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AGGIORNAMENTO AL 30.11.2009 |
ã |
NEWS |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Gli incentivi alla progettazione
tornano al 2%. Sì bipartisan al senato su un
emendamento della Lega Nord al ddl lavoro
collegato alla manovra 2009.
Torna al 2% lordo del
valore dell'opera pubblica da appaltare
l'incentivo per il personale tecnico delle
amministrazioni pubbliche.
La novità è contenuta in un emendamento al
disegno di legge delega in materia di
lavoro, collegato alla Finanziaria 2009, che
è stato approvato ieri (con 148 sì, 112 no e
cinque astenuti) dall'aula di Palazzo Madama
dopo un esame di oltre un anno. Il testo
dovrà ora tornare all'esame della camera.
L'aula del senato ha detto sì in modo
bipartisan all'emendamento presentato dal
senatore leghista Sandro Mazzatorta, teso a
sopprimere l'articolo 18, comma 4-sexies,
del dl 185/2008, come convertito dalla legge
2/2009.
Tale norma dispone che «a decorrere dal
1° gennaio 2009, la percentuale prevista
dall'articolo 92, comma 5, del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, di cui al decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, e successive
modificazioni, è destinata nella misura
dello 0,5% alle finalità di cui alla
medesima disposizione e, nella misura
dell'1,5%, è versata ad apposito capitolo
dell'entrata del bilancio dello stato per
essere destinata al fondo di cui al comma 17
del presente articolo». «Speriamo che
con l'approvazione dell'emendamento sia
stata scritta la parola fine sulla
quantificazione dell'incentivo alla
progettazione, oggetto di un vero e proprio
balletto negli ultimi anni», ha
dichiarato Mazzatorta a ItaliaOggi. «Abbiamo
raccolto il grido di dolore degli enti
locali», prosegue, «perché a causa
della riduzione allo 0,5 gli incentivi per i
progettisti si sono ridotti di un quarto».
Come è noto, la vicenda degli incentivi è
stata particolarmente sofferta, perché la
disposizione era stata una prima volta
prevista dal dl 112/2008, convertito in
legge 133/2008, poi soppressa, poi
ripristinata dalla legge 2/2009. Non solo:
notevoli sono stati anche i problemi
interpretativi sulla portata della
disposizione. La magistratura contabile ha
concordato di considerarla valevole solo per
le progettazioni affidate ai tecnici
successivamente alla data dell'01/01/2009,
ritenendola non retroattiva; una teoria
certamente di favore nei confronti dei
tecnici, ma non completamente persuasiva,
per altro contraria alle interpretazioni
fornite, invece, della Ragioneria generale
dello stato.
Le amministrazioni, pertanto, si sono
trovate per mesi prese tra due fuochi: la
Ragioneria generale, da un lato, che
invitava a un'applicazione a qualsiasi
pagamento successivo all'01/01/2009; i
tecnici, anche suffragati dalla lettura
datane dalla magistratura contabile, che
cercavano di difendere la tesi loro più
favorevole.
Al fondo, comunque, resta il problema del
malcontento dei tecnici, che ha portato a
dei veri e propri scontri con le
amministrazioni. Infatti, la riduzione a un
quarto dell'incentivo ha avuto effetti
oggettivamente disincentivanti, spingendo i
tecnici, anche se non del tutto
giustificatamente, a tenersi lontano dagli
incarichi interni.
L'emendamento, dunque, finisce per eliminare
una norma controversa e di dubbia utilità,
ripristinando il precedente sistema.
Tra le altre novità contenute nel collegato
lavoro si segnala l'approvazione di un
emendamento che aumenta la Robin Tax a
carico delle grandi aziende petrolifere e
dell'energia dal 6,5% al 7,5%.
Soddisfatto il ministro del Lavoro, Maurizio
Sacconi, secondo il quale con il testo
approvato ieri «si semplifica il processo
del lavoro, nel senso che si riduce il
contenzioso, si consente la possibilità di
risolverlo attraverso l'arbitrato e la
conciliazione» (articolo ItaliaOggi del
27.11.2009, pag. 39). |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
Online l’invio della notifica preliminare
inizio lavori in cantiere.
La Regione Lombardia e la Direzione
Regionale del Lavoro per la Lombardia hanno
disposto che la trasmissione della notifica
preliminare inizio lavori in cantiere e dei
suoi aggiornamenti avvenga tramite sistema
informatizzato (http://www.previmpresa.servizirl.it/cantieri).
L’inserimento della notifica preliminare
online garantisce la trasmissione all’ASL e
alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL)
competente e permette la stampa dell’atto
utile per l’affissione presso il cantiere.
L’utilizzo della modalità di invio
informatizzata è raccomandato a partire dal
mese di ottobre 2009 e diverrà obbligatorio
a partire dall'01.01.2010 (ASL di Bergamo,
nota 23.11.2009 n.
173485 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, DISTRIBUTORI DI CARBURANTE AD USO
PRIVATO – RICHIESTA AUTORIZZAZIONE –
REGOLARIZZAZIONE IMPIANTI ENTRO IL
20.06.2010 (link a
www.ancebrescia.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sottoscritta, in data 19.11.2009, l’ipotesi
di CCNL dell’area della dirigenza delle
Regioni e delle autonomie Locali per il
quadriennio normativo 2006-2009 e per il
biennio economico 2006-2007 (link
a www.aranagenzia.it). |
APPALTI:
Appalti, ricorsi al Tar in 30
giorni. Il consiglio dei ministri ha
approvato lo schema di decreto che recepisce
la direttiva ricorsi. Spazio agli accordi
bonari e agli arbitrati (con costi ridotti).
Ricorsi al Tar per appalti e concessioni
entro 30 giorni, con limitazioni delle
sospensive e tempi più rapidi; introduzione
del «mediatore unico» nell'accordo bonario;
possibilità di ottenere l'annullamento di un
provvedimento emesso in sede di gara,
attraverso una nuova procedura di precontenzioso da chiudere entro dieci
giorni dalla richiesta; eliminazione della
possibilità di ricorso straordinario al capo
dello stato, riduzione dei costi per accordi
bonari e arbitrati; divieto di stipula del
contratto prima di 40 giorni
dall'aggiudicazione definitiva.
Sono queste alcune delle principali novità
contenute nello
schema
di decreto delegato attuativo dell'articolo
44 della legge 88/2008 (legge
comunitaria per il 2008), approvato in via
preliminare dal consiglio dei ministri di
ieri che reca diverse modifiche al codice
dei contratti pubblici (dlgs 163/2006),
anticipato su ItaliaOggi del 25/11/2009.
Il provvedimento, nel recepire la «direttiva
ricorsi» (2007/66/Ce), introduce nel nostro
ordinamento una nuova procedura di precontenzioso che consentirà al concorrente
di comunicare alla stazione appaltante che
proporrà ricorso su un determinato
provvedimento indicando i motivi della
censura. Su questa informativa entro 5
giorni il responsabile del procedimento
dovrà formulare le sue deduzioni al
dirigente competente il quale; nei
successivi 5 giorni, deciderà se intervenire
in sede di autotutela, annullando il
provvedimento contestato. L'informativa non
inciderà, in ogni caso, sul termine per la
stipula del contratto né su altri termini
anche processuali.
Una delle ulteriori e numerose novità
previste dal decreto delegato è
rappresentata dalla sostituzione del
responsabile del procedimento che deve
formulare la proposta di accordo bonario ai
sensi dell'articolo 240, comma 13 del
codice, con la figura del «mediatore
unico», scelto d'intesa tra le parti o,
in difetto, nominato dal tribunale
competente»; questa figura deve comunque
essere scelta fra magistrati amministrativi
o contabili, tra gli avvocati dello stato o
i componenti del consiglio superiore dei
lavori pubblici, ovvero tra avvocati in
possesso dei requisiti richiesti
dall'articolo 241, comma 5 del codice per la
nomina a presidente del collegio arbitrale.
Non sarà quindi più il responsabile del
procedimento, bensì il mediatore unico a
formulare la proposta di accordo bonario
entro 60 giorni.
Il decreto stabilisce che si potrà fare
luogo ad arbitrato ovvero a giudizio
ordinario, solo in caso di mancato
raggiungimento dell'accordo bonario, a
seguito di un effettivo esperimento dello
stesso e di una effettiva trattativa tra le
parti e non più, quindi, in caso di inerzia
delle parti in fase di accordo bonario.
Vengono poi ridotti dal 50 al 25% dei minimi
tariffari i compensi per la commissione di
accordo bonario e si vietano espressamente
gli incrementi. Per gli arbitrati viene
anche ammesso che il concorrente che abbia
rinunciato ad esercitare la facoltà di
declinare la clausola compromissoria possa
indicare, separatamente, una percentuale di
ribasso sul prezzo in ragione dei minori
oneri finanziari derivanti dalla maggiore
celerità di risoluzione delle eventuali
controversie relative all'esecuzione del
contratto. Si potrà anche evitare di
nominare il segretario e si dispone il
divieto di incremento dei compensi «per
qualsivoglia ragione»; viene anche
espressamente abrogata la previsione
dell'incremento dei massimi tariffari.
Sarà inoltre ammessa l'impugnazione del lodo
per motivi di diritto secondo quanto
prescritto dal c.p.c. e verranno ridotti i
costi per segretario e consulenti tecnici
(equiparati agli ausiliari del magistrato).
Viene poi firmata la procedura di ricorso al
Tar, nella sostanza introducendo un rito
speciale connotato da una più rapida
scansione processuale e da immediatezza
della decisione di merito. Il ricorso sarà
possibile entro 30 giorni e non sarà più
ammesso anche il ricorso straordinario al
presidente della repubblica.
È previsto l'effetto sospensivo automatico
connesso alla sola impugnazione
dell'aggiudicazione definitiva e non dei
bandi inviti ed esclusioni dalla gara. I
bandi, se immediatamente lesivi, si
impugneranno autonomamente entro 30 giorni;
quelli non immediatamente lesivi e tutti gli
altri provvedimenti compresi
l'aggiudicazione provvisoria si impugneranno
con l'aggiudicazione definitiva. Il decreto
fa poi divieto alle amministrazioni di
stipulare il contratto prima di quaranta
giorni decorrenti dall'invio dell'ultima
delle comunicazioni del provvedimento di
aggiudicazione definitiva (articolo
ItaliaOggi del 28.11.2009, pag. 28). |
ENTI LOCALI:
Assunzioni obbligatorie senza
limiti.
Le assunzioni
obbligatorie delle categorie protette sono
escluse dal blocco delle assunzioni nella
pubblica amministrazione.
Lo ha chiarito il Ministero del Lavoro nella
nota 17.11.2009 n. 13/III/0015270
di prot. firmata ieri.
Il dicastero guidato da Maurizio Sacconi è
stato interpellato dall'Agenzia Liguria
Lavoro che chiedeva lumi in merito al
trattamento dei soggetti appartenenti alle
categorie protette, dopo l'entrata in vigore
del decreto legge 78/2009 convertito nella
legge 102/2009, che ha disposto il divieto
di procedere ad assunzioni sino al
conseguimento degli obiettivi programmatici
di spesa previsti dallo stesso decreto.
La direzione generale mercato del lavoro del
Minwelfare ha innanzitutto precisato che il
divieto di assumere contenuto nell'art. 17,
comma 7, del dl 78/2009, riguarda solo le
amministrazioni centrali dello stato e gli
enti pubblici non economici. Una volta
circoscritto l'ambito di operatività della
norma, il ministero ha affermato che «le
assunzioni di soggetti appartenenti alle
categorie protette, ai fini esclusivi del
rispetto della quota di riserva prevista
dall'art. 3 legge 68/1999, sono da ritenersi
escluse» dai limiti alle assunzioni. E
questo perché «l'esigenza di inserimento
e di integrazione lavorativa appare
prevalente rispetto alla disciplina
limitativa delle assunzioni». Una tesi,
questa, già affermata anche dal ministero
della funzione pubblica in un parere del
29.09.2008.
Per il ministero del lavoro, dunque, l'unica
ipotesi in cui resta ferma l'impossibilità
di procedere alle assunzioni delle categorie
protette riguarda il caso previsto dall'art.
6, comma 6 del Testo unico del pubblico
impiego (dlgs 165/2001). E cioè quando una
pubblica amministrazione non provvede agli
adempimenti previsti dalla legge in materia
di organizzazione e disciplina degli uffici
nonché in materia di dotazioni organiche.
Questi enti non potranno assumere nuovo
personale, compreso quello appartenente alle
categorie protette (articolo ItaliaOggi del
18.11.2009, pag. 31). |
APPALTI SERVIZI:
Riforma servizi pubblici locali a rilevanza
economica.
In questi giorni si è parlato molto di
"privatizzazione dell'acqua" con riferimento
all'art. 15 del decreto legge 135/2009
approvato definitivamente dal Parlamento il
19 novembre scorso.
In realtà, la nuova norma non contiene la
riforma dei servizi pubblici locali, ma
modifica solo alcune parti dell'art. 23-bis
del decreto legge 112/2008 convertito in
legge n. 133/2008. dove è contemplata la
riforma dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica, e dove il comma 5
dell'art. 23-bis afferma "la proprietà
pubblica delle reti", mentre prevede che
solo "la loro gestione possa essere affidata
a soggetti privati".
Nella conferenza stampa convocata dopo il
via libera definitivo al decreto legge
135/2009, il ministro per le Politiche
europee, Andrea Ronchi ha affermato che "l'acqua
è, resta e sarà pubblica: non è
privatizzabile, e l'art. 15 del decreto
rafforza questo principio''.
Ha poi preso la parola il ministro per gli
Affari regionali, Raffaele Fitto, che ha
illustrato il percorso di attuazione della
riforma dei servizi pubblici locali, ed ha
garantito che entro la fine dell'anno sarà
varato il decreto attuativo, che dovrà
sciogliere alcuni nodi, come il meccanismo
delle gare, a cui potranno partecipare sia
le società private che pubbliche, e deciderà
se istituire o no una apposita autorità di
garanzia per i servizi idrici.
Fitto ha infine affermato che ''i rischi
sulla tariffa non sono un rischio futuro, ma
la fotografia dell'esistente, se è vero che
esistono differenze tra regione e regione e
spesso si paga di più dove il servizio è più
carente" (link a www.governo.it). |
ENTI LOCALI:
Riforma Enti Locali e Codice delle Autonomie.
Il Consiglio dei Ministri del 19.11.2009, ha
approvato in via definitiva il disegno di
legge di riforma degli organi e delle
funzioni degli enti locali e il Codice delle
autonomie locali, che stabilisce le funzioni
fondamentali degli enti locali e chiarisce
"chi fa cosa", eliminando la sovrapposizione
di funzioni ed individuando i relativi
finanziamenti.
Gradualmente saranno ridotti enti ed
organismi, consentendo una migliore qualità
dei servizi e risparmi di spesa.
Diminuiranno i componenti degli organi delle
amministrazioni esistenti. Grazie alla Carta
delle autonomie verrà riordinata tutta la
materia degli enti locali.
Il provvedimento prevede:
- l'individuazione delle funzioni
amministrative fondamentali che spettano a
comuni, province e città metropolitane;
- l'obbligo dell'esercizio di alcune
funzioni fondamentali in forma associata per
i comuni sotto i 3.000 abitanti;
- la razionalizzazione dell'amministrazione
provinciale e periferica dello Stato;
- l'eliminazione di enti e organismi, quali
il difensore civico, le comunità montane le
circoscrizioni di decentramento comunale
(salvo che nei comuni con più di 250.000
abitanti), i consorzi di enti locali
(compresi i Bacini imbriferi montani), i
consorzi di bonifica;
- la riduzione del numero di consiglieri e
assessori locali, e la nomina del direttore
generale solo nei comuni più grandi, che
sono capoluogo di città metropolitana;
- la semplificazione dei documenti
finanziari e contabili nei piccoli comuni;
- l'adeguamento delle regole del patto di
stabilità;
- il potenziamento dei controlli di tipo
amministrativo, finanziario e contabile
(link a www.governo.it). |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
Gli atti della giornata di formazione per
tecnici comunali sulla "CERTIFICAZIONE
ENERGETICA DEGLI EDIFICI" tenutasi a
Bergamo lo scorso 17.11.2009. |
EDILIZIA PRIVATA:
Risparmio energetico, on line le novità sul
bonus del 55%. Aggiornato il vademecum che
guida il contribuente tra i come e i quando
degli sconti fiscali pro-ambiente.
Le disposizioni normative di fine 2008 e del
2009, che hanno portato a una
semplificazione delle procedure e degli
adempimenti amministrativi previsti per
fruire della detrazione dall’Irpef del 55%
delle spese sostenute per la
riqualificazione energetica degli edifici,
entrano nella guida web dell’Agenzia “Le
agevolazioni fiscali sul risparmio
energetico” (link a
www.nuovofiscooggi.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Dagli ingegneri di Milano le indicazioni sul
comportamento da adottare nel corso di
ispezioni o controlli.
L'Ordine degli Ingegneri di Milano ha curato
la redazione di un documento dal titolo
"NORME DI COMPORTAMENTO DA ADOTTARE NEL
CORSO DI UNA ISPEZIONE O CONTROLLO" rivolto
a tutte le aziende (edili e non) contenente
tutte le indicazioni sui comportamenti da
tenere in caso di ispezioni degli organi di
vigilanza.
Il documento chiarisce che le ispezioni o
sopralluoghi (in materia di sicurezza ed
igiene sul lavoro) possono essere attuati
dai diversi organi di vigilanza e controllo
(ASL, Direzione Provinciale del Lavoro,
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) (link
a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Da Reggio Emilia una guida per il
committente e per il responsabile lavori.
La Commissione Sicurezza Interordini
coordinata dal Collegio Costruttori Edili di
Industriali Reggio Emilia e con la
collaborazione di Provincia, Comune e AUSL
ha predisposto un documento dal titolo "Guida
per committente e responsabile dei lavori".
La guida analizza i ruoli e le
responsabilità del committente sia
nell'ambito degli appalti pubblici che
nell'ambito delle opere private illustrando
dettagliatamente gli obblighi e le
problematiche che da affrontare
nell'organizzazione e gestione del cantiere
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dossier ENEA: Usi termici delle fonti
rinnovabili.
L'Italia è molto in ritardo negli usi
termici delle fonti rinnovabili, mentre sta
rapidamente crescendo la quota di
generazione elettrica.
Secondo l'ENEA occorre colmare questo
ritardo aumentando il peso degli usi termici
delle rinnovabili e, nel contempo, riducendo
la pressione sugli usi elettrici, che renda
gli obiettivi più realistici e meno costosi.
Queste osservazioni sono alla base del
workshop, promosso congiuntamente da ENEA
con AIEE e FIRE, e del dossier "USI
TERMICI DELLE FONTI RINNOVABILI".
Il dossier raccoglie alcuni articoli recenti
e materiale ancora inedito (come le schede
per tecnologia predisposte dall'ENEA per il
Rapporto Rinnovabili di prossima
pubblicazione).
Nel dossier sono trattate varie tecnologie
per gli usi termici delle rinnovabili: a
partire dal solare, alla geotermia, al
controverso capitolo delle biomasse.
Ciascuna di queste tecnologie presenta le
sue promesse e le sue opportunità, con ampi
spazi anche per soluzioni e applicazioni
innovative che potrebbero aumentarne
l'interesse; ma ciascuna ha anche le sue
ambiguità che devono essere chiarite e
superate perché sia possibile perseguire sia
una efficace politica di diffusione e quindi
di promozione della domanda, sia una
strategia di sviluppo industriale intesa a
incoraggiare gli investimenti e a ricavare
quel dividendo economico e di occupazione
che è uno dei motivi portanti dell'interesse
per le fonti rinnovabili (link a
www.acca.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
APPALTI:
G.U. 24.11.2009 n. 274, suppl. ord. n.
215/L,
"L. 20.11.2009
n. 166:
- "Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 25.09.2009,
n. 135, recante disposizioni urgenti per
l’attuazione di obblighi comunitari e per
l’esecuzione di sentenze della Corte di
giustizia delle Comunità europee;
- Testo del decreto-legge 25.09.2009, n.
135, coordinato con la legge di conversione
20.11.2009, n. 166, recante: «Disposizioni
urgenti per l’attuazione di obblighi
comunitari e per l’esecuzione di sentenze
della Corte di giustizia delle Comunità
europee»". |
APPALTI:
G.U. 24.11.2009 n. 274 "Chiarimenti in
ordine all’applicazione delle disposizioni
di cui all’articolo 253, comma 15 -bis, del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"
(Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
circolare
12.11.2009 n. 4649). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 47 del
23.11.2009, "Determinazione, per l'anno
2010, dei canoni da porre a base d'asta per
l'affidamento dei lavori di sistemazione
idraulica mediante escavazione di materiale
inerte dagli alvei dei corsi d'acqua"
(decreto
D.G. 05.11.2009 n. 11502 - link a www.infopoint.it) |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
La mobilità non fa assumere.
La cessazione del rapporto di lavoro per
mobilità non è idonea a sbloccare le
assunzioni nei piccoli comuni.
Lo ha chiarito la sezione autonomie della
Corte dei Conti che con la
deliberazione
27.11.2009 n. 21/2009, depositata
ieri, ha fornito l'interpretazione autentica
di una controversa norma della Finanziaria
2008 (art. 1, comma 562, della legge n.
296/2007) che dà la possibilità ai piccoli
comuni di «procedere all'assunzione di
personale nel limite delle cessazioni di
rapporti di lavoro a tempo indeterminato
intervenute nell'anno precedente».
La disposizione è stata oggetto di letture
discordanti da parte delle sezioni regionali
della magistratura contabile. Le tesi che si
sono fronteggiate sono sostanzialmente tre.
La prima, più a maglie larghe, sostenuta in
Piemonte e Sardegna, ritiene che sussista
una cessazione del rapporto di lavoro non
solo in caso di estinzione del rapporto
stesso, ma anche nel caso di mobilità. La
tesi più restrittiva, a cui ha aderito la
sezione regionale del Veneto, ha invece
negato che la mobilità in uscita in un ente
sotto i 5 mila abitanti possa essere
interpretata come cessazione del rapporto di
lavoro. Nel mezzo si è collocata la Corte
conti Lombardia la quale ha auspicato che il
trasferimento per mobilità non sia inteso
come un'operazione «che permette
l'instaurazione di nuovi rapporti di lavoro
al di fuori dei limiti numerici e di spesa
previsti» dalla legge. Nel dubbio la
Corte conti Liguria, interrogata sul punto
dal comune di Savignone (Ge), ha trasmesso
gli atti alla sezione autonomie.
I giudici hanno chiarito che nella mobilità
«il rapporto di lavoro prosegue con un
altro datore per cui l'amministrazione
cedente può solo beneficiare, in termini di
risparmio di spesa, dell'avvenuta cessazione
del contratto», ma la spesa «rimane
inalterata in termini globali».
Del resto, prosegue la Corte, «corrisponde
ad un principio di carattere generale che
per effettiva cessazione debba intendersi il
collocamento di un soggetto al di fuori del
circuito di lavoro» con perdita della
retribuzione (articolo ItaliaOggi del
28.11.2009, pag. 27). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Incarichi senza controlli. Corte
conti: le norme del dl n. 78/2009 si
applicano solo alle amministrazioni statali.
Illegittima la verifica sulle consulenze
degli enti.
Le disposizioni in materia di controllo
preventivo di legittimità da parte della
Corte dei conti, introdotte dall'articolo
17, comma 30, del dl n. 78/2009, non si
applicano agli atti e ai provvedimenti di
incarichi e consulenze emanati dagli enti
locali territoriali o dalle loro
articolazioni. Se, infatti, l'intento del
legislatore fosse stato quello di sottoporre
a controlli singoli atti di regioni o enti
locali, avrebbe chiaramente introdotto delle
disposizioni legislative in contrasto con i
principi sanciti dalla Costituzione, la
quale pone gli enti locali e territoriali su
un piano di equiordinazione con lo Stato e,
dunque, non più assoggettabili a controlli
centralizzati.
Lo ha chiarito la Corte dei Conti, Sezione
centrale di controllo sulla legittimità
degli atti delle amministrazioni dello
Stato, nel testo della
deliberazione 25.11.2009 n. 20/2009,
con la quale, per la prima volta dalla sua
entrata in vigore, ha chiarito l'ambito
soggettivo e la portata delle disposizioni
contenute all'articolo 17, commi 30 e
30-bis, della manovra d'estate.
I giudici della Corte hanno confermato la
tesi anticipata sulle colonne di ItaliaOggi
il 16/10/2009.
Come si ricorderà, la norma richiamata ha
inteso allargare il controllo preventivo di
legittimità della Corte, ex articolo 3,
comma 1, della legge n. 20/1994, anche agli
atti e contratti di conferimento incarichi
ad esperti e specialisti, nonché gli
incarichi di studi e consulenza, ma nulla
dice in merito ai soggetti (pubblici) cui la
norma è indirizzata.
Preliminarmente all'esame dell'atto
pervenutole (un contratto di consulenza
siglato da un'azienda sanitaria locale), la
Corte ha deciso sgomberare il campo con
delle osservazioni di fondamentale
importanza in merito all'ambito soggettivo
del controllo previsto dal dl n. 78/2009. In
poche parole, a chi si indirizza tale
controllo preventivo di legittimità? Alle
sole amministrazioni statali o all'ampia
dizione di pubblica amministrazione ex
articolo 1, comma 2, del dlgs n. 165/2001?
I magistrati della Corte hanno svolto
pertanto un'ottima analisi sulla genesi del
provvedimento normativo. L'intenzione del
legislatore (d'urgenza) non era certo quella
di comprendere gli enti locali territoriali
nel novero dei soggetti cui si riferisce la
norma. Ciò risulta indirettamente dalla
circostanza che l'emanazione della norma
«non è stata preceduta né accompagnata da
consultazioni con le regioni» che, come noto
(Corte Cost. n. 417/2005), sono soggetti
legittimati ad intervenire a tutela delle
autonomie locali. È vero che nella funzione
legislativa non sussiste alcun obbligo di
consultazione, ma, nel caso di specie, la
Corte afferma che «sembra più plausibile
che il legislatore statale non abbia neppure
avvertito l'esigenza di una consultazione,
proprio perché non aveva alcuna intenzione
di intervenire su competenze proprie delle
autonomie locali». D'altra parte, ha
proseguito il collegio della magistratura
contabile, sarebbe stato «difficilmente
concepibile» che il legislatore
ignorasse che i controlli preventivi di
legittimità su atti di regioni ed enti
locali oggi sfuggono al controllo
centralizzato. Per questo, la Corte ha
ritenuto che una competenza statale in
materia di controlli preventivi di
legittimità sugli enti locali sarebbe
incompatibile con la Costituzione, anche se
venisse invocata la potestà legislativa in
materia di coordinamento di finanza
pubblica.
In tale ultimo caso, la Corte ha osservato
che se si volesse sottoporre a controlli
interdittivi singoli atti di regioni o enti
locali, anziché limitarsi ad indicare
l'esigenza di una verifica più rigorosa sul
versante delle spese per consulenze ed
incarichi, ciò esorbiterebbe dalla
competenza dello Stato, il quale ha titolo
solamente a porre i principi fondamentali,
lasciando all'autonomia di regioni ed enti
locali, «la concreta previsione degli
strumenti e dei procedimenti di verifica»
(articolo ItaliaOggi del 28.11.2009, pag.
27). |
ENTI LOCALI:
Ok ai contratti locali difformi
dal Ccnl. L'emergenza salva. La Corte dei
Conti Toscana esclude il danno erariale.
La sottoscrizione e
l'applicazione di clausole dei contratti
decentrati integrativi nulle perché in
contrasto con i vincoli dei contratti
nazionali e che determinano un danno
erariale per gli oneri aggiuntivi che ne
sono scaturiti in capo alla p.a. non dà
luogo al maturare di responsabilità
amministrativa per la parte pubblica nel
caso in cui tale comportamento sia stato
determinato da comprovate condizioni di
emergenza, quale per esempio la carenza di
personale, e dalla necessità di garantire la
qualità dei servizi erogati.
È questo l'importante principio fissato
dalla Corte dei Conti della Toscana,
sentenza 11.09.2009 n. 518, che
apre uno spiraglio per i numerosi casi in
cui a carico di dirigenti, segretari e
amministratori sono aperti giudizi di
responsabilità dinanzi alla magistratura
contabile.
Basta ricordare come, in passato, la Corte
dei conti della Lombardia, sentenza n.
372/2006, in presenza di un contratto
decentrato in un comune che ha disposto la
riduzione orario a 35 ore per tutto il
personale ha evidenziato che «tale
ampliamento viola il divieto legislativo di
sottoscrizione in sede decentrata di
contratti integrativi in contrasto con i
vincoli risultanti dai Ccnl e le relative
clausole erano dunque affette da nullità e
come tali inapplicabili».
E di conseguenza ha rilevato che sussiste
colpa grave: delle «parti stipulanti»,
della giunta che ha sollecitato (pungolato)
la applicazione del contratto decentrato e
del segretario comunale, che «ben avrebbe
potuto e dovuto cogliere e segnalare la
palese discrepanza». E ancora la stessa
Corte dei conti della Lombardia, sentenza n.
457/2008, ha condannato il segretario, gli
amministratori, il dirigente del personale e
i revisori dei conti di un comune che hanno
applicato un contratto decentrato
caratterizzato dalla presenza di numerose
clausole illegittime.
Il caso specifico riguarda una dirigente
scolastica che ha sottoscritto, contro il
parere dei revisori dei conti, e applicato,
contro il parere della responsabile della
ragioneria, un contratto decentrato
integrativo che ha ridotto da 36 a 35 ore la
settimana l'orario del personale Ata. Tale
riduzione è consentita dal contratto
nazionale del personale della scuola, ma in
presenza di condizioni (in particolare la
durata dell'orario di servizio di un minimo
di dieci ore al giorno per almeno tre giorni
la settimana) che nella scuola non si sono
in alcun modo realizzate, né in precedenza e
neppure nelle fasi successive.
Secondo la sentenza «delle disposizioni
in argomento deve essere fatta
un'interpretazione per così dire
sostanzialistica e in ogni caso alla luce
dei principi di legittimità nel senso di
cogliere la vera finalità della disciplina
normativa». Su questa base non ci sono
ragioni che impongono di restare nell'ambito
delle strette previsioni dettate dalla
lettera dei contratti collettivi nazionali
di lavoro: «Quelle situazioni tipiche
possono ammettere delle equivalenze laddove
si consideri che la ragione della previsione
risiede nell'intento di incentivare o
compensare, in qualche modo, i lavoratori
che si sobbarcano il sacrificio di un orario
non concentrato nella tradizionale parte
antimeridiana della giornata». Quindi,
possiamo così sintetizzare questa parte del
ragionamento seguito dai giudici della Corte
dei conti della Toscana, al di là della
lettera delle previsioni contrattuali
bisogna cogliere la loro logica sostanziale,
il loro spirito, il che consente di
applicare quindi un canone interpretativo
analogico.
Per cui «se, come nel caso di specie,
l'articolazione anomala dell'orario è
effetto della carenza di organico e, quindi,
di un'anomalia non superabile se non con la
diversa articolazione, appare corrispondente
a ragioni di giustizia che al di là della
letterale formulazione della norma possa
ritenersi configurato il presupposto
legittimante qualora la stessa condizione di
disagio per i lavoratori si realizzi anche
in presenza di un orario leggermente
inferiore ma reso necessario per sopperire a
una disfunzione organizzativa» (articolo
ItaliaOggi del 27.11.2009, pag. 43). |
QUESITI & PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Sanatoria abuso edilizio su
immobile in area di vincolo ambientale.
Viene posto quesito in tema di sanatoria di
abuso edilizio commesso su immobile compreso
in area soggetta a vincolo ambientale.
In particolare si riferisce che sono state
realizzate opere in difformità da
concessioni edilizie ed autorizzazioni
paesaggistiche del 1997 e del 1998 su un
fabbricato di civile abitazione ricadente
nella fascia di 150 metri da un corso di
acqua pubblica e perciò soggetto a vincolo
paesaggistico (prima ex art. 1, lett. c), L.
431/1985 ed oggi in forza dell’art. 142,
comma 1, lett. c), del “codice dei beni
culturali”, D.lgs. 42/2004) (Regione
Piemonte,
parere n.
107/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Frazionamento area edificabile su
determinazione volumetrica residua.
Viene richiesto a questo Servizio un parere
in merito agli effetti che può avere il
frazionamento di un’area edificabile sulla
determinazione della volumetria residua
realizzabile.
Il Comune espone il caso in questi termini.
In base al Piano Regolatore vigente, una
determinata superficie (attualmente
appartenente ad un unico proprietario)
ricade in parte in “area consolidata
residenziale: aree di completamento” ed in
parte in “area di antico impianto”.
Catastalmente, la superficie di cui trattasi
era in origine costituita da due mappali,
che per convenzione verranno di seguito
definiti mappale 1 e mappale 2.
Nel 1959, il primo dei due mappali (il
mappale 1) venne edificato. Il secondo
(mappale 2), adiacente a quello edificato,
venne adibito ad orto.
Secondo il vigente strumento urbanistico
generale il mappale edificato ricade nella
suddetta “area consolidata residenziale”,
mentre il mappale destinato ad orto fa parte
dell’”area di antico impianto”.
Successivamente all’edificazione, i mappali
1 e 2 vennero uniti in un'unica particella
catastale (che definiremo mappale 3).
La variante strutturale adottata (ora in
corso di approvazione) classifica tutta
l’area di cui trattasi (costituita dagli
originari mappali 1 e 2, cioè dall’odierno
mappale 3) come “area consolidata
residenziale: lotto di completamento” ed
attribuisce alla stessa un determinato
indice di utilizzazione fondiaria.
L’esistente edificio, comunque, esaurisce la
complessiva capacità edificatoria
dell’intero lotto (costituito dagli
originari mappali 1 e 2, attualmente unico
mappale 3), che pertanto risulta saturo.
Il proprietario dell’area ha intenzione di
frazionare l’area (ricostituendo gli
originari mappali 1 e 2) e di procedere alla
vendita delle porzioni risultanti dal
frazionamento a due diversi acquirenti.
Il Comune si chiede se il frazionamento
possa essere legittimamente attuato.
Secondo il Comune stesso, infatti, tale
operazione potrebbe rendere edificabile un
lotto (la porzione destinata ad orto) che
attualmente edificabile non è, in quanto il
fabbricato esistente esaurisce le
potenzialità edificatorie dell’intera area
(l’odierno mappale 3), urbanisticamente
classificata (dal Piano adottato) come “area
consolidata residenziale: lotto di
completamento" (Regione Piemonte,
parere n.
101/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire in
sanatoria. Assenza titolo edilizio.
E’ chiesto parere in merito al rilascio di
permesso di costruire in sanatoria per la
realizzazione, in assenza di titolo
edilizio, di una tettoia aperta su tutti i
lati e collocata sulla copertura piana di
altra tettoia in muratura.
Il Comune richiedente segnala di aver
rilasciato a soggetti privati, nell’anno
2005, il titolo abilitativo per la
realizzazione, in area di centro urbano, di
una tettoia in muratura ad uso
deposito/legnaia, in conformità alle
disposizioni del vigente P.R.G.C..
Nell’anno 2009 il Comune, a seguito di
sopralluogo, verificava la realizzazione di
opere in difformità dal titolo edilizio in
possesso dei privati –consistenti nella
realizzazione di una finestra non
assentita-, nonché la realizzazione, sulla
copertura piana della tettoia in questione,
di un’ulteriore tettoia in legno,
completamente aperta su tutti i lati.
Successivamente, i privati presentavano
istanza di permesso di costruire in
sanatoria sia per le opere realizzate in
parziale difformità rispetto al titolo
abilitativo, sia per la tettoia costruita ex
novo.
Il Comune segnala che, mentre le opere
realizzate in parziale difformità risultano
sicuramente sanabili in base alle
prescrizioni del P.R.G.C. vigente, dubbi
sussistono in merito alla realizzazione
della tettoia aperta su tutti i lati,
collocata in area qualificata come “satura”
dagli strumenti urbanistici comunali, ove
risulta ammessa “soltanto la costruzione di
manufatti ad uso legnaia e/o deposito nella
misura massima di 15 mq. di superficie
coperta, come quanto già sfruttata per il
sottostante manufatto”.
Il Comune richiede, dunque, di sapere come
può essere “configurata la soprastante
copertura della tettoia utilizzata anche
come copertura per sedie e tavolo e come può
essere inquadrato a livello sanzionatorio
l’abuso commesso con la copertura della
tettoia” (Regione Piemonte,
parere n.
98/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio permesso a costruire in
sanatoria (art. 36, T.U. Edil.).
Viene posto un quesito inerente alla
possibilità di procedere al rilascio di un
permesso di costruire in sanatoria “a
regime” (art. 36 T.U. edil.) avente ad
oggetto un immobile realizzato in difformità
del titolo abilitativo ed in violazione del
vigente P.R.G., subordinando la sanatoria
stessa alla demolizione di alcune parti di
edificio ed alla nuova costruzione di
ulteriori porzioni di fabbrica.
Il Comune richiedente, in particolare,
riferisce di aver accertato, in seguito ad
un controllo ispettivo, la realizzazione da
parte di un privato cittadino di opere
edilizie in totale difformità dal permesso
di costruire, nonché in violazione di alcune
norme dell’allora vigente P.R.G.I., rimasto
peraltro immutato successivamente; in
seguito alla relativa contestazione da parte
dell’Ufficio Tecnico ed all’emissione di un
provvedimento di sospensione dei lavori, il
responsabile dell’abuso presentava richiesta
di accertamento di conformità delle opere
eseguite, prevedendo modifiche strutturali
all’edificio consistenti nella demolizione e
ricostruzione di alcune porzioni dello
stesso (Regione Piemonte,
parere n.
96/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Qualificazione intervento
previsto in ambito edilizio dalla vigente
normativa.
Viene chiesto parere in ordine alla
qualificazione dell’intervento di sola
tinteggiatura o ritinteggiatura (peraltro
totale) di un edificio, nell’ambito delle
categorie di interventi edilizi individuate
dalla vigente normativa.
Più specificatamente il Comune si interroga
sulla qualificabilità dell’intervento
predetto come “manutenzione ordinaria”
o come “manutenzione straordinaria”,
ricercando al riguardo la risposta
oggettivamente più corretta (Regione
Piemonte,
parere n.
87/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ENTI LOCALI:
P. Russo e M. I. Bruno,
Nuovi profili di responsabilità per danno
erariale nel riconoscimento dei debiti fuori
bilancio per acquisto di beni e servizi alla
luce del c.d. "decreto anticrisi" (d.l.
78/2009) (link a www.diritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Carapellucci,
Le ordinanze contingibili e urgenti in
materia di rifiuti: la nuova declinazione di
un istituto controverso (link a
www.ambientediritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
C. Rapicavoli,
D.Lgs. 27.10.2009 n. 150 “Attuazione della
Legge 04.03.2009 n. 15 in materia di
ottimizzazione della produttività del lavoro
pubblico e trasparenza delle Pubbliche
Amministrazioni" - Prime indicazioni
applicative (link a
www.ambientediritto.it). |
APPALTI - EDILIZIA PRIVATA:
C. Rapicavoli,
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DURC - DOCUMENTO
UNICO DI REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA
(link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Le relazioni del convegno sul leasing per
realizzare opere pubbliche.
Pubblichiamo il testo della relazione sui
profili generali del leasing per realizzare
opere pubbliche, tenuta dal prof. Bruno
Barel dell'Università di Padova al convegno
di Montecchio Maggiore del giorno
19.11.2009, ringraziando sentitamente
l'autore per il suo prestigioso intervento.
Allo stesso modo ringraziamo gli altri
relatori, il dott. Francesco Pastore e il
dott. Andrea Albensi, e pubblichiamo le
slides dei loro interventi (link a http://venetoius.myblog.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
INCARICHI PROGETTUALI:
Calcolo coefficienti per la
determinazione dei punteggi.
Gara d'appalto - Servizi di
progettazione - Calcolo dei coefficienti che
concorrono alla determinazione del punteggio
finale - Trasformazione valori millesimali
in valori centesimali - Conformità alla
normativa di settore - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, occorre esaminare
l’eccezione di inammissibilità dell’istanza
di parere, sollevata dalla società
interveniente DAM S.p.A. in sede di
contraddittorio documentale.
In particolare, viene contestata l’assenza
di una controversia tra le parti, secondo
quanto stabilito dall’art. 3 del “Regolamento
sul procedimento per la soluzione delle
controversie” adottato da questa
Autorità.
Invero, tale eccezione appare infondata,
tenuto conto che la nozione di controversia
che viene in rilievo nella presente sede
precontenziosa è evidentemente più ampia
rispetto alla nozione tradizionale di ordine
giurisdizionale.
Ne consegue, pertanto, che non necessita
-come diversamente affermato dalla DAM
S.p.A.- la condizione connessa ad una
situazione di litispendenza o di
controversia emergente da atti formali,
essendo sufficiente, ai sensi della norma
primaria di cui all’art. 6, comma 7, lett.
n) del D.Lgs. n. 163/2006, che via siano “questioni
insorte durante lo svolgimento delle
procedure di gara”, mentre per espressa
previsione di questa Autorità (art. 3, punto
2 del citato Regolamento) la pendenza di
giudizio costituisce una causa tipica di non
ammissibilità dell’istanza rivolta ad
acquisire il parere.
Nel merito è sufficiente constatare che,
nell’economia della procedura diretta ad
aggiudicare il servizio di progettazione in
argomento, la Commissione giudicatrice ha,
in un primo momento, calcolato i
coefficienti di valutazione ed il punteggio
finale riportando i singoli valori in
termini numerici decimali che contenevano
anche l’indicazione dei millesimi. Mentre,
successivamente, in applicazione
dell’allegato E al D.P.R. n. 554/1999, ha
ritenuto di riportare gli stessi valori in
termini numerici decimali con la sola
indicazione dei centesimi.
Per operare tale trasformazione la
Commissione ha eliminato la cifra dei
millesimi ed arrotondato quella dei
centesimi all’unità inferiore o superiore, a
seconda che la cifra dei millesimi stessi
fosse inferiore a cinque o pari o superiore
a cinque. La stessa Commissione di gara ha
poi annullato tale diversa graduatoria dei
soggetti partecipanti senza raggiungere
alcun convincimento sul corretto metodo di
calcolo da seguire.
Si evidenzia, al riguardo, che la soluzione
del problema connesso al corretto calcolo
dei coefficienti che concorrono alla
determinazione del punteggio finale da
assegnare a ciascun soggetto partecipante
può senz’altro ricavarsi da una attenta
lettura della lettera della legge. Infatti,
secondo l’allegato E al D.P.R. n. 554/1999,
espressamente richiamato a tale scopo dal
disciplinare di gara (art. 6, comma 5), sono
coefficienti compresi tra 0 e 1, quelli
espressi in valori centesimali, attribuiti a
ciascun concorrente; dove il coefficiente è
pari a zero in corrispondenza della
prestazione minima possibile; mentre il
coefficiente è pari ad uno in corrispondenza
della prestazione massima offerta. Tutte le
altre posizione possono trovare una
graduazione che in linea teorica e
matematica sarebbe data da una serie
infinita di numeri. Per tale ovvia ragione
il legislatore ha ritenuto che gli stessi
coefficienti e, quindi, il punteggio finale
fosse dato dalla sommatoria di valori al
massimo centesimali, cioè con due sole cifre
dopo la virgola.
Tale interpretazione logico sistematica
induce a ritenere che l’operato della
Commissione di gara, come definito nel
verbale n. 7 del 23.06.2008, fosse corretto
e sicuramente aderente alla lettera ed allo
spirito della legge, che impone un criterio
logico e prudenziale di valutazione.
Peraltro, la circostanza che l’art. 6, comma
5, del disciplinare di gara espressamente
dispone che “Successivamente la
commissione giudicatrice, in una o più
sedute riservate, procede, sulla base della
documentazione contenuta nella busta “B –
Offerta tecnica” ed ai sensi delle
disposizioni di cui all’allegato E al D.P.R.
n. 554/1999, alla valutazione del merito
tecnico e delle caratteristiche qualitative
e metodologiche…” consente di affermare
che il criterio adottato dalla Commissione
di gara nel citato verbale n. 7, per
espresso richiamo della stazione appaltante
nel proprio disciplinare di gara, è stato
legittimamente predeterminato, diversamente
da quanto asserito dalla DAM S.p.A. Né, allo
stesso tempo, la Commissione nel successivo
verbale n. 8 del 25.11.2008 ha individuato
una ragione di per sé sufficiente per
derogare al summenzionato criterio di
calcolo.
Giova, infine, rilevare che l’operazione di
trasformazione dei valori millesimali in
valori centesimali è del tutto obiettiva e
corretta, atteso che essa si rifà ad un dato
equo e casuale che più volte è stato
utilizzato nella prassi dalla p.a..
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’utilizzo del
criterio di cui all’allegato E del D.P.R. n.
554/1999 da parte della Commissione di gara
è corretto e che il criterio medesimo andava
doverosamente applicato per espresso
richiamo del disciplinare di gara
(parere
08.10.2009 n. 109 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
ATI e certificazione di qualità.
Appalti di ll.pp. -
Qualificazione - Appalto con importo in
classifica III - Possesso sistema di qualità
- Ati orizzontale con mandanti in classifica
I e II - Non sussiste obbligo di attestato
SOA con possesso requisito qualità -
Ragioni.
Ritenuto in diritto:
La questione sottoposta all’attenzione
dell’Autorità riguarda la legittimità del
provvedimento di esclusione per mancata
documentazione del possesso della
certificazione di qualità aziendale UNI EN
ISO 9000, disposto in applicazione di
previsioni della lex specialis di gara
intese alla asserita luce di una precedente
determinazione di questa Autorità (n.
29/2002), invocata con diversi esiti da
entrambe le parti (impresa istante e
stazione appaltante).
In particolare, il punto 12 del bando di
gara di cui trattasi, relativo ai requisiti
minimi di carattere economico e tecnico
necessari per la partecipazione, prevede che
i concorrenti, all’atto dell’offerta debbano
possedere attestazione SOA, in corso di
validità, che documenti il possesso della
qualificazione in categorie e classifiche
adeguate ai lavori da assumere nonché il
possesso di certificazione di qualità UNI EN
ISO 9000, ai sensi del D.P.R. n. 34/2000. Al
riguardo, il punto 1.2 del disciplinare
specifica che, qualora non risulti
espressamente riportato nell’attestazione
SOA il possesso della certificazione di
qualità aziendale rilasciata da soggetto
accreditato, i concorrenti dovranno produrre
a pena di esclusione copia fotostatica,
dichiarata conforme all’originale, di tale
documentazione e precisa, altresì, che, “In
caso di ATI si applica quanto disposto
dall’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici con con determinazione n. 29/2002,
pubblicata nella GURI n. 275 del 23.11.2002".
Con specifico riguardo alla corretta
interpretazione della citata determinazione
di questa Autorità si evidenzia che, nel
fornire chiarimenti sull’elemento rilevante
ai fine della determinazione dell’obbligo
del possesso della certificazione di qualità
UNI EN ISO 9000 in caso di ATI, l’Autorità
ha precisato che tale obbligo non è connesso
all’importo dell’appalto, ma alla classifica
delle attestazioni. Conseguentemente, come
esplicitato anche in altre pronunce
(deliberazione n. 27/2004, n. 241/2003, n.
182/2003) l’obbligo di dimostrare il
possesso del “requisito qualità”
sussiste soltanto quando l’importo dei
lavori che il concorrente intende assumere
richieda una classifica di qualificazione
per la quale il possesso del sistema di
qualità aziendale UNI EN ISO 9000 sia già
divenuto obbligatorio, secondo la cadenza
temporale disciplinata (in rapporto alle
classifiche) dall’art. 4 e dall’allegato B
del D.P.R. 25.01.2000, n. 34, ossia a
partire dalla classifica III e, quindi, per
importi superiori a euro 516.457,00.
Nel caso di specie l’importo dei lavori che
i concorrenti sono chiamati ad eseguire è
pari a € 863.950,78, per cui il bando
correttamente richiede la classifica III che
implica l’obbligo del possesso del requisito
della qualità.
Tuttavia, l’impresa istante System Co.E.S.
S.r.l. ha evidenziato di aver dichiarato, in
sede di gara, che per i lavori oggetto
dell’appalto avrebbe costituito un’ATI
orizzontale così composta: Capogruppo System
Co.E.S. S.r.l., che vi partecipa con una
percentuale del 60% pari a € 544.410,47,
qualificata in OG3, classifica II, e
Mandante ditta Vigilante Renato, che vi
partecipa con una percentuale del 40% pari a
€ 362.940,31, qualificata in OG3 classifica
II.
Ciò comporta, da un lato, che il
raggruppamento di che trattasi copre con le
iscrizioni possedute l’intero importo
dell’appalto, dall’altro lato che ciascun
componente del raggruppamento medesimo
(considerato l’incremento del quinto per la
capogruppo) esegue lavori per importi
ricompresi nella classifica II per la quale
l’art. 4 e l’allegato B del D.P.R.
25.01.2000, n. 34 prevedono l’esenzione
dall’obbligo del possesso della
certificazione di qualità.
Si evidenzia, peraltro, che questa Autorità,
proprio con specifico riguardo al possesso
del sistema di qualità nelle associazioni
temporanee di imprese ha ritenuto che
consentire la partecipazione ad un appalto
per il quale viene richiesta la classifica
III anche ad imprese riunite in possesso di
classifica I e II non risulta alterare la
par condicio tra i concorrenti che
partecipano alla gara in forma singola e in
forma associata, atteso che la ratio
della normativa in materia è proprio quella
di agevolare la partecipazione alle gare
delle imprese di piccole dimensioni, onde
evitare restrizioni del mercato degli
appalti (cfr.: parere n. 125 del
22.11.2007).
Ne consegue che il raggruppamento di che
trattasi, coprendo con le iscrizioni
possedute l'importo dell'appalto ed
eseguendo ciascun componente lavori per
importi ricompresi nella classifica II, può
partecipare alla gara anche se privo del
requisito della certificazione UNI EN ISO
9000, il cui possesso non è obbligatorio per
la classifica II in possesso delle due
imprese che lo costituiscono.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara della costituenda ATI orizzontale
System Co.E.S. S.r.l./ditta Vigilante Renato
non è conforme alla normativa di settore e
alla lex specialis di gara
(parere
08.10.2009 n. 106 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Erroneo inserimento offerta
economica nella documentazione
amministrativa.
Gara d'appalto - Documentazione
di gara - Erroneo inserimento busta offerta
economica nella busta della documentazione
amministrativa - Verifica erroneo
inserimento in seduta pubblica - Violazione
par condicio - Non sussiste - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
La problematica sottoposta a questa Autorità
con la prospettazione dei fatti
rappresentati, attiene alla valutazione
della correttezza dell’operato di una
Stazione Appaltante che ammetta alle
successive fasi della procedura di gara un
concorrente che, ai fini della
partecipazione alla gara, non abbia
presentato tre buste distinte, ma abbia
presentato la busta contenente l’offerta
economica, chiusa e sigillata, all’interno
della busta contenente la documentazione
amministrativa.
Al riguardo, occorre preliminarmente
accertare il contenuto delle statuizioni
della lex specialis in ordine alle
modalità di presentazione della domanda di
partecipazione, al fine di verificare
l’eventuale sussistenza di prescrizioni di
oneri formali, la cui violazione sia
sanzionata con l’esclusione e la cui portata
vincolante ne imponga una esecuzione
puntuale nel corso delle operazioni di gara.
Ciò in quanto è principio consolidato quello
secondo cui la portata vincolante delle
prescrizioni contenute nella lex
specialis produce l’effetto di esigere
che ad esse sia data puntuale esecuzione nel
corso della procedura di gara, senza che in
capo all’organo amministrativo cui compete
l’attuazione delle regole stabilite nel
bando, residui alcun margine di
discrezionalità in ordine al rispetto della
disciplina del procedimento (cfr. ex
multis parere AVCP n. 42 del 02.04.2009;
Consiglio di Stato sez. V sentenza n. 349
del 31.01.2006; TAR Veneto, Venezia, sez. I,
sentenza 31.03.2009 n. 1029).
A ciò consegue che nel caso in cui un bando
di gara prescriva in capo ai partecipanti
determinati oneri formali deve ritenersi che
si è inteso dare prevalenza al principio di
formalità collegato alla garanzia della par
condicio, che per l’effetto non può essere
superato dall’opposto principio del favor
partecipationis (Consiglio di Stato,
sez. V, sentenza n. 1822 del 27.03.2009).
Allo stesso modo occorrerà accertare se,
nonostante il fatto che le prescrizioni del
bando di gara non siano sanzionate con
l’esclusione, ad esse la Stazione Appaltante
non abbia in qualche modo voluto attribuire
una funzione a tutela di interessi
essenziali o che le stesse intendano
tutelare la par condicio dei concorrenti,
dal momento che in tale caso, l’eventuale
mancata indicazione della sanzione
dell’esclusione in caso di violazione di
specifiche prescrizioni all’interno del
bando di gara, non impedisce alla Stazione
Appaltante medesima di procedere comunque
all’esclusione del concorrente che ad esse
non abbia ottemperato.
Nel caso di specie la disciplina di gara,
nella sezione relativa alle “modalità di
presentazione e ai criteri di ammissibilità
delle offerte” prevede espressamente che
i plichi contenenti la documentazione
amministrativa e la busta contenente
l’offerta economica, pena l’esclusione dalla
gara, devono pervenire esclusivamente
tramite raccomandata/posta celere del
servizio Poste Italiane entro e non oltre le
13.00 del giorno 29.01.2009. E’ inoltre
previsto che i plichi devono essere
idoneamente sigillati con ceralacca,
controfirmati sui lembi di chiusura e devono
recare all’esterno –oltre all’esatta ragione
sociale del mittente e al suo indirizzo– il
numero di telefono, fax, in numero di codice
dell’appalto, l’oggetto dell’appalto,
l’importo, il numero di codice fiscale, il
codice attività e la partita iva
dell’impresa concorrente, il giorno e l’ora
dell’espletamento della gara.
Essi devono contenere al loro interno tre
buste, “a pena di esclusione tutte
sigillate con ceralacca e controfirmate sui
lembi di chiusura, recanti l’intestazione
del mittente e l’indicazione del numero di
codice dell’appalto”, di cui una
contenente la documentazione amministrativa
(Busta A), una contenente l’offerta
economica (Busta B) e una contenente i
giustificativi dell’offerta economica (Busta
C).
Dalla lettura delle prescrizioni della
lex specialis appare dunque chiaro che
le condizioni da rispettare a pena di
esclusione sono riferite unicamente
all’utilizzo del solo mezzo postale per far
pervenire i plichi e alla modalità di
presentazione dei plichi e delle buste in
essi contenute, appositamente sigillati e
controfirmati a tutela della segretezza del
loro contenuto e riportanti il nominativo
del concorrente e il codice dell’appalto, ai
fini dell’imputabilità delle stesse ad un
unico soggetto e alla gara cui esso
partecipa.
Con specifico riferimento alla buste,
quindi, l’unica prescrizione prevista a pena
di esclusione consiste nel fatto che le
stesse siano sigillate e controfirmate e
riportino la diciture specifica al fine di
riconoscerne il contenuto.
Pertanto, la scelta operata dalla Stazione
Appaltante di ammettere alle successive fasi
della procedura un concorrente che
apparentemente aveva presentato solo due
buste anziché tre, ovvero la busta A e la
busta C, in quanto aveva per errore inserito
la busta B, comunque presente nel plico,
all’interno della Busta A, avendo in ogni
caso avuto cura di firmarla, sigillarla e
intestarla al mittente, imputarla al codice
gara e denominarla con la dicitura busta B -
Offerta Economica, non sembra configgere con
le specifiche prescrizioni di gara poste a
pena di esclusione.
Occorre, pertanto, accertare l’eventualità
che tale mancata esclusione possa aver leso
la tutela di specifici interessi essenziali
perseguiti dalla Stazione Appaltante o violi
il principio di par condicio tra i
concorrenti.
Al riguardo e alla luce dei fatti
rappresentati anche dai verbali di gara, si
evince che in seduta pubblica, al momento
dell’apertura dei plichi presentati dalla
Effeser S.r.l., la Commissione di gara,
accertava la mancanza della Busta B e,
considerato che il rappresentante legale
della società medesima, toccando con mano la
Busta A sosteneva che la Busta B, contenente
l’offerta economica, si trovava nella Busta
A e chiedeva di fermare le operazioni di
gara e far verificare quanto sostenuto alla
competenti autorità, decideva di sospendere
l’intera procedura provvedendo a sigillare
tutti i plichi pervenuti.
Quindi, alla riapertura delle operazioni di
gara, alla quale erano presenti i
rappresentanti legali delle imprese
partecipanti, la Commissione, in relazione
all’offerta presentata dalla Effeser S.r.l.,
decideva di aprire la Busta A contente la
documentazione amministrativa, ritrovava in
essa la Busta B ed ammetteva, pertanto, la
Effeser S.r.l. alle successive fasi della
procedura.
Ebbene, la scelta operata dalla Stazione
Appaltante, finalizzata ad ampliare il più
possibile la partecipazione alla procedura
di gara, non appare in conflitto con il
principio di par condicio dei concorrenti,
dal momento che non solo la verifica della
presenza della Busta B all’interno della
Busta A è avvenuta in seduta pubblica e
quindi nel pieno rispetto del principio di
trasparenza dell’attività amministrativa, ma
è stato anche accertato che i plichi
custoditi durante la sospensione delle
operazioni di gara non erano stati manomessi
e che la Busta B, estratta dalla Busta A, al
pari delle buste presentate dagli altri
concorrenti, rispettava le prescrizioni di
sigillatura e controfirmatura prescritti dal
bando, salvaguardando in tal modo il rischio
di integrare una disparità di trattamento
rispetto agli altri concorrenti.
Né si è così realizzata una lesione di uno
specifico interesse sostanziale
dell’Amministrazione, dal momento che la
segretezza delle offerte e la relativa
imputabilità al concorrente era stata
preservata e salvaguardata e, pur avendo
aperto la Busta A al fine di verificarne il
contenuto ed accertare l’eventuale presenza
della Busta B, la Commissione di gara non ha
in tal modo invertito la normale sequenza di
svolgimento della procedura, dal momento
che, una volta rinvenuta la Busta B e
verificatane l’integrità, l’ha messa da
parte procedendo ad accertare le
dichiarazioni contenute nella Busta A ed
ammettere la società Effeser S.r.l. alla
gara.
E’ stata pertanto preservata la fondamentale
sequenza procedimentale di eseguire la
valutazione dell’offerta in due tempi,
separando il momento valutativo della
documentazione amministrativa da quello
dell’offerta economica, lasciano l’offerta
segreta fino all’esame dei documenti
prescritti dalla lex specialis,
evitando, in tal modo, possibili influenze
della Commissione di gara, dovute alla
preventiva conoscenza dell’offerta,
tutelando, così, l’imparzialità dell’azione
e la par condicio dei concorrenti.
Pertanto, l’operato dell’ANAS, volto a dare
un’interpretazione finalistica alle
prescrizioni del bando, piuttosto che una
lettura formalistica, appare conforme alla
ratio della procedura ed è in ogni
caso ispirata al principio del favor
partecipationis, senza incorrere in
alcun caso nella violazione dei principio di
par condicio e trasparenza (cfr. in tal
senso, Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza
n. 3000 del 15.05.2009).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il provvedimento
adottato dall’ANAS di ammettere alla gara la
società Effeser S.r.l. è conforme ai
principi in materia di contratti pubblici
(parere
08.10.2009 n. 96 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Affidamento servizi di
progettazione di importo inferiore a 100.000
euro.
Servizi di progettazione -
Affidamento servizi di importo inferiore a
100.000 euro - Disciplina ex art. 91, c.2,
dlgs. 163/2006 - Criteri di selezione
professionista - Necessità di analitica e
rigorosa predeterminazione elementi e
subelementi di valutazione - Va esclusa -
Ragioni.
Ritenuto in diritto:
Alla luce dei parametri di legittimità
desumibili dalla determinazione di questa
Autorità n. 1 del 19.01.2006, ancor oggi
attuali, il procedimento di evidenza
pubblica per l’affidamento dell’incarico
professionale in oggetto, siccome esperito
dal Comune di ITRI non presta il fianco a
censure.
Invero, sotto nessuno dei profili in quella
determinazione evidenziati le doglianze
dell’istante possono essere positivamente
apprezzate.
Si tratta, nel caso all’esame,
dell’affidamento di servizi di ingegneria di
importo stimato inferiore a 100.000 euro,
com’è agevole desumere dagli stessi
riferimenti normativi del Bando versato in
atti: l’art. 91, co. 2, del D.Lgs.
n.163/2006 (d’ora in avanti denominato
“Codice”) –secondo cui “gli incarichi di
progettazione, di coordinamento della
sicurezza in fase di progettazione, di
direzione dei lavori, di coordinamento della
sicurezza in fase di esecuzione e di
collaudo…di importo inferiore alla soglia di
cui al comma 1 (100.000 euro n.d.r.)
possono essere affidati dalle stazioni
appaltanti, a cura del responsabile del
procedimento…nel rispetto dei principi di
non discriminazione, parità di trattamento,
proporzionalità e trasparenza, e secondo la
procedura prevista dall'articolo 57, comma
6; l'invito è rivolto ad almeno cinque
soggetti, se sussistono in tale numero
aspiranti idonei”– e, per l’appunto,
l’art. 57, co. 6, del Codice –secondo cui “ove
possibile, la stazione appaltante individua
gli operatori economici da consultare sulla
base di informazioni riguardanti le
caratteristiche di qualificazione economico
finanziaria e tecnico organizzativa desunte
dal mercato, nel rispetto dei principi di
trasparenza, concorrenza…Gli operatori
economici selezionati vengono
contemporaneamente invitati a presentare le
offerte oggetto della negoziazione, con
lettera contenente gli elementi essenziali
della prestazione richiesta. La stazione
appaltante sceglie l'operatore economico che
ha offerto le condizioni più vantaggiose,
secondo il criterio del prezzo più basso o
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
previa verifica del possesso dei requisiti
di qualificazione previsti per l'affidamento
di contratti di uguale importo mediante
procedura aperta, ristretta, o negoziata
previo bando”.
E’ noto che il principio di concorrenza e
quelli di radice comunitaria (che ne
rappresentano attuazione e corollario) di
trasparenza, non discriminazione e parità di
trattamento, che hanno trovato recepimento
espresso nel diritto interno (come, per
l’appunto, nell’art. 91, co. 2, del Codice),
costituendo principi fondamentali anche per
il nostro ordinamento ex art.1, co. 1, della
legge 241/90, si elevano a principi generali
di tutti i contratti pubblici e sono
direttamente applicabili, a prescindere
dalla ricorrenza di specifiche norme
comunitarie od interne ed in modo prevalente
rispetto ad eventuali disposizioni interne
di segno contrario (cfr. ex multis:
TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II,
21.05.2008, n. 1978).
Il precedente normativo in subiecta
materia è costituito dall’art. 17, comma 12,
della legge 109/1994, così come modificato
dalla legge n. 65/2005 in ottemperanza al
pronunciamento della Commissione europea che
ebbe a censurare la mancata previsione di
alcun onere minimo di messa in concorrenza e
l’assenza di alcuna forma di pubblicità,
atta a consentire un confronto
concorrenziale fra i soggetti potenzialmente
interessati alla prestazione del servizio.
In osservanza a detti rilievi, il
legislatore nazionale ha eliminato la
possibilità dell’affidamento diretto su base
fiduciaria degli incarichi per importo
inferiore a 100.000 euro, facendo espresso
richiamo all’obbligo da parte delle stazioni
appaltanti del rispetto dei principi di non
discriminazione, parità di trattamento,
proporzionalità e trasparenza.
Ciò si è tradotto, per quanto rileva in
questa sede, nell’instaurazione di una
apposita procedura negoziata (previa
pubblicazione di apposito Bando -che nella
fattispecie è stata effettuata alla stregua
di opzione strumentale alla ricerca di
qualificate manifestazioni di interesse-
nelle spedite forme dell’Albo pretorio e del
sito internet della stazione appaltante),
con la quale si è proceduto ad una verifica
preliminare tesa alla selezione -mediante
l’applicazione dei criteri selettivi
discrezionalmente enunciati nel Bando- di
cinque candidati ammessi a presentare la
successiva offerta economica, per
l’affidamento dell’incarico secondo il
prescelto criterio del prezzo più basso.
La preliminare richiesta del possesso dei
requisiti suddetti per la partecipazione
alla procedura negoziata di che trattasi è
avvenuta nel pieno rispetto del principio di
proporzionalità, risultando strettamente
connessa alla tipologia ed all'importo
dell'incarico di che trattasi, inferiore
alla soglia dei 100.000 euro, senza peraltro
comportare il pericolo di una indebita
restrizione della concorrenza. Nessuna
necessità ulteriore –dato il criterio
automatico (prezzo più basso) di
aggiudicazione prescelto dalla S.A.– è dato
rinvenire nella fattispecie per divisare il
fondamento di una distinta predeterminazione
di criteri di valutazione delle offerte
rapportati alla tipologia e all’importo
dell’incarico, altrimenti ravvisabile nel
caso di un incarico di maggior importo e
complessità.
Per questo è bastevole rappresentare che
nell’avviso di selezione in argomento sono
stati indicati i requisiti minimi di
idoneità professionale richiesti dalla
stazione appaltante per assumere l’incarico
in questione, in modo tale da consentire
agli aspiranti, in assoluta condizione di
parità, di dimostrare -tramite il
curriculum- il possesso di una esperienza
adeguata rapportata alla tipologia e
all’importo dell’incarico. Essendo, inoltre,
il criterio di aggiudicazione prescelto
quello del prezzo più basso, non era
necessario che la S.A. fissasse ulteriori
distinti criteri e sub-criteri di merito
comparativo per la selezione dei cinque
professionisti da invitare successivamente a
formulare l’offerta economica, così come
preteso dall’istante sulla falsariga del
distinto criterio di aggiudicazione
costituito dall’offerta economicamente più
vantaggiosa ex art. 83 del Codice. E’ solo
in relazione a quest’ultimo criterio,
infatti, che va tenuto distinto il merito
tecnico dell’offerta da valutarsi nella fase
di affidamento, con riguardo alle
caratteristiche qualitative dei progetti
presentati, che l’offerente ritenesse
rappresentativi della propria capacità
progettuale, in rapporto a quella degli
altri concorrenti.
Del resto, diversamente da quanto preteso al
riguardo dall’istante, questa Autorità ha
già avuto modo di statuire, con le
deliberazioni n. 43/2007 e n. 86/2007, che
l’avviso deve riportare i criteri di
selezione dei curricula, senza la
necessità di un'espressa e puntuale
predeterminazione dei pesi ponderali
assegnati a ciascun criterio.
Dalle considerazioni sopra riportate emerge,
dunque, che la normativa cui fa riferimento
il Bando, imponeva alla stazione appaltante
l'esperimento di una previa procedura di
tipo comparativo per l’individuazione di
cinque candidati da ammettere alla
successiva fase dell’offerta economica,
assistita da una adeguata pubblicità.
Al riguardo, come espresso da questa
Autorità con le determinazioni n. 18/2001 e
n. 30/2002, per “adeguata pubblicità”
deve intendersi quella pubblicità che,
seppure semplificata, risulti funzionale
allo scopo di raggiungere la più ampia sfera
di potenziali professionisti interessati
all’affidamento, in relazione all’entità ed
all’importanza dell’incarico: ciò che è
avvenuto nella fattispecie, tenuto conto
dell’importo e della tipologia
dell’incarico.
Inoltre, per quanto attiene al procedimento
di selezione dei candidati, la stazione
appaltante ha puntualmente indicato nel
Bando gli elementi sui quali si sarebbe
basata. Si è trattato, in tutta evidenza, di
oggettivi criteri curriculari di confronto
comparativo, proporzionati all’incarico da
conferire ed alle caratteristiche proprie
della procedura negoziata prescelta.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la
procedura posta in essere dal Comune di ITRI
per l’affidamento dell’incarico in oggetto è
conforme alla normativa di settore
(parere
08.10.2009 n. 95 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sulla violazione dell'art. 38, c.
1, lett. i), dlgs 163/2006 in materia di
regolarità contributiva nell'ipotesi in cui
il predetto requisito difetti in capo
all'impresa ausiliaria.
Sull'adempimento tardivo gli obblighi
contributivi.
Nell'ambito delle procedure di affidamento
relative ad appalti di lavori, servizi e
forniture, è legittima l'esclusione di un
concorrente che abbia commesso violazioni
gravi, definitivamente accertate, alle norme
dettate in materia di contributi
previdenziali ed assistenziali, ai sensi
dell'art. 38, c. 1, lett. i), d.lgs 163/2006
(Codice dei contratti pubblici) anche
laddove, come nel caso di specie, la
suddetta violazione sia stata commessa
dall'impresa di cui la concorrente si è
avvalsa ai sensi dell'art. 49 dlgs 163/2006.
E legittima l'esclusione di un concorrente
per violazione delle norme sui contributi
previdenziali ed assistenziali, anche
nell'ipotesi in cui l'operatore escluso
dalla gara abbia adempiuto alle proprie
obbligazioni soltanto in un momento
successivo, giacché l'affidabilità di
un'impresa è provata, tra le altre, da una
regolarità contributiva che si mantenga
costante per tutta la durata dello
svolgimento della gara.
Difetta, in capo alla stazione appaltante,
il potere di verifica in ordine alla
regolarità contributiva dei concorrenti, in
quanto siffatta attività rientra nella
competenza degli enti previdenziali, le cui
risultanze assumono valore di dichiarazioni
di scienza, rientrando, in tal modo, nel
novero delle attestazioni redatte da un
pubblico ufficiale, e per le quali la P.A.
non ha alcun autonomo potere di valutazione
in ordine al relativo contenuto (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 24.11.2009 n. 11599 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Demolizione ordinata dal giudice.
L’ordine di
demolizione impartito dal giudice penale ai
sensi dell’ari. 31, comma 9. del TU. n.
380/2001, assolvendo ad un’autonoma funzione
ripristinatoria del bene giuridico leso, ha
natura di provvedimento accessorio rispetto
alla condanna principale e costituisce
esplicitazione di un potere sanzionatorio,
non residuale o sostitutivo ma svincolato
rispetto a quelli dell’autorità
amministrativa, attribuito dalla legge al
giudice penale.
Deve ritenersi definitivamente superata,
infatti, in materia urbanistica, la visione
di un giudice supplente dell’Amministrazione
pubblica. Lo stesso territorio costituisce
l’oggetto della tutela posta dalla normativa
penale urbanistica ed a tale tutela
sostanziale si riconnette l’attribuzione al
giudice del potere di disporre provvedimenti
ripristinatori specifici qualora perduri la
situazione offensiva dell’interesse protetto
dalla norma penale.
Se, dunque, il potere di ordinare la
demolizione attribuito al giudice penale,
pur essendo di natura amministrativa, è
rivolto al ripristino del bene tutelato in
virtù di un interesse (anche di prevenzione)
correlato all‘esercizio della potestà di
giustizia, il provvedimento conseguente
compreso nella sentenza passata in
giudicato, al pari delle altre statuizioni
della sentenza medesima, è assoggettato
all’esecuzione nelle forme previste dagli
artt. 655 e seguenti del codice di procedura
penale.
L’organo promotore dell’esecuzione va
identificato, pertanto, nel pubblico
ministero, il quale -ove il condannato non
ottemperi all’ingiunzione a demolire- dovrà
investire il giudice dell’esecuzione al fine
della fissazione delle concrete modalità
esecutive (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 20.11.2009 n. 44898 -
link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
La P.A. è cattivo pagatore.
Cassazione cambia rotta sul credito.
Questa volta a scriverlo, nella
sentenza 20.11.2009 n.
24526, è la Corte di Cassazione,
Sezione tributaria.
I giudici, chiamati a decidere su un ricorso
del ministero dell'economia e finanze nei
confronti di una società, riconoscono che «deve
essere abbandonato l'indirizzo
giurisprudenziale secondo cui gli interessi
di mora deducibili ai sensi dell'articolo 71
del Tuir sono quelli per cui è normalmente
ammessa la deducibilità e non anche quei
crediti che seppur incerti rispetto al tempo
dell'incasso non possono considerarsi a
rischio di insolvenza, quando il debitore
abbia natura e veste pubblica».
Per i giudici la fotografia dei rapporti tra
pubblica amministrazione e imprese è diversa
ora, «lo stato di insolvenza del debitore
(...) deve essere rapportato alla situazione
fattuale che vede gli enti pubblici pagare
con enorme ritardo».
E i giudici forniscono anche le ragioni dei
ritardi della pubblica amministrazione, le
cause del ritardo sono infatti da ricercare,
«dal cosiddetto patto di stabilità alla
progressiva riduzione delle risorse
provenienti dal bilancio statale»: e nel
rapporto tra pubblica amministrazione e
impresa, quest'ultima è tenuta a sopportare
, «per un tempo non definito né
definibile», scrivono i giudici, «oneri
bancari di entità ben superiore agli
interessi legali che le verranno
successivamente riconosciuti e ciò
costituisce un incontestabile rischio per le
potenzialità economica dell'attività
imprenditoriale».
Nella sentenza i giudici sottolineano che a
suo tempo la corte aveva fissato un
principio che però vista la situazione
odierna dei ritardi nei pagamenti è il
momento di rivedere, riconoscendo quindi una
possibilità in precedenza preclusa per i
debiti di un ente pubblico per definizione
sempre solvibile, di iscrizione del credito
nella voce di accantonamento rischi su
crediti.
Nella sentenza poi si affronta anche
l'aspetto, questo invece pacifico, di quando
iscrivere i costi del credito in bilancio.
Per la sentenza è stato corretto inserire
secondo il principio di competenza i costi
non al momento della ricezione delle fatture
ma nel momento in cui il debito è sorto, un
debito soggetto a revisione e a definizione
consensuale (articolo ItaliaOggi del
24.11.2009, pag. 25). |
LAVORI PUBBLICI:
PERCENTUALI MINIME AL FINE DELLA
QUALIFICAZIONE IN CASO DI RAGGRUPPAMENTI
ORIZZONTALI.
1.- Appalto di lavori -
Associazione temporanea - Mandatario - Art.
95 co. 2, D.P.R. n. 554/1999 - Requisito di
ammissibilità - 40% dell'importo complessivo
dell'appalto - Applicazione art. 3, D.P.R.
n. 34/2000 - Non sussiste.
2.- Appalto di
lavori - Aggiudicazione - Contratto a favore
di una associazione temporanea di imprese -
Impugnazione - Notifica - Alla sola società
mandataria - Ammissibilità.
1.-
In base all'art. 95, co. 2, D.P.R. n.
554/1999, che regola il rapporto percentuale
che deve intercorrere, in sede di
qualificazione, tra le imprese mandanti e
l'impresa mandataria, l'associazione risulta
validamente costituita e può essere ammessa
se la mandataria possiede almeno il 40%
dell'importo complessivo dell'appalto e le
mandanti almeno il 10%, ma detta soglia
minima ai fini della qualificazione deve
sussistere a prescindere dal ricorso al
beneficio dell'incremento del quinto, di cui
all'art. 3 co. 2, D.P.R. n. 34/2000.
2.-
In caso di impugnativa dell'atto di
aggiudicazione di un contratto a favore di
una associazione temporanea di imprese,
l'onere di notifica al controinteressato
deve intendersi assolto con la notificazione
alla sola società mandataria, quale punto di
riferimento unitario del costituendo
raggruppamento, idoneo come tale, grazie
allo speciale potere di rappresentanza
attribuito alla capogruppo, a rendere idonea
l'instaurazione del giudizio nei confronti
di tutte le imprese associate (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 20.11.2009 n. 2961 -
link a http://mondolegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Responsabilità del
direttore dei lavori.
La mera
qualità di direttore dei lavori con
riferimento ad attività edilizia non
comporta alcun obbligo di vigilanza e
denuncia in relazione alla violazione della
normativa sui rifiuti (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 19.11.2009 n. 44457 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità, per la
stazione appaltante, di prevedere requisiti
di partecipazione ulteriori e più rigorosi
di quelli prescritti dalla legge.
In materia di gare d'appalto ed affidamento
di servizi pubblici, è legittima la clausola
di un bando che, ai fini dell'aggiudicazione
della gara, prescriva il possesso -in capo
ai concorrenti- di requisiti di
partecipazione più rigidi rispetto a quelli
indicati dalla legge, purché gli stessi non
risultino discriminanti e sproporzionati
rispetto alla normativa di settore; ciò in
quanto le previsioni contenute nella
legislazione di settore stabiliscono una
semplice presunzione circa il possesso dei
requisiti richiesti ai fini della
partecipazione alla gara e che, quindi, ben
possono essere derogati ed incrementati
dalla stazione appaltante, in virtù delle
peculiari caratteristiche del servizio
affidato; pertanto, nel caso di specie, il
potere discrezionale così esercitato
dall'Amministrazione committente è da
ritenersi pienamente legittimo (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.11.2009 n. 7247 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità della clausola
di un bando di gara che, per lo svolgimento
del servizio di smaltimento dei rifiuti in
un'area portuale, prescriva, in capo ai
concorrenti, il solo requisito
dell'iscrizione nel registro delle imprese
di pulizia.
Sulla possibilità, per un'impresa
concorrente, di attestare il possesso dei
requisiti di idoneità, professionalità e ed
esperienza successivamente al termine di
scadenza fissato dal bando per la
presentazione delle offerte.
In materia di appalti per l'affidamento dei
servizi di pulizia e smaltimento rifiuti da
eseguirsi presso aree esterne (nella specie:
area portuale di Brindisi), è illegittima la
clausola del bando che preveda, quale
requisito essenziale ai fini della
partecipazione alla gara, la sola iscrizione
dell'impresa concorrente al registro delle
pulizie; ciò in quanto i servizi aventi ad
oggetto attività di pulizia da svolgersi in
ambienti esterni sono da ricondursi alla
categoria "gestione dei rifiuti",
settore per il quale, ai sensi dell'art. 212
del d.lvo n. 152/2006, c.d. codice
ambientale,le pubbliche amministrazioni
devono affidarsi ad operatori dotati di
competenza ed affidabilità tali da
consentire un'adeguata tutela dell'ambiente;
garanzia minima di un buon livello di
professionalità è data dall'iscrizione delle
concorrenti nell'apposito albo dei gestori
ambientali.
E' inammissibile la presentazione tardiva,
da parte di un'impresa concorrente, della
documentazione necessaria ad identificarne
il possesso dei requisiti richiesti ai fini
della partecipazione alla gara, giacché i
criteri di selezione stabiliti dal bando
devono risultare sussistenti già nella fase
precedente alla valutazione delle offerte,
onde consentire all'amministrazione
committente di accertare la potenziale
idoneità dei concorrenti ad eseguire la
prestazione oggetto dell'appalto (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 19.11.2009 n. 2799 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle modalità di organizzazione
e di gestione del servizio idrico integrato.
Il D. Lgs. 03/04/2006 n. 152 (c.d. codice
dell'ambiente) in materia di servizio idrico
integrato, completando il percorso delineato
dai precedenti provvedimenti legislativi
mediante il riconoscimento della personalità
giuridica in capo all'Autorità d'Ambito,
prevede la partecipazione obbligatoria degli
Enti locali del territorio (salvo per i
Comuni con popolazione inferiore a 1000
abitanti facenti parte di una Comunità
montana) e l'espresso trasferimento
all'Autorità delle competenze spettanti ai
Comuni in materia di programmazione delle
infrastrutture e di gestione delle risorse
idriche (art. 148 c. 1). Spetta invece alle
Regioni e alle Province autonome la
disciplina delle forme e dei modi della
cooperazione tra gli Enti locali ricadenti
nel medesimo ambito ottimale, assolto
l'obbligo di costituire l'Autorità "cui è
demandata l'organizzazione, l'affidamento e
il controllo della gestione del servizio
idrico integrato" (art. 148, c. 2).
Lo strumento cui avvalersi per la
programmazione degli interventi anche sotto
il profilo economico-finanziario e per la
definizione del modello gestionale e
organizzativo è il Piano d'ambito, approvato
dall'Autorità ai sensi dell'art. 149 del
citato D. Lgs. n. 152/2006. In definitiva la
scelta del legislatore statale e regionale è
quella di superare le frammentazioni e di
attribuire ad un unico Ente l'esercizio
delle funzioni in materia di servizio idrico
integrato, secondo le regole proprie della
collegialità elaborate dalla Regione (art.
48 c. 3 L.R. Lombardia 26/2003 così come
modificato dalla L.R. 18/2006).
Pertanto, non può essere riconosciuto ad
alcun Comune il potere di autodeterminarsi
sull'organizzazione e sulla gestione del
servizio idrico integrato, in quanto ogni
decisione in tal senso deve avvenire
all'interno dell'Autorità d'ambito e secondo
le sue regole di funzionamento: in buona
sostanza le determinazioni dell'Autorità
assumono portata vincolante sull'intero
territorio provinciale in virtù di una
precisa scelta legislativa.
La singola amministrazione locale non può,
dunque, intraprendere percorsi autonomi e
scegliere modalità di gestione diverse da
quelle individuate dall'Autorità: per questo
motivo, ove non aderisca, esso non ha
interesse a contestare le determinazioni da
quest'ultima legittimamente assunte né può
far valere un interesse di tipo strumentale,
avendo assunto sotto la propria
responsabilità la decisione espressa di non
farne parte e pertanto non potendo
pretendere di imputare all'Ente
sovracomunale le conseguenze di una propria
autonoma scelta (TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 19.11.2009 n. 2238 -
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LAVORI PUBBLICI:
Sulla possibilità, per l'impresa
aggiudicataria di una gara pubblica, di
subappaltare i lavori laddove la stessa
difetti delle qualifiche necessarie ai fini
dell'esecuzione di opere ad alto contenuto
tecnologico.
Nell'ipotesi di un bando di gara avente ad
oggetto l'esecuzione di opere ad elevato
contenuto tecnologico o di rilevante
complessità tecnica, è fatto divieto -all'impresa
aggiudicataria della gara- di subappaltare
l'esecuzione dei lavori per ovviare alla
carenza delle necessarie qualifiche all'uopo
richieste, laddove il subappalto oltrepassi
i limiti quantitativi prescritti dall'art.
37, c. 11 del dlgs 163/2006, come modificato
dal correttivo ex dlgs 152/2008.
La predeterminazione legale di un limite
quantitativo per il ricorso al subappalto
nelle categorie specializzate corrisponde ad
un'equa tutela dell'esigenza di controllo
della qualità degli operatori economici, in
relazione a prestazioni particolarmente
significative, di cui è portatrice la
stazione appaltante (TAR Calabria-Reggio
Calabria,
sentenza 18.11.2009 n. 1048 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Sospensione condizionale e
demolizione.
Il giudice,
nella sentenza di condanna, può subordinare
il beneficio della sospensione condizionale
della pena alla demolizione dell’opera
abusiva, in quanto il relativo ordine ha la
funzione di eliminare le conseguenze dannose
del reato e si tratta di una sanzione
amministrativa esercitata dal giudice penale
con un potere autonomo.
Il fatto che sia stata affermata la
necessità di “coordinare” l’esercizio
di tale potere -revocabile sino alla fase
esecutiva con eventuali altri interventi
della P.A.- non equivale a precluderlo a
priori.
Conseguentemente, l’intervenuta sospensione
dell’analogo provvedimento da parte del TAR
non si riverbera sulla competenza del
giudice penale (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 17.11.2009 n. 43862 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
BOSCHI E FORESTE - INCENDI - Aree
percorse dal fuoco - Divieti, sanzioni e
prescrizioni - Art. 10 L. n. 353/2000 -
Ambito oggettivo di applicazione della norma
- Zone boscate e pascoli - Zone arborate
cespugliate - Esclusione - Fattispecie -
Coltivazione ad uliveto.
Dalla lettura degli artt. 2 e 10, cc. 1 e 2
della legge quadro sugli incendi boschivi
(L. n. 353 del 2000) emerge che la
definizione di “incendio boschivo” di cui
all’art. 2 si riferisce ad aree (boscate,
cespugliate o arborate) più ampie di quelle
richiamate nel comma 1 dell’art. 10 che
limita, invece, l’applicazione dei divieti,
prescrizioni e sanzioni soltanto a “zone
boscate e pascoli i cui soprassuoli”
sono stati percorsi dal fuoco, cioè un
insieme di aree naturali e vegetali più
delimitato rispetto a quello di cui sopra.
Ne deriva che l’ambito oggettivo di
applicazione della norma speciale è più
limitato e riguarda le sole zone boscate e
pascoli (e non le zone arborate).
A ciò va aggiunto che nella definizione di “bosco”
il legislatore sia ha previsto una
equiparazione dello stesso alla foresta e
alla selva (art. 2, comma 1, D.Lgs.
18.05.2001, n. 227) ed ha individuato alcune
fattispecie assimilate a bosco (art. 2,
comma 3, D.Lgs. n. 227 del 2001), inoltre ha
distinto la vegetazione forestale da quella
arbustiva (art. 3, commi 3 e 4, L.R. n. 39
del 2002), definendo così una disciplina
unitaria e coordinata per i boschi e le aree
boscate (fattispecie relativa ad area
coperta da coltura agraria - oliveto e
vigneto) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 17.11.2009 n. 11242 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Impianti eolici - Autorizzazione
all’installazione - Comune - Sospensione
sine die - Illegittimità - D.lgs. n.
387/2003.
Il Comune non può bloccare l’istallazione
degli impianti eolici sine die. Un potere di
sospensione sine die è in genere
vietato dall’ordinamento; deve ritenersi a
maggior ragione inammissibile qualora il
legislatore abbia inteso, come con il d.lgs.
n. 387/2003, accelerare -per di più entro un
termine perentorio- e semplificare
determinate procedure.
Ed infatti, la giurisprudenza ha già
affermato che il blocco sine die
degli impianti eolici non può essere
consentito (C. Cost. n. 364/2006; Tar
Molise, n. 20/2007).
Impianti eolici - Installazione -
Comune - Determinazione assunta al di fuori
della conferenza di cui al d.lgs. n.
387/2003 - Illegittimità - Incompetenza -
Autorizzazione regionale.
Avendo il legislatore previsto, con il
d.lgs. n. 387/2003, una conferenza
unificata, in cui tutte le Amministrazioni
coinvolte debbono esprimere le proprie
valutazioni, il Comune non può decidere
autonomamente, al di fuori di tale
conferenza, di vietare l’istallazione degli
impianti eolici.
Inoltre, come si evince dall’art. 12 co. 3
d.lgs. n. 387/2003, l’ente competente a
rilasciare (o a negare) l’autorizzazione è
la Regione, o un ente delegato dalla
Regione: sicché il Comune deve essere
ritenuto incompetente (TAR Campania-Napoli,
Sez. VII,
sentenza 17.11.2009 n. 7547 -
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URBANISTICA:
MODIFICHE REGIONALI ILLEGITTIME
AL P.R.G..
1.- Piani
urbanistici - Regolatore generale - Regione
- Approvazione con modifiche - Nei soli casi
tassativamente indicati dall'art. 45, L.R.
n. 61/1985.
2.- Piani urbanistici -
Regolatore generale - Modifica - Beni mai
qualificati di interesse paesaggistico -
Vincolo - Assenza - Competenza - Non
sussiste.
3.- Giudizio amministrativo - Cautelare -
Ordinanza - Effetti - Sospensione delle
modifiche d'ufficio apportate dalla Regione
al P.R.G. - Fattispecie.
1.-
La Regione può approvare il piano regolatore
introducendo modifiche d'ufficio solo nelle
ipotesi tassativamente indicate dall'art.
45, L.R. n. 61/1985
2.-
La Regione non può modificare d'ufficio il
piano regolatore invocando la propria
competenza in materia di paesaggio su beni
che formalmente non sono mai stati
qualificati d'interesse paesistico, né tale
prerogativa può riconoscersi, in assenza di
specifico vincolo, al PTRC.
Anche a voler ritenere sussistente una
potestà della Regione in tal senso, essa non
sarebbe comunque idonea, nel caso specifico,
a legittimare l'introduzione di modifiche
d'ufficio, in quanto esercitata in assenza
di un minimo di supporto motivazionale che
desse conto dell'impatto negativo della
nuova previsione urbanistica sulle esigenze
di protezione della zona.
3.-
La sospensione in via giudiziale, con
ordinanza cautelare delle modifiche
d'ufficio apportate dalla Regione ad un'area
di proprietà privata, comportano non già la
momentanea inefficacia soltanto delle
predette modifiche e l'approvazione pura e
semplice della variante al P.R.G. senza le
contestate modifiche, bensì la temporanea
cristallizzazione degli effetti dell'atto
approvativo nella sua complessiva
formulazione e configurazione (il Collegio
ritiene, dunque, errata la censura sollevata
da parte ricorrente secondo la quale
l'ordinanza n. 495/2008 con cui l'intestato
Tribunale, accogliendo la proposta istanza
cautelare, aveva sospeso la delibera
regionale di approvazione della variante
nella parte in cui aveva modificato
d'ufficio la destinazione urbanistica
attribuita dal Comune all'area di sua
proprietà, avrebbe inciso non già
sull'approvazione dello strumento
urbanistico, ma esclusivamente sulle
modifiche d'ufficio apportate alla
classificazione dell'area, permanendo
l'efficacia approvativa dell'intero piano)
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 17.11.2009 n. 2949 -
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INCARICHI PROGETTUALI:
Requisiti tecnico-finanziari di
partecipazione - Mancanza di specifica
prescrizione di gara - Possibilità di
ricorrere all’istituto dell’avvalimento -
Sussistenza.
Anche in mancanza di specifica prescrizione
del bando di gara, è possibile ricorrere
all’istituto dell’avvalimento, ai fini della
dimostrazione del possesso dei requisiti di
ordine tecnico-finanziario di partecipazione
(Cons. Stato, sez. VI, 22.04.2008, n. 1856)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.11.2009 n. 7054 -
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APPALTI:
Riapertura del procedimento di
gara - Potere di autotutela - Procedimento
unico - Comunicazione della riapertura -
Necessità - Esclusione.
La riapertura del procedimento di gara ai
fini dell'esercizio del potere di autotutela
volto ad eliminare illegittimità
precedentemente verificatesi non costituisce
un nuovo procedimento amministrativo,
essendo unico il procedimento di gara per la
scelta del contraente nei pubblici appalti
che ha inizio con il bando di gara e si
conclude solo con l'aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che non è
necessaria la comunicazione della riapertura
del procedimento di gara e delle successive
attività della commissione ma solo la
comunicazione della data in cui la
commissione procede al riesame (Consiglio
Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5360).
Commissione di gara - Organo
straordinario e temporaneo - Attività -
Rilevanza esterna - Approvazione da parte
degli organi competenti dell’amministrazione
aggiudicatrice - Aggiudicazione definitiva -
Potere di autotutela.
La commissione di gara è un organo
straordinario e temporaneo
dell'amministrazione aggiudicatrice (C.d.S.,
sez. IV, 04.02.2003, n. 560; C.G.A.,
06.09.2000, n. 413) e non già una figura
organizzativa autonoma e distinta rispetto
ad essa (C.d.S., sez. V, 14.04.1997, n.
358), la cui attività acquisisce rilevanza
esterna solo in quanto recepita e approvata
dagli organi competenti della predetta
amministrazione appaltante. Infatti, essa
svolge compiti di natura essenzialmente
tecnica, con funzione preparatoria e
servente, rispetto all'amministrazione
appaltante, essendo investita della
specifica funzione di esame e valutazione
delle offerte formulate dai concorrenti,
finalizzata alla individuazione del miglior
contraente possibile, attività che si
concreta nella c.d. aggiudicazione
provvisoria.
La funzione di detta commissione si
esaurisce soltanto con l'approvazione del
proprio operato da parte degli organi
competenti dell'amministrazione appaltante
e, cioè, con il provvedimento di c.d.
aggiudicazione definitiva: nel periodo
intercorrente tra tali atti non può
fondatamente negarsi il potere della stessa
commissione di riesaminare nell'esercizio
del potere di autotutela il procedimento di
gara già espletato, anche riaprendo il
procedimento di gara per emendarlo da errori
commessi e da illegittimità verificatesi,
anche in relazione all'eventuale illegittima
ammissione o esclusione dalla gara di
un'impresa concorrente (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.11.2009 n. 7042 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nel
caso di attivazione dello sportello unico
attività produttive, in variante al vigente
P.R.G., il concetto di “insufficienza in
relazione al progetto presentato” rimanda a
una valutazione, per così dire, di tipo
quantitativo da parte della Conferenza e non
di natura qualitativa. In altre parole, la
Conferenza, per dare corso alla proposta di
variante urbanistica deve limitarsi a
verificare la presenza o sufficienza (dal
punto di vista dimensionale) delle aree
destinate all’insediamento degli impianti
nello strumento urbanistico senza entrare
nel merito della concreta fruibilità di
queste aree.
La questione ridotta nella sua essenza, è
se, la procedura di variante semplificata di
cui al citato art. 5 del D.P.R. n. 447 del
1998 possa essere avviata, non solo in caso
di assenza di aree destinate agli
insediamenti produttivi e di aree
insufficienti in relazione al progetto
presentato ma anche nel caso in cui dette
aree siano non disponibili per i più vari
motivi (nel caso di specie per assenza delle
opere di urbanizzazione).
Rileva il Collegio, che la costante
giurisprudenza (ex multis C. d. S.,
sez. IV n. 1038 del 03.03.2006), pur
riconoscendo la volontà del legislatore di
favorire le iniziative economiche, ha
qualificato l’art. 5 del D.P.R. n. 447 del
1998 come disposizione di natura eccezionale
che consente di variare lo strumento
urbanistico “saltando” la procedura
ordinaria al ricorrere di ipotesi
tassativamente previste. La portata
derogatoria dell’istituto rispetto alla
regola del diniego necessitato
all’approvazione di un progetto contrastante
con lo strumento urbanistico rende i
presupposti di cui all’art. 5 di stretta
interpretazione.
In particolare il concetto di “insufficienza
in relazione al progetto presentato”
rimanda a una valutazione, per così dire, di
tipo quantitativo da parte della Conferenza
e non di natura qualitativa. In altre
parole, la Conferenza, per dare corso alla
proposta di variante urbanistica deve
limitarsi a verificare la presenza o
sufficienza (dal punto di vista
dimensionale) delle aree destinate
all’insediamento degli impianti nello
strumento urbanistico senza entrare nel
merito della concreta fruibilità di queste
aree.
Una diversa interpretazione delle norme
de qua consentirebbe di aggirare la
procedura ordinaria di modifica della
pianificazione urbanistica tutte le volte
che le aree destinate agli insediamenti
produttivi siano qualitativamente non
adeguate rispetto al progetto ovvero
presentino problemi specifici che il Comune
ancora non ha risolto.
E’ solo l’impossibilità evidente di reperire
nello strumento urbanistico esistente aree
da destinare all’iniziativa produttiva che
abilita il ricorso alla procedura di
variante semplificata, che, comunque deve
essere sottoposta al vaglio del Consiglio
comunale che decide in piena autonomia se
aderire o meno alla proposta di variante
della Conferenza.
In altre più semplici parole qualora il
P.I.P. sia stato approvato, l’interessato
non può invocare l’applicazione dell’art. 5
per realizzare l’insediamento produttivo in
altra area del Comune ma deve richiedere
allo stesso gli atti concessori che gli
permettano di realizzare l’insediamento
nella aree a ciò destinate dalla
programmazione urbanistica. In caso di
illegittimo diniego potrà ricorrere ai
rimedi ordinari di impugnazione
(TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 10.11.2009 n. 7217 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: I
soppalchi rientrano nel novero delle opere
interne non soggette a concessione di
costruzione, laddove non incidano sulla
sagoma e sui prospetti della costruzione.
La disposizione dirigenziale impugnata
ingiungeva la demolizione d’ufficio delle
seguenti opere realizzate senza il permesso
di costruire: soppalco di mt. 1,50 x 3,30 a
mt. 2,00 d’altezza dal calpestio interno e a
mt. 1,70 dal solaio di copertura.
Al riguardo, deve condividersi
l’orientamento giurisprudenziale formatosi
nella vigenza degli artt. 9 e 26 L.
28.02.1985 n. 47, secondo cui i soppalchi
rientrano nel novero delle opere interne non
soggette a concessione di costruzione,
laddove non incidano sulla sagoma e sui
prospetti della costruzione (TAR Firenze n.
21 del 07.02.1997, “La costruzione (o la
ricostruzione) di un soppalco di modeste
dimensioni ad uso deposito, sbratto o
ripostiglio, all'interno di un appartamento
(o di un esercizio commerciale) per ottenere
la duplice utilizzazione di un vano, è, di
regola, opera che, non comportando aumento
di volume né aumento della superficie utile
né modifica della destinazione d'uso
dell'immobile, non è riconducibile alla
categoria della ristrutturazione edilizia, e
ciò anche nel caso in cui le dimensioni del
manufatto e, soprattutto, la circostanza che
per la sua realizzazione occorra la
demolizione di un controsoffitto e la posa
in opera di un solaio ad una diversa quota
d'imposta, ricorrendo in tale ipotesi una
fattispecie di restauro e risanamento
conservativo in quanto, pur introducendo un
quid novi, si rivela rispettoso delle
caratteristiche tipologiche, formali e
strutturali dell'edificio e non comporta una
destinazione d'uso con esse incompatibile”;
TAR Lazio-Roma n. 962 del 17.05.1996; TAR
Lazio-Roma n. 1161 del 15.07.1997 “La
realizzazione di un soppalco con struttura
in ferro e legno di ridotte dimensioni
all'interno di locale con destinazione
commerciale, ai fini di una migliore
sistemazione ed utilizzazione dello stesso
-e che non risulti in contrasto con la
disciplina urbanistica della zona, non rechi
modifiche della sagoma o dei prospetti della
costruzione o aumento del numero delle
superfici utili, del numero delle unità
immobiliari o della destinazione di zona e
che non sia pregiudizievole alla statica
dell'immobile- non comporta l'obbligo di
munirsi di concessione edilizia”).
Pertanto, essendo i lavori descritti
nell'impugnato provvedimento qualificabili
in termini di opere interne di modestissime
dimensioni, che non comportano aumento di
volume né aumento della superficie utile né
modifica della destinazione d'uso
dell'immobile, si palesa illegittima la
irrogazione della sanzione del ripristino
(in ciò prescindendosi dalla altezza del
realizzato soppalco).
L’Amministrazione comunale avrebbe infatti
dovuto valutare, trattandosi –per quanto
sopra- di opere sottoposte al regime della
DIA, l’applicazione della semplice sanzione
pecuniaria (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez.
IV, 27.03.2007, n. 2859) (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 09.11.2009 n. 7068 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Le
scelte compiute dall'Amministrazione in sede
formazione del P.R.G. o di variante dello
stesso sono espressione dell'ampia
discrezionalità tecnica di cui essa dispone
in materia e dalla quale discende la loro
sindacabilità solo nei ristretti limiti
costituiti dalla manifesta illogicità,
arbitrarietà ed evidente travisamento dei
fatti.
Per la materia della pianificazione
urbanistica si è consolidata una
giurisprudenza in base alla quale le scelte
effettuate dall’Amministrazione in sede di
adozione del piano regolatore, o di una sua
variante generale, costituiscono
apprezzamenti di merito, sottratti al
sindacato di legittimità, a meno che non
siano inficiati da errori di fatto o da
abnormi illogicità (cfr., T.R.G.A. Trento,
21.03.2006, n. 83 e 20.08.2008, n. 220).
Anche il Consiglio di Stato si è più volte
pronunciato a tale riguardo, chiarendo che “le
scelte compiute dall'Amministrazione in sede
formazione del piano regolatore o di
variante dello stesso sono espressione
dell'ampia discrezionalità tecnica di cui
essa dispone in materia e dalla quale
discende la loro sindacabilità solo nei
ristretti limiti costituiti dalla manifesta
illogicità, arbitrarietà ed evidente
travisamento dei fatti” (cfr., ex
multis, sez. IV, 27.12.2007, n. 6686);
che tali scelte, “connotate da alta
discrezionalità, non necessitano di
specifica motivazione, essendo sufficiente
il richiamo ai criteri tecnici di redazione
del piano, se non in presenza di aspettative
qualificate e non generiche in capo ai
privati, quali quelle derivanti da pronunce
giurisdizionali passate in giudicato oppure
da accordi intervenuti con l'ente locale, in
particolare da convenzioni di lottizzazione,
ma a condizione che siano divenute operative”
(cfr., ex multis, sez. IV,
27.12.2007, n. 6686; 02.03.2009, n. 1149;
12.03.2009, n. 1477 e 24.04.2009, n. 2630)
(T.R.G.A. Trento,
sentenza 06.11.2009 n. 277 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sulla
finalità e sulla necessità del Piano di
Lottizzazione.
Per quanto attiene alle finalità perseguite
con la lottizzazione edilizia, è stato da
tempo segnalato che essa ha per oggetto
l’ordinata suddivisione del suolo per
consentire di ivi pianificare l’attività
costruttiva con le connesse opere di
urbanizzazione, conferendo un nuovo assetto
ad una parte del territorio tramite la
combinazione di strutture di interesse
pubblico e privato. “Nel sistema
pianificatorio, infatti, la lottizzazione
assume la valenza di piano urbanistico di
attuazione, ossia di strumento esecutivo di
urbanizzazione e di preconcessione edilizia
e, pertanto, avendo un contenuto simile a
quello dello strumento urbanistico generale,
in relazione alla specifica destinazione
della zona interessata, deve delineare in
modo schematico sia il tracciato delle aree
destinate a strade e alle altre opere di
urbanizzazione sia il tracciato dei lotti
edificabili” (cfr. T.R.G.A., Trento,
02.11.2000, n. 429).
Il Consiglio di Stato ha a sua volta
affermato che lo strumento della
lottizzazione è utile soprattutto quando si
tratta di asservire per la prima volta
un’area ad un nuovo insediamento, mediante
la costruzione di uno o più fabbricati “che
obiettivamente esigano per il loro armonico
raccordo col preesistente aggregato
abitativo la realizzazione o il
potenziamento delle opere e dei servizi
necessari a soddisfare taluni bisogni della
collettività, vale a dire la realizzazione o
il potenziamento delle opere di
urbanizzazione primaria o secondaria”
(cfr. C.d.S., sez. IV, 04.12.2007, n. 6171).
Sempre il Consiglio di Stato ha avuto
occasione di precisare che la fattispecie
lottizzatoria se, da un lato, esula sia
dalle situazioni di zone completamente
urbanizzate sia dai casi di “lotto
intercluso, … nel qual caso nessuno spazio
potrebbe rinvenirsi per una ulteriore
pianificazione”, da altro lato si
configura non soltanto nelle ipotesi estreme
di zone assolutamente inedificate, ma anche
in quelle, intermedie, di zone parzialmente
edificate e urbanizzate, nelle quali si
profili “un'esigenza di raccordo col
preesistente aggregato abitativo e di
potenziamento delle opere di urbanizzazione”
(cfr., C.d.S., sez. V, 15.02.2001, n. 790 e
la giurisprudenza ivi richiamata), in quanto
trattasi di aree ancora “esposte al
rischio di compromissione di valori
urbanistici” (cfr., C.d.S., sez. V,
01.12.2003, n. 7799).
In tal senso, la lottizzazione può essere
ritenuta necessaria anche con riguardo ad
edifici singoli, quando si tratti di “interventi
costruttivi di consistente rilievo”,
tanto che per escluderne la necessità “deve
essere verificata una situazione di
pressoché completa e razionale edificazione
della zona tale da rendere del tutto
superfluo un piano attuativo” (cfr.,
C.d.S. n. 790 del 2001, cit.)
(T.R.G.A. Trento,
sentenza 06.11.2009 n. 277 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerte negli appalti pubblici
valide solo se in tempo. I termini indicati
nei bandi di gara hanno carattere perentorio
e non possono essere derogati.
I termini indicati nei bandi delle gare
pubbliche per la presentazione delle
garanzie delle offerte hanno carattere
perentorio e non possono essere derogati,
pena l’esclusione dalla procedura di gara.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio ha così accolto il ricorso di
un’impresa contro la Regione Lazio che aveva
aggiudicato la gara di appalto, avente ad
oggetto l'affidamento dei lavori di
ristrutturazione della rete fognaria presso
la sede della giunta regionale, ad un’altra
società concorrente che era in ritardo.
Per l’impresa ricorrente, arrivata seconda
nella procedura di gara, l’aggiudicazione
decisa non sarebbe regolare poiché la
stazione appaltante, nell’affidare
l’appalto, non avrebbe tenuto conto delle
regole relative ai termini di presentazione
delle garanzie delle offerte richieste alle
imprese partecipanti, presenti nel bando di
gara, che costituisce la legge speciale
della procedura e come tale deve essere
rispettato non soltanto dalle imprese che
partecipano alla procedura, ma anche dalla
stessa stazione appaltante che ha emanato il
bando.
Secondo i giudici amministrativi il ricorso
è fondato in quanto, considerato che “nelle
gare pubbliche il termine fissato dal bando
per la presentazione delle offerte ha
carattere perentorio, con la conseguenza che
il mancato rispetto dello stesso comporta
l'esclusione dalla procedura comparativa,
superabile solo in caso di illegittimo
rifiuto da parte della stazione appaltante
ad accettare la domanda tempestivamente
presentata”, la stazione appaltante non
poteva aggiudicare la gara alla società che
aveva prodotto l’ estensione della validità
della polizza fideiussoria oltre il termine
previsto dal momento che si trattava di un
termine che aveva carattere perentorio e che
quindi non poteva essere derogato.
Nel caso in esame il carattere perentorio
del termine stabilito nel bando si evince
anche dalla circostanza che si prevede che
la mancata presentazione nei termini dei
documenti richiesti avrebbe comportato
l’esclusione delle imprese dalla procedura
comparativa. Da ciò ne consegue che
l’aggiudicazione definitiva non è valida e
pertanto deve essere annullata (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 04.11.2009 n. 10828 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Ordinanza di rimozione
- Competenza - Dirigenti - Art. 14, c. 3
d.lgs. n. 22/1997 - Art. 152 d.lgs. n.
152/2006.
La disposizione di cui all’art. 14, comma
3°, del D.Lgs. 05.02.1997 n. 22 affida al
Sindaco il potere di ordinare la rimozione
dei rifiuti abbandonati, ma, in virtù del
principio sulla separazione tra funzioni di
indirizzo politico e funzioni gestionali, di
cui all’art. 107 del T.U. delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, la norma
va ora letta alla luce del nuovo principio
per il quale spetta ai dirigenti tutta
l’attività di gestione, tra cui è ricompresa
quella sulla rimozione dei rifiuti
abbandonati.
La soluzione non cambia neppure dopo
l’adozione del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, il
cui articolo 192, comma 3°, ultima parte,
riproduce, con identica formulazione, la
disposizione di cui all’art. 14, come 3°,
ultimo periodo (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 04.11.2009 n. 1598 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Indici
della presenza di una ristrutturazione
(anziché di restauro e risanamento
conservativo) sono l’importanza
dell’intervento (criterio quantitativo) e
l’aggiunta di nuovi elementi non finalizzati
al recupero dell’esistente (criterio
qualitativo).
La ristrutturazione è un concetto non
sovrapponibile a quello di superficie lorda
di pavimento, nel senso che può esservi la
prima anche quando le norme comunali
escludano la presenza della seconda.
Parimenti la superficie utilizzata per il
calcolo del contributo di costruzione nella
ristrutturazione non corrisponde
necessariamente alla superficie lorda di
pavimento.
Per stabilire se vi sia ristrutturazione (e
quindi se l’intervento edilizio sia oneroso)
occorre infatti valutare le opere nel loro
complesso indipendentemente dal fatto che si
realizzi un guadagno di superficie lorda di
pavimento.
L’art. 27, comma 1, lett. d), della LR
11.03.2005 n. 12 (che codifica ora la
materia riprendendo per questa parte nozioni
consolidate) individua la ristrutturazione
in un insieme sistematico di opere che
possono portare a un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente.
Indici della presenza di una
ristrutturazione (anziché di restauro e
risanamento conservativo) sono l’importanza
dell’intervento (criterio quantitativo) e
l’aggiunta di nuovi elementi non finalizzati
al recupero dell’esistente (criterio
qualitativo).
Nel caso in esame le demolizioni e
ricostruzioni (che hanno interessato in modo
coordinato i tre piani di proprietà del
ricorrente) e la chiusura dell’altana (che
ha permesso di aggiungere un nuovo locale
funzionalmente e strutturalmente collegato a
quelli dei piani inferiori) corrispondono
alla descrizione di un intervento di
ristrutturazione. Il fatto che il nuovo
locale sia accessorio nella destinazione è
irrilevante, in quanto deve essere preso in
considerazione per l’utilità aggiuntiva che
apporta al resto dell’unità abitativa. Nella
sostanza quindi la decisione del Comune
sull’onerosità del titolo edilizio appare
corretta
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 02.11.2009 n. 1785 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Timbrare il cartellino e lasciare
il posto di lavoro può integrare il reato di
truffa.
Si è molto
discusso se integra il reato di falso
ideologico in atto pubblico o di truffa
consumata la mancata timbratura, da parte
del dipendente pubblico, del cartellino
segnatempo in occasione di brevi
allontanamenti dal luogo di lavoro.
La giurisprudenza di legittimità è ormai
consolidata (nonostante le pronunce in tema
siano poco numerose ed in gran parte
risalenti nel tempo) nel ritenere che i
cartellini marcatempo, una volta installati,
costituiscano prova della presenza sul luogo
di lavoro degli intestatari, nel periodo
intercorrente tra l'ora di ingresso e quella
di uscita, con la conseguente rilevanza
delle relative attestazioni, sia ai fini
della regolarità del servizio (nel caso in
cui gli interessati siano adibiti a funzioni
o servizi pubblici) sia ai fini della
retribuzione che a ciascuno compete.
L'omessa timbratura del cartellino, in
occasione di allontanamenti intermedi del
dipendente, come nel caso di specie per
andare allo stadio, impedisce pertanto, a
sua volta il controllo di chi è tenuto alla
retribuzione, sulla quantità dell'attività
lavorativa prestata, tanto in vista di un
recupero (ove previsto) del periodo di
assenza, quanto in vista di una detrazione
correlativa dal compenso mensile, così che,
sotto tali profili, costituisce condotta
idonea a trarre in inganno ed a far
conseguire ingiusti profitti (Cass. pen.,
Sez. V, 23.09.1996, n. 9192). Sicché
l'omessa attestazione di un allontanamento
temporaneo è un artificio idoneo a indurre
in errore colui che leggerà poi il
cartellino, non è un'attestazione falsa.
Sulla questione, un minoritario indirizzo
giurisprudenziale fa leva, in sostanza,
sulla considerazione che la timbratura del
cartellino rileva "in via diretta ed
immediata unicamente ai fini della
retribuzione e comunque del regolare
svolgimento della prestazione di lavoro e
solo indirettamente, e mediatamente, ai fini
del regolare svolgimento del servizio"
(Cass. pen., Sez. 5, n. 44689 del 2005). Di
conseguenza, la condotta di falsificazione
ideologica del pubblico ufficiale ipotizzata
dall'art. 479 c.p. (come quella materiale di
cui all'art. 476 c.p.) deve sostanziarsi in
una attività svolta "nell'esercizio delle
sue funzioni" pubblicistiche, appare
ineludibile distinguere, nell'attività del
pubblico impiegato -ed in un contesto in cui
il rapporto di lavoro dei pubblici
dipendenti ha assunto connotazioni
privatistiche (a seguito della disciplina
introdotta con il D.Lgs. n. 29 del 1993,
modificata dal D.Lgs. n. 80 del 1998, ora
trasfusa nel D.Lgs. n. 165 del 2001)- "gli
atti che sono espressione della pubblica
funzione e/o del pubblico servizio e che
tendono a conseguire gli obiettivi dell'ente
pubblico" da quelli "strettamente
attinenti alla prestazione" di lavoro, "ed
aventi, perciò, esclusivo rilievo sul piano
contrattuale e non anche su quello
funzionale" (Cass., Sez. 5^, n.
12789/2003).
Premesso, invero, che secondo la costante
giurisprudenza della Suprema Corte e la
prevalente dottrina, "agli effetti delle
norme sul falso documentale, il concetto di
atto pubblico è più ampio rispetto a quello
che si desume dalla definizione contenuta
nell'art. 2699 c.c., in quanto comprende non
soltanto quei documenti che sono redatti con
le richieste formalità da un notaio o da un
altro pubblico ufficiale autorizzato ad
attribuirgli pubblica fede, ma anche i
documenti formati dal pubblico ufficiale o
dal pubblico impiegato incaricato di
pubblico servizio nell'esercizio delle sue
funzioni, attestanti fatti da lui compiuti o
avvenuti in sua presenza ed aventi
attitudine ad assumere rilevanza giuridica",
rimane che -come si esprime autorevole
dottrina- "la falsa rappresentazione
della realtà che viene documentata deve
essere rilevante in relazione alla specifica
attività del pubblico ufficiale e ciò
significa che la falsità deve investire un
fatto che, in relazione al concreto
esercizio della funzione o attribuzione
pubblica, abbia la potenzialità di produrre
effetti giuridici".
Deve, allora, convenirsi che, in effetti, il
cartellino marcatempo ed i fogli di presenza
sono destinati ad attestare solo una
circostanza materiale che afferisce al
rapporto di lavoro tra il pubblico
dipendente e la pubblica amministrazione, ed
in ciò esauriscono in via immediata i loro
effetti, non involgendo affatto
manifestazioni dichiarative, attestative o
di volontà riferibili alla pubblica
amministrazione. Il pubblico dipendente, in
sostanza "non agisce neppure
indirettamente per conto della P.A., ma
opera come mero soggetto privato, senza
attestare alcunché in ordine all'attività
della P.A.".
Va, quindi, affermato il seguente principio
di diritto: i cartellini marcatempo ed i
fogli di presenza dei pubblici dipendenti
non sono atti pubblici, essendo essi
destinati ad attestare da parte del pubblico
dipendente solo una circostanza materiale
che afferisce al rapporto di lavoro tra lui
e la pubblica amministrazione (oggi soggetto
a disciplina privatistica), ed in ciò
esauriscono in via immediata i loro effetti,
non involgendo affatto manifestazioni
dichiarative, attestative o di volontà
riferibili alla pubblica amministrazione.
Tanto ritenuto, pure torna opportuno, da
ultimo, rilevare che, ove, poi, tali
attestazioni del pubblico dipendente siano
utilizzate, recepite, in atti della pubblica
amministrazione a loro volta attestativi,
dichiarativi o di volontà della stessa,
tanto può dar luogo ad ipotesi di falso per
induzione, ai sensi dell'art. 48 c.p. (Cass.
pen., Sez. V, 21/09/2004, n. 44288).
…truffa consumata?
Le Sezioni unite della Corte di legittimità
(Cass. pen. Sez. Unite, 11/04/2006, n.
15983) nel risolvere il precedente contrasto
registratosi sul punto, hanno di recente
avuto modo di affermare che non integra il
delitto di falso ideologico in atto pubblico
la falsa attestazione del pubblico
dipendente circa la sua presenza in ufficio
riportata sui cartellini marcatempo o nei
fogli di presenza, in quanto documenti che
non hanno natura di atto pubblico, ma di
mera attestazione del dipendente inerente al
rapporto di lavoro, soggetto a disciplina
privatistica; documenti che, peraltro,non
contengono manifestazioni dichiarative o di
volontà riferibili alla pubblica
amministrazione.
Ma dalla non riconducibilità del fatto nello
schema del delitto di falso ideologico, non
deriva affatto il venir meno del carattere
fraudolento della condotta, non essendo
revocabile in dubbio che -proprio in
considerazione della funzione attestativa ed
"autocertificativa" che la sottoscrizione
del "foglio di presenza" assume agli effetti
del rispetto dell'orario di lavoro e
dell'espletamento in concreto delle proprie
mansioni- qualsiasi condotta "manipolativa"
delle risultanze di quella attestazione è di
per se -ed ontologicamente- idonea a trarre
in inganno l'amministrazione presso la quale
il dipendente presta servizio circa il
"fatto" che quella attestazione è volta a
dimostrare (la presenza sul luogo di
lavoro).
In questa prospettiva, dunque, la tesi del
ricorrente, secondo la quale mancherebbe il
nesso eziologico, giacché all'imputato non
sarebbe addebitabile una falsa attestazione,
giacché, in realtà, lo stesso si sarebbe
limitato a omettere di indicare le assenze
intermedie, perde qualsiasi capacità
suggestiva, giacché è proprio la firma di
ingresso e quella di uscita (con i
corrispondenti orari) a rappresentare il
dato di "verità non manipolarle", pena la
ravvisabilità di un evidente "artificio".
Deve chiarirsi ulteriormente, in proposito,
che l'omissione di cui si tratta è
giuridicamente rilevante, poiché il
dipendente pubblico, nella specie, è tenuto
ad uniformarsi ai principi di correttezza,
anche nella fase esecutiva del contratto e,
pertanto, ha l'obbligo giuridico di portare
a conoscenza della controparte del rapporto
di lavoro non soltanto l'orario di ingresso
e quello di uscita, ma anche quello relativo
ad allontanamenti intermedi sempre che
questi, conglobati nell'arco del periodo
retributivo, siano economicamente
apprezzabili: tale obbligo va adempiuto
tramite i sistemi all'uopo predisposti e,
quindi anche mediante la corretta timbratura
del cartellino segnatempo o della scheda
magnetica, ove installati, salvo che siano
adottate altre procedure equivalenti, a
condizione che queste siano formali e
probatoriamente idonee ad assolvere alla
medesima funzione.
Se non ogni violazione del citato obbligo di
correttezza contrattuale concreta il reato
di truffa (anche ove produttiva,
rispettivamente, di danno per un soggetto e
di profitto per un altro) è da ravvisarsi
invece l'estremo costitutivo del raggiro
nella condotta di chi crea l'apparenza
dell'adempimento, in contrasto con la
realtà. Qualora, poi, l'assenza del
dipendente sia occultata da registrazioni
effettuate ad opera di altro dipendente, al
raggiro indicato si aggiunge un evidente
artificio.
Attesa la funzione dei c.d. «cartellini
segnatempo» di costituire prova della
continuativa presenza del dipendente sul
luogo di lavoro nel tempo compreso tra l'ora
d'ingresso e quella di uscita, secondo la
sentenza in esame (cui si uniforma a Cass.
pen., Sez. V, 22.09.2003, n. 39077; idem
Cass. pen., Sez. II, 16.03.2004, n. 19302;
Cass. pen., Sez. II, 06.10.2006, n. 34210)
deve ritenersi che, indipendentemente dalla
configurabilità, o meno del falso ideologico
(avuto riguardo alla controversa natura
giuridica dei detti cartellini), costituisca
comunque condotta suscettibile di integrare
il reato di truffa consumata quella del
pubblico dipendente che si allontani
temporaneamente dal luogo di lavoro senza
far risultare, mediante timbratura del
cartellino o della scheda magnetica, i
periodi di assenza, sempre che questi,
conglobati nell'arco dei periodo
retributivo, siano da considerare
economicamente apprezzabili
(Corte di Cassazione, Sez. II penale,
sentenza 28.10.2009 n. 41471 -
link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Competenze.
L’art. 9
della legge n. 447 del 1995 dispone che “qualora
sia richiesto da eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della salute pubblica o
dell'ambiente il sindaco, il presidente
della provincia, il presidente della Giunta
regionale, il prefetto, il Ministro
dell'ambiente, secondo quanto previsto
dall'art. 8 della legge 03.03.1987, n. 59, e
il Presidente del Consiglio dei Ministri,
nell'ambito delle rispettive competenze, con
provvedimento motivato, possono ordinare il
ricorso temporaneo a speciali forme di
contenimento o di abbattimento delle
emissioni sonore, inclusa l'inibitoria
parziale o totale di determinate attività.
Nel caso di servizi pubblici essenziali,
tale facoltà è riservata esclusivamente al
Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Tale norma non detta espressamente un
criterio di riparto delle competenze tra i
diversi enti che menziona.
La tesi secondo cui la competenza ad
adottare tali provvedimenti dipenderebbe
dall’appartenenza comunale o statale dei
beni dai quali proviene la fonte rumorosa
non è condivisibile, perché ad un siffatto
criterio non fa riferimento nessuna norma e
l’esistenza di un bene pubblico quale fonte
del disturbo è un’eventualità del tutto
occasionale, dovendosi configurare nella
maggior parte dei casi una provenienza da
beni privati.
Poiché la norma citata configura un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal Dlgs. 18.08.2000, n. 267 agli
articoli 50 e 54, sembra congruo applicare
in via residuale il criterio di riparto
dettato dai commi 5 e 6 dell’art. 50 del
Dlgs. n. 267 del 2000, e pertanto la
competenza deve essere ricondotta in capo al
Sindaco in caso di situazioni, come quella
all’esame, di carattere esclusivamente
locale, ferma restando la competenza degli
altri enti menzionati dall’art. 9 della
legge n. 447 del 1995 in ragione della
dimensione dell'emergenza e dell'eventuale
interessamento di più ambiti territoriali di
carattere sovracomunale (TAR Veneto, Sez.
III,
sentenza 26.10.2009 n. 2655 -
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APPALTI:
Clausole “escludenti” del bando
di gara e principio di proporzionalità.
E' illegittima
la clausola della lettera d'invito di una
gara di appalto che impone -a pena di
esclusione- di indicare sul plico generale
contenente l’offerta e sui plichi interni,
il codice fiscale, la partita IVA e
l’indirizzo di ciascuna impresa, atteso che
tale clausola deve ritenersi in contrasto
con i principi di proporzionalità e di non
aggravamento del procedimento di cui agli
artt. 2 e 74 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e
s.m., in quanto non comporta alcun effettivo
vantaggio né per la stazione appaltante, né
per l’interesse pubblico alla scelta
dell’offerta più idonea alla realizzazione
dei lavori da appaltare
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 23.10.2009 n. 10361 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Autorizzazione alle
emissioni.
L’autorizzazione alle emissioni richiede e
presuppone che sia previamente verificato il
possibile pregiudizio recato dalle emissioni
agli elementi che compongono l’ambiente:
ossia l’assetto topografico-urbano; la
salubrità igienica dei luoghi (TAR Liguria,
Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 2796 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Accertamenti fonometrici.
Per
l'emanazione di un'ordinanza di abbattimento
delle emissioni sonore irrilevante deve
ritenersi la circostanza (solo ipotizzata)
che i tecnici non siano stati presenti sul
luogo per tutto il tempo della misurazione
(nessuna norma impone la presenza costante
del personale per tutto il tempo della
misurazione), così come irrilevante deve
ritenersi la circostanza che il superamento
del limite di tollerabilità sia stato
riscontrato per un tempo di rilevazione
modesto (l'importante è che si sia
realizzato il superamento del limite fissato
dalla normativa) (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2617 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Distanze tra fabbricati.
L'art. 9
del D.M. 02.04.1968 n. 1444 (emanato in
esecuzione della norma sussidiaria dell'art.
41-quinquies l. 17.08.1942 n. 1150,
introdotto dalla l. 06.08.1967 n. 765), là
dove prescrive la distanza di dieci metri
tra pareti finestrate di edifici antistanti,
va rispettata in tutti i casi, trattandosi
di norma volta ad impedire la formazione di
intercapedini nocive sotto il profilo
igienico-sanitario, e pertanto non è
eludibile in funzione della natura giuridica
dell'intercapedine.
Pertanto, le distanze tra costruzioni sono
predeterminate con carattere cogente in via
generale ed astratta, in considerazione
delle esigenze collettive connesse ai
bisogni di igiene e di sicurezza, di modo
che al giudice non è lasciato alcun margine
di discrezionalità nell'applicazione della
disciplina in materia di equo
contemperamento degli opposti interessi (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.10.2009 n. 1742 -
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URBANISTICA:
Lottizzazioni, conta la sostanza.
TAR Toscana: non rileva che la convenzione
sia chiamata accordo sostitutivo anziché
contratto. Ai fini degli adempimenti la p.a.
può usare tutti i rimedi.
L'amministrazione può usare tutti i rimedi,
anche di diritto civile, per ottenere
l'adempimento di obblighi derivanti dalla
stipula di convenzioni di lottizzazione
ancorché qualificate come accordi
sostitutivi e non come contratti.
Lo afferma il TAR Toscana, Sez I, con la
sentenza 16.09.2009 n. 1446 che
prende in esame alcuni profili attuativi di
una convenzione urbanistica di
lottizzazione.
L'amministrazione comunale, in presenza di
inadempimento da parte dei lottizzanti,
ingiungeva ai proprietari di adempiere
l'obbligo di realizzare una strada e,
perdurando l'inadempimento, ricorreva al Tar
per veder riconosciuto il proprio diritto
alla realizzazione e cessione delle opere di
urbanizzazione, previa risoluzione del
contratto.
L'eccezione sulla giurisdizione del giudice
amministrativo formulata dai privati
firmatari della convenzione, disattesa dal
Tar, offre lo spunto ai giudici per
approfondire innanzitutto la natura
giuridica delle convenzioni di lottizzazione
stipulate dai comuni con i privati e trarne
le dovute conseguenze sia sul piano
processuale, sia sul piano sostanziale.
La sentenza afferma quindi che le
convenzioni di lottizzazione “costituiscono
strumenti di attuazione del piano regolatore
generale” e quindi, hanno natura di atto
negoziale. I giudici precisano in
particolare che si tratta di “accordi
sostitutivi del provvedimento” soggetti alla
disciplina della legge sul procedimento
amministrativo (241/1990, articolo 11) che “presuppongono
la ricerca da parte della pubblica
amministrazione del consenso del privato su
un certo assetto di interessi ed
attribuiscono allo stesso posizioni di
diritto-obbligo”.
Da questa qualificazione deriva che, in caso
di modifica della convenzione, occorre
raccogliere le “manifestazioni di volontà
di tutti i soggetti che hanno concorso alla
sua formazione, ivi compresi, ovviamente,
anche i soggetti privati i quali, pur non
essendo proprietari dei lotti incisi dalla
variante, hanno proposto il piano ed hanno
sottoscritto la relativa convenzione
urbanistica”.
Sul piano processuale la sentenza afferma la
competenza del giudice amministrativo in
virtù del comma 5 dell'articolo 11 della
legge 241 (che riserva le controversie
relative ad accordi alla competenza
esclusiva del giudice amministrativo), ma
anche –essendo le convenzioni di
lottizzazioni afferenti alla materia
urbanistica- in base all'art. 34 del d.lgs.
n. 80 del 1998 che devolve alla
giurisdizione del giudice amministrativo le
controversie aventi per oggetto gli atti, i
provvedimenti delle amministrazioni
pubbliche e dei soggetti alle stesse
equiparati in materia urbanistica ed
edilizia. Risulta quindi legittimo che
l'amministrazione abbia chiesto al giudice
amministrativo la condanna del privato
inadempiente rispetto all'accordo di
lottizzazione.
Interessanti anche le considerazioni svolte
dai giudici sul piano sostanziale dal
momento che si afferma che trattandosi di
accordo sostitutivo appartenente alla più
ampia categoria degli atti negoziali, ne
deriva l'applicazione dei principi del
codice civile in materia di obbligazioni e
contratti. Nel caso specifico all'esame dei
giudici, una delle due parti eccepiva
l'inadempimento dell'altra come causa di
risoluzione del contratto (ex art. 1453 del
codice civile) dopo avere richiesto
l'esecuzione in forma specifica degli
obblighi di cui alla convenzione (ex art.
2931 e seguenti del codice).
L'applicazione di questi principi
civilistici, dicono i giudici, discende
dall'articolo 11 della legge 241 che ammette
il ricorso nel processo amministrativo ai
rimedi contrattuali previsti dal codice
civile (come la risoluzione del contratto) e
ciò anche se si qualifichi la convenzione in
termini di accordo e non di contratto. Per i
giudici, infatti, in caso di inadempimento
(della parte lottizzante o del suo avente
causa) dell'obbligo di eseguire le
prescritte opere di urbanizzazione primaria
e secondaria, “l'amministrazione deve
poter contare su tutti i rimedi offerti
dall'ordinamento ad un privato creditore per
poter realizzare coattivamente il proprio
interesse” (articolo ItaliaOggi del
09.10.2009, pag. 17). |
EDILIZIA PRIVATA:
Mutamento di destinazione di uso
di un immobile attuato attraverso la
realizzazione di opere edilizie - Permesso
di costruire - Art. 3, 1° c., lett. d), T.U.
n. 380/2001.
Quanto al mutamento di destinazione di uso
di un immobile attuato attraverso la
realizzazione di opere edilizie, qualora
esso venga realizzato dopo l'ultimazione del
fabbricato e durante la sua esistenza, si
configura in ogni caso un'ipotesi di
ristrutturazione edilizia (art. 3, 1° comma,
lett. d), del T.U. n. 380/2001), in quanto
l'esecuzione dei lavori, anche se di entità
modesta, porta pur sempre alla creazione di
"un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente".
L'intervento rimane assoggettato, pertanto,
al previo rilascio del permesso di costruire
con pagamento del contributo di costruzione
dovuto per la diversa destinazione.
Destinazione di un immobile -
Concetto di uso urbanistico.
La destinazione di un immobile non si
identifica con l'uso che in concreto ne fa
il soggetto che lo utilizza, ma con quella
impressa dal titolo abilitativo assentito.
Ciò significa che "il concetto di uso
urbanisticamente rilevante è ancorato alla
tipologia strutturale dell'immobile, quale
individuata nell'atto di concessione, senza
che esso possa essere influenzato da
utilizzazioni difformi rispetto al contenuto
degli atti autorizzatori e/o pianificatori"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. 1, 07.05.1992,
n. 219; C.d.S. Sez. V, 09.02.2001, n. 583).
Cambio della destinazione d'uso
di un fabbricato - Strumento urbanistico -
Alterazione di equilibri prefigurati -
Insanabilità.
La richiesta di cambio della destinazione
d'uso di un fabbricato, qualora non inerisca
all'ambito delle modificazioni astrattamente
possibili in una determinata zona
urbanistica, ma sia volta a realizzare un
uso del tutto difforme da quelli ammessi, si
pone in insanabile contrasto con lo
strumento urbanistico, posto che, in tal
caso, si tratta non di una mera
modificazione formale destinata a muoversi
tra i possibili usi del territorio
consentiti dal piano, bensì in
un'alternazione idonea ad incidere
significativamente sulla destinazione
funzionale ammessa dal piano regolatore e
tale, quindi, da alterare gli equilibri
prefigurati in quella sede. (Consiglio di
Stato Sez. V, 03.01.1998, n. 24) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9894 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Attività di ristrutturazione
edilizia - Connessione finalistica delle
opere eseguite.
La ristrutturazione edilizia non è
vincolata, al rispetto degli elementi
tipologici, formali e strutturali esistente
e differisce sia dalla manutenzione
straordinaria (che non può comportare
aumento della superficie utile o del numero
delle unità immobiliari, né modifica della
sagoma o mutamento della destinazione d'uso)
sia dal restauro e risanamento conservativo
(che non può modificare in modo sostanziale
l'assetto edilizio preesistente e consente
soltanto variazioni d'uso "compatibili"
con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, nel
reato, può attuarsi attraverso una serie di
interventi che, singolarmente considerati,
ben potrebbero ricondursi agli altri tipi
dianzi enunciati.
L'elemento caratterizzante, però, è la
connessione finalistica delle opere
eseguite, che non devono essere riguardate
partitamente ma valutate nel loro complesso
al fine di individuare se esse siano o meno
rivolte al recupero edilizio dello spazio
attraverso la realizzazione di un edificio
in tutto o in parte nuovo (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9894 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIA (denunzia di inizio
dell'attività) - Mancanza o difformità delle
opere eseguite rispetto alla DIA - Effetti -
Art. 22 cc.. 1, 2 e 3; 37, 6° c.; 44, lett.
b), T.U. n. 380/2001 - D.Lgs n. 301/2002.
Nei casi previsti dai commi 1 e 2 dell'art.
22 del T.U. n. 380/2001 come modificato dal
D.Lgs 27.12.2002, n. 301 -in cui la DIA, si
pone come titolo abilitativo esclusivo (non
alternativo, cioè, al permesso di
costruire)- la mancanza della denunzia di
inizio dell'attività o la difformità delle
opere eseguite rispetto alla DIA
effettivamente presentata non comportano
l'applicazione di sanzioni penali ma sono
sanzionate soltanto in via amministrativa
(art. 37, 6° comma, del T.U. n. 380/2001).
Dovendo ritenersi, però, che sia comunque
punibile ai sensi dell'art. 44, lett. a),
del T.U. n. 380/2001 -pure se preceduta da
rituale denuncia d'inizio l'esecuzione di
interventi sostanzialmente difformi da
quanto stabilito da strumenti urbanistici e
regolamenti edilizi.
Nei casi previsti dal 3° comma, dell'art. 22
del T.U. n. 380/2001, invece- in cui la DIA
si pone come alternativa al permesso di
costruire (ai sensi del comma 2 bis del
successivo art. 44) l'assenza sia del
permesso di costruire sia della denunzia di
inizio dell'attività ovvero la totale
difformità delle opere eseguite rispetto
alla DIA effettivamente presentata integrano
il reato di cui al successivo art. 44, lett.
b) [vedi Cass.: Sez. V, 26.04.2005,
Giordano; Sez. III 09/03/2006, n. 8303;
26/01/2004, n. 2579, Tollon].
Non trova comunque sanzione penale la
difformità parziale (vedi Cass., Sez. III,
23/09/2004, roattini). Ciò che conta non è
la qualificazione dell'intervento data dal
privato nella DIA presentata ma la esatta
indicazione e descrizione, in tale denuncia,
delle opere poi effettivamente eseguite
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9894 -
link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
PRG - Destinazione d'uso
urbanistico - Atto di destinazione specifica
- Controllo della destinazione d'uso degli
immobili - Modalità - D.M. n. 1444/1968.
Lo strumento urbanistico rappresenta l'atto
di destinazione generica ed esso trova
attuazione nelle prescrizioni imposte dal
titolo che abilita a costruire, quale atto
di destinazione specifica che vincola il
titolare ed i suoi aventi causa. Possono
conseguentemente distinguersi: una
destinazione d'uso urbanistico, riferita
alle categorie specificate dalla legge e dal
D.M. n. 1444/1968; una destinazione d'uso
edilizio, che attiene al singolo edificio ed
alle sue capacità funzionali.
Duplice è, dunque, l'esigenza correlata al
controllo della destinazione d'uso degli
immobili: da un lato quella di assicurare
tutela alla zonizzazione funzionale,
dall'altro quella di consentire
l'applicazione della normativa sugli
standards, regolatrice della
differenziazione infrastrutturale del
territorio. Il mutamento di destinazione
d'uso giuridicamente rilevante è solo quello
tra categorie funzionalmente autonome dal
punto di vista urbanistico, tenuto conto che
nell'ambito delle stesse categorie possono
aversi mutamenti di fatto, ma non diversi
regimi urbanistico-contributivi, stanti le
sostanziali equivalenze dei carichi
urbanistici nell'ambito della medesima
categoria (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9894 -
link a www.ambientediritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Malattia sostituibile con ferie
per sospendere il decorrere del periodo di
comporto.
Il lavoratore
ha la facoltà di sostituire alla malattia la
fruizione delle ferie, maturate e non
godute, allo scopo di sospendere il decorso
del periodo di comporto, dovendosi escludere
una incompatibilità assoluta tra ferie e
malattia; in tali casi non sarebbe
costituzionalmente corretto precludere il
diritto alle ferie in ragione delle
condizioni psico-fisiche inidonee al loro
pieno godimento –non potendo operare, a
causa della probabile perdita del posto di
lavoro conseguente al superamento del
comporto, il criterio della sospensione
delle stesse e del loro spostamento al
termine della malattia– perché si renderebbe
così impossibile la effettiva fruizione
delle ferie.
Ne consegue che il datore di lavoro
nell’esercizio del suo diritto alla
determinazione del periodo feriale è tenuto,
se sussiste una richiesta del lavoratore ad
imputare a ferie un’assenza per malattia, a
prendere in debita considerazione il
fondamentale interesse del lavoratore ad
evitare la perdita del posto di lavoro in
conformità con i principi generali di
correttezza e buona fede
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 03.03.2009 n. 5078 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 23.11.2009 |
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GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n.
46 del 17.11.2009, "Interventi per il
potenziamento del sistema regionale delle
aree protette: attuazione del progetto «Dai
parchi alla rete ecologica regionale», del
«Programma di interventi di investimento nel
patrimonio forestale regionale ricadente in
aree protette» e contributo per l'attuazione
del progetto speciale «Circuito Abbazie»"
(deliberazione
G.R. 28.10.2009 n. 10415 - link a www.infopoint.it). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO: Decreto
legislativo 27.10.2009, n. 150 - controlli
sulle assenze per malattia
(circolare
12.11.2009 n. 7/2009 - link a www.innovazionepa.gov.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere alla Camera di commercio di Massa
Carrara e al Ministero per i beni e le
attività culturali in merito alla
possibilità per i dipendenti
nominati "tutore legale" e "amministratore
di sostegno" di usufruire dei permessi di
cui all'art. 33, comma 3, della Legge
104/1992
(parere
UPPA 23.10.2009 n. 44700 di prot.
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
ENTI LOCALI:
Legge 18.06.2009, n. 69 "Disposizioni per
lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitività nonché in materia di
processo civile" - Pubblicazione dei dati
sulla dirigenza e sulle assenze e presenze
del personale - Ulteriori indicazioni
operative
(circolare
12.10.2009 n. 5/2009 - link a www.innovazionepa.gov.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA: W.
Fumagalli,
Legge
Regionale lombarda n. 13/2009 (seconda
parte) (AL n.
11/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
V. Corrà, E. Gozzi, U. Maj, I. Nava, C.
Sangiorgi,
Normativa
acustica D.P.C.M. 05.12.1997 (AL n.
11/2009). |
APPALTI:
D. Argenio,
Il responsabile unico del procedimento nel
Codice dei contratti pubblici
(link a www.diritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
G. Lodato,
Il provvedimento di sospensione della
attività imprenditoriale, adottato dagli
organi di vigilanza del ministero del lavoro
alla luce delle modifiche normative
introdotte all’art. 14 d.leg.vo 81/2008 dal
d.leg.vo 106/2009, anche con
riferimento al profilo sanzionatorio (link a
www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
A. Gurrieri,
La legge sulla “competività” 2009 -
modifiche alla L. 241/1990 - conseguenze sul
regime di responsabilità dei dirigenti
pubblici (link a www.diritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. V. Balossi,
Raccolta e trasporto di rifiuti in forma
ambulante (nota a Cass. pen. n. 20249/2009)
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Nicoletti,
La battaglia dell'acqua: PRIVATIZZAZIONE SI,
PRIVATIZZAZIONE NO (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Illegittima la clausola contenuta nella
lex specialis che non consente alle
imprese concorrenti la produzione del
certificato di qualità in copia conforme
all’originale (link a www.www.mediagraphic.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Disponibile on line il volume "Riconquistare
il Paesaggio".
La Convenzione Europea del Paesaggio è stata
ratificata dal nostro paese il 09.01.2006 (G.U. 20.01.2006, n. 16).
Sottoscritta a Firenze il 20.10.2000, la
convenzione ha l’obiettivo di salvaguardare
tutti i paesaggi europei e, come tale, si
inserisce di diritto nel quadro normativo
nazionale ed europeo dedicato alla
salvaguardia della diversità culturale e
biologica del vecchio continente.
Il volume “Riconquistare il Paesaggio”,
realizzato dal WWF-Italia in collaborazione
con il MIUR (Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, fornisce
agli Amministratori e ai funzionari delle
Regioni e degli altri Enti locali un utile
strumento di conoscenza ed interpretazione
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
I chiarimenti del Ministero del Lavoro sulla
sospensione dell’attività imprenditoriale
prevista dal Testo Unico della Sicurezza
(D.Lgs. 81/2008).
La Direzione generale per l’Attività
Ispettiva del Ministero del Lavoro, con
circolare n. 33/2009, fornisce alcuni
chiarimenti sul provvedimento di sospensione
della attività imprenditoriale previsto
dall’articolo 14 del D.Lgs. 81/2008 e
recentemente modificato dal D.Lgs. n.
106/2009.
La Circolare individua le condizioni in
presenza delle quali è possibile per gli
organi di vigilanza sospendere l’attività di
impresa.
In particolare, si chiarisce che la
sospensione dell'attività imprenditoriale
può essere adottata non solo se si assumono
lavoratori non regolari, ma anche in caso di
gravi e reiterate violazioni in materia di
tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Detrazione 55% per le porte di ingresso che
rispettano i limiti di trasmittanza delle
finestre.
La detrazione fiscale del 55% per la
riqualificazione energetica degli edifici
può essere applicata anche alle spese per la
sostituzione della porta di ingresso, a
condizione che sia rispettata la stessa
trasmittanza termica delle finestre
comprensive di infissi, indicata nelle
tabelle di cui all'allegato B del DM
11.03.2008.
La precisazione è contenuta nella FAQ n. 33
dell’Enea di cui si riporta il testo ...
(link a www.acca.it). |
ENTI LOCALI:
Giunte a rischio in metà comuni.
Le novità del ddl Calderoli. Cambiano i
controlli, direttori generali sopra i 65
mila. Fino a 3 mila abitanti il sindaco
potrà tagliare gli assessori.
Giunte a rischio in più della metà dei
comuni. Negli enti fino a 3 mila abitanti
che costituiscono l'ossatura più corposa del
tessuto municipale italiano (4.547 enti sul
totale di 8.101) il sindaco una volta eletto
potrà decidere se nominare una mini-giunta
di soli due assessori, o non nominarla
affatto delegando le funzioni a due
consiglieri comunali.
L'ultimissima versione del ddl Calderoli
varato giovedì dal consiglio dei ministri
(si veda ItaliaOggi di ieri) ha operato una
piccola inversione di rotta rispetto
all'idea, contenuta nel testo approvato in
prima lettura dal cdm il 15 luglio, di
sopprimere totalmente le giunte (si veda
ItaliaOggi del 12/11/2009) nei piccolissimi
comuni (fino a 1.000 abitanti). L'abolizione
dell'organo esecutivo da obbligatoria
diventa facoltativa, in quanto lasciata alla
discrezionalità del sindaco, ma riguarda una
platea tre volte più grande di enti (da
circa 1.500 a 4.547). E mette a rischio
9.000 ulteriori poltrone oltre alle 50 mila
fatte fuori dal Codice delle autonomie.
Direttori generali.
Solo i comuni con più di 65 mila abitanti
(ora la soglia è di 15 mila abitanti) e le
province potranno avere il direttore
generale che sarà nominato al di fuori della
dotazione organica e con contratto a tempo
determinato. I comuni più piccoli potranno
procedere alla nomina del direttore generale
previa stipula di convenzione tra comuni la
cui popolazione raggiunta i 65 mila
abitanti.
Controlli preventivi di
legittimità.
Il disegno di legge rispolvera i controlli
preventivi di legittimità. Nell'ambito della
tipologia dei controlli di regolarità
amministrativa e contabile, infatti, il ddl
prevede espressamente una fase di verifica
della rispondenza alla legge dei
provvedimenti in via di approvazione.
La verifica della regolarità amministrativa
antecedente alla formazione dell'atto è
assegnata alla competenza del responsabile
del servizio, il quale dovrà rilasciare un
parere di congruità attestante la
legittimità, la regolarità e la correttezza
dell'azione amministrativa. Il parere,
dunque, viene rilasciato in fase istruttoria
e deve, ovviamente, accompagnare il
provvedimento una volta che sia
definitivamente adottato.
Resta il condizionamento dell'efficacia
delle determine adottate dai responsabili di
servizi che comportano impegni della spesa
all'apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura
finanziaria, da parte del responsabile del
servizio finanziario, chiamato a sua volta a
partecipare ai controlli di regolarità
amministrativa e contabile, ovviamente solo
per questa ultima parte.
Oggettivamente, la previsione del parere di
congruità appare un appesantimento
burocratico non del tutto utile: anche oggi,
pur in mancanza del parere, chi adotta i
provvedimenti gestionali si assume per
intero la responsabilità della regolarità
degli stessi sotto ogni profilo:
legittimità, tecnica, contabile.
Controlli successivi di
regolarità.
Il parere di congruità e il visto del
responsabile finanziario non esauriscono le
verifiche sui provvedimenti, che si svolgono
anche in fase successiva alla loro adozione
ed efficacia. I controlli successivi si
espletano secondo i principi generali della
revisione aziendale. La competenza
principale spetta al segretario dell'ente e
riguarderanno tutti gli atti di gestione
finanziaria (impegni di spesa, liquidazioni
e accertamenti), nonché i contratti; le
altre tipologie di atti saranno selezionate
a campione.
L'esito dei controlli sugli atti si prevede
sia rilevante ai fini della valutazione dei
dipendenti. Ma, in tal modo, si snatura il
processo di valutazione, che dovrebbe
concernere i risultati dell'azione
gestionale nel suo complesso, come lo stesso
disegno di legge conferma nel corpo delle
sue disposizioni, non i singoli atti.
Funzioni del segretario.
Il ddl, così come torna ad attribuire
rilievo ai controlli interni di legittimità,
esalta le funzioni del segretario in questa
fase, tornando parzialmente indietro
rispetto alla riforma Bassanini del 1997,
che aveva eliminato l'espressione del parere
preventivo di legittimità in capo al
segretario. In questo caso, il controllo
sarà di carattere successivo e abbraccerà
una serie molto ampia di provvedimenti, come
visto prima. Tuttavia, il controllo dovrà
essere effettuato su un campione casuale,
scelto in base a specifiche tecniche di
campionamento.
Il segretario, comunque, è chiamato a
dirigere i controlli: si comprende,
pertanto, che essi dovranno essere svolti da
un collegio o da uffici soggetti, appunto,
alla direzione del segretario.
L'accentuazione delle funzioni di controllo
interno rendono tanto più problematica,
tuttavia, la permanente configurazione dello
status dei segretari comunali come connessa
strettamente al mandato del sindaco e
soggetta a uno spoil system che non appare
compatibile.
Qualità dei servizi.
Il ddl, in linea con le riforme attuate dal
ministro Brunetta, prevede anche
l'effettuazione di controlli obbligatori
sulla qualità dei servizi resi, anche per il
tramite di società partecipate o
appaltatori.
I regolamenti di organizzazione stabiliranno
le modalità concrete di svolgimento di tali
controlli, ma, in ogni caso, saranno
obbligatorie indagini di soddisfazione,
sportelli reclami e sistemi di comunicazione
con i cittadini, sullo stile delle Reti
amiche (articolo ItaliaOggi del 21.11.2009,
pag. 26). |
INCARICHI PROGETTAZIONE:
Appalti, niente affidamenti
diretti tra la Asl e l'Università. L'Oice ha
presentato ricorso alla Ue alla Corte dei
Conti e all'Authority di vigilanza. Gli
atenei non possono partecipare alle gare di
progettazione: il caso dell'ospedale di
Lecce.
Devono essere dichiarati illegittimi gli
affidamenti di progettazione disposti in via
diretta a favore di una Università da parte
di una Asl; le Università non possono
progettare né partecipare a gare, ma devono
limitarsi a svolgere le loro attività
istituzionali di ricerca scientifica e di
insegnamento.
E' quanto ha chiesto l'Oice, l'Associazione
delle società di ingegneria e architettura,
con un ricorso presentato al Tar Puglia di
Lecce, unitamente a tre società associate,
con il patrocinio di Angelo Clarizia.
Il ricorso, che fa seguito ad un esposto
presentato dalla stessa Associazione alla
Commissione europea, alla Corte dei Conti e
all'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici, sarà esaminato giovedì 19 in sede
cautelare e ha ad oggetto la legittimità di
due affidamenti disposti dalla ASL Lecce il
7 ottobre scorso a favore dell'Università
del Salento.
Il primo affidamento, beneficiaria
l'Università del Salento di Lecce per una
progettazione definitiva di una struttura
ospedaliera, prevede 676.000 euro di
onorari, ai quali la stazione appaltante
prevede di aggiungere un incremento del 13%
per «attività conto terzi», oltre
alla possibilità di un successivo
affidamento della progettazione esecutiva e
della direzione dei lavori.
Il secondo affidamento riguarda un contratto
di consulenza per l'effettuazione di
verifiche sismiche pari a 200.000 euro,
disposto dalla stessa Asl di Lecce a favore
del Dipartimento di ingegneria
dell'innovazione sempre dell'Università del
Salento.
L'Oice, così come gli ordini provinciali
degli ingegneri e degli architetti che hanno
a loro volta presentato autonomi ricorsi
contro gli stessi affidamenti, censura
l'affidamento diretto di attività che
dovevano invece essere messe sul mercato con
una regolare gara, peraltro anche di rilievo
comunitario. «Si tratta», ha detto il
presidente dell'Oice, Oddi Baglioni, «di
affidamenti avvenuti, a nostro avviso, in
evidente violazione di legge e in contrasto
con quanto l'Autorità ha autorevolmente
affermato negli ultimi anni, con riferimento
alla tematica del ruolo delle Università in
questo settore».
Ma l'obiettivo del ricorso, oltre a vedere
dichiarata l'illegittimità degli
affidamenti, è anche quello di ottenere una
pronuncia che esamini a fondo il ruolo delle
Università in questo settore: «L'affidamento
de quo», si legge nel ricorso, «è
senz'altro illegittimo perché le funzioni ed
i compiti istituzionali dell'Università
consistono esclusivamente nella promozione
della ricerca scientifica e nell'offerta
didattica; l''attività di progettazione
esula in toto dai fini istituzionali
dell'Ateneo in quanto attiene ad un'attività
economica -ai sensi della normativa
comunitaria- di natura tecnica che non
riguarda la ricerca scientifica e
l'insegnamento».
In passato l'Autorità di Vigilanza sui
Contratti Pubblici (delibera 119/2007) aveva
stabilito che le università non potessero
svolgere attività di progettazione, né
partecipare a gare per tali affidamenti;
soltanto società di ingegneria cosiddette di
spin off, costituite dalle
Università, ma autonome e operanti sul
mercato, potrebbero partecipare alle gare»
(articolo ItaliaOggi del 18.11.2009, pag.
43). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla questione di legittimità
costituzionale dell'art. 49, c. 1 e 4, della L.R. Lombardia n. 26/2003 (Disciplina dei
servizi locali di interesse economico
generale), modificata dalla L.R. Lombardia
n. 18/2006, in materia di servizio idrico
integrato.
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 49,
c.1, della L.R Lombardia n. 26/2003,
(Disciplina dei servizi locali di interesse
economico generale. Norme in materia di
gestione dei rifiuti, di energia, di
utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche), come sostituito dall'art. 4, c. 1,
lett. p), della L.R. Lombardia 18.08.2006,
n. 18, in quanto ponendo il principio della
separazione delle gestioni, violava
specificamente la competenza statale in
materia di funzioni fondamentali dei comuni,
laddove, in contrasto con la disciplina
statale, consentiva ed anzi imponeva una
separazione non coordinata tra la gestione
della rete e l'erogazione del servizio
idrico integrato.
Non sono fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 49, c. 4, della
L.R. Lombardia n. 26 del 2003, come
sostituito dall'art. 4, c. 1, lett. p),
della l. R. Lombardia n. 18 del 2006,
sollevate, in riferimento agli artt. 117, c.
2, lettere e) e p) della Costituzione, in
relazione all'art. 148, c. 5, del d.lvo
03.04.2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), in quanto il suddetto comma
stabilendo che l'affidamento del servizio di
erogazione possa avvenire solo con la
modalità della gara pubblica, detta una
disciplina più rigorosa, approntando una più
ampia ed efficace tutela della concorrenza;
materia -quest'ultima- rientrante, comunque,
nella competenza residuale delle Regioni
(Corte Costituzionale,
sentenza 20.11.2009 n. 307 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Interventi in
area boscata.
Nessun rilievo assume, ai fini della
configurazione del reato paesaggistico, la
comunicazione di taglio di legna perché
questa denuncia non autorizza il taglio a
raso e tantomeno lo spianamento di un
terreno ma solo il taglio di legna da
ardere. Nell’area boschiva protetta ogni
intervento modificativo deve essere
autorizzato.
Lo sradicamento di alberi ed il livellamento
del terreno costituiscono a tutti gli
effetti “lavori” ai sensi del’art.
181 D.L.vo 42/2004 (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 17.11.2009 n. 43863 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Vincolo
idrogeologico.
Nel caso in cui risulti accertata
l’esistenza soltanto di un vincolo
idrogeologico interessante la zona ove è
stata eseguita la costruzione abusiva, con
esclusione di qualsiasi vincolo
paesaggistico comunque imposto, non è
configurabile il reato paesaggistico, né
quello di cui all’ari. 734 c.p., che
presuppone l’imposizione di un vincolo a
tutela delle bellezze naturali e del
paesaggio.
Né tale principio di diritto è in contrasto
con il consolidato indirizzo interpretativo
secondo il quale anche il vincolo
idrogeologico rientra tra quelli ostativi
alla applicabilità delle disposizioni in
materia di condono edilizio.
Invero, il vincolo idrogeologico è, invece,
previsto, quale causa di non suscettibilità
di sanatoria degli abusi edilizi. dall’art.
33, comma primo lett. a), della L. n.
47/1985 e dalla normativa successiva che
richiama il capo IV di detta legge.
E’, però, evidente che le disposizioni in
materia di condono edilizio hanno carattere
eccezionale e non possono trovare
applicazione al di fuori dei casi da esse
previsti, sicché il riferimento della
ordinanza alle disposizioni sul condono, al
fine di equiparate il vincolo idrogeologico
agli altri vincoli tutelati dal D. Lgs. n.
42/2004, risulta palesemente errato (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.11.2009 n. 43731 -
link a www.lexambiente.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Sulla possibilità per un
raggruppamento di professionisti di
aggiudicarsi una gara pubblica avvalendosi
delle competenze di altre imprese.
Un operatore economico può provare il
possesso dei requisiti necessari per la
partecipazione ad una gara di appalto
avvalendosi delle capacità di altri
soggetti, a prescindere dalla natura
giuridica, dai rapporti o dai vincoli che
intercorrono tra il prestatore e i soggetti
dai quali trae le competenze.
Nel caso di specie, pertanto, un
raggruppamento di professionisti
partecipante ad una gara per l'affidamento
dei servizi di progettazione per il
recupero, la riqualificazione ed il restauro
di un edificio può legittimamente utilizzare
l'istituto dell'avvalimento per le attività
residuali esplicitamente individuate dal
bando di gara (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.11.2009 n. 7054 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
------------------
Appalti, più spazi ai
professionisti. Il Consiglio di stato ha
fornito un'interpretazione estensiva
dell'istituto dell'avvalimento. La società
di architetti può utilizzare anche imprese
terze.
Via libera alle associazioni professionali
negli appalti pubblici. Infatti possono
aggiudicarsi una gara avvalendosi di altre
aziende con competenze specifiche.
A questa conclusione è giunto il Consiglio
di Stato che, con la decisione n. 7054 del
12.11.2009, ha fornito un'interpretazione
estensiva dell'istituto dell'avvalimento
dando ragione a una associazione
professionale di architetti che aveva vinto
un appalto per il restauro di una villa
comunale.
Il Collegio di Piazza Spada ha confermato la
decisione depositata dal Tar Lombardia
secondo cui le i raggruppamenti temporanei
di professionisti sono sullo stesso piano
dei raggruppamenti di imprese. Fra l'altro,
sulla decisione ha pesato una sentenza della
Corte di giustizia del '99 –si legge nelle
motivazioni– che ha avuto lo scopo di
ampliare la dinamica concorrenziale svolta
dai raggruppamenti temporanei di imprese e
di professionisti.
In proposito, si legge nella decisione del
Consiglio di stato, «il primo giudice
ritenne infondato nel merito il ricorso
osservando che, in omaggio allo scopo di
ampliamento della dinamica concorrenziale e
della obiettiva funzione antimonopolistica
svolta dai raggruppamenti temporanei di
imprese e di professionisti (agli stessi
equiparati nella disciplina comunitaria),
sin dal 1999 (cfr. la sentenza del
02.12.1999 nella causa C-176/98) la Corte di
Giustizia ha chiarito la interpretazione
sostanzialista della direttiva 92/50, nel
senso, cioè, di consentire ad un prestatore,
per comprovare il possesso dei requisiti
economici, finanziari e tecnici di
partecipazione ad una gara di appalto
pubblico di servizi, di far riferimento alle
capacità di altri soggetti, qualunque sia la
natura giuridica dei vincoli con gli stessi,
a condizione che sia in grado di provare di
disporre effettivamente dei mezzi di tali
soggetti necessari all'esecuzione
dell'appalto». In sostanza, spiegano i
giudici, le direttive appalti pubblici non
permettono di restringere la possibilità di
partecipare alle gare «ad alcune
categorie di operatori escludendone altre».
La Commissione Ue, secondo palazzo Spada,
considera dunque che «l'art. 34, par. 1
del codice, anche in combinato disposto con
l'art. 206, par. 1, nonché gli artt. 90 e
101, anche in combinato con l'art. 237 sono
contrari alle direttive 2004/18/CE e
2004/17/CE, nella misura in cui essi
escludono la possibilità di partecipazione
alle gare di appalti e ai concorsi di
progettazione soggetti a dette direttive,
per gli operatori che hanno una forma
giuridica diversa da quelle contemplate dai
citati articoli» (articolo ItaliaOggi
del 17.11.2009, pag. 21). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazioni e modifica della
destinazione d’uso.
In base all’articolo 22, comma primo, sono
soggetti a DIA cosiddetta ordinaria in via
residuale gli interventi non assoggettati a
permesso di costruire e non esenti dal
titolo. In definitiva sono sottoposti alla
denuncia d’inizio attività cosiddetta
ordinaria solo gli interventi minori.
E’ ben vero che l’articolo 22, terzo comma,
del testo unico sull’edilizia dispone che in
alternativa al permesso di costruire possono
realizzarsi con la denuncia d’inizio
attività (cosiddetta Superdia) anche gli
interventi di cui all’articolo 10, lettera
c), del testo unico ossia gli interventi di
ristrutturazione pesante ma il rinvio
contenuto nel terzo comma dell’articolo 22,
lettera a), all’articolo 10, comma I,
lettera c), del testo unico deve essere
interpretato nel senso che gli interventi di
ristrutturazione cosiddetta pesante di cui
all’articolo 10, comma I, lettera c),
possono essere realizzati con la cosiddetta
Superdia a condizione però che tali
interventi, pure implicando modificazioni
della sagoma o dei volumi, ecc. non
modifichino la destinazione d’uso passando
da una categoria funzionalmente autonoma ad
una diversa, anch’essa funzionalmente
autonoma.
Dalla normativa dianzi evidenziata emerge
che i mutamenti della destinazione d’uso tra
categorie funzionalmente autonome devono
essere assentiti con permesso di costruire
e, nei soli centri storici, anche quando
avvengono nell’ambito della medesima
categoria (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 11.11.2009 n. 42915 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Modifica della destinazione
d’uso.
Il mutamento di destinazione d’uso di un
immobile attuato attraverso l’esecuzione di
opere edilizie configura un’ipotesi di
ristrutturazione edilizia che integra il
reato di esecuzione di lavori in assenza di
permesso di costruire in quanto l’esecuzione
di lavori, anche se di modesta entità, porta
alla creazione di un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente.
L’intervento rimane assoggettato, pertanto,
al previo rilascio del permesso di costruire
con pagamento del contributo di costruzione
dovuto per la diversa destinazione.
Non ha rilievo l’entità delle opere
eseguite, allorché si consideri che la
necessità del permesso di costruire permane
per gli interventi:
— di manutenzione straordinaria, qualora
comportino modifiche delle destinazioni
d’uso (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma
1, lett. b);
— di restauro e risanamento conservativo,
qualora comportino il mutamento degli “elementi
tipologici” dell’edificio, cioè di quei
caratteri non soltanto architettonici ma
anche funzionali che ne consentano la
qualificazione in base alle tipologie
edilizie (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3,
comma 1, lett. e).
Gli interventi anzidetti, invero, devono
considerarsi “di nuova costruzione”
ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3,
comma 1, lett. e) (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.11.2009 n. 42913 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
VINCOLI ED INDENNIZZO.
1.- Espropriazione ed occupazione
- Indennità - Corresponsione - Per i vincoli
urbanistici preordinati all'espropriazione -
Sussiste.
2.- Espropriazione ed occupazione -
Indennità - Corresponsione - Per i vincoli
di destinazione imposti dal piano regolatore
o per attrezzature e servizi - Non sussiste.
1.-
Sono indennizzabili soltanto i vincoli
urbanistici preordinati all'espropriazione o
di carattere sostanzialmente espropriativo,
in quanto implicanti uno svuotamento
incisivo della proprietà; mentre non lo sono
i vincoli di destinazione imposti dal piano
regolatore per attrezzature e servizi
realizzabili anche ad iniziativa privata o
promiscua, in regime di economia di mercato,
anche se accompagnati da strumenti di
convenzionamento (ad. es. parcheggi,
impianti sportivi, mercati e strutture
commerciali, edifici sanitari, zone
artigianali, industriali o residenziali).
2.-
Le destinazioni a parco urbano, a verde
urbano, a verde pubblico, verde pubblico
attrezzato, parco giochi, e simili si
pongono al di fuori dello schema
ablatorio-espropriativo -con le connesse
garanzie costituzionali (indennizzo o durata
predefinita)- e costituiscono espressione di
potestà conformativa (avente validità a
tempo indeterminato) quando lo strumento
urbanistico consente di realizzare tali
previsioni, non già ad esclusiva iniziativa
pubblica, ma ad iniziativa privata o
promiscua pubblico-privata, senza necessità
di ablazione del bene (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 11.11.2009 n. 4997 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
- Sulla legittimità della
clausola di un bando di gara che prescrive
di dimostrare le capacità
tecnico-professionali delle concorrenti
mediante attestazione di servizi in
precedenza resi in settori analoghi.
- Sulla possibilità di verificare il
requisito di cui sopra durante il periodo di
prova.
- In materia di appalti di servizi, è
legittima la clausola di un bando che, ai
fini dell'aggiudicazione della gara, impone
alle concorrenti dei allegare, unitamente
all'offerta economicamente più vantaggiosa,
documenti che attestino il possesso della
capacità tecnica sulla base di un elenco di
analoghi servizi precedentemente svolti
presso amministrazioni e/o enti pubblici e
privati, con specifiche indicazioni riguardo
ad importi, date e destinatari, come
prescritto dall'art. 42 del Codice dei
contratti.
- In conformità al dettato normativo del
dlgs 163/2006, la stazione appaltante non
può consentire che la verifica della
sussistenza della capacità tecnica, in capo
alle concorrenti, sia omessa e differita al
successivo periodo di prova (TAR Sardegna,
Sez. I,
sentenza 09.11.2009 n. 1721 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
- Sull'applicabilità del divieto
disposto dall'art. 13 del d.l. 04.07.2006,
n. 223, (c.d. decreto Bersani) alle sole
società caratterizzate dalla strumentalità.
- Sull'ambito applicativo dell'art. 3, c.
27, della l. n. 244 del 2007, rispetto a
quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006,
(decreto Bersani).
- L'art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223,
(c.d. decreto Bersani) convertito in l.
04.08.2006, n. 248, si applica alle sole
società a capitale interamente pubblico o
misto, caratterizzate dalla strumentalità
all'attività degli enti e dall'essere moduli
organizzativi interni delle amministrazioni
affidanti.
Nel caso di specie, la società
controinteressata, indirettamente
partecipata da enti pubblici, è tuttavia
priva dei vincoli della strumentalità e
della funzionalità con l'ente pubblico, e si
caratterizza, invece, dall'operare nel
mercato in diretta concorrenza con le altre
imprese pubbliche o private, pertanto,
sfugge all'applicazione del divieto previsto
dal citato art. 13 del decreto Bersani,
poiché essa non svolge alcuna attività di
supporto all'amministrazione territoriale e,
quindi, non può sfruttare la posizione di
privilegio che caratterizza le società
pubbliche allorché operino quale "ente
strumentale" del soggetto pubblico di
riferimento a discapito di operatori
privati.
- L'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27,
della l. n. 244 del 2007, che vieta alle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,
c.2, del d. lvo n. 165 del 2001, di
partecipare in società aventi per oggetto la
produzione di beni e servizi non
strettamente necessarie per il perseguimento
delle proprie finalità istituzionali,
vietando, altresì, di assumere o mantenere
direttamente o indirettamente
partecipazioni, anche in minoranza, in tali
società, è diverso rispetto a quello
dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto
Bersani).
Invero, mentre l'art. 13 citato riduce ex
lege la capacità di agire di una
società-veicolo, imponendo una esclusività
dell'attività svolta in favore dell'ente di
riferimento; l'art. 3, c. 27, della l. n.
244 del 2007 delimita la capacità di agire
dell'ente titolare della partecipazione
sociale a quelli che dovrebbero essere i
suoi propri confini (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-ter,
sentenza 06.11.2009 n. 10891 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il concetto di manutenzione
straordinaria si fonda sul duplice
presupposto che i lavori siano preordinati
alla mera rinnovazione o sostituzione di
parti dell'edificio o alla realizzazione di
impianti igienico-sanitari o tecnologici e
che i volumi e le superfici preesistenti non
vengano alterati o non siano destinati ad
altro uso.
La realizzazione di una tettoia è soggetta a
concessione edilizia poiché, pur avendo
carattere pertinenziale rispetto
all'immobile cui accede, incide sull'assetto
edilizio preesistente.
Il manufatto realizzato (ndr: senza permesso
di costruire) consiste in una tettoia che
insiste nella parte esterna del terrazzino
di mq. 9,00 (mt. 3,00 x 3,00) che è chiuso
per tre lati nella parte interna e termina
con un balcone aggettante (mt. 3,00 x 1,5 =
mq. 4,50).
Il tipo di manufatto realizzato non può
essere considerato opera di manutenzione
straordinaria soggetta a D.I.A., in quanto
il concetto di manutenzione straordinaria si
fonda sul duplice presupposto che i lavori
siano preordinati alla mera rinnovazione o
sostituzione di parti dell'edificio o alla
realizzazione di impianti igienico-sanitari
o tecnologici e che i volumi e le superfici
preesistenti non vengano alterati o non
siano destinati ad altro uso (TAR Campania
Napoli, sez. VI, 04.08.2008, n. 9725).
Nel caso di specie i lavori realizzati
esulano dalla mera rinnovazione o
sostituzioni di parti dell’edificio e
risultano essere state alterate le
superficie ed i volumi, anche considerando
la chiusura in alluminio e vetri operata
nella parte superiore.
Detti lavori comportano una rilevante
modifica dell'assetto edilizio preesistente
che richiedeva il rilascio del permesso di
costruire ed, in tal senso, esulano altresì
dalla nozione di pertinenza, che consente di
derogare al regime abilitativo, in quanto
quest’ultima va definita, oltre che in
ragione della necessità e oggettività del
rapporto pertinenziale, anche in relazione
alla consistenza dell'opera, che non deve
essere tale da alterare in modo
significativo l'assetto del territorio (TAR
Campania Napoli, sez. II, 26.09.2008, n.
11309).
In ogni caso, pur se si volesse considerare
la tettoia quale pertinenza dell’immobile
principale, si richiama quella
giurisprudenza secondo cui la realizzazione
di una tettoia è soggetta a concessione
edilizia poiché, pur avendo carattere
pertinenziale rispetto all'immobile cui
accede, incide sull'assetto edilizio
preesistente (TAR Campania, Napoli, Sez. IV,
16.07.2002, n. 4107; TAR Sicilia, Palermo,
Sez. I, 08.07.2002, n. 1936; TAR Campania
Napoli, sez. III, 09.09.2008, n. 10059; TAR
Campania Napoli, sez. VI, 04.08.2008, n.
9725) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 04.11.2009 n. 6876 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
l’identificazione della nozione di volume
tecnico rilevano tre parametri: il primo,
positivo e di tipo funzionale, costituito
dall’esistenza di un rapporto di
strumentalità necessaria tra il manufatto e
l’utilizzo della costruzione a cui accede;
il secondo ed il terzo, negativi,
ricollegati da un lato all’impossibilità di
soluzioni progettuali diverse, nel senso che
tali costruzioni non devono poter essere
ubicate all'interno della parte abitativa, e
dall’altro, ad un rapporto di necessaria
proporzionalità fra tali volumi e le
esigenze effettivamente presenti.
Secondo una consolidata giurisprudenza (ex
multis TAR Campania Napoli, Sez. IV,
13.05.2008, n. 4258; TAR Lombardia Milano,
Sez. II, 25.03.2008, n. 582), per
l’identificazione della nozione di volume
tecnico rilevano tre parametri: il primo,
positivo e di tipo funzionale, costituito
dall’esistenza di un rapporto di
strumentalità necessaria tra il manufatto e
l’utilizzo della costruzione a cui accede;
il secondo ed il terzo, negativi,
ricollegati da un lato all’impossibilità di
soluzioni progettuali diverse, nel senso che
tali costruzioni non devono poter essere
ubicate all'interno della parte abitativa, e
dall’altro, ad un rapporto di necessaria
proporzionalità fra tali volumi e le
esigenze effettivamente presenti. Pertanto
rientrano in tale nozione solo le opere
edilizie completamente prive di una propria
autonomia funzionale, anche potenziale, in
quanto destinate a contenere impianti
serventi di una costruzione principale, per
esigenze tecnico-funzionali della
costruzione stessa.
Pertanto, l’intervento oggetto dell’istanza
di accertamento della compatibilità
paesistica presentata dalla ricorrente
consiste nella realizzazione di un volume
tecnico; e, come ritenuto da questa Sezione
in sentenza n. 1748/2009, l’art. 167 d.lgs.
42/2004, nella parte in cui non consente
l’accertamento di compatibilità
paesaggistica per gli interventi che
comportano “nuovi volumi” va
interpretata nel senso che essa non si
riferisce anche ai volumi tecnici (fermo
restando il potere dell’Amministrazione
preposta alla tutela di accertare, caso per
caso, la compatibilità del volume tecnico
con le esigenze di tutela del paesaggio).
Infatti, come precisato nella sentenza n.
1748/2009 sopra citata, i volumi tecnici,
proprio in ragione dei caratteri che li
contraddistinguono, sono inidonei ad
introdurre un impatto sul territorio
eccedente la costruzione principale e, come
tali, sono ininfluenti ai fini del calcolo
degli indici di edificabilità. Ne consegue
che, come evidenziato dalla ricorrente, la
stessa ratio che in materia
urbanistica induce ad escludere i volumi
tecnici del calcolo della volumetria
edificabile dovrebbe valere anche in materia
paesistica per escludere tali volumi dal
divieto di rilasciare l’autorizzazione
paesistica in sanatoria
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 03.11.2009 n. 6827 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
necessità di interpretare le eccezioni al
divieto di rilasciare l’autorizzazione
paesistica in sanatoria (previste
dall’articolo 167, comma 4, del decreto
legislativo n. 42/2004) in coerenza con la
ratio dell’introduzione di tale divieto
induce il Collegio a ritenere che esulino
dalla eccezione prevista dall’articolo 167,
comma 4, lettera a), gli interventi che
abbiano contestualmente determinato la
realizzazione di nuove superfici utili e di
nuovi volumi e che, di converso, siano
suscettibili di accertamento della
compatibilità paesistica anche i soppalchi,
i volumi interrati ed i volumi tecnici.
È ben vero che anche un volume tecnico può
incidere in modo pregiudizievole sul
paesaggio, e che la normativa paesaggistica
ha una sua autonomia rispetto a quella
edilizia ed urbanistica; tuttavia il
Collegio ritiene che detta obiezione possa
essere superata dalle considerazioni già
svolte dalla Sezione nel proprio precedente
sopracitato:
“Rilievo decisivo assume quindi -a
giudizio del Collegio- l’interpretazione
teleologica della disposizione in esame. Si
deve infatti osservare innanzi tutto che la
Soprintendenza, attenendosi rigorosamente
alla prospettata interpretazione letterale,
coerentemente perviene a negare la
possibilità di rilasciare l’autorizzazione
paesistica in sanatoria anche per i volumi
interrati, conclusione questa che si pone
tuttavia in stridente contrasto con la
evidenziata ratio del divieto posto
dall’art. 146 del decreto legislativo n.
42/2004, perché i volumi interrati sono
palesemente privi di ogni incidenza sul
paesaggio.
Analoghe considerazioni valgono per
l’ulteriore argomento letterale addotto
dalla Soprintendenza, che fa leva sul
riferimento testuale alle “superfici utili”,
dal quale la stessa Soprintendenza
coerentemente desume che le superfici non
residenziali sarebbero suscettibili di
sanatoria. Infatti è evidente che la
realizzazione di un soppalco all’interno di
un preesistente volume è anch’essa priva di
ogni incidenza sul paesaggio, a prescindere
dal fatto che il soppalco determini o meno
un aumento delle superfici residenziali.
Pertanto l’interpretazione teleologica
induce inevitabilmente a ritenere che,
nonostante l’utilizzo della particella
disgiuntiva “o” nella frase “che non abbiano
determinato creazione di superfici utili o
volumi”, il duplice riferimento alle nuove
superfici utili e ai nuovi volumi
costituisca un’endiadi, ossia una modalità
di esprimere un concetto unitario con due
termini coordinati.
In altri termini, la necessità di
interpretare le eccezioni al divieto di
rilasciare l’autorizzazione paesistica in
sanatoria (previste dall’articolo 167, comma
4, del decreto legislativo n. 42/2004) in
coerenza con la ratio dell’introduzione di
tale divieto induce il Collegio a ritenere
che esulino dalla eccezione prevista
dall’articolo 167, comma 4, lettera a), gli
interventi che abbiano contestualmente
determinato la realizzazione di nuove
superfici utili e di nuovi volumi e che, di
converso, siano suscettibili di accertamento
della compatibilità paesistica anche i
soppalchi, i volumi interrati ed i volumi
tecnici” (Tar Campania, Napoli, VII,
1748/2009)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 03.11.2009 n. 6827 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
sindacale - Esposto di una sola famiglia -
Sufficienza.
L'accertata presenza di un fenomeno di
inquinamento acustico -pur se non
coinvolgente l'intera collettività- deve
ritenersi sufficiente a concretare
l'eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica,
con la conseguenza che l’ordinanza sindacale
ben può essere adottata anche a seguito
dell’esposto di una sola famiglia, non
constando nella norma alcun parametro
numerico o dimensionale (da ultimo, in tal
senso TAR Piemonte, I, 02.03.2009, n. 199).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza sindacale - Art. 9 L. n. 447/1995
- Rimedio ordinario.
L'art. 9 della legge 447/1995 rappresenta
l'ordinario rimedio in materia di
inquinamento acustico, non prevedendo la
citata legge altri strumenti a disposizione
delle Amministrazioni comunali (TAR Puglia,
Lecce, sez. I, 08.06.2006, n. 3340 e sez. I,
24.01.2006, n. 488, TAR Lombardia, Milano,
sez. IV, 27.12.2007, n. 6819).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Potere di ordinanza comunale - Art. 9 L. n.
447/95 - Potestà regolatoria - Potere
conformativo dell’attività privata -
Riduzione o rimodulazione dell’orario
dell’attività fonte di immissioni.
Il potere di ordinanza comunale in materia
di inquinamento acustico (art. 9 L. n.
447/1995) costituisce espressione della
potestà regolatoria volta a conformare
l'attività privata al rispetto dei limiti di
emissione acustica nell'ambito del
territorio comunale; tale potere
conformativo può manifestarsi, anche
attraverso l'obbligo per il responsabile
delle immissioni rumorose di ridurre o
rimodulare l'orario della propria attività
fonte delle suddette immissioni (TAR
Lombardia, Milano, IV, 02.04.2008, n. 715).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Superamento dei limiti di legge - Situazione
di rischio per la salute pubblica -
Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/1995 -
Motivazione per relationem al verbale dei
rilievi fonometrici - Idoneità.
Il superamento dei limiti di legge, in
materia di inquinamento acustico, implica
automaticamente la sussistenza di una
situazione di rischio per la salute pubblica
che i soggetti preposti al controllo sono
tenuti a rimuovere attraverso l’unico mezzo
a disposizione rappresentato, per l’appunto,
dall’ordinanza ai sensi dell’art. 9 della
legge 447/1995.
La motivazione espressa per relationem
al verbale dei rilievi fonometrici operati
dall’USSL appare, quindi, del tutto
sufficiente ad integrare il rispetto
dell’obbligo di legge (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 02.11.2009 n. 1814 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Limite all’esercizio della
facoltà del subappalto previsto nel bando ma
dichiarato erroneamente in sede di gara –
Sindacato del Giudice nella valutazione
delle offerte anomale.
Il Consiglio di Stato ha statuito che
l’incompleta o erronea dichiarazione di un
concorrente relativa all’esercizio della
facoltà di subappalto è suscettibile di
comportare l’esclusione dello stesso solo
nel caso in cui questi non possieda in
proprio la qualificazione per le lavorazioni
che intendeva subappaltare. Il soggetto, in
questo caso, dovrà eseguire in proprio
l’opera oggetto del mancato subappalto.
Nella stessa Sentenza la Corte ha stabilito,
altresì, che il Giudice non possa
sostituirsi all’Amministrazione nella
valutazione dell’offerta nel merito. La
Stazione Appaltante è obbligata ad
effettuare la verifica di congruità delle
offerte, sopratutto in relazione alla
valutazione dell’anomalia delle stesse.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare
d’appalto deve essere espressione non solo
tecnica ma anche amministrativa e, pertanto,
la valutazione delle offerte sarà soggetta a
sindacato giurisdizionale solo per eccesso
di potere sotto il profilo del difetto di
motivazione, dell’illogicità manifesta,
dell’erroneità dei presupposti di fatto e di
incoerenza dell’iter valutativo e dei
relativi esiti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.10.2009 n. 6708 -
link a www.www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Gara d’appalto - Dichiarazioni
sostitutive e allegazione della copia
fotostatica del documento di riconoscimento
del sottoscrittore: Elemento indefettibile
anche in caso di pluralità di dichiarazioni
contenute in unica busta.
L’allegazione della copia fotostatica del
documento di identità ai fini delle
autocertificazioni di cui all’art. 38, comma
3, T.U. 28.12.2000 n. 445, assolve alla
duplice funzione di comprovare il nesso di
imputabilità della dichiarazione ad una
determinata persona, nonché a garantire,
attraverso l’assunzione delle responsabilità
penali, la veridicità delle dichiarazioni
ivi contenute.
Il TAR pugliese precisa, altresì, che in
caso di pluralità di dichiarazioni, anche se
contenute su più fogli, purché inserite
all’interno di una busta unica, possono
essere corredate da una unica copia del
documento di identità (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III,
sentenza 29.10.2009 n. 2357 -
link a www.www.mediagraphic.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Art. 9 L.
n. 447/1995 - Competenza - Criterio di
riparto - Art. 50, cc. 5 e 6 d.lgs. n.
267/2003 - Situazioni a carattere locale -
Ambiti territoriali di carattere
sovracomunale.
Non è condivisibile la tesi secondo cui la
competenza ad adottare i provvedimenti di
cui all’art. 9 della L. n. 447/1995
dipenderebbe dall’appartenenza comunale o
statale dei beni dai quali proviene la fonte
rumorosa, perché ad un siffatto criterio non
fa riferimento nessuna norma e l’esistenza
di un bene pubblico quale fonte del disturbo
è un’eventualità del tutto occasionale,
dovendosi configurare nella maggior parte
dei casi una provenienza da beni privati.
Poiché la norma citata configura un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal Dlgs. 18.08.2000, n. 267 agli
articoli 50 e 54, sembra congruo applicare
in via residuale il criterio di riparto
dettato dai commi 5 e 6 dell’art. 50 del
Dlgs. n. 267 del 2000, e pertanto la
competenza deve essere ricondotta in capo al
Sindaco in caso di situazioni di carattere
esclusivamente locale, ferma restando la
competenza degli altri enti menzionati
dall’art. 9 della legge n. 447 del 1995 in
ragione della dimensione dell'emergenza e
dell'eventuale interessamento di più ambiti
territoriali di carattere sovracomunale
(fattispecie relativa all’adozione da parte
del Sindaco di un’ordinanza ex art. 9 L. n.
447/1995 con la quale era inibito l’uso di
un’area demaniale).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Insediamenti storici - Piani di risanamento
acustico - Azione concertata tra i soggetti
coinvolti - Presentazione del piano - Comune
- Passivo rifiuto di dar corso alla
procedura di approvazione - Illegittimità.
Dall’insieme delle norme di cui agli artt.
7, 4, c. 1 e 15 della legge 26.10.1995, n.
447 risulta che le molteplici iniziative
volte alla rimozione delle situazioni di
criticità determinate dalla storicità degli
insediamenti, è demandata all’azione
concertata dei diversi soggetti coinvolti
cui devono concorrere le istituzioni, le
attività produttive da cui provengono le
emissioni sonore e gli stessi cittadini con
interventi diretti sui ricettori sensibili.
Pertanto, a fronte della presentazione di un
piano di risanamento acustico da parte di
un’impresa illegittimamente il Comune si
limita al passivo rifiuto di dar corso alla
procedura di approvazione senza indicare in
modo propositivo, completo e puntuale gli
elementi giudicati non idonei o mancanti al
fine del raggiungimento dei risultati
attesi, e le opere e i rimedi specifici
ritenuti necessari per il contenimento del
rumore (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 26.10.2009 n. 2655 -
link a www.ambientediritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Piena discrezionalità
sull’utilizzazione delle graduatorie per la
P.A..
Sul piano delle disposizioni di carattere
generale, per giurisprudenza consolidata (in
questo senso, da ultimo, Consiglio di Stato
sez. IV, decisione 18.06.2009, n. 3998), cui
anche questo Tribunale Amministrativo
aderisce (si veda la sentenza 08.02.2008, n.
207), gli artt. 15, d.P.R. 09.05.1994, n.
487 e 22, comma 8, l. 24.12.1994, n. 274 non
riconoscono agli idonei dei concorsi
pubblici alcun diritto ad essere immessi in
ruolo, ma si limitano ad attribuire
all'Amministrazione, in alternativa allo
svolgimento della procedura concorsuale
ordinaria, la facoltà di procedere allo
scorrimento delle graduatorie ancora valide
di concorsi già indetti, sì da poter
conferire agli idonei i posti non coperti
dopo la chiamata dei vincitori, ovvero medio
tempore resisi disponibili, nei limiti della
pianta organica (TAR Sicilia-Palermo, Sez.
II,
sentenza 21.10.2009 n. 1692 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Rinaldi, Autorizzazione
edilizia e interventi per l’utilizzo delle
fonti energetiche.
Offre profili di notevole interesse, per il
diritto sostanziale, la sentenza in
disamina: infatti, si verte in ordine ad un
ambito ancora poco ‘esplorato’ del T.U.
Edilizia (DPR 380/2001), quello attinente le
autorizzazioni per gli interventi d’utilizzo
delle fonti energetiche: tema che, va da sé,
innesta problematiche ambientali nella
materia strettamente urbanistico-edilizia.
Colla
sentenza 15.10.2009 n. 948 la I
Sezione del TAR Lazio-Latina, ha accolto il
ricorso presentato avverso il provvedimento
di revoca della DIA, e conseguente
sospensione dei lavori, inerenti
l’installazione –su un immobile di sua
proprietà adibito ad albergo ristorante e
sito in zona A “centro storico”– di un
impianto integrato per la produzione di
acqua calda (sanitaria) mediante l’apporto
di collettori solari.
Il Collegio ha ritenuto illegittimo
l’operato del Comune, in quanto esso avrebbe
disapplicato il chiaro disposto normativo
dell’articolo 123 del D.P.R. 06.06.2001, n.
380 (che riproduce sostanzialmente la
disposizione dell’articolo 26 della legge
09.01.1991, n. 10) secondo cui “gli
interventi di utilizzo delle fonti di
energia di cui all'articolo 1 della legge
09.01.1991, n. 10, in edifici ed impianti
industriali non sono soggetti ad
autorizzazione specifica e sono assimilati a
tutti gli effetti alla manutenzione
straordinaria di cui all'articolo 3, comma
1, lettera a). L'installazione di impianti
solari e di pompe di calore da parte di
installatori qualificati, destinati
unicamente alla produzione di acqua calda e
di aria negli edifici esistenti e negli
spazi liberi privati annessi, è considerata
estensione dell'impianto idrico-sanitario
già in opera”.
Il Tribunale, confacendosi ad un precedente
della Corte di Cassazione Penale, ha
rilevato come la disposizione citata preveda
una semplificazione del regime
urbanistico-edilizio volta a permettere la
realizzazione dell’impianto anche quando
esso implichi, per esigenze tecnologiche,
modifiche esterne e/o la realizzazione di
necessari volumi tecnici (Cassazione penale,
Sez. III, 17.11.1995 n. 3974) (link a
www.greenlex.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Bonifiche.
Qualora emergano elementi che depongono nel
senso di una sostanziale adesione delle
competenti Amministrazioni in favore del
modello della barriera idraulica, il
mutamento di avviso da parte delle
Amministrazioni stesse, con opzione verso
un’altra tipologia di intervento, può
avvenire solo in base ad una congrua ed
approfondita motivazione ed all’esito di
un’adeguata istruttoria, che tenga conto di
tutte le circostanze rilevanti del caso: la
sussistenza di detti obblighi
procedimentali, prima ancora che da
specifiche norme vigenti nel settore della
disciplina ambientale, discende dai principi
generali di economicità e trasparenza
dell’azione amministrativa di cui all’art.
1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché dal
divieto di aggravamento del procedimento
amministrativo ex art. 1, comma 2, della
citata l. n. 241 (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 14.10.2009 n. 1540 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. A. Mazzola, “Rumore sì, rumore
no”.
La
sentenza 11.06.2009 n. 2295 del
Tribunale di Genova, Sez. III civile, lascia
perplessi perché si discosta dall’unanime
orientamento giurisprudenziale di
considerare intollerabile il rumore, non
applicando il noto criterio dell’incremento
di 3 decibel, sostituito nella specie dal
criterio di accettabilità prescritto dal
legislatore con fonte regolamentare (si
rinvia per un maggiore approfondimento a
Mazzola M.A., Immissioni e risarcimento del
danno, Utet, 2009).
Le perplessità non riguardano soltanto la
via intrapresa quanto le fragili motivazioni
che la sostengono, di natura tecnica.
Probabilmente la scelta di seguire tale via
è stata fortemente condizionata dalla
recente scelta del legislatore di
intervenire in materia di immissioni
intollerabili da rumore con l’art. 6-ter
della legge 27.02.2009, n. 13 (G.U.
28.02.2009 n. 49) - Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge
30.12.2008, n. 208 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale -serie generale- n. 304
del 31.12.2008), recante misure
straordinarie in materia di risorse idriche
e di protezione dell'ambiente, ed entrata in
vigore l'01.03.2009, che ha appunto
convertito con modificazioni il
decreto-legge 30.12.2008, n. 208, inerente
misure straordinarie in materia di risorse
idriche e di protezione dell'ambiente.
In particolare la norma ha statuito che “1.
Nell'accertare la normale tollerabilità
delle immissioni e delle emissioni
acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del
codice civile, sono fatte salve in ogni caso
le disposizioni di legge e di regolamento
vigenti che disciplinano specifiche sorgenti
e la priorità di un determinato uso.”
(Art. 6-ter, Normale tollerabilità delle
immissioni acustiche).
E’ evidente come tale norma non abbia
effetto retroattivo e difatti il giudice
ligure non la cita, perlomeno
esplicitamente. La fa però sua nell’impianto
motivazionale e la scelta di attribuire
carattere di tollerabilità (salvo alcune
immissioni, la cui intollerabilità risulta
infine sufficiente per giustificare un
riparto delle spese più gravose per il
condominio) alle immissioni di rumore
prodotte dalla caldaia condominiale nel loro
complesso, o comunque nella parte dominante
di esse, induce l’organo giudicante pure a
valutare con maggiore senso critico la prova
dei danni non patrimoniali. Danni che
difatti non riconosce, unitamente a quelli
patrimoniali, sempre negati.
Invero, le motivazioni in ordine alla
valutazione dei danni appare comunque in
parte condivisibile (danni alla salute, e
danni patrimoniali) ed in parte sostenibile
(i restanti danni non patrimoniali) (link a
www.greenlex.it). |
AGGIORNAMENTO AL 16.11.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Dalla AUSL di IMOLA il “Quaderno della
sicurezza nei cantieri edili” aggiornato al
D.Lgs 106/2009.
Il "Quaderno della sicurezza nei cantieri
edili" è un opuscolo realizzato in
collaborazione dall'U.O. Prevenzione e
Sicurezza degli ambienti di lavoro dell'Ausl
di Imola e dal Gruppo Provinciale Edilizia
della Provincia di Bologna, per fornire ai
professionisti e alle aziende del settore
edile informazioni dettagliate
sull'applicazione delle norme in materia di
tutela della salute e sicurezza nei
cantieri.
In particolare, i tecnici del Dipartimento
di Sanità Pubblica dell'Ausl di Imola hanno
curato l'aggiornamento del Quaderno in base
alle modifiche introdotte dal D.Lgs 106 al
Testo Unico sulla sicurezza (D. Lgs.
81/2008), nel mese di agosto di quest'anno
... (link a www.acca.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Fac-simile di REGOLAMENTO PER L’AFFIDAMENTO
DI INCARICHI INDIVIDUALI DI COLLABORAZIONE
AUTONOMA (Art. 3, commi 54, 55,
56 e 57, legge n. 244/2007, art. 48, comma
3, D. Lgs n. 267/2000, artt. 46, 76 e 77
D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n.
133/2008, artt. 21 e 22 legge n. 69/2009)
(link a www.anci.lombardia.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. ord. al n. 45
del 13.11.2009, "Regolamento dell'Albo
regionale delle Cooperative sociali ai sensi
dell'art. 27 della l.r. n. 1/2008 - Testo
unico delle leggi regionali in materia di
volontariato, cooperazione sociale,
associazionismo e società di mutuo soccorso"
(Regolamento
Regionale 26.10.2009 n. 3 - link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia,
1° suppl. straord. al n. 45
del 10.11.2009, "Direzione Centrale
Programmazione Integrata - Adeguamento ex
art. 5 della l.r. 29.06.2009 degli schemi di
dichiarazione e dei relativi allegati in
attuazione della l.r. 02.02.2007 n. 1, art.
5 - Semplificazione dei procedimenti per
l'avvio di attività economiche" (decreto
D.C. 26.10.2009 n. 10863 - link a
www.infopoint.it). |
QUESITI |
EDILIZIA PRIVATA:
Nomina commissione edilizia.
Composizione.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che, a seguito delle elezioni amministrative
del 6-7 giugno u.s., il Consiglio comunale
ha provveduto a nominare i componenti della
Commissione edilizia comunale, nella
seguente composizione: 3 membri espressione
della maggioranza, un membro della minoranza
e un esperto in materia ambientale.
Nella votazione, svoltasi a scrutinio
segreto, si è registrata parità di voti tra
due candidati per il membro assegnato ai due
gruppi di minoranza.
Il Consiglio ha deciso di rimettere in
votazione i due nominativi espressi dalla
minoranza, votazione che, con il risultato
di 8 a 5, ha designato l’ultimo componente
della commissione.
Il membro nominato dal Consiglio eccepisce
sulla legittimità della deliberazione
consiliare, sostenendo che a parità di voti
andava eletto il più anziano di età (senza
procedere a nuova votazione) e che il membro
eletto dalla minoranza doveva essere
esclusivamente votato dai consiglieri dei
gruppi di minoranza (Regione Piemonte,
parere n.
103/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI SERVIZI:
Appalto gestione micro-nido.
Affidamento.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che l’ente ha proceduto, nell’aprile 2008,
ad appaltare, per la durata di cinque anni,
ad una cooperativa, la gestione di un
micro-nido.
L’appaltatore, pare, voglia adesso recedere
dal contratto ed intende subappaltare al
100% il servizio alle due maestre che
attualmente lavorano presso il nido. In
alternativa la cooperativa sarebbe
disponibile a supportare le due maestre,
previa loro costituzione in soggetto avente
i requisiti dettati dall’art. 34 del Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, approvato
con D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m.i. (di
seguito: Codice dei contratti), in una
eventuale gara, fornendo con l’istituto
dell’avvalimento, i requisiti necessari.
Il sindaco chiede se sia legittimo il
subappalto al 100%, se sia legittimo l’avvalimento
proposto e se sia possibile continuare il
servizio in capo alle attuali maestre
(Regione Piemonte,
parere n.
99/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Conferma segretario comunale.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che l’ente ha stipulato convenzione di
segreteria con altri due comuni.
A seguito elezioni amministrative del 6-7
giugno u.s., il sindaco del comune capofila
ha deciso di non confermare il segretario
titolare e intenderebbe avviare il
procedimento per la nomina di un nuovo
segretario.
Il sindaco del Comune esponente, richiamando
gli accordi sanciti in convenzione e la
deliberazione del consiglio nazionale di
amministrazione dell’Agenzia autonoma per la
gestione dell’albo dei segretari comunali e
provinciali, n. 150/1999, rivendica la
partecipazione al procedimento di nomina e
pone le seguenti domande:
1°) in caso di mancato accordo tra gli enti,
può il sindaco del comune capofila procedere
alla nomina?
2°) l’Agenzia dei segretari comunali e
provinciali può concedere il nulla-osta alla
nomina, se fosse formalizzato il disaccordo
degli altri due comuni convenzionati?
3°) può un comune procedere allo
scioglimento della convenzione e
contestualmente avviare la nomina di un
nuovo segretario convenzionato? (Regione
Piemonte,
parere n.
97/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nomina commissione edilizia.
Competenza organo.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che, a seguito delle elezioni amministrative
del 6-7 giugno c.a., si è proceduto alla
nomina della Commissione edilizia comunale,
con atto consiliare.
In assenza di norme statutarie, il
regolamento edilizio vigente di quell’ente
attribuisce al Consiglio comunale la
competenza della nomina.
Tale previsione regolamentare, ad avviso del
sindaco, non è coerente con quanto
disciplinato dall’art. 42 del T.U. delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali,
approvato con D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 e
s.m.i. (in seguito T.U.), che elenca, in
modo tassativo, gli atti fondamentali di
competenza di quell’organo. Tra quest’ultimi
non rientra la nomina della commissione
edilizia.
Infine il sindaco richiama l’art. 9, comma
2, della legge regionale n. 20/2009, che
modifica l’art. 4, comma 3, della legge
regionale n. 19/1999, rilevando che detta
disposizione stabilisce che i membri
elettivi della commissione edilizia sono
nominati dal “competente organo comunale.
Si chiede al consulente di esprimersi sulla
legittimità dell’atto consiliare di nomina e
sulla eventuale, alternativa, individuazione
dell’organo competente (Regione Piemonte,
parere n.
92/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sportello Unico per attività
produttive. Disciplina D.P.R. n. 447/1998.
Vengono posti due interrogativi riguardanti
la disciplina dello Sportello Unico per le
Attività Produttive di cui al D.P.R.
447/1998.
Le questioni poste sono le seguenti:
1. se il responsabile del procedimento SUAP
possa convocare la conferenza di servizi su
richiesta del privato anche qualora non
sussistano “i presupposti di cui al comma
3 dell’art. 4 del D.P.R. n. 447/1998”;
2. se “Nell’ambito della conferenza dei
servizi, qualora l’intervento ricada in
vincolo di tutela paesaggistica, il parere
del servizio urbanistica del comune e il
parere, sempre dello stesso servizio
urbanistica, formulato sulla base del parere
della Commissione locale per il paesaggio
possono sostituire i rispettivi titoli
abilitativi (permesso di costruire e
autorizzazione paesaggistica)”; ovvero,
in altri termini, se ”il Comune può
esimersi dal formare il permesso di
costruire e l’autorizzazione paesaggistica”
(Regione Piemonte,
parere n.
91/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Competenza autorità d’ambito
territoriale ottimale. Servizio
gestione integrata rifiuti.
Viene posto un quesito in tema di competenze
delle Autorità d’Ambito Territoriale
Ottimale per quel che concerne
l’organizzazione del servizio di gestione
integrata dei rifiuti (Regione Piemonte,
parere n.
82/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
A. Scialò,
Procedura di verifica di assoggettabilità a
VIA: le prime riflessioni del Consiglio di
Stato (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: D.
Meneguzzo,
Il fascino dell'ambiguo e la natura
transprovvedimentale della D.I.A.
(link a http://venetoius.myblog.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Mini-enti, ecco il supersindaco.
In cdm arriva il Codice delle autonomie. Il
governo: fare presto per collegare il ddl
alla Finanziaria. Sotto i mille abitanti
niente giunte. Tagliati 30 mila enti
inutili.
Arriva il supersindaco nei piccolissimi
comuni. Nei centri sotto i mille abitanti le
giunte scompariranno e il sindaco governerà
da solo con l'ausilio di un consiglio
comunale ridotto all'osso (soli sei
componenti) a cui potrà delegare l'esercizio
di singole funzioni.
La rivoluzione è contenuta nel
Codice delle autonomie
che il governo porterà oggi in consiglio dei
ministri. E se andrà in porto (non
sarà facile per l'esecutivo farla digerire
alle associazioni delle autonomie)
interesserà circa 1500 comuni italiani, per
lo più dislocati in Piemonte e Lombardia, e
un milione e mezzo di persone.
Il governo non intende perdere altro tempo
sul cammino delle riforme e ha deciso di
portare il ddl frutto del lavoro congiunto
dei ministri Umberto Bossi e Roberto
Calderoli sul tavolo del consiglio dei
ministri di oggi per un'approvazione lampo.
Anche a costo di non recepire tutti i
rilievi di regioni ed enti locali.
Il Codice, approvato preliminarmente dal
consiglio dei ministri lo scorso 15 luglio
(si veda ItaliaOggi del 16/07/2009) è
rimasto impantanato a causa della protesta
delle regioni che hanno disertato la
Conferenza unificata in polemica col governo
per il patto sulla salute. L'accordo dei
governatori con l'esecutivo, siglato il 23
ottobre (si veda ItaliaOggi del 24/10/2009)
ha sbloccato l'impasse. Ma ora i tempi sono
strettissimi perché per poter consentire al
disegno di legge di viaggiare in parlamento
come collegato alla Finanziaria (assieme al
ddl sulla semplificazione dei rapporti tra
p.a., cittadini e imprese, si veda
ItaliaOggi di ieri) l'ok del consiglio dei
ministri dovrà arrivare entro il 15
novembre. «C'è urgenza di chiudere», hanno
ribadito ieri con insistenza al dicastero
delle riforme. Un messaggio chiaro per la
Conferenza unificata convocata in via
straordinaria per oggi, che si riunirà al
termine del consiglio dei ministri.
Come detto, le pillole amare che il sistema
delle autonomie dovrà mandar giù sono molte.
Il Codice, così come partorito da Calderoli
e Bossi, farà fuori in un colpo solo oltre
30 mila enti, che compongono la galassia
della pubblica amministrazione locale,
considerati inutili e fonte di sprechi:
consorzi, bacini imbriferi, comunità
montane, circoscrizioni comunali, difensori
civici. Le province resteranno in piedi, ma
dovranno essere razionalizzate entro due
anni fino a prevederne l'eventuale
accorpamento.
I risparmi che l'esecutivo si aspetta di
realizzare (diversi miliardi di euro) non
deriveranno solo dal taglio degli enti
inutili, ma anche dalla riduzione dei costi
della politica.
I consigli comunali potranno contare al
massimo 40 membri nei comuni con popolazione
superiore a 500 mila abitanti, fino a
scendere a un minimo di sei membri nei
comuni con popolazione fino a 3 mila
abitanti. I consigli provinciali potranno
invece avere un massimo di 30 membri nelle
province con popolazione residente superiore
a 1,4 milioni di abitanti, per scendere
gradualmente fino a un minimo di 12 membri
nelle province con meno di 300 mila
abitanti. Le giunte comunali potranno essere
composte da un minimo di due assessori per i
comuni tra 1.001 e 3 mila abitanti, fino a
un massimo di dieci assessori nei comuni con
più di 500 mila abitanti. Nei comuni
piccolissimi, come detto, la giunta
scomparirà e il sindaco governerà da solo
con l'ausilio dei consiglieri a cui potrà
delegare singole funzioni. Le giunte
provinciali potranno essere composte da un
minimo di tre assessori per le province con
meno di 300 mila abitanti, fino a un massimo
di otto assessori per quelle con più di 1,4
milioni di abitanti.
Come anticipato da ItaliaOggi (si veda il
numero del 21/05/2009) a decorrere dal 2010
il patto di stabilità diventerà più
flessibile. I vincoli contabili saranno
definiti con riferimento al saldo
finanziario, espresso in termini di cassa e
competenza, e calcolato su base triennale.
Gli enti locali avranno la possibilità di
sforare gli obiettivi programmatici, a
condizione che lo scostamento venga
recuperato entro tre anni e comunque prima
della scadenza del mandato elettorale. Lo
scostamento tra l'obiettivo e il risultato
si cumulerà all'obiettivo annuale. Qualora
il comparto dei comuni e delle province
rispetti nel suo complesso il patto
(circostanza che si verifica puntualmente
ogni anno), gli enti che hanno centrato gli
obiettivi potranno nell'anno successivo
ridurre il concorso alla manovra «per un
importo pari ad una percentuale
dell'eccedenza, registrata fra il risultato
conseguito e l'obiettivo assegnato nell'anno
precedente». L'importo sarà determinato con
decreto del ministro dell'economia (articolo
ItaliaOggi del 12.11.2009, pag. 19). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Il messo comunale lumaca deve
risarcire il fisco.
Deve pagare i danni al fisco il messo
comunale che non notifica «ritualmente» gli
avvisi di accertamento Iva. La decisione su
queste controversie spetta alla Corte dei
conti.
Lo hanno sancito le Sezioni unite civili
della Cassazione che, con la sentenza
09.11.2009 n. 23677, hanno confermato la
condanna al risarcimento del danno nei
confronti di un messo comunale che non aveva
notificato ritualmente alcuni avvisi Iva.
La lite era finita subito di fronte alla
Corte dei conti ma l'uomo si era opposto
sostenendo la giurisdizione dell'Ago.
In proposito la Cassazione ha chiarito che,
dopo l'entrata in vigore della legge n. 20
del '94, «la Corte dei conti giudica
sulla responsabilità amministrativa degli
amministratori e dipendenti pubblici anche
quando il danno sia stato cagionato ad
amministrazioni o enti pubblici diversi da
quelli di appartenenza, per i fatti commessi
successivamente alla data di entrata in
vigore della presente legge».
Ma non solo. Nelle motivazioni si legge
inoltre che «è totalmente irrilevante
–al fine di escludere la giurisdizione della
Corte dei conti a conoscere della
controversia– la circostanza che il danno
reclamato (e per cui è stato promosso il
presente giudizio) sia stato patito
dall'erario dello Stato (e per esso
dall'ufficio Iva di Avellino) mentre il
messo non era all'epoca dipendente di
quell'ufficio ma del comune».
Non aveva notificato ritualmente a un
contribuente due avvisi di rettifica Iva
redatti dall'ufficio di Avellino. Per questo
la Procura regionale presso la Corte dei
Conti, sezione giurisdizionale della
Campania, aveva avviato un procedimento nei
suoi confronti, chiedendo che il messo fosse
condannato a pagare 300mila euro di danni.
Nel frattempo era scattato, nei confronti
dell'uomo, anche un processo penale, dal
quale, però, era uscito assolto.
La Corte dei Conti, dopo aver dichiarato la
propria competenza sul caso, ha condannato
il messo al risarcimento del danno (50 mila
euro) ritenendolo responsabile per «colpa
grave». Contro questa decisione l'uomo ha
fatto ricorso in Cassazione sollevando varie
eccezioni: in primo luogo il difetto di
giurisdizione della Corte dei conti, poi il
fatto che lui era stato assolto dal
procedimento penale.
Il Collegio esteso del Palazzaccio ha
respinto i motivi presentati dalla difesa
confermando integralmente tutte le
responsabilità verso l'erario (articolo
ItaliaOggi del 12.11.2009, pag. 21). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'iscrizione di un'impresa nel Casellario
Informatico presso l'Osservatorio dei
contratti pubblici, laddove la AVPC abbia
omesso di instaurare il dovuto
contraddittorio con l'impresa suddetta.
Nell'ipotesi di esclusione di un'impresa, da
una gara d'appalto, per via di dichiarazioni
mendaci rese in ordine alla sussistenza di
precedenti condanne penali gravanti sulla
stessa, è da ritenersi illegittima
l'iscrizione della concorrente nel
Casellario Informatico presso l'Osservatorio
dei contratti pubblici, qualora l'AVPC non
abbia instaurato il contraddittorio con
l'impresa omettendo, peraltro, di procedere
alla valutazione del mendacio sotto il
profilo soggettivo (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 11.11.2009 n. 11068 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Revocabile l'aggiudicazione
provvisoria.
L'aggiudicazione provvisoria nelle gare
d'appalto è atto a efficacia del tutto
precaria, vincolante solo per la ditta
provvisoriamente aggiudicataria, ma non per
l'ente appaltante. Per tale ragione, l'ente
può revocare o annullare l'aggiudicazione
provvisoria nell'esercizio di una facoltà
insindacabile, senza motivazioni
particolari, purché sia indicato l'interesse
pubblico ad adottare l'atto in autotutela. E
tra tali motivazioni, legittimamente possono
rientrare nuove e diverse valutazioni
tecniche, in merito alla congruità economica
delle offerte.
È il TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 09.11.2009 n. 10991 a
chiarire in maniera esemplare la funzione ed
il ruolo dell'aggiudicazione provvisoria.
È, infatti, ancora dibattuta in dottrina la
natura dell'aggiudicazione provvisoria.
Secondo alcuni, essa determina la
costituzione di una posizione differenziata
in capo all'azienda individuata come
migliore offerente dalla commissione, tale
da costituire qualcosa di più di una mera
aspettativa.
In questo caso, dunque, qualsiasi atto di
autotutela o la mancata attribuzione della
definitività all'aggiudicazione
determinerebbe una lesione dell'impresa
vincitrice. Del resto, secondo questa tesi,
quando l'impresa vincitrice è individuata la
gara, intesa come competizione
concorrenziale, è da considerare terminata,
sicché occorre solo effettuare i controlli,
acquisendo a tale scopo i documenti
necessari. Per tale ragione, l'impresa
prescelta a seguito dell'aggiudicazione
provvisoria deve adempiere a una serie di
obblighi, come esibire determinati
documenti, produrre le previste forme di
garanzia, scaturenti proprio dalla sua
posizione differenziata.
Il Tar Lazio smentisce definitivamente tale
approccio.
Secondo il Tar il verbale di aggiudicazione
provvisoria produce impegni nei soli
confronti della società aggiudicataria ma
non nei riguardi dell'ente appaltante.
Questo, infatti, ai sensi del combinato
disposto degli articoli 11 e 12 del dlgs
163/2006 è obbligato, nella fase di
approvazione dell'aggiudicazione
provvisoria, a svolgere ulteriori e diverse
valutazioni di opportunità in merito
all'offerta considerata aggiudicataria
provvisoria. Ciò implica il dovere di
effettuare verifiche in ordine alla
regolarità della procedura e all'opportunità
e convenienza , nel quadro dell'interesse
pubblico, della scelta operata dalla
commissione di gara. Con la possibilità,
dunque, di rivedere gli esiti dell'operato
della commissione, tanto da annullare la
gara svolta.
Il Tar sottolinea che l'approvazione
dell'aggiudicazione provvisoria non è
affatto un atto vincolato; si può aggiungere
che non si tratta neanche di atto meramente
confermativo o esecutivo, perché comunque è
un provvedimento che, anche quando recepisca
i risultati dell'aggiudicazione provvisoria,
comporta una nuova ed autonoma valutazione
degli interessi pubblici sottostanti.
Ecco, dunque, che l'aggiudicazione
provvisoria va considerata atto ad effetti
instabili che produce effetti altrettanto
caduchi in capo al beneficiario. Per cui,
finché non sia giunta l'aggiudicazione
definitiva l'impresa non può vantare alcuna
posizione giuridica particolare; anzi,
l'amministrazione appaltante dispone del
potere di annullare l'aggiudicazione
provvisoria in via implicita e senza obbligo
di particolare motivazione. Per altro,
aggiunge la sentenza, l'aggiudicazione
provvisoria non si inserisce in alcun
rapporto contrattuale, ma attiene ancora
alla fase di scelta del contraente: cioè è
ancora un atto della commissione, che non
conclude il procedimento di gara.
Circostanze sopravvenute, dunque, consentono
alle amministrazioni di valutare
diversamente sul piano del merito
l'opportunità di procedere ad affidare
l'appalto e, dunque, di annullare o revocare
la procedura essendo collegata a una facoltà
insindacabile dell'amministrazione che non
si inserisce in alcun rapporto contrattuale,
ma attiene ancora alla fase di scelta del
contraente, in cui l'amministrazione ha la
possibilità di valutare la persistenza
dell'interesse pubblico all'esecuzione delle
opere appaltate.
L'amministrazione può provvedere
all'annullamento dell'aggiudicazione
provvisoria, in via implicita e senza
obbligo di motivazione, se l'intervento in
autotutela è basato su una valutazione di
convenienza
(articolo ItaliaOggi del 14.11.2009, pag.
26). |
EDILIZIA PRIVATA:
Veranda.
La tenda
collegata al muro con intelaiatura in
acciaio e con tamponamenti in materiale
plastico, così come la tenda collegata al
muro e con tamponamenti di vetro, deve
qualificarsi veranda che richiede il
permesso di costruire ai sensi dell’art. 20
del DPR n. 380 del 2001, la cui mancanza
comporta le sanzioni di cui all’art. 44 del
citato DPR (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.11.2009 n. 42318 -
link a www.lexambiente.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sull'obbligo in capo alle imprese
che operano esclusivamente nel settore dei
lavori pubblici, di osservare la clausola
del bando che impone di indicare, pena
l'esclusione dalla gara, il nominativo del
direttore tecnico nel certificato camerale.
In ordine ai requisiti di partecipazione ad
una gara pubblica, la clausola che impone di
indicare il nominativo del direttore tecnico
all'interno del certificato camerale, è da
ritenersi obbligatoria esclusivamente nei
confronti delle imprese che operano
nell'ambito dei lavori pubblici e non di
quelle il cui regolamento aziendale non
prescrive la necessità della presenza,
all'interno della propria struttura, di un
siffatto organo tecnico-organizzativo.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima
l'esclusione dalla gara di una costituenda
ATI raggruppante tre imprese, una della
quali, operando esclusivamente nel settore
dei servizi informatici, risultava sfornita
della figura del direttore tecnico (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 04.11.2009 n. 10833 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla illegittimità della
clausola di un bando di gara per
l'affidamento del servizio di refezione
scolastica che prescriva quale requisito
inderogabile di partecipazione il possesso
di un centro di cottura localizzato nel
comune committente.
E' illegittima una clausola di un bando di
gara per l'affidamento del servizio di
refezione scolastica che prescriva quale
requisito inderogabile di partecipazione il
possesso di un centro di cottura localizzato
nel territorio del comune committente, in
quanto da un lato, manifestamente
sproporzionata e distorsiva della
concorrenza e, dall'altro, non utile ai fini
della individuazione del miglior contraente,
né giustificabile con addotte finalità di
controllo dell'attività di confezionamento.
Distorsiva della concorrenza, in quanto la
summenzionata clausola nel pretendere la
presenza nel comune o l'acquisizione, dei
locali di confezionamento dei cibi, importa
l'imposizione di un dispendio economico e
organizzativo, per i potenziali concorrenti,
del tutto sproporzionato e incoerente con
qualsiasi canone di economicità e di
risparmio su scala aziendale, determinando
un indubbio favoritismo per quei pochi
soggetti -o quell'unico soggetto, come nella
specie- che sono presenti in quel preciso
ambito territoriale.
Inoltre, una clausola che prescriva quale
requisito inderogabile di partecipazione il
possesso di un centro di cottura localizzato
nel territorio del comune committente appare
di per sé irragionevole ed eccedente le
finalità di selezione del miglior
contraente, poiché l'ubicazione della
struttura nella quale vengono preparati i
pasti è sì legittimamente valutabile da
parte dell'amministrazione, ma ciò non può
che avvenire in relazione alla distanza
chilometrica dalle scuole ed al tempo medio
di percorrenza stradale, onde garantire la
freschezza dei pasti consegnati alle scuole,
senza che assurga a fattore discriminante la
circostanza che il centro cottura ricada o
meno nei confini comunali (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.11.2009 n. 2602 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva, confisca e
terzo di buona fede.
Il terzo
acquirente di un immobile abusivamente
lottizzato, pur partecipando materialmente,
con il proprio atto di acquisto, al reato di
lottizzazione abusiva, non può essere
assoggettato alla confisca prevista
dall'art. 44 dpr 380/2001 se non quando tale
partecipazione sia accompagnata anche da un
elemento soggettivo costituito da una
condotta almeno colposa in ordine al
carattere abusivo della lottizzazione
negoziale e/o materiale come definita
nell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 (nella
fattispecie, la Corte ha confermato il più
recente indirizzo interpretativo affermato
con le sentenze 17865/2009, 21188/2009 e
39078/09 tutte presenti in questo sito)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.11.2009 n. 42178 -
link a www.lexambiente.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Certificazioni Soa con meno
paletti. Tar: documenti anche non in
originale.
Illegittime clausole dei
bandi che obblighino le imprese partecipanti
a gare di appalto di produrre a pena di
esclusione il certificato di qualità e
dell'attestazione Soa, esclusivamente
mediante documento originale o in copia
autentica.
Il TAR Piemonte, Sez. I, con la
sentenza 26.10.2009 n. 2334 torna
sulla possibilità di presentare
dichiarazioni sostitutive dei certificati
Soa, affermando la contrarietà a legge di
regole dei bandi che impongano a presentare
documenti originali.
Sottolinea la sentenza che l'illegittimità
di tale pretesa non è causata dal solo,
oggettivo, appesantimento burocratico
derivante da un «eccesso di scrupolo» della
stazione appaltante; nella realtà,
l'illegittimità deriva dall'aver previsto a
carico delle imprese partecipanti un
adempimento considerato «gravoso, inutile
e contrastante con i principi di
semplificazione». In effetti, simili
clausole pongono nel nulla le previsioni
contenute nel dpr 445/2000 e, in
particolare, l'articolo 77 come novellato
dall'articolo 15 della legge 3/2003.
Tale norma, anche se nella realtà non ve
n'era bisogno, ha esteso esplicitamente gli
effetti ed i benefici della semplificazione
amministrativa alle procedure di gara per
l'affidamento di appalti, servizi e
forniture. Il sistema delle dichiarazioni
sostitutive, dunque, anche nell'ambito delle
procedure di appalto ha valenza e portata
generale non derogabile, sicché qualsiasi
limitazione imposta dalla p.a. a tale
semplificazione si pone in contrasto un
principio considerato ormai ius receptum
nell'ordinamento.
Il Tar Piemonte giunge ad evidenziare che le
ditte possono autodichiarare praticamente
tutti i requisiti di partecipazione. Del
resto, nei confronti dell'aggiudicatario e
del secondo la normativa sugli appalti
prevede penetranti controlli, incidenti
sull'efficacia stessa dell'aggiudicazione
definitiva e, dunque, sulla stessa
possibilità di stipulare il contratto.
D'altra parte, il dpr 445/2000 all'articolo
1, lettera f) stabilisce che è certificato «il
documento rilasciato da un'amministrazione
pubblica avente funzione di ricognizione,
riproduzione e partecipazione a terzi di
stati, qualità personali e fatti contenuti
in albi, elenchi o registri pubblici o
comunque accertati da soggetti titolari di
funzioni pubbliche».
I certificati, dunque, possono consistere in
dichiarazioni di scienza, con le quali
determinati fatti sono accertati non solo da
amministrazioni pubbliche in senso
soggettivo, ma anche da soggetti «titolari
di funzioni pubbliche»: In effetti, le
Soa sono «organismi di diritto privato»,
come tali disciplinate dalla legge.
Le Soa sono titolari della funzione pubblica
di attestare il possesso della
qualificazione in capo alle ditte
appaltatrici; spetta, dunque, alle Soa
accertare la capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa necessaria per
partecipare alle gare e per ottenere
l'affidamento di appalti.
Si tratta di una funzione pubblica perché
garantisce l'attuazione del fine pubblico
previsto dall'articolo 40 del dlgs 163/2006,
ai sensi del quale i soggetti esecutori a
qualsiasi titolo di lavori pubblici devono
essere qualificati ed improntare la loro
attività ai principi della qualità, della
professionalità e della correttezza. E' per
questa ragione che l'attestazione rilasciata
dalle Soa può considerarsi come certificato
e, come tale, è sostituibile con le
dichiarazioni di cui agli art. 46 e 47 del
dpr 445/2000 (articolo ItaliaOggi del
10.11.2009, pag. 30). |
APPALTI:
Sulla sussistenza o meno
dell'obbligo, in capo alle stazioni
appaltanti, di aggiornare il prezzo-base
della gara al tariffario adottato
annualmente dalla Giunta Regionale.
Sulla legittimazione, in capo alla
associazioni di categoria, ad impugnare il
bando di gara anche laddove lo stesso
riguardi gli interessi dei singoli operatori
economici iscritti.
In materia di appalti pubblici, non sussiste
legittimazione a ricorrere in capo alle
imprese che non abbiano partecipato alla
gara.
- In materia di procedura ad evidenza
pubblica, ai sensi dell'art. 133 c.8 dlgs
163/2006, il prezzo posto a base della gara
d'appalto deve conformarsi al tariffario
regionale adottato annualmente con delibera
della Giunta. Nel caso di specie l'operato
dell'Amministrazione comunale, stazione
appaltante, pur contravvenendo al principio
di cui sopra, risulta tuttavia legittimo in
quanto la stessa si è avvalsa di una deroga
all'obbligo di aggiornamento, espressamente
contemplata dalla fonte normativa recante
l'approvazione dei nuovi tariffari
regionali, la quale si prospetta cedevole
ove la committente alleghi specifico
documento di analisi dei diversi prezzi,
redatto da un progettista all'uopo
incaricato e riportante i relativi articoli
di riferimento.
- Le associazioni di categoria sono
legittimate ad impugnare le clausole del
bando di gara inerenti a prezzi e tariffe,
purché gli interessi tutelati siano
riferibili a tutti gli operatori economici
iscritti e non creino posizioni disomogenee
all'interno della categoria stessa.
- Le imprese che non abbiano partecipato
alla gara non sono legittimate a ricorrere
avverso quelle clausole del bando che
importino, come nel caso di specie, profili
differenti rispetto ai requisiti richiesti
ai fini della partecipazione alla gara (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2330 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il Collegio condivide
l’orientamento -già espresso in sede
cautelare- che ritiene illegittima
l'applicazione delle sanzioni per il ritardo
nel versamento nel caso in cui il titolare
della concessione, a garanzia del pagamento
dei contributi concessori, abbia stipulato
fideiussione contenete rinuncia al beneficio
di preventiva escussione.
Finché il termine per il pagamento non è
spirato, l'obbligato principale non può
essere ritenuto in ritardo o inadempiente,
né il Comune potrebbe agire nei suoi
confronti o nei confronti del garante; solo
allorché il termine sia scaduto ed il
ritardo nell'adempimento si sia così
concretizzato, l'Amministrazione ha
l'obbligo -radicato sui principi sopra
richiamati e finalizzato ad evitare che il
persistente ritardo possa comportare
l'assoggettamento del debitore a più gravi
sanzioni- di pretendere il dovuto dal
garante.
L’art. 3 della L. n. 47/1985 (vigente
all’epoca ed ora trasfuso nell’art. 42 del
T.U. n. 380/2001) dispone che “…Il
mancato versamento, nei termini di legge,
del contributo di concessione di cui agli
articoli 3, 5, 6 e 10, L. 28.01.1977, n. 10
, comporta:
a) l'aumento del contributo in misura pari
al 20 per cento qualora il versamento del
contributo sia effettuato nei successivi
centoventi giorni;
b) l'aumento del contributo in misura pari
al 50 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera a), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni;
c) l'aumento del contributo in misura pari
al 100 per cento quando, superato il termine
di cui alla lettera b), il ritardo si
protrae non oltre i successivi sessanta
giorni. …”
Pur dando atto della presenza di
contrastanti indirizzi giurisprudenziali al
riguardo, il Collegio condivide
l’orientamento -già espresso in sede
cautelare- che ritiene illegittima
l'applicazione delle sanzioni per il ritardo
nel versamento nel caso in cui il titolare
della concessione, a garanzia del pagamento
dei contributi concessori, abbia stipulato
fideiussione contenete rinuncia al beneficio
di preventiva escussione.
E’ stato infatti rilevato che il Comune ha
uno specifico dovere, fondato sugli articoli
1175, 1375 e 1227, comma 2, del cod. civ.,
di richiedere quanto dovutogli al garante,
con la conseguenza che -se esso viene meno a
tale dovere e resta inerte- viola l'obbligo
gravante sul creditore di attivarsi per non
aggravare la posizione del debitore (cfr.
TAR Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR
Basilicata 23.01.2006 n. 4; Cons. St., Sez.
V, 05.02.2003, n. 585, 10.01.2003 n. 32).
Va peraltro soggiunto che dalle
considerazioni che precedono non può però
farsi derivare la conseguenza che non possa
applicarsi alcuna sanzione. Invero,
condivisibile giurisprudenza (cfr. TAR
Napoli Sez. II 21.05.2008 n. 4856, TAR
Basilicata 23.01.2006 n. 4 e TAR Lazio
Latina, 13.11.2006, n. 1660) ha posto in
luce che l'obbligo del Comune di attivarsi
per recuperare il dovuto dal garante sorge
soltanto allorché sia spirato il termine per
il pagamento e il debitore principale sia
rimasto inadempiente.
E’ stato quindi chiarito che fino alla
scadenza il Comune non è tenuto ad alcun
adempimento, perché trattandosi di
obbligazione portable, che doveva
essere adempiuta al domicilio del creditore
(art. 1182 del codice civile), per tali
obbligazioni non è necessaria la
costituzione in mora del debitore quando,
essendo stabilito un termine, lo stesso è
scaduto inutilmente (art. 1219 del codice
civile).
In altri termini, finché il termine per il
pagamento non è spirato, l'obbligato
principale non può essere ritenuto in
ritardo o inadempiente, né il Comune
potrebbe agire nei suoi confronti o nei
confronti del garante; solo allorché il
termine sia scaduto ed il ritardo
nell'adempimento si sia così concretizzato,
l'Amministrazione ha l'obbligo -radicato sui
principi sopra richiamati e finalizzato ad
evitare che il persistente ritardo possa
comportare l'assoggettamento del debitore a
più gravi sanzioni- di pretendere il dovuto
dal garante.
Quanto sopra porta evidentemente a ritenere
che un sia pur limitato ritardo nella
riscossione, ove il debitore principale non
rispetti il termine previsto per il
pagamento, è inevitabile anche se il Comune
chieda immediatamente l'adempimento al
garante (e questo provveda); ciò implica
quindi l'applicazione della sanzione
prevista per il ritardo nell'adempimento
protratto per i primi 120 giorni.
È chiaro però che -ove il Comune resti del
tutto inerte e il pagamento avvenga con
ritardo superiore a 120 giorni- esso non
potrà pretendere di applicare le
maggiorazioni della sanzione previste,
perché il maggior ritardo avrebbe potuto
essere evitato (e la posizione del debitore
non aggravata) se esso avesse esercitato
correttamente e diligentemente i propri
diritti
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 1760 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Ribasso consentito. Il Tar
Piemonte respinge il ricorso degli ingegneri
di Piemonte e Valle d'Aosta. Ok
all'aggiudicazione dei lavori al 75% in
meno.
Sì al massimo ribasso
negli appalti pubblici. Per il Tar Piemonte,
infatti, è legittima l'aggiudicazione al 75%
di ribasso per la progettazione della
Cittadella Policlinico di Torino. Respinto
quindi il ricorso della Federazione
interregionale ordini degli ingegneri del
Piemonte e della Valle d'Aosta e dall'ordine
degli ingegneri della Valle d'Aosta. Secondo
il tribunale, il giudice amministrativo non
può sindacare nel merito la relazione del
responsabile unico del procedimento che
stima il tempo minimo e il costo di una
prestazione di progettazione e direzione dei
lavori ai fini della verifica di congruità
delle offerte.
È quanto ha stabilito il TAR Piemonte, Sez.
I,
ordinanza 22.10.2009 n. 830 la
cui ordinanza sarà con tutta probabilità
impugnata in Consiglio di stato, in attesa
della discussione del merito.
Il ricorso presentato dalla Fiopa e
dall'Ordine ingegneri regione Valle D'Aosta
aveva a oggetto l'aggiudicazione definitiva
dell'appalto di servizi di progettazione e
direzione dei lavori di un parcheggio
pluripiano presso la Cittadella Politecnica
a Torino.
L'appalto, bandito un anno fa, è stato
aggiudicato, con il criterio del prezzo più
basso, ad una offerta che prevedeva un
ribasso del 75,11% rispetto all'importo
posto a base di gara di quasi due milioni di
euro. I giudici, nelle motivazioni
dell'ordinanza cautelare, hanno in primo
luogo negato la legittimazione attiva della
federazione interregionale ritenendola «priva
della rappresentatività dei professionisti
iscritti ai relativi ordini professionali».
Per i giudici la Federazione si limita a
coordinare l'attività degli ordini aderenti
«senza assolvere a funzioni e compiti di
diretta rappresentanza degli iscritti».
Nulla quaestio invece per la
legittimazione dell'Ordine di Aosta che può
quindi «impugnare in sede giurisdizionale
gli atti lesivi non solo della sfera
giuridica dell'ente come soggetto di
diritto, ma anche degli interessi di
categoria dei soggetti appartenenti
all'ordine o collegio, di cui l'ente ha la
rappresentanza istituzionale».
Venendo al merito della richiesta di
sospensiva il Tar non ha riconosciuto la
violazione della norma del codice che
disciplina la valutazione dell'anomalia
delle offerte (art. 88, comma 3 del dlgs
163/2006) in quanto la norma «non vieta
che nella valutazione di anomalia la
relativa commissione possa assumere a
riferimento parametri ed elementi guida
individuati nella relazione redatta dal Rup
(responsabile unico del procedimento) per lo
scrutinio di anomalia effettuato in
occasione della precedente aggiudicazione
della stessa gara, poi ritirata in via di
autotutela». In sostanza la relazione
del Rup, che aveva valutato in 2880 ore il
tempo minimo e in 146.880 euro il costo
minimo della prestazione contrattuale (a 51
euro/ora), ancorché predisposta per un'altra
offerta, ben poteva essere utilizzata anche
con riguardo alla seconda aggiudicazione.
L'ordinanza chiarisce anche che il giudice
amministrativo non può sindacare le
valutazioni tecnicamente discrezionali
espresse da organi amministrativi preposti
alla valutazione dell'anomalia, ma deve
limitarsi ad accertare eventuali elementi di
manifesta incongruenza, illogicità e
irragionevolezza che, nel caso di specie,
non sono stati individuati.
Il collegio non accoglie neanche la censura
relativa all'inidoneità del livello di
inquadramento del progettista di impianti
meccanici ed elettrici indicato in offerta,
dal momento che ritiene si tratti di un
livello che comprende mansioni che
comportino «particolari conoscenze
tecnico-professionali», coerenti quindi con
la figura proposta. Adesso la questione
passa al Consiglio di Stato (articolo
ItaliaOggi del 10.11.2009, pag. 32). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di un ascensore interno non
necessita di alcun preliminare titolo
abilitativo.
La realizzazione dell’ascensore interno
soddisfa imprescindibili esigenze abitative
di coloro che, versando in condizioni
fisiche di minore abilità, devono poter
raggiungere le unità immobiliari collocate
agli ultimi piani.
È sintomatica la situazione soggettiva dei
parenti prossimi del condomino ricorrente
che, proprio in considerazione della carenza
di ascensore, lamenta che l’anziana madre
non è in grado di accedere all’abitazione
sita all’ultimo piano del condominio.
Né va passato sotto silenzio che la
realizzazione dell’ascensore è ascrivibile
al genus degli interventi preordinati
a rimuovere le barriere architettoniche:
l’art. 6, comma 2, lett. b), D.P.R. n.
380/2001 esonera dalla richiesta del titolo
abilitativo gli interventi volti
all’eliminazione delle barriere
architettoniche che non comportino la
realizzazione di rampe o di ascensori
esterni, ovvero di manufatti che alterino la
sagoma dell’edificio.
La littera legis è univoca
nell’escludere gli ascensori interni dal
previo ottenimento del titolo abilitativo.
Eventuali disposizioni contenute negli
strumenti urbanistici o nel regolamento
edilizio devono essere scrutinate alla luce
della richiamata disposizione che, in
ragione della collocazione sistematica della
fonte dalla quale promana, è norma di
principio come tale vincolante sia il
legislatore regionale che quello locale
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 2792 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L’ordine
di smaltimento di rifiuti abbandonati non
può essere indiscriminatamente rivolto al
proprietario, o comunque al soggetto che ha
la disponibilità dell’area, in quanto la
responsabilità del soggetto “proprietario”
postula l'imputabilità allo stesso "a titolo
di dolo o colpa" dei fatti di abbandono e/o
di deposito incontrollato di rifiuti, sicché
la suddetta responsabilità sorge
esclusivamente allorché egli possa ritenersi
obbligato in relazione a una sua
corresponsabilità, anche omissiva, con
l’autore dell’abbandono illecito dei
rifiuti.
Il ricorso è fondato sul profilo assorbente
della dedotta violazione dell'art. 14 del
D.lgs. n. 22/1997 in forza del quale
l’abbandono e il deposito incontrollato di
rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati e
(comma 3^) "... chiunque viola i divieti
di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere
alla rimozione, all’avvio a recupero o allo
smaltimento dei rifiuti ed al ripristino
dello stato dei luoghi in solido con il
proprietario e con i titolari di diritti
reali o personali di godimento sull’area, ai
quali tale violazione sia imputabile a
titolo di dolo o colpa. Il sindaco dispone
con ordinanza le operazioni a tal fine
necessarie ed il termine entro cui
provvedere, decorso il quale procede
all’esecuzione in danno dei soggetti
obbligati ed al recupero delle somme
anticipate".
Invero, come questa Sezione ha già avuto
modo di chiarire in precedenti analoghe
controversie, l’ordine di smaltimento di
rifiuti abbandonati non può essere
indiscriminatamente rivolto al proprietario,
o comunque al soggetto che ha la
disponibilità dell’area, in quanto la
responsabilità del soggetto “proprietario”
postula, giusta il citato disposto
normativo, l'imputabilità allo stesso "a
titolo di dolo o colpa" dei fatti di
abbandono e/o di deposito incontrollato di
rifiuti, sicché la suddetta responsabilità
sorge esclusivamente allorché egli possa
ritenersi obbligato in relazione a una sua
corresponsabilità, anche omissiva, con
l’autore dell’abbandono illecito dei rifiuti
(cfr. C.d.S. sez. V 19.03.2009 n. 1612; id.
C.d.S. Sez. IV - 12.05.2006 n. 2676; TAR
Basilicata - 26.10.2007, n. 128; TAR
Campania, Napoli, sez. I, 27.02.2004, n.
2445).
Tale assunto, che si pone in linea con
l’indirizzo interpretativo ampiamente
maggioritario della giurisprudenza
amministrativa in subiecta materia
(TAR Sardegna 18.05.2007 n. 975; TRGA
Trentino Alto Adige, Trento, 14.03.2002, n.
104; TAR Piemonte, sez. II, 23.02.2002, n.
471, nonché, per i risvolti penali, Cass.
Penale sez. 3^ 16.06.2008 n. 24331), va
ulteriormente esplicitato e definito nel
senso che, al di là di vuote formule
astratte (quali la culpa in vigilando o
generici obblighi di custodia), la
legittimità degli interventi in questione
nei confronti dei proprietari delle aree
interessate postula che, sul presupposto
dell’oggettivo accertamento della presenza
dei rifiuti nell’area di proprietà, si
innesti un’ulteriore e specifica valutazione
che, previa motivata considerazione di tutti
gli elementi (anche indiziari) correlati
alla situazione fattuale, evidenzi concreti
aspetti di corresponsabilità del titolare
del fondo, anche in termini di comportamento
omissivo specificamente e causalmente
correlato, in funzione agevolatrice, alla
realizzazione della condotta vietata
(TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2613 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Ai fini della valutazione o meno
dell'"esiguità" nelle dimensioni delle
costruzioni, per stabilire se possono
ricadere nella sfera di competenza dei
geometri, devono rilevare sia il criterio
“qualitativo” che quello “economico”.
La competenza dei geometri è, infatti,
limitata alle sole costruzioni minori, di
modeste dimensioni, con divieto di progetto
di opere per cui vi sia impiego di cemento
armato, tale da implicare un pregiudizio
alle persone in caso di difetto strutturale,
stante anche l'evidente favore che le varie
norme pongono per la competenza esclusiva
dei tecnici laureati.
In materia di competenza professionale del
geometra, va premesso che il sistema,
ricostruito attraverso il combinato disposto
dell'art. 16 del R.D. 11.02.1929 n. 274,
della legge 05.11.1971 n. 1086 e della legge
02.02.1974 n. 64 (che hanno,
rispettivamente, disciplinato le opere in
conglomerato cementizio e le costruzioni in
zone sismiche), prevede che la progettazione
delle costruzioni civili, ove si adottino
strutture in cemento armato, è riservata
solo agli ingegneri ed agli architetti
iscritti nei relativi albi professionali
(cfr. fra le recenti, Cass., Sez. II,
08.04.2009 n. 8543 e 14.04.2005 n. 7778).
Con sentenza della Corte Costituzionale n.
199 del 27.04.1993, è stato precisato che il
parametro della modestia delle costruzioni,
stabilito dall'art. 16, lett. l) e m) del
R.D. 11.02.1929, n. 274, con cui è stato
approvato il regolamento sulla professione
dei geometri, quale criterio discriminatore
tra la competenza dei geometri e quella
degli ingegneri ed architetti, non è
generico, in quanto si riferisce a nozioni
tecniche di comune esperienza, che
consentono di valutare se la struttura
dell'edificio e le modalità costruttive,
unitamente al criterio quantitativo e
economico, escludano che la costruzione
possa essere realizzata da professionisti di
rango inferiore.
Pertanto, ai fini della valutazione o meno
dell'"esiguità" nelle dimensioni
delle costruzioni in parola, per stabilire
se possono ricadere nella sfera di
competenza dei geometri, devono rilevare sia
il criterio “qualitativo” che quello
“economico”.
La competenza dei geometri è, infatti,
limitata alle sole costruzioni minori, di
modeste dimensioni, con divieto di progetto
di opere per cui vi sia impiego di cemento
armato, tale da implicare un pregiudizio
alle persone in caso di difetto strutturale,
stante anche l'evidente favore che le varie
norme pongono per la competenza esclusiva
dei tecnici laureati (in tal senso, anche:
Cons. Stato. Sez. V n. 25 del 13.01.1999,
nonché Cass. sez. II n. 15327 del
29.11.2000).
Comunque, anche quando è ammessa la
competenza del geometra per la progettazione
in strutture di cemento armato, essa va
sempre limitata alla opere di dimensioni
minori, sicché, per valutare l'idoneità del
geometra a firmare il progetto di natura
edilizia che comporta l'uso del cemento
armato, occorre considerare le specifiche
caratteristiche dell'intervento, al fine di
ammetterla solo se si tratti di opera di
modeste dimensioni (cfr. Cons. Stato, Sez V:
16.09.2004, n. 6004 e 31.01.2001, n. 348)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 1116 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In merito alla richiesta di
proroga del termine di ultimazione lavori di
rilasciata concessione edilizia, per il
legislatore i "fatti sopravvenuti" -che ne
motivano la richiesta- non hanno un rilievo
automatico, ma costituiscono oggetto di
valutazione in sede amministrativa quando
l'interessato proponga una domanda di
proroga, il cui accoglimento è indefettibile
purché non vi sia la pronuncia di decadenza.
L’art. 4, 4° comma, della legge 28.01.1977
n. 10 (riproduttivo di un principio
desumibile già dall'art. 31 della legge n.
1150 del 1942 e ripreso poi dal vigente
art.15, comma 2, del D.P.R. 06.06.2001 n.
380), prevede che il termine di compimento
dei lavori "non può essere superiore a
tre anni e può essere prorogato, con
provvedimento motivato, solo per fatti
estranei alla volontà del concessionario,
che siano sopravvenuti a ritardare i lavori
durante la loro esecuzione".
Per il legislatore, tali "fatti
sopravvenuti" (che possono consistere
nel “factum principis” o in altri
casi di “forza maggiore”) non hanno
un rilievo automatico, ma costituiscono
oggetto di valutazione in sede
amministrativa quando l'interessato proponga
una domanda di proroga, il cui accoglimento
è indefettibile purché non vi sia la
pronuncia di decadenza.
Invero, occorre che la perdita di efficacia
della concessione edilizia per mancato
inizio o ultimazione dei lavori nei termini
prescritti debba essere accertata con un
atto di natura ricognitiva avente effetti “ex
tunc” e, quindi, debba essere
formalmente dichiarata, anche ai fini del
contraddittorio con il privato circa
l'esistenza dei presupposti di fatto e
diritto, legittimanti la declaratoria di
decadenza (ex plurimis: Cons. Stato
Sez. IV 29.01.2008 n. 249): "è, infatti,
inammissibile la domanda di accertamento
della decadenza della concessione edilizia,
in relazione alla quale l'interessato può
solo sollecitare l'esercizio del relativo
potere da parte del comune, mediante
apposita istanza ad agire e, in caso di sua
inerzia, con lo strumento del silenzio
rifiuto" (conf.: Tar Latina, 13.06.2006,
n. 375).
Ne consegue che, nel caso di specie, non
essendo intervenuto alcun provvedimento di
decadenza dell’originaria concessione
edilizia del 1991/1993, non possono trovare
ingresso nel presente giudizio le
considerazioni svolte dalla ricorrente, in
qualche modo incentrate su una sorta di “decadenza
implicita” od “automatica”, della
quale si postula l’accertamento da parte di
questo giudice.
Comunque, al riguardo, non risultano
destituite di fondamento le repliche svolte
dalla difesa del Comune, intese a
dimostrare, in sostanza, che, al di là del
nomen juris, l’impugnato concessione
edilizia ha natura e funzione autonoma, non
soltanto perché concerne un’opera diversa e
dotata di una sua autonomia strutturale
(porticato), rispetto alla concessione
edilizia del 1991/1993 (avente ad oggetto la
costruzione del fabbricato cui accede), ma
anche perché prevede autonomi termini di
inizio e completamento lavori nonché la
corresponsione di ulteriori oneri concessori
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 1116 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444, là dove
prescrive la distanza di 10 metri tra pareti
finestrate di edifici antistanti, va
rispettata in tutti i casi, trattandosi di
norma volta ad impedire la formazione di
intercapedini nocive sotto il profilo
igienico-sanitario, e -pertanto- non è
eludibile in funzione della natura giuridica
dell'intercapedine.
La questione portata all’esame della Sezione
riguarda l’autorizzazione alla realizzazione
da parte dei controinteressati, in forza
dell’impugnata concessione edilizia, di una
parete in muratura a chiusura di una tettoia
-posta a protezione di un bocciodromo- in
sostituzione della antecedente protezione,
costituita da un telone di plastica
(cellophane).
Va innanzi tutto ricordato che il D.M.
02.04.1968 n. 1444 –recante “Limiti
inderogabili di densità edilizia, di
altezza, di distanza fra i fabbricati e
rapporti massimi tra spazi destinati agli
insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, al verde pubblico o a parcheggi
da osservare ai fini della formazione dei
nuovi strumenti urbanistici o della
revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765”–
all’art 9. “Limiti di distanza tra i
fabbricati” stabilisce che: “Le
distanze minime tra fabbricati per le
diverse zone territoriali omogenee sono
stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento
conservativo e per le eventuali
ristrutturazioni, le distanze tra gli
edifici non possono essere inferiori a
quelle intercorrenti tra i volumi edificati
preesistenti, computati senza tener conto di
costruzioni aggiuntive di epoca recente e
prive di valore storico, artistico o
ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è
prescritta in tutti i casi la distanza
minima assoluta di m. 10 tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti;
…omissis …”.
Va innanzitutto disattesa la prospettazione
della difesa dell’Amministrazione comunale,
secondo cui la norma in questione troverebbe
ingresso solamente nei rapporti tra privati
.
E’ anzi vero l’opposto (cfr. ex multis
Cass. Civ., Sez. II, 02.10.2000 n. 13011,
idem, Sez. II, 22.09.2004 n. 19009), poiché
il D.M. 02.04.1968 n. 1444 -là dove all’art.
9 prescrive in tutti i casi la distanza
minima assoluta di metri 10 tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti– è
norma che impone determinati limiti edilizi
ai comuni nella formazione o revisione degli
strumenti urbanistici, ma non è
immediatamente operante anche nei rapporti
tra privati. E da ciò deriva (cfr. ex
multis Cass. Civ. Sez. II 01.11.2004 n.
21899) che l'adozione, da parte degli enti
locali, di strumenti urbanistici
contrastanti con la norma comporta
l'obbligo, per il giudice di merito, non
solo di disapplicare le disposizioni
illegittime, ma anche di applicare
direttamente la disposizione del ricordato
art. 9, divenuta, per inserzione automatica,
parte integrante dello strumento urbanistico
in sostituzione della norma illegittima
disapplicata.
Più in generale, va posto in rilievo che
l'art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444
(emanato in esecuzione della norma
sussidiaria dell'art. 41-quinquies l.
17.08.1942 n. 1150, introdotto dalla l.
06.08.1967 n. 765), là dove prescrive la
distanza di 10 metri tra pareti finestrate
di edifici antistanti, va rispettata in
tutti i casi, trattandosi di norma volta ad
impedire la formazione di intercapedini
nocive sotto il profilo igienico-sanitario,
e -pertanto- non è eludibile in funzione
della natura giuridica dell'intercapedine
(cfr. TAR Toscana, Sez. III, 04.12.2001 n.
1734, TAR Liguria Sez. I, 12.02.2004 n.
145). Pertanto, le distanze tra costruzioni
sono predeterminate con carattere cogente in
via generale ed astratta, in considerazione
delle esigenze collettive connesse ai
bisogni di igiene e di sicurezza, di modo
che al giudice non è lasciato alcun margine
di discrezionalità nell'applicazione della
disciplina in materia di equo
contemperamento degli opposti interessi
(cfr. Cons. St., Sez. IV, 05.12.2005 n.
6909).
Va ulteriormente osservato che in tema di
distanza fra costruzioni o di queste con i
confini vige il regime della c.d. “doppia
tutela”. Questo vuol dire che il
soggetto che assume di essere stato
danneggiato dalla violazione delle norme in
materia è titolare, da un lato, del diritto
soggettivo al risarcimento del danno o alla
riduzione in pristino nei confronti
dell'autore dell'attività edilizia illecita
e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla
rimozione del provvedimento invalido
dell'amministrazione, quando tale attività
sia stata autorizzata.
Più specificamente, per consolidata
giurisprudenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, "le controversie tra
proprietari di fabbricati vicini aventi ad
oggetto questioni relative all'osservanza di
norme che prescrivano distanze tra le
costruzioni o rispetto ai confini,
appartengono alla giurisdizione del giudice
ordinario, essendo anche a tale materia
applicabile il principio secondo il quale
nei rapporti tra privati non si pone una
questione di giurisdizione, essendo la
posizione di interesse legittimo
prospettabile solo in rapporto all'esercizio
del potere della pubblica amministrazione
che, invece, in tali controversie non è
parte in causa. Né a tal fine rileva
l'avvenuto rilascio di concessione edilizia,
atteso che il giudice ordinario, cui spetta
la giurisdizione, vertendosi in tema di
assunta violazione di un diritto soggettivo,
può incidentalmente accertare l'eventuale
illegittimità della concessione edilizia
medesima, onde disapplicarla; mentre la
giurisdizione del giudice amministrativo è
al riguardo configurabile allorché la
controversia sia insorta tra il privato e la
pubblica amministrazione, per avere il primo
impugnato detta concessione al fine di
ottenerne l'annullamento nei confronti della
seconda" (cfr., ex multis, Cass.,
SS.UU., 01.07.2002 n. 9555).
Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel
nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela
in relazione a possibili violazioni della
disciplina vigente in materia di distacco
delle costruzioni dai confini del fondo
ovvero da altre costruzioni, a seconda che
si agisca nei riguardi del confinante ovvero
nei confronti dell'Amministrazione Comunale
che ha rilasciato il titolo edilizio, ben
potendo le azioni stesse coesistere e ben
potendo il titolare dell'interesse
qualificato alla legittimità dell'azione
amministrativa ottenere, comunque, in sede
di giurisdizione amministrativa
l'annullamento ope iudicis del titolo
edilizio reputato illegittimo anche a
prescindere dalla sua eventuale
disapplicazione da parte del giudice
ordinario concomitantemente adito, a' sensi
degli artt. 4 e 5 della L. 25.03.1965 n.
2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2°
17.06.2005 n. 2504).
In tale contesto deve dunque affermarsi che
la sostituzione della preesistente chiusura
laterale con telo di cellophane con una
parete di chiusura in muratura dotata di
finestre costituisce trasformazione della
res, con conseguente obbligo di rispetto
della disposizione di cui all’art. 9 del
D.M. n. 1444/1968.
Va soggiunto (cfr. Cass. Civ. Sez. II,
26.08.2002, n. 12483) che l'eventuale
diritto del proprietario frontista a
mantenere un fabbricato preesistente sin
dall'origine costruito ad una distanza
inferiore a quella legale rispetto
all'immobile limitrofo non conferisce al
predetto l'ulteriore diritto di apportare al
manufatto aggiunte e/o modifiche di
qualsiasi natura nella parte che, in base
alla normativa attualmente vigente, risulti
a distanza inferiore a quella minima legale,
atteso che dette aggiunte o modifiche
costituirebbero un'ulteriore -e non
consentita- violazione della normativa in
materia di distanze
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
opere perimetrali di
chiusura di una tettoia non sono
riconducibili a quelle di completamento
funzionale in quanto trasformano
radicalmente il manufatto in un locale
chiuso con un diverso grado di funzionalità.
Le opere che trasformino una tettoia in un
edificio non costituiscono un completamento
funzionale ma una trasformazione
dell’originario manufatto in un qualcosa di
nuovo.
La trasformazione di un balcone o di un
terrazzino circondato da muri perimetrali in
veranda, mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica, determina la
realizzazione di un nuovo vano in tal modo
ponendo in essere un aumento della
volumetria.
La sostituzione di una preesistente tenda
parasole con un porticato non costituisce
intervento di manutenzione straordinaria,
stante la prevalenza del momento
trasformativo innovativo rispetto a quello
conservativo, ed è soggetta a concessione
edilizia, rientrando nelle opere previste
dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978.
Come è stato condivisibilmente sostenuto
(cfr. TAR Lazio Sez. 2° 01.06.2001 n. 4843),
le opere perimetrali di chiusura di una
tettoia non sono riconducibili a quelle di
completamento funzionale in quanto
trasformano radicalmente il manufatto in un
locale chiuso con un diverso grado di
funzionalità. Invero, la tettoia costituisce
struttura manufatto autonomamente
utilizzabile, come tale non necessitante di
tamponature laterali.
La giurisprudenza amministrativa ha in
proposito rilevato che non possono
qualificarsi come opere di completamento
funzionale quelle che si traducono nella
creazione di un quid novi rispetto
alla consistenza strutturale e tipologica
del manufatto già realizzato e che
attribuiscono una diversa caratterizzazione
funzionale allo stesso, sicché le opere che
trasformino una tettoia in un edificio non
costituiscono un completamento funzionale ma
una trasformazione dell’originario manufatto
in un qualcosa di nuovo.
Eguale ratio è rinvenibile
nell’indirizzo della Cassazione penale (cfr.
Sez. III 26.04.2007 n. 35011) là dove viene
affermato che la trasformazione di un
balcone o di un terrazzino circondato da
muri perimetrali in veranda, mediante
chiusura a mezzo di installazione di
pannelli di vetro su intelaiatura metallica,
determina la realizzazione di un nuovo vano
in tal modo ponendo in essere un aumento
della volumetria.
Ancora è stato ritenuto (cfr. TAR Latina
19.01.2007 n. 44) che la sostituzione di una
preesistente tenda parasole con un porticato
non costituisce intervento di manutenzione
straordinaria, stante la prevalenza del
momento trasformativo innovativo rispetto a
quello conservativo, ed è soggetta a
concessione edilizia, rientrando nelle opere
previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457
del 1978
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Cessata efficacia di piano
attuativo.
La cessata
efficacia di un piano attuativo non eseguito
non rende l'area interessata priva di
disciplina urbanistica, alla stregua delle
c.d. «zone bianche», per le quali risultano
dettate le rigide prescrizioni di cui
all'art. 4, comma ult., della legge
28.01.1977 n. 10 - poi, confluito nell'art.
9 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Dette prescrizioni, infatti, appaiono
giustificate per le zone nelle quali si
riscontri la mancanza di qualsiasi
programmazione d'uso del territorio. Ciò
nella considerazione che, in assenza di
disciplina, in tali zone si riespanderebbe
illimitatamente lo "ius aedificandi"
insito nel diritto di proprietà e, quindi,
senza alcuna tutela dell'interesse pubblico
ad uno sviluppo edificatorio organico (TAR
Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 06.10.2009 n. 580 - link a
www.lexambiente.it). |
AGGIORNAMENTO AL 09.11.2009 |
ã |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 44 del
06.11.2009, "Modifiche ed integrazioni
alla d.g.r. n. 6581/2008 relativa ai criteri
per la localizzazione degli impianti di
gestione dei rifiuti urbani e speciali (art.
18, comma 3, l.r. n. 26/2003)" (deliberazione
G.R. 21.10.2009 n. 10360 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 44 del
02.11.2009, "Modalità operative per
interventi di sostituzione edilizia in
centri storici e nuclei di antica formazione
ai sensi del comma 4, articolo 3, l.r.
13/2009" (decreto
D.U.O. 14.10.2009 n. 10411 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 44 del
02.11.2009, "Indirizzi generali per i
Comuni sugli orari e i turni di apertura e
chiusura degli impianti di distribuzione dei
carburanti (art. 1, comma 3, l.r. 24/2004)"
(deliberazione
G.R. 21.10.2009 n. 10359 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E.
31.10.2009 n. L/285 "DIRETTIVA
2009/126/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 21.10.2009 relativa
alla fase II del recupero di vapori di
benzina durante il rifornimento dei veicoli
a motore nelle stazioni di servizio"
(link a http://eur-lex.europa.eu). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
P. Amovilli,
LA COMUNICAZIONE DEI MOTIVI OSTATIVI
ALL’ACCOGLIMENTO DELL’ISTANZA (ART. 10-bis
L. 241/1990) TRA PARTECIPAZIONE, DEFLAZIONE
DEL CONTENZIOSO E NUOVI MODELLI DI
CONTRADDITORIO “AD ARMI PARI”
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
L. Busico,
La responsabilità dei pubblici dipendenti ed
il potere disciplinare: cenni alle recenti
riforme normative (link a
www.diritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Tarantino,
SCARICHI DI AUTOLAVAGGI E DI INSEDIAMENTI
PRODUTTIVI: DISCIPLINA, CONTROLLI, SANZIONI
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Escluso dalle gare d’appalto chi non
denuncia il racket (link a
www.mediagraphic.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
Lavoro dipendente, congedi al padre anche se
la mamma è casalinga.
Il padre lavoratore dipendente può fruire
dei riposi giornalieri previsti dalla legge
per l'accudimento dei figli anche nel caso
in cui la madre sia casalinga.
L'INPS, con circolare n. 112 del 15.10.2009,
fornisce le necessarie indicazioni per
usufruire di tale possibilità, scaturita dal
disposto della sentenza n. 4293 del
Consiglio di Stato, che interpreta in via
estensiva quanto prevede il Testo Unico in
materia di tutela e sostegno della maternità
e paternità (d. lgs. 151/2001).
L'art. 40 del decreto legislativo 151 del
26.03.2001 prevede che al padre lavoratore
dipendente siano riconosciuti periodi di
riposo: nel caso in cui i figli siano
affidati solo al padre; nel caso in cui la
madre non sia lavoratrice dipendente; nel
caso di morte o di grave infermità della
madre.
L'Inps, in varie circolari, aveva ritenuto
dovesse intendersi come "lavoratrice non
dipendente" la madre lavoratrice autonoma
(artigiana, commerciante, coltivatrice
diretta o colona, imprenditrice agricola,
parasubordinata, libera professionista)
avente diritto ad un trattamento economico
di maternità a carico dell'Istituto o di
altro ente previdenziale, e non anche la
madre casalinga.
Il Consiglio di Stato, invece, con la
sentenza n. 4293 del 09.09.2008, afferma che
la ratio della norma, volta a dare
sostegno alla famiglia ed alla maternità,
induce a ritenere ammissibile la fruizione
dei riposi giornalieri da parte del padre
anche nel caso in cui la madre svolga lavoro
casalingo.
Il padre dipendente può dunque fruire dei
riposi giornalieri nei limiti di due ore o
di un'ora al giorno, a seconda dell'orario
giornaliero di lavoro, entro il primo anno
di vita del bambino o entro il primo anno
dall'ingresso in famiglia del minore
adottato o affidato, e può utilizzare i
riposi a partire dal giorno successivo ai 3
mesi dopo il parto (link a www.governo.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Mobbing a lungo termine. La
Cassazione esclude la condotta mobbizzante
durata meno di tre mesi. Configurabile solo
se la persecuzione è duratura.
La condotta mobbizzante rileva solo se la
persecuzione è sistematica e duratura.
Questo è quanto affermato dalla recente
sentenza della Cassazione del 17.09.2009 n.
20046.
È correttamente motivata, dunque, la
sentenza d'appello che ha escluso la
configurabilità del «mobbing» in una vicenda
durata meno di tre mesi, e non per i sei
mesi individuati dalla prassi giudiziaria.
Nell'ambito lavorativo, secondo il condiviso
orientamento della giurisprudenza
prevalente, la parola mobbing ha assunto il
significato di pratica persecutoria o, più
in generale, di violenza psicologica messa
in atto dal datore di lavoro o dai colleghi
nei confronti di un lavoratore per
costringerlo alle dimissioni o comunque ad
uscire dall'ambito lavorativo.
In particolare il mobbing ricorre quando sia
accertata la reiterazione nel tempo di
comportamenti di ostracismo e di
persecuzione nei confronti del
lavoratore-mobbizzato, vittima designata da
parte o dei colleghi attuando così il
cosiddetto «mobbing» orizzontale, o dei
superiori gerarchici definito come «bossing»
verticale, senza che i titolari del rapporto
di lavoro intervengano in alcun modo per
interrompere detti comportamenti, con ciò
assumendosi la responsabilità delle loro
conseguenze ai sensi degli artt. 2049 e 2087
del codice civile. Il caso esaminato è
relativo ad una lavoratrice la quale ha
affermato che per quasi un trimestre era
stato attuato nei suoi confronti il
cosiddetto mobbing.
Dapprima attraverso una inesistente
contestazione disciplinare di assenza dal
lavoro, poi mediante la sua totale
destituzione dalle funzioni manageriali
svolte, passando poi attraverso il
demansionamento attuato con un distacco
aziendale per l'espletamento solo di
mansioni già svolte in passato ed infine con
il licenziamento.
La lavoratrice decide quindi di impugnare
davanti al giudice del lavoro tutta la
vicenda, il quale ritiene tuttavia che,
poiché possa integrarsi la condotta
mobbizzante, occorre che la persecuzione
debba identificarsi come sistematica e
duratura.
Infatti nel caso di specie la condotta
mobizzante era stata caratterizzata dalla
brevità del periodo «essendosi eventualmente
protratti per meno di un trimestre (e non
per i sei mesi individuati dalla prassi
giudiziaria) gli episodi vessatori e
persecutori asseritamente operati dal
preposto».
La lavoratrice decide comunque di impugnare
nel merito la sentenza. Giustamente sembra
che, se il mobbing di solito richiede una
reiterazione in un tempo congruo di
comportamenti complessivamente vessatori,
non si può escludere a priori che l'effetto
lesivo si verifichi anche in ipotesi di
fatti episodici o di breve durata, ma
comunque particolarmente intensi. Oppure che
si tratti di fatti pur posti in essere in un
ambito temporale limitato, ma con effetti
lesivi comunque duraturi, o di illecito
datoriale progressivo, che accresca nel
tempo la sua carica lesiva, specie se i
fatti lesivi cessano solo in ragione
dell'ultimo di essi, costituito dalla scelta
datoriale di licenziare illegittimamente il
dipendente sgradito.
Il ricorso in Cassazione presentato dalla
lavoratrice viene però respinto, in
considerazione dei limiti del sindacato del
giudice di legittimità sulla valutazione
delle prove compiuta dalla sentenza di
merito.
Infatti la Suprema corte precisa che,
riprendendo principi ormai consolidati,
senza addentrarsi invece sulla valutazione
della configurabilità di una nozione
giuridica di mobbing di breve durata e della
resistenza delle considerazioni di merito in
relazione a una eventualmente diversa
nozione di illecito datoriale, la deduzione
di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione
attribuisce al giudice di legittimità non il
potere di riesaminare il merito della intera
vicenda processuale sottoposta al suo
vaglio, ma la sola facoltà di controllo,
sotto il profilo della correttezza giuridica
e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del
merito.
A questo spetta, dunque in via esclusiva, il
compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le
prove, di controllarne l'attendibilità e di
scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti
ad esse sottesi, dando, così, liberamente
prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di
prova acquisiti.
Si aggiunge dunque un tassello in più nella
costruzione di un indice sistematico da
seguire per le cause di mobbing e per
valutare un rischio «stress» da lavoro-
correlato che necessariamente dovrà essere
inserito nel Documento di valutazione del
rischio, dai datori di lavoro, a partire dal
1° agosto 2010 (articolo ItaliaOggi del
06.11.2009, pag. 29). |
EDILIZIA PRIVATA:
Adempimenti soft nei lavori
edili. Una circolare del ministero del
welfare chiarisce le misure per la sicurezza
nei cantieri privati. Un solo responsabile
per le opere inferiori a 100 mila euro.
Adempimenti soft per la sicurezza lavoro se
l'opera edile non è complessa. Quando si
tratti di lavori privati non soggetti al
permesso di costruire e comunque di importo
inferiore ai 100 mila euro, i committenti
possono nominare soltanto il coordinatore
per l'esecuzione dei lavori, il quale
svolgerà anche i compiti affidati dalla
legge al coordinatore per la progettazione
(la cui nomina può essere evitata).
Lo precisa la
circolare 29.10.2009 n. 30/2009 del
ministero del lavoro che illustra
l'applicazione delle nuove norme in materia
di sicurezza del lavoro (dlgs n. 106/2009 di
modifica del dlgs n. 81/2008, il Tu
sicurezza) ai cantieri edili privati.
Cantieri e sicurezza.
I chiarimenti riguardano l'applicazione
delle specifiche misure di prevenzione
(sicurezza lavoro) previste per i cantieri,
vale a dire qualunque luogo in cui si
effettuano lavori edili o di ingegneria
civile (lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione,
risanamento, ristrutturazione etc.,
permanenti o temporanee, in muratura, in
cemento armato, in metallo, in legno o in
altri materiali, etc).
I chiarimenti, in particolare, riguardano le
misure di prevenzione da adottare quando nei
cantieri, come prima definiti, è prevista la
presenza di più imprese esecutrici, anche
non contemporanea. In tali casi, il Tu
sicurezza impone al committente (che è il
soggetto per conto del quale l'opera viene
realizzata) o al responsabile dei lavori (il
soggetto che può essere incaricato dal
committente per svolgere i suoi compiti):
- prima dell'affidamento dei lavori di
designare il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori;
- contestualmente all'affidamento dei lavori
di designare il coordinatore per la
progettazione. Entrambe le predette figure
di «coordinatore» (per l'esecuzione
dei lavori e per la progettazione) hanno il
compito di monitorare e verificare
l'applicazione delle misure sulla sicurezza.
Il primo (il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori) durante lo svolgimento delle
attività; il secondo (il coordinatore per la
progettazione) in sede di progettazione
(appunto) dei lavori.
I chiarimenti.
Il dlgs n. 106/2009 (modifiche al Tu
sicurezza), tra le altre novità, ha previsto
una specifica ipotesi di disapplicazione del
predetto obbligo.
Infatti, ha stabilito che nei lavori privati
non soggetti a permesso di costruire e
comunque d'importo inferiore a 100 mila
euro, il committente (e neanche il
responsabile dei lavori) non è tenuto a
designare il coordinatore per la
progettazione, perché in tal caso le
funzioni di tale coordinatore vengono svolte
dal coordinatore per l'esecuzione dei
lavori.
A riscontro di numerose richieste di
chiarimento, la circolare n. 30/2009 del
ministero precisa che «tale norma
persegue la finalità di consentire al
committente la nomina del solo coordinatore
per l'esecuzione in cantieri non
particolarmente complessi nei quali gli
obblighi del coordinatore per la
progettazione sono di entità tale da poter
essere affidati all'unica figura del
coordinatore per l'esecuzione».
In tali casi, chiarisce meglio il ministero,
«il coordinatore per l'esecuzione svolge,
senza eccezioni o limitazioni, tutte le
funzioni» che il Tu (articolo 91) «attribuisce
al coordinatore per la progettazione».
In via di principio, spiega il ministero, si
tratta di compiti che devono essere svolti
durante la progettazione dell'opera; e,
pertanto, il Tu (articolo 90, comma 3)
prevede che il committente o il responsabile
dei lavori designi il coordinatore per la
progettazione contestualmente
all'affidamento dell'incarico di
progettazione.
Analogamente, aggiunge il ministero, nelle
ipotesi di deroga in esame (lavori edili
privati di lieve complessità fino a 100 mila
euro), «il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori deve essere nominato
contestualmente all'affidamento
dell'incarico di progettazione, in modo da
consentire la piena realizzazione di tutti i
compiti connessi al ruolo di coordinatore
per la progettazione, anche nei casi in cui
tale ruolo venga svolto dal coordinatore per
l'esecuzione». (articolo ItaliaOggi del
04.11.2009, pag. 30). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Demolizione e patteggiamento.
Non c’è
dubbio che l’ordine di demolizione
costituisca atto dovuto in quanto
obbligatoriamente previsto, dalla normativa
in vigore, in relazione alle opere
abusivamente realizzate. Tale sanzione, pur
formalmente giurisdizionale, ha natura
sostanzialmente amministrativa di tipo
ablatorio che il giudice deve disporre, non
trattandosi di pena accessoria né di misura
di sicurezza, anche nella sentenza
applicativa di pena concordata tra le parti
ex art. 444 c.p.p. a nulla rilevando che
l’ordine medesimo non abbia formato oggetto
dell’accordo intercorso tra le parti.
L’ordine di demolizione, infatti, essendo
atto dovuto, non è suscettibile di
valutazione discrezionale ed è sottratto,
conseguentemente, alla disponibilità delle
parti; di tale obbligatoria sanzione
l’imputato, pertanto, deve tener conto
nell’operare la scelta del patteggiamento.
Ne deriva che, anche in caso di
patteggiamento, la manifestazione di volontà
delle parti non può investire la misura
amministrativa; pertanto così come non può
essere ritenuto valido un accordo che
preveda la esclusione della demolizione,
ugualmente il mancato riferimento all’ordine
di demolizione, nella richiesta e
nell’accettazione del patteggiamento, non
esime il giudice dal provvedere ai sensi
dell’art. 7 L. 47/1985 (ora art. 31, comma
9, bPR 380/2001) (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 30.10.2009 n. 41748 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
CAMPI ELETTROMAGNETICI.
1.- Telecomunicazioni - Radio e
televisione - Impianto di
teleradiodiffusione - L.R. n. 29/1993 -
Ratio.
2.- Telecomunicazioni - Radio e
televisione - Impianto di
teleradiodiffusione - L.R. 29/1993 -
Presupposto di applicazione - Esistenza di
popolazione nella zona dove sorge l'impianto
- In assenza - Applicazione normativa - Non
sussiste.
1.-
La "ratio" della normativa contenuta
nella L.R. n. 29/1993 che stabilisce i
valori massimi a cui la popolazione può
essere esposta alle radiazioni di un campo
elettrico va ravvisata nell'esigenza di
tutelare la popolazione stessa dai
potenziali rischi alla salute connessi con
le fonti di radiazioni non ionizzanti. Ma se
questo è lo scopo della predetta normativa
va da sé che il presupposto per la sua
applicazione è costituito dalla presenza
della popolazione, specifico oggetto della
tutela legislativa: talché in assenza di
essa, e cioè nelle zone ove non esiste né
popolazione stanziale, né di transito, la
richiamata normativa è inapplicabile.
2.-
Qualora la popolazione locale non sia
minacciata dal superamento dei limiti
massimi delle radiazioni, in quanto l'area
interessata da tale fenomeno, sia
completamente interdetta, non sussiste
alcuna necessità di ridurre l'intensità del
campo elettromagnetico degli impianti di
radiodiffusione ivi collocati, ed è
conseguentemente illegittimo il
provvedimento con cui l'Amministrazione,
riscontrato il mancato rispetto della
riduzione di campo da parte di una
emittente, ordini la disattivazione del
relativo apparato radiante (TAR Veneto, Sez.
I,
sentenza 30.10.2009 n. 2696 -
link a
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sequestro immobile ultimato.
In materia
edilizia è legittimo disporre il sequestro
preventivo di un immobile abusivamente
costruito la cui edificazione risulti già
ultimata purché le conseguenze ulteriori
rispetto alla consumazione del reato abbiano
carattere antigiuridico e possano essere
impedite per effetto dell’accertamento del
reato e purché il pericolo presenti il
requisito della concretezza.
Giustifica, quindi, il sequestro la
circostanza che le caratteristiche e la
consistenza delle nuove unità immobiliari
ottenute, aventi una propria individualità
funzionale, arrecano concreto pregiudizio
all’assetto urbanistico del territorio
perché strumentali a determinare un aggravio
del carico urbanistico stante la
sopravvenuta, continuativa fruizione dei
nuovi locali da parte di stabili occupanti,
peggiorativa della situazione preesistente
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.10.2009 n. 41541 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
E' illegittimo l'ordine di
demolizione della tettoia in legno (m 7,5 x
4,70) realizzata senza permesso di costruire
con un lato sul muro di cinta a
delimitazione della proprietà e per l’altro
lato sulla parete esterna del fabbricato in
via Galilei n. 15.
La tettoia è chiaramente a servizio del
fabbricato sulla cui parete esterna si
appoggia e tenuto conto delle sue dimensioni
e di questa sua specifica funzione e
collocazione, non può considerarsi né opera
di “ristrutturazione edilizia” ai
sensi della lett. d) dell’art. 3 del d.P.R.
n. 380/2001, né di “nuova costruzione”
ai sensi dei punto e.1 ed e.6. dello stesso
art. 3, atteso che nel provvedimento
impugnato non si menzionano vincoli
ambientali o paesaggistici o specifiche e
contrarie disposizioni delle n.t.a. del
p.r.g..
La tettoia non può, quindi, essere
ricondotta nell’ambito degli interventi che
l’art. 10, I comma, del d.P.R. n.380/2001
sottopone a preventivo permesso di
costruire, ma, più correttamente, a quelli
sottoposti a preventiva denuncia di inizio
attività ai sensi del successivo art. 22, I
comma, non essendo ravvisabile, di contro,
alcuna delle ipotesi che il precedente art.
6 considera attività edilizia libera.
La sanzione applicabile era, quindi, quella
pecuniaria prevista dall’art. 37 del d.P.R.
n. 380/2001 e non la demolizione prevista
dal precedente art. 33 (TAR Abruzzo-Pescara,
Sez. I,
sentenza 29.10.2009 n. 645 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il rispetto delle regole di gara
da parte dei concorrenti, e ancor prima da
parte del soggetto che le ha dettate, è un
valore ex se, che prescinde dalla
circostanza che le eventuali violazioni
risultino, ex post, inoffensive.
Nell'ipotesi di "rivendita"
conseguente a dismissioni dei beni del
patrimonio di un ente (nella fattispecie:
l'Azienda farmaceutica appartenente alla
Fondazione Ordine Mauriziano), è illegittimo
il provvedimento di aggiudicazione in favore
del soggetto concorrente che abbia violato
l'obbligo, a pena di inammissibilità, di
formulare la propria offerta avvalendosi
dell'apposito modello depositato presso il
responsabile del procedimento.
La scelta di "salvare" un'offerta formulata
in violazione di prescrizioni di bando a
pena espressa di inammissibilità (ancorché
più vantaggiosa) in base alla sostanziale "inoffensività"
dell'omissione delle prescritte
dichiarazioni integra, infatti, una
contraddizione nella condotta della
Fondazione, tenuta alla coerenza nella
gestione della gara con le regole dalla
medesima dettate, pena la violazione della
par condicio dei concorrenti.
Il rispetto delle regole di gara da parte
dei concorrenti, e ancor prima da parte del
soggetto che le ha dettate, è un valore ex
se, che prescinde dalla circostanza che le
eventuali violazioni risultino, ex post,
inoffensive (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2333 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Decorrenza del termine per
proporre ricorso giurisdizionale avverso il
provvedimento di aggiudicazione nelle gare
"a cottimo fiduciario".
Nell'ipotesi di gara in forma di "cottimo
fiduciario", il termine di 60 gg. previsto
dall'art. 21 L. 1034/1971 (Legge TAR) per
impugnare il provvedimento amministrativo di
aggiudicazione decorre dal giorno in cui si
sia avuta piena conoscenza, oltre al
dispositivo, anche della motivazione
dell'atto.
Nella gara di "cottimo fiduciario,
trattandosi di procedura finalizzata
all'acquisizione di servizi a costi
contenuti, il criterio di assegnazione
riferito al prezzo d0offerta più basso deve
ritenersi determinante ai fini
dell'aggiudicazione stessa" (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2331 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
DIVIETO DI VARIAZIONE SOGGETTIVA
DEI RAGGRUPPAMENTI.
1. Associazione temporanea -
Requisiti associati - Verifica da parte
dell'amministrazione - Nel caso di
variazione soggettiva dei raggruppamenti -
Necessarietà.
2. Aggiudicazione - Verifica dei requisiti -
Necessaria - Casi - Ratio dell'istituto.
3. Documentazione - Rispetto di requisiti
minimi ed ulteriori - Si configura -
Condizioni.
1.
Il principio sotteso al divieto posto
dall'art. 37, co. 9, del codice dei
contratti, è quello di evitare che
l'amministrazione aggiudicatrice concluda il
contratto con operatori economici i quali
non abbiano partecipato alla gara e nei
confronti dei quali, in particolare, non sia
stata effettuata la verifica del possesso
dei requisiti di ordine generale e di ordine
economico-finanziario. Il divieto di
variazione soggettiva dei raggruppamenti non
opera, conseguentemente, in tutte le ipotesi
in cui l'amministrazione aggiudicatrice
verifichi, prima dell'aggiudicazione o della
stipulazione del contratto, la sussistenza
dei requisiti nei confronti del nuovo
soggetto che si aggiunga ai componenti
originari del raggruppamento temporaneo o
che ne sostituisca alcuno (Cfr. sul punto,
in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI,
06-04-2006 n. 1873; Cons. Stato, sez. V,
03-08-2006 n. 5081; Cons. Stato, sez. IV,
23-07-2007 n. 4101; Cons. Stato, sez. VI,
13-05-2009 n. 2964).
2.
La necessità della verifica dei requisiti
per l'aggiudicazione è particolarmente
rilevante nel caso delle associazioni
temporanee di imprese. Infatti, ove si tenga
conto che si tratta di uno strumento
giuridico che ha la finalità principale di
consentire la partecipazione ai pubblici
appalti avvalendosi della somma dei
requisiti delle singole imprese associate (o
associande), il recesso da parte di una di
loro comporta naturalmente la necessità di
verificare se le imprese rimanenti abbiano
da sole i requisiti prescritti.
3.
Le amministrazioni possono richiedere alle
imprese requisiti di partecipazione ad una
gara d'appalto più rigorosi e restrittivi di
quelli minimi stabiliti dalla legge, purché
tali ulteriori prescrizioni si rivelino
rispettose dei principi di proporzionalità e
adeguatezza e siano giustificate da
specifiche esigenze imposte dal peculiare
oggetto dell'appalto (Cons. Stato, sez. V,
23-12-2008 n. 6534) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 24.10.2009 n. 1569 -
link a
http://mondolegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Immissioni sonore - Ordinanza di
abbattimento - Limite di tollerabilità -
Superamento per un tempo di rilevazione
modesto - Irrilevanza.
Ai fini dell’emissione di un’ordinanza di
abbattimento delle immissioni sonore, è
irrilevante la circostanza che il
superamento del limite di tollerabilità sia
stato riscontrato per un tempo di
rilevazione modesto, rilevando il solo
superamento del limite fissato dalla
normativa (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2617 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Distanze - Pareti finestrate e
pareti di edifici antistanti - D.M.
02.04.1968, n. 1444, art. 9 - Strumenti
urbanistici contrastanti con la norma -
Giudice di merito - Disapplicazione.
Il D.M. 02.04.1968 n. 1444 -là dove all’art.
9 prescrive in tutti i casi la distanza
minima assoluta di metri dieci tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti- è
norma che impone determinati limiti edilizi
ai comuni nella formazione o revisione degli
strumenti urbanistici.
Da ciò deriva (cfr. ex multis Cass.
Civ. Sez. II 01.11.2004 n. 21899) che
l'adozione, da parte degli enti locali, di
strumenti urbanistici contrastanti con la
norma comporta l'obbligo, per il giudice di
merito, non solo di disapplicare le
disposizioni illegittime, ma anche di
applicare direttamente la disposizione del
ricordato art. 9, divenuta, per inserzione
automatica, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della norma
illegittima disapplicata.
Distanza fra costruzioni - Regime
della cd. “doppia tutela”.
In tema di distanza fra costruzioni o di
queste con i confini vige il regime della
c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che
il soggetto che assume di essere stato
danneggiato dalla violazione delle norme in
materia è titolare, da un lato, del diritto
soggettivo al risarcimento del danno o alla
riduzione in pristino nei confronti
dell'autore dell'attività edilizia illecita
e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla
rimozione del provvedimento invalido
dell'amministrazione, quando tale attività
sia stata autorizzata. (cfr., ex multis,
Cass., SS.UU., 01.07.2002 n. 9555).
Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel
nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela
in relazione a possibili violazioni della
disciplina vigente in materia di distacco
delle costruzioni dai confini del fondo
ovvero da altre costruzioni, a seconda che
si agisca nei riguardi del confinante ovvero
nei confronti dell'Amministrazione Comunale
che ha rilasciato il titolo edilizio, ben
potendo le azioni stesse coesistere e ben
potendo il titolare dell'interesse
qualificato alla legittimità dell'azione
amministrativa ottenere, comunque, in sede
di giurisdizione amministrativa
l'annullamento ope iudicis del titolo
edilizio reputato illegittimo anche a
prescindere dalla sua eventuale
disapplicazione da parte del giudice
ordinario concomitantemente adito, a' sensi
degli artt. 4 e 5 della L. 25.03.1965 n.
2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2°
17.06.2005 n. 2504).
Distanze tra edifici -
Proprietario frontista - Diritto al
mantenimento di un fabbricato preesistente
costruito a distanza inferiore a quella
legale - Ulteriore diritto ad apportare
modifiche o aggiunte - Esclusione.
L'eventuale diritto del proprietario
frontista a mantenere un fabbricato
preesistente sin dall'origine costruito ad
una distanza inferiore a quella legale
rispetto all'immobile limitrofo non
conferisce al predetto l'ulteriore diritto
di apportare al manufatto aggiunte e/o
modifiche di qualsiasi natura nella parte
che, in base alla normativa attualmente
vigente, risulti a distanza inferiore a
quella minima legale, atteso che dette
aggiunte o modifiche costituirebbero
un'ulteriore -e non consentita- violazione
della normativa in materia di distanze.
(cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26.08.2002, n.
12483) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.10.2009 n. 1742 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Quanto
meno in applicazione del d.m.. 13.06.1994 n.
495, l'amministrazione statale è obbligata a
comunicare al privato l'avvio del
procedimento di annullamento allo scopo di
consentire all'interessato di avvalersi
degli strumenti di partecipazione e di
accesso, previsti dalla legge n. 241 del
1990.
La giurisprudenza della Sezione (n. 4546 del
2000) ha affermato che: “quanto meno in
applicazione del d.m.. 13.06.1994 n. 495,
l'amministrazione statale è obbligata a
comunicare al privato l'avvio del
procedimento di annullamento allo scopo di
consentire all'interessato di avvalersi
degli strumenti di partecipazione e di
accesso, previsti dalla legge n. 241 del
1990" (cfr., Cons. Stato, VI, n.
2069/1999).
Con successiva decisione la Sezione ha anche
rilevato che, in mancanza di un atto di
comunicazione dell'avvio della nuova fase,
il destinatario del provvedimento di
autorizzazione non è neanche in grado di
conoscere il preciso momento di
perfezionamento o di integrazione
dell'efficacia dell'atto autorizzatorio,
decorrendo il termine di sessanta giorni
solo dal momento in cui perviene
all'amministrazione statale la
documentazione completa (cfr. Cons. Stato,
VI, n. 909/2000).
Nella stessa sentenza è stato affermato che
non può non condividersi l'esigenza di
assicurare al destinatario del provvedimento
la possibilità di interloquire
tempestivamente nella ulteriore fase di
verifica ministeriale della legittimità
dell'autorizzazione, evidenziando come
l'apporto del privato possa essere
particolarmente utile anche per la stessa
amministrazione.
La giurisprudenza ha pure ammesso che tale
comunicazione possa avvenire con strumenti
alternativi, quale la contemporanea
informazione all’interessato, da parte del
Comune, dell’invio della pratica al
Ministero per i beni culturali per il
prosieguo della procedura
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 14.10.2009 n. 6281 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’esame delle domande di
concessione edilizia è rigorosamente
vincolato al rispetto delle prescrizioni
vigenti; di talché non è ravvisabile alcun
vizio di eccesso di potere per disparità di
trattamento nel comportamento
dell’Amministrazione comunale che subordini
il rilascio del titolo abilitativo al
rispetto di tali disposizioni.
È pacifico in giurisprudenza che l’esame
delle domande di concessione edilizia è
rigorosamente vincolato al rispetto delle
prescrizioni vigenti; di talché non è
ravvisabile alcun vizio di eccesso di potere
per disparità di trattamento nel
comportamento dell’Amministrazione comunale
che subordini il rilascio del titolo
abilitativo al rispetto di tali
disposizioni: “In ordine al rilascio di
una concessione edilizia non sono
configurabili vizi di eccesso di potere,
nelle forme della contraddittorietà e
dell'ingiustizia manifesta, rispetto ad un
atto di natura vincolata” (cfr.
Consiglio Stato, Sez. V, 24.08.2007, n.
4507; nello stesso senso, TRGA Bolzano,
27.02.2006, n. 81 e 05.06.2009, n. 217).
Va aggiunto che il vizio di eccesso di
potere per disparità di trattamento
presuppone non solo un potere discrezionale
dell’Amministrazione, ma anche il confronto
tra situazioni assolutamente omogenee, posto
che solo in tali ipotesi la diversità del
metro valutativo può denotare
l’irrazionalità della scelta compiuta (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 11.03.2008, n.
1049; Sez. IV, 22.06.2004, n. 4434; TRGA
Bolzano, 10.04.2007, n. 134; TAR Lazio,
Roma, Sez. III, 16.07.2004, n. 6998).
In ogni caso, il comportamento, ove del caso
illegittimo, tenuto dall’Amministrazione
comunale in un identico caso precedente non
porrebbe comunque i ricorrenti nella
condizione di invocare validamente in loro
favore lo stesso comportamento (cfr. TAR
Lazio, Roma, Sez. II, 17.11.2005, n. 11515 e
TRGA Bolzano, 22.06.2006, n. 280 e
05.06.2009, n. 217) (TRGA
Trentino Alto Adige,
sentenza 13.10.2009 n. 339 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nel
caso di annullamento del diniego di
concessione edilizia, trova applicazione la
normativa urbanistica vigente al momento
della notificazione della sentenza, con la
conseguenza che solo dopo tale notificazione
ulteriori modificazioni dell’assetto
normativo diventano irrilevanti.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, nel caso di annullamento
del diniego di concessione edilizia, trova
applicazione la normativa urbanistica
vigente al momento della notificazione della
sentenza, con la conseguenza che solo dopo
tale notificazione ulteriori modificazioni
dell’assetto normativo diventano irrilevanti
(cfr., ex multis, Consiglio di Stato,
Sez. V, 13.12.1999, n. 2106 e 22.02.2002, n.
1079 e TRGA Bolzano 24.07.2002, n. 358).
Secondo un costante indirizzo
giurisprudenziale, “allorché un
provvedimento di diniego viene annullato per
vizi che comunque, …(come nel caso di
specie)… consentono il riesercizio del
potere, se l’atto negativo viene reiterato,
per ragioni diverse dal precedente, il
sopravvenuto provvedimento negativo esclude,
allo stato, la sussistenza di un danno
risarcibile derivante dal primo
provvedimento, salva la verifica degli
estremi del danno in caso di annullamento
giurisdizionale anche del secondo
provvedimento” (cfr. Consiglio di Stato,
Ad Plen. 03.12.2008, n. 13; id: Consiglio di
Stato, Sez. VI, 04.09.2002, n. 4435) (TRGA
Trentino Alto Adige,
sentenza 13.10.2009 n. 339 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: L’atto
amministrativo fondato su più ordini di
motivi deve considerarsi legittimo, se
almeno uno di essi sia esente da vizi e sia
idoneo a sostenere congruamente l’atto
stesso.
L’atto amministrativo fondato su più ordini
di motivi deve considerarsi legittimo, se
almeno uno di essi sia esente da vizi e sia
idoneo a sostenere congruamente l’atto
stesso (c.d. “principio della ragione
sufficiente” - cfr., ex multis,
Consiglio di Stato, Sez. IV, 08.06.2007, n.
3020; Sez. IV, 10.12.2007, n. 6325; Sez. V,
28.12.2007, n. 6732 e TRGA Bolzano,
02.09.2008, n. 312; 08.11.2005, n. 372;
24.05.2005, n. 191, 28.09.2004, n. 417 e
15.02.2002, n. 82) (TRGA
Trentino Alto Adige,
sentenza 13.10.2009 n. 339 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Risulta
necessario, ai fini dell'applicazione della
(pesante) sanzione generale dell'esclusione
nelle gare pubbliche, che il precedente
penale rinvenuto sia inquadrabile,
nell'ambito di un coerente apprezzamento
della graduazione, in termini di <grave
lesione> della moralità professionale.
La gravità del reato è, dunque, presupposto
necessario per poter pronunziare la
conseguente sanzione. Qualora invece il
precedente penale (dichiarato o non) abbia
un grado di lesività di tipo lieve o
ordinario l'amministrazione, dopo averlo
valutato nella sua sostanza, non può porlo a
fondamento di una decisione di esclusione
dalla partecipazione alla gara.
La questione controversa, che ha determinato
l'esclusione dalla gara successivamente alla
già disposta aggiudicazione provvisoria, si
concentra sulla portata della dichiarazione
concernente i “gravi reati che incidono
sulla moralità professionale” prevista
all'articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici.
L’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, stabilisce,
al punto c), che “Sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i
soggetti:…………..c) nei cui confronti è stata
pronunciata sentenza di condanna passata in
giudicato, o emesso decreto penale di
condanna divenuto irrevocabile, oppure
sentenza di applicazione della pena su
richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, <per reati gravi
in danno dello Stato o della Comunità che
incidono sulla moralità professionale>; è
comunque causa di esclusione la condanna,
con sentenza passata in giudicato, per uno o
più reati di partecipazione a
un'organizzazione criminale, corruzione,
frode, riciclaggio, quali definiti dagli
atti comunitari citati all'articolo 45,
paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18;
l'esclusione e il divieto operano se la
sentenza o il decreto sono stati emessi nei
confronti: del titolare o del direttore
tecnico se si tratta di impresa individuale;
del socio o del direttore tecnico, se si
tratta di società in nome collettivo; dei
soci accomandatari o del direttore tecnico
se si tratta di società in accomandita
semplice; degli amministratori muniti di
potere di rappresentanza o del direttore
tecnico se si tratta di altro tipo di
società o consorzio.”
Il punto 2B del Bando, dopo aver riportato
per esteso il testo della norma (art. 38) ha
precisato, ulteriormente, che la
dichiarazione deve contenere tutti i
provvedimenti emessi a carico degli
interessati, compresi quelli che non
risultano nel certificato del casellario
ordinario.
L’ing. .............. (direttore Tecnico
della società ricorrente) ha compiuto la
dichiarazione il 09.01.2009 in termini
negativi, utilizzando, peraltro, il modello
fornito dalla stessa Amministrazione,
barrando le caselle A e B (cfr. doc. 2 del
fascicolo Avvocatura comunale).
L'Amministrazione in sede di verifica ha
riscontrato l'esistenza a suo carico di un
decreto penale di condanna del 2000 per lire
350.000 di ammenda, per ritardo nella
comunicazione di informazioni/documentazione
all’ufficio del lavoro (contravvenzione
contemplata all’art. 4 della L. 22.07.1961
n. 628).
Il Collegio ritiene che, a prescindere dalla
circostanza che successivamente è stata
dichiarata dal giudice dell’esecuzione di
Oristano (il 02.04.2009) l’estinzione del
reato ex art. 460 comma 5° c.p.p. (post 2
anni, in caso di contravvenzione), l’omessa
dichiarazione, in sede di gara, non può
rientrare nella fattispecie normativa in
quanto essa, indubbiamente, non coinvolge un
“grave reato” incidente la moralità
professionale.
Risulta cioè necessario, ai fini
dell'applicazione della (pesante) sanzione
generale dell'esclusione nelle gare
pubbliche, che il precedente penale
rinvenuto (e nel ns. caso non dichiarato)
sia inquadrabile, nell'ambito di un coerente
apprezzamento della graduazione, in termini
di <grave lesione> della moralità
professionale. La gravità del reato è,
dunque, presupposto necessario per poter
pronunziare la conseguente sanzione. Qualora
invece il precedente penale (dichiarato o
non) abbia un grado di lesività di tipo
lieve o ordinario l'amministrazione, dopo
averlo valutato nella sua sostanza, non può
porlo a fondamento di una decisione di
esclusione dalla partecipazione alla gara.
La valutazione che l'amministrazione deve
compiere deve avvenire nel merito, sia nel
caso di dichiarato precedente che in caso di
dichiarata assenza.
In sostanza, qualora il soggetto interessato
abbia compiuto, come nel caso di specie, una
dichiarazione negativa, l'amministrazione
non può sostenere che la semplice omissione
dell’ indicazione del precedente rappresenti
una violazione della norma, trattandosi, in
questo caso, semmai di mero falso innocuo.
Semmai potrebbe aversi (teoricamente) una
difforme valutazione nel giudizio di
rilevanza, ma non una dichiarazione mendace.
Non può quindi condividersi una lettura
puramente formalistica della disposizione
sanzionatoria.
Ed in ogni caso va considerato che il
soggetto dichiarante ha attestato
l'insussistenza di “condanne per gravi
reati in danno dello Stato o della comunità
che incidono sulla moralità professionale”
(e non l’inesistenza di precedenti in
generale), elemento che si è rivelato
corretto in considerazione della lievità del
precedente penale in questione (decreto
penale).
In particolare va evidenziato che l’Autorità
di vigilanza lavori pubblici ritiene
particolarmente complessa l’individuazione
dei reati che sono considerati incidenti
sull’affidabilità morale e professionale
dell’imprenditore e delle modalità
attraverso le quali può essere dimostrata la
mancata ricorrenza della condizione in esame
(cfr. determinazione 15.07.2003 n. 13).
Sicuramente “influiscono
sull’affidabilità morale e professionale del
contraente i reati contro la pubblica
amministrazione, l’ordine pubblico, la fede
pubblica ed il patrimonio, se relativi a
fatti la cui natura e contenuto siano idonei
ad incidere negativamente sul rapporto
fiduciario con le stazioni appaltanti per la
loro inerenza alle specifiche obbligazioni
dedotte in precedenti rapporti con le
stesse. La mancanza, tuttavia, di parametri
fissi e predeterminati e la genericità della
prescrizione normativa lascia un ampio
spazio di valutazione discrezionale per la
stazione appaltante che consente alla stessa
margini di flessibilità operativa al fine di
un apprezzamento delle singole concrete
fattispecie, con considerazione di tutti gli
elementi delle stesse che possono incidere
sulla fiducia contrattuale, quali ad. es.
l’elemento psicologico, la gravità del
fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le
eventuali recidive” (così si è espressa
l’Autorità con determinazione n. 56 del
13.12.2000). Tutti elementi, dunque, che
debbono essere valutati
dall’Amministrazione.
E la giurisprudenza, in questa precisa
materia, ha espressamente affermato, in un
caso del tutto analogo a quello oggi in
esame, che “è illegittima la
determinazione della P.A. di non convalidare
l’aggiudicazione provvisoria disposta in
favore dell’impresa, a causa della mancata
dichiarazione, senza previo apprezzamento in
ordine alla capacità di detta condanna di
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa” (TAR Lazio, sez. II, n.
3984 del 20.04.2009).
Né si può sostenere che il bando abbia
esteso l’ambito dell’obbligo di
dichiarazione delle condanne (con la
precisazione aggiunta al punto 2B) in quanto
l’Amministrazione non può sostituirsi al
legislatore ampliando le fattispecie e/o
imponendo obblighi ulteriori, non funzionali
all’analisi ed alla pronunzia di esclusione
ben definita dall’art. 38 del Codice
(TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 09.10.2009 n. 1525 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Reato di lottizzazione abusiva -
Confisca - Presupposti essenziali ed
indefettibili - Art. 44, 2° c. T.U. n.
380/2001 (precedentemente art. 19 L. n.
47/1985).
Per disporre la confisca prevista dall'art.
44, 2° comma del T.U. n. 380/2001 (e
precedentemente dall'art. 19 della legge n.
47/1985), il soggetto proprietario della
res non deve essere necessariamente "condannato",
in quanto data sanzione ben può essere
disposta allorquando sia stata comunque
accertata la sussistenza del reato di
lottizzazione abusiva in tutti i suoi
elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se
per una causa diversa, quale e, ad esempio,
l'intervenuto decorso della prescrizione,
non si pervenga alla condanna del suo autore
ed alla inflizione della pena.
Pertanto, presupposto essenziale ed
indefettibile, per l'applicazione della
confisca, è (secondo I'interpretazione
giurisprudenziale costante) che sia stata
accertata l'effettiva esistenza di una
lottizzazione abusiva.
Inoltre, ulteriore condizione, che si
riconnette alle recenti decisioni della
Corte di Strasburgo, investe l'elemento
soggettivo del reato ed è quella del
necessario riscontro quanto meno di profili
di colpa (anche sotto gli aspetti
dell'imprudenza, della negligenza e del
difetto di vigilanza) nella condotta dei
soggetti sul cui patrimonio la misura viene
ad incidere (Cass. Sez. III, 20.05.2009, n.
21188, Casasanta ed altri; Cass. Sez. III,
29.04.2009, n. 17865, Quarta ed altri; Cass.
Sez. III, 02.10.2008, n. 37472, Belloi ed
altri).
Lottizzazione abusiva -
Frazionamento fondiario - Terreni lottizzati
o rientranti nel generale progetto
lottizzatorio - Confisca - Criteri per
applicare la misura.
La misura della confisca, va estesa ai soli
"terreni lottizzati" ovvero "rientranti
nel generale progetto lottizzatorio", da
identificarsi in quelli che risultino
oggetto di un'operazione di frazionamento
preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a
scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un
preventivo frazionamento, va confiscata
tutta l'area interessata da tale
frazionamento nonché dalla previsione delle
relative infrastrutture ed opere
urbanizzative, indipendentemente
dall'attività di edificazione posta
concretamente in essere.
Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato
predisposto un frazionamento fondiario e
tuttavia si sia conferito, di fatto, un
diverso assetto ad una porzione di
territorio comunale, la confisca va limitata
a quella porzione territoriale
effettivamente interessata dalla vendita di
lotti separati, dalla edificazione e dalla
realizzazione di infrastrutture (Cass., Sez.
III, 02.10.2008, n. 37472, Belloi ed altri).
Reati urbanistici e misure di
cautela reale.
In materia di reati urbanistici, la
persistente disponibilità del bene comporta
perduranti effetti lesivi dell'equilibrio
urbanistico ed ambientale e non costituisce
"un elemento neutro sotto il profilo
dell'offensività" (Cass. Sez. Unite con
la sentenza n. 12878/2003).
Reato di lottizzazione abusiva -
Configurabilità - Pluralità di soggetti -
Accordo preventivo - Ininfluenza.
Il reato di lottizzazione abusiva secondo
concorde interpretazione giurisprudenziale -
nella molteplicità di forme che esso può
assumere in concreto, può essere posto in
essere da una pluralità di soggetti, i
quali, in base ai principi che regolano il
concorso di persone nel reato, possono
partecipare alla commissione del fatto con
condotte anche eterogenee e diverse da
quella strettamente costruttiva, purché
ciascuno di essi apporti un contributo
causale alla verificazione dell'illecito
(sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero
intervenendo in fasi circoscritte della
condotta illecita complessiva) e senza che
vi sia alcuna necessità di un accordo
preventivo.
Lottizzazione abusiva negoziale -
Carattere plurisoggettivo e nesso causale.
La lottizzazione abusiva negoziale -in
particolare- ha carattere generalmente
plurisoggettivo, poiché in essa normalmente
confluiscono condotte convergenti verso
un'operazione unitaria caratterizzata dal
nesso causale che lega i comportamenti dei
vari partecipi diretti a condizionare la
riserva pubblica di programmazione
territoriale.
Reato di lottizzazione abusiva -
Condotta dell'acquirente - Acquisto del
sub-acquirente - Configurabilità - Art. 2.
Cost. - Artt. 5 e 42, 4° c., cod. pen..
La condotta dell'acquirente, non configura
un evento imprevisto ed imprevedibile per il
venditore, perché anzi inserisce un
determinante contributo causale alla
concreta attuazione del disegno criminoso di
quegli (Cass., Sez. Unite, 27.03.1992, n.
4708, ric. Fogliani) e, per la cooperazione
dell'acquirente nel reato, non sono
necessari un previo concerto o un'azione
concordata con il venditore, essendo
sufficiente, al contrario, una semplice
adesione al disegno criminoso da quegli
concepito, posta in essere anche attraverso
la violazione (deliberatamente o per
trascuratezza) di specifici doveri di
informazione e conoscenza che costituiscono
diretta esplicazione dei doveri di
solidarietà sociale di cui all'art. 2 della
Costituzione (sul punto, si vedano le
argomentazioni svolte dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 364/1988,
ove viene evidenziato che la Costituzione
richiede dai singoli soggetti la massima
costante tensione ai fini del rispetto degli
interessi dell'altrui persona umana ed è per
la violazione di questo impegno di
solidarietà sociale che la stessa
Costituzione chiama a rispondere penalmente
anche chi lede tali interessi non
conoscendone positivamente la tutela
giuridica).
L'acquirente, dunque, non può sicuramente
considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo
estraneo" al reato di lottizzazione
abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché
compartecipe al medesimo accadimento
materiale, dimostrare di avere agito in
buona fede, senza rendersi conto cioè pur
avendo adoperato la necessaria diligenza
nell'adempimento degli anzidetti doveri di
informazione e conoscenza - di partecipare
ad un'operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l'acquirente sia consapevole
dell'abusività dell' intervento -o avrebbe
potuto esserlo spiegando la normale
diligenza- la sua condotta si lega con
intimo nesso causale a quella del venditore
ed in tal modo le rispettive azioni,
apparentemente distinte, si collegano tra
loro e determinano la formazione di una
fattispecie unitaria ed indivisibile,
diretta in modo convergente al conseguimento
del risultato lottizzatorio. Le posizioni,
dunque, sono separabili se risulti provata
la malafede dei venditori, che, traendo in
inganno gli acquirenti, li convincono della
legittimità delle operazioni (Cass., Sez.
III, 22.05.1990, Oranges e 26.01.1998,
Cusimano).
Neppure l'acquisto del sub-acquirente può
essere considerato legittimo con valutazione
aprioristica limitata alla sussistenza di
detta sola qualità, allorché si consideri
che l'utilizzazione delle modalità
dell'acquisto successivo ben potrebbe
costituire un sistema elusivo,
surrettiziamente finalizzato a vanificare le
disposizioni legislative in materia di
lottizzazione negoziale [vedi Cass., Sez.
III, 08.11.2000, Petracchi].
Infine deve ribadirsi, che non è ravvisabile
alcuna eccezione al principio generale
stabilito per le contravvenzioni dall'art.
42, 4° comma, cod. pen., dovendo ovviamente
valutarsi i casi di errore scusabile sulle
norme integratrici del precetto penale e
quelli in cui possa trovare applicazione
l'art. 5 cod. pen. secondo l'interpretazione
fornita dalla pronuncia n. 364/1988 della
Corte Costituzionale.
Il venditore, non può predisporre
l'alienazione degli immobili in una
situazione produttrice di alterazione o
immutazione circa la programmata
destinazione della zona in cui gli stessi
sono situati ed i soggetti che acquistano
devono essere cauti e diligenti
nell'acquisire conoscenza delle previsioni
urbanistiche e pianificatorie di zona: "Il
compratore che omette di acquisire ogni
prudente informazione circa la legittimità
dell'acquisto si pone colposamente in una
situazione di inconsapevolezza che fornisce,
comunque, un determinante contributo causale
illecita del venditore" (Cass., Sez.
I11, 26.6.2008, Belloi ed altri).
Lottizzazione abusiva di terreni
a scopo edificatorio - Attività materiale -
Attività giuridica - Lottizzazione cd.
"negoziale" o "cartolare" - Cd.
lottizzazione materiale e negoziale - c.d.
Lottizzazione abusiva mista -
Configurabilità del reato - Art. 30, 1° c..
del T.U. n. 380/2001.
A norma dell'art. 30, 1° comma. del T.U. n.
380/2001, si ha lottizzazione abusiva di
terreni a scopo edificatorio: quando vengono
iniziate opere che comportino trasformazione
urbanistica od edilizia dei terreni stessi
in violazione delle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o
comunque stabilite dalle leggi statali o
regionali, o senza la prescritta
autorizzazione [attività materiale]; nonché
quando tale trasformazione venga predisposta
attraverso il frazionamento e la vendita, o
atti equivalenti, del terreno in lotti che,
per le loro caratteristiche quali la
dimensione in relazione alla natura del
terreno e alla sua destinazione secondo gli
strumenti urbanistici, il numero,
l'ubicazione o la eventuale previsione di
opere di urbanizzazione ed in rapporto ad
elementi riferiti agli acquirenti, denuncino
in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio [attività giuridica].
Questo secondo tipo di lottizzazione viene
denominato "negoziale" o "cartolare"
e si fonda sulla presenza di elementi
indiziari, da cui risulti, in modo non
equivoco, la destinazione a scopo
edificatorio del terreno. Tali elementi
indiziari (descritti con elencazione
normativa non tassativa) non devono essere
presenti tutti in concorso fra di loro, in
quanto è sufficiente anche la presenza di
uno solo di essi, rilevante ed idoneo a fare
configurare, con margini di plausibile
veridicità, la volontà di procedere a
lottizzazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
14.05.2004, n. 3136).
I due tipi di attività illecite dianzi
descritti (lottizzazione materiale e
negoziale) possono essere espletati, ad
evidenza, anche congiuntamente (c.d.
lottizzazione abusiva mista), in un
intreccio di atti materiali e giuridici
comunque finalizzati a realizzare una
trasformazione urbanistica e/o edilizia dei
terreni non autorizzata oppure in violazione
della pianificazione vigente.
Reato di lottizzazione abusiva -
Casi di configurabilità - Incidenza del
nuovo insediamento e destinazione
programmata del territorio.
Può configurarsi il reato di lottizzazione
abusiva in presenza di un intervento sul
territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in
zona non urbanizzata o non sufficientemente
urbanizzata, per cui esiste la necessità di
attuare le previsioni dello strumento
urbanistico generale attraverso la redazione
di un piano esecutivo e la stipula di una
convenzione lottizzatoria adeguata alle
caratteristiche dell'intervento di nuova
realizzazione, ma anche allorquando, detto
intervento non potrebbe in nessun caso
essere realizzato poiché, per le sue
connotazioni oggettive, si pone in contrasto
con la destinazione programmata del
territorio comunale.
Nei casi in cui si agisca sul territorio con
un'attività finalizzata ed idonea a
snaturarne la programmazione deve ritenersi
inconferente ogni riferimento all'incidenza
del nuovo insediamento sullo stato di
urbanizzazione esistente.
Confisca - Funzione e
applicazione - Sentenza della Corte europea
dei diritti dell'uomo - Art. 44, 2° c. T.U.
sull'edilizia n. 380/2001.
La confisca già prevista dall'art. 19 della
legge n. 47/1955 ed attualmente collocata
tra le "sanzioni penali" dall'art.
44, 2° comma del T.U. sull'edilizia n.
380/2001: "non tende alla riparazione
pecuniaria di un danno, ma mira nella sua
essenza a punire per impedire la
reiterazione di trasgressioni a prescrizioni
stabilite dalla Legge".
Quindi, una "pena" ai sensi dell'art.
7 della Convenzione e la irrogazione di tale
"pena" senza che sia stata stabilita
l'esistenza di dolo o colpa dei destinatari
di essa, costituisce infrazione dello stesso
art. 7, una corretta interpretazione del
quale "esige, per punire, un legame di
natura intellettuale (coscienza e volontà)
che permetta di rilevare un elemento
responsabilità nella condotta dell'autore
materiale del reato" (Corte europea dei
diritti dell'uomo, 30.08.2007 ed il
20.01.2009, ricorso n. 75909/2001 proposto
contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed
altri).
Sequestro preventivo - Oggetto
del sequestro - Art. 321 c.p.p..
Oggetto del sequestro preventivo di cui al
primo comma dell'art. 321 c.p.p. può essere
qualsiasi bene a chiunque appartenente e,
quindi, anche a persona estranea al reato
purché esso sia, anche indirettamente,
collegato al reato e, ove lasciato in libera
disponibilità, idoneo a costituire pericolo
di aggravamento o di protrazione delle
conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti
penalmente rilevanti (Cass.: n. 37033/2006,
n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003,
n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997,
n. 156/1993, n. 2296/1992) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.10.2009 n. 39078 -
link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
PRG - Natura di atto complesso -
Interpretazione unilaterale - Esclusione.
Il PRG essendo un atto complesso comporta
che, dal momento dell'approvazione
regionale, non è più possibile una
interpretazione unilaterale da parte del
Comune o della Regione ma essa va effettuata
d'intesa tra le due autorità.
Pianificazione generale - Zona
agricola - Funzione.
Ai sensi del T.U. n. 380/2001, la
destinazione a zona agricola di un'area,
costituisce espressione del potere
conformativo del diritto di proprietà e non
determina disparità di trattamento, in
quanto la valutazione sulla possibilità di
edificazione non si ricollega ad una
distinzione tra cittadini, ma solo alla
particolare destinazione dei beni.
Pianificazione urbanistica -
Individuazione delle zone agricole -
Funzione - Fattispecie.
L’individuazione delle zone agricole
nell'ambito del contesto pianificatorio
svolge anche una funzione ambientale,
considerando che la loro individuazione può
essere utilizzata pure a salvaguardia del
paesaggio e dell'ambiente "e non presuppone
necessariamente che l'area stessa venga
utilizzata per colture tipiche o sia già in
possesso di tutte le caratteristiche
previste dalla legge per tale utilizzazione"
(Consiglio di Stato, Sez. IV: 14.10.2005, n.
5713; 31.01.2005, n. 259; 22.06.2004, n. 4466;
10.12.2003, n. 8146).
Nella specie, diventa
superflua, conseguentemente, ogni
discettazione circa la delimitazione
interpretativa della categoria degli
"addetti all'agricoltura", a
fronte di una situazione di fatto che
oggettivamente vanifica la valenza
conservativa dei valori naturalistici
attribuita alla zona agricola (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.10.2009 n. 39078 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire - Rilascio
- Disponibilità qualificata con l'immobile -
Presupposto indefettibile.
Presupposto indefettibile del rilascio della
concessione edilizia (oggi permesso di
costruire) a che il destinatario del
provvedimento amministrativo abbia titolo,
in base alla legge, alla trasformazione
urbanistica dell'area: si trovi, cioè, in un
rapporto di disponibilità qualificata con
l'immobile, da intendersi quale titolarità
di una posizione soggettiva che
civilisticamente costituisca titolo per
esercitare un'attività costruttiva sul
fondo.
Titolo concessorio - Permesso di costruire
trasferito "insieme all'immobile" - Rapporto
tra area disponibile e indice di
fabbricabilità fondiario - Art. 4 L. n.
10/1977 oggi art. 11 D.P.R. n. 380/2001.
Il titolo concessorio può essere trasferito
"insieme all'immobile" e dunque soltanto a
quei soggetti che avrebbero titolo anche a
richiederlo autonomamente, versando, nei
confronti dell'immobile o del suo
proprietario, in una delle condizioni già
previste dall'art. 4 della legge n. 10/1977
ed oggi dall'art. 11 del D.P.R. n. 380/2001.
Parametro cardine di riferimento per la
richiesta del permesso di costruire (già
concessione edilizia) è il rapporto tra area
disponibile e volume sulla stessa
edificabile e si correla all'indice di
fabbricabilità fondiario, che definisce il
rapporto massimo consentito tra metri cubi
edificabili e metri quadrati dell'area o
lotto su cui va ad insistere la costruzione (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.10.2009 n. 39078 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ambiente in genere. V.i.a. e
termini di durata della procedura.
I termini
di durata della procedura di Via non possono
essere considerati perentori: essi infatti
non sono assistiti da alcuna espressa
decadenza, né sono previste conseguenze
giuridicamente significative o sanzioni per
la loro decorrenza.
Essi, invece, hanno carattere sollecitatorio
rispetto alla definizione dell’iter
procedimentale, rispondono all’interesse
primario di contenere in tempi ragionevoli e
giustificati le varie fasi delle procedure
autorizzative e, perciò, non possono che
essere stabiliti a favore del solo
proponente (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez.
I,
sentenza 06.10.2009 n. 1755 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Natura dell'ordinanza di
rimozione.
Il potere
di ordinanza previsto dall'art. 192 del
D.Lgs. n. 152/2006 (ed in precedenza
dall'art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997) ha un
diverso fondamento rispetto alle ordinanze
disciplinate dall'art. 54 del T.U.E.L..
Il citato art. 192 prefigura un'ordinanza di
sgombero a carattere sanzionatorio, di cui è
riprova il fatto che per la sua applicazione
a carico dei soggetti obbligati in solido, è
necessaria l'imputazione agli stessi a
titolo di dolo o colpa del comportamento
tenuto in violazione dei divieti di legge.
Tale interpretazione acquista ulteriore
rilievo se si considera che sia il D.P.R. n.
915/1982 sia il D.Lgs. n. 22/1997, sia,
infine, il D.Lgs. n. 152/2006, hanno
espressamente attribuito al Sindaco la
titolarità del potere di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti in materia di
rifiuti, rispettivamente agli art. 12, 13 e
191 (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 29.09.2009 n. 2454 -
link a www.lexambiente.it). |
AGGIORNAMENTO AL 02.11.2009 |
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GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
D.Lgs. 09.04.2008, n.
81: testo coordinato con il D.Lgs.
03.08.2009 n. 106. |
PUBBLICO IMPIEGO:
G.U. 31.10.2009 n. 254, suppl. ord. n.
197/L, "Attuazione della legge
04.03.2009, n. 15, in materia di
ottimizzazione della produttività del lavoro
pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni" (D.Lgs.
27.10.2009 n. 150). |
ENTI LOCALI:
G.U. 03.10.2009 n. 230 "Testo del
decreto-legge
03.08.2009, n. 103 coordinato con la legge
di conversione 03.10.2009, n. 141
recante «Disposizioni correttive del
decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009»". |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 6° suppl. straord. al n.
43 del 30.10.2009, "Nuovi canoni
regionali di polizia idraulica in
applicazione dell'art. 6, comma 5, della
l.r. 10/2009" (deliberazione
G.R. 28.10.2009 n. 10402 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 43 del
30.10.2009, "Testo coordinato della l.r.
28.02.2005, n. 9 «Nuova disciplina del
servizio volontario di vigilanza ecologica»
modificata e integrata dalla l.r.
06.05.2008, n. 14"
(testo
coordinato della L.R. 28.02.2005 n. 9
- link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI: B.U.R.
Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 43 del
26.10.2009, "Disciplina del
consiglio delle autonomie locali della
Lombardia, ai sensi dell'art. 54 dello
Statuto d'autonomia"
(L.R.
23.10.2009 n. 22
- link a www.infopoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
La Legge
Regionale lombarda n. 13/2009 per il
rilancio dell’edilizia (prima parte)
(AL n. 10/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Brignoli e V. Gaglio,
Normative sui parchi
tematici (AL n. 10/2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
G. Dall’O’ e F. Arecco,
Le Linee Guida nazionali per la
certificazione energetica degli edifici
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
A. Pierobon,
FRAMMENTAZIONE GESTIONALE, ISTITUZIONE DEGLI
A.T.O., NUOVE COMPETENZE, AFFIDAMENTO DI
SERVIZI E L’IN HOUSE IN UNA RECENTE
DELIBERAZIONE DELL’AUTORITA’ PER LA
VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI,
SERVIZI E FORNITURE (link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Frattini,
ILLECITI EDILIZI ED AMBIENTALI
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Marini,
INSICUREZZA URBANA E DISTURBO ALLA QUIETE
DERIVANTE DA ESERCIZI PUBBLICI: RIMEDI
AMMINISTRATIVI E ASPETTI OPERATIVI DI
CONTRASTO (link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
C. Angelillis,
Condoni e lottizzazioni abusive
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Alborino,
La disciplina dei veicoli abbandonati e dei
veicoli fuori uso (link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
R. Amoroso,
Opposizione a sanzioni amministrative
(link a www.diritto.it). |
ENTI LOCALI - VARI:
E. Rovere,
MULTE e RICORSI NEL CODICE STRADALE
(link a www.diritto.it) |
NEWS |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Protocollo senza segreti. Le
istanze devono essere precise per non
intralciare l'attività degli uffici. I
consiglieri comunali hanno diritto
d'accesso.
Può un consigliere
comunale visionare il protocollo del comune?
In proposito occorre evidenziare che la
giurisprudenza amministrativa si è ormai
consolidata nel senso dell'accessibilità dei
consiglieri comunali a tutti i documenti
amministrativi, in virtù del munus
agli stessi affidato.
E' stato, infatti, più volte affermato che «il
diritto di accesso del consigliere comunale
non riguarda soltanto le competenze
amministrative dell'organo collegiale ma,
essendo riferito all'espletamento del
mandato, riguarda l'esercizio del munus di
cui egli è investito in tutte le sue
potenziali implicazioni al fine di una
compiuta valutazione della correttezza e
dell'efficacia dell'operato
dell'amministrazione comunale».
Il consiglio di stato nella sentenza n.
4471/2005 utilizza l'espressione «diritto
soggettivo pubblico funzionalizzato» per
individuare la situazione giuridica
riconosciuta ai consiglieri comunali, vale a
dire un diritto che «implica l'esercizio
di facoltà finalizzate al pieno e effettivo
svolgimento delle funzioni assegnate
direttamente al Consiglio comunale».
Pertanto «ogni limitazione all'esercizio
del diritto sancito dall'art. 43 del dlgs
18.08.2000, n. 267 interferisce
inevitabilmente con la potestà istituzionale
del consiglio comunale di sindacare la
gestione dell'ente, onde assicurarne, in uno
con la trasparenza e la piena democraticità,
anche il buon andamento».
È importante, altresì, sottolineare come la
medesima giurisprudenza amministrativa
(Cons. stato, sent. n. 4855/2006) ha
rilevato la profonda differenza tra
l'accesso dei soggetti interessati di cui
alla legge n. 241/1990 e l'accesso di cui
all'articolo 43 citato: il primo è un
istituto che consente ai singoli soggetti di
conoscere atti e documenti, al fine di poter
predisporre la tutela delle proprie
posizioni soggettive eventualmente lese,
mentre il secondo è un istituto giuridico
finalizzato a consentire al consigliere
comunale di esercitare il proprio mandato,
verificando e controllando il comportamento
degli organi istituzionali decisionali del
comune.
«Da ciò la conseguenza, che è una
conseguenza necessitata, che al consigliere
comunale non può essere opposto alcun
diniego, determinandosi altrimenti un
illegittimo ostacolo al concreto esercizio
della sua funzione, che è quella di
verificare che il sindaco e la giunta
municipale esercitino correttamente la loro
funzione». Pertanto, alla luce sia di
quanto previsto dall'art. 43 del menzionato
dlgs 267/2000 sia della citata e consolidata
giurisprudenza devono ritenersi fondate le
richieste, come quella in esame, prodotte
dal consigliere comunale.
Per quanto concerne, in particolare, quella
di prendere visione del protocollo generale
e di quello riservato del sindaco, si
segnalano le pronunce giurisprudenziali le
quali, con orientamento conforme, hanno
accolto i relativi ricorsi avverso il
diniego opposto dall'amministrazione.
I giudici del Tar Sardegna, con sentenza n.
29/2007, hanno affermato che è consentito
prendere visione del protocollo generale
senza alcuna esclusione «di oggetti e
notizie riservate e di materie coperte da
segreto», posto che i consiglieri
comunali sono comunque tenuti al segreto ai
sensi del più volte citato articolo 43.
In ordine alle modalità di esercizio del
diritto in esame, lo stesso Consiglio di
stato, tuttavia, ha riconosciuto la
necessità di contemperare l'esigenza dei
consiglieri ad espletare il proprio mandato
con quella dell'amministrazione al regolare
svolgimento della propria attività, dettando
precise indicazioni in merito all'esercizio
del diritto.
In particolare, è stata segnalata la
necessità che la formulazione di richieste
da parte dei consiglieri sia il più
possibile precisa, riportando l'indicazione
degli oggetti di interesse ed evitando
adempimenti gravosi o intralci all'attività
ed al regolare funzionamento degli uffici.
Il Supremo consesso ha, infatti,
costantemente richiamato l'attenzione sulla
necessità che le istanze di accesso agli
atti non siano «generiche ed
indeterminate ma tali da consentire una sia
pur minima identificazione dei supporti
documentali che si intende consultare»
non essendo configurabile il diritto di
accesso del consigliere come generalizzato
ed indiscriminato ad ottenere qualsiasi tipo
di atto dall'ente.
La commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi, ha più volte precisato che,
per non impedire od ostacolare lo
svolgimento dell'azione amministrativa,
fermo restando che il diritto di accesso non
può essere garantito nell'immediatezza in
tutti i casi, o con mezzi estranei
all'organizzazione attuale dell'ente, "rientrerà
nelle facoltà del responsabile del
procedimento dilazionare opportunamente nel
tempo il rilascio delle copie richieste, al
fine di contemperare tale adempimento
straordinario con l'esigenza di assicurare
l'adempimento dell'attività ordinaria, il
consigliere avrà facoltà di prendere
visione, nel frattempo, di quanto richiesto
negli orari stabiliti presso gli uffici
comunali competenti".
Si auspica che l'ente adotti sollecitamente
norme regolamentari che tengano conto del
riferito orientamento giurisprudenziale
(articolo ItaliaOggi del 30.10.2009, pag.
39). |
VARI:
Efficienza energetica degli impianti di
riscaldamento: dal Ministero dello Sviluppo
Economico le istruzioni per il cittadino.
La scelta attenta degli impianti di
riscaldamento delle abitazioni, in
particolare della caldaia, e il loro
mantenimento in efficienza assicura, nel
corso degli anni, costi di gestione e
bollette energetiche più bassi, minori
consumi e inquinamento, regolarità di
funzionamento e maggiore sicurezza per le
nostre case.
La normativa in materia di efficienza
energetica degli edifici definisce un
sistema di regole finalizzate ad assicurare
le migliori prestazioni energetiche degli
impianti termici e richiama i principali
riferimenti per garantirne la sicurezza e la
funzionalità nel tempo.
Per supportare i semplici cittadini nel
mantenere l'efficienza della caldaia, il
Ministero dello Sviluppo Economico ha
realizzato un breve vademecum dal titolo: "EFFICIENZA
ENERGETICA DEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO:
ISTRUZIONI PER IL CITTADINO".
Nel documento il ministero afferma che, per
assicurare il miglior esercizio, i cittadini
devono provvedere a far eseguire i controlli
per l'efficienza energetica sui loro
impianti di riscaldamento secondo le
scadenze temporali riportate in un'apposita
tabella.
Le tempistiche indicate sono quelle minime
obbligatorie; le Amministrazioni regionali,
infatti, in relazione a loro valutazioni e
specificità territoriali, possono renderle
più stringenti (link a www.acca.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU'
VANTAGGIOSA: CRITERI PER L'AGGIUDICAZIONE
DELLA GARA PUBBLICA.
1.- Aggiudicazione -
Offerta economicamente più vantaggiosa -
Rispetto dei criteri fissati dal bando -
Assenza - Soluzioni alternative.
2.- Aggiudicazione - Offerta economicamente
più vantaggiosa - Motivazione - Valutazione
numerica - Inammissibilità.
3.- Impugnativa della procedura per
l'aggiudicazione - Impresa facente parte del
raggruppamento - Legittimazione ad agire -
Sussiste.
1.-
In sede di attribuzione dei punteggi in una
gara da aggiudicare con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
caratterizzata da ampia discrezionalità
tecnica, la commissione di gara è tenuta al
rispetto dei criteri fissati dal bando di
gara, ma ove questo non disciplini, in modo
puntuale, l'attribuzione dei punteggi ai
concorrenti, in base al principio di
trasparenza al quale l'intera attività
amministrativa deve conformarsi, essa è
tenuta a prefissare oggettivi criteri di
massima, così autolimitando il proprio
potere di apprezzamento, oppure a chiarire
con idonea motivazione le ragioni
dell'attribuzione di ciascun punteggio entro
i limiti previsti; ciò, se non attraverso
diffuse esternazioni, quanto meno mediante
taluni elementi che concorrano ad integrare
e chiarire la valenza del punteggio in
relazione all'apprezzamento sinteticamente
espresso con l'indicazione numerica.
2.-
La mera valutazione numerica non può
rappresentare una motivazione sufficiente,
in quanto inidonea a consentire la
ricostruzione dell'iter logico-giuridico
mediante cui l'amministrazione si è
determinata ad adottare un atto, al fine di
controllare il corretto esercizio del
potere, onde poter far valere,
eventualmente, le proprie ragioni.
3.-
Nel caso di impugnativa di una procedura per
l'aggiudicazione di un appalto con la p.a.
sussiste la legittimazione attiva
dell'impresa singola facente parte di un
raggruppamento temporaneo di imprese sia che
quest'ultimo si sia già costituito al
momento della presentazione dell'offerta,
sia che debba costituirsi all'esito
dell'aggiudicazione, atteso che il
conferimento del mandato speciale
all'impresa capogruppo non preclude la
facoltà delle singole imprese di agire
singulatim, mancando un'espressa
previsione in tal senso nella normativa sia
comunitaria che nazionale (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 4878 -
link a
http://mondolegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO -
Disciplina degli scarichi - Principi
generali - Artt. 101 e 108 d.lgs. n.
152/2006 - Rispetto dei limiti tabellari -
Conseguimento - Divieto di diluizione.
Dalla lettura in combinato disposto
dell’art. 101 e dell’art. 108 del d.lgs. n.
152/2006, anche a seguito della modifica di
cui al d.lgs. n. 4/2008, si evince che la
disciplina in materia di tutela delle acque
dall’inquinamento annovera, tra i criteri
generali della disciplina degli scarichi, il
principio che prevede che il rispetto dei
limiti tabellari di scarico non deve essere
conseguito mediante la diluizione, sia che
essa avvenga con acque prelevate
esclusivamente per questo scopo, sia che
avvenga con acque di raffreddamento e di
lavaggio (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2624 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti.
Ordinanza di rimozione.
1.
L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006
è norma speciale sopravvenuta rispetto
all’art. 107, comma 5, del D.lgs. n.
267/2000 ed attribuisce espressamente al
Sindaco la competenza a disporre con
ordinanza le operazioni necessarie alla
rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti,
prevalendo per il criterio della specialità
e per quello cronologico sul disposto
dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n.
267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V,
25.08.2008, n. 4061).
2.
È legittima l’ordinanza di rimozione dei
rifiuti di cui all’art 192 del D.lgs. n.
152/2006, qualora il provvedimento riproduca
testualmente ampi stralci della relazione
tecnica pervenuta all’Amministrazione
comunale, da cui risulta un “forte,
concreto e immediato rischio di propagazione
degli inquinanti nell’ambiente circostante,
sia tramite perdite liquide che in forma
areale, con grave pericolo per la salute
pubblica e l’ambiente”, in ragione del
cattivo stato di conservazione dei
contenitori dei rifiuti con conseguente
rischio di sviluppo di reazioni chimiche tra
rifiuti differenti e di emissioni tossiche
in atmosfera.
Risultano, pertanto, senz’altro sussistenti
quelle situazioni di carattere eccezionale e
impreviste costituenti concreta minaccia per
la pubblica incolumità richieste dall’art.
54 del D.lgs. n. 267/2000 per l’esercizio
del potere di urgenza da parte del Sindaco,
e in tale contesto il carattere eccezionale
ed imprevedibile della minaccia non può
dirsi insussistente perché l’abbandono dei
rifiuti nel sito costituiva una situazione
temporalmente preesistente.
Inoltre, il ritardo ulteriore nell’agire da
parte del Sindaco, rispetto alle circostanze
emerse per la prima volta nella relazione
tecnica, avrebbe comportato un sicuro
aggravamento della situazione (TAR Veneto,
Sez. III,
sentenza 20.10.2009 n. 2623 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Ordinanza di rimozione
di rifiuti abbandonati.
1.
La conferenza dei servizi costituisce un
modulo organizzativo, volto all’acquisizione
dell’avviso di tutte le amministrazioni
preposte alla cura dei diversi interessi
rilevanti, finalizzato all’accelerazione dei
tempi procedurali, mediante un esame
contestuale di tutti gli interessi pubblici
coinvolti. Essa non si identifica con un
nuovo organo separato dai singoli
partecipanti, per cui l’avviso espresso in
conferenza dei servizi dai rappresentanti
delle varie amministrazioni partecipanti
rimane sempre imputabile alle stesse.
Ciò non implica, tuttavia, che gli atti
posti in essere in sede di conferenza e
quelli precedenti e, in particolare, quelli
con i quali sia espresso l’avviso delle
singole amministrazione, siano idonei a
ledere in modo diretto ed immediato la sfera
del cittadino inciso dal provvedimento
emanato a seguito della conferenza di
servizio. L’esito della conferenza dei
servizi costituisce, infatti, il necessario
atto di impulso di un’autonoma fase, volta
all’emanazione di un nuovo provvedimento
dell’amministrazione che ha indetto la
conferenza dei servizi (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 07.05.2004 n. 2874).
È solo quest’ultimo atto che è direttamente
ed immediatamente lesivo ed è contro di
esso, pertanto, che deve dirigersi
l’impugnazione, in quanto gli altri atti o
hanno carattere meramente endoprocedimentale
ovvero non risultano impugnabili, se non
unitamente al provvedimento conclusivo, in
quanto non immediatamente lesivi (ex
plurimis: Cons. Stato, Sez. VI,
17.05.2002, n. 2696).
2.
Il potere del Sindaco di adottare
provvedimenti contingibili e urgenti non può
mai trasmodare in una violazione del
principio di legalità e va ancorato ad una
serie di principi che devono guidarne
l’utilizzo, quali appunto la necessità e
l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la
motivazione, ovvero la insussistenza di
altri poteri per risolvere la questione: in
sostanza, esso presuppone un’oggettiva
situazione di effettivo e concreto pericolo
per l’incolumità pubblica, non
fronteggiabile con gli ordinari strumenti di
amministrazione attiva (ex plurimis:
Cons. St., Ad. Plen., 30.07.2007, n. 10;
Sez. V, 28.05.2007, n. 2109; Sez. II,
24.10.2007, n. 2210; che precisa, proprio
che tali provvedimenti sono consentiti anche
quando vi è una apposita disciplina che
regoli in via ordinaria determinate
situazioni, laddove la necessità di
provvedere con efficacia ed immediatezza
alla tutela del bene risulti tanto urgente
da non consentirne il tempestivo utilizzo).
3.
Il potere di ordinanza previsto dall’art. 14
del D.L.gvo 05.02.1997 n. 22 (ed in
precedenza dall’art. 9, D.P.R. n. 915 del
1982), oggi riprodotto dall’ art. 192 del
D.Lgvo. 03.04.2006 n.152, ha un diverso
fondamento rispetto alle ordinanze
disciplinate dall’art. 54 t.u. enti locali.
Ed invero, mentre, il potere di emanare
ordinanze contingibili ed urgenti deve
essere atipico e residuale e, cioè,
esercitabile, sussistendone i presupposti,
tutte le volte in cui non sia conferito
dalla legge il potere di emanare atti
tipici, in presenza di presupposti indicati
da specifiche normative di settore,
viceversa, l’art. 14, comma 3, del D.L.gvo
n. 22 del 1997 e poi l’art. 192 del D.L.gvo
n. 152 del 2006 configurano una specifica
normativa con la previsione d’un ordinario
potere d’intervento, attribuito all’autorità
amministrativa, a carattere sanzionatorio:
tanto è vero che, per la sua applicazione a
carico dei soggetti obbligati in solido,
prevede in capo agli stessi l’imputazione a
titolo di dolo o colpa del comportamento
tenuto in violazione dei divieti di legge.
4. Pur essendo l’ordinanza ex art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006 astrattamente
suscettibile di poter rientrare nella sfera
di competenza del responsabile dell’area
tecnica, ai sensi dell’art. 107, comma 5°,
del D.L.gvo 18.08.2000 n. 267 («l’adozione
di atti di gestione e di atti o
provvedimenti amministrativi, si intendono
nel senso che la relativa competenza spetta
ai dirigenti...»), essa viene attribuita
al Sindaco dall’insuperabile dato testuale
dell’art. 192, comma 3°, del D. Lgs. n. 152
del 2006, secondo periodo, il quale prevede
che <<Il Sindaco dispone con ordinanza le
operazioni a tal fine necessarie ed il
termine entro cui provvedere, decorso il
quale procede all’esecuzione in danno dei
soggetti obbligati ed al recupero delle
somme anticipate>>, in coerente
applicazione del canone ermeneutico “lex
posterior specialis derogat anteriori
generali” nonché ai sensi dello stesso
art. 107, comma 4°, del t.u. enti locali, il
quale consente che <<Le attribuzioni dei
dirigenti, in applicazione del principio di
cui all’art. 1, comma 4°, possono essere
derogate soltanto espressamente e ad opera
di specifiche disposizioni legislative>>.
5.
È illegittima l’ordinanza contingibile e
urgente con la quale il Sindaco ha ingiunto
all’Agenzia del Demanio di provvedere allo
smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica di
un sito inquinato ove il Corpo di polizia
provinciale aveva accertato la presenza di
rifiuti speciali e pericolosi abbandonati,
nel caso in cui non sia stata né accertata,
né tantomeno dimostrata dall’ente civico la
sussistenza dell’elemento psicologico (ossia
almeno la colpa), che avrebbe dovuto
sorreggere la condotta omissiva imputabile
all’Amministrazione del Demanio, quale
condizione necessaria per la legittimità del
provvedimento impugnato, essendosi
l’Amministrazione Comunale unicamente
limitata a rilevare l’appartenenza del bene
interessato alla Agenzia Demaniale e, per
ciò soltanto, ordinandole di bonificare il
fondo (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 20.10.2009 n. 1118
- link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
Illegittima la nomina del
difensore civico senza la previa valutazione
dei curricula dei candidati.
E' illegittima la delibera del consiglio
comunale che nomina il difensore civico, la
quale non sia stata preceduta dalla
valutazione dei curricula di ciascuno dei
candidati, così come previsto dalla
normativa di riferimento (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.10.2009 n. 6394 - link a
www.eius.it). |
APPALTI:
DURC: negli appalti pubblici ha
validità trimestrale.
Il TAR Puglia, Lecce, chiarisce che il DURC,
nelle procedure di gara per appalti
pubblici, ha validità trimestrale e può
essere presentato anche in forma di
autocertificazione ai fini della
partecipazione della gara essendo previsto,
in originale, per l’aggiudicazione.
A parere del Collegio, infatti, la clausola
del disciplinare che richiede, espressamente
e a pena di esclusione, ai fini della
partecipazione alla gara esclusivamente la
produzione dell’originale o copia conforme
del DURC, peraltro non antecedente al mese
dalla data della gara, è illegittima in
quanto:
- in modo ingiustificatamente restrittivo,
non prevede la possibilità di produrre il
DURC anche successivamente alla
presentazione della domanda, a fronte
dell’obbligo di presentare la certificazione
contributiva sancito dal legislatore solo a
carico dell’aggiudicatario;
- esclusivamente per la fruizione delle
agevolazioni normative e contributive il
DURC ha validità mensile e nel solo settore
degli appalti privati lo stesso ha una
validità trimestrale.
Nulla è detto con riferimento alla validità
generale nel settore degli appalti pubblici
per cui, nella lacuna, trova applicazione
l’art. 39-septies del decreto legge
30.12.2005, n. 273, convertito dalla legge
23.02.2006, n. 51 il quale dispone: "1.
Il documento unico di regolarità
contributiva di cui all' articolo 3, comma
8, del decreto legislativo 14.08.1996, n.
494 ha validità di tre mesi" (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 16.10.2009 n. 2304 -
link a www.gruppodelfino.it). |
APPALTI:
Sui soggetti tenuti a rendere la
dichiarazione di cui all'art. 38, c. 1,
lett. b), del D. L.vo n. 163/2006.
Un reato di lieve entità è oggettivamente
inidoneo ad incidere sul giudizio di
affidabilità morale e professionale del
concorrente.
- L'art. 38, c. 1, lett. b), del D. L.vo n.
163/2006, con riferimento alla società per
azioni, individua i soggetti tenuti a
rilasciare la prescritta dichiarazione negli
amministratori muniti di poteri di
rappresentanza o nel direttore tecnico.
Nonostante la specifica previsione
normativa, parte della giurisprudenza,
ispirata dalla ratio sottesa alla
norma "di verificare la affidabilità
complessivamente considerata dell'operatore
economico che andrà a stipulare il contratto
di appalto con la stazione appaltante"
individuando coloro che effettivamente "sono
in grado di manifestare all'esterno al
volontà dell'azienda", ha ampliato
l'ambito di applicazione della disposizione
includendo nel novero dei necessari
dichiaranti anche soggetti che, pur non
ricoprendo le specifiche cariche indicate,
siano, tuttavia, titolari di ampi poteri
decisionali tali da consentire di
determinare gli indirizzi di gestione
dell'impresa.
Secondo il richiamato orientamento
occorrerebbe "avere riguardo alle
funzioni sostanziali del soggetto, più che
alle qualifiche formali, altrimenti la ratio
legis potrebbe venire agevolmente elusa e
dunque vanificata".
L'elemento formale dell'investitura nella
carica sociale dovrebbe, quindi, essere
integrato da un'analisi nel concreto dei
poteri effettivamente conferiti al fine di
individuare, e sottoporre ai prescritti
oneri dichiarativi, anche i soggetti che,
indipendentemente dalla carica ricoperta,
risultino essere titolari di poteri
decisionali al pari di un amministratore o
di un direttore tecnico.
- Nel caso in cui il fatto reato in
relazione al quale è intervenuta una
condanna sia di lieve entità esso è
oggettivamente inidoneo ad incidere sul
giudizio di affidabilità morale e
professionale del concorrente (TAR
Lombardia, Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2009 n. 4802 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA:
REITERA DEI VINCOLI ESPROPRIATIVI
E AUMENTO DEGLI STANDARD URBANISTICI.
1.- Piani urbanistici -
Introduzione standard urbanistici -
Motivazione - Obbligo - Sussiste.
2.- Giudizio amministrativo - Risarcimento
danno - Annullamento dell'atto lesivo -
Interessi pretensivi - Nuova valutazione
della p.A. - Apprezzamento discrezionale.
3.- Espropriazione ed occupazione -
Realizzazione di opere pubbliche - Reitera
vincolo - Ammissibilità - Aumento degli
standards - Analisi sulla necessità dei
servizi - Obbligo - Sussiste - Fattispecie.
1.-
L'Amministrazione ben può introdurre un
maggior rapporto di standard, ma con
l'obbligo di una incisiva motivazione.
2.-
Il diritto al risarcimento del danno in
materia di interessi pretesivi non può
riconoscersi nell'ipotesi di attività
amministrativa rinnovatoria successiva al
Giudizio Amministrativo se residua un
margine di apprezzamento discrezionale in
capo all'Amministrazione sulla modalità con
cui ottemperare alla statuizione, tale da
configurare come mera evenienza l'emanazione
di un provvedimento ampliativo.
3.-
La prospettazione di future opere pubbliche
può costituire una giustificazione per
l'imposizione o la reiterazione di un
vincolo espropriativo, ma non ha alcuno
specifico rilievo rispetto alla scelta di
aumento degli standards, che invece
presupporrebbe un'analisi sulla necessità
dei servizi, rapportata alla situazione
demografica e socio economica della
popolazione, come richiesto dai criteri
regionali di cui all'art. 7, co. 3, L.R.
Lombardia n. 1/2001 (nel caso di specie, il
sovradimensionamento degli standards non
risulta motivato, né con riferimento alla
globalità del territorio comunale, né in
correlazione all'area di proprietà del
ricorrente) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.10.2009 n. 4787 -
link a
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APPALTI:
ATI - Art. 37 d.lgs. n. 163/2006 - Quota di
partecipazione -Definizione - Proposta
contrattuale - Momento genetico del
rapporto.
Dall’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006 (che,
quanto al settore lavori, è ricognitiva dei
principi già desumibili dall’art. 13 della
L. 109/1994 e dall’art. 19, commi 3 e 4,
della L. 55/1990) risulta chiaramente che
deve sussistere una perfetta simmetria tra
quota di lavori e quota di effettiva
partecipazione al raggruppamento e, ancor
prima, che la quota di partecipazione deve
essere stabilita e manifestata dai
componenti del raggruppamento in uno alla
partecipazione alla gara.
La definizione delle quote di partecipazione
ad un’ATI non riguarda infatti la fase
esecutiva del rapporto sebbene il suo
momento genetico; cosicché è nella proposta
contrattuale della parte che deve risultare
esplicitata l’identità del soggetto
contraente ossia, nel caso appunto di
partecipazione in associazione temporanea,
le quote attribuite a ciascun componente
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 08.10.2009 n. 5196 -
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URBANISTICA:
Cessata efficacia di un piano
attuativo non eseguito - Disciplina d’uso
del territorio applicabile - Equiparazione
alle “zone bianche” - Esclusione.
La cessata efficacia di un piano attuativo
non eseguito non rende l'area interessata
priva di disciplina urbanistica, alla
stregua delle c.d. «zone bianche», per le
quali risultano dettate le rigide
prescrizioni di cui all'art. 4, comma ult.,
della legge 28.01.1977 n. 10 - poi,
confluito nell'art. 9 del d.P.R. n. 380 del
2001.
Dette prescrizioni, infatti, appaiono
giustificate per le zone nelle quali si
riscontri la mancanza di qualsiasi
programmazione d'uso del territorio. Quando,
invece, sia venuta meno soltanto la
pianificazione attuativa, deve in primo
luogo farsi riferimento al p.r.g. per
individuare i limiti della sempre vigente
disciplina di uso del territorio.
Pertanto, soltanto un piano regolatore
generale privo dei contenuti essenziali di
cui all'art. 7 della legge n. 1150 del 1942,
nel testo sostituito dall'art. 1 della legge
n. 1187 del 1968, potrebbe rendere l'area
-nell'ipotesi di sopravvenuta inefficacia
delle norme del piano attuativo-
assimilabile ad una c.d. zona bianca,
disciplinata alla stregua delle aree prive
di regolamentazione urbanistica.
Nella normalità dei casi, una volta scadute
le norme attuative, permane invece la
disciplina d'uso del territorio disposta a
livello di p.r.g., con sopravvenienza o meno
della sola necessità di ulteriore
pianificazione attuativa (TAR Campania
Napoli, sez. II, 06.10.2006 , n. 8498;
Consiglio di Stato, sez. IV, 14.10.2005 , n.
5801) (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 06.10.2009 n. 580 - link
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Trasporto e formulario
di accompagnamento.
La Cassazione ha stabilito che il d.m.
01.04.1998 n. 145 ha legittimamene integrato
l’elenco dei dati che devono risultare dal
formulario di identificazione dei rifiuti
durante il trasporto e di cui all’art. 15
del d.lgs. 05.02.1997 n. 22, prescrivendo,
tra l’altro, anche l'indicazione degli orari
del trasporto, utile ai fini di una completa
"tracciabilità" del trasporto dei
rifiuti (Corte di Cassazione, Civ. Sez.
civile,
sentenza 05.10.2009 n. 21260 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Piano di
classificazione acustica - Adozione -
Destinazione di zona - Singoli insediamenti
produttivi - Irrilevanza.
In sede di adozione del Piano di
classificazione acustica non si deve tenere
conto del singolo insediamento produttivo,
ma della destinazione della zona, altrimenti
si rischia di confondere due ambiti distinti
(che pure debbono in qualche modo trovare un
punto di contatto), ossia quello
urbanistico-edilizio e quello inerente la
classificazione acustica.
Si vuol dire cioè che se ad una certa
porzione del territorio è stata
legittimamente impressa la destinazione
urbanistica di zona “D”, in quella zona sono
allocabili insediamenti produttivi e la
stessa deve essere, ai fini acustici,
classificata in classe V o VI a seconda dei
casi. A questo proposito non rileva lo
specifico impianto produttivo che deve
essere allocato, la cui compatibilità con il
sito prescelto è oggetto di altri specifici
procedimenti, unificati nello Sportello
Unico di cui al DPR n. 447/1998 (valutazione
di impatto ambientale, compatibilità
paesaggistica, compatibilità ai sensi
dell’art. 216 del T.U. n. 1265/1934,
compatibilità con il Piano di assetto
idrogeologico, e così via).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Piano di classificazione acustica -
Predisposizione - Adempimenti preventivi -
Misurazione sul campo - Necessità -
Esclusione - Metodo “qualitativo”.
La predisposizione del Piano di
classificazione acustica non deve essere
preceduta da misurazioni effettuate sul
campo (le quali, invece, sono indispensabili
per verificare, in qualsiasi momento, se
sono superati i limiti previsti per ciascuna
zona). Inoltre, per i Comuni di più ridotte
dimensioni è del tutto legittimo l’utilizzo
del metodo c.d. qualitativo, il quale
presuppone un esame delle destinazioni d’uso
del territorio previste dal P.R.G., della
situazione topografica e un’analisi dell’uso
del territorio non basata direttamente su
dati quantitativi.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Classificazione acustica - Zone che
differiscono per più di 5dBa - Divieto di
accostamento - Fasce di transizione -
Discontinuità.
Il divieto di accostamento di zone che
differiscano fra loro per più di 5 dBa non
opera quando, in presenza di destinazioni
urbanistiche consolidate, sia possibile
prevedere fasce di transizione (c.d. zone
cuscinetto) oppure quando esistano ostacoli
naturali (definite più propriamente “discontinuità”)
che attenuino il livello di immissioni (TAR
Marche, Sez. I,
sentenza 29.09.2009 n. 930 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
AREE PROTETTE - SIC e ZPS -
Valutazione di incidenza - Direttiva
92/43/CEE - Guida interpretativa - Piani
settoriali soggetti a valutazione di
incidenza - Piano di classificazione
acustica - Esclusione - Ragioni.
La Commissione CE ha diramato la Guida
interpretativa dell’art. 6 della direttiva
92/43/CEE, in cui sono definiti i criteri in
base ai quali si può ritenere che un piano o
un progetto siano tali da avere incidenza
sui valori tutelati dalla citata direttiva.
Alle pagine 30 e seguenti del documento (in
particolare al punto 4.3.2.) la Commissione
afferma che anche i Piani settoriali sono
soggetti alla valutazione di incidenza, ma,
nel richiamare alcune tipologie di piani
settoriali, menziona quelli relativi alle
reti dei trasporti, quelli inerenti la
gestione dei rifiuti o quelli relativi alla
gestione dell’acqua, ossia tutti piani che,
pur non essendo direttamente connessi e
necessari alla gestione dei siti di
importanza comunitaria, hanno comunque
un’incidenza significativa sugli habitat
ricompresi nell’ambito di applicazione dei
piani stessi.
A parte la valenza non precettiva del citato
documento, ciò che rileva è il fatto che non
ogni piano o progetto teoricamente
interferente con il bene ambiente è soggetto
a valutazione di incidenza, altrimenti non
ci sarebbe stato alcun bisogno di
un’interpretazione autentica da parte delle
Istituzioni comunitarie, dovendo essere
sottoposto a valutazione di incidenza
qualsiasi piano. Ne consegue che può
ritenersi escluso falla valutazione di
incidenza il piano di classificazione
acustica, il quale non ha natura urbanistica
e non implica di per sé conseguenze
sull’ambiente, attesa la funzione che ad
esso riconnette la legge istitutiva.
Tale funzione è più che altro quella di
“fotografare” il territorio comunale dal
punto di vista acustico, nel mentre gli atti
di pianificazione (generale o esecutiva)
capaci di incidere direttamente sull’habitat
sono quelli urbanistici e quelli relativi
alla realizzazione di opere pubbliche o
private che presentano un certo impatto
ambientale.
AREE PROTETTE - ZPS -
Attività umane teoricamente incompatibili
con le esigenze di tutela ambientale -
Normativa comunitaria - Valutazione di
incidenza.
La delimitazione delle Z.P.S. non sempre è
tale da consentire di poter scindere in
maniera netta le zone ancora “incontaminate”
e quelle già antropizzate, per cui è del
tutto possibile che una Z.P.S. inglobi al
suo interno aree che, in base ai vigenti
strumenti urbanistici, ospitano attività
umane teoricamente incompatibili con le
esigenze di tutela ambientale.
Peraltro, la normativa comunitaria non vieta
le attività umane all’interno dei siti
compresi nella rete Natura 2000, ma le
condiziona alla positiva valutazione di
incidenza, la quale, a sua volta, è
subordinata alla verifica della non
compromissione di habitat naturali (TAR
Marche, Sez. I,
sentenza 29.09.2009 n. 930 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
CONTRATTI - LAVORI DI SOMMA URGENZA.
La norma –applicabile “ratione temporis”
al caso esaminato- dell'art. 23, comma 3,
del decreto-legge 02.03.1989, n. 66,
convertito, con modificazioni, nella legge
n. 144 del 1989, secondo cui per i lavori di
somma urgenza stabiliti dalle
amministrazioni comunali e provinciali
l'ordinazione fatta a terzi deve essere
regolarizzata improrogabilmente entro trenta
giorni e comunque entro la fine
dell’esercizio, a pena di decadenza, è
applicabile non solo ai contratti di
fornitura ma anche ai contratti di appalto
di lavori pubblici.
La regolarizzazione, che corrisponde ad un
preciso obbligo della P.A., la cui
violazione può essere fatta valere non solo
dal terzo contraente, ma anche dalla stessa
Amministrazione e, se del caso,
dall’amministratore o dal funzionario che vi
abbia interesse, e che è finalizzata ad
evitare l'accumularsi di debiti fuori
bilancio, deve intervenire necessariamente
nel termine sopra indicato; in mancanza, non
può ritenersi sussistente un valido rapporto
obbligatorio tra l'Amministrazione ed il
terzo (Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 28.09.2009 n. 20763 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Discariche e impianti
di trattamento - Atti di localizzazione -
Impugnazione - Persona fisica -
Legittimazione - Mera vicinitas -
Insufficienza - Prova del danno.
La legittimazione di una persona fisica ad
impugnare atti di localizzazione di
discariche e di impianti di trattamento e
smaltimento di rifiuti solidi urbani non
discende dalla mera vicinanza
dell'abitazione ad una discarica, ma è
subordinata alla prova del danno che il
ricorrente riceve nella sua sfera giuridica
o per il fatto che la localizzazione
dell'impianto riduce il valore economico del
fondo situato nelle sue vicinanze, o perché
le prescrizioni dettate dall'autorità
competente in ordine alle modalità di
gestione dell'impianto sono inidonee a
salvaguardare la salute di chi vive nelle
sue vicinanze (Consiglio di Stato, Sez. VI,
18.07.1995, n. 754; Consiglio di Stato, Sez.
V, 13.07.1998, n. 1088; Consiglio di Stato,
Sez. V, 31.01.2001, n. 358; Consiglio di
Stato, Sez. V, 16.04.2003, n. 1948 e più
recentemente TAR Emilia Romagna - Bologna,
Sez. I, 11.12.2006, n. 3216; TAR Emilia
Romagna - Bologna, Sez. I, 26.11.2007, n.
3365; Consiglio di Stato, Sez. VI,
13.09.2007, n. 5453).
RIFIUTI - Art. 183 c. 1,
lett. p), d.lgs. n. 152/2006 - Sottoprodotto
- Impiego - Processo di produzione.
In forza dell’art. 183, co. 1, lett. p), del
d.lgs. n. 152/2006, l’impiego del
sottoprodotto deve avvenire direttamente nel
corso del processo di produzione o di
utilizzazione individuato e definito.
RIFIUTI - Scarti legnosi
dell’agricoltura - Residuati della
lavorazione meccanica del legno - Natura di
rifiuto - Esclusione - Utilizzo
nell’alimentazione di un impianto di
produzione di energia da biomasse.
Non costituiscono rifiuto e possono quindi
essere tipicamente e propriamente utilizzati
nell’alimentazione di un impianto di
produzione di energia da biomasse vegetali,
gli scarti legnosi dell’agricoltura e i
residuati della lavorazione esclusivamente
meccanica del legno, quali segature,
tondelli, cortecce e cippato legnoso, anche
ove quest’ultimo sia trattato con impiego di
acqua per estrarne il tannino, poiché
l‘acqua naturale non è un solvente e non può
essere assimilata ad una sostanza chimica
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 25.09.2009 n. 2292 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Provvedimento - Contenuto
determinativo - Parte dispositiva e parte
prescrittiva - Beneficiario del
provvedimento ampliativo - Mancata
ottemperanza alla prescrizioni - Effetti sul
provvedimento - Fattispecie.
Il contenuto determinativo di un
provvedimento è costituito non solo dalla
parte dispositiva ma anche dalla parte
prescrittiva, rappresentata dall’insieme
delle prescrizioni che circondano il
rilascio di un titolo autorizzatorio ed
entrano a far parte del dispositivo
dell’atto, il quale va giudicato, in
rapporto al parametro normativo di
riferimento, nella sua integralità
determinativa, costituita anche dalle
prescrizioni imposte al soggetto
beneficiario del provvedimento ampliativo,
conseguendone la legittimità di
un’autorizzazione alla realizzazione di un
impianto alimentato da FER qualora la stessa
rechi la tassativa e vincolante prescrizione
che per l’alimentazione e il funzionamento
della centrale debbano essere impiegate solo
biomasse vegetali trattate meccanicamente,
con esclusione di prodotti qualificabili
come rifiuto. Poco importa poi se in fase di
attuazione del provvedimento autorizzatorio
il beneficiario non ottemperi alla riferita
prescrizione: il comportamento divergente ed
inadempiente del destinatario non si
riverbera ex post sulla legittimità del
provvedimento amministrativo autorizzatorio,
che riamane invulnerata, potendo e dovendo
l’inottemperanza de qua rilevare in
occasione e sede di controlli che
l’Amministrazione potrà effettuare, il cui
negativo esito potrà condurre anche alla
revoca sanzionatoria dell’autorizzazione.
Procedimento
amministrativo - Art. 14-ter, c. 8, L. n.
241/1990 - Richiesta di integrazioni e
chiarimenti - Finalità della norma - Rapida
conclusione del procedimento -
Legittimazione ad agire contro la violazione
della norma - Soggetto richiedente l’atto
ampliativo.
La prescrizione di cui all’art. 14-ter, c.
8, della L. n. 241/90, ai sensi del quale le
integrazioni e i chiarimenti possono essere
domandati dall’Amministrazione una sola
volta, come pure quella che fissa a trenta
giorni il termine entro il quale le stesse
debbono essere prodotte è finalizzata a
consentire la rapida conclusione del
procedimento e la più celere evasione
del’istanza presentata dal privato e
sottoposta al contestuale esame tipico
tratto del conferenza di servizi. Celerità e
snellezza che intuitivamente avvantaggiano
solo il soggetto richiedente l’atto
ampliativo.
Ne consegue che legittimato a dolersi della
sua violazione è dunque unicamente il
soggetto privato che abbia presentato
un’istanza soggetta alla fase di valutazione
contestuale tipica della conferenza di
sevizi (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 25.09.2009 n. 2292 -
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APPALTI:
Offerta economicamente più
vantaggiosa - Rilevanza del profilo
tecnico-qualitativo rispetto a quello
economico - Determinazione - Discrezionalità
amministrativa - Attribuzione del punteggio
numerico - Sufficienza - Sindacato del
giudice - Limiti.
Quando il criterio di aggiudicazione di un
appalto sia quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, rientra
nella discrezionalità della stazione
appaltante determinare la rilevanza del
profilo tecnico-qualitativo rispetto a
quello economico; in tali casi la
valutazione tecnica espressa dalla
Commissione di gara che consiste
nell’attribuzione di un semplice punteggio
numerico nell’ambito della forcella
prestabilita è idonea ad assolvere all’onere
di motivazione e non è sindacabile da parte
del giudice amministrativo, tramite
consulenza tecnica, salvo il caso in cui
presenti profili di illogicità,
irragionevolezza o travisamento (Cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 22.11.2006, n. 6835 e
18.12.2006, n. 7578; Sez. V, 28.12.2006, n.
8076 e 25.07.2006, n. 4657) (TAR Friuli
Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 24.09.2009 n. 683 - link
a www.ambientediritto.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Atti amministrativi - Adozione -
Conflitto di interessi - Obbligo di
astensione ex art. 78 d.lgs. n. 267/2000 -
Piccoli comuni - Deroga - Inconfigurabilità
- Votazioni frazionate.
L’obbligo di astensione del titolare di un
pubblico ufficio dal procedimento di
adozione di atti nei quali sia interessato
egli stesso o un suo prossimo congiunto,
sancito d all’art. 78 del d.lgs. n.
267/2000, non ammette deroghe neppure con
riferimento alla realtà dei piccoli comuni,
nei quali, può, al più, ammettersi la
possibilità di dare luogo a votazioni
frazionate su singole componenti di un
progetto, che possano evitare il ricorso
costante al commissario ad acta - (TAR
Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 22.09.2009 n. 675 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Localizzazione ed insediamento
degli impianti di telefonia mobile - Piano
comunale - Uso del territorio - Standard
urbanistici - Competenza - Regioni ed enti
locali - Installazioni degli impianti su
proposte dei gestori - Cd. «soglie di
esposizione» - Competenza - Stato - L. n.
36/2001.
L’approvazione di un piano con cui il
Comune, sulla base delle proposte dei
gestori, definisce complessivamente le
installazioni degli impianti di telefonia
mobile ammesse sul territorio comunale e a
queste previsioni subordina il rilascio
delle autorizzazioni, legittimamente
contempera l’esigenza di copertura del
servizio sul territorio con quella
pianificatoria di un corretto insediamento
degli impianti, oltre che con l’esigenza di
minimizzare l’esposizione ai campi
elettromagnetici, assicurando al contempo ai
gestori uniformità di trattamento in sede di
vaglio congiunto delle relative richieste: a
tale conclusione induce il riparto di
competenze desumibile dalla legge n. 36 del
2001, nel senso che allo Stato è affidata la
fissazione delle c.d. «soglie di
esposizione», mentre alle Regioni e agli
enti locali spetta la disciplina dell’uso
del territorio in funzione della
localizzazione degli impianti, cioè le
ulteriori misure e prescrizioni dirette a
ridurne il più possibile l’incidenza
negativa sul territorio, sempreché
naturalmente i criteri localizzativi e gli
standard urbanistici non siano tali da
impedire o ostacolare ingiustificatamente
l’insediamento degli impianti medesimi (v.
Corte cost. sentenza 07.10.2003 n. 307).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Installazioni degli
impianti di telefonia mobile - Strumenti
programmatori comunali - Termini perentori
per la redazione del piano - Legittimità.
Gli strumenti programmatori con i quali il
comune definisce le installazioni degli
impianti di telefonia mobile e ad essi
subordina il rilascio delle autorizzazioni,
per assolvere la funzione di introduzione di
criteri minimi di conoscenza preventiva e di
pianificazione dell’installazione degli
impianti, soddisfano la fondamentale
esigenza di razionalità dell’azione
amministrativa, onde non sono in sé
illegittimi, a meno che in concreto non ne
derivi una dilatazione dei tempi per il
rilascio delle prescritte autorizzazioni -
incompatibile con la necessità di una
disciplina uniforme sul piano nazionale alla
stregua delle superiori norme statali.
Tale situazione di contrasto non sussiste,
tuttavia, quando la disciplina locale
prevede, in coerenza con l’assetto normativo
della materia, termini perentori per la
redazione del piano (v. Cons. Stato, Sez. VI,
21.06.2006 n. 3734; e, da ultimo, TAR
Campania, Napoli, Sez. VII, 21.03.2008 n.
1480) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 22.09.2009 n. 673 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Bando di gara - Previsioni
equivoche - Principio della massima
partecipazione.
In caso di previsione equivoca del bando di
gara o di difforme interpretazione non è
possibile procedere alla esclusione della
ditta che sarebbe incorsa in errore,
dovendosi invece favorire la massima
partecipazione alla gara intendendosi in tal
modo raggiunto l'obiettivo dell'interesse
pubblico che è volto a confrontarsi con la
platea quanto più vasta possibile di
soggetti economicamente idonei a rendere il
servizio richiesto.
Somministrazione di
lavoro - D.Lgs. n. 276/2003 - Lavoratore
somministrato - Procedura selettiva per
appalti pubblici - Computo entro la
consistenza organizzativa dell’imprenditore
- Fondamento.
Secondo il decreto legislativo n. 276 del
2003 la somministrazione di lavoro è posta
in essere attraverso la stipulazione di due
contratti, distinti ma collegati: il
contratto di somministrazione di lavoro
concluso tra il somministratore e
l’utilizzatore, il contratto di lavoro
concluso tra somministratore e lavoratore;
il contratto può essere sia a tempo
determinato che a tempo indeterminato.
Ora, è vero che il lavoratore in
somministrazione non è computato
nell'organico dell'utilizzatore ai fini
dell'applicazione di normativa di legge o di
contratto collettivo, fatta eccezione per
quelle relative alla materia dell'igiene e
della sicurezza sul lavoro; tuttavia il
lavoratore somministrato lavora per tutta la
durata del rapporto sotto le direttive e
nell'interesse dell'utilizzatore, ragion per
cui detti lavoratori ben potranno essere
computati ai fini della valutazione della
consistenza organizzativa dell'imprenditore
quale requisito di carattere tecnico
nell'ambito di una procedura selettiva per
appalti pubblici (cfr. circolare 22.02.2005
n. 7 del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali).
Verifica dell’anomalia
dell’offerta - Finalità.
La finalità della verifica dell'anomalia
dell'offerta è quella di evitare che offerte
troppo basse espongano l'amministrazione al
rischio di esecuzione della prestazione in
modo irregolare e qualitativamente inferiore
a quella richiesta e con modalità esecutive
in violazione di norme con la conseguenza di
far sorgere contestazioni e ricorsi.
L'amministrazione deve infatti aggiudicare
l'appalto a soggetti che abbiano presentato
offerte che, avuto riguardo alle
caratteristiche specifiche della prestazione
richiesta, risultino complessivamente
proporzionate sotto il profilo economico
all'insieme dei costi, rischi ed oneri che
l'esecuzione della prestazione comporta a
carico dell'appaltatore con l'aggiunta del
normale utile d'impresa affinché la stessa
possa rimanere sul mercato.
Occorre quindi contemperare l'interesse del
concorrente a conseguire l'aggiudicazione
formulando un'offerta competitiva con quello
della stazione appaltante ad aggiudicare al
minor costo senza rinunciare a standard
adeguati ed al rispetto dei tempi e dei
costi contrattuali.
Anomalia dell’offerta -
Elementi di possibile giustificazione -
Tipizzazione normativa - Esclusione.
La verifica di anomalia non ha per oggetto
la ricerca di specifiche e singole
inesattezze dell'offerta economica, mirando,
invece, ad accertare se l'offerta, nel suo
complesso, sia attendibile o inattendibile,
e dunque se dia o meno serio affidamento
circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Non esiste quindi una tipizzazione normativa
"chiusa" degli elementi di possibile
giustificazione, valendo semmai un limite
logico-sistematico desumibile dalla formula
dell'articolo 87 comma l, del D. Lgs.
163/2006.
Giudizio di anomalia
-Giudizio positivo - Giudizio negativo -
Motivazione - Differenza.
La motivazione del giudizio di anomalia dev'essere
rigorosa ed analitica soltanto nel caso di
giudizio negativo, mentre, nel caso di
giudizio positivo, ovvero di valutazione di
congruità dell'offerta anomala, non è
necessario che la relativa determinazione
sia fondata su un'articolata motivazione
ripetitiva delle medesime giustificazioni
ritenute accettabili o espressiva di
ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza
che il giudizio favorevole di non anomalia
dell'offerta non richiede puntualità di
argomentazioni, essendo sufficiente anche
una motivazione per relationem alle
stesse giustificazioni presentate dal
concorrente sottoposto al relativo obbligo.
Commissione giudicatrice
- Natura di collegio perfetto - Supplenza -
Finalità.
La commissione giudicatrice di una gara di
appalto costituisce un collegio perfetto che
deve operare con il plenum e non con la
semplice maggioranza dei suoi componenti. La
natura di collegio perfetto non è
contraddetta dalla nomina di supplenti, ma,
anzi, ne è confermata.
Lo scopo della supplenza, nel caso di
commissioni di gara , è proprio quello, da
un lato, di garantire che il collegio possa
operare con il plenum anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi e, dall'altro
lato, che la commissione svolga le sue
operazioni con continuità e tempestività,
senza che il suo agire sia impedito o
ritardato dall'impedimento di taluno dei
suoi componenti.
Infatti, il plenum dei componenti del
collegio perfetto va riferito alla
contestuale presenza del numero di
componenti previsto e non alla necessaria
identità fisica delle persone che lo
compongono. L’istituto della supplenza,
anche ove non previsto espressamente nel
bando, deve intendersi implicito nel sistema
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 18.09.2009 n. 2416 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Area contaminata -
Artt. 244, 253 e 250 del d.lgs. n. 152/2006
- Proprietario dell’area contaminata - Onere
di bonifica - Vincolo reale sul fondo e
privilegio speciale in favore
dell’amministrazione - Notifica dell’ordine
di bonifica al proprietario incolpevole.
Dal combinato disposto degli artt. 244, 253
e 250 del d.lgs. n. 152/2006, si ricava che
il proprietario dell’area contaminata, ove
non sia a sua volta responsabile
dell’inquinamento, non ha alcun obbligo di
provvedere direttamente alla verifica del
livello di contaminazione ed alla bonifica,
ma ha l’onere di farlo se intende evitare la
costituzione del vincolo reale sul fondo e
la nascita del privilegio speciale in favore
dell’amministrazione; ne discende che
l'ordine di eseguire quelle attività ben può
essere notificato anche al proprietario
incolpevole, ma al solo fine di metterlo in
condizione di assolvere a tale onere e
mantenere così l’area libera da vincoli
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 05.09.2005, n.
4525).
INQUINAMENTO - Sito
inquinato - Pendenza di sequestro
giudiziario - Effetti sull’ordine di
bonifica - Art. 247 d.lgs. n. 152/2006.
La pendenza del sequestro giudiziario di un
sito inquinato incide, sulla eseguibilità
dell’ordine di bonifica (e dell’eventuale
esecuzione in danno ad opera
dell’amministrazione), e non anche sulla sua
legittimità.
L’art. 247 del d.lgs. n. 152/2006 prevede
infatti espressamente che, laddove il sito
inquinato sia sottoposto a sequestro,
l'autorità giudiziaria che lo ha disposto
può comunque autorizzarvi l'accesso per
l'esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino ambientale
delle aree, anche al fine di impedire
l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed
il conseguente peggioramento della
situazione ambientale.
INQUINAMENTO - RIFIUTI -
Abbandono di rifiuti - Art. 14 d.lgs. n.
22/97 e art. 192 d.lgs. n. 152/2006 -
Proprietario dell’area - Imputabilità
dell’abbandono a titolo di dolo o colpa.
In tema di abbandono di rifiuti, la
giurisprudenza amministrativa, già con
riferimento alla misura prevista dall'art.
14 del D.Lgs. n. 22/1997, riteneva che il
proprietario dell'area fosse tenuto a
provvedere allo smaltimento, ma solo a
condizione che ne fosse dimostrata la
corresponsabilità almeno a titolo di colpa
con gli autori dell'illecito, ed aveva
conseguentemente escluso che la norma
configurasse un'ipotesi legale di
responsabilità oggettiva, affermando
l'illegittimità degli ordini di smaltimento
di rifiuti indiscriminatamente rivolti al
proprietario di un fondo in mancanza di
adeguata dimostrazione, da parte
dell'amministrazione procedente,
dell’imputabilità soggettiva della condotta,
sulla base di un'istruttoria completa e di
un'esauriente motivazione.
I medesimi principi si traggono oggi dalla
previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n.
152/2006, che non soltanto riproduce il
tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria
imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo
o colpa, ma integra il precedente precetto,
precisando che l'ordine di rimozione può
essere adottato esclusivamente “in base
agli accertamenti effettuati, in
contraddittorio con i soggetti interessati,
dai soggetti preposti al controllo”
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 25.08.2008, n.
4061) (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 1448 -
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PUBBLICO IMPIEGO:
Concorsi: se c'è una graduatoria
ancora valida, lo scorrimento è
obbligatorio.
E' illegittimo il provvedimento con cui
l'Amministrazione bandisce un nuovo
concorso, senza tener conto di una
precedente graduatoria (relativa ad omologa
selezione) ancora valida (TAR Lazio-Roma,
Sez. II,
sentenza 15.09.2009 n. 8743 -
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APPALTI:
Offerta economicamente più
vantaggiosa - Specificazione dei criteri di
valutazione - Discrezionalità
tecnico-amministrativa - Ponderazione
relativa attribuita a ciascun criterio -
Onere motivazionale - Art. 83 d.lgs. n.
163/2006.
In materia di specificazione dei criteri per
la valutazione delle offerte secondo il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa l’art. 83 del D.L.vo 12.04.2006
n. 163 riconosce all’Amministrazione che
indice la gara un’ampia discrezionalità
tecnico-amministrativa al fine di definire
nell’ambito della lex specialis gli
elementi di giudizio dell’offerta tecnica:
discrezionalità che non può essere oggetto
di sindacato giurisdizionale se non in
presenza di macroscopiche irrazionalità e
incongruenze (TAR Calabria, Catanzaro, Sez.
II, 29.10.2008 n. 1480).
Rimane comunque ferma la necessità che
l’Amministrazione aggiudicante predefinisca
il peso che ciascuno degli elementi di
valutazione da essa predeterminati assumerà
nel giudizio finale dell’offerta tecnica,
anche non necessariamente abbinandovi un
punteggio determinato in modo assoluto, ma
quantomeno individuando la rispettiva
incidenza che il singolo parametro avrà
rispetto agli altri e nel giudizio
complessivo: a tale obbligo corrisponde un
onere sul piano della motivazione del
giudizio della commissione di gara,
occorrendo che la stazione appaltante
chiarisca la composizione analitica della
sua valutazione per ciascuna voce, indicando
quale sia il peso specifico che il singolo
elemento ha avuto nella valutazione
dell'offerta relativa a quella voce (così
Cons. Stato, Sez. V, 27.12.2007 n. 6683).
L’art. 83, comma 2, del D.L.vo 163 del 2006
rende invero obbligatoria l’indicazione, da
parte della lex specialis di gara,
dei criteri di valutazione, precisando “la
ponderazione relativa attribuita a ciascuno
di essi, anche mediante una soglia espressa
con un valore numerico determinato in cui lo
scarto tra il punteggio della soglia e
quello massimo relativo all’elemento cui si
riferisce la soglia deve essere appropriato”
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 15.09.2009 n. 2404 -
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URBANISTICA:
Reati
urbanistici - Lottizzazione edilizia
approvata e lottizzazione abusiva - Criterio
distintivo tra il semplice abuso edilizio e
la lottizzazione abusiva - Art.30 c. 1, DPR
380/2001, T.U.E..
In tema di reati urbanistici, anche una
lottizzazione approvata può, attraverso
modifiche non previste, alterare e
modificare le previsioni urbanistiche.
Pertanto, a prescindere dall’esistenza o
meno dell’autorizzazione, si tratta di
accertare se l’intervento, completamente o
parzialmente abusivo, possa qualificarsi
come un semplice abuso edilizio o piuttosto
una lottizzazione abusiva.
Lottizzazione edilizia - Nozione -
Lottizzazione abusiva - Criteri
d’individuazione - Art.30, DPR 380/2001, T.U.E..
A norma dell'art.30 DPR 380/2001, va
qualificata come lottizzazione quell’insieme
di opere o di atti giuridici che comportano
una trasformazione urbanistica od edilizia
di terreni a scopo edificatorio intesa quale
conferimento all'area di un diverso assetto
territoriale, attraverso impianti di
interesse privato e di interesse collettivo,
tali da creare una nuova maglia di tessuto
urbano (Cass. sez. 3 del 03.03.2005 n.
17663).
Sicché, costituisce lottizzazione edilizia
qualsiasi utilizzazione del suolo che,
indipendentemente dall'entità del
frazionamento fondiario e dal numero dei
proprietari, preveda la realizzazione
contemporanea o successiva di una pluralità
di edifici a scopo residenziale, turistico o
industriale, che postulino l’attuazione di
opere di urbanizzazione primaria o
secondaria occorrenti per le necessità
dell'insediamento.
Il reato di lottizzazione può configurarsi:
"- in presenza di un intervento sul
territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in
zona non urbanizzata o non sufficientemente
urbanizzata , per cui esiste la necessità di
attuare le previsioni dello strumento
urbanistico generale attraverso la redazione
di un piano esecutivo e la stipula di una
convenzione lottizzatoria adeguata alle
caratteristiche dell'intervento di nuova
realizzazione; - ma anche allorquando detto
intervento non potrebbe in nessun caso
essere realizzato poiché, per le sue
connotazioni oggettive, si pone in contrasto
con previsioni di zonizzazione e/o di
localizzazione dello strumento generale di
pianificazione che non possono essere
modificate da piani urbanistici attuativi"
(cfr. Cass. sez. 3 n. 37472 del 26.06.2008 -
ric. Belloi ed altri; conf. Cass. sez. 3 n.
12426 del 07.02.2008 - Bardini).
Reato di lottizzazione
abusiva - Integrazione - Art.30 c. 1, DPR
380/2001.
Il reato di lottizzazione abusiva può essere
integrato anche quando vengano realizzate
opere per le quali sia stato rilasciato un
provvedimento di autorizzazione, ove dette
opere comportino una trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio in
violazione delle prescrizioni espresse dagli
strumenti urbanistici e dalla legge,
restando a tal proposito indifferente se la
violazione dipenda dalla carenza del
necessario piano di lottizzazione o se
piuttosto l'intervento risulti precluso in
radice per le sue connotazioni obiettive,
tali da porlo in contrasto con lo strumento
generale di pianificazione (Cass. sez. 6,
08.02.2005 n. 4424) (Corte di cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 26.06.2009 n. 26586 -
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EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI -
Intervento di mera manutenzione che alteri
l'aspetto esteriore dell’edificio -
Autorizzazione - Necessità - Art 149, c. 1°,
lett. a), D.L.vo n. 42/2004.
Nelle zone paesaggisticamente vincolate,
qualsiasi intervento anche di mera
manutenzione che alteri l'aspetto esteriore
di un edificio deve essere autorizzato
essendo esenti solo quegli interventi che
non modifichino l'aspetto esteriore degli
edifici (art. 149, comma primo, lettera a),
del d.lgs. n. 42 del 2004) (Corte di
cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.06.2009 n. 26566 -
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EDILIZIA PRIVATA: In
materia di d.i.a. anche dopo il termine
previsto per la verifica dei presupposti e
dei requisiti di legge (30 gg.)
l’Amministrazione non perde il potere di
vigilanza e sanzionatorio attribuitole
dall’ordinamento.
Il Collegio è dell’avviso, come affermato
dalla prevalente giurisprudenza
amministrativa, e, in particolare, dalla
decisione 12.09.2007 n.4228 della Sez. IV,
del Consiglio di Stato, che la denuncia di
inizio attività in materia edilizia “costituisce
autocertificazione della sussistenza delle
condizioni stabilite dalla legge per la
realizzazione dell’intervento, sul quale la
pubblica Amministrazione svolge un’eventuale
attività di controllo che è prodromica e
funzionale al formarsi (a seguito del mero
decorso del tempo, non dell’effettivo
svolgimento dell’attività) del titolo
legittimante l’inizio dei lavori: titolo, il
cui consolidamento non comporta, però, che
l’attività del privato possa andare esente
da sanzioni quando sia difforme dal
paradigma normativo, con la conseguenza che
anche dopo il termine previsto per la
verifica dei presupposti e dei requisiti di
legge (30 gg.) l’Amministrazione non perde
il potere di vigilanza e sanzionatorio
attribuitole dall’ordinamento”.
Conforme è anche la recente giurisprudenza
della Cassazione penale (v.si Sez. III,
29.01.2008 n. 11113): del resto, anche se il
sopravvenuto, nuovo testo dell’art. 19 della
legge n. 241/1990 ora prevede, in generale,
che sulla dichiarazione di inizio attività
il potere di autotutela dell’Amministrazione
va effettuato ai sensi dei successivi artt.
21-quinquies e 21-nonies, di fatto,
l’impugnato divieto di prosecuzione dei
lavori oggetto di d.i.a. a ciò adempie, né
necessitava di preventiva comunicazione,
trattandosi di atto obbligato a fronte
dell’accertato ed incontestato uso pubblico
della strada
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 02.04.2009 n. 250 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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