futuri meccanismi premiali per ottenere dall'Amministrazione l'approvazione di un piano di recupero, non potrà successivamente richiedere di avvalersi di tale nuova previsione se non contravvenendo agli impegni già assunti.
La volontà di avvalersi dei meccanismi premiali previsti dalla L.R. n. 33/2007, per aumentare di fatto la s.l.p. con conseguente aumento del carico urbanistico, dovrà quindi necessariamente passare attraverso una modifica del piano di recupero e della convenzione sottoscritta al di fine di permettere al Comune di valutare la conformità di tale richiesta alle caratteristiche del piano ed alle finalità da esso perseguite (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 4498 -  link a
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URBANISTICA 1. Impugnazione delibera di approvazione di variante al P.R.G. preordinata all'apposizione di nuovo vincolo di esproprio - Carenza di motivazione - Assetto viabilistico - Valutazione di merito dell'Amministrazione - Non sussiste.
2. Impugnazione delibera di approvazione di variante al P.R.G. preordinata all'apposizione di nuovo vincolo di esproprio - Parcheggio - Eccesso di potere - Carenza di interesse - Sussiste.

1. La delibera di approvazione di un'opera di urbanizzazione primaria (prolungamento di una strada privata) preordinata all'apposizione del vincolo di esproprio, risultando dagli atti che l'assetto viabilistico della zona necessita, secondo una valutazione di merito dell'Amministrazione, insindacabile dal G.A., di uno sviluppo in conseguenza delle nuove edificazione assentite ed in corso di realizzazione, non è viziata da carente motivazione risultando soddisfatti tutti gli oneri motivazionali che la giurisprudenza richiede nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio, in particolare risultando la strada in questione l'unico percorso viabilistico che permette di coniugare la soddisfazione degli obblighi comunali di urbanizzazione con le esigenze di preservare le sponde del lago dall'accesso veicolare, rendendo così recessivi gli interessi dei proprietari della via privata.
2. In mancanza della prova dell'interesse dei ricorrenti a contestare la previsione del parcheggio da collocarsi in fondo al prolungamento della via privata, in quanto non risulta che per la sua realizzazione sia stata disposta l'espropriazione delle aree di loro proprietà né risulta che esso, per la sua limitatezza, possa incidere sull'utilizzo della strada in quanto il carico veicolare che tale parcheggio produce rientra pienamente in quello indotto dalle costruzioni per le quali è realizzato tale prolungamento, la delibera impugnata non risulta affetta da eccesso di potere, risultando altresì la realizzazione del parcheggio rispondente alle esigenze di tutti i fruitori della strada che, con il progetto approvato, diventa pubblica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 4496 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Giustizia amministrativa - Ricorso proposto avverso l'ordine di demolizione - Presentazione domanda di condono edilizio nel termine di legge - Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse - Sussiste.
E' improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso proposto avverso l'ordinanza di demolizione anche quando la domanda di condono edilizio sia stata presentata oltre il termine previsto dall'ordinanza, ma nel termine previsto dalla legge sul condono (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 4495 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano di lottizzazione previsto nel piano regolatore generale - Possibilità di esonero - Casi assimilabili all'interclusione del lotto - Sussiste - Zone parzialmente urbanizzate ed esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici - Non sussiste.
2. Variante al P.R.G. - Controdeduzioni alle osservazioni - Pareri obbligatori alla formazione del piano - Possibilità di modificazioni ex officio allo strumento urbanistico - Sussiste solo per mutamenti essenziali.

1. L'esonero dal piano di lottizzazione previsto nel piano regolatore generale può avvenire riguardo ai casi assimilabili a quello del "lotto intercluso", nel quale nessuno spazio si rinviene per un'ulteriore pianificazione, mentre detto esonero è precluso in caso di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificatorio in atto.
2. In sede di controdeduzioni alle osservazioni, il Comune può apportare (ex officio) modificazioni allo strumento urbanistico, salvo l'obbligo di ripubblicazione del piano, nel solo caso in cui le medesime risultino di portata e rilievo tale da determinare una rielaborazione complessiva del piano, ovvero un mutamento delle sue caratteristiche essenziali, e dei criteri che presiedono alla sua stessa impostazione.
Tale orientamento deve essere esteso anche ai pareri obbligatori alla formazione del piano che vengano acquisiti durante il corso del procedimento fino all'approvazione finale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 4494 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Giustizia amministrativa - Ricorso proposto avverso il silenzio maturato sull'istanza di accertamento di conformità - Provvedimento espresso sull'istanza di accertamento di conformità - Improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse - Sussistenza.
2. Difformità lievi tra quanto progettato e realizzato - Irrilevanza urbanistica - Sussiste.
3. Accertamento rapporti aereoilluminanti - Verifica agibilità dei locali - Sussiste.

1. E' improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l'impugnativa del silenzio dell'Amministrazione maturato sull'istanza di accertamento di conformità, seguita da un provvedimento espresso sulla detta istanza di accertamento di conformità, anch'esso impugnato.
2. Devono considerarsi urbanisticamente irrilevanti, in quanto non incidenti sui parametri urbanistici e sui prospetti dell'edificio, le difformità edilizie tra quanto progettato e quanto realizzato di lieve entità, non incidenti sullo stato dei luoghi.
3. L'accertamento relativo ai rapporti aereoilluminnati attiene alla verifica dell'agibilità dei locali ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n. 380/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.07.2009 n. 4469 -  link a
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URBANISTICA Art. 42, 2° comma, lett. b) D Lgs. n. 267/2000 - Si riferisce soltanto ai pareri espressi nell'ambito del procedimento di formazione di quei piani e programmi approvati dall'Ente o delle relative varianti e deroghe - Non si riferisce al parere di conformità al P.R.G. di un intervento edilizio.
La lettera b) dell'art. 42, secondo comma, del T.U.E.L. si riferisce non a qualsiasi parere espresso dall'Ente che comunque coinvolga i piani o programmi dallo stesso approvati, ma soltanto ai pareri espressi nell'ambito del procedimento di formazione di quei piani e programmi (o delle relative varianti e deroghe), sicché restano fuori dalla previsione, ad esempio, i pareri che l'Ente è chiamato a rendere circa la compatibilità con il proprio piano o programma di attività poste in essere da altri soggetti (è il caso del parere di conformità al P.R.G. di un intervento edilizio, in relazione al quale non c'è dubbio che non appartenga alla competenza consiliare) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.07.2009 n. 4468 -  link a
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URBANISTICA: Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale - Contraddittorietà con permesso di costruire - Carenza di Interesse - Prescrizioni indirette - Sussiste - Inammissibilità del ricorso.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, che ai sensi degli artt. 20 D.Lgs. n. 267/2000 e 15 L.R. n. 12/2005 è atto di indirizzo della programmazione socio-economica della Provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale, ha natura di atto di coordinamento ed di indirizzo tipico della programmazione intermedia che non si pone in termini di gerarchia (come nel risalente sistema pianificatorio a "cascata" contrastante con il nuovo principio costituzionale dell'autonomia degli enti territoriali) che non vincola il Comune, cui spettano tutte le funzioni amministrative che riguardano il proprio territorio, ad attuare le scelte precostituite effettuate in tale sede sovraordinata.
Pertanto, risultando l'inserimento, ad opera del PTCP, dell'area della ricorrente "nei parchi urbani e aree per la fruizione" una prescrizione indiretta, non immediatamente precettiva la cui efficacia è subordinata al recepimento o negli strumenti urbanistici comunali o attraverso accordi con le amministrazioni interessate comunali o sovracomunali, che non è idonea a produrre la definitiva lesione dell'interesse della proprietaria dell'area, non sussiste un interesse attuale e concreto da parte della ricorrente ed il ricorso risulta conseguentemente inammissibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.07.2009 n. 4467 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Occupazione d'urgenza - Proroga del termine - Annullamento della gara per l'affidamento dei lavori - Necessità di varianti - Rappresentano valide motivazioni per la proroga - Obbligo di particolare motivazione - Non sussiste.
L'annullamento della gara per l'affidamento dei lavori e la necessità di varianti rappresentano valide motivazioni, oggettive, per la proroga dei termini dell'occupazione d'urgenza, non richiedendosi in ogni caso una particolare motivazione per la proroga dell'occupazione, essendo sufficiente la prospettazione di avere a disposizione un maggior periodo di tempo per il perfezionamento del procedimento in corso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.07.2009 n. 4457 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Giustizia amministrativa - Ricorso proposto avverso l'ordine di demolizione - Presentazione domanda di sanatoria - Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse - Sussiste.
E' improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l'impugnazione dell'ordine di demolizione seguita dalla presentazione della domanda di sanatoria. Il riesame dell'abusività da parte dell'Amministrazione, a fronte della domanda di sanatoria, determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento di accoglimento o di rigetto (espresso o tacito) che vale a rendere inefficace il provvedimento oggetto dell'originario ricorso e comporta il venir meno dell'interesse del ricorrente, che si sposta dall'annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato all'annullamento dell'eventuale provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria e degli altri provvedimenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.07.2009 n. 4456 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA 1. Oblazione e oneri concessori - Controversie in tema di corretta quantificazione - Attengono a diritti soggettivi delle parti - Configurabilità del vizio di difetto di motivazione - Non sussiste - Configurabilità del vizio di violazione di legge - Sussiste.
2. Ristrutturazione - Frazionamento di un immobile - Dotazione di servizi accessori ad uso abitativo e spazi pertinenziali - Incremento del carico urbanistico - Sussiste.
3. Ristrutturazione globale di un immobile - Calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione - Legittimità del calcolo rapportato anche alla superficie utile esistente e funzionalmente necessaria alla creazione del nuovo complesso immobiliare - Sussiste.
4. Ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione - Oneri di urbanizzazione - Irragionevolezza della equiparazione delle tariffe con quelle previste per le nuove costruzioni - Non sussiste - Obbligo di particolare motivazione - Non sussiste.

1. Le controversie relative all'an ed al quantum delle somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori, riservate dalla legge alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, riguardano diritti soggettivi delle parti, rispetto alle quali non è configurabile il vizio di difetto di motivazione. Ciò nella considerazione che le operazioni di corretta quantificazione dell'oblazione e degli atti concessori si esauriscono in una mera operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero dall'amministrazione con norme di natura regolamentare e, quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di legge, potendo l'interessato, sulla base dei predetti criteri generali, contestare l'erroneità della quantificazione operata dall'amministrazione, evidenziando ad esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di fatto o di diritto.
2. Laddove l'intervento progettato vada ascritto alla ristrutturazione -compreso il caso in cui si alteri anche solo sotto il profilo della distribuzione interna l'originaria consistenza fisica di un immobile- occorre dotare gli appartamenti, ricavati dal frazionamento mediante strutture murarie, dei servizi accessori ad uso abitativo e di spazi pertinenziali, con il conseguente incremento del carico urbanistico.
3. Ove si versi in un'ipotesi di ristrutturazione globale dell'immobile è legittima la pretesa del Comune di calcolare il contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione in relazione non solo all'incremento di superficie utile ma, altresì, alla superficie utile già esistente ma funzionalmente necessaria alla creazione di siffatto nuovo e diversamente articolato complesso immobiliare.
4. L'equiparazione delle tariffe degli oneri di urbanizzazione dovuti per gli interventi di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione a quelle previste per le nuove costruzioni non è irragionevole, tanto è vero che la giurisprudenza ha, persino, ritenuto che il contributo per oneri di urbanizzazione, in caso di ristrutturazione del patrimonio edilizio, potrebbe essere maggiore a quello dovuto per la realizzazione di nuove costruzioni.
La previsione di una medesima tariffa per gli interventi di nuova costruzione e quelli di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione non necessita, quindi, di una particolare motivazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.07.2009 n. 4455 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Annullamento del decreto di esproprio - Giudizio di ottemperanza - Liquidazione del risarcimento del danno - Abusiva occupazione - Criteri.
Il risarcimento del danno per l'abusiva occupazione di un'area oggetto di decreto d'esproprio (già) annullato dal G.A., non può essere commisurato all'indennità di esproprio calcolato in base ai criteri di cui all'art. 5-bis L. 08.08.1992 n. 359 -espunto dall'ordinamento a seguito della sentenza Corte Cost. n. 348/07-, ma deve essere calcolato con riferimento al valore venale dell'area (nella specie commisurandolo a un dodicesimo del valore di mercato), anno per anno, con rivalutazione monetaria ed interessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2009 n. 4407 -  link a
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ESPROPRIAZIONE: 1. Opere di interramento ferroviario - Impugnazione decreto d'approvazione del progetto - Dichiarazione di pubblica utilità dell'opera - Tardività del ricorso - Non sussiste.
2. Opere di interramento ferroviario - Impugnazione decreto d'approvazione del progetto - Omessa comunicazione di avvio del procedimento - Procedura ablatoria - Comunicazione di avvio del procedimento ad opera della concessionaria - Legittimità.
3. Opere di interramento ferroviario - Impugnazione dichiarazione di pubblica utilità dell'opera - Dimensione ultra Regionale del Servizio - Non sussiste - Competenza della Regione - Sussiste.
4. Opere di interramento ferroviario - Procedura ablativa - Proroga dei termini per il completamento delle opere - Proroga dei termini dell'occupazione - Art. 20 L. 22.10.1971 n. 865 - Legittimità.

1. Sebbene la ricorrente sia stata avvisata dell'approvazione del progetto di opere di interramento ferroviario interessanti terreni di sua proprietà, l'interesse ad impugnare tale decreto, che approva il progetto sul piano (meramente) tecnico, è tuttavia sorto nel momento in cui è sopraggiunta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, che ha apposto sulle aree della ricorrente il vincolo preordinato all'esproprio, arrecando la lesione che la legittima all'impugnativa, pertanto il ricorso interposo nei sessanta giorni successici all'avviso di immissione in possesso non risulta tardivo.
2. L'approvazione di un progetto sotto il profilo meramente tecnico, che non abbia valenza di dichiarazione di pubblica utilità, non richiede comunicazione di avvio del procedimento.
Tale comunicazione, risulta al contrario necessaria ai fini dell'avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, ma considerato la natura dell'avviso (non provvedimentale) e la sua funzione (rendere edotto il destinatario dell'avvio di un procedimento potenzialmente lesivo), risulta legittimo l'avviso proveniente dal beneficiario dell'espropriazione (nella specie il concessionario dell'esercizio ferroviario) ancorché diverso dall'Ente espropriante.
3. L'art. 8 d.lgs. 19.11.1997 n. 422 ha delegato alla Regione funzioni e compiti di programmazione e di amministrazione inerenti, tra l'altro, alle ferrovie in concessione a soggetti diversi dalle Ferrovie dello Stato disponendo altresì il subingresso delle Regioni allo Stato, quali concedenti di dette ferrovie, sulla base di accordi di programma.
Di conseguenza, in presenza di un accordo di programma che ha assegnato alla Regione Lombardia le funzioni inerenti il trasporto ferroviario attualmente in concessione a Ferrovie Nord Milano s.p.a., la Regione risulta pienamente legittimata ad assumere il decreto di pubblica utilità impugnato, tanto più che l'opera di cui trattasi è localizzata nel territorio lombardo e non è affatto dimostrato che il servizio ferroviario in questione superi il livello di interesse regionale.
4. L'art. 20 Legge 22.10.1971 n. 865 (applicabile ratione temporis alla procedura ablativa de quo) nel prevedere che l'occupazione può essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione in possesso, non esclude la prorogabilità del termine quando siano contestualmente prorogati i termini per il completamento delle opere e delle espropriazioni.
Pertanto, considerato che la ricorrente non contesta le ragioni di pubblico interesse a sostegno della proroga, essendo l'occupazione d'urgenza strumentale al completamento dei lavori e delle espropriazione, la proroga dei termini relativi ai lavori ed agli espropri è atta a legittimare anche la proroga dell'occupazione d'urgenza, giacché non avrebbe senso differire il termine finale di completamento dei lavori se non si potesse prolungare l'occupazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2009 n. 4406 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: Facoltà dell'Amministrazione di escutere la fideiussione a garanzia del pagamento degli oneri concessori - Mancato pagamento degli oneri concessori maggiorati nella misura massima di cui all'art. 42 D.P.R. n. 380/2001 - Sussistenza.
La facoltà dell'Amministrazione di escutere la fideiussione a garanzia del pagamento delle rate di debito degli oneri concessori sorge solo quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista dall'art. 42 D.P.R. n. 380/2001; la fideiussione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, ma costituisce la garanzia personale prestata nell'interesse dell'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2009 n. 4405 -  link a
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ESPROPRIAZIONE: 1. Condizioni di legittimità - Deve essere utilizzato per il conseguimento dell'interesse pubblico fissato con la dichiarazione di pubblica utilità.
2. Retrocessione totale - Diritto soggettivo alla restituzione del bene espropriato - Sussiste - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussiste per carenza di potere autoritativo della P.A. inteso a evitare la restituzione del bene.

1. Il provvedimento espropriativo è autorizzato a sottrarre il bene al legittimo proprietario, esclusivamente nella misura in cui effettivamente il bene stesso sia utilizzato per il conseguimento di quell'interesse pubblico fissato con la dichiarazione di pubblica utilità: al fuori di tale schema il provvedimento è viziato, non rispondendo ai principi ed ai valori costituzionali della funzione sociale della proprietà, nonché dell'uguaglianza sostanziale e della solidarietà sociale.
2. Nell'ipotesi di retrocessione totale, quando cioè il bene espropriato non sia stato affatto utilizzato per l'opera pubblica prevista nella dichiarazione di pubblica utilità, o per la sostituzione di quest'ultima con un'opera totalmente differente da quella programmata, sussiste un diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene (inutilmente) espropriato, tutelabile come tale innanzi al giudice ordinario.
Né tale orientamento giurisprudenziale sarebbe superato per effetto delle pronunce della Corte Costituzionale, n. 204/2004 e n. 191/2006: nelle ipotesi di retrocessione totale del bene espropriato -a differenza di quanto accade in quelle di retrocessione parziale- non sussiste alcun potere autoritativo che l'amministrazione pubblica possa esercitare per evitare la restituzione del bene (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.07.2009 n. 4372 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA: 1. Ricorso giurisdizionale - Interesse a ricorrere - Varianti urbanistiche - Condizioni - Vicinitas, prova pregiudizio potenziale, utilitas.
2. Atto amministrativo - Vizio di incompetenza - Effetti - Rimessione alla Autorità competente - Esame di ulteriori doglianze - Possibilità - Non sussiste.

1. Nell'ambito dell'interesse a ricorrere avverso le varianti urbanistiche, oltre al requisito della vicinitas, requisito che si ritiene presupposto sufficiente invece per l'impugnazione di un intervento edilizio, si richiede la prova della lesione sofferta (la possibile diminuzione di valore o la peggiore qualità ambientale) e della connessa utilitas ricavata dall'accoglimento del ricorso (nel caso di specie, i ricorrenti, proprietari di immobili in zona Garibaldi-Repubblica a Milano, hanno provato, attraverso il deposito di una relazione, il pregiudizio subendo per effetto dell'approvazione della variante del P.I.I.).
2. La fondatezza della censura di incompetenza determina unicamente la remissione dell'affare all'Autorità indicata come competente, ex art. 36 L. 1034/1971, ed impedisce l'esame delle ulteriori doglianze, che altrimenti finirebbe per risolversi in un giudizio anticipato sui futuri provvedimenti dell'organo riconosciuto come competente ed in un vincolo anomalo sulla riedizione del potere (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2143/2009 - nel caso di specie il TAR ha annullato la variante al P.I.I. Garibaldi Repubblica con la quale sono state modificate le localizzazioni del verde e dei parcheggi e la viabilità adottata dal Collegio di Vigilanza dell'Accordo di Programma) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.07.2009 n. 4345 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Misure repressive - Soggetti passivi - Proprietario o titolare di diritto reale - Responsabile - Eccezione.
E' illegittima l'ordinanza di demolizione emanata nei confronti del proprietario del bene che, estraneo alla realizzazione dell'abuso edilizio compiuto da un terzo, non abbia la possibilità di ottemperare direttamente all'ordine di demolizione stesso, per essere il bene nella disponibilità esclusiva del terzo autore dell'abuso (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 345/91) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.07.2009 n. 4344
).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Contributi - Pagamento - Ritardo - Escussione fideiussione - Obbligo - Non sussiste.
E' legittima l'ordinanza con la quale il Comune irroga la sanzione pecuniaria per ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione senza preventiva escussione della fideiussione: non sussiste, infatti in capo alla p.a. un obbligo di previa escussione del fideiussore, atteso che la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l'adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell'interesse dell'amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 6345/2005; n. 1084/2008; 4025/2007; TAR Milano sent. n. 136/1998; TAR Salerno, sent. n. 1936/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4306
).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze - Distanze dal perimetro della zona omogenea Legittimità - Sussiste.
L'art. 7 della legge urbanistica non esclude la possibilità che tra i vincoli da osservare in ciascuna zona sia previsto anche un limite, riferibile al perimetro di zona, volto a distanziare opportunamente tra loro costruzioni su aree aventi diversa destinazione funzionale, ancorché appartenenti allo stesso proprietario.
Il fatto che la legge regionale n. 12/2005 non preveda più espressamente la ripartizione del territorio in zone omogenee non esclude affatto la possibilità che il P.G.T. preveda aree contigue aventi diversa destinazione funzionale, né rende illegittima la zonizzazione del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4305
).

URBANISTICA: 1. Variante al P.R.G. - Mancata tempestiva impugnazione di delibera di adozione di variante immediatamente lesiva - Impugnazione dell'applicazione della relativa misura di salvaguardia - Irrecevibilità per tardività - Sussistenza.
2. Variante al P.R.G. - Delibera esame osservazioni - Impugnabilità - Non sussiste.

1. Le varianti agli strumenti urbanistici, nella parte in cui definiscono il regime delle singole aree sono immediatamente lesive e suscettibili di impugnazione immediata, da proporre nel termine di decadenza, il cui decorso non è differibile al momento (eventuale) in cui venga applicata la misura di salvaguardia su una richiesta di concessione edilizia contrastante con il piano adottato.
2. E' inammissibile il ricorso proposto avverso la delibera con cui il Comune si pronuncia sulle osservazioni dei privati che ha natura di atto infraprocedimentale, impugnabile solo col provvedimento di approvazione del piano (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 8254/2003; 2730/1995; 544/1990; TAR Milano, sent. n. 3781/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4304 -  link a
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URBANISTICA: 1. Atto amministrativo - Competenza ad esprimere il parere di compatibilità di un strumento urbanistico adottato con il P.T.C.P. - Giunta Provinciale - Sussiste.
2. Variante al P.R.G. - Osservazioni - Ripubblicazione - Obbligo - Non sussiste - Fattispecie.
3. Variante al P.R.G. - Modifiche "facoltative" e "concordate" - Ripubblicazione - Obbligo - Sussiste - Modifiche "obbligatorie" - Ripubblicazione - Obbligo - Non sussiste.

1. Rientra nella competenza della giunta provinciale emettere pareri di compatibilità di uno strumento urbanistico comunale con il P.T.C.P. (si trattava, nel caso esaminato, di un programma integrato di intervento - cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3333/2009).
2. Non sussiste l'obbligo di nuova pubblicazione della variante al PRG nell'ipotesi in cui la modifica apportata dal Comune sia stata dettata dalla necessità di assicurare il rispetto delle finalità di tutela paesaggistiche oggetto del piano territoriale di coordinamento provinciale TAR Milano, sent. n. 197/2009).
3. Sussiste l'obbligo della ripubblicazione da parte del Comune per le modifiche "facoltative" e "concordate", ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato; mentre per le modifiche "obbligatorie" non sorge tale obbligo, poiché proprio il carattere dovuto dell'intervento regionale rende superfluo l'apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4302 e n. 4303 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Variante al P.R.G. - Osservazioni - Ripubblicazione - Obbligo - Non sussiste - Fattispecie.
2. Approvazione PRG - Discrezionalità - Limiti.
3. Atto amministrativo - Competenza ad esprimere il parere di compatibilità di un strumento urbanistico adottato con il P.T.C.P. - Giunta Provinciale - Sussiste.

1. Non sussiste l'obbligo di nuova pubblicazione della variante al PRG nell'ipotesi in cui la modifica apportata dal Comune sia stata dettata dalla necessità di assicurare il rispetto delle finalità di tutela paesaggistiche oggetto del piano territoriale di coordinamento provinciale (cfr. TAR Milano, sent. n. 197/2009).
2. Le scelte pianificatorie dell'amministrazione sono caratterizzate da un'ampia discrezionalità e non necessitano -salvo il caso in cui vadano ad incidere su aspettative qualificate, che non ricorrono nel caso di specie- di apposita motivazione, ulteriore rispetto a quella che si possa evincere dai criteri generali seguiti nell'impostazione del piano (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 865/2007).
3. Rientra nella competenza della giunta provinciale emettere pareri di compatibilità di uno strumento urbanistico comunale con il P.T.C.P. (si trattava, nel caso esaminato, di un programma integrato di intervento - cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3333/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4301 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Sanatoria - Diniego - Successivo alla formazione del silenzio assenso - Inutiliter datum.
Il diniego di sanatoria intervenuto dopo la formazione del silenzio-assenso su una domanda di condono per mutamento di destinazione d'uso deve ritenersi inutiliter datum (cfr. TAR Milano, sent. n. 342/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4299
).

ESPROPRIAZIONE: Occupazione temporanea e d'urgenza - Inesatta o inesistente liquidazione indennità - Legittimità dell'occupazione - Permane.
La legittimità dell'occupazione di urgenza, e in generale dei provvedimenti espropriativi, non è inficiata dall'inesatta o inesistente liquidazione della giusta indennità, essendo l'emanazione dei predetti atti ablatori completamente indipendente da quest'ultima (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2797/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.06.2009 n. 4149 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI Accesso atti - Esercizio del diritto - Modalità.
Il diritto di accesso a fini difensivi si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti, ex art. 25 L. 241/1990, e non si soddisfa con il consentirne soltanto la visione (Cons. di Stato, sent. n. 2223/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4074 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Cancelli e recinzioni - Jus excludendi alios - Presenza di vincolo derivante da P.R.G. - Diritto - Permane.
L'art. 841 c.c. attribuisce al proprietario il diritto di chiudere il fondo in qualunque tempo; la presenza del vincolo derivante da una previsione di piano regolatore non priva il proprietario di tale diritto, né è con esso incompatibile, posto che tale previsione si limita ad attribuire al fondo una qualità giuridica, esponendolo all'acquisizione alla mano pubblica, ma non lo sottrae alla disponibilità del proprietario fino a quando non vengano emessi idonei atti ablativi (di espropriazione o di occupazione d'urgenza) previa dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4072
).

LAVORI PUBBLICI: Progetto definitivo - Approvazione - Mancanza parere favorevole impatto acustico - Illegittimità.
E' illegittima la delibera di approvazione del progetto definitivo di opera pubblica in assenza del parere favorevole dell'a.r.p.a. di impatto acustico e nonostante lo studio preliminare e previsionale di impatto acustico, commissionato ad una società privata, avesse evidenziato la sussistenza di un impatto acustico pienamente compatibile con quanto previsto dalla normativa vigente solo per le sorgenti fisse (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4071
).

EDILIZIA PRIVATA 1. Concessione di costruzione - Costruzione precaria - Definizione.
2. Concessione di costruzione - Costruzione precaria - Temporanea - Obbligo - Non sussiste.
1. Soltanto le costruzioni aventi intrinseche caratteristiche di precarietà strutturale e funzionale, cioè destinate fin dall'origine a soddisfare esigenze contingenti e circoscritte nel tempo, sono esenti dall'assoggettamento al titolo abilitativo edilizio: ciò che rileva, a tale fine, non è tanto la consistenza dei manufatti quanto la destinazione ad un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (cfr. Cons. di Stato , sent. n. 986/2003).
2. Affinché un'opera edilizia avente carattere precario, in forza della sua facile amovibilità, venga sottratta all'obbligo di rilascio del titolo abilitativo edilizio, è necessario che sia destinata ad un uso molto limitato nel tempo, per fini specifici e temporanei: non ha il requisito della precarietà il manufatto stabilmente destinato a residenza del ricorrente e della sua famiglia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4070
).

EDILIZIA PRIVATA 1. Abusi - Demolizione - Accertamento dolo o colpa - Necessità - Non sussiste.
2. Abusi - Demolizione - Cause di giustificazione - Irrilevanza.

1. Poiché la demolizione di una costruzione abusiva ha carattere ripristinatorio e, dunque, non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione, le esigenze familiari non costituiscono causa legittima di inibizione dell'esercizio dei poteri di vigilanza edilizia (cfr. TAR Roma, sent. 11679/2007).
2. In materia di costruzioni abusive sono irrilevanti le cause di giustificazione, quali lo stato di necessità, che non possono incidere sulla sanzione ripristinatoria, la quale, avendo carattere reale, presuppone il solo accertamento della violazione edilizia e quindi può essere irrogata anche nei confronti dei proprietari successivi (cfr. TAR Umbria, sent. n. 477/2007; TAR Piemonte, sent. n. 3836/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4070
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Denuncia di inizio attività - Decorso del termine - Effetti.
2. Denuncia di inizio attività - Decorso del termine -Provvedimento comunale di inibitoria - Possibilità - Modalità.
3. Denuncia di inizio attività - Annullamento in autotutela - Presupposti.

1. Il decorso del termine di 30 giorni, ed il conseguente consolidamento della d.i.a., non comportano che l'attività edilizia del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e possa andare esente dalle sanzioni previste dall'ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3498/2005; TAR Milano, sent. n. 5224/2008).
2. Allo scadere del termine ex art. 23 D.P.R. 380/2001, si consolida in capo all'istante una legittimazione ex lege all'esercizio dell'attività edilizia, pertanto la P.A., per contestare la sussistenza dei requisiti o delle condizioni previste dalla legge per l'esercizio dell'attività edificatoria oltre lo scadere di tale termine, non può esercitare direttamente un potere sanzionatorio: prima deve intervenire in autotutela per rimuovere la legittimazione ad edificare sorta per effetto della presentazione della d.i.a. e del decorso del termine senza che la stessa P.A. abbia esercitato il potere inibitorio.
3. Tre sono i presupposti per il corretto esercizio del potere di annullamento in autotutela: un atto affetto da un vizio di legittimità; l'esistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento, non identificabile con il mero ripristino della legalità violata; la prevalenza di tale interesse sugli interessi pubblici e privati alla conservazione dell'atto, specie se, per il tempo trascorso dall'adozione dell'atto viziato, si siano consolidate, in concreto, situazioni soggettive tutelabili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4066 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: 1. Insegne e pubblicità - Disciplina normativa - Oggetto - Insegne pubblicitarie e di esercizio.
2. Insegne e pubblicità - Disciplina normativa - Disposizioni dell'attività edilizia - Non applicabilità - Eccezioni.
3. Insegne e pubblicità - Disciplina normativa - Disciplina in materia di sanatoria di abusi edilizi - Inapplicabilità.
4. Giurisdizione e competenza - Tutela dei beni ambientali - Violazione delle disposizioni regolatrici di affissioni di cartelli o altri mezzi pubblicitari - Competenza legislativa esclusiva dello Stato - Sussiste.
5. Insegne e pubblicità - Autorizzazione all'apposizione di insegne - Natura - Atto vincolato - Competenza del sindaco - Non sussiste.
6. Abusi - Presentazione di domanda in sanatoria - Conseguenze - Legittimità del provvedimento impugnato - Permane - Limiti.

1. L'apposizione di insegne trova la propria disciplina nell'art. 23, d.lgs. n. 285/1992, negli artt. 51 e ss. d.P.R. n. 495/1992 (che la subordinano al rilascio di un'autorizzazione da parte dell'ente proprietario della strada) e con riferimento alla collocazione su edifici o in luoghi soggetti a tutela, negli artt. 157 e 165 d.lgs. n. 490/1999 (ed ora negli artt. 153 e 168 d.lgs. n. 42/2004).
Tali disposizioni hanno ad oggetto cartelli ed altri mezzi pubblicitari: in considerazione della ratio della loro finalità di tutela, devono essere intese in senso ampio e sono, dunque, da ritenersi applicabili alla apposizione delle insegne, siano esse pubblicitarie o di esercizio.
2. La collocazione di insegne ha una disciplina specifica e non trova pertanto la propria regola nelle disposizioni che regolamentano l'attività edilizia, tranne nell'ipotesi in cui, per le dimensioni e per la tipologia di impatto urbanistico provocata, essa configuri un'attività di trasformazione del territorio subordinata al rilascio di permesso di costruire o denuncia di inizio attività.
3. In tema di collocazione di insegne, in ragione della disciplina specifica che regola la materia, non sono applicabili le norme -eccezionali- che disciplinano la sanatoria degli abusi edilizi.
4. Le modalità di tutela dei beni ambientali ed il conseguente regime sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni che regolano le affissioni di cartelli o altri mezzi pubblicitari rientrano nell'ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall'art. 117, lett. s, della Costituzione.
5. I provvedimenti di autorizzazione all'apposizione di insegne non discendono dall'esercizio di poteri di indirizzo e controllo spettanti agli organi politici comunali ma sono atti per loro natura vincolati, che rientrano nell'ambito specifico della gestione amministrativa e devono, pertanto, ritenersi sottratti alla competenza del sindaco.
6. La presentazione di un'istanza di sanatoria -in mancanza di una previsione legislativa che consenta il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria e, dunque, di un obbligo per la P.A. di provvedere sulla relativa domanda- non inficia in alcun modo la legittimità del provvedimento impugnato (nel caso di specie provvedimento di rimozione dell'insegna pubblicitaria) né ha alcun effetto su di esso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4065 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Atto amministrativo - Regolamento - Natura - Autonoma impugnabilità - Non sussiste - Regolamenti c.d. volizione-azione - Autonoma impugnabilità - Sussiste.
2. Provvedimento amministrativo - Impugnazione - Piena conoscenza - Conoscenza elementi essenziali - Sufficiente.
3. Giustizia amministrativa - Contrasto tra provvedimento e legge - Disapplicazione regolamento - Possibilità - Annullamento del provvedimento in assenza di impugnazione del regolamento - Possibilità.
1.
I regolamenti sono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi e contengono, di regola, prescrizioni generali ed astratte: per tale ragione, non essendo idonei ad incidere direttamente sulla sfera giuridica dei destinatari, possono essere impugnati solo unitamente al provvedimento che ne costituisca la concreta applicazione.
Tuttavia i c.d. regolamenti volizione-azione contengono previsioni che incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei destinatari: in tali casi l'insorgere dell'interesse a ricorrere è immediato e non deve attendere l'adozione dell'atto applicativo (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 2581/2000; 1558/1999; 556/1995; 897/1993; 279/1981).
2. Affinché si abbia la piena conoscenza del provvedimento lesivo non è necessario che esso sia conosciuto in tutti i suoi elementi, ma è sufficiente la concreta conoscenza degli elementi essenziali (tra cui il contenuto, costituito dall'oggetto e dagli effetti essenziali); mentre la successiva integrale conoscenza di tutti gli aspetti del provvedimento e dei suoi atti presupposti può consentire la proposizione di motivi aggiunti, qualora un ricorso sia già stato presentato (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 817/1990; 168/1987; 94/1985; 138/1984).
3. Il giudice amministrativo, in applicazione del principio della gerarchia delle fonti, può valutare direttamente, attraverso lo strumento della disapplicazione del regolamento, il contrasto tra provvedimento e legge, eventualmente annullando il provvedimento a prescindere dell'impugnazione congiunta del regolamento (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 5098/2007; 2183/2000) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4064 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione e concessione - Impianto di telecomunicazione - D.Lgs. 259/2003, art. 93, comma 2 - Portata.
L'art. 93, comma 2, D.Lgs. 259/2003 preclude che il rilascio dell'autorizzazione e la gestione dell'impianto di telecomunicazione siano subordinati al pagamento di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti, anche se non preclude che l'amministrazione ex post chieda al gestore il pagamento dell'importo che abbia effettivamente speso per il ripristino, che il medesimo gestore abbia omesso di realizzare (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 1005/2008; 1775/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4064 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: 1. Soggetti in situazione di stabile collegamento con area interessata da intervento edilizio assentito - Interesse a ricorrere - Sussiste.
2. Piano Territoriale Paesistico Regionale - Esame paesistico dei progetti - Mancanza - Illegittimità.

1. Chi si trova in una situazione di stabile collegamento -residenza, possesso o detenzione di immobili, o altro titolo di frequentazione- con la zona oggetto di titoli edilizi rilasciati a terzi dall'amministrazione è titolare di una posizione di interesse che consente l'impugnativa senza che sia richiesta la prova di un danno specifico, essendo insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di quella collettività (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4528/2008).
2. Il progettista di un intervento edilizio, deve determinare, sulla base dei criteri di cui agli articoli 26 e 27 del P.T.P.R., l'entità dell'impatto paesistico e cioè il superamento o meno della soglia di rilevanza e della soglia di tolleranza.
Solo in caso di non superamento della soglia di rilevanza, i progetti potevano intendersi automaticamente accettabili sotto il profilo paesistico e potevano, quindi, essere presentati all'amministrazione competente per i necessari atti di assenso o per la denuncia di inizio attività; in caso contrario i progetti avrebbero dovuto essere, altresì, corredati dalla relazione paesistica di cui all'articolo 25, comma 6 P.T.P.R. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4063 -  link a
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URBANISTICA: 1. Ricorso giurisdizionale - Interesse a ricorrere - Varianti urbanistiche - Condizioni - Pregiudizio effettivo o potenziale.
2. Ricorso giurisdizionale - Varianti urbanistiche - Interesse a ricorrere - Condizioni - Vicinitas, prova della lesione sofferta e prova della utilitas perseguibile.
3. Pianificazione urbanistica - Varianti parziali - Natura - Provvedimento modellato sulle esigenze di una singola proprietà - Illegittimità.

1. L'interesse all'impugnazione di atti di pianificazione non può essere provato solo con la situazione dello stabile collegamento con la zona interessata dalle opere, ma attraverso la dimostrazione del pregiudizio effettivo o anche potenziale, ma direttamente connesso all'adozione degli atti gravati (cfr. TAR Milano, sent. n. 1551/2008).
2. Nell'ambito dell'interesse a ricorrere avverso le varianti urbanistiche, oltre al requisito della vicinitas, requisito che si ritiene presupposto sufficiente invece per l'impugnazione di un intervento edilizio, si richiede la prova della lesione sofferta (la possibile diminuzione di valore o la peggiore qualità ambientale) e della connessa utilitas ricavata dall'accoglimento del ricorso.
3. La pianificazione urbanistica è una attività generale, che presuppone una scelta per finalità rispondenti agli interessi di tutti e ciò vale anche nel caso di varianti parziali, interessanti parte del territorio: pertanto viola i canoni dell'imparzialità e della buona amministrazione la P.A. che adotti un provvedimento modellato sulle esigenze di una singola proprietà (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.06.2009 n. 4020 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Programmazione urbanistica e programmazione commerciale - Coordinamento - Necessità.
2. Programmazione urbanistica e programmazione commerciale - Variante al piano regolatore - Limitazioni all'attività economica - Motivazione - Necessità.

1. In tema di rapporto tra pianificazione e attività commerciale vige il principio in base al quale le due attività non possono considerarsi disgiunte, ma devono essere coordinate anche nella fase della programmazione e della pianificazione (cfr. TAR Milano, sent. n. 2993/2008).
2. Una variante semplificata al piano regolatore che introduca una limitazione alla attività economica prima consentita, imponendo quindi una regolamentazione peggiorativa, necessita di una motivazione che rappresenti le ragioni commerciali e urbanistiche, che hanno indotto a detta scelta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3971
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Proprietari di terreni circostanti e adiacenti ad area interessata da intervento edilizio assentito - Criterio della "vicinitas" - Interesse a ricorrere - Sussiste.
1.
I proprietari di terreni circostanti e adiacenti all'area interessata da un intervento edilizio sono portatori, in base al criterio del requisito della vicinitas, di un interesse qualificato e sono, pertanto, legittimati a ricorrere avverso i titoli eventualmente rilasciati per la realizzazione dell'intervento, che possano comportare violazione delle norme urbanistiche o edilizie o comportare un peggioramento della qualità di vita della zona stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3970 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA: Ricorso giurisdizionale - Piano regolatore generale - Termine per l'impugnazione - Dies a quo - Ultimo giorno di pubblicazione.
Nel caso di impugnazione di delibera di adozione del piano regolatore o di una sua variante i termini decorrono dal momento in cui il diretto interessato ne abbia acquisito conoscenza, mentre la semplice pubblicazione all'albo dell'atto amministrativo ha la funzione di portare a conoscenza della delibera i soggetti che non ne sono direttamente contemplati; pertanto, qualora il ricorrente non sia il soggetto destinatario diretto della variante, la mera pubblicazione all'albo è sufficiente a far decorrere per lui i termini di impugnativa (cfr. TAR Milano, sent. n. 363/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3970 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: 1. Autorizzazione paesaggistica - Motivazione - Necessità - Sussiste - Ratio.
2. Autorizzazione paesaggistica - Motivazione - Atti presupposti - Possibilità - Sussiste.

1. Le autorizzazioni paesaggistiche devono essere congruamente motivate in modo che possa essere ricostruito l'iter logico che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori paesistici sottesi all'imposizione del vincolo: in particolare, l'autorità delegata deve motivare l'autorizzazione in modo tale che emerga l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto, diverso da quello tutelato in via primaria; inoltre, pur se in sede di pianificazione urbanistica sono valutati anche gli interessi di rilievo paesistico ed ambientale, nel corso del procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesistica l'autorità delegata deve effettuare le specifiche valutazioni richieste dall'art. 146 D.Lgs n. 42/2004, in considerazione della distinzione, che emerge dalla Costituzione, delle materie del paesaggio e dell'urbanistica (cfr. TAR Liguria, sent. nn. 1408/2005; 1711/2006; Cons. di Stato, sent. n. 6219/2005).
2. La idonea motivazione necessaria per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non deve ricercarsi unicamente nel provvedimento conclusivo, essendo sufficiente che dagli atti del procedimento emerga la sussistenza di quella necessaria approfondita ed esaustiva analisi dell'impatto sui caratteri sottesi al vincolo sussistente in zona (cfr. TAR Genova, sent. n. 1426/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3970 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento - Comunicazione di avvio del procedimento - Revoca provvedimento - Obbligo - Sussiste.
La comunicazione di avvio del procedimento non può mancare nell'ambito di un procedimento di ritiro di un provvedimento favorevole per il privato in presenza di una situazione di fatto controversa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3969
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ristrutturazione edilizia - Definizione - Presupposti.
2. Ristrutturazione edilizia - Rudere - E' area inedificata - Ristrutturazione - Inconfigurabilità.

1. E' possibile attuare un intervento di ristrutturazione edilizia (di demolizione e ricostruzione) solo in quanto esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione: non è invece ravvisabile siffatto intervento nei confronti di ruderi o edifici da tempo demoliti, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell'edificio da recuperare (cfr. TAR Veneto, sent. n. 1667/2008).
2. Il concetto di ristrutturazione postula necessariamente l'esistenza di un manufatto da riedificare e consolidare dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura per cui i ruderi, che non possiedono tali elementi, sono da considerarsi un'area non edificata (cfr. Cass. Penale, sent. n. 36542/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3968 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Procedimento SUAP - Giunta comunale - Incompetenza.
Il procedimento attivato dinanzi allo Sportello unico per le attività produttive è regolato da una normativa di settore che non prevede l'intervento della giunta, sfornita di competenza al riguardo (nel caso di specie il TAR ha annullato la deliberazione della Giunta comunale con la quale era stata ritirata la proposta di deliberazione consiliare deputata all'approvazione della variante urbanistica ex art. 5 D.P.R. 447/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3963
).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ricorso giurisdizionale - Risarcimento danni - Annullamento atto amministrativo - Obbligo della P.A. di provvedere a rinnovazione o prosecuzione dell'attività amministrativa secondo statuizione del giudice - Esclude il risarcimento.
Non spetta il risarcimento nelle ipotesi in cui, in seguito dell'annullamento giurisdizionale degli atti, l'Amministrazione debba provvedere alla rinnovazione o alla prosecuzione dell'attività amministrativa secondo i principi contenuti nella statuizione del giudice (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 4971/2008; n. 4868/2008; 2564/2008; 7217/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3963
).

URBANISTICA: 1. Art. 13 Legge 1150/1942 - Comune acquirente di aree ricomprese nel piano particolareggiato - Possibilità - Sussiste - Ratio.
2. Edilizia residenziale pubblica - Procedura selettiva per individuazione di acquirenti più meritevoli con alienazione di aree acquisite e cedute in proprietà in regime di patrimonio disponibile - Riconducibilità alle funzioni e caratteristiche dei piani di edilizia residenziale pubblica - Non sussiste.

1. L'art. 13 della Legge 1150/1942 definendo unicamente finalità e contenuti del piano particolareggiato non preclude ad un Comune di rendersi acquirente delle aree che vi sono comprese all'ulteriore scopo di favorire, nell'accesso alla proprietà della casa, fasce di popolazione meno agiate (seppur prive dei requisiti di reddito per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica), non potendosi ritenere tale finalità estranea agli scopi istituzionali degli enti territoriali minori, che sono enti a fini generali (cfr. artt. 3 e 13 decreto legislativo 18.08.2000 n. 267).
2. Qualora il Comune si sia limitato ad alienare, in esito ad una procedura selettiva volta all'individuazione degli acquirenti più meritevoli (per residenza nel territorio comunale e mancanza di casa in proprietà), aree acquisite e cedute in proprietà, in regime di patrimonio disponibile, tale operazione non è riconducibile alle funzioni ed alle caratteristiche dei piani di edilizia residenziale pubblica, caratterizzati dall'acquisizione di aree al patrimonio indisponibile del Comune e dall'assegnazione di alloggi (già edificati) a soggetti non abbienti scelti con procedure di evidenza pubblica (in base al reddito e alla consistenza del nucleo familiare), che divengono detentori degli alloggi in regime di locazione non privo di riflessi di carattere pubblicistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3962 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Procedimento necessario derivante da precedente attività amministrativa conosciuta dall'interessato - Comunicazione di avvio - Necessità - Non sussiste.
In applicazione del principio del raggiungimento dello scopo, la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 L. 241/1990 non è necessaria quando il procedimento consegue con un preciso nesso di derivazione necessaria da una precedente attività amministrativa già conosciuta dall'interessato (cfr. TAR Roma, sent. n. 6188/2007; Cons. di Stato, sent. n. 2823/2001) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3961 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Sanzione pecuniaria - Natura reale - Conseguenze - Obbligo di pagamento per l'attuale proprietario - Legittimità.
2. Abusi - Procedimento per l'applicazione di sanzione pecuniaria conseguente all'accertata e inibita violazione - Riapertura termini per l'impugnazione dei relativi atti precedentemente emanati dalla P.A. - Possibilità - Non sussiste.

1. La sanzione pecuniaria comminata in relazione ad abusi edilizi non ha natura personale, ma reale ed ha funzione ripristinatoria dell'ordine urbanistico violato: ne consegue che tenuto al pagamento della stessa è l'attuale proprietario del bene, ancorché avente causa dall'originario autore dell'abuso, per cui la relativa ordinanza deve essere notificata a colui che risultava proprietario al momento dell'emanazione del provvedimento sanzionatorio (cfr. TAR Napoli, sent. n. 7393/2006).
2. In caso di emanazione di provvedimento inibitorio della d.i.a. assistito da sufficiente e congrua motivazione, la successiva apertura di un procedimento per l'applicazione di una sanzione pecuniaria conseguente all'accertata violazione non comporta la riapertura dei termini per l'impugnazione degli atti con i quali l'amministrazione abbia anticipato agli interessati le proprie decisioni in materia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3961 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ordinanza ingiunzione - Sanzione ex D.P.R. 380/2001 - Opposizione - Giurisdizione G.A. - Sussistenza.
L'opposizione all'ordinanza-ingiunzione con la quale sia stata irrogata una sanzione amministrativa prevista dal D.P.R. 380/2001 per violazione edilizia rientra nella materia dell'urbanistica, non potendosi distinguere in materia edilizia tra provvedimenti autorizzativi e sanzionatori, stante la strumentalità dei secondi rispetto ai primi, ed è quindi devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 34 D. Lgs. 80/1998, come modificato dall'art. 7 L. 205/2000; né vale in contrario il fatto che si tratti di sanzione amministrativa, disciplinata dalla L. 689/1981, poiché l'art. 22-bis della L. 689/1981 -che prevede la devoluzione al tribunale ordinario del giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione in materia di urbanistica ed edilizia- fa salve, all'ultimo comma, le diverse competenze stabilite dalla legge, fra le quali certamente rientra quella di cui al menzionato art. 34 (Cassaz. Civile, Sez. Unite, sent. n. 6525/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3960
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Volumi tecnici - L.R. n. 26/1995, art. 2, comma 1, - Limiti di altezza - Deroghe - Inammissibilità.
2. Concessione di costruzione - Variante - Variante in corso d'opera - Limiti.
3. Opere eseguite in parziale difformità dal titolo concessorio - Volume eccedente - Sanzione - Calcolo.

1. L'art. 2, comma 1, legge Regione Lombardia n. 26/1995 consente lo scomputo dei tamponamenti perimetrali e dei muri perimetrali portanti, nonché dei tamponamenti orizzontali e dei solai che comportino spessori complessivi sia per gli elementi strutturali che sovrastrutturali superiori a centimetri 30, ma ai soli fini del calcolo dei volumi e dei rapporti di copertura: la norma non consente dunque alcuna deroga al limite dell'altezza massima prevista dagli strumenti urbanistici.
2. Ex art. 15, Legge 47/1985 perché si abbia variante in corso d'opera, è necessario che l'intervento sia conforme agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti (conformità che, nel caso di specie, non sussiste, attesa la violazione del limite massimo di altezza previsto dalle n.t.a. del p.r.g.) e che non comporti modifiche della sagoma (cfr. TAR Milano, sent. n. 2043/2008).
3. In caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, qualora l'incremento dell'altezza del fabbricato comporti la realizzazione di un volume eccedente rispetto a quello assentito, l'amministrazione calcola la sanzione moltiplicando il costo di produzione determinato ai sensi della L. 392/1978 per i metri cubi realizzati in eccesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3959 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione in sanatoria - Condono - Rilascio - Parere della commissione edilizia - Necessità - Non sussiste.
Ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria non è obbligatorio, al più facoltativo, il parere della commissione edilizia e ciò in considerazione della specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione edilizia e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 3282/2008; 5153/2007; TAR Milano, sent. n. 4045/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2009 n. 3958 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Sanzioni - Acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi - Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria - Discrimen.
La conclusione del procedimento amministrativo sanzionatorio, a seguito dell'esercizio del potere ablatorio e dell'avvenuta acquisizione al patrimonio comunale degli immobili costruiti senza concessione edilizia, quale effetto automatico della inottemperanza, funge da "discrimen" tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria, con la conseguenza che, qualora il ricorrente, come nel caso di specie, adduca il proprio diritto di proprietà sull'area, in quanto la trascrizione sarebbe avvenuta senza i presupposti di legge, la controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario perché essa implica la contestazione della trascrizione e quindi riguarda la tutela di posizioni di diritto soggettivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.06.2009 n. 3943
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Intervento di ampliamento - Nozione.
2. Ristrutturazione edilizia - Ristrutturazione "pesante" - Nozione.
1. La nozione di ampliamento di un edificio presuppone quanto meno la conservazione del fabbricato preesistente, che si accresca di nuovo volume (nel caso di specie il TAR ha escluso che si potesse parlare di ampliamento avendo il ricorrente demolito integralmente l'edificio preesistente eccezion fatta per una porzione di muro).
2. La ristrutturazione edilizia "pesante" ben può comportare, ai sensi dell'art. 10 del testo unico dell'edilizia, la trasformazione dell'organismo preesistente, ma non postula la sua demolizione integrale; laddove invece vi sia demolizione integrale seguita da ricostruzione, l'intervento in tanto è assimilabile ad una ristrutturazione in quanto la ricostruzione sia fedele, si mantenga cioè nei limiti dell'organismo originario, ex art. 3, primo comma, lettera d), testo unico (cfr. Cons. di Stato, sent. n.n. 4256/2008; 4002/2008; 5214/2007; 7445/2006; Cass. Pen., sent. n. 35933/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2009 n. 3939 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Sanzioni - Acquisizione gratuita - Estensione - Parametri.
Poiché la sanzione va commisurata all'abuso edilizio commesso, l'estensione dell'immobile da acquisire deve essere parametrata alla nuova costruzione, a prescindere dalla preesistente costruzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2009 n. 3939 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione - Nozione.
La nozione di costruzione comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo (cfr. Cass. Civile, sent. n. 25837/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2009 n. 3938
).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Sanzioni - In assenza di elementi indicativi del carattere sostanziale dell'abuso - Sanzione pecuniaria.
2. D.I.A. - Ordinanza di demolizione - Legittimità.

1. La sanzione pecuniaria è applicabile solo in assenza di elementi indicativi del carattere sostanziale dell'abuso, che comprovino cioè la non conformità dell'intervento alla disciplina edilizia urbanistica.
2. Legittimamente il Comune ha irrogato la sanzione demolitoria per un'opera abusiva realizzabile in base a denuncia di inizio attività, in base al combinato disposto degli articoli 31 e 37 del Testo Unico per l'edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2009 n. 3938
).

CONSIGLIERI COMUNALI: 1. Legittimazione all'impugnativa delle delibere dell'organo cui appartengono solo in forza della carica ricoperta - Non sussiste - Ratio.
2. Legittimazione all'impugnativa delle delibere dell'organo cui appartengono - Contro atti incidenti in via diretta sul loro diritto all'ufficio - Sussiste.
3. Legittimazione all'impugnativa di provvedimento normativo di modifica della composizione dell'organo - Sussiste.
4. Legittimazione all'impugnativa avverso atti giuntali invasivi della sfera del consiglio comunale - Sussiste.

1. I consiglieri comunali non sono legittimati, in quanto tali, ad agire contro l'Amministrazione d'appartenenza, in quanto il processo amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, i conflitti interorganici trovando piuttosto composizione in via amministrativa (nel caso di specie il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la delibera di adozione di un PII in variante al PRG presuntamente approvato in contrasto con una disposizione legislative appena introdotta dal momento che i consiglieri non hanno dimostrato di essere stati lesi nelle loro competenze in quanto l'organo di cui fanno parte ha in ipotesi esteso le sue competenze a casi in cui non avrebbe potuto deliberare).
2. Il consigliere comunale, come ogni membro di un organo collegiale, è legittimato a ricorrere contro il Comune soltanto qualora vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul suo diritto all'ufficio, ossia solo per quelle deliberazioni collegiali che investano direttamente la sua sfera giuridica o quando le norme che attengono al procedimento formativo dell'atto collegiale siano state violate in modo tale che egli non sia stato posto in condizione di poter svolgere regolarmente il proprio ufficio (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 1437/1955; 40/1972; TAR Lecce, sent. n. 3785/2002; TAR Pescara, sent. n. 218/1999; TAR Toscana, sent. n. 526/2004).
3. La legittimazione dei consiglieri comunali all'impugnazione delle delibere dell'organo cui appartengono risulta estesa all'impugnazione di alcuni atti normativi, quali un provvedimento di modifica della composizione dell'organo, al fine di tutelarne il funzionamento nella sua corretta composizione (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 493/1979).
4. Sussiste la legittimazione a ricorrere del consigliere comunale avverso atti giuntali invasivi della sfera del consiglio comunale (cfr. TAR Lombardia, sent. n. 884/1996; TAR Lazio, sent. n. 1650/1990; TAR Pescara, sent. n. 218/1999; TAR Lecce, sent. n. 317/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.06.2009 n. 3936
).

CONSIGLIERI COMUNALI: Legittimazione all'impugnativa delle delibere dell'organo cui appartengono per qualsiasi vizio di forma o procedura - Non sussiste.
Deve escludersi una legittimazione generalizzata dei consiglieri comunali ad impugnare le delibere dell'organo cui appartengono per qualsivoglia vizio di forma o di procedura e tantomeno di sostanza, mentre in capo ai medesimi sussiste la legittimazione e l'interesse a denunciare quelle violazioni procedimentali che comportino una menomazione delle loro prerogative - cfr. TAR Milano, sent. n. 984/2009 (nel caso di specie il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da alcuni consiglieri comunali avverso gli atti di approvazione del PGT dal momento che gli stessi avevano sollevato a carico delle delibere impugnate non già vizi procedurali lesivi dello jus ad officium, ma vizi intrinseci di carattere sostanziale, riconducibili a un difetto di presupposto) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.06.2009 n. 3935
).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Ricorso giurisdizionale - Impugnazione provvedimento del Commissario del Governo ex art. 141 D.LGS. n. 267/2000 - Notificazione al Comune in persona del rappresentante legale in carica - Ammissibilità.
2. Ricorso giurisdizionale - Principio della necessaria preventiva impugnazione dell'atto presupposto - Portata - Impugnabilità autonoma dell'atto consequenziale per vizi propri - Possibilità - Sussiste.
3. Ricorso giurisdizionale - Improcedibilità per acquiescenza - Quando sussiste.
4. Atto amministrativo - Regolamento - Natura - Autonoma impugnabilità - Non sussiste - Regolamenti c.d. volizione-azione - Autonoma impugnabilità - Sussiste.
5. Atto amministrativo - Comunicazione di avvio del procedimento - Attività della P.A. diretta alla emanazione di atti normativi - Avviso - Necessità - Non sussiste.
6. Enti locali - Commissario del Governo ex art. 141 D.LGS. n. 267/2000 - Nozione - Poteri.

1. Il Commissario del Governo nominato ai sensi dell'art. 141 D.LGS. n. 267/2000 è un organo -sia pure straordinario- del Comune: le impugnazioni proposte avverso i provvedimenti adottati da tale organo vanno pertanto notificate al Comune, in persona del rappresentante legale in carica, che può essere lo stesso commissario ovvero il sindaco, ove al momento della notifica si siano già insediati gli organi ordinari dell'Amministrazione Comunale (cfr. TAR Lecce, sent. n. 3647/2005; Tribunale Sup.re Acque, sent. n. 40/1994; TAR Pescara, sent. n. 570/2007).
2. Il principio della necessaria preventiva impugnazione dell'atto presupposto vale solo quando si deducono vizi propri di quell'atto che si riflettono sull'atto consequenziale ovvero se l'assetto degli interessi coinvolti sia stato comunque definito dall'atto presupposto non impugnato: ciò non esclude l'autonoma impugnabilità dell'atto consequenziale per vizi suoi propri e relativamente a situazioni nelle quali la definizione del pubblico interesse non sia stata consolidata dall'atto collegato per presupposizione (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 721/2000).
3. Il ricorso è improcedibile per acquiescenza solo in caso di comportamento chiaro ed inequivocabile, liberamente posto in essere dalla parte prima della proposizione del ricorso, dal quale possa evincersi l'irrefutabile volontà di accettare gli effetti di determinazioni amministrative sfavorevoli, rinunciando a far valere contro di esse eventuali motivi di impugnativa.
4. I regolamenti sono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi e contengono, di regola, prescrizioni generali ed astratte: per tale ragione, non essendo idonei ad incidere direttamente sulla sfera giuridica dei destinatari, possono essere impugnati solo unitamente al provvedimento che ne costituisca la concreta applicazione.
Tuttavia i c.d. regolamenti volizione-azione contengono previsioni che incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei destinatari: in tali casi l'insorgere dell'interesse a ricorrere è immediato e non deve attendere l'adozione dell'atto applicativo.
5. Ai sensi dell'art. 13, Legge n. 241/1990, le norme sulla partecipazione procedimentale non si applicano nei confronti dell'attività della P.A. diretta alla emanazione di atti normativi, quali, nella sostanza, sono i regolamenti.
6. Il commissario straordinario, nominato ex art. 141, D.Lgs. n. 267/2000, è l'organo straordinario chiamato a reggere il comune dopo lo scioglimento del Consiglio comunale, in sostituzione degli organi ordinari, ed adotta tutti i provvedimenti di competenza degli organi di governo dell'Ente fino alla ricostituzione degli organi elettivi (salvo eventuali limitazioni dettate, caso per caso, dal provvedimento di nomina) (cfr. C.G.A., 02.05.2001, n. 290; Cons. di Stato, sent. n. 7749/2004; TAR Bari, sent. n. 672/2008): i poteri del commissario si estendono, pertanto, a tutti gli atti di gestione dell'ente, siano essi di ordinaria o di straordinaria amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.06.2009 n. 3934 -  link a
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URBANISTICA: 1. Pianificazione urbanistica comunale - Strumento urbanistico comunale - Parere di compatibilità con PTCP - Competenza della Giunta Provinciale - Sussiste.
2. Pianificazione urbanistica comunale - Parere di compatibilità con PTCP - Parere con indicazioni a tutela ambientale - Legittimità.
3. Procedimento approvazione strumento urbanistico comunale - Modifiche regionali d'ufficio e modifiche facoltative - In assenza di sostanziali innovazioni - Obbligo di riadozione e ripubblicazione - Non sussiste.
4. Pianificazione urbanistica comunale - Modifiche sostanziali - Nozione - Modifica di destinazione riguardante area specifica e ristretta - Non è modifica sostanziale.
5. Pianificazione urbanistica comunale - Atto di approvazione - E' atto discrezionale - Provvedimenti limitativi della capacità edificatoria - Obbligo di motivazione - Non sussiste - In caso di interessi qualificati - Sussiste.
6. Pianificazione urbanistica comunale - Possibilità di discostarsi dalle prescrizioni del PTCP in modo più restrittivo - Sussiste - Ratio.

1. Rientra nella competenza della giunta provinciale l'emissione del parere di compatibilità dello strumento urbanistico comunale con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3333/2009).
2. Non può ritenersi illegittimo un parere di compatibilità che non si limiti a dettare prescrizioni di adeguamento correlate alle previsioni del PTCP aventi efficacia prevalente e vincolante, ma contenga anche raccomandazioni affinché il Comune riveda le proprie previsioni con riguardo alla tutela ambientale: ciò in quanto tali indicazioni ben si rapportano a quella funzione di "orientamento, indirizzo e coordinamento" che l'art. 2, quarto comma, della L.R. 12/2005 attribuisce espressamente al piano territoriale regionale ed ai PTCP.
3. In tema di modifiche a strumenti urbanistici comunali apportate dalla Regione o su impulso della Regione non si impone la riadozione o la ripubblicazione del piano o della variante né quando si tratti di modifiche obbligatorie, introdotte d'ufficio dalla Regione per assicurare il rispetto del PTCP, né quando si tratti di modifiche "facoltative" prive di carattere sostanziale, effettuate dalla Regione o dal Comune per effetto del recepimento di raccomandazioni regionali (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 925/2008; cfr. TAR Milano, sent. n. 197/2009).
4. Le modifiche che determinano innovazioni sostanziali sono quelle di rilevante entità che alterano i canoni guida del piano adottato (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 3518/2008; 925/2008; 259/2005): non riveste tale carattere una modifica di destinazione, riguardante un'area specifica e ristretta, che, variando la previsione iniziale di edificabilità, restituisca all'area quel carattere di inedificabilità che essa ha sempre avuto.
5. L'atto di approvazione dello stramento urbanistico comunale ha un suo contenuto specifico di discrezionalità e una discrezionalità molto ampia caratterizza in genere le scelte pianificatorie: pertanto, salvo il caso in cui esistano interessi qualificati, non v'è obbligo per il Comune di motivare le scelte che riducono o escludono la capacità edificatoria (cfr. TAR Milano, sent. n. 197/2009).
6. La discrezionalità dell'Amministrazione Comunale nell'approvazione dello strumento urbanistico comunale può discostarsi, in modo più restrittivo, dalle prescrizioni del PTCP: il quale pone un limite minimo (negativo) alla discrezionalità programmatoria del Comune, nel senso che questo non può attenuare la tutela ambientale ampliando le facoltà di edificazione; ma non esclude (in positivo) che la previsione pianificatoria comunale possa legittimamente dislocarsi, rispetto al piano provinciale, in termini concretamente più rigorosi in relazione alle finalità ambientali (cfr. Cons. di Stato IV, sent. nn. 5058/2007 e 5041/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.06.2009 n. 3884, n. 3885, n. 3886, n. 3887 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Discrezionalità delle scelte pianificatorie della Pubblica Amministrazione- Individuazione estensione della classificazione di aree - Sussistenza.
2. Procedimento amministrativo - Accoglimento osservazioni - Posizione di aspettativa qualificata all'edificabilità di un'area- Non sussiste.

1. La discrezionalità dell'Amministrazione nelle scelte pianificatorie non si limita alla destinazione delle varie aree, ma anche all'estensione della classificazione delle stesse, pur nell'ambito dei limiti di ragionevolezza e logicità, l'Amministrazione una volta scelto di rendere edificabile un'area, ben può delimitarne l'estensione.
2. Per il solo effetto dell'accoglimento delle osservazioni non può riconoscersi, in capo a chi tali osservazioni ha presentato, una posizione di aspettativa qualificata all'edificabilità di un'area, atteso che non è infatti equiparabile la posizione di colui a cui viene accolta l'osservazione a quelle derivanti da pronunce giurisdizionali passate in giudicato oppure da accordi intervenuti con l'ente locale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.05.2009 n. 3870 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 - Indicazione nella comunicazione di una norma diversa (art. 7 della l. n. 241/1990) - Irrilevanza nel caso in cui la comunicazione abbia raggiunto il suo scopo.
2. Procedimento che si protrae oltre i termini di legge - Qualora il decorso dei termini legali non produce effetti automatici - Non inficia il provvedimento finale fondato su legittime motivazioni.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti dal ritardo della P.A. - Tutela degli interessi pretensivi - Risarcimento per equivalente - Qualora l'interesse pretensivo abbia ad oggetto la tutela di interessi sostanziali suscettibili di appagare un "bene della vita" - Provvedimento di segno negativo emanato in ritardo il quale risulti legittimo - Risarcimento del danno - Non sussiste.

1. E' irrilevante il richiamo, contenuto nella comunicazione recante un preavviso di rigetto, all'art. 7 anziché all'art. 10-bis L. n. 241/1990, nel caso in cui l'erroneo richiamo normativo non abbia non abbia impedito a detta comunicazione di assolvere alla funzione sua propria, cioè quella di segnalare alla parte la ragione del diniego, ponendola in condizione di poter interloquire con l'Amministrazione.
2. Quando il decorso dei termini legali non produce effetti automatici (silenzio-assenso, silenzio-rigetto, silenzio-rifiuto, ecc.), la circostanza che un procedimento si protragga oltre i termini di legge, o che l'Amministrazione muti avviso dopo un inizio promettente, non è di per sé idonea ad inficiare una determinazione finale che risulti fondata su legittime motivazioni.
3. Il ritardo nell'adempimento degli obblighi procedimentali non comporta per ciò solo il risarcimento dei danni per responsabilità dell'Amministrazione, dal momento che il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il risarcimento per equivalente a carico della P.A. solo quando l'interesse pretensivo abbia ad oggetto la tutela di interessi sostanziali, come nel caso di mancata emanazione o di ritardo nell'emanazione di un provvedimento vantaggioso per l'interessato, suscettibile di appagare un "bene della vita".
Detta situazione non è ravvisabile nel caso in cui un provvedimento di segno negativo, ancorché emanato con ritardo, risulti legittimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 3859 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire - In zona industriale ed artigianale - Provvedimento di diniego motivato con riferimento al fatto che le opere previste in progetto sotto il profilo morfologico e delle caratteristiche intrinseche hanno natura residenziale o terziaria - Legittimità - Sussiste.
2. NTA al PRG - Previsione soltanto del rispetto di alcuni parametri - Potere discrezionale tecnico-amministrativo del Comune di valutare la coerenza tra le caratteristiche architettoniche delle opere previste in progetto e la destinazione funzionale prevista dal PRG per l'area di intervento - Sussiste.
1. E' legittimo un provvedimento che nega il rilascio di un permesso di costruire motivato con riferimento al fatto che la domanda di permesso di costruire ha ad oggetto la realizzazione, su un'area ricadente in una zona destinata unicamente ad insediamenti industriali ed artigianali, di opere che, sotto il profilo morfologico e delle destinazioni d'uso dichiarate, comporterebbero la realizzazione, in contrasto con il PRG vigente, di un complesso edilizio con caratteristiche architettoniche di tipo residenziale o terziario (abitazioni o uffici), il che non può legittimamente realizzarsi senza una variante allo strumento urbanistico.
2. Sebbene le norme tecniche d'attuazione al PRG si limitino a fissare allo svolgimento dell'attività edilizia in zona industriale determinati parametri (distanze, altezze, indici di fabbricabilità, rapporti percentuali tra destinazioni ammesse, ecc.) e nulla disponga in ordine alla tipologia delle costruzioni, residua tuttavia al Comune uno spazio di discrezionalità tecnico-amministrativa che consente di valutare la coerenza tra le caratteristiche architettoniche degli edifici progettati e la destinazione funzionale prevista dal PRG per l'area d'intervento.
E ciò, anche allo scopo di scongiurare la proliferazione di una forma di abusivismo tipica delle zona industriali dismesse che gli strumenti attuali non consentono di arginare efficacemente (relativo alla realizzazione dei c.d. "loft") (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 3859 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Variante parziale al PRG - Esame congiunto di due osservazioni con il medesimo contenuto provenienti da due soggetti diversi - Violazione dell'obbligo di motivazione analitica - Non sussiste.
2. Art. 100 L.R. n. 12/2005 - Criterio di equivalenza tra i termini PRG e PGT - Non comporta l'estensione automatica delle disposizioni dettate per il PGT al PRG previgente.
3. Procedimenti di varianti ex art. 2 comma 2 L.R. n. 23/1997 - Costituiscono procedimenti a termine ai sensi dell'art. 25, comma 1 della L.R. n. 12/2005 e s.m.i. sino all'adeguamento dei PRG o all'approvazione dei PGT - Possibilità di eterointegrarli con disposizioni di cui alla L.R. n. 12/2005 dettate per le varianti al PGT - Non sussiste.

1. L'esame congiunto di due osservazioni aventi il medesimo contenuto, seppure provenienti da soggetti diversi, non viola l'obbligo di motivazione analitica delle osservazioni, né costituisce un ostacolo alla funzione collaborativa assegnata alle osservazioni stesse.
2. La formulazione letterale dell'art. 100 della L.R. n. 12/2005 e s.m.i. in cui il legislatore regionale ha semplicemente introdotto il criterio di equivalenza tra i termini PRG e PGT, per cui le norme statali o regionali in cui si utilizza il termine PRG vanno oggi applicate anche verso il PRT, non comporta l'estensione automatica delle disposizioni dettate per il PGT al PRG vigente.
3. I procedimenti di variante ex art. 2, comma 2 della L.R. n. 23/1997 costituiscono un procedimento "a termine", atteso che la loro applicazione viene fatta salva dall'art. 25, comma 1 della L.R. n. 12/2005 sino all'adeguamento dei PRG ovvero sino all'approvazione dei PGT.
Detto procedimento, per sua natura speciale, derogatorio rispetto alla procedura ordinaria del PRG, non può essere eterointegrato con disposizioni dettate per le varianti al PGT, disciplinate dalla L.R. n. 12/2005 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3784 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Approvazione piano di recupero - Carenza di legittimazione ed interesse a ricorrere - Proprietà interessate dalla previsioni viabilistiche - Non sussiste.
E' legittimato a ricorrere contro gli atti urbanistici il proprietario delle aree il cui ius aedificandi sia stato inciso dalla scelte operate dalla pubblica amministrazione in sede di adozione del piano. Egli, infatti, ha un interesse differenziato e qualificato al mantenimento della situazione giuridica dei fondi di sua proprietà oggetto dell'azione amministrativa, come dimostrato dall'art. 9 L. n. 1150/1942, che estende la legittimazione alla possibilità di presentare delle osservazioni ai piani generali anche ai proprietari di aree incise dal piano, e dall'art. 15, c. 3, L. n. 1150/1942 con riferimento ai piani particolareggiati e, più in generale, a tutti i piani attuativi, secondo il quale possono essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani.
Nella specie non incide sull'interesse a ricorrere la clausola introdotta nella deliberazione di approvazione del piano di potere, in caso di mancata acquisizione delle aree, optare per la realizzazione di un'opera di viabilità alternativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3782 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Approvazione piano di recupero - Violazione dell'obbligo di astensione da parte dei consiglieri ex art. 78 D.lgs. 267/2000 - Presupposti - Sussiste.
Il disposto dell'art. 78, c. 2, d.lgs. n. 267/2000, secondo cui gli amministratori di cui all'art. 77, c. 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o dei loro parenti o affini sino al quarto grado comprende ogni situazione di conflitto o contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera.
La violazione dell'obbligo sussiste non solo nel caso di partecipazione alla votazione del consigliere in conflitto di interessi, ma anche nel caso di partecipazione alla discussione, e pur quando la votazione non potrebbe avere altro apprezzabile esito.
Nella materia urbanistica, il conflitto di interessi non è peraltro escluso nell'ipotesi che nessun concreto beneficio economico scaturisca per gli immobili di proprietà dei consiglieri o dei loro prossimi congiunti ai fini dell'incompatibilità essendo sufficiente che sussista una relazione personale tra l'oggetto dell'atto e l'amministratore, secondo una regola di carattere generale che non ammette eccezioni e ricorre anche qualora la scelta discrezionale adottata sia in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico in quanto la condotta di un amministratore che utilizza il suo incarico pubblico per regolare gli interessi propri e dei propri parenti comporta comunque una lesione dell'imparzialità dell'amministrazione e della sua immagine che la legge intende evitare con un giudizio ex ante in astratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3782 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Tempus regit actum - Rilascio dei titolo abilitativi edilizi - Applicazione della disciplina vigente al momento del rilascio - Sussiste.
2. Presupposto ristrutturazione edilizia - Esistenza edificio con mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura - Necessità.
3. Destinazione area che consente la realizzazione da parte di privati di opere di interesse pubblico - Vincolo conformativo e non espropriativo - Sussiste.
4. Giustizia amministrativa - Interesse a ricorrere- Attuale personale e concreto - Necessità.
5. Silenzio formatosi sulla istanza di permesso di costruire ex art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 - Natura di silenzio inadempimento e non di rigetto - Sussiste - Ammissibilità dell'intervento sostitutivo regionale - Sussiste.
6. Diniego di permesso ci costruire adottato dopo la scadenza del termine per il maturarsi del silenzio inadempimento - Legittimità.

1. In virtù del principio tempus regit actum, la sussistenza delle condizioni per il rilascio del nuovo titolo abilitativo deve essere vagliata alla luce della disciplina in vigore al momento della sua adozione. Non assume dunque rilievo la disciplina vigente all'epoca del rilascio dell'originario permesso di costruire che, con riferimento alla parte di intervento non ultimata deve essere considerato decaduto.
2. Presupposto della ristrutturazione edilizia è l'esistenza di un fabbricato da ristrutturare ossia un edificio con mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura.
3. Costituisce espressione di potestà conformativa e non espropriativa la destinazione di un'area che consente la realizzazione da parte di privati di opere e strutture intese all'effettivo godimento dell'ambiente.
4. L'interesse a ricorrere deve essere personale, attuale e concreto.
5. Il silenzio formatosi sulla richiesta di permesso di costruire ex art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 costituisce un' ipotesi di silenzio-inadempimento impugnabile ex art. 21-bis L n. 1034/1971 e non di silenzio rigetto, è pertanto ammissibile avverso tale silenzio inadempimento l'intervento sostitutivo regionale che non sarebbe ammissibile se tale silenzio fosse configurabile come provvedimento tacito di rigetto.
6. E' legittimo il provvedimento di diniego di permesso di costruire adottato dopo la scadenza del termine stabilito dalla legge per la formazione del silenzio-inadempimento, essendo tale termine previsto al fine di consentire alla parte interessata di sollecitare l'intervento sostitutivo regionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3781 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. D.i.a. in sanatoria - Variante in corso d'opera - Obbligo di preventivo esame rispetto all'adozione di misure repressive di abusi edilizi - Sussiste - Obbligo di preventivo esame anche nel caso di accertamento di abusi prima della presentazione della variante - Sussiste.
2. Motivazione dell'atto amministrativo - Divieto di integrazione ex post in giudizio della motivazione - Non può essere eluso dalla presentazione di una relazione da parte di tecnico incaricato dal Comune.
3. L.R. 26/1995 - Modifica dell'altezza realizzata in sua applicazione - Incidenza sul volume e sui parametri urbanistici - Non sussiste.

1. La presentazione di una d.i.a. in sanatoria (o variante in corso d'opera) produce infatti l'effetto che l'Amministrazione non può adottare misure repressive di abusi edilizi senza aver prima vagliato la dichiarazione di inizio di attività e, ciò, all'evidenza, per non correre il rischio che, portata ad esecuzione l'ingiunzione a demolire, risulterebbe vanificato un eventuale provvedimento di accoglimento della variante in sanatoria con il conseguente riconoscimento della legittimità di un opera ormai non più esistente.
Tale obbligo sussiste anche nel caso in cui, prima della presentazione della variante al progetto, le opere siano state considerate abusive dall'amministrazione in quanto non conformi alla normativa urbanistica e quindi oggetto di un provvedimento di demolizione. Anche in questo caso, infatti, l'Amministrazione deve valutare la sanabilità dell'opera sia nel caso in cui l'interessato presenti istanza di accertamento di conformità sia nel caso in cui presenti variante in corso d'opera.
2. La prospettazione per la prima volta in giudizio delle ragioni che hanno effettivamente determinato la scelta amministrativa controversa si rivela confliggente con il divieto di integrazione ex post della motivazione dell'atto impugnato, né a tale scopo può sovvenire la relazione tecnica presentata da un tecnico incaricato dal Comune.
3. La L.R. 26/1995, disponendo che i volumi creati in conformità alle sue disposizioni non vanno computati a diversi fini, permette di escludere che le modifiche di altezza incidano sul volume e sui parametri urbanistici (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3776 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo concessorio commisurato agli oneri di urbanizzazione - Natura di contributo paratributario, ossia di corrispettivo di diritto pubblico commisurato al beneficio che tra il privato dal titolo abilitativo edilizio - Sussiste.
Il contributo concessorio commisurato agli oneri di urbanizzazione ha natura di contributo paratributario, ossia di corrispettivo di diritto pubblico dovuto dal beneficiario della concessione edilizia, a titolo di partecipazione -in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae- ai costi delle opere di urbanizzazione sostenuti dal Comune per realizzare il generale assetto urbanistico del territorio comunale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione per la realizzazione di opera a scomputo oneri concessori - Preventiva verifica della effettiva necessità per la collettività dell'opera - Sussiste.
L'Amministrazione Comunale prima di autorizzare l'operatore privato a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri concessori, verifica se l'opera di urbanizzazione sia effettivamente necessaria nell'interesse della collettività, ovvero se debba essere eseguita nel solo interesse dell'operatore privato per rendere tecnicamente fattibile l'intervento, con la conseguenza che solo nel primo caso, e non nel secondo, verrà autorizzato lo "scomputo" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego di condono edilizio - Parziale concessione edilizia in sanatoria - Omessa comunicazione di Avvio del procedimento - Legittimità.
2. Diniego di condono edilizio - Parziale concessione edilizia in sanatoria - Vincolo paesistico - Mancanza parere ex art. 32 L. n. 47/1985 - Irrilevanza.

1. La mancata comunicazione del procedimento non incide sulla legittimità del provvedimento di diniego di condono in quanto il procedimento è stato avviato a seguito dell'istanza della ricorrente.
2. Considerato che il provvedimento di diniego di condono è motivato dal fatto di essere l'opera in questione realizzata in zona sottoposta a vincolo paesistico, e quindi non conforme alle norme urbanistiche e non sanabile, non è conseguentemente necessario adottare il parere di cui all'art. 32, c. 1, L. n. 47/1985 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.05.2009 n. 3702
).

EDILIZIA PRIVATA: Procedimento amministrativo - Denuncia del privato priva di efficacia probatoria e volta ad avviare il procedimento d'ufficio - Azione repressiva basata su autonomi atti ispettivi - Diritto di accesso alla denuncia - Inammissibilità.
Il destinatario di un provvedimento repressivo in materia edilizia scaturito da esposti presentati da privati, non ha diritto di accesso a tali esposti, allorquando l'azione amministrativa si fondi su autonomi atti ispettivi rispetto ai quali la denuncia del privato ha avuto il solo effetto di sollecitare l'avvio di un procedimento d'ufficio, senza acquisire efficacia probatoria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.05.2009 n. 3701 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordinanza di demolizione opere abusive e ripristino dei luoghi - Proprietario - Mancata notifica all'affittuario - Legittimità.
2. Ordinanza di demolizione opere abusive e ripristino dei luoghi - Motivazione - Assenza di discrezionalità - Legittimità.

1. In presenza di un'incertezza circa l'autore dell'abuso edilizio, l'ordine di demolizione va legittimamente impartito al proprietario, ferma restando la non acquisibilità delle aree di sedime delle opere abusive, in danno del proprietario che può risultare estraneo all'abuso.
La mancata notifica all'affittuario non rende quindi illegittimo l'ordine di demolizione, potendo la sanzione demolitoria di un abuso edilizio essere irrogata sia nei confronti del soggetto proprietario del bene interessato dall'abuso sia dell'autore materiale dello stesso.
2. L'ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione, neppure in ordine al lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere ed alle ragioni di pubblico interesse, concreto ed attuale, che ne giustifichino l'adozione, essendo allo scopo sufficiente l'oggettivo riscontro dell'abusività dell'opera in quanto in presenza di un'opera abusiva non sussiste alcuna discrezionalità per l'autorità amministrativa che è tenuta ad intervenire per ripristinare lo stato dei luoghi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.05.2009 n. 3657
).

URBANISTICA: Scelte effettuate dalla P.A. in sede di PRG e sue varianti generali godono di ampia discrezionalità - Sindacabilità da parte del giudice amministrativo - Solo nei limiti della manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti.
Le scelte effettuate dalla P.A. in sede adozione-approvazione del piano regolatore generale o di sue varianti costituiscono espressione di ampia potestà discrezionale e sono sindacabili dal giudice amministrativo solo nei limiti ristretti della manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.05.2009 n. 3653 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Potere di inibire i lavori oggetto di d.i.a. - Attività vincolata - Vizio di eccesso di potere - Non Sussiste.
Il potere di inibire i lavori oggetto di denuncia di inizio attività ha carattere vincolato e, pertanto, non può ravvisarsi un vizio di eccesso di potere che presuppone l'esistenza di un potere discrezionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.05.2009 n. 3652 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 17.12.2009

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sulla questione se occorra o meno il parere preventivo dell'ASL sulle pratiche edilizie.
Forse, possiamo mettere la parola FINE ai dubbi (per lo meno di chi scrive) che sorgevano ogni qualvolta l'Ufficio Tecnico Comunale doveva rilasciare un permesso di costruire per interventi di edilizia non residenziale piuttosto che istruire un piano attuativo per l'adozione/approvazione da parte del Consiglio Comunale o Giunta che sia.
Sono stati posti precisi quesiti all'ASL di Bergamo la quale, di concerto con la Direzione Sanità della Lombardia, ha risposto in maniera chiara ed esaustiva, ponendo gli operatori del settore nella certezza giuridica del proprio operato.
La risposta fornita (nota 15.12.2009 n. 184451 di prot.) discende dalla combinata lettura delle disposizioni di cui alle LL.RR. n. 12/2005, n. 1/2007 e n. 8/2007.
Il chiarimento suddetto si è reso necessario anche alla luce di comportamenti difformi -in merito alla questione- fra le varie ASL lombarde.
Per maggiori dettagli si può anche consultare la pagina web della Regione Lombardia dedicata al "FAQ: risposte alle domande più frequenti" proprio in relazione ai dubbi applicativi di cui alle LL.RR. n. 1/2007 e n. 8/2007.

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il 31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file 1 - file 2).
ATTENZIONE: se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno 2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per adottare la determinazione nell'intento di avere una maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché "
l'indice di costo di costruzione di un fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova base" (comunicato ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de qua prima di dimenticarsi ...

VARI: PEC per i professionisti (tavole esplicative dell'01.12.2009 a cura del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 15.12.2009 n. 291 "Modifica del saggio di interesse legale" (Ministero dell'Economia e delle Finanze, D.M. 04.12.2009).

ENTI LOCALI: G.U. 14.12.2009 n. 290, suppl. ord. n. 234/L, "Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28.11.2005 n. 246" (D.Lgs. 01.12.2009 n. 179).

APPALTI SERVIZI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 50 del 14.12.2009, "Indicazioni ai Comuni sulla scadenza delle concessioni per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas" (circolare regionale 03.12.2009 n. 27 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 50 del 14.12.2009, "Modalità di istituzione delle commissioni regionali per i beni paesistici in attuazione del comma 1, art. 78, della l.r. 12/2005" (deliberazione G.R. 02.12.209 n. 10725 - link a www.infopoint.it).

NEWS

ENTI LOCALI: Interessi legali in calo dal 2010. Il decreto pubblicato in Gazzetta.
La modifica arriva dal Mef sulla base del rendimento medio dei titoli di Stato e del tasso di inflazione annuo
Buone notizie per chi ha somme da pagare con aggiunta di interessi legali.
Aggiornato al ribasso, infatti, con un decreto del 4 dicembre firmato dal ministro dell'Economia e delle Finanze e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre, il tasso percentuale. Il nuovo coefficiente è pari all'1% contro l'attuale 3% che, attenzione però, rimarrà in vigore fino al prossimo 31 dicembre.
È con l'anno nuovo, infatti, e più precisamente dal 1° gennaio 2010, che scatterà il valore "scontato" di due punti (link a
www.nuovofiscooggi.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Il nuovo Codice agricolo.
"Riordino delle normative sull'attività agricola": si chiama così il nuovo Codice Agricolo approvato dal Consiglio dei Ministri l'11.12.2009.
Obiettivo del Codice, che dovrà passare ad un nuovo esame del CdM e successivamente a quello delle Camere, è semplificare e accorpare il quadro legislativo dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile a tutti.
Il codice agricolo, che si prevede possa essere operativo entro il prossimo febbraio, è frutto della collaborazione del Ministero delle Politiche agricole alimentari con il Ministero della semplificazione ed è stato coordinato con la Presidenza del Consiglio. Questo strumento normativo punta a facilitare l'accesso e la consultabilità di norme al servizio dello sviluppo della risorsa agricoltura.
"Scopo della semplificazione normativa è di rendere prevedibile ai destinatari le conseguenze delle loro condotte, come accade già nella vicina Francia con risultati evidenti e tangibili in termini di efficienza amministrativa e, quindi, di facilità del fare impresa", ha sottolineato il Ministro Zaia.
Sono state eliminate le leggi "fotocopia" ed è stata fatta chiarezza di tutti i contrasti giurisprudenziali finora emersi, anche alla luce delle sentenze abrogative della Corte costituzionale.
Il Codice non comprende né norme di regolamenti comunitari né norme statali di competenza regionale. In qualche caso, per rendere il complesso di leggi omogeneo e chiaro, è stato necessario introdurre nuove norme, tanto nel Decreto che nel DPR di attuazione (link a
www.governo.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Gare, chiarimento sui requisiti. In G.U. la circolare del ministero delle infrastrutture sull'articolo 253 del dlgs 163/2006. Conta il fatturato quinquennale e l'organico medio del triennio.
Per le gare di ingegneria e architettura, fino a fine dicembre 2010, la norma del Codice che consente di dimostrare i requisiti di ammissione alla gara su un arco temporale più ampio è applicabile soltanto al fatturato quinquennale e all'organico medio annuo del triennio, ma non ai requisiti decennali sui servizi svolti e sui servizi «di punta».
È quanto ha chiarito il ministero delle infrastrutture, con la circolare del 12.11.2009, n. 4649 firmata dal direttore generale per la regolamentazione dei contratti pubblici, Bernadette Veca, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 24.11.2009.
Il chiarimento riguarda l'art. 253, comma 15-bis del dlgs. 163/06 che consente fino al 31.12.2010 di documentare i requisiti per l'accesso alle gare di servizi di ingegneria e architettura, con riguardo ai migliori tre anni del quinquennio e ai migliori cinque anni del decennio.
La circolare, dopo avere riconosciuto che «l'ampliamento dell'arco temporale utilizzabile per la dimostrazione del possesso dei requisiti minimi introduce una maggiore flessibilità per la qualificazione dei concorrenti», anche «al fine di contrastare gli effetti della crisi economica del mercato che hanno investito anche il settore dei contratti pubblici», chiarisce che il comma 15-bis riguarda i requisiti previsti per i servizi di ingegneria e architettura dal dpr 554/1999, ritenendo tali norme (art. 66, comma 1, del dpr 554/1999), «di dettaglio», implicitamente compatibili con il Codice dei contratti pubblici.
Le stazioni appaltanti devono quindi fare riferimento, nell'applicazione della disposizione agevolativa del «terzo correttivo», ai requisiti del regolamento articolati su base triennale, quinquennale e decennale e non ai requisiti generali del Codice (artt. 41 e 42) che riguardano, per tutti i tipi di appalto, soltanto l'ultimo triennio.
Ciò detto, il ministero specifica che la norma a sua volta non si applica a tutti i quattro requisiti previsti dalla disposizione regolamentare, ma «incide sui soli requisiti di cui alle lettere a) e d) del comma 1 dell'art. 66 del dpr 554/1999 per i quali la dimostrazione del possesso è richiesta rispettivamente su base quinquennale e su base triennale». Pertanto relativamente al fatturato quinquennale «globale», cioè per servizi di ingegneria e architettura, dovranno chiedersi requisiti dei migliori cinque anni del decennio precedente (per il ministero «si consente di individuare su base decennale il requisito quinquennale previsto dalla normativa regolamentare»). Per il requisito triennale dell'organico medio annuo dei tecnici, nei bandi si dovrà consentirne la prova facendo riferimento ai tre migliori anni del quinquennio precedente (secondo la circolare: «Si consente di individuare su base quinquennale il requisito triennale previsto dalla normativa regolamentare»).
Per gli altri due requisiti (espletamento nel decennio di servizi di ingegneria e architettura relativi ai lavori da progettare e due servizi «di punta» di cui alle lettere b e c del comma 1 dell'articolo 66), il ministero afferma che la norma del Codice risulta inapplicabile, «in quanto la riduzione del periodo decennale (si passerebbe ai cinque migliori anni del decennio, ndr) determinerebbe una restrizione della possibilità di partecipare alle gare, in contrasto con la ratio ispiratrice della norma transitoria, introdotta con il precipuo intento di ampliare la concorrenza».
Viene anche chiarito che la norma «incide esclusivamente rispetto all'attività espletata da prendere in considerazione ai fini della stima dell'importo», che non può essere limitata ai soli «lavori da progettare», ma si riferisce anche ad altri servizi di architettura e di ingegneria, a seconda del tipo di incarico da affidare (articolo ItaliaOggi del 16.12.2009, pag. 48).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Moratoria dei contratti decentrati. RIFORMA BRUNETTA/ Le p.a. possono già assumere decisioni unilaterali se non c'è accordo. Sono salve le intese che intervengono sul riparto del fondo.
La drastica limitazione delle materie oggetto di contrattazione collettiva deve spingere le amministrazioni locali e le organizzazioni sindacali alla «moratoria» nella contrattazione decentrata integrativa, tranne le intese che intervengono sulla sola ripartizione del fondo. Inoltre le amministrazioni possono già, in via eccezionale e sulla base di una adeguata motivazione, assumere conclusioni unilaterali in caso di mancato raggiungimento dell'accordo.
Si arriva a tali conclusioni sulla base del dettato del dlgs n. 150/2009, per il quale i comuni, le province e gli altri enti locali hanno tempo fino a tutto il 2011 o, per meglio dire, fino a tutto il 2012 per adeguare i propri contratti collettivi decentrati integrativi alle nuove disposizioni. La moratoria sulla contrattazione si impone perché il dettato legislativo pone un termine ultimo per completare l'adeguamento dei contratti decentrati, ma la norma è entrata in vigore lo scorso 15 novembre, ivi comprese le regole per la conclusione unilaterale in luogo della contrattazione, per cui essa si applica da tale data alle contrattazioni decentrate che vengono avviate successivamente a tale giorno.
Il decreto attuativo della legge cd Brunetta stabilisce una drastica limitazione delle materie oggetto di contrattazione collettiva, sia a livello nazionale che a livello decentrato integrativo.
Sulla base delle nuove regole sono soggette alla contrattazione solo le seguenti materie: trattamento economico, relazioni sindacali e «diritti ed obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro». Ricordiamo che in precedenza era stabilito che: «La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro».
Come si vede siamo dinanzi ad una drastica limitazione, che è resa ancora più evidente dal fatto che sono escluse in particolare dalla contrattazione le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali, il conferimento e la revoca degli incarichi, quelle già escluse dalla legge n. 421/1992. E infine dal fatto che nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge.
Sulla base di tale elencazione, solo per fare un esempio riferito alle norme contrattuali attualmente in vigore, non si deve dare luogo a nessuna contrattazione sull'orario di lavoro, neppure per la individuazione dei criteri generali delle relative politiche. Queste disposizioni sono già entrate in vigore, quindi si applicano a tutte le contrattazioni decentrate integrative che si concludono dopo lo scorso 15 novembre. Esse non si applicano alle intese con le quali viene ripartito il fondo per la contrattazione decentrata integrativa, in quanto siamo in presenza di uno strumento diversificato ed autonomo. Questi limiti si applicano alle intese che hanno un carattere normativo.
Il fatto che il legislatore dia tempo a regioni ed enti locali fino al 31/12/2011, termine che di fatto lo stesso legislatore prolunga fino a tutto il 2012, per adeguare i propri contratti collettivi, non determina lo spostamento del termine iniziale di entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Non sono, infine, previsti termini diversi rispetto allo scorso 15 novembre per l'entrata in vigore della possibilità offerta alle p.a. di deliberare unilateralmente, in presenza della esigenza di «assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica», in caso di mancato raggiungimento di un accordo. Tale decisione ha durata provvisoria, ma il termine finale è assai generico: la sottoscrizione dell'accordo.
Questa clausola si deve quindi considerare già in vigore, in particolare negli enti locali, stante che nelle loro contrattazioni decentrate, sulla base delle previsioni di cui al Ccnl 01/4/1999, è già previsto il termine massimo di durata delle trattative per il rinnovo contrattuale, cioè 1 mese prorogabile per una volta sola, d'intesa tra le parti, fino a un altro mese (articolo ItaliaOggi del 11.12.2009, pag. 35).

CONSIGLIERI COMUNALI: Protocollo senza segreti. I comuni con regolamento devono contemperare trasparenza e funzionalità. Diritto d'accesso per i consiglieri. Ma con limiti.
Può un consigliere comunale ottenere il rilascio del riepilogo settimanale del protocollo generale dell'ente, comprensivo sia della posta in arrivo che di quella in uscita?
La questione attiene sostanzialmente all'esercizio del diritto riconosciuto ai consiglieri comunali e provinciali dal secondo comma dell'articolo 43 del dlgs 267/2000; definito dal Consiglio di stato (sentenza n. 4471/2005) «diritto soggettivo pubblico funzionalizzato», finalizzato al controllo politico amministrativo sull'ente nell'interesse della collettività e, come tale, diverso dal diritto di accesso riconosciuto ai soggetti interessati dagli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990 allo scopo di predisporre la tutela di posizioni soggettive lese.
È, pertanto, in siffatto ambito che vanno esaminate le varie problematiche tra cui quella della tutela alla riservatezza che il comune teme possa essere violata.
I giudici amministrativi hanno ritenuto che la norma in esame non prevede alcun limite in proposito e che la riservatezza dei terzi è sufficientemente garantita da quanto ivi disposto «essendo i consiglieri tenuti al segreto non sussiste all'evidenza alcuna ragione logica perché possa essere inibito l'accesso ad atti riguardanti i dati riservati dei terzi» (Consiglio di stato 2004/2716 e 2005/5879).
Per quanto concerne il rilascio del riepilogo settimanale del protocollo generale dell'ente, comprensivo sia della posta in arrivo che di quella in uscita, si segnala che la giurisprudenza, con orientamento conforme, ha accolto alcuni ricorsi avverso il diniego opposto dall'amministrazione (cfr. Tar Sardegna n. 29/2007, 1782/2004) (Tar Lombardia, Brescia, n. 362/2005, Tar Campania, Salerno n. 26/2005), di prendere visione del protocollo generale e di quello riservato del sindaco ordinando alla stessa di consentirne la visione.
Diversamente, gli stessi giudici del Tar Sardegna, in merito alla istanza di ottenere copia di tutta la corrispondenza in arrivo e in partenza intercorrente tra il comune e gli altri enti istituzionali, l'hanno invece ritenuta inammissibile perché generica; è, infatti, onere del consigliere «avanzare richieste circostanziate e specifiche» essendo sufficiente il riferimento a una determinata e specifica questione oggetto dell'attività amministrativa del comune.
Invero l'ampiezza del diritto di accesso dei consiglieri trova delle limitazioni in quelle affermazioni giurisprudenziali che hanno ritenuto non coerenti con il mandato a essi affidato istanze che aggravano eccessivamente la funzionalità amministrativa dell'ente.
Si è dell'avviso, pertanto, alla luce del delineato orientamento giurisprudenziale, che le pretese conoscitive dei consiglieri e le evidenti esigenze di funzionalità dell'amministrazione locale sono tali da ritenere opportuno l'adozione da parte del comune di norme regolamentari in materia con la previsione di opportuni temperamenti, in modo da ricorrere a particolari modalità di esercizio del diritto diverse dal diniego all'accesso (articolo ItaliaOggi del 04.12.2009, pag. 35).

GIURISPRUDENZA

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Il confinante può chiedere al comune di concludere il procedimento avviato dal vicino.
Il caso trattato dai giudici romani è quello di un comune "inerte" da ben quattro anni. Il silenzio, serbato su una istanza di sanatoria, è stato fatto rilevare e conseguentemente condannare, non dall'istante originario bensì dal proprietario dell'immobile immediatamente adiacente a quello ove è collocata l'opera abusiva.
Il grave ritardo dell'amministrazione, dovuto ad una inevasa richiesta di integrazione, è dunque stato considerato illegittimo dai giudici amministrativi capitolini: l'amministrazione non può ritenersi assolta dall'obbligo di pronunciarsi espressamente sulla domanda né tanto meno di rinviare la decisione sulla domanda di sanatoria, in vista della possibile adozione di un non meglio individuato Piano di Assetto del Territorio.
D'altro canto "il vicino" è in una posizione giuridica qualificata e differenziata che gli permette di ricorrere avverso il silenzio serbato su una istanza presentata da altra persona. Egli è portatore di un interesse qualificato al mantenimento delle caratteristiche urbanistiche assegnate alla zona. Di conseguenza, spiegano i giudici, egli ha titolo di spiegare le azioni civili di demolizione e di impugnare la mancata adozione di misure ripristinatorie.
A queste azioni di tipo civilistico si accompagnano altre facoltà nei confronti della pubblica amministrazione; tra queste senza dubbio vi è la possibilità di sollecitare il comune ad esercitare il potere di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia spettante all'ente medesimo, adottando i necessari provvedimenti repressivi in caso di accertata inosservanza della normativa in materia, agendo in giudizio nel caso di comportamento inerte (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 04.12.2009 n. 12566 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: La concreta realizzazione degli interventi edilizi all’interno del comparto presuppone l’esistenza di uno strumento attuativo esteso all’intero comparto.
La presente controversia concerne la destinazione impressa dal P.R.G. di un Comune pugliese a un suolo appartenente agli appellanti, detto suolo è stato incluso nel comparto CB5, con scelta censurata dai proprietari con il ricorso di primo grado innanzi al TAR della Puglia.
Quest’ultimo ha disatteso le doglianze articolate nell’atto introduttivo del giudizio, principalmente sulla scorta di una ricostruzione della normativa nazionale e regionale in materia di comparti, alla cui stregua è stata ritenuta legittima la delimitazione di un comparto operata in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale.
Ma il Consiglio di Stato non ha condiviso tale interpretazione ed invero, spiegano gli stessi giudici il comparto edificatorio è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 23 della legge 17.08.1942, nr. 1150, il quale, per quanto qui interessa recita: "…Indipendentemente dalla facoltà prevista dall’articolo precedente il Comune può procedere, in sede di approvazione del piano regolatore particolareggiato o successivamente nei modi che saranno stabiliti nel regolamento ma sempre entro il termine di durata del piano stesso, alla formazione di comparti costituenti unità fabbricabili, comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni”.
Sulla base di tale disposizione, si è affermato in giurisprudenza il principio secondo cui il comparto edificatorio è uno “strumento urbanistico di terzo livello”, che presuppone la già intervenuta approvazione non solo dello strumento urbanistico generale, ma anche degli strumenti attuativi (cfr. Cons. Stato, sez. V, 03.10.1997, nr. 1092; Cons. Stato, sez. IV, 17.07.1996, nr. 860).
Rispetto a tale originario assetto normativo, secondo il giudice di primo grado sostanziali novità sarebbero state introdotte dall’art. 13 della legge 28.01.1977, nr. 10, alla cui stregua sarebbe oggi consentita la creazione di comparti edificatori anche in sede di formazione dello strumento urbanistico generale.
Tuttavia, il tenore letterale della disposizione testé richiamata non sembra autorizzare siffatta conclusione, e anzi appare piuttosto confermare le scelte del legislatore del 1942. Infatti, la norma in questione così recita: “…L’attuazione degli strumenti urbanistici generali avviene sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone -incluse o meno in piani particolareggiati o in piani convenzionati di lottizzazione- nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni”.
Orbene, se la citata disposizione ha innovato sotto altri profili, rendendo facoltativo e più flessibile lo strumento del comparto, in modo da superare le difficoltà e rigidità che ne avevano scoraggiato l’impiego fino a quel momento (circostanza peraltro rilevata dallo stesso primo giudice), essa non sembra tuttavia aver mutato la natura giuridica di fondo dell’istituto, facendone venir meno i ridetti caratteri di strumento attuativo delle scelte di pianificazione generale; né da alcuna disposizione emerge che la legislazione regionale sia stata autorizzata a introdurre previsioni derogatorie rispetto a tali caratteri essenziali.
Ma v’è di più, ché anche a voler ammettere che le Regioni nell’esercizio della propria potestà legislativa in materia di governo del territorio potessero attribuire ai comparti edificatori una funzione diversa da quella, meramente attuativa della pianificazione generale, delineata dal legislatore nazionale, è da escludere che ciò sia avvenuto in concreto ad opera della normativa regionale della Puglia rilevante nella vicenda per cui è causa. Al riguardo, il TAR ha richiamato l’art. 15 della legge regionale 12.02.1979, nr. 56, il quale al comma 4 così stabilisce: “…Il comune può procedere alla delimitazione dei comparti in sede di attuazione degli strumenti urbanistici generali, ivi compreso il Programma di Fabbricazione, ovvero in sede di formulazione del P.P.A.”.
Secondo la sentenza appellata, l’uso del termine “attuazione” nella norma testé citata sarebbe frutto di un evidente errore materiale, evincendosi dal contesto generale della disposizione che l’intento del legislatore regionale sarebbe stato quello di autorizzare la perimetrazione dei comparti già in sede di “adozione” dello strumento urbanistico generale; tuttavia, il Collegio esclude che all’interno dell’art. 15 in esame, si manifestino le discrasie e contraddizioni che hanno indotto il TAR a siffatta conclusione. In particolare, non è dato cogliere alcuna contraddizione tra la disposizione innanzi citata e quella di cui al successivo comma 5, secondo cui: “…La realizzazione degli interventi previsti nel comparto è subordinata all’approvazione di strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica o privata estesi all’intero comparto”.
Secondo il primo giudice, da tale disposizione si evincerebbe che il legislatore regionale avrebbe inteso distinguere tra il momento della delimitazione del comparto e quello della “realizzazione degli interventi” in esso previsti, precisando che solo quest’ultima dovrebbe avvenire in sede attuativa dello strumento urbanistico generale: dal che si ricaverebbe, a contrario, che invece la perimetrazione a monte dei comparti ben potrebbe essere fatta in una con la formazione dello strumento urbanistico generale.
Tuttavia, alla Sezione appare evidente che la finalità della disposizione da ultimo richiamata è altra, e segnatamente quella di assicurare che gli interventi edificatori da eseguire all’interno del comparto avvengano previa pianificazione estesa all’intero comparto, evitando la frammentazione di quest’ultimo (ciò che, peraltro, risponde alla ratio stessa dell’istituto del comparto edificatorio).
Pertanto, non può detta disposizione, ex se, autorizzare una forzatura del dato letterale del precedente comma 4 (e, quindi, a leggere “adozione” in luogo di “attuazione” dello strumento urbanistico generale).
In definitiva –e ricapitolando– il rapporto tra il comparto edificatorio e gli altri strumenti urbanistici si pone come segue:
a) a monte, è necessaria l’esistenza di uno strumento urbanistico generale (P.R.G. o P.d.F.) già approvato;
b) in sede attuativa di questo, il Comune può delimitare i comparti edificatori, contestualmente all’adozione di un piano particolareggiato ovvero anche indipendentemente da esso (ed è questa una delle novità della legge nr. 10 del 1977);
c) infine, la concreta realizzazione degli interventi edilizi all’interno del comparto presuppone l’esistenza di uno strumento attuativo esteso all’intero comparto (ad esempio, un piano di lottizzazione) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.12.2009 n. 7650 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contro gli atti di apertura di un centro commerciale di notevoli dimensioni va riconosciuta la legittimazione a ricorrere ai commercianti dei Comuni vicini.
Al centro della controversia in commento sono gli atti pianificatori interessanti la vasta area dello storico quartiere della Fiera di Milano, al quale verrà data una nuova conformazione in base ad un Accordo di Programma ed a un Programma Integrato di Intervento, presentato dal soggetto attuatore.
I ricorrenti sono cittadini abitanti nella zona contigua a quest’area, in vie ad essa limitrofe, più precisamente, le proprietà di alcuni di essi sono collocate al confine con l’area interessata dall’intervento. Ebbene, è di grande interesse, ai fini del nostro commento, la riflessione dei giudici del Tribunale amministrativo di Milano in merito alle eccezioni di difetto di legittimazione e interesse promosse dalla difesa.
Nel giudizio impugnatorio, esordiscono i giudici milanesi, la legittimazione spetta a colui che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo: l’accertamento sulla legittimazione si risolve quindi nella identificazione della posizione qualificata e differenziata del soggetto rispetto alla norma che si assume lesiva di un interesse immediato e concreto.
L'interesse al ricorso consiste, invece, in un vantaggio pratico e concreto, anche soltanto eventuale o morale, che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa. L'interesse a ricorrere, quindi, postula che l'atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, sicché esso non sussiste, con conseguente inammissibilità del ricorso, quando l'atto, ancorché avente natura provvedimentale, sia privo di immediata ed autonoma lesività.
Tale fenomeno ricorre, in particolare, quando un atto, per il suo carattere generale, non è in grado di ledere interessi singoli occorrendo successivi provvedimenti applicativi per l'individuazione dei soggetti incisi.
Nel caso di specie i giudici meneghini ritengono che entrambi i requisiti siano sussistenti. La legittimazione si correla alla qualità di abitante, allorché l’amministrazione approvi un piano o un intervento edilizio in una zona rispetto alla quale si dimostra l’esistenza di uno stabile collegamento, cioè la c.d. vicinitas.
Nel caso de quo tale requisito è stato dimostrato, in quanto, come si è detto, i ricorrenti abitano nelle vie adiacenti all’area della Fiera. L’accertamento della sussistenza dell’interesse al ricorso implica, invece, la identificazione dell’utilitas effettiva, concreta, ricavabile dall’annullamento degli atti, cioè di un vantaggio anche successivo ed eventuale, sicché l’annullamento risulti meramente strumentale rispetto alla ulteriore attività dell’Amministrazione, dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo.
In materia urbanistica, il vantaggio non è generalmente immediato, ma appunto, successivo e potenziale, essendosi in presenza di un’attività discrezionale: a seguito della rimozione dell’atto la rideterminazione dell’Amministrazione può essere più favorevole al ricorrente. L’interesse a ricorrere, infatti, presuppone la prospettazione di un vantaggio potenziale derivante dall’eventuale accoglimento del ricorso.
L’interesse al ricorso va accertato con riferimento al bene della vita al quale si aspira, in relazione non solo al potere esercitato, ma a quello che avrebbe dovuto essere esercitato e quindi anche con riferimento all’eventuale obbligo dell’amministrazione di riesaminare il provvedimento impugnato. Il bene della vita cui i ricorrenti aspirano è identificato nella migliore vivibilità, nel miglioramento della qualità della vita, che può conseguire nel vivere in un quartiere con più parcheggi, maggiori spazi verdi, un traffico regolare, meno rumore, più servizi.
Sul punto il Collegio richiama quanto già affermato da questa Sezione nella sentenza n. 4345/2009, nella controversia relativa ad un altro progetto di notevole rilevanza del Comune di Milano. Anche in tale occasione, in un giudizio promosso da abitanti delle zone limitrofe è stato riconosciuto che “Il pregiudizio che può conseguire ad un intervento di pianificazione può consistere nella possibile diminuzione di valore del proprio immobile o nella peggiore qualità ambientale”. […] “Sicuramente nel rappresentare la lesione vi è anche una valutazione soggettiva, legata alla sensibilità della persona, ma è indubbio che oggi, nel comune sentire, sia i parcheggi vicini alla propria abitazione, sia i giardini pubblici, sia le barriere naturali antirumore sono elementi che contribuiscono a migliorare la qualità della vita”. In quella occasione è stata ritenuta sufficiente per riconoscere sussistente l’interesse, la prova da parte dei ricorrenti di scarsi servizi e di un sistema viario poco funzionale, “pena la totale vanificazione della tutela avverso gli interventi di pianificazione”.
L’utilitas che perseguono i ricorrenti nel caso in esame non è meramente soggettiva, dal momento che vivere in un quartiere funzionale, con servizi, parcheggi, traffico regolare, è una aspirazione oggettiva di ogni persona. Va da sé che l’eventuale annullamento degli atti impugnati imporrebbe una rideterminazione da parte dell’Amministrazione che potrebbe orientarsi ad introdurre variazioni progettuali migliorative in tal senso.
Un’ulteriore considerazione rafforza il convincimento del Collegio lombardo sulla sussistenza dei requisiti della legittimazione e dell’interesse ad impugnare atti di pianificazione come quelli in esame: l'espressione contenuta nell'art. 10, l. 06.08.1967 n. 765, che ha novellato l'art. 31 l. 17.08.1942 n. 1150 secondo cui "(…) chiunque può (...) ricorrere contro il rilascio della licenza edilizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione (…)".
Questa espressione è stata interpretata dalla prevalente e oramai unanime giurisprudenza nel senso che tale facoltà è data a chi si trova ad essere proprietario od a vivere nella medesima zona interessata dal titolo impugnato. Anche l'intervenuta abrogazione dell'art. 31 della legge 17.08.1942, n. 1150 ad opera dell'art. 136 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non ha mutato in alcun modo la conclusione, “posto che la situazione di legittimazione ed interesse all'impugnazione di un titolo edilizio da parte dei soggetti già individuati è ormai assurta alla stregua di un principio generale dell'ordinamento”. Quindi un titolo edilizio può essere impugnato sul presupposto dello stabile collegamento del ricorrente con la zona in cui è prevista la realizzazione.
La giurisprudenza aggiunge poi che, accertata una situazione di stabile collegamento giuridico con l’area oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato, non sussiste la necessità di verificare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione. Negare allora ad un residente la possibilità di impugnare gli atti di un piano attuativo, che, oltre a prevedere interventi edilizi, contiene anche una più ampia disciplina del territorio, significherebbe accordare una maggior tutela per interventi minori (id est quelli edilizi) rispetto a quelli che investono ampi spazi, riqualificano quartieri, con conseguenze che si estendono oltre il perimetro oggetto del piano.
Questo non implica l’introduzione di un’azione popolare nell’ambito urbanistico, perché non si tratta di consentire il mero ripristino della legalità violata, ma soltanto di riconoscere ai residenti la possibilità di subire una lesione dall’attività di pianificazione, con il relativo vantaggio, seppur mediato, nel caso di annullamento degli atti. Un’ulteriore argomentazione introdotta dai ricorrenti è condivisibile, laddove sottolineano lo stretto rapporto tra residenza e interesse allo standard.
Nella decisione n. 7/2007 l’Adunanza Plenaria, nell’affrontare l’annosa questione della reiterazione dei vincoli espropriativi, ha affermato che “quando sono reiterati in blocco i vincoli decaduti già riguardanti una pluralità di aree, la sussistenza di un attuale specifico interesse pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate a standard (indispensabili per la vivibilità degli abitanti)”. Ciò significa che l’insufficienza delle aree a standard costituisce valida motivazione per la reiterazione del vincolo e il sacrificio imposto al proprietario trova una valida giustificazione nell’interesse dei consociati ad avere i giusti spazi pubblici. Non è quindi una forzatura riconoscere che ogni residente ha un interesse al rispetto delle disposizioni che prevedono l’introduzione degli standard, di cui può godere, sempre con il limite del collegamento territoriale. Nell’ottica di una non lesione del diritto di difesa, si colloca il recente orientamento del Consiglio di Stato nel settore delle grandi strutture di vendita, dove è stato introdotto un “ampliamento” della legittimazione.
Affermano i Giudici di Palazzo Spada che avverso gli atti di apertura di un centro commerciale di notevoli dimensioni, va riconosciuta la legittimazione non solo ai commercianti siti nell'area nella quale la nuova struttura commerciale è stata autorizzata a collocarsi, ma anche agli esercenti dei Comuni viciniori. In considerazione dell’impatto economico prodotto da centri di tale natura, delle sue implicazioni urbanistiche e delle conseguenze sulla qualità della vita di coloro che per residenza, attività lavorativa e simili sono in durevole rapporto con la zona in cui sorge la nuova opera, “il bacino di utenza da prendere in considerazione, ai fini del riconoscimento del pregiudizio che radica l'interesse al ricorso giurisdizionale, può estendersi per un raggio di decine di chilometri, che necessariamente travalica gli ambiti tracciati ai fini della programmazione degli insediamenti commerciali“.
Se si parte dal principio di riconoscere una posizione legittimante all’impugnazione in base ad interessi esclusivamente economici, ampliando territorialmente la cerchia dei soggetti legittimati all’azione, ne consegue necessariamente che la medesima posizione debba essere riconosciuta a chi vuole tutelare un interesse, come quello della qualità della vita (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.11.2009 n. 5171 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Risarcibile al dirigente il danno da demansionamento. Costituisce demansionamento, ed è risarcibile, il passaggio del dirigente da compiti operativi di direzione e responsabilità ad attività di consulenza e studio?
Costituisce demansionamento il passaggio da compiti operativi di responsabilità a quelli di mera consulenza ovvero di rappresentanza e, conseguentemente, in tali ipotesi il dirigente può essere risarcito del c.d. danno alla professionalità.
La liquidazione del danno alla professionalità non può prescindere dalla prova da parte del lavoratore dell'esistenza del danno e del nesso causale tra lo stesso e il demansionamento. Inoltre, trattandosi di danno non patrimoniale, deve essere evitata qualsiasi duplicazione con altre voci di danno non patrimoniale che abbiano la medesima fonte causale (Corte di Cassazione, Sez. civile lavoro, sentenza 30.09.2009 n. 20980 - link a
www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 14.12.2009

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il 31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file 1 - file 2).
ATTENZIONE: se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno 2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per adottare la determinazione nell'intento di avere una maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché "
l'indice di costo di costruzione di un fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova base" (comunicato ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de qua prima di dimenticarsi ...

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Dall'ISPESL il glossario della Sicurezza e della Salute nei luoghi di lavoro.
Sono numerosissimi i provvedimenti normativi (norme e regolamenti sia nazionali che internazionali) che utilizzano termini di provenienza tecnica e che, pertanto, necessitano in qualche caso di chiarimenti e specificazioni.
In quest'ottica, l'Ispesl ha selezionato numerosi termini, utilizzati nell'ambito delle normative vigenti in materia di sicurezza del lavoro, realizzando un "glossario della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro", a servizio di tutti coloro che si interessano di prevenzione infortuni e di malattie professionali nei luoghi di lavoro (come ad esempio: Datori di lavoro, RSPP, ASPP, RLS, ecc.) (link a
www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: La nuova GUIDA ISPESL per l'esecuzione in sicurezza delle attività di scavo.
L'ISPESL ha reso disponibile una linea guida per l'esecuzione in sicurezza delle attività di scavo.
La guida offre agli operatori del settore uno strumento utile per una migliore conoscenza dei rischi presenti nelle varie attività di scavo e delle misure di prevenzione da adottare.
Le attività di scavo presentano una serie di problematiche che non permettono una esecuzione improvvisata e non accuratamente programmata.
Durante le attività di scavo, sebbene siano disponibili sia tecnologie che normative atte ad adottare metodologie di lavoro sicure, si verificano sovente infortuni causati per lo più da procedure o abitudini errate nell'utilizzo delle macchine e delle attrezzature (link a
www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 49 dell'11.12.2009, "Approvazione del documento «Linee guida per l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 6 del d.lgs. 193/2007 e per l'interpretazione di alcuni requisiti di cui agli allegati ai Regolamenti (CE) nn. 852 e 853/2004»" (decreto D.G. 03.12.2009 n. 13100 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. ord. al n. 49 del 09.12.2009 "Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica" (L.R. 04.12.2009 n. 27 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 48 del 04.12.2009 (link a www.infopoint.it):
- "Definizione e determinazione dei servizi ambientali erogati dai Consorzi forestali, in applicazione dell'art. 56 della l.r. 31/2008" (deliberazione G.R. 09.11.2009 n. 10474);
- "Definizione e determinazione dei servizi ambientali erogati dai Consorzi forestali: procedure per l'erogazione del premio" (decreto D.S. 23.11.2009 n. 12344).

QUESITI & PARERI

ENTI LOCALI: Terzo mandato sindacale.
Il sindaco del Comune (omissis), interessato da elezioni alla prossima tornata elettorale primaverile, giunto al termine del secondo mandato, manifesta la propria intenzione di ricandidarsi qualora la sua ricandidatura fosse possibile a fronte della seguente peculiare situazione:
- il primo ed il secondo mandato sono stati intervallati da un periodo di circa 10 mesi in cui il Comune è stato retto da un commissario prefettizio. L’elezione era stata dichiarata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti. Alle elezioni si erano presentate tre liste (una delle quali aveva il sindaco uscente come candidato sindaco). Due delle tre liste (fra cui quella del sindaco istante) furono “respinte” e non poterono presentarsi al voto, poiché avevano un numero di candidati consiglieri inferiore al minimo di legge. Rimase una sola lista. L’elezione, poi, non raggiunse il quorum minimo dei votanti e fu dichiarata nulla.
Il parere del Consiglio di Stato n. 1137/2005 escluderebbe la ricandidatura (l'elezione dichiarata nulla non avrebbe prodotto effetto), ma la questione va riconsiderata alla luce della sentenza della Cassazione Civile, sez. I del 05.07.2007, n. 13181/2007, che si discosta dichiaratamente da quanto ritenuto dal Consiglio di Stato, Sez. I.
Per la Cassazione, il divieto d’elezione del sindaco per il terzo mandato consecutivo, si applica nelle ipotesi di continuità temporale della carica politica. Ne deriva che la sequenzialità ostativa alla terza ricandidatura è interrotta da una tornata elettorale, alla quale il sindaco uscente non abbia partecipato, anche se, poi, viene caducata, per non aver raggiunto il quorum utile dei votanti.
Il sindaco istante ritiene che il caso del proprio Comune sia identico alla vicenda su cui si è espressa la Suprema Corte, anche se la gestione commissariale si è avuta fra il primo e il secondo mandato e non già alla fine del secondo mandato, come nel caso analizzato dalla Cassazione. Ritiene comunque che in concreto le due fattispecie siano equivalenti e paragonabili: la vicenda commissariale è insorta per la medesima ragione (elezione dichiarata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti).
Riferisce che l'Anci, contattata dal Comune, ha rilasciato un parere in cui afferma che “la situazione è simile” e che la gestione commissariale “ha in effetti fatto divenire non <immediatamente successiva> la partecipazione ad una nuova consultazione elettorale, ma ha anche suggerito “data l'assoluta singolarità del caso” di sottoporre il quesito al Ministero dell'Interno (Regione Piemonte, parere n. 113/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Applicazione artt. 16-17 D.P.R. 380/2001 in area agricola.
E’ chiesto parere in merito all’applicazione degli artt. 16 e 17 del D.P.R. n. 380/2001 in area agricola.
Il Comune richiedente presenta, in particolare, tre quesiti del seguente tenore:
1) con riferimento ai requisiti delle figure professionali operanti in agricoltura, si chiede di chiarire quali siano i casi di esenzione al pagamento del contributo di costruzione di cui all’art. 17, comma 3, lettera a) del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.;
2) in caso di applicazione del contributo di costruzione in area agricola, si chiede di chiarire quali siano i parametri da utilizzare per il calcolo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione di cui all’art. 16 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i.;
3) in caso di applicazione del contributo di costruzione in area agricola, si chiede di chiarire se sia comunque richiesta la presentazione dell’atto di impegno previsto dall’art. 25, comma 7, della L.R. 56/1977 e s.m.i. (Regione Piemonte, parere n. 110/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Trasformazione area e regolarizzazione porticato costruito dall'ente.
Vengono posti due distinti quesiti: l’uno avente ad oggetto le modalità di trasformazione di un area –pervenuta al Comune a mezzo di legato testamentario– qualificata “a servizi” nel PRGC, in terreno edificabile; l’altro inerente la possibilità di “regolarizzare” un porticato, costruito dal medesimo Ente a confine con un fondo di proprietà privata, in riferimento al quale non si rinviene documentazione (Regione Piemonte, parere n. 108/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Acquisto immobile. Proprietà in capo al vice sindaco.
Il Comune (omissis) chiede se sia possibile acquistare un immobile da destinare, previa ristrutturazione, a residenza per anziani anche se la proprietà del suddetto immobile risulta in capo all'attuale vice-sindaco di questo Comune (Regione Piemonte, parere n. 104/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

NEWS

APPALTILA P.A. DEVE INOLTRARE LA RICHIESTA DI ACCESSO AL FONDO PER L’ADEGUAMENTO DEI PREZZI DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE ENTRO IL 16.12.2009 - D.M. 19.08.2009 (link a www.ancebrescia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, E’ SEMPRE NECESSARIA L’ATTIVITA’ DISCREZIONALE (QUANTO E QUALE) DELL’ORGANO AUTORIZZATORIO: PER COMINCIARE (PRIMA DI TEORIZZARE) ALCUNI CASI PRATICI - (prima parte) (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. L. Vergine, Il reato di omessa bonifica: due decisioni interrompono un prolungato silenzio (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, Il silenzio assenso ex art. 13 L. 394/1991 è costituzionalmente illegittimo? Breve commento alla decisione del Consiglio di Stato n. 6591 del 2008 (link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: P. Grendene, E il Tar fa parlare il muto (anche se è un Comune). E questo paga spese e danni.
"Un bel tacer non fu mai scritto" insegnavano un tempo i genitori ai figli e ancora oggi qualche Comune ritiene l'ostinato silenzio un ottimo esempio di buona amministrazione. Il TAR del Veneto, però, non ci sente e, a modo suo, fa parlare il muto. La sentenza del TAR Veneto n. 3412 del 2009 spiega come avviene il miracolo
(link a http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: D. Scalera, Considerazioni al documento base dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici sul tema: requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI SERVIZI: M. F. Monterossi, Società partecipate da una pluralità di enti pubblici e affidamento in house: brevi note in tema di effettività del controllo alla luce di una recente sentenza del Consiglio di Stato (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: R. Greco, La riforma della legge 241/1990, con particolare riguardo alla legge 69/2009: in particolare, le novità sui termini di conclusione del procedimento e la nuova disciplina della CONFERENZA DEI SERVIZI (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Illegittima la clausola che impone un’evidente ed irragionevole aggravamento procedimentale alle imprese partecipanti alla gara (link a www.mediagraphic.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Estinzione reato e condono.
A norma dell’articolo 39, comma ottavo, della legge n. 724 del 1994, l’estinzione del reato paesaggistico si determina solo a seguito del rilascio esplicito della concessione o dell’autorizzazione, posto che a norma dell’articolo 39 della legge n. 47 del 1985 l’oblazione interamente versata e ritenuta congrua dall’amministrazione, in relazione all’immobile effettivamente realizzato, determina l’estinzione dei soli reati edilizi di cui all’articolo 38 della citata legge.
Da ciò consegue che l’autorizzazione paesaggistica prevista per l’estinzione del reato di cui all’articolo 1-sexies della legge n. 431 del 1985 non può ottenersi attraverso la formazione del silenzio assenso anche nel caso in cui il Comune sia stato subdelegato dalla Regione all’emissione del parere prescritto (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.12.2009 n. 46093 - link a
www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle norme statali e regionali, segnatamente L. 289/2002 e L.R. Puglia 33/2006, che prevedono l'affidamento di impianti sportivi comunali "in via preferenziale" a società sportive.
In tema di concessione di servizi ex art. 30 dlgs. 163/2006, non è precluso all'Amministrazione di di avvalersi della gara pubblica.

L'art. 90, c. 25, della L. 289/2002, e l'art 19 della L.R. Puglia 33/2006, prevedono che nei casi in cui un comune non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata "in via preferenziale" a società e associazioni sportive, tuttavia, le disposizioni richiamate, contraddistinte entrambe dal termine "preferenziale", impongono di prevedere agevolazioni o punteggi aggiuntivi per i soggetti favoriti ma non proibiscono ad altri organismi di partecipare alla gara.
Lo schema della gara informale, richiamato dall'art. 30 d.lgs. 163/2006, in tema di concessione di servizi, costituisce un modulo procedimentale caratterizzato da ampia discrezionalità dell'amministrazione; di conseguenza, nella fissazione delle regole della selezione concorsuale -al fine di realizzare "i principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici"- l'Amministrazione ben può scegliere di avvalersi di un modello predefinito, quale quello della gara pubblica, che lo stesso legislatore ha tipizzato come espressione massima dei principi di trasparenza e concorrenzialità. L'esigenza della gara informale corrisponde infatti alla ratio di garantire uno standard minimo di concorrenzialità ma non inibisce all'Amministrazione il ricorso a procedure maggiormente aperte e trasparenti; tale ratio è confermata dallo stesso art. 30, quarto comma, dove sono fatte salve "discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza" (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 27.11.2009 n. 2868 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costituzione di parte civile.
In tema di risarcimento del danno il soggetto legittimato all’azione civile è il danneggiato che non necessariamente si identifica con il soggetto passivo del reato in senso stretto, ma è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato. Per la costituzione di parte civile del proprietario confinante nei procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi si è positivamente espressa anche lo Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’azione risarcitoria è prevista non solo nelle ipotesi di cui all’art. 873 c.c.. (violazione delle distanze nelle costruzioni), ma anche secondo la disposizione dell’art. 872 cod. civ. "in base al quale- con riferimento alla violazione delle normative di cui al precedente art. 871, concernenti le regole da osservarsi nelle costruzioni- indipendentemente dalle distanze" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.11.2009 n. 45295 - link a
www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 20 del d. P. R. 06.06.2001 n. 380, che ha previsto che le domande di permesso di costruire debbano essere esaminate e definite entro termini ben definiti, trascorsi i quali, in base al disposto del comma 9, “sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio–rifiuto”, va interpretato nel senso che, trascorso tale termine, non si è di fronte ad un silenzio reso significativo dalla legge in termini di diniego implicito della pretesa avanzata, ma ad un silenzio–inadempimento; il che comporta da un lato che l'Amministrazione competente, pur dopo lo spirare del termine legalmente assegnatole per la conclusione del procedimento di cui all’art. 20 del d. P. R. n. 380 del 2001, non perde il potere di determinarsi espressamente sulla domanda di permesso di costruire, e dall’altro che la parte privata può ricorrere ai sensi dell’art. 21-bis della l. n. 1034 del 1971.
Il Comune di Castellabate è rimasto inerte sull’istanza di permesso di costruire.
Giusta indicazione emergente dal comma 9° dell'art. 20 DPR 380/2001 a mente della cui previsione: “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio rifiuto”, nella specie deve ritenersi formato, per l’appunto, il silenzio rifiuto, giustiziabile in sede amministrativa, alla luce anche della disciplina, contenuta negli artt. 2 e 3 della l. 241/1990, che obbliga l’Amministrazione a concludere il procedimento attivato ad istanza di parte, con un provvedimento espresso e motivato.
Nello stesso senso, si consulti anche la seguente, recente, massima: “L’art. 20 del d.P.R. 06.06.2001 n. 380, che ha previsto che le domande di permesso di costruire debbano essere esaminate e definite entro termini ben definiti, trascorsi i quali, in base al disposto del comma 9, “sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio–rifiuto”, va interpretato nel senso che, trascorso tale termine, non si è di fronte ad un silenzio reso significativo dalla legge in termini di diniego implicito della pretesa avanzata, ma ad un silenzio–inadempimento (un silenzio, cioè, che esprime piuttosto l’inerzia dell’Amministrazione quanto al suo obbligo generale di concludere, entro termini certi, il procedimento con un provvedimento espresso); il che comporta da un lato che l'Amministrazione competente, pur dopo lo spirare del termine legalmente assegnatole per la conclusione del procedimento di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001, non perde il potere di determinarsi espressamente sulla domanda di permesso di costruire, e dall’altro che la parte privata può ricorrere ai sensi dell’art. 21-bis della l. n. 1034 del 1971” (TAR Campania Napoli, sez. II, 31.03.2009, n. 1693).
Si ricordi, inoltre, che: “Ai sensi dell’art. 2 l. n. 241 del 1990 come modificato dall’art. 3, comma 6-bis, l. 14.05.2005 n. 80, gli interessati possono proporre il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione senza la necessità della previa diffida e ciò dal momento in cui matura l’inadempimento sulla domanda dell’amministrato fin tanto che l’inadempimento medesimo perdura, comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini rimessi alla p. a. per pronunciarsi” (TAR Liguria, sez. I, 08.04.2009, n. 620) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 24.11.2009 n. 6911 - link a
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APPALTI: Appalti di servizi e di forniture devono avere autonoma capacità finanziaria e non possono avvalersi dei requisiti finanziari delle imprese consorziate.
E' legittima l'esclusione di un consorzio stabile da una gara per l'affidamento del servizio di pulizia di alcuni immobili in quanto il consorzio, oltre a non aver indicato le imprese in nome e per conto delle quali ha partecipato alla gara, ha indicato "quale requisito economico del fatturato globale e specifico, la sommatoria dei fatturati delle proprie consorziate e non il proprio".
I consorzi che partecipano alle gare pubbliche per l'affidamento di appalti di servizi e di forniture devono avere autonoma capacità finanziaria e non possono avvalersi dei requisiti finanziari delle imprese consorziate.
L'art. 36 del D.L.vo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici), che prevede la possibilità di avvalersi dei requisiti finanziari delle consorziate, si riferisce, infatti, alle sole gare per l'affidamento di appalti di lavori, mentre negli altri casi (appalti servizi e forniture) si applica il precedente art. 35 del codice dei contratti secondo cui i requisiti di idoneità tecnica per l'ammissione alle gare devono essere posseduti e comprovati dai consorzi, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera e all'organico medio annuo, i quali solo sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole consorziate (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 23.11.2009 n. 11482 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA1. In materia di DIA, la legge n. 80/2005, nel riformulare l’art. 19 l. n. 241/1990, ha precisato che la P.A. può vietare lo svolgimento dell’attività ed ordinare l’eliminazione degli effetti già prodotti anche dopo che è scaduto il termine di 30 giorni. Lo potrà fare, però, soltanto se vi sono i presupposti per l’esercizio del potere di autotutela (in particolare dell’annullamento d’ufficio) e, quindi, entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico.
2. L’ordine di inibizione dei lavori, nell’ipotesi di presentazione della d.i.a., deve indicare le motivazioni per cui i lavori, così come indicati in progetto, non possono essere eseguiti, al fine di consentire all’interessato di presentare un nuovo progetto, conforme alle prescrizioni indicate.
3. Il Comune può inibire la realizzazione delle opere nel termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA il cui termine è da considerarsi perentorio, con la conseguenza che, oltre detto termine, il potere di riscontro a fini inibitori attribuito alla PA è esaurito e la stessa può provvedere solo con l'esercizio del potere di autotutela e al generale potere di controllo sulle attività di trasformazione edilizia del territorio.
1.
Giova una breve premessa in ordine all’istituto giuridico della d.i.a e ai poteri che all’amministrazione competono nell’ambito del relativo procedimento, ai tempi per il loro esercizio, essendosi al riguardo fronteggiati diversi orientamenti.
Come noto, la denunzia di inizio attività è stata introdotta nel nostro ordinamento, nell’ambito della semplificazione dell’attività amministrativa con la legge. n. 241/1990 che all’art. 19 ha previsto che qualora l’esercizio di un’attività privata sia subordinato ad un atto di consenso, comunque denominato, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e requisiti di legge, questo è sostituito da una denuncia di inizio attività da parte dell’interessato.
A seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 35 del 2005, l’interessato prima di dare inizio all’attività oggetto della d.i.a. deve inoltrare all’Amministrazione competente una dichiarazione corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste ed attendere lo scadere del termine di 30 giorni, decorrenti dalla data della presentazione della dichiarazione; l’Amministrazione può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità solo qualora non siano attestati in documenti già in possesso della stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni; allo spirare dell’anzidetto termine di 30 giorni, l’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata ma, contestualmente all’inizio, l’interessato deve darne comunicazione all’Amministrazione competente, la quale ha il potere di adottare “nel termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti”, salvo che ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro un termine fissato dall’Amministrazione, che non può essere inferiore a 30 giorni; nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o di enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti è sospeso, dandosene comunicazione all’interessato, fino ad un massimo di 30 giorni, scaduti i quali, l’Amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere; è fatto salvo comunque il potere dell’Amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. 241/1990; sono comunque fatte salve le vigenti disposizioni di legge che prevedono termini diversi per l’inizio dell’attività e per l’adozione, da parte dell’Amministrazione competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti.
La denuncia di inizio attività in materia edilizia è attualmente disciplinata dagli artt. 22 e 23 T.U. dell’Edilizia – D.P.R. n. 380/2001: l’interessato deve presentare la denuncia almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori ed il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro tale termine sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, “notifica all’interessato l’ordine di non effettuare il previsto intervento”.
A norma dell’art. 23 T.U. la denuncia di inizio attività, presentata allo sportello unico dal proprietario dell’immobile o da chi abbia tiolo per avvalersi del regime della denuncia di inizio attività, deve essere accompagnata dagli opportuni elaborati progettuali e da una dettagliata relazione, a firma di un progettista abilitato -che asseveri la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati o il non contrasto con gli strumenti urbanistici adottati e con i regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle nome di sicurezza e di quelle igienico sanitarie- e dall’indicazione dell’impresa cui si intendono affidare i lavori.
Qualora l’interevento oggetto di denuncia di inizio attività sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete (anche in via di delega) alla stessa Amministrazione comunale, l’anzidetto termine di 30 giorni decorre dal rilascio del relativo atto di assenso ed in mancanza di siffatto provvedimento favorevole la denuncia è priva di effetti; qualora invece la tutela del vincolo non spetti all’Amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il competente Ufficio del Comune deve convocare una conferenza di servizi e l’anzidetto termine di 30 giorni decorre dall’esito della conferenza. In caso di esito non favorevole la denuncia è priva di effetti.
In merito alla natura giuridica della d.i.a. si sono contrapposti diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo un primo orientamento, la d.i.a. si tradurrebbe direttamente nell'autorizzazione implicita all'effettuazione dell'attività, in virtù di una valutazione legale tipica, con la conseguenza che i terzi potrebbero agire innanzi al giudice per chiedere l'annullamento della determinazione formatasi in forma tacita (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 25.11.2008, n. 5811; Cons. Stato, sez. IV, 29.07.2008, n. 3742; Cons. Stato, sez. IV, 12.09.2007, n. 4828; Cons. Stato, sez. VI, 05.04.2007, n. 1550).
Si tratterebbe, quindi, di un istituto del tutto peculiare, comunque assimilabile ad una istanza autorizzatoria, che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un “titolo”, cioè di un provvedimento tacito di accoglimento di una siffatta istanza, che rende lecito l'esercizio dell'attività, (in questi termini, Cons. Stato, sez. IV, 25.11.2008, n. 5811).
Secondo questa impostazione, la d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell'attività, ma rappresenta una semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, sub specie dall'autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso di un termine (30 giorni) della presentazione della denunzia.
Secondo altro orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato sez. VI; 04.09.2002 n. 4453; sez. VI, 26.07.2004, n. 5326; sez. IV, 22.07.2005, n. 3916; da ultimo Sezione VI n. 717/2009) la d.i.a., in è un atto di un soggetto privato e non di una pubblica amministrazione, che ne è invece destinataria, e non costituisce, pertanto, esplicazione di una potestà pubblicistica. L’Amministrazione non rilascia nessun atto di assenso, dovendo solo verificare la sussistenza dei prescritti requisiti affinché l’interessato possa autonomamente intraprendere la preannunciata attività quale espressione del suo diritto legislativamente prefigurato.
Tale orientamento è basato sul fondamentale rilievo che se la d.i.a. fosse davvero un atto destinato ad avviare un procedimento destinato a concludersi con un provvedimento di accoglimento per silentium, tra d.i.a. e silenzio-assenso sarebbe arduo cogliere una sostanziale differenza. Al contrario, la legge n. 241/1990 li contempla in due articoli differenti, il 19 e il 20, così mostrando di voler tenere distinti i due istituti e di attribuire loro una diversa funzione: mentre con la d.i.a. si attua una liberalizzazione dell’attività privata non più soggetta ad autorizzazione, il silenzio assenso non incide in senso abrogativo sul regime autorizzatorio, ma costituisce una mera semplificazione procedimentale, prevedendo una modalità di conseguimento dell’autorizzazione equipollente ad un provvedimento esplicito di accoglimento.
Quanto agli opposti argomenti invocati a sostegno della natura provvedimentale della d.i.a. -fondati soprattutto sulla constatazione che il legislatore fa più volte riferimento all’esercizio di un potere di autotutela (normalmente di annullamento di ufficio) che ha per oggetto proprio la denuncia di inizio di attività, autotutela decisoria che, in quanto attività amministrativa di secondo grado, presupporrebbe l’esistenza di un atto amministrativo- secondo tale secondo orientamento giurisprudenziale non deve essere enfatizzato il riferimento compiuto dal legislatore al potere di autotutela. Ed invero l’art. 19 l. n. 241/1990, che richiama gli artt. 21-quinquies e 21-nonies, e le norme del T.U. edilizia che prevedono l’annullamento d’ufficio della d.i.a., non hanno, in realtà, voluto sancire implicitamente la natura provvedimentale di tale fattispecie.
Richiamando l’autotutela (e, in particolare, l’annullamento d’ufficio), il legislatore, più che prendere posizione sulla natura giuridica dell’istituto, ha voluto solo chiarire che, anche dopo la scadenza del termine perentorio di 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio, la P.A. conserva un potere residuale di autotutela, da intendere, però, come potere sui generis, che si differenzia della consueta autotutela decisoria proprio perché non implica un’attività di secondo grado insistente, su un procedente provvedimento amministrativo.
Il riferimento agli artt. 21-quinquies e 21-nonies l. n. 241/1990, contenuto nella l. n. 241/1990 consente alla P.A. di esercitare un potere che tecnicamente non è di secondo grado, in quanto non interviene su una precedente manifestazione di volontà dell’amministrazione, ma che con l’autotutela decisoria condivide soltanto i presupposti e il procedimento.
In questo senso, deve ritenersi che il richiamo agli artt. 21-quinquies e 21-nonies vada riferito alla possibilità di adottare non già atti di autotutela in senso proprio, ma di esercitare i poteri di inibizione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, nell’osservanza dei presupposti sostanziali e procedimentali previsti dal tali norme (in tal senso Consiglio di Stato, Sezione VI n. 717/2009; in senso analogo Tar Campanaia Napoli, sez. III, 27.01.2006 n. 1131; Tar Campania-Napoli, sez. IV, 22.02.2006, n. 3200).
In tal modo, il legislatore, nel recepire l’orientamento giurisprudenziale che ammetteva la sussistenza in capo alla P.A. di un potere residuale di intervento anche dopo la scadenza dl termine, si preoccupa di tutelare l’affidamento che può essere maturato in capo al privato per effetto del decorso del tempo. Ed invero, la d.i.a., pur essendo un atto che proviene da un privato, è comunque suscettibile, a causa del decorso del tempo e del mancato tempestivo esercizio del potere inibitorio da parte della P.A., di consolidare, analogamente a quanto potrebbe fare un provvedimento espresso, un affidamento meritevole di protezione.
Pertanto, superando anche i dubbi interpretativi in passato da qualcuno sollevati circa l’esistenza di un residuo potere di intervento da parte della p.a. una volta scaduto il termine perentorio di 30 gg., la legge n. 80/2005, nel riformulare l’art. 19 l. n. 241/1990, ha precisato che la P.A. può vietare lo svolgimento dell’attività ed ordinare l’eliminazione degli effetti già prodotti anche dopo che è scaduto tale termine perentorio. Lo potrà fare, però, soltanto se vi sono i presupposti per l’esercizio del potere di autotutela (in particolare dell’annullamento d’ufficio) e, quindi, entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico.
Quanto alla tutela dei terzi controinteressati, per una parte di tale orientamento giurisprudenziale, non venendo in rilievo un atto tacito di assenso della P.A., la d.i.a non sarebbe direttamente impugnabile dai terzi, i quali potrebbero solo ricorrere all’istituto giuridico del silenzio rifiuto, al fine di sollecitare l’esercizio dei poteri repressivi ad opera della P.A., mentre secondo il più recente e condivisibile orientamento giurisprudenziale, gli stessi potrebbero agire direttamente innanzi al G.A. con un’azione di accertamento (sull’inesistenza dei presupposti per la D.I.A. o sulla violazione della normativa urbanistica od edilizia) da esperirsi peraltro nel termine di decadenza, trattandosi pur sempre di azione di accertamento vertente in materia di interessi legittimi (così da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, n. 717/2009 cit.).
Peraltro tale problematica deve intendersi risolta a seguito della recente modifica apportata all’art. 19, comma 5, della l. 241/1990 dalla l. n. 69 del 2009 in forza della quale “Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20”, per cui al di là delle implicazioni sulla natura giuridica della d.i.a., sottese a tale modifica, deve ritenersi che il legislatore. con detta norma (da intendersi di interpretazione autentica), abbia inteso sicuramente assimilare, in riferimento alla tutela dei terzi, il regime del silenzio assenso e quello della denuncia di inizio attività.
Costante è invece in giurisprudenza l’affermazione circa la perentorietà del termine di 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio, residuando, un volta decorso tale termine, in capo all’Amministrazione i poteri di vigilanza e repressivi, da esercitarsi come detto, in ragione della previsione di cui all’art. 19 l. 241/1990, nel rispetto dei principi propri dell’autotutela.
Il Collegio ritiene che, ai fini del calcolo del dies a quo per l’esercizio dei poteri inibitori, debba prendersi in rilievo il tempo in cui l’ordine inibitorio viene notificato al destinatario e non possa pertanto farsi riferimento alla mera adozione del provvedimento inibitorio come è d’altra parte dato evincere dal chiaro tenore letterale dell’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001 (cfr. in tal senso Tar Lazio–Roma, sez. II-bis, 08.10.2008 n. 8840, che ha ritenuto tardivo il ricorso al potere inibitorio –anziché al potere di autotutela- qualora la comunicazione dell’ordine di inibizione sia intervenuta oltre i trenta giorni dalla presentazione della d.i.a.).
D’altra parte detta opzione ermeneutica è coerente con la disciplina del Testo Unico che ha unificato il regime della decorrenza degli effetti, portando a 30 giorni il termine entro il quale l’amministrazione è tenuta ad esercitare il proprio potere di controllo preventivo e dal quale decorre per il denunciante la possibilità di iniziare legittimamente i lavori (come evidenziato da Consiglio di Stato, sez. V, 29.01.2004, n. 308), unificazione che verrebbe di fatto vanificata laddove l’Amministrazione possedesse un ulteriore lasso dei tempo per portare il provvedimento inibitorio a conoscenza del destinatario che, decorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della dichiarazione, potrebbe legittimamente iniziare i lavori, facendo affidamento sull’esito positivo della verifica affidata all’Amministrazione nei 30 giorni dalla presentazione dalla d.i.a..
Peraltro, anche a voler ritenere che laddove la P.A. faccia ricorso, al pari dei soggetti privati, alla notifica a mezzo posta o alla notifica a mezzo ufficiale giudiziario, la notifica debba intendersi compiuta, per il notificante con la consegna del documento oggetto di notifica all’ufficiale giudiziario o all’agente postale, in coerenza con la scissione delineatasi nella giurisprudenza della Corte Costituzionale dei termini per la notifica, avuto riguardo alla diversa situazione del notificante e del destinatario –soluzione questa peraltro problematica dal punto di vista della non coincidenza fra il termine della comunicazione dell’ordine inibitorio e quello per l’inizio dei lavori- detta scissione non può essere riscontrata laddove, come nella specie, il Comune si avvalga della notifica a mezzo messo comunale. Infatti in tale ipotesi, solo con l’avvenuta consegna, l’atto da notificare esce dalla sfera di disponibilità dell’Amministrazione comunale, essendo il messo comunale dipendente della medesima Amministrazione.
2. Sia la clausola generale di salvaguardia dei diritti dei terzi sia le disposizioni che disciplinano l'attività di controllo che i Comuni devono apprestare a seguito di presentazione, da parte di un privato, di denuncia d'inizio attività, non precludono all'ente locale di esercitare -sull'attività urbanistica ed edilizia realizzata nell'ambito territoriale comunale- il generale potere di vigilanza di cui è espressione l'art. 4 L. n. 47 del 1985, ora trasfuso nell'art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Sulla base di questa disposizione, il Comune ha il potere di sospendere immediatamente i lavori assentiti qualora accerti la non rispondenza degli stessi alle norme di legge e/o degli strumenti urbanistici e dei regolamenti comunali, nonché alle modalità esecutive fissate nel titolo edilizio.
Tale potere può essere esercitato dal Comune anche a seguito di presentazione di D.I.A., dato che il peculiare regime procedimentale proprio di tale istituto non fa venire meno, o meglio non esime l'ente locale dal più generale dovere di vigilanza ed eventuale repressione sull'attività urbanistico-edilizia svolta all'interno del territorio comunale (v. TAR Campania-NA- sez. IV, 27/03/2006 n. 3200, TAR Lazio-RM- sez. II, 21/07/2005 n. 5810; TAR Sicilia-CT- sez. I, 18/04/2005 n. 672; Tar Emilia Romagna–Parma, sent. n. 612/2007).
Sotto tale profilo nell’ipotesi in cui i lavori interessino una strada interessata da pubblico transito, modificandone l’assetto, la normativa del codice della strada va ad integrare la normativa in materia urbanistico–edilizia.
Del pari infondata è la censura laddove si deduce che alcuna indicazione poteva dare il Comune in ordine alle modifiche da apportare al progetto.
Ed invero l’ordine di inibizione dei lavori, nell’ipotesi di presentazione della d.i.a., deve indicare le motivazioni per cui i lavori, così come indicati in progetto, non possono essere eseguiti, al fine di consentire all’interessato di presentare un nuovo progetto, conforme alle prescrizioni indicate. Ciò d’altra parte è coerente con lo stesso tenore letterale dell’art. 23, comma 6, d.p.r. 380/2001, seconda parte, a mente del quale “è comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia”, dovendo le norme in materia urbanistica considerarsi integrate, come innanzi precisato, qualora si incida sull’assetto stradale, dalla normativa del codice della strada.
Dette considerazioni sono avvalorate dalla circostanza che nell’ambito del procedimento instaurato a seguito della presentazione della d.i.a. non vi è spazio, in considerazione anche della brevità del termine assegnato alla P.A. per l’esercizio del potere di verifica ex art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001, non suscettibile di sospensioni procedimentali se non nell’ipotesi normativamente previste (qualora il bene interessato dai lavori sia soggetto a vincolo), per la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ex art. 10-bis l. 241/1990, per cui lo stesso ordine inibitorio si pone come sostitutivo della comunicazione dei motivi di diniego (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4828 del 2007).
3. Sulla base dell'orientamento conforme della giurisprudenza in materia edilizia, il Comune può inibire la realizzazione delle opere nel termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA, ai sensi della predetta disposizione del T.U. in materia edilizia, termine da considerarsi perentorio, con la conseguenza che, oltre detto termine il potere di riscontro a fini inibitori attribuito alla PA è esaurito e la stessa può provvedere solo con l'esercizio del potere di autotutela e al generale potere di controllo sulle attività di trasformazione edilizia del territorio (cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17.01.2006, n. 72; Tar Campania, Salerno, sez. II, 20.07.2006, n. 1107; Cons. Stato, sez. IV, 12.09.2007, n. 4828; Cass. Pen., sez. III, 29.01.2008, n. 11113).
Il Collegio ritiene a tal riguardo, in aderenza all’orientamento da ultimo espresso dal Consigli di Stato, sez. VI, con la sent. n. 719/2009, innanzi citata, che il riferimento all’autotutela in tali casi non vada inteso nel senso della necessità di annullamento di un atto di assenso tacito (non ravvisabile nell’ipotesi di d.i.a.), ma in riferimento all’obbligatorietà del rispetto delle norme procedimentali previste in materia di autotutela ed in particolare in ordine alla necessità di una puntuale motivazione sull’interesse pubblico sotteso all’adozione dell’atto, che non può essere ravvisato nella mera necessità di ripristino della legalità (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 23.11.2009 n. 7807 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Beni ambientali. Incendi boschivi.
La definizione di “incendio boschivo” di cui all’art. 2 L. 353/2000 si riferisce ad aree (boscate, cespugliate o arborate) più ampie di quelle richiamate nel comma 1, dell’art. 10, che limita, invece, l’applicazione dei divieti, prescrizioni e sanzioni soltanto a “zone boscate e pascoli i cui soprassuoli” sono stati percorsi dal fuoco, cioè un insieme di aree naturali e vegetali più delimitato rispetto a quello di cui sopra.
Ne deriva che l’ambito oggettivo di applicazione della norma speciale è più limitato e riguarda le sole zone boscate e pascoli (e non le zone arborate) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 17.11.2009 n. 11242 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Sulla natura della DIA e sulla possibilità dei terzi di far ricorso avverso la stessa.
E’ noto che il tema della natura giuridica della D.I.A. (denuncia di inizio attività) e quello correlato della tutela dei terzi che si oppongono ai suoi effetti ha sempre presentato profili teorici problematici: acuiti, in presenza di denunce di inizio attività in campo edilizio, dalle interferenze con i titoli abilitativi legati ai diversi regimi vincolistici e dalla previsione normativa della c. detta D.I.A. “pesante” alternativa al permesso di costruire, con quanto ne consegue (cfr. sul punto, da ultimo, Tar Lazio, Roma, sezione I-quater, n. 9539 del 02.10.2009).
Secondo un primo orientamento la D.I.A. si tradurrebbe direttamente nell'autorizzazione implicita all'effettuazione dell'attività in virtù di una valutazione legale tipica, con la conseguenza che i terzi potrebbero agire innanzi al giudice per chiedere l'annullamento della determinazione formatasi in forma tacita (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, sezione quarta, 25.11.2008, n. 5811; 29.07.2008, n. 3742; 12.09.2007, n. 4828; sezione sesta, 05.04.2007, n. 1550). Si tratterebbe, quindi, di un istituto del tutto peculiare, comunque assimilabile ad una istanza autorizzatoria, che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un "titolo", cioè di “un provvedimento tacito di accoglimento di una siffatta istanza, che rende lecito l'esercizio dell'attività” (in questi testuali termini, Cons. Stato, sezione quarta, 25.11.2008, n. 5811, cit.).
In sintesi, a seguirsi questa impostazione, la D.I.A. non è uno strumento di liberalizzazione dell'attività, ma rappresenta una semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, sub specie dell'autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso di un termine (30 giorni) della presentazione della denunzia.
Diverso orientamento ritiene invece che la D.I.A. non sia configurabile come provvedimento amministrativo, neanche implicito (Cons. Stato, sez. 4^, 04.09.2002, n. 4453; Tar Campania, Napoli, sez. 4^, 17.06.2004, n. 9530; Tar Abruzzo, L’Aquila, 03.04.2004, n. 383) ed il terzo, decorso il termine per l'esercizio del potere inibitorio senza che l’amministrazione sia intervenuta, sarebbe legittimato a richiedere alla stessa di porre in essere i provvedimenti di "autotutela" previsti dall’ordinamento, attivando in caso di inerzia il rimedio di cui all'art. 21-bis l. n. 1034/1971.
Siffatti principali filoni giurisprudenziali, in una a rivoli (più o meno) secondari, sono stati rivisitati da recente pronuncia della sesta sezione del Consiglio di Stato, la n. 717 del 09.02.2009, che -dopo aver riportate le ragioni via via poste a sostegno delle diverse posizioni in campo e dopo averne operata un’ampia valutazione- ritiene che non possa essere (oltre) sostenuta la natura provvedimentale della D.I.A. in presenza “in definitiva, di un atto di un soggetto privato e non di una pubblica amministrazione, che ne è invece destinataria…”.
La pronuncia ammette tuttavia che la via della tutela del terzo a mezzo dello strumento del silenzio-rifiuto “compromette notevolmente” l’efficacia della tutela, in presenza soprattutto di un potere dell’amministrazione “ampiamente discrezionale, dovendosi valutare prima di intervenire gli interessi in conflitto tenendosi conto anche dell’affidamento….” e, quindi, (in presenza) dei limiti per lo stesso giudice amministrativo “che, nell’eventuale giudizio avverso il silenzio-rifiuto fatto formare dall’amministrazione, non potrebbe che limitarsi ad una mera declaratoria dell’obbligo di provvedere, senza poter predeterminare il contenuto del provvedimento da adottare (Cons. Stato, sezione quinta, 09.10.2007, n. 5271) e tutto ciò renderebbe ancor più lunga e faticosa la tutela del terzo”.
Da qui, l’innovativa via di assicurare al terzo leso efficace e compiuta tutela, quale costituzionalmente garantita, a mezzo “dell’azione di accertamento autonomo che il terzo può esperire innanzi al giudice amministrativo per sentire pronunciare che non sussistevano i presupposti per svolgere l'attività sulla base di una semplice denuncia di inizio di attività. Emanata la sentenza di accertamento, graverà sull'Amministrazione l'obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice ha ritenuto mancanti.”
A sostegno di detta posizione -secondo la quale “l'azione di accertamento sarà sottoposta allo stesso termine di decadenza (di 60 giorni) previsto per l'azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l'Amministrazione avesse adottato un permesso di costruire. Non si ritiene applicabile un diverso termine di natura prescrizionale in quanto l'azione, ancorché di accertamento, non è diretta alla tutela di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo”- la pronuncia svolge articolate argomentazioni con richiami a dottrina e giurisprudenza ed alla loro evoluzione temporale.
Il descritto, ultimo, orientamento del giudice amministrativo evidentemente non può dirsi consolidato; anzi, sono già emerse posizioni che, pur alla luce delle previsioni sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all’art. 34 del d. l.vo n. 80/1998 (nel caso a ritenersi costituzionalmente illegittime), negano la possibilità di potersi far luogo all’azione di accertamento innanzi al giudice amministrativo in presenza di una posizione di diritto soggettivo non incisa da alcun potere amministrativo autorizzatorio (presenti solo poteri inibitori o repressivi), sì da far prefigurare, in presenza di un’attività predeterminata interamente dalla legge, posizioni per l’appunto di diritto soggettivo, con quanto ne consegue in termini di tutela giurisdizionale e di suo riparto (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 17.11.2009 n. 7537 - link a
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APPALTI: Procedura negoziata: Impugnazione procedura - Ammissibilità del ricorso nella parte in cui si richiede l’annullamento della procedura negoziata - Inammissibilità del ricorso nella parte in cui si richiede l’ammissione alla procedura negoziata.
La ditta ricorrente, non essendo stata invitata a partecipare alla procedura negoziata, ha certamente interesse e legittimazione ad impugnare la procedura medesima nella sua interezza, non già ad impugnare la mancata ammissione al gruppo delle ditte offerenti.
Infatti, il ricorso avverso il provvedimento di scelta della modalità di gara e di aggiudicazione è ammissibile, atteso che la mancata partecipazione della ricorrente alla gara deriva proprio dalle specifiche disposizioni della "lex specialis", ritenute discriminatorie o, comunque, tali da impedire l’utile presentazione dell’offerta (cfr.: Cons. Stato V, 19.03.2009 n. 1624; TAR Cagliari II, 12.06.2009 n. 972). Viceversa, la mancata partecipazione alla procedura, essendo conforme alle regole della "lex specialis", priva la ricorrente dell’interesse e della legittimazione ad impugnare l’atto di esclusione da esso (Cons. Stato IV, 14.06.2005 n. 3113; TAR Napoli I, 11.12.2007 n. 16106; TAR Lecce II, 05.09.2003 n. 5804).
Pertanto, il ricorso è ammissibile solo nella parte in cui chiede l’annullamento della procedura negoziata, non già nella parte in cui chiede l’ammissione al confronto di offerte (TAR Molise, sentenza 06.11.2009 n. 700 - link a
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APPALTIRaggruppamento temporaneo costituendo - Non costituisce centro di imputazione distinto dalle singole imprese - Art. 75 D.lgs. 163/2006 - Il termine offerente si riferisce alle singole imprese - Necessità che la cauzione provvisoria sia intestata a tutte le singole imprese.
Non v'è dubbio che, in presenza di un raggruppamento non ancora costituito, non esista un soggetto distinto dalle singole imprese suscettibile di essere individuato quale centro di imputazione delle situazioni giuridiche connesse all'assunzione della qualità di concorrente.
Ne deriva che utilizzando la terminologia dell'art. 75 del D.lgs. 163/2006, "offerente", sino alla costituzione del raggruppamento, non possono che essere le singole imprese, future mandataria e mandante, con conseguente necessità di riferire a tutte loro ogni singolo adempimento che la legge o la disciplina di gara riferiscono a detta figura.
Ciò comporta che come la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, la cauzione provvisoria dovesse necessariamente essere intestata ad entrambe le componenti del costituendo raggruppamento essendo, gli eventuali inadempimenti agli obblighi connessi alla partecipazione alla gara, ed in vista dei quali la garanzia viene richiesta, potenzialmente ascrivibili ad ogni singolo soggetto (nel caso di specie la cauzione provvisoria presentata dalle ricorrenti era intestata alla sola futura mandataria e non anche alla futura mandante) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.08.2009 n. 4568 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAArticoli 102 e 103 R.D. 45/1901 - Provvedimento di classificazione di industria insalubre - Competenza della Giunta municipale - Sussiste - Provvedimento adottato dal Sindaco - Incompetenza.
Ai sensi degli artt. 102 e 103, comma 1, del R.d. 03.02.1901 n. 45, compete alla Giunta municipale l'emanazione dei provvedimenti di classificazione delle industrie insalubri, sulla base dell'elenco approvato dal Ministero della Salute, e ciò anche dopo l'entrata in vigore degli artt. 216 e 217 t. u. 27.07.1934 n. 1265, che hanno attribuito al sindaco il potere di adottare i concreti atti intesi ad eliminare situazioni di rischio o di pericolo per la salute pubblica derivanti da tali lavorazioni e anche dopo la legge di riforma sanitaria 23.12.1978 n. 833 (cfr., fra le tante, TAR Lombardia, sez. I, 24.11.1999, n. 3921; TAR Lombardia, sez. Brescia, 30.05.1994, n. 289; TAR Lombardia, sez. Brescia, 09.09.1991 n. 595, TAR Friuli Venezia Giulia 21.10.1982 n. 235).
Ne deriva l'illegittimità per invalidità derivata dell'ordinanza sindacale impugnata, emessa sul presupposto della classificazione (da parte dell'USSL) dell'attività esercitata dalla ricorrente quale industria insalubre di prima classe (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4539 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIDeliberazioni del Consiglio comunale - Legittimazione dei consiglieri all'impugnazione in sede giudiziaria - Limiti - Contestazione del contenuto intrinseco delle deliberazioni - Carenza di legittimazione.
La legittimazione dei consiglieri comunali all'impugnazione in sede giurisdizionale delle deliberazioni dell'organo di appartenenza, viene riconosciuta nei casi in cui vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sullo jus ad officium della persona investita della carica di consigliere (modalità di convocazione dell'organo, violazione dell'ordine del giorno, difetto di costituzione dell'organo).
Una tale possibilità è invece normalmente esclusa nelle ipotesi di contestazione del contenuto intrinseco delle deliberazioni medesime, in quanto la risoluzione dei conflitti interorganici è rimessa alla dialettica politica e ad altri mezzi di composizione (Cons. di St., V, 31.01.2001, n. 358) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4532 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Aggiudicazione provvisoria - Atto interno alla procedura di gara - Impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria - Successiva impugnazione dell'aggiudicazione definitiva - Improcedibilità per carenza d'interesse all'impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria.
2. Responsabile unico del procedimento - Funzioni di coordinamento e di monitoraggio - Cumulo delle funzioni di r.u.p. e di quelle di approvazione dei relativi atti - Ammissibilità - Facoltatività.

1. L'atto di aggiudicazione definitiva priva il ricorrente dell'interesse ad ottenere una pronuncia su quello rivolto avverso l'atto di aggiudicazione provvisoria.
Per giurisprudenza pacifica si ritiene infatti che "l'aggiudicazione provvisoria, pur essendo impugnabile, costituisce pur sempre un atto interno della procedura di gara e segnatamente quello con cui viene individuata la migliore offerta, mentre è solo con l'aggiudicazione definitiva che la stazione appaltante conclude il procedimento e si concreta la scelta del futuro contraente; pertanto, pur ammettendosene l'immediata ricorribilità (?), l'aggiudicazione provvisoria ritorna ad assumere il suo ruolo di atto endoprocedimentale una volta adottata l'aggiudicazione definitiva, che assume il ruolo di provvedimento concretamente lesivo che assume in sé tutti i vizi della procedura" (TAR Campania Napoli, sez. I, 10.11.2005, n. 18837).
Parimenti non sussiste alcun interesse ad esaminare le eccezioni preliminari rivolte avverso il ricorso contro l'aggiudicazione provvisoria, atteso che il loro accoglimento non comporterebbe alcuna conseguenza paralizzante sullo scrutinio del successivo ricorso contro l'aggiudicazione definitiva. Il ricorso contro l'aggiudicazione provvisoria va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
2. Il sistema tratteggiato dal quadro normativo prevede che il r.u.p. svolga principalmente funzioni interne, di monitoraggio e coordinamento nei confronti dei vari organi dell'Amministrazione, interessati dallo svolgimento delle diverse fasi dell'appalto. Conseguentemente, si richiede un forte legame tra la persona fisica incaricata delle predette funzioni, ed il complessivo apparato amministrativo di cui la stessa si avvale, onde conferire la prescritta unitarietà all'iter realizzativo dell'appalto.
La normativa di cui alla L. n. 241/1990 e quella di cui al D.Lgs. n. 163/2006 prevedono la possibilità di allocare le funzioni di r.u.p. in capo ad un soggetto differente da quello che ne approva i relativi atti, o al contrario di cumularle in capo ad un'unica persona fisica in possesso dei requisiti previsti, senza mai tuttavia prevedere come obbligatoria una tale commistione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4527 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara - Requisito di partecipazione - Livello di fatturato - Elemento rilevante per l'apprezzamento della esperienza del professionista - Paternità del progetto attribuita solamente con la sottoscrizione - Collaborazione - Non sufficiente.
Il requisito richiesto ai fini della partecipazione (nel caso di specie una soglia minima di fatturato) rileva in punto di qualificazione del professionista chiamato ad eseguire la specifica prestazione oggetto dell'appalto. Il livello del fatturato, il cui ammontare è discrezionalmente fissato dalla Stazione appaltante, è elemento rilevante ai fini dell'apprezzamento della esperienza ed affidabilità del professionista che dimostra in tal modo di aver già effettuato, ed in una misura ritenuta congrua dall'Amministrazione, prestazioni analoghe.
La funzione assolta dalla prescrizione di gara, nel caso di specie violata, richiede pertanto, pena lo svuotamento di qualsivoglia significato della medesima, che il requisito sia necessariamente, ed in modo inequivoco, riferibile al professionista che se ne avvale. Nel senso è orientata la prevalente giurisprudenza secondo la quale è "indubbio che l'effettiva paternità di un progetto si acquista solo con la sua sottoscrizione che la mera collaborazione alla predisposizione di un progetto non è equiparabile all'attività di progettazione" (Cons. Stato, Sez. V, 29.01.1999, n. 83) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4526 -  link a
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APPALTIArt. 87, comma 2, D.lgs. 163/2006 - Offerta anormalmente bassa - Possibilità per l'offerente di presentare giustificazioni - Esclusione automatica per l'offerta inferiore ai limiti retributivi tabellari - Illegittimità - Esclusione automatica in caso di violazione della disciplina inderogabile sui minimi salariali - Legittimità.
I dati (sul costo medio orario del lavoro) risultanti dalle tabelle FISE (Federazione delle Imprese di Servizi) non costituiscono parametri inderogabili, ma si configurano quali indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta. "Deve pertanto ritenersi, in adesione all'orientamento formatosi sul punto, che non possa disporsi l'esclusione di un'offerta sul presupposto dell'inderogabilità dei minimi tabellari di cui trattasi, dovendosi consentire all'impresa di rendere giustificazioni in ordine ai costi della manodopera inferiori ai minimi retributivi tabellari, rimettendo al giudizio della commissione la stima della congruità di tali giustificazioni (cfr. CdS V 11.10.2002 n. 5497)" (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3972/2005).
Sul piano normativo l'assunto trova conferma nel dettato dell'art. 87. co. 2°, lett. g), del D. L.vo n. 163/2006 che contempla, per le concorrenti che abbiano presentato offerte anormalmente basse anche in virtù della componente relativa al costo del lavoro, la possibilità di produrre giustificazioni. L'esclusione automatica della partecipante è, infatti, legittima unicamente quando l'offerta violi la disciplina inderogabile sui minimi salariali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4525 -  link a
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APPALTI1. Art. 41, comma 3, D.lgs. 163/2006 - Inizio attività da meno di tre anni - Impossibilità di provare la capacità economico finanziaria - Possibilità di provare il requisito con diversi documenti.
2. Raggruppamento temporaneo di imprese - Requisito del fatturato specifico - Elemento significativo per valutare l'affidabilità del concorrente - Requisito in capo all'impresa che esegue la prestazione principale - Necessità.

1. Il comma 3 dell'art. 41 del D.lgs. 163/06 stabilisce che "se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l'inizio dell'attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante".
La norma, lungi dal consentire la mancata prova del requisito, come deriva dall'inequivoco dato letterale, si limita unicamente a riconoscere la possibilità di provare in diverso modo "la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante".
Tale possibilità, peraltro, é riconosciuta in presenza di giustificati motivi fra i quali, a titolo meramente esemplificativo, viene indicata la costituzione o l'inizio dell'attività del soggetto concorrente da meno di tre anni.
2. Il fatturato specifico, ancorché sia un elemento espresso con una grandezza finanziaria, consentendo di apprezzare i volumi di produzione e commercializzazione del manufatto, fornisce alla Stazione appaltante elementi altamente significativi ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità tecnica del concorrente.
Risponde quindi a canoni di assoluta ragionevolezza richiedere il requisito economico finanziario in capo a chi dovrà eseguire la prestazione principale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4515 -  link a
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APPALTINecessità dell'apertura delle buste contenenti le offerte economiche successivamente alla valutazione delle offerte tecniche - Deroga solamente nei casi in cui si tratti di verificare la presenza dei requisiti di ammissione o di attribuire punteggi rigidamente vincolati a criteri predeterminati.
Sulla scorta del consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema, la valutazione delle offerte, sotto il profilo tecnico, deve sempre precedere l'apertura delle buste contenenti le offerte economiche, al fine evidente di prevenire che (la conoscenza di) queste ultime possa influenzare la complessa valutazione dei profili attinenti alla qualità.
La possibilità di esaminare la documentazione tecnica, ad offerte economiche già cognite, può considerarsi ammessa nei limitati casi in cui si tratti di verificare la presenza dei requisiti di ammissione o di attribuire punteggi rigidamente vincolati a criteri predeterminati e non, come nel caso di specie, ove l'offerta tecnica formi oggetto di valutazione ampiamente discrezionale e sia suscettibile di graduazioni in relazione alla qualità dei vari elementi che connotano il bene richiesto per la fornitura (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4512
).

APPALTI SERVIZI1. Affidamento "in house". Presupposti;
2. Affidamento in house. Requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi da parte dell'amministrazione nei confronti della società "in house". Connotati.

1. La legittimità degli affidamenti in house presuppone l'inesistenza di un rapporto di terzietà tra amministrazione e società affidataria.
Ciò implica a sua volta che la società affidataria svolga la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano e che tali enti esercitino nei confronti della società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
2. Ai fini del positivo accertamento del requisito del controllo analogo è richiesta, oltre alla partecipazione pubblica totalitaria, la possibilità da parte degli enti controllanti di esercitare un'influenza dominante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società che va ben al di là dei normali poteri spettanti al socio in assemblea (nella fattispecie il giudice amministrativo ha ritenuto non integrato tale requisito in ragione della varietà e molteplicità delle attività statutarie della società in house, delle caratteristiche spiccatamente commerciali di alcune di esse e dei considerevoli poteri attribuiti al consiglio d'amministrazione) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4502 -  link a
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APPALTI1. Partecipazione alle procedure di affidamento da parte di fondazioni e enti pubblici. Ammissibile previa verifica della compatibilità del loro status con i principi a tutela della concorrenza;
2. Domanda di annullamento degli atti di gara e del contratto già stipulato. Giurisdizione del giudice amministrativo. Non sussiste;
3. Aggiudicazione illegittima. Quantificazione del danno a titolo di lucro cessante. Prova del quantum a carico dell'impresa.

1. In linea di principio deve essere consentita la partecipazione alle procedure per l'affidamento di contratti pubblici anche alle fondazioni ed agli enti pubblici, con riserva dell'amministrazione di verificare la compatibilità di eventuali agevolazioni (specie fiscali) concesse a tali soggetti con i principi posti a tutela della concorrenza ad in tema di aiuti di Stato (cfr. CGCE, 10.01.2006 in causa C-222/04 e Cass. Civ., SS.UU., n. 27619/2006);
2. Ogni questione in merito alla sorte del contratto d'appalto a seguito di annullamento (nella specie in autotutela) degli atti di gara e dell'aggiudicazione della procedura ad evidenza pubblica è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario e sottratta a quella, ancorché esclusiva, del giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008);
3. La quantificazione del lucro cessante (mancato utile che l'impresa avrebbe ritratto dal contratto) per la mancata aggiudicazione di un appalto esige la prova rigorosa a carico dell'impresa della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria del contratto, desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica prestata in sede di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1563/2005 e Cons. Stato, sez. IV, n. 478/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4500 -  link a
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APPALTI1. Annullamento in autotutela dell'aggiudicazione dopo la stipula del contratto. Legittimità;
2. Annullamento in autotutela dell'aggiudicazione. Compimento di atti di verifica/controllo dell'attività compiuta in sede di gara. Non costituisce ostacolo al potere di riesame;
3. Annullamento degli atti di gara. Sorte del contratto già stipulato. Giurisdizione del giudice amministrativo. Non sussiste.

1. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sussiste in capo all'amministrazione il potere di annullare in autotutela l'aggiudicazione definitiva di un appalto di lavori anche in epoca successiva alla stipulazione del contratto e, in astratto, anche quando siano già in corso i lavori (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 3997/2002).
2. Non costituisce un ostacolo all'esercizio del generale potere di riesame la presenza, nel procedimento di aggiudicazione, di atti di verifica immediata dell'attività compiuta dall'amministrazione quali, ad esempio, l'approvazione degli atti di gara e l'eventuale controllo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 661/2000).
3. Ogni questione in merito alla sorte del contratto d'appalto a seguito di annullamento (nella specie in autotutela) degli atti di gara e dell'aggiudicazione della procedura è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario e sottratta a quella, ancorché esclusiva, del giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4398 -  link a
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APPALTIDichiarazioni non veritiere rese in sede di gara. Esclusione. Legittimità.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, le stazioni appaltanti sono tenute a comminare la necessaria esclusione dalla procedura selettiva nei confronti delle imprese che hanno reso dichiarazioni non veritiere in sede di offerta; l'esclusione è dovuta, essendo venuto meno il rapporto di fiducia basato sulla presunzione della reciproca correttezza che deve sussistere anche nella fase precontrattuale (cfr. TAR Lombardia, sez. I, 19.06.2008, n. 2096) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.07.2009 n. 4257 -  link a
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APPALTIFissazione dei criteri motivazionali ex art. 83 co. 4 del d.lgs. n. 163/2006. Non necessaria se la lex specialis è dettagliata.
Il mancato rispetto della previsione dell'art. 83, co. 4, del d.lgs. n. 163/2006 (ora abrogato), che impone(va) all'amministrazione la fissazione dei c.d. "criteri motivazionali" precedentemente all'apertura delle offerte tecniche, non determina l'illegittimità dell'operato della commissione (e quindi dell'intera procedura selettiva) ove la definizione in termini chiari, obiettivi e puntuali dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica sia già contenuta nella lex specialis di gara e sia idonea a delimitare la discrezionalità della commissione aggiudicatrice (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 30.06.2009 n. 4216 -  link a
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ATTI AMMINISTRATIVIResponsabilità civile extracontrattuale - Pubblica Amministrazione - Lesione di interessi procedimentali - Danno da mero ritardo - Autonoma risarcibilità - Sussiste.
La violazione di interessi procedimentali può integrare un titolo di responsabilità idoneo a fondare un danno risarcibile diverso e autonomo rispetto alla lesione del bene della vita; a tale categoria di interessi è ascrivibile il danno da (mero) ritardo, sicché il privato avrebbe titolo ad agire per il risarcimento del danno subito in conseguenza della mancata emanazione del provvedimento richiesto nei termini previsti e indipendentemente dalla successiva emanazione nonché dal contenuto del provvedimento stesso (Cfr., Cons. St., sez. IV, 29.01.2008, n. 248) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.06.2009 n. 4005 -  link a
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URBANISTICAPiani regolatori generali - Delibera di adozione - Delibera di approvazione - Autonoma impugnabilità - Condizioni.
Nel procedimento di formazione degli strumenti urbanistici, la delibera di adozione e quella di approvazione si pongono su un piano di distinta autonomia, per cui, mentre l'atto di adozione può essere oggetto di immediata impugnazione, se immediatamente lesivo, nello stesso modo ed alle stesse condizioni del piano approvato (Cfr., Cons. St., Ad. Plen., 07.02.1983, n. 1), l'atto di approvazione del piano -dando vita ad un atto formalmente e sostanzialmente nuovo rispetto al piano adottato- può essere impugnato autonomamente e distintamente, senza che la mancata impugnazione del primo comporti preclusione o decadenza del diritto al ricorso contro il piano approvato e senza che la mancata impugnazione del secondo comporti automaticamente il venir meno dell'interesse al ricorso già eventualmente presentato contro il primo (Cfr., Cons. St., sez. II, 21.01.1998, n. 2907).
Da ciò discende che deve ritenersi ammissibile la diretta impugnazione di un provvedimento di adozione del PRG qualora esso sia immediatamente lesivo, e l'omessa impugnazione del provvedimento di approvazione di un PRG non determina alcuna preclusione all'ammissibilità del ricorso proposto per l'annullamento della delibera di adozione dello strumento urbanistico.
Quest'ultima esplica, però, effetti automaticamente caducanti sul successivo provvedimento di approvazione solo nella parte in cui lo stesso si limita a confermare le previsioni già contenute nel piano adottato e fatto oggetto di impugnativa (nell'ipotesi di annullamento, a seguito di ricorso straordinario, della delibera di adozione di una variante urbanistica -il cui contenuto era stato in parte modificato a seguito della delibera di approvazione del piano- il TAR ha ritenuto non automaticamente caducate le previsioni del piano approvato oggetto di modifica) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.06.2009 n. 3937 -  link a
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AMBIENTE-ECOLOGIAInquinamento elettromagnetico - Superamento del valore limite di campo - Ordinanza di riduzione della potenza di esercizio - Competenza comunale - Sussiste.
L'emanazione di provvedimenti di riduzione della potenza di esercizio di un'emittente radio -nell'ipotesi di superamento delle soglie stabilite dal D.P.C.M. 08.07.2003- rientra tra le funzioni di vigilanza sulle esposizioni ai campi elettromagnetici e sullo stato dell'ambiente riconosciute al Comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.05.2009 n. 3827 -  link a
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APPALTI SERVIZIContratti della p.a. - Procedura di scelta del contraente - Servizi ricompresi nell'Allegato II B, D.Lgs., 12.04.2006, n. 163 - Applicabilità delle disposizioni relative alle modalità di pubblicazione dei bandi e ai relativi tempi - Esclusa.
Le procedure di scelta del contraente relative a servizi rientranti nelle previsioni di cui all'Allegato II B del Codice dei Contratti (refezione, servizi sociali, culturali e ricreativi, formazione, ecc.) sono sottratte all'integrale applicazione della disciplina codicistica e, in particolare, alle disposizioni riguardanti le modalità di pubblicazione del bando (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3786 -  link a
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APPALTI: 1. Requisiti di partecipazione - Moralità professionale -Dichiarazione dell'aggiudicataria di assenza di cause di esclusione - Impiego della formula "per quanto a nostra conoscenza" - Dichiarazione inefficace.
2. Requisiti di moralità professionale - Omessa dichiarazione di condanne subite - Esclusione - Legittima.
3. Gara - Offerta presentata da soggetto privo di rappresentanza legale - Integrazione documentale in sanatoria - Inammissibile.

1. La puntualizzazione "per quanto a nostra conoscenza", contenuta nella dichiarazione di assenza di sentenze di condanna passate in giudicato e/o pronunzie emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a carico dei soggetti cessati dalle cariche sociali nell'ultimo triennio, rende del tutto priva di valore e tamquam non esset la dichiarazione rilasciata, ponendosi in contrasto con le norme in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di cui al D.P.R., 28.12.2000, n. 445, venendo a mancare una vera e propria assunzione di responsabilità insita, invece, in tale tipo di dichiarazione e alla base dell'affidamento che è chiamata a riporvi l'Amministrazione.
2. Costituisce causa di esclusione dalla gara l'omessa dichiarazione dell'esistenza di condanne a carico dei soggetti a ciò tenuti per reati che incidono sulla moralità professionale, atteso che ciascuna impresa concorrente è tenuta a dichiarare qualsiasi condanna a carico dei propri rappresentanti, a nulla rilevando il tipo di reato, la gravità e il tempo trascorso.
3. Il sottoscrittore dell'offerta deve essere fornito dei necessari poteri di rappresentanza e gli stessi devono risultare dalla documentazione da allegare all'offerta, non potendosi ipotizzare alcuna integrazione documentale a sanatoria, che deve considerarsi non irregolare ma inesistente, pena la violazione della par condicio fra i concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3768 -  link a
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APPALTI1. Bando di gara - Servizio di ristorazione scolastica - Mancata aggiudicazione - Annullamento in autotutela dell'avviso di gara in corso di giudizio - Sopravvenuta carenza di interesse - Effetti - Improcedibilità.
2. Giustizia amministrativa - Sopravvenuta carenza di interesse - Presupposti - Sussistenza - Declaratoria d'improcedibilità del ricorso.
3. Giustizia amministrativa - Adozione di un nuovo atto sostitutivo del provvedimento impugnato - Sopravvenuta carenza di interesse - Improcedibilità del ricorso.

1. L'interesse a ricorrere deve sussistere, a pena d'improcedibilità, non solo al momento della proposizione dell'impugnativa, ma anche in epoca successiva, in base al principio che le condizioni dell'azione debbono permanere sino al momento del passaggio in decisione della controversia (ipotesi in cui la stazione appaltante, in corso di giudizio, ha annullato in autotutela una gara per la gestione del servizio di ristorazione scolastica).
2. La declaratoria d'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse può derivare o da un mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della presentazione del ricorso, oppure dall'adozione da parte dell'Amministrazione di un provvedimento idoneo a ridefinire gli interessi in gioco -ancorché non pienamente satisfattivo per il ricorrente- tale da rendere certa e definitiva l'inutilità del giudizio di merito della pretesa azionata (Cfr., Cons. St., sez. IV, 19.02.2008, n. 532).
3. L'improcedibilità del ricorso può conseguire anche all'adozione di un nuovo atto che, pur non avendo efficacia pienamente satisfattiva nei confronti dell'attore, sostituisca il provvedimento originariamente impugnato ed oneri, per ciò stesso, la parte a proporre nei suoi confronti un nuovo gravame (Cfr., Cons. St., sez. VI, 17.02.2004, n. 660) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3756 -  link a
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EDILIZIA PRIVATA: Il principio della "sensibilità" della DIA alle modifiche legislative nei 30 giorni tra la presentazione e l'inizio dell'efficacia deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri.
- Dopo l'introduzione del comma 7-bis all'art. 38 L.R. n. 12/2005 il calcolo degli oo.uu. deve essere effettuato con riferimento alle sole leggi vigenti al momento della presentazione della DIA, momento equiparabile a quello della presentazione del permesso di costruire. Pertanto, la riterminazione degli oneri secondo le nuove tariffe alle DIA non ancora efficaci è una corretta applicazione dei princìpi in materia.
-
Poiché la DIA, per essere efficace, deve avere tutti i contenuti prescritti, la carenza di uno dei requisiti richiesti dalla legge rende la denuncia non produttiva di alcun effetto e, quindi, risulta irrilevante il momento in cui la denuncia è stata presentata incompleta. Il termine di riferimento per il decorso dei 30 giorni sarà quello in cui viene presentata la documentazione completa.
-
Il termine di 30 giorni per la notifica dell'ordine di non eseguire i lavori decorre dalla presentazione della DIA allo sportello unico per l'edilizia, come esplicitamente dispone l'art. 23 del d.p.r. 380 del 2001", in quanto "i tempi estremamente ristretti assegnati all’Amministrazione per eseguire le dovute verifiche giustificano pienamente una disciplina che valorizza il momento in cui la DIA viene presentata (o effettivamente perviene) all’ufficio deputato a dette verifiche, piuttosto che il momento di presentazione ad altro ufficio (ufficio centrale di protocollo) tenuto a trasmetterlo a quello competente.
La DIA produce effetti al 30° giorno dalla sua presentazione, purché, come già affermato da questa Sezione, sia completa di tutti gli elementi richiesti dalla Legge (sentenza n. 5737/2008).
Nello spatium deliberandi dei 30 giorni dalla presentazione della denuncia, periodo durante il quale l'Amministrazione ha un compito di controllo, a conclusione del quale può esercitare poteri inibitori non ancora avviati, le eventuali modifiche normative devono trovare applicazione, in quanto il procedimento non è ancora perfezionato e la DIA non può produrre effetti; vige, allora, il principio del tempus regit actum, per cui l'Amministrazione è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell'adozione del provvedimento definitivo, quand'anche sopravvenuta, e non già, salvo che espresse norme statuiscano diversamente, quella in vigore al momento dell'avvio del procedimento. 
Le innovazioni normative introdotte medio tempore non sono irrilevanti, giacché un intervento edilizio, ancorché conforme alla normativa vigente al tempo della denuncia, ben può essere interdetto ove non sia più in linea con la normativa sopravvenuta, entrata in vigore (o destinata a entrare in vigore) prima del compimento del 30° giorno dalla presentazione della denuncia stessa.
E il principio della "sensibilità" della DIA alle modifiche legislative nei 30 giorni tra la presentazione e l'inizio dell'efficacia deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri.
L'art. 42 della L.R. n. 12/2005 non deroga al principio generale secondo cui nel caso di intervento edilizio assentito in forza di una DIA la normativa da applicare è quella vigente alla data di efficacia: infatti, l'art. 42 si limita a disciplinare il procedimento di presentazione della DIA, stabilendo che il costo di costruzione va allegato alla DIA, ma non introduce una deroga al principio generale sulla efficacia della DIA.
La L.R. n. 4/2008, che ha introdotto nell'art. 38 il comma 7-bis, ha stabilito, per il permesso di costruire, che gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria vengano determinati alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, purché vi sia la completezza documentale.
Da ciò si deduce che prima della modifica legislativa gli oneri andassero determinati al momento del rilascio del titolo, mentre a seguito della modifica legislativa la determinazione è anticipata all'atto della presentazione del permesso.
Applicando questo principio alla DIA, si deve ritenere che prima della nuova disciplina valesse il principio sopra esposto, per cui erano rilevanti le eventuali innovazioni legislative intervenute nei 30 giorni ed anche l'introduzione di nuove tariffe, se approvate nel corso dei 30 giorni. Dopo l'introduzione del comma 7-bis all'art. 38 il calcolo deve essere effettuato con riferimento alle sole leggi vigenti al momento della presentazione della DIA, momento equiparabile a quello della presentazione del permesso di costruire. Dalle considerazioni sopra esposte discende l'infondatezza del secondo motivo, dal momento che la riterminazione degli oneri secondo le nuove tariffe alle DIA non ancora efficaci è una corretta applicazione dei princìpi in materia.
Poiché la DIA, per essere efficace, deve avere tutti i contenuti prescritti, la carenza di uno dei requisiti richiesti dalla legge rende la denuncia non produttiva di alcun effetto e, quindi, risulta irrilevante il momento in cui la denuncia è stata presentata incompleta. Il termine di riferimento per il decorso dei 30 giorni sarà quello in cui viene presentata la documentazione completa.
"Il termine di 30 giorni per la notifica dell'ordine di non eseguire i lavori (o di altro provvedimento equivalente) decorre dalla presentazione della DIA allo sportello unico per l'edilizia, come esplicitamente dispone l'art. 23 del d.p.r. 380 del 2001", in quanto "i tempi estremamente ristretti assegnati all’Amministrazione per eseguire le dovute verifiche giustificano pienamente una disciplina che valorizza il momento in cui la DIA viene presentata (o effettivamente perviene) all’ufficio deputato a dette verifiche, piuttosto che il momento di presentazione ad altro ufficio (ufficio centrale di protocollo) tenuto a trasmetterlo a quello competente"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 3146).

EDILIZIA PRIVATA: In materia di DIA, anche dopo il termine previsto per la verifica dei presupposti e dei requisiti di legge (30 giorni) l'amministrazione non perde il potere di vigilanza e sanzionatorio attribuitole dall'ordinamento; in tale contesto, pertanto deve ammettersi, per il principio di economia dei mezzi giuridici, la facoltà dell'amministrazione di inibire i lavori non iniziati anche dopo l'avvenuto consolidamento del titolo.
Presupposti indefettibili affinché la DIA possa essere produttiva di effetti sono la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nella autocertificazione: il decorso del termine di 30 giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell’intervento, rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l’Amministrazione ha la facoltà ed il potere di inibire l’attività o di sospendere i lavori, in quanto privi di titolo.
Potere equiparabile non ad un potere di autotutela, poiché non vi è alcun provvedimento su cui intervenire, ma ad un potere di verifica della non formazione della DIA, con conseguente ordine di interruzione dei lavori; per tale motivo l’esercizio tale potere non è sottoposto al termine perentorio di 30 giorni, che presuppone invece che la DIA sia completa nei suoi elementi essenziali (in tal senso TAR Veneto Venezia, sez. II, 18.12.2006, n. 4095, secondo cui “La denuncia di inizio attività prevista dall'art. 23, D.P.R. n. 380 del 2001 costituisce autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell'intervento, sul quale la p.a. svolge un'eventuale attività di controllo che è prodromica e funzionale al formarsi (a seguito del mero decorso del tempo, non dell'effettivo svolgimento dell'attività) del titolo legittimante l'inizio dei lavori: titolo, il cui consolidamento non comporta, però, che l'attività del privato possa andare esente da sanzioni quando sia difforme dal paradigma normativo, con la conseguenza che anche dopo il termine previsto per la verifica dei presupposti e dei requisiti di legge (30 giorni) l'amministrazione non perde il potere di vigilanza e sanzionatorio attribuitole dall'ordinamento; in tale contesto, pertanto deve ammettersi, per il principio di economia dei mezzi giuridici, la facoltà dell'amministrazione di inibire i lavori non iniziati anche dopo l'avvenuto consolidamento del titolo”.).
Il provvedimento inibitorio emesso rispetto ad un intervento edilizio realizzato in base ad una DIA irregolare, al pari del provvedimento sanzionatorio di un illecito edilizio, è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso -anche se risalente nel tempo– o all’interruzione delle opere, senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2008 n. 5737 - link a
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AGGIORNAMENTO AL 09.12.2009

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il 31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file 1 - file 2).
ATTENZIONE: se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno 2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 03.12.2009 n. 282 "Norme di sicurezza per le attività di spettacolo viaggiante. Chiarimenti e indirizzi applicativi" (Ministero dell'Interno, circolare 01.12.2009 n. 17082/114).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ENTI LOCALI: P. Russo e M. I. Bruno, Nuovi profili di responsabilità per danno erariale nel riconoscimento dei debiti fuori bilancio per acquisto di beni e servizi alla luce del c.d. "decreto anticrisi" (d.l. 78/2009) (link a www.diritto.it).

NEWS

VARIEnergia, dagli incentivi ai produttori ai benefici per i consumatori.
A partire dal 2010 i prezzi dell'elettricità potranno essere più competitivi e gravare meno sui consumatori. Come previsto dalla L. 99/2009 (Legge Sviluppo), dal prossimo anno potranno essere anticipatamente risolte le convenzioni CIP 6/92, che stabiliscono prezzi incentivati per l'energia elettrica, prodotta, tra l'altro, da impianti alimentati da fonti assimilate alle rinnovabili.
È quanto prevede un decreto del ministro dello Sviluppo Economico, che definisce i meccanismi per la risoluzione facoltativa delle convenzioni in essere con il GSE-Gestore dei Servizi Energetici, altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020.
Chi produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto a rivenderla al Gestore Servizi Elettrici ad un prezzo superiore a quello di mercato. I costi di tale incentivo sono finanziati mediante un sovrapprezzo del costo dell'energia elettrica, addebitato ai consumatori finali nelle bollette.
L'attuazione del decreto porterà alla possibile uscita dalla produzione di energia degli impianti meno efficienti, consentendo al sistema elettrico di utilizzare risorse per una maggiore competitività a beneficio dei prezzi dell'energia elettrica.
Ai produttori che aderiranno volontariamente alla risoluzione anticipata saranno riconosciuti corrispettivi tali da contenere gli oneri che graverebbero sui consumatori, cittadini ed imprese, nel caso le convenzioni andassero a scadenza naturale, pur nel rispetto degli investimenti effettuati (link a
www.governo.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI La possibilità di conferire le funzioni di direttore generale al segretario comunale non esclude che gli organi amministrativi verifichino in concreto la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto.
Prospettiamo un breve sunto di questa complessa vicenda decisa dalla sezione lombarda della Corte dei Conti: la Procura regionale ha convenuto in giudizio il Sindaco e il Segretario Comunale per condannarli al pagamento in favore del proprio Comune di un risarcimento, per il danno consistente nella attribuzione ingiustificata al Segretario Comunale delle funzioni di direttore generale, corrispondendo, in aggiunta alle competenze stipendiali previste dal contratto di categoria, un’ulteriore indennità.
Premettendo che l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali operate dalla p.a., ex art. 1, comma 1, l. 14.01.1994 n. 20, non priva la Corte dei conti, in sede di giudizio di responsabilità amministrativa, del potere di controllare la conformità a legge dell'attività amministrativa in relazione ai fini imposti, in via generale o in modo specifico, dal legislatore, i giudici contabili ricordano che ai sensi dell’art. 108 T.U.E.L. (decreto legislativo 18.08.2000, n. 267): “1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'art. 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'art. 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario
”.
Non vi è dubbio che l’atto di conferimento di funzioni amministrative ha natura provvedimentale e quindi, come ogni provvedimento amministrativo discrezionale, deve essere motivato ai sensi dell’art. 3 L. 241/1990. Il conferimento deve essere fondato su esigenze di pubblico interesse che ne possano giustificare l’attribuzione, può essere disposto solo nell’interesse dell’Ente esplicitandolo nella motivazione del provvedimento di conferimento della funzione, in modo che sia effettivamente verificabile la corretta gestione delle pubbliche risorse secondo i canoni della buona amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione e specificati nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990.
La sussistenza di una specifica norma che prevede in astratto il potere di conferire le funzioni di direttore generale al segretario comunale non esclude di per sé la necessità per gli organi amministrativi che la applicano di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che legittimano un corretto esercizio di tale potere (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale Lombardia, sentenza 23.10.2009 n. 647 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO:  Il proscioglimento perché il fatto non costituisce reato non consente il rimborso delle spese legali (al dipendente comunale) qualora sussista una condotta oggettivamente contraria ai fini perseguiti dall’ente.
Nella controversia in commento è al vaglio della Corte dei Conti la condotta di due funzionari di un comune laziale; si contestano, in particolare, le delibere con le quali gli stessi hanno provveduto a liquidare le spese legali sostenute da alcuni dipendenti ed amministratori dello stesso ente in un procedimento penale nel quale sono rimasti coinvolti.
I giudici contabili spiegano che, in tale situazione, la valutazione da compiere è necessariamente connessa all’attività amministrativa di liquidazione degli importi, fase prodromica a quella del materiale pagamento avvenuto pressoché contestualmente. E', infatti, in quel momento temporale che deve essere valutata la condotta dei convenuti ed, in particolare, se l’attività sia stata produttiva del danno erariale contestato e se la medesima sia caratterizzata dall’elemento psicologico del dolo o della colpa grave necessario ai fini della configurabilità di una responsabilità amministrativa.
Con riguardo al primo degli elementi citati, occorre precisare che nelle delibere assunte l’attività posta in essere dai convenuti ha tratto origine da una sentenza che aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di alcuni dipendenti del comune per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato e perché il fatto non sussiste. A favore di questi stessi dipendenti sono intervenute le delibere di liquidazione delle spese legali che la Procura ha assunto come indebite e quindi foriere di danno erariale.
Sul punto i giudici della Corte dei Conti ricordano che la liquidazione delle spese legali ai convenuti prosciolti in un procedimento penale possa disporsi quando i medesimi sono stati assolti con la formula più ampia e liberatoria e cioè con una sentenza che abbia riconosciuto la non sussistenza del fatto criminoso o la non attribuibilità ai medesimi. Diversamente, per la formula “perché il fatto non costituisce reato”, occorre precisare che il riconoscimento della insussistenza del fatto criminoso non equivale a riconoscimento della insussistenza di fatti comunque dannosi per l’erario.
In sostanza, si può essere assolti dal Giudice penale perché, come è accaduto nella fattispecie, gli imputati non hanno commesso il reato di abuso d’ufficio, fattispecie tipicamente dolosa, in quanto nei medesimi non è stata accertata una specifica ma indispensabile volontà di favorire un determinato soggetto nella gara di aggiudicazione del servizio (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Lazio, sentenza 12.10.2009 n. 1908 - commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI:  L'assistenza alla vigilanza da parte dei "nonni vigili" rientra nei limiti di spesa del personale.
Non ha dubbi la magistratura contabile del Veneto: anche la spesa sostenuta per l'assistenza scolastica compiuta dai cosiddetti nonni vigili deve essere considerato nel rispetto dei limiti alla spesa pubblica.
Il parere sollecitato dal comune di Vigonza, prende spunto dalla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 378/E del 10.10.2008.
L'agenzia del Mef ha considerato gli emolumenti erogati in favore dei nonni vigili alla stregua di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sottoponendoli al trattamento fiscale agevolato previsto per i lavoratori socialmente utili che hanno raggiunto l'età per la pensione di vecchiaia.
Il comma 557 della legge finanziaria per il 2007, modificato dalla finanziaria 2008, ha imposto agli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, l’obbligo di assicurare la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale. Le uniche deroghe ammissibili sono legate alla presenza di alcune condizioni:rispetto del patto di stabilità nell’ultimo triennio, volume complessivo della spesa di personale non superiore al parametro stabilito per gli enti strutturalmente deficitari, e rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superiore a quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto.
La manovra estiva legge 133/2008 all'art. 76, comma 1, ha chiarito che ai fini dell’applicazione dell’art. 1, comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione continuata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente.
Ad avviso del giudice contabile, la formulazione della norma è molto ampia e di certo non assume carattere tassativo, pertanto, ricomprende anche il caso dei nonni vigili che sembra rientrare nella più generale tipologia del lavoro accessorio, ossia di una delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale di cui le amministrazioni pubbliche possono avvalersi, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti, per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali (art. 36, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001 come modificato dall'art. 17, comma 26, lett. a), del D.L. 01.07.2009 n. 78, conv. in L. n. 102/2009).
Di esigenze temporanee si tratta e quindi di attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito di attività istituzionali a carattere sociale e solidale, eccezionalmente ammissibili anche in caso di committenza pubblica, ex art. 70 comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 276/2003. Tali rapporti, che sono di natura meramente occasionale e accessoria, sono configurabili purché le prestazioni lavorative siano svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari.
Ad avviso della Corte, poiché la qualificazione del rapporto di lavoro è irrilevante ai fini della quantificazione e del rispetto dell’obiettivo di riduzione della spesa di personale, vanno incluse nel computo del limite di spesa previsto dall’art. 1, comma 557, della legge 296/2006 tutte le spese connesse direttamente all’utilizzo di attività lavorative a favore del Comune, indipendentemente dall’imputazione contabile e dal regime fiscale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 11.09.2009 n. 153 - link a www.corteconti.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA:  Seppur in misura diversa, Segretario e Responsabile dell’Ufficio tecnico rispondono della mancata acquisizione di autorizzazione definitiva allo scarico di reflui fognari.
E’ questo il decisum del giudice contabile lombardo.
Il comune, presso il quale operavano il segretario comunale e il responsabile dell’ufficio tecnico condannati, veniva sanzionato per la realizzazione di scarichi in assenza del titolo abilitativo richiesto da una legge regionale del 1985 che già richiedeva l’autorizzazione poi disciplinata dall’art. 45 del D.Lgs 152/2006.
L’articolo in questione prescrive che per l’effettuazione dello scarico di reflui è necessario acquisire l’autorizzazione apposita per lo scarico recapitato negli strati superficiali del sottosuolo. Il comune in effetti era dotato solo di una autorizzazione provvisoria necessaria alla realizzazione dei lavori di adeguamento, la durata dell’autorizzazione era limitata al tempo necessario all’esecuzione dei lavori, nello specifico la durata era fissata in 24 mesi.
Scaduta l’autorizzazione il comune non procedeva a richiedere il titolo abilitativo definitivo, pertanto continuava l’attività di scarico di reflui provenienti dalla scuola materna, di conseguenza la Asl adottava il verbale della trasgressione amministrativa e la provincia deputata alla sanzione procedeva con l’ingiunzione della medesima nei confronti del comune. A tale sanzione il comune si opponeva invano ottenendo la conferma della condanna della sanzione.
A valle di questo quadro, i giudici contabili sono stati chiamati a valutare la responsabilità per danno erariale procurato al comune dagli autori della trasgressione. Il comune infatti per pagare la sanzione ha dovuto riconoscere il debito fuori bilancio e ritenendo che non rientrasse nella sua competenza l’accertamento della responsabilità dei singoli nei confronti dell’ente, ha rimesso al collegio contabile tale verifica, non procedendo quindi al recupero delle somme nei confronti di tali soggetti.
Secondo i giudici contabili lombardi è indubitabile che il danno si sia prodotto e che potesse essere evitato mediante l’attivazione della semplice procedura di richiesta dell’autorizzazione definitiva. Per la semplicità degli adempimenti da attivare per l’acquisizione dell’autorizzazione risulta ancor più grave il comportamento omissivo posto in essere dai soggetti che i giudici hanno avuto il compito di individuare. Quello che si richiedeva a questi soggetti era il normale svolgersi dei doveri di ufficio.
Ad avviso della corte, la responsabilità è ripartita tra il responsabile dell’ufficio tecnico e il segretario comunale.
Il responsabile dell’ufficio tecnico è tenuto secondo il disciplinare per il servizio di tecnico comunale vigente in comune al disbrigo delle pratiche concernenti gli edifici comunali, le fognature e, più in generale tutte le opere pubbliche, nonché le funzioni relative ai servizi tecnici. E’ di tutta evidenza che la richiesta di autorizzazione definitiva (anche considerando che dalla precedente autorizzazione era chiara la scadenza e quindi la provvisorietà dell’atto) rappresentava uno degli adempimenti rientranti nei compiti suddetti.
Per quanto riguarda la responsabilità del segretario comunale, il ragionamento del collegio contabile è del seguente tenore: l’adempimento richiesto è di tipo gestionale, il segretario comunale ha il compito di curare l’attuazione dei provvedimenti, di provvedere agli atti esecutivi delle deliberazioni adottate, nonché di sovrintendere e coordinare l’attività dei dirigenti e dei preposti o incaricati attivando le forme di controllo e di vigilanza necessarie a tale scopo.
Per questo motivo visto che il segretario ha infine il compito di segnalare al Sindaco i ritardi e le omissioni nell’espletamento dell’azione amministrativa e di segnalare gli interventi conseguenti, i giudici lombardi non hanno potuto che riconoscere anche nei confronti di tale figura la sussistenza della responsabilità seppur in misura ridotta rispetto a quanto deciso per il responsabile dell’ufficio tecnico (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Lombardia, sentenza 07.09.2009 n. 593 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra edifici - Art. 9 D.M. n. 1444/1968 - Distanza di dieci metri - Amministrazioni comunali - Fissazione di distanze superiori - Legittimità.
L’art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444, nell’imporre la distanza di dieci metri tra costruzioni, rende illegittima ogni eventuale previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo, mentre è indubbiamente consentito alle amministrazioni comunali fissare distanze superiori (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 12.03.2009, n. 1491; Cassazione civ., 29.10.1994, n. 8944).
Distanze tra edifici - Nozione di “nuova costruzione” - Aumento della sagoma d’ingombro - Maggior volumetria o utilizzabilità a fini abitativi - Irrilevanza- Fattispecie: sopraelevazione.
Ai fini dell’applicazione della normativa in materia di distanze tra edifici, per nuova costruzione deve intendersi non solo la realizzazione ex novo d’un fabbricato ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria d’un fabbricato preesistente, che ne comporti l’aumento della sagoma d’ingombro, in tal guisa direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno d'una maggior volumetria e/o dall'utilizzabilità della stessa a fini abitativi; per il che la sopraelevazione costituisce, a tutti gli effetti, nuova costruzione (cfr. TAR Campania, Sezione II, 12.04.2006, n. 3457; Consiglio di Stato, Sezione IV, 31.03.2009, n. 1998; Sezione V, 14.03.1993, n. 481; Cassazione civ., Sezione II, 11.06.2008, n. 15527).
Distanze tra edifici - Carattere abusivo dei fabbricati preesistenti - Irrilevanza - Finalità delle disposizioni in materia di distanze - Salvaguardia della salubrità e della sicurezza pubblica.
Ai fini dell’osservanza delle disposizioni in materia di distanze fra immobili, non rileva l’eventuale carattere abusivo dei fabbricati preesistenti. Le disposizioni sulle distanze tra le costruzioni sono infatti preordinate non solo alla tutela degli interessi dei frontisti ma, in una più ampia visione, anche alla salvaguardia di esigenze generali, tra cui la salubrità e la sicurezza pubblica.
Pertanto, l’interesse pubblico primario tutelato dalle norme urbanistiche sulle distanze impone di prendere in considerazione la situazione di fatto quale si presenta in concreto in sede di rilascio di un nuovo titolo edilizio, a nulla rilevando che taluno dei fabbricati preesistenti, in relazione al quale va calcolata la distanza, sia abusivo, ferma restando l’attività repressiva rimessa allo stesso ente (cfr. TAR Campania, Sezione III, 12.07.2005, n. 9499; Consiglio Giust. Amm. Sicilia, 12.11.2008, n. 930; Consiglio di Stato, Sezione V, 06.11.1992, n. 1174) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 02.12.2009 n. 8326 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Installazione di tettoie - Strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi - Sottrazione al regime del permesso di costruire - Presupposto - Decoro o arredo/Accessorietà - Visibile alterazione dell’edificio cui accedono - Permesso di costruire - Necessità.
Gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di semplice decoro o arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) della parte dell’immobile cui accedono.
Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite, quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell'edificio principale o nella parte dello stesso cui accedono (in termini TAR Campania Napoli, sez. II, n. 3870 del 13.07.2009 cit., TAR Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754 del 18.11.2008 cit., Consiglio di Stato, Sez. V, 13.03.2001 n. 1442) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 02.12.2009 n. 8320 - link a
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APPALTI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta - Art. 76 d.lgs. n. 163/2006 - Normativa comunitaria - Proposta tecnica migliorativa rispetto al progetto base.
La previsione esplicita della possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta è oggi generalizzata dall'art. 76, del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) per qualsivoglia appalto, come derivante dalle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18. La scelta del legislatore comunitario riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante gode di maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici, ma la complessità dell'offerta proposta.
In altri termini, deve ritenersi insito nella scelta di tale criterio selettivo che sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non vengano alterati i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis, a condizione cioè che non venga stravolto l'oggetto del contratto e che la proposta tecnica risulti migliorativa rispetto al progetto base, nel rispetto delle esigenze della pubblica amministrazione (tra le tante, TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 29.10.2008, n. 1480) (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 1096 - link a
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URBANISTICA: CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - L.R. n. 14/1998 - Destinazione a cava di un territorio trascurato dalla provincia - Regione - Potere sostitutivo - Onere di coinvolgimento degli enti locali - Provincia - Acquisizione del parere del Comune interessato.
Ai sensi dell'art. 7 l.r. Lombardia 08.08.1998 n. 14, una volta constatata l'opportunità di destinare alla creazione di una cava un territorio trascurato dalla provincia competente, la regione, che si sostituisce a quest'ultima, ha comunque l'onere di coinvolgere gli enti locali nella scelta, rimettendo, a tale scopo, gli atti alla provincia perché acquisisca il parere del comune interessato e formuli le proprie osservazioni al riguardo (Consiglio di Stato, Sez. IV, 06.06.2008, n. 2743) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 01.12.2009 n. 2389 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità - Triplice finalità - Manufatti edilizi diversi dalle abitazioni - Tralicci per telecomunicazioni.
In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27.07.1934 n. 1265 nonché dall'art. 57 del d.P.R. 10.09.1990 n. 285 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione.
Il vincolo cimiteriale ha infatti una triplice finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla salvaguardia della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso garantisce anche il rispetto della tranquillità, del decoro e della speciale sacralità dei luoghi di sepoltura.
Di conseguenza, devono ritenersi compresi nel divieto di edificazione anche i tralicci per telecomunicazioni (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2381 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Titolo abilitativo all’edificazione - Mancanza nel richiedente della titolarità di un diritto reale - Effetti sul titolo - Annullabilità.
La mancanza nel richiedente della titolarità di un diritto reale che giustifichi l’istanza diretta ad ottenere un titolo abilitativo alla edificazione non integra la nullità del titolo, riconducibile solo a vizi riferibili alla carenza di elementi essenziali del provvedimento, ma semplicemente la sua annullabilità per la carenza o irregolarità di un presupposto necessario per il suo perfezionamento (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.11.2009 n. 7433 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: VIA E VAS - VAS - Art. 12 d.lgs. n. 152/2006 - Provvedimento di verifica dell’assoggettamento a VAS - Termine di novanta giorni dalla trasmissione del rapporto preliminare da parte dell’autorità procedente - Obbligo di concludere il procedimento.
In materia di VAS, ai sensi dell’art. 12, comma 1, d.lgs n. 152/2006, l’autorità procedente trasmette all’autorità competente, su supporto cartaceo ed informatico, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o programma; quindi, ai sensi del comma 4, “l’autorità competente, sentita l’autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni”.
Ne deriva l’obbligo, per l’amministrazione regionale, di concludere il provvedimento nel termine di novanta giorni indicato (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 26.11.2009 n. 6951 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Ordinanza di demolizione - Esistenza di un sequestro penale - Circostanza scriminante nei riguardi dell'autore dell'abuso - Esclusione - Istanza di dissequestro.
L’esistenza di un sequestro penale non rende di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, sul presupposto che la eventuale manomissione dell’immobile configurerebbe il reato di cui all’art. 349 c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di alterare o distruggere il “corpo del reato”.
In tali casi, infatti, ben può il soggetto interessato chiedere all'Autorità giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare la demolizione e, in caso di diniego (connesso a necessità di carattere probatorio nel procedimento penale), potrà addurre l'impossibilità giuridica di adempiere all'ingiunzione di demolizione per escludere le ulteriori conseguenze della mancata demolizione (TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 09.11.2007, n. 2040).
Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia istanza di dissequestro negata, può rilevare come scriminante nei riguardi dell’autore dell’abuso edilizio che non ottemperi all’ordine del Comune, per il noto principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
Ordinanza di demolizione - Omessa indicazione dell'immobile e dell'area di sedime ai fini dell'acquisizione al patrimonio comunale - Ordinanza atipica illegittima - Fondamento.
Un’ordinanza di demolizione priva di una completa e precisa individuazione del bene, dell’area di sedime ai fini dell'acquisizione al patrimonio comunale in caso di inottemperanza, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, deve considerarsi atipica illegittima sia perché differente dal modello legale previsto,sia perché inidonea a determinare il corretto svolgersi del procedimento.
Tale omissione, infatti, lungi dall’atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da pregiudicare dal punto di vista sostanziale gli interessi dell'autore dell'abuso, il quale, in primo luogo, deve essere messo in condizione di valutare, in termini di “costo-beneficio”, l’opportunità di adempiere o meno all’ordine di demolizione. L’esatta indicazione appare, inoltre, necessaria, posto che l’effetto ablatorio si verifica immediatamente ed “ope legis” alla scadenza del termine legale o a quello prorogato dall’autorità competente per ottemperare all’ingiunzione a demolire, con acquisto a titolo originario della proprietà libera da eventuali pesi e vincoli preesistenti.
L’atto di accertamento dell’inottemperanza e la trascrizione hanno allora solo natura dichiarativa: il primo, per opporre il trasferimento al proprietario responsabile dell’abuso ed immettersi nel possesso, il secondo, per opporre il trasferimento ai terzi (ex multis Tar Puglia-Bari, sez. III, n. 538/2006, Cass. Pen. Sez. pen. n. 33297/2003) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 26.11.2009 n. 2854 - link a
www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Mutamento di destinazione d’uso - Inquadramento - Riferimento agli elaborati tecnici - Concrete caratteristiche dei locali - Obiettiva idoneità di larga parte della struttura ad ospitare riti religiosi islamici - Presenza di locali accessori per attività sociali e religiose collaterali - Destinazione a luogo di culto - Fondamento.
L’intervento edilizio che comporti una variazione di destinazione d’uso può essere correttamente inquadrato soltanto se si prende a riferimento quanto riportato negli elaborati tecnici (v. TRGA Trentino Alto Adige-Trento, 07.05.2009 n. 150).
Pertanto, se la planimetria del progetto relativo ad un centro culturale di religione islamica evidenzia, fra i vari previsti, un locale pari alla metà della superficie totale disponibile ed espressamente destinato a “sala riunioni” dedicata ai fedeli -oltre tutto ospitando il mihrab orientato verso la Mecca-, se ne deve necessariamente evincere la destinazione principale a luogo di culto islamico, con locali accessori per attività sociali e religiose collaterali; in definitiva, le concrete caratteristiche dei locali -indipendentemente dalle intenzioni espresse dagli interessati- e cioè l’obiettiva idoneità di larga parte della struttura ad ospitare riti religiosi è in sé sufficiente a farne ravvisare la prevalente destinazione a luogo di culto; non è rilevante che a tale vocazione non sia stato riservato l’intero spazio a disposizione, posto che il modello di moschea, quale si riscontra nei paesi a fede mussulmana, assolve anche compiti diversi da quelli di una chiesa cristiana (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 26.11.2009 n. 792 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Disciplina transitoria - Art. 256, co. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Procedimenti conclusi ma non realizzati - Applicabilità della normativa sopravvenuta - Legislatore regionale - Deroga ai livelli di tutela ambientale stabiliti dallo Stato - Illegittimità - Sent. Corte Cost. n. 214/2008.
La previsione di cui all’art. 256, co. 4 del D.Lgs. n. 152/2006, che detta la disciplina transitoria in materia di bonifica di siti contaminati, esprime la volontà del legislatore statale di vedere applicata la normativa sopravvenuta non soltanto ai procedimenti in corso, ma anche a quelli già conclusi e non realizzati, dovendosi peraltro escludere che le Regioni, nell’esercizio delle prerogative e competenze loro riservate dalla Costituzione, possano in qualche misura derogare i livelli di tutela ambientale stabiliti dallo Stato, cui solo spetta di effettuare il bilanciamento fra l’interesse alla protezione dell’ambiente e gli altri interessi, di pari rilevanza costituzionale, a questo contrapposti: con la conseguenza che dovrebbe ritenersi illegittima una disciplina regionale, la quale interferisca, comprimendola, con la facoltà di rimodulazione riconosciuta dal menzionato art. 265, co. 4, per gli interventi di bonifica in corso di approvazione, ovvero approvati ma non eseguiti (cfr. Corte Cost. 18.06.2008, n. 214) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 25.11.2009 n. 2088 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – Regolamento comunale – Previsione di distanze da edifici adibiti alla permanenza di persone – Finalità di tutela della popolazione – Divieti insediativi generalizzati – Competenza comunale – Esclusione – Interpretazione sostanzialistica.
Il riferimento alle distanze degli impianti di telefonia mobile da edifici adibiti alla permanenza di persone per un periodo superiore alle quattro ore persegue una evidente finalità di tutela della popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici mediante la previsione di divieti insediativi generalizzati, e non di semplici criteri localizzativi, che sfuggono alla competenza comunale nella misura in cui invadono la sfera riservata dalla legge quadro n. 36/2001 alla competenza statale: un'interpretazione sostanzialistica della portata dei confini delle competenze comunali, volta ad evitare tecniche di agevole elusione di dette regole, rende irrilevante la circostanza che l'adozione di misure che si sovrappongono al limiti statali di esposizione sia avvenuta alla stregua di strumenti formalmente urbanistici, dovendosi valutare il profilo effettivo del potere speso piuttosto che la veste formale dell'atto adottato (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 24.11.2009 n. 6915 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Deposito - Granulato di plastica - Ordine di rimozione e smaltimento - Mancanza di istruttoria volta ad appurare la natura di rifiuto e il superamento dei valori ex art. 239, c. 2, lett. a), d.lgs. n. 152/2006 - Illegittimità.
In mancanza di un accertamento tecnico volto ad appurare, in primo luogo, la natura inquinante del materiale depositato (nella specie: granulato di plastica) e, in secondo luogo, il superamento dei valori che in ipotesi imporrebbe -ai sensi dell’art. 239, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 152/2006- di procedere alla caratterizzazione dell’area in funzione di eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale, sono illegittimi i provvedimenti adottati dal Comune con i quali siano stati imposti, previa delimitazione dell’area, la rimozione e lo smaltimento del materiale presso una discarica autorizzata (cfr. TAR Lombardia, Milano, IV, 27.07.2009, n. 4464; altresì, IV, 02.09.2009, n. 4598; II, 29.03.2007, n. 1318) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 24.11.2009 n. 5144 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Competenza - Sindaco - Principio di specialità e principio cronologico - Art. 107 d.lgs. n. 267/2000.
L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006 è norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e per quello cronologico sul disposto dell'art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 25.08.2008, n. 4061).
RIFIUTI - Attività di trasporto - Responsabilità in ordine alla gestione dei rifiuti - Assenza delle autorizzazioni prescritte per l’impianto di stoccaggio - Responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo dei rifiuti - Elevato livello di tutela ambientale.
Sulla scorta dei principi generali di cui all’art. 178 del d.lgs. n. 152/2006 e tenuto altresì conto di quanto affermato dalla giurisprudenza, secondo cui l'attività di trasporto dei rifiuti a soggetto risultato, poi, in posizione irregolare quanto alle necessarie autorizzazioni, è assimilabile a quella di abbandono dei rifiuti, non appare condivisibile la tesi secondo cui l’essere stata un’impresa incaricata del solo trasporto dei rifiuti implica che la stessa vada esente da ogni responsabilità in ordine alla loro gestione e, quindi, anche in relazione all’assenza delle autorizzazioni prescritte per l’impianto nel quale sono stati stoccati.
Una simile affermazione confligge, infatti, con i principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente la gestione dei rifiuti. L’estensione della suddetta posizione di garanzia si fonda, d’altra parte, sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato) (cfr. altresì TAR Veneto n. 40/2009, secondo la quale la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, poiché si tratta di soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi) (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 24.11.2009 n. 2968 - link a
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URBANISTICA: Convenzione di lottizzazione - Ultimazione della lottizzazione oltre il termine decennale - Rivisitazione degli obblighi della parte lottizzante - Nuovi oneri nel’interesse pubblico - Definizione consensuale.
Nella nuova convenzione di lottizzazione può legittimamente trovare spazio anche la rivisitazione degli obblighi della parte lottizzante. L’equilibrio economico originario rimane infatti cristallizzato solo per la durata decennale del piano di lottizzazione.
Al contrario quando la lottizzazione sia ultimata (in misura rilevante) dopo la scadenza del termine decennale, è necessario un aggiornamento che tenga conto degli effetti prodotti dal decorso del tempo. Tra questi rientrano da un lato l’incremento dei costi che l’amministrazione sostiene per erogare i propri servizi agli abitanti insediati e dall’altro il maggior valore di mercato degli immobili di nuova costruzione.
In generale deve essere esaminata l’utilità che la parte lottizzante riceve dal completamento (totale o parziale) dell’edificazione. Su questa base possono essere individuati nuovi oneri o impegni nell’interesse pubblico, che devono poi in concreto essere definiti consensualmente (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 24.11.2009 n. 2250 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Nozione di ristrutturazione edilizia - Art. 31, c. 1, lett. d) L. n. 457/1978 - Art. 3, co. 1, lett. d), d.P.R. n. 380/2001 - Totale demolizione e ricostruzione - Limiti.
Nella nozione di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 31, co. 1, lett. d), L. n. 457/1978, vanno ricomprese anche le ipotesi di totale demolizione e ricostruzione del fabbricato, a condizione che la ricostruzione porti alla realizzazione di un edificio sostanzialmente identico a quello preesistente, per sagoma, volume, superficie e caratteristiche tipologiche, potendosi giustificare la parziale diversità solo con riferimento ad elementi costitutivi secondari e tali comunque in concreto da non comportare una significativa alterazione strutturale o estetica.
Anche ai sensi della nuova normativa di cui al D.P.R. n. 380/2001 (art. 3, co. 1, lett. d), rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia gli interventi volti alla trasformazione dell’edificio che portino alla realizzazione di un edificio anche in tutto o in parte diverso dal precedente, attraverso la demolizione e ricostruzione, nel rispetto dei limiti di volumetria e di sagoma, oltre che ovviamente delle caratteristiche strutturali e tipologiche fondamentali e necessarie ad assicurare una continuità con la situazione preesistente. Tutte le volte in cui tali limiti non vengano rispettati, l’intervento non può che ricondursi nell’ambito della previsione di cui alla successiva lettera e) della norma citata (nuova costruzione) (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 23.11.2009 n. 2898 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Destinazione d’uso giuridicamente rilevante - Normativa urbanistica di riferimento - Uso diverso reiterato e protratto nel tempo - Consolidamento di posizioni - Inconfigurabilità.
La destinazione d’uso giuridicamente rilevante è unicamente quella prevista dalla normativa urbanistica di riferimento, che costituisce dunque il necessario parametro di valutazione della legittimità dell’attività edilizia. L’uso che in concreto sia stato praticato sull’immobile risulta viceversa una circostanza di mero fatto e giuridicamente irrilevante.
L’uso o destinazione di fatto dell’immobile, al di fuori della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante secondo la normativa vigente, pertanto, ancorché reiterata e protrattasi nel tempo non determina alcun consolidamento di situazioni (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 23.11.2009 n. 2898 - link a
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URBANISTICA: Industrie insalubri - Pianificazione urbanistica - Previsione di distanze minime dagli altri fabbricati - Comune - Potere - Sussistenza - Individuazione di un’apposita area riservata gli insediamenti produttivi - Trattamento preventivo e generalizzato peggiorativo per gli insediamenti insalubri - Illegittimità.
Ai sensi del D.M. 02.04.1968, il Comune in sede di pianificazione urbanistica ben può stabilire le distanze minime che i singoli insediamenti consentiti (nella specie: impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti) debbono rispettare rispetto agli altri fabbricati e ciò anche tenendo conto dell’aspetto sanitario, proprio perché la pianificazione deve essere riassuntiva ed applicativa di tutte le norme che disciplinano l’uso del territorio.
Tuttavia, se il Comune individua un’apposita area riservata agli insediamenti produttivi, notoriamente comprensiva delle industrie insalubri, queste non possono essere oggetto di un preventivo e generalizzato trattamento peggiorativo rispetto agli altri insediamenti consentiti, per di più avulso da qualsiasi valutazione concreta sulla loro effettiva pericolosità (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 20.11.2009 n. 1029 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Stoccaggio provvisorio - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata - Comune - Ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi adottata ai sensi del T.U. edilizia - Competenza - Difetto - Rilascio dell'autorizzazione - Potestà provinciale.
Lo stoccaggio provvisorio, al pari del deposito provvisorio di rifiuti (cfr., da ultimo Cass. 20.05.2008 n. 27073) costituisce specifica fattispecie disciplinata dall’art. 6, lett. m, d.lgs. n. 22/1997, come riprodotto dal d.lgs. n. 152/2006, assoggettata al regime d’autorizzazione o di comunicazione in procedura semplificata: sicché l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione di abbancamento di inerti asseritamente abusivo, adottata ai sensi del testo unico sull’edilizia, esorbita dall’ambito della materia di competenza comunale, compromettendo la potestà attribuita alla Provincia di rilascio dell’autorizzazione allo stoccaggio provvisorio (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 19.11.2009 n. 3406 - link a
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URBANISTICA: Strumento urbanistico di dettaglio - Piano di lottizzazione convenzionata - Esclusione di aree ricomprese nell’area interessata - Illegittimità - Fondamento.
Lo strumento urbanistico di dettaglio, compresa la lottizzazione convenzionata, non può legittimamente escludere dal proprio ambito aree in esso ricomprese, non potendosi ritenere corretto, in termini di adeguatezza della pianificazione urbanistica, che non s’addivenga ad una sistemazione tendenzialmente completa della zona oggetto d’intervento.
Diversamente argomentando, non si perverrebbe all’obiettivo della pianificazione urbanistica, specie di dettaglio, che tende a conseguire la complessiva e coordinata sistemazione del territorio secondo scelte ed indirizzi formatisi in sede politico-amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.05.1995, n. 695) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 19.11.2009 n. 2781 - link a
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ATTI AMMINISTRATIVI: AMBIENTE - Informazione ambientale - D.lgs. n. 195/2005 - Accesso - Puntuale indicazione degli atti richiesti - Necessità - Esclusione - Amministrazione - Obbligo di acquisire, elaborare e comunicare le notizie rilevanti.
Ai fini dell'accesso agli atti in materia di tutela ambientale (D.lgs. 19.08.2005, n. 195) non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all'amministrazione l'obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall'istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente (cfr. da ultimo TAR Campania Salerno, sez. II, 21.05.2009 n. 2466) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 19.11.2009 n. 2229 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:  Ai fini della qualificazione del parcheggio come opera pubblica non osta la circostanza che il medesimo sia stato realizzato e sia temporaneamente gestito da un soggetto privato.
L’eccezione di difetto di giurisdizione, avanzata dal Comune resistente, pertanto, si è rivelata dirimente ai fini della soluzione della controversia.
Il Tribunale amministrativo di Firenze, in merito, rivela di aderire, infatti, al più risalente, ma più convincente indirizzo giurisprudenziale che afferma, in vicende come quella in esame, la natura pubblica dell’opera realizzata (parcheggio).
Ed invero, si è sottolineato che, ai fini della qualificazione del parcheggio come opera pubblica, pur antecedentemente alla l. n. 122/1989, non osta la circostanza che il medesimo sia stato realizzato e sia temporaneamente gestito da un soggetto privato, né il fatto che esso insista sul suolo comunale concesso in diritto di superficie con facoltà di cessione: infatti, da un lato il requisito della proprietà dell’opera in capo ad un soggetto pubblico non è affatto elemento indefettibile del concetto di opera pubblica, conoscendo il nostro ordinamento esempi di lavori pubblici attinenti ad opere, che sono e rimangono di proprietà di privati (dalla manutenzione di immobili di interesse storico agli interventi di risanamento ex l. n. 2892/1885); dall’altro, di regola è pubblica anche l’opera in futuro destinata a passare in proprietà di un soggetto pubblico, com’è destinato a verificarsi alla scadenza del diritto di superficie.
Il Comune, nella vicenda in commento, aveva affidato in concessione a una società l’intervento di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio nel sottosuolo di una piazza, da concedere in diritto di superficie, secondo quanto previsto dal Piano Urbano dei Parcheggi, nell’ambito di una serie di analoghi affidamenti per complessivi tredici interventi da eseguire nel centro cittadino.
La convenzione stipulata a tal proposito prevedeva, tra l’altro, che i lavori di costruzione del parcheggio dovessero iniziare entro un anno dalla costituzione del diritto di superficie e comunque non oltre un anno dalla notifica del rilascio della concessione edilizia e dovessero essere ultimati entro i termini di progetto. Il mancato rispetto dei termini di inizio, esecuzione ed ultimazione dei lavori di costruzione del parcheggio avrebbe comportato la risoluzione di diritto della convenzione e la revoca della concessione.
Dopo l’approvazione del progetto, la costituzione del diritto di superficie ed il rilascio della concessione edilizia, i lavori iniziavano nel febbraio del 2000. In breve tempo, però, insorgevano inconvenienti, che causavano interruzioni e ritardi nei lavori: ciò determinava l’avvio di un lungo contenzioso con il Comune, che sfociava nella revoca della concessione e risoluzione della convenzione accessiva, disposta dalla Giunta Comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 18.11.2009 n. 1708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Realizzazione - Compatibilità urbanistica - Verifica - Procedimento ex art. 87, c. 9, d.lgs. n. 259/2003.
Se è vero che nell’attuale ordinamento la realizzazione di un impianto di telefonia mobile non richiede il previo rilascio del permesso di costruire, è altresì vero che nel corso del procedimento disciplinato dall’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 vanno comunque svolte le verifiche di compatibilità edilizia ed urbanistica dei suddetti impianti, e ciò in coerenza con la ratio della riforma, che è stata quella di semplificare il procedimento e concentrare al suo interno tutte le relative valutazioni, comprese quelle di carattere urbanistico-edilizio (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 28.02. 2006 n. 889).
L’installazione di simili infrastrutture, pertanto, non può prescindere dal possesso, tra gli altri, del requisito della «conformità urbanistica».
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Localizzazione - Amministrazioni comunali - Competenze - Contemperamento degli interessi coinvolti.
In tema di localizzazione ed installazione degli impianti di telefonia mobile le Amministrazioni comunali conservano le loro tipiche competenze in ordine al governo del territorio, da esercitare in modo tale da contemperare i vari interessi coinvolti, evitando in particolare l’adozione di misure che si risolvano in un ingiustificato ostacolo alla funzionalità della rete delle infrastrutture di comunicazione elettronica (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 17.11.2009 n. 766 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Installazione - Strumenti programmatori comunali - Criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione - Legittimità - Condizioni - Termini perentori per la redazione del piano.
Gli strumenti programmatori attraverso i quali il Comune, sulla base delle proposte dei gestori, definisce complessivamente le installazioni degli impianti di telefonia mobile ammesse sul territorio comunale e a queste previsioni subordina il rilascio delle varie autorizzazioni, per assolvere la funzione di introduzione di criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione dell’installazione degli impianti, soddisfano la fondamentale esigenza di razionalità dell’azione amministrativa, onde non sono in sé illegittimi, a meno che ne risulti in concreto scaturire una dilatazione dei tempi per il rilascio delle prescritte autorizzazioni -incompatibile con la necessità di una disciplina uniforme sul piano nazionale alla stregua delle superiori norme statali-, situazione di contrasto che non sussiste però quando la disciplina locale prevede, in coerenza con l’assetto normativo della materia, termini perentori per la redazione del piano (v. Cons. Stato, Sez. VI, 21.06.2006 n. 3734; e, da ultimo, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 21.03.2008 n. 1480).
Sicché, è illegittima la normativa comunale che preveda una procedura di approvazione del programma complessivo annuale svincolato da termini perentori per la conclusione dell’iter e che quindi consenta all’Amministrazione di subordinare la prosecuzione dell’istruttoria sulla domanda concernente il singolo impianto al sopraggiungere di un «piano» la cui definizione resta priva di tempi certi (TAR Emilia Romagna, Parma, n. 639/2009) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 17.11.2009 n. 765 - link a
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ESPROPRIAZIONE: Art. 13 d.lgs. n. 327/2001 - Scadenza del termine entro cui emanare il decreto di esproprio - Inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità - Termine perentorio.
L'articolo 13 della legge 25.06.1865, n. 2359, sostanzialmente riprodotto nell’articolo 13 del Testo Unico in materia di espropriazioni per pubblica utilità (approvato con decreto legislativo 08.06.2001, n. 327) stabilisce il principio secondo cui –in caso di mancata proroga- la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Non si può ritenere che il termine abbia natura meramente ordinatoria: l’orientamento della giurisprudenza è infatti consolidato nel senso che -a differenza dei termini iniziali, per loro natura dilatori e acceleratori- i termini finali delle procedure ablatorie e dei lavori assumono il connotato della perentorietà (Cons. Stato, Sez. V, 18.03.2002, n. 1562; Sez. IV, 22.05.2000, n. 2936 e 08.06.2000, n. 3246; v. anche Cass., SS.UU., 04.03.1997, n. 907; 08.02.2006, n. 2630) (TAR Valle d'Aosta, sentenza 13.11.2009 n. 93 - link a
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APPALTI: Riapertura del procedimento di gara - Potere di autotutela - Procedimento unico - Comunicazione della riapertura - Necessità - Esclusione.
La riapertura del procedimento di gara ai fini dell'esercizio del potere di autotutela volto ad eliminare illegittimità precedentemente verificatesi non costituisce un nuovo procedimento amministrativo, essendo unico il procedimento di gara per la scelta del contraente nei pubblici appalti che ha inizio con il bando di gara e si conclude solo con l'aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che non è necessaria la comunicazione della riapertura del procedimento di gara e delle successive attività della commissione ma solo la comunicazione della data in cui la commissione procede al riesame (Consiglio Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5360).
Commissione di gara - Organo straordinario e temporaneo - Attività - Rilevanza esterna - Approvazione da parte degli organi competenti dell’amministrazione aggiudicatrice - Aggiudicazione definitiva - Potere di autotutela.
La commissione di gara è un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione aggiudicatrice (C.d.S., sez. IV, 04.02.2003, n. 560; C.G.A., 06.09.2000, n. 413) e non già una figura organizzativa autonoma e distinta rispetto ad essa (C.d.S., sez. V, 14.04.1997, n. 358), la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita e approvata dagli organi competenti della predetta amministrazione appaltante. Infatti, essa svolge compiti di natura essenzialmente tecnica, con funzione preparatoria e servente, rispetto all'amministrazione appaltante, essendo investita della specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, finalizzata alla individuazione del miglior contraente possibile, attività che si concreta nella c.d. aggiudicazione provvisoria.
La funzione di detta commissione si esaurisce soltanto con l'approvazione del proprio operato da parte degli organi competenti dell'amministrazione appaltante e, cioè, con il provvedimento di c.d. aggiudicazione definitiva: nel periodo intercorrente tra tali atti non può fondatamente negarsi il potere della stessa commissione di riesaminare nell'esercizio del potere di autotutela il procedimento di gara già espletato, anche riaprendo il procedimento di gara per emendarlo da errori commessi e da illegittimità verificatesi, anche in relazione all'eventuale illegittima ammissione o esclusione dalla gara di un'impresa concorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.11.2009 n. 7042 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Comune - Tutela della salute pubblica - Mantenimento della soglia di rumore entro i livelli stabiliti dalla normativa - Tutela apprestata dall’ordinamento ex art. 844 c.c. - Diversità.
Il Comune ha il dovere di garantire per motivi di salute pubblica che la soglia del rumore prodotta nell’ambiente dalle varie attività umane non superi i livelli stabiliti dalla normativa per evitare forme di inquinamento acustico e ciò niente ha a che vedere con la tutela apprestata dall’ordinamento attraverso l’istituto regolato dall’art. 844 c.c. (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 11.11.2009 n. 5007 - link a
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CONSIGLIERI COMUNALI:  È legittimo il diniego opposto dall’amministrazione comunale alla generica istanza di accesso agli atti riguardanti le "attività all'estero" da parte del Consigliere comunale.
L’art. 43 comma 2 del T.U. n. 267/2000, mentre attribuisce ai consiglieri il diritto di ottenere "tutte le notizie e le informazioni" in possesso degli uffici (e quindi la relativa documentazione), non prevede che questi ultimi siano tenuti altresì a svolgere un'attività di elaborazione di tali notizie ed informazioni, ovvero (ancor prima) a stabilire, selezionandole, quali notizie ed informazioni corrispondano alle richieste di accesso presentate da consiglieri, nel caso in cui tali istanze siano formulate in modo generico e non puntuale.
Nella vicenda in commento il ricorrente, in qualità di consigliere comunale, aveva presentato domanda di accesso agli atti riguardanti la “attività all'estero” del Comune relativamente agli anni 2000-2008 ma l'istanza fu ritenuta non accoglibile, per il suo carattere generale e indeterminato.
A riguardo i giudici del Tribunale amministrativo di Firenze richiamano, in primo luogo, la normativa di riferimento, cioè il D.Lgs. 18.08.2000 n. 267 ("Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali") che all’art. 43, comma 2, così dispone: "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge".
I giudici fiorentini ricordano, inoltre, che della natura e dell'estensione del diritto dei consiglieri comunali e provinciali di accedere agli atti degli enti locali presso i quali espletano (ed al fine di esercitare) il loro mandato si è ampiamente occupata la giurisprudenza amministrativa, che ha enunciato i seguenti principi:
- si tratta di un "diritto (soggettivo pubblico)…espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, ed in quanto tale è direttamente funzionale non tanto ad un interesse personale del consigliere comunale o provinciale, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito" (Consiglio di Stato, Sez. V, 20.10.2005 n. 5879);
- in sostanza "i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare -con piena cognizione- la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale…”; tale diritto "ha una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi che è riconosciuto a tutti i cittadini (articolo 10 -Diritto di accesso e di informazione- del D.L.vo n. 267/2000) come pure, in termini più generali, a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (cfr. gli art. 22 e ss. della legge 07.08.1990, n. 241…)…la finalizzazione dell'accesso all'espletamento del mandato costituisce, al tempo stesso, il presupposto legittimante l'accesso ed il fattore che ne delimita la portata" (Consiglio di Stato, Sez. V, 09.10.2007 n. 5264);
- nell'esercizio del diritto in questione il consigliere non è tenuto a "motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed a conoscerle ancorché l'esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote. Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad "arbitro" -per di più, senza alcuna investitura democratica- delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell'organo deputato all'individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica" (Consiglio di Stato, Sez. V, 22.02.2007 n. 929).
Se l'esercizio del diritto di accesso riconosciuto al consigliere comunale e provinciale è funzionale all'espletamento del suo mandato e se tale correlazione non è suscettibile di sindacato da parte dell'ente locale, l'unico limite all'esercizio del diritto stesso può rinvenirsi nell'esigenza di evitare che esso (per l'abnormità della richiesta) metta in crisi l'organizzazione dell'ente; in altre parole, posto che il diritto all'informazione attribuito dall’ordinamento al consigliere è finalizzato al corretto svolgimento della dialettica democratica tra gli organi dell'ente locale, nell'interesse della collettività, il suo esercizio non può trasformarsi in un boomerang, in danno della medesima collettività, pregiudicando la funzionalità organizzativa dell'ente; si tratta, in sostanza, di contemperare esigenze diverse -ma non necessariamente contrapposte- evitando che l'esercizio di un diritto soggettivo pubblico di tale rilievo sia "piegato a strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività amministrativa" (così TRGA Trento 07.05.2009 n. 143); perciò le richieste devono essere non "generiche ed indiscriminate", bensì formulate "in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali, sia dal punto di vista organizzativo che economico…, anche se le amministrazioni pubbliche sono tenute (tendenzialmente) a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche, materiali vari) necessari all'assolvimento dei loro compiti" (Consiglio di Stato, Sez. V, 28.12.2007 n. 6742) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 11.11.2009 n. 1607 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA In sede di approvazione, il comune può porre delle condizioni al piano di lottizzazione.
In ragione della propria competenza, il comune interessato dalla vicenda giudiziaria in oggetto, ha imposto la realizzazione di un perimetro viario attorno a un'area oggetto di un piano di lottizzazione. Il piano prevede la realizzazione di un grande complesso turistico. A tale previsione si è opposto il lottizzante, ottenendo in primo grado una pronuncia favorevole che il comune ha provveduto ad appellare a sostegno delle proprie posizioni.
Sulla base delle risultanze processuali i giudici di palazzo Spada hanno evidenziato come il comune abbia cercato, apponendo la condizione di quel determinato assetto viario, di trattenere il traffico all’interno della struttura realizzanda e di farlo defluire gradatamente verso la viabilità pubblica, senza produrre nel frattempo intasamenti all’esterno.
La valutazione compiuta dal comune rappresenta una scelta di merito amministrativo, che costituisce uno spazio di agire libero dell’amministrazione nel quale la valutazione del giudice non può addentrarsi, di conseguenza il sindacato operato dal giudice di prima cure, che aveva ritenuto illegittima la condizione posta dal comune per l’approvazione del piano, risulta illegittima.
Ad avviso dei giudici capitolini, la scelta operata dal comune non è illegittima di per sé, ma dipende dalla opzione di senso che le attribuisce l’interprete: “in ultima analisi queste valutazioni attengono alla conformità delle soluzioni di pianificazione esecutiva proposte agli orientamenti prevalsi in seno all’organo consiliare circa le linee di sviluppo urbanistico della zona ed in particolare, nelle sue componenti in termini di viabilità e di traffico”.
D’altro canto le convenzioni urbanistiche non devono solo garantire l’adeguato approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche ma anche l’equilibrato inserimento degli interventi nel contesto della zona in modo che sia mantenuto la qualità normale del vivere in un aggregato urbano (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.11.2009 n. 6947 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Non sussiste la necessità, giustificata da una nuova ed autonoma valutazione, di impugnare l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel caso in cui l'aggiudicazione definitiva recepisca integralmente i risultati di quella provvisoria.
È utile approfondire, nella controversia in rassegna, il tema contenuto nell’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa del Comune in relazione alla ritenuta mancata impugnazione dell’aggiudicazione “definitiva”.
La giurisprudenza in tale materia è piuttosto rigorosa nell’affermare che: ”l'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima; la lesione si verifica soltanto con l'aggiudicazione definitiva, per cui la concorrente non aggiudicataria ha non l'onere, bensì la mera facoltà di impugnare immediatamente l'aggiudicazione provvisoria, salvo l'onere di impugnare la successiva aggiudicazione definitiva; ne consegue che, una volta che questa sia intervenuta, l'interesse idoneo a sorreggere l'impugnativa si sposta dal giudizio sull'aggiudicazione provvisoria a quello sull'aggiudicazione definitiva, ed è nell'ambito di quest'ultimo giudizio che il concorrente può utilmente ottenere la tutela della propria posizione soggettiva” (Consiglio Stato, sez. V, 20.07.2009, n. 4527 e, sez. V, 14.11.2008, n. 5691).
Sia la giurisprudenza di primo che di secondo grado si è consolidata nell’affermare, in sintesi, che ”l'aggiudicazione provvisoria è atto facoltativamente impugnabile, mentre il provvedimento di aggiudicazione definitiva è atto che, dotato di propria autonomia valutativa, è conclusivo del procedimento.” A livello di effetti processuali si è affermato che “l'omessa o tardiva impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, a conclusione di una gara pubblica, rende improcedibile per sopravvenuto difetto d'interesse il ricorso già proposto avverso l'esclusione ovvero avverso l'aggiudicazione provvisoria, non potendo il ricorrente trarre alcun concreto vantaggio dall'eventuale annullamento di quest'ultima, dovendosi ritenere che è venuta meno la possibilità per la ricorrente di conseguire il bene della vita sperato, e cioè l'appalto” (TAR Piemonte Torino, sez. I, 07.07.2009, n. 2000).
E’ stata dunque posta, in generale, una linea di demarcazione fra le due distinte ipotesi di effetti dell’impugnazione del bando di gara (effetto caducante di diritto) e impugnazione della sola fase provvisoria (improcedibilità): ”il principio secondo cui chi abbia impugnato l'aggiudicazione provvisoria ha effettivamente l'onere di impugnare anche quella definitiva a pena di improcedibilità della prima impugnazione non trova applicazione anche nei rapporti tra (impugnazione del) bando di gara e aggiudicazione; si tratta, infatti, di atti che si pongono in rapporto di vera e propria "presupposizione" cosicché l'annullamento del bando di gara ha efficacia caducante di tutti gli atti successivi del procedimento e dell'aggiudicazione definitiva.”
In sostanza, secondo questa giurisprudenza, l’aggiudicazione definitiva non va considerata atto meramente confermativo o esecutivo ma provvedimento che, anche quando recepisca meramente i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti; coerentemente si ritiene, così, necessaria l'impugnativa autonoma dell'aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell'aggiudicazione provvisoria, che è meramente facoltativa, ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara. Quindi il ricorso proposto avverso l'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto endoprocedimentale non lesivo, e non avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente consequenziale ma trattasi di provvedimento conclusivo del procedimento di gara, dotato di autonoma valenza valutativa e pertanto lesivo, è inammissibile per difetto di interesse a ricorrere.
In tale materia, peraltro, va segnalato che esiste un diverso orientamento recentissimo, più possibilista e valutativo, espresso dal Consiglio di Stato che ammette, rivedendo in sostanza il precedente consolidato orientamento, anche l’esistenza di differenti ipotesi di giudizio. In particolare è stato affermato che: “Non sussiste la necessità, giustificata da una nuova ed autonoma valutazione, di impugnare l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel caso in cui l'aggiudicazione definitiva recepisca integralmente i risultati di quella provvisoria” (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 16.06.2009, n. 3908, con le ivi richiamate pronunzie analoghe intervenute).
Dunque il Consiglio Stato con la sentenza n. 2089 della sez. V del 07.05.2008 ricostruisce la fattispecie, alla luce delle norme del Codice degli appalti, affermando espressamente che va disattesa la necessità, giustificata dalla nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa (richiamando i propri precedenti Cons. Stato, V, 21.11.2007, n. 5925; V, 09.10.2007, n. 5253; V, 09.10.2006, n. 6957; IV, 14.09.2005, n. 4769; V, 02.09.2005, n. 4464), dell'autonoma impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, anche se è già stata impugnata quella provvisoria, quando l'aggiudicazione definitiva (Cons. Stato, V, 12.10.2004, n. 6568; V, 04.04.2006, n. 1753); Il Tribunale amministrativo di Cagliari, a fronte di tale panorama giurisprudenziale “variegato” ritiene quindi doveroso valutare caso per caso le situazioni senza poter affermare l’esistenza di principi assoluti e trancianti (in termini di rito) nella soluzione di tali controversie, ben consapevole che una decisione di solo rito deve raggiungere margini di certezza ed inequivocabilità, pena una sostanziale negata giustizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 06.11.2009 n. 1690 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Legittimazione ad agire - Localizzazione di un campo nomadi - Residenti nella zona interessata - Interesse diretto e immediato - Sussistenza.
I residenti nella zona interessata dalla localizzazione del campo nomadi ovvero in aree limitrofe hanno un interesse diretto ed immediato a dolersi della delibera di approvazione del progetto per la realizzazione del nuovo villaggio nomadi che è, indubbiamente, idonea ad incidere sulle condizioni di vita e di relazione nella zona dove hanno la propria residenza.
VIA - Progetto per la realizzazione di un campo nomadi - Sottoposizione a V.I.A. - esclusione.
Il progetto esecutivo per la realizzazione di un campo nomadi , di dimensione limitata e concernente un’area urbana, non richiede la valutazione di impatto ambientale.
Campo nomadi - Estensione - Computo delle strade di accesso e delle strade interne - Esclusione.
In ordine all’estensione di un campo nomadi, non vi è ragione di computare nella sua ampiezza anche le strade di accesso e quelle previste al suo interno per il collegamento delle abitazioni: si tratta, infatti, di opere di urbanizzazione che, ove siano rispettati i limiti volumetrici per la edificazione delle unità abitative, possono essere assunte a carico del Comune senza che debbano incidere sulle dimensioni riconosciute al campo in questione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 04.11.2009 n. 6866 - link a
www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA La revoca della concessione edilizia, oggi permesso di costruire, è un atto vincolato e pertanto di competenza del dirigente.
La questione di cui si cercherà di fornire una breve descrizione si riferisce alla applicabilità diretta dell'art. 51, terzo comma, lett. f), della legge 08.06.1990, n. 142. L'articolo tratta dei poteri dei dirigenti degli enti locali.
Il giudice amministrativo chiarisce che la previa adozione della normativa di dettaglio, specificamente dettata per regolamentare l'esercizio dei poteri dirigenziali di cui al citato art. 51, comma 2, lett. f), della legge n. 142/1990, richiamata nel primo capoverso dello stesso comma 2, deve ritenersi richiesta unicamente per gli atti discrezionali e non anche per quelli vincolati, in quanto soltanto la discrezionalità amministrativa -come scelta finalizzata all'ottimale ponderazione fra interessi pubblici e privati- determina inevitabilmente linee di indirizzo operativo, destinate ad influire sulla conduzione a livello politico dell'Ente.
Poiché gli atti discrezionali invadono la sfera politica degli organi di governo, si giustifica per essi il richiamo alle "modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente". Al contrario, per gli atti vincolati la predetta normativa deve ritenersi immediatamente applicabile in quanto, trattandosi di atti legati a precisi parametri normativi, non sono idonei ad incidere autonomamente sulla sfera politica e per essi pertanto non si pone l'esigenza di una previa disciplina da parte dell'organo politico.
A questo punto va detto che la revoca della concessione edilizia è un atto atto vincolato: con esso si espleta un mero atto di controllo a posteriori di conformità dell'intervento eseguito allo strumento urbanistico (cfr. C.d.S., V, 17.02.1999 n. 167; id, 10.01.1997 n. 28). Ne consegue che l'adozione dell'atto di revoca spetta al dirigente dell'ente locale in diretta applicazione della norma sopra richiamata.
Queste valutazioni di principio si applicano al caso concreto determinando l'illegittimità della delibera del consiglio comunale con la quale si è disposta la rimozione della stazione radio per telefonia cellulare e del provvedimento conseguente di diffida a provvedere alla rimozione degli impianti. Illegittimità non posta in contestazione dall'argomentazione secondo la quale è necessaria una previa regolamentazione dell'ente per rendere operativo il potere del dirigente di svolgere i compiti che nel caso concreto ha invece svolto il consiglio comunale.
Come ha ben evidenziato il collegio giudicante, la diretta operatività dell'art. 51, e quindi l'immediata possibilità per il dirigente di disporre dei propri poteri, è fuori di dubbio per l'adozione di atti a carattere vincolato come quello della revoca della concessione edilizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Latina, sentenza 04.11.2009 n. 1047 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Illegittima l'ordinanza di demolizione di una tettoia lignea di modeste dimensioni.
Una tettoia in legno di medie dimensioni (nella specie di mt. 7,5 x 4,70) costruita a servizio del fabbricato sulla cui parete esterna si appoggia, tenuto conto delle sue dimensioni e di questa sua specifica funzione e collocazione, non può considerarsi né opera di "ristrutturazione edilizia" ai sensi della lett. d) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, né di "nuova costruzione" ai sensi dei punto e.1 ed e.6. dello stesso art. 3, atteso che nel provvedimento impugnato non si menzionano vincoli ambientali o paesaggistici o specifiche e contrarie disposizioni delle n.t.a. del p.r.g..
Una tettoia di modeste dimensioni e in legno non può essere ricondotta nell’ambito degli interventi che l’art. 10, I comma, del d.P.R. n. 380/2001 sottopone a preventivo permesso di costruire, ma, più correttamente, a quelli sottoposti a preventiva denuncia di inizio attività ai sensi del successivo art. 22, I comma, non essendo ravvisabile, di contro, alcuna delle ipotesi che il precedente art.6 considera attività edilizia libera. Pertanto, la sanzione applicabile è quella pecuniaria prevista dall’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001 e non la demolizione prevista dall’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001
(TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 29.10.2009 n. 645 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI:  Il funzionario di un Comune può prendere visione di tutti gli atti relativi al proprio fascicolo personale.
Il Tribunale amministrativo di Perugia si è pronunciato, in questa occasione, su un ricorso proposto, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/1990, dal funzionario di un Comune umbro contro lo stesso Ente nel quale presta servizio.
Il ricorrente, in particolare, aveva denunciato di essere in conflitto con l’Ente a motivo di una serie di violazioni dei propri diritti ed interessi legittimi inerenti al suo rapporto di lavoro e in tale contesto riteneva di avere interesse a prendere visione di tutti gli atti relativi al proprio fascicolo personale, nonché di «tutte le valutazioni degli apicali dell’ente dal 1997 in poi». Vedendosi respinta la richiesta di accesso rivolta al Comune il ricorrente ha adito il Tribunale umbro che ha considerato la sua istanza fondata.
Secondo gli stessi giudici, infatti, non è sostenibile la tesi che i documenti in questione, attenendo ad un rapporto d’impiego “privatizzato”, non possano essere qualificati “atti amministrativi”. Il fatto che la disciplina del rapporto d’impiego sia assimilata a quella dei dipendenti di un soggetto privato non esclude che il datore di lavoro (il Comune) sia un ente pubblico e che i suoi atti seguano il regime generale degli atti della p.a. (ad esempio per quanto riguarda il regime penale con riferimento ai reati di falso in atto pubblico, di abuso di ufficio, etc.; ovvero per quanto riguarda l’idoneità a fare prova fino a querela di falso, e via dicendo). Essi sono pertanto atti amministrativi anche ai fini del diritto di accesso.
Non è sostenibile, inoltre, per i giudici amministrativi, la tesi che la domanda sia troppo generica, giacché, al contrario, il riferimento a “tutti gli atti contenuti nel fascicolo personale del ricorrente” è perfettamente idoneo ad identificarli, dato che il concetto di “fascicolo personale” di un impiegato è ben noto a chiunque si occupi di pubblico impiego. Si vedano l’art. 55 del t.u. n. 3/1957 e gli artt. 24-29 del relativo regolamento n. 686/1957; tali testi normativi, benché dettati primariamente per il (solo) personale dello Stato, pacificamente sono sempre stati utilizzati come fonti dei princìpi generali del pubblico impiego per tutta la p.a..
Non è sostenibile, infine, la tesi che non sia adeguatamente dimostrato l’interesse all’accesso, in quanto il diritto dell’impiegato ad accedere al proprio fascicolo personale preesisteva alla legge n. 241/1990 (cfr. le fonti sopra citate e relativa giurisprudenza) senza essere condizionato alla dimostrazione di specifiche finalità o interessi. D’altra parte l’interesse giuridicamente rilevante dell’impiegato a conoscere il contenuto del proprio fascicolo personale sussiste in re ipsa (e non sembra necessario spiegarne ora le ragioni) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Umbria, sentenza 28.10.2009 n. 648 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA:  Anche per la localizzazione degli edifici, le prescrizioni del piano esecutivo (malgrado la scadenza) continuano ad essere rilevanti per coloro che, non avendo ancora realizzato le costruzioni, intendano tardivamente chiedere il titolo abilitativo.
Riassumiamo brevemente i fatti in causa: una società aveva impugnato in primo grado il provvedimento di un Comune del napoletano di annullamento del permesso di costruire rilasciato in favore della stessa, relativo ad un complesso residenziale da realizzare nel Comune medesimo, su area ricompresa in un piano di zona ex lege 167/1962, decaduto per decorrenza del termine di validità.
Il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto il ricorso e contro tale pronuncia propone ricorso in appello il Comune. Secondo i giudici del Consiglio di Stato, è decisivo, a favore del Comune, l’esame della questione relativa agli effetti determinati dalla scadenza del termine di efficacia di un piano attuativo, nella fattispecie, di un p.e.e.p..
Secondo la sentenza impugnata, e secondo parte resistente, in caso d’inefficacia per scadenza del piano attuativo, la zona non diverrebbe “zona bianca” come tale normata dai limiti all’edificazione previsti dall’art. 4 ult. comma della legge n. 10 del 1977, ma riemergerebbe la disciplina del p.r.g. propria della zona in cui è inserito il piano attuativo scaduto, tanto più se esso è stato in parte già attuato, ciò che consentirebbe, ove occorresse, di applicare i parametri edili di dettaglio di quest’ultimo. In ogni caso, non sarebbe impedita l’attuazione di un intervento edificatorio in via diretta, cosicché, ricorrendo le predette condizioni, il Comune non potrebbe negare il rilascio del permesso di costruire, e tanto meno, come in fattispecie, annullare un permesso di costruire già rilasciato, adducendo aprioristicamente l’assenza di regolamentazione dell’uso edilizio dell’area.
I giudici di Palazzo Spada ricordano che tale questione è stata già più volte esaminata da questo Consesso. Con sentenza n. 1375 del 15.03.2006 la Sezione quinta ha affermato che “anche dopo la scadenza del piano debbono continuare ad osservarsi le prescrizioni di zona previste dal piano scaduto, giusta l’art. 17, comma primo, L. 17.08.1942 n. 1150”.
La stessa Sezione ha ribadito il principio suddetto affermando che “l’avvenuta decadenza del piano di recupero non rende applicabili gli indici generali di edificabilità previsti per la zona dal piano regolatore generale né rende possibile all’amministrazione comunale di valutare caso per caso singole domande di intervento edilizio diretto sulla stregua di una ricognizione di fatto dello stato di urbanizzazione della zona, ma, in mancanza di una compiuta programmazione urbanistica, consente solo di effettuare quegli interventi previsti dall’art. 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977 n. 10” (sent. n. 650/2007).
La quarta Sezione, infine, ha chiarito che “i piani particolareggiati attuativi dei piani regolatori generali hanno efficacia decennale, con esclusione degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso destinati ad essere applicati a tempo indeterminato anche in presenza di uno strumento urbanistico generale…” e che, conseguentemente, “in considerazione della stabilità delle previsioni del piano attuativo, va affermato il principio per il quale le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza” (Sent. n. 6170/2007).
A tali pronunce hanno fatto seguito, da ultimo, le decisioni nn. 6178, 6179, 6181 e 6182 del 12.12.2008, emesse su vicende analoghe, dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, di tal che devono essere disattese tutte le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata e negli scritti difensivi della parte appellata.
E per vero –enunciano le decisioni da ultimo citate– l’art. 17 della legge 17.08.1942 n. 1150 va inteso nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, nella parte in cui è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, in particolare (prima parte del comma primo) e, per converso, non si può procedere all’edificazione residenziale per assenza di tale fondamentale presupposto (v. art. 31). Dove invece il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente (seconda parte del primo comma), e cioè in base alle norme del piano attuativo scaduto, che mantengono la loro integrale applicabilità.
Cosicché, se il piano attuativo è un piano di zona, non può l’edificazione residenziale privata sostituire l’edificazione residenziale pubblica, senza che per ciò stesso si possa ritenere che ciò rappresenti l’illegittima introduzione di un vincolo d’inedificabilità a tempo indeterminato, essendo, piuttosto, la perpetuazione di un vincolo conformativo collegato alla subzonizzazione insita nel p.e.e.p. scaduto.
Le previsioni dello strumento attuativo (anche se non più eseguibile per il decorso del tempo), hanno quindi stabilmente determinato l’assetto definitivo e di dettaglio della parte del territorio interessato, su cui quindi non possono incidere le previsioni, e proprio perché tali, di carattere programmatorio del piano regolatore generale.
Pertanto, anche per la localizzazione degli edifici, le prescrizioni del piano esecutivo (malgrado la scadenza) continuano ad essere rilevanti per coloro che –non avendo ancora realizzato le costruzioni– intendano tardivamente chiedere il titolo abilitativo (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.10.2009 n. 6572 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA Le prescrizioni contenute nel PRG non incidono sull'assetto del territorio disegnato dal piano attuativo anche quando questo scada.
La breve decisione della quarta sezione offre un interessante approfondimento sul rapporto tra piano attuativo e piano regolatore in ragione del decorso del tempo e dei termini di scadenza dei piani di secondo livello.
I giudici di Palazzo Spada, avendo già affrontato in altre sentenze tale tematica hanno ritenuto di poter risolvere il caso della decisione, che descriviamo in questa sede, applicando i principi ormai consolidati. Innanzitutto viene ribadito il rapporto tra il piano attuativo e il piano regolatore generale: anche dopo la scadenza del piano debbono continuare ad osservarsi le prescrizioni di zona previste dal piano scaduto, come dispone l’art. 17, comma primo, L. 17.08.1942 n. 1150 che si occupa della validità dei piani particolareggiati.
I piani particolareggiati attuativi dei piani regolatori generali hanno efficacia decennale, con esclusione degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso destinati ad essere applicati a tempo indeterminato anche in presenza di uno strumento urbanistico generale. Un tale assunto comporta che le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza. (si veda la Sent. n. 6170/2007, IV sezione CdS).
Ad avviso del collegio, l'art. 17, comma primo, L. 17.08.1942 n. 1150 va inteso nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, nella parte in cui è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, in particolare (prima parte del comma primo) e, per converso, non si può procedere all’edificazione residenziale per assenza di tale fondamentale presupposto (v. art. 31). Dove invece il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente (seconda parte del primo comma), e cioè in base alle norme del piano attuativo scaduto, che mantengono la loro integrale applicabilità.
Se il piano attuativo è un piano di zona, non può l’edificazione residenziale privata sostituire l’edificazione residenziale pubblica, senza che per ciò stesso si possa ritenere che ciò rappresenti l’illegittima introduzione di un vincolo d’inedificabilità a tempo indeterminato, essendo, piuttosto, la perpetuazione di un vincolo conformativo collegato alla subzonizzazione insita nel p.e.e.p. scaduto.
Le previsioni dello strumento attuativo, hanno quindi stabilmente determinato l’assetto definitivo e di dettaglio della parte del territorio interessato, su cui quindi non possono incidere le previsioni, e proprio perché tali, di carattere programmatorio del piano regolatore generale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.10.2009 n. 6571 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI:  È improcedibile il ricorso ogni qualvolta la P.A., per conformarsi alla sentenza che la obbliga a far cessare il silenzio, abbia adottato un provvedimento idoneo a dare vita, con caratteristiche di serietà, effettività e conseguenzialità, ad un procedimento amministrativo in linea con la pretesa del privato.
La presente controversia ha per oggetto l’ottemperanza ad una decisione che il Tar ha assunto in esito ad un precedente ricorso proposto dall’interessato per la cessazione dell’inerzia serbata dalla P.a. resistente relativamente ad un’istanza di riqualificazione urbanistica.
Premettendo che il ricorso è improcedibile, il Tribunale amministrativo di Lecce spiega che la possibilità di coltivare il giudizio di ottemperanza per conseguire l’esecuzione di una pronuncia giurisdizionale che affermi l’obbligo di dare riscontro ad un’istanza del privato, ex art. 21-bis legge Tar, è oggi sancita dalla stessa disposizione ora citata.
Invero, continuano i giudici salentini, l’art 21-bis, secondo comma, ultimo periodo stabilisce che “Qualora l’amministrazione resti inadempiente oltre il detto termine (quello fissato per provvedere dal giudice del silenzio), il giudice amministrativo, su richiesta di parte, nomina un commissario ad acta che provveda in luogo della stessa”.
Si tratta, per il vero, di quella che la dottrina più avveduta configura come “ottemperanza anomala” proprio per segnalare le deviazioni dal modello ordinario del giudizio di ottemperanza che il legislatore ci ha consegnato, nei suoi tratti generali, con l’art. 27, n. 4 del r.d. 1054 del 1924. E’ sufficiente, a tal proposito, evidenziare che il mancato rinvio alle norme del giudizio di ottemperanza pare costituire, in questa direzione, indice sintomatico dal quale desumere che la fase di esecuzione delle sentenze, emesse ai sensi dell’art. 21-bis legge Tar, non partecipa dei caratteri del giudizio di ottemperanza in senso classico, essendosi il legislatore limitato a prevedere la nomina da parte del giudice di un commissario su richiesta di parte. La nomina del commissario ad acta, però, è concepita in questo ambito di cognizione, alla stregua di unico intervento sostitutivo percorribile dal giudice.
Tale tipo di intervento, non privo di una matrice latamente sanzionatoria che rimanda alla eccezionale giurisdizione di merito del G.a. si giustifica, pertanto, solo quando l’amministrazione abbia manifestamente tenuto in non cale la condanna a provvedere, ovvero abbia serbato, in un certo senso, maliziosamente, una condotta riconducibile al concetto di elusione del giudicato.
Questa premessa è la chiave di lettura per comprendere che, in effetti, l’ambito di decisione del G.a. in sede di ottemperanza speciale esperita nella sede del rito del silenzio appare assai più circoscritto rispetto al modello ordinario prefigurato dall’art. 27. n. 4 sopra richiamato. Ciò vuol dire che quando la controversia involge l’esecuzione di una pronuncia che ha condannato la P.a. a pronunciarsi su di un’istanza del privato, senza spingersi fino al limite –pur consentito dall’art. 2 della legge 241/1990- della delibazione circa la fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente, allo stesso giudice adito spetta un’indagine limitata ad accertare se, in definitiva, l’amministrazione abbia davvero fatto cessare la propria inerzia.
Solo al cospetto di una perdurante inerzia o di un’attività simulatamente collaborativa della P.a., che abbiano assunto il significato della inottemperanza al dictum del G.a, si giustifica l’intervento sostitutivo attuato con la nomina del Commissario ad acta. E’ coerente con questa linea interpretativa, concludono gli stessi giudici, ritenere che non ogni tipo di risposta può soddisfare la pretesa, precedentemente giudicata fondata dal G.a., di sollecitare un provvedimento espresso sull’istanza del privato, rispettoso della previsione di cui all’art. 2 della legge 241/1990.
Sotto tale profilo, il Giudice dell’ottemperanza fa buon governo delle regole proprie di siffatto giudizio dichiarando l’improcedibilità del ricorso ogni qualvolta la P.a., per conformarsi alla sentenza che la obbliga a far cessare il silenzio, abbia adottato un provvedimento idoneo a dare vita, con caratteristiche di serietà, effettività e conseguenzialità, ad un procedimento amministrativo in linea con la pretesa del privato (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 2332 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI:  La legge professionale forense non impone al datore di lavoro pubblico di adottare un’organizzazione degli uffici tale da individuare nell’ufficio legale una struttura necessariamente apicale e del tutto autonoma.
Con il ricorso in commento il capo dell’Ufficio legale istituito presso un Comune campano, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la delibera di giunta municipale con la quale l’amministrazione comunale aveva respinto la sua istanza tesa ad ottenere l’istituzione del predetto Ufficio legale, quale servizio autonomo da altre aree, nelle quali erano ripartiti gli uffici comunali, e ciò nella considerazione che, con il disposto inserimento dell’Ufficio legale nell’Area di Staff–affari generali, non si considerava adeguatamente la natura specifica di detto ufficio.
I giudici del Consiglio di Stato, dopo aver richiamato i precedenti giurisprudenziali sull’argomento, che hanno condotto a discordanti linee di valutazione, fornisce un definitivo percorso interpretativo. Ritiene, infatti, il giudice d’Appello, che la pretesa del ricorrente secondo la quale la legge professionale forense imporrebbe al datore di lavoro pubblico di adottare un’organizzazione degli uffici tale da individuare nell’ufficio legale una struttura necessariamente apicale, del tutto autonoma, sia priva di fondamento.
I giudici di Palazzo Spada ricordano che la legge professionale (art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933) prevede che l’attività professionale di avvocato sia incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario. Sono eccettuati dalla disposizione del secondo comma: a) i professori e gli assistenti delle università e degli altri istituti superiori ed i professori degli istituti secondari dello Stato; b) gli avvocati [ed i procuratori] degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo.
La norma prevede “uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo” con ciò disinteressandosi completamente della struttura organizzativa, poiché la sua finalità è provvedere ad una garanzia di tipo funzionale, connessa allo status ed all’attività esercitata e che si traduce nella garanzia dell’indipendenza propria dell’avvocato, connessa al riconoscimento dello status professionale peculiare dell’iscritto all’albo speciale. Con ciò diviene necessario –per l’ente- assicurare nel contempo l’inserimento nell’assetto organizzativo dell’ufficio legale e l’autonomia funzionale del professionista, assicurando una distinzione fra attività legale ed attività amministrativa.
In sostanza l’assegnazione di una natura non apicale all’ufficio legale non può comportare alcun disconoscimento delle qualità e delle prerogative professionali dell’avvocato inquadrato nel ruolo legale, né, nella specie, si contesta che ciò sia di fatto avvenuto essendo in questione solo la legittimità dell’assetto organizzativo adottato, suscettibile, nella tesi del ricorrente, di mettere in pericolo il bene protetto dalla normativa.
Quanto all’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 richiamato dalla difesa dell’appellante esso, per quanto interessa, si limita a prevedere che “i professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica funzionale, costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico delle amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione, un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e funzioni”. Ma l’autonomia dell’area contrattuale non è argomento dal quale desumere alcunché rispetto alla struttura organizzativa dell’ente che dipende da autonome scelte discrezionali condizionate solo dai fabbisogni e dalle risorse finanziarie.
Identico discorso può farsi per l’art. 69, comma 11, del t.u. del pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) che prevede solo una norma transitoria di salvezza della disciplina previgente disponendo che “in attesa di un’organica normativa nella materia, restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche l'esercizio delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini od albi professionali. Il personale di cui all'art. 6 comma 5, del decreto legislativo 30.12.1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale”.
Quanto al d.p.r. n. 347/1983 esso non distingue nettamente l’area delle funzioni e dei compiti amministrativi dall’area legale (cfr. quanto previsto nell’allegato uno per l’ottava qualifica funzionale o quanto previsto nello stesso allegato per le funzioni dirigenziali distinte aree tematiche giuridico-amministrative, socio-economiche e tecnico scientifiche). Lo stesso può dirsi del d.p.r. n. 333/1990 che, disciplinando all’art. 33 l’ordinamento professionale, distingue area amministrativa, contabile e tecnica, ma non si occupa in modo preciso dell’assetto organizzativo degli uffici legali, lasciando quindi libero il vertice politico di ciascun ente di effettuare le scelte ritenute in concreto più opportune.
Dalla normativa esaminata, quindi, può dedursi che il legislatore richiede semplicemente l’istituzione di un ufficio legale autonomo, differenziato dagli altri uffici, e che tale istituzione garantisca a sufficienza l’autonomia dei professionisti, evitando continue ingerenze della dirigenza amministrativa nella gestione degli affari legali. La decisione di conferire natura apicale all’ufficio legale non è l’unica perseguibile. Tale scelta( fra ufficio apicale e sub apicale), ampiamente discrezionale, dipende solo dalla quantità e qualità del contenzioso dell’ente e dalle risorse finanziarie disponibili nel bilancio comunale.
La collocazione dell’ufficio nell’area di staff, comporta il mero inquadramento nell’ambito organizzativo dell’ente e differenzia a sufficienza l’ufficio legale dalle altre strutture burocratiche anche quando detto ufficio non sia collocato al livello apicale, solleva i professionisti forensi dai compiti meramente amministrativi di organizzazione della struttura, non comporta ingerenze od intermediazioni delle altre strutture dirigenziali in astratto ipotizzabili, se non rispetto al dirigente dell’area di staff che, tuttavia non si segnala per aver posto in essere alcuna concreta condotta di ingerenza (comunque rimediabile con i rimedi giurisdizionali attivabili ai sensi della legge professionale e degli artt. 24 e 97 Cost.).
Occorre tener presente che i professionisti iscritti nell’albo speciale sopportano specifiche limitazioni delle facoltà proprie del libero professionista per la sussistenza, rispetto a quest'ultimo, degli obblighi giuridici che scaturiscono dal rapporto di lavoro; con la conseguente compatibilità della professione così esercitata con la qualifica di impiegato rivestita dall'avvocato, nonché con l'osservanza dell'orario di lavoro e con l'inserimento in un rapporto strutturato gerarchicamente (cfr. Sez. IV, 30.04.1998, n. 703; cfr. anche SS.UU., 24.04.1990, n. 3455) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2009 n. 6336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI:  La revoca dell'incarico di assessore comunale è esente dalla previa comunicazione dell'avvio del procedimento.
Il thema decidendum della causa in rassegna attiene alla revoca dell’incarico assessorile e alle garanzie anche formali che debbono accompagnare tale provvedimento.
Il Consiglio di Stato premette, in merito, che tale argomento era già stato affrontato di recente con la decisione 23.01.2007, n. 209 della quinta sezione.
Per quanto riguarda in particolare il problema della necessità o meno della comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca dell'incarico di assessore i giudici d’Appello ricordano che la giurisprudenza intervenuta prima della decisione n. 209/2007 sulla specifica questione era alquanto incerta, ritenendosi in alcune sentenze la normale applicabilità degli artt. 7 e 8 L. n. 241/1990 e successive modificazioni (V. TAR Puglia, Lecce, sez. 2°, n. 4740 del 14.07.2003; TAR Friuli Venezia Giulia n. 478 del 28.05.2005; TAR Molise n. 235 del 28.03.2006), mentre in altre occasioni o si è escluso del tutto l'obbligo della comunicazione di avvio del relativo procedimento per la particolarità della fattispecie (V. TAR Sicilia, Palermo, sez. 1°, n. 466 del 05.03.2004 ed il parere di questo Consiglio n. 4391/2005 del 12.04.2006) oppure sono stati prospettati dubbi al riguardo.
Attualmente, viceversa, si è ormai statuito come la revoca dell'incarico di assessore comunale sia immune dalla previa comunicazione dell'avvio del procedimento in considerazione della specifica disciplina normativa vigente in materia.
La decisione richiamata n. 209/2007 ha, infatti, precisato: “… le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l'ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull'esito finale per il migliore perseguimento dell'interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l'amministrazione del Comune nell'interesse della comunità locale, con sottopozione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale" (è sostanzialmente in tal senso il parere di questo Consiglio, Sez. 1°, n. 4391/2005, già citato).
Il relativo procedimento è perciò, concludono i giudici di Palazzo Spada, semplificato al massimo per consentire un'immediata soluzione della crisi intervenuta nell'ambito del governo locale, articolandosi nei seguenti passaggi: valutazione della situazione da parte del sindaco, scelta sindacale di modificare la composizione della giunta nell'interesse della comunità locale e comunicazione motivata di ciò al consiglio comunale, senza l'interposizione della comunicazione dell'avvio del procedimento all'assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.10.2009 n. 6253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  L'esclusione da gara può essere comminata solo se espressamente prevista dalla lex specialis o quando l'inosservanza delle prescrizioni, fermo il principio della più ampia partecipazione, leda interessi sostanziali dell'amministrazione o il principio della par condicio dei concorrenti.
Si tenterà di fornire una breve descrizione della articolata decisione assunta dai giudici capitolini in merito ad una vicenda di esclusione da gara per l’affidamento di un servizio.
Il fatto è dato dall’esclusione di un raggruppamento temporaneo d’imprese per non avere dimostrato non già il possesso di singoli requisiti dalla lex specialis ma il rapporto tra i medesimi, che il bando imponeva senza correlare all’inadempimento un’espressa sanzione. Le partecipanti erano chiamate a dimostrare i propri requisiti di capacità tecnica e finanziaria: nello specifico la mandante doveva avere almeno il 40% dei requisiti, ogni associata almeno il 10% e la capogruppo doveva concorrere in misura maggioritaria rispetto alle mandanti, infine il raggruppamento nella sua globalità doveva raggiungere il 100% dei requisiti.
Oltre tali requisiti imputabili ai singoli membri del raggruppamento e richiesti a pena di esclusione, il bando imponeva che la materiale esecuzione della prestazione dovesse corrispondere alla quota di percentuale assunta da ciascun componente nell’ambito del raggruppamento. Poiché una raggruppata non rispettava tale ultima condizione, era esclusa. Tale esclusione diventava ragione di accensione di contenzioso di fronte al giudice amministrativo.
Tra le doglianze sostenute in giudizio, riteniamo di particolare interesse quelle relative al potere di esclusione da parte della P.A. Qualora l’osservanza di una clausola di lex specialis sia espressamente prevista a pena di esclusione, l’amministrazione è tenuta a dare –dice il giudice- precisa e incondizionata esecuzione alla clausola, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell’inadempimento, l’incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata, alla cui osservanza la stessa amministrazione si è autovincolata (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 10.01.2005 n. 32 nonché TAR Lazio, Sez. III, 03.02.2009 n. 1057).
In considerazione dei principi di affidamento dei partecipanti, di par condicio e della più ampia partecipazione, l’interpretazione della clausola contenente la sanzione dell’esclusione in caso di sua inosservanza deve essere letterale, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare pretesi significati impliciti e in grado di ledere i principi suddetti. Se la clausola chiaramente pone l’esclusione da gara come sanzione della mancata dimostrazione di un requisito di partecipazione, non v’è spazio per l’amministrazione di invitare l’interessato ad integrare o regolarizzare la documentazione prodotta.
In tal caso, l’esclusione diventa atto dovuto e ogni ulteriore apprezzamento circa l'ordine di prevalenza degli interessi pubblici (certezza delle regole, par condicio, ecc) è stato già effettuato e si è consumato all'atto dell'esercizio della potestà di emanare la lex specialis di gara. Ed anzi in una tale ipotesi l’integrazione si atteggerebbe a un’inammissibile alterazione della par condicio rispetto ad altri concorrenti che hanno prodotto regolarmente la documentazione richiesta. In definitiva l’amministrazione non può disapplicare le regole della procedura che essa stessa si è data in modo chiaro e puntuale.
Per completezza va detto che l’esclusione da gara pubblica può essere disposta, anche in mancanza di espressa comminatoria ogni qualvolta il concorrente abbia comunque violato previsioni poste a tutela degli interessi sostanziali dell’amministrazione o a protezione della par condicio tra i concorrenti. Ma una valutazione di una tale portata deve essere effettuata tenendo conto del principio per il quale occorre preferire, tra le interpretazioni possibili, quella che conduca alla partecipazione del maggior numero di aspiranti, al fine di consentire, nell’interesse pubblico, una selezione tra un numero più ampio di offerte. In definitiva il criterio teleologico è recessivo rispetto alla lettura della norma avendo valore suppletivo rispetto al dato formale emergente dalla lex specialis di gara.
Tornando al caso specifico e cioè quello di una clausola al cui inadempimento non corrisponda la sanzione della esclusione da gara, il giudice amministrativo del Lazio fornisce un ulteriore argomento di riflessione: l’art. 74 del D.Lgs. 163/2006 prevede il principio di proporzionalità del confezionamento delle regole di gara. Tale principio stabilisce l’obbligo per l’amministrazione di non aggravare la partecipazione dei concorrenti alla selezione a meno che non se ne motivino le ragioni che richiedono la dimostrazione del possesso di particolari ed ulteriori requisiti rispetto a quelli richiesti ordinariamente per appalti della stessa tipologia.
Tale elemento del ragionamento unito ai precedenti e alla constatazione che non esiste nella lex specialis la manifestazione della corrispondenza del criterio simmetrico(la condizione secondo la quale la materiale esecuzione della prestazione doveva corrispondere alla quota di percentuale assunta da ciascun componente nell’ambito del raggruppamento, sia anche per altri versi illegittima) all’interesse sostanziale dell’amministrazione procedente, porta i giudici capitolini a ritenere illegittima l’esclusione operata dal comune (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 09.10.2009 n. 9861 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI E’ legittima l’esclusione dell’ATI quando non indichi le rispettive quote di partecipazione dei concorrenti riuniti.
E’ obbligo previsto dalla legge quello di indicare, in caso di associazione temporanea di imprese, le quote di partecipazione delle singole imprese partecipanti all’associazione. Si tratta della previsione posta dall’art. 37 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici e si tratta di obbligo che si applica a tutte le tipologie di appalti e quindi anche agli appalti pubblici di lavori.
Poiché questo articolo stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, è evidente che deve sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e che vi è la necessità che la quota di partecipazione debba essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto della partecipazione alla gara (Cons. St., V Sez., 07.05.2008, n. 2079).
Tali considerazioni evidenziamo l’importanza dell’informazione circa le quote: si tratta di un requisito di ammissione alla gara. Si deve provvedere ad esso già nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto.
L’obbligo di comunicazione delle quote non impatta sul principio di matrice comunitaria secondo il quale vige il divieto di imporre alle ATI costituende forme giuridiche determinate: difatti l’obbligo di indicare le quote di partecipazione delle imprese singole non configura l’esigenza di una forma giuridica particolare in quanto riguarda esclusivamente la distribuzione fra le imprese dei lavori in appalto. Un tale obbligo dunque riguarda un dato obiettivo che non incide sulla configurazione giuridica delle imprese associate.
Infine, la richiesta di siffatto adempimento è in linea con il rispetto del principio di proporzionalità, in quanto la sua esecuzione da parte delle partecipanti permette all’amministrazione di valutare fin dall’inizio i requisiti dei componenti l’associazione in relazione alla parte di appalto di pertinenza (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.09.2009 n. 5817 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATAIn caso di rigetto di istanza di sanatoria presentata con DIA devono essere comunicati i motivi ostativi all’accoglimento della richiesta.
Il caso concerne la costruzione di un muretto con sovrastante ringhiera metallica, muretto per cui il ricorrente aveva avanzato istanza di sanatoria tramite DIA presentata ai sensi degli articoli 36 e 37 del dpr 380/2001.
Con determinazione dirigenziale il comune dichiarava di non poter accogliere l’istanza di sanatoria.
Il ricorrente oppone il mancato rispetto dell’art. 10-bis della legge 241/1990: il collegio ritiene fondata la doglianza infatti afferma “Rispetto a provvedimenti del genere di quello in esame non appare, infatti, che possa essere posta in discussione l’operatività del disposto della prescrizione di cui al citato art. 10-bis della legge n. 241/1990 e, dunque, l’esistenza dell’obbligo dell’Amministrazione di comunicare all’istante i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, così da porre l’interessato nella condizione di presentare osservazioni”. D’altro canto l’amministrazione non può invocare l’applicazione dell’art. 21-octies comma 2 della legge 241/1990 in quanto non ha dimostrato che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto.
La disposizione citata infatti reca specificatamente: ”il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Non essendoci elementi per fare riferimento a suddetto articolo non diventa irrilevante il fatto di non aver comunicato, in ossequio all’art. 10-bis, i motivi che si frapponevano alla accettazione della istanza di sanatoria. E pertanto il collegio ha ritenuto di dover accogliere il ricorso presentato dal ricorrente e annullare il provvedimento di diniego impugnato  (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 23.09.2009 n. 9240 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA:  E’ illegittima l’ordinanza di demolizione di un manufatto costruito su progetto presentato tramite DIA se l’amministrazione non abbia prima annullato il provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza.
La decisione in rassegna tratta di un tardivo ripensamento di una pubblica amministrazione.
Al comune, resistente nel presente giudizio, il ricorrente aveva inoltrato istanza autorizzatoria alla costruzione di un manufatto per il tramite di denuncia di inizio attività. Decorsi i 30 giorni stabiliti dalla norma, il ricorrente ha avviato i lavori per la costruzione di una veranda. In riferimento al manufatto, per il quale la DIA era stata presentata nel 2006, il comune emette ordinanza di demolizione nel 2007 assegnando per l’esecuzione dell’ordine un termine di 90 giorni.
In risposta all’ordinanza di demolizione che da una parte riconosce la legittimità del progetto presentato tramite DIA e dall’altra ne ravvisa l’incompatibilità con la zonizzazione del Piano Regolatore, il ricorrente propone ricorso al Tar competente il quale accoglie la proposta per i motivi che di seguito si illustrano. La denuncia di inizio attività disciplinata dal T.U. in materia edilizia 06.06.2001 n. 380 è assimilabile a un’istanza autorizzatoria, che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza.
Pertanto, l’Amministrazione, dopo il decorso del termine di trenta giorni per la formazione del provvedimento tacito, non perde i propri poteri di autotutela che, nel caso di esercizio di un’attività di secondo grado (che si estrinseca in un annullamento d’ufficio o in una revoca), devono tuttavia essere esercitati nel rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’attività amministrativa.
La valutazione effettuata dall’Amministrazione nell’ordinanza di demolizione circa la contrarietà dell’opera eseguita dal ricorrente a seguito della presentazione della D.I.A., avrebbe dovuto essere preceduta dall’annullamento del provvedimento formatosi sulla D.I.A.
E quest’ultimo avrebbe dovuto essere preceduto dall’avviso di avvio del procedimento nel rispetto di tutte le forme sostanziali e procedimentali previste per gli atti in autotutela, compreso il rispetto del tempo ragionevole per porre in essere il provvedimento di secondo grado come espressamente stabilito dall’art. 21-nonies della legge 241/1990 il quale stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
In sostanza il provvedimento impugnato non rispetta la serie procedimentale descritta ponendosi in violazione sia dell’art. 3 che degli articoli 7, 8 e 21-nonies della legge 241/1990.
Sulla base di tale considerazione finale il collegio emiliano non può che emettere la propria sentenza di accoglimento del ricorso e quindi di annullamento dell’ordinanza di demolizione (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 22.09.2009 n. 676 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Definizione di centro abitato e natura del permesso di costruire in deroga.
Premesso che la definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci nel quadro normativo, soccorrono, allo scopo, l’esistenza di criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto. In particolare, si è recentemente affermato che il centro abitato va identificato nella situazione di fatto determinata dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità.
Ai fini dell’applicazione della deroga di cui all’art. 14 del d.P.R. n. 380/2001, la questione della riconducibilità delle strutture alberghiere tra gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico” è stata già affrontata e risolta dalla giurisprudenza amministrativa nel senso di ritenerle comprese nell’ambito di applicazione dell’anzidetta previsione, trattandosi di un servizio offerto alla collettività e caratterizzato da una pubblica fruibilità, con la correlativa possibilità di concessioni in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici in vigore.
Laddove il territorio interessato possieda una vocazione turistica prevalente, la riconduzione all'interesse pubblico dell'edificio alberghiero non richiede affatto un'interpretazione estensiva ed è anzi compatibile con una lettura restrittiva rispetto a diverse attività economiche che non presentino le medesime caratteristiche di rilevanza urbanistica e culturale, ma che solo possano accampare il loro peso economico (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 22.07.2009 n. 1375 - link a
www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 07.12.2009

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: La sicurezza degli impianti e delle attrezzature di distribuzione ed utilizzo di gas.
Il Ministero della Salute ha curato la redazione di un documento finalizzato ad illustrare gli elementi di sicurezza collegati all’utilizzo del gas combustibile nelle civili abitazioni dal titolo: “La sicurezza degli impianti e delle attrezzature di distribuzione ed utilizzo di gas” (link a
www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 48 del 03.12.2009, "Definizione delle modalità, contenuti e tempistiche di compilazione dell'applicativo Osservatorio Rifiuti SOvraregionale (O.R.SO.) relativo alla raccolta dei dati di produzione e gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti gestiti dagli impianti in Regione Lombardia" (deliberazione G.R. 25.11.2009 n. 10619 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: G.U.U.E. 01.12.2009 n. L 314/64 "REGOLAMENTO (CE) N. 1177/2009 DELLA COMMISSIONE del 30.11.2009 che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE, 2004/18/CE e 2009/81/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti" (link a http://eur-lex.europa.eu).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 48 dell'01.12.2009, "Linee guida per l'autorizzazione di impianti per la produzione di energia da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) - Impianti fotovoltaici ed eolici e per la valutazione ambientale degli stessi impianti" (deliberazione G.R. 25.11.2009 n. 10622 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del 30.11.2009, "Modalità applicative delle disposizioni in materia di sanzioni amministrative per la violazione delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e di verifica di assoggettabilità (art. 7, l.r. n. 20/1999 e art. 29, comma 4, d.lgs. n. 152/2006)" (deliberazione G.R. 18.11.2009 n. 10564 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del 30.11.2009, "Adeguamento dei segni distintivi del servizio volontario di vigilanza ecologica al nuovo marchio di regione Lombardia di cui alla deliberazione della Giunta regionale 9307/2009" (deliberazione G.R. 18.11.2009 n. 10557 - link a www.infopoint.it).

QUESITI

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Mancata ottemperanza ad un provvedimento sindacale ex art. 107 D.Lgs. 267/2000 e art. 33 Reg. edilizio comunale.
Viene chiesto parere in ordine alle possibili conseguenze che possono derivare dalla mancata ottemperanza ad un provvedimento sindacale –emanato ex artt. 107 D.Lgs. 267/2000 e 33, co. 7, Reg. Edilizio Comunale– avente ad oggetto l’ordine di provvedere alla messa in sicurezza di un edificio fatiscente (Regione Piemonte, parere n. 106/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Termine iniziale efficacia D.I.A. edilizia.
Viene chiesto parere in ordine al termine iniziale (e quindi, di conseguenza, allo scadere di quello finale) di efficacia della d.i.a. edilizia (Regione Piemonte, parere n. 105/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Scomputo oneri di urbanizzazione.
La questione posta dal Comune richiedente riguarda due importanti tematiche: l’una relativa alla disciplina dello “scomputo” degli oneri di urbanizzazione a fronte di opere pubbliche realizzate da soggetti privati e l’altra relativa agli accordi tra soggetti proprietari privati e Comune per modifiche al piano regolatore generale urbanistico (Regione Piemonte, parere n. 95/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

CORTE DEI CONTI

INCARICHI PROFESSIONALI: Corte conti Calabria sulle spese per patrocini e soccombenze. Comuni, in bilancio le parcelle degli avvocati.
Su patrocini e soccombenze, l'ente locale deve attivare gli scudi. Infatti, i comuni devono prevedere nel bilancio di previsione appositi stanziamenti di spesa per la copertura degli oneri derivanti da competenze da riconoscere ai liberi professionisti per la rappresentanza o il patrocinio dell'ente ovvero di spese scaturenti da risarcimento danni. Ciò in quanto, in sede di formazione del bilancio di previsione l'amministrazione deve presentare un quadro più fedele possibile delle proprie condizioni finanziarie.

Lo ha messo nero su bianco la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Calabria, nel testo della deliberazione 30.09.2008 n. 241 con la quale ha fornito opportune precisazioni e chiarimenti in ordine alla corretta esposizione in bilancio delle poste riguardanti le spese inerenti la rappresentanza legale e il patrocinio dell'ente in sede giudiziale.
Il quesito posto dal comune di Laino Borgo (Cs) verteva proprio sulla possibilità di iscrivere, in sede di bilancio di previsione, appositi stanziamenti cui attingere per poter far fronte alle parcelle dei legali o dei professionisti chiamati al patrocinio legale o alla rappresentanza dell'ente ovvero per sopperire a possibili oneri correlati a procedimenti giudiziari pendenti.
La Corte calabra ha quindi precisato che innanzitutto è lo stesso Tuel (all'articolo 151) che sancisce l'obbligo di integrità e veridicità del bilancio di previsione. Questo significa che tutte le spese, anche quelle di minima entità, devono essere attendibili e rispecchiare le reali condizioni finanziarie in cui l'amministrazione locale verrà a trovarsi nell'esercizio.
Ne consegue che l'amministrazione deve presentare un quadro delle condizioni finanziarie che sia il più attendibile possibile. Pertanto, le spese che sono imputabili a titolo di oneri legali ovvero di risarcimento danni, devono trovare allocazione nello stato di previsione del bilancio annuale e, per gli enti che sono tenuti a redigerlo, anche nel bilancio pluriennale.
La Corte comunque fornisce anche una diversa possibilità. Se, infatti, al momento della formazione del bilancio gli oneri di cui si tratta non possono essere previsti nella misura necessaria, perché, per esempio, mancano precisi elementi indicativi, l'amministrazione può sopperire utilizzando il fondo di riserva ex articolo 166 del Tuel. A tal fine, si potrà pertanto dimensionare lo stanziamento del predetto fondo, con le possibili somme derivanti dalle competenze per i patrocini e per le soccombenze. Ovviamente, secondo quanto prescrive lo stesso testo unico, entro il limite massimo del 2% del totale delle spese correnti.
A rafforzare la necessità di dotarsi di uno stanziamento di spesa che possa coprire le eventuali soccombenze, la Corte rileva come non di rado può succedere che il tesoriere dell'ente provveda direttamente al pagamento forzato di una somma prima che l'ente emetta il mandato, come nel caso di provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Quest'ultima si sostituisce all'amministrazione, la quale deve provvedere «tempestivamente» alla regolazione contabile. Regolazione che necessiterà di una variazione di bilancio se l'amministrazione «non ha oculatamente provveduto allo stanziamento in sede di formazione del bilancio di previsione».
In conclusione, si legge nel testo del parere, è demandata alle valutazioni dell'ente l'opportunità di effettuare un accertamento preventivo in previsione di una possibile soccombenza dell'ente. Ma, al contempo, si suggerisce di non sovradimensionare lo stanziamento dell'importo, in quanto così operando si riducono le risorse destinate al perseguimento delle finalità istituzionali dell'ente stesso (articolo ItaliaOggi dell'01.11.2008, pag. 39).

INCARICHI PROFESSIONALINiente pressing dei politici sugli incarichi.
Al responsabile di servizio potrà essere contestato l'illegittimo affidamento di un incarico esterno anche in presenza di una direttiva con la quale gli organi politici sollecitino l'assegnazione della collaborazione.

La sentenza 18.09.2008 n. 1831 della Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale Sardegna, è fondamentale, per dirimere una questione interpretativa ed applicativa, della delicata disciplina concernente gli incarichi esterni, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001.
La pronuncia priva di fondamento le tesi secondo le quali la competenza all'assegnazione degli incarichi di lavoro autonomo possa considerarsi «ibrida», distribuita, cioè, in modo discrezionale tra organi di governo ed organi gestionali degli enti locali. Al contrario, non vi sono dubbi che si tratti di attività esclusivamente gestionale: gli incarichi sono dei contratti veri e propri, sicché la competenza sia per l'individuazione del contraente, sia per la stipulazione, sia per la verifica del corretto adempimento, spetta alla dirigenza, ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del dlgs 267/2000.
Nel caso di specie, la Corte dei conti ha accertato la responsabilità del dirigente, che ha assegnato illegittimamente un incarico di consulenza, sia per l'inutilità della prestazione, sia per la carenza di un curriculum di concreto spicco, in capo al destinatario.
A fini difensivi, gli interessati hanno eccepito di aver proceduto con urgenza all'affidamento dell'incarico, per rispondere alle esigenze manifestate dagli organi di governo, tese a procedere con urgenza, allo scopo di non perdere le risorse cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo.
Per la Corte dei conti, tuttavia, tale elemento difensivo è privo di pregio. Infatti, non vale ad integrare o sostituire i presupposti previsti dalla legge per l'assegnazione degli incarichi.
Il collegio giudicante ha fatto proprie le osservazioni del procuratore, il quale ha sottolineato la vigenza del principio della separazione tra organi politici e gestione amministrativa, alla quale indubbiamente l'incarico di lavoro autonomo deve essere riferito.
La sentenza sottolinea che gli organi di governo debbono limitarsi a manifestare indirizzi operativi, non potendo imporre azioni gestionali concrete, né sostituirsi agli organi amministrativi competenti. In ogni caso, anche in presenza di indirizzi o sollecitazioni, finalizzati ad orientare gli organi gestionali ad acquisire gli incarichi esterni, resta fermo che la struttura amministrativa gode di piena autonomia in ordine a necessità, tempi e modi delle azioni conseguenti.
Insomma, resta nella piena responsabilità dei dirigenti o responsabili di servizio verificare se ricorrano, o meno, le condizioni ed i presupposti, previsti dall'articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001, per procedere legittimamente all'assegnazione degli incarichi. In mancanza di tali presupposti, qualsiasi indirizzo o sollecitazione non costituisce causa legittimante di un'assegnazione di incarichi, in assenza dei presupposti previsti dalla legge (articolo ItaliaOggi del 28.10.2008, pag. 46).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: R. Caponigro, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIEsiste il diritto di accesso per conoscere il nome dell'autore di un esposto?
In giurisprudenza si rinvengono sentenze di orientamento opposto sulla questione se l'interessato abbia il diritto di accesso per conoscere il nome dell'autore di un esposto inviato alla P.A.
In senso favorevole, si segnalano TAR Lombardia - Brescia, sez. I, sentenza 29.10.2008, n. 1469; Consiglio di Stato, sez. V, 19.05.2009, n. 3081; Consiglio di Stato, sez. V, 27.05.2008, n. 2511.
Queste sentenze affermano che il nome dell'autore di un esposto non rientra tra i dati sensibili o supersensibili di cui all'articolo 60 del Codice dati personali e dell'art. 24 della legge n. 241/1990. Inoltre, l'esposto non è un fatto circoscritto al solo autore o alla P.A., ma incide anche sui denunciati, in modo particolare quando dall'esposto è scaturita l'emanazione di un provvedimento amministrativo.
L'accesso si ricollega ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, che ispirano la legge 241/1990. Inoltre la tolleranza verso denunzie segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico, come si può evincere anche dall'art. 111 della Costituzione che considera un elemento essenziale del giusto processo il diritto dell'accusato di interrogare o di fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico (il che presuppone il diritto di conoscere il nome delle persone che emettono tali dichiarazioni).
In tema, si vedano anche gli artt. 240, 195, comma 7 e 203 del codice di procedura penale. Neanche nel caso in cui un atto sia formato o detenuto da un soggetto tenuto al segreto professionale è automaticamente escluso il diritto di accesso.
In senso contrario, invece si sono espressi il Consiglio di Stato, sez. V, 03.04.2000, n. 1916; TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 10.04.2009, n. 517.
In queste sentenze si legge che, di regola, per il destinatario di un provvedimento finale non sussiste la necessità di conoscere l'autore di un esposto al fine di difendere i propri interessi giuridici, a meno che non siano esibite particolari esigenze, da verificare in concreto. Infatti, di fronte al diritto della riservatezza del terzo, la pretesa di conoscere l'autore dell'esposto da parte del richiedente, "acquista un connotato ritorsivo che l'ordinamento non può tutelare".
Pubblichiamo il testo delle sentenze citate nella nota (link a http://venetoius.myblog.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Milone, Bonifica dei siti di interesse nazionale: le recenti pronunce del giudice amministrativo (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: D. Immordino, Brevi riflessioni sulla recente giurisprudenza in materia di quantificazione dell’ammontare della Tarsu, distribuzione del carico tributario tra i contribuenti e ripartizione della competenza tra Consiglio e Giunta municipale (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Tumaini, Analisi del rischio e «principio di precauzione» nella gestione dei siti contaminati (link a www.lexambiente.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATALa 3^ sentenza, in materia di ristrutturazione edilizia, che sconfessa nuovamente il legislatore lombardo (L.R. n. 12/2005).
La ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi.
Con riferimento alla sagoma, nel caso di specie, non sussiste identità tra l’edificio oggi esistente e quello originario. Per tale ragione l’intervento non può qualificarsi quale ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione bensì quale nuova costruzione.
In caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo spostamento di volumetria non può, dunque, ritenersi ammissibile –pena lo sconfinamento nella differente ipotesi della nuova costruzione– laddove vada ad incidere sul requisito della identità d
i sagoma, superfici e volumi richiesto dall’art. 3, d.P.R. n. 380/2001.
Ai sensi dell’art. 3, c.1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 sono “interventi di ristrutturazione edilizia” (…) “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.”.
Il permesso di costruire impugnato ha ad oggetto un intervento di “demolizione e ricostruzione, su un medesimo sedime con ristrutturazione dell’esistente, spostamenti volumetrici nonché formazione di autorimesse interrate”.
Il concetto di ristrutturazione edilizia, quale enunciato dall'art. 31, lett. d), l. 05.08.1978, n. 431 (”interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ha subito nel tempo diversificate interpretazioni e diffuse incertezze soprattutto riguardo alla ristrutturazione per demolizione e ricostruzione, nella ricerca degli elementi che distinguessero la fattispecie dalla ristrutturazione.
Ad un primo orientamento che escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di ristrutturazione (Cons. St., sez. V, 09.02.1996, n. 144), è seguito l'orientamento trasfuso nel Testo Unico dell'edilizia che ha compreso la fattispecie nella categoria della “ristrutturazione” purché “fedele” in quanto modalità estrema di conservazione dell'edificio preesistente nella sua consistenza strutturale, essendosi ritenuto che “la ricostruzione di un preesistente fabbricato senza variazione o alterazione della superficie, volumetria e destinazione d'uso, non incide sul carico urbanistico già esistente e non è pertanto assoggettato ad oneri né al rispetto degli indici sopravvenuti” (Cons. St., sez. V, 10.08.2000, n. 4397).
In recepimento degli indirizzi giurisprudenziali formatisi in materia, il T.U. dell'edilizia ha ricompreso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia “quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”.
L'art. 1 del decreto legislativo 27.12.2002, n. 301 ha modificato l'art. 3, in parte qua, eliminando la locuzione “fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente” e l’ha sostituita con l’espressione “ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente” (art. 1, lett. a).
Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono tuttavia la giurisprudenza a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18.03.2008, n. 1177).
Questa sezione ha, al riguardo, recentemente affermato, che "la previsione di cui al’art. 27 c. 1 l. d) della L.R. Lombardia 11.03.2005, n. 12 -che ricomprende tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente- deve interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell’edificio preesistente” in quanto tale requisito, previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001, costituisce espressione di un principio generale che orienta anche l’interpretazione della legislazione regionale (TAR Lombardia Milano, sez. II, 16.01.2009, n. 153).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è, dunque, la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un «insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente»), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma -in quest'ultimo caso- con ricostruzione, se non «fedele» (termine espunto dall'attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (Consiglio Stato, sez. VI, 16.12.2008, n. 6214).
Nel caso di specie, quantomeno con riferimento alla sagoma, come evincibile dall’allegato P alla consulenza tecnica esperita dinanzi al Tribunale di Monza nella causa intentata dalla Cascina Paolina s.r.l. nei confronti della Doma s.r.l., non sussiste identità tra l’edificio oggi esistente e quello originario.
Per tale ragione l’intervento non può qualificarsi quale ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione bensì quale nuova costruzione; sono state, pertanto, violate le disposizioni delle n.t.a. relative alle nuove edificazioni.
In caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo spostamento di volumetria non può, dunque, ritenersi ammissibile –pena lo sconfinamento nella differente ipotesi della nuova costruzione– laddove vada ad incidere sul requisito della identità di sagoma, superfici e volumi richiesto dall’art. 3, d.P.R. n. 380/2001 (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 02.12.2009 n. 5268 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: CADUCAZIONE DEL CONTRATTO D'APPALTO E RISARCIMENTO DEL DANNO.
1.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Contratto - Giurisdizione - Ordinaria.
2.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Sorte contratto - Caducazione automatica.
3.- Appalto di lavori - Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Dichiarazione ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006 - Da rendere personalmente da ciascuno dei soggetti indicati alla lettera c) - Obbligatorietà - Non sussiste.
4.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Risarcimento del danno - All'impresa non aggiudicataria - Prova rigorosa della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito - Sussiste.
5.- Appalto pubblico (in generale) - Gara - Commissione - Componenti - Numero dispari - Necessità.

1.- Quanto alla domanda di annullamento del contratto stipulato, deve ribadirsi -allo stato- il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo a pronunciarsi con efficacia di giudicato su tali profili, riservati invece alla giurisdizione del Giudice Ordinario -dinanzi al quale la domanda andrà riassunta antro tre mesi, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali a norma dell'art. 59, L. n. 69/2009.
2.- In sede di esecuzione della sentenza, l'amministrazione non potrà non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le prestazioni già eseguite, trattandosi in questo caso di un rapporto di durata), similmente a quanto avviene nel caso di annullamento di una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di un bene che comporta la caducazione degli effetti dell'accordo accessivo, o ancora di annullamento dell'affidamento di un pubblico servizio disposto senza gara che comporta, non di meno, la sopravvenuta caducazione del successivo contratto.
3.- Nessuna norma di legge impone che la dichiarazione sui requisiti di ordine generale di cui all'art. 38, D.Lgs. n. 163/2006 sia resa personalmente, di proprio pugno, da ciascuno dei soggetti indicati alla lettera c), ovvero in caso di s.r.l., tanto dal legale rappresentante quanto dal direttore tecnico della società.
E' vero piuttosto il contrario, nel senso della possibilità che uno solo dei soggetti "rilevanti" renda la dichiarazione relativamente ai requisiti propri e di tutti. Sicché il legale rappresentante, agendo a nome dell'ente, rendere tutte le dichiarazioni circa la moralità dei suoi amministratori e direttori tecnici.
4.- Ai fini del risarcimento del danno causato all'impresa risultata non aggiudicataria della gara sarà necessaria una prova rigorosa a carico dell'impresa medesima, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata in sede di gara.
5.- Tutte le commissioni di gara (non solo quelle giudicatrici disciplinate dall'art. 84, D.Lgs. n. 163/2006), al pari di ogni collegio amministrativo, debbono essere composte da un numero dispari di membri al fine di assicurare la funzionalità del principio maggioritario (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.11.2009 n. 5200 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi. Costituzione di parte civile.
In tema di risarcimento del danno il soggetto legittimato all’azione civile è il danneggiato che non necessariamente si identifica con il soggetto passivo del reato in senso stretto, ma è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato.
Per la costituzione di parte civile del proprietario confinante nei procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi si è positivamente espressa anche lo Corte europea dei diritti dell’uomo. L’azione risarcitoria è prevista non solo nelle ipotesi di cui all’art. 873 c.c. (violazione delle distanze nelle costruzioni), ma anche secondo la disposizione dell’art. 872 cod.civ. "in base al quale -con riferimento alla violazione delle normative di cui al precedente art. 871, concernenti le regole da osservarsi nelle costruzioni- indipendentemente dalle distanze" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.11.2009 n. 45295 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pavimentazione area con tappeto bituminoso.
Integra il reato previsto dall’art. 44, lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380, la pavimentazione di una vasta area con tappeto bituminoso in assenza di permesso di costruire, in quanto tale attività edilizia rientra tra gli interventi di urbanizzazione secondaria ovvero infrastrutturali considerati come di “nuova costruzione” dall’art. 3, comma primo, lettere e.2) ed e.3), del d.P.R. citato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.11.2009 n. 45294 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Autorizzazione allo scarico (rilascio e rinnovo).
L’autorizzazione allo scarico viene rilasciata soltanto ove vengano rispettati i parametri di cui alla L. 152/2006. Sono necessari verifiche ed accertamenti tant’è che, in caso di rinnovo, la richiesta deve essere presentata un anno prima per consentire l’effettuazione dei controlli necessari.
Non è conseguentemente sufficiente la mera presentazione della richiesta per ritenere che l’autorizzazione debba essere necessariamente rilasciata (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.11.2009 n. 45293 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: La verifica della regolarità contributiva non rientra più nella competenza delle stazioni appaltanti, bensì in quella degli enti previdenziali, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto.
I
l requisito della regolarità contributiva deve essere un elemento costante nella condotta del soggetto partecipante alla gara pubblica, che concorre a provare l’affidabilità, la diligenza e la serietà dell’impresa e rappresenta un indice rilevatore della correttezza della stessa nei rapporti con le maestranze. Ne discende che all’impresa vengono richiesti, non solo la regolarità contributiva come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, ma anche il mantenimento della “correntezza” contributiva per tutto lo svolgimento di essa, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo della relativa obbligazione.
Deve considerarsi che, a seguito dell’entrata in vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva di cui agli artt. 2 del d.l. n. 210/2002 e 3, comma 8, lett. b-bis) del DLgs n. 494/1996, la verifica della regolarità contributiva non rientra più nella competenza delle stazioni appaltanti, bensì in quella degli enti previdenziali, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto (CdS, sez. V, 23.01.2008, n. 147).
Di conseguenza, la stazione appaltante non ha alcuna possibilità né i mezzi per procedere ad autonoma verifica del requisito soggettivo di regolarità della posizione contributiva e deve attenersi a quanto certificato dall’amministrazione competente (CdS, sez. V, 03.06.2002, n. 3061).
Il DURC assume pertanto la valenza di una “dichiarazione di scienza”, da collocarsi tra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della p.a., assistito da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c., facente piena prova fino a querela di falso.
Attesa la sua natura giuridica, non residua, dunque, in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati e alle circostanze in esso contenute (CdS, sez. IV, 10.02.2009, n. 1458) e, quindi, la stazione appaltante lo riceve quale atto di certezza da cui non può comunque discostarsi, non avendo alcun autonomo potere di valutazione e di apprezzamento del suo contenuto.
Come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, il requisito della regolarità contributiva deve essere un elemento costante nella condotta del soggetto partecipante alla gara pubblica, che concorre a provare l’affidabilità, la diligenza e la serietà dell’impresa e rappresenta un indice rilevatore della correttezza della stessa nei rapporti con le maestranze (TAR Lazio, Sez. 2, 19.06.2006, n. 4814). Ne discende che all’impresa vengono richiesti, non solo la regolarità contributiva come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, ma anche il mantenimento della “correntezza” contributiva per tutto lo svolgimento di essa, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo della relativa obbligazione.
In tal senso, anche la Deliberazione n. 89 del 28.11.2006 dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, nel richiamare l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ai sensi del quale l’impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda, ritiene “irrilevanti eventuali adempimenti tardivi, anche se i loro effetti, dal punto di vista della disciplina dell’obbligazione, retroagiscano al momento della scadenza del termine di pagamento”, non riuscendo detti adempimenti ad impedire quella sorta di sanzione indiretta costituita dall’esclusione dalla gara o dall’effetto preclusivo dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico (fra le altre, CdS, sez. IV, 12.03.2009, n. 1458; id., sez. V, 23.10.2007, n. 5575)
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 24.11.2009 n. 11598 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: PRESUPPOSTI PER IL RICONOSCIMENTO DEI BENEFICI ECONOMICI PER LO SVOLGIMENTO DI MANSIONI SUPERIORI.
Pubblico impiego - Mansioni - Superiori - Diritti economici - Vacanza del posto in organico - Presupposti.
Si ha il riconoscimento dei benefici economici per lo svolgimento di mansioni superiori (1) al verificarsi di tre elementi:
a) la vacanza del posto in organico;
b) l'effettivo esercizio delle mansioni appartenenti a una qualifica superiore;
c) il conferimento delle stesse con formale incarico.
In particolare, la vacanza del posto (che presuppone che il posto medesimo esista nella pianta organica dell'Ente) costituisce elemento imprescindibile, mancando il quale nessun riconoscimento è possibile. Infatti, anche nell'ipotesi in cui la giurisprudenza ha ammesso il riconoscimento delle mansioni superiori in mancanza di un pertinente atto organizzativo (2), tale riconoscimento è fatto discendere dal rilievo della essenzialità dei compiti di direzione del Primario, ma pur sempre sul presupposto che la sostituzione avvenga su posto esistente in pianta organica e lasciato vacante dal suo titolare.
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(1) TAR Lazio, sez. I, 07-05-2009 n. 4870; TAR Puglia Lecce, 08-01-2009 n. 15.
(2) Cons. Stato, sez. V, 09-12-2008 n. 6056
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 24.11.2009 n. 2836 - link a http://mondolegale.it).

APPALTIL’omessa presentazione del certificato che attesta la posizione nei confronti degli istituti previdenziali, così come la produzione di un DURC negativo attestante una situazione di grave irregolarità contributiva definitivamente accertata, impone l’automatica esclusione dell’offerta dalla gara.
La stazione appaltante ha l’obbligo di verificare le risultanze del DURC predisposto dagli enti previdenziali, sincerandosi che non emergano posizioni debitorie, pena, in caso di accertate violazioni gravi, l’esclusione dalla gara, la revoca dell’affidamento e la preclusione alla stipula del contratto.

La giurisprudenza prevalente, dopo alcune oscillazioni tra un indirizzo “formalista” e uno “sostanzialista”, sembra essersi assestata sui punti cardine di seguito enucleati:
1) in seguito all’entrata in vigore del D.L. n° 210/2002, l’omessa presentazione del certificato che attesta la posizione nei confronti degli istituti previdenziali, così come la produzione di un DURC negativo attestante una situazione di grave irregolarità contributiva definitivamente accertata, impone l’automatica esclusione dell’offerta dalla gara;
2) l’autonomia del procedimento di rilascio del DURC e il carattere di dichiarazione di scienza proprio di tale certificazione non impediscono alla stazione appaltante di valutare il contenuto della stessa e la gravità di eventuali infrazioni contributive riscontrate;
3) il terzo comma dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici, laddove rinvia all’art. 2 del D.L. n° 210/2002, impone alle stazioni appaltanti l’obbligo di verificare le risultanze del DURC predisposto dagli enti previdenziali, sincerandosi che non emergano posizioni debitorie, pena, in caso di accertate violazioni gravi, l’esclusione dalla gara, la revoca dell’affidamento e la preclusione alla stipula del contratto (arg. testualmente ex art. 38, lett. e) e i) d.lgs. n° 163/2006);
4) una volta aperta l’istruttoria sulla sussistenza e rilevanza delle irregolarità contributive, la stazione appaltante, in coerenza al principio del legittimo affidamento, non può disattendere immotivatamente le deduzioni difensive offerte dall’impresa ammessa al contraddittorio e può addivenire all’esclusione solo motivando sulla gravità delle violazioni accertate e l’insufficienza dei chiarimenti forniti (Cons. Stato, V, 11.05.2009 n° 2874; Cons. Stato, IV, 12.03.2009, n° 1458; Cons. Stato, VI, 27.02.2008 n° 716; TAR Emilia Romagna, Bologna, 19.06.2008 n° 3740; TAR Veneto, 26.05.2009 n° 1601).
Nel caso di specie, l’impresa risultata aggiudicataria ha prodotto un DURC recante, a fianco della voce riguardante la posizione nei confronti dell’INPS, la dicitura “non si è pronunciato”.
Una simile formula non può essere ritenuta satisfattiva ai fini della dimostrazione del requisito di ordine generale della regolarità contributiva, tanto più ove si consideri che l’art. 5 dell’allegato I al Decreto Assessoriale 24/02/2006 n. 11045 richiede precise condizioni affinché possa rilevare il silenzio-assenso degli enti previdenziali sull’istanza di attestazione di regolarità contributiva, stabilendo all’uopo specifici oneri probatori (documentazione attestante la data di presentazione dell’istanza e dichiarazione sostitutiva resa ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n° 445/2000) in capo all’impresa che, non possedendo una completa certificazione di regolarità contributiva, intenda far valere il silenzio-assenso per essere ammessa in gara. Nessuno degli oneri probatori prescritti dal richiamato D.A. 24/02/2006 è stato assolto per dimostrare l’eventuale formazione del silenzio-assenso dell’INPS, con la conseguenza che l’omessa pronuncia dell’ente previdenziale non poteva essere ritenuta, in particolare per quello che rileva in questa sede, dalla stazione appaltante, sufficiente a dimostrare la sussistenza del requisito di regolarità contributiva dell’impresa geom. Sciuto.
In tal senso, con recente pronuncia, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha statuito che “in ragione del carattere anche normativamente unico del documento di regolarità contributiva [...] occorra la mera verifica di completezza dell’attestazione contenuta nel documento” (CGA, 21.07.2008 n° 662).
A ciò si aggiunga che il DURC prodotto dall’aggiudicataria, oltre che incompleto, appare irregolare anche sotto il profilo della tipologia per la quale è stato richiesto, che si riferisce esclusivamente al rilascio di attestazione SOA, senza che sia stato apposto neanche manualmente alcun timbro di equipollenza suscettibile di riferirlo anche alla tipologia “per partecipazione a gare d’appalto”, con conseguente insuscettibilità del documento prodotto a fruire della validità trimestrale ai sensi dell’art. 19, comma 12-bis, della legge n° 109 del 1994, nel testo integrato risultante dalla L.r. n° 7/2002 e successive modifiche e integrazioni (conforme CGA, 21.07.2008 n° 662, cit.; TAR Sicilia Palermo, 19.02.2009 n° 366) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 23.11.2009 n. 1833 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIATrattandosi indubbiamente di rifiuti abbandonati sulle immediate pertinenze di strada in concessione all’ANAS, la legittimità del provvedimento comunale di rimozione deve essere valutata con riferimento al parametro costituito dall’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 e non dall’art. 192 del d.lgs. 03.04.2006, n. 152.
Modificando l’impostazione precedentemente seguita (ad es., TAR Puglia Lecce sez. I, ord. 21.05.2003, n. 403; 30.07.2003, n. 701), la giurisprudenza cautelare più recente della Sezione (TAR Puglia Lecce sez. I, ord. 24.10.2007 n. 1027; 23.01.2008 n. 56) ha seguito un percorso ricostruttivo che individua la norma fondamentale di riferimento, non nell’art. 192 del d.lgs. 03.04.2006, n. 152 (ed in precedenza, nell’art. 14 del d.lgs. 05.02.1997, n. 22), ma nella specifica previsione dell’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 (nuovo Codice della strada).
La più recente impostazione della problematica merita certamente conferma, con gli approfondimenti propri della fase di merito.
In particolare, la già citata previsione dell’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 (che recita: <<gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo….Per le strade in concessione i poteri e i compiti dell'ente proprietario della strada previsti dal presente codice sono esercitati dal concessionario>>) attribuisce all’ente proprietario della strada (o al concessionario, nel caso di strada in concessione, come quella in riferimento) la competenza a provvedere <<alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo>>; si tratta quindi indubbiamente di una previsione che centralizza sostanzialmente nel gestore del servizio stradale tutte le competenze relative alla corretta manutenzione, pulizia e gestione del tratto stradale.
Per effetto soprattutto dell’esplicita previsione della pulizia della sede stradale e delle pertinenze, appare poi di tutta evidenza come si tratti sostanzialmente di una previsione caratterizzata da un rapporto di specialità rispetto alle disposizioni del d.lgs. 152/2006: <<poiché, più che il dato relativo alla materia dei “rifiuti”, che costituiscono per così dire, l’oggetto dell’attività cui il destinatario dell’ordine è tenuto, sembra significativo l’ulteriore dato del contesto spaziale rispetto a cui l’attività in parola va svolta: la circostanza che i rifiuti interessino beni quali le strade, difatti, per l’evidente peculiarità che le medesime presentano sul piano strutturale, funzionale e della sicurezza pubblica, giustifica -anche sul piano costituzionale- la configurabilità di speciali doveri di vigilanza, controllo e conservazione in capo al proprietario o concessionario>> (TAR Puglia Lecce, sez. I ord. 24.10.2007 n. 1027; 23.01.2008 n. 56).
Del resto, la conclusione sopra richiamata non può essere contestata sulla base di generici riferimenti alla natura cronologicamente successiva delle norme del d.lgs. 22 del 1997 o del d.lgs. 152 del 2006, in quanto le previsioni successive non recano certamente l’ulteriore elemento specializzante, costituito dall’attinenza dell’obbligo di rimozione dei rifiuti alla sede stradale ed alle pertinenze; del resto, la strutturazione normativa del settore è stata ben compresa dalla Corte di cassazione (Cass. civ. sez. II, 24.06.2008, n. 17178) che ha rilevato come la norma cardine in materia sia l’art. 14 del d.lgs. 285 del 1992 (proprio in virtù della natura speciale sopra individuata) e non le previsioni (art. 14 d.lgs. 22 del 1997; art. 192 d.lgs. 152 del 2006) successive in materia di rimozione dei rifiuti che sono destinate a trovare applicazione solo per quanto (ad es., individuazione tipologie di rifiuti; modalità di smaltimento; ecc.) non espressamente regolamentato dalla previsione del Codice della strada.

E' stato rilevato in giurisprudenza (da TAR Campania Napoli, sez. V 22.06.2006 n. 7428) come la previsione speciale e derogatoria dell’art. 14 del d.lgs. 285 del 1992 sia, in sostanza, giustificata dal fatto evidente che <<la pulizia della strada interferisce direttamente con la stessa funzionalità dell’infrastruttura e con la sicurezza della viabilità e non può non fare capo direttamente al soggetto gestore (proprietario, concessionario o comunque affidatario della gestione del bene);…del resto, sarebbe illogico imporre al Comune il dovere di rimuovere i rifiuti accumulati sulla strada e sue pertinenze, poiché tale attività implicherebbe l’occupazione della carreggiata con mezzi pesanti per la raccolta e il trasporto, il transito di operatori ecologi e altre attività incompatibili con il normale flusso della circolazione stradale, o comunque interferenti con essa; attività che solo l’ente gestore della strada può razionalmente programmare ed attuare “in sicurezza”, con la contestuale, necessaria adozione di tutte le misure e le cautele idonee a garantire la sicurezza della circolazione e degli operatori addetti alle pulizie>>; si tratta, quindi, della semplice rilevazione della possibile interferenza delle attività di raccolta dei rifiuti con le esigenze di sicurezza della circolazione stradale e, quindi, di una circostanza che investe, non solo la raccolta dei rifiuti abbandonati direttamente sulla sede stradale, ma anche i rifiuti abbandonati sulle pertinenze o sulle altre strutture annesse alla strada.
A quanto già rilevato da TAR Campania Napoli, sez. V 22.06.2006 n. 7428, la Sezione deve poi aggiungere l’ulteriore considerazione relativa al fatto che la competenza dell’ente proprietario della strada (o del gestore) trova giustificazione anche nella volontà di evitare la frammentazione di competenze che deriverebbe dal semplice fatto che un determinato tratto stradale attraversa i territori di più comuni (con il rischio di comportamenti differenziati); da non trascurare poi l’ulteriore considerazione, rilevante anche ai fini dell’analisi economica della previsione, relativa al fatto che, attraverso l’art. 14 del d.lgs. 285 del 1992, si ottiene il risultato di attribuire chiaramente (e sulla base di una forma di responsabilità oggettiva) al soggetto gestore della strada l’obbligo di procedere alla pulizia della strada e delle pertinenze (si pensi, a questo proposito, al pericolo imminente che può derivare dal trasporto sulla sede stradale, ad opera di agenti atmosferici, di rifiuti abbandonati sulle pertinenze stradali), così determinando benefici effetti sulla sicurezza della circolazione, sulla base di una strutturazione complessiva che non preclude certo la possibile rivalsa dell’ente proprietario o gestore della strada sul soggetto autore dell’abbandono dei rifiuti (possibilità richiamata da Cass. civ. sez. II, 24.06.2008, n. 17178) e quindi la necessità sostanziale di attribuire (ovviamente, solo ove possibile) al responsabile dell’inquinamento la responsabilità finale dell’abuso.
In definitiva, trattandosi indubbiamente di rifiuti abbandonati sulle immediate pertinenze di strada in concessione all’ANAS (profilo fattuale che non è contestato dalla ricorrente, che si limita a rilevare come i rifiuti in questione non siano posizionati sulla sede stradale), la legittimità del provvedimento impugnato deve essere valutata con riferimento al parametro costituito dall’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 e non dall’art. 192 del d.lgs. 03.04.2006, n. 152
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 18.11.2009 n. 2756 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto.
Va ribadito l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (da ultimo C.d.S., IV, 12.03.2009, n. 1458; V, 17.10.2008, n. 5069; V, 23.01.2008, n. 147) (Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 17.11.2009 n. 5771 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inammissibilità sanatoria giurisprudenziale o impropria.
L’art. 36 T.U. edilizia in quanto norma derogatoria al principio per il quale i lavori realizzati sine titulo sono sottoposti alle prescritte misure ripristinatorie e sanzionatorie, non è suscettibile di applicazione analogica né di una interpretazione riduttiva, secondo cui, in contrasto con il suo tenore letterale, basterebbe la conformità delle opere con il piano regolatore vigente al momento in cui sia definita la istanza di sanatoria.
Pertanto, la sanabilità postula la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia a quella in vigore alla data della presentazione della domanda (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.11.2009 n. 6784 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Provvedimenti a tutela dell'interesse pubblico.
Il protrarsi e reiterarsi nel tempo delle condizioni di disturbo, nonché l’accertata violazione dell’orario di chiusura ben possono rappresentare quella condizione eccezionale che legittima, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 447/1995 l'intervento del Sindaco a tutela dell’interesse pubblico. Interesse pubblico che ben può ritenersi perseguito anche quando la salute minacciata sia quella di un ristretto gruppo di persone e non anche l’intera collettività.
A tali conclusioni si è uniformata la giurisprudenza ormai costante, secondo cui l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico -pur se non coinvolgente l'intera collettività– deve ritenersi sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica, con la conseguenza che l’ordinanza sindacale ben può essere adottata anche a seguito dell’esposto di una sola famiglia, non constando nella norma alcun parametro numerico o dimensionale (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.11.2009 n. 1814 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: AUTORIZZAZIONE PER L'INSTALLAZIONE DI IMPIANTI STAZIONI RADIO BASE.
1- Telefonia mobile - Stazione radio base - Autorizzazione - Condizioni - Art. 87, D.Lgs. n. 259/2003 - Finalità - Istanza - Deve essere conforme al modello "A" dell'allegato n. 13.
2- Telefonia mobile - Stazione radio base - Installazione - Autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 87, Cod. Comunicazioni Elettroniche - Natura - Non costituisce titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dal T.U. edilizia in quanto assorbe e sintetizza ogni valutazione urbanistico - Edilizia - Ratio - Principi applicativi.

1- La normativa riguardante gli impianti di telefonia individua le condizioni di autorizzabilità delle stazioni radio base è prevista dall'art. 87, D.Lgs. n. 259/2003, ossia il Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
L'istanza, conforme al modello di cui al modello "A" dell'allegato n. 13, realizzato al fine della sua acquisizione su supporti informatici e destinato alla formazione del catasto nazionale delle sorgenti elettromagnetiche di origine industriale, deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla L. 22.02.2001 n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione, attraverso l'utilizzo di modelli predittivi conformi alle prescrizioni della CEI, non appena emanate".
2- L'attività volta all'installazione di impianti Stazioni Radio Base, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 259/2003, c.d. Codice delle Comunicazioni Elettroniche, resta assoggettata alle sole prescrizioni di cui all'art. 87, D.Lgs. n. 259/2003 e non anche alle previsioni generali di cui all'art. 3, D.P.R. n. 380/2001 (1).
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(1) È stato condivisibilmente osservato al riguardo che l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche non costituisce titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dal T.U. delle disposizioni in materia edilizia, ma assorbe in sé e sintetizza ogni valutazione urbanistico-edilizia. Se il nuovo procedimento fosse destinato non a sostituire, ma ad abbinarsi a quello previsto dal T.U. edilizia, verrebbero vanificati i principi ispiratori del Codice delle comunicazioni, ed in particolare quelli della previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione e della riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti, nonché della regolazione uniforme dei medesimi.
In particolare sono stati individuati dalla giurisprudenza citata i seguenti principi applicativi:
- dal punto di vista urbanistico, i Comuni possono incidere sulla collocazione delle antenne radio base, a condizione che la regolamentazione introdotta non abbia l'effetto di impedire in modo indiscriminato la loro installazione nell'ambito del territorio comunale, ovvero non la assoggetti a limiti non adeguati al fine della salvaguardia dei concomitanti interessi oggetto di tutela;
- la disciplina comunale non può assimilare tout-court gli impianti in questione agli edifici sotto il profilo edilizio-urbanistico (ad es.: assoggettando i primi ai limiti di altezza o in tema di distanze propri dei secondi);
- la medesima disciplina non può introdurre limiti procedurali ulteriori rispetto a quelli previsti dall'art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17-10-2008 n. 5044; Cons. Stato, sez. VI, 15-06-2006 n. 3534; Cons. Stato, sez. VI, 05-12-2005 n. 6961; Cons. Stato, sez. VI, 21-01-2005 n. 100)
(TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 26.10.2009 n. 2472 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: IL SOPRINTENDENTE CHE PENSA AL FUTURO.
1- Autorizzazione paesaggistica - Poteri di annullamento del Soprintendente - Natura - Potere di controllo - Possibilità di rivalutare anche nel merito la decisione assunta dall'autorità amministrativa che ha rilasciato l'assenso paesaggistico - Legittimità - Sussiste.
2 - Autorizzazione paesaggistica - Poteri di controllo del Soprintendente - Natura - Limiti - Non può riguardare il futuro assetto che un dato luogo avrà in seguito alla realizzazione di interventi ancora in itinere.

1- La ripetuta enunciazione pretoria secondo la quale il soprintendente non può effettuare un riesame nel merito delle valutazioni espresse in sede di assenso paesaggistico sconta il difetto di essere figlia di una interpretazione eccessivamente formalistica del concreto atteggiarsi della potestà di annullamento dell'organo ministeriale.
Il Collegio osserva che la delimitazione dei poteri di annullamento del soprintendente costituisce argomento in ordine al quale il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa si presta a qualche rilievo critico. Ciò deve dirsi se il sistema dei poteri di tutela del vincolo paesaggistico viene decifrato in una ottica sostanzialista, ossia in una visione che guardi alla effettività e alla concretezza del potere amministrativo del quale si discute.
La lettura costituzionalmente orientata della potestà di annullamento esercitata dal soprintendente esige che quest'ultimo non sia relegato al rango di mero detentore di un controllo notarile dell'assenso paesaggistico rilasciato in primo grado.
La copertura costituzionale del bene ambientale -assicurata dall'art. 9 della Carta Fondamentale- impone, invece, che il controllo del soprintendente possa spingersi fino al limite di un intervento di tipo correttivo che richiede, per svolgersi compiutamente, la possibilità di rivalutare anche nel merito la decisione assunta dall'autorità amministrativa che ha rilasciato l'assenso paesaggistico.
2- Quando il Soprintendente, nell'esercitare il controllo di una autorizzazione paesaggistica, fa prevalere una personale visione dei luoghi da tutelare fino al punto di premurarsi delle conseguenze che possono derivare sull'ambiente dalla realizzazione, futura ed incerta, di interventi diversi da quello di cui si discute (incerto essendo il rilascio del permesso di costruire) si è al cospetto di un potere non correttamente esercitato.
In altri termini, il controllo demandato al soprintendente deve avere un oggetto certo e determinato e non può, pertanto, riguardare il futuro assetto che un dato luogo avrà, sotto il profilo paesaggistico, in seguito alla realizzazione di interventi ancora in itinere che, in termini probabilistici, possano avere esiti di compromissione dei valori ambientali del sito.
Questa impostazione risulta ancor più avvalorata quando l'autorità comunale si è fatta carico di effettuare un sopralluogo diretto ad accertare il reale stato dei luoghi, ben oltre la mera prospettazione cartolare dei medesimi a fini autorizzativi. In presenza di un accertamento di questa natura, il soprintendente deve adeguatamente confutare la affermazione della compatibilità dell'intervento posta a base dell'assenso paesaggistico e non può fare rinvio ad un globale apprezzamento dei valori paesaggistici che risulterebbero compromessi da futuri interventi edilizi da realizzare nella zona circostante, per la genericità ed indeterminatezza di un parametro di tale natura (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 2331 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATAIl fatto che la presentazione della d.i.a., una volta decorso il termine di 20 giorni senza che il Comune abbia inibito i lavori ivi previsti, formi un titolo autorizzatorio implicito trova conferma nell’art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990, il quale fa salvo il potere dell’amministrazione di revocare o annullare, in autotutela, il provvedimento formatosi per l’effetto combinato della denuncia di inizio attività e del silenzio dell’Ente.
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, la d.i.a. rappresenta una semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, nella forma dell’autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso del termine di legge dalla presentazione della denuncia (art. 84 della L.R. n. 1/2005), ed è impugnabile dal terzo nell’ordinario termine di decadenza di 60 giorni, decorrenti dalla conoscenza del consenso implicito all’intervento edilizio oggetto della stessa (Cons. Stato, IV, 25/11/2008, n. 5811; idem, VI, 05/04/2007, n. 1550; TAR Liguria, II, 09/01/2009, n. 43).
Il fatto che la presentazione della d.i.a., una volta decorso il termine di 20 giorni senza che il Comune abbia inibito i lavori ivi previsti, formi un titolo autorizzatorio implicito trova conferma nell’art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990, il quale fa salvo il potere dell’amministrazione di revocare o annullare, in autotutela, il provvedimento formatosi per l’effetto combinato della denuncia di inizio attività e del silenzio dell’Ente (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 18.09.2009 n. 1456 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’utilizzo della propria residenza per riunioni di adepti, a scopo religioso, culturale, associativo in genere, non è di per sé sufficiente a configurare un illecito edilizio suscettibile di essere sanzionato ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 (t.u. edilizia); né lo è lo svolgimento saltuario di pratiche di culto in un luogo strutturato e destinato ad abitazione.
Il ricorrente, proprietario di una casa con giardino, in cui risiede con la famiglia, premesso che il vicino avrebbe adibito a tempio buddista, mutandone la destinazione, l’unità immobiliare adiacente, anch’essa posta in zona residenziale B2, ha chiesto al Comune (istanze 30.07.2007 e 22.09.2008) di accertare e sanzionare con le misure appropriate il cambio di destinazione d’uso dell’immobile.
L’art. 52 della legge regionale n. 12/2005 (legge per il governo del territorio) stabilisce [comma 3-bis, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. m), legge regionale 14.07.2006 n. 12] che “i mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire”.
Nel caso in esame è pacifico che l’immobile in questione ha destinazione residenziale, è strutturato per tale funzione e non ha subito alcun intervento edilizio volto ad adibirlo, con modifiche strutturali, ad una funzione diversa.
Si tratta di vedere se lo svolgimento delle attività denunciate dal ricorrente integri quella diversa destinazione d’uso che richiederebbe, secondo la norma regionale, il rilascio di un titolo edilizio.
Ritiene il Collegio che al quesito debba darsi, nel caso in esame, risposta negativa.
Il mutamento di destinazione rilevante ai fini in discorso è quello che altera, sia pure senza opere, la funzione originaria dell’immobile, al fine di adibirlo, in via permanente, ad una funzione diversa. In tal caso l’immobile perde la destinazione originariamente assentita per assumere la funzione diversa che gli viene assegnata.
Altra cosa è l’uso di fatto dell’immobile in relazione alle molteplici attività umane che il titolare è libero di esplicare. La destinazione d'uso impressa a determinati locali dal titolo autorizzativo non riguarda, infatti, le attività umane che vi si svolgono, ossia i c.d. usi di fatto (cfr. Cons. Stato V 23.02.2000 n. 949, 28.01.1997 n. 77). Ove detti usi e attività diano luogo a comportamenti illeciti (immissioni non consentite, schiamazzi, ecc.), ben possono essere oggetto di sanzioni penali, civili, ed amministrative, incidenti sulla condotta dei responsabili, laddove l’applicazione di sanzioni edilizie coinvolgenti (anche) le strutture (rimessione in pristino e, in caso di inottemperanza, acquisizione al patrimonio comunale) postula un quid pluris, che nella specie non è dato ravvisare.
Considerate le risultanze dell’istruttoria effettuata dal Comune, non sono ravvisabili infatti elementi idonei a configurare un mutamento di destinazione d’uso rilevante sotto il profilo edilizio.
L’utilizzo della propria residenza per riunioni di adepti, a scopo religioso, culturale, associativo in genere, non è di per sé sufficiente a configurare un illecito edilizio suscettibile di essere sanzionato ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 (t.u. edilizia); né lo è lo svolgimento saltuario di pratiche di culto in un luogo strutturato e destinato ad abitazione.
Se ciò di cui il ricorrente si duole è il disturbo derivante dalle pratiche di culto (cfr. istanza 11.05.2009) ovvero la “intollerabile immissione di rumori eccedenti i limiti imposti dalla legge e dalla convivenza civile” (cfr. diffida 07.03.2007 indirizzata al vicino), resta ovviamente salva la facoltà di adire il giudice ordinario qualora, in relazione all’afflusso di persone e al disturbo cagionato in occasione delle suddette cerimonie religiose, si registrino immissioni moleste che eccedono la normale tollerabilità (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 4665 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVILa domanda di accesso non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell’operato della p.a., né può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo perché in tale caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti.
Rileva la Sezione che la disciplina dettata dal titolo V della l. 241/1990 assegna in via primaria all'amministrazione che detiene i documenti l'obbligo di verifica della sussistenza dei presupposti per l'esercizio del diritto di accesso in relazione all'esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata, che sorregga l'istanza al tal fine proposta (art. 22, lett. b), l. 241/1990), nonché l'assenza di condizioni a ciò ostative, quali identificate in via generale dall'art. 24 della legge predetta o in via regolamentare dalla stessa amministrazione interessata.
Proprio per siffatta qualificazione dell’interesse, la domanda di accesso non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell’operato della p.a., né può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo perché in tale caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti (Cons. Stato, sez. VI 10.02.2006 n. 555).
11. Si tenga conto che il ricorrente ha presentato plurime istanze di accesso con riguardo agli atti di classificazione di tutte le posizioni apicali inclusa quella dallo stesso ricoperta risalente al maggio 2006 potendo accedere in maniera ampia e trasparente a tutti gli atti che erano collegati con la propria posizione di status .
Tuttavia il ricorrente ha presentato ulteriori istanze formulate in maniera del tutto generica, dirette alla visione di tutti gli atti relativi a mutamenti funzionali ed organizzativi delle posizioni dirigenziali apicali successive al suo collocamento a riposo con i quali la amministrazione aveva inteso aggiornare la classificazione delle posizioni retributive delle figure apicali.
Ritiene la Sezione che il ricorrente non abbia un interesse personale, attuale e concreto alla visione di tale documentazione, priva di alcun apprezzabile collegamento funzionale e temporale con la sua posizione lavorativa ed estranea alle finalità garantistiche dell’articolo 25 della legge n. 241 del 1990.
Una richiesta di tali dimensioni, su tutti gli atti di aggiornamento delle posizioni lavorative suddette, a ben vedere è preordinata ad un controllo generalizzato e diffuso, il c.d. controllo ispettivo, sull’attività della amministrazione con un aggravio lavorativo degli uffici su questioni “tematiche”, ingiustificato in relazione all’interesse del ricorrente ed estraneo alle finalità della normativa invocata.
In ogni caso, pur in assenza di un diretto collegamento con il proprio interesse, tutti gli atti istruttori richiesti, relativi alla classificazione e pesatura delle posizioni lavorative, sono stati integralmente rilasciati dal Comune ed il ricorrente ne ha potuto prendere visione integrale ad eccezione di alcune parti della nota del Segretario Generale n. 28392 del 30.11.2006, riportante la dicitura “strettamente personale”, coperte da “omissis”.
Sennonché, a parte la rilevata più generale inammissibilità della domanda, tali “omissis”, come ha ampiamente rilevato la difesa del Comune, attengono a profili che non hanno nulla a che fare con l’interesse dichiarato nella richiesta di accesso, concernendo invece valutazioni espresse dal Segretario Generale nella sua funzione istituzionale di collaborazione e supporto nei confronti del Sindaco, sia pure a margine della proposta di classificazione delle posizioni di direzione dei Dipartimenti, nonché rilievi sulle politiche di programmazione e regolamentazione generale dell’ente alle quali non risulta collegato alcun interesse del ricorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.08.2009 n. 5011 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Legittimo l'uso della e-mail nei luoghi di lavoro per comunicazioni di carattere sindacale.
E' legittimo l'uso della posta elettronica nei luoghi di lavoro per comunicazioni di carattere sindacale (TRIBUNALE di Catania, Sez. lavoro, sentenza 02.02.2009).

EDILIZIA PRIVATA: Se la demolizione e la successiva ricostruzione del manufatto non danno luogo alla fedele riedificazione del precedente manufatto per sagoma, superficie e volume, non si è in presenza di una ristrutturazione edilizia, bensì di una nuova costruzione.
E' illegittimo il titolo edilizio relativo ad un intervento edilizio di ristrutturazione che contempli demolizione e ricostruzione, laddove il nuovo edificio, pur caratterizzato da una volumetria inferiore, non rispetti le caratteristiche strutturali di quello demolito, quanto all’altezza e al numero di piani.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, allorquando la demolizione e la successiva ricostruzione del manufatto non danno luogo alla fedele riedificazione del precedente manufatto per sagoma, superficie e volume, non si è in presenza di una ristrutturazione edilizia, bensì di una nuova costruzione per cui è sempre necessario un apposito titolo edilizio (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 18.03.2008, n. 1117; 22.03.2007, n. 1388; 16.03.2007, n. 1276; 31.10.2006, n. 6464; sez. V, 04.03.2008, n. 918; Cass. Pen., sez. III, 08.04.2008, n. 28212; 26.10.2007, n. 47046); è stato anche precisato che deve ritenersi illegittimo il titolo edilizio relativo ad un intervento edilizio di ristrutturazione che contempli demolizione e ricostruzione, laddove il nuovo edificio, pur caratterizzato da una volumetria inferiore, non rispetti le caratteristiche strutturali di quello demolito, quanto all’altezza e al numero di piani (C.d.S., sez. V, 30.08.2006, n. 5061).
Per completezza deve aggiungersi che, come si evince dalla lettura della circolare n. 2241/U.L. del 17.06.1995 del Ministero dei Lavori Pubblici, i lavori di adeguamento statico, consistenti in interventi sulle strutture dell’edificio, non possono modificarne la struttura volumetrica e di superficie, essendo coessenziale alla stessa natura di “adeguamento statico” che le strutture già realizzate siano conservate e rese idonee alla loro funzione, così che è da considerare inammissibile non solo l’ampliamento dell’esistente, ma anche una demolizione e ricostruzione quando le strutture siano talmente inidonee da non poter essere rese staticamente idonee e collaudabili, mediante opere di adeguamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 24.12.2008 n. 6550 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACiò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un “insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma –in quest’ultimo caso– con ricostruzione, se non “fedele” (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
La trasformazione di due manufatti agricoli in villa ad uso residenziale, con accorpamento di volumi e parziale spostamento dell’area di sedime esula dalla nozione di ristrutturazione, sia come attualmente definita dall’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia), sia in rapporto alla elaborazione giurisprudenziale, riferita al previgente art. 31, comma 1, lettera d), della legge n. 457/1978.
Ciò che distingue, infatti, gli interventi di tipo manutentivo e conservativo da quelli di ristrutturazione è, indubbiamente, il carattere innovativo di quest’ultima in ordine all’edificio preesistente; ciò che contraddistingue, però, la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un “insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma –in quest’ultimo caso– con ricostruzione, se non “fedele” (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (cfr. per il principio, comunque pacifico, Cons. St., sez. IV, 28.07.2005, n. 4011; Cons. St., sez. VI, 09.09.2005, n. 4668; Cons. St., sez. V, 29.05.2006, n. 3229; Cons. St., sez. V, 30.08.2006, n. 5061; Cons. St. sez. IV, 26.02.2008, n. 681; Cons. St., sez. V, 04.03.2008, n. 918; Cons. St., sez. IV, 16.06.2008, n. 2981).
L’apparente duplicità della nozione di ristrutturazione, in effetti, consegue al carattere eccezionale –originariamente frutto di elaborazione giurisprudenziale– della identificabilità di detta tipologia di intervento anche in caso di totale rimozione della struttura preesistente: una ipotesi, con ogni evidenza, estrema rispetto ad una fattispecie, concernente opere indirizzate a trasformare manufatti già presenti sul territorio, con conseguente minore impatto rispetto ai nuovi insediamenti edificatori.
La permanenza della struttura preesistente, d’altra parte, se costituiva garanzia che non vi fosse stravolgimento dello stato dei luoghi, poteva apparire illogica in presenza di gravi carenze strutturali dell’immobile, richiedenti sostituzione delle stesse strutture portanti. In tale ottica si è ammessa la possibilità di ristrutturare anche con integrale rifacimento dell’immobile stesso, quando al mutamento strutturale, imposto da motivi tecnici, corrispondesse un intento sostanzialmente conservativo.
Ogni spostamento dai limiti indicati dalla giurisprudenza (poi tradotta in precetto normativo) non può, dunque, che implicare quella più profonda trasformazione del territorio, cui corrisponde la nozione di “nuova edificazione” (nella fattispecie, non illogicamente esclusa dal novero degli interventi assentibili nel Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, oggetto di tutela ambientale indirizzata alla conservazione dei valori culturali ed estetici, posti a base del regime vincolistico).
Nella situazione in esame, pertanto, il rigetto dell’stanza di Nulla Osta di cui si discute costituiva atto vincolato, in rapporto alla consistenza di un intervento, che cancellava sia la morfologia, sia la destinazione d’uso dell’edificazione preesistente (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 16.12.2008 n. 6214 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAnche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, la giurisprudenza ha chiarito che tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito.
Nel caso di demolizione e ricostruzione di edificio esistente, la giurisprudenza segue da sempre un orientamento rigoroso, imponendo la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto.
Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, quindi, la demolizione rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia.
La giurisprudenza ha chiarito che tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito (C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07.2005 n. 4011) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 29.11.2007 n. 15615 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI La regolarità contributiva è requisito indispensabile per la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, il che vuol dire che l’impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dal momento della presentazione della domanda, mentre sono irrilevanti eventuali adempimenti tardivi.
L’inadempimento deve altresì essere connotato da “gravità”, per cui la semplice menzione nel DURC dell’assenza della regolarità contributiva non può condurre di per sé all’esclusione dell’impresa risultata non in regola.

La Sezione ha affrontato di recente la medesima questione a base della presente controversia, sentenziando, in sintesi, che:
- la regolarità contributiva è requisito indispensabile per la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, il che vuol dire che l’impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dal momento della presentazione della domanda, mentre sono irrilevanti eventuali adempimenti tardivi (dal che discende la legittimità della clausola del bando censurata, la quale è stata solamente mal applicata in sede di gara, e l’infondatezza dell’eccezione preliminare formulata dalla Provincia, in quanto la clausola in argomento non era immediatamente lesiva);
- la sussistenza del predetto requisito può essere desunta dal cd. DURC, oltre che dai dati in possesso dell’Osservatorio sui LL.PP.;
- peraltro, in base a quanto statuito dalla Corte di Giustizia nella summenzionata decisione del 09.02.2006, l’inadempimento agli obblighi di contribuzione in favore dei lavoratori deve essere stato “definitivamente accertato” in base alle procedure previste dal singolo Stato membro (il che significa che, laddove l’impresa si sia avvalsa di rimedi giudiziari avverso atti di accertamento del debito o abbia usufruito di condono previdenziale o, infine, abbia ottenuto una rateizzazione del debito, la stessa deve essere considerata in regola con gli obblighi de quibus);
- in base al combinato disposto fra l’art. 75 del DPR n. 554/1999 e l’art. 17 del DPR n. 34/2000 (applicabili ratione temporis alla presente gara, essendo stato il bando pubblicato in data 23.06.2006) l’inadempimento deve altresì essere connotato da “gravità”, per cui la semplice menzione nel DURC dell’assenza della regolarità contributiva non può condurre di per sé all’esclusione dell’impresa risultata non in regola (anche perché il documento di che trattasi non specifica nulla a proposito della definitività dell’accertamento) (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 30.12.2006 n. 6104 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

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