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AGGIORNAMENTO AL 28.12.2009 |
ã |
Memento audere semper
(Gabriele D'Annunzio)
Felice Anno Nuovo a Tutti. |
UTILITA' |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
AGGIORNAMENTO DEL 28.12.2009, ORE
12,30.
Dicevamo con l'aggiornamento dello scorso
30.11 che l'incentivo alla progettazione
interna sarebbe tornato al 2%, grazie ad un
sì bipartisan al Senato su un emendamento
della Lega Nord al
ddl lavoro collegato alla manovra 2009.
Il testo del ddl si trova, ora, alla Camera
dei Deputati per la conversione in legge (si
spera ... senza ulteriori modifiche).
La norma di interesse per i pubblici
dipendenti la si trova sotto l'art.
37, comma 3, del pdl 1441-quater-B,
siccome licenziato dal Senato ovverosia: "3.
All'articolo 61 del decreto-legge
25.06.2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n.
133, il comma 7-bis, introdotto
dall'articolo 18, comma 4-sexies, del
decreto-legge 29.11.2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge
28.01.2009, n. 2, è abrogato.".
Teniamo monitorata l'evoluzione dei lavori
parlamentari per vedere se si mette la
parola "FINE" a questa telenovela. |
COMPETENTE PROGETTUALI:
Competenze professionali ingegneri e
geometri - Sentenza Corte di Cassazione n.
19292/2009
(Consiglio Nazionale degli Ingegneri,
circolare 04.11.2009 n. 5610 di prot.
- link a
www.ordineingegneri.bergamo.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 5° suppl. straord. al n. 51 del
24.12.2009, "Disposizioni urgenti
concernenti limitazioni all'utilizzo di
specifici combustibili per il riscaldamento
civile nelle zone A2, B e C del territorio
regionale, come individuate dalle dd.g.r.
5290/2007 e 9958/2009 (art. 24, comma 1,
l.r. 24/2006)"
(deliberazione
G.R. 21.12.2009 n. 10858 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 22.12.2009 n. 297 "Entrata in vigore
delle norme tecniche per le costruzioni di
cui al decreto ministeriale 14.01.2008.
Circolare 05.08.2009 - Ulteriori
considerazioni esplicative"
(Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
circolare
11.12.2009). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 51 del
21.12.2009, "Pubblicazione ai sensi
dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco dei
«Tecnici competenti in acustica ambientale»
riconosciuti dalla regione Lombardia alla
data del 21.04.2009, in attuazione
dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 14.12.2009 n. 158
- link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 51 del
21.12.2009, "D.g.r. 25.11.2009 n. 10622
«Linee guida per
l'autorizzazione di impianti per la
produzione di energia da Fonti Energetiche
Rinnovabili (FER) - Impianti fotovoltaici ed
eolici e per la valutazione ambientale degli
stessi impianti», pubblicata nel BURL n. 48,
1° S.S. dell'01.12.2009" (errata
corrige n. 51/01-Se.O. 2009 - link a
www.infoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI: S.
Ruscica,
Appalti pubblici: la "rivoluzione" attuata
dalla Direttiva n. 66/2007
(link a
www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO: M.
Scanniello,
Si scrive dolo, si legge errore (La
definizione del dolo attraverso l'errore)
(link a
www.diritto.it). |
APPALTI: A.
Gurrieri,
L’“estate legislativa 2009” e le modifiche
al Codice dei Contratti Pubblici
(link a
www.diritto.it). |
ENTI LOCALI: P.
Russo - M. I. Bruno,
Tempestività dei pagamenti delle pubbliche
amministrazioni - Inapplicabilità della
disposizione di cui all'art. 9 della legge
03.08.2009 n. 102 agli EE.LL.
(link a
www.diritto.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI: City
manager, un addio che arriva dopo anni di
confusione.
Una soppressione repentina, ma forse non
inaspettata. Sta suscitando scalpore la
previsione del disegno di legge finanziaria
che sopprime la figura del direttore
generale negli enti locali, introdotta, come
si ricorda, nel 1997 dalla legge «Bassanini».
Non si deve dimenticare lo scenario nel
quale tale figura venne introdotta: la legge
intese evitare che si tenesse un referendum
proposto allo scopo di abolire, invece, la
figura dei segretari comunali. Il
segretario, infatti, che ancora all'epoca
esprimeva il parere preventivo di
legittimità sulle delibere, era considerato
un “signor no»; la scelta del legislatore,
dunque, per evitare l'eliminazione dei
segretari fu quella di affiancare loro un
soggetto visto come «signor sì».
La compresenza delle due figure ha
determinato un incremento dei costi, anche
laddove le due funzioni fossero concentrate
nel solo segretario comunale, al quale, come
è noto, il sindaco può conferire le funzioni
del direttore generale. C'è da ricordare che
fino al contratto collettivo del 2001,
nessuna norma ha regolato, per altro,
l'entità del compenso per lo svolgimento di
tale funzione, compensi rimasti senza
titolo. Allo stesso modo, la normativa
vigente non ha chiarito in modo esaustivo la
differenza intercorrente tra le funzioni di
direttore e segretario. In conseguenza di
ciò, il segretario spesso è stato ridotto,
se presente un direttore esterno, ad una
mera figura simbolica; oppure, se incaricato
come direttore, in una sorta di Giano
bifronte, dalla difficile connotazione.
La poca chiarezza della norma ha portato a
paradossi evidenti: il piano esecutivo di
gestione, atto proposto dal direttore
generale, è obbligatorio solo negli enti con
oltre 15.000 abitanti. Per questa ragione
moltissimi comuni con popolazione al di
sotto di tale soglia non lo adottano.
Eppure, tantissimi hanno egualmente
incaricato il segretario come direttore
generale, anche gli enti «polvere»,
piccolissimi.
E' facile riportare alla memoria il caso del
comune di Dongo, che aveva previsto un
compenso elevatissimo per la direzione
generale attribuita al segretario. La
procura della Corte dei conti ha chiesto la
condanna del comune, che la Corte dei conti
Lombardia, Sezione responsabilità, con
sentenze 23.04.2009, n. 296 ha tuttavia
respinto. Ma, la stessa Corte dei conti,
invece, ha condannato (sentenze 22.09.2009,
n. 595 e 23.10.2009, n. 645) i sindaci dei
comuni di Consiglio di Rumo e Cremia a causa
della carente motivazione alla base del
conferimento dell'incarico, nonostante in
quei casi il compenso attribuito al
segretario-direttore fosse piuttosto
contenuto.
Già tempo addietro, nel 2005, il Tar Veneto,
Sezione I, con sentenza 21.02.2005 n. 726,
ha affermato che «l'attribuzione di funzioni
e compiti propri del direttore generale,
figura di nuovo conio introdotta
nell'ordinamento degli enti locali dalla
legge 127/1997, segnatamente con riguardo ai
piccoli comuni, appare come una
superfetazione superflua». Forse, si tratta
di affermazioni forti. Ma, un ripensamento
sulla riforma del 1997 occorre (articolo ItaliaOggi dell'11.12.2009, pag. 34). |
QUESITI & PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Come si configura il danno non patrimoniale
conseguente ad un illecito ambientale?
(quesito
21.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è il fondamento giuridico del SISTRI?
(quesito
21.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
è il SISTRI?
(quesito
16.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Le
associazioni ambientaliste hanno
legittimazione ad agire in giudizio in sede
civile per il risarcimento del danno
derivante da illecito ambientale?
(quesito
13.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Cosa comporterà l’introduzione del SISTRI?
(quesito
13.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui un’impresa di gestione rifiuti
voglia trasportare i propri rifiuti
costituiti da cartucce di toner esausti
potrà utilizzare l’autorizzazione super
semplificata della quale è già in possesso?
(quesito
06.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono i criteri in base ai quali si legittima
l’impugnazione della realizzazione di una
discarica da parte del proprietario del
fondo situato nelle vicinanze?
(quesito
02.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Come
vengono gestiti i centri di raccolta di
rifiuti urbani raccolti in modo
differenziato? (quesito
02.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quale è la corretta gestione dei rifiuti
costituiti da cartucce di toner esausti?
(quesito
02.12.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: La
Tia ha natura tributaria o privatistica?
(quesito 24.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
legittimo aggiungere l’IVA sull’importo
dovuto per lo smaltimento dei rifiuti
urbani?
(quesito 24.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Esistono
rimedi per ottenere il rimborso degli
importi IVA illegittimamente pagati sul
costo dello smaltimento dei rifiuti urbani?
(quesito 24.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
Sindaco può legittimamente ordinare la
rimozione dei rifiuti abbandonati?
(quesito 24.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
necessario indicare l’orario di inizio e
fine trasporto nel formulario di
identificazione dei rifiuti?
(quesito 24.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Come
sono disciplinati i sottoprodotti di origine
animale? Sono rifiuti?
(quesito
16.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
produttore, nel caso in cui i rifiuti
avviati a smaltimento passino attraverso un
sito di stoccaggio intermedio, può
pretendere il certificato di avvenuto
smaltimento? Cosa accade nel caso in cui
l’impianto di destino si trovi in un Paese
europeo?
(quesito
05.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
gestore di un impianto di deposito
preliminare o di trattamento rifiuti come
può tutelarsi per evitare che, dopo aver
accettato i rifiuti, scopra alla luce di
verifiche analitiche che il materiale non è
compatibile con il Codice CER indicato nel
formulario?
(quesito
05.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste
un limite entro il quale i rifiuti in
stoccaggio devono essere destinati a
smaltimento o recupero?
(quesito
04.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Un’azienda
che produce rifiuti da attività di cernita
di materiali può effettuare un trasporto di
rifiuti in discarica autorizzata in
procedura ordinaria con l’autorizzazione in
categoria 2 oppure occorreva categoria 4?
(quesito
04.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è lo scopo dell’iscrizione super
semplificata? E quali i vantaggi?
(quesito
04.11.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: La
scheda di trasporto è obbligatoria nel
trasporto di rifiuti o può essere sostituita
dal formulario di identificazione?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui una società che gestisce un
servizio fognature e depurazione effettui
deposito di rifiuti originati da lavori di
manutenzione straordinaria di altri impianti
di depurazione limitrofi, gestiti dalla
stessa società, si configura il deposito
temporaneo?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui il produttore conferisca rifiuti
ad un soggetto non autorizzato è
responsabile?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Come deve essere la delega di compiti dal
titolare dell’azienda al dipendente per
avere efficacia liberatoria della
responsabilità del titolare?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’amministratore
o il legale rappresentante di una società è
responsabile dei reati riconducibili
all’azienda per le operazioni di gestione
compiute dai dipendenti? (quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste
una responsabilità delle persone giuridiche
per la commissione di illeciti ambientali?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
diritto di accesso alle informazioni
ambientali si differenzia dal diritto di
accesso ai documenti amministrativi? (quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
necessario il formulario di identificazione
durante il percorso su territorio nazionale
nel corso di una spedizione transfrontaliera
o sono sufficienti i documenti previsti
dalla normativa comunitaria?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
mezzi processuali ha a disposizione
un’azienda per impugnare il provvedimento
che determina l’importo della garanzia
fidejussoria, qualora lo ritenga
illegittimo?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui sia avvenuta una incorporazione
di una società a responsabilità limitata in
un’altra e dopo la fusione l’ex
amministratore della società incorporata
subisca un accertamento per mancato
pagamento di cartelle esattoriali relative
alla T.I.A. per il periodo antecedente alla
incorporazione, quest’ultimo è tenuto a
pagare? (quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso di avviso di mora circa la tassa
rifiuti urbani, il contribuente è tenuto al
pagamento, anche se questo sia stato
effettuato, se non può mostrare le ricevute
relative al pagamento perché le ha smarrite?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
gestore del centro di stoccaggio è vincolato
al rispetto della destinazione del rifiuto
indicata dal produttore nel formulario?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Un’azienda
che passa dalla procedura semplificata alla
ordinaria può continuare ad utilizzare la
categoria 2 per i trasporti effettuati in
conto terzi oppure deve passare alla cat. 4?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Una
ditta autorizzata per il deposito
preliminare (D15) può, con la medesima
autorizzazione, effettuare le operazioni di
raggruppamento preliminare (D13) e di
ricondizionamento preliminare (D14)?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora
un soggetto presenti il Mud su supporto
informatico, e questo risulti illeggibile,
corre il rischio di essere sanzionato?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
Mud può essere distrutto decorsi cinque anni
(come i registri di carico e scarico e i
formulari) o deve essere conservato a tempo
indeterminato?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quali sono i soggetti tenuti alla
presentazione del Mud? Come va effettuata la
dichiarazione e quale è il termine di
presentazione?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
accade nell’ipotesi di mancanza dell’orario
di inizio trasporto nel formulario?
(quesito 28.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Un
gestore iscritto all’Albo in categoria 5 può
effettuare anche raccolta e trasporto di
rifiuti pericolosi avviati al recupero in
modo effettivo ed oggettivo?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Sussiste
il potere delle Regioni di legiferare in
ordine alla Tariffa per la gestione dei
rifiuti urbani?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
legittima la previsione della Tariffa Igiene
ambientale calcolata anche sulla base di
parametri relativi all’estensione dei locali
occupati dall’utente?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la sanzione prevista per l’errata o
incompleta compilazione del formulario?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la sanzione prevista per l’omessa o
incompleta tenuta del registro di
carico/scarico?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quale è la sanzione prevista nel caso di
omessa, incompleta, inesatta dichiarazione?
E nel caso di ritardo entro i 60 giorni
dalla scadenza? (quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la sanzione prevista per l’ipotesi di
realizzazione o gestione di una discarica
non autorizzata?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la sanzione prevista per l’ipotesi di
gestione non autorizzata?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
trasportatore è tenuto a verificare la
regolarità amministrativa del destinatario?
Egli risponde anche del risultato finale
delle operazioni di recupero svolte dal
gestore dell’impianto?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui il produttore/detentore non
riceva dal destinatario il formulario entro
tre mesi dal conferimento e non comunichi
tale omissione alla Provincia, può incorrere
in responsabilità?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Si
può impugnare la determinazione dell’importo
della fidejussione avvenuta in un certo
ambito regionale, lamentando una disparità
rispetto all’importo della garanzia
richiesta ad impianti siti in altre Regioni?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quale è la ratio della garanzia fidejussoria
per gli impianti di smaltimento e/o
recupero?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Sono
obbligatorie le garanzie finanziarie ai fini
dell’autorizzazione alla gestione rifiuti?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
si intende per reimpiego nella disciplina
prevista per le apparecchiature elettriche
ed elettroniche?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
gestore del centro di stoccaggio autorizzato
in regime semplificato a “messa in riserva
con separazione dei componenti
riutilizzabili, separazione dei componenti
pericolosi, separazione delle frazioni
metalliche recuperabili per sottoporli
all’operazione di recupero nell’industria
metallurgica” - R13 - di apparecchiature
fuori uso è vincolato a rispettare il codice
Cer riportato nel formulario o può
cambiarlo?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Come
vanno smaltiti gli sfalci di potatura del
proprio giardino?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: I
rifiuti urbani non pericolosi possono essere
smaltiti in Regioni diverse da quelle in cui
è situato il luogo di produzione? (quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Davanti
a quale autorità ed entro quale termine si
può impugnare la Tariffa?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono i criteri che regolano il costo dello
smaltimento dei rifiuti urbani?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Come
devono intendersi le categorie omogenee del
deposito temporaneo?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Per
l’ipotesi di reato di costituzione di una
discarica abusiva è necessario che
l’accumulo sussista per almeno un anno?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: A
quali adempimenti è tenuto il produttore del
rifiuto destinato alla discarica?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
gestore della discarica è responsabile nel
caso di non rispondenza del codice Cer
attribuito ai rifiuti conferiti in
discarica?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la disciplina della discarica di rifiuti?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
gestore dell’impianto di destino deve
richiedere le analisi per tutti i codici a
specchio o solo per quelli non pericolosi?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
produttore deve effettuare le analisi di
laboratorio per tutti i codici a specchio o
solo per quelli non pericolosi?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
è la caratterizzazione analitica del
rifiuto?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’obbligo
di rimozione dei rifiuti abbandonati e
ripristino dello stato del luogo grava sul
proprietario dell’area estraneo
all’abbandono?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’obbligo
di rimozione dei rifiuti abbandonati e
ripristino dello stato del luogo grava sul
proprietario dell’area estraneo
all’abbandono?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Chi
è il soggetto tenuto a provvedere alla
situazione di inquinamento ambientale?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
è la bonifica dei siti inquinati?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
iter amministrativo è previsto per la
bonifica dei siti inquinati?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’intermediario
è responsabile della errata compilazione del
formulario?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Come
deve interpretarsi l’obbligo
dell’intermediario senza detenzione di
iscriversi all’Albo nazionale dei Gestori
Ambientali?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’intermediario
senza detenzione può essere considerato
gestore di rifiuti?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora
un’impresa svolga attività di recupero di
rifiuti, producendo scarti derivanti dalle
operazioni medesime, è sottoposta ai limiti
del deposito temporaneo? (quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Può
considerarsi spostamento interno all’azienda
il tragitto su strada per trasportare un
rifiuto dalla sede centrale dell’azienda ad
una sede periferica?
(quesito 27.10.2009
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Deposito
preliminare è sinonimo di deposito
temporaneo?
(quesito 27.10.2009
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
è il deposito temporaneo?
(quesito 27.10.2009
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Esiste
la possibilità che il gestore di un centro
di stoccaggio decida un parziale recupero
dei rifiuti originariamente destinati,
secondo quanto indicato nel formulario dal
produttore, a smaltimento?
(quesito 27.10.2009
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www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
si intende per stoccaggio di rifiuti?
(quesito 27.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
mancato pagamento del diritto annuale ha le
stesse conseguenze per le imprese che
operano in regime semplificato e per quelle
che operano in procedura ordinaria?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Gli
impianti di recupero autorizzati con
procedura ordinaria possono accettare
rifiuti da trasportatori iscritti all’Albo
con procedura semplificata?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
caso in cui un fornitore vanti
un’autorizzazione al trasporto in categoria
4, ma utilizzi un veicolo immatricolato con
licenza in conto proprio, è responsabile
anche il gestore dell’impianto di destino?
(quesito 27.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Per
il trasporto di rifiuti speciali non
pericolosi in conto terzi, verso impianti di
recupero in regime semplificato, è
necessaria la categoria 4 oppure è
sufficiente la categoria 2?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: A
quale categoria possono iscriversi i
soggetti di cui all’art. 212, comma 5, D.Lgs
152/2006? E quale è l’iter di iscrizione?
(quesito 27.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
A quale categoria possono iscriversi le
imprese che effettuano attività di raccolta
e trasporto di rifiuti avviati ad impianti
che effettuano il recupero in regime
semplificato? E quale è l’iter di
iscrizione?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Si
può desumere dalla semplice lettura del
testo dell’autorizzazione al recupero se si
tratta di regime semplificato?
(quesito 27.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Qualora
un impianto sia autorizzato sia alla messa
in riserva, sia al recupero di rifiuti in
forma semplificata, quali limiti
quantitativi dovrà rispettare?
(quesito 27.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la definizione di “quantità impiegabile”
per attività di recupero ammesse alla
procedura semplificata?
(quesito 27.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono le norme generali che regolano la
procedura semplificata?
(quesito 26.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un’azienda che recupera rifiuti in forma
semplificata può ricevere rifiuti da un
privato cittadino? E a quali condizioni?
(quesito 26.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Ai
fini del passaggio dalla procedura
semplificata a quella ordinaria è necessaria
l’istruttoria con convocazione della
Conferenza di Servizi?
(quesito 26.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono le differenze tra la procedura
semplificata e la procedura ordinaria? E
quali i criteri da seguire nella scelta
dell’una o dell’altra?
(quesito 26.10.2009
- link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Se
un’azienda effettua un trasporto di rifiuti
e il destinatario respinge il carico, cosa
dovrà scrivere l’azienda nel formulario per
giustificare il trasporto della quantità
respinta?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: La
stampa dei registri tenuti in maniera
informatica va effettuata in coincidenza con
gli adempimenti temporali previsti per le
annotazioni?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quando
e come devono avvenire le registrazioni in
entrata e in uscita dei registri di carico e
scarico?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: I
registri di carico e scarico devono essere
vidimati?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A quali condizioni un’azienda può esimersi
dall’obbligo di tenuta dei registri di
carico e scarico in ragione di un’esigua
produzione dei rifiuti?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: I
registri relativi alle operazioni di
smaltimento in discarica possono essere
distrutti decorsi 5 anni?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: La
data di emissione del formulario può
divergere da quella di effettuazione del
trasporto?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la corretta dicitura delle operazioni di
recupero della carta da macero qualora se ne
possa indicare una sola?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
necessario il formulario di trasporto
relativamente a spostamenti di rifiuti da
un’azienda ad un’altra attigua, appartenenti
a gestori diversi?
(quesito 26.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Cosa
fare quando si è effettuato un ritiro
utilizzando un FIR privo del numero seriale
per un errore in tipografia?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Se
un privato cittadino incarica un’azienda di
smaltimento e recupero di portare via i
rifiuti ferrosi giacenti sulla sua
proprietà, tale azienda è tenuta a
consegnare copia del formulario per il
trasporto dei rifiuti al soggetto in
questione?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono gli obblighi del produttore/detentore
in relazione al formulario?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Nel
formulario di identificazione del rifiuto,
il percorso va sempre definito?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
peso del rifiuto deve sempre essere indicato
nel formulario?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono gli obblighi relativi al formulario
nell’ipotesi di microraccolta?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quali
sono gli adempimenti del produttore e
destinatario nel caso di carico parzialmente
accettato o respinto?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
trasportatore è responsabile nell’ipotesi in
cui il carico comprenda un rifiuto
classificato con codice Cer errato per
omessa caratterizzazione analitica da parte
del produttore?
(quesito 25.10.2009
- link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è il codice Cer di un rifiuto costituito da
carta con impurità?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: È
ammesso il riutilizzo del sottoprodotto
presso operatori economici diversi dal
produttore?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale
è la nozione di sottoprodotto?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Le m.p.s. sono escluse dal regime dei
rifiuti?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: I
fanghi sono rifiuti?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Chi
è produttore dei rifiuti da demolizione: il
titolare della ditta edile o il proprietario
dell’immobile?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Il
letame è rifiuto?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA -
LAVORI PUBBLICI: Il
fresato di asfalto è rifiuto? Quale è il
codice Cer?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Le
carogne sono rifiuti?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: I
rottami metallici sono m.p.s. o rifiuti?
(quesito
25.10.2009 - link a
www.ambientelegale.it). |
CORTE DEI CONTI |
LAVORI PUBBLICI:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Villa d'Adda (Bg) - "L'ente
può procedere alla realizzazione di un'opera
il cui costo complessivo (compresa iva) è
superiore a 100.000 euro solo previa
approvazione della variazione del piano
delle opere pubbliche (in cui l'opera deve
essere inserita ai sensi dell'art. 128
d.d.vo n. 163/2006) e del bilancio
preventivo"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
17.11.2009 n. 1025 - link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Giussano (Mi) - "L'art.
19, comma 6, del d.lgs n. 165/2001, a
seguito della modifica apportata dal d.lgs
n. 150/2009, prevede testualmente la
necessità di entrambi i presupposti, titolo
di laurea ed esperienza lavorativa, ai fini
della sussistenza dei requisiti della
particolare e comprovata qualificazione
professionale necessaria per il conferimento
degli incarichi dirigenziali"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
12.11.2009 n. 1001 - link a www.corteconti.it). |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Terno d'Isola (Bg) - "Il
quesito in ordine alla possibilità di
deliberare l'incremento, nella parte delle
risorse variabili, previsto dall'art. 15,
comma 5, del CCNL 01/04/1999, nonché di
incrementare il fondo nel limite del 1,5%
del monte salari 2007 (art. 4, comma 3, del
CCNL 31/07/2009, è da ritenersi
inammissibile sulla base dei principi e
della delimitazione dell'ambito della
contabilità pubblica"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
03.11.2009 n. 948 - link a www.corteconti.it). |
URBANISTICA:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Lainate (Mi) - "Ai
fini della determinazione della misura del
corrispettivo da pagare all'Amministrazione
comunale per la trasformazione del diritto
di superficie in diritto di piena proprietà
di aree comprese nei piani approvati a norma
della Legge n. 167/1962 ovvero delimitate ai
sensi dell’art. 51 della Legge n. 865/1971,
deve essere adottato il criterio di cui
all’art. 37 del D.P.R. n. 327/2001, come
modificato dalla Legge n. 244/2007"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
23.10.2009 n. 915 - link a www.corteconti.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Poggio Rusco (Mn) - "La
realizzazione di opere di riqualificazione
di una casa di riposo esistente sul
territorio comunale gestita da una
fondazione ONLUS (EX IPAB) rientra
nell'ambito di applicazione dell'art. 17,
comma 3, lett. C) del D.P.R. 06.06.2001, n.
380 in materia di esonero dal contributo di
costruzione"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
09.10.2009 n. 783 - link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Impiegati-amministratori
ok.
Non sussiste la responsabilità
amministrativa di un dipendente pubblico e
il conseguente danno erariale per avere
svolto, senza autorizzazione, l'attività
privata retribuita di amministratore di
condominio.
Questo è quanto ha sancito la Corte dei
Conti, Sez. I Giurisdizionale centrale
d'appello con la
sentenza 16.09.2009 n. 554.
Nel caso in esame sia la Procura regionale
prima e sia quella generale dopo nel corso
del giudizio di appello, avevano ritenuto un
dipendente pubblico, con rapporto di lavoro
a tempo pieno, responsabile per danno
erariale per aver svolto, senza la
prescritta autorizzazione, l'attività di
amministratore di condomini, al di fuori
dell'ipotesi prevista dalla lett. b), punto
5, della circolare n. 6/97 della presidenza
del consiglio dei ministri.
Si riteneva, più precisamente, che il
pubblico dipendente, svolgendo l'attività
sopra citata, avrebbe sottratto
illecitamente energie lavorative e
intellettuali alla pubblica amministrazione,
distraendole a fini privati e che la
presunta responsabilità seguiva ex se alla
sola mancanza di autorizzazione, tra l'altro
nemmeno richiesta.
Il Collegio ritiene tali considerazioni
prive di rilevanza.
La responsabilità amministrativa di un
dipendente pubblico, infatti, non è
configurabile quale effetto automatico della
violazione delle norme sulla mancata
autorizzazione di attività
extraistituzionali: è necessario dimostrare
l'effettiva sussistenza del danno erariale
concreto e attuale arrecato
all'amministrazione di appartenenza e
ricollegabile all'esercizio della predetta
attività privata.
Dagli atti risultava invece non solo che il
pubblico dipendente non ha mai nascosto alla
propria amministrazione di appartenenza lo
svolgimento dell'attività di amministratore
condominiale, ma, soprattutto, che tale
situazione non ha mai in alcun modo limitato
o condizionato i propri compiti
istituzionali, l'espletamento del lavoro
d'ufficio e il rispetto rigoroso dell'orario
di lavoro
(articolo ItaliaOggi del 24.12.2009, pag.
31). |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Richiesta di parere del Presidente della
Provincia di Mantova -
Sulla disposizione limitativa
della quantità d'incentivo per la
progettazione interna, di cui all'art. 1, co.
10-quater del D.L. 23.10.2008, n. 162,
convertito in legge 22.12.2008, n. 201 non
può intendersi riferita ai compensi
incentivanti da erogarsi per attività che
risultino già compiute anteriormente alla
sua vigenza, ma sarà operativa per le
progettazioni successive ed opererà come
limite complessivo annuo per tutte le opere
liquidabili.
La limitazione "alle attività di
progettazione" contenuta nel testo dell'art.
1, comma 10-quater citato si riferisce alla
sola attività disciplinata nell'allegato
tecnico XXI di cui all'art. 164 del d.lgs.
n. 163/2006.
Per l'eccedenza dell'incentivo rispetto alla
soglia di legge non è prevista una
destinazione vincolata e la liquidazione in
anni successivi a favore del dipendente che
abbia raggiunto il limite di legge, oltre
che costituire, di fatto, un'elusione della
disposizione in discorso, sarebbe priva di
un idoneo titolo giuridico, esaurendosi il
diritto del dipendente all'incentivo nella
quota massima corrispondente alla singola
annualità di retribuzione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
14.09.2009 n. 604 - link a www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sull'insindacabilità del tempo
impiegato da una commissione di gara per
valutare le offerte.
In sede di verifica delle offerte anomale,
il giudizio di congruità dell'offerta, non
richiede di regola una motivazione puntuale
e analitica.
Costituisce ius receptum
l'affermazione per la quale il tempo
impiegato da una commissione per la
correzione degli elaborati scritti dei
candidati ad un pubblico concorso o per il
vaglio delle offerte tecniche in un appalto
pubblico attiene all'esercizio di
discrezionalità tecnica e come tale è
insindacabile se non emergono profili di
assoluta arbitrarietà o illogicità.
Il giudizio tecnico sulla qualità di un
elaborato concorsuale o di un'offerta
tecnica concorrente ad una gara può essere
espresso in chiave alfanumerica quando il
bando di gara o il disciplinare rechino
criteri di valutazione dettagliati ed
espressi in termini sufficientemente
precisi, idonei come tali ad arginare il
percorso valutativo e la discrezionalità
della commissione giudicatrice.
In sede di verifica delle offerte anomale,
il giudizio di non anomalia, ovverosia di
congruità dell'offerta, non richiede di
regola una motivazione puntuale e analitica,
essendo sufficiente anche un rinvio alle
argomentazioni e alle giustificazioni della
parte che ha formulato l'offerta sottoposta
a verifica con esito positivo; è viceversa
necessaria una motivazione particolarmente
diffusa ed analitica nel caso di giudizio di
anomalia che porta a non procedere
all'aggiudicazione a favore dell'impresa che
abbia formulato il migliore ribasso (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3697 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
La mancanza di un formale e
legittimo provvedimento di assunzione come
pubblico dipendente è un fondamentale indice
rilevatore della mancata costituzione di una
rapporto di pubblico impiego.
Lo scopo del ricorso da cui nasce la
sentenza in commento è quello di affermare
la sussistenza di un contratto di lavoro
subordinato presso un comune con il
conseguente riconoscimento delle spettanze
dovute e della posizione contributiva e di
carriera.
Com'è noto, secondo la giurisprudenza
amministrativa, ai fini dell'accertamento
giudiziale del rapporto di pubblico impiego
è rilevante la concreta esistenza di quegli
elementi che del rapporto stesso
costituiscono i requisiti essenziali che
sono dati, in concorso tra di loro, dalla
continuità e professionalità delle
prestazioni lavorative, dal vincolo di
subordinazione gerarchica, dalla percezione
di una retribuzione predeterminata,
corrispondente ad una delle qualifiche
esistenti nell'organico tipo dell'ente,
dalla volontà dell'amministrazione,
manifestata attraverso comportamenti
univoci, di inserire il prestatore di lavoro
nella propria organizzazione, dal rispetto
di un orario di inizio e di termine
dell'attività lavorativa.
Dai fatti del caso trattato però risultano
solo provvedimenti relativi all’affidamento
di incarichi di lavoro autonomo, a tempo
determinato. Poiché la delibera di
assunzione nell’organizzazione incide sullo
status del lavoratore, ed ha quindi natura autoritativa, il ricorrente non può chiedere
una diversa qualificazione del proprio
status all’interno dell’organizzazione
amministrativa, se non ha impugnato le
delibere di incarico che configuravano il
rapporto come contratto d’opera (al riguardo
si vedano Consiglio di Stato adunanza
plenaria 09.09.1992, n. 10 e 06.10.1992, n.
11; sentenza 11.11.1994 n. 1265, 29.11.1994 n. 1415, 03.08.1995 n. 1150,
07.12.1995 n. 1674).
Attesa la natura autoritativa del potere con
cui l'Amministrazione disciplina il suo
assetto organizzativo e funzionale
(principio che, come ci ricordano i giudici
molisani, è stato di recente ribadito dal
Consiglio di Stato, con le sentenze
11.01.2002, n. 126 e 30.10.2002, n. 5971),
la pretesa dell'interessata di ottenere
l’accertamento di una diversa posizione
giuridica ed economica, si sostanzia in un
interesse legittimo.
In definitiva poiché il rapporto è regolato
non solo dal contratto ma anche dal
provvedimento autoritativo che ha
determinato l’inserimento della lavoratrice
nell’organizzazione della pubblica
amministrazione, non basta impugnare il
contratto (chiedendone una diversa
qualificazione giuridica, contro il nomen
iuris utilizzato dalle parti; oppure,
addirittura, chiedendone l’accertamento
della sua natura simulata), ma occorre anche
impugnare, tempestivamente il provvedimento
medesimo (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise,
sentenza
17.12.2009 n. 854 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
I termini di impugnazione delle
varianti al PRG mutano al mutare della
natura delle varianti stesse.
La decisione si presta ad una lettura a
scopi didattici.
Oggetto dell’indagine è quello della esatta
definizione degli elementi che fanno
differire una variante generale da una
particolare. Se la variante è generale,
l’impugnazione deve essere compiuta nel
termine decadenziale che decorre dalla
pubblicazione presso il comune, se di
variante particolari si tratta, invece, la
decorrenza inizia dalla data di notifica
della stessa al destinatario del
provvedimento. Dalla sussistenza nel caso
concreto dell’una o dell’altra specie di
variante dipende la ricevibilità o meno del
ricorso avverso la variante medesima.
La tematica presenta indubbi aspetti di
complessità come ricordano i giudici di
Palazzo Spada: in effetti si tratta di
ricercare un punto di equilibrio tra due
apparentemente antitetici valori ed
aspirazioni (quello alla certezza dei
rapporti giuridici regolati attraverso
provvedimenti generali, che verrebbe minata
alla base ove se ne consentisse sine die
l’impugnativa, e quella della difesa del
singolo da atti amministrativi lesivi dei
quali possa non avere avuto conoscenza
diretta). Un punto di equilibrio tra i
valori in apparente contrasto è stato
raggiunto con l ’affermazione di una nozione
sostanzialistica che superi il mero dato
nominale.
A tal proposito i giudici ricordano le
affermazioni della giurisprudenza
consolidata: “l'atto di approvazione dei
piani regolatori generali o loro varianti
che, come nella specie, abbiano contenuto
generale o riguardino ampie zone e comparti
territoriali, deve essere impugnato nel
termine di decadenza decorrente dalla data
di pubblicazione, non essendo richiesta la
notificazione individuale agli interessati"
(Consiglio Stato, sez. IV, 19.07.2004, n.
5225 ma si veda anche Sez. IV, 08.07.2003,
n. 4040; 23.11.2002, n. 6436; 30.07.2002, n.
4075) e Sez. VI, 15.05.2002, n. 2646).
Ciò perché, si è affermato anche in passato,
“il termine per impugnare il p.r.g. o una
sua variante generale decorre, per tutti gli
interessati, dall'ultimo giorno della
pubblicazione del provvedimento con il quale
è stato approvato” (Consiglio Stato,
sez. IV, 29.10.2001, n. 5628). Di variante
generale non può parlarsi se le previsioni
urbanistiche costituiscano atti di
pianificazione a contenuto singolo, e i
vincoli espropriativi vengano a incidere in
modo diretto e immediato sui soggetti
destinatari del vincolo reiterato (Cons.
St., Sez. IV, n. 1904 del 23.12.1998).
In tali ipotesi, il termine di impugnazione
deve farsi decorrere dalla notifica
individuale: tale ipotesi non si verifica
certamente, laddove l’amministrazione
comunale adotti una vera e propria variante
urbanistica a contenuto generale, in cui
l’area in contestazione sia chiaramente
inserita nel tessuto urbanistico di un'ampia
zona dalla quale non sarebbe possibile
estrapolarla senza incidere sull'intero
contesto. Detto principio non soffre
eccezioni, come recentemente affermato dal
Consiglio di Stato: “in caso di
reiterazione di vincoli a contenuto
espropriativo posta in essere attraverso una
variante del piano regolatore generale, il
termine per l'impugnazione decorre dalla
data di pubblicazione del piano, non essendo
necessaria la notifica individuale dello
strumento approvato” (Consiglio Stato,
sez. IV, 27.07.2007, n. 4198).
"Il termine per proporre impugnative
avverso una variante al p.r.g. decorre dalla
piena conoscenza degli interessati solo nei
casi in cui la variante incidendo in
concreto su un determinato immobile, non
abbia quell'adeguata considerazione globale,
sia pure riferita a una parte del territorio
comunale, che è connaturale alla logica
dello strumento urbanistico. Nel caso di
variante che incida su un bene specifico, e
che quindi non possa propriamente essere
definita come atto amministrativo di
carattere generale, spetta
all'amministrazione l'onere di notificare al
proprietario del bene in questione i
provvedimenti relativi al procedimento”
(Consiglio Stato , sez. IV, 14.06.2001, n.
3149) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 15.12.2009 n. 7963 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Manufatti interrati e necessità
di permesso di costruire.
Nel
concetto di costruzione rientra ogni
intervento edilizio che abbia rilevanza
urbanistica in quanto incide sull’assetto
del territorio ed aumenta il c.d. carico
urbanistico e tali sono pure i piani
interrati, cioè sottostanti al livello
stradale, visto che sono lavori di
costruzione edilizia, per i quali occorre la
concessione, non solo quelli per i quali il
manufatto si eleva al di sopra del suolo, ma
anche quelli in tutto o in parte interrati
perché trasformano durevolmente l’area
impegnata (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 10.12.2009 n. 46984 -
link a
www.lexambiente.it). |
URBANISTICA: Le
convenzioni di lottizzazione hanno natura di
accordi sostitutivi di provvedimento, ai
sensi dell’art. 11 della legge 07.08.1990 n.
241, di talché non possono essere modificate
senza il coinvolgimento di tutti i loro
originari firmatari.
Una consolidata giurisprudenza, in materia
di lottizzazione convenzionata, da tempo
ribadisce che le convenzioni di
lottizzazione hanno natura di accordi
sostitutivi di provvedimento, ai sensi
dell’art. 11 della legge 07.08.1990 n. 241,
di talché non possono essere modificate
senza il coinvolgimento di tutti i loro
originari firmatari, né può invocarsi la
generale potestà pianificatoria del Comune,
quando la pianificazione generale investe la
pianificazione attuativa, incidendo
direttamente sulla disciplina convenzionale
(cfr.: Cons. Stato IV, 27.06.2008 n. 3255;
idem 19.02.2008 n. 534; idem 31.05.1999 n.
934; TAR Catania I, 29.09.2004 n. 2718).
In via ipotetica, non si può certo escludere
che una convenzione di lottizzazione possa
essere unilateralmente e autoritativamente
modificata dal Comune, mediante una diversa
regolamentazione dell’assetto di interessi
consacrato nell’accordo (cfr.: Cons. Stato
IV, 31.01.2005 n. 222), ma ciò deve avvenire
nelle forme e con le garanzie che la legge
impone. La stessa ricorrente sembra voler
indicare, in alcuni illuminanti passaggi del
ricorso, quale potrebbe essere per il Comune
la via più giusta, qualora voglia ovviare al
problema di una correzione degli errori di
previsione dei costi delle urbanizzazioni e
alla necessità di copertura dei medesimi,
nelle lottizzazioni già eseguite o “in
itinere”.
Da un lato, il metodo potrebbe essere quello
di intraprendere una revisione in autotutela
–con le garanzie e gli obblighi
motivazionali che l’autotutela
amministrativa impone- del piano di
riassetto del comprensorio “Colle dell’Orso”
approvato dal commissario “ad acta”
regionale (cfr.: Cons. Stato V, 12.05.1985
n. 391; TAR Milano I, 14.02.1990 n. 116),
dall’altro, di farne seguire nuovi progetti
di lottizzazione e, in caso di mancata
adesione dei proprietari, promuovere
eventualmente lottizzazioni di ufficio, come
previsto dall’art. 28, al penultimo e
all’ultimo comma, della legge urbanistica
17.08.1942 n. 1150 (cfr.: Cons. Stato IV,
19.06.2006 n. 3619; idem 03.02.1996 n. 112;
TAR Napoli II, 05.12.2007 n. 15759; TAR
Lecce I, 22.04.2004 n. 2577; TAR Firenze I,
17.03.2003 n. 1008).
In tal caso, occorre tuttavia che una
pianificazione finalizzata a rivedere i
costi delle urbanizzazioni di un
comprensorio prenda in esame, ove possibile,
tutti i comparti di esso, in modo uniforme
ed equanime, distingua correttamente le
opere di urbanizzazione primaria da quelle
secondarie e, volendo persino dare un nuovo
assetto alle urbanizzazioni, consideri
prioritariamente le aree non ancora
urbanizzate (cfr.: Cons. Stato IV,
03.02.1996 n. 112; TAR Brescia, 19.12.2001
n. 1593; TAR Milano II, 22.03.1999 n. 869)
(TAR Molise,
sentenza 04.12.2009 n. 723 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul potere della stazione
appaltante di disciplinare la presentazione
delle offerte imponendo delle modalità
specifiche.
La stazione appaltante ha sicuramente il
potere di disciplinare la presentazione
delle offerte, imponendo delle modalità
specifiche, che, comunque, non devono
rappresentare un inutile e ingiustificato
aggravio procedimentale e non devono essere
illogiche.
Pertanto, nel caso di specie, l'aver
richiesto, a pena di esclusione, che
l'offerta fosse "corredata su ciascuna
facciata di timbro e firma per esteso
leggibile, del suo legale rappresentante"
non costituisce evidentemente un onere
aggiuntivo qualificabile come gravoso (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 2972 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
casa mobile, carrellabile su ruote, è
considerata intervento di nuova costruzione
soggetto, per la sua realizzazione, al
rilascio preventivo di un titolo
abilitativo.
La casa mobile, carrellabile su ruote, è
considerata, a norma dell’art. 3, comma 1,
lett. e.5) del d.P.R. n. 380/2001,
intervento di nuova costruzione, che, in
quanto comportante, comunque, una
trasformazione edilizia del territorio, è
soggetto, per la sua realizzazione, al
rilascio preventivo di un titolo
abilitativo, da individuarsi, nello
specifico, nel permesso di costruire,
richiesto per gli interventi di maggiore
impatto edilizio (art. 10, comma 1, lett. a),
del citato decreto).
Dispone, infatti, l’art. 3, comma 1, lett.
e.5), rubricato “Definizioni degli
interventi edilizi”, sopra richiamato: 1. Ai
fini del presente testo unico si intendono
per:….e) "interventi di nuova costruzione",
quelli di trasformazione edilizia e
urbanistica del territorio non rientranti
nelle categorie definite alle lettere
precedenti. Sono comunque da considerarsi
tali:….e.5) l'installazione di manufatti
leggeri, anche prefabbricati, e di strutture
di qualsiasi genere, quali roulottes,
campers, case mobili, imbarcazioni, che
siano utilizzati come abitazioni, ambienti
di lavoro, oppure come depositi, magazzini e
simili, e che non siano diretti a soddisfare
esigenze meramente temporanee….. 2. Le
definizioni di cui al comma 1 prevalgono
sulle disposizioni degli strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti
edilizi.”.
Ora, dalla descrizione delle opere,
contenuta negli atti impugnati, appare
evidente che le medesime non siano da
considerarsi precarie in quanto destinate ad
esigenze limitate e contingenti nel tempo;
valore dirimente rispetto al profilo
strutturale dei materiali utilizzati, già
comunque di per sé sufficiente, assume
l’aspetto funzionale della destinazione,
legato cioè al fattore tempo e, dunque, alla
stabilità dell’utilizzo, non limitato,
appunto, a soddisfare esigenze circoscritte
-tali da indurre a sottoporre le opere
all’immediata rimozione dopo l’uso
temporaneo-, ma necessità durature ed
apprezzabili (Consiglio Stato, sez. V,
13.06.2006, n. 3490; TAR Campania Napoli,
sez. VIII, 24.04.2009, n. 2163; TAR
Lombardia Brescia, sez. I, 30.03.2009, n.
720)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 26.11.2009 n. 2851 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Procedimento giurisdizionale -
Sospensione del giudizio - Per presentazione
istanza di condono - Decorrenza termine di
perenzione.
2. Impugnazione
titoli edilizi - Termine - Decorrenza.
1. Nell'ipotesi di sospensione del giudizio
(per il caso di presentazione di istanza di
domanda di condono) il termine da cui
prendere le mosse per calcolare l'eventuale
perenzione del ricorso, non può decorrere
dalla data di sospensione dello stesso o dal
momento in cui viene presentata la domanda
di sanatoria, ma deve essere computato dal
momento in cui si conclude il procedimento
di sanatoria attraverso il procedimento
comunale che accoglie o respinge la domanda.
Se così non fosse sarebbe contraddittorio
sospendere il processo fino alla scadenza
del termine per presentare l'istanza di
condono e poi, senza attendere l'emanazione
del provvedimento finale, proseguire la
trattazione della controversia.
2. Il termine per l'impugnazione di titoli
abilitativi edilizi inizia a decorrere
quando la costruzione realizzata rivela in
modo certo ed univoco le essenziali
caratteristiche dell'opera e l'eventuale non
conformità di essa al titolo o alla
disciplina urbanistica, con la conseguenza
che, in mancanza di altri ed inequivoci
elementi probatori, il termine per
l'impugnazione decorre non con il mero
inizio dei lavori, ma con il loro
completamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
27.07.2009 n.
4465 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Concessione
edilizia in sanatoria - Inesatta
rappresentazione della realtà - Domanda
dolosamente infedele ex Art. 40, l. 47/1985 -
Configurabilità - Sussiste.
2. Concessione
edilizia in sanatoria - Silenzio assenso
-Configurabilità - Solo in caso di
sussistenza di tutti i presupposti previsti
dalla norma - Esclusione in caso di domanda
dolosamente infedele.
3. Concessione
edilizia in sanatoria - Zona sottoposta a
vincolo - Silenzio assenso - Termine -
Decorre dall'emissione del parere favorevole.
1. L'inesatta rappresentazione della realtà
contenuta nella richiesta di concessione in
sanatoria su un presupposto essenziale per
l'accoglibilità della stessa costituisce
un'ipotesi di domanda dolosamente infedele
ai sensi dell'art. 40, L. 15.02.1985,
n. 47.
2. La mancata definizione del condono da
parte del Comune entro il termine perentorio
legalmente fissato e decorrente dalla
presentazione della domanda di sanatoria,
non determina ope legis la regolarizzazione
dell'abuso, in applicazione dell'istituto
del silenzio assenso, nel caso in cui
manchino i presupposti di fatto e di diritto
previsti dalla norma, ovvero quando la
domanda si presenti dolosamente infedele.
In
altri termini il principio del silenzio-assenso in materia di condono edilizio
postula che per il suo formarsi sussistano i
presupposti di accoglibilità della domanda e
cioè che il manufatto sia stato realizzato
al momento della domanda stessa, che la
stessa non sia dolosamente infedele e che
non sussistano sull'area in cui è sorto il
manufatto abusivo vincoli di in
edificabilità, sicché l'infedele
rappresentazione, nella domanda di condono
edilizio, delle opere abusive effettivamente
realizzate, non fa decorrere il termine di
ventiquatto mesi per la formazione del
silenzio-assenso.
3.
Ai sensi del combinato disposto dell'art. 35
e dell'art. 32, comma 1, della legge n.47
del 1985 si evince che, in caso di istanza
di condono edilizio per opere abusive
costruite su aree sottoposte a vincolo, il
silenzio assenso si forma per decorso del
termine di ventiquattro mesi dall'emissione
del parere favorevole dell'autorità preposta
alla tutela del vincolo e non dalla data di
presentazione della domanda (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
22.07.2009 n.
4409 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: 1. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti ex artt. 117 del
D.Lgs. 112/1998 e 217 del R.D. 1265/1934 -
Emissione per il caso di esistenza di una
disciplina specifica o di una mera
situazione di pericolo - Legittimità.
2. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 117 del
D.Lgs. 112/1998 e 217 del R.D. 1265/1934 -
Emissione nei confronti del proprietario
dell'area che non sia l'autore
dell'inquinamento - Legittimità.
3. Inquinamento - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 117 del
D.Lgs. 112/1998 e art. 217 R.D. 1265/1934 -
Emissione in caso di cessazione
dell'attività inquinante - Legittimità.
1. L'adozione di ordinanze contingibili ed
urgenti in materia di industrie insalubri è
consentita anche quando un'apposita
disciplina regola in via ordinaria
determinate situazioni, laddove la necessità
di provvedere risulti tanto urgente da non
consentirne il tempestivo utilizzo.
L'ordinanza può essere adottata anche a
fronte di sole situazioni di pericolo, allo
scopo di evitare la produzione di un danno
per la salute pubblica, senza che si debba
attendere che si sia verificato il danno
medesimo.
2. Il provvedimento contingibile ed urgente
che impone interventi su un'area inquinata
prescinde dalla responsabilità del
proprietario nel cagionare l'inquinamento, a
differenza di quanto previsto per i
provvedimenti bonifica di cui al D.Lgs.
152/2006, che ha sostituito il D.Lgs.
22/1997.
3. L'esercizio del potere di intervento
mediante l'emissione di ordinanze contingibili
e urgenti è possibile in ogni tempo, quindi
anche in caso di intervenuta cessazione
dell'attività inquinante, purché ne
permangano gli effetti nocivi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza 16.07.2009 n.
4379 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Opere
pubbliche - Impianto stradale di
distribuzione carburante - Procedura
espropriativa - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessita.
Non risulta che l'amministrazione abbia
posto in essere le disposizioni relative
alla comunicazione dell'avvio del
procedimento di approvazione del progetto di
un'opera pubblica cui si correla
un'implicita dichiarazione di pubblica
utilità, nel senso di orientare
all'applicazione analogica della disciplina
sulla partecipazione dettata per la
dichiarazione di pubblica utilità esplicita
e strutturata, ai sensi degli artt. 10 e 11
della legge 1971 n. 865, sull'attività di
deposito e notificazione del progetto,
presentazione di osservazioni da parte degli
interessati e pronuncia dell'amministrazione
sulle osservazioni medesime (cfr. Consiglio
di Stato, Ad. Pl., 15.09.1999 n. 14;
Consiglio di Stato, Ad. Pl., 24.01.2000 n.
2; nonché tra le tante TAR Campania Napoli,
sez. V, 29.01.2004 n. 851; TAR Calabria
Reggio Calabria, 22.03.2007, n. 243).
Ciononostante il privato non può limitarsi a
censurare la mancata comunicazione di avvio
del procedimento, ma per ottenere
l'annullamento dell'atto deve quantomeno
indicare o allegare quali sono gli elementi
conoscitivi che avrebbe introdotto nel
procedimento qualora avesse ricevuto la
comunicazione.
A questo punto l'amministrazione sarà
gravata dal ben più consistente onere di
dimostrare che il contenuto dispositivo del
provvedimento non sarebbe mutato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 13.07.2009 n.
4354 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Stazione
appaltante - Lo stravolgimento dell'oggetto
del contratto - Non sussiste.
Non può ritenersi che le varianti approvate
dalla Stazione appaltante abbiano sforato la
soglia del quinto d'obbligo stravolgendo
l'oggetto del contratto. Una parte
consistente dell'importo costituente il
corrispettivo elle maggiori opere introdotte
dalla variante è dovuta alla sopravvenuta
necessità di procedere ad un rafforzamento
delle fondazioni a causa della "sorpresa
geologica".
Pertanto il costo non può essere conteggiato
ai fini del computo della soglia del quinto
(ex art. 10, comma 5, D.M. 245/2000) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
10.07.2009 n.
4346 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Aree
ricadenti nel Piano di zona - Assegnazione
diritto di proprietà - Criteri.
Tenuto conto della duplice funzione dei
piani di zona (dare attuazione alle
previsioni contenute nei piani urbanistici
generali e una funzione più generale di
carattere sociale ed economico), appare
evidente che il criterio adottato
dall'amministrazione, ai fini
dell'aggiudicazione della gara per
l'assegnazione del diritto di proprietà, sia
del tutto configgente con le finalità
dell'intervento, giacché maggiore è il
prezzo che i concorrenti offrono
all'amministrazione per l'acquisizione della
proprietà delle aree, maggiore sarà il
prezzo di vendita degli alloggi.
E' dunque fondata la doglianza della
ricorrente sul bando di gara che attribuisce
un punteggio per le maggiorazioni sul prezzo
di cessione delle aree offerte dai
concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
07.07.2009 n.
4312 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Impianti di
distribuzione di carburante - Installazione
Compatibilità - Valutazione NTA - Necessità.
E' errata l'affermazione secondo cui il PRG
comunale prevedendo espressamente la
realizzazione degli impianti di
distribuzione di carburante solo in alcune
zone, la vieterebbe implicitamente in tutte
le altre. E' pertanto annullato il
provvedimento del sindaco che comunicava
alla società ricorrente di non ritenere
urbanisticamente compatibile l'impianto di
rifornimento di carburante di cui la stessa
è titolare.
La compatibilità dell'impianto
con la disciplina urbanistica deve essere
valutata con esclusivo riferimento alla
normativa dettata dall'art. 40 delle NTA che
riguarda direttamente la zona in cui esso
ricade e da questa norma non è possibile
evincere alcun elemento espresso o implicito
che possa supportare la conclusione a cui è
giunto il sindaco nel provvedimento
impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
29.06.2009 n.
4203 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione per relationem - Legittimità - Omessa
allegazione atto richiamato - Irrilevanza.
Nel caso di motivazione per relationem,
l'art. 3 della legge 241/1990 non obbliga
l'Amministrazione ad accludere al
provvedimento adottato gli atti cui lo
stesso rinvia, risultando sufficiente che
tali atti siano resi disponibili
rimettendone dunque la concreta
disponibilità all'attivazione
dell'interessato a mezzo del diritto di
accesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV, sentenza 23.06.2009 n.
4258). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Inquinamento acustico - Ordinanza contingibile e urgente - Esposto di un solo
cittadino - Legittimità.
In tema di inquinamento acustico il semplice
esposto di un cittadino non impedisce al
comune di intervenire per reprimere le
violazioni attraverso l'adozione di una
ordinanza contingibile e urgente adottata ai
sensi non solo del D.Lgs. 267/2000, ma anche
dell'art. 9 della Legge quadro
sull'inquinamento acustico (Legge
4447/1999) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
22.06.2009 n.
4092 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Diritto di accesso
- Diniego - Attività di diritto privato
posta in essere da gestori di pubblico
servizio - Illegittimità.
2. Diritto di accesso
- Atto di gestione del rapporto di lavoro
privatizzato - Diniego - Illegittimità.
1. L'attività di diritto amministrativo alla
quale gli artt. 22 e 23 della legge 241 del
1990 correlano il diritto di accesso
ricomprende, non solo, quella di diritto
amministrativo, ma, anche quella di diritto
privato posta in essere da soggetti gestori
di pubblici servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione di servizio stesso,
sia collegata a quest'ultima da un nesso di
strumentalità derivante anche sul versante
oggettivo della intensa conformazione
pubblicistica.
2. Il
discrimen tra gli atti che devono
considerarsi rientranti nell'ambito
oggettivo della disciplina dell'accesso e
quelli destinati a rimanerne fuori, non va
identificato nella distinzione tra attività
posta in essere nell'esercizio di potestà
pubbliche e attività condotta secondo moduli
privatistici, bensì nella sottoposizione o
meno del soggetto preposto al suo
espletamento al dovere di imparzialità.
Tale è il caso degli atti di gestione del
rapporto di lavoro privatizzato, che hanno
natura giuridica privata ma che sono
funzionali all'interesse pubblico curato dal
datore di lavoro che rimane, così, vincolati
ai parametri costituzionali di cui all'art.
97 Costituzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
17.06.2009 n.
4061 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1. Appalto concorso - Commissione
giudicatrice - Presidente della Commissione
- Legittimazione passiva - Esclusa.
2. Progettazione esecutiva - Carenza
nell'offerta - Può seguire l'esclusione
dalla gara.
1. Così come per la Commissione, quale
organo collegiale, anche per il suo
Presidente va esclusa la legittimazione
passiva, in quanto gli atti alla cui
formazione egli ha partecipato in veste di
componente della Commissione sono
direttamente imputabili all'amministrazione,
la quale è l'unico soggetto legittimato a
contraddire (cfr. in argomento C.d.S., sez. IV, 30.12.2003 n. 9189; TAR Lazio,
sez. II, 07.11.2001, n. 9049; TAR
Sicilia Palermo, sez. I, 09.11.2005,
n. 4992).
2. Alla riscontrata carenza nell'offerta
presentata da un partecipante dei tratti
propri della progettazione esecutiva,
secondo quanto stabilito dall'art. 16, comma
5, della legge 1994 n. 109, dall'art. 35 e
seguenti del d.p.r. 1999 n. 554 e dalla lex
specialis, può seguire un provvedimento di
esclusione dalla gara, atteso che non devono
necessariamente essere assorbiti nella
valutazione tecnica correlata
all'attribuzione dei punteggi i difetti che
"implicano una vera e propria inadeguatezza
del progetto, collocandolo al disotto di una
soglia minima di idoneità tecnica" (cfr.
così testualmente C.d.S., sez. V, 06.12.1999, n. 812; in argomento si
vedano anche C.d.S., sez. VI, 24.05.1996, n.
731; C.d.S., sez. V, 03.03.2004, n. 1040;
TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 10.12.2007,
n. 2227) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 12.06.2009 n.
3983 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Principio secondo il quale non è ammesso
l'intervento ad adiuvandum da parte di chi
avrebbe avuto titolo a proporre ricorso in
proprio - Non applicabile alle associazioni
ambientalistiche.
Il principio giurisprudenziale, secondo
il quale non è ammesso nel giudizio
amministrativo d'impugnazione l'intervento
ad adiuvandum di chi avrebbe avuto titolo a
proporre ricorso in proprio, non è
rigorosamente applicabile alle associazioni
ambientalistiche, le quali agiscono in
giudizio non a tutela di un interesse
proprio e personale, bensì in quanto
individuate dall'ordinamento quali soggetti
esponenziali dei c.d. interessi diffusi,
sicché è ragionevole che a chi si trova in
tale posizione si consenta di scegliere fra
l'esercizio diretto dell'impugnativa e la
mera adesione a quella proposta da altri
(TAR Umbria, I, 20/05/2008 n. 189, nello
stesso senso CdS Ad. Plen 1/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
25.05.2009 n.
3838 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1. Controllo analogo - Sussistenza -
Presupposti.
2. Principi di cui all'articolo 87 del
Trattato e correlazione di tali principi con
i limiti che caratterizzano gli affidamenti
in house.
1. Costituisce oramai dato pacifico che per
potersi configurare un "controllo analogo"
non è sufficiente il possesso della totalità
del capitale sociale da parte dell'ente
affidatario, occorrendo, invece, che questo
disponga di penetranti poteri di ingerenza
gestionale e di controllo che superino
quelli che nell'ordinario regime societario
sono riservati all'assemblea dei soci (Cons.
Stato, sez. VI, 03.04.2007, n. 1514).
Occorre poi che dallo statuto della società
affidataria, e, in particolare dal suo
Tenendo conto di ciò la giurisprudenza ha
ritenuto necessario che lo statuto
dell'organismo in house limiti i poteri
gestionali dell'organo amministrativo,
rimettendo alla approvazione dell'ente
controllante gli indirizzi strategici e le
decisioni più importanti (C. Giust. CE: 10.11.2005, C-29/04, 13.10.2005,
C-458/03, 11.05.2006, C 340/04).
Inoltre, si è affermato che il controllo
analogo non possa essere riconosciuto
qualora lo statuto preveda una pluralità di
oggetti ed ambiti di intervento dai quali si
possa evincere che la società ha assunto una
chiara vocazione commerciale.
Invero, il controllo analogo presuppone la
sussistenza di una specifica relazione
"organizzativa" che limiti dall'interno
l'autonomia dell'organismo in house. Questo,
in altre parole, si trova a non poter
esercitare i pieni poteri decisionali che
normalmente competono ad ogni entità dotata
di personalità giuridica in forza di
restrizioni che investono a livello genetico
la sua stessa soggettività, e non, invece,
in ragioni di limitazioni contrattuali
volontariamente accettate.
Le limitazioni contrattuali riguardano,
infatti, lo svolgimento del servizio, mentre
il controllo analogo investe le decisioni
dell'organismo controllato nella loro
totalità.
A ciò si aggiunga che l'esistenza di
penetranti poteri di controllo di natura
negoziale sullo svolgimento del servizio
affidato connota le più disparate figure
contrattuali (come, ad esempio, i
disciplinari accessivi a rapporti
concessori) e non è affatto indicativa della
esistenza di un rapporto "interorganico"
quale è quello che contraddistingue la
fattispecie dell'"in house".
Come questa Sezione ha già avuto occasione
di precisare, la verifica del controllo
analogo deve effettuarsi sul piano
dell'esistenza di previsioni che
conferiscano all'ente locale affidante
poteri di controllo nell'ambito in cui si
esplica l'attività decisionale della società
affidataria tramite gli organi di questa:
poteri che si esplichino non solo in forma
propulsiva, sub specie di proposte da
portare all'ordine del giorno di detti
organi, ma anche -e principalmente- poteri
di inibizione di iniziative o decisioni che
contrastino con gli interessi dell'Ente
locale nel cui territorio si esplica il
servizio, quali rappresentati dall'Ente
stesso con le suindicate proposte.
Occorre, inoltre, che i predetti poteri
inibitivi siano esercitabili dall'Ente
pubblico come tale, a prescindere dalla
misura della partecipazione di esso al
capitale della società affidataria, ma per
il semplice fatto che l'Ente, nel cui
territorio si svolge il servizio, consideri
le deliberazioni o le attività societarie
contrastanti con i propri interessi ed abbia
per tal ragione il potere di paralizzare le
suddette deliberazioni e attività.
2. I finanziamenti in qualsiasi forma
erogati ad enti che gestiscono servizi
pubblici in regime di concorrenza, incorrono
nel divieto di aiuti di stato sancito
dall'art. 87 del trattato, salvo che
rappresentino la contropartita delle
prestazioni fornite dalle imprese
beneficiarie per adempiere obblighi di
servizio pubblico ed a condizione che i
parametri sulla base dei quali viene
calcolata la compensazione siano stati
previamente definiti in modo obiettivo e
trasparente e che essa non ecceda quanto
necessario per coprire interamente o in
parte i costi originati dall'adempimento
(Corte Giustizia 24/07/2003 C 280/00).
Ed ancora si è deciso che l'attribuzione
alle imprese incaricate della gestione di
servizi di interesse economico generale di
diritti esclusivi che possono comportare
restrizioni della concorrenza, o l'esclusione di qualsiasi concorrenza da parte
di altri operatori economici, può essere
consentita dal diritto comunitario nei
limiti in cui ciò rappresenti una misura
necessaria per garantire l'adempimento
della loro specifica funzione (Corte
Giustizia CE 19/05/1993 n. 320).
Più di recente la giurisprudenza
amministrativa ha messo in correlazione tali
principi con i limiti che caratterizzano gli
affidamenti in house.
Si è affermato in proposito che
l'affidamento diretto del servizio
garantisce all'impresa affidataria
l'acquisizione di contratti al di fuori del
circuito del mercato con conseguente
attribuzione alla stessa di una posizione di
ingiusto privilegio rispetto alle imprese
concorrenti (CdS Ad Plen 1/2008).
Si è quindi osservato che in tale situazione
è ravvisabile una forma di "aiuto di stato"
vietata dall'art. 87 del trattato CE, atteso
che il vantaggio economico in cui la misura
di favore può concretarsi non
necessariamente deve consistere in un
contributo, sussidio o agevolazione fiscale,
ma può consistere anche nella garanzia di
"una partecipazione sicura al mercato a cui
-essa- appartiene" (CGARS, 04/09/2007 n.
719, Corte Giustizia CE 18/12/2007 C 220/06
punto n. 62). L'affidamento diretto,
infatti, in virtù del meccanismo delle
economie di scala, assicura all'impresa
beneficiaria la possibilità di una copertura
totale o parziale dei costi di impresa
mediante i proventi del servizio affidatole
senza gara, consentendole così di realizzare
maggiori margini di profitto o di offrire
prezzi di maggior favore quando essa opera
nei confronti dell'utenza ordinaria (CGARS
719/2007 cit.).
In conseguenza di ciò si è ritenuto che
anche il requisito dello svolgimento della
attività prevalente nei confronti dell'ente
affidatario debba essere interpretato in
modo rigoroso, come tendenziale esclusività
dell'attività economica della società
affidataria nei confronti dell'ente
azionista, potendo avere ogni altra attività
solo carattere "marginale" (Corte Giustizia
CE 17/07/2008 C. 371/05) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
25.05.2009 n.
3838 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Ricorso contro il rifiuto di accesso
meramente confermativo di un precedente
diniego - Inammissibile.
2. Autore di un esposto al quale ha fatto
seguito un procedimento disciplinare a
carico di terzi - Circostanza che lo
legittima all'accesso agli atti del
procedimento disciplinare.
1. E' oramai consolidato l'indirizzo
giurisprudenziale che ritiene inammissibile
il ricorso proposto contro il rifiuto,
espresso o tacito, di accesso a documenti
amministrativi meramente confermativo di un
precedente diniego non tempestivamente
impugnato dall'interessato, potendo
quest'ultimo reiterare l'istanza solo in
presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o non,
non rappresentati nell'originaria istanza, o
anche a fronte di una diversa prospettazione
dell'interesse giuridicamente rilevante,
cioè della posizione legittimante all'accesso (Cons. Stato, V, 10/02/2009 n. 742).
2.
La qualità di autore di un esposto al quale
abbia fatto seguito un procedimento
disciplinare a carico di terzi è circostanza
idonea, unitamente ad altri elementi, a
radicare nell'autore del medesimo la
titolarità di una situazione giuridicamente
rilevante ai sensi dell'art. 22 della L.
241/1990 che lo legittima a richiedere
l'accesso agli atti del procedimento
disciplinare che da esso a tratto origine
(Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.
7 del 2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 13.05.2009 n.
3783 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Mancata comunicazione dell'avvio del
procedimento - Il privato deve quantomeno
indicare o allegare quali siano gli elementi
conoscitivi che avrebbe introdotto nel
procedimento ove avesse ricevuto la
comunicazione.
E' stato convincentemente affermato in
giurisprudenza che, se è vero che la norma
di cui all'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241
del 1990 pone in capo all'amministrazione (e
non del privato) l'onere di dimostrare, in
caso di mancata comunicazione dell'avvio,
che l'esito del procedimento non poteva
essere diverso, tuttavia, onde evitare di
gravare la p.a. di una probatio diabolica
(quale sarebbe quella consistente nel
dimostrare che ogni eventuale contributo
partecipativo del privato non avrebbe mutato
l'esito del procedimento), risulta
preferibile interpretare la norma in esame
nel senso che il privato non possa limitarsi
a dolersi della mancata comunicazione di
avvio, ma debba anche quantomeno indicare o
allegare quali sono gli elementi conoscitivi
che avrebbero introdotto nel procedimento
ove avesse ricevuto la comunicazione.
Solo
dopo che il ricorrente ha adempiuto questo
onere di allegazione (che la norma
implicitamente pone a suo carico), la p.a.
sarà gravata del ben più consistente onere
di dimostrare che anche ove quegli elementi
fossero stati valutati, il contenuto
dispositivo del provvedimento non sarebbe
mutato (Consiglio Stato, sez. VI,
29.07.2008, n. 3786) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 13.05.2009 n.
3721 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 50 e 54
T.U.E.L. - Presupposti - Individuazione.
2. Sindaco - Ordinanze contingibili ed urgenti - Ex artt. 50 e 54
T.U.E.L. - Oggetto - Limitazione a
specifiche materie - Sussiste.
1. L'adozione di ordinanze contingibili ed
urgenti ex artt. 50 e 54 del T.U. delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali,
presuppone la sussistenza di situazioni di
pericolo e di urgenza, tali da non
consentire di provvedere nelle forme
ordinarie ed è limitata alle ipotesi di
emergenze sanitarie o di igiene pubblica
(art. 50, comma 5, T.U.E.L.,) o a prevenire
ed eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini (art. 54, comma
2).
Ne consegue che, trattandosi di attività provvedimentale
extra ordinem, derogatoria
al principio di tipicità degli atti
amministrativi, essa è strettamente limitata
alle materie specificatamente indicate dalla
legge e postula, altresì, una attenta
valutazione della emergenza in questione ed
una approfondita motivazione in ordine alla
sussistenza ed alla consistenza del pericolo
e alle ragioni che giustificano la deroga
alle ordinarie regole procedimentali.
2. Il Sindaco, quale ufficiale del Governo,
può adottare, con atto motivato e nel
rispetto dei principi generali
dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili
e urgenti in materia di sanità ed igiene,
edilizia e polizia locale al fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini;
pertanto, il potere di ordinanza del sindaco
è soggetto a precise limitazioni di materia,
in quanto l'intervento deve avere ad oggetto
interessi connessi alla sanità, all'igiene,
all'edilizia ed alla polizia locale, e di
scopo, atteso che dette ordinanze possono
essere emanate al particolare fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
04.05.2009 n.
3601 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 21.12.2009 |
ã |
"Un
saggio non dice tutto quello che pensa ma pensa a
tutto quello che dice" (Aristotele)
Buon Natale a Tutti. |
UTILITA' |
PUBBLICO IMPIEGO: Il
sito web punto di ritrovo per tutti i
pubblici dipendenti che vorrebbero cambiare
posto di lavoro con l'istituto della
mobilità
(link a
www.impi.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sulla questione se occorra o meno
il parere preventivo dell'ASL sulle pratiche
edilizie.
Forse, possiamo mettere la parola FINE ai
dubbi (per lo meno di chi scrive) che
sorgevano ogni qualvolta l'Ufficio Tecnico
Comunale doveva rilasciare un permesso di
costruire per interventi di edilizia non
residenziale piuttosto che istruire un piano
attuativo per l'adozione/approvazione da
parte del Consiglio Comunale o Giunta che
sia.
Sono stati posti precisi quesiti all'ASL di
Bergamo la quale, di concerto con la
Direzione Sanità della Lombardia, ha
risposto in maniera chiara ed esaustiva,
ponendo gli operatori del settore nella
certezza giuridica del proprio operato.
La risposta fornita (nota
15.12.2009 n. 184451 di prot.)
discende dalla combinata lettura delle
disposizioni di cui alle LL.RR. n. 12/2005,
n. 1/2007 e n. 8/2007.
Il chiarimento suddetto si è reso necessario
anche alla luce di comportamenti difformi
-in merito alla questione- fra le varie ASL
lombarde.
Per maggiori dettagli si può anche
consultare la pagina web della Regione
Lombardia dedicata al "FAQ:
risposte alle domande più frequenti"
proprio in relazione ai dubbi applicativi di
cui alle LL.RR. n. 1/2007 e n. 8/2007. |
EDILIZIA
PRIVATA: Lombardia,
Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il
31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere
dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file
1 -
file 2).
ATTENZIONE:
se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la
suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà
applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno
2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per
adottare la determinazione nell'intento di avere una
maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché
"l'indice di costo di costruzione di un
fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è
in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la
pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il
rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova
base" (comunicato
ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de
qua prima di dimenticarsi ... |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Dall’INAIL l’ABC della sicurezza sul lavoro.
L’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazione
contro gli Infortuni sul Lavoro, ha
realizzato una pubblicazione dal titolo
"Straniero, non estraneo - ABC della
sicurezza sul lavoro".
Il manuale è destinato in particolare ai
lavoratori migranti che sono generalmente
più esposti ai rischi lavorativi dei
colleghi italiani
(link a
www.acca.it). |
PUBBLICO IMPIEGO - VARI:
Disponibile una pubblicazione dell'INAIL
sulla prevenzione dei rischi da posture
incongrue prolungate.
L’INAIL ha realizzato una pubblicazione
sulla prevenzione dei rischi da posture
incongrue prolungate.
Il lavoro, che nasce da un'indagine
effettuata sui lavoratori di un call center,
individua le patologie più ricorrenti presso
questa categoria di lavoratori con
particolare riguardo alle patologie muscolo
scheletriche (link a
www.acca.it). |
QUESITI & PARERI |
ENTI LOCALI:
Assimilabilità convenzione
stipulata tra ente e privato. Contratto di
servizio.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che l’ente rappresentato, in collaborazione
con la Comunità montana, ha realizzato un
impianto di teleriscaldamento a cippato di
legna. Il servizio di produzione e
distribuzione calore è gestito da una
società a responsabilità limitata a
prevalente capitale pubblico, con il 77%
delle quote sociali detenute dal Comune.
La società è stata costituita nell’anno
2000, con la scelta di socio operativo
privato tramite gara ad evidenza pubblica.
Oggetto della selezione concorsuale fu
l’affidamento del completamento
dell’impianto ed il servizio di produzione e
distribuzione del calore ad operatore
economico (socio operativo) in possesso dei
requisiti necessari.
Lo statuto della società riservava al Comune
di (omissis) una quota non inferiore al 51%,
mentre la convenzione prevedeva che, decorsi
dieci anni dall’entrata in funzione
dell’impianto, lo stesso transitasse nel
patrimonio della costituenda società.
Il sindaco esprime oggi la volontà di cedere
(in tutto o in parte) le quote dell’ente,
mantenendo in capo al Comune la proprietà
delle reti e degli impianti, in applicazione
della sostituzione operata con l’art. 35
della legge 28.12.2001, n. 448, dell’art.
113 del TUEL, approvato con D.Lgs.
18.08.2000, n. 267.
La prima preoccupazione espressa dal sindaco
riguarda le pretese che il privato può
vantare nell’operazione che si intende
effettuare, tenuto conto di quanto stabilito
nella bozza di convenzione (parte integrante
dei documenti di gara) e nello statuto.
In appresso si richiedono chiarimenti
sull’alienazione delle quote e sul relativo
procedimento amministrativo.
Infine si sollecita il parere del consulente
sulla assimilabilità della convenzione
stipulata tra ente e socio privato al
contratto di servizio, al fine di stabilire
il regime transitorio da applicare, in
attuazione di quanto disposto dall’art. 15
del D.L. 25.09.2009, n. 135 (Regione
Piemonte,
parere n.
129/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Inquadramento categoria personale
dipendente.
Il Comune di (omissis) avente popolazione
inferiore ai 5000 abitanti ha solo personale
di qualifica “C“ al quale sono assegnate le
posizioni organizative.
Per sopperire alla carenza di personale
apicale nell’ambito della struttura tecnica,
l’Amministrazione intende avvalersi della
facoltà di cui al comma 557 dell’art. 1
della legge 311/2004, ricorrendo alle
prestazioni lavorative di personale tecnico
(ascritto in qualifica “D” e dipendente con
rapporto a tempo pieno in altro Ente Locale)
mediante apposito contratto di lavoro
subordinato.
A tal fine chiede se in relazione
all’incarico di Responsabile della struttura
di riferimento, l’interessato possa essere
inquadrato, previo consenso dello stesso, in
cat. “C” inferiore alla posizione giuridica
ricoperta nell’Ente di appartenenza, stante
l’esigenza di garantire uniformità rispetto
all’assetto dotazionale ed organizzativo
adottato in questo Comune (Regione Piemonte,
parere n.
120/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Incarico professionale.
Si chiede
un parere circa la legittimità, o meno,
dell’assunzione da parte del tecnico
estensore del P.R.G.C. di incarichi
professionali commissionati da privati,
attinenti alla presentazione di D.I.A.,
domande di permessi di costruire o P.E.C., e
se eventuali motivi ostativi possano essere
circoscritti al periodo di adozione e/o
approvazione definitiva del P.R.G. e delle
eventuali varianti al medesimo (Regione
Piemonte,
parere n.
111/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO: Procedimenti
disciplinari, novità non retroattive.
Circolare sulla riforma introdotta dal dlgs
150/2009.
Sui procedimenti disciplinari nei confronti
dei dipendenti pubblici e sui rapporti tra
lo stesso procedimento e quello penale, la
data del 16.11.2009, quale entrata in vigore
del decreto legislativo n. 150/2009, fa da
spartiacque. Stante, infatti, l'assenza di
una specifica disciplina transitoria e in
ossequio al principio civilistico secondo il
quale la legge non dispone che per
l'avvenire, le nuove norme sul procedimento
disciplinare si applicano dopo l'entrata in
vigore della riforma Brunetta. Per i
procedimenti già in itinere a questa data,
invece, continueranno ad applicarsi le
precedenti fonti di legge e di contratto
collettivo.
A chiarirlo è lo stesso ministro della
funzione pubblica, Renato Brunetta, che ha
deciso di rispondere, con la
circolare 27.11.2009 n. 9, alle
numerose richieste di chiarimento sul punto
formulate dalle pubbliche amministrazioni.
In particolare, le disposizioni ex artt.
55-bis e 55-ter del dlgs n. 165/2001,
introdotti dall'articolo 79 del citato
decreto di riforma, hanno posto «problemi
di prima applicazione con riferimento ai
procedimenti già avviati prima dell'entrata
in vigore della nuova normativa».
Innanzitutto, scrive Brunetta, non c'è una
disciplina transitoria. Motivo per cui, ci
si deve riallacciare alla disciplina
civilistica, secondo cui «la legge, in
assenza di esplicite previsioni, non dispone
che per l'avvenire». Pertanto, possono
rilevarsi due distinte situazioni. La prima,
quella in cui gli organi titolari
dell'azione disciplinare vengono a
conoscenza dell'infrazione commessa dal
dipendente pubblico dopo l'entrata in vigore
del dlgs n.150/2009. L'altra, ovviamente,
quella in cui la conoscenza dell'infrazione
avviene in data successiva. Nel primo caso,
nessun motivo ostativo al che le nuove
norme, disciplinate dagli articoli 55-bis e
55-ter del dlgs n. 165/2001 si applichino
integralmente. Ma, il problema, se così può
dirsi, rileva nel secondo caso. Qui, il
presupposto rilevante per l'avvio del
procedimento si è verificato prima del
16/11/2009. Quindi, evidenzia la funzione
pubblica, per quanto riguarda la disciplina
procedurale, sia dello svolgimento del
procedimento disciplinare sia per i rapporti
tra questo e il procedimento penale, «continuerà
a farsi applicazione delle precedenti fonti
di legge e di contratto collettivo».
Casi particolari.
L'applicazione del regime precedente ai
procedimenti disciplinari, comporta anche la
possibilità di ricorrere al cosiddetto
patteggiamento (il vecchio art. 55, comma 6
del dlgs n. 165/2001). Una facoltà che, dal
16/11/2009, non potrà più essere esercitata
in quanto non più richiamata dalla legge di
riforma che prevede invece l'istituto della
«conciliazione non obbligatoria»
(tranne per i casi di licenziamento
immediato).
Ebbene, rileva la circolare, la peculiarità
di questo istituto innovativo è che la
sanzione «concordemente determinata» non
potrà essere diversa da quella prevista
(dalla legge o dal contratto collettivo) per
l'infrazione per la quale si procede.
Allora, scrive Brunetta, «in questo
momento storico di transizione», si
ritiene utile sottolineare il principio
dell'immutabilità secondo il quale «sarebbe
opportuno che le amministrazioni, qualora
facessero ricorso al patteggiamento,
mantenessero la medesima tipologia di
sanzione».
Impugnazioni.
Qui non opera alcun regime previgente.
L'articolo 73, comma 1 del dlgs n. 150/2001
esclude, infatti, che le sanzioni
disciplinari possano impugnarsi dinanzi ai
collegi arbitrali di disciplina, tranne
quelli che, al 16/11/2009 erano già avviati
e per i quali Brunetta auspica «una celere
conclusione».
Stesso discorso per la facoltà di
impugnazione delle sanzioni disciplinari di
fronte all'arbitro unico (Ccnq del
23/1/2001). Benché lo stesso non venga
nominato nell'impianto normativo, la
circolare evidenzia che l'articolo 55, comma
3, del nuovo dlgs n. 165/2001 dispone che «la
contrattazione collettiva non può istituire
procedure di impugnazione dei provvedimenti
disciplinari» (articolo ItaliaOggi
dell'01.12.2009, pag. 26). |
ENTI LOCALI: Brunetta
riordina il web della p.a.. Una direttiva di
palazzo Vidoni impone l'utilizzo del
suffisso gov.it e l'eliminazione dei siti
inutili. Un dominio unico per i portali
della pubblica amministrazione.
Siti e portali internet della pubblica
amministrazione dovranno essere identificati
esclusivamente con il dominio «gov.it».
Pertanto, le amministrazioni pubbliche,
qualora intendano mantenere attivi tutti i
siti internet istituzionali sinora
registrati senza tale dominio, dovranno
provvedere all'integrazione in tal senso nel
più breve tempo possibile, eliminando, al
contempo, tutti i siti attivati sino ad
oggi, non più ritenuti utili, affinché non
siano raggiungibili dai cittadini né
direttamente né per il tramite dei motori di
ricerca.
E' quanto messo nero su bianco nella
direttiva 26.11.2009 n. 8/2009
del ministro della funzione pubblica, Renato
Brunetta, con la quale si intende operare
una drastica razionalizzazione dei siti web
delle pubbliche amministrazioni così da
migliorare i servizi e le informazioni che
vengono rese al cittadino attraverso la
comunicazione internet.
Da anni, ormai, uno dei principali strumenti
che le amministrazioni pubbliche utilizzano
per «veicolare» le informazioni ed i servizi
resi ai cittadini è quello del sito web
istituzionale. Ma fino ad oggi, si legge
nella direttiva, la loro realizzazione «è
nata dalla singola iniziativa con modalità
spesso eterogenee».
Il ministro Brunetta si riferisce
soprattutto al fatto che in questi anni si è
verificata la registrazione e la creazione
di siti web per specifici progetti che non
hanno avuto una correlazione col sito
internet istituzionale della pubblica
amministrazione. Senza dimenticare il fatto
che la p.a. creatrice del sito non ha poi
provveduto alla rimozione del sito anche
dopo la chiusura del progetto o
dell'iniziativa. Inoltre, molti siti web che
hanno visto la luce in questi anni non
sempre sono «immediatamente
identificabili» con l'amministrazione
pubblica che lo ha realizzato.
Infine, Brunetta lamenta che oggi vige
l'assenza di regole e di criteri per il
trattamento dei contenuti da dichiarare
obsoleti. Cosicché il cittadino spesso si
imbatte in pagine internet su siti pubblici
che non sono né validi né aggiornati.
Pertanto, è lo scopo della direttiva,
occorre fissare delle regole in merito al
corretto uso della rete da parte delle
amministrazioni pubbliche.
Un primo paletto, quello fondamentale, è che
tutte le amministrazioni pubbliche che
intendono «essere presenti» su
internet dovranno dotare il proprio sito del
dominio «gov.it». Questo dominio costituisce
l'unico punto di «riconoscibilità,
usabilità e accessibilità» in quanto
permette al cittadino di rendersi
immediatamente conto che si trova davanti ad
un sito della pubblica amministrazione.
Ne consegue che tutte le amministrazioni
dovranno al più presto effettuare una
ricognizione dei siti che intendono
mantenere attivi (cioè rintracciabili sulla
rete) e provvedere alla loro iscrizione con
il dominio «gov.it». L'obiettivo è quello di
sviluppare, promuovere e diffondere un
accesso diretto, semplificato e
qualitativamente valido alle informazioni
che, attraverso il mezzo telematico, vengono
rese all'utenza. Al contempo, tutti i vecchi
siti internet, per i quali le stesse
amministrazioni pubbliche proprietarie non
ritengono più opportuno il loro
mantenimento, dovranno essere cancellati,
così da non permettere il loro
raggiungimento da parte dei cittadini, né
direttamente né attraverso i motori di
ricerca più diffusi.
Le p.a. dovranno rendere noto al dicastero
della Funzione Pubblica l'elenco dei siti
che intendono dismettere. Attraverso
apposite linee guida, pubblicate sul sito
internet istituzionale della funzione
pubblica (www.innovazionepa.gov.it), palazzo
Vidoni assicura una «guida organica»
sulle modalità di riduzione previste dalla
direttiva in esame, svolgendo altresì una
funzione di monitoraggio dei siti pubblici
al fine di valutarne periodicamente
l'utilizzo e l'efficienza dei servizi e la
relativa qualità
(articolo ItaliaOggi dell'01.12.2009, pag.
26). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
P. Dell'Anno,
SANATORIA URBANISTICA E VINCOLI DI TUTELA
AMBIENTALE (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
P. A. De Santis,
QUOUSQUE TANDEM, CATILINA, ABUTERE
PATIENTIA NOSTRA? SUL CONCETTO DI
«NORMALE TOLLERABILITÀ» DELLE IMMISSIONI
ACUSTICHE ALLA LUCE DELLA L. N. 13 DEL 2009
(link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Amendola,
CHI TRASPORTA SALTUARIAMENTE RIFIUTI PROPRI
DEVE ESSERE ISCRITTO ALL’ALBO?
(link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Bellomo,
SMALTIMENTO ABUSIVO DI RIFIUTI SPECIALI
ALTAMENTE PERICOLOSI TRA LACUNE LEGISLATIVE
E SUPPLENZA DEL GIUDICE (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
T. Granata,
Terre e rocce da scavo: rifiuti o non
rifiuti, il dilemma risolto?
(link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G. Mengoli,
Il mutamento d'uso senza opere nel Veneto è
subordinato alla DIA o, in ogni caso, a un
altro titolo edilizio?
(link a
http://venetoius.myblog.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: V.
Italia,
LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA - Guida
operativa per i Dirigenti degli Enti locali
(link a
www.nuovarassegna.it). |
APPALTI:
Torna l’arbitrato negli appalti pubblici
(link a
www.mediagraphic.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO: Brunetta
contro i falsi malati. Il ministro firma il
decreto dopo che per il quarto mese
consecutivo sono cresciute le assenze. Le
fasce di reperibilità passano da quattro a
sette ore.
Le assenze per malattia nella p.a.
continuano ad aumentare e la Funzione
pubblica corre ai ripari. Dalla prossima
settimana scatteranno le nuove fasce orarie
di reperibilità per le visite mediche di
controllo dei dipendenti pubblici in
malattia. Dalle attuali quattro ore le nuove
fasce saranno estese a sette (dalle 9.00
alle 13.00 del mattino e dalle 15.00 alle
18.00 della sera).
Ieri il ministro Renato Brunetta ha firmato
la versione definitiva del decreto che sarà
pubblicato in Gazzetta Ufficiale la prossima
settimana.
Il dietrofront di palazzo Vidoni si è reso
necessario dopo che per il quarto mese
consecutivo le assenze per malattia hanno
fatto segnare un significativo rialzo, solo
in parte spiegato dal picco influenzale.
Il primo campanello d'allarme era suonato ad
agosto quando le assenze per malattia erano
cresciute del 16,7% rispetto allo stesso
periodo del 2008. Un dato difficile da
spiegare, soprattutto in periodo estivo, che
era stato letto dalla Funzione pubblica come
il segno di un «aggiustamento dei
comportamenti individuali» dopo un lungo
periodo di consistente diminuzione delle
assenze (-39,6% dall'entrata in vigore della
legge 133/2008).
Ma dopo gli incrementi dei giorni di
malattia fatti segnare a settembre (+24,2%),
ottobre (+21% al netto dell'influenza) e
novembre 2009 (+20% al netto dell'influenza)
il ministro si è convinto che «l'assenteismo
opportunistico» dei dipendenti pubblici è
ripreso.
Di qui la decisione di tornare parzialmente
all'antico sulla reperibilità, visto che le
nuove fasce sono comunque più favorevoli
rispetto alle undici ore (8.00-13.00 e
14.00-20.00) applicate sino a giugno scorso
quando Brunetta aveva deciso, portandole a
quattro (con il decreto legge n. 78/2009,
convertito nella legge n. 102/2009) di dare
un segnale di fiducia ai dipendenti statali.
Brunetta non ha difficoltà ad ammettere
l'errore di valutazione. «Da luglio in
poi ho cambiato le fasce di reperibilità,
riportandole a quattro ore, pensando che il
fenomeno dell'assenteismo fosse ormai sotto
controllo e si fosse assestato», spiega.
«Così non era e per questo ho deciso di
estendere la fascia delle viste fiscali a
sette ore. La battaglia continua e già da
gennaio conto di ritornare a un andamento
fisiologico virtuoso».
In ogni caso, l'effetto Brunetta, per quanto
sembri essersi arrestato, rimane ancora
«sensibile»: il confronto tra il periodo
giugno-novembre 2009 e gli stessi mesi del
2007, quando la legge contro l'assenteismo
non era ancora in vigore, indica un -29,9%.
La stretta in arrivo non graverà sui malati
oncologici, o comunque con patologie gravi
che richiedono terapie salva-vita, e sui
malati per causa di servizio.
Da gennaio, ha ricordato inoltre Brunetta, «partirà
un'altra rivoluzione» con il via alla
trasmissione telematica dei certificati
medici all'Inps, per tutti i dipendenti,
pubblici e privati. «Si tratta di 15
milioni di lavoratori dipendenti», ha
sottolineato Brunetta, «il che vuol dire
abbattere tempi e costi sui 150-200 milioni
di certificati prodotti ogni anno
(considerando una media di 10 giorni di
malattia pro capite) e «far risparmiare
2-3 mila impiegati all'Inps che non
archivieranno più certificati inutili ma
svolgeranno un'altra mansione». Per
alcuni mesi varrà il doppio canale, cartaceo
e telematico, per poi arrivare, almeno
questo è l'obiettivo di Brunetta, al 70-80%
di certificati on-line dalla metà dell'anno
prossimo.
Alla Cgil l'aumento delle fasce di
reperibilità non va giù. «Si colpisce il
diritto alla salute di tutti i lavoratori
della pubblica amministrazione invece di
colpire, con controlli mirati, chi si
assenta dal lavoro ingiustamente», ha
commentato Michele Gentile, responsabile del
dipartimento settori pubblici della Cgil
nazionale. Pronta la replica del ministro
secondo cui si tratta di «una misura
necessaria» (articolo ItaliaOggi del
19.12.2009, pag. 25). |
ENTI LOCALI: Albo
pretorio on-line: in affanno. La Gazzetta
ufficiale del comune diventerà virtuale.
Regolamenti interni per evitare il caos.
Partenza dal 2010 ma mancano tutte le
modalità attuative.
Rush finale
con affanno per l'albo pretorio virtuale
delle p.a. Deve partire dal 1° gennaio 2010,
ma la norma di riferimento (articolo 32
della legge 69/2009) non specifica le
modalità attuative. Da qui i dubbi sui
parametri tecnici standard per garantire
effettività e genuinità delle pubblicazioni:
formato dei file, uso di firma digitale,
possibilità di compresenza dell'albo
cartaceo, individuazione responsabilità,
modalità di compilazione del registro delle
pubblicazioni, stesura dell'attestazione di
avvenuta pubblicazione, rispetto della
tutela della riservatezza. In assenza di
specifiche norme di riferimento risulta
essenziale che le amministrazioni,
attualmente alle prese, soprattutto quelle
locali, con proposte commerciali di acquisto
di software appositi, si dotino di
regolamenti interni che chiariscano
normativamente le condizioni della
pubblicazione sull'albo virtuale.
Dal 1° gennaio 2010 solo questa
pubblicazione avrà valore di legge e non si
tratta della semplice trasposizione dei
documenti o del contenuto dei documenti sul
sito del comune. Un conto è, infatti, la
pubblicità cosiddetta «notizia», che non
produce effetti legali, altro conto è la
pubblicità legale, da cui scattano ad
esempio termini di legge, compresi quelli
previsti per impugnare gli atti.
Vediamo dunque che cosa prescrive il citato
articolo 32.
A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi
di pubblicazione di atti e provvedimenti
amministrativi aventi effetto di pubblicità
legale si intendono assolti con la
pubblicazione nei propri siti informatici da
parte delle amministrazioni e degli enti
pubblici obbligati. Dalla stessa data le
pubblicazioni effettuate in forma cartacea
non hanno effetto di pubblicità legale. Una
diversa decorrenza (1° gennaio 2013) è
prevista per la pubblicazione con effetti
legali su internet (con abbandono della
pubblicazione cartacea) per atti e
provvedimenti concernenti procedure ad
evidenza pubblica o i propri bilanci.
Dunque dal 2010 vanno obbligatoriamente
pubblicati su internet tutte le
deliberazioni del comune e della provincia e
anche tutte le deliberazioni degli altri
enti locali, le affissioni matrimoniali, e
tutte gli atti o provvedimenti
amministrativi, la cui pubblicazione sia
prevista per legge.
Cerchiamo di analizzare bene gli effetti
della norma e di risolvere nell'immediato
alcuni aspetti dubbi.
La disposizione disciplina le forme di
pubblicazione degli atti e provvedimenti,
riservando gli effetti legali solo alla
pubblicazione in rete. Questo significa che,
allo stato, rimane come originale il
documento cartaceo, di cui, appunto, cambia
la modalità di diffusione legale.
L'atto o provvedimento va sull'albo pretorio
virtuale, senza modifiche alla disciplina
giuridica. Ad esempio le deliberazioni
devono rimanere all'albo virtuale per 15
giorni, trascorsi i quali diventano
esecutive: alla scadenza vanno rimosse
dall'albo pretorio virtuale (anche se
possono rimanere nell'archivio on line, con
mera funzione di documentazione, codice
della privacy permettendo, secondo le linee
guida del Garante del 2007). Si deve
garantire la genuinità del testo e la non
modificabilità da parte degli utenti (da qui
la preferenza per formati pdf o jpg o
comunque per soluzioni tecniche che arginino
la possibile manipolazione del testo).
È opportuno che l'ente nomini uno o più
responsabili-incaricati del trattamento ad
hoc, con il compito di garantire la
decorrenza della pubblicazione virtuale e
l'avvenuto compimento della stessa oltre che
il funzionamento del sito. Qualora per
qualche motivo la pubblicazione non abbia
avuto luogo (ad esempio per problemi di
linea) occorre che si provveda reiterando la
pubblicazione stessa. Se ci si rivolge a
soggetti esterni, che trattano i dati,
occorre che gli stessi siano nominati
responsabili del trattamento.
Da ricordare che se si conserva l'albo
cartaceo (con mera funzione di pubblicità
notizia, magari al fine di dare una
possibilità di conoscenza a chi non ha il
computer o il collegamento a internet) si
deve sottolineare con appositi avvisi che
l'unica pubblicazione con valore legale è
quella su internet. In ogni caso è meglio
non creare confusione con periodi di
pubblicazione diversi tra pubblicazione
cartacea e virtuale.
Con il nuovo sistema, poi, è possibile che
ogni ufficio dell'ente curi le proprie
pubblicazioni (caricando atti e
provvedimenti su internet) anziché
rivolgersi all'unico ufficio dell'albo
pretorio (curato nei comuni in genere dai
messi). Anche di questo è opportuno dare
conto in un apposito regolamento (di
competenza della giunta degli enti locali).
Problema specifico riguarda le
determinazioni dei dirigenti, per i quali
l'art. 124 del Testo unico degli enti locali
non prevede espressamente la pubblicazione
(imposta invece dal Consiglio di stato), per
le quali, atteso che non necessitano di
pubblicazione per divenire esecutive (si
veda l'art. 151 Tuel), è lo statuto
dell'ente che può disporre se e come
pubblicarle (ad esempio mediante
pubblicazione parziale o solo dell'elenco).
Per gli atti soggetti a pubblicazione,
infine, va ricordato che per contare i
termini di decadenza per impugnare gli atti
occorrerà fare riferimento alla scadenza
della pubblicazione virtuale (art. 21 legge
Tar n. 1034/1971)
(articolo ItaliaOggi del 09.12.2009, pag.
19). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sul requisito della regolarità
contributiva ai fini della partecipazione ad
una gara. La consapevolezza della mancata
correttezza contributiva al momento della
richiesta di partecipazione connota di
gravità la violazione.
La regolarità contributiva costituisce
requisito sostanziale di partecipazione alla
gara, avendo il legislatore ritenuto tale
regolarità indice dell'affidabilità,
diligenza e serietà dell'impresa e della sua
correttezza nei rapporti con le maestranze.
Ne consegue che la piena verifica in merito
alle relative dichiarazioni rientra nei
poteri officiosi della stazione appaltante,
sia in relazione alle specifiche previsioni
del Codice dei contratti, sia con riguardo a
più generali canoni dell'azione
amministrativa (D.P.R. n. 445/2000 in
materia di documenti amministrativi e art. 6
della legge n. 241/1990).
La consapevolezza della mancata correttezza
contributiva al momento della richiesta di
partecipazione connota di gravità tout court
la violazione, essendo la ricorrente
onerata, al momento della domanda di
partecipazione, e proprio al fine di evitare
false dichiarazione, di rappresentare
l'eventuale insoluto, la sua entità e le
ragioni che l'avessero determinato, al fine
di instaurare, essa stessa, un
contraddittorio sul punto onde consentire
alla stazione appaltante di escludere la
gravità e definitività della violazione che
comunque, indiscutibilmente, alla data di
presentazione della domanda sussisteva.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, con
la deliberazione n. 28 del 06.02.2007, pur
ribadendo l'indirizzo tradizionale secondo
cui la semplice menzione nel DURC
dell'assenza della regolarità contributiva
non può condurre di per sé all'esclusione
dell'impresa risultata non in regola, ha
ritenuto, in caso di DURC negativo, la
necessità, da parte dell'impresa, di
rappresentare le ragioni dell'eventuale
irregolarità nel senso che "è essenziale
che il concorrente provi di aver presentato
ricorso o di aver beneficiato di tali norme
entro il termine di scadenza per la
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara ovvero di
presentazione delle offerte in caso di
procedura aperta"; la stazione appaltate
deve, pertanto, valutare la veridicità delle
dichiarazione di regolarità contribuita
prodotta in sede di gara, tenendo ferma la
data della domanda stessa, non solo
prendendo atto di quanto emerge dal
certificato DURC che fotografa la situazione
dell'impresa ad una determinata data ma
anche se a quella data aveva in corso una
sanatoria, una rateizzazione oppure un
ricorso giurisdizionale o amministrativo.
In ordine alla gravità dell'infrazione, è
stato osservato che "il legislatore vuole
escludere dalla contrattazione con le
amministrazioni quelle imprese che non siano
corrette (regolari) per quanto concerne gli
obblighi previdenziali, anche e forse
soprattutto, con riferimento alle ipotesi in
cui non si adempia ad obblighi rispetto ai
quali non vi siano ragionevoli motivi per
non effettuare o comunque per ritardare il
pagamento. Si può anzi affermare che queste
ultime ipotesi siano anch'esse gravi
(indipendentemente dall'importo del
contributo dovuto), proprio perché rivelano
un atteggiamento di trascuratezza verso gli
obblighi previdenziali" (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 11.12.2009 n. 8693 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La valutazione circa la
sussistenza del requisito della moralità
professionale spetta alla stazione
appaltante e non al concorrente, in quanto
quest'ultimo non ha il potere di anticipare
tale giudizio omettendo di dichiarare dati
penalmente rilevanti
L'estinzione del reato ex art. 455 cpp non
opera "ipso iure" essendo necessaria una
formale pronuncia da parte del giudice
dell'esecuzione.
Le valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti ed alla
loro incidenza sulla moralità professionale
spettano alla stazione appaltante e non al
concorrente medesimo, il quale è pertanto
tenuto a indicare tutte le condanne
riportate, non potendo operare a monte alcun
"filtro", omettendo la dichiarazione
di alcune di esse sulla base di una
selezione compiuta secondo criteri
personali.
L'estinzione del reato già oggetto di
sentenza di patteggiamento in conseguenza
del verificarsi delle condizioni previste
dall'art. 445 c.p.p., c. 2 (e cioè la
mancata commissione nel termine previsto
-cinque anni, quando la sentenza concerne un
delitto, ovvero due anni, quando la sentenza
concerne una contravvenzione- di un delitto
ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma
richiede una formale pronuncia da parte del
giudice dell'esecuzione (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 10.12.2009 n. 7740 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Confisca e terzo acquirente.
L’onere
probatorio posto in capo agli acquirenti di
beni oggetto di provvedimento di natura
cautelare o sanzionatoria, che chiedono la
revoca della confisca disposta nell’ambito
di un procedimento penale, richiede la prova
di avere ignorato senza colpa l’irregolare
immissione del bene sul mercato.
A tal fine è irrilevante che al momento
dell’acquisto la confisca non fosse stata
ancora trascritta con la conseguente
opponibilità ai terzi perché per tale
istituto non opera la disciplina civilistica
che regola la circolazione dei beni, con la
conseguenza che l’onere probatorio dei terzi
acquirenti non si esaurisce nella
dimostrazione della conformità dell’acquisto
al regime civilistico della pubblicità
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.12.2009 n. 46737 -
link a
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APPALTI:
Il ricorso incidentale quando è
di tipo paralizzante deve essere trattato
per primo.
Le imprese partecipanti a una gara di
appalto devono essere messe al corrente,
anticipatamente, di quelli che sono i
criteri e sub criteri di attribuzione del
punteggio, al fine di poter articolare
specificatamente la propria offerta.
- Qualora in una gara d'appalto alla quale
prendano parte e siano ammesse più di due
imprese, la controinteressata interponga un
ricorso incidentale inteso a conseguire la
declaratoria di illegittimità della
partecipazione e presupposta ammissione alla
gara dell'impresa che riveste la posizione
processuale di ricorrente principale, il
gravame incidentale deve necessariamente
essere scrutinato con priorità rispetto al
ricorso principale, in quanto ove ne sia
delibata la fondatezza, il ricorso
principale diviene inammissibile per difetto
di legittimazione a ricorrere della
ricorrente principale, a motivo
dell'annullamento ex tunc della sua
ammissione alla gara, il quale importa la
privazione ab origine, in capo a
quest'ultima del titolo processuale a
dolersi dell'aggiudicazione della gara alla
controinteressata.
Nel caso in cui, invece, alla gara
partecipino due sole imprese nessuna
priorità può predicarsi a vantaggio del
gravame incidentale, poiché l'ordinamento
costituzionale non ritaglia a favore del
ricorrente incidentale alcuna iperprotezione,
sorgendo quindi per il Giudicante l'esigenza
di giustizia di esaminare, comunque, anche
il ricorso principale, ancorché si prospetti
fondato il mezzo incidentale e dovendo in
tali evenienze procedersi all'annullamento
giurisdizionale dell'intera procedura
concorsuale.
- L'art. 83 del dlgs 163/2006 (Codice dei
contratti), obbliga espressamente le
stazioni appaltanti ad indicare con
precisione i criteri di valutazione nonché a
prevedere, ove necessario, i sub-criteri e i
sub-pesi o i sub punteggi che ritenuti
necessari ai fini della valutazione
dell'aspetto tecnico delle offerte e
dell'espressione del punteggio.
La ratio sottesa alla norma di cui
all'art. 83, c. 4 del Codice e mutuata dalla
giurisprudenza comunitaria è che le imprese
concorrenti devono essere messe, ex ante, al
corrente di tutti i criteri e sub criteri di
attribuzione del punteggio, al fine di poter
articolare specificatamente la propria
offerta, presentando aspetti o particolari
della stessa atti a conseguire specifici
sub-punteggi in definiti dalla legge di
gara. Difettando, come è avvenuto, nel caso
di specie, siffatta conoscenza iniziale, ne
risulta violato l'affidamento dei
partecipanti ed il principio generale della
par condicio competitorum.
Inoltre, tutti gli elementi presi in
considerazione dall'autorità aggiudicatrice
per identificare l'offerta economicamente
più vantaggiosa e la loro importanza
relativa devono essere noti ai potenziali
offerenti sin dal momento della
presentazione delle offerte. Pertanto,
un'amministrazione aggiudicatrice non può
applicare regole di ponderazione o
sottocriteri di aggiudicazione che non abbia
preventivamente portato a conoscenza degli
offerenti (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 04.12.2009 n. 3255 -
link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Proprietà dell’area e
responsabilità penale.
Dalla
disciplina dell’accessione (art. 934 c.c.)
si evince che qualunque costruzione od opera
esistente sopra o sotto il suolo appartiene
al proprietario di questo. Consegue che
l’opera abusiva comunque accede alla
proprietà del suolo sicché il proprietario è
il soggetto interessato a tale accessione e
quindi anche alla realizzazione della
stessa.
Ciò costituisce elemento indiziario utile,
in mancanza di ogni altra contraria
risultanza probatoria, perché il giudice del
merito possa riferire al proprietario del
suolo la condotta contestata, ossia la
realizzazione dell’opera edilizia abusiva
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.12.2009 n. 46681 -
link a
www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Avvalimento - Esclusa menzione
della impresa ausiliaria nella cauzione
provvisoria - Irrilevanza per la Stazione
Appaltante del rapporto intercorrente tra
impresa concorrente impresa ausiliaria.
Se al fine della partecipazione ad una
procedura di gara un’impresa decide di
avvalersi dei requisiti di altro soggetto
non è necessario che la polizza menzioni
anche l’impresa ausiliaria.
L'art. 49 del Codice de Lise prevede che il
concorrente che decida di ricorrere all’avvalimento
alleghi un contratto con il quale l'impresa
ausiliaria si obbliga nei confronti di
quest’ultimo a fornire i requisiti ed a
mettere a disposizione le risorse
necessarie. Tale documento è sufficiente a
garantire la Stazione Appaltante circa
l’esecuzione dell’oggetto dell’appalto, gli
obblighi interni tra l'avvalente e l'avvalso
sono del tutto irrilevanti ai fini della
partecipazione e dell'aggiudicazione della
gara.
E’ sufficiente che la Stazione Appaltante
sia posta in condizione di acquisire piena
certezza in ordine alla disponibilità dei
requisiti tecnici e organizzativi ed
economico-finanziari apportati al
concorrente mediante l'avvalimento (TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 03.12.2009 n. 12455 -
link a
www.mediagraphic.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Niente
concorsi senza mobilità.
La mobilità
volontaria è un presupposto necessario, per
la legittimità dello svolgimento dei
concorsi. La giurisprudenza amministrativa è
ormai concorde: in ordine di tempo, ultimo è
il TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, che
con
sentenza 02.12.2009 n. 2634 ha
considerato illegittima l'indizione di un
bando di concorso, proprio per violazione
dell'articolo 30, comma 2-bis, del dlgs
165/2001.
Secondo il Tar dal testo di tale norma non
possono emergere dubbi interpretativi: le
procedure di mobilità debbano essere
preferite a quelle concorsuali.
La novellazione apportata nel 2005 al testo
dell'articolo 30 del dlgs 165/2001, con il
dl 7/2005, convertito in legge 43/2005,
spiega la sentenza, ha avuto esattamente il
fine di imporre alle amministrazioni di
verificare se esistono domande di mobilità,
prima di procedere in altra direzione per
ottenere il personale di cui necessità.
Lo scopo della norma è estremamente chiaro:
si tratta di una regola di buon andamento ed
economicità dell'agire amministrativo, dal
momento che l'assunzione per mobilità non
comporta alcun incremento della spesa
connessa al personale, sostenuta
dall'insieme delle amministrazioni
pubbliche.
Una corretta gestione amministrativa,
pertanto, vincola a sondare le modalità di
assunzione che non comportano aggravi di
spesa in via prioritaria, rispetto
all'inserimento di nuovo personale nei ruoli
pubblici.
La sentenza in commento evidenzia questo
principio, affermando che la ratio
dell'articolo 30, comma 2-bis risulta
particolarmente chiara, in un momento come
quello attuale, caratterizzato da anni da
forti limitazioni alle assunzioni nel
pubblico impiego finalizzate indubbiamente a
favorire una diminuzione della spesa
pubblica, conseguente alla riduzione degli
organici delle pubbliche amministrazioni. La
riscrittura del comma 1 dell'articolo 30, ad
opera del d.lgs 150/2009, crea però qualche
scompenso.
Non appare del tutto condivisibile la scelta
di ammantare il procedimento di
quell'evidenza pubblica imposta dal
legislatore, nel richiedere di rendere
pubbliche le disponibilità dei posti in
organico da ricoprire attraverso passaggio
diretto di personale da altre
amministrazioni, fissando preventivamente i
criteri di scelta. Si sarebbe dovuto
considerare con maggiore attenzione la
circostanza che nel caso della mobilità
l'ente assume personale già in servizio
presso altre amministrazioni
(articolo ItaliaOggi del 09.12.2009, pag.
20). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere di urbanizzazione.
Prevedendo
l’art. 12 t.u. edilizia la subordinazione
del permesso di costruire alla esistenza
delle opere di urbanizzazione primaria o
alla previsione da parte del Comune
dell’attuazione delle stesse nel successivo
triennio, ovvero all’impegno degli
interessati di procedere all’attuazione
delle medesime contemporaneamente alla
realizzazione dell’intervento oggetto del
permesso, non può l’amministrazione comunale
disattendere una formale richiesta di
allacciamento all’acquedotto allorquando
nella richiesta medesima è genericamente
indicato l’allacciamento o la costruzione di
un pozzo artesiano (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 26.11.2009 n. 7432 -
link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Provvedimento
di demolizione opere abusive - Natura
vincolata - Sussiste - Accertata abusività -
Motivazione del provvedimento - Sussiste.
Nell'ordine di demolizione di opere abusive,
quale provvedimento vincolato,
l'affermazione dell'accertata abusività
dell'opera è motivazione esaustiva ai sensi
dell'art. 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 18.08.2009 n.
4584). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordine di
demolizione di opere abusive - Inerzia della
P.A. - Affidamento su sanatoria tacita - Non
sussiste.
2. Ordine di
demolizione di opere abusive - Incidenza
urbanistica - Sussiste - Legittimità.
1. L'inerzia dell'Amministrazione, tra il
primo sopralluogo effettuato ed il secondo
sulla base del quale è stato adottato
l'ordine di demolizione, non vale a
costituire alcun titolo sanante implicito,
né può ingenerare nel responsabile
dell'abuso o nel proprietario delle aree
coinvolte alcun affidamento circa la
possibilità di un provvedimento tacito.
2.
E' legittimo l'ordine di demolizione di
opere abusive che hanno un'incidenza
urbanistica in quanto la casetta, la
recinzione ed il muro di sostegno,
globalmente considerati, presentano uno
stabile collegamento con il terreno e
comportano una trasformazione dell'assetto
del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 18.08.2009 n.
4583). |
URBANISTICA:
Variante di PRG
relativa ad aree interessate da piano di
lottizzazione decaduto per inadempimento -
Legittimità.
E' legittimo il provvedimento di variante di
PRG riguardante aree ricadenti in un
precedente piano di lottizzazione dichiarato
decaduto per inadempimento dell'operatore
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 18.08.2009 n.
4582 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abuso edilizio - Ingiunzione di
demolizione -Attivazione del procedimento di
condono o accertamento di conformità -
Riesame dell'abusività dell'opera - Domanda
di condono proposta nei termini di legge ma
oltre il termine per l'adempimento
dell'ordinanza di demolizione - Superamento
dell'originario provvedimento sanzionatorio
- Sussiste.
L'ingiunzione di demolizione di un'opera
abusivamente realizzata perde di efficacia
qualora l'interessato abbia attivato il
procedimento di condono o di accertamento di
conformità, previsti dalla legge. Ciò in
quanto il riesame dell'abusività dell'opera,
al fine di verificarne l'eventuale
sanabilità, comporta la necessaria
formazione di un nuovo provvedimento che
vale, comunque, a superare il provvedimento
sanzionatorio originariamente adottato
dall'Amministrazione.
Tale effetto si produce anche nel caso in
cui la domanda di condono edilizio sia stata
proposta oltre il termine previsto
dall'ordinanza di demolizione per adempiere,
purché nei termini di legge. Nell'ipotesi di
rigetto di detta istanza, infatti,
l'Amministrazione deve emanare un nuovo
provvedimento sanzionatorio con
l'assegnazione, in tal caso, di un nuovo
termine per adempiere (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2009 n.
4499 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Convenzione
edilizia - Piano di Recupero - L.R. n.
33/2007 - Permesso di costruire in variante
- Clausola convenzionale limitativa
dell'aumento di s.l.p. - Inderogabile.
2. Convenzione
edilizia - Piano di Recupero - L.R. n.
33/2007- Ratio - Permesso di costruire in
variante - Modifica del Piano di Recupero e
della convenzione - Necessità.
1. A fronte di una clausola della
Convenzione Edilizia che esclude qualsiasi
aumento della s.l.p. e che, per accordo
delle parti, non è superabile con altre
iniziative e neppure derogabile in presenza
di disposizioni di legge che lo
consentissero, non è neppure possibile che
la modifica della s.l.p. prevista in
convenzione (indicata nell'istanza di
permesso di costruire in variante) derivi da
un diverso calcolo, in virtù
dell'applicazione della L.R. n. 33/2007 che
permette di non computare nella s.l.p. i
muri perimetrali in caso di utilizzo di
tecniche che permettono la riduzione del
dispendio energetico.
2. Poiché la L.R. n. 33/2007 intende
incentivare l'utilizzo di modalità
costruttive attente al risparmio energetico,
ritenendo questo interesse prevalente
rispetto a quelli connessi alla
determinazione della s.l.p., dei volumi e
dei rapporti di copertura, con un meccanismo
premiale fondato sulla libera scelta del
privato, ne consegue che qualora il privato
abbia rinunciato all'utilizzo di futuri
meccanismi premiali per ottenere
dall'Amministrazione l'approvazione di un
piano di recupero, non potrà successivamente
richiedere di avvalersi di tale nuova
previsione se non contravvenendo agli
impegni già assunti.
La volontà di avvalersi
dei meccanismi premiali previsti dalla L.R.
n. 33/2007, per aumentare di fatto la s.l.p.
con conseguente aumento del carico
urbanistico, dovrà quindi necessariamente
passare attraverso una modifica del piano di
recupero e della convenzione sottoscritta al
di fine di permettere al Comune di valutare
la conformità di tale richiesta alle
caratteristiche del piano ed alle finalità
da esso perseguite (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.07.2009 n.
4498 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Impugnazione
delibera di approvazione di variante al
P.R.G. preordinata all'apposizione di nuovo
vincolo di esproprio - Carenza di
motivazione - Assetto viabilistico -
Valutazione di merito dell'Amministrazione -
Non sussiste.
2. Impugnazione
delibera di approvazione di variante al
P.R.G. preordinata all'apposizione di nuovo
vincolo di esproprio - Parcheggio - Eccesso
di potere - Carenza di interesse - Sussiste.
1. La delibera di approvazione di un'opera
di urbanizzazione primaria (prolungamento di
una strada privata) preordinata
all'apposizione del vincolo di esproprio,
risultando dagli atti che l'assetto
viabilistico della zona necessita, secondo
una valutazione di merito
dell'Amministrazione, insindacabile dal
G.A., di uno sviluppo in conseguenza delle
nuove edificazione assentite ed in corso di
realizzazione, non è viziata da carente
motivazione risultando soddisfatti tutti gli
oneri motivazionali che la giurisprudenza
richiede nel caso di reiterazione del
vincolo preordinato all'esproprio, in
particolare risultando la strada in
questione l'unico percorso viabilistico che
permette di coniugare la soddisfazione degli
obblighi comunali di urbanizzazione con le
esigenze di preservare le sponde del lago
dall'accesso veicolare, rendendo così
recessivi gli interessi dei proprietari
della via privata.
2.
In mancanza della prova dell'interesse dei
ricorrenti a contestare la previsione del
parcheggio da collocarsi in fondo al
prolungamento della via privata, in quanto
non risulta che per la sua realizzazione sia
stata disposta l'espropriazione delle aree
di loro proprietà né risulta che esso, per
la sua limitatezza, possa incidere
sull'utilizzo della strada in quanto il
carico veicolare che tale parcheggio produce
rientra pienamente in quello indotto dalle
costruzioni per le quali è realizzato tale
prolungamento, la delibera impugnata non
risulta affetta da eccesso di potere,
risultando altresì la realizzazione del
parcheggio rispondente alle esigenze di
tutti i fruitori della strada che, con il
progetto approvato, diventa pubblica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.07.2009 n.
4496 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Giustizia amministrativa - Ricorso proposto
avverso l'ordine di demolizione -
Presentazione domanda di condono edilizio
nel termine di legge - Improcedibilità del
ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse - Sussiste.
E' improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse, il ricorso proposto avverso
l'ordinanza di demolizione anche quando la
domanda di condono edilizio sia stata
presentata oltre il termine previsto
dall'ordinanza, ma nel termine previsto
dalla legge sul condono (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2009 n.
4495 - link a
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URBANISTICA:
1. Piano di
lottizzazione previsto nel piano regolatore
generale - Possibilità di esonero - Casi
assimilabili all'interclusione del lotto -
Sussiste - Zone parzialmente urbanizzate ed
esposte al rischio di compromissione di
valori urbanistici - Non sussiste.
2. Variante al
P.R.G. - Controdeduzioni alle osservazioni -
Pareri obbligatori alla formazione del piano
- Possibilità di modificazioni ex officio
allo strumento urbanistico - Sussiste solo
per mutamenti essenziali.
1. L'esonero dal piano di lottizzazione
previsto nel piano regolatore generale può
avvenire riguardo ai casi assimilabili a
quello del "lotto intercluso", nel quale
nessuno spazio si rinviene per un'ulteriore
pianificazione, mentre detto esonero è
precluso in caso di zone solo parzialmente
urbanizzate, esposte al rischio di
compromissione di valori urbanistici, nelle
quali la pianificazione può ancora
conseguire l'effetto di correggere e
compensare il disordine edificatorio in
atto.
2.
In sede di controdeduzioni alle
osservazioni, il Comune può apportare (ex
officio) modificazioni allo strumento
urbanistico, salvo l'obbligo di
ripubblicazione del piano, nel solo caso in
cui le medesime risultino di portata e
rilievo tale da determinare una
rielaborazione complessiva del piano, ovvero
un mutamento delle sue caratteristiche
essenziali, e dei criteri che presiedono
alla sua stessa impostazione.
Tale orientamento deve essere esteso anche
ai pareri obbligatori alla formazione del
piano che vengano acquisiti durante il corso
del procedimento fino all'approvazione
finale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2009 n.
4494 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Giustizia amministrativa - Ricorso
proposto avverso il silenzio maturato
sull'istanza di accertamento di conformità -
Provvedimento espresso sull'istanza di
accertamento di conformità - Improcedibilità
per sopravvenuta carenza di interesse -
Sussistenza.
2. Difformità
lievi tra quanto progettato e realizzato -
Irrilevanza urbanistica - Sussiste.
3. Accertamento
rapporti aereoilluminanti - Verifica
agibilità dei locali - Sussiste.
1. E' improcedibile per sopravvenuta carenza
di interesse l'impugnativa del silenzio
dell'Amministrazione maturato sull'istanza
di accertamento di conformità, seguita da un
provvedimento espresso sulla detta istanza
di accertamento di conformità, anch'esso
impugnato.
2. Devono considerarsi urbanisticamente
irrilevanti, in quanto non incidenti sui
parametri urbanistici e sui prospetti
dell'edificio, le difformità edilizie tra
quanto progettato e quanto realizzato di
lieve entità, non incidenti sullo stato dei
luoghi.
3. L'accertamento relativo ai rapporti aereoilluminnati
attiene alla verifica dell'agibilità dei
locali ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n.
380/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 28.07.2009 n.
4469 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Art. 42, 2° comma,
lett. b) D Lgs. n. 267/2000 - Si riferisce
soltanto ai pareri espressi nell'ambito del
procedimento di formazione di quei piani e
programmi approvati dall'Ente o delle
relative varianti e deroghe - Non si
riferisce al parere di conformità al P.R.G.
di un intervento edilizio.
La lettera b) dell'art. 42, secondo comma,
del T.U.E.L. si riferisce non a qualsiasi
parere espresso dall'Ente che comunque
coinvolga i piani o programmi dallo stesso
approvati, ma soltanto ai pareri espressi
nell'ambito del procedimento di formazione
di quei piani e programmi (o delle relative
varianti e deroghe), sicché restano fuori
dalla previsione, ad esempio, i pareri che
l'Ente è chiamato a rendere circa la
compatibilità con il proprio piano o
programma di attività poste in essere da
altri soggetti (è il caso del parere di
conformità al P.R.G. di un intervento
edilizio, in relazione al quale non c'è
dubbio che non appartenga alla competenza
consiliare) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 28.07.2009 n.
4468 - link a
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URBANISTICA:
Approvazione del Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale -
Contraddittorietà con permesso di costruire
- Carenza di Interesse - Prescrizioni
indirette - Sussiste - Inammissibilità del
ricorso.
Il Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale, che ai sensi degli artt. 20
D.Lgs. n. 267/2000 e 15 L.R. n. 12/2005 è
atto di indirizzo della programmazione
socio-economica della Provincia ed ha
efficacia paesaggistico-ambientale, ha
natura di atto di coordinamento ed di
indirizzo tipico della programmazione
intermedia che non si pone in termini di
gerarchia (come nel risalente sistema
pianificatorio a "cascata" contrastante con
il nuovo principio costituzionale
dell'autonomia degli enti territoriali) che
non vincola il Comune, cui spettano tutte le
funzioni amministrative che riguardano il
proprio territorio, ad attuare le scelte
precostituite effettuate in tale sede sovraordinata.
Pertanto, risultando
l'inserimento, ad opera del PTCP, dell'area
della ricorrente "nei parchi urbani e aree
per la fruizione" una prescrizione
indiretta, non immediatamente precettiva la
cui efficacia è subordinata al recepimento o
negli strumenti urbanistici comunali o
attraverso accordi con le amministrazioni
interessate comunali o sovracomunali, che
non è idonea a produrre la definitiva
lesione dell'interesse della proprietaria
dell'area, non sussiste un interesse attuale
e concreto da parte della ricorrente ed il
ricorso risulta conseguentemente
inammissibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 28.07.2009 n.
4467 - link a
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ESPROPRIAZIONE:
Occupazione d'urgenza - Proroga
del termine - Annullamento della gara per
l'affidamento dei lavori - Necessità di
varianti - Rappresentano valide motivazioni
per la proroga - Obbligo di particolare
motivazione - Non sussiste.
L'annullamento della gara per l'affidamento
dei lavori e la necessità di varianti
rappresentano valide motivazioni, oggettive,
per la proroga dei termini dell'occupazione
d'urgenza, non richiedendosi in ogni caso
una particolare motivazione per la proroga
dell'occupazione, essendo sufficiente la
prospettazione di avere a disposizione un
maggior periodo di tempo per il
perfezionamento del procedimento in corso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.07.2009 n.
4457 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Giustizia amministrativa - Ricorso proposto
avverso l'ordine di demolizione -
Presentazione domanda di sanatoria -
Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse - Sussiste.
E' improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse l'impugnazione dell'ordine di
demolizione seguita dalla presentazione
della domanda di sanatoria. Il riesame
dell'abusività da parte
dell'Amministrazione, a fronte della domanda
di sanatoria, determina la necessaria
formazione di un nuovo provvedimento di
accoglimento o di rigetto (espresso o
tacito) che vale a rendere inefficace il
provvedimento oggetto dell'originario
ricorso e comporta il venir meno
dell'interesse del ricorrente, che si sposta
dall'annullamento del provvedimento
sanzionatorio già adottato all'annullamento
dell'eventuale provvedimento di rigetto
della domanda di sanatoria e degli altri
provvedimenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.07.2009 n.
4456 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Oblazione e
oneri concessori - Controversie in tema di
corretta quantificazione - Attengono a
diritti soggettivi delle parti -
Configurabilità del vizio di difetto di
motivazione - Non sussiste - Configurabilità
del vizio di violazione di legge - Sussiste.
2. Ristrutturazione
- Frazionamento di un immobile - Dotazione
di servizi accessori ad uso abitativo e
spazi pertinenziali - Incremento del carico
urbanistico - Sussiste.
3. Ristrutturazione
globale di un immobile - Calcolo del
contributo per oneri di urbanizzazione e
costo di costruzione - Legittimità del
calcolo rapportato anche alla superficie
utile esistente e funzionalmente necessaria
alla creazione del nuovo complesso
immobiliare - Sussiste.
4. Ristrutturazione
mediante demolizione e ricostruzione - Oneri
di urbanizzazione - Irragionevolezza della
equiparazione delle tariffe con quelle
previste per le nuove costruzioni - Non
sussiste - Obbligo di particolare
motivazione - Non sussiste.
1. Le controversie relative all'an ed al
quantum delle somme dovute a titolo di
oblazione e di oneri concessori, riservate
dalla legge alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, riguardano diritti
soggettivi delle parti, rispetto alle quali
non è configurabile il vizio di difetto di
motivazione. Ciò nella considerazione che le
operazioni di corretta quantificazione
dell'oblazione e degli atti concessori si
esauriscono in una mera operazione materiale
che, se errata, può comportare soltanto la
violazione dei criteri fissati dalla
normativa ovvero dall'amministrazione con
norme di natura regolamentare e, quindi, la
sussistenza del solo vizio di violazione di
legge, potendo l'interessato, sulla base dei
predetti criteri generali, contestare
l'erroneità della quantificazione operata
dall'amministrazione, evidenziando ad
esempio l'erroneità dei calcoli ovvero dei
presupposti di fatto o di diritto.
2. Laddove l'intervento progettato vada
ascritto alla ristrutturazione -compreso il
caso in cui si alteri anche solo sotto il
profilo della distribuzione interna
l'originaria consistenza fisica di un
immobile- occorre dotare gli appartamenti,
ricavati dal frazionamento mediante
strutture murarie, dei servizi accessori ad
uso abitativo e di spazi pertinenziali, con
il conseguente incremento del carico
urbanistico.
3. Ove si versi in un'ipotesi di
ristrutturazione globale dell'immobile è
legittima la pretesa del Comune di calcolare
il contributo per oneri di urbanizzazione e
costo di costruzione in relazione non solo
all'incremento di superficie utile ma,
altresì, alla superficie utile già esistente
ma funzionalmente necessaria alla creazione
di siffatto nuovo e diversamente articolato
complesso immobiliare.
4.
L'equiparazione delle tariffe degli oneri di
urbanizzazione dovuti per gli interventi di
ristrutturazione mediante demolizione e
ricostruzione a quelle previste per le nuove
costruzioni non è irragionevole, tanto è
vero che la giurisprudenza ha, persino,
ritenuto che il contributo per oneri di
urbanizzazione, in caso di ristrutturazione
del patrimonio edilizio, potrebbe essere
maggiore a quello dovuto per la
realizzazione di nuove costruzioni.
La previsione di una medesima tariffa per
gli interventi di nuova costruzione e quelli
di ristrutturazione mediante demolizione e
ricostruzione non necessita, quindi, di una
particolare motivazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.07.2009 n.
4455 - link a
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ESPROPRIAZIONE:
Annullamento del decreto di
esproprio - Giudizio di ottemperanza -
Liquidazione del risarcimento del danno -
Abusiva occupazione - Criteri.
Il risarcimento del danno per l'abusiva
occupazione di un'area oggetto di decreto
d'esproprio (già) annullato dal G.A., non
può essere commisurato all'indennità di
esproprio calcolato in base ai criteri di
cui all'art. 5-bis L. 08.08.1992 n. 359
-espunto dall'ordinamento a seguito della
sentenza Corte Cost. n. 348/07-, ma deve
essere calcolato con riferimento al valore
venale dell'area (nella specie
commisurandolo a un dodicesimo del valore di
mercato), anno per anno, con rivalutazione
monetaria ed interessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.07.2009 n.
4407 - link a
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ESPROPRIAZIONE:
1.
Opere di interramento ferroviario -
Impugnazione decreto d'approvazione del
progetto - Dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera - Tardività del ricorso - Non
sussiste.
2.
Opere di interramento ferroviario -
Impugnazione decreto d'approvazione del
progetto - Omessa comunicazione di avvio del
procedimento - Procedura ablatoria -
Comunicazione di avvio del procedimento ad
opera della concessionaria - Legittimità.
3.
Opere di interramento ferroviario -
Impugnazione dichiarazione di pubblica
utilità dell'opera - Dimensione ultra
Regionale del Servizio - Non sussiste -
Competenza della Regione - Sussiste.
4.
Opere di interramento ferroviario -
Procedura ablativa - Proroga dei termini per
il completamento delle opere - Proroga dei
termini dell'occupazione - Art. 20 L.
22.10.1971 n. 865 - Legittimità.
1. Sebbene la ricorrente sia stata avvisata
dell'approvazione del progetto di opere di
interramento ferroviario interessanti
terreni di sua proprietà, l'interesse ad
impugnare tale decreto, che approva il
progetto sul piano (meramente) tecnico, è
tuttavia sorto nel momento in cui è
sopraggiunta la dichiarazione di pubblica
utilità dell'opera, che ha apposto sulle
aree della ricorrente il vincolo preordinato
all'esproprio, arrecando la lesione che la
legittima all'impugnativa, pertanto il
ricorso interposo nei sessanta giorni
successici all'avviso di immissione in
possesso non risulta tardivo.
2. L'approvazione di un progetto sotto il
profilo meramente tecnico, che non abbia
valenza di dichiarazione di pubblica
utilità, non richiede comunicazione di avvio
del procedimento.
Tale comunicazione,
risulta al contrario necessaria ai fini
dell'avvio del procedimento finalizzato alla
dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera, ma considerato la natura
dell'avviso (non provvedimentale) e la sua
funzione (rendere edotto il destinatario
dell'avvio di un procedimento potenzialmente
lesivo), risulta legittimo l'avviso
proveniente dal beneficiario
dell'espropriazione (nella specie il
concessionario dell'esercizio ferroviario)
ancorché diverso dall'Ente espropriante.
3. L'art. 8 d.lgs. 19.11.1997 n. 422 ha
delegato alla Regione funzioni e compiti di
programmazione e di amministrazione
inerenti, tra l'altro, alle ferrovie in
concessione a soggetti diversi dalle
Ferrovie dello Stato disponendo altresì il subingresso delle Regioni allo Stato, quali
concedenti di dette ferrovie, sulla base di
accordi di programma.
Di conseguenza, in
presenza di un accordo di programma che ha
assegnato alla Regione Lombardia le funzioni
inerenti il trasporto ferroviario
attualmente in concessione a Ferrovie Nord
Milano s.p.a., la Regione risulta pienamente
legittimata ad assumere il decreto di
pubblica utilità impugnato, tanto più che
l'opera di cui trattasi è localizzata nel
territorio lombardo e non è affatto
dimostrato che il servizio ferroviario in
questione superi il livello di interesse
regionale.
4. L'art. 20 Legge 22.10.1971 n. 865
(applicabile ratione temporis alla
procedura ablativa de quo) nel prevedere che
l'occupazione può essere protratta fino a
cinque anni dalla data di immissione in
possesso, non esclude la prorogabilità del
termine quando siano contestualmente
prorogati i termini per il completamento
delle opere e delle espropriazioni.
Pertanto, considerato che la ricorrente non
contesta le ragioni di pubblico interesse a
sostegno della proroga, essendo
l'occupazione d'urgenza strumentale al
completamento dei lavori e delle
espropriazione, la proroga dei termini
relativi ai lavori ed agli espropri è atta a
legittimare anche la proroga
dell'occupazione d'urgenza, giacché non
avrebbe senso differire il termine finale di
completamento dei lavori se non si potesse
prolungare l'occupazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
21.07.2009 n.
4406 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Facoltà dell'Amministrazione di
escutere la fideiussione a garanzia del
pagamento degli oneri concessori - Mancato
pagamento degli oneri concessori maggiorati
nella misura massima di cui all'art. 42
D.P.R. n. 380/2001 - Sussistenza.
La facoltà dell'Amministrazione di escutere
la fideiussione a garanzia del pagamento
delle rate di debito degli oneri concessori
sorge solo quando, per il ritardo maturato,
è già insorto in capo al privato l'obbligo
di pagare la sanzione nella misura massima
prevista dall'art. 42 D.P.R. n. 380/2001; la
fideiussione non ha la finalità di agevolare
l'adempimento del soggetto obbligato al
pagamento, ma costituisce la garanzia
personale prestata nell'interesse
dell'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
21.07.2009 n.
4405 - link a
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ESPROPRIAZIONE:
1. Condizioni di legittimità - Deve essere
utilizzato per il conseguimento
dell'interesse pubblico fissato con la
dichiarazione di pubblica utilità.
2. Retrocessione totale - Diritto soggettivo
alla restituzione del bene espropriato -
Sussiste - Giurisdizione del giudice
ordinario - Sussiste per carenza di potere autoritativo della P.A. inteso a evitare la
restituzione del bene.
1. Il provvedimento espropriativo è
autorizzato a sottrarre il bene al legittimo
proprietario, esclusivamente nella misura in
cui effettivamente il bene stesso sia
utilizzato per il conseguimento di
quell'interesse pubblico fissato con la
dichiarazione di pubblica utilità: al fuori
di tale schema il provvedimento è viziato,
non rispondendo ai principi ed ai valori
costituzionali della funzione sociale della
proprietà, nonché dell'uguaglianza
sostanziale e della solidarietà sociale.
2. Nell'ipotesi di retrocessione totale,
quando cioè il bene espropriato non sia
stato affatto utilizzato per l'opera
pubblica prevista nella dichiarazione di
pubblica utilità, o per la sostituzione di
quest'ultima con un'opera totalmente
differente da quella programmata, sussiste
un diritto soggettivo perfetto del
proprietario ad ottenere la restituzione del
bene (inutilmente) espropriato, tutelabile
come tale innanzi al giudice ordinario.
Né
tale orientamento giurisprudenziale sarebbe
superato per effetto delle pronunce della
Corte Costituzionale, n. 204/2004 e n.
191/2006: nelle ipotesi di retrocessione
totale del bene espropriato -a differenza di
quanto accade in quelle di retrocessione
parziale- non sussiste alcun potere autoritativo
che l'amministrazione pubblica possa
esercitare per evitare la restituzione del
bene (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
16.07.2009 n.
4372 - link a
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ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA:
1. Ricorso giurisdizionale - Interesse a
ricorrere - Varianti urbanistiche -
Condizioni - Vicinitas, prova pregiudizio
potenziale, utilitas.
2. Atto amministrativo - Vizio di
incompetenza - Effetti - Rimessione alla
Autorità competente - Esame di ulteriori
doglianze - Possibilità - Non sussiste.
1. Nell'ambito dell'interesse a ricorrere
avverso le varianti urbanistiche, oltre al
requisito della vicinitas, requisito che si
ritiene presupposto sufficiente invece per
l'impugnazione di un intervento edilizio, si
richiede la prova della lesione sofferta (la
possibile diminuzione di valore o la
peggiore qualità ambientale) e della
connessa utilitas ricavata dall'accoglimento
del ricorso (nel caso di specie, i
ricorrenti, proprietari di immobili in zona
Garibaldi-Repubblica a Milano, hanno
provato, attraverso il deposito di una
relazione, il pregiudizio subendo per
effetto dell'approvazione della variante del
P.I.I.).
2. La fondatezza della censura di
incompetenza determina unicamente la
remissione dell'affare all'Autorità indicata
come competente, ex art. 36 L. 1034/1971, ed
impedisce l'esame delle ulteriori doglianze,
che altrimenti finirebbe per risolversi in
un giudizio anticipato sui futuri
provvedimenti dell'organo riconosciuto come
competente ed in un vincolo anomalo sulla
riedizione del potere (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 2143/2009 - nel caso di specie il
TAR ha annullato la variante al P.I.I.
Garibaldi Repubblica con la quale sono state
modificate le localizzazioni del verde e dei
parcheggi e la viabilità adottata dal
Collegio di Vigilanza dell'Accordo di
Programma) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.07.2009 n.
4345 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Misure repressive -
Soggetti passivi - Proprietario o titolare
di diritto reale - Responsabile - Eccezione.
E' illegittima l'ordinanza di demolizione
emanata nei confronti del proprietario del
bene che, estraneo alla realizzazione
dell'abuso edilizio compiuto da un terzo,
non abbia la possibilità di ottemperare
direttamente all'ordine di demolizione
stesso, per essere il bene nella
disponibilità esclusiva del terzo autore
dell'abuso (cfr. Corte Costituzionale
sentenza n. 345/91) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 08.07.2009 n.
4344). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione di costruzione -
Contributi - Pagamento - Ritardo -
Escussione fideiussione - Obbligo - Non
sussiste.
E' legittima l'ordinanza con la quale il
Comune irroga la sanzione pecuniaria per
ritardato od omesso versamento del
contributo afferente alla concessione senza
preventiva escussione della fideiussione:
non sussiste, infatti in capo alla p.a. un
obbligo di previa escussione del
fideiussore, atteso che la fideiussione che
accompagna la rateizzazione del pagamento
degli oneri di urbanizzazione non ha la
finalità di agevolare l'adempimento del
soggetto obbligato al pagamento, bensì
costituisce una garanzia personale prestata
unicamente nell'interesse
dell'amministrazione, sulla quale non
incombe alcun obbligo di preventiva
escussione del fideiussore (cfr. Cons. di
Stato, sent. nn. 6345/2005; n. 1084/2008;
4025/2007; TAR Milano sent. n. 136/1998; TAR
Salerno, sent. n. 1936/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.07.2009 n.
4306). |
EDILIZIA PRIVATA:
Distanze - Distanze dal perimetro
della zona omogenea Legittimità - Sussiste.
L'art. 7 della legge urbanistica non esclude
la possibilità che tra i vincoli da
osservare in ciascuna zona sia previsto
anche un limite, riferibile al perimetro di
zona, volto a distanziare opportunamente tra
loro costruzioni su aree aventi diversa
destinazione funzionale, ancorché
appartenenti allo stesso proprietario.
Il
fatto che la legge regionale n. 12/2005 non
preveda più espressamente la ripartizione
del territorio in zone omogenee non esclude
affatto la possibilità che il P.G.T. preveda
aree contigue aventi diversa destinazione
funzionale, né rende illegittima la
zonizzazione del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.07.2009 n.
4305). |
URBANISTICA:
1. Variante al
P.R.G. - Mancata tempestiva impugnazione di
delibera di adozione di variante
immediatamente lesiva - Impugnazione
dell'applicazione della relativa misura di
salvaguardia - Irrecevibilità per tardività
- Sussistenza.
2. Variante al
P.R.G. - Delibera esame osservazioni -
Impugnabilità - Non sussiste.
1. Le varianti agli strumenti urbanistici,
nella parte in cui definiscono il regime
delle singole aree sono immediatamente
lesive e suscettibili di impugnazione
immediata, da proporre nel termine di
decadenza, il cui decorso non è differibile
al momento (eventuale) in cui venga
applicata la misura di salvaguardia su una
richiesta di concessione edilizia
contrastante con il piano adottato.
2. E' inammissibile il ricorso proposto
avverso la delibera con cui il Comune si
pronuncia sulle osservazioni dei privati che
ha natura di atto infraprocedimentale,
impugnabile solo col provvedimento di
approvazione del piano (cfr. Cons. di Stato,
sent. nn. 8254/2003; 2730/1995; 544/1990;
TAR Milano, sent. n. 3781/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
06.07.2009 n.
4304 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Atto amministrativo - Competenza ad
esprimere il parere di compatibilità di un
strumento urbanistico adottato con il
P.T.C.P. - Giunta Provinciale - Sussiste.
2. Variante al
P.R.G. - Osservazioni - Ripubblicazione -
Obbligo - Non sussiste - Fattispecie.
3. Variante al
P.R.G. - Modifiche "facoltative" e
"concordate" - Ripubblicazione - Obbligo -
Sussiste - Modifiche "obbligatorie" -
Ripubblicazione - Obbligo - Non sussiste.
1. Rientra nella competenza della giunta
provinciale emettere pareri di compatibilità
di uno strumento urbanistico comunale con il P.T.C.P. (si trattava, nel caso esaminato,
di un programma integrato di intervento -
cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3333/2009).
2. Non sussiste l'obbligo di nuova
pubblicazione della variante al PRG
nell'ipotesi in cui la modifica apportata
dal Comune sia stata dettata dalla necessità
di assicurare il rispetto delle finalità di
tutela paesaggistiche oggetto del piano
territoriale di coordinamento provinciale
TAR Milano, sent. n. 197/2009).
3. Sussiste l'obbligo della ripubblicazione
da parte del Comune per le modifiche
"facoltative" e "concordate", ove superino
il limite di rispetto dei canoni guida del
piano adottato; mentre per le modifiche
"obbligatorie" non sorge tale obbligo,
poiché proprio il carattere dovuto
dell'intervento regionale rende superfluo
l'apporto collaborativo del privato,
superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie
operate in sede regionale e comunale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
06.07.2009 n.
4302 e
n. 4303 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Variante al
P.R.G. - Osservazioni - Ripubblicazione -
Obbligo - Non sussiste - Fattispecie.
2. Approvazione PRG
- Discrezionalità - Limiti.
3. Atto amministrativo - Competenza ad
esprimere il parere di compatibilità di un
strumento urbanistico adottato con il P.T.C.P. - Giunta Provinciale - Sussiste.
1. Non sussiste l'obbligo di nuova
pubblicazione della variante al PRG
nell'ipotesi in cui la modifica apportata
dal Comune sia stata dettata dalla necessità
di assicurare il rispetto delle finalità di
tutela paesaggistiche oggetto del piano
territoriale di coordinamento provinciale
(cfr. TAR Milano, sent. n. 197/2009).
2. Le scelte pianificatorie
dell'amministrazione sono caratterizzate da
un'ampia discrezionalità e non necessitano -salvo il caso in cui vadano ad incidere su
aspettative qualificate, che non ricorrono
nel caso di specie- di apposita
motivazione, ulteriore rispetto a quella che
si possa evincere dai criteri generali
seguiti nell'impostazione del piano (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 865/2007).
3. Rientra nella competenza della giunta
provinciale emettere pareri di compatibilità
di uno strumento urbanistico comunale con il P.T.C.P.
(si trattava, nel caso esaminato, di un
programma integrato di intervento - cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 3333/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
06.07.2009 n.
4301 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione di
costruzione - Sanatoria - Diniego -
Successivo alla formazione del silenzio
assenso - Inutiliter datum.
Il diniego di sanatoria intervenuto dopo la
formazione del silenzio-assenso su una
domanda di condono per mutamento di
destinazione d'uso deve ritenersi inutiliter
datum (cfr. TAR Milano, sent. n.
342/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.07.2009 n.
4299). |
ESPROPRIAZIONE:
Occupazione temporanea e
d'urgenza - Inesatta o inesistente
liquidazione indennità - Legittimità
dell'occupazione - Permane.
La legittimità dell'occupazione di urgenza,
e in generale dei provvedimenti
espropriativi, non è inficiata dall'inesatta
o inesistente liquidazione della giusta
indennità, essendo l'emanazione dei predetti
atti ablatori completamente indipendente da
quest'ultima (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
2797/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
25.06.2009 n.
4149 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso atti - Esercizio del
diritto - Modalità.
Il diritto di accesso a fini difensivi si
esercita mediante esame ed estrazione di
copia dei documenti, ex art. 25 L. 241/1990,
e non si soddisfa con il consentirne
soltanto la visione (Cons. di Stato, sent.
n. 2223/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
19.06.2009 n.
4074 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Cancelli e
recinzioni - Jus excludendi alios - Presenza
di vincolo derivante da P.R.G. - Diritto -
Permane.
L'art. 841 c.c. attribuisce al proprietario
il diritto di chiudere il fondo in qualunque
tempo; la presenza del vincolo derivante da
una previsione di piano regolatore non priva
il proprietario di tale diritto, né è con
esso incompatibile, posto che tale
previsione si limita ad attribuire al fondo
una qualità giuridica, esponendolo
all'acquisizione alla mano pubblica, ma non
lo sottrae alla disponibilità del
proprietario fino a quando non vengano
emessi idonei atti ablativi (di
espropriazione o di occupazione d'urgenza)
previa dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.06.2009 n.
4072). |
LAVORI PUBBLICI:
Progetto definitivo -
Approvazione - Mancanza parere favorevole
impatto acustico - Illegittimità.
E' illegittima la delibera di approvazione
del progetto definitivo di opera pubblica in
assenza del parere favorevole dell'a.r.p.a.
di impatto acustico e nonostante lo studio
preliminare e previsionale di impatto
acustico, commissionato ad una società
privata, avesse evidenziato la sussistenza
di un impatto acustico pienamente
compatibile con quanto previsto dalla
normativa vigente solo per le sorgenti fisse (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.06.2009 n.
4071). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Concessione di
costruzione - Costruzione precaria -
Definizione.
2. Concessione di
costruzione - Costruzione precaria -
Temporanea - Obbligo - Non sussiste.
1. Soltanto le costruzioni aventi
intrinseche caratteristiche di precarietà
strutturale e funzionale, cioè destinate fin
dall'origine a soddisfare esigenze
contingenti e circoscritte nel tempo, sono
esenti dall'assoggettamento al titolo
abilitativo edilizio: ciò che rileva, a tale
fine, non è tanto la consistenza dei
manufatti quanto la destinazione ad
un'utilizzazione perdurante nel tempo, di
talché l'alterazione del territorio non può
essere considerata temporanea, precaria o
irrilevante (cfr. Cons. di Stato , sent. n.
986/2003).
2.
Affinché un'opera edilizia avente carattere
precario, in forza della sua facile
amovibilità, venga sottratta all'obbligo di
rilascio del titolo abilitativo edilizio, è
necessario che sia destinata ad un uso molto
limitato nel tempo, per fini specifici e
temporanei: non ha il requisito della
precarietà il manufatto stabilmente
destinato a residenza del ricorrente e della
sua famiglia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.06.2009 n.
4070). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Demolizione - Accertamento dolo o colpa -
Necessità - Non sussiste.
2. Abusi -
Demolizione - Cause di giustificazione -
Irrilevanza.
1. Poiché la demolizione di una costruzione
abusiva ha carattere ripristinatorio e,
dunque, non prevede l'accertamento del dolo
o della colpa del soggetto cui si imputa la
trasgressione, le esigenze familiari non
costituiscono causa legittima di inibizione
dell'esercizio dei poteri di vigilanza
edilizia (cfr. TAR Roma, sent.
11679/2007).
2. In materia di costruzioni abusive sono
irrilevanti le cause di giustificazione,
quali lo stato di necessità, che non possono
incidere sulla sanzione ripristinatoria, la
quale, avendo carattere reale, presuppone il
solo accertamento della violazione edilizia
e quindi può essere irrogata anche nei
confronti dei proprietari successivi (cfr.
TAR Umbria, sent. n. 477/2007; TAR Piemonte,
sent. n. 3836/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.06.2009 n.
4070). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Denuncia di
inizio attività - Decorso del termine -
Effetti.
2. Denuncia di
inizio attività - Decorso del termine
-Provvedimento comunale di inibitoria -
Possibilità - Modalità.
3. Denuncia di
inizio attività - Annullamento in autotutela
- Presupposti.
1. Il decorso del termine di
30 giorni,
ed il conseguente consolidamento della d.i.a., non comportano che l'attività
edilizia del privato, ancorché del tutto
difforme dal paradigma normativo, possa
considerarsi lecitamente effettuata e possa
andare esente dalle sanzioni previste
dall'ordinamento per il caso di sua mancata
rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3498/2005;
TAR Milano, sent. n. 5224/2008).
2. Allo scadere del termine ex art. 23
D.P.R. 380/2001, si consolida in capo
all'istante una legittimazione ex lege
all'esercizio dell'attività edilizia,
pertanto la P.A., per contestare la
sussistenza dei requisiti o delle condizioni
previste dalla legge per l'esercizio
dell'attività edificatoria oltre lo scadere
di tale termine, non può esercitare
direttamente un potere sanzionatorio: prima
deve intervenire in autotutela per rimuovere
la legittimazione ad edificare sorta per
effetto della presentazione della d.i.a. e
del decorso del termine senza che la stessa
P.A. abbia esercitato il potere inibitorio.
3.
Tre sono i presupposti per il corretto
esercizio del potere di annullamento in
autotutela: un atto affetto da un vizio di
legittimità; l'esistenza di un interesse
pubblico concreto ed attuale
all'annullamento, non identificabile con il
mero ripristino della legalità violata; la
prevalenza di tale interesse sugli interessi
pubblici e privati alla conservazione
dell'atto, specie se, per il tempo trascorso
dall'adozione dell'atto viziato, si siano
consolidate, in concreto, situazioni
soggettive tutelabili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.06.2009 n.
4066 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Insegne e
pubblicità - Disciplina normativa - Oggetto
- Insegne pubblicitarie e di esercizio.
2. Insegne e
pubblicità - Disciplina normativa -
Disposizioni dell'attività edilizia - Non
applicabilità - Eccezioni.
3. Insegne e
pubblicità - Disciplina normativa -
Disciplina in materia di sanatoria di abusi
edilizi - Inapplicabilità.
4. Giurisdizione e competenza - Tutela dei
beni ambientali - Violazione delle
disposizioni regolatrici di affissioni di
cartelli o altri mezzi pubblicitari -
Competenza legislativa esclusiva dello Stato
- Sussiste.
5. Insegne e
pubblicità - Autorizzazione all'apposizione
di insegne - Natura - Atto vincolato -
Competenza del sindaco - Non sussiste.
6. Abusi -
Presentazione di domanda in sanatoria -
Conseguenze - Legittimità del provvedimento
impugnato - Permane - Limiti.
1. L'apposizione di insegne trova la propria
disciplina nell'art. 23, d.lgs. n. 285/1992,
negli artt. 51 e ss. d.P.R. n. 495/1992 (che
la subordinano al rilascio di
un'autorizzazione da parte dell'ente
proprietario della strada) e con riferimento
alla collocazione su edifici o in luoghi
soggetti a tutela, negli artt. 157 e 165
d.lgs. n. 490/1999 (ed ora negli artt. 153 e
168 d.lgs. n. 42/2004).
Tali disposizioni
hanno ad oggetto cartelli ed altri mezzi
pubblicitari: in considerazione della ratio
della loro finalità di tutela, devono essere
intese in senso ampio e sono, dunque, da
ritenersi applicabili alla apposizione delle
insegne, siano esse pubblicitarie o di
esercizio.
2. La collocazione di insegne ha una
disciplina specifica e non trova pertanto la
propria regola nelle disposizioni che
regolamentano l'attività edilizia, tranne
nell'ipotesi in cui, per le dimensioni e per
la tipologia di impatto urbanistico
provocata, essa configuri un'attività di
trasformazione del territorio subordinata al
rilascio di permesso di costruire o denuncia
di inizio attività.
3. In tema di collocazione di insegne, in
ragione della disciplina specifica che
regola la materia, non sono applicabili le
norme -eccezionali- che disciplinano la
sanatoria degli abusi edilizi.
4. Le modalità di tutela dei beni ambientali
ed il conseguente regime sanzionatorio in
caso di violazione delle disposizioni che
regolano le affissioni di cartelli o altri
mezzi pubblicitari rientrano nell'ambito
della competenza legislativa esclusiva dello
Stato prevista dall'art. 117, lett. s, della
Costituzione.
5. I provvedimenti di autorizzazione
all'apposizione di insegne non discendono
dall'esercizio di poteri di indirizzo e
controllo spettanti agli organi politici
comunali ma sono atti per loro natura
vincolati, che rientrano nell'ambito
specifico della gestione amministrativa e
devono, pertanto, ritenersi sottratti alla
competenza del sindaco.
6.
La presentazione di un'istanza di sanatoria
-in mancanza di una previsione legislativa
che consenta il rilascio del titolo
abilitativo in sanatoria e, dunque, di un
obbligo per la P.A. di provvedere sulla
relativa domanda- non inficia in alcun modo
la legittimità del provvedimento impugnato
(nel caso di specie provvedimento di
rimozione dell'insegna pubblicitaria) né ha
alcun effetto su di esso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.06.2009 n.
4065 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Atto amministrativo - Regolamento -
Natura - Autonoma impugnabilità - Non
sussiste - Regolamenti c.d. volizione-azione
- Autonoma impugnabilità - Sussiste.
2. Provvedimento amministrativo -
Impugnazione - Piena conoscenza - Conoscenza
elementi essenziali - Sufficiente.
3. Giustizia amministrativa - Contrasto tra
provvedimento e legge - Disapplicazione
regolamento - Possibilità - Annullamento del
provvedimento in assenza di impugnazione del
regolamento - Possibilità.
1. I regolamenti sono atti formalmente
amministrativi ma sostanzialmente normativi
e contengono, di regola, prescrizioni
generali ed astratte: per tale ragione, non
essendo idonei ad incidere direttamente
sulla sfera giuridica dei destinatari,
possono essere impugnati solo unitamente al
provvedimento che ne costituisca la concreta
applicazione.
Tuttavia i c.d. regolamenti
volizione-azione contengono previsioni che
incidono direttamente sulla sfera soggettiva
dei destinatari: in tali casi l'insorgere
dell'interesse a ricorrere è immediato e non
deve attendere l'adozione dell'atto
applicativo (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
2581/2000; 1558/1999; 556/1995; 897/1993;
279/1981).
2. Affinché si abbia la piena conoscenza del
provvedimento lesivo non è necessario che
esso sia conosciuto in tutti i suoi
elementi, ma è sufficiente la concreta
conoscenza degli elementi essenziali (tra
cui il contenuto, costituito dall'oggetto e
dagli effetti essenziali); mentre la
successiva integrale conoscenza di tutti gli
aspetti del provvedimento e dei suoi atti
presupposti può consentire la proposizione
di motivi aggiunti, qualora un ricorso sia
già stato presentato (cfr. Cons. di Stato,
sent. nn. 817/1990; 168/1987; 94/1985;
138/1984).
3. Il giudice amministrativo, in
applicazione del principio della gerarchia
delle fonti, può valutare direttamente,
attraverso lo strumento della
disapplicazione del regolamento, il
contrasto tra provvedimento e legge,
eventualmente annullando il provvedimento a
prescindere dell'impugnazione congiunta del
regolamento (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
5098/2007; 2183/2000) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.06.2009 n.
4064 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione e concessione - Impianto
di telecomunicazione - D.Lgs. 259/2003,
art. 93, comma 2 - Portata.
L'art. 93, comma 2, D.Lgs. 259/2003
preclude che il rilascio dell'autorizzazione
e la gestione dell'impianto di
telecomunicazione siano subordinati al
pagamento di importi ulteriori rispetto a
quelli ivi espressamente previsti, anche se
non preclude che l'amministrazione ex post
chieda al gestore il pagamento dell'importo
che abbia effettivamente speso per il
ripristino, che il medesimo gestore abbia
omesso di realizzare (cfr. Cons. di Stato,
sent. nn. 1005/2008; 1775/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.06.2009 n.
4064 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Soggetti in
situazione di stabile collegamento con area
interessata da intervento edilizio assentito
- Interesse a ricorrere - Sussiste.
2. Piano
Territoriale Paesistico Regionale - Esame
paesistico dei progetti - Mancanza -
Illegittimità.
1. Chi si trova in una situazione di stabile
collegamento -residenza, possesso o
detenzione di immobili, o altro titolo di
frequentazione- con la zona oggetto di
titoli edilizi rilasciati a terzi
dall'amministrazione è titolare di una
posizione di interesse che consente
l'impugnativa senza che sia richiesta la
prova di un danno specifico, essendo insito
nella violazione edilizia il danno a tutti i
membri di quella collettività (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 4528/2008).
2. Il progettista di un intervento edilizio,
deve determinare, sulla base dei criteri di
cui agli articoli 26 e 27 del P.T.P.R., l'entità dell'impatto paesistico
e cioè il superamento o meno della soglia di
rilevanza e della soglia di tolleranza.
Solo
in caso di non superamento della soglia di
rilevanza, i progetti potevano intendersi
automaticamente accettabili sotto il profilo
paesistico e potevano, quindi, essere
presentati all'amministrazione competente
per i necessari atti di assenso o per la
denuncia di inizio attività; in caso
contrario i progetti avrebbero dovuto
essere, altresì, corredati dalla relazione
paesistica di cui all'articolo 25, comma 6 P.T.P.R. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.06.2009 n.
4063 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Ricorso giurisdizionale - Interesse a
ricorrere - Varianti urbanistiche -
Condizioni - Pregiudizio effettivo o
potenziale.
2. Ricorso giurisdizionale - Varianti
urbanistiche - Interesse a ricorrere -
Condizioni - Vicinitas, prova della lesione
sofferta e prova della utilitas
perseguibile.
3. Pianificazione
urbanistica - Varianti parziali - Natura -
Provvedimento modellato sulle esigenze di
una singola proprietà - Illegittimità.
1. L'interesse all'impugnazione di atti di
pianificazione non può essere provato solo
con la situazione dello stabile collegamento
con la zona interessata dalle opere, ma
attraverso la dimostrazione del pregiudizio
effettivo o anche potenziale, ma
direttamente connesso all'adozione degli
atti gravati (cfr. TAR Milano, sent. n.
1551/2008).
2. Nell'ambito dell'interesse a ricorrere
avverso le varianti urbanistiche, oltre al
requisito della vicinitas, requisito che si
ritiene presupposto sufficiente invece per
l'impugnazione di un intervento edilizio, si
richiede la prova della lesione sofferta (la
possibile diminuzione di valore o la
peggiore qualità ambientale) e della
connessa utilitas ricavata dall'accoglimento
del ricorso.
3.
La pianificazione urbanistica è una attività
generale, che presuppone una scelta per
finalità rispondenti agli interessi di tutti
e ciò vale anche nel caso di varianti
parziali, interessanti parte del territorio:
pertanto viola i canoni dell'imparzialità e
della buona amministrazione la P.A. che
adotti un provvedimento modellato sulle
esigenze di una singola proprietà (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
16.06.2009 n.
4020 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Programmazione
urbanistica e programmazione commerciale -
Coordinamento - Necessità.
2. Programmazione
urbanistica e programmazione commerciale -
Variante al piano regolatore - Limitazioni
all'attività economica - Motivazione -
Necessità.
1. In tema di rapporto tra pianificazione e
attività commerciale vige il principio in
base al quale le due attività non possono
considerarsi disgiunte, ma devono essere
coordinate anche nella fase della
programmazione e della pianificazione (cfr.
TAR Milano, sent. n. 2993/2008).
2.
Una variante semplificata al piano
regolatore che introduca una limitazione
alla attività economica prima consentita,
imponendo quindi una regolamentazione
peggiorativa, necessita di una motivazione
che rappresenti le ragioni commerciali e
urbanistiche, che hanno indotto a detta
scelta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3971). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Proprietari di
terreni circostanti e adiacenti ad area
interessata da intervento edilizio assentito
- Criterio della "vicinitas" - Interesse a
ricorrere - Sussiste.
1. I proprietari di terreni circostanti e
adiacenti all'area interessata da un
intervento edilizio sono portatori, in base
al criterio del requisito della vicinitas,
di un interesse qualificato e sono,
pertanto, legittimati a ricorrere avverso i
titoli eventualmente rilasciati per la
realizzazione dell'intervento, che possano
comportare violazione delle norme
urbanistiche o edilizie o comportare un
peggioramento della qualità di vita della
zona stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
11.06.2009 n.
3970 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA:
Ricorso giurisdizionale - Piano
regolatore generale - Termine per
l'impugnazione - Dies a quo - Ultimo giorno
di pubblicazione.
Nel caso di impugnazione di delibera di
adozione del piano regolatore o di una sua
variante i termini decorrono dal momento in
cui il diretto interessato ne abbia
acquisito conoscenza, mentre la semplice
pubblicazione all'albo dell'atto
amministrativo ha la funzione di portare a
conoscenza della delibera i soggetti che non
ne sono direttamente contemplati; pertanto,
qualora il ricorrente non sia il soggetto
destinatario diretto della variante, la mera
pubblicazione all'albo è sufficiente a far
decorrere per lui i termini di impugnativa
(cfr. TAR Milano, sent. n. 363/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
11.06.2009 n.
3970 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Autorizzazione
paesaggistica - Motivazione - Necessità -
Sussiste - Ratio.
2. Autorizzazione
paesaggistica - Motivazione - Atti
presupposti - Possibilità - Sussiste.
1. Le autorizzazioni paesaggistiche devono
essere congruamente motivate in modo che
possa essere ricostruito l'iter logico che
ha condotto a ritenere le opere autorizzate
non lesive dei valori paesistici sottesi
all'imposizione del vincolo: in particolare,
l'autorità delegata deve motivare
l'autorizzazione in modo tale che emerga
l'apprezzamento di tutte le rilevanti
circostanze di fatto e la non manifesta
irragionevolezza della scelta effettuata
sulla prevalenza di un valore in conflitto,
diverso da quello tutelato in via primaria;
inoltre, pur se in sede di pianificazione
urbanistica sono valutati anche gli
interessi di rilievo paesistico ed
ambientale, nel corso del procedimento di
rilascio dell'autorizzazione paesistica
l'autorità delegata deve effettuare le
specifiche valutazioni richieste dall'art.
146 D.Lgs n. 42/2004, in considerazione
della distinzione, che emerge dalla
Costituzione, delle materie del paesaggio e
dell'urbanistica (cfr. TAR Liguria, sent. nn. 1408/2005; 1711/2006; Cons. di Stato,
sent. n. 6219/2005).
2.
La idonea motivazione necessaria per il
rilascio dell'autorizzazione paesaggistica
non deve ricercarsi unicamente nel
provvedimento conclusivo, essendo
sufficiente che dagli atti del procedimento
emerga la sussistenza di quella necessaria
approfondita ed esaustiva analisi
dell'impatto sui caratteri sottesi al
vincolo sussistente in zona (cfr. TAR
Genova, sent. n. 1426/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
11.06.2009 n.
3970 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento - Comunicazione di
avvio del procedimento - Revoca
provvedimento - Obbligo - Sussiste.
La comunicazione di avvio del procedimento
non può mancare nell'ambito di un
procedimento di ritiro di un provvedimento
favorevole per il privato in presenza di una
situazione di fatto controversa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3969). |
EDILIZIA PRIVATA:
1.
Ristrutturazione edilizia - Definizione -
Presupposti.
2.
Ristrutturazione edilizia - Rudere - E' area inedificata - Ristrutturazione -
Inconfigurabilità.
1. E' possibile attuare un intervento di
ristrutturazione edilizia (di demolizione e
ricostruzione) solo in quanto esista un
organismo edilizio dotato di mura
perimetrali, strutture orizzontali e
copertura in stato di conservazione tale da
consentire la sua fedele ricostruzione: non
è invece ravvisabile siffatto intervento nei
confronti di ruderi o edifici da tempo
demoliti, attesa la mancanza di elementi
sufficienti a testimoniare le dimensioni e
le caratteristiche dell'edificio da
recuperare (cfr. TAR Veneto, sent. n.
1667/2008).
2. Il concetto di ristrutturazione postula
necessariamente l'esistenza di un manufatto
da riedificare e consolidare dotato di mura
perimetrali, strutture orizzontali e
copertura per cui i ruderi, che non
possiedono tali elementi, sono da
considerarsi un'area non edificata (cfr.
Cass. Penale, sent. n. 36542/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
11.06.2009 n.
3968 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Procedimento SUAP - Giunta comunale - Incompetenza.
Il
procedimento attivato dinanzi allo Sportello
unico per le attività produttive è regolato
da una normativa di settore che non prevede
l'intervento della giunta, sfornita di
competenza al riguardo (nel caso di specie
il TAR ha annullato la deliberazione della
Giunta comunale con la quale era stata
ritirata la proposta di deliberazione
consiliare deputata all'approvazione della
variante urbanistica ex art. 5 D.P.R.
447/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3963). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Ricorso giurisdizionale -
Risarcimento danni - Annullamento atto
amministrativo - Obbligo della P.A. di
provvedere a rinnovazione o prosecuzione
dell'attività amministrativa secondo
statuizione del giudice - Esclude il
risarcimento.
Non spetta il risarcimento nelle ipotesi
in cui, in seguito dell'annullamento
giurisdizionale degli atti,
l'Amministrazione debba provvedere alla
rinnovazione o alla prosecuzione
dell'attività amministrativa secondo i
principi contenuti nella statuizione del
giudice (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
4971/2008; n. 4868/2008; 2564/2008;
7217/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3963). |
URBANISTICA:
1. Art. 13 Legge
1150/1942 - Comune acquirente di aree
ricomprese nel piano particolareggiato -
Possibilità - Sussiste - Ratio.
2. Edilizia residenziale pubblica -
Procedura selettiva per individuazione di
acquirenti più meritevoli con alienazione di
aree acquisite e cedute in proprietà in
regime di patrimonio disponibile -
Riconducibilità alle funzioni e
caratteristiche dei piani di edilizia
residenziale pubblica - Non sussiste.
1. L'art. 13 della Legge 1150/1942 definendo
unicamente finalità e contenuti del piano
particolareggiato non preclude ad un Comune
di rendersi acquirente delle aree che vi
sono comprese all'ulteriore scopo di
favorire, nell'accesso alla proprietà della
casa, fasce di popolazione meno agiate
(seppur prive dei requisiti di reddito per
l'assegnazione di alloggi di edilizia
residenziale pubblica), non potendosi
ritenere tale finalità estranea agli scopi
istituzionali degli enti territoriali
minori, che sono enti a fini generali (cfr.
artt. 3 e 13 decreto legislativo 18.08.2000 n. 267).
2.
Qualora il Comune si sia limitato ad
alienare, in esito ad una procedura
selettiva volta all'individuazione degli
acquirenti più meritevoli (per residenza nel
territorio comunale e mancanza di casa in
proprietà), aree acquisite e cedute in
proprietà, in regime di patrimonio
disponibile, tale operazione non è
riconducibile alle funzioni ed alle
caratteristiche dei piani di edilizia
residenziale pubblica, caratterizzati
dall'acquisizione di aree al patrimonio
indisponibile del Comune e dall'assegnazione
di alloggi (già edificati) a soggetti non
abbienti scelti con procedure di evidenza
pubblica (in base al reddito e alla
consistenza del nucleo familiare), che
divengono detentori degli alloggi in regime
di locazione non privo di riflessi di
carattere pubblicistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3962 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo -
Procedimento necessario derivante da
precedente attività amministrativa
conosciuta dall'interessato - Comunicazione
di avvio - Necessità - Non sussiste.
In applicazione del principio del
raggiungimento dello scopo, la comunicazione
di avvio del procedimento amministrativo ex
art. 7 L. 241/1990 non è necessaria quando
il procedimento consegue con un preciso
nesso di derivazione necessaria da una
precedente attività amministrativa già
conosciuta dall'interessato (cfr. TAR Roma,
sent. n. 6188/2007; Cons. di Stato, sent. n.
2823/2001) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3961 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Sanzione pecuniaria - Natura reale -
Conseguenze - Obbligo di pagamento per
l'attuale proprietario - Legittimità.
2. Abusi -
Procedimento per l'applicazione di sanzione
pecuniaria conseguente all'accertata e
inibita violazione - Riapertura termini per
l'impugnazione dei relativi atti
precedentemente emanati dalla P.A. -
Possibilità - Non sussiste.
1. La sanzione pecuniaria comminata in
relazione ad abusi edilizi non ha natura
personale, ma reale ed ha funzione ripristinatoria dell'ordine urbanistico
violato: ne consegue che tenuto al pagamento
della stessa è l'attuale proprietario del
bene, ancorché avente causa dall'originario
autore dell'abuso, per cui la relativa
ordinanza deve essere notificata a colui che
risultava proprietario al momento
dell'emanazione del provvedimento
sanzionatorio (cfr. TAR Napoli, sent. n.
7393/2006).
2. In caso di emanazione di provvedimento
inibitorio della d.i.a. assistito da
sufficiente e congrua motivazione, la
successiva apertura di un procedimento per
l'applicazione di una sanzione pecuniaria
conseguente all'accertata violazione non
comporta la riapertura dei termini per
l'impugnazione degli atti con i quali
l'amministrazione abbia anticipato agli
interessati le proprie decisioni in materia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3961 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanza ingiunzione - Sanzione
ex D.P.R. 380/2001 - Opposizione -
Giurisdizione G.A. - Sussistenza.
L'opposizione all'ordinanza-ingiunzione con
la quale sia stata irrogata una sanzione
amministrativa prevista dal D.P.R. 380/2001
per violazione edilizia rientra nella
materia dell'urbanistica, non potendosi
distinguere in materia edilizia tra
provvedimenti autorizzativi e sanzionatori,
stante la strumentalità dei secondi rispetto
ai primi, ed è quindi devoluta alla
giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 34
D. Lgs. 80/1998, come modificato dall'art. 7
L. 205/2000; né vale in contrario il fatto
che si tratti di sanzione amministrativa,
disciplinata dalla L. 689/1981, poiché
l'art. 22-bis della L. 689/1981 -che
prevede la devoluzione al tribunale
ordinario del giudizio di opposizione ad
ordinanza-ingiunzione in materia di
urbanistica ed edilizia- fa salve,
all'ultimo comma, le diverse competenze
stabilite dalla legge, fra le quali
certamente rientra quella di cui al
menzionato art. 34 (Cassaz. Civile, Sez.
Unite, sent. n. 6525/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3960). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Volumi tecnici
- L.R. n. 26/1995, art. 2, comma 1, - Limiti
di altezza - Deroghe - Inammissibilità.
2. Concessione di
costruzione - Variante - Variante in corso
d'opera - Limiti.
3. Opere eseguite
in parziale difformità dal titolo concessorio - Volume eccedente - Sanzione -
Calcolo.
1. L'art. 2, comma 1, legge Regione
Lombardia n. 26/1995 consente lo scomputo
dei tamponamenti perimetrali e dei muri
perimetrali portanti, nonché dei
tamponamenti orizzontali e dei solai che
comportino spessori complessivi sia per gli
elementi strutturali che sovrastrutturali
superiori a centimetri 30, ma ai soli fini
del calcolo dei volumi e dei rapporti di
copertura: la norma non consente dunque
alcuna deroga al limite dell'altezza massima
prevista dagli strumenti urbanistici.
2. Ex art. 15, Legge 47/1985 perché si abbia
variante in corso d'opera, è necessario che
l'intervento sia conforme agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti (conformità che, nel caso di specie,
non sussiste, attesa la violazione del
limite massimo di altezza previsto dalle n.t.a. del p.r.g.) e che non comporti
modifiche della sagoma (cfr. TAR Milano,
sent. n. 2043/2008).
3.
In caso di interventi eseguiti in parziale
difformità dal permesso di costruire,
qualora l'incremento dell'altezza del
fabbricato comporti la realizzazione di un
volume eccedente rispetto a quello
assentito, l'amministrazione calcola la
sanzione moltiplicando il costo di
produzione determinato ai sensi della L.
392/1978 per i metri cubi realizzati in
eccesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3959 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione in
sanatoria - Condono - Rilascio - Parere
della commissione edilizia - Necessità - Non
sussiste.
Ai fini del rilascio della concessione
edilizia in sanatoria non è obbligatorio, al
più facoltativo, il parere della commissione
edilizia e ciò in considerazione della
specialità del procedimento di condono
edilizio rispetto all'ordinario procedimento
di rilascio della concessione edilizia e
l'assenza di una specifica previsione in
ordine alla sua necessità (cfr. Cons. di
Stato, sent. nn. 3282/2008; 5153/2007;
TAR Milano, sent. n. 4045/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2009 n.
3958 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi -
Sanzioni - Acquisizione al patrimonio
comunale degli immobili abusivi -
Giurisdizione amministrativa e giurisdizione
ordinaria - Discrimen.
La conclusione del procedimento
amministrativo sanzionatorio, a seguito
dell'esercizio del potere ablatorio e
dell'avvenuta acquisizione al patrimonio
comunale degli immobili costruiti senza
concessione edilizia, quale effetto
automatico della inottemperanza, funge da "discrimen"
tra giurisdizione amministrativa e
giurisdizione ordinaria, con la conseguenza
che, qualora il ricorrente, come nel caso di
specie, adduca il proprio diritto di
proprietà sull'area, in quanto la
trascrizione sarebbe avvenuta senza i
presupposti di legge, la controversia spetta
alla cognizione del giudice ordinario perché
essa implica la contestazione della
trascrizione e quindi riguarda la tutela di
posizioni di diritto soggettivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.06.2009 n.
3943). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Intervento di ampliamento -
Nozione.
2. Ristrutturazione edilizia -
Ristrutturazione "pesante" - Nozione.
1.
La nozione di ampliamento di un edificio
presuppone quanto meno la conservazione del
fabbricato preesistente, che si accresca di
nuovo volume (nel caso di specie il TAR ha
escluso che si potesse parlare di
ampliamento avendo il ricorrente demolito
integralmente l'edificio preesistente
eccezion fatta per una porzione di muro).
2.
La ristrutturazione edilizia "pesante"
ben può comportare, ai sensi dell'art. 10
del testo unico dell'edilizia, la
trasformazione dell'organismo preesistente,
ma non postula la sua demolizione integrale;
laddove invece vi sia demolizione integrale
seguita da ricostruzione, l'intervento in
tanto è assimilabile ad una ristrutturazione
in quanto la ricostruzione sia fedele, si
mantenga cioè nei limiti dell'organismo
originario, ex art. 3, primo comma, lettera
d), testo unico (cfr. Cons. di Stato, sent.
n.n. 4256/2008; 4002/2008; 5214/2007;
7445/2006; Cass. Pen., sent. n. 35933/2008)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.06.2009 n. 3939 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi -
Sanzioni - Acquisizione gratuita -
Estensione - Parametri.
Poiché la sanzione va commisurata
all'abuso edilizio commesso, l'estensione
dell'immobile da acquisire deve essere parametrata
alla nuova costruzione, a prescindere dalla
preesistente costruzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2009 n.
3939 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzione -
Nozione.
La
nozione di costruzione comprende qualsiasi
opera non completamente interrata avente i
caratteri della solidità ed immobilizzazione
rispetto al suolo (cfr. Cass. Civile, sent.
n. 25837/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2009 n.
3938). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Sanzioni - In assenza di elementi indicativi
del carattere sostanziale dell'abuso -
Sanzione pecuniaria.
2. D.I.A. -
Ordinanza di demolizione - Legittimità.
1. La sanzione pecuniaria è applicabile solo
in assenza di elementi indicativi del
carattere sostanziale dell'abuso, che
comprovino cioè la non conformità
dell'intervento alla disciplina edilizia
urbanistica.
2. Legittimamente il Comune ha irrogato la
sanzione demolitoria per un'opera abusiva
realizzabile in base a denuncia di inizio
attività, in base al combinato disposto
degli articoli 31 e 37 del Testo Unico per
l'edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2009 n.
3938). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
1. Legittimazione all'impugnativa
delle delibere dell'organo cui appartengono
solo in forza della carica ricoperta - Non
sussiste - Ratio.
2. Legittimazione all'impugnativa
delle delibere dell'organo cui appartengono
- Contro atti incidenti in via diretta sul
loro diritto all'ufficio - Sussiste.
3. Legittimazione all'impugnativa di
provvedimento normativo di modifica della
composizione dell'organo - Sussiste.
4. Legittimazione all'impugnativa
avverso atti giuntali invasivi della sfera
del consiglio comunale - Sussiste.
1. I consiglieri comunali non sono
legittimati, in quanto tali, ad agire contro
l'Amministrazione d'appartenenza, in quanto
il processo amministrativo non è di regola
aperto alle controversie tra organi o
componenti di organi di uno stesso ente, ma
è diretto a risolvere controversie
intersoggettive, i conflitti interorganici
trovando piuttosto composizione in via
amministrativa (nel caso di specie il TAR ha
dichiarato inammissibile il ricorso proposto
avverso la delibera di adozione di un PII in
variante al PRG presuntamente approvato in
contrasto con una disposizione legislative
appena introdotta dal momento che i
consiglieri non hanno dimostrato di essere
stati lesi nelle loro competenze in quanto
l'organo di cui fanno parte ha in ipotesi
esteso le sue competenze a casi in cui non
avrebbe potuto deliberare).
2. Il consigliere comunale, come ogni membro
di un organo collegiale, è legittimato a
ricorrere contro il Comune soltanto qualora
vengano in rilievo atti incidenti in via
diretta sul suo diritto all'ufficio, ossia
solo per quelle deliberazioni collegiali che
investano direttamente la sua sfera
giuridica o quando le norme che attengono al
procedimento formativo dell'atto collegiale
siano state violate in modo tale che egli
non sia stato posto in condizione di poter
svolgere regolarmente il proprio ufficio
(cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 1437/1955;
40/1972; TAR Lecce, sent. n. 3785/2002;
TAR Pescara, sent. n. 218/1999; TAR
Toscana, sent. n. 526/2004).
3. La legittimazione dei consiglieri
comunali all'impugnazione delle delibere
dell'organo cui appartengono risulta estesa
all'impugnazione di alcuni atti normativi,
quali un provvedimento di modifica della
composizione dell'organo, al fine di
tutelarne il funzionamento nella sua
corretta composizione (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 493/1979).
4.
Sussiste la legittimazione a ricorrere del
consigliere comunale avverso atti giuntali
invasivi della sfera del consiglio comunale
(cfr. TAR Lombardia, sent. n. 884/1996; TAR
Lazio, sent. n. 1650/1990; TAR Pescara,
sent. n. 218/1999; TAR Lecce, sent. n.
317/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 08.06.2009 n.
3936). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Legittimazione all'impugnativa
delle delibere dell'organo cui appartengono
per qualsiasi vizio di forma o procedura -
Non sussiste.
Deve escludersi una legittimazione
generalizzata dei consiglieri comunali ad
impugnare le delibere dell'organo cui
appartengono per qualsivoglia vizio di forma
o di procedura e tantomeno di sostanza,
mentre in capo ai medesimi sussiste la
legittimazione e l'interesse a denunciare
quelle violazioni procedimentali che
comportino una menomazione delle loro
prerogative - cfr. TAR Milano, sent. n.
984/2009 (nel caso di specie il TAR ha
dichiarato inammissibile il ricorso proposto
da alcuni consiglieri comunali avverso gli
atti di approvazione del PGT dal momento che
gli stessi avevano sollevato a carico delle
delibere impugnate non già vizi procedurali
lesivi dello jus ad officium, ma vizi
intrinseci di carattere sostanziale,
riconducibili a un difetto di presupposto) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 08.06.2009 n.
3935). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Ricorso giurisdizionale - Impugnazione
provvedimento del Commissario del Governo ex
art. 141 D.LGS. n. 267/2000 - Notificazione
al Comune in persona del rappresentante
legale in carica - Ammissibilità.
2. Ricorso giurisdizionale - Principio della
necessaria preventiva impugnazione dell'atto
presupposto - Portata - Impugnabilità
autonoma dell'atto consequenziale per vizi
propri - Possibilità - Sussiste.
3. Ricorso giurisdizionale - Improcedibilità
per acquiescenza - Quando sussiste.
4. Atto amministrativo - Regolamento -
Natura - Autonoma impugnabilità - Non
sussiste - Regolamenti c.d. volizione-azione
- Autonoma impugnabilità - Sussiste.
5. Atto amministrativo - Comunicazione di
avvio del procedimento - Attività della P.A.
diretta alla emanazione di atti normativi -
Avviso - Necessità - Non sussiste.
6. Enti locali - Commissario del Governo ex
art. 141 D.LGS. n. 267/2000 - Nozione -
Poteri.
1. Il Commissario del Governo nominato ai
sensi dell'art. 141 D.LGS. n. 267/2000 è un
organo -sia pure straordinario- del
Comune: le impugnazioni proposte avverso i
provvedimenti adottati da tale organo vanno
pertanto notificate al Comune, in persona
del rappresentante legale in carica, che può
essere lo stesso commissario ovvero il
sindaco, ove al momento della notifica si
siano già insediati gli organi ordinari
dell'Amministrazione Comunale (cfr. TAR
Lecce, sent. n. 3647/2005; Tribunale Sup.re
Acque, sent. n. 40/1994; TAR Pescara,
sent. n. 570/2007).
2. Il principio della necessaria preventiva
impugnazione dell'atto presupposto vale solo
quando si deducono vizi propri di quell'atto
che si riflettono sull'atto consequenziale
ovvero se l'assetto degli interessi
coinvolti sia stato comunque definito
dall'atto presupposto non impugnato: ciò non
esclude l'autonoma impugnabilità dell'atto
consequenziale per vizi suoi propri e
relativamente a situazioni nelle quali la
definizione del pubblico interesse non sia
stata consolidata dall'atto collegato per
presupposizione (cfr. Cons. di Stato, sent.
n. 721/2000).
3. Il ricorso è improcedibile per
acquiescenza solo in caso di comportamento
chiaro ed inequivocabile, liberamente posto
in essere dalla parte prima della
proposizione del ricorso, dal quale possa
evincersi l'irrefutabile volontà di
accettare gli effetti di determinazioni
amministrative sfavorevoli, rinunciando a
far valere contro di esse eventuali motivi
di impugnativa.
4. I regolamenti sono atti formalmente
amministrativi ma sostanzialmente normativi
e contengono, di regola, prescrizioni
generali ed astratte: per tale ragione, non
essendo idonei ad incidere direttamente
sulla sfera giuridica dei destinatari,
possono essere impugnati solo unitamente al
provvedimento che ne costituisca la concreta
applicazione.
Tuttavia i c.d. regolamenti
volizione-azione contengono previsioni che
incidono direttamente sulla sfera soggettiva
dei destinatari: in tali casi l'insorgere
dell'interesse a ricorrere è immediato e non
deve attendere l'adozione dell'atto
applicativo.
5. Ai sensi dell'art. 13, Legge n. 241/1990,
le norme sulla partecipazione procedimentale
non si applicano nei confronti dell'attività
della P.A. diretta alla emanazione di atti
normativi, quali, nella sostanza, sono i
regolamenti.
6. Il commissario straordinario, nominato ex
art. 141, D.Lgs. n. 267/2000, è l'organo
straordinario chiamato a reggere il comune
dopo lo scioglimento del Consiglio comunale,
in sostituzione degli organi ordinari, ed
adotta tutti i provvedimenti di competenza
degli organi di governo dell'Ente fino alla
ricostituzione degli organi elettivi (salvo
eventuali limitazioni dettate, caso per
caso, dal provvedimento di nomina) (cfr.
C.G.A., 02.05.2001, n. 290; Cons. di Stato,
sent. n. 7749/2004; TAR Bari, sent. n.
672/2008): i poteri del commissario si
estendono, pertanto, a tutti gli atti di
gestione dell'ente, siano essi di ordinaria
o di straordinaria amministrazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 08.06.2009 n.
3934 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Pianificazione
urbanistica comunale - Strumento urbanistico
comunale - Parere di compatibilità con PTCP
- Competenza della Giunta Provinciale -
Sussiste.
2. Pianificazione
urbanistica comunale - Parere di
compatibilità con PTCP - Parere con
indicazioni a tutela ambientale -
Legittimità.
3. Procedimento
approvazione strumento urbanistico comunale
- Modifiche regionali d'ufficio e modifiche
facoltative - In assenza di sostanziali
innovazioni - Obbligo di riadozione e
ripubblicazione - Non sussiste.
4. Pianificazione
urbanistica comunale - Modifiche sostanziali
- Nozione - Modifica di destinazione
riguardante area specifica e ristretta - Non
è modifica sostanziale.
5. Pianificazione
urbanistica comunale - Atto di approvazione
- E' atto discrezionale - Provvedimenti
limitativi della capacità edificatoria -
Obbligo di motivazione - Non sussiste - In
caso di interessi qualificati - Sussiste.
6. Pianificazione
urbanistica comunale - Possibilità di
discostarsi dalle prescrizioni del PTCP in
modo più restrittivo - Sussiste - Ratio.
1. Rientra nella competenza della giunta
provinciale l'emissione del parere di
compatibilità dello strumento urbanistico
comunale con il Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 3333/2009).
2. Non può ritenersi illegittimo un parere
di compatibilità che non si limiti a dettare
prescrizioni di adeguamento correlate alle
previsioni del PTCP aventi efficacia
prevalente e vincolante, ma contenga anche
raccomandazioni affinché il Comune riveda le
proprie previsioni con riguardo alla tutela
ambientale: ciò in quanto tali indicazioni
ben si rapportano a quella funzione di
"orientamento, indirizzo e coordinamento"
che l'art. 2, quarto comma, della L.R.
12/2005 attribuisce espressamente al piano
territoriale regionale ed ai PTCP.
3. In tema di modifiche a strumenti
urbanistici comunali apportate dalla Regione
o su impulso della Regione non si impone la riadozione o la ripubblicazione del piano o
della variante né quando si tratti di
modifiche obbligatorie, introdotte d'ufficio
dalla Regione per assicurare il rispetto del
PTCP, né quando si tratti di modifiche
"facoltative" prive di carattere
sostanziale, effettuate dalla Regione o dal
Comune per effetto del recepimento di
raccomandazioni regionali (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 925/2008; cfr. TAR
Milano, sent. n. 197/2009).
4. Le modifiche che determinano innovazioni
sostanziali sono quelle di rilevante entità
che alterano i canoni guida del piano
adottato (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
3518/2008; 925/2008; 259/2005): non riveste
tale carattere una modifica di destinazione,
riguardante un'area specifica e ristretta,
che, variando la previsione iniziale di
edificabilità, restituisca all'area quel
carattere di inedificabilità che essa ha
sempre avuto.
5. L'atto di approvazione dello stramento
urbanistico comunale ha un suo contenuto
specifico di discrezionalità e una
discrezionalità molto ampia caratterizza in
genere le scelte pianificatorie: pertanto,
salvo il caso in cui esistano interessi
qualificati, non v'è obbligo per il Comune
di motivare le scelte che riducono o
escludono la capacità edificatoria (cfr.
TAR Milano, sent. n. 197/2009).
6. La discrezionalità dell'Amministrazione
Comunale nell'approvazione dello strumento
urbanistico comunale può discostarsi, in
modo più restrittivo, dalle prescrizioni del PTCP: il quale pone un limite minimo
(negativo) alla discrezionalità
programmatoria del Comune, nel senso che
questo non può attenuare la tutela
ambientale ampliando le facoltà di
edificazione; ma non esclude (in positivo)
che la previsione pianificatoria comunale
possa legittimamente dislocarsi, rispetto al
piano provinciale, in termini concretamente
più rigorosi in relazione alle finalità
ambientali (cfr. Cons. di Stato IV, sent. nn.
5058/2007 e 5041/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 01.06.2009 n.
3884,
n. 3885,
n. 3886,
n. 3887 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Discrezionalità
delle scelte pianificatorie della Pubblica
Amministrazione- Individuazione estensione
della classificazione di aree - Sussistenza.
2. Procedimento amministrativo -
Accoglimento osservazioni - Posizione di
aspettativa qualificata all'edificabilità di
un'area- Non sussiste.
1. La discrezionalità dell'Amministrazione
nelle scelte pianificatorie non si limita
alla destinazione delle varie aree, ma anche
all'estensione della classificazione delle
stesse, pur nell'ambito dei limiti di
ragionevolezza e logicità, l'Amministrazione
una volta scelto di rendere edificabile
un'area, ben può delimitarne l'estensione.
2.
Per il solo effetto dell'accoglimento delle
osservazioni non può riconoscersi, in capo a
chi tali osservazioni ha presentato, una
posizione di aspettativa qualificata
all'edificabilità di un'area, atteso che non
è infatti equiparabile la posizione di colui
a cui viene accolta l'osservazione a quelle
derivanti da pronunce giurisdizionali
passate in giudicato oppure da accordi
intervenuti con l'ente locale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.05.2009 n.
3870 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Preavviso di
rigetto - Ex art. 10-bis della L. n.
241/1990 - Indicazione nella comunicazione
di una norma diversa (art. 7 della l. n.
241/1990) - Irrilevanza nel caso in cui la
comunicazione abbia raggiunto il suo scopo.
2. Procedimento che si
protrae oltre i termini di legge - Qualora
il decorso dei termini legali non produce
effetti automatici - Non inficia il
provvedimento finale fondato su legittime
motivazioni.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento
dei danni - Derivanti dal ritardo della P.A.
- Tutela degli interessi pretensivi -
Risarcimento per equivalente - Qualora
l'interesse pretensivo abbia ad oggetto la
tutela di interessi sostanziali suscettibili
di appagare un "bene della vita" -
Provvedimento di segno negativo emanato in
ritardo il quale risulti legittimo -
Risarcimento del danno - Non sussiste.
1. E' irrilevante il richiamo, contenuto
nella comunicazione recante un preavviso di
rigetto, all'art. 7 anziché all'art. 10-bis
L. n. 241/1990, nel caso in cui l'erroneo
richiamo normativo non abbia non abbia
impedito a detta comunicazione di assolvere
alla funzione sua propria, cioè quella di
segnalare alla parte la ragione del diniego,
ponendola in condizione di poter
interloquire con l'Amministrazione.
2. Quando il decorso dei termini legali non
produce effetti automatici
(silenzio-assenso, silenzio-rigetto,
silenzio-rifiuto, ecc.), la circostanza che
un procedimento si protragga oltre i termini
di legge, o che l'Amministrazione muti
avviso dopo un inizio promettente, non è di
per sé idonea ad inficiare una
determinazione finale che risulti fondata su
legittime motivazioni.
3. Il ritardo nell'adempimento degli
obblighi procedimentali non comporta per ciò
solo il risarcimento dei danni per
responsabilità dell'Amministrazione, dal
momento che il sistema di tutela degli
interessi pretensivi consente il
risarcimento per equivalente a carico della
P.A. solo quando l'interesse pretensivo
abbia ad oggetto la tutela di interessi
sostanziali, come nel caso di mancata
emanazione o di ritardo nell'emanazione di
un provvedimento vantaggioso per
l'interessato, suscettibile di appagare un "bene
della vita".
Detta situazione non è ravvisabile nel caso
in cui un provvedimento di segno negativo,
ancorché emanato con ritardo, risulti
legittimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 27.05.2009 n.
3859 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Permesso di
costruire - In zona industriale ed
artigianale - Provvedimento di diniego
motivato con riferimento al fatto che le
opere previste in progetto sotto il profilo
morfologico e delle caratteristiche
intrinseche hanno natura residenziale o
terziaria - Legittimità - Sussiste.
2. NTA al PRG -
Previsione soltanto del rispetto di alcuni
parametri - Potere discrezionale
tecnico-amministrativo del Comune di
valutare la coerenza tra le caratteristiche
architettoniche delle opere previste in
progetto e la destinazione funzionale
prevista dal PRG per l'area di intervento -
Sussiste.
1. E' legittimo un provvedimento che nega il
rilascio di un permesso di costruire
motivato con riferimento al fatto che la
domanda di permesso di costruire ha ad
oggetto la realizzazione, su un'area
ricadente in una zona destinata unicamente
ad insediamenti industriali ed artigianali,
di opere che, sotto il profilo morfologico e
delle destinazioni d'uso dichiarate,
comporterebbero la realizzazione, in
contrasto con il PRG vigente, di un
complesso edilizio con caratteristiche
architettoniche di tipo residenziale o
terziario (abitazioni o uffici), il che non
può legittimamente realizzarsi senza una
variante allo strumento urbanistico.
2. Sebbene le norme tecniche d'attuazione al PRG si limitino a fissare allo svolgimento
dell'attività edilizia in zona industriale
determinati parametri (distanze, altezze,
indici di fabbricabilità, rapporti
percentuali tra destinazioni ammesse, ecc.)
e nulla disponga in ordine alla tipologia
delle costruzioni, residua tuttavia al
Comune uno spazio di discrezionalità
tecnico-amministrativa che consente di
valutare la coerenza tra le caratteristiche
architettoniche degli edifici progettati e
la destinazione funzionale prevista dal PRG
per l'area d'intervento.
E ciò, anche allo
scopo di scongiurare la proliferazione di
una forma di abusivismo tipica delle zona
industriali dismesse che gli strumenti
attuali non consentono di arginare
efficacemente (relativo alla realizzazione
dei c.d. "loft") (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 27.05.2009 n.
3859 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Variante
parziale al PRG - Esame congiunto di due
osservazioni con il medesimo contenuto
provenienti da due soggetti diversi -
Violazione dell'obbligo di motivazione
analitica - Non sussiste.
2. Art. 100 L.R.
n. 12/2005 - Criterio di equivalenza tra i
termini PRG e PGT - Non comporta
l'estensione automatica delle disposizioni
dettate per il PGT al PRG previgente.
3. Procedimenti di
varianti ex art. 2 comma 2 L.R. n. 23/1997 -
Costituiscono procedimenti a termine ai
sensi dell'art. 25, comma 1 della L.R. n.
12/2005 e s.m.i. sino all'adeguamento dei
PRG o all'approvazione dei PGT - Possibilità
di eterointegrarli con disposizioni di cui
alla L.R. n. 12/2005 dettate per le varianti
al PGT - Non sussiste.
1. L'esame congiunto di due osservazioni
aventi il medesimo contenuto, seppure
provenienti da soggetti diversi, non viola
l'obbligo di motivazione analitica delle
osservazioni, né costituisce un ostacolo
alla funzione collaborativa assegnata alle
osservazioni stesse.
2. La formulazione letterale dell'art. 100
della L.R. n. 12/2005 e s.m.i. in cui il
legislatore regionale ha semplicemente
introdotto il criterio di equivalenza tra i
termini PRG e PGT, per cui le norme statali
o regionali in cui si utilizza il termine
PRG vanno oggi applicate anche verso il PRT,
non comporta l'estensione automatica delle
disposizioni dettate per il PGT al PRG
vigente.
3. I procedimenti di variante ex art. 2,
comma 2 della L.R. n. 23/1997 costituiscono
un procedimento "a termine", atteso che la
loro applicazione viene fatta salva
dall'art. 25, comma 1 della L.R. n. 12/2005
sino all'adeguamento dei PRG ovvero sino
all'approvazione dei PGT.
Detto
procedimento, per sua natura speciale,
derogatorio rispetto alla procedura
ordinaria del PRG, non può essere
eterointegrato con disposizioni dettate per
le varianti al PGT, disciplinate dalla L.R.
n. 12/2005 (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.05.2009 n.
3784 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Approvazione
piano di recupero - Carenza di
legittimazione ed interesse a ricorrere -
Proprietà interessate dalla previsioni
viabilistiche - Non sussiste.
E' legittimato a ricorrere contro gli
atti urbanistici il proprietario delle aree
il cui ius aedificandi sia stato inciso
dalla scelte operate dalla pubblica
amministrazione in sede di adozione del
piano. Egli, infatti, ha un interesse
differenziato e qualificato al mantenimento
della situazione giuridica dei fondi di sua
proprietà oggetto dell'azione
amministrativa, come dimostrato dall'art. 9
L. n. 1150/1942, che estende la
legittimazione alla possibilità di
presentare delle osservazioni ai piani
generali anche ai proprietari di aree incise
dal piano, e dall'art. 15, c. 3, L. n.
1150/1942 con riferimento ai piani
particolareggiati e, più in generale, a
tutti i piani attuativi, secondo il quale
possono essere presentate opposizioni dai
proprietari di immobili compresi nei piani.
Nella specie non incide sull'interesse a
ricorrere la clausola introdotta nella
deliberazione di approvazione del piano di
potere, in caso di mancata acquisizione
delle aree, optare per la realizzazione di
un'opera di viabilità alternativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.05.2009 n.
3782 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Approvazione piano di recupero -
Violazione dell'obbligo di astensione da
parte dei consiglieri ex art. 78 D.lgs.
267/2000 - Presupposti - Sussiste.
Il disposto dell'art. 78, c. 2, d.lgs. n.
267/2000, secondo cui gli amministratori di
cui all'art. 77, c. 2, devono astenersi dal
prendere parte alla discussione ed alla
votazione di delibere riguardanti interessi
propri o dei loro parenti o affini sino al
quarto grado comprende ogni situazione di
conflitto o contrasto di situazioni
personali, comportante una tensione della
volontà verso una qualsiasi utilità che si
possa ricavare dal contribuire all'adozione
di una delibera.
La violazione dell'obbligo sussiste non solo
nel caso di partecipazione alla votazione
del consigliere in conflitto di interessi,
ma anche nel caso di partecipazione alla
discussione, e pur quando la votazione non
potrebbe avere altro apprezzabile esito.
Nella materia urbanistica, il conflitto di
interessi non è peraltro escluso
nell'ipotesi che nessun concreto beneficio
economico scaturisca per gli immobili di
proprietà dei consiglieri o dei loro
prossimi congiunti ai fini
dell'incompatibilità essendo sufficiente che
sussista una relazione personale tra
l'oggetto dell'atto e l'amministratore,
secondo una regola di carattere generale che
non ammette eccezioni e ricorre anche
qualora la scelta discrezionale adottata sia
in concreto la più utile e la più opportuna
per lo stesso interesse pubblico in quanto
la condotta di un amministratore che
utilizza il suo incarico pubblico per
regolare gli interessi propri e dei propri
parenti comporta comunque una lesione
dell'imparzialità dell'amministrazione e
della sua immagine che la legge intende
evitare con un giudizio ex ante in astratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.05.2009 n.
3782 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Tempus regit
actum - Rilascio dei titolo abilitativi
edilizi - Applicazione della disciplina
vigente al momento del rilascio - Sussiste.
2. Presupposto
ristrutturazione edilizia - Esistenza
edificio con mura perimetrali, strutture
orizzontali e copertura - Necessità.
3. Destinazione
area che consente la realizzazione da parte
di privati di opere di interesse pubblico -
Vincolo conformativo e non espropriativo -
Sussiste.
4. Giustizia amministrativa - Interesse a
ricorrere- Attuale personale e concreto -
Necessità.
5. Silenzio
formatosi sulla istanza di permesso di
costruire ex art. 20 del D.P.R. n. 380/2001
- Natura di silenzio inadempimento e non di
rigetto - Sussiste - Ammissibilità
dell'intervento sostitutivo regionale -
Sussiste.
6. Diniego di
permesso ci costruire adottato dopo la
scadenza del termine per il maturarsi del
silenzio inadempimento - Legittimità.
1. In virtù del principio
tempus regit actum,
la sussistenza delle condizioni per il
rilascio del nuovo titolo abilitativo deve
essere vagliata alla luce della disciplina
in vigore al momento della sua adozione. Non
assume dunque rilievo la disciplina vigente
all'epoca del rilascio dell'originario
permesso di costruire che, con riferimento
alla parte di intervento non ultimata deve
essere considerato decaduto.
2. Presupposto della ristrutturazione
edilizia è l'esistenza di un fabbricato da
ristrutturare ossia un edificio con mura
perimetrali, strutture orizzontali e
copertura.
3. Costituisce espressione di potestà conformativa e non espropriativa la
destinazione di un'area che consente la
realizzazione da parte di privati di opere e
strutture intese all'effettivo godimento
dell'ambiente.
4. L'interesse a ricorrere deve essere
personale, attuale e concreto.
5. Il silenzio formatosi sulla richiesta di
permesso di costruire ex art. 20 del D.P.R.
n. 380/2001 costituisce un' ipotesi di
silenzio-inadempimento impugnabile ex art.
21-bis L n. 1034/1971 e non di silenzio
rigetto, è pertanto ammissibile avverso tale
silenzio inadempimento l'intervento
sostitutivo regionale che non sarebbe
ammissibile se tale silenzio fosse
configurabile come provvedimento tacito di
rigetto.
6.
E' legittimo il provvedimento di diniego di
permesso di costruire adottato dopo la
scadenza del termine stabilito dalla legge
per la formazione del
silenzio-inadempimento, essendo tale termine
previsto al fine di consentire alla parte
interessata di sollecitare l'intervento
sostitutivo regionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.05.2009 n.
3781 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. D.i.a. in
sanatoria - Variante in corso d'opera -
Obbligo di preventivo esame rispetto
all'adozione di misure repressive di abusi
edilizi - Sussiste - Obbligo di preventivo
esame anche nel caso di accertamento di
abusi prima della presentazione della
variante - Sussiste.
2. Motivazione
dell'atto amministrativo - Divieto di
integrazione ex post in giudizio della
motivazione - Non può essere eluso dalla
presentazione di una relazione da parte di
tecnico incaricato dal Comune.
3. L.R. 26/1995 -
Modifica dell'altezza realizzata in sua
applicazione - Incidenza sul volume e sui
parametri urbanistici - Non sussiste.
1. La presentazione di una d.i.a. in
sanatoria (o variante in corso d'opera)
produce infatti l'effetto che
l'Amministrazione non può adottare misure
repressive di abusi edilizi senza aver prima
vagliato la dichiarazione di inizio di
attività e, ciò, all'evidenza, per non
correre il rischio che, portata ad
esecuzione l'ingiunzione a demolire,
risulterebbe vanificato un eventuale
provvedimento di accoglimento della variante
in sanatoria con il conseguente
riconoscimento della legittimità di un opera
ormai non più esistente.
Tale obbligo
sussiste anche nel caso in cui, prima della
presentazione della variante al progetto, le
opere siano state considerate abusive
dall'amministrazione in quanto non conformi
alla normativa urbanistica e quindi oggetto
di un provvedimento di demolizione. Anche in
questo caso, infatti, l'Amministrazione deve
valutare la sanabilità dell'opera sia nel
caso in cui l'interessato presenti istanza
di accertamento di conformità sia nel caso
in cui presenti variante in corso d'opera.
2. La prospettazione per la prima volta in
giudizio delle ragioni che hanno
effettivamente determinato la scelta
amministrativa controversa si rivela
confliggente con il divieto di integrazione
ex post della motivazione dell'atto
impugnato, né a tale scopo può sovvenire la
relazione tecnica presentata da un tecnico
incaricato dal Comune.
3. La L.R.
26/1995, disponendo che i volumi creati in
conformità alle sue disposizioni non vanno
computati a diversi fini, permette di
escludere che le modifiche di altezza
incidano sul volume e sui parametri
urbanistici (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.05.2009 n.
3776 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo concessorio commisurato agli oneri di
urbanizzazione - Natura di contributo
paratributario, ossia di corrispettivo di
diritto pubblico commisurato al beneficio
che tra il privato dal titolo abilitativo
edilizio - Sussiste.
Il contributo concessorio
commisurato agli oneri di urbanizzazione ha
natura di contributo paratributario, ossia
di corrispettivo di diritto pubblico dovuto
dal beneficiario della concessione edilizia,
a titolo di partecipazione -in proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae- ai costi delle opere
di urbanizzazione sostenuti dal Comune per
realizzare il generale assetto urbanistico
del territorio comunale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.05.2009 n.
3717 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione
per la realizzazione di opera a scomputo
oneri concessori - Preventiva verifica della
effettiva necessità per la collettività
dell'opera - Sussiste.
L'Amministrazione Comunale prima di
autorizzare l'operatore privato a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione a
scomputo degli oneri concessori, verifica se
l'opera di urbanizzazione sia effettivamente
necessaria nell'interesse della
collettività, ovvero se debba essere
eseguita nel solo interesse dell'operatore
privato per rendere tecnicamente fattibile
l'intervento, con la conseguenza che solo
nel primo caso, e non nel secondo, verrà
autorizzato lo "scomputo" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.05.2009 n.
3717 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego di
condono edilizio - Parziale concessione
edilizia in sanatoria - Omessa comunicazione
di Avvio del procedimento - Legittimità.
2. Diniego di
condono edilizio - Parziale concessione
edilizia in sanatoria - Vincolo paesistico -
Mancanza parere ex art. 32 L. n. 47/1985 -
Irrilevanza.
1. La mancata comunicazione del procedimento
non incide sulla legittimità del
provvedimento di diniego di condono in
quanto il procedimento è stato avviato a
seguito dell'istanza della ricorrente.
2.
Considerato che il provvedimento di diniego
di condono è motivato dal fatto di essere
l'opera in questione realizzata in zona
sottoposta a vincolo paesistico, e quindi
non conforme alle norme urbanistiche e non
sanabile, non è conseguentemente necessario
adottare il parere di cui all'art. 32, c. 1,
L. n. 47/1985 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.05.2009 n.
3702). |
EDILIZIA PRIVATA:
Procedimento amministrativo - Denuncia del
privato priva di efficacia probatoria e
volta ad avviare il procedimento d'ufficio -
Azione repressiva basata su autonomi atti
ispettivi - Diritto di accesso alla denuncia
- Inammissibilità.
Il destinatario di un provvedimento
repressivo in materia edilizia scaturito da
esposti presentati da privati, non ha
diritto di accesso a tali esposti,
allorquando l'azione amministrativa si fondi
su autonomi atti ispettivi rispetto ai quali
la denuncia del privato ha avuto il solo
effetto di sollecitare l'avvio di un
procedimento d'ufficio, senza acquisire
efficacia probatoria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.05.2009 n.
3701 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordinanza di
demolizione opere abusive e ripristino dei
luoghi - Proprietario - Mancata notifica
all'affittuario - Legittimità.
2. Ordinanza di
demolizione opere abusive e ripristino dei
luoghi - Motivazione - Assenza di
discrezionalità - Legittimità.
1. In presenza di un'incertezza circa
l'autore dell'abuso edilizio, l'ordine di
demolizione va legittimamente impartito al
proprietario, ferma restando la non acquisibilità delle aree di sedime delle
opere abusive, in danno del proprietario che
può risultare estraneo all'abuso.
La mancata
notifica all'affittuario non rende quindi
illegittimo l'ordine di demolizione, potendo
la sanzione demolitoria di un abuso edilizio
essere irrogata sia nei confronti del
soggetto proprietario del bene interessato
dall'abuso sia dell'autore materiale dello
stesso.
2. L'ordinanza di demolizione non richiede,
in linea generale, una specifica
motivazione, neppure in ordine al lasso di
tempo trascorso dalla realizzazione delle
opere ed alle ragioni di pubblico interesse,
concreto ed attuale, che ne giustifichino
l'adozione, essendo allo scopo sufficiente
l'oggettivo riscontro dell'abusività
dell'opera in quanto in presenza di un'opera
abusiva non sussiste alcuna discrezionalità
per l'autorità amministrativa che è tenuta
ad intervenire per ripristinare lo stato dei
luoghi (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.05.2009 n.
3657). |
URBANISTICA:
Scelte effettuate
dalla P.A. in sede di PRG e sue varianti
generali godono di ampia discrezionalità -
Sindacabilità da parte del giudice
amministrativo - Solo nei limiti della
manifesta illogicità ed evidente
travisamento dei fatti.
Le scelte effettuate dalla P.A. in sede
adozione-approvazione del piano regolatore
generale o di sue varianti costituiscono
espressione di ampia potestà discrezionale e
sono sindacabili dal giudice amministrativo
solo nei limiti ristretti della manifesta
illogicità ed evidente travisamento dei
fatti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.05.2009 n.
3653 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Potere di inibire
i lavori oggetto di d.i.a. - Attività
vincolata - Vizio di eccesso di potere - Non
Sussiste.
Il potere di inibire i lavori oggetto di
denuncia di inizio attività ha carattere
vincolato e, pertanto, non può ravvisarsi un
vizio di eccesso di potere che presuppone
l'esistenza di un potere discrezionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.05.2009 n.
3652 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 17.12.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sulla questione se occorra o meno
il parere preventivo dell'ASL sulle pratiche
edilizie.
Forse, possiamo mettere la parola FINE ai
dubbi (per lo meno di chi scrive) che
sorgevano ogni qualvolta l'Ufficio Tecnico
Comunale doveva rilasciare un permesso di
costruire per interventi di edilizia non
residenziale piuttosto che istruire un piano
attuativo per l'adozione/approvazione da
parte del Consiglio Comunale o Giunta che
sia.
Sono stati posti precisi quesiti all'ASL di
Bergamo la quale, di concerto con la
Direzione Sanità della Lombardia, ha
risposto in maniera chiara ed esaustiva,
ponendo gli operatori del settore nella
certezza giuridica del proprio operato.
La risposta fornita (nota
15.12.2009 n. 184451 di prot.)
discende dalla combinata lettura delle
disposizioni di cui alle LL.RR. n. 12/2005,
n. 1/2007 e n. 8/2007.
Il chiarimento suddetto si è reso necessario
anche alla luce di comportamenti difformi
-in merito alla questione- fra le varie ASL
lombarde.
Per maggiori dettagli si può anche
consultare la pagina web della Regione
Lombardia dedicata al "FAQ:
risposte alle domande più frequenti"
proprio in relazione ai dubbi applicativi di
cui alle LL.RR. n. 1/2007 e n. 8/2007. |
EDILIZIA
PRIVATA: Lombardia,
Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il
31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere
dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file
1 -
file 2).
ATTENZIONE:
se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la
suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà
applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno
2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per
adottare la determinazione nell'intento di avere una
maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché
"l'indice di costo di costruzione di un
fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è
in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la
pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il
rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova
base" (comunicato
ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de
qua prima di dimenticarsi ... |
VARI:
PEC per i
professionisti (tavole esplicative
dell'01.12.2009 a cura del Ministro per la
Pubblica Amministrazione e l'Innovazione). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
G.U. 15.12.2009 n. 291 "Modifica del
saggio di interesse legale" (Ministero
dell'Economia e delle Finanze,
D.M. 04.12.2009). |
ENTI LOCALI:
G.U. 14.12.2009 n. 290, suppl. ord. n.
234/L, "Disposizioni legislative statali
anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si
ritiene indispensabile la permanenza in
vigore, a norma dell’articolo 14 della legge
28.11.2005 n. 246" (D.Lgs.
01.12.2009 n. 179). |
APPALTI SERVIZI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 50 del
14.12.2009, "Indicazioni ai Comuni sulla
scadenza delle concessioni per l'affidamento
del servizio di distribuzione del gas" (circolare
regionale 03.12.2009 n. 27 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 50 del
14.12.2009, "Modalità di istituzione
delle commissioni regionali per i beni
paesistici in attuazione del comma 1, art.
78, della l.r. 12/2005" (deliberazione
G.R. 02.12.209 n. 10725 - link a
www.infopoint.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Interessi legali in calo dal 2010. Il
decreto pubblicato in Gazzetta.
La modifica arriva dal Mef sulla base del
rendimento medio dei titoli di Stato e del
tasso di inflazione annuo
Buone notizie per chi ha somme da pagare con
aggiunta di interessi legali.
Aggiornato al ribasso, infatti, con un
decreto del 4 dicembre firmato dal ministro
dell'Economia e delle Finanze e pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15
dicembre, il tasso percentuale. Il nuovo
coefficiente è pari all'1% contro l'attuale
3% che, attenzione però, rimarrà in vigore
fino al prossimo 31 dicembre.
È con l'anno nuovo, infatti, e più
precisamente dal 1° gennaio 2010, che
scatterà il valore "scontato" di due punti
(link a
www.nuovofiscooggi.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Il nuovo Codice agricolo.
"Riordino delle normative sull'attività
agricola": si chiama così il nuovo
Codice Agricolo approvato dal Consiglio dei
Ministri l'11.12.2009.
Obiettivo del Codice, che dovrà passare ad
un nuovo esame del CdM e successivamente a
quello delle Camere, è semplificare e
accorpare il quadro legislativo
dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile
a tutti.
Il codice agricolo, che si prevede possa
essere operativo entro il prossimo febbraio,
è frutto della collaborazione del Ministero
delle Politiche agricole alimentari con il
Ministero della semplificazione ed è stato
coordinato con la Presidenza del Consiglio.
Questo strumento normativo punta a
facilitare l'accesso e la consultabilità di
norme al servizio dello sviluppo della
risorsa agricoltura.
"Scopo della semplificazione normativa è
di rendere prevedibile ai destinatari le
conseguenze delle loro condotte, come accade
già nella vicina Francia con risultati
evidenti e tangibili in termini di
efficienza amministrativa e, quindi, di
facilità del fare impresa", ha
sottolineato il Ministro Zaia.
Sono state eliminate le leggi "fotocopia"
ed è stata fatta chiarezza di tutti i
contrasti giurisprudenziali finora emersi,
anche alla luce delle sentenze abrogative
della Corte costituzionale.
Il Codice non comprende né norme di
regolamenti comunitari né norme statali di
competenza regionale. In qualche caso, per
rendere il complesso di leggi omogeneo e
chiaro, è stato necessario introdurre nuove
norme, tanto nel Decreto che nel DPR di
attuazione (link a
www.governo.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Gare, chiarimento sui requisiti.
In G.U. la circolare del ministero delle
infrastrutture sull'articolo 253 del dlgs
163/2006. Conta il fatturato quinquennale e
l'organico medio del triennio.
Per le gare di ingegneria e architettura,
fino a fine dicembre 2010, la norma del
Codice che consente di dimostrare i
requisiti di ammissione alla gara su un arco
temporale più ampio è applicabile soltanto
al fatturato quinquennale e all'organico
medio annuo del triennio, ma non ai
requisiti decennali sui servizi svolti e sui
servizi «di punta».
È quanto ha chiarito il ministero delle
infrastrutture, con la circolare del
12.11.2009, n. 4649 firmata dal direttore
generale per la regolamentazione dei
contratti pubblici, Bernadette Veca,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 274
del 24.11.2009.
Il chiarimento riguarda l'art. 253, comma
15-bis del dlgs. 163/06 che consente fino al
31.12.2010 di documentare i requisiti per
l'accesso alle gare di servizi di ingegneria
e architettura, con riguardo ai migliori tre
anni del quinquennio e ai migliori cinque
anni del decennio.
La circolare, dopo avere riconosciuto che «l'ampliamento
dell'arco temporale utilizzabile per la
dimostrazione del possesso dei requisiti
minimi introduce una maggiore flessibilità
per la qualificazione dei concorrenti»,
anche «al fine di contrastare gli effetti
della crisi economica del mercato che hanno
investito anche il settore dei contratti
pubblici», chiarisce che il comma 15-bis
riguarda i requisiti previsti per i servizi
di ingegneria e architettura dal dpr
554/1999, ritenendo tali norme (art. 66,
comma 1, del dpr 554/1999), «di dettaglio»,
implicitamente compatibili con il Codice dei
contratti pubblici.
Le stazioni appaltanti devono quindi fare
riferimento, nell'applicazione della
disposizione agevolativa del «terzo
correttivo», ai requisiti del
regolamento articolati su base triennale,
quinquennale e decennale e non ai requisiti
generali del Codice (artt. 41 e 42) che
riguardano, per tutti i tipi di appalto,
soltanto l'ultimo triennio.
Ciò detto, il ministero specifica che la
norma a sua volta non si applica a tutti i
quattro requisiti previsti dalla
disposizione regolamentare, ma «incide
sui soli requisiti di cui alle lettere a) e
d) del comma 1 dell'art. 66 del dpr 554/1999
per i quali la dimostrazione del possesso è
richiesta rispettivamente su base
quinquennale e su base triennale».
Pertanto relativamente al fatturato
quinquennale «globale», cioè per servizi di
ingegneria e architettura, dovranno
chiedersi requisiti dei migliori cinque anni
del decennio precedente (per il ministero «si
consente di individuare su base decennale il
requisito quinquennale previsto dalla
normativa regolamentare»). Per il
requisito triennale dell'organico medio
annuo dei tecnici, nei bandi si dovrà
consentirne la prova facendo riferimento ai
tre migliori anni del quinquennio precedente
(secondo la circolare: «Si consente di
individuare su base quinquennale il
requisito triennale previsto dalla normativa
regolamentare»).
Per gli altri due requisiti (espletamento
nel decennio di servizi di ingegneria e
architettura relativi ai lavori da
progettare e due servizi «di punta»
di cui alle lettere b e c del comma 1
dell'articolo 66), il ministero afferma che
la norma del Codice risulta inapplicabile, «in
quanto la riduzione del periodo decennale
(si passerebbe ai cinque migliori anni del
decennio, ndr) determinerebbe una
restrizione della possibilità di partecipare
alle gare, in contrasto con la ratio
ispiratrice della norma transitoria,
introdotta con il precipuo intento di
ampliare la concorrenza».
Viene anche chiarito che la norma «incide
esclusivamente rispetto all'attività
espletata da prendere in considerazione ai
fini della stima dell'importo», che non
può essere limitata ai soli «lavori da
progettare», ma si riferisce anche ad
altri servizi di architettura e di
ingegneria, a seconda del tipo di incarico
da affidare (articolo ItaliaOggi del
16.12.2009, pag. 48). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Moratoria dei contratti
decentrati. RIFORMA BRUNETTA/ Le p.a.
possono già assumere decisioni unilaterali
se non c'è accordo. Sono salve le intese che
intervengono sul riparto del fondo.
La drastica limitazione delle materie
oggetto di contrattazione collettiva deve
spingere le amministrazioni locali e le
organizzazioni sindacali alla «moratoria»
nella contrattazione decentrata integrativa,
tranne le intese che intervengono sulla sola
ripartizione del fondo. Inoltre le
amministrazioni possono già, in via
eccezionale e sulla base di una adeguata
motivazione, assumere conclusioni
unilaterali in caso di mancato
raggiungimento dell'accordo.
Si arriva a tali conclusioni sulla base del
dettato del dlgs n. 150/2009, per il quale i
comuni, le province e gli altri enti locali
hanno tempo fino a tutto il 2011 o, per
meglio dire, fino a tutto il 2012 per
adeguare i propri contratti collettivi
decentrati integrativi alle nuove
disposizioni. La moratoria sulla
contrattazione si impone perché il dettato
legislativo pone un termine ultimo per
completare l'adeguamento dei contratti
decentrati, ma la norma è entrata in vigore
lo scorso 15 novembre, ivi comprese le
regole per la conclusione unilaterale in
luogo della contrattazione, per cui essa si
applica da tale data alle contrattazioni
decentrate che vengono avviate
successivamente a tale giorno.
Il decreto attuativo della legge cd Brunetta
stabilisce una drastica limitazione delle
materie oggetto di contrattazione
collettiva, sia a livello nazionale che a
livello decentrato integrativo.
Sulla base delle nuove regole sono soggette
alla contrattazione solo le seguenti
materie: trattamento economico, relazioni
sindacali e «diritti ed obblighi
direttamente pertinenti al rapporto di
lavoro». Ricordiamo che in precedenza era
stabilito che: «La contrattazione
collettiva si svolge su tutte le materie
relative al rapporto di lavoro».
Come si vede siamo dinanzi ad una drastica
limitazione, che è resa ancora più evidente
dal fatto che sono escluse in particolare
dalla contrattazione le materie attinenti
all'organizzazione degli uffici, quelle
oggetto di partecipazione sindacale, quelle
afferenti alle prerogative dirigenziali, il
conferimento e la revoca degli incarichi,
quelle già escluse dalla legge n. 421/1992.
E infine dal fatto che nelle materie
relative alle sanzioni disciplinari, alla
valutazione delle prestazioni ai fini della
corresponsione del trattamento accessorio,
della mobilità e delle progressioni
economiche, la contrattazione collettiva è
consentita negli esclusivi limiti previsti
dalle norme di legge.
Sulla base di tale elencazione, solo per
fare un esempio riferito alle norme
contrattuali attualmente in vigore, non si
deve dare luogo a nessuna contrattazione
sull'orario di lavoro, neppure per la
individuazione dei criteri generali delle
relative politiche. Queste disposizioni sono
già entrate in vigore, quindi si applicano a
tutte le contrattazioni decentrate
integrative che si concludono dopo lo scorso
15 novembre. Esse non si applicano alle
intese con le quali viene ripartito il fondo
per la contrattazione decentrata
integrativa, in quanto siamo in presenza di
uno strumento diversificato ed autonomo.
Questi limiti si applicano alle intese che
hanno un carattere normativo.
Il fatto che il legislatore dia tempo a
regioni ed enti locali fino al 31/12/2011,
termine che di fatto lo stesso legislatore
prolunga fino a tutto il 2012, per adeguare
i propri contratti collettivi, non determina
lo spostamento del termine iniziale di
entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Non sono, infine, previsti termini diversi
rispetto allo scorso 15 novembre per
l'entrata in vigore della possibilità
offerta alle p.a. di deliberare
unilateralmente, in presenza della esigenza
di «assicurare la continuità e il
migliore svolgimento della funzione pubblica»,
in caso di mancato raggiungimento di un
accordo. Tale decisione ha durata
provvisoria, ma il termine finale è assai
generico: la sottoscrizione dell'accordo.
Questa clausola si deve quindi considerare
già in vigore, in particolare negli enti
locali, stante che nelle loro contrattazioni
decentrate, sulla base delle previsioni di
cui al Ccnl 01/4/1999, è già previsto il
termine massimo di durata delle trattative
per il rinnovo contrattuale, cioè 1 mese
prorogabile per una volta sola, d'intesa tra
le parti, fino a un altro mese (articolo
ItaliaOggi del 11.12.2009, pag. 35). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Protocollo senza segreti. I
comuni con regolamento devono contemperare
trasparenza e funzionalità. Diritto
d'accesso per i consiglieri. Ma con limiti.
Può un consigliere comunale ottenere il
rilascio del riepilogo settimanale del
protocollo generale dell'ente, comprensivo
sia della posta in arrivo che di quella in
uscita?
La questione attiene sostanzialmente
all'esercizio del diritto riconosciuto ai
consiglieri comunali e provinciali dal
secondo comma dell'articolo 43 del dlgs
267/2000; definito dal Consiglio di stato
(sentenza n. 4471/2005) «diritto
soggettivo pubblico funzionalizzato»,
finalizzato al controllo politico
amministrativo sull'ente nell'interesse
della collettività e, come tale, diverso dal
diritto di accesso riconosciuto ai soggetti
interessati dagli articoli 22 e seguenti
della legge 241/1990 allo scopo di
predisporre la tutela di posizioni
soggettive lese.
È, pertanto, in siffatto ambito che vanno
esaminate le varie problematiche tra cui
quella della tutela alla riservatezza che il
comune teme possa essere violata.
I giudici amministrativi hanno ritenuto che
la norma in esame non prevede alcun limite
in proposito e che la riservatezza dei terzi
è sufficientemente garantita da quanto ivi
disposto «essendo i consiglieri tenuti al
segreto non sussiste all'evidenza alcuna
ragione logica perché possa essere inibito
l'accesso ad atti riguardanti i dati
riservati dei terzi» (Consiglio di stato
2004/2716 e 2005/5879).
Per quanto concerne il rilascio del
riepilogo settimanale del protocollo
generale dell'ente, comprensivo sia della
posta in arrivo che di quella in uscita, si
segnala che la giurisprudenza, con
orientamento conforme, ha accolto alcuni
ricorsi avverso il diniego opposto
dall'amministrazione (cfr. Tar Sardegna n.
29/2007, 1782/2004) (Tar Lombardia, Brescia,
n. 362/2005, Tar Campania, Salerno n.
26/2005), di prendere visione del protocollo
generale e di quello riservato del sindaco
ordinando alla stessa di consentirne la
visione.
Diversamente, gli stessi giudici del Tar
Sardegna, in merito alla istanza di ottenere
copia di tutta la corrispondenza in arrivo e
in partenza intercorrente tra il comune e
gli altri enti istituzionali, l'hanno invece
ritenuta inammissibile perché generica; è,
infatti, onere del consigliere «avanzare
richieste circostanziate e specifiche»
essendo sufficiente il riferimento a una
determinata e specifica questione oggetto
dell'attività amministrativa del comune.
Invero l'ampiezza del diritto di accesso dei
consiglieri trova delle limitazioni in
quelle affermazioni giurisprudenziali che
hanno ritenuto non coerenti con il mandato a
essi affidato istanze che aggravano
eccessivamente la funzionalità
amministrativa dell'ente.
Si è dell'avviso, pertanto, alla luce del
delineato orientamento giurisprudenziale,
che le pretese conoscitive dei consiglieri e
le evidenti esigenze di funzionalità
dell'amministrazione locale sono tali da
ritenere opportuno l'adozione da parte del
comune di norme regolamentari in materia con
la previsione di opportuni temperamenti, in
modo da ricorrere a particolari modalità di
esercizio del diritto diverse dal diniego
all'accesso (articolo ItaliaOggi del
04.12.2009, pag. 35). |
GIURISPRUDENZA |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA:
Il confinante può chiedere al
comune di concludere il procedimento avviato
dal vicino.
Il caso trattato dai giudici romani è quello
di un comune "inerte" da ben quattro
anni. Il silenzio, serbato su una istanza di
sanatoria, è stato fatto rilevare e
conseguentemente condannare, non
dall'istante originario bensì dal
proprietario dell'immobile immediatamente
adiacente a quello ove è collocata l'opera
abusiva.
Il grave ritardo dell'amministrazione,
dovuto ad una inevasa richiesta di
integrazione, è dunque stato considerato
illegittimo dai giudici amministrativi
capitolini: l'amministrazione non può
ritenersi assolta dall'obbligo di
pronunciarsi espressamente sulla domanda né
tanto meno di rinviare la decisione sulla
domanda di sanatoria, in vista della
possibile adozione di un non meglio
individuato Piano di Assetto del Territorio.
D'altro canto "il vicino" è in una
posizione giuridica qualificata e
differenziata che gli permette di ricorrere
avverso il silenzio serbato su una istanza
presentata da altra persona. Egli è
portatore di un interesse qualificato al
mantenimento delle caratteristiche
urbanistiche assegnate alla zona. Di
conseguenza, spiegano i giudici, egli ha
titolo di spiegare le azioni civili di
demolizione e di impugnare la mancata
adozione di misure ripristinatorie.
A queste azioni di tipo civilistico si
accompagnano altre facoltà nei confronti
della pubblica amministrazione; tra queste
senza dubbio vi è la possibilità di
sollecitare il comune ad esercitare il
potere di vigilanza sull'attività
urbanistico-edilizia spettante all'ente
medesimo, adottando i necessari
provvedimenti repressivi in caso di
accertata inosservanza della normativa in
materia, agendo in giudizio nel caso di
comportamento inerte (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 04.12.2009 n. 12566 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
La concreta realizzazione degli
interventi edilizi all’interno del comparto
presuppone l’esistenza di uno strumento
attuativo esteso all’intero comparto.
La presente controversia concerne la
destinazione impressa dal P.R.G. di un
Comune pugliese a un suolo appartenente agli
appellanti, detto suolo è stato incluso nel
comparto CB5, con scelta censurata dai
proprietari con il ricorso di primo grado
innanzi al TAR della Puglia.
Quest’ultimo ha disatteso le doglianze
articolate nell’atto introduttivo del
giudizio, principalmente sulla scorta di una
ricostruzione della normativa nazionale e
regionale in materia di comparti, alla cui
stregua è stata ritenuta legittima la
delimitazione di un comparto operata in sede
di approvazione dello strumento urbanistico
generale.
Ma il Consiglio di Stato non ha condiviso
tale interpretazione ed invero, spiegano gli
stessi giudici il comparto edificatorio è
stato introdotto nel nostro ordinamento
dall’art. 23 della legge 17.08.1942, nr.
1150, il quale, per quanto qui interessa
recita: "…Indipendentemente dalla facoltà
prevista dall’articolo precedente il Comune
può procedere, in sede di approvazione del
piano regolatore particolareggiato o
successivamente nei modi che saranno
stabiliti nel regolamento ma sempre entro il
termine di durata del piano stesso, alla
formazione di comparti costituenti unità
fabbricabili, comprendendo aree inedificate
e costruzioni da trasformare secondo
speciali prescrizioni”.
Sulla base di tale disposizione, si è
affermato in giurisprudenza il principio
secondo cui il comparto edificatorio è uno “strumento
urbanistico di terzo livello”, che
presuppone la già intervenuta approvazione
non solo dello strumento urbanistico
generale, ma anche degli strumenti attuativi
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 03.10.1997, nr.
1092; Cons. Stato, sez. IV, 17.07.1996, nr.
860).
Rispetto a tale originario assetto
normativo, secondo il giudice di primo grado
sostanziali novità sarebbero state
introdotte dall’art. 13 della legge
28.01.1977, nr. 10, alla cui stregua sarebbe
oggi consentita la creazione di comparti
edificatori anche in sede di formazione
dello strumento urbanistico generale.
Tuttavia, il tenore letterale della
disposizione testé richiamata non sembra
autorizzare siffatta conclusione, e anzi
appare piuttosto confermare le scelte del
legislatore del 1942. Infatti, la norma in
questione così recita: “…L’attuazione
degli strumenti urbanistici generali avviene
sulla base di programmi pluriennali di
attuazione che delimitano le aree e le zone
-incluse o meno in piani particolareggiati o
in piani convenzionati di lottizzazione-
nelle quali debbono realizzarsi, anche a
mezzo di comparti, le previsioni di detti
strumenti e le relative urbanizzazioni, con
riferimento ad un periodo di tempo non
inferiore a tre e non superiore a cinque
anni”.
Orbene, se la citata disposizione ha
innovato sotto altri profili, rendendo
facoltativo e più flessibile lo strumento
del comparto, in modo da superare le
difficoltà e rigidità che ne avevano
scoraggiato l’impiego fino a quel momento
(circostanza peraltro rilevata dallo stesso
primo giudice), essa non sembra tuttavia
aver mutato la natura giuridica di fondo
dell’istituto, facendone venir meno i
ridetti caratteri di strumento attuativo
delle scelte di pianificazione generale; né
da alcuna disposizione emerge che la
legislazione regionale sia stata autorizzata
a introdurre previsioni derogatorie rispetto
a tali caratteri essenziali.
Ma v’è di più, ché anche a voler ammettere
che le Regioni nell’esercizio della propria
potestà legislativa in materia di governo
del territorio potessero attribuire ai
comparti edificatori una funzione diversa da
quella, meramente attuativa della
pianificazione generale, delineata dal
legislatore nazionale, è da escludere che
ciò sia avvenuto in concreto ad opera della
normativa regionale della Puglia rilevante
nella vicenda per cui è causa. Al riguardo,
il TAR ha richiamato l’art. 15 della legge
regionale 12.02.1979, nr. 56, il quale al
comma 4 così stabilisce: “…Il comune può
procedere alla delimitazione dei comparti in
sede di attuazione degli strumenti
urbanistici generali, ivi compreso il
Programma di Fabbricazione, ovvero in sede
di formulazione del P.P.A.”.
Secondo la sentenza appellata, l’uso del
termine “attuazione” nella norma
testé citata sarebbe frutto di un evidente
errore materiale, evincendosi dal contesto
generale della disposizione che l’intento
del legislatore regionale sarebbe stato
quello di autorizzare la perimetrazione dei
comparti già in sede di “adozione”
dello strumento urbanistico generale;
tuttavia, il Collegio esclude che
all’interno dell’art. 15 in esame, si
manifestino le discrasie e contraddizioni
che hanno indotto il TAR a siffatta
conclusione. In particolare, non è dato
cogliere alcuna contraddizione tra la
disposizione innanzi citata e quella di cui
al successivo comma 5, secondo cui: “…La
realizzazione degli interventi previsti nel
comparto è subordinata all’approvazione di
strumenti urbanistici attuativi di
iniziativa pubblica o privata estesi
all’intero comparto”.
Secondo il primo giudice, da tale
disposizione si evincerebbe che il
legislatore regionale avrebbe inteso
distinguere tra il momento della
delimitazione del comparto e quello della “realizzazione
degli interventi” in esso previsti,
precisando che solo quest’ultima dovrebbe
avvenire in sede attuativa dello strumento
urbanistico generale: dal che si
ricaverebbe, a contrario, che invece la
perimetrazione a monte dei comparti ben
potrebbe essere fatta in una con la
formazione dello strumento urbanistico
generale.
Tuttavia, alla Sezione appare evidente che
la finalità della disposizione da ultimo
richiamata è altra, e segnatamente quella di
assicurare che gli interventi edificatori da
eseguire all’interno del comparto avvengano
previa pianificazione estesa all’intero
comparto, evitando la frammentazione di
quest’ultimo (ciò che, peraltro, risponde
alla ratio stessa dell’istituto del comparto
edificatorio).
Pertanto, non può detta disposizione, ex se,
autorizzare una forzatura del dato letterale
del precedente comma 4 (e, quindi, a leggere
“adozione” in luogo di “attuazione”
dello strumento urbanistico generale).
In definitiva –e ricapitolando– il rapporto
tra il comparto edificatorio e gli altri
strumenti urbanistici si pone come segue:
a) a monte, è necessaria l’esistenza di uno
strumento urbanistico generale (P.R.G. o
P.d.F.) già approvato;
b) in sede attuativa di questo, il Comune
può delimitare i comparti edificatori,
contestualmente all’adozione di un piano
particolareggiato ovvero anche
indipendentemente da esso (ed è questa una
delle novità della legge nr. 10 del 1977);
c) infine, la concreta realizzazione degli
interventi edilizi all’interno del comparto
presuppone l’esistenza di uno strumento
attuativo esteso all’intero comparto (ad
esempio, un piano di lottizzazione)
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 04.12.2009 n. 7650 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contro gli atti di apertura di un
centro commerciale di notevoli dimensioni va
riconosciuta la legittimazione a ricorrere
ai commercianti dei Comuni vicini.
Al centro
della controversia in commento sono gli atti
pianificatori interessanti la vasta area
dello storico quartiere della Fiera di
Milano, al quale verrà data una nuova
conformazione in base ad un Accordo di
Programma ed a un Programma Integrato di
Intervento, presentato dal soggetto
attuatore.
I ricorrenti sono cittadini abitanti nella
zona contigua a quest’area, in vie ad essa
limitrofe, più precisamente, le proprietà di
alcuni di essi sono collocate al confine con
l’area interessata dall’intervento. Ebbene,
è di grande interesse, ai fini del nostro
commento, la riflessione dei giudici del
Tribunale amministrativo di Milano in merito
alle eccezioni di difetto di legittimazione
e interesse promosse dalla difesa.
Nel giudizio impugnatorio, esordiscono i
giudici milanesi, la legittimazione spetta a
colui che afferma di essere titolare della
situazione giuridica sostanziale di cui
lamenta l'ingiusta lesione per effetto del
provvedimento amministrativo: l’accertamento
sulla legittimazione si risolve quindi nella
identificazione della posizione qualificata
e differenziata del soggetto rispetto alla
norma che si assume lesiva di un interesse
immediato e concreto.
L'interesse al ricorso consiste, invece, in
un vantaggio pratico e concreto, anche
soltanto eventuale o morale, che può
derivare al ricorrente dall'accoglimento
dell'impugnativa. L'interesse a ricorrere,
quindi, postula che l'atto impugnato abbia
prodotto in via diretta una lesione attuale
della posizione giuridica sostanziale
dedotta in giudizio, sicché esso non
sussiste, con conseguente inammissibilità
del ricorso, quando l'atto, ancorché avente
natura provvedimentale, sia privo di
immediata ed autonoma lesività.
Tale fenomeno ricorre, in particolare,
quando un atto, per il suo carattere
generale, non è in grado di ledere interessi
singoli occorrendo successivi provvedimenti
applicativi per l'individuazione dei
soggetti incisi.
Nel caso di specie i giudici meneghini
ritengono che entrambi i requisiti siano
sussistenti. La legittimazione si correla
alla qualità di abitante, allorché
l’amministrazione approvi un piano o un
intervento edilizio in una zona rispetto
alla quale si dimostra l’esistenza di uno
stabile collegamento, cioè la c.d.
vicinitas.
Nel caso de quo tale requisito è
stato dimostrato, in quanto, come si è
detto, i ricorrenti abitano nelle vie
adiacenti all’area della Fiera.
L’accertamento della sussistenza
dell’interesse al ricorso implica, invece,
la identificazione dell’utilitas
effettiva, concreta, ricavabile
dall’annullamento degli atti, cioè di un
vantaggio anche successivo ed eventuale,
sicché l’annullamento risulti meramente
strumentale rispetto alla ulteriore attività
dell’Amministrazione, dalla quale il
ricorrente potrebbe conseguire un risultato
positivo.
In materia urbanistica, il vantaggio non è
generalmente immediato, ma appunto,
successivo e potenziale, essendosi in
presenza di un’attività discrezionale: a
seguito della rimozione dell’atto la
rideterminazione dell’Amministrazione può
essere più favorevole al ricorrente.
L’interesse a ricorrere, infatti, presuppone
la prospettazione di un vantaggio potenziale
derivante dall’eventuale accoglimento del
ricorso.
L’interesse al ricorso va accertato con
riferimento al bene della vita al quale si
aspira, in relazione non solo al potere
esercitato, ma a quello che avrebbe dovuto
essere esercitato e quindi anche con
riferimento all’eventuale obbligo
dell’amministrazione di riesaminare il
provvedimento impugnato. Il bene della vita
cui i ricorrenti aspirano è identificato
nella migliore vivibilità, nel miglioramento
della qualità della vita, che può conseguire
nel vivere in un quartiere con più
parcheggi, maggiori spazi verdi, un traffico
regolare, meno rumore, più servizi.
Sul punto il Collegio richiama quanto già
affermato da questa Sezione nella sentenza
n. 4345/2009, nella controversia relativa ad
un altro progetto di notevole rilevanza del
Comune di Milano. Anche in tale occasione,
in un giudizio promosso da abitanti delle
zone limitrofe è stato riconosciuto che “Il
pregiudizio che può conseguire ad un
intervento di pianificazione può consistere
nella possibile diminuzione di valore del
proprio immobile o nella peggiore qualità
ambientale”. […] “Sicuramente nel
rappresentare la lesione vi è anche una
valutazione soggettiva, legata alla
sensibilità della persona, ma è indubbio che
oggi, nel comune sentire, sia i parcheggi
vicini alla propria abitazione, sia i
giardini pubblici, sia le barriere naturali
antirumore sono elementi che contribuiscono
a migliorare la qualità della vita”. In
quella occasione è stata ritenuta
sufficiente per riconoscere sussistente
l’interesse, la prova da parte dei
ricorrenti di scarsi servizi e di un sistema
viario poco funzionale, “pena la totale
vanificazione della tutela avverso gli
interventi di pianificazione”.
L’utilitas che perseguono i
ricorrenti nel caso in esame non è meramente
soggettiva, dal momento che vivere in un
quartiere funzionale, con servizi,
parcheggi, traffico regolare, è una
aspirazione oggettiva di ogni persona. Va da
sé che l’eventuale annullamento degli atti
impugnati imporrebbe una rideterminazione da
parte dell’Amministrazione che potrebbe
orientarsi ad introdurre variazioni
progettuali migliorative in tal senso.
Un’ulteriore considerazione rafforza il
convincimento del Collegio lombardo sulla
sussistenza dei requisiti della
legittimazione e dell’interesse ad impugnare
atti di pianificazione come quelli in esame:
l'espressione contenuta nell'art. 10, l.
06.08.1967 n. 765, che ha novellato l'art.
31 l. 17.08.1942 n. 1150 secondo cui "(…)
chiunque può (...) ricorrere contro il
rilascio della licenza edilizia in quanto in
contrasto con le disposizioni di leggi o dei
regolamenti o con le prescrizioni di piano
regolatore generale e dei piani
particolareggiati di esecuzione (…)".
Questa espressione è stata interpretata
dalla prevalente e oramai unanime
giurisprudenza nel senso che tale facoltà è
data a chi si trova ad essere proprietario
od a vivere nella medesima zona interessata
dal titolo impugnato. Anche l'intervenuta
abrogazione dell'art. 31 della legge
17.08.1942, n. 1150 ad opera dell'art. 136
del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non ha mutato
in alcun modo la conclusione, “posto che
la situazione di legittimazione ed interesse
all'impugnazione di un titolo edilizio da
parte dei soggetti già individuati è ormai
assurta alla stregua di un principio
generale dell'ordinamento”. Quindi un
titolo edilizio può essere impugnato sul
presupposto dello stabile collegamento del
ricorrente con la zona in cui è prevista la
realizzazione.
La giurisprudenza aggiunge poi che,
accertata una situazione di stabile
collegamento giuridico con l’area oggetto
dell'intervento costruttivo autorizzato, non
sussiste la necessità di verificare, in
concreto, se i lavori assentiti dall'atto
impugnato comportino o meno un effettivo
pregiudizio per il soggetto che propone
l'impugnazione. Negare allora ad un
residente la possibilità di impugnare gli
atti di un piano attuativo, che, oltre a
prevedere interventi edilizi, contiene anche
una più ampia disciplina del territorio,
significherebbe accordare una maggior tutela
per interventi minori (id est quelli
edilizi) rispetto a quelli che investono
ampi spazi, riqualificano quartieri, con
conseguenze che si estendono oltre il
perimetro oggetto del piano.
Questo non implica l’introduzione di
un’azione popolare nell’ambito urbanistico,
perché non si tratta di consentire il mero
ripristino della legalità violata, ma
soltanto di riconoscere ai residenti la
possibilità di subire una lesione
dall’attività di pianificazione, con il
relativo vantaggio, seppur mediato, nel caso
di annullamento degli atti. Un’ulteriore
argomentazione introdotta dai ricorrenti è
condivisibile, laddove sottolineano lo
stretto rapporto tra residenza e interesse
allo standard.
Nella decisione n. 7/2007 l’Adunanza
Plenaria, nell’affrontare l’annosa questione
della reiterazione dei vincoli
espropriativi, ha affermato che “quando
sono reiterati in blocco i vincoli decaduti
già riguardanti una pluralità di aree, la
sussistenza di un attuale specifico
interesse pubblico risulta dalla perdurante
constatata insufficienza delle aree
destinate a standard (indispensabili per la
vivibilità degli abitanti)”. Ciò
significa che l’insufficienza delle aree a
standard costituisce valida motivazione per
la reiterazione del vincolo e il sacrificio
imposto al proprietario trova una valida
giustificazione nell’interesse dei
consociati ad avere i giusti spazi pubblici.
Non è quindi una forzatura riconoscere che
ogni residente ha un interesse al rispetto
delle disposizioni che prevedono
l’introduzione degli standard, di cui può
godere, sempre con il limite del
collegamento territoriale. Nell’ottica di
una non lesione del diritto di difesa, si
colloca il recente orientamento del
Consiglio di Stato nel settore delle grandi
strutture di vendita, dove è stato
introdotto un “ampliamento” della
legittimazione.
Affermano i Giudici di Palazzo Spada che
avverso gli atti di apertura di un centro
commerciale di notevoli dimensioni, va
riconosciuta la legittimazione non solo ai
commercianti siti nell'area nella quale la
nuova struttura commerciale è stata
autorizzata a collocarsi, ma anche agli
esercenti dei Comuni viciniori. In
considerazione dell’impatto economico
prodotto da centri di tale natura, delle sue
implicazioni urbanistiche e delle
conseguenze sulla qualità della vita di
coloro che per residenza, attività
lavorativa e simili sono in durevole
rapporto con la zona in cui sorge la nuova
opera, “il bacino di utenza da prendere
in considerazione, ai fini del
riconoscimento del pregiudizio che radica
l'interesse al ricorso giurisdizionale, può
estendersi per un raggio di decine di
chilometri, che necessariamente travalica
gli ambiti tracciati ai fini della
programmazione degli insediamenti
commerciali“.
Se si parte dal principio di riconoscere una
posizione legittimante all’impugnazione in
base ad interessi esclusivamente economici,
ampliando territorialmente la cerchia dei
soggetti legittimati all’azione, ne consegue
necessariamente che la medesima posizione
debba essere riconosciuta a chi vuole
tutelare un interesse, come quello della
qualità della vita (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.11.2009 n. 5171 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Risarcibile al dirigente il danno
da demansionamento. Costituisce
demansionamento, ed è risarcibile, il
passaggio del dirigente da compiti operativi
di direzione e responsabilità ad attività di
consulenza e studio?
Costituisce demansionamento il passaggio da
compiti operativi di responsabilità a quelli
di mera consulenza ovvero di rappresentanza
e, conseguentemente, in tali ipotesi il
dirigente può essere risarcito del c.d.
danno alla professionalità.
La liquidazione del danno alla
professionalità non può prescindere dalla
prova da parte del lavoratore dell'esistenza
del danno e del nesso causale tra lo stesso
e il demansionamento. Inoltre, trattandosi
di danno non patrimoniale, deve essere
evitata qualsiasi duplicazione con altre
voci di danno non patrimoniale che abbiano
la medesima fonte causale (Corte di
Cassazione, Sez. civile lavoro,
sentenza 30.09.2009 n. 20980 -
link a
www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 14.12.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA
PRIVATA: Lombardia,
Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il
31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere
dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file
1 -
file 2).
ATTENZIONE:
se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la
suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà
applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno
2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005).
Inoltre, è inutile aspettare la fine di dicembre 2009 per
adottare la determinazione nell'intento di avere una
maggiore variazione ISTAT (da far valere per il 2010) poiché
"l'indice di costo di costruzione di un
fabbricato residenziale, su proroga concessa da Eurostat, è
in corso di cambio base (2005=100), pertanto è sospesa la
pubblicazione degli indici per tutti i mesi del 2009. Il
rilascio avverrà presumibilmente a gennaio 2010 con la nuova
base" (comunicato
ISTAT).
Pertanto, è meglio adottare subito la determinazione de
qua prima di dimenticarsi ... |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Dall'ISPESL il glossario della Sicurezza e
della Salute nei luoghi di lavoro.
Sono numerosissimi i provvedimenti normativi
(norme e regolamenti sia nazionali che
internazionali) che utilizzano termini di
provenienza tecnica e che, pertanto,
necessitano in qualche caso di chiarimenti e
specificazioni.
In quest'ottica, l'Ispesl ha selezionato
numerosi termini, utilizzati nell'ambito
delle normative vigenti in materia di
sicurezza del lavoro, realizzando un
"glossario della sicurezza e della salute
nei luoghi di lavoro", a servizio di tutti
coloro che si interessano di prevenzione
infortuni e di malattie professionali nei
luoghi di lavoro (come ad esempio: Datori di
lavoro, RSPP, ASPP, RLS, ecc.) (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
La nuova GUIDA ISPESL per l'esecuzione in
sicurezza delle attività di scavo.
L'ISPESL ha reso disponibile una linea guida
per l'esecuzione in sicurezza delle attività
di scavo.
La guida offre agli operatori del settore
uno strumento utile per una migliore
conoscenza dei rischi presenti nelle varie
attività di scavo e delle misure di
prevenzione da adottare.
Le attività di scavo presentano una serie di
problematiche che non permettono una
esecuzione improvvisata e non accuratamente
programmata.
Durante le attività di scavo, sebbene siano
disponibili sia tecnologie che normative
atte ad adottare metodologie di lavoro
sicure, si verificano sovente infortuni
causati per lo più da procedure o abitudini
errate nell'utilizzo delle macchine e delle
attrezzature (link a
www.acca.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 49
dell'11.12.2009, "Approvazione del
documento «Linee guida per l'applicazione
delle sanzioni di cui all'art. 6 del d.lgs.
193/2007 e per l'interpretazione di alcuni
requisiti di cui agli allegati ai
Regolamenti (CE) nn. 852 e 853/2004»"
(decreto
D.G. 03.12.2009 n. 13100 - link a
www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI - LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. ord. al n. 49 del
09.12.2009 "Testo unico delle leggi
regionali in materia di edilizia
residenziale pubblica"
(L.R.
04.12.2009 n. 27 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n.
48 del 04.12.2009 (link a
www.infopoint.it):
- "Definizione e determinazione dei
servizi ambientali erogati dai Consorzi
forestali, in applicazione dell'art. 56
della l.r. 31/2008" (deliberazione
G.R. 09.11.2009 n. 10474);
- "Definizione e determinazione dei
servizi ambientali erogati dai Consorzi
forestali: procedure per l'erogazione del
premio" (decreto
D.S. 23.11.2009 n. 12344). |
QUESITI & PARERI |
ENTI LOCALI:
Terzo mandato sindacale.
Il sindaco
del Comune (omissis), interessato da
elezioni alla prossima tornata elettorale
primaverile, giunto al termine del secondo
mandato, manifesta la propria intenzione di
ricandidarsi qualora la sua ricandidatura
fosse possibile a fronte della seguente
peculiare situazione:
- il primo ed il secondo mandato sono stati
intervallati da un periodo di circa 10 mesi
in cui il Comune è stato retto da un
commissario prefettizio. L’elezione era
stata dichiarata nulla per mancato
raggiungimento del quorum dei votanti. Alle
elezioni si erano presentate tre liste (una
delle quali aveva il sindaco uscente come
candidato sindaco). Due delle tre liste (fra
cui quella del sindaco istante) furono “respinte”
e non poterono presentarsi al voto, poiché
avevano un numero di candidati consiglieri
inferiore al minimo di legge. Rimase una
sola lista. L’elezione, poi, non raggiunse
il quorum minimo dei votanti e fu dichiarata
nulla.
Il parere del Consiglio di Stato n.
1137/2005 escluderebbe la ricandidatura
(l'elezione dichiarata nulla non avrebbe
prodotto effetto), ma la questione va
riconsiderata alla luce della sentenza della
Cassazione Civile, sez. I del 05.07.2007, n.
13181/2007, che si discosta dichiaratamente
da quanto ritenuto dal Consiglio di Stato,
Sez. I.
Per la Cassazione, il divieto d’elezione del
sindaco per il terzo mandato consecutivo, si
applica nelle ipotesi di continuità
temporale della carica politica. Ne deriva
che la sequenzialità ostativa alla terza
ricandidatura è interrotta da una tornata
elettorale, alla quale il sindaco uscente
non abbia partecipato, anche se, poi, viene
caducata, per non aver raggiunto il
quorum utile dei votanti.
Il sindaco istante ritiene che il caso del
proprio Comune sia identico alla vicenda su
cui si è espressa la Suprema Corte, anche se
la gestione commissariale si è avuta fra il
primo e il secondo mandato e non già alla
fine del secondo mandato, come nel caso
analizzato dalla Cassazione. Ritiene
comunque che in concreto le due fattispecie
siano equivalenti e paragonabili: la vicenda
commissariale è insorta per la medesima
ragione (elezione dichiarata nulla per
mancato raggiungimento del quorum dei
votanti).
Riferisce che l'Anci, contattata dal Comune,
ha rilasciato un parere in cui afferma che “la
situazione è simile” e che la gestione
commissariale “ha in effetti fatto divenire
non <immediatamente successiva> la
partecipazione ad una nuova consultazione
elettorale, ma ha anche suggerito “data
l'assoluta singolarità del caso” di
sottoporre il quesito al Ministero
dell'Interno (Regione Piemonte,
parere n.
113/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Applicazione artt. 16-17 D.P.R.
380/2001 in area agricola.
E’ chiesto
parere in merito all’applicazione degli
artt. 16 e 17 del D.P.R. n. 380/2001 in area
agricola.
Il Comune richiedente presenta, in
particolare, tre quesiti del seguente
tenore:
1) con riferimento ai requisiti delle figure
professionali operanti in agricoltura, si
chiede di chiarire quali siano i casi di
esenzione al pagamento del contributo di
costruzione di cui all’art. 17, comma 3,
lettera a) del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.;
2) in caso di applicazione del contributo di
costruzione in area agricola, si chiede di
chiarire quali siano i parametri da
utilizzare per il calcolo degli oneri di
urbanizzazione e del costo di costruzione di
cui all’art. 16 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i.;
3) in caso di applicazione del contributo di
costruzione in area agricola, si chiede di
chiarire se sia comunque richiesta la
presentazione dell’atto di impegno previsto
dall’art. 25, comma 7, della L.R. 56/1977 e
s.m.i. (Regione Piemonte,
parere n.
110/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Trasformazione area e
regolarizzazione porticato costruito
dall'ente.
Vengono posti due distinti quesiti: l’uno
avente ad oggetto le modalità di
trasformazione di un area –pervenuta al
Comune a mezzo di legato testamentario–
qualificata “a servizi” nel PRGC, in
terreno edificabile; l’altro inerente la
possibilità di “regolarizzare” un
porticato, costruito dal medesimo Ente a
confine con un fondo di proprietà privata,
in riferimento al quale non si rinviene
documentazione (Regione Piemonte,
parere n.
108/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Acquisto immobile. Proprietà in
capo al vice sindaco.
Il Comune (omissis) chiede se sia possibile
acquistare un immobile da destinare, previa
ristrutturazione, a residenza per anziani
anche se la proprietà del suddetto immobile
risulta in capo all'attuale vice-sindaco di
questo Comune (Regione Piemonte,
parere n.
104/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
NEWS |
APPALTI: LA
P.A. DEVE INOLTRARE LA RICHIESTA DI ACCESSO
AL FONDO PER L’ADEGUAMENTO DEI PREZZI DEI
MATERIALI DA COSTRUZIONE ENTRO IL 16.12.2009
- D.M. 19.08.2009
(link a
www.ancebrescia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
E’ SEMPRE NECESSARIA L’ATTIVITA’
DISCREZIONALE (QUANTO E QUALE) DELL’ORGANO
AUTORIZZATORIO: PER COMINCIARE (PRIMA DI
TEORIZZARE) ALCUNI CASI PRATICI - (prima
parte) (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. L. Vergine,
Il reato di omessa bonifica: due decisioni
interrompono un prolungato silenzio
(link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
Il silenzio assenso ex art. 13 L. 394/1991 è
costituzionalmente illegittimo? Breve
commento alla decisione del Consiglio di
Stato n. 6591 del 2008 (link a
www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
P. Grendene,
E il Tar fa parlare il muto (anche se è un
Comune). E questo paga spese e danni.
"Un bel tacer non fu mai scritto"
insegnavano un tempo i genitori ai figli e
ancora oggi qualche Comune ritiene
l'ostinato silenzio un ottimo esempio di
buona amministrazione. Il TAR del Veneto,
però, non ci sente e, a modo suo, fa parlare
il muto. La sentenza del TAR Veneto n. 3412
del 2009 spiega come avviene il miracolo
(link a http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI:
D. Scalera,
Considerazioni al documento base
dell’autorità di vigilanza sui contratti
pubblici sul tema: requisiti di ordine
generale per la partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti di lavori, forniture e servizi
(link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI SERVIZI: M.
F. Monterossi,
Società partecipate da una pluralità di enti
pubblici e affidamento in house: brevi note
in tema di effettività del controllo alla
luce di una recente sentenza del Consiglio
di Stato
(link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: R.
Greco,
La riforma della legge 241/1990, con
particolare riguardo alla legge 69/2009: in
particolare, le novità sui termini di
conclusione del procedimento e la nuova
disciplina della CONFERENZA DEI SERVIZI
(link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Illegittima la clausola che impone
un’evidente ed irragionevole aggravamento
procedimentale alle imprese partecipanti
alla gara (link a
www.mediagraphic.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Estinzione reato
e condono.
A norma
dell’articolo 39, comma ottavo, della legge
n. 724 del 1994, l’estinzione del reato
paesaggistico si determina solo a seguito
del rilascio esplicito della concessione o
dell’autorizzazione, posto che a norma
dell’articolo 39 della legge n. 47 del 1985
l’oblazione interamente versata e ritenuta
congrua dall’amministrazione, in relazione
all’immobile effettivamente realizzato,
determina l’estinzione dei soli reati
edilizi di cui all’articolo 38 della citata
legge.
Da ciò consegue che l’autorizzazione
paesaggistica prevista per l’estinzione del
reato di cui all’articolo 1-sexies della
legge n. 431 del 1985 non può ottenersi
attraverso la formazione del silenzio
assenso anche nel caso in cui il Comune sia
stato subdelegato dalla Regione
all’emissione del parere prescritto (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.12.2009 n. 46093 -
link a
www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle norme statali e regionali,
segnatamente L. 289/2002 e L.R. Puglia
33/2006, che prevedono l'affidamento di
impianti sportivi comunali "in via
preferenziale" a società sportive.
In tema di concessione di servizi ex art. 30
dlgs. 163/2006, non è precluso
all'Amministrazione di di avvalersi della
gara pubblica.
L'art. 90, c. 25, della L. 289/2002, e l'art
19 della L.R. Puglia 33/2006, prevedono che
nei casi in cui un comune non intenda
gestire direttamente gli impianti sportivi,
la gestione è affidata "in via
preferenziale" a società e associazioni
sportive, tuttavia, le disposizioni
richiamate, contraddistinte entrambe dal
termine "preferenziale", impongono di
prevedere agevolazioni o punteggi aggiuntivi
per i soggetti favoriti ma non proibiscono
ad altri organismi di partecipare alla gara.
Lo schema della gara informale, richiamato
dall'art. 30 d.lgs. 163/2006, in tema di
concessione di servizi, costituisce un
modulo procedimentale caratterizzato da
ampia discrezionalità dell'amministrazione;
di conseguenza, nella fissazione delle
regole della selezione concorsuale -al fine
di realizzare "i principi desumibili dal
Trattato e dei principi generali relativi ai
contratti pubblici"- l'Amministrazione
ben può scegliere di avvalersi di un modello
predefinito, quale quello della gara
pubblica, che lo stesso legislatore ha
tipizzato come espressione massima dei
principi di trasparenza e concorrenzialità.
L'esigenza della gara informale corrisponde
infatti alla ratio di garantire uno
standard minimo di concorrenzialità ma non
inibisce all'Amministrazione il ricorso a
procedure maggiormente aperte e trasparenti;
tale ratio è confermata dallo stesso
art. 30, quarto comma, dove sono fatte salve
"discipline specifiche che prevedono
forme più ampie di tutela della concorrenza"
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 27.11.2009 n. 2868 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costituzione di parte civile.
In tema di
risarcimento del danno il soggetto
legittimato all’azione civile è il
danneggiato che non necessariamente si
identifica con il soggetto passivo del reato
in senso stretto, ma è chiunque abbia
riportato un danno eziologicamente
riferibile all’azione o all’omissione del
soggetto attivo del reato. Per la
costituzione di parte civile del
proprietario confinante nei procedimenti
penali aventi ad oggetto abusi edilizi si è
positivamente espressa anche lo Corte
europea dei diritti dell’uomo.
L’azione risarcitoria è prevista non solo
nelle ipotesi di cui all’art. 873 c.c..
(violazione delle distanze nelle
costruzioni), ma anche secondo la
disposizione dell’art. 872 cod. civ. "in
base al quale- con riferimento alla
violazione delle normative di cui al
precedente art. 871, concernenti le regole
da osservarsi nelle costruzioni-
indipendentemente dalle distanze" (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.11.2009 n. 45295 -
link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art. 20
del d. P. R. 06.06.2001 n. 380, che ha
previsto che le domande di permesso di
costruire debbano essere esaminate e
definite entro termini ben definiti,
trascorsi i quali, in base al disposto del
comma 9, “sulla domanda di permesso di
costruire si intende formato il
silenzio–rifiuto”, va interpretato nel senso
che, trascorso tale termine, non si è di
fronte ad un silenzio reso significativo
dalla legge in termini di diniego implicito
della pretesa avanzata, ma ad un
silenzio–inadempimento; il che comporta da un lato che
l'Amministrazione competente, pur dopo lo
spirare del termine legalmente assegnatole
per la conclusione del procedimento di cui
all’art. 20 del d. P. R. n. 380 del 2001,
non perde il potere di determinarsi
espressamente sulla domanda di permesso di
costruire, e dall’altro che la parte privata
può ricorrere ai sensi dell’art. 21-bis
della l. n. 1034 del 1971.
Il Comune di Castellabate è rimasto inerte
sull’istanza di permesso di costruire.
Giusta
indicazione emergente dal comma 9° dell'art.
20 DPR 380/2001 a mente della cui
previsione: “Decorso inutilmente il
termine per l’adozione del provvedimento
conclusivo, sulla domanda di permesso di
costruire si intende formato il silenzio
rifiuto”, nella specie deve ritenersi
formato, per l’appunto, il silenzio rifiuto,
giustiziabile in sede amministrativa, alla
luce anche della disciplina, contenuta negli
artt. 2 e 3 della l. 241/1990, che obbliga
l’Amministrazione a concludere il
procedimento attivato ad istanza di parte,
con un provvedimento espresso e motivato.
Nello stesso senso, si consulti anche la
seguente, recente, massima: “L’art. 20
del d.P.R. 06.06.2001 n. 380, che ha
previsto che le domande di permesso di
costruire debbano essere esaminate e
definite entro termini ben definiti,
trascorsi i quali, in base al disposto del
comma 9, “sulla domanda di permesso di
costruire si intende formato il
silenzio–rifiuto”, va interpretato nel senso
che, trascorso tale termine, non si è di
fronte ad un silenzio reso significativo
dalla legge in termini di diniego implicito
della pretesa avanzata, ma ad un
silenzio–inadempimento (un silenzio, cioè,
che esprime piuttosto l’inerzia
dell’Amministrazione quanto al suo obbligo
generale di concludere, entro termini certi,
il procedimento con un provvedimento
espresso); il che comporta da un lato che
l'Amministrazione competente, pur dopo lo
spirare del termine legalmente assegnatole
per la conclusione del procedimento di cui
all’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001,
non perde il potere di determinarsi
espressamente sulla domanda di permesso di
costruire, e dall’altro che la parte privata
può ricorrere ai sensi dell’art. 21-bis
della l. n. 1034 del 1971” (TAR Campania
Napoli, sez. II, 31.03.2009, n. 1693).
Si ricordi, inoltre, che: “Ai sensi
dell’art. 2 l. n. 241 del 1990 come
modificato dall’art. 3, comma 6-bis, l.
14.05.2005 n. 80, gli interessati possono
proporre il ricorso avverso il silenzio
dell’amministrazione senza la necessità
della previa diffida e ciò dal momento in
cui matura l’inadempimento sulla domanda
dell’amministrato fin tanto che
l’inadempimento medesimo perdura, comunque
non oltre un anno dalla scadenza dei termini
rimessi alla p. a. per pronunciarsi”
(TAR Liguria, sez. I, 08.04.2009, n. 620)
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 24.11.2009 n. 6911 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti di servizi e di forniture
devono avere autonoma capacità finanziaria e
non possono avvalersi dei requisiti
finanziari delle imprese consorziate.
E' legittima l'esclusione di un consorzio
stabile da una gara per l'affidamento del
servizio di pulizia di alcuni immobili in
quanto il consorzio, oltre a non aver
indicato le imprese in nome e per conto
delle quali ha partecipato alla gara, ha
indicato "quale requisito economico del
fatturato globale e specifico, la sommatoria
dei fatturati delle proprie consorziate e
non il proprio".
I consorzi che partecipano alle gare
pubbliche per l'affidamento di appalti di
servizi e di forniture devono avere autonoma
capacità finanziaria e non possono avvalersi
dei requisiti finanziari delle imprese
consorziate.
L'art. 36 del D.L.vo n. 163 del 2006 (codice
dei contratti pubblici), che prevede la
possibilità di avvalersi dei requisiti
finanziari delle consorziate, si riferisce,
infatti, alle sole gare per l'affidamento di
appalti di lavori, mentre negli altri casi
(appalti servizi e forniture) si applica il
precedente art. 35 del codice dei contratti
secondo cui i requisiti di idoneità tecnica
per l'ammissione alle gare devono essere
posseduti e comprovati dai consorzi, salvo
che per quelli relativi alla disponibilità
delle attrezzature e dei mezzi d'opera e
all'organico medio annuo, i quali solo sono
computati cumulativamente in capo al
consorzio ancorché posseduti dalle singole
consorziate (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 23.11.2009 n. 11482 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
In materia di DIA, la legge n. 80/2005, nel
riformulare l’art. 19 l. n. 241/1990, ha
precisato che la P.A. può vietare lo
svolgimento dell’attività ed ordinare
l’eliminazione degli effetti già prodotti
anche dopo che è scaduto il termine di 30
giorni. Lo potrà fare, però, soltanto se vi
sono i presupposti per l’esercizio del
potere di autotutela (in particolare
dell’annullamento d’ufficio) e, quindi,
entro un ragionevole lasso di tempo, dopo
aver valutato gli interessi in conflitto e
sussistendone le ragioni di interesse
pubblico.
2. L’ordine di inibizione dei lavori,
nell’ipotesi di presentazione della d.i.a.,
deve indicare le motivazioni per cui i
lavori, così come indicati in progetto, non
possono essere eseguiti, al fine di
consentire all’interessato di presentare un
nuovo progetto, conforme alle prescrizioni
indicate.
3. Il Comune può inibire la realizzazione
delle opere nel termine di 30 giorni dalla
presentazione della DIA il cui termine è da
considerarsi perentorio, con la conseguenza
che, oltre detto termine, il potere di
riscontro a fini inibitori attribuito alla
PA è esaurito e la stessa può provvedere
solo con l'esercizio del potere di
autotutela e al generale potere di controllo
sulle attività di trasformazione edilizia
del territorio.
1. Giova una breve premessa in ordine
all’istituto giuridico della d.i.a e ai
poteri che all’amministrazione competono
nell’ambito del relativo procedimento, ai
tempi per il loro esercizio, essendosi al
riguardo fronteggiati diversi orientamenti.
Come noto, la denunzia di inizio attività è
stata introdotta nel nostro ordinamento,
nell’ambito della semplificazione
dell’attività amministrativa con la legge.
n. 241/1990 che all’art. 19 ha previsto che
qualora l’esercizio di un’attività privata
sia subordinato ad un atto di consenso,
comunque denominato, il cui rilascio dipenda
esclusivamente dall’accertamento dei
presupposti e requisiti di legge, questo è
sostituito da una denuncia di inizio
attività da parte dell’interessato.
A seguito delle modifiche apportate dalla l.
n. 35 del 2005, l’interessato prima di dare
inizio all’attività oggetto della d.i.a.
deve inoltrare all’Amministrazione
competente una dichiarazione corredata,
anche per mezzo di autocertificazioni, delle
certificazioni e delle attestazioni
normativamente richieste ed attendere lo
scadere del termine di 30 giorni, decorrenti
dalla data della presentazione della
dichiarazione; l’Amministrazione può
richiedere informazioni o certificazioni
relative a fatti, stati o qualità solo
qualora non siano attestati in documenti già
in possesso della stessa o non siano
direttamente acquisibili presso altre
pubbliche amministrazioni; allo spirare
dell’anzidetto termine di 30 giorni,
l’attività oggetto della dichiarazione può
essere iniziata ma, contestualmente
all’inizio, l’interessato deve darne
comunicazione all’Amministrazione
competente, la quale ha il potere di
adottare “nel termine di 30 giorni dal
ricevimento della comunicazione, motivati
provvedimenti di divieto di prosecuzione
dell’attività e di rimozione dei suoi
effetti”, salvo che ove ciò sia
possibile, l’interessato provveda a
conformare alla normativa vigente detta
attività e i suoi effetti entro un termine
fissato dall’Amministrazione, che non può
essere inferiore a 30 giorni; nei casi in
cui la legge prevede l’acquisizione di
pareri di organi o di enti appositi, il
termine per l’adozione dei provvedimenti di
divieto di prosecuzione dell’attività e di
rimozione dei suoi effetti è sospeso,
dandosene comunicazione all’interessato,
fino ad un massimo di 30 giorni, scaduti i
quali, l’Amministrazione può adottare i
propri provvedimenti indipendentemente
dall’acquisizione del parere; è fatto salvo
comunque il potere dell’Amministrazione di
assumere determinazioni in via di
autotutela, ai sensi degli artt.
21-quinquies e 21-nonies della l. 241/1990;
sono comunque fatte salve le vigenti
disposizioni di legge che prevedono termini
diversi per l’inizio dell’attività e per
l’adozione, da parte dell’Amministrazione
competente, dei provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell’attività e di rimozione
dei suoi effetti.
La denuncia di inizio attività in materia
edilizia è attualmente disciplinata dagli
artt. 22 e 23 T.U. dell’Edilizia – D.P.R. n.
380/2001: l’interessato deve presentare la
denuncia almeno 30 giorni prima
dell’effettivo inizio dei lavori ed il
dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale, ove entro tale termine sia
riscontrata l’assenza di una o più delle
condizioni stabilite, “notifica
all’interessato l’ordine di non effettuare
il previsto intervento”.
A norma dell’art. 23 T.U. la denuncia di
inizio attività, presentata allo sportello
unico dal proprietario dell’immobile o da
chi abbia tiolo per avvalersi del regime
della denuncia di inizio attività, deve
essere accompagnata dagli opportuni
elaborati progettuali e da una dettagliata
relazione, a firma di un progettista
abilitato -che asseveri la conformità delle
opere agli strumenti urbanistici approvati o
il non contrasto con gli strumenti
urbanistici adottati e con i regolamenti
edilizi vigenti, nonché il rispetto delle
nome di sicurezza e di quelle igienico
sanitarie- e dall’indicazione dell’impresa
cui si intendono affidare i lavori.
Qualora l’interevento oggetto di denuncia di
inizio attività sia sottoposto ad un vincolo
la cui tutela compete (anche in via di
delega) alla stessa Amministrazione
comunale, l’anzidetto termine di 30 giorni
decorre dal rilascio del relativo atto di
assenso ed in mancanza di siffatto
provvedimento favorevole la denuncia è priva
di effetti; qualora invece la tutela del
vincolo non spetti all’Amministrazione
comunale, ove il parere favorevole del
soggetto preposto alla tutela non sia
allegato alla denuncia, il competente
Ufficio del Comune deve convocare una
conferenza di servizi e l’anzidetto termine
di 30 giorni decorre dall’esito della
conferenza. In caso di esito non favorevole
la denuncia è priva di effetti.
In merito alla natura giuridica della d.i.a.
si sono contrapposti diversi orientamenti
giurisprudenziali.
Secondo un primo orientamento, la
d.i.a. si tradurrebbe direttamente
nell'autorizzazione implicita
all'effettuazione dell'attività, in virtù di
una valutazione legale tipica, con la
conseguenza che i terzi potrebbero agire
innanzi al giudice per chiedere
l'annullamento della determinazione
formatasi in forma tacita (cfr., tra le più
recenti, Cons. Stato, sez. IV, 25.11.2008,
n. 5811; Cons. Stato, sez. IV, 29.07.2008,
n. 3742; Cons. Stato, sez. IV, 12.09.2007,
n. 4828; Cons. Stato, sez. VI, 05.04.2007,
n. 1550).
Si tratterebbe, quindi, di un istituto del
tutto peculiare, comunque assimilabile ad
una istanza autorizzatoria, che, con il
decorso del termine di legge, provoca la
formazione di un “titolo”, cioè di un
provvedimento tacito di accoglimento di una
siffatta istanza, che rende lecito
l'esercizio dell'attività, (in questi
termini, Cons. Stato, sez. IV, 25.11.2008,
n. 5811).
Secondo questa impostazione, la d.i.a. non è
uno strumento di liberalizzazione
dell'attività, ma rappresenta una
semplificazione procedimentale che consente
al privato di conseguire un titolo
abilitativo, sub specie dall'autorizzazione
implicita di natura provvedimentale, a
seguito del decorso di un termine (30
giorni) della presentazione della denunzia.
Secondo altro orientamento
giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato
sez. VI; 04.09.2002 n. 4453; sez. VI,
26.07.2004, n. 5326; sez. IV, 22.07.2005, n.
3916; da ultimo Sezione VI n. 717/2009) la
d.i.a., in è un atto di un soggetto privato
e non di una pubblica amministrazione, che
ne è invece destinataria, e non costituisce,
pertanto, esplicazione di una potestà
pubblicistica. L’Amministrazione non
rilascia nessun atto di assenso, dovendo
solo verificare la sussistenza dei
prescritti requisiti affinché l’interessato
possa autonomamente intraprendere la
preannunciata attività quale espressione del
suo diritto legislativamente prefigurato.
Tale orientamento è basato sul fondamentale
rilievo che se la d.i.a. fosse davvero un
atto destinato ad avviare un procedimento
destinato a concludersi con un provvedimento
di accoglimento per silentium, tra
d.i.a. e silenzio-assenso sarebbe arduo
cogliere una sostanziale differenza. Al
contrario, la legge n. 241/1990 li contempla
in due articoli differenti, il 19 e il 20,
così mostrando di voler tenere distinti i
due istituti e di attribuire loro una
diversa funzione: mentre con la d.i.a. si
attua una liberalizzazione dell’attività
privata non più soggetta ad autorizzazione,
il silenzio assenso non incide in senso
abrogativo sul regime autorizzatorio, ma
costituisce una mera semplificazione
procedimentale, prevedendo una modalità di
conseguimento dell’autorizzazione
equipollente ad un provvedimento esplicito
di accoglimento.
Quanto agli opposti argomenti invocati a
sostegno della natura provvedimentale della
d.i.a. -fondati soprattutto sulla
constatazione che il legislatore fa più
volte riferimento all’esercizio di un potere
di autotutela (normalmente di annullamento
di ufficio) che ha per oggetto proprio la
denuncia di inizio di attività, autotutela
decisoria che, in quanto attività
amministrativa di secondo grado,
presupporrebbe l’esistenza di un atto
amministrativo- secondo tale secondo
orientamento giurisprudenziale non deve
essere enfatizzato il riferimento compiuto
dal legislatore al potere di autotutela. Ed
invero l’art. 19 l. n. 241/1990, che
richiama gli artt. 21-quinquies e 21-nonies,
e le norme del T.U. edilizia che prevedono
l’annullamento d’ufficio della d.i.a., non
hanno, in realtà, voluto sancire
implicitamente la natura provvedimentale di
tale fattispecie.
Richiamando l’autotutela
(e, in particolare, l’annullamento
d’ufficio), il legislatore, più che prendere
posizione sulla natura giuridica
dell’istituto, ha voluto solo chiarire che,
anche dopo la scadenza del termine
perentorio di 30 giorni per l’esercizio del
potere inibitorio, la P.A. conserva un
potere residuale di autotutela, da
intendere, però, come potere sui generis,
che si differenzia della consueta autotutela
decisoria proprio perché non implica
un’attività di secondo grado insistente, su
un procedente provvedimento amministrativo.
Il riferimento agli artt. 21-quinquies e
21-nonies l. n. 241/1990, contenuto nella l.
n. 241/1990 consente alla P.A. di esercitare
un potere che tecnicamente non è di secondo
grado, in quanto non interviene su una
precedente manifestazione di volontà
dell’amministrazione, ma che con
l’autotutela decisoria condivide soltanto i
presupposti e il procedimento.
In questo senso, deve ritenersi che il
richiamo agli artt. 21-quinquies e 21-nonies
vada riferito alla possibilità di adottare
non già atti di autotutela in senso proprio,
ma di esercitare i poteri di inibizione
dell’attività e di rimozione dei suoi
effetti, nell’osservanza dei presupposti
sostanziali e procedimentali previsti dal
tali norme (in tal senso Consiglio di Stato,
Sezione VI n. 717/2009; in senso analogo Tar
Campanaia Napoli, sez. III, 27.01.2006 n.
1131; Tar Campania-Napoli, sez. IV,
22.02.2006, n. 3200).
In tal modo, il legislatore, nel recepire
l’orientamento giurisprudenziale che
ammetteva la sussistenza in capo alla P.A.
di un potere residuale di intervento anche
dopo la scadenza dl termine, si preoccupa di
tutelare l’affidamento che può essere
maturato in capo al privato per effetto del
decorso del tempo. Ed invero, la d.i.a., pur
essendo un atto che proviene da un privato,
è comunque suscettibile, a causa del decorso
del tempo e del mancato tempestivo esercizio
del potere inibitorio da parte della P.A.,
di consolidare, analogamente a quanto
potrebbe fare un provvedimento espresso, un
affidamento meritevole di protezione.
Pertanto, superando anche i dubbi
interpretativi in passato da qualcuno
sollevati circa l’esistenza di un residuo
potere di intervento da parte della p.a. una
volta scaduto il termine perentorio di 30
gg., la legge n. 80/2005, nel riformulare
l’art. 19 l. n. 241/1990, ha precisato che
la P.A. può vietare lo svolgimento
dell’attività ed ordinare l’eliminazione
degli effetti già prodotti anche dopo che è
scaduto tale termine perentorio. Lo potrà
fare, però, soltanto se vi sono i
presupposti per l’esercizio del potere di
autotutela (in particolare dell’annullamento
d’ufficio) e, quindi, entro un ragionevole
lasso di tempo, dopo aver valutato gli
interessi in conflitto e sussistendone le
ragioni di interesse pubblico.
Quanto alla tutela dei terzi
controinteressati, per una parte di tale
orientamento giurisprudenziale, non venendo
in rilievo un atto tacito di assenso della
P.A., la d.i.a non sarebbe direttamente
impugnabile dai terzi, i quali potrebbero
solo ricorrere all’istituto giuridico del
silenzio rifiuto, al fine di sollecitare
l’esercizio dei poteri repressivi ad opera
della P.A., mentre secondo il più recente e
condivisibile orientamento
giurisprudenziale, gli stessi potrebbero
agire direttamente innanzi al G.A. con
un’azione di accertamento (sull’inesistenza
dei presupposti per la D.I.A. o sulla
violazione della normativa urbanistica od
edilizia) da esperirsi peraltro nel termine
di decadenza, trattandosi pur sempre di
azione di accertamento vertente in materia
di interessi legittimi (così da ultimo
Consiglio di Stato, sez. VI, n. 717/2009 cit.).
Peraltro tale problematica deve intendersi
risolta a seguito della recente modifica
apportata all’art. 19, comma 5, della l.
241/1990 dalla l. n. 69 del 2009 in forza
della quale “Il relativo ricorso
giurisdizionale, esperibile da qualunque
interessato nei termini di legge, può
riguardare anche gli atti di assenso formati
in virtù delle norme sul silenzio assenso
previste dall’articolo 20”, per cui al
di là delle implicazioni sulla natura
giuridica della d.i.a., sottese a tale
modifica, deve ritenersi che il legislatore.
con detta norma (da intendersi di
interpretazione autentica), abbia inteso
sicuramente assimilare, in riferimento alla
tutela dei terzi, il regime del silenzio
assenso e quello della denuncia di inizio
attività.
Costante è invece in giurisprudenza
l’affermazione circa la perentorietà del
termine di 30 giorni per l’esercizio del
potere inibitorio, residuando, un volta
decorso tale termine, in capo
all’Amministrazione i poteri di vigilanza e
repressivi, da esercitarsi come detto, in
ragione della previsione di cui all’art. 19
l. 241/1990, nel rispetto dei principi
propri dell’autotutela.
Il Collegio ritiene che, ai fini del calcolo
del dies a quo per l’esercizio dei
poteri inibitori, debba prendersi in rilievo
il tempo in cui l’ordine inibitorio viene
notificato al destinatario e non possa
pertanto farsi riferimento alla mera
adozione del provvedimento inibitorio come è
d’altra parte dato evincere dal chiaro
tenore letterale dell’art. 23, comma 6,
D.P.R. 380/2001 (cfr. in tal senso Tar Lazio–Roma, sez. II-bis, 08.10.2008 n. 8840, che
ha ritenuto tardivo il ricorso al potere
inibitorio –anziché al potere di autotutela-
qualora la comunicazione dell’ordine di
inibizione sia intervenuta oltre i trenta
giorni dalla presentazione della d.i.a.).
D’altra parte detta opzione ermeneutica è
coerente con la disciplina del Testo Unico
che ha unificato il regime della decorrenza
degli effetti, portando a 30 giorni il
termine entro il quale l’amministrazione è
tenuta ad esercitare il proprio potere di
controllo preventivo e dal quale decorre per
il denunciante la possibilità di iniziare
legittimamente i lavori (come evidenziato da
Consiglio di Stato, sez. V, 29.01.2004, n.
308), unificazione che verrebbe di fatto
vanificata laddove l’Amministrazione
possedesse un ulteriore lasso dei tempo per
portare il provvedimento inibitorio a
conoscenza del destinatario che, decorso il
termine di 30 giorni dalla presentazione
della dichiarazione, potrebbe legittimamente
iniziare i lavori, facendo affidamento
sull’esito positivo della verifica affidata
all’Amministrazione nei 30 giorni dalla
presentazione dalla d.i.a..
Peraltro, anche a voler ritenere che laddove
la P.A. faccia ricorso, al pari dei soggetti
privati, alla notifica a mezzo posta o alla
notifica a mezzo ufficiale giudiziario, la
notifica debba intendersi compiuta, per il
notificante con la consegna del documento
oggetto di notifica all’ufficiale
giudiziario o all’agente postale, in
coerenza con la scissione delineatasi nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale
dei termini per la notifica, avuto riguardo
alla diversa situazione del notificante e
del destinatario –soluzione questa peraltro
problematica dal punto di vista della non
coincidenza fra il termine della
comunicazione dell’ordine inibitorio e
quello per l’inizio dei lavori- detta
scissione non può essere riscontrata
laddove, come nella specie, il Comune si
avvalga della notifica a mezzo messo
comunale. Infatti in tale ipotesi, solo con
l’avvenuta consegna, l’atto da notificare
esce dalla sfera di disponibilità
dell’Amministrazione comunale, essendo il
messo comunale dipendente della medesima
Amministrazione.
2.
Sia la clausola
generale di salvaguardia dei diritti dei
terzi sia le disposizioni che disciplinano
l'attività di controllo che i Comuni devono
apprestare a seguito di presentazione, da
parte di un privato, di denuncia d'inizio
attività, non precludono all'ente locale di
esercitare -sull'attività urbanistica ed
edilizia realizzata nell'ambito territoriale
comunale- il generale potere di vigilanza di
cui è espressione l'art. 4 L. n. 47 del
1985, ora trasfuso nell'art. 27 del D.P.R.
n. 380 del 2001.
Sulla base di questa disposizione, il Comune
ha il potere di sospendere immediatamente i
lavori assentiti qualora accerti la non
rispondenza degli stessi alle norme di legge
e/o degli strumenti urbanistici e dei
regolamenti comunali, nonché alle modalità
esecutive fissate nel titolo edilizio.
Tale potere può essere esercitato dal Comune
anche a seguito di presentazione di D.I.A.,
dato che il peculiare regime procedimentale
proprio di tale istituto non fa venire meno,
o meglio non esime l'ente locale dal più
generale dovere di vigilanza ed eventuale
repressione sull'attività urbanistico-edilizia svolta all'interno del territorio
comunale (v. TAR Campania-NA- sez. IV,
27/03/2006 n. 3200, TAR Lazio-RM- sez. II,
21/07/2005 n. 5810; TAR Sicilia-CT- sez. I,
18/04/2005 n. 672; Tar Emilia Romagna–Parma,
sent. n. 612/2007).
Sotto tale profilo
nell’ipotesi in cui i lavori interessino una
strada interessata da pubblico transito,
modificandone l’assetto, la normativa del
codice della strada va ad integrare la
normativa in materia urbanistico–edilizia.
Del pari infondata è la censura laddove si
deduce che alcuna indicazione poteva dare il
Comune in ordine alle modifiche da apportare
al progetto.
Ed invero l’ordine di inibizione dei lavori,
nell’ipotesi di presentazione della d.i.a.,
deve indicare le motivazioni per cui i
lavori, così come indicati in progetto, non
possono essere eseguiti, al fine di
consentire all’interessato di presentare un
nuovo progetto, conforme alle prescrizioni
indicate. Ciò d’altra parte è coerente con
lo stesso tenore letterale dell’art. 23,
comma 6, d.p.r. 380/2001, seconda parte, a
mente del quale “è comunque salva la
facoltà di ripresentare la denuncia di
inizio attività, con le modifiche o le
integrazioni necessarie per renderla
conforme alla normativa urbanistica ed
edilizia”, dovendo le norme in materia
urbanistica considerarsi integrate, come
innanzi precisato, qualora si incida
sull’assetto stradale, dalla normativa del
codice della strada.
Dette considerazioni sono avvalorate dalla
circostanza che nell’ambito del procedimento
instaurato a seguito della presentazione
della d.i.a. non vi è spazio, in
considerazione anche della brevità del
termine assegnato alla P.A. per l’esercizio
del potere di verifica ex art. 23, comma 6,
D.P.R. 380/2001, non suscettibile di
sospensioni procedimentali se non
nell’ipotesi normativamente previste
(qualora il bene interessato dai lavori sia
soggetto a vincolo), per la comunicazione
dei motivi ostativi all’accoglimento
dell’istanza ex art. 10-bis l. 241/1990, per
cui lo stesso ordine inibitorio si pone come
sostitutivo della comunicazione dei motivi
di diniego (cfr. in tal senso Consiglio di
Stato, sez. IV, n. 4828 del 2007).
3.
Sulla base
dell'orientamento conforme della
giurisprudenza in materia edilizia, il
Comune può inibire la realizzazione delle
opere nel termine di 30 giorni dalla
presentazione della DIA, ai sensi della
predetta disposizione del T.U. in materia
edilizia, termine da considerarsi
perentorio, con la conseguenza che, oltre
detto termine il potere di riscontro a fini
inibitori attribuito alla PA è esaurito e la
stessa può provvedere solo con l'esercizio
del potere di autotutela e al generale
potere di controllo sulle attività di
trasformazione edilizia del territorio (cfr.
Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17.01.2006,
n. 72; Tar Campania, Salerno, sez. II,
20.07.2006, n. 1107; Cons. Stato, sez. IV,
12.09.2007, n. 4828; Cass. Pen., sez. III,
29.01.2008, n. 11113).
Il Collegio ritiene a tal riguardo, in
aderenza all’orientamento da ultimo espresso
dal Consigli di Stato, sez. VI, con la sent.
n. 719/2009, innanzi citata, che il
riferimento all’autotutela in tali casi non
vada inteso nel senso della necessità di
annullamento di un atto di assenso tacito
(non ravvisabile nell’ipotesi di d.i.a.), ma
in riferimento all’obbligatorietà del
rispetto delle norme procedimentali previste
in materia di autotutela ed in particolare
in ordine alla necessità di una puntuale
motivazione sull’interesse pubblico sotteso
all’adozione dell’atto, che non può essere
ravvisato nella mera necessità di ripristino
della legalità (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 23.11.2009 n. 7807 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Incendi
boschivi.
La
definizione di “incendio boschivo” di
cui all’art. 2 L. 353/2000 si riferisce ad
aree (boscate, cespugliate o arborate) più
ampie di quelle richiamate nel comma 1,
dell’art. 10, che limita, invece,
l’applicazione dei divieti, prescrizioni e
sanzioni soltanto a “zone boscate e
pascoli i cui soprassuoli” sono stati
percorsi dal fuoco, cioè un insieme di aree
naturali e vegetali più delimitato rispetto
a quello di cui sopra.
Ne deriva che l’ambito oggettivo di
applicazione della norma speciale è più
limitato e riguarda le sole zone boscate e
pascoli (e non le zone arborate) (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 17.11.2009 n. 11242 -
link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla natura della DIA e sulla
possibilità dei terzi di far ricorso avverso
la stessa.
E’ noto che il tema della natura giuridica
della D.I.A. (denuncia di inizio attività) e
quello correlato della tutela dei terzi che
si oppongono ai suoi effetti ha sempre
presentato profili teorici problematici:
acuiti, in presenza di denunce di inizio
attività in campo edilizio, dalle
interferenze con i titoli abilitativi legati
ai diversi regimi vincolistici e dalla
previsione normativa della c. detta D.I.A. “pesante”
alternativa al permesso di costruire, con
quanto ne consegue (cfr. sul punto, da
ultimo, Tar Lazio, Roma, sezione I-quater,
n. 9539 del 02.10.2009).
Secondo un primo orientamento la
D.I.A. si tradurrebbe direttamente
nell'autorizzazione implicita
all'effettuazione dell'attività in virtù di
una valutazione legale tipica, con la
conseguenza che i terzi potrebbero agire
innanzi al giudice per chiedere
l'annullamento della determinazione
formatasi in forma tacita (cfr., tra le più
recenti, Cons. Stato, sezione quarta,
25.11.2008, n. 5811; 29.07.2008, n. 3742;
12.09.2007, n. 4828; sezione sesta,
05.04.2007, n. 1550). Si tratterebbe,
quindi, di un istituto del tutto peculiare,
comunque assimilabile ad una istanza
autorizzatoria, che, con il decorso del
termine di legge, provoca la formazione di
un "titolo", cioè di “un provvedimento
tacito di accoglimento di una siffatta
istanza, che rende lecito l'esercizio
dell'attività” (in questi testuali
termini, Cons. Stato, sezione quarta,
25.11.2008, n. 5811, cit.).
In sintesi, a seguirsi questa impostazione,
la D.I.A. non è uno strumento di
liberalizzazione dell'attività, ma
rappresenta una semplificazione
procedimentale che consente al privato di
conseguire un titolo abilitativo, sub specie
dell'autorizzazione implicita di natura
provvedimentale, a seguito del decorso di un
termine (30 giorni) della presentazione
della denunzia.
Diverso orientamento ritiene invece
che la D.I.A. non sia configurabile come
provvedimento amministrativo, neanche
implicito (Cons. Stato, sez. 4^, 04.09.2002,
n. 4453; Tar Campania, Napoli, sez. 4^,
17.06.2004, n. 9530; Tar Abruzzo, L’Aquila,
03.04.2004, n. 383) ed il terzo, decorso il
termine per l'esercizio del potere
inibitorio senza che l’amministrazione sia
intervenuta, sarebbe legittimato a
richiedere alla stessa di porre in essere i
provvedimenti di "autotutela"
previsti dall’ordinamento, attivando in caso
di inerzia il rimedio di cui all'art. 21-bis
l. n. 1034/1971.
Siffatti principali filoni
giurisprudenziali, in una a rivoli (più o
meno) secondari, sono stati rivisitati da
recente pronuncia della sesta sezione del
Consiglio di Stato, la n. 717 del
09.02.2009, che -dopo aver riportate le
ragioni via via poste a sostegno delle
diverse posizioni in campo e dopo averne
operata un’ampia valutazione- ritiene che
non possa essere (oltre) sostenuta la natura
provvedimentale della D.I.A. in presenza “in
definitiva, di un atto di un soggetto
privato e non di una pubblica
amministrazione, che ne è invece
destinataria…”.
La pronuncia ammette tuttavia che la via
della tutela del terzo a mezzo dello
strumento del silenzio-rifiuto “compromette
notevolmente” l’efficacia della tutela,
in presenza soprattutto di un potere
dell’amministrazione “ampiamente
discrezionale, dovendosi valutare prima di
intervenire gli interessi in conflitto
tenendosi conto anche dell’affidamento….”
e, quindi, (in presenza) dei limiti per lo
stesso giudice amministrativo “che,
nell’eventuale giudizio avverso il
silenzio-rifiuto fatto formare
dall’amministrazione, non potrebbe che
limitarsi ad una mera declaratoria
dell’obbligo di provvedere, senza poter
predeterminare il contenuto del
provvedimento da adottare (Cons. Stato,
sezione quinta, 09.10.2007, n. 5271) e
tutto ciò renderebbe ancor più lunga e
faticosa la tutela del terzo”.
Da qui, l’innovativa via di assicurare al
terzo leso efficace e compiuta tutela, quale
costituzionalmente garantita, a mezzo “dell’azione
di accertamento autonomo che il terzo può
esperire innanzi al giudice amministrativo
per sentire pronunciare che non sussistevano
i presupposti per svolgere l'attività sulla
base di una semplice denuncia di inizio di
attività. Emanata la sentenza di
accertamento, graverà sull'Amministrazione
l'obbligo di ordinare la rimozione degli
effetti della condotta posta in essere dal
privato, sulla base dei presupposti che il
giudice ha ritenuto mancanti.”
A sostegno di detta posizione -secondo la
quale “l'azione di accertamento sarà
sottoposta allo stesso termine di decadenza
(di 60 giorni) previsto per l'azione di
annullamento che il terzo avrebbe potuto
esperire se l'Amministrazione avesse
adottato un permesso di costruire. Non si
ritiene applicabile un diverso termine di
natura prescrizionale in quanto l'azione,
ancorché di accertamento, non è diretta alla
tutela di un diritto soggettivo, ma di un
interesse legittimo”- la pronuncia
svolge articolate argomentazioni con
richiami a dottrina e giurisprudenza ed alla
loro evoluzione temporale.
Il descritto, ultimo, orientamento del
giudice amministrativo evidentemente non può
dirsi consolidato; anzi, sono già emerse
posizioni che, pur alla luce delle
previsioni sulla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo di cui all’art. 34
del d. l.vo n. 80/1998 (nel caso a ritenersi
costituzionalmente illegittime), negano la
possibilità di potersi far luogo all’azione
di accertamento innanzi al giudice
amministrativo in presenza di una posizione
di diritto soggettivo non incisa da alcun
potere amministrativo autorizzatorio
(presenti solo poteri inibitori o
repressivi), sì da far prefigurare, in
presenza di un’attività predeterminata
interamente dalla legge, posizioni per
l’appunto di diritto soggettivo, con quanto
ne consegue in termini di tutela
giurisdizionale e di suo riparto (TAR
Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 17.11.2009 n. 7537 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura negoziata: Impugnazione
procedura - Ammissibilità del ricorso nella
parte in cui si richiede l’annullamento
della procedura negoziata - Inammissibilità
del ricorso nella parte in cui si richiede
l’ammissione alla procedura negoziata.
La ditta ricorrente, non essendo stata
invitata a partecipare alla procedura
negoziata, ha certamente interesse e
legittimazione ad impugnare la procedura
medesima nella sua interezza, non già ad
impugnare la mancata ammissione al gruppo
delle ditte offerenti.
Infatti, il ricorso avverso il provvedimento
di scelta della modalità di gara e di
aggiudicazione è ammissibile, atteso che la
mancata partecipazione della ricorrente alla
gara deriva proprio dalle specifiche
disposizioni della "lex specialis",
ritenute discriminatorie o, comunque, tali
da impedire l’utile presentazione
dell’offerta (cfr.: Cons. Stato V,
19.03.2009 n. 1624; TAR Cagliari II,
12.06.2009 n. 972). Viceversa, la mancata
partecipazione alla procedura, essendo
conforme alle regole della "lex specialis",
priva la ricorrente dell’interesse e della
legittimazione ad impugnare l’atto di
esclusione da esso (Cons. Stato IV,
14.06.2005 n. 3113; TAR Napoli I, 11.12.2007
n. 16106; TAR Lecce II, 05.09.2003 n. 5804).
Pertanto, il ricorso è ammissibile solo
nella parte in cui chiede l’annullamento
della procedura negoziata, non già nella
parte in cui chiede l’ammissione al
confronto di offerte (TAR Molise,
sentenza 06.11.2009 n. 700 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Raggruppamento
temporaneo costituendo - Non costituisce
centro di imputazione distinto dalle singole
imprese - Art. 75 D.lgs. 163/2006 - Il
termine offerente si riferisce alle singole
imprese - Necessità che la cauzione
provvisoria sia intestata a tutte le singole
imprese.
Non v'è dubbio che, in presenza di un
raggruppamento non ancora costituito, non
esista un soggetto distinto dalle singole
imprese suscettibile di essere individuato
quale centro di imputazione delle situazioni
giuridiche connesse all'assunzione della
qualità di concorrente.
Ne deriva che
utilizzando la terminologia dell'art. 75 del
D.lgs. 163/2006, "offerente",
sino alla costituzione del raggruppamento,
non possono che essere le singole imprese,
future mandataria e mandante, con
conseguente necessità di riferire a tutte
loro ogni singolo adempimento che la legge o
la disciplina di gara riferiscono a detta
figura.
Ciò comporta che come la giurisprudenza ha
avuto modo di precisare, la cauzione
provvisoria dovesse necessariamente essere
intestata ad entrambe le componenti del
costituendo raggruppamento essendo, gli
eventuali inadempimenti agli obblighi
connessi alla partecipazione alla gara, ed
in vista dei quali la garanzia viene
richiesta, potenzialmente ascrivibili ad
ogni singolo soggetto (nel caso di specie la
cauzione provvisoria presentata dalle
ricorrenti era intestata alla sola futura
mandataria e non anche alla futura mandante)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 10.08.2009 n.
4568 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Articoli
102 e 103 R.D. 45/1901 - Provvedimento di
classificazione di industria insalubre -
Competenza della Giunta municipale -
Sussiste - Provvedimento adottato dal
Sindaco - Incompetenza.
Ai sensi degli artt. 102 e 103, comma 1, del
R.d. 03.02.1901 n. 45, compete alla Giunta
municipale l'emanazione dei provvedimenti di
classificazione delle industrie insalubri,
sulla base dell'elenco approvato dal
Ministero della Salute, e ciò anche dopo
l'entrata in vigore degli artt. 216 e 217 t.
u. 27.07.1934 n. 1265, che hanno attribuito
al sindaco il potere di adottare i concreti
atti intesi ad eliminare situazioni di
rischio o di pericolo per la salute pubblica
derivanti da tali lavorazioni e anche dopo
la legge di riforma sanitaria 23.12.1978 n.
833 (cfr., fra le tante, TAR Lombardia, sez.
I, 24.11.1999, n. 3921; TAR Lombardia, sez.
Brescia, 30.05.1994, n. 289; TAR Lombardia,
sez. Brescia, 09.09.1991 n. 595, TAR Friuli
Venezia Giulia 21.10.1982 n. 235).
Ne deriva l'illegittimità per invalidità
derivata dell'ordinanza sindacale impugnata,
emessa sul presupposto della classificazione
(da parte dell'USSL) dell'attività
esercitata dalla ricorrente quale industria
insalubre di prima classe
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4539 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Deliberazioni del Consiglio comunale -
Legittimazione dei consiglieri
all'impugnazione in sede giudiziaria -
Limiti - Contestazione del contenuto
intrinseco delle deliberazioni - Carenza di
legittimazione.
La legittimazione dei consiglieri comunali
all'impugnazione in sede giurisdizionale
delle deliberazioni dell'organo di
appartenenza, viene riconosciuta nei casi in
cui vengano in rilievo atti incidenti in via
diretta sullo jus ad officium della
persona investita della carica di
consigliere (modalità di convocazione
dell'organo, violazione dell'ordine del
giorno, difetto di costituzione
dell'organo).
Una tale possibilità è invece normalmente
esclusa nelle ipotesi di contestazione del
contenuto intrinseco delle deliberazioni
medesime, in quanto la risoluzione dei
conflitti interorganici è rimessa alla
dialettica politica e ad altri mezzi di
composizione (Cons. di St., V, 31.01.2001,
n. 358)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4532 - link a
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APPALTI: 1. Aggiudicazione provvisoria - Atto interno
alla procedura di gara - Impugnazione
dell'aggiudicazione provvisoria - Successiva
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva
- Improcedibilità per carenza d'interesse
all'impugnazione dell'aggiudicazione
provvisoria.
2. Responsabile unico del procedimento -
Funzioni di coordinamento e di monitoraggio
- Cumulo delle funzioni di r.u.p. e di
quelle di approvazione dei relativi atti -
Ammissibilità - Facoltatività.
1. L'atto di aggiudicazione definitiva priva
il ricorrente dell'interesse ad ottenere una
pronuncia su quello rivolto avverso l'atto
di aggiudicazione provvisoria.
Per
giurisprudenza pacifica si ritiene infatti
che "l'aggiudicazione provvisoria, pur
essendo impugnabile, costituisce pur sempre
un atto interno della procedura di gara e
segnatamente quello con cui viene
individuata la migliore offerta, mentre è
solo con l'aggiudicazione definitiva che la
stazione appaltante conclude il procedimento
e si concreta la scelta del futuro
contraente; pertanto, pur ammettendosene
l'immediata ricorribilità (?),
l'aggiudicazione provvisoria ritorna ad
assumere il suo ruolo di atto
endoprocedimentale una volta adottata
l'aggiudicazione definitiva, che assume il
ruolo di provvedimento concretamente lesivo
che assume in sé tutti i vizi della
procedura" (TAR Campania Napoli, sez. I,
10.11.2005, n. 18837).
Parimenti non
sussiste alcun interesse ad esaminare le
eccezioni preliminari rivolte avverso il
ricorso contro l'aggiudicazione provvisoria,
atteso che il loro accoglimento non
comporterebbe alcuna conseguenza
paralizzante sullo scrutinio del successivo
ricorso contro l'aggiudicazione definitiva.
Il ricorso contro l'aggiudicazione
provvisoria va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
2. Il sistema tratteggiato dal quadro
normativo prevede che il r.u.p. svolga
principalmente funzioni interne, di
monitoraggio e coordinamento nei confronti
dei vari organi dell'Amministrazione,
interessati dallo svolgimento delle diverse
fasi dell'appalto. Conseguentemente, si
richiede un forte legame tra la persona
fisica incaricata delle predette funzioni,
ed il complessivo apparato amministrativo di
cui la stessa si avvale, onde conferire la
prescritta unitarietà all'iter realizzativo
dell'appalto.
La normativa di cui alla L. n.
241/1990 e quella di cui al D.Lgs. n. 163/2006
prevedono la possibilità di allocare le
funzioni di r.u.p. in capo ad un soggetto
differente da quello che ne approva i
relativi atti, o al contrario di cumularle
in capo ad un'unica persona fisica in
possesso dei requisiti previsti, senza mai
tuttavia prevedere come obbligatoria una
tale commistione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4527 - link a
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APPALTI: Gara - Requisito di partecipazione - Livello
di fatturato - Elemento rilevante per
l'apprezzamento della esperienza del
professionista - Paternità del progetto
attribuita solamente con la sottoscrizione -
Collaborazione - Non sufficiente.
Il requisito richiesto ai fini della
partecipazione (nel caso di specie una
soglia minima di fatturato) rileva in punto
di qualificazione del professionista
chiamato ad eseguire la specifica
prestazione oggetto dell'appalto. Il livello
del fatturato, il cui ammontare è
discrezionalmente fissato dalla Stazione
appaltante, è elemento rilevante ai fini
dell'apprezzamento della esperienza ed
affidabilità del professionista che dimostra
in tal modo di aver già effettuato, ed in
una misura ritenuta congrua
dall'Amministrazione, prestazioni analoghe.
La funzione assolta dalla prescrizione di
gara, nel caso di specie violata, richiede
pertanto, pena lo svuotamento di
qualsivoglia significato della medesima, che
il requisito sia necessariamente, ed in modo inequivoco, riferibile al professionista che
se ne avvale. Nel senso è orientata la
prevalente giurisprudenza secondo la quale è
"indubbio che l'effettiva paternità di un
progetto si acquista solo con la sua
sottoscrizione che la mera collaborazione
alla predisposizione di un progetto non è
equiparabile all'attività di progettazione"
(Cons. Stato, Sez. V, 29.01.1999, n.
83)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4526 - link a
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APPALTI: Art.
87, comma 2, D.lgs. 163/2006 - Offerta
anormalmente bassa - Possibilità per
l'offerente di presentare giustificazioni -
Esclusione automatica per l'offerta
inferiore ai limiti retributivi tabellari -
Illegittimità - Esclusione automatica in
caso di violazione della disciplina
inderogabile sui minimi salariali -
Legittimità.
I dati (sul costo medio orario del
lavoro) risultanti dalle tabelle FISE
(Federazione delle Imprese di Servizi) non
costituiscono parametri inderogabili, ma si
configurano quali indici del giudizio di
adeguatezza dell'offerta. "Deve pertanto
ritenersi, in adesione all'orientamento
formatosi sul punto, che non possa disporsi
l'esclusione di un'offerta sul presupposto
dell'inderogabilità dei minimi tabellari di
cui trattasi, dovendosi consentire
all'impresa di rendere giustificazioni in
ordine ai costi della manodopera inferiori
ai minimi retributivi tabellari, rimettendo
al giudizio della commissione la stima della
congruità di tali giustificazioni (cfr. CdS
V 11.10.2002 n. 5497)" (TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, n. 3972/2005).
Sul piano
normativo l'assunto trova conferma nel
dettato dell'art. 87. co. 2°, lett. g), del
D. L.vo n. 163/2006 che contempla, per le
concorrenti che abbiano presentato offerte
anormalmente basse anche in virtù della
componente relativa al costo del lavoro, la
possibilità di produrre giustificazioni.
L'esclusione automatica della partecipante
è, infatti, legittima unicamente quando
l'offerta violi la disciplina inderogabile
sui minimi salariali
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4525 - link a
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APPALTI: 1. Art. 41, comma 3, D.lgs. 163/2006 - Inizio
attività da meno di tre anni - Impossibilità
di provare la capacità economico finanziaria
- Possibilità di provare il requisito con
diversi documenti.
2. Raggruppamento temporaneo di imprese -
Requisito del fatturato specifico - Elemento
significativo per valutare l'affidabilità
del concorrente - Requisito in capo
all'impresa che esegue la prestazione
principale - Necessità.
1. Il comma 3 dell'art. 41 del D.lgs. 163/06
stabilisce che "se il concorrente non è in
grado, per giustificati motivi, ivi compreso
quello concernente la costituzione o
l'inizio dell'attività da meno di tre anni,
di presentare le referenze richieste, può
provare la propria capacità economica e
finanziaria mediante qualsiasi altro
documento considerato idoneo dalla stazione
appaltante".
La norma, lungi dal consentire
la mancata prova del requisito, come deriva
dall'inequivoco dato letterale, si limita
unicamente a riconoscere la possibilità di
provare in diverso modo "la propria capacità
economica e finanziaria mediante qualsiasi
altro documento considerato idoneo dalla
stazione appaltante".
Tale possibilità,
peraltro, é riconosciuta in presenza di
giustificati motivi fra i quali, a titolo
meramente esemplificativo, viene indicata la
costituzione o l'inizio dell'attività del
soggetto concorrente da meno di tre anni.
2.
Il fatturato specifico, ancorché sia un
elemento espresso con una grandezza
finanziaria, consentendo di apprezzare i
volumi di produzione e commercializzazione
del manufatto, fornisce alla Stazione
appaltante elementi altamente significativi
ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità
tecnica del concorrente.
Risponde quindi a canoni di assoluta
ragionevolezza richiedere il requisito
economico finanziario in capo a chi dovrà
eseguire la prestazione principale
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n.
4515 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Necessità dell'apertura delle buste
contenenti le offerte economiche
successivamente alla valutazione delle
offerte tecniche - Deroga solamente nei casi
in cui si tratti di verificare la presenza
dei requisiti di ammissione o di attribuire
punteggi rigidamente vincolati a criteri
predeterminati.
Sulla scorta del consolidato orientamento
giurisprudenziale sul tema, la valutazione
delle offerte, sotto il profilo tecnico,
deve sempre precedere l'apertura delle buste
contenenti le offerte economiche, al fine
evidente di prevenire che (la conoscenza di)
queste ultime possa influenzare la complessa
valutazione dei profili attinenti alla
qualità.
La possibilità di esaminare la
documentazione tecnica, ad offerte
economiche già cognite, può considerarsi
ammessa nei limitati casi in cui si tratti
di verificare la presenza dei requisiti di
ammissione o di attribuire punteggi
rigidamente vincolati a criteri
predeterminati e non, come nel caso di
specie, ove l'offerta tecnica formi oggetto
di valutazione ampiamente discrezionale e
sia suscettibile di graduazioni in relazione
alla qualità dei vari elementi che connotano
il bene richiesto per la fornitura
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n.
4512). |
APPALTI SERVIZI: 1. Affidamento "in
house". Presupposti;
2. Affidamento in house.
Requisito del controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi da parte
dell'amministrazione nei confronti della
società "in house". Connotati.
1. La legittimità degli affidamenti
in house
presuppone l'inesistenza di un rapporto di terzietà tra amministrazione e società
affidataria.
Ciò implica a sua volta che la
società affidataria svolga la parte più
importante della propria attività con l'ente
o con gli enti locali che la controllano e
che tali enti esercitino nei confronti della
società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi;
2.
Ai fini del positivo accertamento del
requisito del controllo analogo è richiesta,
oltre alla partecipazione pubblica
totalitaria, la possibilità da parte degli
enti controllanti di esercitare un'influenza
dominante sia sugli obiettivi strategici che
sulle decisioni importanti della società che
va ben al di là dei normali poteri spettanti
al socio in assemblea (nella fattispecie
il giudice amministrativo ha ritenuto non
integrato tale requisito in ragione della
varietà e molteplicità delle attività
statutarie della società in house, delle
caratteristiche spiccatamente commerciali di
alcune di esse e dei considerevoli poteri
attribuiti al consiglio d'amministrazione)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n.
4502 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1. Partecipazione alle
procedure di affidamento da parte di
fondazioni e enti pubblici. Ammissibile
previa verifica della compatibilità del loro
status con i principi a tutela della
concorrenza;
2. Domanda di annullamento degli atti di
gara e del contratto già stipulato.
Giurisdizione del giudice amministrativo.
Non sussiste;
3. Aggiudicazione
illegittima. Quantificazione del danno a
titolo di lucro cessante. Prova del quantum
a carico dell'impresa.
1. In linea di principio deve essere
consentita la partecipazione alle procedure
per l'affidamento di contratti pubblici
anche alle fondazioni ed agli enti pubblici,
con riserva dell'amministrazione di
verificare la compatibilità di eventuali
agevolazioni (specie fiscali) concesse a
tali soggetti con i principi posti a tutela
della concorrenza ad in tema di aiuti di
Stato (cfr. CGCE, 10.01.2006 in causa
C-222/04 e Cass. Civ., SS.UU., n.
27619/2006);
2. Ogni questione in merito alla sorte del
contratto d'appalto a seguito di
annullamento (nella specie in autotutela)
degli atti di gara e dell'aggiudicazione
della procedura ad evidenza pubblica è
devoluta alla giurisdizione del giudice
ordinario e sottratta a quella, ancorché
esclusiva, del giudice amministrativo (cfr.
Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e
27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e
12/2008);
3. La quantificazione del lucro cessante
(mancato utile che l'impresa avrebbe
ritratto dal contratto) per la mancata
aggiudicazione di un appalto esige la prova
rigorosa a carico dell'impresa della
percentuale di utile effettivo che avrebbe
conseguito se fosse risultata aggiudicataria
del contratto, desumibile in via principale
dall'esibizione dell'offerta economica
prestata in sede di gara (cfr. Cons. Stato,
sez. V, n. 1563/2005 e Cons. Stato, sez. IV,
n. 478/2003)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n.
4500 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1. Annullamento in
autotutela dell'aggiudicazione dopo la
stipula del contratto. Legittimità;
2. Annullamento in autotutela
dell'aggiudicazione. Compimento di atti di
verifica/controllo dell'attività compiuta in
sede di gara. Non costituisce ostacolo al
potere di riesame;
3. Annullamento degli atti di gara. Sorte
del contratto già stipulato. Giurisdizione
del giudice amministrativo. Non sussiste.
1. Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, sussiste in capo
all'amministrazione il potere di annullare
in autotutela l'aggiudicazione definitiva di
un appalto di lavori anche in epoca
successiva alla stipulazione del contratto
e, in astratto, anche quando siano già in
corso i lavori (cfr. ex multis, Cons. Stato,
sez. IV, n. 3997/2002).
2.
Non costituisce un ostacolo all'esercizio
del generale potere di riesame la presenza,
nel procedimento di aggiudicazione, di atti
di verifica immediata dell'attività compiuta
dall'amministrazione quali, ad esempio,
l'approvazione degli atti di gara e
l'eventuale controllo (cfr. Cons. Stato,
sez. V, n. 661/2000).
3. Ogni questione in merito alla sorte del
contratto d'appalto a seguito di
annullamento (nella specie in autotutela)
degli atti di gara e dell'aggiudicazione
della procedura è devoluta alla
giurisdizione del giudice ordinario e
sottratta a quella, ancorché esclusiva, del
giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons.
Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n.
4398 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Dichiarazioni
non veritiere rese in sede di gara.
Esclusione. Legittimità.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, le
stazioni appaltanti sono tenute a comminare
la necessaria esclusione dalla procedura
selettiva nei confronti delle imprese che
hanno reso dichiarazioni non veritiere in
sede di offerta; l'esclusione è dovuta,
essendo venuto meno il rapporto di fiducia
basato sulla presunzione della reciproca
correttezza che deve sussistere anche nella
fase precontrattuale (cfr. TAR Lombardia,
sez. I, 19.06.2008, n. 2096)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 02.07.2009 n.
4257 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Fissazione dei criteri
motivazionali ex art. 83 co. 4 del d.lgs. n.
163/2006. Non necessaria se la lex specialis
è dettagliata.
Il mancato rispetto della previsione
dell'art. 83, co. 4, del d.lgs. n. 163/2006
(ora abrogato), che impone(va)
all'amministrazione la fissazione dei c.d.
"criteri motivazionali" precedentemente
all'apertura delle offerte tecniche, non
determina l'illegittimità dell'operato della
commissione (e quindi dell'intera procedura
selettiva) ove la definizione in termini
chiari, obiettivi e puntuali dei criteri di
valutazione dell'offerta tecnica sia già
contenuta nella lex specialis di gara
e sia idonea a delimitare la discrezionalità
della commissione aggiudicatrice
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 30.06.2009 n.
4216 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Responsabilità civile extracontrattuale -
Pubblica Amministrazione - Lesione di
interessi procedimentali - Danno da mero
ritardo - Autonoma risarcibilità - Sussiste.
La violazione di interessi procedimentali
può integrare un titolo di responsabilità
idoneo a fondare un danno risarcibile
diverso e autonomo rispetto alla lesione del
bene della vita; a tale categoria di
interessi è ascrivibile il danno da (mero)
ritardo, sicché il privato avrebbe titolo ad
agire per il risarcimento del danno subito
in conseguenza della mancata emanazione del
provvedimento richiesto nei termini previsti
e indipendentemente dalla successiva
emanazione nonché dal contenuto del
provvedimento stesso (Cfr., Cons. St., sez.
IV, 29.01.2008, n. 248)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.06.2009 n.
4005 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Piani
regolatori generali - Delibera di adozione -
Delibera di approvazione - Autonoma
impugnabilità - Condizioni.
Nel procedimento di formazione degli
strumenti urbanistici, la delibera di
adozione e quella di approvazione si pongono
su un piano di distinta autonomia, per cui,
mentre l'atto di adozione può essere oggetto
di immediata impugnazione, se immediatamente
lesivo, nello stesso modo ed alle stesse
condizioni del piano approvato (Cfr., Cons.
St., Ad. Plen., 07.02.1983, n. 1),
l'atto di approvazione del piano -dando
vita ad un atto formalmente e
sostanzialmente nuovo rispetto al piano
adottato- può essere impugnato
autonomamente e distintamente, senza che la
mancata impugnazione del primo comporti
preclusione o decadenza del diritto al
ricorso contro il piano approvato e senza
che la mancata impugnazione del secondo
comporti automaticamente il venir meno
dell'interesse al ricorso già eventualmente
presentato contro il primo (Cfr., Cons. St.,
sez. II, 21.01.1998, n. 2907).
Da ciò discende che deve ritenersi
ammissibile la diretta impugnazione di un
provvedimento di adozione del PRG qualora
esso sia immediatamente lesivo, e l'omessa
impugnazione del provvedimento di
approvazione di un PRG non determina alcuna
preclusione all'ammissibilità del ricorso
proposto per l'annullamento della delibera
di adozione dello strumento urbanistico.
Quest'ultima esplica, però, effetti
automaticamente caducanti sul successivo
provvedimento di approvazione solo nella
parte in cui lo stesso si limita a
confermare le previsioni già contenute nel
piano adottato e fatto oggetto di
impugnativa (nell'ipotesi di annullamento, a
seguito di ricorso straordinario, della
delibera di adozione di una variante
urbanistica -il cui contenuto era stato in
parte modificato a seguito della delibera di
approvazione del piano- il TAR ha
ritenuto non automaticamente caducate le
previsioni del piano approvato oggetto di
modifica)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.06.2009 n.
3937 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Inquinamento elettromagnetico - Superamento
del valore limite di campo - Ordinanza di
riduzione della potenza di esercizio -
Competenza comunale - Sussiste.
L'emanazione di provvedimenti di riduzione
della potenza di esercizio di un'emittente
radio -nell'ipotesi di superamento delle
soglie stabilite dal D.P.C.M. 08.07.2003- rientra tra le funzioni di vigilanza sulle
esposizioni ai campi elettromagnetici e
sullo stato dell'ambiente riconosciute al
Comune
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.05.2009 n.
3827 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Contratti della p.a. - Procedura di scelta
del contraente - Servizi ricompresi
nell'Allegato II B, D.Lgs., 12.04.2006,
n. 163 - Applicabilità delle disposizioni
relative alle modalità di pubblicazione dei
bandi e ai relativi tempi - Esclusa.
Le procedure di scelta del contraente
relative a servizi rientranti nelle
previsioni di cui all'Allegato II B del
Codice dei Contratti (refezione, servizi
sociali, culturali e ricreativi, formazione,
ecc.) sono sottratte all'integrale
applicazione della disciplina codicistica e,
in particolare, alle disposizioni
riguardanti le modalità di pubblicazione del
bando
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.05.2009 n.
3786 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Requisiti di
partecipazione - Moralità professionale
-Dichiarazione dell'aggiudicataria di
assenza di cause di esclusione - Impiego
della formula "per quanto a nostra
conoscenza" - Dichiarazione inefficace.
2.
Requisiti di moralità professionale - Omessa
dichiarazione di condanne subite -
Esclusione - Legittima.
3. Gara - Offerta
presentata da soggetto privo di
rappresentanza legale - Integrazione
documentale in sanatoria - Inammissibile.
1. La puntualizzazione "per quanto a nostra
conoscenza", contenuta nella dichiarazione
di assenza di sentenze di condanna passate
in giudicato e/o pronunzie emesse ai sensi
dell'art. 444 c.p.p. a carico dei soggetti
cessati dalle cariche sociali nell'ultimo
triennio, rende del tutto priva di valore e
tamquam non esset la dichiarazione
rilasciata, ponendosi in contrasto con le
norme in materia di dichiarazioni
sostitutive di atto di notorietà di cui al
D.P.R., 28.12.2000, n. 445, venendo a
mancare una vera e propria assunzione di
responsabilità insita, invece, in tale tipo
di dichiarazione e alla base
dell'affidamento che è chiamata a riporvi
l'Amministrazione.
2. Costituisce causa di esclusione dalla
gara l'omessa dichiarazione dell'esistenza
di condanne a carico dei soggetti a ciò
tenuti per reati che incidono sulla moralità
professionale, atteso che ciascuna impresa
concorrente è tenuta a dichiarare qualsiasi
condanna a carico dei propri rappresentanti,
a nulla rilevando il tipo di reato, la
gravità e il tempo trascorso.
3.
Il sottoscrittore dell'offerta deve essere
fornito dei necessari poteri di
rappresentanza e gli stessi devono risultare
dalla documentazione da allegare
all'offerta, non potendosi ipotizzare alcuna
integrazione documentale a sanatoria, che
deve considerarsi non irregolare ma
inesistente, pena la violazione della par
condicio fra i concorrenti
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.05.2009 n.
3768 - link a
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APPALTI: 1. Bando di gara - Servizio di ristorazione
scolastica - Mancata aggiudicazione -
Annullamento in autotutela dell'avviso di
gara in corso di giudizio - Sopravvenuta
carenza di interesse - Effetti -
Improcedibilità.
2. Giustizia amministrativa - Sopravvenuta
carenza di interesse - Presupposti -
Sussistenza - Declaratoria d'improcedibilità
del ricorso.
3. Giustizia amministrativa - Adozione di un
nuovo atto sostitutivo del provvedimento
impugnato - Sopravvenuta carenza di
interesse - Improcedibilità del ricorso.
1. L'interesse a ricorrere deve sussistere,
a pena d'improcedibilità, non solo al
momento della proposizione dell'impugnativa,
ma anche in epoca successiva, in base al
principio che le condizioni dell'azione
debbono permanere sino al momento del
passaggio in decisione della controversia
(ipotesi in cui la stazione appaltante, in
corso di giudizio, ha annullato in
autotutela una gara per la gestione del
servizio di ristorazione scolastica).
2. La declaratoria d'improcedibilità del
ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse può derivare o da un mutamento
della situazione di fatto o di diritto
presente al momento della presentazione del
ricorso, oppure dall'adozione da parte
dell'Amministrazione di un provvedimento
idoneo a ridefinire gli interessi in gioco -ancorché non pienamente satisfattivo per il
ricorrente- tale da rendere certa e
definitiva l'inutilità del giudizio di
merito della pretesa azionata (Cfr., Cons.
St., sez. IV, 19.02.2008, n. 532).
3. L'improcedibilità del ricorso può
conseguire anche all'adozione di un nuovo
atto che, pur non avendo efficacia
pienamente satisfattiva nei confronti
dell'attore, sostituisca il provvedimento
originariamente impugnato ed oneri, per ciò
stesso, la parte a proporre nei suoi
confronti un nuovo gravame (Cfr., Cons. St.,
sez. VI, 17.02.2004, n. 660)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.05.2009 n.
3756 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il principio della "sensibilità"
della DIA alle modifiche legislative nei 30
giorni tra la presentazione e l'inizio
dell'efficacia deve trovare applicazione
anche rispetto ad eventuali variazioni delle
disposizioni regolamentari, tra cui la
disciplina pianificatoria e le tariffe degli
oneri.
-
Dopo l'introduzione del comma
7-bis all'art. 38 L.R. n. 12/2005 il calcolo
degli oo.uu. deve essere effettuato con
riferimento alle sole leggi vigenti al
momento della presentazione della DIA,
momento equiparabile a quello della
presentazione del permesso di costruire.
Pertanto, la riterminazione degli oneri
secondo le nuove tariffe alle DIA non ancora
efficaci è una corretta applicazione dei
princìpi in materia.
-
Poiché la DIA, per essere
efficace, deve avere tutti i contenuti
prescritti, la carenza di uno dei requisiti
richiesti dalla legge rende la denuncia non
produttiva di alcun effetto e, quindi,
risulta irrilevante il momento in cui la
denuncia è stata presentata incompleta. Il
termine di riferimento per il decorso dei 30
giorni sarà quello in cui viene presentata
la documentazione completa.
-
Il termine di 30 giorni per la notifica
dell'ordine di non eseguire i lavori decorre
dalla presentazione della DIA allo sportello
unico per l'edilizia, come esplicitamente
dispone l'art. 23 del d.p.r. 380 del 2001",
in quanto "i tempi estremamente ristretti
assegnati all’Amministrazione per eseguire
le dovute verifiche giustificano pienamente
una disciplina che valorizza il momento in
cui la DIA viene presentata (o
effettivamente perviene) all’ufficio
deputato a dette verifiche, piuttosto che il
momento di presentazione ad altro ufficio
(ufficio centrale di protocollo) tenuto a
trasmetterlo a quello competente.
La DIA produce effetti al 30° giorno dalla
sua presentazione, purché, come già
affermato da questa Sezione, sia completa di
tutti gli elementi richiesti dalla Legge
(sentenza n. 5737/2008).
Nello spatium deliberandi dei 30
giorni dalla presentazione della denuncia,
periodo durante il quale l'Amministrazione
ha un compito di controllo, a conclusione
del quale può esercitare poteri inibitori
non ancora avviati, le eventuali modifiche
normative devono trovare applicazione, in
quanto il procedimento non è ancora
perfezionato e la DIA non può produrre
effetti; vige, allora, il principio del
tempus regit actum, per cui
l'Amministrazione è tenuta ad applicare la
normativa in vigore al momento dell'adozione
del provvedimento definitivo, quand'anche
sopravvenuta, e non già, salvo che espresse
norme statuiscano diversamente, quella in
vigore al momento dell'avvio del
procedimento.
Le innovazioni normative introdotte medio
tempore non sono irrilevanti, giacché un
intervento edilizio, ancorché conforme alla
normativa vigente al tempo della denuncia,
ben può essere interdetto ove non sia più in
linea con la normativa sopravvenuta, entrata
in vigore (o destinata a entrare in vigore)
prima del compimento del 30° giorno dalla
presentazione della denuncia stessa.
E il principio della "sensibilità" della DIA
alle modifiche legislative nei 30 giorni tra
la presentazione e l'inizio dell'efficacia
deve trovare applicazione anche rispetto ad
eventuali variazioni delle disposizioni
regolamentari, tra cui la disciplina
pianificatoria e le tariffe degli oneri.
L'art. 42 della L.R. n. 12/2005 non deroga
al principio generale secondo cui nel caso
di intervento edilizio assentito in forza di
una DIA la normativa da applicare è quella
vigente alla data di efficacia: infatti,
l'art. 42 si limita a disciplinare il
procedimento di presentazione della DIA,
stabilendo che il costo di costruzione va
allegato alla DIA, ma non introduce una
deroga al principio generale sulla efficacia
della DIA.
La L.R. n. 4/2008, che ha introdotto
nell'art. 38 il comma 7-bis, ha stabilito,
per il permesso di costruire, che gli oneri
di urbanizzazione primaria e secondaria
vengano determinati alla data di
presentazione della richiesta del permesso
di costruire, purché vi sia la completezza
documentale.
Da ciò si deduce che prima della modifica
legislativa gli oneri andassero determinati
al momento del rilascio del titolo, mentre a
seguito della modifica legislativa la
determinazione è anticipata all'atto della
presentazione del permesso.
Applicando questo principio alla DIA, si
deve ritenere che prima della nuova
disciplina valesse il principio sopra
esposto, per cui erano rilevanti le
eventuali innovazioni legislative
intervenute nei 30 giorni ed anche
l'introduzione di nuove tariffe, se
approvate nel corso dei 30 giorni. Dopo
l'introduzione del comma 7-bis all'art. 38
il calcolo deve essere effettuato con
riferimento alle sole leggi vigenti al
momento della presentazione della DIA,
momento equiparabile a quello della
presentazione del permesso di costruire.
Dalle considerazioni sopra esposte discende
l'infondatezza del secondo motivo, dal
momento che la riterminazione degli oneri
secondo le nuove tariffe alle DIA non ancora
efficaci è una corretta applicazione dei
princìpi in materia.
Poiché la DIA,
per essere efficace, deve avere tutti i
contenuti prescritti, la carenza di uno dei
requisiti richiesti dalla legge rende la
denuncia non produttiva di alcun effetto e,
quindi, risulta irrilevante il momento in
cui la denuncia è stata presentata
incompleta. Il termine di riferimento per il
decorso dei 30 giorni sarà quello in cui
viene presentata la documentazione completa.
"Il termine di 30 giorni per la notifica
dell'ordine di non eseguire i lavori (o di
altro provvedimento equivalente) decorre
dalla presentazione della DIA allo sportello
unico per l'edilizia, come esplicitamente
dispone l'art. 23 del d.p.r. 380 del 2001",
in quanto "i tempi estremamente ristretti
assegnati all’Amministrazione per eseguire
le dovute verifiche giustificano pienamente
una disciplina che valorizza il momento in
cui la DIA viene presentata (o
effettivamente perviene) all’ufficio
deputato a dette verifiche, piuttosto che il
momento di presentazione ad altro ufficio
(ufficio centrale di protocollo) tenuto a
trasmetterlo a quello competente"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.04.2009 n.
3146). |
EDILIZIA PRIVATA:
In materia di DIA, anche dopo il
termine previsto per la verifica dei
presupposti e dei requisiti di legge (30
giorni) l'amministrazione non perde il
potere di vigilanza e sanzionatorio
attribuitole dall'ordinamento; in tale
contesto, pertanto deve ammettersi, per il
principio di economia dei mezzi giuridici,
la facoltà dell'amministrazione di inibire i
lavori non iniziati anche dopo l'avvenuto
consolidamento del titolo.
Presupposti indefettibili affinché la DIA
possa essere produttiva di effetti sono la
completezza e la veridicità delle
dichiarazioni contenute nella
autocertificazione: il decorso del termine
di 30 giorni non può avere alcun effetto di
legittimazione dell’intervento, rispetto ad
una dichiarazione inesatta o incompleta, con
la conseguenza che l’Amministrazione ha la
facoltà ed il potere di inibire l’attività o
di sospendere i lavori, in quanto privi di
titolo.
Potere equiparabile non ad un potere di
autotutela, poiché non vi è alcun
provvedimento su cui intervenire, ma ad un
potere di verifica della non formazione
della DIA, con conseguente ordine di
interruzione dei lavori; per tale motivo
l’esercizio tale potere non è sottoposto al
termine perentorio di 30 giorni, che
presuppone invece che la DIA sia completa
nei suoi elementi essenziali (in tal senso
TAR Veneto Venezia, sez. II, 18.12.2006, n.
4095, secondo cui “La denuncia di inizio
attività prevista dall'art. 23, D.P.R. n.
380 del 2001 costituisce autocertificazione
della sussistenza delle condizioni stabilite
dalla legge per la realizzazione
dell'intervento, sul quale la p.a. svolge
un'eventuale attività di controllo che è
prodromica e funzionale al formarsi (a
seguito del mero decorso del tempo, non
dell'effettivo svolgimento dell'attività)
del titolo legittimante l'inizio dei lavori:
titolo, il cui consolidamento non comporta,
però, che l'attività del privato possa
andare esente da sanzioni quando sia
difforme dal paradigma normativo, con la
conseguenza che anche dopo il termine
previsto per la verifica dei presupposti e
dei requisiti di legge (30 giorni)
l'amministrazione non perde il potere di
vigilanza e sanzionatorio attribuitole
dall'ordinamento; in tale contesto, pertanto
deve ammettersi, per il principio di
economia dei mezzi giuridici, la facoltà
dell'amministrazione di inibire i lavori non
iniziati anche dopo l'avvenuto
consolidamento del titolo”.).
Il provvedimento inibitorio emesso rispetto
ad un intervento edilizio realizzato in base
ad una DIA irregolare, al pari del
provvedimento sanzionatorio di un illecito
edilizio, è sufficientemente motivato con
l'affermazione dell'accertata irregolarità
dell'intervento, essendo in re ipsa
l'interesse pubblico alla rimozione
dell’abuso -anche se risalente nel tempo– o
all’interruzione delle opere, senza
necessità di una specifica comparazione con
gli interessi privati coinvolti o
sacrificati
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.12.2008 n. 5737 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 09.12.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA
PRIVATA: Lombardia,
Necessita aggiornare il costo di costruzione entro il
31.12.2009 i cui effetti esplicheranno efficacia a decorrere
dall'01.01.2010: ecco il fac-simile di determinazione (file
1 -
file 2).
ATTENZIONE:
se non si adotta la determinazione di aggiornamento entro la
suddetta scadenza per tutto il 2010 si dovrà
applicare il medesimo costo di costruzione vigente nell'anno
2009 (cfr. art. 48, comma 2, della L.R. n. 12/2005). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
G.U. 03.12.2009 n. 282 "Norme di
sicurezza per le attività di spettacolo
viaggiante. Chiarimenti e indirizzi
applicativi" (Ministero dell'Interno,
circolare 01.12.2009
n. 17082/114). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ENTI LOCALI: P.
Russo e M. I. Bruno,
Nuovi profili di responsabilità per danno
erariale nel riconoscimento dei debiti fuori
bilancio per acquisto di beni e servizi alla
luce del c.d. "decreto anticrisi" (d.l.
78/2009) (link a
www.diritto.it). |
NEWS |
VARI: Energia,
dagli incentivi ai produttori ai benefici
per i consumatori.
A partire dal 2010 i prezzi dell'elettricità
potranno essere più competitivi e gravare
meno sui consumatori. Come previsto dalla L.
99/2009 (Legge Sviluppo), dal prossimo anno
potranno essere anticipatamente risolte le
convenzioni CIP 6/92, che stabiliscono
prezzi incentivati per l'energia elettrica,
prodotta, tra l'altro, da impianti
alimentati da fonti assimilate alle
rinnovabili.
È quanto prevede un decreto del ministro
dello Sviluppo Economico, che definisce i
meccanismi per la risoluzione facoltativa
delle convenzioni in essere con il
GSE-Gestore dei Servizi Energetici,
altrimenti in scadenza negli anni successivi
fino al 2020.
Chi produce energia elettrica da fonti
rinnovabili o assimilate ha diritto a
rivenderla al Gestore Servizi Elettrici ad
un prezzo superiore a quello di mercato. I
costi di tale incentivo sono finanziati
mediante un sovrapprezzo del costo
dell'energia elettrica, addebitato ai
consumatori finali nelle bollette.
L'attuazione del decreto porterà alla
possibile uscita dalla produzione di energia
degli impianti meno efficienti, consentendo
al sistema elettrico di utilizzare risorse
per una maggiore competitività a beneficio
dei prezzi dell'energia elettrica.
Ai produttori che aderiranno volontariamente
alla risoluzione anticipata saranno
riconosciuti corrispettivi tali da contenere
gli oneri che graverebbero sui consumatori,
cittadini ed imprese, nel caso le
convenzioni andassero a scadenza naturale,
pur nel rispetto degli investimenti
effettuati (link a
www.governo.it). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI: La
possibilità di conferire le funzioni di
direttore generale al segretario comunale
non esclude che gli organi amministrativi
verifichino in concreto la sussistenza dei
presupposti di fatto e di diritto.
Prospettiamo un breve sunto di questa
complessa vicenda decisa dalla sezione
lombarda della Corte dei Conti: la Procura
regionale ha convenuto in giudizio il
Sindaco e il Segretario Comunale per
condannarli al pagamento in favore del
proprio Comune di un risarcimento, per il
danno consistente nella attribuzione
ingiustificata al Segretario Comunale delle
funzioni di direttore generale,
corrispondendo, in aggiunta alle competenze
stipendiali previste dal contratto di
categoria, un’ulteriore indennità.
Premettendo che l'insindacabilità nel merito
delle scelte discrezionali operate dalla
p.a., ex art. 1, comma 1, l. 14.01.1994
n. 20, non priva la Corte dei conti, in sede
di giudizio di responsabilità
amministrativa, del potere di controllare la
conformità a legge dell'attività
amministrativa in relazione ai fini imposti,
in via generale o in modo specifico, dal
legislatore, i giudici contabili ricordano
che ai sensi dell’art. 108 T.U.E.L. (decreto
legislativo 18.08.2000, n. 267): “1. Il
sindaco nei comuni con popolazione superiore
ai 15.000 abitanti e il presidente della
provincia, previa deliberazione della giunta
comunale o provinciale, possono nominare un
direttore generale, al di fuori della
dotazione organica e con contratto a tempo
determinato, e secondo criteri stabiliti dal
regolamento di organizzazione degli uffici e
dei servizi, che provvede ad attuare gli
indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli
organi di governo dell'ente, secondo le
direttive impartite dal sindaco o dal
presidente della provincia, e che
sovrintende alla gestione dell'ente,
perseguendo livelli ottimali di efficacia ed
efficienza. Compete in particolare al
direttore generale la predisposizione del
piano dettagliato di obiettivi previsto
dall'art. 197, comma 2, lettera a), nonché
la proposta di piano esecutivo di gestione
previsto dall'art. 169. A tali fini, al
direttore generale rispondono,
nell'esercizio delle funzioni loro
assegnate, i dirigenti dell'ente, ad
eccezione del segretario del comune e della
provincia.
2. Il direttore generale è
revocato dal sindaco o dal presidente della
provincia, previa deliberazione della giunta
comunale o provinciale. La durata
dell'incarico non può eccedere quella del
mandato del sindaco o del presidente della
provincia.
3. Nei comuni con popolazione
inferiore ai 15.000 abitanti è consentito
procedere alla nomina del direttore generale
previa stipula di convenzione tra comuni le
cui popolazioni assommate raggiungano i
15.000 abitanti. In tal caso il direttore
generale dovrà provvedere anche alla
gestione coordinata o unitaria dei servizi
tra i comuni interessati.
4. Quando non
risultino stipulate le convenzioni previste
dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il
direttore generale non sia stato nominato,
le relative funzioni possono essere
conferite dal sindaco o dal presidente della
provincia al segretario”.
Non vi è dubbio
che l’atto di conferimento di funzioni
amministrative ha natura provvedimentale e
quindi, come ogni provvedimento
amministrativo discrezionale, deve essere
motivato ai sensi dell’art. 3 L. 241/1990.
Il conferimento deve essere fondato su
esigenze di pubblico interesse che ne
possano giustificare l’attribuzione, può
essere disposto solo nell’interesse
dell’Ente esplicitandolo nella motivazione
del provvedimento di conferimento della
funzione, in modo che sia effettivamente
verificabile la corretta gestione delle
pubbliche risorse secondo i canoni della
buona amministrazione sanciti dall’art. 97
della Costituzione e specificati nell’art. 1
della legge n. 241 del 1990.
La sussistenza di una specifica norma che
prevede in astratto il potere di conferire
le funzioni di direttore generale al
segretario comunale non esclude di per sé la
necessità per gli organi amministrativi che
la applicano di verificare in concreto la
sussistenza dei presupposti di fatto e di
diritto che legittimano un corretto
esercizio di tale potere (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte
dei Conti, Sez. giurisdizionale Lombardia,
sentenza 23.10.2009 n. 647 -
link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Il
proscioglimento perché il fatto non
costituisce reato non consente il rimborso
delle spese legali (al dipendente comunale)
qualora sussista una condotta oggettivamente
contraria ai fini perseguiti dall’ente.
Nella controversia in commento è al vaglio
della Corte dei Conti la condotta di due
funzionari di un comune laziale; si
contestano, in particolare, le delibere con
le quali gli stessi hanno provveduto a
liquidare le spese legali sostenute da
alcuni dipendenti ed amministratori dello
stesso ente in un procedimento penale nel
quale sono rimasti coinvolti.
I giudici
contabili spiegano che, in tale situazione,
la valutazione da compiere è necessariamente
connessa all’attività amministrativa di
liquidazione degli importi, fase prodromica
a quella del materiale pagamento avvenuto
pressoché contestualmente. E', infatti, in
quel momento temporale che deve essere
valutata la condotta dei convenuti ed, in
particolare, se l’attività sia stata
produttiva del danno erariale contestato e
se la medesima sia caratterizzata
dall’elemento psicologico del dolo o della
colpa grave necessario ai fini della
configurabilità di una responsabilità
amministrativa.
Con riguardo al primo degli
elementi citati, occorre precisare che nelle
delibere assunte l’attività posta in essere
dai convenuti ha tratto origine da una
sentenza che aveva dichiarato il non luogo a
procedere nei confronti di alcuni dipendenti
del comune per non aver commesso il fatto,
perché il fatto non costituisce reato e
perché il fatto non sussiste. A favore di
questi stessi dipendenti sono intervenute le
delibere di liquidazione delle spese legali
che la Procura ha assunto come indebite e
quindi foriere di danno erariale.
Sul punto
i giudici della Corte dei Conti ricordano
che la liquidazione delle spese legali ai
convenuti prosciolti in un procedimento
penale possa disporsi quando i medesimi sono
stati assolti con la formula più ampia e
liberatoria e cioè con una sentenza che
abbia riconosciuto la non sussistenza del
fatto criminoso o la non attribuibilità ai
medesimi. Diversamente, per la formula “perché
il fatto non costituisce reato”, occorre
precisare che il riconoscimento della
insussistenza del fatto criminoso non
equivale a riconoscimento della
insussistenza di fatti comunque dannosi per
l’erario.
In sostanza, si può essere assolti dal
Giudice penale perché, come è accaduto nella
fattispecie, gli imputati non hanno commesso
il reato di abuso d’ufficio, fattispecie
tipicamente dolosa, in quanto nei medesimi
non è stata accertata una specifica ma
indispensabile volontà di favorire un
determinato soggetto nella gara di
aggiudicazione del servizio (Corte dei Conti,
Sez. giurisdiz. Lazio,
sentenza 12.10.2009 n. 1908 -
commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - link a
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ENTI LOCALI: L'assistenza
alla vigilanza da parte dei "nonni vigili"
rientra nei limiti di spesa del personale.
Non ha dubbi la magistratura contabile del
Veneto: anche la spesa sostenuta per
l'assistenza scolastica compiuta dai
cosiddetti nonni vigili deve essere
considerato nel rispetto dei limiti alla
spesa pubblica.
Il parere sollecitato dal
comune di Vigonza, prende spunto dalla
risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n.
378/E del 10.10.2008.
L'agenzia del Mef
ha considerato gli emolumenti erogati in
favore dei nonni vigili alla stregua di
redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente, sottoponendoli al trattamento
fiscale agevolato previsto per i lavoratori
socialmente utili che hanno raggiunto l'età
per la pensione di vecchiaia.
Il comma 557
della legge finanziaria per il 2007,
modificato dalla finanziaria 2008, ha
imposto agli enti locali sottoposti al patto
di stabilità interno, l’obbligo di
assicurare la riduzione delle spese di
personale, garantendo il contenimento della
dinamica retributiva e occupazionale. Le
uniche deroghe ammissibili sono legate alla
presenza di alcune condizioni:rispetto del
patto di stabilità nell’ultimo triennio,
volume complessivo della spesa di personale
non superiore al parametro stabilito per gli
enti strutturalmente deficitari, e rapporto
medio tra dipendenti in servizio e
popolazione residente non superiore a quello
determinato per gli enti in condizioni di
dissesto.
La manovra estiva legge 133/2008
all'art. 76, comma 1, ha chiarito che ai fini
dell’applicazione dell’art. 1, comma
557, costituiscono spese di personale anche
quelle sostenute per i rapporti di
collaborazione continuata e continuativa,
per la somministrazione di lavoro, per il
personale di cui all'articolo 110 del
decreto legislativo 18.08.2000, n. 267,
nonché per tutti i soggetti a vario titolo
utilizzati, senza estinzione del rapporto di
pubblico impiego, in strutture e organismi
variamente denominati partecipati o comunque
facenti capo all'ente.
Ad avviso del giudice
contabile, la formulazione della norma è
molto ampia e di certo non assume carattere
tassativo, pertanto, ricomprende anche il
caso dei nonni vigili che sembra rientrare
nella più generale tipologia del lavoro
accessorio, ossia di una delle forme
contrattuali flessibili di assunzione e di
impiego del personale di cui le
amministrazioni pubbliche possono avvalersi,
nel rispetto delle procedure di reclutamento
vigenti, per rispondere ad esigenze
temporanee ed eccezionali (art. 36, comma 2,
del D. Lgs. n. 165/2001 come modificato
dall'art. 17, comma 26, lett. a), del D.L. 01.07.2009 n. 78, conv. in L. n. 102/2009).
Di esigenze temporanee si tratta e quindi di
attività lavorative di natura occasionale
rese nell’ambito di attività istituzionali a
carattere sociale e solidale,
eccezionalmente ammissibili anche in caso di
committenza pubblica, ex art. 70 comma 1,
lettera d), del decreto legislativo n.
276/2003. Tali rapporti, che sono di natura
meramente occasionale e accessoria, sono
configurabili purché le prestazioni
lavorative siano svolte direttamente a
favore dell’utilizzatore della prestazione,
senza il tramite di intermediari.
Ad avviso
della Corte, poiché la qualificazione del
rapporto di lavoro è irrilevante ai fini
della quantificazione e del rispetto
dell’obiettivo di riduzione della spesa di
personale, vanno incluse nel computo del
limite di spesa previsto dall’art. 1, comma
557, della legge 296/2006 tutte le spese
connesse direttamente all’utilizzo di
attività lavorative a favore del Comune,
indipendentemente dall’imputazione contabile
e dal regime fiscale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere
11.09.2009 n. 153 - link a www.corteconti.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Seppur
in misura diversa, Segretario e Responsabile
dell’Ufficio tecnico rispondono della
mancata acquisizione di autorizzazione
definitiva allo scarico di reflui fognari.
E’ questo il decisum del giudice contabile
lombardo.
Il comune, presso il quale
operavano il segretario comunale e il
responsabile dell’ufficio tecnico
condannati, veniva sanzionato per la
realizzazione di scarichi in assenza del
titolo abilitativo richiesto da una legge
regionale del 1985 che già richiedeva
l’autorizzazione poi disciplinata dall’art.
45 del D.Lgs 152/2006.
L’articolo in questione prescrive che per
l’effettuazione dello scarico di reflui è
necessario acquisire l’autorizzazione
apposita per lo scarico recapitato negli
strati superficiali del sottosuolo. Il
comune in effetti era dotato solo di una
autorizzazione provvisoria necessaria alla
realizzazione dei lavori di adeguamento, la
durata dell’autorizzazione era limitata al
tempo necessario all’esecuzione dei lavori,
nello specifico la durata era fissata in 24
mesi.
Scaduta l’autorizzazione il comune non
procedeva a richiedere il titolo abilitativo
definitivo, pertanto continuava l’attività
di scarico di reflui provenienti dalla
scuola materna, di conseguenza la Asl
adottava il verbale della trasgressione
amministrativa e la provincia deputata alla
sanzione procedeva con l’ingiunzione della
medesima nei confronti del comune. A tale
sanzione il comune si opponeva invano
ottenendo la conferma della condanna della
sanzione.
A valle di questo quadro, i giudici
contabili sono stati chiamati a valutare la
responsabilità per danno erariale procurato
al comune dagli autori della trasgressione.
Il comune infatti per pagare la sanzione ha
dovuto riconoscere il debito fuori bilancio
e ritenendo che non rientrasse nella sua
competenza l’accertamento della
responsabilità dei singoli nei confronti
dell’ente, ha rimesso al collegio contabile
tale verifica, non procedendo quindi al
recupero delle somme nei confronti di tali
soggetti.
Secondo i giudici contabili lombardi è
indubitabile che il danno si sia prodotto e
che potesse essere evitato mediante
l’attivazione della semplice procedura di
richiesta dell’autorizzazione definitiva.
Per la semplicità degli adempimenti da
attivare per l’acquisizione
dell’autorizzazione risulta ancor più grave
il comportamento omissivo posto in essere
dai soggetti che i giudici hanno avuto il
compito di individuare. Quello che si
richiedeva a questi soggetti era il normale
svolgersi dei doveri di ufficio.
Ad avviso della corte, la responsabilità è
ripartita tra il responsabile dell’ufficio
tecnico e il segretario comunale.
Il responsabile dell’ufficio tecnico è
tenuto secondo il disciplinare per il
servizio di tecnico comunale vigente in
comune al disbrigo delle pratiche
concernenti gli edifici comunali, le
fognature e, più in generale tutte le opere
pubbliche, nonché le funzioni relative ai
servizi tecnici. E’ di tutta evidenza che la
richiesta di autorizzazione definitiva
(anche considerando che dalla precedente
autorizzazione era chiara la scadenza e
quindi la provvisorietà dell’atto)
rappresentava uno degli adempimenti
rientranti nei compiti suddetti.
Per quanto riguarda la responsabilità del
segretario comunale, il ragionamento del
collegio contabile è del seguente tenore:
l’adempimento richiesto è di tipo
gestionale, il segretario comunale ha il
compito di curare l’attuazione dei
provvedimenti, di provvedere agli atti
esecutivi delle deliberazioni adottate,
nonché di sovrintendere e coordinare
l’attività dei dirigenti e dei preposti o
incaricati attivando le forme di controllo e
di vigilanza necessarie a tale scopo.
Per questo motivo visto che il segretario ha
infine il compito di segnalare al Sindaco i
ritardi e le omissioni nell’espletamento
dell’azione amministrativa e di segnalare
gli interventi conseguenti, i giudici
lombardi non hanno potuto che riconoscere
anche nei confronti di tale figura la
sussistenza della responsabilità seppur in
misura ridotta rispetto a quanto deciso per
il responsabile dell’ufficio tecnico (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Corte
dei Conti, Sez. giurisdiz. Lombardia,
sentenza 07.09.2009 n. 593 -
link a www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Distanze tra edifici - Art. 9
D.M. n. 1444/1968 - Distanza di dieci metri
- Amministrazioni comunali - Fissazione di
distanze superiori - Legittimità.
L’art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444,
nell’imporre la distanza di dieci metri tra
costruzioni, rende illegittima ogni
eventuale previsione regolamentare in
contrasto con l’anzidetto limite minimo,
mentre è indubbiamente consentito alle
amministrazioni comunali fissare distanze
superiori (cfr. Consiglio di Stato, Sezione
IV, 12.03.2009, n. 1491; Cassazione civ.,
29.10.1994, n. 8944).
Distanze tra edifici - Nozione di
“nuova costruzione” - Aumento della sagoma
d’ingombro - Maggior volumetria o
utilizzabilità a fini abitativi -
Irrilevanza- Fattispecie: sopraelevazione.
Ai fini dell’applicazione della normativa in
materia di distanze tra edifici, per nuova
costruzione deve intendersi non solo la
realizzazione ex novo d’un fabbricato ma
anche qualsiasi modificazione nella
volumetria d’un fabbricato preesistente, che
ne comporti l’aumento della sagoma
d’ingombro, in tal guisa direttamente
incidendo sulla situazione degli spazi tra
gli edifici esistenti, e ciò anche
indipendentemente dalla realizzazione o meno
d'una maggior volumetria e/o
dall'utilizzabilità della stessa a fini
abitativi; per il che la sopraelevazione
costituisce, a tutti gli effetti, nuova
costruzione (cfr. TAR Campania, Sezione II,
12.04.2006, n. 3457; Consiglio di Stato,
Sezione IV, 31.03.2009, n. 1998; Sezione V,
14.03.1993, n. 481; Cassazione civ., Sezione
II, 11.06.2008, n. 15527).
Distanze tra edifici - Carattere
abusivo dei fabbricati preesistenti -
Irrilevanza - Finalità delle disposizioni in
materia di distanze - Salvaguardia della
salubrità e della sicurezza pubblica.
Ai fini dell’osservanza delle disposizioni
in materia di distanze fra immobili, non
rileva l’eventuale carattere abusivo dei
fabbricati preesistenti. Le disposizioni
sulle distanze tra le costruzioni sono
infatti preordinate non solo alla tutela
degli interessi dei frontisti ma, in una più
ampia visione, anche alla salvaguardia di
esigenze generali, tra cui la salubrità e la
sicurezza pubblica.
Pertanto, l’interesse pubblico primario
tutelato dalle norme urbanistiche sulle
distanze impone di prendere in
considerazione la situazione di fatto quale
si presenta in concreto in sede di rilascio
di un nuovo titolo edilizio, a nulla
rilevando che taluno dei fabbricati
preesistenti, in relazione al quale va
calcolata la distanza, sia abusivo, ferma
restando l’attività repressiva rimessa allo
stesso ente (cfr. TAR Campania, Sezione III,
12.07.2005, n. 9499; Consiglio Giust. Amm.
Sicilia, 12.11.2008, n. 930; Consiglio di
Stato, Sezione V, 06.11.1992, n. 1174) (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 02.12.2009 n. 8326 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Installazione di tettoie -
Strutture accessorie di protezione o di
riparo di spazi liberi - Sottrazione al
regime del permesso di costruire -
Presupposto - Decoro o arredo/Accessorietà -
Visibile alterazione dell’edificio cui
accedono - Permesso di costruire -
Necessità.
Gli interventi consistenti nella
installazione di tettoie o di altre
strutture che siano comunque apposte a parti
di preesistenti edifici come strutture
accessorie di protezione o di riparo di
spazi liberi, cioè non compresi entro
coperture volumetriche previste in un
progetto assentito, possono ritenersi
sottratti al regime del permesso di
costruire soltanto ove la loro conformazione
e le loro ridotte dimensioni rendono
evidente e riconoscibile la loro finalità di
semplice decoro o arredo o di riparo e
protezione (anche da agenti atmosferici)
della parte dell’immobile cui accedono.
Tali strutture non possono viceversa
ritenersi installabili senza permesso di
costruire allorquando le loro dimensioni
sono di entità tale da arrecare una visibile
alterazione all'edificio o alle parti dello
stesso su cui vengono inserite, quando
quindi per la loro consistenza dimensionale
non possono più ritenersi assorbite, ovvero
ricomprese in ragione della accessorietà,
nell'edificio principale o nella parte dello
stesso cui accedono (in termini TAR Campania
Napoli, sez. II, n. 3870 del 13.07.2009
cit., TAR Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754
del 18.11.2008 cit., Consiglio di Stato,
Sez. V, 13.03.2001 n. 1442) (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 02.12.2009 n. 8320 -
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APPALTI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - Possibilità
di presentare varianti progettuali in sede
di offerta - Art. 76 d.lgs. n. 163/2006 -
Normativa comunitaria - Proposta tecnica
migliorativa rispetto al progetto base.
La previsione esplicita della possibilità di
presentare varianti progettuali in sede di
offerta è oggi generalizzata dall'art. 76,
del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei
contratti pubblici) per qualsivoglia
appalto, come derivante dalle direttive
comunitarie 2004/17 e 2004/18. La scelta del
legislatore comunitario riposa sulla
circostanza che, allorquando il sistema di
selezione delle offerte sia basato sul
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la stazione appaltante gode di
maggiore discrezionalità e soprattutto
sceglie il contraente valutando non solo
criteri matematici, ma la complessità
dell'offerta proposta.
In altri termini, deve ritenersi insito
nella scelta di tale criterio selettivo che
sia consentito alle imprese proporre quelle
variazioni migliorative rese possibili dal
possesso di peculiari conoscenze
tecnologiche, purché non vengano alterati i
caratteri essenziali delle prestazioni
richieste dalla lex specialis, a
condizione cioè che non venga stravolto
l'oggetto del contratto e che la proposta
tecnica risulti migliorativa rispetto al
progetto base, nel rispetto delle esigenze
della pubblica amministrazione (tra le
tante, TAR Calabria Catanzaro, sez. II,
29.10.2008, n. 1480) (TAR Abruzzo-Pescara,
Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 1096 -
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URBANISTICA:
CAVE E MINIERE - Regione
Lombardia - L.R. n. 14/1998 - Destinazione a
cava di un territorio trascurato dalla
provincia - Regione - Potere sostitutivo -
Onere di coinvolgimento degli enti locali -
Provincia - Acquisizione del parere del
Comune interessato.
Ai sensi dell'art. 7 l.r. Lombardia
08.08.1998 n. 14, una volta constatata
l'opportunità di destinare alla creazione di
una cava un territorio trascurato dalla
provincia competente, la regione, che si
sostituisce a quest'ultima, ha comunque
l'onere di coinvolgere gli enti locali nella
scelta, rimettendo, a tale scopo, gli atti
alla provincia perché acquisisca il parere
del comune interessato e formuli le proprie
osservazioni al riguardo (Consiglio di
Stato, Sez. IV, 06.06.2008, n. 2743) (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 01.12.2009 n. 2389 -
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EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di
inedificabilità - Triplice finalità -
Manufatti edilizi diversi dalle abitazioni -
Tralicci per telecomunicazioni.
In materia di vincolo cimiteriale, la
salvaguardia del rispetto dei 200 metri
prevista dall'art. 338 del T.U. delle leggi
sanitarie di cui al r.d. 27.07.1934 n. 1265
nonché dall'art. 57 del d.P.R. 10.09.1990 n.
285 si pone alla stregua di un vincolo
assoluto di inedificabilità, valevole per
qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso
diverso da quello di abitazione.
Il vincolo cimiteriale ha infatti una
triplice finalità, in quanto, oltre alle
esigenze sanitarie ed alla salvaguardia
della possibilità di espansioni del
perimetro cimiteriale, esso garantisce anche
il rispetto della tranquillità, del decoro e
della speciale sacralità dei luoghi di
sepoltura.
Di conseguenza, devono ritenersi compresi
nel divieto di edificazione anche i tralicci
per telecomunicazioni (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 2381 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Titolo abilitativo
all’edificazione - Mancanza nel richiedente
della titolarità di un diritto reale -
Effetti sul titolo - Annullabilità.
La mancanza nel richiedente della titolarità
di un diritto reale che giustifichi
l’istanza diretta ad ottenere un titolo
abilitativo alla edificazione non integra la
nullità del titolo, riconducibile solo a
vizi riferibili alla carenza di elementi
essenziali del provvedimento, ma
semplicemente la sua annullabilità per la
carenza o irregolarità di un presupposto
necessario per il suo perfezionamento
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.11.2009 n. 7433 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
VIA E VAS - VAS - Art. 12 d.lgs.
n. 152/2006 - Provvedimento di verifica
dell’assoggettamento a VAS - Termine di
novanta giorni dalla trasmissione del
rapporto preliminare da parte dell’autorità
procedente - Obbligo di concludere il
procedimento.
In materia di VAS, ai sensi dell’art. 12,
comma 1, d.lgs n. 152/2006, l’autorità
procedente trasmette all’autorità
competente, su supporto cartaceo ed
informatico, un rapporto preliminare
comprendente una descrizione del piano o
programma e le informazioni e i dati
necessari alla verifica degli impatti
significativi sull’ambiente dell’attuazione
del piano o programma; quindi, ai sensi del
comma 4, “l’autorità competente, sentita
l’autorità procedente, tenuto conto dei
contributi pervenuti, entro novanta giorni
dalla trasmissione di cui al comma 1, emette
il provvedimento di verifica assoggettando o
escludendo il piano o il programma dalla
valutazione di cui agli articoli da 13 a 18
e, se del caso, definendo le necessarie
prescrizioni”.
Ne deriva l’obbligo, per l’amministrazione
regionale, di concludere il provvedimento
nel termine di novanta giorni indicato (TAR
Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 26.11.2009 n. 6951 -
link a
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EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanza di demolizione -
Esistenza di un sequestro penale -
Circostanza scriminante nei riguardi
dell'autore dell'abuso - Esclusione -
Istanza di dissequestro.
L’esistenza di un sequestro penale non rende
di per sé illegittima l’ordinanza di
demolizione, sul presupposto che la
eventuale manomissione dell’immobile
configurerebbe il reato di cui all’art. 349
c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di
alterare o distruggere il “corpo del
reato”.
In tali casi, infatti, ben può il soggetto
interessato chiedere all'Autorità
giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare
la demolizione e, in caso di diniego
(connesso a necessità di carattere
probatorio nel procedimento penale), potrà
addurre l'impossibilità giuridica di
adempiere all'ingiunzione di demolizione per
escludere le ulteriori conseguenze della
mancata demolizione (TAR Sardegna Cagliari,
sez. I, 09.11.2007, n. 2040).
Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia
istanza di dissequestro negata, può rilevare
come scriminante nei riguardi dell’autore
dell’abuso edilizio che non ottemperi
all’ordine del Comune, per il noto principio
“ad impossibilia nemo tenetur”.
Ordinanza di demolizione - Omessa
indicazione dell'immobile e dell'area di
sedime ai fini dell'acquisizione al
patrimonio comunale - Ordinanza atipica
illegittima - Fondamento.
Un’ordinanza di demolizione priva di una
completa e precisa individuazione del bene,
dell’area di sedime ai fini
dell'acquisizione al patrimonio comunale in
caso di inottemperanza, ai sensi dell’art.
31 del d.P.R. n. 380/2001, deve considerarsi
atipica illegittima sia perché differente
dal modello legale previsto,sia perché
inidonea a determinare il corretto svolgersi
del procedimento.
Tale omissione, infatti, lungi
dall’atteggiarsi a vizio meramente formale,
è tale da pregiudicare dal punto di vista
sostanziale gli interessi dell'autore
dell'abuso, il quale, in primo luogo, deve
essere messo in condizione di valutare, in
termini di “costo-beneficio”,
l’opportunità di adempiere o meno all’ordine
di demolizione. L’esatta indicazione appare,
inoltre, necessaria, posto che l’effetto
ablatorio si verifica immediatamente ed “ope
legis” alla scadenza del termine legale
o a quello prorogato dall’autorità
competente per ottemperare all’ingiunzione a
demolire, con acquisto a titolo originario
della proprietà libera da eventuali pesi e
vincoli preesistenti.
L’atto di accertamento dell’inottemperanza e
la trascrizione hanno allora solo natura
dichiarativa: il primo, per opporre il
trasferimento al proprietario responsabile
dell’abuso ed immettersi nel possesso, il
secondo, per opporre il trasferimento ai
terzi (ex multis Tar Puglia-Bari,
sez. III, n. 538/2006, Cass. Pen. Sez. pen.
n. 33297/2003) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 26.11.2009 n. 2854 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Mutamento di destinazione d’uso -
Inquadramento - Riferimento agli elaborati
tecnici - Concrete caratteristiche dei
locali - Obiettiva idoneità di larga parte
della struttura ad ospitare riti religiosi
islamici - Presenza di locali accessori per
attività sociali e religiose collaterali -
Destinazione a luogo di culto - Fondamento.
L’intervento edilizio che comporti una
variazione di destinazione d’uso può essere
correttamente inquadrato soltanto se si
prende a riferimento quanto riportato negli
elaborati tecnici (v. TRGA Trentino Alto
Adige-Trento, 07.05.2009 n. 150).
Pertanto, se la planimetria del progetto
relativo ad un centro culturale di religione
islamica evidenzia, fra i vari previsti, un
locale pari alla metà della superficie
totale disponibile ed espressamente
destinato a “sala riunioni” dedicata
ai fedeli -oltre tutto ospitando il mihrab
orientato verso la Mecca-, se ne deve
necessariamente evincere la destinazione
principale a luogo di culto islamico, con
locali accessori per attività sociali e
religiose collaterali; in definitiva, le
concrete caratteristiche dei locali
-indipendentemente dalle intenzioni espresse
dagli interessati- e cioè l’obiettiva
idoneità di larga parte della struttura ad
ospitare riti religiosi è in sé sufficiente
a farne ravvisare la prevalente destinazione
a luogo di culto; non è rilevante che a tale
vocazione non sia stato riservato l’intero
spazio a disposizione, posto che il modello
di moschea, quale si riscontra nei paesi a
fede mussulmana, assolve anche compiti
diversi da quelli di una chiesa cristiana
(TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 26.11.2009 n. 792 - link
a
www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Bonifica di siti
contaminati - Disciplina transitoria - Art.
256, co. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Procedimenti
conclusi ma non realizzati - Applicabilità
della normativa sopravvenuta - Legislatore
regionale - Deroga ai livelli di tutela
ambientale stabiliti dallo Stato -
Illegittimità - Sent. Corte Cost. n.
214/2008.
La previsione di cui all’art. 256, co. 4 del
D.Lgs. n. 152/2006, che detta la disciplina
transitoria in materia di bonifica di siti
contaminati, esprime la volontà del
legislatore statale di vedere applicata la
normativa sopravvenuta non soltanto ai
procedimenti in corso, ma anche a quelli già
conclusi e non realizzati, dovendosi
peraltro escludere che le Regioni,
nell’esercizio delle prerogative e
competenze loro riservate dalla
Costituzione, possano in qualche misura
derogare i livelli di tutela ambientale
stabiliti dallo Stato, cui solo spetta di
effettuare il bilanciamento fra l’interesse
alla protezione dell’ambiente e gli altri
interessi, di pari rilevanza costituzionale,
a questo contrapposti: con la conseguenza
che dovrebbe ritenersi illegittima una
disciplina regionale, la quale interferisca,
comprimendola, con la facoltà di
rimodulazione riconosciuta dal menzionato
art. 265, co. 4, per gli interventi di
bonifica in corso di approvazione, ovvero
approvati ma non eseguiti (cfr. Corte Cost.
18.06.2008, n. 214) (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 25.11.2009 n. 2088 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO –
Regolamento comunale – Previsione di
distanze da edifici adibiti alla permanenza
di persone – Finalità di tutela della
popolazione – Divieti insediativi
generalizzati – Competenza comunale –
Esclusione – Interpretazione
sostanzialistica.
Il riferimento alle distanze degli impianti
di telefonia mobile da edifici adibiti alla
permanenza di persone per un periodo
superiore alle quattro ore persegue una
evidente finalità di tutela della
popolazione dall'esposizione ai campi
elettromagnetici mediante la previsione di
divieti insediativi generalizzati, e non di
semplici criteri localizzativi, che sfuggono
alla competenza comunale nella misura in cui
invadono la sfera riservata dalla legge
quadro n. 36/2001 alla competenza statale:
un'interpretazione sostanzialistica della
portata dei confini delle competenze
comunali, volta ad evitare tecniche di
agevole elusione di dette regole, rende
irrilevante la circostanza che l'adozione di
misure che si sovrappongono al limiti
statali di esposizione sia avvenuta alla
stregua di strumenti formalmente
urbanistici, dovendosi valutare il profilo
effettivo del potere speso piuttosto che la
veste formale dell'atto adottato (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 24.11.2009 n. 6915 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Deposito - Granulato di
plastica - Ordine di rimozione e smaltimento
- Mancanza di istruttoria volta ad appurare
la natura di rifiuto e il superamento dei
valori ex art. 239, c. 2, lett. a), d.lgs.
n. 152/2006 - Illegittimità.
In mancanza di un accertamento tecnico volto
ad appurare, in primo luogo, la natura
inquinante del materiale depositato (nella
specie: granulato di plastica) e, in secondo
luogo, il superamento dei valori che in
ipotesi imporrebbe -ai sensi dell’art. 239,
comma 2, lettera a), del decreto legislativo
n. 152/2006- di procedere alla
caratterizzazione dell’area in funzione di
eventuali interventi di bonifica e
ripristino ambientale, sono illegittimi i
provvedimenti adottati dal Comune con i
quali siano stati imposti, previa
delimitazione dell’area, la rimozione e lo
smaltimento del materiale presso una
discarica autorizzata (cfr. TAR Lombardia,
Milano, IV, 27.07.2009, n. 4464; altresì, IV,
02.09.2009, n. 4598; II, 29.03.2007, n.
1318) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 24.11.2009 n. 5144 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n.
152/2006 - Ordinanza di rimozione e
smaltimento - Competenza - Sindaco -
Principio di specialità e principio
cronologico - Art. 107 d.lgs. n. 267/2000.
L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006
è norma speciale sopravvenuta rispetto
all'art. 107, comma 5, del D.lgs. n.
267/2000 ed attribuisce espressamente al
Sindaco la competenza a disporre con
ordinanza le operazioni necessarie alla
rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti,
prevalendo per il criterio della specialità
e per quello cronologico sul disposto
dell'art. 107, comma 5, del D.lgs. n.
267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V,
25.08.2008, n. 4061).
RIFIUTI - Attività di trasporto -
Responsabilità in ordine alla gestione dei
rifiuti - Assenza delle autorizzazioni
prescritte per l’impianto di stoccaggio -
Responsabilizzazione e cooperazione di tutti
i soggetti coinvolti nel ciclo dei rifiuti -
Elevato livello di tutela ambientale.
Sulla scorta dei principi generali di cui
all’art. 178 del d.lgs. n. 152/2006 e tenuto
altresì conto di quanto affermato dalla
giurisprudenza, secondo cui l'attività di
trasporto dei rifiuti a soggetto risultato,
poi, in posizione irregolare quanto alle
necessarie autorizzazioni, è assimilabile a
quella di abbandono dei rifiuti, non appare
condivisibile la tesi secondo cui l’essere
stata un’impresa incaricata del solo
trasporto dei rifiuti implica che la stessa
vada esente da ogni responsabilità in ordine
alla loro gestione e, quindi, anche in
relazione all’assenza delle autorizzazioni
prescritte per l’impianto nel quale sono
stati stoccati.
Una simile affermazione confligge, infatti,
con i principi di responsabilizzazione e
cooperazione di tutti i soggetti coinvolti
nel ciclo afferente la gestione dei rifiuti.
L’estensione della suddetta posizione di
garanzia si fonda, d’altra parte,
sull’esigenza di assicurare un elevato
livello di tutela all’ambiente (principio
cardine della politica ambientale
comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del
Trattato) (cfr. altresì TAR Veneto n.
40/2009, secondo la quale la responsabilità
per la corretta gestione dei rifiuti grava
su tutti i soggetti coinvolti nella loro
produzione, detenzione, trasporto e
smaltimento, poiché si tratta di soggetti
investiti di una posizione di garanzia in
ordine al corretto smaltimento dei rifiuti
stessi) (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 24.11.2009 n. 2968 -
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URBANISTICA:
Convenzione di lottizzazione -
Ultimazione della lottizzazione oltre il
termine decennale - Rivisitazione degli
obblighi della parte lottizzante - Nuovi
oneri nel’interesse pubblico - Definizione
consensuale.
Nella nuova convenzione di lottizzazione può
legittimamente trovare spazio anche la
rivisitazione degli obblighi della parte
lottizzante. L’equilibrio economico
originario rimane infatti cristallizzato
solo per la durata decennale del piano di
lottizzazione.
Al contrario quando la lottizzazione sia
ultimata (in misura rilevante) dopo la
scadenza del termine decennale, è necessario
un aggiornamento che tenga conto degli
effetti prodotti dal decorso del tempo. Tra
questi rientrano da un lato l’incremento dei
costi che l’amministrazione sostiene per
erogare i propri servizi agli abitanti
insediati e dall’altro il maggior valore di
mercato degli immobili di nuova costruzione.
In generale deve essere esaminata l’utilità
che la parte lottizzante riceve dal
completamento (totale o parziale)
dell’edificazione. Su questa base possono
essere individuati nuovi oneri o impegni
nell’interesse pubblico, che devono poi in
concreto essere definiti consensualmente
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 24.11.2009 n. 2250 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Nozione di ristrutturazione
edilizia - Art. 31, c. 1, lett. d) L. n.
457/1978 - Art. 3, co. 1, lett. d), d.P.R.
n. 380/2001 - Totale demolizione e
ricostruzione - Limiti.
Nella nozione di ristrutturazione edilizia,
ai sensi dell’art. 31, co. 1, lett. d), L. n.
457/1978, vanno ricomprese anche le ipotesi
di totale demolizione e ricostruzione del
fabbricato, a condizione che la
ricostruzione porti alla realizzazione di un
edificio sostanzialmente identico a quello
preesistente, per sagoma, volume, superficie
e caratteristiche tipologiche, potendosi
giustificare la parziale diversità solo con
riferimento ad elementi costitutivi
secondari e tali comunque in concreto da non
comportare una significativa alterazione
strutturale o estetica.
Anche ai sensi della nuova normativa di cui
al D.P.R. n. 380/2001 (art. 3, co. 1, lett. d),
rientrano nell’ambito della ristrutturazione
edilizia gli interventi volti alla
trasformazione dell’edificio che portino
alla realizzazione di un edificio anche in
tutto o in parte diverso dal precedente,
attraverso la demolizione e ricostruzione,
nel rispetto dei limiti di volumetria e di
sagoma, oltre che ovviamente delle
caratteristiche strutturali e tipologiche
fondamentali e necessarie ad assicurare una
continuità con la situazione preesistente.
Tutte le volte in cui tali limiti non
vengano rispettati, l’intervento non può che
ricondursi nell’ambito della previsione di
cui alla successiva lettera e) della norma
citata (nuova costruzione) (TAR Puglia-Bari,
Sez. II,
sentenza 23.11.2009 n. 2898 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Destinazione d’uso giuridicamente
rilevante - Normativa urbanistica di
riferimento - Uso diverso reiterato e
protratto nel tempo - Consolidamento di
posizioni - Inconfigurabilità.
La destinazione d’uso giuridicamente
rilevante è unicamente quella prevista dalla
normativa urbanistica di riferimento, che
costituisce dunque il necessario parametro
di valutazione della legittimità
dell’attività edilizia. L’uso che in
concreto sia stato praticato sull’immobile
risulta viceversa una circostanza di mero
fatto e giuridicamente irrilevante.
L’uso o destinazione di fatto dell’immobile,
al di fuori della destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante secondo la
normativa vigente, pertanto, ancorché
reiterata e protrattasi nel tempo non
determina alcun consolidamento di situazioni
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 23.11.2009 n. 2898 -
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URBANISTICA:
Industrie insalubri -
Pianificazione urbanistica - Previsione di
distanze minime dagli altri fabbricati -
Comune - Potere - Sussistenza -
Individuazione di un’apposita area riservata
gli insediamenti produttivi - Trattamento
preventivo e generalizzato peggiorativo per
gli insediamenti insalubri - Illegittimità.
Ai sensi del D.M. 02.04.1968, il Comune in
sede di pianificazione urbanistica ben può
stabilire le distanze minime che i singoli
insediamenti consentiti (nella specie:
impianti di trattamento e smaltimento di
rifiuti) debbono rispettare rispetto agli
altri fabbricati e ciò anche tenendo conto
dell’aspetto sanitario, proprio perché la
pianificazione deve essere riassuntiva ed
applicativa di tutte le norme che
disciplinano l’uso del territorio.
Tuttavia, se il Comune individua un’apposita
area riservata agli insediamenti produttivi,
notoriamente comprensiva delle industrie
insalubri, queste non possono essere oggetto
di un preventivo e generalizzato trattamento
peggiorativo rispetto agli altri
insediamenti consentiti, per di più avulso
da qualsiasi valutazione concreta sulla loro
effettiva pericolosità (TAR Abruzzo-Pescara,
Sez. I,
sentenza 20.11.2009 n. 1029 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Stoccaggio provvisorio
- Autorizzazione o comunicazione in
procedura semplificata - Comune - Ordinanza
di ripristino dello stato dei luoghi
adottata ai sensi del T.U. edilizia -
Competenza - Difetto - Rilascio
dell'autorizzazione - Potestà provinciale.
Lo stoccaggio provvisorio, al pari del
deposito provvisorio di rifiuti (cfr., da
ultimo Cass. 20.05.2008 n. 27073)
costituisce specifica fattispecie
disciplinata dall’art. 6, lett. m, d.lgs. n.
22/1997, come riprodotto dal d.lgs. n.
152/2006, assoggettata al regime
d’autorizzazione o di comunicazione in
procedura semplificata: sicché l’ordinanza
di ripristino dello stato dei luoghi
mediante rimozione di abbancamento di inerti
asseritamente abusivo, adottata ai sensi del
testo unico sull’edilizia, esorbita
dall’ambito della materia di competenza
comunale, compromettendo la potestà
attribuita alla Provincia di rilascio
dell’autorizzazione allo stoccaggio
provvisorio (TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 19.11.2009 n. 3406 -
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URBANISTICA:
Strumento urbanistico di
dettaglio - Piano di lottizzazione
convenzionata - Esclusione di aree
ricomprese nell’area interessata -
Illegittimità - Fondamento.
Lo strumento urbanistico di dettaglio,
compresa la lottizzazione convenzionata, non
può legittimamente escludere dal proprio
ambito aree in esso ricomprese, non
potendosi ritenere corretto, in termini di
adeguatezza della pianificazione
urbanistica, che non s’addivenga ad una
sistemazione tendenzialmente completa della
zona oggetto d’intervento.
Diversamente argomentando, non si
perverrebbe all’obiettivo della
pianificazione urbanistica, specie di
dettaglio, che tende a conseguire la
complessiva e coordinata sistemazione del
territorio secondo scelte ed indirizzi
formatisi in sede politico-amministrativa
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 04.05.1995, n.
695) (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 19.11.2009 n. 2781 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
AMBIENTE - Informazione
ambientale - D.lgs. n. 195/2005 - Accesso -
Puntuale indicazione degli atti richiesti -
Necessità - Esclusione - Amministrazione -
Obbligo di acquisire, elaborare e comunicare
le notizie rilevanti.
Ai fini dell'accesso agli atti in materia di
tutela ambientale (D.lgs. 19.08.2005, n.
195) non solo non è necessaria la puntuale
indicazione degli atti richiesti, ma è
sufficiente una generica richiesta di
informazioni sulle condizioni di un
determinato contesto per costituire in capo
all'amministrazione l'obbligo di acquisire
tutte le notizie relative allo stato della
conservazione e della salubrità dei luoghi
interessati dall'istanza, ad elaborarle e a
comunicarle al richiedente (cfr. da ultimo
TAR Campania Salerno, sez. II, 21.05.2009 n.
2466) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 19.11.2009 n. 2229 -
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EDILIZIA PRIVATA: Ai
fini della qualificazione del parcheggio
come opera pubblica non osta la circostanza
che il medesimo sia stato realizzato e sia
temporaneamente gestito da un soggetto
privato.
L’eccezione di difetto di giurisdizione,
avanzata dal Comune resistente, pertanto, si
è rivelata dirimente ai fini della soluzione
della controversia.
Il Tribunale
amministrativo di Firenze, in merito, rivela
di aderire, infatti, al più risalente, ma
più convincente indirizzo giurisprudenziale
che afferma, in vicende come quella in
esame, la natura pubblica dell’opera
realizzata (parcheggio).
Ed invero, si è
sottolineato che, ai fini della
qualificazione del parcheggio come opera
pubblica, pur antecedentemente alla l. n.
122/1989, non osta la circostanza che il
medesimo sia stato realizzato e sia
temporaneamente gestito da un soggetto
privato, né il fatto che esso insista sul
suolo comunale concesso in diritto di
superficie con facoltà di cessione: infatti,
da un lato il requisito della proprietà
dell’opera in capo ad un soggetto pubblico
non è affatto elemento indefettibile del
concetto di opera pubblica, conoscendo il
nostro ordinamento esempi di lavori pubblici
attinenti ad opere, che sono e rimangono di
proprietà di privati (dalla manutenzione di
immobili di interesse storico agli
interventi di risanamento ex l. n.
2892/1885); dall’altro, di regola è pubblica
anche l’opera in futuro destinata a passare
in proprietà di un soggetto pubblico, com’è
destinato a verificarsi alla scadenza del
diritto di superficie.
Il Comune, nella
vicenda in commento, aveva affidato in
concessione a una società l’intervento di
progettazione, realizzazione e gestione di
un parcheggio nel sottosuolo di una piazza,
da concedere in diritto di superficie,
secondo quanto previsto dal Piano Urbano dei
Parcheggi, nell’ambito di una serie di
analoghi affidamenti per complessivi tredici
interventi da eseguire nel centro cittadino.
La convenzione stipulata a tal proposito
prevedeva, tra l’altro, che i lavori di
costruzione del parcheggio dovessero
iniziare entro un anno dalla costituzione
del diritto di superficie e comunque non
oltre un anno dalla notifica del rilascio
della concessione edilizia e dovessero
essere ultimati entro i termini di progetto.
Il mancato rispetto dei termini di inizio,
esecuzione ed ultimazione dei lavori di
costruzione del parcheggio avrebbe
comportato la risoluzione di diritto della
convenzione e la revoca della concessione.
Dopo l’approvazione del progetto, la
costituzione del diritto di superficie ed il
rilascio della concessione edilizia, i
lavori iniziavano nel febbraio del 2000. In
breve tempo, però, insorgevano
inconvenienti, che causavano interruzioni e
ritardi nei lavori: ciò determinava l’avvio
di un lungo contenzioso con il Comune, che
sfociava nella revoca della concessione e
risoluzione della convenzione accessiva,
disposta dalla Giunta Comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 18.11.2009 n. 1708
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Impianti di telefonia mobile - Realizzazione
- Compatibilità urbanistica - Verifica -
Procedimento ex art. 87, c. 9, d.lgs. n.
259/2003.
Se è vero che nell’attuale ordinamento la
realizzazione di un impianto di telefonia
mobile non richiede il previo rilascio del
permesso di costruire, è altresì vero che
nel corso del procedimento disciplinato
dall’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del
2003 vanno comunque svolte le verifiche di
compatibilità edilizia ed urbanistica dei
suddetti impianti, e ciò in coerenza con la
ratio della riforma, che è stata quella
di semplificare il procedimento e
concentrare al suo interno tutte le relative
valutazioni, comprese quelle di carattere
urbanistico-edilizio (v., ex multis,
Cons. Stato, Sez. VI, 28.02. 2006 n. 889).
L’installazione di simili infrastrutture,
pertanto, non può prescindere dal possesso,
tra gli altri, del requisito della «conformità
urbanistica».
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Impianti di telefonia mobile -
Localizzazione - Amministrazioni comunali -
Competenze - Contemperamento degli interessi
coinvolti.
In tema di localizzazione ed installazione
degli impianti di telefonia mobile le
Amministrazioni comunali conservano le loro
tipiche competenze in ordine al governo del
territorio, da esercitare in modo tale da
contemperare i vari interessi coinvolti,
evitando in particolare l’adozione di misure
che si risolvano in un ingiustificato
ostacolo alla funzionalità della rete delle
infrastrutture di comunicazione elettronica
(TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 17.11.2009 n. 766 - link
a
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EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Impianti di telefonia mobile - Installazione
- Strumenti programmatori comunali - Criteri
minimi di conoscenza preventiva e di
pianificazione - Legittimità - Condizioni -
Termini perentori per la redazione del
piano.
Gli strumenti programmatori attraverso i
quali il Comune, sulla base delle proposte
dei gestori, definisce complessivamente le
installazioni degli impianti di telefonia
mobile ammesse sul territorio comunale e a
queste previsioni subordina il rilascio
delle varie autorizzazioni, per assolvere la
funzione di introduzione di criteri minimi
di conoscenza preventiva e di pianificazione
dell’installazione degli impianti,
soddisfano la fondamentale esigenza di
razionalità dell’azione amministrativa, onde
non sono in sé illegittimi, a meno che ne
risulti in concreto scaturire una
dilatazione dei tempi per il rilascio delle
prescritte autorizzazioni -incompatibile con
la necessità di una disciplina uniforme sul
piano nazionale alla stregua delle superiori
norme statali-, situazione di contrasto che
non sussiste però quando la disciplina
locale prevede, in coerenza con l’assetto
normativo della materia, termini perentori
per la redazione del piano (v. Cons. Stato,
Sez. VI, 21.06.2006 n. 3734; e, da ultimo,
TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 21.03.2008
n. 1480).
Sicché, è illegittima la normativa comunale
che preveda una procedura di approvazione
del programma complessivo annuale svincolato
da termini perentori per la conclusione
dell’iter e che quindi consenta
all’Amministrazione di subordinare la
prosecuzione dell’istruttoria sulla domanda
concernente il singolo impianto al
sopraggiungere di un «piano» la cui
definizione resta priva di tempi certi (TAR
Emilia Romagna, Parma, n. 639/2009) (TAR
Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 17.11.2009 n. 765 - link
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ESPROPRIAZIONE:
Art. 13 d.lgs. n. 327/2001 -
Scadenza del termine entro cui emanare il
decreto di esproprio - Inefficacia della
dichiarazione di pubblica utilità - Termine
perentorio.
L'articolo 13 della legge 25.06.1865, n.
2359, sostanzialmente riprodotto
nell’articolo 13 del Testo Unico in materia
di espropriazioni per pubblica utilità
(approvato con decreto legislativo
08.06.2001, n. 327) stabilisce il principio
secondo cui –in caso di mancata proroga- la
scadenza del termine entro il quale può
essere emanato il decreto di esproprio
determina l'inefficacia della dichiarazione
di pubblica utilità. Non si può ritenere che
il termine abbia natura meramente
ordinatoria: l’orientamento della
giurisprudenza è infatti consolidato nel
senso che -a differenza dei termini
iniziali, per loro natura dilatori e
acceleratori- i termini finali delle
procedure ablatorie e dei lavori assumono il
connotato della perentorietà (Cons. Stato,
Sez. V, 18.03.2002, n. 1562; Sez. IV,
22.05.2000, n. 2936 e 08.06.2000, n. 3246;
v. anche Cass., SS.UU., 04.03.1997, n. 907;
08.02.2006, n. 2630) (TAR Valle d'Aosta,
sentenza 13.11.2009 n. 93 - link
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APPALTI:
Riapertura del procedimento di
gara - Potere di autotutela - Procedimento
unico - Comunicazione della riapertura -
Necessità - Esclusione.
La riapertura del procedimento di gara ai
fini dell'esercizio del potere di autotutela
volto ad eliminare illegittimità
precedentemente verificatesi non costituisce
un nuovo procedimento amministrativo,
essendo unico il procedimento di gara per la
scelta del contraente nei pubblici appalti
che ha inizio con il bando di gara e si
conclude solo con l'aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che non è
necessaria la comunicazione della riapertura
del procedimento di gara e delle successive
attività della commissione ma solo la
comunicazione della data in cui la
commissione procede al riesame (Consiglio
Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5360).
Commissione di gara - Organo
straordinario e temporaneo - Attività -
Rilevanza esterna - Approvazione da parte
degli organi competenti dell’amministrazione
aggiudicatrice - Aggiudicazione definitiva -
Potere di autotutela.
La commissione di gara è un organo
straordinario e temporaneo
dell'amministrazione aggiudicatrice (C.d.S.,
sez. IV, 04.02.2003, n. 560; C.G.A.,
06.09.2000, n. 413) e non già una figura
organizzativa autonoma e distinta rispetto
ad essa (C.d.S., sez. V, 14.04.1997, n.
358), la cui attività acquisisce rilevanza
esterna solo in quanto recepita e approvata
dagli organi competenti della predetta
amministrazione appaltante. Infatti, essa
svolge compiti di natura essenzialmente
tecnica, con funzione preparatoria e
servente, rispetto all'amministrazione
appaltante, essendo investita della
specifica funzione di esame e valutazione
delle offerte formulate dai concorrenti,
finalizzata alla individuazione del miglior
contraente possibile, attività che si
concreta nella c.d. aggiudicazione
provvisoria.
La funzione di detta commissione si
esaurisce soltanto con l'approvazione del
proprio operato da parte degli organi
competenti dell'amministrazione appaltante
e, cioè, con il provvedimento di c.d.
aggiudicazione definitiva: nel periodo
intercorrente tra tali atti non può
fondatamente negarsi il potere della stessa
commissione di riesaminare nell'esercizio
del potere di autotutela il procedimento di
gara già espletato, anche riaprendo il
procedimento di gara per emendarlo da errori
commessi e da illegittimità verificatesi,
anche in relazione all'eventuale illegittima
ammissione o esclusione dalla gara di
un'impresa concorrente (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.11.2009 n. 7042 - link a
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Comune -
Tutela della salute pubblica - Mantenimento
della soglia di rumore entro i livelli
stabiliti dalla normativa - Tutela
apprestata dall’ordinamento ex art. 844 c.c.
- Diversità.
Il Comune ha il dovere di garantire per
motivi di salute pubblica che la soglia del
rumore prodotta nell’ambiente dalle varie
attività umane non superi i livelli
stabiliti dalla normativa per evitare forme
di inquinamento acustico e ciò niente ha a
che vedere con la tutela apprestata
dall’ordinamento attraverso l’istituto
regolato dall’art. 844 c.c. (TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 11.11.2009 n. 5007 -
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CONSIGLIERI COMUNALI: È
legittimo il diniego opposto
dall’amministrazione comunale alla generica
istanza di accesso agli atti riguardanti le
"attività all'estero" da parte del
Consigliere comunale.
L’art. 43 comma 2 del T.U. n. 267/2000,
mentre attribuisce ai consiglieri il diritto
di ottenere "tutte le notizie e le
informazioni" in possesso degli uffici (e
quindi la relativa documentazione), non
prevede che questi ultimi siano tenuti
altresì a svolgere un'attività di
elaborazione di tali notizie ed
informazioni, ovvero (ancor prima) a
stabilire, selezionandole, quali notizie ed
informazioni corrispondano alle richieste di
accesso presentate da consiglieri, nel caso
in cui tali istanze siano formulate in modo
generico e non puntuale.
Nella vicenda in
commento il ricorrente, in qualità di
consigliere comunale, aveva presentato
domanda di accesso agli atti riguardanti la
“attività all'estero” del Comune
relativamente agli anni 2000-2008 ma
l'istanza fu ritenuta non accoglibile, per
il suo carattere generale e indeterminato.
A
riguardo i giudici del Tribunale
amministrativo di Firenze richiamano, in
primo luogo, la normativa di riferimento,
cioè il D.Lgs. 18.08.2000 n. 267 ("Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali") che all’art. 43, comma 2, così
dispone: "I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli
uffici, rispettivamente, del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti
dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato. Essi
sono tenuti al segreto nei casi
specificamente determinati dalla legge".
I
giudici fiorentini ricordano, inoltre, che
della natura e dell'estensione del diritto
dei consiglieri comunali e provinciali di
accedere agli atti degli enti locali presso
i quali espletano (ed al fine di esercitare)
il loro mandato si è ampiamente occupata la
giurisprudenza amministrativa, che ha
enunciato i seguenti principi:
- si tratta
di un "diritto (soggettivo
pubblico)…espressione del principio
democratico dell'autonomia locale e della
rappresentanza esponenziale della
collettività, ed in quanto tale è
direttamente funzionale non tanto ad un
interesse personale del consigliere comunale
o provinciale, quanto alla cura di un
interesse pubblico connesso al mandato
conferito" (Consiglio di Stato, Sez. V, 20.10.2005 n. 5879);
- in sostanza "i
consiglieri comunali hanno un non
condizionato diritto di accesso a tutti gli
atti che possano essere d'utilità
all'espletamento del loro mandato, ciò anche
al fine di permettere di valutare -con
piena cognizione- la correttezza e
l'efficacia dell'operato
dell'Amministrazione, nonché per esprimere
un voto consapevole sulle questioni di
competenza del Consiglio, e per promuovere,
anche nell'ambito del Consiglio stesso, le
iniziative che spettano ai singoli
rappresentanti del corpo elettorale
locale…”; tale diritto "ha una ratio diversa
da quella che contraddistingue il diritto di
accesso ai documenti amministrativi che è
riconosciuto a tutti i cittadini (articolo
10 -Diritto di accesso e di informazione-
del D.L.vo n. 267/2000) come pure, in
termini più generali, a chiunque sia
portatore di un "interesse diretto, concreto
e attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l'accesso"
(cfr. gli art. 22 e ss. della legge 07.08.1990, n. 241…)…la finalizzazione
dell'accesso all'espletamento del mandato
costituisce, al tempo stesso, il presupposto
legittimante l'accesso ed il fattore che ne
delimita la portata" (Consiglio di Stato,
Sez. V, 09.10.2007 n. 5264);
-
nell'esercizio del diritto in questione il
consigliere non è tenuto a "motivare le
proprie richieste d'informazione, né gli
uffici comunali hanno titolo a richiederle
ed a conoscerle ancorché l'esercizio del
diritto in questione si diriga verso atti e
documenti relativi a procedimenti ormai
conclusi o risalenti ad epoche remote.
Diversamente opinando, infatti, la struttura
burocratica comunale, da oggetto del
controllo riservato al Consiglio, si
ergerebbe paradossalmente ad "arbitro" -per
di più, senza alcuna investitura democratica- delle forme di esercizio della potestà
pubbliche proprie dell'organo deputato
all'individuazione ed al miglior
perseguimento dei fini della collettività
civica" (Consiglio di Stato, Sez. V, 22.02.2007 n. 929).
Se l'esercizio del
diritto di accesso riconosciuto al
consigliere comunale e provinciale è
funzionale all'espletamento del suo mandato
e se tale correlazione non è suscettibile di
sindacato da parte dell'ente locale, l'unico
limite all'esercizio del diritto stesso può
rinvenirsi nell'esigenza di evitare che esso
(per l'abnormità della richiesta) metta in
crisi l'organizzazione dell'ente; in altre
parole, posto che il diritto
all'informazione attribuito dall’ordinamento
al consigliere è finalizzato al corretto
svolgimento della dialettica democratica tra
gli organi dell'ente locale, nell'interesse
della collettività, il suo esercizio non può
trasformarsi in un boomerang, in danno della
medesima collettività, pregiudicando la
funzionalità organizzativa dell'ente; si
tratta, in sostanza, di contemperare
esigenze diverse -ma non necessariamente
contrapposte- evitando che l'esercizio di
un diritto soggettivo pubblico di tale
rilievo sia "piegato a strategie
ostruzionistiche o di paralisi dell'attività
amministrativa" (così TRGA Trento
07.05.2009 n. 143); perciò le richieste
devono essere non "generiche ed
indiscriminate", bensì formulate "in
modo da comportare il minor aggravio
possibile per gli uffici comunali, sia dal
punto di vista organizzativo che economico…,
anche se le amministrazioni pubbliche sono
tenute (tendenzialmente) a dotarsi di tutti
i mezzi (personale, strumentazioni tecniche,
materiali vari) necessari all'assolvimento
dei loro compiti" (Consiglio di Stato,
Sez. V, 28.12.2007 n. 6742) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 11.11.2009 n. 1607 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: In
sede di approvazione, il comune può porre
delle condizioni al piano di lottizzazione.
In ragione della propria competenza, il
comune interessato dalla vicenda giudiziaria
in oggetto, ha imposto la realizzazione di
un perimetro viario attorno a un'area
oggetto di un piano di lottizzazione. Il
piano prevede la realizzazione di un grande
complesso turistico. A tale previsione si è
opposto il lottizzante, ottenendo in primo
grado una pronuncia favorevole che il comune
ha provveduto ad appellare a sostegno delle
proprie posizioni.
Sulla base delle
risultanze processuali i giudici di palazzo
Spada hanno evidenziato come il comune abbia
cercato, apponendo la condizione di quel
determinato assetto viario, di trattenere il
traffico all’interno della struttura
realizzanda e di farlo defluire gradatamente
verso la viabilità pubblica, senza produrre
nel frattempo intasamenti all’esterno.
La valutazione compiuta dal comune
rappresenta una scelta di merito
amministrativo, che costituisce uno spazio
di agire libero dell’amministrazione nel
quale la valutazione del giudice non può
addentrarsi, di conseguenza il sindacato
operato dal giudice di prima cure, che aveva
ritenuto illegittima la condizione posta dal
comune per l’approvazione del piano, risulta
illegittima.
Ad avviso dei giudici capitolini, la scelta
operata dal comune non è illegittima di per
sé, ma dipende dalla opzione di senso che le
attribuisce l’interprete: “in ultima
analisi queste valutazioni attengono alla
conformità delle soluzioni di pianificazione
esecutiva proposte agli orientamenti
prevalsi in seno all’organo consiliare circa
le linee di sviluppo urbanistico della zona
ed in particolare, nelle sue componenti in
termini di viabilità e di traffico”.
D’altro canto le convenzioni urbanistiche
non devono solo garantire l’adeguato
approvvigionamento delle dotazioni minime di
infrastrutture pubbliche ma anche
l’equilibrato inserimento degli interventi
nel contesto della zona in modo che sia
mantenuto la qualità normale del vivere in
un aggregato urbano (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 06.11.2009 n. 6947 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Non
sussiste la necessità, giustificata da una
nuova ed autonoma valutazione, di impugnare
l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta
all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel
caso in cui l'aggiudicazione definitiva
recepisca integralmente i risultati di
quella provvisoria.
È utile approfondire, nella controversia in
rassegna, il tema contenuto nell’eccezione
di inammissibilità formulata dalla difesa
del Comune in relazione alla ritenuta
mancata impugnazione dell’aggiudicazione
“definitiva”.
La giurisprudenza in tale
materia è piuttosto rigorosa nell’affermare
che: ”l'aggiudicazione provvisoria di un
appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora
instabili e del tutto interinali, sicché è
inidonea a produrre la definitiva lesione
della ditta non risultata aggiudicataria,
che si verifica solo con l'aggiudicazione
definitiva, che non costituisce atto
meramente confermativo della prima; la
lesione si verifica soltanto con
l'aggiudicazione definitiva, per cui la
concorrente non aggiudicataria ha non
l'onere, bensì la mera facoltà di impugnare
immediatamente l'aggiudicazione provvisoria,
salvo l'onere di impugnare la successiva
aggiudicazione definitiva; ne consegue che,
una volta che questa sia intervenuta,
l'interesse idoneo a sorreggere
l'impugnativa si sposta dal giudizio
sull'aggiudicazione provvisoria a quello
sull'aggiudicazione definitiva, ed è
nell'ambito di quest'ultimo giudizio che il
concorrente può utilmente ottenere la tutela
della propria posizione soggettiva”
(Consiglio Stato, sez. V, 20.07.2009,
n. 4527 e, sez. V, 14.11.2008, n.
5691).
Sia la giurisprudenza di primo che di
secondo grado si è consolidata
nell’affermare, in sintesi, che
”l'aggiudicazione provvisoria è atto
facoltativamente impugnabile, mentre il
provvedimento di aggiudicazione definitiva è
atto che, dotato di propria autonomia
valutativa, è conclusivo del procedimento.”
A livello di effetti processuali si è
affermato che “l'omessa o tardiva
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva,
a conclusione di una gara pubblica, rende improcedibile per sopravvenuto difetto
d'interesse il ricorso già proposto avverso
l'esclusione ovvero avverso l'aggiudicazione
provvisoria, non potendo il ricorrente
trarre alcun concreto vantaggio
dall'eventuale annullamento di quest'ultima,
dovendosi ritenere che è venuta meno la
possibilità per la ricorrente di conseguire
il bene della vita sperato, e cioè
l'appalto” (TAR Piemonte Torino, sez. I,
07.07.2009, n. 2000).
E’ stata dunque
posta, in generale, una linea di
demarcazione fra le due distinte ipotesi di
effetti dell’impugnazione del bando di gara
(effetto caducante di diritto) e
impugnazione della sola fase provvisoria
(improcedibilità): ”il principio secondo cui
chi abbia impugnato l'aggiudicazione
provvisoria ha effettivamente l'onere di
impugnare anche quella definitiva a pena di
improcedibilità della prima impugnazione non
trova applicazione anche nei rapporti tra
(impugnazione del) bando di gara e
aggiudicazione; si tratta, infatti, di atti
che si pongono in rapporto di vera e propria
"presupposizione" cosicché l'annullamento
del bando di gara ha efficacia caducante di
tutti gli atti successivi del procedimento e
dell'aggiudicazione definitiva.”
In
sostanza, secondo questa giurisprudenza,
l’aggiudicazione definitiva non va
considerata atto meramente confermativo o
esecutivo ma provvedimento che, anche quando
recepisca meramente i risultati
dell'aggiudicazione provvisoria, comporta
comunque una nuova ed autonoma valutazione
degli interessi pubblici sottostanti;
coerentemente si ritiene, così, necessaria
l'impugnativa autonoma dell'aggiudicazione
definitiva nonostante la precedente
contestazione giudiziale dell'aggiudicazione
provvisoria, che è meramente facoltativa,
ovvero del provvedimento di esclusione dalla
gara. Quindi il ricorso proposto avverso
l'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto endoprocedimentale non lesivo, e non avverso
il provvedimento di aggiudicazione
definitiva, che non costituisce atto
meramente consequenziale ma trattasi di
provvedimento conclusivo del procedimento di
gara, dotato di autonoma valenza valutativa
e pertanto lesivo, è inammissibile per
difetto di interesse a ricorrere.
In tale
materia, peraltro, va segnalato che esiste
un diverso orientamento recentissimo, più
possibilista e valutativo, espresso dal
Consiglio di Stato che ammette, rivedendo in
sostanza il precedente consolidato
orientamento, anche l’esistenza di
differenti ipotesi di giudizio. In
particolare è stato affermato che: “Non
sussiste la necessità, giustificata da una
nuova ed autonoma valutazione, di impugnare
l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta
all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel
caso in cui l'aggiudicazione definitiva
recepisca integralmente i risultati di
quella provvisoria” (cfr. Consiglio Stato,
sez. V, 16.06.2009, n. 3908, con le ivi
richiamate pronunzie analoghe intervenute).
Dunque il Consiglio Stato con la sentenza n.
2089 della sez. V del 07.05.2008
ricostruisce la fattispecie, alla luce delle
norme del Codice degli appalti, affermando
espressamente che va disattesa la necessità,
giustificata dalla nuova ed autonoma
valutazione rispetto alla stessa
(richiamando i propri precedenti Cons.
Stato, V, 21.11.2007, n. 5925; V, 09.10.2007, n. 5253; V,
09.10.2006, n.
6957; IV, 14.09.2005, n. 4769; V, 02.09.2005, n. 4464), dell'autonoma
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva,
anche se è già stata impugnata quella
provvisoria, quando l'aggiudicazione
definitiva (Cons. Stato, V, 12.10.2004,
n. 6568; V, 04.04.2006, n. 1753); Il
Tribunale amministrativo di Cagliari, a
fronte di tale panorama giurisprudenziale
“variegato” ritiene quindi doveroso valutare
caso per caso le situazioni senza poter
affermare l’esistenza di principi assoluti e
trancianti (in termini di rito) nella
soluzione di tali controversie, ben
consapevole che una decisione di solo rito
deve raggiungere margini di certezza ed inequivocabilità,
pena una sostanziale negata giustizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 06.11.2009 n.
1690 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIRITTO PROCESSUALE
AMMINISTRATIVO - Legittimazione ad agire -
Localizzazione di un campo nomadi -
Residenti nella zona interessata - Interesse
diretto e immediato - Sussistenza.
I residenti nella zona interessata dalla
localizzazione del campo nomadi ovvero in
aree limitrofe hanno un interesse diretto ed
immediato a dolersi della delibera di
approvazione del progetto per la
realizzazione del nuovo villaggio nomadi che
è, indubbiamente, idonea ad incidere sulle
condizioni di vita e di relazione nella zona
dove hanno la propria residenza.
VIA - Progetto per la
realizzazione di un campo nomadi -
Sottoposizione a V.I.A. - esclusione.
Il progetto esecutivo per la realizzazione
di un campo nomadi , di dimensione limitata
e concernente un’area urbana, non richiede
la valutazione di impatto ambientale.
Campo nomadi - Estensione -
Computo delle strade di accesso e delle
strade interne - Esclusione.
In ordine all’estensione di un campo nomadi,
non vi è ragione di computare nella sua
ampiezza anche le strade di accesso e quelle
previste al suo interno per il collegamento
delle abitazioni: si tratta, infatti, di
opere di urbanizzazione che, ove siano
rispettati i limiti volumetrici per la
edificazione delle unità abitative, possono
essere assunte a carico del Comune senza che
debbano incidere sulle dimensioni
riconosciute al campo in questione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 04.11.2009 n. 6866 - link a
www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: La
revoca della concessione edilizia, oggi
permesso di costruire, è un atto vincolato e
pertanto di competenza del dirigente.
La questione di cui si cercherà di fornire
una breve descrizione si riferisce alla
applicabilità diretta dell'art. 51, terzo
comma, lett. f), della legge 08.06.1990, n. 142.
L'articolo tratta dei poteri dei dirigenti
degli enti locali.
Il giudice amministrativo
chiarisce che la previa adozione della
normativa di dettaglio, specificamente
dettata per regolamentare l'esercizio dei
poteri dirigenziali di cui al citato art. 51,
comma 2, lett. f), della legge n. 142/1990,
richiamata nel primo capoverso dello stesso
comma 2, deve ritenersi richiesta unicamente
per gli atti discrezionali e non anche per
quelli vincolati, in quanto soltanto la
discrezionalità amministrativa -come scelta
finalizzata all'ottimale ponderazione fra
interessi pubblici e privati- determina
inevitabilmente linee di indirizzo
operativo, destinate ad influire sulla
conduzione a livello politico dell'Ente.
Poiché gli atti discrezionali invadono la
sfera politica degli organi di governo, si
giustifica per essi il richiamo alle
"modalità stabilite dallo statuto o dai
regolamenti dell'ente". Al contrario, per
gli atti vincolati la predetta normativa
deve ritenersi immediatamente applicabile in
quanto, trattandosi di atti legati a precisi
parametri normativi, non sono idonei ad
incidere autonomamente sulla sfera politica
e per essi pertanto non si pone l'esigenza
di una previa disciplina da parte
dell'organo politico.
A questo punto va
detto che la revoca della concessione
edilizia è un atto atto vincolato: con esso
si espleta un mero atto di controllo a
posteriori di conformità dell'intervento
eseguito allo strumento urbanistico (cfr.
C.d.S., V, 17.02.1999 n. 167; id, 10.01.1997
n. 28). Ne consegue che l'adozione dell'atto
di revoca spetta al dirigente dell'ente
locale in diretta applicazione della norma
sopra richiamata.
Queste valutazioni di principio si applicano
al caso concreto determinando
l'illegittimità della delibera del consiglio
comunale con la quale si è disposta la
rimozione della stazione radio per telefonia
cellulare e del provvedimento conseguente di
diffida a provvedere alla rimozione degli
impianti. Illegittimità non posta in
contestazione dall'argomentazione secondo la
quale è necessaria una previa
regolamentazione dell'ente per rendere
operativo il potere del dirigente di
svolgere i compiti che nel caso concreto ha
invece svolto il consiglio comunale.
Come ha ben evidenziato il collegio
giudicante, la diretta operatività dell'art.
51, e quindi l'immediata possibilità per il
dirigente di disporre dei propri poteri, è
fuori di dubbio per l'adozione di atti a
carattere vincolato come quello della revoca
della concessione edilizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lazio-Latina,
sentenza 04.11.2009 n. 1047 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Illegittima l'ordinanza di
demolizione di una tettoia lignea di modeste
dimensioni.
Una
tettoia in legno di medie dimensioni (nella
specie di mt. 7,5 x 4,70) costruita a
servizio del fabbricato sulla cui parete
esterna si appoggia, tenuto conto delle sue
dimensioni e di questa sua specifica
funzione e collocazione, non può
considerarsi né opera di "ristrutturazione
edilizia" ai sensi della lett. d)
dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, né di "nuova
costruzione" ai sensi dei punto e.1 ed
e.6. dello stesso art. 3, atteso che nel
provvedimento impugnato non si menzionano
vincoli ambientali o paesaggistici o
specifiche e contrarie disposizioni delle
n.t.a. del p.r.g..
Una tettoia di modeste dimensioni e in legno
non può essere ricondotta nell’ambito degli
interventi che l’art. 10, I comma, del
d.P.R. n. 380/2001 sottopone a preventivo
permesso di costruire, ma, più
correttamente, a quelli sottoposti a
preventiva denuncia di inizio attività ai
sensi del successivo art. 22, I comma, non
essendo ravvisabile, di contro, alcuna delle
ipotesi che il precedente art.6 considera
attività edilizia libera. Pertanto, la
sanzione applicabile è quella pecuniaria
prevista dall’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001
e non la demolizione prevista dall’art. 33
del d.P.R. n. 380/2001
(TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 29.10.2009 n. 645 - link
a
www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
funzionario di un Comune può prendere
visione di tutti gli atti relativi al
proprio fascicolo personale.
Il Tribunale amministrativo di Perugia si è
pronunciato, in questa occasione, su un
ricorso proposto, ai sensi dell’art. 25
della legge n. 241/1990, dal funzionario di
un Comune umbro contro lo stesso Ente nel
quale presta servizio.
Il ricorrente, in
particolare, aveva denunciato di essere in
conflitto con l’Ente a motivo di una serie
di violazioni dei propri diritti ed
interessi legittimi inerenti al suo rapporto
di lavoro e in tale contesto riteneva di
avere interesse a prendere visione di tutti
gli atti relativi al proprio fascicolo
personale, nonché di «tutte le valutazioni
degli apicali dell’ente dal 1997 in poi».
Vedendosi respinta la richiesta di accesso
rivolta al Comune il ricorrente ha adito il
Tribunale umbro che ha considerato la sua
istanza fondata.
Secondo gli stessi giudici,
infatti, non è sostenibile la tesi che i
documenti in questione, attenendo ad un
rapporto d’impiego “privatizzato”, non
possano essere qualificati “atti
amministrativi”. Il fatto che la disciplina
del rapporto d’impiego sia assimilata a
quella dei dipendenti di un soggetto privato
non esclude che il datore di lavoro (il
Comune) sia un ente pubblico e che i suoi
atti seguano il regime generale degli atti
della p.a. (ad esempio per quanto riguarda
il regime penale con riferimento ai reati di
falso in atto pubblico, di abuso di ufficio,
etc.; ovvero per quanto riguarda l’idoneità
a fare prova fino a querela di falso, e via
dicendo). Essi sono pertanto atti
amministrativi anche ai fini del diritto di
accesso.
Non è sostenibile, inoltre, per i
giudici amministrativi, la tesi che la
domanda sia troppo generica, giacché, al
contrario, il riferimento a “tutti gli atti
contenuti nel fascicolo personale del
ricorrente” è perfettamente idoneo ad
identificarli, dato che il concetto di
“fascicolo personale” di un impiegato è ben
noto a chiunque si occupi di pubblico
impiego. Si vedano l’art. 55 del t.u. n.
3/1957 e gli artt. 24-29 del relativo
regolamento n. 686/1957; tali testi
normativi, benché dettati primariamente per
il (solo) personale dello Stato,
pacificamente sono sempre stati utilizzati
come fonti dei princìpi generali del
pubblico impiego per tutta la p.a..
Non è
sostenibile, infine, la tesi che non sia
adeguatamente dimostrato l’interesse
all’accesso, in quanto il diritto
dell’impiegato ad accedere al proprio
fascicolo personale preesisteva alla legge
n. 241/1990 (cfr. le fonti sopra citate e
relativa giurisprudenza) senza essere
condizionato alla dimostrazione di
specifiche finalità o interessi. D’altra
parte l’interesse giuridicamente rilevante
dell’impiegato a conoscere il contenuto del
proprio fascicolo personale sussiste in re ipsa
(e non sembra necessario spiegarne ora le
ragioni) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Umbria,
sentenza 28.10.2009 n. 648 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Anche
per la localizzazione degli edifici, le
prescrizioni del piano esecutivo (malgrado
la scadenza) continuano ad essere rilevanti
per coloro che, non avendo ancora realizzato
le costruzioni, intendano tardivamente
chiedere il titolo abilitativo.
Riassumiamo brevemente i fatti in causa: una
società aveva impugnato in primo grado il
provvedimento di un Comune del napoletano di
annullamento del permesso di costruire
rilasciato in favore della stessa, relativo
ad un complesso residenziale da realizzare
nel Comune medesimo, su area ricompresa in
un piano di zona ex lege 167/1962, decaduto
per decorrenza del termine di validità.
Il
Tribunale amministrativo regionale aveva
accolto il ricorso e contro tale pronuncia
propone ricorso in appello il Comune.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato, è
decisivo, a favore del Comune, l’esame della
questione relativa agli effetti determinati
dalla scadenza del termine di efficacia di
un piano attuativo, nella fattispecie, di un p.e.e.p..
Secondo la sentenza impugnata, e
secondo parte resistente, in caso
d’inefficacia per scadenza del piano
attuativo, la zona non diverrebbe “zona
bianca” come tale normata dai limiti
all’edificazione previsti dall’art. 4 ult.
comma della legge n. 10 del 1977, ma
riemergerebbe la disciplina del p.r.g.
propria della zona in cui è inserito il
piano attuativo scaduto, tanto più se esso è
stato in parte già attuato, ciò che
consentirebbe, ove occorresse, di applicare
i parametri edili di dettaglio di
quest’ultimo. In ogni caso, non sarebbe
impedita l’attuazione di un intervento
edificatorio in via diretta, cosicché,
ricorrendo le predette condizioni, il Comune
non potrebbe negare il rilascio del permesso
di costruire, e tanto meno, come in
fattispecie, annullare un permesso di
costruire già rilasciato, adducendo
aprioristicamente l’assenza di
regolamentazione dell’uso edilizio
dell’area.
I giudici di Palazzo Spada
ricordano che tale questione è stata già più
volte esaminata da questo Consesso. Con
sentenza n. 1375 del 15.03.2006 la
Sezione quinta ha affermato che “anche dopo
la scadenza del piano debbono continuare ad
osservarsi le prescrizioni di zona previste
dal piano scaduto, giusta l’art. 17, comma
primo, L. 17.08.1942 n. 1150”.
La stessa
Sezione ha ribadito il principio suddetto
affermando che “l’avvenuta decadenza del
piano di recupero non rende applicabili gli
indici generali di edificabilità previsti
per la zona dal piano regolatore generale né
rende possibile all’amministrazione comunale
di valutare caso per caso singole domande di
intervento edilizio diretto sulla stregua di
una ricognizione di fatto dello stato di
urbanizzazione della zona, ma, in mancanza
di una compiuta programmazione urbanistica,
consente solo di effettuare quegli
interventi previsti dall’art. 4, ultimo
comma, della legge 28.01.1977 n. 10”
(sent. n. 650/2007).
La quarta Sezione,
infine, ha chiarito che “i piani
particolareggiati attuativi dei piani
regolatori generali hanno efficacia
decennale, con esclusione degli allineamenti
e delle prescrizioni di zona stabiliti dal
piano stesso destinati ad essere applicati a
tempo indeterminato anche in presenza di uno
strumento urbanistico generale…” e che,
conseguentemente, “in considerazione della
stabilità delle previsioni del piano
attuativo, va affermato il principio per il
quale le prescrizioni urbanistiche di un
piano attuativo rilevano a tempo
indeterminato, anche dopo la sua scadenza”
(Sent. n. 6170/2007).
A tali pronunce hanno
fatto seguito, da ultimo, le decisioni nn.
6178, 6179, 6181 e 6182 del 12.12.2008, emesse su vicende analoghe, dalle cui
conclusioni non vi è ragione di discostarsi,
di tal che devono essere disattese tutte le
argomentazioni svolte nella sentenza
impugnata e negli scritti difensivi della
parte appellata.
E per vero –enunciano le
decisioni da ultimo citate– l’art. 17 della
legge 17.08.1942 n. 1150 va inteso nel
senso che, scaduto il termine di efficacia
stabilito per l’esecuzione del piano
particolareggiato, nella parte in cui è
rimasto inattuato non possono più eseguirsi
i previsti espropri, preordinati alla
realizzazione delle opere pubbliche e delle
opere di urbanizzazione primaria, in
particolare (prima parte del comma primo) e,
per converso, non si può procedere
all’edificazione residenziale per assenza di
tale fondamentale presupposto (v. art. 31).
Dove invece il detto piano ha avuto
attuazione, con la realizzazione di strade,
piazze ed altre opere di urbanizzazione,
l’edificazione residenziale è consentita
secondo un criterio di armonico inserimento
del nuovo nell’edificato esistente (seconda
parte del primo comma), e cioè in base alle
norme del piano attuativo scaduto, che
mantengono la loro integrale applicabilità.
Cosicché, se il piano attuativo è un piano
di zona, non può l’edificazione residenziale
privata sostituire l’edificazione
residenziale pubblica, senza che per ciò
stesso si possa ritenere che ciò rappresenti
l’illegittima introduzione di un vincolo d’inedificabilità
a tempo indeterminato, essendo, piuttosto,
la perpetuazione di un vincolo conformativo
collegato alla subzonizzazione insita nel
p.e.e.p. scaduto.
Le previsioni dello
strumento attuativo (anche se non più
eseguibile per il decorso del tempo), hanno
quindi stabilmente determinato l’assetto
definitivo e di dettaglio della parte del
territorio interessato, su cui quindi non
possono incidere le previsioni, e proprio
perché tali, di carattere programmatorio del
piano regolatore generale.
Pertanto, anche per la localizzazione degli
edifici, le prescrizioni del piano esecutivo
(malgrado la scadenza) continuano ad essere
rilevanti per coloro che –non avendo ancora
realizzato le costruzioni– intendano
tardivamente chiedere il titolo abilitativo (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.10.2009 n. 6572 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Le
prescrizioni contenute nel PRG non incidono
sull'assetto del territorio disegnato dal
piano attuativo anche quando questo scada.
La breve decisione della quarta sezione
offre un interessante approfondimento sul
rapporto tra piano attuativo e piano
regolatore in ragione del decorso del tempo
e dei termini di scadenza dei piani di
secondo livello.
I giudici di Palazzo Spada,
avendo già affrontato in altre sentenze tale
tematica hanno ritenuto di poter risolvere
il caso della decisione, che descriviamo in
questa sede, applicando i principi ormai
consolidati. Innanzitutto viene ribadito il
rapporto tra il piano attuativo e il piano
regolatore generale: anche dopo la scadenza
del piano debbono continuare ad osservarsi
le prescrizioni di zona previste dal piano
scaduto, come dispone l’art. 17, comma
primo, L. 17.08.1942 n. 1150 che si
occupa della validità dei piani
particolareggiati.
I piani particolareggiati
attuativi dei piani regolatori generali
hanno efficacia decennale, con esclusione
degli allineamenti e delle prescrizioni di
zona stabiliti dal piano stesso destinati ad
essere applicati a tempo indeterminato anche
in presenza di uno strumento urbanistico
generale. Un tale assunto comporta che le
prescrizioni urbanistiche di un piano
attuativo rilevano a tempo indeterminato,
anche dopo la sua scadenza. (si veda la
Sent. n. 6170/2007, IV sezione CdS).
Ad
avviso del collegio, l'art. 17, comma primo,
L. 17.08.1942 n. 1150 va inteso nel
senso che, scaduto il termine di efficacia
stabilito per l’esecuzione del piano
particolareggiato, nella parte in cui è
rimasto inattuato non possono più eseguirsi
i previsti espropri, preordinati alla
realizzazione delle opere pubbliche e delle
opere di urbanizzazione primaria, in
particolare (prima parte del comma primo) e,
per converso, non si può procedere
all’edificazione residenziale per assenza di
tale fondamentale presupposto (v. art. 31).
Dove invece il detto piano ha avuto
attuazione, con la realizzazione di strade,
piazze ed altre opere di urbanizzazione,
l’edificazione residenziale è consentita
secondo un criterio di armonico inserimento
del nuovo nell’edificato esistente (seconda
parte del primo comma), e cioè in base alle
norme del piano attuativo scaduto, che
mantengono la loro integrale applicabilità.
Se il piano attuativo è un piano di zona,
non può l’edificazione residenziale privata
sostituire l’edificazione residenziale
pubblica, senza che per ciò stesso si possa
ritenere che ciò rappresenti l’illegittima
introduzione di un vincolo d’inedificabilità
a tempo indeterminato, essendo, piuttosto,
la perpetuazione di un vincolo conformativo
collegato alla subzonizzazione insita nel
p.e.e.p. scaduto.
Le previsioni dello
strumento attuativo, hanno quindi
stabilmente determinato l’assetto definitivo
e di dettaglio della parte del territorio
interessato, su cui quindi non possono
incidere le previsioni, e proprio perché
tali, di carattere programmatorio del piano
regolatore generale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 27.10.2009 n. 6571 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: È improcedibile il ricorso ogni qualvolta la
P.A., per conformarsi alla sentenza che la
obbliga a far cessare il silenzio, abbia
adottato un provvedimento idoneo a dare vita, con caratteristiche di serietà,
effettività e conseguenzialità, ad un
procedimento amministrativo in linea con la
pretesa del privato.
La presente controversia ha per oggetto
l’ottemperanza ad una decisione che il Tar
ha assunto in esito ad un precedente ricorso
proposto dall’interessato per la cessazione
dell’inerzia serbata dalla P.a. resistente
relativamente ad un’istanza di
riqualificazione urbanistica.
Premettendo
che il ricorso è improcedibile, il Tribunale
amministrativo di Lecce spiega che la
possibilità di coltivare il giudizio di
ottemperanza per conseguire l’esecuzione di
una pronuncia giurisdizionale che affermi
l’obbligo di dare riscontro ad un’istanza
del privato, ex art. 21-bis legge Tar, è oggi
sancita dalla stessa disposizione ora
citata.
Invero, continuano i giudici salentini, l’art 21-bis, secondo comma,
ultimo periodo stabilisce che “Qualora
l’amministrazione resti inadempiente oltre
il detto termine (quello fissato per
provvedere dal giudice del silenzio), il
giudice amministrativo, su richiesta di
parte, nomina un commissario ad acta che
provveda in luogo della stessa”.
Si tratta,
per il vero, di quella che la dottrina più
avveduta configura come “ottemperanza
anomala” proprio per segnalare le deviazioni
dal modello ordinario del giudizio di
ottemperanza che il legislatore ci ha
consegnato, nei suoi tratti generali, con
l’art. 27, n. 4 del r.d. 1054 del 1924. E’
sufficiente, a tal proposito, evidenziare
che il mancato rinvio alle norme del
giudizio di ottemperanza pare costituire, in
questa direzione, indice sintomatico dal
quale desumere che la fase di esecuzione
delle sentenze, emesse ai sensi dell’art. 21-bis legge Tar, non partecipa dei caratteri
del giudizio di ottemperanza in senso
classico, essendosi il legislatore limitato
a prevedere la nomina da parte del giudice
di un commissario su richiesta di parte. La
nomina del commissario ad acta, però, è
concepita in questo ambito di cognizione,
alla stregua di unico intervento sostitutivo
percorribile dal giudice.
Tale tipo di
intervento, non privo di una matrice latamente sanzionatoria che rimanda alla
eccezionale giurisdizione di merito del G.a.
si giustifica, pertanto, solo quando
l’amministrazione abbia manifestamente
tenuto in non cale la condanna a provvedere,
ovvero abbia serbato, in un certo senso,
maliziosamente, una condotta riconducibile
al concetto di elusione del giudicato.
Questa premessa è la chiave di lettura per
comprendere che, in effetti, l’ambito di
decisione del G.a. in sede di ottemperanza
speciale esperita nella sede del rito del
silenzio appare assai più circoscritto
rispetto al modello ordinario prefigurato
dall’art. 27. n. 4 sopra richiamato. Ciò
vuol dire che quando la controversia involge
l’esecuzione di una pronuncia che ha
condannato la P.a. a pronunciarsi su di
un’istanza del privato, senza spingersi fino
al limite –pur consentito dall’art. 2 della
legge 241/1990- della delibazione circa la
fondatezza della pretesa sostanziale del
ricorrente, allo stesso giudice adito spetta
un’indagine limitata ad accertare se, in
definitiva, l’amministrazione abbia davvero
fatto cessare la propria inerzia.
Solo al
cospetto di una perdurante inerzia o di
un’attività simulatamente collaborativa
della P.a., che abbiano assunto il
significato della inottemperanza al dictum
del G.a, si giustifica l’intervento
sostitutivo attuato con la nomina del
Commissario ad acta. E’ coerente con questa
linea interpretativa, concludono gli stessi
giudici, ritenere che non ogni tipo di
risposta può soddisfare la pretesa,
precedentemente giudicata fondata dal G.a.,
di sollecitare un provvedimento espresso
sull’istanza del privato, rispettoso della
previsione di cui all’art. 2 della legge
241/1990.
Sotto tale profilo, il Giudice
dell’ottemperanza fa buon governo delle
regole proprie di siffatto giudizio
dichiarando l’improcedibilità del ricorso
ogni qualvolta la P.a., per conformarsi alla
sentenza che la obbliga a far cessare il
silenzio, abbia adottato un provvedimento
idoneo a dare vita, con caratteristiche di
serietà, effettività e conseguenzialità, ad
un procedimento amministrativo in linea con
la pretesa del privato (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Lecce,
Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 2332 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: La
legge professionale forense non impone al
datore di lavoro pubblico di adottare
un’organizzazione degli uffici tale da
individuare nell’ufficio legale una
struttura necessariamente apicale e del
tutto autonoma.
Con il ricorso in commento il capo
dell’Ufficio legale istituito presso un
Comune campano, ha impugnato, chiedendone
l’annullamento, la delibera di giunta
municipale con la quale l’amministrazione
comunale aveva respinto la sua istanza tesa
ad ottenere l’istituzione del predetto
Ufficio legale, quale servizio autonomo da
altre aree, nelle quali erano ripartiti gli
uffici comunali, e ciò nella considerazione
che, con il disposto inserimento
dell’Ufficio legale nell’Area di Staff–affari generali, non si considerava
adeguatamente la natura specifica di detto
ufficio.
I giudici del Consiglio di Stato,
dopo aver richiamato i precedenti
giurisprudenziali sull’argomento, che hanno
condotto a discordanti linee di valutazione,
fornisce un definitivo percorso
interpretativo. Ritiene, infatti, il giudice
d’Appello, che la pretesa del ricorrente
secondo la quale la legge professionale
forense imporrebbe al datore di lavoro
pubblico di adottare un’organizzazione degli
uffici tale da individuare nell’ufficio
legale una struttura necessariamente
apicale, del tutto autonoma, sia priva di
fondamento.
I giudici di Palazzo Spada
ricordano che la legge professionale (art.
3 del r.d.l. n. 1578 del 1933) prevede che
l’attività professionale di avvocato sia
incompatibile con ogni altro impiego
retribuito, anche se consistente nella
prestazione di opera di assistenza o
consulenza legale, che non abbia carattere
scientifico o letterario. Sono eccettuati
dalla disposizione del secondo comma: a) i
professori e gli assistenti delle università
e degli altri istituti superiori ed i
professori degli istituti secondari dello
Stato; b) gli avvocati [ed i procuratori]
degli uffici legali istituiti sotto
qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo
presso gli enti di cui allo stesso secondo
comma, per quanto concerne le cause e gli
affari propri dell'ente presso il quale
prestano la loro opera. Essi sono iscritti
nell'elenco speciale annesso all'albo.
La
norma prevede “uffici legali istituiti sotto
qualsiasi denominazione ed in qualsiasi
modo” con ciò disinteressandosi
completamente della struttura organizzativa,
poiché la sua finalità è provvedere ad una
garanzia di tipo funzionale, connessa allo
status ed all’attività esercitata e che si
traduce nella garanzia dell’indipendenza
propria dell’avvocato, connessa al
riconoscimento dello status professionale
peculiare dell’iscritto all’albo speciale.
Con ciò diviene necessario –per l’ente-
assicurare nel contempo l’inserimento
nell’assetto organizzativo dell’ufficio
legale e l’autonomia funzionale del
professionista, assicurando una distinzione
fra attività legale ed attività
amministrativa.
In sostanza l’assegnazione
di una natura non apicale all’ufficio legale
non può comportare alcun disconoscimento
delle qualità e delle prerogative
professionali dell’avvocato inquadrato nel
ruolo legale, né, nella specie, si contesta
che ciò sia di fatto avvenuto essendo in
questione solo la legittimità dell’assetto
organizzativo adottato, suscettibile, nella
tesi del ricorrente, di mettere in pericolo
il bene protetto dalla normativa.
Quanto
all’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001
richiamato dalla difesa dell’appellante
esso, per quanto interessa, si limita a
prevedere che “i professionisti degli enti
pubblici, già appartenenti alla X qualifica
funzionale, costituiscono, senza alcun onere
aggiuntivo di spesa a carico delle
amministrazioni interessate, unitamente alla
dirigenza, in separata sezione, un'area
contrattuale autonoma, nel rispetto della
distinzione di ruolo e funzioni”. Ma
l’autonomia dell’area contrattuale non è
argomento dal quale desumere alcunché
rispetto alla struttura organizzativa
dell’ente che dipende da autonome scelte
discrezionali condizionate solo dai
fabbisogni e dalle risorse finanziarie.
Identico discorso può farsi per l’art. 69,
comma 11, del t.u. del pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) che prevede solo una
norma transitoria di salvezza della
disciplina previgente disponendo che “in
attesa di un’organica normativa nella
materia, restano ferme le norme che
disciplinano, per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche l'esercizio delle
professioni per le quali sono richieste
l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini od
albi professionali. Il personale di cui
all'art. 6 comma 5, del decreto legislativo
30.12.1992, n. 502, e successive
modificazioni ed integrazioni, può
iscriversi, se in possesso dei prescritti
requisiti, al relativo ordine
professionale”.
Quanto al d.p.r. n. 347/1983
esso non distingue nettamente l’area delle
funzioni e dei compiti amministrativi
dall’area legale (cfr. quanto previsto
nell’allegato uno per l’ottava qualifica
funzionale o quanto previsto nello stesso
allegato per le funzioni dirigenziali
distinte aree tematiche giuridico-amministrative, socio-economiche e
tecnico scientifiche). Lo stesso può dirsi
del d.p.r. n. 333/1990 che, disciplinando
all’art. 33 l’ordinamento professionale,
distingue area amministrativa, contabile e
tecnica, ma non si occupa in modo preciso
dell’assetto organizzativo degli uffici
legali, lasciando quindi libero il vertice
politico di ciascun ente di effettuare le
scelte ritenute in concreto più opportune.
Dalla normativa esaminata, quindi, può
dedursi che il legislatore richiede
semplicemente l’istituzione di un ufficio
legale autonomo, differenziato dagli altri
uffici, e che tale istituzione garantisca a
sufficienza l’autonomia dei professionisti,
evitando continue ingerenze della dirigenza
amministrativa nella gestione degli affari
legali. La decisione di conferire natura
apicale all’ufficio legale non è l’unica
perseguibile. Tale scelta( fra ufficio
apicale e sub apicale), ampiamente
discrezionale, dipende solo dalla quantità e
qualità del contenzioso dell’ente e dalle
risorse finanziarie disponibili nel bilancio
comunale.
La collocazione dell’ufficio
nell’area di staff, comporta il mero
inquadramento nell’ambito organizzativo
dell’ente e differenzia a sufficienza
l’ufficio legale dalle altre strutture
burocratiche anche quando detto ufficio non
sia collocato al livello apicale, solleva i
professionisti forensi dai compiti meramente
amministrativi di organizzazione della
struttura, non comporta ingerenze od
intermediazioni delle altre strutture
dirigenziali in astratto ipotizzabili, se
non rispetto al dirigente dell’area di staff
che, tuttavia non si segnala per aver posto
in essere alcuna concreta condotta di
ingerenza (comunque rimediabile con i rimedi
giurisdizionali attivabili ai sensi della
legge professionale e degli artt. 24 e 97
Cost.).
Occorre tener presente che i
professionisti iscritti nell’albo speciale
sopportano specifiche limitazioni delle
facoltà proprie del libero professionista
per la sussistenza, rispetto a quest'ultimo,
degli obblighi giuridici che scaturiscono
dal rapporto di lavoro; con la conseguente
compatibilità della professione così
esercitata con la qualifica di impiegato
rivestita dall'avvocato, nonché con
l'osservanza dell'orario di lavoro e con
l'inserimento in un rapporto strutturato
gerarchicamente (cfr. Sez. IV, 30.04.1998, n. 703; cfr. anche SS.UU.,
24.04.1990, n. 3455) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2009 n. 6336 -
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ENTI LOCALI: La
revoca dell'incarico di assessore comunale è
esente dalla previa comunicazione dell'avvio
del procedimento.
Il thema decidendum della causa in rassegna
attiene alla revoca dell’incarico
assessorile e alle garanzie anche formali
che debbono accompagnare tale provvedimento.
Il Consiglio di Stato premette, in merito,
che tale argomento era già stato affrontato
di recente con la decisione 23.01.2007,
n. 209 della quinta sezione.
Per quanto
riguarda in particolare il problema della
necessità o meno della comunicazione
dell'avvio del procedimento di revoca
dell'incarico di assessore i giudici
d’Appello ricordano che la giurisprudenza
intervenuta prima della decisione n.
209/2007 sulla specifica questione era
alquanto incerta, ritenendosi in alcune
sentenze la normale applicabilità degli
artt. 7 e 8 L. n. 241/1990 e successive
modificazioni (V. TAR Puglia, Lecce, sez.
2°, n. 4740 del 14.07.2003; TAR Friuli
Venezia Giulia n. 478 del 28.05.2005; TAR
Molise n. 235 del 28.03.2006), mentre in
altre occasioni o si è escluso del tutto
l'obbligo della comunicazione di avvio del
relativo procedimento per la particolarità
della fattispecie (V. TAR Sicilia, Palermo,
sez. 1°, n. 466 del 05.03.2004 ed il parere
di questo Consiglio n. 4391/2005 del
12.04.2006) oppure sono stati prospettati
dubbi al riguardo.
Attualmente, viceversa, si è ormai statuito
come la revoca dell'incarico di assessore
comunale sia immune dalla previa
comunicazione dell'avvio del procedimento in
considerazione della specifica disciplina
normativa vigente in materia.
La decisione richiamata n. 209/2007 ha,
infatti, precisato: “… le prerogative
della partecipazione possono essere invocate
quando l'ordinamento prende in qualche modo
in considerazione gli interessi privati in
quanto ritenuti idonei ad incidere
sull'esito finale per il migliore
perseguimento dell'interesse pubblico,
mentre tale partecipazione diventa
indifferente in un contesto normativo nel
quale la valutazione degli interessi
coinvolti è rimessa in modo esclusivo al
Sindaco, cui compete in via autonoma la
scelta e la responsabilità della compagine
di cui avvalersi per l'amministrazione del
Comune nell'interesse della comunità locale,
con sottopozione del merito del relativo
operato unicamente alla valutazione del
consiglio comunale" (è sostanzialmente
in tal senso il parere di questo Consiglio,
Sez. 1°, n. 4391/2005, già citato).
Il relativo procedimento è perciò,
concludono i giudici di Palazzo Spada,
semplificato al massimo per consentire
un'immediata soluzione della crisi
intervenuta nell'ambito del governo locale,
articolandosi nei seguenti passaggi:
valutazione della situazione da parte del
sindaco, scelta sindacale di modificare la
composizione della giunta nell'interesse
della comunità locale e comunicazione
motivata di ciò al consiglio comunale, senza
l'interposizione della comunicazione
dell'avvio del procedimento all'assessore
assoggettato alla revoca, la cui opinione è
irrilevante per la normativa attuale salvo
che non venga fatta propria dal consiglio
comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.10.2009 n. 6253 -
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APPALTI: L'esclusione
da gara può essere comminata solo se
espressamente prevista dalla lex specialis o
quando l'inosservanza delle prescrizioni,
fermo il principio della più ampia
partecipazione, leda interessi sostanziali
dell'amministrazione o il principio della
par condicio dei concorrenti.
Si tenterà di fornire una breve descrizione
della articolata decisione assunta dai
giudici capitolini in merito ad una vicenda
di esclusione da gara per l’affidamento di
un servizio.
Il fatto è dato dall’esclusione
di un raggruppamento temporaneo d’imprese
per non avere dimostrato non già il possesso
di singoli requisiti dalla lex specialis ma
il rapporto tra i medesimi, che il bando
imponeva senza correlare all’inadempimento
un’espressa sanzione. Le partecipanti erano
chiamate a dimostrare i propri requisiti di
capacità tecnica e finanziaria: nello
specifico la mandante doveva avere almeno il
40% dei requisiti, ogni associata almeno il
10% e la capogruppo doveva concorrere in
misura maggioritaria rispetto alle mandanti,
infine il raggruppamento nella sua globalità
doveva raggiungere il 100% dei requisiti.
Oltre tali requisiti imputabili ai singoli
membri del raggruppamento e richiesti a pena
di esclusione, il bando imponeva che la
materiale esecuzione della prestazione
dovesse corrispondere alla quota di
percentuale assunta da ciascun componente
nell’ambito del raggruppamento. Poiché una
raggruppata non rispettava tale ultima
condizione, era esclusa. Tale esclusione
diventava ragione di accensione di
contenzioso di fronte al giudice
amministrativo.
Tra le doglianze sostenute
in giudizio, riteniamo di particolare
interesse quelle relative al potere di
esclusione da parte della P.A. Qualora
l’osservanza di una clausola di lex
specialis sia espressamente prevista a pena
di esclusione, l’amministrazione è tenuta a
dare –dice il giudice- precisa e
incondizionata esecuzione alla clausola,
senza alcuna possibilità di valutazione
discrezionale circa la rilevanza
dell’inadempimento, l’incidenza di questo
sulla regolarità della procedura selettiva e
la congruità della sanzione contemplata,
alla cui osservanza la stessa
amministrazione si è autovincolata (cfr.,
per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 10.01.2005 n. 32 nonché TAR Lazio, Sez. III,
03.02.2009 n. 1057).
In considerazione
dei principi di affidamento dei
partecipanti, di par condicio e della più
ampia partecipazione, l’interpretazione
della clausola contenente la sanzione
dell’esclusione in caso di sua inosservanza
deve essere letterale, restando preclusa
ogni forma di estensione analogica diretta
ad evidenziare pretesi significati impliciti
e in grado di ledere i principi suddetti. Se
la clausola chiaramente pone l’esclusione da
gara come sanzione della mancata
dimostrazione di un requisito di
partecipazione, non v’è spazio per
l’amministrazione di invitare l’interessato
ad integrare o regolarizzare la
documentazione prodotta.
In tal
caso, l’esclusione diventa atto dovuto e ogni
ulteriore apprezzamento circa l'ordine di
prevalenza degli interessi pubblici
(certezza delle regole, par condicio, ecc) è
stato già effettuato e si è consumato
all'atto dell'esercizio della potestà di
emanare la lex specialis di gara. Ed anzi in
una tale ipotesi l’integrazione si
atteggerebbe a un’inammissibile alterazione
della par condicio rispetto ad altri
concorrenti che hanno prodotto regolarmente
la documentazione richiesta. In definitiva
l’amministrazione non può disapplicare le
regole della procedura che essa stessa si è
data in modo chiaro e puntuale.
Per
completezza va detto che l’esclusione da
gara pubblica può essere disposta, anche in
mancanza di espressa comminatoria ogni
qualvolta il concorrente abbia comunque
violato previsioni poste a tutela degli
interessi sostanziali dell’amministrazione o
a protezione della par condicio tra i
concorrenti. Ma una valutazione di una tale
portata deve essere effettuata tenendo conto
del principio per il quale occorre
preferire, tra le interpretazioni possibili,
quella che conduca alla partecipazione del
maggior numero di aspiranti, al fine di
consentire, nell’interesse pubblico, una
selezione tra un numero più ampio di
offerte. In definitiva il criterio
teleologico è recessivo rispetto alla
lettura della norma avendo valore suppletivo
rispetto al dato formale emergente dalla lex
specialis di gara.
Tornando al caso
specifico e cioè quello di una clausola al
cui inadempimento non corrisponda la
sanzione della esclusione da gara, il
giudice amministrativo del Lazio fornisce un
ulteriore argomento di riflessione: l’art.
74 del D.Lgs. 163/2006 prevede il principio
di proporzionalità del confezionamento delle
regole di gara. Tale principio stabilisce
l’obbligo per l’amministrazione di non
aggravare la partecipazione dei concorrenti
alla selezione a meno che non se ne motivino
le ragioni che richiedono la dimostrazione
del possesso di particolari ed ulteriori
requisiti rispetto a quelli richiesti
ordinariamente per appalti della stessa
tipologia.
Tale elemento del ragionamento
unito ai precedenti e alla constatazione che
non esiste nella lex specialis la
manifestazione della corrispondenza del
criterio simmetrico(la condizione secondo la
quale la materiale esecuzione della
prestazione doveva corrispondere alla quota
di percentuale assunta da ciascun componente
nell’ambito del raggruppamento, sia anche
per altri versi illegittima) all’interesse
sostanziale dell’amministrazione procedente,
porta i giudici capitolini a ritenere
illegittima l’esclusione operata dal comune (commento tratto da
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TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 09.10.2009 n. 9861 -
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APPALTI: E’
legittima l’esclusione dell’ATI quando non
indichi le rispettive quote di
partecipazione dei concorrenti riuniti.
E’ obbligo
previsto dalla legge quello di indicare, in
caso di associazione temporanea di imprese,
le quote di partecipazione delle singole
imprese partecipanti all’associazione. Si
tratta della previsione posta dall’art. 37
comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici e
si tratta di obbligo che si applica a tutte
le tipologie di appalti e quindi anche agli
appalti pubblici di lavori.
Poiché questo articolo stabilisce che i
concorrenti riuniti in raggruppamento
temporaneo devono eseguire le prestazioni
nella percentuale corrispondente alla quota
di partecipazione al raggruppamento, è
evidente che deve sussistere una perfetta
corrispondenza tra quota di lavori e quota
di effettiva partecipazione al
raggruppamento e che vi è la necessità che
la quota di partecipazione debba essere
stabilita e manifestata dai componenti del
raggruppamento all’atto della partecipazione
alla gara (Cons. St., V Sez., 07.05.2008, n.
2079).
Tali considerazioni evidenziamo l’importanza
dell’informazione circa le quote: si tratta
di un requisito di ammissione alla gara. Si
deve provvedere ad esso già nella domanda di
partecipazione alla gara e non in sede di
esecuzione del contratto.
L’obbligo di comunicazione delle quote non
impatta sul principio di matrice comunitaria
secondo il quale vige il divieto di imporre
alle ATI costituende forme giuridiche
determinate: difatti l’obbligo di indicare
le quote di partecipazione delle imprese
singole non configura l’esigenza di una
forma giuridica particolare in quanto
riguarda esclusivamente la distribuzione fra
le imprese dei lavori in appalto. Un tale
obbligo dunque riguarda un dato obiettivo
che non incide sulla configurazione
giuridica delle imprese associate.
Infine, la richiesta di siffatto adempimento
è in linea con il rispetto del principio di
proporzionalità, in quanto la sua esecuzione
da parte delle partecipanti permette
all’amministrazione di valutare fin
dall’inizio i requisiti dei componenti
l’associazione in relazione alla parte di
appalto di pertinenza (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 28.09.2009 n. 5817 -
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ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: In
caso di rigetto di istanza di sanatoria
presentata con DIA devono essere comunicati
i motivi ostativi all’accoglimento della
richiesta.
Il caso concerne la costruzione di un
muretto con sovrastante ringhiera metallica,
muretto per cui il ricorrente aveva avanzato
istanza di sanatoria tramite DIA presentata
ai sensi degli articoli 36 e 37 del dpr
380/2001.
Con determinazione dirigenziale il comune
dichiarava di non poter accogliere l’istanza
di sanatoria.
Il ricorrente oppone il mancato rispetto
dell’art. 10-bis della legge 241/1990: il
collegio ritiene fondata la doglianza
infatti afferma “Rispetto a provvedimenti
del genere di quello in esame non appare,
infatti, che possa essere posta in
discussione l’operatività del disposto della
prescrizione di cui al citato art. 10-bis
della legge n. 241/1990 e, dunque,
l’esistenza dell’obbligo
dell’Amministrazione di comunicare
all’istante i motivi che ostano
all’accoglimento della domanda, così da
porre l’interessato nella condizione di
presentare osservazioni”. D’altro canto
l’amministrazione non può invocare
l’applicazione dell’art. 21-octies comma 2
della legge 241/1990 in quanto non ha
dimostrato che il contenuto del
provvedimento impugnato non avrebbe potuto
essere diverso da quello adottato in
concreto.
La disposizione citata infatti reca
specificatamente: ”il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile
per mancata comunicazione dell'avvio del
procedimento qualora l'amministrazione
dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato”.
Non essendoci elementi per fare riferimento
a suddetto articolo non diventa irrilevante
il fatto di non aver comunicato, in ossequio
all’art. 10-bis, i motivi che si
frapponevano alla accettazione della istanza
di sanatoria. E pertanto il collegio ha
ritenuto di dover accogliere il ricorso
presentato dal ricorrente e annullare il
provvedimento di diniego impugnato
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater,
sentenza 23.09.2009 n. 9240 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E’
illegittima l’ordinanza di demolizione di un
manufatto costruito su progetto presentato
tramite DIA se l’amministrazione non abbia
prima annullato il provvedimento tacito di
accoglimento dell’istanza.
La decisione in rassegna tratta di un
tardivo ripensamento di una pubblica
amministrazione.
Al comune, resistente nel
presente giudizio, il ricorrente aveva
inoltrato istanza autorizzatoria alla
costruzione di un manufatto per il tramite
di denuncia di inizio attività. Decorsi i 30
giorni stabiliti dalla norma, il ricorrente
ha avviato i lavori per la costruzione di
una veranda. In riferimento al manufatto,
per il quale la DIA era stata presentata nel
2006, il comune emette ordinanza di
demolizione nel 2007 assegnando per
l’esecuzione dell’ordine un termine di 90
giorni.
In risposta all’ordinanza di
demolizione che da una parte riconosce la
legittimità del progetto presentato tramite
DIA e dall’altra ne ravvisa
l’incompatibilità con la zonizzazione del
Piano Regolatore, il ricorrente propone
ricorso al Tar competente il quale accoglie
la proposta per i motivi che di seguito si
illustrano. La denuncia di inizio attività
disciplinata dal T.U. in materia edilizia 06.06.2001 n. 380 è assimilabile a
un’istanza autorizzatoria, che, con il
decorso del termine di legge, provoca la
formazione di un provvedimento tacito di
accoglimento dell’istanza.
Pertanto,
l’Amministrazione, dopo il decorso del
termine di trenta giorni per la formazione
del provvedimento tacito, non perde i propri
poteri di autotutela che, nel caso di
esercizio di un’attività di secondo grado
(che si estrinseca in un annullamento
d’ufficio o in una revoca), devono tuttavia
essere esercitati nel rispetto del principio
di certezza dei rapporti giuridici e di
salvaguardia del legittimo affidamento del
privato nei confronti dell’attività
amministrativa.
La valutazione effettuata
dall’Amministrazione nell’ordinanza di
demolizione circa la contrarietà dell’opera
eseguita dal ricorrente a seguito della
presentazione della D.I.A., avrebbe dovuto
essere preceduta dall’annullamento del
provvedimento formatosi sulla D.I.A.
E
quest’ultimo avrebbe dovuto essere preceduto
dall’avviso di avvio del procedimento nel
rispetto di tutte le forme sostanziali e
procedimentali previste per gli atti in
autotutela, compreso il rispetto del tempo
ragionevole per porre in essere il
provvedimento di secondo grado come
espressamente stabilito dall’art. 21-nonies
della legge 241/1990 il quale stabilisce che
il provvedimento amministrativo illegittimo
ai sensi dell'articolo 21-octies può essere
annullato d'ufficio, sussistendone le
ragioni di interesse pubblico, entro un
termine ragionevole e tenendo conto degli
interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha
emanato, ovvero da altro organo previsto
dalla legge.
In sostanza il provvedimento
impugnato non rispetta la serie
procedimentale descritta ponendosi in
violazione sia dell’art. 3 che degli
articoli 7, 8 e 21-nonies della legge
241/1990.
Sulla base di tale considerazione finale il
collegio emiliano non può che emettere la
propria sentenza di accoglimento del ricorso
e quindi di annullamento dell’ordinanza di
demolizione (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Emilia
Romagna-Parma,
sentenza 22.09.2009 n. 676 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Definizione di centro abitato e
natura del permesso di costruire in deroga.
Premesso che la definizione di centro
abitato non è rinvenibile in termini univoci
nel quadro normativo, soccorrono, allo
scopo, l’esistenza di criteri empirici
elaborati dalla giurisprudenza
amministrativa formatasi sul punto. In
particolare, si è recentemente affermato che
il centro abitato va identificato nella
situazione di fatto determinata dalla
presenza di un aggregato di case continue e
vicine, con interposte strade, piazze e
simili, o comunque brevi soluzioni di
continuità.
Ai fini dell’applicazione della deroga di
cui all’art. 14 del d.P.R. n. 380/2001, la
questione della riconducibilità delle
strutture alberghiere tra gli "edifici ed
impianti pubblici o di interesse pubblico”
è stata già affrontata e risolta dalla
giurisprudenza amministrativa nel senso di
ritenerle comprese nell’ambito di
applicazione dell’anzidetta previsione,
trattandosi di un servizio offerto alla
collettività e caratterizzato da una
pubblica fruibilità, con la correlativa
possibilità di concessioni in deroga alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici in
vigore.
Laddove il territorio interessato possieda
una vocazione turistica prevalente, la
riconduzione all'interesse pubblico
dell'edificio alberghiero non richiede
affatto un'interpretazione estensiva ed è
anzi compatibile con una lettura restrittiva
rispetto a diverse attività economiche che
non presentino le medesime caratteristiche
di rilevanza urbanistica e culturale, ma che
solo possano accampare il loro peso
economico (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 22.07.2009 n. 1375 -
link a
www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 07.12.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
La sicurezza degli impianti e delle
attrezzature di distribuzione ed utilizzo di
gas.
Il Ministero della Salute ha curato la
redazione di un documento finalizzato ad
illustrare gli elementi di sicurezza
collegati all’utilizzo del gas combustibile
nelle civili abitazioni dal titolo: “La
sicurezza degli impianti e delle
attrezzature di distribuzione ed utilizzo di
gas” (link a
www.acca.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 48 del
03.12.2009, "Definizione delle modalità,
contenuti e tempistiche di compilazione
dell'applicativo Osservatorio Rifiuti
SOvraregionale (O.R.SO.) relativo alla
raccolta dei dati di produzione e gestione
dei rifiuti urbani e dei rifiuti gestiti
dagli impianti in Regione Lombardia"
(deliberazione
G.R. 25.11.2009 n. 10619 - link a
www.infopoint.it). |
APPALTI: G.U.U.E.
01.12.2009 n. L 314/64 "REGOLAMENTO
(CE) N. 1177/2009 DELLA COMMISSIONE del
30.11.2009 che modifica le
direttive del Parlamento europeo e del
Consiglio 2004/17/CE, 2004/18/CE e
2009/81/CE riguardo alle soglie di
applicazione in materia di procedure di
aggiudicazione degli appalti" (link a
http://eur-lex.europa.eu). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n.
48 dell'01.12.2009, "Linee guida per
l'autorizzazione di impianti per la
produzione di energia da Fonti Energetiche
Rinnovabili (FER) - Impianti fotovoltaici ed
eolici e per la valutazione ambientale degli
stessi impianti"
(deliberazione
G.R. 25.11.2009 n. 10622 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del
30.11.2009, "Modalità applicative delle
disposizioni in materia di sanzioni
amministrative per la violazione delle
procedure di Valutazione di Impatto
Ambientale e di verifica di assoggettabilità
(art. 7, l.r. n. 20/1999 e art. 29, comma 4,
d.lgs. n. 152/2006)" (deliberazione
G.R. 18.11.2009 n. 10564 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del
30.11.2009, "Adeguamento dei segni
distintivi del servizio volontario di
vigilanza ecologica al nuovo marchio di
regione Lombardia di cui alla deliberazione
della Giunta regionale 9307/2009"
(deliberazione
G.R. 18.11.2009 n. 10557 - link a
www.infopoint.it). |
QUESITI |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA:
Mancata ottemperanza ad un
provvedimento sindacale ex art. 107 D.Lgs.
267/2000 e art. 33 Reg. edilizio comunale.
Viene chiesto parere in ordine alle
possibili conseguenze che possono derivare
dalla mancata ottemperanza ad un
provvedimento sindacale –emanato ex artt.
107 D.Lgs. 267/2000 e 33, co. 7, Reg.
Edilizio Comunale– avente ad oggetto
l’ordine di provvedere alla messa in
sicurezza di un edificio fatiscente (Regione
Piemonte,
parere n.
106/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Termine iniziale efficacia D.I.A.
edilizia.
Viene
chiesto parere in ordine al termine iniziale
(e quindi, di conseguenza, allo scadere di
quello finale) di efficacia della d.i.a.
edilizia (Regione Piemonte,
parere n.
105/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Scomputo oneri di urbanizzazione.
La
questione posta dal Comune richiedente
riguarda due importanti tematiche: l’una
relativa alla disciplina dello “scomputo”
degli oneri di urbanizzazione a fronte di
opere pubbliche realizzate da soggetti
privati e l’altra relativa agli accordi tra
soggetti proprietari privati e Comune per
modifiche al piano regolatore generale
urbanistico (Regione Piemonte,
parere n.
95/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
CORTE DEI CONTI |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Corte conti Calabria sulle spese
per patrocini e soccombenze. Comuni, in
bilancio le parcelle degli avvocati.
Su patrocini e soccombenze, l'ente locale
deve attivare gli scudi. Infatti, i comuni
devono prevedere nel bilancio di previsione
appositi stanziamenti di spesa per la
copertura degli oneri derivanti da
competenze da riconoscere ai liberi
professionisti per la rappresentanza o il
patrocinio dell'ente ovvero di spese
scaturenti da risarcimento danni. Ciò in
quanto, in sede di formazione del bilancio
di previsione l'amministrazione deve
presentare un quadro più fedele possibile
delle proprie condizioni finanziarie.
Lo ha messo nero su bianco la sezione
regionale di controllo della Corte dei Conti
per la Calabria, nel testo della
deliberazione 30.09.2008 n. 241
con la quale ha fornito opportune
precisazioni e chiarimenti in ordine alla
corretta esposizione in bilancio delle poste
riguardanti le spese inerenti la
rappresentanza legale e il patrocinio
dell'ente in sede giudiziale.
Il quesito posto dal comune di Laino Borgo
(Cs) verteva proprio sulla possibilità di
iscrivere, in sede di bilancio di
previsione, appositi stanziamenti cui
attingere per poter far fronte alle parcelle
dei legali o dei professionisti chiamati al
patrocinio legale o alla rappresentanza
dell'ente ovvero per sopperire a possibili
oneri correlati a procedimenti giudiziari
pendenti.
La Corte calabra ha quindi precisato che
innanzitutto è lo stesso Tuel (all'articolo
151) che sancisce l'obbligo di integrità e
veridicità del bilancio di previsione.
Questo significa che tutte le spese, anche
quelle di minima entità, devono essere
attendibili e rispecchiare le reali
condizioni finanziarie in cui
l'amministrazione locale verrà a trovarsi
nell'esercizio.
Ne consegue che l'amministrazione deve
presentare un quadro delle condizioni
finanziarie che sia il più attendibile
possibile. Pertanto, le spese che sono
imputabili a titolo di oneri legali ovvero
di risarcimento danni, devono trovare
allocazione nello stato di previsione del
bilancio annuale e, per gli enti che sono
tenuti a redigerlo, anche nel bilancio
pluriennale.
La Corte comunque fornisce anche una diversa
possibilità. Se, infatti, al momento della
formazione del bilancio gli oneri di cui si
tratta non possono essere previsti nella
misura necessaria, perché, per esempio,
mancano precisi elementi indicativi,
l'amministrazione può sopperire utilizzando
il fondo di riserva ex articolo 166 del Tuel.
A tal fine, si potrà pertanto dimensionare
lo stanziamento del predetto fondo, con le
possibili somme derivanti dalle competenze
per i patrocini e per le soccombenze.
Ovviamente, secondo quanto prescrive lo
stesso testo unico, entro il limite massimo
del 2% del totale delle spese correnti.
A rafforzare la necessità di dotarsi di uno
stanziamento di spesa che possa coprire le
eventuali soccombenze, la Corte rileva come
non di rado può succedere che il tesoriere
dell'ente provveda direttamente al pagamento
forzato di una somma prima che l'ente emetta
il mandato, come nel caso di provvedimenti
dell'autorità giudiziaria. Quest'ultima si
sostituisce all'amministrazione, la quale
deve provvedere «tempestivamente»
alla regolazione contabile. Regolazione che
necessiterà di una variazione di bilancio se
l'amministrazione «non ha oculatamente
provveduto allo stanziamento in sede di
formazione del bilancio di previsione».
In conclusione, si legge nel testo del
parere, è demandata alle valutazioni
dell'ente l'opportunità di effettuare un
accertamento preventivo in previsione di una
possibile soccombenza dell'ente. Ma, al
contempo, si suggerisce di non
sovradimensionare lo stanziamento
dell'importo, in quanto così operando si
riducono le risorse destinate al
perseguimento delle finalità istituzionali
dell'ente stesso (articolo ItaliaOggi
dell'01.11.2008, pag. 39). |
INCARICHI PROFESSIONALI: Niente
pressing dei politici sugli incarichi.
Al responsabile di servizio potrà essere
contestato l'illegittimo affidamento di un
incarico esterno anche in presenza di una
direttiva con la quale gli organi politici
sollecitino l'assegnazione della
collaborazione.
La
sentenza 18.09.2008 n. 1831 della
Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale
Sardegna, è fondamentale, per dirimere una
questione interpretativa ed applicativa,
della delicata disciplina concernente gli
incarichi esterni, ai sensi dell'articolo 7,
comma 6, del dlgs 165/2001.
La pronuncia priva di fondamento le tesi
secondo le quali la competenza
all'assegnazione degli incarichi di lavoro
autonomo possa considerarsi «ibrida»,
distribuita, cioè, in modo discrezionale tra
organi di governo ed organi gestionali degli
enti locali. Al contrario, non vi sono dubbi
che si tratti di attività esclusivamente
gestionale: gli incarichi sono dei contratti
veri e propri, sicché la competenza sia per
l'individuazione del contraente, sia per la
stipulazione, sia per la verifica del
corretto adempimento, spetta alla dirigenza,
ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del
dlgs 267/2000.
Nel caso di specie, la Corte dei conti ha
accertato la responsabilità del dirigente,
che ha assegnato illegittimamente un
incarico di consulenza, sia per l'inutilità
della prestazione, sia per la carenza di un
curriculum di concreto spicco, in capo al
destinatario.
A fini difensivi, gli interessati hanno
eccepito di aver proceduto con urgenza
all'affidamento dell'incarico, per
rispondere alle esigenze manifestate dagli
organi di governo, tese a procedere con
urgenza, allo scopo di non perdere le
risorse cofinanziate dal Fondo Sociale
Europeo.
Per la Corte dei conti, tuttavia, tale
elemento difensivo è privo di pregio.
Infatti, non vale ad integrare o sostituire
i presupposti previsti dalla legge per
l'assegnazione degli incarichi.
Il collegio giudicante ha fatto proprie le
osservazioni del procuratore, il quale ha
sottolineato la vigenza del principio della
separazione tra organi politici e gestione
amministrativa, alla quale indubbiamente
l'incarico di lavoro autonomo deve essere
riferito.
La sentenza sottolinea che gli organi di
governo debbono limitarsi a manifestare
indirizzi operativi, non potendo imporre
azioni gestionali concrete, né sostituirsi
agli organi amministrativi competenti. In
ogni caso, anche in presenza di indirizzi o
sollecitazioni, finalizzati ad orientare gli
organi gestionali ad acquisire gli incarichi
esterni, resta fermo che la struttura
amministrativa gode di piena autonomia in
ordine a necessità, tempi e modi delle
azioni conseguenti.
Insomma, resta nella piena responsabilità
dei dirigenti o responsabili di servizio
verificare se ricorrano, o meno, le
condizioni ed i presupposti, previsti
dall'articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001,
per procedere legittimamente
all'assegnazione degli incarichi. In
mancanza di tali presupposti, qualsiasi
indirizzo o sollecitazione non costituisce
causa legittimante di un'assegnazione di
incarichi, in assenza dei presupposti
previsti dalla legge
(articolo ItaliaOggi del 28.10.2008, pag.
46). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI:
R. Caponigro,
Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti
sul contratto (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Esiste
il diritto di accesso per conoscere il nome
dell'autore di un esposto?
In giurisprudenza si rinvengono sentenze di
orientamento opposto sulla questione se
l'interessato abbia il diritto di accesso
per conoscere il nome dell'autore di un
esposto inviato alla P.A.
In senso favorevole,
si segnalano TAR Lombardia - Brescia, sez.
I, sentenza 29.10.2008, n. 1469; Consiglio
di Stato, sez. V, 19.05.2009, n. 3081;
Consiglio di Stato, sez. V, 27.05.2008, n.
2511.
Queste sentenze affermano che il nome
dell'autore di un esposto non rientra tra i
dati sensibili o supersensibili di cui
all'articolo 60 del Codice dati personali e
dell'art. 24 della legge n. 241/1990.
Inoltre, l'esposto non è un fatto
circoscritto al solo autore o alla P.A., ma
incide anche sui denunciati, in modo
particolare quando dall'esposto è scaturita
l'emanazione di un provvedimento
amministrativo.
L'accesso si ricollega ai principi della
trasparenza, del diritto di difesa e della
dialettica democratica, che ispirano la
legge 241/1990. Inoltre la tolleranza verso
denunzie segrete e/o anonime è un valore
estraneo al nostro ordinamento giuridico,
come si può evincere anche dall'art. 111
della Costituzione che considera un elemento
essenziale del giusto processo il diritto
dell'accusato di interrogare o di fare
interrogare le persone che rendono
dichiarazioni a suo carico (il che
presuppone il diritto di conoscere il nome
delle persone che emettono tali
dichiarazioni).
In tema, si vedano anche gli artt. 240, 195,
comma 7 e 203 del codice di procedura
penale. Neanche nel caso in cui un atto sia
formato o detenuto da un soggetto tenuto al
segreto professionale è automaticamente
escluso il diritto di accesso.
In senso contrario,
invece si sono espressi il Consiglio di
Stato, sez. V, 03.04.2000, n. 1916; TAR
Sardegna Cagliari, sez. I, 10.04.2009, n.
517.
In queste sentenze si legge che, di regola,
per il destinatario di un provvedimento
finale non sussiste la necessità di
conoscere l'autore di un esposto al fine di
difendere i propri interessi giuridici, a
meno che non siano esibite particolari
esigenze, da verificare in concreto.
Infatti, di fronte al diritto della
riservatezza del terzo, la pretesa di
conoscere l'autore dell'esposto da parte del
richiedente, "acquista un connotato
ritorsivo che l'ordinamento non può tutelare".
Pubblichiamo il testo delle sentenze citate
nella nota (link a
http://venetoius.myblog.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Milone,
Bonifica dei siti di interesse nazionale: le
recenti pronunce del giudice amministrativo
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
D. Immordino,
Brevi riflessioni sulla recente
giurisprudenza in materia di quantificazione
dell’ammontare della Tarsu, distribuzione
del carico tributario tra i contribuenti e
ripartizione della competenza tra Consiglio
e Giunta municipale (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Tumaini,
Analisi del rischio e «principio di
precauzione» nella gestione dei siti
contaminati (link a
www.lexambiente.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: La
3^ sentenza, in materia di ristrutturazione
edilizia, che sconfessa nuovamente il
legislatore lombardo (L.R. n. 12/2005).
La ristrutturazione edilizia, per essere
tale e non finire per coincidere con la
nuova costruzione, debba conservare le
caratteristiche fondamentali dell'edificio
preesistente e la successiva ricostruzione
dell'edificio debba riprodurre le precedenti
linee fondamentali quanto a sagoma,
superfici e volumi.
Con riferimento alla sagoma, nel caso di
specie, non sussiste identità tra l’edificio
oggi esistente e quello originario. Per tale
ragione l’intervento non può qualificarsi
quale ristrutturazione mediante demolizione
e ricostruzione bensì quale nuova
costruzione.
In caso di ristrutturazione mediante
demolizione e ricostruzione, lo spostamento
di volumetria non può, dunque, ritenersi
ammissibile –pena lo sconfinamento nella
differente ipotesi della nuova costruzione–
laddove vada ad incidere sul requisito della
identità di
sagoma, superfici e volumi
richiesto dall’art. 3, d.P.R. n. 380/2001.
Ai sensi dell’art. 3, c.1, lett. d) del
d.P.R. n. 380/2001 sono “interventi di
ristrutturazione edilizia” (…) “gli
interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi
anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria e
sagoma di quello preesistente, fatte salve
le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica.”.
Il permesso di costruire impugnato ha ad
oggetto un intervento di “demolizione e
ricostruzione, su un medesimo sedime con
ristrutturazione dell’esistente, spostamenti
volumetrici nonché formazione di autorimesse
interrate”.
Il concetto di ristrutturazione edilizia,
quale enunciato dall'art. 31, lett. d), l.
05.08.1978, n. 431 (”interventi rivolti a
trasformare gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di opere che possono
anche portare ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente”),
ha subito nel tempo diversificate
interpretazioni e diffuse incertezze
soprattutto riguardo alla ristrutturazione
per demolizione e ricostruzione, nella
ricerca degli elementi che distinguessero la
fattispecie dalla ristrutturazione.
Ad un primo orientamento che escludeva la
demolizione e ricostruzione dalla
fattispecie di ristrutturazione (Cons. St.,
sez. V, 09.02.1996, n. 144), è seguito
l'orientamento trasfuso nel Testo Unico
dell'edilizia che ha compreso la fattispecie
nella categoria della “ristrutturazione”
purché “fedele” in quanto modalità
estrema di conservazione dell'edificio
preesistente nella sua consistenza
strutturale, essendosi ritenuto che “la
ricostruzione di un preesistente fabbricato
senza variazione o alterazione della
superficie, volumetria e destinazione d'uso,
non incide sul carico urbanistico già
esistente e non è pertanto assoggettato ad
oneri né al rispetto degli indici
sopravvenuti” (Cons. St., sez. V,
10.08.2000, n. 4397).
In recepimento degli indirizzi
giurisprudenziali formatisi in materia, il
T.U. dell'edilizia ha ricompreso tra gli
interventi di ristrutturazione edilizia “quelli
consistenti nella demolizione e successiva
fedele ricostruzione di un fabbricato
identico quanto a sagoma, volumi, area di
sedime e caratteristiche dei materiali,
fatte salve le sole innovazioni necessarie
per l'adeguamento alla normativa antisismica”.
L'art. 1 del decreto legislativo 27.12.2002,
n. 301 ha modificato l'art. 3, in parte qua,
eliminando la locuzione “fedele
ricostruzione di un fabbricato identico,
quanto a sagoma, volumi, area di sedime e
caratteristiche di materiali a quello
preesistente” e l’ha sostituita con
l’espressione “ricostruzione con la
stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente” (art. 1, lett. a).
Anche escludendo il superato criterio della
fedele ricostruzione, esigenze di
interpretazione logico-sistematica della
nuova normativa inducono tuttavia la
giurisprudenza a ritenere che la
ristrutturazione edilizia, per essere tale e
non finire per coincidere con la nuova
costruzione, debba conservare le
caratteristiche fondamentali dell'edificio
preesistente e la successiva ricostruzione
dell'edificio debba riprodurre le precedenti
linee fondamentali quanto a sagoma,
superfici e volumi (fra le tante Cons.
Stato, sez. IV, 18.03.2008, n. 1177).
Questa sezione ha, al riguardo, recentemente
affermato, che "la previsione di cui
al’art. 27 c. 1 l. d) della L.R. Lombardia
11.03.2005, n. 12 -che ricomprende tra gli
interventi di ristrutturazione edilizia
quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione parziale o totale nel rispetto
della volumetria preesistente- deve
interpretarsi nel senso di prescrivere anche
il rispetto della sagoma dell’edificio
preesistente” in quanto tale requisito,
previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d),
del D.P.R. 380/2001, costituisce espressione
di un principio generale che orienta anche
l’interpretazione della legislazione
regionale (TAR Lombardia Milano, sez. II,
16.01.2009, n. 153).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione
dalla nuova edificazione è, dunque, la già
avvenuta trasformazione del territorio,
attraverso una edificazione di cui si
conservi la struttura fisica (sia pure con
la sovrapposizione di un «insieme
sistematico di opere, che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente»), ovvero la cui
stessa struttura fisica venga del tutto
sostituita, ma -in quest'ultimo caso- con
ricostruzione, se non «fedele»
(termine espunto dall'attuale disciplina),
comunque rispettosa della volumetria e della
sagoma della costruzione preesistente
(Consiglio Stato, sez. VI, 16.12.2008, n.
6214).
Nel caso di specie, quantomeno con
riferimento alla sagoma, come evincibile
dall’allegato P alla consulenza tecnica
esperita dinanzi al Tribunale di Monza nella
causa intentata dalla Cascina Paolina s.r.l.
nei confronti della Doma s.r.l., non
sussiste identità tra l’edificio oggi
esistente e quello originario.
Per tale ragione l’intervento non può
qualificarsi quale ristrutturazione mediante
demolizione e ricostruzione bensì quale
nuova costruzione; sono state, pertanto,
violate le disposizioni delle n.t.a.
relative alle nuove edificazioni.
In caso di ristrutturazione mediante
demolizione e ricostruzione, lo spostamento
di volumetria non può, dunque, ritenersi
ammissibile –pena lo sconfinamento nella
differente ipotesi della nuova costruzione–
laddove vada ad incidere sul requisito della
identità di sagoma, superfici e volumi
richiesto dall’art. 3, d.P.R. n. 380/2001
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 02.12.2009 n. 5268 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
CADUCAZIONE DEL CONTRATTO
D'APPALTO E RISARCIMENTO DEL DANNO.
1.- Appalto di lavori -
Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale -
Contratto - Giurisdizione - Ordinaria.
2.- Appalto di lavori - Aggiudicazione -
Annullamento - Giudiziale - Sorte contratto
- Caducazione automatica.
3.- Appalto di lavori - Partecipazione e
qualificazione - Requisiti generali -
Dichiarazione ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006
- Da rendere personalmente da ciascuno dei
soggetti indicati alla lettera c) -
Obbligatorietà - Non sussiste.
4.- Appalto di lavori - Aggiudicazione -
Annullamento - Giudiziale - Risarcimento del
danno - All'impresa non aggiudicataria -
Prova rigorosa della percentuale di utile
effettivo che avrebbe conseguito - Sussiste.
5.- Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Commissione - Componenti - Numero dispari -
Necessità.
1.-
Quanto alla domanda di annullamento del
contratto stipulato, deve ribadirsi -allo
stato- il difetto di giurisdizione del
Giudice Amministrativo a pronunciarsi con
efficacia di giudicato su tali profili,
riservati invece alla giurisdizione del
Giudice Ordinario -dinanzi al quale la
domanda andrà riassunta antro tre mesi, con
salvezza degli effetti sostanziali e
processuali a norma dell'art. 59, L. n.
69/2009.
2.-
In sede di esecuzione della sentenza,
l'amministrazione non potrà non rilevare la
sopravvenuta caducazione del contratto
conseguente all'annullamento
dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le
prestazioni già eseguite, trattandosi in
questo caso di un rapporto di durata),
similmente a quanto avviene nel caso di
annullamento di una graduatoria di un
pubblico concorso che comporta la
caducazione degli effetti del contratto di
lavoro su di essa fondato, ovvero di
annullamento di una concessione di un bene
che comporta la caducazione degli effetti
dell'accordo accessivo, o ancora di
annullamento dell'affidamento di un pubblico
servizio disposto senza gara che comporta,
non di meno, la sopravvenuta caducazione del
successivo contratto.
3.-
Nessuna norma di legge impone che la
dichiarazione sui requisiti di ordine
generale di cui all'art. 38, D.Lgs. n.
163/2006 sia resa personalmente, di proprio
pugno, da ciascuno dei soggetti indicati
alla lettera c), ovvero in caso di s.r.l.,
tanto dal legale rappresentante quanto dal
direttore tecnico della società.
E' vero piuttosto il contrario, nel senso
della possibilità che uno solo dei soggetti
"rilevanti" renda la dichiarazione
relativamente ai requisiti propri e di
tutti. Sicché il legale rappresentante,
agendo a nome dell'ente, rendere tutte le
dichiarazioni circa la moralità dei suoi
amministratori e direttori tecnici.
4.-
Ai fini del risarcimento del danno causato
all'impresa risultata non aggiudicataria
della gara sarà necessaria una prova
rigorosa a carico dell'impresa medesima,
della percentuale di utile effettivo che
avrebbe conseguito se fosse risultata
aggiudicataria dell'appalto, desumibile in
via principale dall'esibizione dell'offerta
economica presentata in sede di gara.
5.-
Tutte le commissioni di gara (non solo
quelle giudicatrici disciplinate dall'art.
84, D.Lgs. n. 163/2006), al pari di ogni
collegio amministrativo, debbono essere
composte da un numero dispari di membri al
fine di assicurare la funzionalità del
principio maggioritario (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.11.2009 n. 5200 -
link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi. Costituzione di
parte civile.
In tema di risarcimento del danno il
soggetto legittimato all’azione civile è il
danneggiato che non necessariamente si
identifica con il soggetto passivo del reato
in senso stretto, ma è chiunque abbia
riportato un danno eziologicamente
riferibile all’azione o all’omissione del
soggetto attivo del reato.
Per la costituzione di parte civile del
proprietario confinante nei procedimenti
penali aventi ad oggetto abusi edilizi si è
positivamente espressa anche lo Corte
europea dei diritti dell’uomo. L’azione
risarcitoria è prevista non solo nelle
ipotesi di cui all’art. 873 c.c. (violazione
delle distanze nelle costruzioni), ma anche
secondo la disposizione dell’art. 872
cod.civ. "in base al quale -con riferimento
alla violazione delle normative di cui al
precedente art. 871, concernenti le regole
da osservarsi nelle costruzioni-
indipendentemente dalle distanze" (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.11.2009 n. 45295 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Pavimentazione area con tappeto
bituminoso.
Integra il reato previsto dall’art. 44,
lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380, la
pavimentazione di una vasta area con tappeto
bituminoso in assenza di permesso di
costruire, in quanto tale attività edilizia
rientra tra gli interventi di urbanizzazione
secondaria ovvero infrastrutturali
considerati come di “nuova costruzione”
dall’art. 3, comma primo, lettere e.2) ed
e.3), del d.P.R. citato (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.11.2009 n. 45294 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Autorizzazione allo
scarico (rilascio e rinnovo).
L’autorizzazione allo scarico viene
rilasciata soltanto ove vengano rispettati i
parametri di cui alla L. 152/2006. Sono
necessari verifiche ed accertamenti tant’è
che, in caso di rinnovo, la richiesta deve
essere presentata un anno prima per
consentire l’effettuazione dei controlli
necessari.
Non è conseguentemente sufficiente la mera
presentazione della richiesta per ritenere
che l’autorizzazione debba essere
necessariamente rilasciata (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.11.2009 n. 45293 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
La verifica della regolarità
contributiva non rientra più nella
competenza delle stazioni appaltanti, bensì
in quella degli enti previdenziali, le cui
certificazioni si impongono alle stazioni
appaltanti che non possono sindacarne il
contenuto.
Il
requisito della regolarità contributiva deve
essere un elemento costante nella condotta
del soggetto partecipante alla gara
pubblica, che concorre a provare
l’affidabilità, la diligenza e la serietà
dell’impresa e rappresenta un indice
rilevatore della correttezza della stessa
nei rapporti con le maestranze. Ne discende
che all’impresa vengono richiesti, non solo
la regolarità contributiva come requisito
indispensabile per la partecipazione alla
gara, ma anche il mantenimento della
“correntezza” contributiva per tutto lo
svolgimento di essa, restando irrilevante un
eventuale adempimento tardivo della relativa
obbligazione.
Deve considerarsi che, a seguito
dell’entrata in vigore della disciplina sul
certificato di regolarità contributiva di
cui agli artt. 2 del d.l. n. 210/2002 e 3,
comma 8, lett. b-bis) del DLgs n. 494/1996,
la verifica della regolarità contributiva
non rientra più nella competenza delle
stazioni appaltanti, bensì in quella degli
enti previdenziali, le cui certificazioni si
impongono alle stazioni appaltanti che non
possono sindacarne il contenuto (CdS, sez.
V, 23.01.2008, n. 147).
Di conseguenza, la stazione appaltante non
ha alcuna possibilità né i mezzi per
procedere ad autonoma verifica del requisito
soggettivo di regolarità della posizione
contributiva e deve attenersi a quanto
certificato dall’amministrazione competente
(CdS, sez. V, 03.06.2002, n. 3061).
Il DURC assume pertanto la valenza di una “dichiarazione
di scienza”, da collocarsi tra gli atti
di certificazione o di attestazione redatti
da un pubblico ufficiale ed aventi carattere
meramente dichiarativo di dati in possesso
della p.a., assistito da pubblica fede ai
sensi dell’art. 2700 c.c., facente piena
prova fino a querela di falso.
Attesa la sua natura giuridica, non residua,
dunque, in capo alla stazione appaltante
alcun margine di valutazione o di
apprezzamento in ordine ai dati e alle
circostanze in esso contenute (CdS, sez. IV,
10.02.2009, n. 1458) e, quindi, la stazione
appaltante lo riceve quale atto di certezza
da cui non può comunque discostarsi, non
avendo alcun autonomo potere di valutazione
e di apprezzamento del suo contenuto.
Come
pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza
amministrativa, il requisito della
regolarità contributiva deve essere un
elemento costante nella condotta del
soggetto partecipante alla gara pubblica,
che concorre a provare l’affidabilità, la
diligenza e la serietà dell’impresa e
rappresenta un indice rilevatore della
correttezza della stessa nei rapporti con le
maestranze (TAR Lazio, Sez. 2, 19.06.2006,
n. 4814). Ne discende che all’impresa
vengono richiesti, non solo la regolarità
contributiva come requisito indispensabile
per la partecipazione alla gara, ma anche il
mantenimento della “correntezza”
contributiva per tutto lo svolgimento di
essa, restando irrilevante un eventuale
adempimento tardivo della relativa
obbligazione.
In tal senso, anche la Deliberazione n. 89
del 28.11.2006 dell’Autorità per la
Vigilanza sui Contratti Pubblici, nel
richiamare l’orientamento giurisprudenziale
prevalente, ai sensi del quale l’impresa
deve essere in regola con i relativi
obblighi fin dalla presentazione della
domanda, ritiene “irrilevanti eventuali
adempimenti tardivi, anche se i loro
effetti, dal punto di vista della disciplina
dell’obbligazione, retroagiscano al momento
della scadenza del termine di pagamento”,
non riuscendo detti adempimenti ad impedire
quella sorta di sanzione indiretta
costituita dall’esclusione dalla gara o
dall’effetto preclusivo dell’aggiudicazione
dell’appalto pubblico (fra le altre, CdS,
sez. IV, 12.03.2009, n. 1458; id., sez. V,
23.10.2007, n. 5575) (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 24.11.2009 n. 11598 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
PRESUPPOSTI PER IL RICONOSCIMENTO
DEI BENEFICI ECONOMICI PER LO SVOLGIMENTO DI
MANSIONI SUPERIORI.
Pubblico impiego -
Mansioni - Superiori - Diritti economici -
Vacanza del posto in organico - Presupposti.
Si ha il riconoscimento dei benefici
economici per lo svolgimento di mansioni
superiori (1) al verificarsi di tre
elementi:
a) la vacanza del posto in organico;
b) l'effettivo esercizio delle mansioni
appartenenti a una qualifica superiore;
c) il conferimento delle stesse con formale
incarico.
In particolare, la vacanza del posto (che
presuppone che il posto medesimo esista
nella pianta organica dell'Ente) costituisce
elemento imprescindibile, mancando il quale
nessun riconoscimento è possibile. Infatti,
anche nell'ipotesi in cui la giurisprudenza
ha ammesso il riconoscimento delle mansioni
superiori in mancanza di un pertinente atto
organizzativo (2), tale riconoscimento è
fatto discendere dal rilievo della
essenzialità dei compiti di direzione del
Primario, ma pur sempre sul presupposto che
la sostituzione avvenga su posto esistente
in pianta organica e lasciato vacante dal
suo titolare.
---------------
(1) TAR Lazio, sez. I, 07-05-2009 n.
4870; TAR Puglia Lecce, 08-01-2009 n. 15.
(2) Cons. Stato, sez. V, 09-12-2008 n. 6056
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 24.11.2009 n. 2836 -
link a http://mondolegale.it). |
APPALTI: L’omessa
presentazione del certificato che attesta la
posizione nei confronti degli istituti
previdenziali, così come la produzione di un
DURC negativo attestante una situazione di
grave irregolarità contributiva
definitivamente accertata, impone
l’automatica esclusione dell’offerta dalla
gara.
La stazione appaltante ha l’obbligo di
verificare le risultanze del DURC
predisposto dagli enti previdenziali,
sincerandosi che non emergano posizioni
debitorie, pena, in caso di accertate
violazioni gravi, l’esclusione dalla gara,
la revoca dell’affidamento e la preclusione
alla stipula del contratto.
La giurisprudenza prevalente, dopo alcune
oscillazioni tra un indirizzo “formalista”
e uno “sostanzialista”, sembra
essersi assestata sui punti cardine di
seguito enucleati:
1) in seguito all’entrata in vigore del D.L.
n° 210/2002, l’omessa presentazione del
certificato che attesta la posizione nei
confronti degli istituti previdenziali, così
come la produzione di un DURC negativo
attestante una situazione di grave
irregolarità contributiva definitivamente
accertata, impone l’automatica esclusione
dell’offerta dalla gara;
2) l’autonomia del procedimento di rilascio
del DURC e il carattere di dichiarazione di
scienza proprio di tale certificazione non
impediscono alla stazione appaltante di
valutare il contenuto della stessa e la
gravità di eventuali infrazioni contributive
riscontrate;
3) il terzo comma dell’art. 38 del codice
dei contratti pubblici, laddove rinvia
all’art. 2 del D.L. n° 210/2002, impone alle
stazioni appaltanti l’obbligo di verificare
le risultanze del DURC predisposto dagli
enti previdenziali, sincerandosi che non
emergano posizioni debitorie, pena, in caso
di accertate violazioni gravi, l’esclusione
dalla gara, la revoca dell’affidamento e la
preclusione alla stipula del contratto (arg.
testualmente ex art. 38, lett. e) e i)
d.lgs. n° 163/2006);
4) una volta aperta l’istruttoria sulla
sussistenza e rilevanza delle irregolarità
contributive, la stazione appaltante, in
coerenza al principio del legittimo
affidamento, non può disattendere
immotivatamente le deduzioni difensive
offerte dall’impresa ammessa al
contraddittorio e può addivenire
all’esclusione solo motivando sulla gravità
delle violazioni accertate e l’insufficienza
dei chiarimenti forniti (Cons. Stato, V,
11.05.2009 n° 2874; Cons. Stato, IV,
12.03.2009, n° 1458; Cons. Stato, VI,
27.02.2008 n° 716; TAR Emilia Romagna,
Bologna, 19.06.2008 n° 3740; TAR Veneto,
26.05.2009 n° 1601).
Nel caso di specie, l’impresa risultata
aggiudicataria ha prodotto un DURC recante,
a fianco della voce riguardante la posizione
nei confronti dell’INPS, la dicitura “non
si è pronunciato”.
Una simile formula non può essere ritenuta
satisfattiva ai fini della dimostrazione del
requisito di ordine generale della
regolarità contributiva, tanto più ove si
consideri che l’art. 5 dell’allegato I al
Decreto Assessoriale 24/02/2006 n. 11045
richiede precise condizioni affinché possa
rilevare il silenzio-assenso degli enti
previdenziali sull’istanza di attestazione
di regolarità contributiva, stabilendo
all’uopo specifici oneri probatori
(documentazione attestante la data di
presentazione dell’istanza e dichiarazione
sostitutiva resa ai sensi e per gli effetti
del D.P.R. n° 445/2000) in capo all’impresa
che, non possedendo una completa
certificazione di regolarità contributiva,
intenda far valere il silenzio-assenso per
essere ammessa in gara. Nessuno degli oneri
probatori prescritti dal richiamato D.A.
24/02/2006 è stato assolto per dimostrare
l’eventuale formazione del silenzio-assenso
dell’INPS, con la conseguenza che l’omessa
pronuncia dell’ente previdenziale non poteva
essere ritenuta, in particolare per quello
che rileva in questa sede, dalla stazione
appaltante, sufficiente a dimostrare la
sussistenza del requisito di regolarità
contributiva dell’impresa geom. Sciuto.
In tal senso, con recente pronuncia, il
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Siciliana ha statuito che “in
ragione del carattere anche normativamente
unico del documento di regolarità
contributiva [...] occorra la mera verifica
di completezza dell’attestazione contenuta
nel documento” (CGA, 21.07.2008 n° 662).
A ciò si aggiunga che il DURC prodotto
dall’aggiudicataria, oltre che incompleto,
appare irregolare anche sotto il profilo
della tipologia per la quale è stato
richiesto, che si riferisce esclusivamente
al rilascio di attestazione SOA, senza che
sia stato apposto neanche manualmente alcun
timbro di equipollenza suscettibile di
riferirlo anche alla tipologia “per
partecipazione a gare d’appalto”, con
conseguente insuscettibilità del documento
prodotto a fruire della validità trimestrale
ai sensi dell’art. 19, comma 12-bis, della
legge n° 109 del 1994, nel testo integrato
risultante dalla L.r. n° 7/2002 e successive
modifiche e integrazioni (conforme CGA,
21.07.2008 n° 662, cit.; TAR Sicilia
Palermo, 19.02.2009 n° 366) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 23.11.2009 n. 1833 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Trattandosi
indubbiamente di rifiuti abbandonati sulle
immediate pertinenze di strada in
concessione all’ANAS, la legittimità del
provvedimento comunale di rimozione deve
essere valutata con riferimento al parametro
costituito dall’art. 14 del d.lgs.
30.04.1992, n. 285 e non dall’art. 192 del
d.lgs. 03.04.2006, n. 152.
Modificando l’impostazione precedentemente
seguita (ad es., TAR Puglia Lecce sez. I,
ord. 21.05.2003, n. 403; 30.07.2003, n.
701), la giurisprudenza cautelare più
recente della Sezione (TAR Puglia Lecce sez.
I, ord. 24.10.2007 n. 1027; 23.01.2008 n.
56) ha seguito un percorso ricostruttivo che
individua la norma fondamentale di
riferimento, non nell’art. 192 del d.lgs.
03.04.2006, n. 152 (ed in precedenza,
nell’art. 14 del d.lgs. 05.02.1997, n. 22),
ma nella specifica previsione dell’art. 14
del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 (nuovo Codice
della strada).
La più recente impostazione della
problematica merita certamente conferma, con
gli approfondimenti propri della fase di
merito.
In particolare, la già citata previsione
dell’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285
(che recita: <<gli enti proprietari delle
strade, allo scopo di garantire la sicurezza
e la fluidità della circolazione,
provvedono: a) alla manutenzione, gestione e
pulizia delle strade, delle loro pertinenze
e arredo….Per le strade in concessione i
poteri e i compiti dell'ente proprietario
della strada previsti dal presente codice
sono esercitati dal concessionario>>)
attribuisce all’ente proprietario della
strada (o al concessionario, nel caso di
strada in concessione, come quella in
riferimento) la competenza a provvedere <<alla
manutenzione, gestione e pulizia delle
strade, delle loro pertinenze e arredo>>;
si tratta quindi indubbiamente di una
previsione che centralizza sostanzialmente
nel gestore del servizio stradale tutte le
competenze relative alla corretta
manutenzione, pulizia e gestione del tratto
stradale.
Per effetto soprattutto dell’esplicita
previsione della pulizia della sede stradale
e delle pertinenze, appare poi di tutta
evidenza come si tratti sostanzialmente di
una previsione caratterizzata da un rapporto
di specialità rispetto alle disposizioni del
d.lgs. 152/2006: <<poiché, più che il
dato relativo alla materia dei “rifiuti”,
che costituiscono per così dire, l’oggetto
dell’attività cui il destinatario
dell’ordine è tenuto, sembra significativo
l’ulteriore dato del contesto spaziale
rispetto a cui l’attività in parola va
svolta: la circostanza che i rifiuti
interessino beni quali le strade, difatti,
per l’evidente peculiarità che le medesime
presentano sul piano strutturale, funzionale
e della sicurezza pubblica, giustifica
-anche sul piano costituzionale- la
configurabilità di speciali doveri di
vigilanza, controllo e conservazione in capo
al proprietario o concessionario>> (TAR
Puglia Lecce, sez. I ord. 24.10.2007 n.
1027; 23.01.2008 n. 56).
Del resto, la conclusione sopra richiamata
non può essere contestata sulla base di
generici riferimenti alla natura
cronologicamente successiva delle norme del
d.lgs. 22 del 1997 o del d.lgs. 152 del
2006, in quanto le previsioni successive non
recano certamente l’ulteriore elemento
specializzante, costituito dall’attinenza
dell’obbligo di rimozione dei rifiuti alla
sede stradale ed alle pertinenze; del resto,
la strutturazione normativa del settore è
stata ben compresa dalla Corte di cassazione
(Cass. civ. sez. II, 24.06.2008, n. 17178)
che ha rilevato come la norma cardine in
materia sia l’art. 14 del d.lgs. 285 del
1992 (proprio in virtù della natura speciale
sopra individuata) e non le previsioni (art.
14 d.lgs. 22 del 1997; art. 192 d.lgs. 152
del 2006) successive in materia di rimozione
dei rifiuti che sono destinate a trovare
applicazione solo per quanto (ad es.,
individuazione tipologie di rifiuti;
modalità di smaltimento; ecc.) non
espressamente regolamentato dalla previsione
del Codice della strada.
E' stato rilevato in giurisprudenza (da TAR
Campania Napoli, sez. V 22.06.2006 n. 7428)
come la previsione speciale e derogatoria
dell’art. 14 del d.lgs. 285 del 1992 sia, in
sostanza, giustificata dal fatto evidente
che <<la pulizia della strada
interferisce direttamente con la stessa
funzionalità dell’infrastruttura e con la
sicurezza della viabilità e non può non fare
capo direttamente al soggetto gestore
(proprietario, concessionario o comunque
affidatario della gestione del bene);…del
resto, sarebbe illogico imporre al Comune il
dovere di rimuovere i rifiuti accumulati
sulla strada e sue pertinenze, poiché tale
attività implicherebbe l’occupazione della
carreggiata con mezzi pesanti per la
raccolta e il trasporto, il transito di
operatori ecologi e altre attività
incompatibili con il normale flusso della
circolazione stradale, o comunque
interferenti con essa; attività che solo
l’ente gestore della strada può
razionalmente programmare ed attuare “in
sicurezza”, con la contestuale, necessaria
adozione di tutte le misure e le cautele
idonee a garantire la sicurezza della
circolazione e degli operatori addetti alle
pulizie>>; si tratta, quindi, della
semplice rilevazione della possibile
interferenza delle attività di raccolta dei
rifiuti con le esigenze di sicurezza della
circolazione stradale e, quindi, di una
circostanza che investe, non solo la
raccolta dei rifiuti abbandonati
direttamente sulla sede stradale, ma anche i
rifiuti abbandonati sulle pertinenze o sulle
altre strutture annesse alla strada.
A quanto già rilevato da TAR Campania
Napoli, sez. V 22.06.2006 n. 7428, la
Sezione deve poi aggiungere l’ulteriore
considerazione relativa al fatto che la
competenza dell’ente proprietario della
strada (o del gestore) trova giustificazione
anche nella volontà di evitare la
frammentazione di competenze che deriverebbe
dal semplice fatto che un determinato tratto
stradale attraversa i territori di più
comuni (con il rischio di comportamenti
differenziati); da non trascurare poi
l’ulteriore considerazione, rilevante anche
ai fini dell’analisi economica della
previsione, relativa al fatto che,
attraverso l’art. 14 del d.lgs. 285 del
1992, si ottiene il risultato di attribuire
chiaramente (e sulla base di una forma di
responsabilità oggettiva) al soggetto
gestore della strada l’obbligo di procedere
alla pulizia della strada e delle pertinenze
(si pensi, a questo proposito, al pericolo
imminente che può derivare dal trasporto
sulla sede stradale, ad opera di agenti
atmosferici, di rifiuti abbandonati sulle
pertinenze stradali), così determinando
benefici effetti sulla sicurezza della
circolazione, sulla base di una
strutturazione complessiva che non preclude
certo la possibile rivalsa dell’ente
proprietario o gestore della strada sul
soggetto autore dell’abbandono dei rifiuti
(possibilità richiamata da Cass. civ. sez.
II, 24.06.2008, n. 17178) e quindi la
necessità sostanziale di attribuire
(ovviamente, solo ove possibile) al
responsabile dell’inquinamento la
responsabilità finale dell’abuso.
In definitiva, trattandosi indubbiamente di
rifiuti abbandonati sulle immediate
pertinenze di strada in concessione all’ANAS
(profilo fattuale che non è contestato dalla
ricorrente, che si limita a rilevare come i
rifiuti in questione non siano posizionati
sulla sede stradale), la legittimità del
provvedimento impugnato deve essere valutata
con riferimento al parametro costituito
dall’art. 14 del d.lgs. 30.04.1992, n. 285 e
non dall’art. 192 del d.lgs. 03.04.2006, n.
152
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 18.11.2009 n. 2756 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
verifica della regolarità contributiva delle
imprese partecipanti a procedure di gara per
l’aggiudicazione di appalti con la pubblica
amministrazione è demandata agli istituti di
previdenza, le cui certificazioni si
impongono alle stazioni appaltanti, che non
possono sindacarne il contenuto.
Va ribadito l’indirizzo giurisprudenziale
secondo il quale la verifica della
regolarità contributiva delle imprese
partecipanti a procedure di gara per
l’aggiudicazione di appalti con la pubblica
amministrazione è demandata agli istituti di
previdenza, le cui certificazioni si
impongono alle stazioni appaltanti, che non
possono sindacarne il contenuto (da ultimo
C.d.S., IV, 12.03.2009, n. 1458; V,
17.10.2008, n. 5069; V, 23.01.2008, n. 147)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
ordinanza 17.11.2009 n. 5771 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inammissibilità sanatoria
giurisprudenziale o impropria.
L’art. 36 T.U. edilizia in quanto norma
derogatoria al principio per il quale i
lavori realizzati sine titulo sono
sottoposti alle prescritte misure
ripristinatorie e sanzionatorie, non è
suscettibile di applicazione analogica né di
una interpretazione riduttiva, secondo cui,
in contrasto con il suo tenore letterale,
basterebbe la conformità delle opere con il
piano regolatore vigente al momento in cui
sia definita la istanza di sanatoria.
Pertanto, la sanabilità postula la
conformità dell’intervento alla disciplina
urbanistica vigente sia al momento della sua
realizzazione sia a quella in vigore alla
data della presentazione della domanda
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.11.2009 n. 6784 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Provvedimenti a tutela
dell'interesse pubblico.
Il protrarsi e reiterarsi nel tempo delle
condizioni di disturbo, nonché l’accertata
violazione dell’orario di chiusura ben
possono rappresentare quella condizione
eccezionale che legittima, ai sensi
dell’art. 9 della legge n. 447/1995
l'intervento del Sindaco a tutela
dell’interesse pubblico. Interesse pubblico
che ben può ritenersi perseguito anche
quando la salute minacciata sia quella di un
ristretto gruppo di persone e non anche
l’intera collettività.
A tali conclusioni si è uniformata la
giurisprudenza ormai costante, secondo cui
l'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico -pur se non
coinvolgente l'intera collettività– deve
ritenersi sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica,
con la conseguenza che l’ordinanza sindacale
ben può essere adottata anche a seguito
dell’esposto di una sola famiglia, non
constando nella norma alcun parametro
numerico o dimensionale (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.11.2009 n. 1814 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
AUTORIZZAZIONE PER
L'INSTALLAZIONE DI IMPIANTI STAZIONI RADIO
BASE.
1- Telefonia mobile -
Stazione radio base - Autorizzazione -
Condizioni - Art. 87, D.Lgs. n. 259/2003 -
Finalità - Istanza - Deve essere conforme al
modello "A" dell'allegato n. 13.
2- Telefonia mobile - Stazione radio base -
Installazione - Autorizzazione rilasciata ai
sensi dell'art. 87, Cod. Comunicazioni
Elettroniche - Natura - Non costituisce
titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a
quello richiesto dal T.U. edilizia in quanto
assorbe e sintetizza ogni valutazione
urbanistico - Edilizia - Ratio - Principi
applicativi.
1-
La normativa riguardante gli impianti di
telefonia individua le condizioni di
autorizzabilità delle stazioni radio base è
prevista dall'art. 87, D.Lgs. n. 259/2003,
ossia il Codice delle Comunicazioni
Elettroniche.
L'istanza, conforme al modello di cui al
modello "A" dell'allegato n. 13, realizzato
al fine della sua acquisizione su supporti
informatici e destinato alla formazione del
catasto nazionale delle sorgenti
elettromagnetiche di origine industriale,
deve essere corredata della documentazione
atta a comprovare il rispetto dei limiti di
esposizione, dei valori di attenzione e
degli obiettivi di qualità, relativi alle
emissioni elettromagnetiche, di cui alla L.
22.02.2001 n. 36, e relativi provvedimenti
di attuazione, attraverso l'utilizzo di
modelli predittivi conformi alle
prescrizioni della CEI, non appena emanate".
2-
L'attività volta all'installazione di
impianti Stazioni Radio Base, a seguito
dell'entrata in vigore del D.Lgs. n.
259/2003, c.d. Codice delle Comunicazioni
Elettroniche, resta assoggettata alle sole
prescrizioni di cui all'art. 87, D.Lgs. n.
259/2003 e non anche alle previsioni
generali di cui all'art. 3, D.P.R. n.
380/2001 (1).
---------------
(1) È stato condivisibilmente osservato
al riguardo che l'autorizzazione rilasciata
ai sensi dell'art. 87 del Codice delle
comunicazioni elettroniche non costituisce
titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a
quello richiesto dal T.U. delle disposizioni
in materia edilizia, ma assorbe in sé e
sintetizza ogni valutazione
urbanistico-edilizia. Se il nuovo
procedimento fosse destinato non a
sostituire, ma ad abbinarsi a quello
previsto dal T.U. edilizia, verrebbero
vanificati i principi ispiratori del Codice
delle comunicazioni, ed in particolare
quelli della previsione di procedure
tempestive, non discriminatorie e
trasparenti per la concessione del diritto
di installazione e della riduzione dei
termini per la conclusione dei procedimenti,
nonché della regolazione uniforme dei
medesimi.
In particolare sono stati individuati dalla
giurisprudenza citata i seguenti principi
applicativi:
- dal punto di vista urbanistico, i Comuni
possono incidere sulla collocazione delle
antenne radio base, a condizione che la
regolamentazione introdotta non abbia
l'effetto di impedire in modo indiscriminato
la loro installazione nell'ambito del
territorio comunale, ovvero non la
assoggetti a limiti non adeguati al fine
della salvaguardia dei concomitanti
interessi oggetto di tutela;
- la disciplina comunale non può assimilare
tout-court gli impianti in questione agli
edifici sotto il profilo
edilizio-urbanistico (ad es.: assoggettando
i primi ai limiti di altezza o in tema di
distanze propri dei secondi);
- la medesima disciplina non può introdurre
limiti procedurali ulteriori rispetto a
quelli previsti dall'art. 87 del Codice
delle comunicazioni elettroniche (cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 17-10-2008 n. 5044; Cons.
Stato, sez. VI, 15-06-2006 n. 3534; Cons.
Stato, sez. VI, 05-12-2005 n. 6961; Cons.
Stato, sez. VI, 21-01-2005 n. 100) (TAR
Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 26.10.2009 n. 2472 -
link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
IL SOPRINTENDENTE CHE PENSA AL
FUTURO.
1- Autorizzazione
paesaggistica - Poteri di annullamento del
Soprintendente - Natura - Potere di
controllo - Possibilità di rivalutare anche
nel merito la decisione assunta
dall'autorità amministrativa che ha
rilasciato l'assenso paesaggistico -
Legittimità - Sussiste.
2 - Autorizzazione paesaggistica - Poteri di
controllo del Soprintendente - Natura -
Limiti - Non può riguardare il futuro
assetto che un dato luogo avrà in seguito
alla realizzazione di interventi ancora in
itinere.
1-
La ripetuta enunciazione pretoria secondo la
quale il soprintendente non può effettuare
un riesame nel merito delle valutazioni
espresse in sede di assenso paesaggistico
sconta il difetto di essere figlia di una
interpretazione eccessivamente formalistica
del concreto atteggiarsi della potestà di
annullamento dell'organo ministeriale.
Il Collegio osserva che la delimitazione dei
poteri di annullamento del soprintendente
costituisce argomento in ordine al quale il
consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa si presta a
qualche rilievo critico. Ciò deve dirsi se
il sistema dei poteri di tutela del vincolo
paesaggistico viene decifrato in una ottica
sostanzialista, ossia in una visione che
guardi alla effettività e alla concretezza
del potere amministrativo del quale si
discute.
La lettura costituzionalmente orientata
della potestà di annullamento esercitata dal
soprintendente esige che quest'ultimo non
sia relegato al rango di mero detentore di
un controllo notarile dell'assenso
paesaggistico rilasciato in primo grado.
La copertura costituzionale del bene
ambientale -assicurata dall'art. 9 della
Carta Fondamentale- impone, invece, che il
controllo del soprintendente possa spingersi
fino al limite di un intervento di tipo
correttivo che richiede, per svolgersi
compiutamente, la possibilità di rivalutare
anche nel merito la decisione assunta
dall'autorità amministrativa che ha
rilasciato l'assenso paesaggistico.
2-
Quando il Soprintendente, nell'esercitare il
controllo di una autorizzazione
paesaggistica, fa prevalere una personale
visione dei luoghi da tutelare fino al punto
di premurarsi delle conseguenze che possono
derivare sull'ambiente dalla realizzazione,
futura ed incerta, di interventi diversi da
quello di cui si discute (incerto essendo il
rilascio del permesso di costruire) si è al
cospetto di un potere non correttamente
esercitato.
In altri termini, il controllo demandato al
soprintendente deve avere un oggetto certo e
determinato e non può, pertanto, riguardare
il futuro assetto che un dato luogo avrà,
sotto il profilo paesaggistico, in seguito
alla realizzazione di interventi ancora in
itinere che, in termini probabilistici,
possano avere esiti di compromissione dei
valori ambientali del sito.
Questa impostazione risulta ancor più
avvalorata quando l'autorità comunale si è
fatta carico di effettuare un sopralluogo
diretto ad accertare il reale stato dei
luoghi, ben oltre la mera prospettazione
cartolare dei medesimi a fini autorizzativi.
In presenza di un accertamento di questa
natura, il soprintendente deve adeguatamente
confutare la affermazione della
compatibilità dell'intervento posta a base
dell'assenso paesaggistico e non può fare
rinvio ad un globale apprezzamento dei
valori paesaggistici che risulterebbero
compromessi da futuri interventi edilizi da
realizzare nella zona circostante, per la
genericità ed indeterminatezza di un
parametro di tale natura (TAR Puglia-Lecce,
Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 2331 -
link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
fatto che la presentazione della d.i.a., una
volta decorso il termine di 20 giorni senza
che il Comune abbia inibito i lavori ivi
previsti, formi un titolo autorizzatorio
implicito trova conferma nell’art. 19, comma
3, della legge n. 241/1990, il quale fa
salvo il potere dell’amministrazione di
revocare o annullare, in autotutela, il
provvedimento formatosi per l’effetto
combinato della denuncia di inizio attività
e del silenzio dell’Ente.
Secondo un recente orientamento
giurisprudenziale, che il Collegio
condivide, la d.i.a. rappresenta una
semplificazione procedimentale che consente
al privato di conseguire un titolo
abilitativo, nella forma dell’autorizzazione
implicita di natura provvedimentale, a
seguito del decorso del termine di legge
dalla presentazione della denuncia (art. 84
della L.R. n. 1/2005), ed è impugnabile dal
terzo nell’ordinario termine di decadenza di
60 giorni, decorrenti dalla conoscenza del
consenso implicito all’intervento edilizio
oggetto della stessa (Cons. Stato, IV,
25/11/2008, n. 5811; idem, VI, 05/04/2007,
n. 1550; TAR Liguria, II, 09/01/2009, n.
43).
Il fatto che la presentazione della d.i.a.,
una volta decorso il termine di 20 giorni
senza che il Comune abbia inibito i lavori
ivi previsti, formi un titolo autorizzatorio
implicito trova conferma nell’art. 19, comma
3, della legge n. 241/1990, il quale fa
salvo il potere dell’amministrazione di
revocare o annullare, in autotutela, il
provvedimento formatosi per l’effetto
combinato della denuncia di inizio attività
e del silenzio dell’Ente
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 18.09.2009 n. 1456 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’utilizzo
della propria residenza per riunioni di
adepti, a scopo religioso, culturale,
associativo in genere, non è di per sé
sufficiente a configurare un illecito
edilizio suscettibile di essere sanzionato
ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del
2001 (t.u. edilizia); né lo è lo svolgimento
saltuario di pratiche di culto in un luogo
strutturato e destinato ad abitazione.
Il ricorrente, proprietario di una casa con
giardino, in cui risiede con la famiglia,
premesso che il vicino avrebbe adibito a
tempio buddista, mutandone la destinazione,
l’unità immobiliare adiacente, anch’essa
posta in zona residenziale B2, ha chiesto al
Comune (istanze 30.07.2007 e 22.09.2008) di
accertare e sanzionare con le misure
appropriate il cambio di destinazione d’uso
dell’immobile.
L’art. 52 della legge regionale n. 12/2005
(legge per il governo del territorio)
stabilisce [comma 3-bis, aggiunto dall’art.
1, comma 1, lett. m), legge regionale
14.07.2006 n. 12] che “i mutamenti di
destinazione d’uso di immobili, anche non
comportanti la realizzazione di opere
edilizie, finalizzati alla creazione di
luoghi di culto e luoghi destinati a centri
sociali, sono assoggettati a permesso di
costruire”.
Nel caso in esame è pacifico che l’immobile
in questione ha destinazione residenziale, è
strutturato per tale funzione e non ha
subito alcun intervento edilizio volto ad
adibirlo, con modifiche strutturali, ad una
funzione diversa.
Si tratta di vedere se lo svolgimento delle
attività denunciate dal ricorrente integri
quella diversa destinazione d’uso che
richiederebbe, secondo la norma regionale,
il rilascio di un titolo edilizio.
Ritiene il Collegio che al quesito debba
darsi, nel caso in esame, risposta negativa.
Il mutamento di destinazione rilevante ai
fini in discorso è quello che altera, sia
pure senza opere, la funzione originaria
dell’immobile, al fine di adibirlo, in via
permanente, ad una funzione diversa. In tal
caso l’immobile perde la destinazione
originariamente assentita per assumere la
funzione diversa che gli viene assegnata.
Altra cosa è l’uso di fatto dell’immobile in
relazione alle molteplici attività umane che
il titolare è libero di esplicare. La
destinazione d'uso impressa a determinati
locali dal titolo autorizzativo non
riguarda, infatti, le attività umane che vi
si svolgono, ossia i c.d. usi di fatto (cfr.
Cons. Stato V 23.02.2000 n. 949, 28.01.1997
n. 77). Ove detti usi e attività diano luogo
a comportamenti illeciti (immissioni non
consentite, schiamazzi, ecc.), ben possono
essere oggetto di sanzioni penali, civili,
ed amministrative, incidenti sulla condotta
dei responsabili, laddove l’applicazione di
sanzioni edilizie coinvolgenti (anche) le
strutture (rimessione in pristino e, in caso
di inottemperanza, acquisizione al
patrimonio comunale) postula un quid
pluris, che nella specie non è dato
ravvisare.
Considerate le risultanze dell’istruttoria
effettuata dal Comune, non sono ravvisabili
infatti elementi idonei a configurare un
mutamento di destinazione d’uso rilevante
sotto il profilo edilizio.
L’utilizzo della propria residenza per
riunioni di adepti, a scopo religioso,
culturale, associativo in genere, non è di
per sé sufficiente a configurare un illecito
edilizio suscettibile di essere sanzionato
ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del
2001 (t.u. edilizia); né lo è lo svolgimento
saltuario di pratiche di culto in un luogo
strutturato e destinato ad abitazione.
Se ciò di cui il ricorrente si duole è il
disturbo derivante dalle pratiche di culto
(cfr. istanza 11.05.2009) ovvero la “intollerabile
immissione di rumori eccedenti i limiti
imposti dalla legge e dalla convivenza
civile” (cfr. diffida 07.03.2007
indirizzata al vicino), resta ovviamente
salva la facoltà di adire il giudice
ordinario qualora, in relazione all’afflusso
di persone e al disturbo cagionato in
occasione delle suddette cerimonie
religiose, si registrino immissioni moleste
che eccedono la normale tollerabilità
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 4665 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
domanda di accesso non può essere uno
strumento di controllo generalizzato
dell’operato della p.a., né può essere un
mezzo per compiere una indagine o un
controllo ispettivo perché in tale caso
nella domanda di accesso è assente un
diretto collegamento con specifiche
situazioni giuridicamente rilevanti.
Rileva la Sezione che la disciplina dettata
dal titolo V della l. 241/1990 assegna in
via primaria all'amministrazione che detiene
i documenti l'obbligo di verifica della
sussistenza dei presupposti per l'esercizio
del diritto di accesso in relazione
all'esistenza di un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente a una
situazione giuridicamente tutelata e
collegata, che sorregga l'istanza al tal
fine proposta (art. 22, lett. b), l.
241/1990), nonché l'assenza di condizioni a
ciò ostative, quali identificate in via
generale dall'art. 24 della legge predetta o
in via regolamentare dalla stessa
amministrazione interessata.
Proprio per siffatta qualificazione
dell’interesse, la domanda di accesso non
può essere uno strumento di controllo
generalizzato dell’operato della p.a., né
può essere un mezzo per compiere una
indagine o un controllo ispettivo perché in
tale caso nella domanda di accesso è assente
un diretto collegamento con specifiche
situazioni giuridicamente rilevanti (Cons.
Stato, sez. VI 10.02.2006 n. 555).
11. Si tenga conto che il ricorrente ha
presentato plurime istanze di accesso con
riguardo agli atti di classificazione di
tutte le posizioni apicali inclusa quella
dallo stesso ricoperta risalente al maggio
2006 potendo accedere in maniera ampia e
trasparente a tutti gli atti che erano
collegati con la propria posizione di status
.
Tuttavia il ricorrente ha presentato
ulteriori istanze formulate in maniera del
tutto generica, dirette alla visione di
tutti gli atti relativi a mutamenti
funzionali ed organizzativi delle posizioni
dirigenziali apicali successive al suo
collocamento a riposo con i quali la
amministrazione aveva inteso aggiornare la
classificazione delle posizioni retributive
delle figure apicali.
Ritiene la Sezione che il ricorrente non
abbia un interesse personale, attuale e
concreto alla visione di tale
documentazione, priva di alcun apprezzabile
collegamento funzionale e temporale con la
sua posizione lavorativa ed estranea alle
finalità garantistiche dell’articolo 25
della legge n. 241 del 1990.
Una richiesta di tali dimensioni, su tutti
gli atti di aggiornamento delle posizioni
lavorative suddette, a ben vedere è
preordinata ad un controllo generalizzato e
diffuso, il c.d. controllo ispettivo,
sull’attività della amministrazione con un
aggravio lavorativo degli uffici su
questioni “tematiche”, ingiustificato in
relazione all’interesse del ricorrente ed
estraneo alle finalità della normativa
invocata.
In ogni caso, pur in assenza di un diretto
collegamento con il proprio interesse, tutti
gli atti istruttori richiesti, relativi alla
classificazione e pesatura delle posizioni
lavorative, sono stati integralmente
rilasciati dal Comune ed il ricorrente ne ha
potuto prendere visione integrale ad
eccezione di alcune parti della nota del
Segretario Generale n. 28392 del 30.11.2006,
riportante la dicitura “strettamente
personale”, coperte da “omissis”.
Sennonché, a parte la rilevata più generale
inammissibilità della domanda, tali
“omissis”, come ha ampiamente rilevato la
difesa del Comune, attengono a profili che
non hanno nulla a che fare con l’interesse
dichiarato nella richiesta di accesso,
concernendo invece valutazioni espresse dal
Segretario Generale nella sua funzione
istituzionale di collaborazione e supporto
nei confronti del Sindaco, sia pure a
margine della proposta di classificazione
delle posizioni di direzione dei
Dipartimenti, nonché rilievi sulle politiche
di programmazione e regolamentazione
generale dell’ente alle quali non risulta
collegato alcun interesse del ricorrente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.08.2009 n. 5011 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Legittimo l'uso della e-mail nei
luoghi di lavoro per comunicazioni di
carattere sindacale.
E' legittimo l'uso della posta elettronica
nei luoghi di lavoro per comunicazioni di
carattere sindacale (TRIBUNALE di Catania,
Sez. lavoro,
sentenza
02.02.2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se la demolizione e la successiva
ricostruzione del manufatto non danno luogo
alla fedele riedificazione del precedente
manufatto per sagoma, superficie e volume,
non si è in presenza di una ristrutturazione
edilizia, bensì di una nuova costruzione.
E' illegittimo il titolo edilizio relativo
ad un intervento edilizio di
ristrutturazione che contempli demolizione e
ricostruzione, laddove il nuovo edificio,
pur caratterizzato da una volumetria
inferiore, non rispetti le caratteristiche
strutturali di quello demolito, quanto
all’altezza e al numero di piani.
Secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, allorquando la
demolizione e la successiva ricostruzione
del manufatto non danno luogo alla fedele
riedificazione del precedente manufatto per
sagoma, superficie e volume, non si è in
presenza di una ristrutturazione edilizia,
bensì di una nuova costruzione per cui è
sempre necessario un apposito titolo
edilizio (ex pluribus, C.d.S., sez.
IV, 18.03.2008, n. 1117; 22.03.2007, n.
1388; 16.03.2007, n. 1276; 31.10.2006, n.
6464; sez. V, 04.03.2008, n. 918; Cass.
Pen., sez. III, 08.04.2008, n. 28212;
26.10.2007, n. 47046); è stato anche
precisato che deve ritenersi illegittimo il
titolo edilizio relativo ad un intervento
edilizio di ristrutturazione che contempli
demolizione e ricostruzione, laddove il
nuovo edificio, pur caratterizzato da una
volumetria inferiore, non rispetti le
caratteristiche strutturali di quello
demolito, quanto all’altezza e al numero di
piani (C.d.S., sez. V, 30.08.2006, n. 5061).
Per completezza deve aggiungersi che, come
si evince dalla lettura della circolare n.
2241/U.L. del 17.06.1995 del Ministero dei
Lavori Pubblici, i lavori di adeguamento
statico, consistenti in interventi sulle
strutture dell’edificio, non possono
modificarne la struttura volumetrica e di
superficie, essendo coessenziale alla stessa
natura di “adeguamento statico” che
le strutture già realizzate siano conservate
e rese idonee alla loro funzione, così che è
da considerare inammissibile non solo
l’ampliamento dell’esistente, ma anche una
demolizione e ricostruzione quando le
strutture siano talmente inidonee da non
poter essere rese staticamente idonee e
collaudabili, mediante opere di adeguamento
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 24.12.2008 n. 6550 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ciò
che contraddistingue la ristrutturazione
dalla nuova edificazione è la già avvenuta
trasformazione del territorio, attraverso
una edificazione di cui si conservi la
struttura fisica (sia pure con la
sovrapposizione di un “insieme sistematico
di opere, che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente”), ovvero la cui
stessa struttura fisica venga del tutto
sostituita, ma –in quest’ultimo caso– con
ricostruzione, se non “fedele” (termine
espunto dall’attuale disciplina), comunque
rispettosa della volumetria e della sagoma
della costruzione preesistente.
La trasformazione di due manufatti agricoli
in villa ad uso residenziale, con
accorpamento di volumi e parziale
spostamento dell’area di sedime esula dalla
nozione di ristrutturazione, sia come
attualmente definita dall’art. 3, comma 1,
lettera d), del D.P.R. 6.6.2001, n. 380
(Testo Unico dell’Edilizia), sia in rapporto
alla elaborazione giurisprudenziale,
riferita al previgente art. 31, comma 1,
lettera d), della legge n. 457/1978.
Ciò che distingue, infatti, gli interventi
di tipo manutentivo e conservativo da quelli
di ristrutturazione è, indubbiamente, il
carattere innovativo di quest’ultima in
ordine all’edificio preesistente; ciò che
contraddistingue, però, la ristrutturazione
dalla nuova edificazione è la già avvenuta
trasformazione del territorio, attraverso
una edificazione di cui si conservi la
struttura fisica (sia pure con la
sovrapposizione di un “insieme
sistematico di opere, che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente”), ovvero la cui
stessa struttura fisica venga del tutto
sostituita, ma –in quest’ultimo caso– con
ricostruzione, se non “fedele”
(termine espunto dall’attuale disciplina),
comunque rispettosa della volumetria e della
sagoma della costruzione preesistente (cfr.
per il principio, comunque pacifico, Cons.
St., sez. IV, 28.07.2005, n. 4011; Cons.
St., sez. VI, 09.09.2005, n. 4668; Cons.
St., sez. V, 29.05.2006, n. 3229; Cons. St.,
sez. V, 30.08.2006, n. 5061; Cons. St. sez.
IV, 26.02.2008, n. 681; Cons. St., sez. V,
04.03.2008, n. 918; Cons. St., sez. IV,
16.06.2008, n. 2981).
L’apparente duplicità della nozione di
ristrutturazione, in effetti, consegue al
carattere eccezionale –originariamente
frutto di elaborazione giurisprudenziale–
della identificabilità di detta tipologia di
intervento anche in caso di totale rimozione
della struttura preesistente: una ipotesi,
con ogni evidenza, estrema rispetto ad una
fattispecie, concernente opere indirizzate a
trasformare manufatti già presenti sul
territorio, con conseguente minore impatto
rispetto ai nuovi insediamenti edificatori.
La permanenza della struttura preesistente,
d’altra parte, se costituiva garanzia che
non vi fosse stravolgimento dello stato dei
luoghi, poteva apparire illogica in presenza
di gravi carenze strutturali dell’immobile,
richiedenti sostituzione delle stesse
strutture portanti. In tale ottica si è
ammessa la possibilità di ristrutturare
anche con integrale rifacimento
dell’immobile stesso, quando al mutamento
strutturale, imposto da motivi tecnici,
corrispondesse un intento sostanzialmente
conservativo.
Ogni spostamento dai limiti indicati dalla
giurisprudenza (poi tradotta in precetto
normativo) non può, dunque, che implicare
quella più profonda trasformazione del
territorio, cui corrisponde la nozione di “nuova
edificazione” (nella fattispecie, non
illogicamente esclusa dal novero degli
interventi assentibili nel Parco dei Gessi
Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, oggetto
di tutela ambientale indirizzata alla
conservazione dei valori culturali ed
estetici, posti a base del regime
vincolistico).
Nella situazione in esame, pertanto, il
rigetto dell’stanza di Nulla Osta di cui si
discute costituiva atto vincolato, in
rapporto alla consistenza di un intervento,
che cancellava sia la morfologia, sia la
destinazione d’uso dell’edificazione
preesistente (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 16.12.2008 n. 6214 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Anche
in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001
introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002
n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo
della “fedele ricostruzione”, la
giurisprudenza ha chiarito che tale
innovazione non fa comunque venir meno i
limiti che condizionano le caratteristiche
della ristrutturazione e consentono di
distinguerla dall'intervento di nuova
costruzione: vale a dire la necessità che la
ricostruzione corrisponda, quanto meno nel
volume e nella sagoma, al fabbricato
demolito.
Nel caso di demolizione e ricostruzione di
edificio esistente, la giurisprudenza segue
da sempre un orientamento rigoroso,
imponendo la piena conformità di sagoma,
volume, e superficie, tra il vecchio ed il
nuovo manufatto.
Nello specifico contesto del recupero del
patrimonio edilizio esistente, quindi, la
demolizione rappresenta lo strumento
necessario per la realizzazione del
risultato finale, costituito dal pieno
ripristino del manufatto. Tale orientamento
resta confermato anche in seguito alla
modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta
dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002 n. 301,
che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele
ricostruzione”, così estendendosi
ulteriormente il concetto della
ristrutturazione edilizia.
La giurisprudenza ha chiarito che tale
innovazione non fa comunque venir meno i
limiti che condizionano le caratteristiche
della ristrutturazione e consentono di
distinguerla dall'intervento di nuova
costruzione: vale a dire la necessità che la
ricostruzione corrisponda, quanto meno nel
volume e nella sagoma, al fabbricato
demolito (C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061;
C.d.S. sez. IV, 28.07.2005 n. 4011)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 29.11.2007 n. 15615 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La regolarità contributiva è
requisito indispensabile per la
partecipazione alle gare ad evidenza
pubblica, il che vuol dire che l’impresa
deve essere in regola con i relativi
obblighi fin dal momento della presentazione
della domanda, mentre sono irrilevanti
eventuali adempimenti tardivi.
L’inadempimento deve altresì essere
connotato da “gravità”, per cui la semplice
menzione nel DURC dell’assenza della
regolarità contributiva non può condurre di
per sé all’esclusione dell’impresa risultata
non in regola.
La Sezione ha affrontato di recente la
medesima questione a base della presente
controversia, sentenziando, in sintesi, che:
- la regolarità contributiva è requisito
indispensabile per la partecipazione alle
gare ad evidenza pubblica, il che vuol dire
che l’impresa deve essere in regola con i
relativi obblighi fin dal momento della
presentazione della domanda, mentre sono
irrilevanti eventuali adempimenti tardivi
(dal che discende la legittimità della
clausola del bando censurata, la quale è
stata solamente mal applicata in sede di
gara, e l’infondatezza dell’eccezione
preliminare formulata dalla Provincia, in
quanto la clausola in argomento non era
immediatamente lesiva);
- la sussistenza del predetto requisito può
essere desunta dal cd. DURC, oltre che dai
dati in possesso dell’Osservatorio sui
LL.PP.;
- peraltro, in base a quanto statuito dalla
Corte di Giustizia nella summenzionata
decisione del 09.02.2006, l’inadempimento
agli obblighi di contribuzione in favore dei
lavoratori deve essere stato “definitivamente
accertato” in base alle procedure
previste dal singolo Stato membro (il che
significa che, laddove l’impresa si sia
avvalsa di rimedi giudiziari avverso atti di
accertamento del debito o abbia usufruito di
condono previdenziale o, infine, abbia
ottenuto una rateizzazione del debito, la
stessa deve essere considerata in regola con
gli obblighi de quibus);
- in base al combinato disposto fra l’art.
75 del DPR n. 554/1999 e l’art. 17 del DPR
n. 34/2000 (applicabili ratione temporis
alla presente gara, essendo stato il bando
pubblicato in data 23.06.2006)
l’inadempimento deve altresì essere
connotato da “gravità”, per cui la
semplice menzione nel DURC dell’assenza
della regolarità contributiva non può
condurre di per sé all’esclusione
dell’impresa risultata non in regola (anche
perché il documento di che trattasi non
specifica nulla a proposito della
definitività dell’accertamento)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 30.12.2006 n. 6104 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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