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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di SETTEMBRE 2009

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aggiornamento al 28.09.2009

aggiornamento al 23.09.2009

aggiornamento al 21.09.2009

aggiornamento al 15.09.2009

aggiornamento al 07.09.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 28.09.2009

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dossier LEGGE CASA LOMBARDIA

EDILIZIA PRIVATA: Piano Casa: Tavola Rotonda sulla Legge Regionale 13/2009.
A seguito del Seminario e della tavola rotonda sul tema della Legge 13, svoltosi a Milano il 15.09.2009 presso il Centro Congressi Le Stelline, informiamo che sul sito www.anci.lombardia.it troverete:
- una approfondita relazione dell'Avv. G. Mariotti;
- le slide proiettate nel corso della riunione (link a www.anci.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA: PIANO CASA REGIONALE, PROVVEDIMENTO CONCRETO A SOSTEGNO DELL’EDILIZIA.
Nel dettaglio il progetto lombardo che mira a ridare slancio al sistema delle costruzioni (link a www.ancebrescia.it).

EDILIZIA PRIVATA: "Piano Casa" in Regione Lombardia: il manuale sintetico per l'applicazione delle deroghe (link a www.bosettiegatti.it).

EDILIZIA PRIVATA: U. Grella, UN OTTIMO AFFARE PER I SINDACI, NASCOSTO TRA LE RIGHE DEL PIANO CASA DELLA LOMBARDIA (link a www.bosettiegatti.it).

GURI - BUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.09.2009 n. 224 "Disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’articolo 1, comma 349, della legge 27.12.2006, n. 296" (D.M. 06.08.2009).

VARI: G.U. 25.09.2009 n. 223 "Misure urgenti in materia di profilassi vaccinale dell’influenza pandemica A(H1N1)" (Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ordinanza 11.09.2009).

AMBIENTE-ECOLOGIA - APPALTI: G.U. 25.09.2009 n. 223 "Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee" (D.L. 25.09.2009 n. 135).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ATTI AMMINISTRATIVIDossier: la riforma della legge n. 241/1990 ad opera della legge n. 69/2009 (tratto da Commercio & Attività Produttive, n. 9/2009).

APPALTI: A. Barbiero, Le principali novità in materia di DUVRI e costi per la sicurezza negli appalti in base al d.lgs. n. 106/2009 (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: TESTO UNICO IN MATERIA DI SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO - D.LGS. 09.04.2008, N. 81 - MODIFICHE - D.LGS. 03.08.2009, N. 106.
Schema predisposto da ANCE esplicativo degli interventi del Legislatore, apportati al Titolo IV (link a www.ancebrescia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Leoni, L’articolo 18 della legge n. 349/1986 e' stato realmente abrogato? (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Partesotti, Riconoscimento del diritto al risarcimento per danno ambientale agli enti territoriali ‘minori’ (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Aiello, Rifiuti aspetti operativi: A chi spetta rimuovere i rifiuti nei casi di abbandono (link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: R. Greco, I nuovi profili della responsabilità dirigenziale nella legge 18.07.2009, n. 69 (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: P. M. Zerman, Il risarcimento del danno da ritardo: l’art. 2-bis della legge 241/1990 introdotto dalla legge 69/2009 (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: P. Quinto, Il Codice del processo amministrativo ed il danno da ritardo: la certezza del tempo e l’incertezza del legislatore (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: L. Capicotto, Limiti e presupposti del potere sindacale d’urgenza: ordinarietà, contingibilità ed urgenza a tutela dei preminenti interessi pubblici e a salvaguardia dell’ambiente (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: D. Arena, La contrattazione decentrata integrativa (link a http://doc.sspal.it).

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIARegolamentazione raccolta rifiuti “porta a porta”.
Il Comune (omissis) ha attivo sul proprio territorio il servizio di raccolta rifiuti “porta a porta” (RSU, Carta, Plastica) e dispone di un’area ecologica (Legge Regionale 24/2002 – D.M. 08.04.2008 e s.m.i.) gestita a livello consortile dove e’ possibile conferire alcuni materiali secondo le disposizioni previste da un apposito regolamento d’uso (che si invia in allegato).
Si richiede di sapere come devono essere correttamente smaltite le latte contenenti vernici – materiali per tinteggiatura o residui di tali prodotti (identificabili con apposito codice CER (D.M. 09.04.2002 – D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.) di provenienza domestica (utente domestico che ha provveduto direttamente a opere di tinteggiatura) oppure di provenienza non domestica (artigiano).
In particolare si richiede la “corretta procedura” che deve intraprendere un’utenza non domestica per lo smaltimento dei rifiuti prodotti (rifiuti assimilati ai rifiuti urbani e scarti di produzione) presso l’unità locale per ottemperare agli obblighi previsti dall’art. 193 del D.Lgs 152/2006.
Per “corretta procedura” si intende sapere per quale tipologia di rifiuti è possibile utilizzare il servizio di raccolta porta a porta, l’area ecologica ed eventualmente trasportatori esterni autorizzati.
Strettamente collegato alla problematica evidenziata in precedenza, si pone il problema della tariffazione delle aree delle utenza non domestiche.
Lo scrivente ufficio applica la tariffa di igiene ambientale e si chiede se è corretta l’applicazione di un coefficiente di riduzione (al max 30%) della parte variabile della tariffa proporzionale ai quantitativi di rifiuti speciali che il produttore ha avviato a smaltimento/recupero attraverso propri smaltitori (DPR 158/99 e s.m.i).
In particolare, si chiede di soffermarsi su quali tipologie di rifiuti danno diritto, se smaltiti a spese del produttore, alla riduzione di cui sopra.
Infine chiede se si può applicare la riduzione percentuale totale (100%) della parte variabile della tariffa se l’area produce esclusivamente rifiuti che per legge non possono essere smaltiti attraverso il circuito pubblico ma attraverso smaltitori privati (Regione Piemonte, parere n. 88/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito sul certificato di avvenuto smaltimento.
V. Vattani, Premesso che la nostra società è autorizzata al deposito preliminare D15, il produttore che ci consegna i rifiuti chiede di sapere ogni volta il destinatario finale e vuole un documento da quest’ultimo che attesti l’avvenuto smaltimento. In pratica sostiene che non sia liberato dalle responsabilità solo con la IV copia da noi firmata per accettazione e restituita come da legge vigente.
Secondo Voi è legittima la richiesta? È sufficiente la IV copia del FIR resa come liberatoria da responsabilità? Come fa l’impianto finale a certificare lo smaltimento di un produttore specifico in mezzo a tanti altri poiché proveniente da un deposito preliminare intermedio D15? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Un quesito sulle terre e rocce da scavo.
V. Vattani, Vorrei sapere se le rocce e terre da scavo, dopo aver subito le dovute analisi, devono obbligatoriamente viaggiare con formulario se le stesse risultano non inquinate? Le ditte che non hanno i dovuti spazi all’interno dei cantieri possono chiedere a tutt’oggi tramite Provincia le famose aree di stoccaggio provvisorie? (link a www.simoline.com).

EDILIZIA PRIVATA: Un quesito su “disboscamenti in sanatoria”…
V. Stefutti, E’ possibile effettuare legalmente un cambio di coltura da bosco a verde agricolo?
Capita infatti che, in territorio vincolato idrogeologicamente e paesaggisticamente, si verifichino dei cambi di coltura abusivi tramite taglio di alberi, dissodamento del terreno e messa a dimora di colture agricole (generalmente vigneti). Si tratta, a tutti gli effetti, di condotte punibili ai sensi degli artt. art. 181 D.Lgs. 22.01.2004 n. 42 ed art. 44 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380.
Tuttavia, talune Amministrazioni paiono ritenere sanabile il reato a seguito della modifica all'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, avvenuta con D.Lgs. 24.03.2006 n. 157, che al comma 12 richiama i cosiddetti interventi edilizi minori, di cui all'art. 167 comma 4 e 5, consideri legittimo che i coltivatori agricoli avviino una pratica di cambio di coltura in sanatoria che, a fine iter, conceda legalmente al reo quanto da lui abusivamente ottenuto.
E questo in virtù del fatto che non si sono create superfici utili o volumi ed assimilando di fatto un cambio di coltura abusivo, che può essere indifferentemente di 500 m² ma anche di 10.000 m², ad un intervento edilizio minore. E la creazione di una superficie agricola dove prima era bosco, può essere assimilata alla creazione di una superficie utile e quindi non sanabile? (link a www.simoline.com).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGOProgressioni automatiche ko. La commissione lavoro del senato ha dato parere positivo alla riforma Brunetta. Regole concorsuali per promuovere i dipendenti.
Stop alle progressioni di carriera automatiche dei dipendenti pubblici. Dovranno rispondere a regole concorsuali, per cui la collocazione in una fascia di merito più elevata per un certo numero di anni costituirà un titolo di merito valutabile (cioè rilevante), ma non prioritario come si trattasse di una selezione per soli titoli.
La novità arriva dalle osservazioni della Commissione lavoro al senato che ieri ha dato parere positivo alla riforma Brunetta, raccomandando al governo di apportare una serie di modifiche tra cui, appunto, quella sulle progressioni. E un segnale positivo alla riforma applicata nei Comuni arriva dal primo incontro del gruppo di lavoro e di studio che si tenuto presso l'Anci.
Secondo la commissione lavoro, la riforma Brunetta rappresenta un impegno riformatore rilevante, anche in considerazione degli effetti che una maggiore efficacia del lavoro è in grado di determinare in termini di aumento del Pil, soprattutto in questa fase recessiva. Non solo; le misure appaiono pure urgenti per evitare una più profonda frattura tra il lavoro pubblico, caratterizzato da retribuzioni più elevate mediamente, a parità di posizioni organizzative, e il lavoro privato.
Tra le osservazioni della commissione, cui conseguono una serie di modifiche da apportare al testo normativo di attuazione della legge n. 15/2009 (la cosiddetta riforma Brunetta), c'è quella relativa alla progressione di carriera. In quanto preposta al passaggio del dipendente all'area superiore dei sistemi di progressione professionale, secondo la commissione dovrebbe obbedire, in aderenza alla giurisprudenza anche costituzionale in materia, a regole concorsuali. Per cui si rende necessario precisare che la collocazione nella fascia di merito più elevata, per un certo numero di anni (cosa che oggi consente l'automatico spostamento ad un livello superiore), può costituire titolo di merito valutabile, ma non anche un titolo prioritario, come se si trattasse di un concorso per soli titoli.
A proposito di concorsi la commissione rileva che nel provvedimento Brunetta non è presente alcuna disposizione di attuazione del criterio di delegazione sull'introduzione di strumenti che diano garanzia di una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale (articolo 1, comma 2, lettera h, della legge n. 15/2009). Di conseguenza, chiede l'inserimento di un nuovo articolo dopo il 49 che, modificando l'articolo 35 del dlgs n. 165/2001, stabilisce che il principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche norme del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato.
Ancora, la commissione chiede una maggiore attenzione al principio meritocratico che è uno spirito della riforma. In particolare, chiede di stabilire che una quota prevalente del trattamento accessorio sia destinata alla remunerazione della performance individuale del personale. Parimenti, per i dirigenti, ritiene necessario prevedere che i contratti collettivi individuino, nell'ambito del totale risorse da destinare alla retribuzione di risultato, una quota rilevante da indirizzare alla remunerazione delle performance individuale, al di là del conseguimento degli obiettivi minimi fissati contrattualmente. Ultima nota la riorganizzazione dell'Aran. Secondo la commissione gli organi in carica dovranno restare operativi fino alla nuova elezione che dovrà avvenire nei trenta giorni successivi all'entrata in vigore della riforma (articolo ItaliaOggi del 25.09.20098, pag. 16).

ENTI LOCALI: Operazione trasparenza circoscritta.
L'obbligo di rendere pubblici i curriculae vitae e le retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni riguarda esclusivamente i dirigenti e i segretari comunali e provinciali. Non sono invece soggetti a questo adempimento i dati dei dipendenti ai quali, «negli enti privi di dirigenza, siano attribuite a norma di legge le relative funzioni», né quelli del personale «che ricopre posizioni organizzative».
Lo ha chiarito il ministero della funzione pubblica, con una lettera indirizzata al segretario generale dell'Anci, Angelo Rughetti il quale aveva richiesto, a nome dell'associazione, un parere sulla corretta applicazione dell'operazione trasparenza prevista dall'articolo 21 della legge n. 69 del 18.06.2009 (articolo ItaliaOggi del 22.09.2009, pag. 36).

PUBBLICO IMPIEGOIllecito monitorare per mesi la navigazione Internet in ufficio. Erano state registrati i siti visitati, le pagine, il numero di connessioni per nove mesi.
È illecito monitorare in modo sistematico e continuativo la navigazione in Internet dei lavoratori (Garante Protezione dati personali, newsletter 22.09.2009 n. 328 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: APPOSIZIONE DI RECINZIONI A PROPRIETA' PRIVATA: D.I.A. O PERMESSO DI COSTRUIRE?
1.- Concessione - Realizzazione di muri in calcestruzzo ringhiere e similari - Necessità - Non sussiste.
2.- Procedimento amministrativo - Preavviso di rigetto - Istanza di D.I.A. in sanatoria - Sussiste.
3.- Giurisdizione amministrativa - Esclusiva - Risarcimento danni - Onere della prova ex art. 2967, Cod. Civ. - Sussiste.

1.- La realizzazione di opere quali muri in calcestruzzo, ringhiere metalliche, recinzioni, paletti e reti (nel caso di specie poste a protezione di un campo di calcetto e di due campi da tennis) non sono riconducibili nell'ambito di quelle soggette a permesso di costruire di cui all'art. 10, D.P.R. n. 380/2001, atteso che -per natura, consistenza ed impatto estetico- non si prestano ad essere qualificate "nuove costruzioni".
Si tratta essenzialmente di "recinzioni" che, per quanto riguarda i campi di calcetto e da tennis, sono indiscutibilmente dirette a consentire il corretto svolgimento delle relative pratiche sportive (ossia ad evitare un continuo sconfinamento della palla), mentre, nei rimanenti casi, rivestono un'indiscussa funzione di protezione dell'area.
In altri termini, concretizzano interventi che -oltre ad essere privi di impatto volumetrico- rivestono un ruolo definibile "accessorio" e, comunque, non incidono sulle strutture principali.
2.- Rispetto al provvedimento di diniego di una D.I.A. in sanatoria non appare, che possa essere posta in discussione l'operatività del disposto della prescrizione di cui al citato art. 10-bis, L. n. 241/1990 e, dunque, l'esistenza dell'obbligo dell'Amministrazione di comunicare all'istante i motivi che ostano all'accoglimento della domanda, così da porre l'interessato nella condizione di presentare osservazioni (nell'ambito del provvedimento impugnato, viene genericamente affermato che la DIA presentata dalla ricorrente "non può essere accolta in quanto la realizzazione di recinzioni e frazionamenti in base alle prescrizioni di un Piano di Lottizzazione consorziato non sono assentibili all'interno del verde consortile VP1". L'adozione del provvedimento è, dunque, ricondotta all'esistenza di prescrizioni edilizie, inidonee -nel particolare- ad esplicitare i motivi per i quali le opere realizzate si pongano in contrasto con quest'ultime).
3.- n materia di azione risarcitoria da lesione di interesse legittimo, sul danneggiato grava l'onere della prova ex art. 2967, Cod. Civ., esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo il principio dispositivo con metodo acquisitivo, riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 23.09.2009 n. 9240 - link a http://mondolegale.it).

CONSIGLIERI COMUNALI - URBANISTICAFuori aula il consigliere in conflitto.
L'astensione dalla votazione di piani urbanistici da parte del consigliere in conflitto di interessi, obbliga quest'ultimo a uscire dalla sala consiliare, a pena di illegittimità della deliberazione.
Lo ha stabilito il TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 22.09.2009 n. 675 che ha, appunto, annullato una deliberazione riguardante una variante parziale al piano regolatore generale alla quale hanno partecipato il sindaco e alcuni consiglieri nonostante essi o loro parenti avessero uno specifico interesse in ordine ai terreni interessati dai tracciati stradali oggetto della variante.
Il TAR sancito che l'obbligo di astensione previsto dall'articolo 78, commi 2 e 4, del dlgs 267/2000 per i componenti del consiglio comunale in posizione anche solo potenziale di conflitto di interesse impedisce non solo di partecipare alla votazione finale ed alla discussione, ma presuppone, inoltre, l'obbligo di allontanamento dalla seduta prima che abbia inizio la discussione dell'approvazione della relativa proposta di deliberazione.
Secondo i giudici emiliani, infatti, la presenza in aula del consigliere in conflitto di interessi può influire negativamente sugli esiti della votazione: costituirebbe una sorta di turbativa sulla serenità degli altri consiglieri comunali sia nella fase della discussione sia nella fase della votazione. Pertanto, anche la sola presenza passiva del consigliere in conflitto di interessi rende la deliberazione viziata, in quanto viziato sarebbe il processo di formazione della volontà del collegio.
Si tratta di un'interpretazione estremamente rigorosa dell'articolo 78 del dlgs 276/2000, che però non è esente da problemi e rilievi critici.
Il legislatore del 1999 ha abolito l'obbligo di uscire dall'aula. La reintroduzione di tale vincolo per via interpretativa giurisprudenziale, qualunque possano essere i giudizi sull'opportunità che effettivamente il consigliere esplichi la minore influenza possibile sul collegio, appare debole, perché non tiene conto dei principi della successione delle leggi nel tempo, in omaggio ai quali se una norma più recente cancella un precetto di una disposizione precedente, tale precetto è da considerare non più operante (articolo ItaliaOggi del
26.09.2009, pag.
35).

EDILIZIA PRIVATAProprietario responsabile della sicurezza degli operai in casa. Chi si avvale non di una ditta ma di un singolo lavoratore deve adottare le norme antinfortunistiche.
Chi utilizza per ristrutturare il proprio appartamento un operaio e non una impresa specializzata è tenuto al rispetto delle norme antinfortunistiche ed alla vigilanza sulla sicurezza del lavoratore, ed in caso di morte di quest’ultimo rischia una condanna per omicidio colposo (Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 21.09.2009 n. 36581 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

APPALTI SERVIZINelle gare conta il curriculum. Il Consiglio di stato interpreta la giurisprudenza comunitaria in materia di valutazione delle offerte. Legittimo valutare elementi soggettivi del concorrente.
In sede di valutazione delle offerte di un appalto è legittimo valutare elementi soggettivi del concorrente, legati ai servizi analoghi già svolti, se essi sono strettamente attinenti all'oggetto dell'appalto e se consentono una valutazione sulla qualità della prestazione che dovrà essere fornita; l'avvalimento al 100% non è ammesso.
È quanto afferma, interpretando la giurisprudenza comunitaria, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza del 18.09.2009 n. 5626 rispetto ad una gara di appalto per la valorizzazione e manutenzione di aree a verde.
Il bando chiedeva la qualificazione Soa nella categoria Os 24, ma precisava che avrebbe costituito elemento valutativo dell'offerta l'iscrizione nella categoria «Os25: Scavi archeologici», trattandosi per la quasi totalità di interventi sui parchi archeologici di Roma (Palatino Foro Romano, Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe Latine, Terme di Caracolla).
Per il Consiglio di Stato si trattava quindi di valutare se la scelta dell'amministrazione (che premia il possesso della Os 25 in sede di valutazione delle offerte) fosse legittima, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia che ha tenuto sempre ben separate le fasi della qualificazione alla gara e della valutazione delle offerte, vietando l'utilizzo di elementi soggettivi in fase di aggiudicazione.
A tale proposito i giudici danno conto di due orientamenti: un primo filone che, passando attraverso una rigida interpretazione letterale dei principi enunciati in sede comunitaria, ritiene illegittima ogni commistione tra elementi propri dell'offerta e requisiti di capacità dell'offerente; un secondo per il quale legittimamente l'Amministrazione appaltante può, nel bando di gara, privilegiare le imprese che abbiano svolto attività identiche a quella oggetto dell'appalto, attribuendo loro uno specifico punteggio utile ai fini dell'aggiudicazione. In questo caso lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto della gara può costituire un adeguato indice rilevatore dell'affidabilità e quindi della «qualità».
La sentenza sposa quest'ultimo orientamento legittimando l'utilizzo di elementi di carattere soggettivo legittimo, nella misura in cui questi aspetti dell'attività dell'impresa possano illuminare la qualità dell'offerta e siano strettamente legati all'oggetto dell'appalto. Si deve trattare, in altre parole, di «elementi attinenti alle imprese concorrenti che si riverberano, senza incertezze (e purché ad essi non sia attribuito un peso, in termini di punteggio, preponderante) sulla qualità del servizio oggetto della procedura evidenziale».
Ecco, allora, che lo svolgimento di servizi analoghi (svolti nell'ambito archeologico) a quelli oggetto della gara può costituire un adeguato indice rilevatore dell'affidabilità e quindi della «qualità»; altro sarebbe se vi fosse un riferimento al pregresso limitato ai soli aspetti quantitativi perché si introdurre un «fattore limitativo della concorrenza sfavorendo l'entrata sul mercato nuovi imprenditori».
Dalla sentenza risulta quindi del tutto legittimato l'elemento del «merito tecnico» utilizzato nella valutazione degli aspetti «professionali e tecnici» dell'offerta, sia nel dpr 554/1999, sia nello schema di regolamento del Codice.
La sentenza affronta poi anche il profilo dell'avvalimento rispetto al merito tecnico, affermando che «l'istituto dell'avvalimento, quale disciplinato dall'art. 49, dlgs n. 163 del 2006, non può consentire la surroga assoluta nei requisiti attinenti all'imprenditore che partecipa alla gara”. Viceversa la ratio dell'istituto è quella di operare, sul piano dell'esecuzione dei lavori o del servizio, agli effetti dell'integrazione dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo.
È quindi legittimo, dice la sentenza, che una amministrazione, constatato che l'avvalente possedeva ex se tutti i requisiti partecipativi, ha escluso che si potesse ricorrere all'avvalimento per giovarsene sotto il profilo dell'incremento del punteggio concernente il merito tecnico (articolo ItaliaOggi del 25.09.2009, pag. 15).

APPALTI: Sulla possibilità per l'amministrazione di disporre l'esclusione di offerte che presentino all'evidenza aspetti di inattendibilità.
In capo all'Amministrazione residua sempre, a prescindere da una regola esterna dettata da disposizioni di legge, di regolamento o rinvenibile nel bando di gara, un margine di discrezionalità tecnica che, nel prudente apprezzamento della stazione appaltante, può investire le componenti dell'offerta nella loro serietà e congruità -in relazione all'oggetto della gara ed alle modalità di esecuzione del contratto- e che consente di disporre l'esclusione di offerte che presentino all'evidenza aspetti di inattendibilità.
Una mancanza per dir così strutturale, in quanto connessa all'intero svolgimento del servizio, ben difficilmente può essere superata attraverso una richiesta integrativa da parte della Commissione, che finirebbe per conculcare, per altra via, il principio della par condicio dei partecipanti alla procedura (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2009 n. 5597 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla verifica dell'anomalia dell'offerta.
L'anomalia dell'offerta impone una fase di contraddittorio con l'impresa. In base a tale parametro non v'è dubbio che una esclusione dalla gara sulla sola base dell'anomalia dell'offerta non sottoposta a verifica in alcun modo e senza che il concorrente abbia modo di presentare le proprie giustificazioni si porrebbe in evidente contrasto con le indicazioni sopra richiamate.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2009 n. 5589 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'ordinanza comunale di annullamento della rilasciata concessione edilizia non può prescindere da una congrua e adeguata istruttoria, di cui dar conto in motivazione.
In via generale, va posto in rilievo che, trattandosi di un provvedimento incidente sulla sfera giuridica della ricorrente, atteso l’interesse della stessa e l’affidamento sulla legittimità di un titolo autorizzatorio precedentemente ottenuto, tale nuova determinazione dell’Amministrazione avrebbe dovuto essere adeguatamente assistita da idonea istruttoria e conseguente motivazione in relazione alla posizione soggettiva protetta ad essa riferibile.
Del resto, va osservato che tale obbligo ha un contenuto preliminare e procedimentale e rileva prima e a prescindere dalle posizioni sostanziali, trovando il suo riferimento normativo nel principio di buona amministrazione e correttezza cui la P.A. deve uniformare la sua azione e rispetto al quale sorge, per il privato, una legittima aspettativa a conoscere il contenuto, gli atti istruttori presupposti e i motivi dell’atto che si intende adottare e che particolarmente lo riguarda (cfr. ex multis, Tar Piemonte, sez. II, 03.06.2008, n. 1253; Tar Lazio, Roma, sez. II, 05.05.2009, n. 4613).
Per di più non va sottaciuto che la rilevazione di un abuso del titolo autorizzatorio (in disparte, nella specie, la contraddittorietà con l’altro presupposto contenuto nell’ordinanza, e non chiarito, dell’asserito contrasto della concessione edilizia con le prescrizioni degli strumenti urbanistici attuativi) non può prescindere da una congrua e adeguata istruttoria, di cui dar conto in motivazione al fine di evidenziare le circostanze di fatto dimostrative dell’intervento da parte dell’interessato in contrasto con quanto assentito e i motivi di diritto a sostegno dell’atto adottato.
In tal senso depone l’art. 3, comma 1, della Legge n. 241 del 1990, secondo cui l’atto amministrativo deve recare l’indicazione dei presupposti e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, con la conseguenza che sussiste il difetto di motivazione quando non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito dall’Autorità emanante e non appaiono evidenti e chiare le ragioni sottese alla determinazione assunta, impedendo al destinatario dell’atto un corretto esercizio del diritto di difesa.
Peraltro, va posto in rilievo che il privato coinvolto nel procedimento, il quale ha esposto le proprie ragioni al fine di contrastare la sospensione degli effetti di un provvedimento autorizzatorio già assentito (nella specie, per confermare la validità della concessione edilizia e del progetto o per suggerire eventualmente soluzioni alternative) ha diritto di conoscere compiutamente, con adeguata motivazione, se si frappongono ostacoli alla sua pretesa e se le osservazioni proposte siano accolte o respinte ed è necessario che di tale valutazione resti traccia nella motivazione del provvedimento finale (cfr. da ultimo, Tar Puglia, Lecce, sez. I, 26.02.2009, n.364); diversamente, contrariamente ad ogni ragionevole logica, la funzione di intervento del privato nel procedimento resterebbe senza una risposta e ciò renderebbe del tutto sterile e senza conseguenze il principio posto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990 (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 17.09.2009 n. 8906 - link a www.
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APPALTI: QUANDO LA FORMA EQUIVALE ALLA SOSTANZA.
1. Bando - Interpretazione - Regole formali - Osservanza - Necessarietà - Ragioni.
2. Criteri e principi - Massima partecipazione - Non è invocabile - Casi - Ragioni.

1. Allorquando la normativa di gara preveda l'esclusione dalla procedura selettiva per l'inosservanza di previsioni anche di carattere solo formale, la stazione appaltante è tenuta al rispetto delle norme a cui si è autovincolata e che essa stessa ha emanato sulla base di un giudizio discrezionale d'utilità procedimentale; peraltro il rispetto delle norme discende dall'imperatività delle stesse (nella specie, non era stata rispettata la specifica formalità di apposizione del timbro di congiunzione tra i fogli della documentazione presentata, come stabilito dal bando di gara che prevedeva l'esclusione dalla procedura selettiva per l'inosservanza di previsioni anche di carattere solo formale) (Cons. Stato, sez. V, 19-02-2008 n. 567; Cons. Stato, sez. IV, 30-12-2006 n. 8262; TAR Campania Salerno, sez. I, 14-01-2007 n. 747; TAR Campania Salerno, sez. I, 09-10-2008 n. 3389).
2. Il potere d'integrazione documentale (riconosciuta da diverse norme e, da ultimo, dall'art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), quando riguardi dichiarazioni o documenti la cui presentazione è imposta dalla lex specialis a pena di esclusione, deve arrestarsi se violi la par condicio dei concorrenti e costituisca un mezzo per supplire all'omissione del partecipante, con l'ulteriore conseguenza che in tali ipotesi non è invocabile il principio del favor participationis (Cons. Stato, sez. V, 25-06-2007 n. 3645; TAR Sardegna, sez. I, 23-06-2008 n. 1253) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 4975 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATAQualsiasi soggetto abitante nel Comune (nella medesima zona) ha il diritto di accesso ai titoli abilitativi rilasciati in materia edilizia, riconoscendo in tali ipotesi la sussistenza di un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti.
L’art. 31 della l. 17.08.1952 n. 1150, come sostituito dall’art. 10 della l. 06.08.1967 n. 765, riconosce a “chiunque” la possibilità di prendere visione presso gli uffici comunali della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto nonché di ricorrere contro il rilascio del titolo abilitativo in quanto in contrasto con le disposizioni di legge o di regolamento o con le previsioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione.
Richiamandosi alla predetta disposizione, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto a qualsiasi soggetto abitante nel Comune (nella medesima zona) il diritto di accesso ai titoli abilitativi rilasciati in materia edilizia, riconoscendo in tali ipotesi la sussistenza di un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti (Consiglio di Stato Sez. V 23.05.1997 n. 549; Tar Puglia, Bari Sez. II 29.08.1996 n. 478; Tar Lazio, Roma sez. II-bis 16.01.1998 n. 82; Tar Lazio, Roma Sez. II 31.10.2000 n. 8813).
Ancorché la disposizione sopra richiamata non sia stata riprodotta nel Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con il D.P.R. 06.06.2001 n. 380, essa denota inequivocabilmente il favore espresso dal legislatore in ordine al più ampio riconoscimento dell’accesso documentale nonché della connessa tutela giurisdizionale nel settore della attività edilizia privata e risponde alla esigenza di assicurare, oltre che la tutela di situazioni giuridiche soggettive dei singoli consociati, il rispetto del superiore interesse pubblico al corretto sviluppo edilizio del territorio, arginando il deprecabile fenomeno dell’abusivismo.
Nel caso di specie, vengono in rilievo, sotto il profilo normativo, l’art. 10, comma 2, del d.lgs. 18.08.2000 n. 267 (T.U. sull’ordinamento degli EE.LL.), che riconosce espressamente il diritto dei cittadini, singoli ed associati, di accedere agli atti amministrativi, rinviando alle fonti regolamentari dei singoli Enti la disciplina delle modalità di accesso, l’art. 25, comma II, della legge 07.08.1990 n. 241 e s.m..i., che precisa che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata, l’art. 24 della medesima legge, che, nel disciplinare le ipotesi di esclusione del diritto di accesso, dispone, al comma VII, che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici” ed, infine, l’art. 2, comma I, del D.P.R. 12.04.2006 n. 184 (“Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”), a norma del quale il diritto di accesso, sia nella forma della presa visione che in quella di estrazione di copia, è esercitabile “da chiunque vi abbia un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.
Alla luce delle disposizioni normative sopra richiamate, non può essere fondatamente revocata in dubbio la sussistenza di un interesse concreto ed attuale della ricorrente alla ostensione di alcuni degli atti oggetto della richiesta di accesso presentata. Ancorché la proprietà della ricorrente non sia propriamente confinante con quella dei Sigg.ri Carulli-Pastore, emerge, per tabulas, che detta proprietà insiste nella medesima zona nella quale è collocato anche l’immobile di proprietà dei controinteressati. Conseguentemente non può essere denegato l’interesse, giuridicamente differenziato e qualificato, della ricorrente alla ostensione dei titoli abilitativi richiesti o rilasciati ai proprietari dell’area limitrofa, al fine di verificarne la legittimità ed azionare, se del caso, i rimedi, amministrativi o giurisdizionali, previsti dall’ordinamento giuridico
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 2121 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl rilascio dei certificati di destinazione urbanistica non può avvenire nelle forme del diritto di accesso.
Il certificato di destinazione urbanistica è stato introdotto dall’art. 8 del d.l. 23.01.1982 n. 9 (Norme per l’edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti), convertito, con modificazioni, con la l. 25.03.1982 n. 94, che, al comma 9, riconosce la legittimazione alla richiesta di rilascio del suddetto certificato “a chi abbia titolo alla concessione edilizia”.
Successivamente l’art. 18, comma 2, della l. 28.02.1985 n. 47, ora trasfuso nell’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001, ha imposto l’obbligo formale di allegazione dei certificati di destinazione urbanistica agli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali su terreni, sanzionandone la violazione con la nullità insanabile dell’atto e con l’impossibilità di procederne alla trascrizione nei pubblici registri immobiliari.
Il certificato di destinazione urbanistica contiene la indicazione della vocazione (agricola o edificatoria) di un determinato terreno, in base alla strumentazione urbanistica vigente, con la specificazione di tutte le relative prescrizioni urbanistiche ed edilizie; esso è redatto e rilasciato dagli uffici tecnici comunali, a specifica richiesta di soggetto giuridicamente legittimato (di regola, proprietario, titolare di altro diritto reale, possessore dell’entità immobiliare interessata alla richiesta), previo versamento di particolari oneri (imposta di bollo, diritti di segreteria).
Il certificato di destinazione urbanistica rientra, dunque, nella categoria degli atti di certificazione, redatti da pubblico ufficiale, aventi carattere dichiarativo o certificativo del contenuto di atti pubblici preesistenti (Consiglio di Stato, Sez. V 25.09.1998 n. 1328).
In relazione alla sua qualificazione giuridica, il certificato di destinazione urbanistica non può essere sussunto nella categoria del “documento amministrativo”, così come definito dall’art. 22, lett. “d”, della l. n. 241/1990 e s.m.i., in materia di accesso agli atti (“ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”), costituendo l’esercizio di una funzione dichiarativa o certificativa sulla base degli atti di strumentazione urbanistica.
Ne consegue che, il rilascio dei certificati di destinazione urbanistica non può avvenire nelle forme del diritto di accesso, ma secondo le specifiche fonti normative, legislative e regolamentari, che precipuamente riguardano tali tipi di atti amministrativi (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 2121 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: INSTALLAZIONE CARTELLI LUNGO LE STRADE.
1- Demanio e patrimonio - Stradale - Impianti e segnali stradali - Distinzione - Installazione - Enti competenti.
2- Demanio e patrimonio - Stradale - Segnali turistici e di territorio - Installazione - Spetta al Comune - Ratio - Fattispecie.
3- Demanio e patrimonio - Stradale - Segnali turistici e di territorio - Requisiti - Installazione - Soggiacciono al regime autorizzatorio degli impianti pubblicitari.
1-
Il Codice della Strada ed il regolamento di esecuzione ripartiscono le competenze distinguendo chiaramente gli impianti pubblicitari dai segnali stradali (1). Ai sensi dell'art. 23 co. 4, D.Lgs. n. 285/1992 "La collocazione dei cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse è soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell'ente proprietario della strada. Nell'interno dei centri abitati la competenza è dei comuni, salvo il preventivo nulla osta tecnico dell'ente proprietario se la strada è statale, regionale o provinciale". Al co. 5, si precisa che "Quando i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari collocati su una strada sono visibili da un'altra strada appartenente ad ente diverso, l'autorizzazione è subordinata al preventivo nulla osta di quest'ultimo".
Invece, a mente dell'art. 37 co. 1 del Codice della Strada l'apposizione della segnaletica spetta: "a) agli Enti proprietari delle strade, fuori dei centri abitati; b) ai Comuni, nei centri abitati, compresi i segnali di inizio e fine del centro abitato, anche se collocati su strade non comunali; c) al Comune, sulle strade private aperte all'uso pubblico e sulle strade locali".
In buona sostanza, mentre l'art. 37 riserva espressamente agli Enti proprietari delle strade l'apposizione e la manutenzione della segnaletica stradale -alla luce dei preminenti interessi pubblici sottesi alla funzione espletata- gli artt. 23 e 26 delineano un regime autorizzatorio per l'installazione degli impianti pubblicitari, attribuendo agli Enti proprietari la competenza al rilascio dei titoli abilitativi (2).
(1) TAR Lombardia Brescia 27-11-2008 n. 1701.
(2) Cons. Stato, sez. V, 29-01-2003 n. 466.
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2- I segnali turistici e di territorio sono contemplati dall'art. 39, co. 1, lett. h), del Codice della Strada nell'ambito dei segnali verticali di indicazione. Il servizio in questione deve essere ascritto a quelli riservati ai Comuni dall'art. 37 e tale conclusione è confermata dalla disposizione di cui all'art. 134, co. 3, del regolamento di esecuzione -il quale introduce la possibilità che i segnali turistici e di territorio vengano installati da soggetti diversi dall'Ente proprietario della strada- atteso che tale previsione rinvia ad ipotesi specifiche in cui l'apposizione compete ad un altro soggetto pur sempre pubblico (3).
In buona sostanza è inibito l'accesso diretto dei privati all'attività considerata, poiché la titolarità della funzione è attribuita dalla legge in capo al Comune. Se dunque i cartelli stradali in argomento rispondono al bisogno collettivo di garantire agli utenti della strada indicazioni utili per la guida e la circolazione (4), ne deriva che nella, fattispecie esaminata, le istanze -provenienti dalla Società ricorrente- potevano esclusivamente essere vagliate come richieste di autorizzazione ex art. 23, tenuto conto che il riferimento nominativo a determinate imprese assolve indirettamente anche una finalità pubblicitaria.
(3) TAR Lombardia Milano, sez. III, 20-12-2004 n. 6490.
(4) TAR Campania Napoli, sez. II, 20-07-2007 n. 6888.
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3- I segnali stradali che non indicano né un sito turistico (naturale, museale), né un percorso turistico (tipo "la strada dei vini" e simili) non appartengono al "genus" dei segnali turistici e di territorio (né tantomeno ai segnali di direzione ex artt. 39, Cons. Stato e 128, D.P.R. n. 495/1992) e soggiacciono, viceversa e in linea generale, all'ordinario regime autorizzatorio per l'installazione degli impianti pubblicitari. In particolare, nel caso in esame e con riferimento alla normativa regolamentare vigente (e qui incontestata) nel Comune, gli stessi segnali rientrano nella nozione di preinsegna, dettata dall'art. 12 delle NTA, il quale -tra l'altro- al co. 2 ne esclude la localizzazione all'interno del centro abitato (TAR Lomnardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 1705 - link a http://mondolegale.it).

URBANISTICAE' legittimo il provvedimento del comune con il quale viene ordinata la sospensione della lottizzazione e l'immediata interruzione di ogni opera edilizia sui lotti, nell'ipotesi in cui si verificano le condizioni previste dall'art. 18, L. n. 47 del 1985.
Secondo l’art. 18 della legge n. 47/1985: “Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
Quindi, si ha lottizzazione abusiva sia nel caso in cui vengano iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, sia allorquando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento o la vendita del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 1532 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Interventi precari.
In materia edilizia, il requisito della precarietà non può essere collegato al carattere di stabilità temporanea, soggettivamente attribuito alla costruzione, ma va individuato in relazione all’oggettiva e intrinseca destinazione dell’opera stessa, sicché non può operare la normativa regionale sugli insediamenti stagionali precari né l’autorizzazione comunale postuma rilasciata in violazione delle norme giuridiche di riferimento (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.09.2009 n. 35207 - link a www.lexambiente.it).

APPALTIIn materia di contratti della pubblica amministrazione è sufficiente che l'adempimento formale imposto al concorrente venga limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante.
In materia di contratti della pubblica amministrazione, per lembo di chiusura di un plico deve intendersi il lembo ancora aperto, costituente l'imboccatura della busta stessa e soggetto ad operazione di chiusura a sé stante, che va ad aggiungersi a quelli già chiusi dal fabbricante del plico stesso mediante operazione di preincollatura, sicché è sufficiente che l'adempimento formale imposto al concorrente venga limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante (cfr. TAR Campania Napoli, sez. I, 12.09.2008, n. 10097; TAR Molise, 01.07.2008, n. 651; TAR Valle d'Aosta Aosta, 11.07.2007, n. 91; Consiglio Stato, sez. VI, 04.06.2007, n. 2946, Sez. V, 20.09.2005 n. 4856, Sez. IV, 12.06.2002, n. 3269; TAR Sardegna, 19.05.2003 n. 627) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 11.09.2009 n. 1391 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Deposito temporaneo.
Perché possa configurarsi l’ipotesi del deposito temporaneo, lecito, di rifiuti devono essere rispettate tutte le condizioni richieste dall’art. 183, comma primo, lett. m), del D.Lgs. n. 152/2006, che riproducono le analoghe disposizioni dell’art. 6, primo comma, lett. m), del D.Lgs. n. 22/2097.
In particolare, il deposito deve essere effettuato nel luogo di produzione dei rifiuti, nonché per categorie omogenee di materiali e nel rispetto delle relative norme tecniche (punto 4). In mancanza, la condotta posta in essere integra le fattispecie di reato previste dall’art. 256, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 152/2006 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.09.2009 n. 35139 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rifiuti. Reflui stoccati in attesa di successivo smaltimento.
Sono escluse dall’applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui all’art. 74, comma primo lett. ff), del D.Lgs. n. 152/2006, come sostituito dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento, mentre in ogni altro caso in cui i reflui vengano stoccati in attesa di un successivo smaltimento gli stessi devono essere qualificati quali rifiuti allo stato liquido e sono, pertanto, soggetti alla disciplina di cui all'art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.09.2009 n. 35138 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Scarico in pubblica fognatura di acque reflue equiparate a quelle domestiche.
Mentre l’immissione, secondo la definizione di cui all‘art. 74, comma primo, lett. ff), del D.Lgs n. 152/2006, come modificato dall’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 4/2008, di acque reflue domestiche in pubblica fognatura senza la prescritta autorizzazione, è punita con sanzione amministrativa, ai sensi dell’art. 133, comma secondo, del D.Lgs n. 152/2006, l’immissione di acque reflue industriali è prevista come reato dall’ari. 137, comma primo, del medesimo decreto legislativo.
Costituiscono, inoltre, "acque reflue industriali", ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 152/2006, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 4/2008 "qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento".
Tanto premesso, ai sensi dell’art. 101, comma 7, lett. e), del D.Lgs n. 152/2006, sono equiparate alle acque reflue domestiche le acque "aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale", sicché l’immissione in pubblica fognatura di tali acque, senza la prescritta autorizzazione, è punita con sanzione amministrativa (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.09.2009 n. 35137 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria. Trasferimento impianto.
Effettivamente l’autorizzazione al trasferimento dell’impianto, la cui carenza era sanzionata, dall’art. 25, comma 6, del DPR n. 203/1988, deve essere riferita all’ipotesi di impianti già muniti di autorizzazione, palesandosi irrazionale la prescrizione del mero ottenimento dell’autorizzazione al trasferimento in relazione ad impianti che vengono utilizzati illecitamente e continuerebbero ad essere utilizzati senza l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
Deve essere, però, anche osservato che il trasferimento dell’impianto in un luogo diverso determina un’interruzione della permanenza nella commissione del reato, sicché l’esercizio dell’impianto, dopo il trasferimento, si configura quale nuova commissione dell’attività illecita, sia pure legata dal vincolo della continuazione con quella interrotta dal trasferimento dell’impianto (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.09.2009 n. 35135 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Veicoli fuori uso.
I veicoli fuori uso sono classificati come rifiuti pericolosi (codice CER 160104) allorché non siano stati bonificati mediante la eliminazione dei materiali inquinanti.
Peraltro, vanno qualificati come veicoli fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi dell’ari. 3, primo comma, lett. b), del D.Lgs. 24.06.2003 n. 309 i veicoli a fine vita, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano ancora muniti di targa, di cui il detentore si sia disfatto, ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.09.2009 n. 35134 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: POTERI DISCREZIONALI DELL’AMMINISTRAZIONE IN AMBITI URBANISTICI.
1- Destinazione uso – Destinazione di singole aree non necessitino di apposita motivazione – Scelte discrezionali dell’Amministrazione – Motivazione degli strumenti urbanistici generali – Non è necessaria – Eccezioni - Ratio.
2- Programmi urbani complessi – Partecipazione dei privati – Osservazioni - Natura.
1-
Le scelte discrezionali dell'amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitino di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali -di ordine tecnico-discrezionale- seguiti nell'impostazione del piano stesso (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 24/1999; Sez. IV, n. 2639/2000; n. 245/2000; n. 1943/1999; n. 887/1995), essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 173/2002; Sez. IV, n. 6917/2002 e 2899/2002).
Le evenienze che giustificano una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono state ravvisate dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, citata):
a) nel superamento degli standards minimi di cui al d.m. 02.04.1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree;
b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato – convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su domanda di concessione edilizia (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria citata);
c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato, Sez. IV, numero 594/1999).
Le scelte effettuate dall'amministrazione in sede di adozione-approvazione del piano regolatore generale o di sue varianti costituiscono apprezzamento di merito o, comunque, espressione di ampia potestà discrezionale, sottratto al sindacato di legittimità salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21.05.2007, n. 2571).
2- Le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Consiglio di Stato, Sez. IV, 07.07.2008, n. 3358) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.09.2009 n. 4646 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità del direttore dei lavori.
In tema di responsabilità del direttore dei lavori, l'art. 29 del TU edilizia con il riferimento al fatto che la comunicazione deve essere motivata, impone la forma scritta.
Del resto la ratio della norma che impone la forma scritta della comunicazione delle violazioni e della rinuncia al fine di evitare equivoci e di chiarire la definitiva dissociazione del Direttore dei lavori, garante della regolare esecuzione dei lavori, dalle violazioni edilizie, viene evidenziata proprio in fattispecie come quella in esame, dove la successiva richiesta di approvazione di varianti e la domanda di concessione in sanatoria è stata motivatamente interpretata dalla Corte di merito come una conferma sostanziale dell’incarico ricevuto con il superamento delle pregresse generiche contestazioni verbali (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.09.2009 n. 34879 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAL'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 87 del codice delle comunicazioni non costituisce titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dal t.u. delle disposizioni in materia edilizia.
In base al recente e prevalente insegnamento giurisprudenziale:
- l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 87 del codice delle comunicazioni (d.lgs n. 259 del 2003) non costituisce titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dal t.u. delle disposizioni in materia edilizia, ma assorbe in sé e sintetizza ogni valutazione urbanistico-edilizia (cfr. Consiglio di Stato VI, 17.10.2008 n. 5044);
- ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l’installazione di impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, quando tale potere sia rivolto ad aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati; al Comune è consentito solo, con disposizione innovativa rispetto alle precedenti competenze in materia urbanistica, dettare prescrizioni volte a "minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art. 8, comma 6, legge n. 36 del 2001); a tale scopo può prevedere siti sensibili, quali scuole o ospedali, ma non può estendere siffatti siti a intere zone del territorio comunale, in conformità anche alla circolare regionale n. 12 del 2001 la quale aveva precisato che i Comuni potevano escludere dalla localizzazione "singoli edifici sensibili" purché fosse prevista una localizzazione alternativa "compatibile con il funzionamento della telefonia che deve essere garantito" (cfr. Consiglio di Stato, VI 19.06.2009 n. 4056);
- le verifiche di compatibilità edilizia e urbanistica delle infrastrutture di comunicazioni elettroniche vanno svolte nel corso del procedimento disciplinato dall’art. 87 d.lgs. n. 259/2003 ed escludono la necessità di un autonomo permesso comunale di costruire (cfr. C.S., VI, 28.02.2006, n. 889 e 27.10.2006, n. 6439).
- il titolo abilitativo per gli impianti di telefonia mobile si costituisce in forza di DIA o per silenzio assenso decorsi 90 giorni dalla presentazione del progetto senza che sia nelle more intervenuto un provvedimento espresso di diniego: dispone, invero, la norma (articolo 87, co. 9) che: "Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma" (cfr. Consiglio di Stato, VI, 26.01.2009 n. 355) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 10.09.2009 n. 1345 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Obbligo di valutazione delle opere abusive nel loro complesso.
La recinzione del complesso edilizio abusivo non può essere considerata autonomamente in quanto le opere abusive vanno considerate nel loro complesso.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte la valutazione di un’opera edilizia abusiva va effettuata con riferimento al suo complesso non potendosi considerare separatamente i suoi singoli componenti, così che, in virtù del concetto unitario di costruzione, la stessa può dirsi completata solo ove siano stati terminati i lavori relativi a tutte le parti dell’edificio; conseguentemente la permanenza del reato di costruzione in difetto di concessione cessa con la realizzazione totale dell’opera in ogni sua parte (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.09.2009 n. 34876 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione della normativa antisismica (natura del reato).
La contravvenzione di cui all’art. 14 della legge 05.11.1971 n. 1086, (che sanziona il costruttore delle opere in cemento armato quando omette, prima del loro inizio, di curare il deposito, presso l’ufficio tecnico regionale, della denuncia delle opere stesse, accompagnata da un regolare progetto e da una relazione illustrativa) è un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma con la omissione degli adempimenti richiesti dalla norma anzidetta, prima della esecuzione dei lavori, al fine di consentire il controllo preventivo sulle stesse.
Le violazioni dei decreti interministeriali che disciplinano la normativa tecnica per le costruzioni da realizzarsi in zone dichiarate sismiche hanno, invece, natura di reato permanente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.09.2009 n. 34860 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE.
Piani urbanistici - Piano territoriale di coordinamento provinciale – Natura – Atto di indirizzo - Ratio.
Il piano territoriale di coordinamento provinciale ha natura di atto di coordinamento e di indirizzo tipico della programmazione intermedia (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20.03.2000, n. 1493; TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, 10.03.2008, n. 130; TAR Toscana, Sez. III, 11.03.2004, n. 680).
Il rapporto tra la pianificazione provinciale e quella comunale non si pone in termini di gerarchia. La giurisprudenza è, difatti, concorde nell’affermare che la risalente nozione del sistema pianificatorio urbanistico come ordinato "a cascata" e cioè in forma sostanzialmente gerarchica si pone in contrasto con il principio costituzionale dell'autonomia degli enti territoriali (articolo 118 Costituzione), nonché con il criterio generale di riparto delle competenze in materia urbanistica delineato dalla normativa statale.
In un contesto ordinamentale in cui il principio di sussidiarietà, da un lato, e la spettanza al Comune di tutte le funzioni amministrative che riguardano il territorio comunale, dall'altro, orientano i vari livelli di pianificazione urbanistica secondo il criterio della competenza, il ruolo del Comune non può infatti essere confinato nell'ambito della mera attuazione di scelte precostituite in sede sovraordinata. Ciò comporta che il Comune, se non può disattendere le prescrizioni di coordinamento dettate dagli enti (Regione o Provincia) titolari del relativo potere, può però discrezionalmente concretizzarne i contenuti (Consiglio di Stato, Sez. IV, 01.10.2007, n. 5058).
Il piano territoriale di coordinamento provinciale si pone, dunque, per lo più, quale atto di indirizzo le cui determinazioni, per avere uno specifico effetto vincolante, dovranno essere recepite dallo strumento di pianificazione comunale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.09.2009 n. 4616 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Provvedimento illegittimo e poteri del giudice.
Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un’identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna disapplicazione riconducibile all’enunciato della L. 20.03.1865, n. 2248, allegato E, art. 5), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice.
La "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è condizione essenziale per la configurabilità di un’ipotesi di reato di cui all’art. 44 d.p.r. 06.06.2001, n. 380, mentre (a prescindere da eventuali collusioni dolose con organi dell’amministrazione) l’accertata esistenza di profili assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di riscontro dell’elemento soggettivo della contravvenzione contestata, anche riguardo all’apprezzamento della colpa (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.09.2009 n. 34809 - link a www.lexambiente.it).

APPALTIGara a trattativa privata: legittimità dell'annullamento dell'aggiudicazione.
Si deve ritenere previsto nell'ordinamento, in materia di gare pubbliche, il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti così da dare conoscenza all'Amministrazione dei requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti.
Detto principio, nasce dalla esigenza di assicurare alle amministrazioni aggiudicatrici un controllo preliminare dei requisiti dei concorrenti e di impedire che tale verifica venga vanificata o elusa con modificazioni soggettive in corso di gara dalle imprese candidate.
Va considerato legittimo, quindi, l'annullamento dell'aggiudicazione di una gara, a trattativa privata, all'impresa non invitata ma che per errore (dalla stessa indotto, e determinatosi per il fatto che, sia l'offerta che tutta la documentazione relativa erano state redatte su carta intestata ad entrambe le società) si è ritenuta essere una di quelle invitate, che sia oltretutto priva della necessaria autorizzazione per lo svolgimento di una parte del lavoro da affidare, e ciò anche in mancanza di un'esplicita previsione, in tale senso, nel capitolato d'appalto.
Invero, la circostanza che l'Amministrazione abbia previamente selezionato le ditte da invitare apprezzandone i requisiti di capacità tecnica, solidità economica, serietà, affidabilità, implica una valutazione fatta a monte che comporta logicamente la non necessità di una previsione analoga nel capitolato; ed è, infatti, proprio per questo che non si è previsto, nel capitolato, per la partecipazione, la subordinazione al possesso di autorizzazioni logicamente necessarie, appunto perché la verifica del possesso dei requisiti è stata data, pacificamente, per presupposta.
Logico, quindi, l'annullamento dell'aggiudicazione intervenuta a favore del soggetto diverso da quello invitato, non conosciuto dall'Amministrazione, privo delle necessarie autorizzazioni ministeriali, e che abbia dichiarato di avvalersi, in maniera peraltro parziale, delle capacità tecniche di una terza ditta anch'essa non conosciuta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2009 n. 5224 - link a www.
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CONSIGLIERI COMUNALI: ADOZIONE DEL P.R.G. E CONFLITTO DI INTERESSI.
Comune e provincia - Deliberazioni - Adozione P.R.G. - Conflitto di interessi - Dovere di astensione dei consiglieri comunali - Vizio della procedura - Sussiste.
La violazione, da parte degli amministratori locali, del divieto di cui all'art. 78, T.U.E.L., (prescrivente l'obbligo degli amministratori -tra cui rientrano anche i consiglieri comunali, ai sensi dell'art. 77 dello stesso corpus normativo- di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti od affini sino al quarto grado) riveniente il proprio fondamento di razionalità nel principio costituzionale di imparzialità dell'Amministrazione, e funzionale ad evitare che il consigliere non si trovi in posizione di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale, vizia di per sé i provvedimenti adottati dall'organo nel corso della seduta a cui ha partecipato il soggetto in posizione di incompatibilità, e ciò a prescindere dalla c.d. "prova di resistenza", in quanto la sola presenza del soggetto incompatibile viene ritenuta comunque influente sugli orientamenti del consesso (TAR Umbria, sentenza 07.09.2009 n. 509 - link a http://mondolegale.it).

URBANISTICA: Adozione di un piano regolatore - Impugnazione autonoma - Ammissibilità - Condizioni.
La delibera comunale di adozione di un piano regolatore è suscettibile di autonoma impugnazione in sede giurisdizionale in relazione ai vincoli concreti che da essa derivano allo ius aedificandi dei singoli proprietari rispetto alla previgente disciplina urbanistica dell'area interessata; a prescindere da tali profili, l'autonoma attitudine lesiva va riconosciuta alla successiva delibera di approvazione, che conclude il procedimento, e non già all'adozione, che si configura come atto infraprocedimentale.
Deve, pertanto, escludersi che la mancata, o la non utile impugnazione della delibera di adozione del P.R.G. sia idonea a limitare le possibilità di tutela giurisdizionale in ordine agli effetti lesivi conseguenti al provvedimento di approvazione (TAR Umbria, sentenza 07.09.2009 n. 509 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Restauro e risanamento conservativo.
In materia edilizia, perché un intervento possa essere configurato quale restauro o risanamento conservativo, è necessario che non venga mutata la qualificazione tipologica del manufatto preesistente ovvero i caratteri architettonici e funzionali che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie, gli elementi formali che configurano l’immagine caratteristica dello stesso e gli elementi strutturali, che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.
L’attività di restauro e risanamento conservativo si qualifica, pertanto, per un insieme di opere che lasciano inalterata la struttura dell’edificio, sia all’esterno che al suo interno, dovendosi privilegiare la funzione di ripristino della individualità originaria dell’immobile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.09.2009 n. 33536 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Beni ambientali. Bosco (individuazione).
La natura di zona boscata è determinata dalla presenza effettiva di bosco fitto di alto fusto o di bosco rado indipendentemente dal dato che la zona sia riportata come tale dalla Carta tecnica regionale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.09.2009 n. 33534 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICALa decadenza dei vincoli preordinati all’esproprio comporta il venir meno della disciplina urbanistica concernente le aree interessate e l’applicazione temporanea delle disciplina delle c.d. zone bianche.
L’art. 9, c. 3, D.p.r 08/06/2001 n. 327 (T.U espropriazioni) contempla la decadenza automatica dei vincoli preordinati all’esproprio se nel termine quinquennale l’autorità espropriante non dà continuità al procedimento espropriativo mediante l’approvazione di atto con valore di dichiarazione di pubblica utilità .
Per giurisprudenza consolidata, la decadenza dei vincoli comporta il venir meno della disciplina urbanistica concernente le predette aree, e l’applicazione temporanea delle disciplina delle c.d. zone bianche di cui all’art. 4, ultimo comma, lett. a) e b), l. 28.01.1977 n. 10 oggi sostituita dalla previsione di cui all’art. 9 TU edilizia approvato con D.p.r. 06.06.2001 n. 380.
La giurisprudenza, in via del tutto pacifica, ritiene che il regime temporaneo suddetto non esima il Comune dall’obbligo di provvedere a dettare una nuova disciplina urbanistica, mediante una variante specifica oppure una variante generale (ex plurimis Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 02.04.1984 n. 7, Consiglio di Stato sez. IV 17.07.2002 n. 3999, Cassazione sez. I 06.11.1998 n. 1158).
Emerge pertanto l’assoluta e ingiustificata inerzia dell’amministrazione intimata, che a fronte di istanza del ricorrente, non ha tutt’ora adempiuto al dovere di darvi risposta, fatto idoneo ad integrare oltre la responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale in relazione al pagamento delle spese del presente giudizio, la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 328 c.p. (ex multis Cassazione penale 02.04.2009 sent. n. 14466). Inoltre, quantomeno a partire dall’entrata in vigore della l. 18.06.2009 n. 69, soccorre in ipotesi la eventuale responsabilità risarcitoria per il danno da ritardo in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, per la quale vi è giurisdizione del G.A. (art 2-bis l. 241/1990 nel testo introdotto dalla l. 18.06.2009 n. 69) (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 31.08.2009 n. 2027 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Veicoli fuori uso.
A seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 2092003, con cui è stata recepita la direttiva CE 532000, deve considerarsi fuori uso sia veicolo di cui il proprietario si disfaccia, sia quello destinato alla demolizione ufficialmente privato della targa di immatricolazione, nonché quello che risulti in evidente stato abbandono (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.07.2009 n. 30409 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Falsa rappresentazione dello stato dei luoghi.
Costituisce pacifico principio che le planimetrie presentate a corredo della richiesta di certificazioni o autorizzazioni, redatte, secondo le vigenti disposizioni, dall’esercente una professione necessitante speciale autorizzazione dello Stato, hanno natura di certificato, poiché assolvono la funzione di dare alla pubblica amministrazione un’esatta informazione dello stato dei luoghi; conseguendone, pertanto, che rispondono del delitto previsto dall’ari. 481 cod. pen. il professionista che redige le planimetrie e il committente che firma la domanda fondata sulla documentazione infedele (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.07.2009 n. 30401 - link a www.lexambiente.it).

ENTI LOCALIIl datore di lavoro pubblico è colui il quale ha il potere gestionale sui luoghi di lavoro.
Prima sentenza della Cassazione nell'individuazione del "datore di lavoro" dopo il D.Lgs. n. 81/2008.

L'art. 64 D.Lgs. n. 81 del 2008 prevede che il "datore di lavoro" provvede affinché i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'art. 63, commi 1, 2 e 3 (tra cui c'è il requisito della salubrità). A tal fine, per "datore di lavoro" negli enti pubblici deve intendersi chi in concreto abbia il potere gestionale sui luoghi di lavoro.
L'art. 2 D.Lgs. n. 81 del 2008 prevede espressamente che nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, D.Lgs. 30.03.2001, n. 165, per "datore di lavoro" si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione. Solo nel caso in cui un funzionario non avente qualifica dirigenziale sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa, sullo stesso ricadono gli obblighi di prevenzione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.07.2009 n. 29543).

EDILIZIA PRIVATA: Sanatoria e pendenza ricorso al TAR.
Nell’ipotesi di ricorso al TAR avverso il diniego dl concessione edilizia in sanatoria ex art. 36 del T.U. n. 380/2001 il procedimento penale non deve essere sospeso, poiché l’art. 45, 1° comma, del TU. dispone che "qualora venga richiesta concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 36 l’azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria" (Corte di Cassazione, Sez. III sentenza 13.07.2009 n. 28533 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATASulla natura dichiarativa del certificato di destinazione urbanistica.
Il certificato di destinazione urbanistica non ha carattere costitutivo ma meramente dichiarativo e gli effetti giuridici che dallo stesso risultino discendono da altri precedenti provvedimenti che hanno determinato la situazione giuridica acclarata con il certificato. Infatti questo è una tipica dichiarazione di scienza proveniente dalla pubblica amministrazione circa il contenuto degli strumenti urbanistici.
Ne consegue che nel documento in questione deve essere riportato solo quanto risulta dagli atti, senza che possano essere compiute valutazioni circa l’attualità e l’efficacia delle prescrizioni relative all’area del richiedente (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 07.05.2009 n. 957 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICISindaci fuori strada - Niente manutenzione? C’è lesione. Cassazione sulle responsabilità per i danni a persone.
La Cassazione responsabilizza le amministrazioni locali e chiede maggiore attenzione sulla sicurezza nelle strade comunali. Rischiano infatti una condanna
per lesioni colpose, nel caso qualche cittadino si sia ferito su una strada priva di
manutenzione, il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico dell’ente locale che non fanno niente per verificare la situazione.
Non che «debbano effettuare ronde» ma «è sicuramente doveroso il loro attivarsi per avere attraverso le varie articolazioni operative dei competenti uffici, le informazioni necessarie sullo stato delle strade comunali nonché per adottare i provvedimenti organizzativi specifici per l’eliminazione dei pericoli».
Il monito dei giudici di «Piazza Cavour» è contenuto nella sentenza 23.09.2008 n. 36475.
In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dall’allora sindaco di Taormina (con delega ai lavori pubblici) e dall’allora responsabile dell’ufficio tecnico comunale che erano stati condannati, prima dal
giudice di pace e poi dal tribunale di Messina, per lesioni personali colpose (in concorso fra loro) dal momento che nel centro della cittadina siciliana una signora era inciampata «su un dislivello privo di segnalazione» davanti a un negozio.
Contro questa condanna i due hanno fatto ricorso in Cassazione, ma hanno perso: la quarta sezione penale ha infatti condiviso la sentenza del tribunale, perché, ha scritto, «correttamente i giudici di merito hanno ritenuto di affermare la responsabilità dei due imputati per causa della loro qualità».
Non basta. Con una sentenza importante sotto tanti profili, non ultimo forse la prima o una delle pochissime a responsabilizzare le amministrazioni locali sulla manutenzione delle strade, è stato anche precisato che «la posizione di garanzia che il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico del comune assumono sulla base di una generale norma di diligenza che impone agli organi dell’amministrazione comunale, rappresentativi o tecnici che siano, di vigilare nell’ambito delle rispettive competenze per evitare situazioni di pericolo ai cittadini, situazioni di pericolo derivanti dalla non adeguata manutenzione e dal non adeguato controllo dello stato delle strade comunali».
Fra l’altro all’interno del «Palazzaccio» la decisione non ha trovato il favore di tutti.
Infatti la procura generale ha sollecitato un annullamento e non una conferma della decisione con la quale il primo cittadino era stato condannato (articolo ItaliaOggi del 24.09.2008, pag. 39).

AGGIORNAMENTO AL 23.09.2009

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QUESITI & PARERI

URBANISTICA: Indicazioni operative sulla verifica della componente geologica dei P.G.T. da parte delle Province (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 03.08.2009 n. 15628 di prot.).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: A. Fossati,  L.R. 16.07.2009, n. 13: “Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia” - Una legge speciale “a tempo”.
Con un utile fac-simile di deliberazione di C.C. per l'attuazione della suddetta legge regionale (ndr: piano casa Lombardia).

ATTI AMMINISTRATIVI: S. Cresta, Il nuovo volto del procedimento amministrativo, in particolare della Dia (L. 69/2009) (link a www.altalex.com).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: In pensione con 40 anni di contributi.
Si estende la possibilità delle pubbliche amministrazioni di mandare in pensione i propri dipendenti: i 40 anni di anzianità per far scattare il recesso unilaterale sono conteggiati sui contributi e non più sul servizio effettivo come era previsto all'art. 6, comma 3, della legge delega n. 15/2009 che aveva modificato, restringendolo, l'ambito di applicazione della norma introdotta dalla manovra finanziaria nell'estate del 2008. Di conseguenza, dal 5 agosto scorso è possibile mandare in pensione -con atto unilaterale- i dipendenti pubblici con 40 anni di contributi.
Lo stabilisce la legge 03.08.2009 n. 102 di conversione del decreto anticrisi (78/2009).
Al fine di chiarire le ricadute sui destinatari della legge n. 15/2009, in vigore da marzo ad agosto di quest'anno, e per meglio illustrare l'ambito di applicazione della norma, il ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, Renato Brunetta, ha emanato il 16 settembre scorso una apposita circolare che conferma in generale quanto già illustrato con la circolare n. 10 del 2008.
La nuova circolare chiarisce che la norma si applica anche ai dirigenti, con la sola esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa.
Per i comparti difesa, sicurezza ed esteri, la determinazione dei criteri e delle modalità di applicazione è demandata ad appositi decreti del Presidente del Consiglio.
La circolare n. 4/2009 chiarisce inoltre il carattere eccezionale dell'intervento limitato al triennio 2009-2011. La norma è immediatamente applicabile ed è valida fino al 31.12.2011.
L'amministrazione, si legge nella circolare, esercita la facoltà di risoluzione unilaterale nell'ambito del potere datoriale con l'unica condizione del preavviso di 6 mesi (link a www.
governo.it).

VARI: 8 milioni di euro per l'acquisto di nuove biciclette.
Ripartono il 25.09.2009 gli eco-incentivi, ossia i contributi previsti per incentivare l'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale, come biciclette, ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli. Obiettivo: contribuire al raggiungimento e al mantenimento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, attraverso la riduzione delle emissioni in atmosfera.
L'iniziativa è frutto di un accordo tra ministero dell'Ambiente, Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) e CEI CIVES (Comitato elettrotecnico italiano - Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali). Grazie all'accordo, che stanzia circa 8 milioni di euro, qualsiasi cittadino, dotato di codice fiscale, può acquistare una bicicletta con un incentivo pari al 30% del costo fino ad un massimo di 200 Euro.
Possono essere acquistate soltanto le biciclette dei costruttori certificati dall'ANCMA presso i rivenditori autorizzati: le informazioni sui costruttori e rivenditori sono reperibili in una sezione dedicata del sito del ministero. Per usufruire dello sconto non è necessaria altra formalità, se non quella di fornire al rivenditore i propri dati anagrafici e copia del proprio documento d'identità.
 I nuovi incentivi prevedono anche che siano finanziate le prenotazioni fatte in precedenza, sulla base dell'accordo dell'anno precedente, che non erano state soddisfatte per il temporaneo esaurimento dei fondi. Il Ministero dell'Ambiente in tempi brevi contatterà i rivenditori per dare formale notizia della soluzione positiva della pratica (link a www.governo.it).

GIURISPRUDENZA

ATTI AMMINISTRATIVISull'inerzia dell'amministrazione comunale nel rispondere, nei termini della l. n. 241/1990, ad istanze di parte.
Emerge l’assoluta e ingiustificata inerzia dell’amministrazione intimata che, a fronte di ripetute istanze, non ha ancora adempiuto al dovere di darvi risposta, fatto idoneo ad integrare oltre la responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale in relazione al pagamento delle spese del presente giudizio, la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 328 c.p. (ex multis Cassazione penale 02.04.2009 sent. n. 14466).
Inoltre, quantomeno a partire dall’entrata in vigore della l. 18.06.2009 n. 69, soccorre la eventuale responsabilità risarcitoria per il danno da ritardo in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, per la quale vi è giurisdizione del G.A. (art. 2-bis l. 241/1990 nel testo introdotto dalla l. 18.06.2009 n. 69) (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 2100 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUna volta che è stato demolito l'immobile abusivo l’irrogazione della sanzione dell'acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile stesso non ha più ragion d’essere.
L’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune dell’immobile abusivo non demolito si atteggia come una sanzione impropria e che essa acquisizione è preordinata principalmente alla demolizione dell’immobile, per cui una volta che questa finalità è stata raggiunta, l’irrogazione della sanzione prima indicata non ha più ragion d’essere.
L'acquisizione dell’area di sedime dell’immobile non è un fatto autonomo, ma è collegata all’esigenza dell’acquisizione dell’immobile, per dare allo stesso la sua base superficiaria, onde la conseguenza che essa non è di per se stessa abusiva, e non può perciò essere acquisita, senza l’acquisizione dell’immobile abusivo, determinandosi altrimenti una sorta di espropriazione “sine titulo”.
Da ciò la conseguenza che, demolito l’immobile (abusivo), non vi è la possibile di acquisire l’area di sedime (non abusiva) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.09.2009 n. 5166 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVILa conferenza di servizi riverbera certamente i suoi effetti sull'atto finale ma non assurge alla dignità di organo "ad hoc", né acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva.
Con sentenza n. 383/2007 questa Sezione ha avuto modo di osservare, in una analoga controversia, che “la conferenza di servizi, proprio perché è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, riverbera certamente i suoi effetti (che sono di natura procedimentale) sull'atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 09.07.1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo "ad hoc", né acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva (cfr. Cons. St. IV Sez. 14.06.2001 n. 3169)”.
Per conseguenza, esprimendo un avviso dal quale non si rinvengono motivi per discostarsi, deve concludersi per la natura endoprocedimentale di tali atti, trattandosi di verbali di conclusione dei lavori di conferenze di servizi che, seppur decisorie, non assurgono al rango di provvedimenti conclusivi e quindi idonei a pregiudicare la posizione giuridica della società ricorrente (TAR Toscana, sez. II, 14.03.2007, n. 383; id. 20.10.2006, n. 4565) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1398 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Dichiarazione di non presenza di condanne penali ed automatica esclusione.
Nell’attuale contesto normativo le imprese partecipati ad una gara d’appalto hanno l’obbligo di attestare, tra le altre, anche l’assenza della causa ostativa consistente nel non aver riportato condanne penali definitive assistite dal beneficio della non menzione nel certificato generale del casellario giudiziale spedito a richiesta privata condanne che, com’è noto, appaiono invece nel certificato predetto ove richiesto (e rilasciato) da Ente pubblico o concessionario di pubblico servizio.
La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di emergenze penali integra una autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere la moralità professionale dell’impresa; tanto vale anche per fattispecie compiutasi nel previgente regime (nel quale non erano da dichiarare le condanne non menzionate) in virtù della cogenza del successivo accertamento, attraverso il controllo d’ufficio ex art. 75, D.P.R. n. 445/2000, della risultanza della condanna stessa dal certificato del Casellario giudiziale rilasciato alla P.A.
(TAR Piemonte, Sez. I, ordinanza 20.07.2009 n. 601 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 21.09.2009

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QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: I. Pisani e L. Spallino, Piano Casa della Regione Lombardia: primi interrogativi (link a www.studiospallino.it).

GURI - BUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 37 del 17.09.2009:
- "Determinazioni in merito alle Disposizioni Attuative Quadro e ai criteri di riparto dell'aiuto n. 380/2008 «10.000 ettari di boschi e sistemi verdi multifunzionali» (art. 55, l.r. n. 31/2008)" (deliberazione G.R. 29.07.2009 n. 9947 - link a www.infopoint.it);
- "Approvazione del primo bando relativo all'iniziativa denominata «10.000 ettari di boschi e sistemi verdi multifunzionali» Esercizio 2009" (decreto D.U.O. 11.09.2009 n. 9000 - link a www.infopoint.it).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto: risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro - legge 03.08.2009, n. 102 "Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 01.07.2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali" - art. 17, commi 35 novies e decies, del d.l. come modificato in sede di conversione (circolare 16.09.2009 n. 4/2009 - link a www.innovazionepa.gov.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: L. Oliveri, Chi ha il part-time può tornare a tempo pieno.
La legge n. 133/2008 non ha abolito il diritto dei dipendenti del comparto regioni-enti locali che hanno ottenuto il part-time a rientrare a tempo pieno, trascorsi due anni dalla trasformazione. Come è noto, l'articolo 73 della manovra estiva del 2008 ha modificato il regime del tempo parziale nel lavoro pubblico, ripristinando per le pubbliche amministrazioni la facoltà di concedere o negare la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale dell'orario di lavoro, richiesta dai dipendenti. Fino alla riforma, per effetto della legge n. 662/1996, i lavoratori pubblici vantavano un vero e proprio diritto potestativo ad ottenere la trasformazione.
Sulla base della riforma imposta dal ministro Brunetta, sicuramente chiara nel suo contenuto, si vanno diffondendo, però, tra gli operatori prassi attuative, tendenti a estendere gli effetti dell'articolo 73 oltre la sua specifica portata. Sono state infatti formulate teorie secondo le quali la facoltà di concedere o negare il part-time simmetricamente varrebbe anche per le istanze di rientro dal part-time. Insomma, come l'amministrazione può giustificare il diniego all'istanza di trasformazione dal tempo pieno a quello parziale, altrettanto potrebbe avvenire per l'inverso.
Tuttavia, questa sorta di «proprietà inversa» degli effetti dell'articolo 73 della legge n. 133/2008 non trova supporti normativi, sui quali reggersi. La norma della manovra del 2008, infatti, si limita a modificare l'articolo 1, commi 58 e 59, della legge n. 662/1996: non tocca altre disposizioni normative, né legislative, né contrattuali. L'articolo 4, comma 14, del Ccnl 14/09/2000 del comparto prevede che «i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico». Si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo, che trova la sua fonte diretta nel contratto collettivo, non intaccata né direttamente, né indirettamente dalla riforma. Per considerarsi abolita o disapplicata, la norma contrattuale dovrebbe essere esplicitamente indicata come tale dalla legge, oppure porsi in irrimediabile contrasto con essa. Tuttavia, le nuove norme sul part-time né aboliscono espressamente disposizioni contrattuali, né si pongono in contrasto con loro. L'articolo 73 disciplina, infatti, esclusivamente la fase della trasformazione dal tempo pieno al part-time, riattribuendo poteri discrezionali all'amministrazione, ad uno scopo preciso: porre rimedio al depauperamento della forza lavoro che derivava dalla contestuale presenza di restrizioni sulle assunzioni di personale, e dall'impossibilità sostanziale di opporsi a richieste di trasformazione a part-time.
La norma, dunque, non riguarda in alcun modo il percorso inverso. Anzi, proprio perché l'intento dell'articolo 73 è permettere alle amministrazioni di agire per mantenere livelli di forza lavoro considerati necessari per l'organizzazione, il rientro dal part-time è da considerare non certo un fattore negativo, ma al contrario giovevole per i datori di lavoro pubblici.
Unico limite al rientro dal part-time, potrebbe considerarsi, semmai, il rispetto del tetto di spesa del personale, dal momento che esso comporterebbe dei costi.
Tuttavia, poiché, come visto, il contratto del 14/09/2000 prevede un vero e proprio diritto soggettivo del dipendente a rientrare a tempo pieno, gli enti hanno il corrispondente onere di programmare la spesa di personale, tenendo conto degli eventuali oneri scaturenti da possibili rientri del personale dal tempo pieno a quello parziale.
Nel caso in cui, invece, i dipendenti siano stati assunti direttamente a part-time, su posti della dotazione organica previsti appunto a tempo parziale, nel caso di richieste di ampliamento dal tempo parziale a quello pieno le amministrazioni conservano il potere, come sempre è stato, di concedere o denegare l'istanza, dovendo agire, comunque, preventivamente sulla dotazione organica e valutando preventivamente anche in questo caso gli oneri finanziari derivanti (articolo ItaliaOggi del 19.09.2009, pag. 35).

CONDOMINIO: La sicurezza sul lavoro e il Condominio secondo il Ministero del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro, in linea con le disposizioni del decreto legislativo 09.04.2008, n. 81, intende promuovere la diffusione della cultura della sicurezza e della prevenzione.
In tale ottica il sito del Ministero ha attivato una sezione apposita "Sicurezza sul Lavoro" curata da personale competente che contiene documenti e informazioni per la sicurezza sul lavoro.
Segnaliamo in particolare i pareri in relazione agli adempimenti per la sicurezza che deve porre in essere il Condominio (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Comunicazione del nominativo del RLS all'INAIL.
Con la circolare 25.08.2009, n. 43 l'INAIL ha definito le istruzioni per la trasmissione dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nel rispetto delle modifiche intervenute con la pubblicazione del correttivo al Testo unico della sicurezza sul lavoro (link a www.acca.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: Le più recenti modifiche al Decreto Legislativo n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).
D.Lgs. n. 152/2008, Legge n. 201/2008 di conversione del D.L. n. 162/2008 e L. n. 2/2009 di conversione del D.L. n. 185/2008.
Le ultime innovazioni, oltre ad interessare la definizione dei compensi da porre a base d’asta per i bandi di progettazione, riguardano in particolare l’istituto del Project Finance il quale, di fatto, è stato uniformato al modello utilizzato in ambito anglosassone (link a www.centrostudicni.it).

APPALTI: ANCHE LE FONDAZIONI POSSONO PARTECIPARE ALLE PROCEDURE DI GARA (link a www.mediagraphic.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Ramacci, Articolo 674 cod. pen. e inquinamento atmosferico nella giurisprudenza della Cassazione (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, La protezione del bene ambientale-paesaggistico risponde ad un interesse pubblico prevalente su quello privato per la rilevanza costituzionale che il primo presenta ex articolo 9 della Costituzione (link a www.lexambiente.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità del privato per attività illegittimamente autorizzata.
Il privato, la cui attività costituente reato sia stata autorizzata con atto amministrativo illegittimo, risponde penalmente anche se non sia provata la sua collusione con l’autorità amministrativa degli illeciti compiuti in virtù dì quell’atto, sempre che sia consapevole della sua illegittimità o che di essa possa rendersi conto (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.09.2009 n. 35210 - link a www.
lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione di sigilli e responsabilità del custode.
Qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.09.2009 n. 35208 - link a www.
lexambiente.it).

ENTI LOCALIPer effettuare un pagamento a favore di un ente pubblico non è necessaria alcuna reversale di incasso predisposta dagli uffici.
In base al principio contenuto ancora nell’art. 197, comma 2, del RD 12.02.1911 n. 297 (in seguito nuovamente codificato nell’art. 24, comma 4, del Dlgs. 25.02.1995 n. 77 e ora nell’art. 180, comma 4, del Dlgs. 18.08.2000 n. 267) il tesoriere deve accettare la riscossione di ogni somma versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di un ordinativo di incasso (è poi compito del tesoriere dare immediata comunicazione all'ente dell’avvenuto pagamento richiedendo la conferma o la regolarizzazione) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.09.2009 n. 1688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASul ritardato pagamento del contributo di costruzione in forma rateizzata.
La natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l’ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest’ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo.
Pertanto, se il rapporto con l’amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l’adempimento.
Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall’amministrazione (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.09.2009 n. 1688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: REITERA DELL'ATTO ANNULLATO PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
1.- Atto amministrativo - Annullamento giudiziale - Per difetto di motivazione - Reiterazione - Possibilità - Atti di controllo - Eccezione.
2.- Deliberazioni - Modifica P.R.G. - Approvazione - Regione - Natura rapporti tra Enti Locali.
3.- Deliberazioni - Modifica P.R.G. - Approvazione - Regionale - Annullamento giurisdizionale della D.G.R. di approvazione della variante al P.R.G. - Difetto di Motivazione - Mantenimento atto amministrativo - Motivazione nuova - Ammissibilità.

1.- Se è vero, in termini generali, che la p.A., il cui provvedimento sia stato annullato con sentenza del G.A. per difetto di motivazione conserva il potere di determinarsi nuovamente sull'affare, potendo addurre a sostegno del novello provvedimento (il cui contenuto dispositivo potrebbe anche essere simile a quello annullato) una motivazione che non incorra nei vizi già censurati dal giudice, con riguardo agli atti di controllo potrebbe, in verità, sostenersi che la sentenza (che si pronunci sul difetto di motivazione) sia autoesecutiva, disponendo l'eliminazione del provvedimento annullato senza che la P.A. interessata possa ritenersi reinvestita del potere di determinarsi nuovamente sull'affare, essendo esaurito il potere di controllo con l'emissione dell'atto tutorio in precedenza impugnato.
2.- Il provvedimento regionale di approvazione degli atti deliberativi del comune di adozione di uno strumento urbanistico (ovvero di una sua variante, come nel caso di specie), per quanto partecipi, in qualche misura, della natura sostanziale dell'atto di controllo è un provvedimento che, congiuntamente con quello del Comune, concorre alla produzione degli effetti tipici del provvedimento conclusivo del complesso procedimento di pianificazione urbanistica, di competenza dell'amministrazione comunale e, congiuntamente, di quella regionale. Ruoli e competenze di regione e comuni sono, dunque, distinti ma convergenti nella produzione degli effetti propri del provvedimento conclusivo del complesso procedimento di pianificazione mediante l'emissione del provvedimento finale, che si perfeziona in due momenti: adozione da parte del consiglio comunale; approvazione regionale - previa interlocuzione con l'ente locale ed, eventualmente, con i proprietari ed altri soggetti interessati, che possono intervenire con la presentazione di osservazioni.
3.- Nel caso di annullamento della D.G.R. di approvazione (sia pure con modifiche d'ufficio) della variante al P.R.G., residua in capo alla Regione il potere di ritornare -in esecuzione della sentenza- sulle sue determinazioni, reiterando, con una corretta motivazione, il provvedimento annullato in sede giudiziale. Corollario di quanto testé affermato è che la motivazione di un atto uguale, nel dispositivo, a quello annullato, può presentarsi come diversa dalla prima, nei limiti in cui la motivazione originaria risulti integrata e meglio esplicata nel provvedimento reiterato (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 10.09.2009 n. 2382 - link a
http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: NOZIONE DI "VOLUME TECNICO" IN MATERIA DI ABUSI EDILIZI.
1. Abusi - Ordine di riduzione in pristino - Sussistenza - Casi - Ragioni - Qualificazione giuridica di volume tecnico.

1. Per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore in materia tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, ossia che il manufatto abbia un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che, tali costruzioni, non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa.
Pertanto, al di fuori di tale ambito, il concetto non può essere utilizzato né dall'amministrazione né dal privato al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi, comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR Campania Napoli, sez. IV, 07-11-2008 n. 19352; TAR Campania Napoli, sez. IV, 13-05-2008 n. 4258) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 09.09.2009 n. 4903 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla natura del servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali.
E' illegittimo l'affidamento di un servizio pubblico a rilevanza economica da parte di un comune per non aver di trasmesso gli atti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato al fine di acquisirne il prescritto parere.

Il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un'attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull'assetto concorrenziale del mercato di settore. Pertanto, nella caso di specie è viziata la delibera con cui il comune ha affidato in toto, alla società concessionaria, il servizio di illuminazione votiva, richiamando l'art. 113-bis del t.u.e.l. (d.lgs. n. 267/2000), sull'erroneo presupposto che il servizio di cui trattasi costituisca "servizio pubblico privo di rilevanza economica".
Gli affidamenti in deroga disciplinati dall'art. 23-bis, c.3, del d.l. 25.06.2008 n. 112, convertito in l. 06.08.2008 n. 133, devono avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria; pertanto, l'ente locale che intenda affidare un servizio pubblico locale ai sensi della suddetta disposizione, deve presentare una richiesta di parere, corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti, all'Agcm, prima di adottare la deliberazione di affidamento del servizio e, in ogni caso, in tempo utile per il rilascio del prescritto parere. In particolare, l'ente locale deve fornire alla predetta Autorità: una relazione contenente gli esiti delle indagini di mercato, da cui risulti la convenienza dell'affidamento diretto rispetto all'esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; informazioni circa le modalità con le quali sono stati resi pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le indicazioni soggettive relativa all'impresa interessata. L'autorità quindi rilascia il parere previsto, ma in caso di incompletezza delle informazioni può fissare un termine per il completamento della richiesta di parere. All'esito della procedura, l'ente locale deve tener conto del parere rilasciato.
Conseguentemente, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento del comune che ha stabilito la gestione diretta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale e ha affidato la riscossione dei proventi ad una società interamente partecipata dal comune, in quanto è stato adottato in violazione dell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008, non essendo stato adempiuto l'obbligo di trasmettere gli atti all'Autorità al fine di acquisirne il prescritto parere (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 08.09.2009 n. 1430 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATAI lavori di trasformazione di due finestre in porta-finestre non sono opere di manutenzione straordinaria ma di ristrutturazione edilizia.
I ricorrenti hanno trasformato, in zona vincolata (Comune di Filettino, all’interno del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini: v. legge della Regione Lazio 29.01.1983, n. 8), due vani finestra in altrettante porte-finestra.
Questi lavori comportavano una modifica del prospetto dell’edificio.
Il prospetto (o alzata) di un edificio, infatti, è lo sviluppo in verticale di esso, così come la pianta è lo sviluppo in orizzontale; ed in quanto tale il prospetto è certamente modificato dalla trasformazione di due vani finestra in altrettante porte-finestra.
I ricorrenti richiamano in proposito una sentenza della Cassazione penale (Sez. III, 09.02.1998, n. 3849), la quale avrebbe inequivocabilmente escluso dal concetto di prospetto le aperture senza sporgenze. Ma il richiamo non appare esatto, perché le sporgenze attengono alla sagoma (vale a dire al profilo, o linea esterna, o contorno, di un edificio) non già al prospetto.
Le opere in argomento dunque, in quanto modifiche di prospetto, concretavano ristrutturazione edilizia; e in quanto tali necessitavano di un preventivo assenso paesaggistico dell’Ente preposto [artt. 146 e 142, lettera f) del decreto legislativo 22.01.2004, n. 42] e di un preventivo assenso edilizio [permesso di costruire o d.i.a. “pesante”: artt. 10, lettera c), e 22, lettera a), del D.P.R. 06.06.2001, n. 380].
Le opere, invece, sono state realizzate senza quei preventivi assensi.
Correttamente, dunque, l’impugnata ordinanza n. 11 del 24.02.2005 –data la natura dei lavori e la violazione dell’obbligo di astenersi dall'avviarli fino a quando non se ne fosse ottenuta l'autorizzazione (art. 146, comma 2, d.lgs. n. 42/2004) ha imposto il ripristino ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, il quale prevede, appunto, che “il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità … (omissis: n.d.r.) … nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi”.
E correttamente altresì –trattandosi di opere ormai realizzate– l’Ente Parco naturale regionale dei Monti Simbruini ha negato il proprio assenso postumo richiamando il citato art. 146, d.lgs. n. 42/2004, il quale in effetti, al quarto comma, prevede espressamente che l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, e non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.
Ne consegue che le opere abusivamente realizzate non possono essere qualificate semplici lavori di “manutenzione straordinaria”. Esse vanno invece qualificate come interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi del citato art. 10, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001 (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 04.09.2009 n. 8380 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non occorre la concessione edilizia per costruire una serra se la stessa sia costruita su un fondo destinato ad uso agricolo, per finalità inerenti esclusivamente alla coltivazione del terreno, fuori dal centro abitato, formata di materiali facilmente amovibili, non infissa stabilmente al suolo o eseguita con opere murarie né collegata con altre opere costruttive edilizie o che abbia dimensioni tali da non incidere negativamente sull'ambiente circostante.
Va precisato che la giurisprudenza amministrativa ha escluso la necessità del titolo abilitativo solo nell'ipotesi in cui la serra sia costruita su un fondo destinato ad uso agricolo, per finalità inerenti esclusivamente alla coltivazione del terreno, fuori dal centro abitato, formata di materiali facilmente amovibili, non infissa stabilmente al suolo o eseguita con opere murarie né collegata con altre opere costruttive edilizie o che abbia dimensioni tali da non incidere negativamente sull'ambiente circostante (cfr. Cons. Stato., sez. V, 14.03.1980, n. 284).
L’edificazione di cui si controverte non presenta alcuna delle caratteristiche che consentirebbero di prescindere dal rilascio della concessione edilizia.
Essa, infatti, come riconosciuto dalla stessa parte ricorrente nella propria memoria difensiva, insiste su un’area “situata nel perimetro cittadino ed in zona relativamente centrale”.
Né può rilevare la presunta agevole rimovibilità delle strutture, costituite da strutture tubolari metalliche, dal momento che le medesime sono saldamente ancorate al suolo mediante fondazioni cementizie di rilevanti dimensioni (m. 26 x 8).
La natura e consistenza di tali fondazioni rendeva palese l’attitudine della fabbricazione a permanere nel tempo e ad influire sulla razionale sistemazione del territorio, cosicché non può dubitarsi che un intervento con tali caratteristiche necessitasse del previo rilascio di concessione edilizia (cfr., in fattispecie analoghe, Cons. Stato, sez. IV, 06.03.2006, n. 1119 e sez. V, 08.06.2000, n. 3247), in difetto della quale il Comune di Torino ha legittimamente ingiunto la demolizione dell’edificazione abusiva (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.09.2009 n. 2262 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla nozione di pertinenza edilizio-urbanistica.
Rimarca, al riguardo, la Sezione come sia fin troppo noto che la giurisprudenza amministrativa scolpisce una nozione di pertinenza edilizia assolutamente divergente dall’accezione civilistica di pertinenza e più ristretta di quest’ultima, circoscrivendola a quei manufatti tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio, cioè di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono; deve, inoltre, trattarsi di opera preordinata ad una esigenza necessaria dell'edificio principale (TAR Basilicata, sez. I, 24.01.2009, n. 1) e funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, riguarda soltanto opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che dal punto di vista delle dimensioni e della funzione si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 05.11.2008, n. 4473) e non siano quindi coessenziali al bene principale (TAR Campania–Napoli, Sez. IV, n. 10138/2008).
Ed è opportuno rimarcare che presupposto imprescindibile della nozione di pertinenza urbanistico–edilizia è, ad avviso della Sezione, l’esistenza di una res principalis, che deve di necessità consistere in un immobile materiale e non può coincidere con un’impresa. A nulla giova al ricorrente, dunque, allegare che i manufatti abusivi da lui realizzati, dal preteso carattere pertinenziale, siano accessivi alla sua impresa, se poi difetta il predetto ineludibile presupposto materiale costituito dalla previa esistenza e consistenza di una res immobiliare principale (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.09.2009 n. 2247 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con la descrizione della accertata abusività dell'opera, salva l'ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso e il protrarsi della inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato.
La Sezione ha già in diverse occasioni, infatti, precisato che, come a più riprese affermato dalla giurisprudenza, l'ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con la descrizione della accertata abusività dell'opera, “salva l'ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso e il protrarsi della inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, ipotesi questa sola, in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche alla entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato” (TAR Piemonte, Sez. I, 02.03.2009, n. 618; TAR Piemonte, Sez. I, 31.01.2009, n. 108, Ord., con richiamo ivi a Consiglio di Stato, Sez. IV, 06.06.2008, n. 2705; TAR Campania-Napoli, Sez. III, 18.09.2008, n. 10345; in terminis, Consiglio Stato, Sez. V, 04.03.2008, n. 883). Me non è questo il caso del ricorrente, come tra breve si noterà.
Deve peraltro anche segnalare il Collegio l’esistenza di altro recente orientamento, secondo il quale la demolizione è “atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso - anche se risalente nel tempo - senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati” (TAR Emilia Romagna-Parma, 21.05.2008, n. 260).
Detto orientamento fa registrare voci ancor più rigorose, essendosi recentemente stabilito che l’ordinanza di demolizione è “espressione di potere autoritativo non soggetto a prescrizione o decadenza, posta la prevalenza dell'aspettativa della collettività a vedere rispettate le norme in materia edilizia ed urbanistica, rispetto all'affidamento del contravventore a vedere conservata l'opera abusiva, anche se realizzata molti anni prima: rilevando una situazione di illiceità permanente, il mero decorso del tempo non basta a far insorgere nel privato l'affidamento sul consolidarsi dell'interesse alla conservazione del bene, né, di conseguenza, è sufficiente ad imporre una specifica motivazione sull'esistenza di un interesse pubblico attuale prevalente” (TAR Toscana, Sez. III, 13.05.2008, n. 1457).
Ma quand’anche il Collegio dovesse rimanere ancorato all’orientamento più liberale, rammenta che la Sezione si è già di recente pronunciata su fattispecie identica, nella quale veniva in rilevo un abuso commesso 15 anni prima del suo rilevamento ed ha affermato che “trapiantando gli evocati principi alla fattispecie concreta sottoposta al suo esame, ritiene che 15 anni non integrino quell’enorme lasso di tempo che impone secondo l’orientamento al quale la Sezione ha aderito e che ha di recente espresso (TAR Piemonte, Sez. I, 02.03.2009, n. 618) anche nella sede cautelare, un onere di specifica illustrazione dell’interesse pubblico alla repressione del conclamato abuso” (TAR Piemonte, Sez. I, 24.04.2009, n. 1168).
Conferendo veste concreta alle teorizzazioni giurisprudenziali, ritiene, dunque, la Sezione di dover ribadire il principio, già enunciato con la sentenza 24.04.2009, n. 1168, per il quale 15 anni di tempo decorsi dalla commissione dell’abuso edilizio all’epoca del suo rilevamento da parte del Comune non integrano quell’enorme lasso di tempo che in ossequio all’indirizzo prevalente del Giudice amministrativo cui la Sezione ha pure di recente prestato adesione, impongono che nell’ordinanza di demolizione venga esplicitato e definito l’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’opera abusiva.
Rammenta il Collegio che sul punto la giurisprudenza, che la Sezione fa propria e della cui esattezza è motu proprio convinta, è unanime nel predicare che l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione dell’abuso, sia pur nei limiti del principio di prova tipico del processo amministrativo, incombe sull’interessato, non sull’Amministrazione che adotta il provvedimento di demolizione. Si è, infatti, al riguardo affermato che “sussiste tuttavia l'onere dell'interessato di fornire prova idonea a documentare l'epoca di costruzione dell'opera asseritamente abusiva, che può essere desumibile sia dagli atti del giudizio sia da altri provvedimenti dell'amministrazione o, comunque, ammessa dall'amministrazione medesima” (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 19.04.2006, n. 501).
Il Giudice amministrativo ha anche precisato che “in materia edilizia, l'onere della prova in ordine all'epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull'interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato e non sul Comune che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge" (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, 26.10.2005, n. 4099; TAR Umbria, 10.07.2003, n. 589). Altro Tribunale ha stabilito che “è a carico dell'autore dell'abuso edilizio la prova in ordine all'epoca di esecuzione delle opere, e non del comune che ne ordina la demolizione” (TAR Basilicata, 29.04.2003, n. 370)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.09.2009 n. 2247 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: E' illegittima l'ordinanza sindacale in materia d'igiene che ingiunge al proprietario di un'azienda agricola familiare, la cui attività principale è l’allevamento di bovini, di disattivare immediatamente il relativo impianto sol perché esso, a distanza di anni dalla sua installazione, determina una situazione inaccettabile per la salute dei soggetti che, consapevolmente, hanno a suo tempo deciso di costruire il loro edificio nelle immediate vicinanze della porcilaia.
Come evidenziato anche dal Consiglio di Stato in un’ipotesi assai simile a quella in questione (avente ad oggetto un impianto di ventilazione di un’azienda di allevamento di suini) “è illegittima l'ordinanza sindacale in materia d'igiene che, immotivatamente e senza curarsi di verificare le situazioni alternative proposte …, ingiunge al proprietario … di disattivare immediatamente il relativo impianto … sol perché esso, a distanza di anni dalla sua installazione, determina, ad avviso della p.a. emanante, una situazione inaccettabile per la salute dei soggetti che, consapevolmente, hanno a suo tempo deciso di costruire il loro edificio nelle immediate vicinanze della porcilaia, in quanto non è conforme ai principi di buona amministrazione scaricare sul titolare dell'azienda la pregressa incauta scelta della p.a. emanante di autorizzare o tollerare insediamenti abitativi vicini ad industrie insalubri” (C.d.S., sez. V, 22/06/1998 , n. 909) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 03.09.2009 n. 2237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti speciali pericolosi, poteri sanzionatori e responsabilità.
1. In materia di rifiuti speciali pericolosi non è ipotizzabile l’esercizio congiunto dei poteri ex art. 50 DLgs 267/2000 e ex art. 192 D.lgs. 152/2006, trattandosi di poteri distinti aventi presupposti diversi.
2. L’art. 192, comma 3, D.lgs. 152/2006 esclude la configurabilità di ipotesi di responsabilità oggettiva o di posizione a carico del proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 02.09.2009 n. 4598 - link a
www.cameramministrativacomo.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: La comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria ove il procedimento sia iniziato ad istanza di parte.
Secondo costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa, condiviso dal Collegio, la comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria ove il procedimento sia iniziato ad istanza di parte, in quanto in tale caso l'autonoma comunicazione realizzerebbe una evidente duplicazione di attività, con aggravio dell'amministrazione non compensato da particolari utilità per i soggetti destinatari del provvedimento da emettere, perché essi sono già informati dei fatti (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 22.09.2008, n. 4551; Sez. VI, 25.06.2008, n. 3227 e Sez. VI, 29.11.2006, n. 6939).
Ad abundantiam va rilevato che quando il provvedimento costituisce un atto vincolato esso non può comunque essere annullato per violazione delle norme sul procedimento o sulla forma, ai sensi dell’art. 21-octies della legge 11.08.1990, n. 241 e s.m. (cfr., ex pluribus, Consiglio di Stato, Sez. IV, 10.04.2009, n. 2227; Sez. VI, 28.07.2008, n. 3707 e TRGA Bolzano, 27.05.2009, n. 200 e 23.04.2008, n. 188) (TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, sentenza 02.09.2009 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non può ritenersi variante in corso d'opera di una concessione edilizia quella che modifichi la cubatura totale dell'immobile.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la “parziale difformità” è da considerarsi una categoria residuale nella quale non rientrano da un lato i lavori effettuati senza concessione, in totale difformità o in variazione essenziale, dall’altro quelli qualificati varianti in corso d’opera, che consistono in modifiche di consistenza molto limitata rispetto al progetto approvato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 22.11.2001, n. 5926).
La variante in corso d'opera di concessione edilizia…oltre che trovare applicazione solo in caso di conformità agli strumenti urbanistici vigenti delle opere difformi, pretende anche che le modificazioni introdotte rispetto alla concessione originaria siano di consistenza limitata. Pertanto, non può ritenersi variante in corso d'opera di una concessione edilizia…quella che modifichi la cubatura totale dell'immobile” (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II, 01.12.2005, n. 12739; id. TAR Liguria, Sez. II, 01.12.2005, n. 12739 e TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 26.05.2003, n. 2378) (TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, sentenza 02.09.2009 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANon costituisce "volume tecnico" una veranda realizzata in alluminio anodizzato e muratura, avente una superficie di un metro per tre e l’altezza di tre metri, realizzata su di un balcone.
Come questa Sezione ha avuto modo di rilevare, per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore in materia tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, ossia che il manufatto abbia un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa; pertanto, al di fuori di tale ambito, il concetto non può essere utilizzato né dall'amministrazione né dal privato al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi, comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR Campania Napoli, sez. IV, 07.11.2008, n. 19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.09.2009 n. 4850 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'ordinanza di demolizione di un abuso edilizio non necessita di esplicitazione di ragioni di pubblico interesse sottese al provvedimento stesso costituendo un atto dovuto e non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.
Come noto, i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati emessi all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime (Cons. Stato, sez. IV, 30.03.2000, n. 1814; TAR Campania, sez. IV, 28.03.2001, n. 1404, 14.06.2002, n. 3499, 12.02.2003, n. 797).
L'ordinanza di demolizione di un abuso edilizio non necessita di esplicitazione di ragioni di pubblico interesse sottese al provvedimento stesso costituendo un atto dovuto, (fra le tante, C.d.S., VI, 28.06.2004, n. 4743) che come tale non necessita di motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. Detto interesse è da ritenersi infatti in re ipsa, nella stessa rimozione, rispondendo questa alla esigenza di ripristino dell’assetto urbanistico violato.
Anche questa Sezione ha avuto modo di precisare che l'Amministrazione non dispone -a fronte degli illeciti edilizi- di alcun margine di discrezionalità e ha quindi l'obbligo di intervenire con un atto repressivo, dovuto nell'an e vincolato nel suo contenuto, senza che su di esso possa influire alcuna comparazione tra interessi pubblici ed interessi privati (TAR Campania Napoli, sez. IV, 13.05.2008, n. 4256)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Un manufatto per qualificarsi quale "volume tecnico" deve  avere un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione, non deve poter essere ubicato all'interno della parte abitativa e deve essere caratterizzato da un rapporto di necessaria proporzionalità fra tale volume e le esigenze effettivamente presenti.
Come questa Sezione ha avuto modo di rilevare, per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore in materia tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, ossia che il manufatto abbia un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa; pertanto, al di fuori di tale ambito, il concetto non può essere utilizzato né dall'amministrazione né dal privato al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi, comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR Campania Napoli, sez. IV, 07.11.2008, n. 19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: IL concetto di pertinenza previsto dal diritto civile va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione.
Questa Sezione ha già avuto modo di affermare –secondo consolidata impostazione giurisprudenziale- che il concetto di pertinenza previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato (TAR Campania Napoli, sez. IV, 15.09.2008, n. 10138).
Ed al fine di qualificare pertinenza un manufatto dal punto di vista strettamente edilizio, non può aversi riguardo al solo profilo strutturale del bene, ossia alla sua fisica amovibilità (anche in ragione dei materiali utilizzati ed alla tecnica costruttiva), bensì al profilo funzionale (TAR Campania Napoli, sez. VIII, 24.04.2009, n. 2163), ovvero alla possibilità di fruire autonomamente del manufatto.
D’altra parte, nel concetto di nuova costruzione deve farsi rientrare ogni intervento edilizio che abbia rilevanza urbanistica in quanto incide sull'assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico (Cons. Stato, sez. V, 15.06.2002, n. 3176).
In particolare, per ciò che concerne i locali realizzati sugli sporti delle abitazioni al fine di ottenere un ripostiglio, questa Sezione (TAR Campania Napoli, sez. IV, 12.06.2001, n. 2708) ha già chiarito che non si tratta di interventi di mera manutenzione straordinaria, cui è connessa la necessità di non alterare la identità strutturale e funzionale dell'organismo edilizio originario, mentre con la realizzazione della veranda-ripostiglio l'appartamento risulta dotato di terrazzo ma una struttura nuova e aggiuntiva, estranea alla originaria conformazione dell'appartamento.
Morfologicamente e funzionalmente diversa dal terrazzo la veranda sottrae spazio al balcone riducendo le dimensioni dello stesso e innovando la unità abitativa della quale altera, sia pure parzialmente, la fisionomia, e creando nuovo volume mediante l'aggregazione al preesistente organismo di una entità edilizia ulteriore ad esso organismo estranea
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di bosco e giurisdizione in tema di cognizione delle sanzioni.
Il provvedimento ex artt. 46 e 61, comma 2, LR n. 31/2008 comporta l’irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi della L. n. 689/1981 -non alternativa a sanzione di tipo rispristinatorio-, la cui cognizione spetta all’Autorità giudiziaria (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 31.08.2009 n. 4585 - massima tratta da e link a
www.cameramministrativacomo.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inerzia della P.A., onere di motivazione e abuso edilizio.
L’inerzia della PA non vale a costituire alcun titolo sanante implicito né a legittimare aspettativa in tal senso e l'onere motivazionale è assolto con l’indicazione della natura abusiva delle opere (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 31.08.2009 n. 4583 - massima tratta da e link a
www.cameramministrativacomo.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità dell'affidamento diretto del servizio di gestione di un impianto natatorio comunale ad una società a capitale interamente posseduto dal comune.
E' illegittimo l'affidamento diretto del servizio di gestione di un impianto natatorio comunale ad una società a capitale interamente posseduto dal comune, disposto in virtù degli art. 1, 2 e 5 della L.R. Lombardia n. 27 del 2006, in base ai quali può essere affidata direttamente la gestione degli impianti sportivi senza rilevanza economica, precisandosi (art. 2, c.1) che tali sono "quelli che per caratteristiche, dimensioni e ubicazione sono improduttivi di utili o produttivi di utili esigui, insufficienti a coprire i costi di gestione".
Sebbene, infatti, l'impianto sia di modeste dimensioni, e venga gestito con finalità eminentemente sociali, per consentire l'accesso al nuoto di fasce reddituali modeste, e ciò sarebbe comprovato da un disavanzo di gestione, il servizio da gestire riveste senza dubbio rilevanza economica, sia in considerazione della almeno potenziale redditività del medesimo, che della complessiva attività sociale svolta dalla società affidataria, che ha un oggetto sociale eterogeneo, che ricomprende sia attività a rilevanza sociale che economica. Difatti, ai fini della qualificazione di un servizio pubblico locale sotto il profilo della rilevanza economica, non importa la valutazione fornita dalla p.a., ma occorre verificare in concreto se l'attività da espletare presenti o meno il connotato della "redditività", anche solo in via potenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.08.2009 n. 5097 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul servizio di distribuzione del gas naturale: affidamento preceduto da gara, perseguimento di una pluralità di nuovi interessi pubblici, destinazione dei beni ad un servizio pubblico, subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso.
Nell'attuale sistema normativo che vieta la gestione diretta del servizio di distribuzione del gas naturale, il passaggio ai nuovi affidamenti preceduti da gara è un obiettivo che l'art. 15 del d.lvo 164/2000, persegue in vista di una pluralità di nuovi interessi pubblici a cui è stato dato rilievo, ossia nell'interesse del mercato (liberalizzazione), dei comuni (maggiori canoni annui) e degli utenti (migliore qualità del servizio e contenimento dei prezzi). In proposito si è ad esempio ritenuto che la facoltà di ritenzione degli impianti prevista contrattualmente sotto il vecchio regime sia cedevole nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa.
L'esistenza di una controversia tra il comune e il gestore uscente per la definizione del quantum dovuto non modifica la situazione: se una controversia sulla quantificazione del rimborso potesse mantenere nel possesso il gestore uscente si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio (ed anche del nuovo periodo transitorio introdotto) per un arco temporale del tutto incerto ed esclusivamente per volontà di una delle parti, senza oggettive ragioni di interesse pubblico. Peraltro, una volta riconosciuta la legittimità del riscatto e delle operazioni di gara per l'individuazione del nuovo gestore, l'acquisizione della disponibilità dell'impianto costituisce atto consequenziale e dovuto dell'amministrazione, che è tenuta a consegnare l'intero apparato al nuovo gestore.
In ragione della destinazione dei beni ad un servizio pubblico, non vi è dubbio che il comune può adottare l'ordine di rilascio degli impianti in presenza dei presupposti necessari per esercitare tale potere: nella specie l'intimazione a consegnare è stato emanata in forza delle disposizioni di cui agli artt. 822 e ss. c.c. che, come riconosciuto dalla giurisprudenza, costituisce uno strumento alternativo di tutela rispetto ai mezzi ordinari di difesa, oltre che del diritto di proprietà, anche delle situazioni di possesso (ovvero di detenzione "qualificata").
L'assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è confermato dall'art. 826, c. 3, secondo cui "fanno parte del patrimonio indisponibile...gli altri beni destinati a un pubblico servizio".
Sulla questione del passaggio del personale nella transizione dalla vecchia gestione a quella nuova, si è già osservato che, il subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso è limitato ai casi previsti dall'art. 14 c. 8 del d.lvo 164/2000. Non è coerente con la normativa di settore, e neppure ragionevole, che il gestore subentrante si accolli obbligazioni estremamente onerose come quelle relative al personale del gestore uscente. Il peso che ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla concorrenza, in quanto disincentiverebbe la partecipazione alle gare a beneficio del gestore uscente, per il quale non vi sarebbe alcun aggravio nei costi organizzativi essendo il personale già alle proprie dipendenze. Peraltro, la disciplina dettata dall'art. 3 del D.P.R. 902/1986 -che prevede il passaggio alle dipendenze dei Comuni del personale delle Società concessionarie- è riferita all'ipotesi in cui la concessione sia sostituita dall'assunzione diretta del servizio da parte degli Enti locali, mentre quando l'assunzione diretta è vietata (come nel settore della distribuzione del gas) e ad un soggetto economico ne subentra un altro scelto tramite gara la situazione è radicalmente diversa, perché ogni imprenditore ha una propria organizzazione e ne dispone in piena autonomia (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1564 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: LIBERALIZZAZIONE DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE.
1- Appalto pubblico – Criteri e principi - Impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale – Liberalizzazione – Affidamenti – Operazioni di gara per l’individuazione del nuovo gestore – Consegna dell’apparato.
2- Appalto pubblico – Criteri e principi - Impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale - Subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso - Assunzione diretta del servizio - Passaggio del personale – Divieto – Legittimità – Sussiste – Ratio.

1- Nell’attuale sistema normativo, che vieta la gestione diretta, il passaggio ai nuovi affidamenti degli impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale preceduti da gara è un obiettivo che l’articolo 15 del decreto legislativo 164/2000 persegue in vista di una pluralità di nuovi interessi pubblici a cui è stato dato rilievo, ossia nell’interesse del mercato (liberalizzazione), dei Comuni (maggiori canoni annui) e degli utenti (migliore qualità del servizio e contenimento dei prezzi).
In proposito si è ad esempio ritenuto che la facoltà di ritenzione degli impianti prevista contrattualmente sotto il vecchio regime sia cedevole nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa sopravvenuta (TAR Lombardia-Brescia, 16.06.2008 n. 662; 10.02.2006 n. 183).
L’esistenza di una controversia tra il Comune e il gestore uscente per la definizione del quantum dovuto non modifica la situazione: se una controversia sulla quantificazione del rimborso potesse mantenere nel possesso il gestore uscente si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio (ed anche del nuovo periodo transitorio introdotto) per un arco temporale del tutto incerto ed esclusivamente per volontà di una delle parti, senza oggettive ragioni di interesse pubblico (TAR Lombardia-Brescia 662/2006 citata).
Peraltro val la pena di soggiungere che –una volta riconosciuta la legittimità del riscatto e delle operazioni di gara per l’individuazione del nuovo gestore– l’acquisizione della disponibilità dell’impianto costituisce atto consequenziale e dovuto dell’amministrazione, che è tenuta a consegnare l’intero apparato al nuovo gestore.
2- A seguito del subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso di impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale il passaggio del personale nella transizione dalla vecchia gestione a quella nuova è limitato ai casi previsti dall’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 164/2000.
Non risulta coerente con la normativa di settore, e neppure ragionevole, che il gestore subentrante si accolli obbligazioni estremamente onerose come quelle relative al personale del gestore uscente. Il peso che ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla concorrenza, in quanto disincentiverebbe la partecipazione alle gare a beneficio del gestore uscente, per il quale non vi sarebbe alcun aggravio nei costi organizzativi essendo il personale già alle proprie dipendenze (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.03.2005 n. 205).
Peraltro la disciplina dettata dall’articolo 3 del D.P.R. 902/1986 –che prevede il passaggio alle dipendenze dei Comuni del personale delle Società concessionarie– è riferita all’ipotesi in cui la concessione sia sostituita dall’assunzione diretta del servizio da parte degli Enti locali, mentre quando l’assunzione diretta è vietata (come nel settore della distribuzione del gas) e ad un soggetto economico ne subentra un altro scelto tramite gara la situazione è radicalmente diversa, perché ogni imprenditore ha una propria organizzazione e ne dispone in piena autonomia (TAR Lombardia-Brescia, 05.04.2007 n. 361; 12.06.2009 n. 1221) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1564 - link a
http://mondolegale.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. La volontà di una P.A. partecipante ad una conferenza di servizi va ricostruita attraverso l’esame di tutti i verbali delle riunioni.
2. La mancata impugnazione di una delle motivazioni che sorreggono un provvedimento amministrativo rende inammissibile il ricorso proposto.
3. Il locatario di un immobile non ha la legittimazione ad impugnare il diniego di un’autorizzazione commerciale richiesta dal solo conduttore.

1. Normalmente la conferenza di servizi non si conclude con un atto formalmente definitivo; pertanto la volontà di una amministrazione partecipante ad una conferenza di servizi va ricostruita attraverso l’esame dei verbali redatti al termine di ciascuna riunione e dei pareri allegati, che vanno valutati nella loro interezza e non solo nella parte conclusiva, così come normalmente avviene a proposito dei decreti di amministrazione attiva.
2. La mancata impugnazione di un punto fondamentale della determinazione negativa assunta da una conferenza di servizi costituisce motivo più che sufficiente, anzi determinante, per sorreggere la determinazione stessa, il che rende inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto di diniego.
3. Il soggetto locatario di un immobile, il quale non abbia presentato unitamente al conduttore domanda di autorizzazione commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita e sia rimasto completamente estraneo al rapporto instauratosi con l’apertura della conferenza di servizi, ha un interesse derivato e non ancora attuale ad ottenere, attraverso l’autorizzazione commerciale, una modifica allo strumento urbanistico; interesse questo che può giustificare un intervento ad adiuvandum, ma non la proposizione del ricorso principale avverso il diniego del rilascio dell’autorizzazione richiesta dal conduttore (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.08.2009 n. 4932 - massima tratta da e link a
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APPALTI: GARA D'APPALTO - OFFERTE ANOMALE - VERIFICA ANOMALIA - FINALITA' - ACCERTAMENTO ATTENDIBILITA' OFFERTA NEL SUO COMPLESSO.
Secondo consolidata giurisprudenza, essenziale nel giudizio di anomalia è la verifica finale della affidabilità/inaffidabilità dell’offerta nel suo complesso, al di là di singole inesattezze, verifica che deve essere scevra da formalismi di sorta (massima consolidata: <<la verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando, invece, ad accertare se l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto>>) (Cons. St., sez. VI, 11.12.2001 n. 6217; Cons. St., sez. V, 29.07.2003 n. 4323; Cons. St., sez. VI, 20.04.2009 n. 2384) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.08.2009 n. 4934 - link a www.
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APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE TRA IMPRESE - DISCIPLINA EX ART. 34, C. 2, DLGS. 163/2006 - FINALITA' - INDIVIDUAZIONE - OPERATIVITA' DELLA PRESUNZIONE - DEVE ESSERE VALUTATA CONSIDERANDO I SINGOLI ELEMENTI RISCONTRATI DALLA COMMISSIONE DI GARA NELLA LORO VALENZA COMPLESSIVA.
2. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE TRA IMPRESE - PRESENZA DI SERIE DI INIZI UNIVOCI E CONCORDANTI - SUSSISTENZA - FATTISPECIE.

1. Il comma 2 dell’art. 34 del D. L.vo n. 163/2006, prescrive che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi".
La norma, ispirata dall’esigenza di tutelare la corretta esplicazione del confronto concorrenziale, non richiede l’accertamento di fatti dotati, di per sé, di sicura valenza probatoria, così come non fornisce alcuna analitica elencazione degli elementi cui ancorare il giudizio in ordine alla sussistenza della situazione preclusiva in essa contemplata.
Il legislatore, come evidenzia la formulazione del precetto, ha demandato all’apprezzamento dell’interprete la specificazione, nel concreto, delle circostanze suscettibili di esplicare una portata indiziante limitandosi ad esigere unicamente la ricostruzione di un contesto fattuale caratterizzato da elementi gravi, precisi e concordanti tali da ingenerare, secondo l’id quod plerumque accidit un pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà ed indipendenza delle offerte (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2931/2006).
L’operatività della presunzione deve essere valutata considerando i singoli elementi riscontrati dalla Commissione di gara nella loro valenza complessiva (Cons. Stato, Sez. IV, 19.09.2007, n. 4835).
2. E' legittima l'esclusione per collegamento sostanziale tra due imprese in presenza dei seguenti indizi univoci e concordanti:
a) le buste contenenti le offerte e la documentazione di gara erano state consegnate alla medesima ora dello stesso giorno;
b) le buste riportavano la medesima etichettatura;
c) vi era una identità dell’impostazione grafica delle dichiarazioni e della documentazione;
d) il bollettino di versamento del contributo all’Autorità di Vigilanza era stato compilato con identiche modalità e grafia ed il suo pagamento era stato effettuato presso lo stesso ufficio postale, il medesimo giorno e con numerazione immediatamente progressiva;
e) il titolare di una impresa era il padre del titolare dell’altra;
f) vi era coincidenza del numero del fax indicato nelle domande di partecipazione;
g) l’attestazione SOA era stata rilasciata dalla medesima società;
h) la polizza fideiussoria di entrambe le imprese era stata rilasciata dalla stessa agenzia.
Nella fattispecie in esame, l’Amministrazione, ha rilevato una pluralità di elementi di fatto certi ed incontestati, nessuno dei quali di per sé idoneo a supportare con certezza le conclusioni raggiunte dalla Commissione di gara, ma tali, nel loro insieme, da soddisfare pienamente il dettato normativo.
Ricorrono, pertanto, in relazione al quadro indiziario prospettato, i caratteri della gravità, precisione e concordanza stante la correttezza del processo logico deduttivo posto in essere dalla stazione appaltante che pone in una situazione di complessiva coerenza le conclusioni cui è pervenuta con le premesse fattuali accertate.
Che gli specifici elementi posti a fondamento del provvedimento di esclusione esplichino una portata indiziante, oltre che conforme al costante orientamento della Sezione (TAR Milano, Sez. I, 07.05.2008, n. 1356 e 08.05.2008, n. 1412), è pacificamente riconosciuto dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in presenza di elementi di fatto analoghi a quelli evidenziati nel provvedimento oggetto del presente giudizio, è pervenuta alle medesime conclusioni rilevando come "gli indizi posti in luce dalla commissione nel caso in trattazione depongano univocamente…per la riconducibilità delle due imprese ad un unico centro decisionale e, di qui, ad una reciproca conoscibilità delle offerte…" (Cons. Stato, Sez. V, 06.04.2009 n. 2139) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.08.2009 n. 4578 - link a www.
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APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - PARTECIPAZIONE DI RTI - IMPUGNAZIONE ATTI DI GARA - LEGITTIMAZIONE ATTIVA DI CIASCUNA IMPRESA PARTE DEL RTI - SUSSISTENZA.
2. GARA D'APPALTO - MODALITA' DI PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE - LEX SPECIALIS - PREVISIONE CONSEGNA MEDIANTE RACCOMANDATA O CORRIERE ESPRESSO - CONSEGNA DIRETTA - ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' – RAGIONI.

1. L’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno un centro d’imputazione di atti e rapporti giuridici distinto ed autonomo rispetto alle imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa, già associata o ancora da associare, è titolare d’un autonomo interesse legittimo a conseguire l'aggiudicazione, e quindi la legittimazione deve riconoscersi in capo all'impresa singola facente parte dell'ATI stessa, non importando se questa sia già costituita al momento della presentazione dell'offerta o che si debba costituire all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons. St., V, 12.02.2007 n. 593; id., 28.12.2007 n. 6689). Tanto nella considerazione che il conferimento del mandato speciale collettivo irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo attribuisce al legale rappresentante di quest'ultima la rappresentanza processuale nei confronti della stazione appaltante e delle imprese controinteressate, senza con ciò precludere a tutte le imprese in sé d’agire in giudizio singulatim.
È appena da osservare, inoltre, che non solo manca un’espressa previsione nella normativa tanto comunitaria, quanto nazionale che precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V, 23.10.2007, n. 5577), ma che soprattutto la Corte del Lussemburgo ha confermato la piena legittimità, a livello comunitario, della disciplina normativa nazionale che abiliti le singole imprese componenti di un’ATI a proporre autonomo ricorso avverso gli atti d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE, ord.za 04.10.2007, resa nella causa C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè, si volesse ritenere che tal principio serve alle imprese mandanti e non anche alla mandataria–, ciò non è così, posto che sussiste sempre la legittimazione anche dell'impresa mandataria di un’ATI costituenda a proporre, come nella specie, un autonomo ricorso contro gli atti e i risultati della gara (di recente, cfr. Cons. St., VI, 23.07.2008 n. 3652; id., 06.03.2009 n. 1346).
2. Se è vero che sussiste una certa discrezionalità, da parte della stazione appaltante, di prediligere di volta in volta il mezzo più acconcio per realizzare il bene giuridico protetto –ossia la serietà della volontà dell’impegno e la recettizietà della dichiarazione negoziale–, ciò va circoscritto negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, nel senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve assurgere a limite preclusivo ultra vires della possibilità d’effettiva partecipazione alla gara.
Infatti, tal discrezionalità non è solo rimessa al limite interno della ragionevole coerenza dello strumento prescelto all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso, il servizio postale di fatto sarebbe sempre da preferire, perché è un mezzo noto, generale ed abbastanza (ma non del tutto) sicuro per presentare le domande de quibus. Essa soggiace pure a quelli ex art. 77, commi 4 e 7, del D.lgs. 12.04.2006 n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è un mezzo predefinito a priori che obblighi l’impresa partecipante a produrre la propria domanda nell’ambito d’un novero ristretto di mezzi di presentazione, ma le stazioni appaltanti possono acconsentire alla produzione diretta delle domande stesse ai propri uffici. Tanto con il solo limite della non esclusività –in caso contrario, la presentazione diretta incappando nei medesimi rilievi oggidì recati contro il bando della gara de qua–, nonché della salvaguardia della integrità della documentazione e della riservatezza dell’offerta.
Anche l’ammissione della produzione diretta è facoltativa, ma è del pari vero che tal facoltà non deve intendersi elisa ed inutilizzabile, una volta prescelta un’altra modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel replicare tutti i mezzi di presentazione delle domande e delle offerte indicati nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE, fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia la regola della produzione diretta. Sicché i due gruppi di modalità si devono intendere tra loro normalmente e facilmente integrabili, tranne che la stazione appaltante non dimostri che quella ex c. 4 alteri le inderogabili esigenze di protezione dell’integrità e della riservatezza delle offerte, o che tal modalità le avrebbe consentito facilmente d’apprenderne il contenuto prima della scadenza del termine previsto per la loro presentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 7689 - link a www.
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APPALTI: Lex specialis e criteri di valutazione.
Si conferma l’opinione giurisprudenziale in base alla quale, nel caso in cui, in una procedura di scelta del contraente secondo il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la lex specialis di gara già preveda criteri e sottocriteri di valutazione sufficientemente rigidi e precisi, tali da determinare una griglia di sottovoci che consenta un esercizio «guidato» e controllabile della discrezionalità tecnica ed amministrativa propria del giudizio della commissione giudicatrice, legittimamente quest'ultima omette di stabilire criteri più dettagliati (TAR Lomabrdia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4545 - link a
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COMPETENZE GESTIONALILa disciplina della circolazione sulle strade comunali rientra nelle competenze della dirigenza comunale anche se il Codice della Strada del 1992 afferma il contrario, in quanto dalla data di entrata in vigore del nuovo T.U. degli enti locali l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi spetta ai dirigenti.
Deve, preliminarmente, stabilirsi quale potere il Sindaco abbia inteso esercitare nell’emanare l’impugnata ordinanza.
Ad avviso del Collegio sussistono pochi dubbi sul fatto che questa sia stata emanata ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs. 30/04/1992 n.285 (nuovo codice della strada) e non, invece, ex art. 54, comma 4 del D. Lgs. 18/08/2000 n.267, come pretendono tanto il comune quanto il consorzio.
Ed invero, nell’ordinanza è esplicitamente richiamata la norma di cui al citato art. 7 e, del resto, l’atto manifesta i contenuti tipici del provvedimento descritto nella suddetta disposizione, dettando prescrizioni volte a regolare la circolazione stradale nella zona considerata. Sono assenti, invece, indizi che manifestino l’intendimento del Sindaco di agire con un provvedimento extra ordinem. Manca, difatti, qualunque indicazione circa l’esistenza di un pericolo incombente non altrimenti fronteggiabile con gli ordinari strumenti. E del resto, le prescrizioni date hanno il carattere della continuità e stabilità, mentre le ordinanze contingibili ed urgenti hanno, per loro natura, efficacia temporalmente limitata. Il che induce ad escludere, in mancanza di elementi ermeneutici di segno contrario, che il Sindaco abbia agito ai sensi dell’art. 54, comma 4, del citato D. Lgs. n. 267/2000.
Ciò premesso,
deve ritenersi che spettasse al dirigente competente per settore provvedere.
Infatti, in tema di disciplina della circolazione sulle strade comunali, rientrano nelle competenze della dirigenza comunale i provvedimenti che siano diretti a regolamentare la circolazione su singole strade del centro abitato, a nulla rilevando, in contrario, che il combinato disposto di cui agli articoli 6 e 7 del codice della strada, precedentemente emanato, attribuisca al sindaco la regolamentazione della circolazione nei centri abitati e che i provvedimenti in questione non risultino specificamente tra quelli enumerati dall'articolo 107, terzo comma, del d.lgs. n. 267 del 2000, atteso che:
a) il quinto comma del citato art. 107 stabilisce espressamente che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del testo unico in cui la norma è contenuta, le disposizioni che conferiscono agli organi di governo degli enti l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, “si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti”;
b) l’elenco delle competenze dirigenziali contenuto nella disposizione ha natura meramente esemplificativa (TAR Calabria–Catanzaro 23/09/2003 n. 2730; TAR Lombardia–Brescia 28/04/2003 n. 464; TAR Piemonte 27/11/2002 n. 2000; Cass. Sez. II, 06/11/2006 n. 23622).
Occorre, infine, rilevare che, contrariamente a quanto le controparti sostengono, nessun rilievo può avere il fatto che le strade interne al comprensorio siano private, atteso che è incontroverso che le stesse siano adibite ad uso pubblico; del resto, ove così non fosse, il Consorzio non avrebbe avuto alcuna necessità di rivolgersi al Sindaco per regolare il traffico veicolare nelle aree in contestazione; gli sarebbe bastato avvalersi della ordinaria facoltà di cui all’art. 841 cod. civ., che consente al proprietario di chiudere il fondo in qualunque momento (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 28.07.2009 n. 1391 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Variazioni essenziali.
L’art. 32 del D.P.R. n. 380/2001 che detta i criteri per l’individuazione delle cosiddette variazioni essenziali fra queste inserisce la modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, sicché in tale ipotesi non sono consentite varianti a concessioni già rilasciate.
Le varianti, invece, sono soggette soltanto a DIA solo se non incidano sui parametri urbanistici e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.07.2009 n. 30399 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Ambiente in genere. Ordinanze contingibili e urgenti.
Per quanto riguarda il profilo della contingibilità e dell’urgenza, lo stesso indica l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in ordine a situazioni eccezionali di pericolo attuale per la pubblica incolumità; ciò che rileva, ai fini della loro legittimità, è che il Sindaco dia contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad adottare un simile strumento, con la precisazione che la ragioni giustificatrice attiene non tanto all’imprevedibilità dell’evento, quanto piuttosto all’impossibilità di adottare tempestivamente i normali rimedi offerti dall’ordinamento.
Di conseguenza –cfr. sempre la citata pronuncia– sono consentiti tali provvedimenti anche quando un’apposita disciplina regola in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo. L’ordinanza può essere adottata anche a fronte di sole situazioni di pericolo, allo scopo di evitare la produzione di un danno per la salute pubblica, senza che si debba attendere che si sia verificato il danno medesimo (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 16.07.2009 n. 4379 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Condonabilità opere abusivamente costruite su terreno illecitamente lottizzato.
I manufatti abusivamente eseguiti, in attuazione del fine lottizzatorio e nell’ambito della lottizzazione, possono essere sanati soltanto previa valutazione globale dell’attività lottizzatoria secondo il meccanismo previsto dagli artt. 29 e 35, comma 13, della legge n. 47/1985 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.07.2009 n. 28532 - link a www.
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria. Art. 674 c.p.: natura del reato.
La contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. costituisce reato di pericolo, per cui non è necessario che sia determinato un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente l’attitudine concreta delle emissioni ad offenderle o molestarle purché, ovviamente, le emissioni di esalazioni maleodoranti non presentino un carattere del tutto momentaneo ed abbiano un sicuro impatto negativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.07.2009 n. 28520 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Volumi tecnici (nozione).
Per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore tre ordini di parametri:
a) il primo, positivo, di tipo funzionale, relativo al rapporto di strumentalità necessaria tra il manufatto con l'utilizzo della costruzione;
b) il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro lato ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti: ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, ed invece esclusa rispetto a locali, in specie laddove di ingombro rilevante, tali da mutare la consistenza dell'edificio, in quanto oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni (TAR Campania-Salerno, Sez. II. sentenza 13.07.2009 n. 3987 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Aggravamento del carico urbanistico.
Il cosiddetto carico urbanistico da prendere in considerazione ai fini della consumazione dell’illecito va riferito all’entità abusiva unitariamente considerata e non ai singoli interventi individualmente valutati.
E' legittimo il sequestro preventivo di un immobile nel quale risultano realizzate opere interne che ne abbiano comportato il mutamento della destinazione d’uso, realizzandosi in questo caso un ‘ipotesi di aggravamento del cosiddetto carico urbanistico (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.07.2009 n. 28479 - link a www.
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ENTI LOCALI - VARI: Polizia giudiziaria. Utilizzabilità videoriprese.
Sono legittime e, pertanto, utilizzabili le videoregistrazioni dell’ingresso e del piazzale di accesso a un edificio sede dell’attività di una società commerciale, eseguite dalla polizia giudiziaria dalla pubblica strada, mediante apparecchio collocato all’esterno dell’edificio stesso, non configurando esse un’indebita intrusione né nell’altrui privata dimora, né nell’altrui domicilio e ciò perché non rientra nell’ambito del domicilio o della privata dimora il luogo in cui si svolge una attività lavorativa, oltre tutto esposta alle ispezioni visive dei soggetti che si trovano all’esterno (fattispecie relativa a videoriprese effettuate nell'ambito di attività di indagine in materia di illecita gestione di rifiuti) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.07.2009 n. 28474 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Manutenzione straordinaria e risanamento conservativo.
Quanto alla manutenzione straordinaria, l’art. 3, 1° comma, lett. b), del T.U. n. 380/2001 ricomprende in tale nozione "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso".
Interventi siffatti devono essere comunque effettuati nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali nella loro originaria edificazione.
L’art. 3, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001 identifica, poi, gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l‘organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che - nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell‘organismo stesso - ne consentano destinazioni d’uso con esso compatibili". Tali interventi, in particolare, possono comprendere: il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio; l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso; l’eliminazione di elementi estranei all’organismo edilizio.
La finalità è quella di rinnovare l’organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata -poiché si tratta pur sempre di conservazione- nel rispetto dei suoi elementi essenziali tipologici, formali e strutturali.
Ne deriva che non possono essere mutati: la qualificazione tipologica del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie; gli elementi formali (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l’immagine caratteristica di esso; gli elementi strutturali, cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.07.2009 n. 28458 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Interventi soggetti a permesso di costruire.
L’art. 3, 1° comma, lett. e), del T.U. n. 380/2001, assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattano ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.07.2009 n. 28457 - link a www.
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Reflui da allevamento.
L’art. 137, comma 1, d.lgs. 03.04.2006, n. 152 prevede una sanzione penale per chi effettui senza autorizzazione scarichi di acque reflue industriali, mentre il precedente art. 133, comma 2, prevede una sanzione amministrativa per chi effettui senza autorizzazione scarichi di acque reflue domestiche.
L’art. 101, comma 7, dispone poi che «ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: ... b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame» (comma 7, come modificato dall’art. 2, comma 8, del d.lgs. 16.01.2008, n. 4, che ha eliminato le successive parole «che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l’utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all’articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto».
Secondo la normativa attualmente vigente, quindi, le acque reflue provenienti da imprese dedite all’allevamento di bestiame sono assimilate alle acque reflue domestiche ai fini della disciplina degli scarichi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.07.2009 n. 28452 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: D.i.a. a sanatoria.
La sanatoria di cui all'articolo 37 dpr 380/2001 può essere chiesta solo per gli interventi edilizi di cui all’art. 22, commi 1 e 2 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.07.2009 n. 28040 - link a www.
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APPALTI: Moralità professionale delle imprese.
La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di provvedimenti giurisdizionali penali (sentenza passata in giudicato, sentenza patteggiata o decreto penale irrevocabile) integra un’autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere sulla moralità professionale dell’impresa

Il TAR Marche è ritornato sulla controversa problematica della verifica del requisito della “moralità professionale delle imprese, di cui all’articolo 38, comma 1°, lettera c), del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
Precisamente, il tribunale amministrativo marchigiano è intervenuto nella questione se costituisca autonoma causa di esclusione la dichiarazione inveritiera, indipendentemente dalla valutazione di incidenza sulla moralità professionale, da parte della stazione appaltante.
Al riguardo, il Tar afferma che “è legittimo il provvedimento di esclusione di un’impresa da una procedura di gara per omessa dichiarazione, da parte del titolare dell’impresa medesima, di due condanne penali, spettando la valutazione della loro incidenza sulla moralità professionale all’amministrazione aggiudicatrice”. Occorre ricordare che, in merito all’indicata problematica, si contendono il campo due distinti indirizzi.
Secondo un primo indirizzo, cui aderisce il Tar Marche nella pronuncia in esame, la non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di provvedimenti giurisdizionali penali (sentenza passata in giudicato, sentenza patteggiata o decreto penale irrevocabile) integra un’autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere sulla moralità professionale dell’impresa.
Il problema, invero, sorge perché il dichiarante (legale rappresentante dell’impresa, amministratore, direttore tecnico) potrebbe essere indotto (talora in buona fede, ma sovente, no) a ritenere che, siccome la valutazione discrezionale, di competenza della commissione di gara, deve vertere sull’incidenza dei reati sulla moralità professionale, allora l’imprenditore potrebbe dichiarare solo quei reati che, a suo parere, possano avere un profilo di incidenza.
In altri termini, l’imprenditore si sostituisce alla commissione, non dichiara tutti i reati, per i quali ha subito condanne, ma solo quelli che, secondo la sua personale opinione, possano essere oggetto di valutazione di incidenza. Orbene, secondo un primo orientamento, il soggetto obbligato deve dichiarare tutti i reati, acclarati con provvedimento giudiziario definitivo. Se viene meno a tale obbligo (cd. obbligo di dichiarazione dei reati), l’impresa deve essere esclusa immediatamente ed indipendentemente dalla possibile incidenza dei reati commessi.
Secondo un diverso orientamento, la sola dichiarazione inveritiera non può comportare l’esclusione, occorre la valutazione di incidenza.
A sostegno di tale tesi, vengono evidenziate due ragioni:
a) la necessità di valutare la positiva incidenza, ai fini dell’esclusione, in conformità ai principi comunitari in materia;
b) la necessaria applicazione dell’articolo 46 del Codice, secondo cui nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano le imprese a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.
Tale indirizzo, sempre minoritario, ha conosciuto un momento di ripresa, grazie ad alcune recenti pronunce: Consiglio di Stato, sez. V, n. 829/2009; Tar Lazio, sez. Roma II, n. 3984/2009. Il primo orientamento, oltre ad essere confermato dal Tar Marche, ha conosciuto anche l’adesione da parte di altre sentenze: Tar Lazio, Sez. Roma III, nn. 1541/2009 e 3215/2009 (commento tratto da www.centrostudimarangoni.it - TAR Marche, Sez. I, sentenza 17.06.2009 n. 594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Subappalto.
L’eventuale genericità o incompletezza della dichiarazione circa il subappalto non può determinare la conseguenza dell’automatica esclusione dalla gara in assenza di apposita previsione, ma soltanto l’impossibilità, per l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del subappalto.

Il Consiglio di Stato offre un importante chiarimento, in materia subappalto, laddove l’impresa concorrente non indichi in modo sufficiente ed adeguato l’impresa subbappaltatrice.
Il CdS afferma che “l’eventuale genericità o incompletezza della dichiarazione circa il subappalto non può determinare la conseguenza dell’automatica esclusione dalla gara in assenza di apposita previsione, ma soltanto l’impossibilità, per l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del subappalto. Di conseguenza, l’impresa appaltatrice è obbligata a portare a termine in proprio tutti i lavori appaltati, sempreché sia qualificata per ciascuna di esse, potendosi, in tal caso, procedere all’esclusione del concorrente solo laddove il medesimo sia carente della prescritta qualificazione”.
Sulla stregua di tali asserzioni, il Consiglio di Stato ha puntualizzato che il superamento dei limiti massimi di subappalto, previsti nella gara specifica, ovvero fissati in via generale dalla legge, non comporta l’esclusione dell’impresa concorrente, ma solo l’impossibilità di autorizzare il subappalto in caso di aggiudicazione (commento tratto da www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.06.2009 n. 3696 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Danno ambientale. Legittimazione associazioni.
Il concetto di "beni ambientali o valori ambientali" alla cui salvaguardia sono legittimate le Associazioni, pur in mancanza di specifiche indicazioni da parte della legislazione statale e regionale, viene riferito sia a quello di "ambiente", quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio (oggetto della tutela conservativa), che a quello di "ambiente" preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua) ed anche a quello di "ambiente", oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio.
L'elemento unificante di tutte queste elaborazioni consiste nel fatto che l'ambiente, in senso giuridico, va considerato come un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, quali flora, fauna, suolo, acqua, etc.., si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 30.04.2009 n. 378 - link a www.
lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria. Modifica sostanziale impianto.
L'art. 269, comma 8, del d.lgs. 152/2006 impone al gestore che intenda sottoporre un impianto a modifica sostanziale di presentare una domanda di aggiornamento dell'autorizzazione e richiama, per il procedimento autorizzatorio della modifica, le stesse disposizioni contenute nel medesimo articolo in relazione alla disciplina afferente il rilascio della originaria autorizzazione. Per modifica sostanziale la stessa disposizione intende quella modifica che comporti un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.04.2009 n. 2746 - link a www.
lexambiente.it).

COMPETENZE GESTIONALINei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è legittima l'attribuzione ai componenti dell’organo esecutivo della responsabilità degli uffici e dei servizi e del potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale: il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio.
Con un primo profilo viene reiterata la censura con cui si sostiene l’incompetenza del Sindaco di Mezzomerico ad adottare (ovvero ritirare in autotutela) provvedimenti in materia edilizio-urbanistico, atti di gestione a competenza dei dirigenti.
Questo motivo è infondato, alla stregua di specifico precedente di questo Consiglio (V, 06.03.2007, n. 1052), dal quale non vi è ragione per discostarsi ed al quale si rinvia, ai sensi dell’art. 9 della legge 21.07.2000, n. 205.
Infatti, come correttamente ritenuto dai primi giudici, l’articolo 53, comma 23, della legge n. 388 del 23-12-2000 ha previsto che gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possano adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29, e successive modificazioni, e all’articolo 107 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale: il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio.
Nella specie, non è in contestazione che il Comune di Mezzomerico ha una popolazione inferiore ai cinquemila abitanti e che, con delibera n. 24 di Giunta del 10.04.2007, ha provveduto ad attribuire all’organo esecutivo le competenze previste dal T.U.E.L. per i dirigenti.
Afferma ancora la società appellante, anche se per la verità non a chiare note, che tale delibera sarebbe illegittima in quanto la norma della legge 388 richiederebbe un apposito regolamento.
Tali profili di censura giustamente non sono stati ritenuti suscettibili di accoglimento dal giudice di prime cure.
Le disposizioni regolamentari organizzative cui fa riferimento la norma non necessariamente indicano l’approvazione di un regolamento, e, in ogni caso, ai sensi dell’art. 48 del T.U.E.L. è altresì di competenza della Giunta l’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi: nella specie, la Giunta di Mezzomerico ha fatto corretta applicazione dell’art. 12 del Regolamento organico, il quale le attribuisce il potere di individuare i Responsabili comunali delle aree funzionali che il Sindaco poi nomina.
Il rispetto di questi criteri generali stabiliti per l’organizzazione degli uffici comunali la cui violazione peraltro non è stata oggetto di specifiche censure, e la deroga di attribuzione in capo ad amministratori comunali prevista espressamente dalla legge, senza ulteriore discrezionalità se non sull’an, portano dunque ad escludere la necessità di ulteriori criteri generali (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.02.2009 n. 1070 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVILa pubblicazione dell’atto amministrativo, quando è prescritta, non costituisce requisito di validità ma solo di efficacia del provvedimento.
La pubblicazione dell’atto amministrativo, quando è prescritta, non costituisce requisito di validità ma solo di efficacia del provvedimento, la quale attiene al diverso fenomeno della produzione degli effetti che si realizza quando si è perfezionato l’iter procedimentale (estrinseco) previsto per la formazione dell’atto.
Nella specie tuttavia –come consentito dall’Ordinamento– la Giunta Comunale ha dichiarato la sua deliberazione n. 24/2007 immediatamente esecutiva, con ciò rimuovendo ogni impedimento estrinseco alla produzione degli effetti di detto atto (ovvero della sua temporanea inefficacia o –meglio– inoperatività in pendenza dell’affissione).
Peraltro, la pubblicazione delle deliberazioni comunali all’Albo Pretorio ha solo funzione strumentale di conoscenza legale dell’atto, tale da rendere possibile la presentazione di eventuali reclami ed opposizioni o ricorsi all’organo di controllo, all’Amministrazione stessa e all’Autorità Giudiziaria (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.02.2009 n. 1070 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: E' gratuita la concessione edilizia da rilasciarsi all'ENEL SPA in merito alla ristrutturazione ad uso ufficio di un edificio di proprietà onde utilizzarlo quale sede operativa della sezione teletrasmissioni.
Secondo la giurisprudenza, l’esenzione dai contributi dovuti per il rilascio della concessione edilizia, ai sensi dell’art. 9, lett. f), della legge n. 10 del 1977, si applica all’opera realizzata da una pubblica amministrazione o da un concessionario o, più in generale, da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate (Cons. St., Sez. V, 20.07.1999 n. 849) e può essere applicata anche ad un’opera realizzata da un soggetto privato per conto di un Ente pubblico purché si tratti di opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale (Cons. St., Sez. V, 18.09.2003 n. 5315).
Orbene, non v’è dubbio che nel caso in esame i lavori assentiti con la concessione edilizia impugnata riguardano la ristrutturazione di un edificio da adibire al perseguimento delle specifiche finalità del servizio pubblico di fornitura dell’energia elettrica e che i lavori stessi sono eseguiti da un soggetto che, comunque lo si guardi, è istituzionalmente, in virtù del rapporto di concessione, preposto al servizio pubblico in discorso (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 07.09.2004 n. 800 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 15.09.2009

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UTILITA'

LAVORI PUBBLICI: DISCIPLINA DEI LAVORI PUBBLICI - LE VARIANTI IN CORSO D’OPERA (link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 36 del 10.09.2009, "Rettifica del decreto 02.09.2009, n. 8722 e approvazione del nuovo «Bando per la realizzazione di impianti solari termici al servizio di immobili pubblici»" (decreto D.G. 03.09.2009 n. 8735 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 36 del 07.09.2009, "Prescrizioni in merito all'applicazione dell'art. 3, comma 2 e comma 3, della l.r. 16.07.2009, n. 13" (decreto D.G. 19.08.2009 n. 8554 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: G.U. 07.09.2009 n. 207 "Ordinanza contingibile ed urgente recante misure per garantire la tutela e il benessere degli animali di affezione anche in applicazione degli articoli 55 e 56 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ordinanza 16.07.2009).

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ancora un quesito sulla scheda di trasporto e formulario per il trasporto rifiuti.
V. Vattani, Ho letto la risposta al quesito pubblicata il 06.09.2009 sulla tenuta o meno della scheda di trasporto merci. A questo punto mi chiedo: qualora il formulario di identificazione dei rifiuti fosse considerato un documento equipollente alla scheda di trasporto regolamentata dal D.M. 30/06/2009 è necessario che esso venga integrato con i dati mancati e richiesti per la scheda? In questo caso bisogna comunque portare la scheda di trasporto durante il viaggio? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito sulla natura giuridica dello sversamento da una vasca aziendale o da pozzo nero domestico.
M. Santoloci, Una vasca aziendale o un pozzo nero domestico senza manutenzione, non svuotato (rispettivamente) dai liquami industriali o domestici con fuoriuscita dei medesimi liquami sul terreno, rientra in uno scarico non autorizzato o smaltimento/abbandono di rifiuti liquidi sul suolo? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito in merito alla scheda di trasporto (per i rifiuti) di cui al DM 30/06/2009, n. 554.
V. Vattani, Vorrei un chiarimento in merito alla scheda di trasporto di cui al DM 30/06/2009, n. 554. In caso di trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi (in Italia) è necessario compilare tale documento, o lo stesso viene sostituito dal formulario di identificazione rifiuti? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito su DDT e formulario per il trasporto rifiuti.
V. Vattani, Per il trasporto di rifiuti (con esclusione delle merci pericolose) il formulario sostituisce il DDT? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito sulla procedura per il privato cittadino o l’attivista di associazione ambientalista per denunciare un caso di inquinamento idrico.
M. Santoloci, Di fronte ad un caso di inquinamento idrico, quale procedura può seguire un privato cittadino? Cosa documentare ed a chi denunciare il fatto rilevato? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un quesito sulla procedura per comunicare al Comune reati di eventuale interesse per ordinanze della pubblica amministrazione.
M. Santoloci, Siamo un gruppo di ufficiali di PG ed abbiamo il dubbio se in caso di reati ambientali accertati (in alcuni casi anche con sequestro) sia per noi legittimo e doveroso avvisare anche il Comune competente dei reati medesimi allorquando la pubblica amministrazione è competente per emanare ordinanze sul caso specifico. Quale procedura è opportune seguire? (link a www.simoline.com).

EDILIZIA PRIVATA: Un quesito sulla storia della normativa sui vincoli paesaggistici-ambientali.
M. Santoloci, Sono un giovane agente di PG ed in un recente seminario da voi organizzato è stato accennato al tema della genesi storica della disapplicazione di fatto della normative sui vincoli paesaggistico-ambientali, ad iniziare dalla “legge-Galasso”. Poiché per gli allievi degli ultimi corsi di polizia questo tema non viene in genere esposto, potreste fornirmi qualche informazione al riguardo? (link a www.simoline.com).

ENTI LOCALI: Rimborso forfetario per amministratori. Missioni istituzionali.
Il Comune (omissis) pone quesito in merito alla corretta applicazione del decreto Ministero dell'Interno 12.02.2009 e dell'art. 2, comma 27, della legge 24.12.2007, n. 244, chiedendo in particolare:
- se il rimborso forfetario spettante agli amministratori locali per missioni istituzionali di cui al decreto sopra citato viene corrisposto a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto stesso sulla Gazzetta ufficiale, avvenuta il 21.03.2009, oppure se può essere liquidato anche per le missioni effettuate in precedenza, per le quali erano state rimborsate le sole spese di viaggio;
- se tale rimborso è da intendersi come un'indennità da corrispondere ogni volta che l'amministratore locale si reca in missione, oppure se spetta solo ed esclusivamente nel caso in cui siano state sostenute delle spese per pasti o alloggio, oltre alle spese di trasporto (Regione Piemonte, parere n. 77/2009 - link a www.regione.pimenonte.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: A. Barbiero, L’affidamento di lavori a scomputo: le novità in base alla Determinazione AVCP n. 7/2009 (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI: C. Ferro, L’avvalimento (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: G. Palliggiano, LA RIFORMA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA - L’evoluzione legislativa della gestione dei servizi pubblici locali dalla legge Giolitti al Testo unico degli enti locali (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: G. Guzzo, LA RIFORMA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA - La nuova disciplina degli affidamenti in house e delle società miste alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale nazionale e comunitaria più recente e dell’articolo 23-bis del d.l. n. 112/2008, convertito, con modifiche, nella legge n. 133 del 06.08.2008 (link a www.giustizia-amministrativa.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - VARI: Verifica straordinaria per gli ascensori.
Il 1° settembre è entrato in vigore il decreto del Ministro per lo sviluppo economico sulle nuove regole per migliorare la scurezza degli ascensori, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 17.08.2009.
L'obiettivo è quello di adeguare allo stesso livello di sicurezza tutti gli ascensori in uso sul territorio italiano, molti dei quali obsoleti. In pratica, nel giro di 5 anni a partire dal 1° settembre tutti gli impianti installati entro il 24.06.1999 dovranno essere sottoposti ad un'analisi dei rischi. Il mancato adeguamento a tali misure comporterà l'impossibilità di tenere in uso l'impianto.
I destinatari dell'obbligo sono i proprietari degli impianti, amministratori, associazioni di piccoli proprietari immobiliari; imprese che effettuano manutenzione, riparazione e ammodernamento di ascensori; ASL e Ispettorato del lavoro.
Il Provvedimento classifica le varie situazioni pericolose e fornisce azioni correttive che migliorino progressivamente e selettivamente la sicurezza di tutti gli ascensori esistenti. Elenca inoltre i rischi di livello (alto, medio e basso). Per valutare la situazione di rischio, sulla base delle norme di buona tecnica più recenti si deve richiedere e concordare una verifica straordinaria dell'impianto.
La verifica va fatta: entro l'01.09.2011 per gli ascensori installati prima del 15.11.1964; entro l'01.09.2012 per gli ascensori installati prima del 24.10.1979; entro l'01.09.2013 per gli ascensori installati prima del 09.04.1991; entro l'01.09.2014 per gli ascensori installati prima del 24.06.1999 (link a www.governo.it).

LAVORI PUBBLICI: Scuole, collaudi senza segreti. I genitori hanno diritto d'accesso agli atti.
Niente più segreti per i collaudi degli edifici scolastici. I genitori degli alunni infatti, hanno un interesse qualificato a verificare che i lavori compiuti sull'edificio scolastico abbiano ricevuto il collaudo prescritto. Pertanto, il comune (o l'ente provinciale) proprietario della scuola non può opporre alcun diniego alla richiesta di visionare i relativi atti.
È quanto ha rimarcato la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi nel parere emesso al termine dell'adunanza del 24.03.2009 (ndr: a pag. 7 del file), ma da poco reso noto, rispondendo ad un quesito posto dall'ufficio gestione del territorio del comune di Fiumicino.
Un tema, quello della staticità e della sicurezza degli edifici pubblici che, purtroppo, alla luce degli eventi sismici verificatesi lo scorso sei aprile in Abruzzo, oggi attira fortemente l'interesse dell'opinione pubblica.
Nei fatti oggetto del parere in esame, un cittadino, genitore di un alunno frequentante una scuola comunale, aveva richiesto l'accesso agli atti di collaudo, comprensivi delle eventuali relazioni allegate e alla determinazione di approvazione del collaudo dell'edifico scolastico stesso. Il tutto senza fornire all'ufficio tecnico comunale, alcuna motivazione in particolare. Da qui, le titubanze dell'ufficio comunale in merito alla legittimità o meno del tenore della richiesta.
La Commissione ha rilevato che l'articolo 10 del Testo unico sugli enti locali (il decreto legislativo n. 267/2000), al fine di favorire la massima trasparenza dell'attività dell'amministrazione comunale, ha previsto l'obbligo di mettere a disposizione di ogni cittadino residente (per la visione o per l'estrazione di copia) «qualunque documento relativo ad atti emanati dall'ente locale», senza che sussista la necessità di motivare la richiesta ai fini della valutazione della titolarità di una situazione rilevante che giustifichi l'interesse del richiedente all'accesso, così come invece è previsto, in via generale, dall'articolo 22 della legge n. 241/1990.
In questo caso, ha rilevato la commissione nella risposta, la legittimazione all'accesso è senza dubbio riconosciuta, in quanto la richiesta soggiace ad una situazione giuridicamente qualificata, quale quella dell'interesse di un genitore a verificare che i lavori compiuti sull'edificio scolastico, frequentato dal figlio, abbiano ricevuto il prescritto collaudo (articolo ItaliaOggi del 23.05.2009, pag. 35).

EDILIZIA PRIVATA: Imposta sui cartelli edili.
I cartelli edili informativi, obbligatori ai sensi dell'art. 9 dpr 447/1991 e circolare 1729/UL del 1990, scontano l'imposta di pubblicità quando eccedono il mezzo metro quadrato.

Il concetto è stato ribadito con sentenza n. 59.1.09 del 24/02/2009 dalla ctp di Reggio Emilia.
Il ricorso riguardava una società edile di persone, che si opponeva all'avviso di accertamento per imposta comunale della pubblicità. Tale avviso era stato emesso per un cartello esposto presso un cantiere, obbligatorio, ai sensi del citato art. 9 dpr 447/1991 e della circolare 1729/UL del 1990. La normativa vigente impone l'obbligo di esporre, presso ogni cantiere apposito cartello con l'indicazione dei soggetti che prendono parte alle opere ivi eseguite.
La parte ricorrente eccepiva che l'esposizione del cartello doveva essere interpretata nel senso di adeguamento a tale obbligo previsto dalla normativa, non costituendo tale esposizione, quindi, alcuna forma di pubblicità, ovvero da ricomprendersi fra le attività previste in esenzione ai sensi dell'art. 17, comma 1, dlgs 507/1993.
Con proprie controdeduzioni, la società concessionaria, parte resistente, insisteva sulla regolarità dell'accertamento, argomentando, nel merito, che il cartello esposto all'esterno del cantiere, da parte della società edile, conteneva un chiaro messaggio pubblicitario ed era di dimensioni maggiori al mezzo metro quadrato. Tale argomentazioni erano suffragate, dalla parte resistente, tramite apposita documentazione fotografica allegata alle controdeduzioni depositate.
La commissione tributaria di Reggio Emilia, udite le parti in pubblica udienza, ribadisce che le insegne appartenenti alla società ricorrente, assolvono un obbligo regolamentare, cosi come stabilito dal dpr 447/1991, contemporaneamente, però, è fuor di dubbio che rappresentano anche un messaggio pubblicitario.
Dall'avviso di accertamento della società concessionaria, continua la commissione, nonché dalla documentazione fotografica allegata, si evince che il cartello esposto ha dimensioni superiori al mezzo metro quadrato. Dimensioni che eccedono quelle stabilite per fruire dell'esenzione (articolo ItaliaOggi del 26.03.2009, pag. 30).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla nozione di «concessione di servizi» ai sensi della direttiva 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
Nel caso di un contratto avente ad oggetto servizi, il fatto che la controparte contrattuale non sia direttamente remunerata dall'amministrazione aggiudicatrice, ma abbia il diritto di riscuotere un corrispettivo presso terzi, è sufficiente per qualificare quel contratto come "concessione di servizi" ai sensi dell'art. 1, n. 3, lett. b), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31.03.2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, dal momento che il rischio di gestione corso dall'amministrazione aggiudicatrice, per quanto considerevolmente ridotto in conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell'organizzazione del servizio, è assunto dalla controparte contrattuale a carico completo o pressoché completo (Corte di giustizia europea, Sez. III, sentenza 10.09.2009 n. C-206/08 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla compatibilità con il diritto comunitario dell'affidamento diretto di un servizio ad una spa a capitale interamente pubblico nel caso in cui esista la possibilità che investitori privati entrino nel capitale della società.
Nel caso in cui il capitale della società aggiudicataria è interamente pubblico e in cui non vi è alcun indizio concreto di una futura apertura del capitale di tale società ad investitori privati, la mera possibilità per i privati di partecipare al capitale di detta società non è sufficiente per concludere che la condizione relativa al controllo dell'autorità pubblica non è soddisfatta. L'apertura del capitale rileva solo vi è un'effettiva prospettiva di ingresso di soggetti privati nella compagine sociale, altrimenti, il principio di certezza del diritto esige di valutare la legittimità dell'affidamento in house sulla base della situazione vigente al momento della deliberazione dell'Ente locale affidante.
L'attività della società in house deve essere limitata allo svolgimento dei servizi pubblici nel territorio degli enti soci, ed è esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi.
Nel caso di specie, anche se il potere riconosciuto alla società aggiudicataria, di fornire servizi ad operatori economici privati è meramente accessorio alla sua attività principale, l'esistenza di tale potere non impedisce che l'obiettivo principale di detta società rimanga la gestione di servizi pubblici. Pertanto, l'esistenza di un potere siffatto non è sufficiente per ritenere che detta società abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che la detengono (Corte di giustizia europea, Sez. III, sentenza 10.09.2009 n. C-573/07 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATALa Cassazione precisa quando, in materia edilizia, un intervento può essere qualificato quale restauro o risanamento conservativo.  
In materia edilizia, perché un intervento possa essere configurato quale restauro o risanamento conservativo, è necessario che non venga mutata la qualificazione tipologica del manufatto preesistente ovvero i caratteri architettonici e funzionali che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie, gli elementi formali che configurano l'immagine caratteristica dello stesso e gli elementi strutturali che, materialmente, compongono la struttura dell'organismo edilizio.
L'attività di restauro e risanamento conservativo si qualifica, pertanto, per un insieme di opere che lasciano inalterata la struttura dell'edificio, sia all'esterno che al suo interno, dovendosi privilegiare la funzione di ripristino della individualità originaria dell'immobile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.09.2009 n. 33536 - link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATALa natura di “zona boscata” è indipendente dal dato che la zona sia riportata come tale dalla Carta tecnica regionale.
La natura di zona boscata è determinata dalla presenza effettiva di bosco fitto di alto fusto o di bosco rado indipendentemente dal dato che la zona sia riportata come tale dalla Carta tecnica regionale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.09.2009 n. 33534 - link a www.simoline.com).

APPALTISulla necessità, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale dell’impresa, di dichiarare anche le condanne non menzionate nel casellario giudiziale, le sentenze patteggiate e le condanne per reati puniti con la sola pena pecuniaria.
Il Consiglio di Stato ha di recente espresso in materia la condivisibile opinione che l'esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara (Consiglio Stato, Sez. V, 12.04.2007, n. 1723; in termini, anche Consiglio di Stato, Sez. V, 06.06.2002, n. 3183) perché la valutazione circa la sussistenza del requisito della moralità professionale spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, sicché quest'ultimo non ha il potere di anticipare tale giudizio omettendo nella sua dichiarazione dati penalmente rilevanti (Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2007, n. 6221).
Le considerazioni in precedenza svolte e la circostanza che art. 38, II c., del D.Lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che il concorrente deve attestare il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in cui deve indicare anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione, comportano che non può essere condiviso il minoritario orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 08.09.2008, n. 4244), peraltro relativo alla precedente normativa al riguardo, secondo cui "il partecipante alla gara può operare un giudizio di rilevanza sulle condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale, senza incorrere nella sanzione della esclusione per dichiarazione non veritiera perché il difetto del requisito della moralità professionale non concerne tutti i reati commessi dall'imprenditore indipendentemente dal tipo e dalla gravità del reato commesso, ma solo quelli che siano in grado di incidere in concreto sull'interesse collettivo alla realizzazione dell'opera pubblica”.
Esattamente in termini è la sentenza nella quale si sostiene che “anche le sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nel certificato del Casellario giudiziale potrebbero incidere sulla moralità professionale e costituire ostacolo all'ammissione ad un procedimento di evidenza pubblica, sicché i concorrenti ad una gara di pubblico appalto devono attestare con apposita autodichiarazione, oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva che vengono indicate nel certificato del Casellario giudiziale a richiesta dei privati anche l'assenza di sentenze definitive di condanna con il beneficio della non menzione, l'assenza di sentenze patteggiate (per le quali non è stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione o l'estinzione e artt. 167 o 445 c.p.p. per decorso del tempo senza aver commesso un altro reato) e l'assenza di reati puniti con la sola pena pecuniaria, atteso che deve essere consentita all'Amministrazione appaltante la possibilità di effettuare una valutazione anche della rilevanza di tali condanne sull'affidabilità morale e professionale di ogni partecipante per reati che incidono sulla moralità professionale, e l’omissione va equiparata alla stregua di una falsa dichiarazione, che ai sensi dell'art. 17 comma 1, lett. m), d.P.R 25.01.2000 n. 34 e va sanzionata con l'esclusione dalla gara” (TAR Basilicata Potenza, sez. I, 27.06.2008, n. 344).
Va, inoltre, osservato che l'autodichiarazione sul possesso di propri requisiti non è una generica attestazione «de scientia», ma una dichiarazione «de veritate» su ciò che si dice e su ciò che si afferma possedere (TAR Lazio Roma, sez. III, 10.10.2007, n. 9925) con la conseguenza che ove le affermazioni in essa contenute, siano contrarie alla verità dei fatti dichiarati, l’autodichiarazione oltre a poter essere rilevante su altri piani mina il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra stazione appaltante ed aggiudicatario (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 27.08.2009 n. 8304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAVanno ricondotte al comune, e non alla regione, le scelte urbanistiche, in esito alle quali i mutamenti di destinazione d'uso possono essere soggetti a concessione. E' legittimo quindi, il provvedimento con cui un comune ha stabilito l'obbligo di pagare il contributo per oneri di urbanizzazione, in corrispondenza del cambio di destinazione d'uso di un immobile (da abitazione ad ufficio), effettuato senza opere edilizie.
La questione sottoposta all’esame del Collegio riguarda la valenza –sul piano urbanistico– del mutamento di destinazione d’uso di unità o complessi immobiliari, senza effettuazione di opere edilizie e della possibilità, o meno, di ritenere dovuti per interventi del tipo indicato i contributi per oneri di urbanizzazione, anche quando la normativa regionale non richieda per gli interventi stessi il titolo abilitativo, una volta denominato “concessione edilizia” e –nel nuovo testo unico– “permesso di costruire”.
Sia nella precedente che nell’attuale normativa in effetti (articoli 3, 5, 6 della legge 28.01.1977, n. 10 e 16 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380) alle nuove edificazioni e ad altri interventi, comunque soggetti ai titoli abilitativi sopra specificati, corrisponde il pagamento di un contributo, commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione.
La natura giuridica del predetto contributo è quella di prestazione patrimoniale imposta, anche indipendentemente dall’utilità specifica del singolo concessionario, comunque tenuto a concorrere alla spesa pubblica per le infrastrutture –strade, fognature, illuminazione, parcheggi, ma anche scuole, uffici, centri commerciali ecc.– che debbono accompagnare ogni nuovo insediamento edificatorio (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. V, 06.05.1997, n. 462. 16.04.1986, n. 225 e 06.10.1986, n. 504). E’ anche evidente che la destinazione d’uso degli immobili condiziona le esigenze infrastrutturali, da tempo individuate dalla normativa sotto forma di standards urbanistici, in base al D.M. 02.04.1968, n. 1444 e all’art. 41-quinquies della legge 17.08.1942, n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 17 della legge 06.08.1967, n. 765. In connessione con i principi generali, sopra sommariamente enunciati, è stato a lungo dibattuto in giurisprudenza il problema dei mutamenti di destinazione d’uso degli immobili, effettuabili senza opere edilizie, essendo evidente –pur in assenza di una materiale trasformazione del territorio– la non irrilevanza dei mutamenti in questione sul piano urbanistico (tenuto conto in particolare delle differenti dotazioni di standards, riconducibili alle varie tipologie d’uso degli immobili stessi, anche inseriti nella medesima zona territoriale omogenea: cfr. al riguardo Cons. St., sez. IV, 29.05.2008, n. 2561).
L’art. 25, u.c., della legge 28.02.1985, n. 47 (ora trasfuso nell’art. 10, comma 2, del T.U., approvato con D.P.R. n. 380/2001 cit.) ha rinviato la soluzione della complessa tematica in ambito locale, disponendo che siano le leggi regionali a stabilire “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti” dovessero essere subordinati a concessione (oggi permesso di costruire) e quali a mera autorizzazione (potendosi identificare con tale terminologia –non del tutto propria, data la natura comunque autorizzatoria dei titoli abilitativi in questione: cfr. al riguardo, per il principio, Corte Cost. 21.04.1983, n. 127– i mutamenti di destinazione d’uso di minore impatto sul territorio, assimilabili agli interventi edilizi, di norma non soggetti ad oneri).
In rapporto alle diverse normative, conseguentemente emanate dalle Regioni, alcune linee di indirizzo sono state espresse dalla Corte Costituzionale, che –con sentenze nn. 73 in data 11.02.1991 (riferita all’art. 76, comma 1 della legge della Regione Veneto 27.06.1985, n. 61) e 259 del 23.07.1997, riferita all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Emilia Romagna 08.11.1988, n. 46)– ha indicato i seguenti principi:
a) riconducibilità al Comune, e non alla Regione, delle scelte urbanistiche, in esito alle quali i mutamenti di destinazione d’uso possono essere soggetti a concessione;
b) riconoscimento per la Regione, in forza della competenza concorrente che le è propria, del compito di stabilire criteri e modalità, cui i Comuni debbono attenersi in sede di predisposizione degli strumenti urbanistici;
c) non assoggettabilità con legge regionale dei mutamenti di destinazione d’uso senza opere a concessione, anziché a semplice autorizzazione, per l’intero territorio comunale.
Nella situazione in esame, si tratta di stabilire i corretti parametri applicativi della legge della Regione Lombardia 15.01.2001, n. 1, che all’art. 2, comma 2 dispone quanto segue: “I mutamenti di destinazione d’uso di immobili, conformi alle previsioni urbanistiche comunali e non comportanti la realizzazione di opere edilizie, sono soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell’interessato al Comune, ad esclusione di quelli riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui superficie lorda di pavimento non sia superiore a 150 metri quadrati, per i quali la comunicazione non è richiesta”.
Il precedente art. 1 della medesima legge regionale prevede, altresì, che i Comuni indichino nello strumento urbanistico le destinazioni d’uso non ammissibili nelle diverse aree omogenee e definiscano nello strumento urbanistico le necessarie variazioni del fabbisogno di standards, relativamente ai mutamenti d’uso ammissibili attuati con opere edilizie, ovvero anche non comportanti la realizzazione di tali opere, se riferiti ad uso commerciale “non costituente esercizio di vicinato”.
Una interpretazione costituzionalmente orientata della citata legge –tenuto conto dei principi in precedenza esposti– non può comunque escludere un autonomo apprezzamento comunale, in merito all’impatto urbanistico di qualsiasi mutamento di destinazione d’uso ed implica dunque, ad avviso del Collegio, che i mutamenti in questione –anche ove effettuabili senza opere e compatibili con la destinazione di zona, per immobili di non minimale consistenza (oltre 150 mq)– non siano soggetti a specifico assenso comunale e non possano essere inibiti a chi vi abbia interesse: quanto sopra, tuttavia, non senza che sia possibile integrare la riscossione dei contributi, corrispondenti agli oneri di urbanizzazione, da parte dei Comuni interessati, cui competono la valutazione e l’eventuale integrazione degli standards urbanistici presenti sul territorio, ove gli assetti originari finiscano per subire variazioni di rilievo (come nel caso in cui una zona a prevalente vocazione abitativa finisca per trasformarsi –fenomeno non raro in aree centrali dei nuclei urbani– in zona ad uso prioritario di tipo direzionale, con esigenze diverse, ad esempio, in tema di parcheggi ed altri servizi connessi).
Se è vero, infatti, che la Regione non potrebbe imporre ai Comuni la sottoposizione dei mutamenti di destinazione d’uso al medesimo titolo abilitativo, previsto per le nuove costruzioni (Corte Cost. nn. 73/1991 e 259/1997 cit.), è anche vero che la Regione stessa non avrebbe titolo per precludere alle Amministrazioni comunali –preposte all’individuazione delle destinazioni, compatibili con le singole aree omogenee, nonché alla relativa disciplina– l’acquisizione dei contributi per oneri di urbanizzazione, nella misura per legge dovuta (a norma, per quanto qui interessa, dell’art. 4 della legge regionale 05.12.1977, n. 60).
Nella situazione in esame, pertanto, legittimamente il Comune appellato ha richiesto l’integrazione del contributo, ovvero la differenza fra l’ammontare dovuto per oneri di urbanizzazione, corrispondenti all’uso ufficio, e la minor somma già in precedenza corrisposta per l’uso abitativo: quanto sopra, non quale nuova autorizzazione a titolo oneroso, ma quale mera commutazione, ammissibile ex lege, della tipologia di riferimento dell’autorizzazione originaria (cfr. anche al riguardo, per il principio, art. 19, comma 3, del D.Lgs. 06.06.2001, n. 378, nonché –per un caso solo parzialmente diverso– Cons. St., sez. IV, 14.04.2006, n. 2163).
Una diversa linea interpretativa potrebbe comportare una generalizzata elusione dell’ammontare del contributo di cui trattasi da parte di costruttori ed altri operatori economici, interessati a versare il contributo stesso nella misura minore, potendo poi usufruire di un gratuito mutamento di destinazione d’uso, il cui maggior carico infrastrutturale determinerebbe un onere, gravante in via esclusiva sulla finanza pubblica.
Non appare contrastante con la logica delle conclusioni, in precedenza raggiunte, la diversa regolamentazione dei mutamenti di destinazione d’uso, che riguardino singole unità immobiliari di superficie inferiore a 150 mq.: una liberalizzazione circoscritta a queste ultime appare, infatti, giustificata sia dall’indifferenza, sul piano urbanistico, di nuovi insediamenti direzionali di così modesta entità (in corrispondenza, per lo più, a studi professionali con limitato numero di addetti), sia da una certa “intercambiabilità” di destinazione, che è sembrato opportuno riservare a dette articolazioni immobiliari minori, più facilmente integrabili nel territorio (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.08.2009 n. 5059 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: 1- Pubblico impiego – Personale – Concetto giuridico di mobbing – Natura – Ratio - Nesso che lega i diversi atti e comportamenti del datore di lavoro – Va dimostrato un disegno unitario.
2- Pubblico impiego – Personale – Mobbing – Peculiarità – Distinzione dall’ordinaria dinamica dei rapporti di lavoro – Onere della prova – Va dimostrato l'asserito intento persecutorio diretto ad emarginare il dipendente.

1- Il concetto giuridico di "mobbing" allude ad una condotta del datore di lavoro sistematica nel tempo e finalizzata all'emarginazione del lavoratore, che assume le caratteristiche di una persecuzione. L'illecito si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti, a prescindere dall'inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa regolante il rapporto (Cassazione Civile, Sezione lavoro, 06.03.2006 numero 4774). La sussistenza di una simile situazione deve essere desunta attraverso una complessiva analisi del quadro in cui si esplica la prestazione del lavoratore: elementi identificativi di una situazione mobbizzante sono la reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari o la sottrazione di vantaggi precedentemente attribuiti; tali elementi devono presentarsi con carattere di ripetitività, sulla base di un intento sistematicamente perseguito da parte del datore di lavoro al fine di creare una situazione di sofferenza nel dipendente (TAR Lazio, Sez. III, 25.06.2004 n. 6254; TAR Lombardia, Sez. I, 21.07.2006, n. 1844). Ciò che quindi qualifica il mobbing é il nesso che lega i diversi atti e comportamenti del datore di lavoro, i quali in tanto raggiungono tale soglia in quanto si dimostrino legati da un disegno unitario finalizzato a vessare il lavoratore e a distruggerne la personalità e la figura professionale.
2- Il tratto strutturante del mobbing -tale da attrarre nell'area della fattispecie comportamenti che altrimenti sarebbero confinati nell'ordinaria dinamica, ancorché conflittuale, dei rapporti di lavoro- è la sussistenza di una condotta volutamente prevaricatoria da parte del datore di lavoro volta a emarginare o estromettere il lavoratore dalla struttura organizzativa. Consegue, in ordine all'onere della prova da offrirsi da parte del soggetto destinatario di una condotta mobbizzante, che quest'ultima deve essere adeguatamente rappresentata con una prospettazione dettagliata dei singoli comportamenti e/o atti che rivelino l'asserito intento persecutorio diretto a emarginare il dipendente, non rilevando mere posizioni divergenti e/o conflittuali, fisiologiche allo svolgimento di un rapporto lavorativo (TAR Lazio, Sez. III, 14.12.2006, n. 14604) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.08.2009 n. 4581 - link a
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PUBBLICO IMPIEGO: In materia di procedimento disciplinare nei confronti di un pubblico dipendente - Sull’estensione del principio dell’immediatezza della contestazione degli addebiti - Sulla sanzione disciplinare irrogata perché il dipendente ha svolto attività extraistituzionali - Sulle differenze tra denunce di disfunzioni ed atti di denigrazione della P.A. e sui casi in cui sussiste l’obbligo di astensione dei componenti della commissione di disciplina per grave inimicizia.
La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 18-03-1994, n. 372) ha chiarito che il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare è preordinato ad un equo contemperamento delle esigenze sia dell’amministrazione pubblica di procedere agli accertamenti preliminari a carico dell’impiegato con ponderata valutazione della gravità e complessità dei fatti medesimi, sia della parte privata, onde non siano rese più gravose le modalità della difesa a causa della eccessiva distanza di tempo dal verificarsi dei fatti oggetto di contestazione.
Di conseguenza, la contestazione degli addebiti, anche se risponde ad un’esigenza di ragionevole sollecitudine, non è ancorata ad alcun termine di carattere perentorio (cfr. Cons. Stato, VI, 29-05-1987, n. 334).
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La “inosservanza grave del dovere di ufficio di non svolgere un impiego privato oltre quello pubblico”, sanzionata dall’Amministrazione, si presenta, dunque, con connotazioni di complessità e reiterazione.
Vi è, infatti, in primo luogo la circostanza dell’avvenuto svolgimento di attività lavorativa extra-istituzionale (componente di commissioni di collaudo).
La irregolarità rilevante in proposito non risiede nella circostanza dell’avvenuto espletamento in sé di prestazioni libero professionali ma nella circostanza che le stesse risultano essere state svolte senza il previo rilascio di autorizzazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza.
Invero, non è stata offerta prova alcuna che le stesse fossero state autorizzate.
Essendo pacifico che, secondo una regola ordinaria, per ogni incarico occorre specifico atto autorizzativo (salvo diversa ed espressa determinazione del soggetto autorizzante, da verificarsi in concreto), in presenza di ben otto prestazioni di collaudo era certamente onere del dipendente esibire le abilitazioni rilasciate dall’ente di appartenenza, all’uopo risultando insufficiente il mero e generico richiamo ad una autorizzazione, di cui risultano in termini generali solo l’oggetto e la data, senza esibizione dell’atto nella sua consistenza documentale.
Vi è, poi, la circostanza, certamente rilevante, che non si è trattata di unica prestazione lavorativa, ma di ben otto incarichi di componente di commissione di collaudo, onde la contestata violazione risulta non sporadica ed episodica, bensì più volte reiterata.
Alla violazione del dovere del dipendente ed alla sua reiterazione si aggiunge, infine, il comportamento tenuto dall’ing. Bevere di fronte alla richiesta di informativa da parte dell’Amministrazione, comportamento che connota di ulteriori elementi di complessità (in termini negativi) l’illecito contestato.
Va, invero, osservato che, di fronte alla nota del Comune con cui si richiedevano notizie in ordine all’espletamento di ulteriori attività lavorative, il ricorrente è dapprima rimasto inerte; di poi, sollecitato ulteriormente, ha fornito risposta negativa.
Dunque, pur avendo in corso attività professionali extra-istituzionali, egli ha negato la circostanza e questo è certamente comportamento rilevante ai fini disciplinari, atteso che non solo vi è stata attività lavorativa non autorizzata ma anche una specifica condotta attiva volta ad evitare che l’amministrazione di appartenenza avesse comunque conoscenza della suddetta circostanza.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, ritiene il tribunale che la condotta esaminata, tenuta dal dipendente, integri certamente una inosservanza dei doveri di ufficio avente il carattere di “particolare gravità”, tale da giustificare l’irrogazione della sanzione della sospensione dalla qualifica.
Tanto in relazione non solo alla specifica violazione contestata, ma anche con riferimento alla sua reiterazione ed alla condotta tenuta per impedire che la p.a. ne venisse a conoscenza.
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Non può il Collegio esimersi dal richiamare l’orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, VI, 22-03-2007, n. 1350) in base al quale spetta all’amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione ed il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare, in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità (l’amministrazione, infatti, dispone di un ampio potere discrezionale nell’apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con una valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo ).
Sotto tale profilo, dunque, non appare censurabile la operata valutazione di gravità dei fatti né tampoco la scelta di irrogare la sanzione della sospensione dalla qualifica in luogo di quella della riduzione dello stipendio.
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Deve a questo punto passarsi all’esame della ulteriore violazione disciplinare, che è posta a base della sanzione irrogata, consistente nella “denigrazione dell’Amministrazione, con particolare riferimento alla persona del Vice Sindaco, Luigi Cerullo”.
La fattispecie della denigrazione –la quale è espressamente normata come illecito sanzionato con la sospensione dalla qualifica- verrebbe integrata dai contenuti delle note n. 7404 del 19-11-1994 e del 21-11-1994 e n. 7436/1415, originate da una richiesta di predisposizione di provvedimenti di concessione edilizia, nonché della nota n. 425/1988 del 26-01-2005, conseguente ad una vicenda di riduzione di onorari liquidati dal Bevere ad un professionista terzo.
La verifica della legittimità dei provvedimenti impugnati sotto tale aspetto impone previamente la corretta delimitazione del fatto di denigrazione e, di poi, la verifica della sussumibilità nello stesso della condotta in concreto tenuta dal dipendente.
Da un punto di vista strettamente etimologico il termine “denigrare” significa “screditare una persona o una cosa, offuscandone con critiche e censure il valore, l’onore , il prestigio”.
La giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Cons. Stato, VI, 06-06-2008, n. 2720; sez. IV, 30-05-2005, n. 2799) ha chiarito che non costituiscono ipotesi di denigrazione le accuse di disfunzione e di disorganizzazione rivolte all’amministrazione di appartenenza, qualora tali accuse appaiano inserite in un discorso più ampio che nel suo complesso non travalichi i limiti di intento critico, di sollecitazione, di impegno civile e riformatore nei confronti dell’amministrazione stessa, e ciò anche alla luce dei principi costituzionali di libera manifestazione del pensiero, di attiva partecipazione democratica, di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione. Tuttavia, al fine di non scadere nel più deleterio pettegolezzo, nocivo alla concordia del personale ed al buon andamento degli uffici, è necessario che la denuncia sia fondata su elementi di fatto concreti e sufficientemente circostanziati, facilmente accertabili in sede di indagini successive ed accompagnati da elementi di riscontro, con conseguente assunzione di responsabilità quanto alla sussistenza dei fatti denunziati.
Si è, dunque, (cfr. Cons. Stato, n. 2720/2008, cit.) ritenuta fondata la contestazione dell’illecito disciplinare riconducibile ad una condotta di natura denigratoria, allorché, per le espressioni utilizzate, i toni e le modalità di esternazione della critica, si finisca col nuocere al prestigio o all’autorevolezza interna (nei confronti degli altri subordinati) ed esterna (quella percepibile dai cittadini terzi).
Tanto premesso, rileva il Collegio che le richiamate note n. 7404/1412 del 21-11-2004 e 7436/1415 traggono origine da un invito, rivolto all’ing. Bevere dall’Assessore all’Urbanistica in data 19-11-2004, di predisporre immediatamente i provvedimenti di concessione edilizia favorevolmente esitati nelle sedute della CEC del 27 settembre e del 18 ottobre.
Con le stesse il pubblico funzionario offre giustificazioni in ordine alla lamentata disfunzione, richiamando al riguardo il mancato soddisfacimento di richieste avanzate all’Amministrazione (strumentazione tecnica, potenziamento della pianta organica) e l’utilizzo dell’ufficio tecnico per surrogare le carenze di altri uffici.
Lamenta, altresì, l’utilizzo di procedure non conformi al canone dell’efficienza e l’esistenza di un lavoro arretrato che determina un carico ordinariamente non sopportabile.
E’ evidente al Tribunale che tali considerazioni rientrano nel diritto-dovere del pubblico dipendente di segnalare disfunzioni o profili di cattiva organizzazione dell’apparato amministrativo, considerazioni, dunque, pienamente legittime ed in alcun modo censurabili sotto il profilo disciplinare.
Va, peraltro, osservato che il ricorrente ai richiamati rilievi ha aggiunto considerazioni e valutazioni che esulano dal lecito diritto di critica.
Invero, egli ha affermato che l’assessore all’urbanistica “si va sempre più disinteressando all’andamento di questo Ufficio” e che l’invito rivolto alla predisposizione dei provvedimenti edilizi è dettato da “superficialità” e, dunque, sarebbe espressione di un comportamento che si limita ad esigere le prestazioni di ufficio “senza cercare di risolvere i problemi”.
Tali considerazioni, poi, vengono ulteriormente specificate nella nota n. 7436/1415, laddove la richiamata condotta viene espressamente qualificata come espressione di “un atteggiamento oramai ostile di questa Amministrazione”, generando “l’impressione che ci si voglia difendere da chissà quali fantasmi, visto lo scaricarsi di responsabilità che incombe sui latori delle note in argomento”.
In buona sostanza, dopo aver indicato le ragioni organizzative oggettive che inficiano il buon andamento dell’Ufficio Tecnico (giustificazione questa assolutamente priva di rilievo disciplinare), il funzionario ne attribuisce la responsabilità all’organo politico, tacciato dapprima di “superficialità”, di poi definito riottoso a risolvere i problemi ed, infine, avvezzo a scaricare le proprie responsabilità sull’organo burocratico con un evidente atteggiamento ostile nei suoi confronti.
Si tratta, con ogni evidenza, non di semplice esposizione delle giustificazioni di un ritardo nell’assolvimento dei compiti di ufficio, bensì di accuse nei confronti dell’organo politico di scorretto assolvimento dei propri compiti, con un comportamento di superficialità e disinteresse verso le esigenze dell’apparato burocratico, sul quale si cercherebbe di scaricare le proprie responsabilità.
Tali affermazioni, a giudizio del Collegio, integrano gli estremi della denigrazione.
Il dipendente, invero, non si è limitato ad evidenziare carenze strutturali ed organizzative né tampoco ad individuarne la causa nell’attività dell’organo di direzione politica.
Egli ha qualificato altresì tale attività in termini negativi, di disinteresse, superficialità, atteggiamento ostile e scarico di responsabilità, valutazioni certamente lesive del prestigio e della figura dell’organo politico, in quanto riconducibili ad incompetenza, a violazione dei propri doveri istituzionali e ad un atteggiamento emulativo nei confronti dell’apparato burocratico.
Tali accuse, poi, ad integrare la fattispecie della denigrazione, si presentano come non adeguatamente circostanziate, non essendo richiamati gli estremi delle richieste dell’Ufficio di potenziamento della dotazione di uomini e di mezzi rimaste disattese, né la precisazione delle tipologie procedimentali farraginose introdotte ovvero dei fatti concreti in cui si sarebbe manifestato il denunziato e non consentito scarico di responsabilità.
Le stesse, infine, non risultano provate come veritiere né in sede di procedimento disciplinare (non risulta essere stato depositato in giudizio l’atto di giustificazioni prodotto dal dipendente) né nel presente giudizio, non rinvenendosi nella documentazione di parte alcun documento volto a suffragare le affermazioni del ricorrente.
Le considerazioni tutte sopra svolte inducono, dunque, il Tribunale a ritenere sussistente la fattispecie dell’illecito disciplinare della denigrazione, onde anche sotto tale profilo gli atti impugnati risultano sostanzialmente legittimi.
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Con il IX motivo l’ing. Bevere deduce violazione del regolamento di disciplina ed eccesso di potere, assumendo che il Sindaco, l’Assessore al Bilancio e l’Assessore all’Urbanistica, tutti membri della Commissione di Disciplina, avrebbero dovuto astenersi dal partecipare a quest’ultima in relazione alla circostanza che erano “stati sottoposti a procedimento penale in seguito alla nota dell’ing. Bevere, che aveva evidenziato delle pressioni psicologiche per rendere un parere non favorevole all’adeguamento del campo sportivo”.
Con il XII motivo parte ricorrente lamenta violazione dell’articolo 290 r.d. n. 148/1915, eccesso di potere e violazione del principio di correttezza ed imparzialità, deducendo, in relazione a tale norma ed alla instaurazione del procedimento penale sopra richiamato, l’esistenza di un obbligo di astensione del Sindaco e dell’assessore all’Urbanistica a prendere parte alle deliberazioni di G.M. n. 148/1995 (di convocazione della commissione di disciplina) e n. 214/1995 (di irrogazione della sanzione disciplinare).
Le doglianze, da esaminarsi congiuntamente in quanto entrambe afferenti all’istituto della astensione, non sono meritevoli di favorevole considerazione.
In fatto va precisato, così come emerge dalla disposta istruttoria, che effettivamente in data 08-03-1994 pervenne alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ariano Irpino un esposto, datato 12-02-1994, a firma dell’ing. Bevere, nel quale egli lamentava pressioni psicologiche e minacce, finalizzate a rendere un parere negativo su di una variante all’adeguamento del campo sportivo, da parte del sindaco, dell’Assessore al Bilancio e dell’Assessore all’Urbanistica; aggiungendosi che, a seguito di tale esposto, venne instaurato un giudizio penale a carico dei predetti che si concluse, giusta sentenza del G.U.P. in data 05-03-1996, con il proscioglimento degli imputati “perché i fatti non sussistono”.
In diritto vanno, invece, svolte le considerazioni che di seguito si riportano.
Le cause di astensione che possono in astratto essere ricondotte alla fattispecie in esame (non essendovi in proposito concreta specificazione in ricorso) riguardano la situazione di “grave inimicizia” prevista dagli artt. 5 e 6 del Regolamento di Disciplina, l’ “interesse personale nel procedimento” di cui alle richiamate norme ovvero l’ “interesse proprio” indicato dall’articolo 290 del r.d. n. 148/1915.
Quanto alla prima ipotesi, va richiamato il costante orientamento del giudice amministrativo in materia di obbligo di astensione per grave inimicizia del membro di commissioni di disciplina.
Al riguardo è stato chiarito che la disposizione di cui all’articolo 149 del t.u. imp. civ. Stato, nel prevedere i casi in cui il presidente o il componente della commissione di disciplina può essere ricusato ovvero ha il dovere di astenersi, traduce in un preciso obbligo legislativo il principio costituzionale di imparzialità e tende a garantire la posizione di assoluta terzietà dei componenti della commissione, che non devono avere alcun interesse concreto o coinvolgimento di carattere personale nella vicenda che sono chiamati ad esaminare e valutare sotto il profilo disciplinare, sicché la detta posizione di assoluta terzietà è condizione di legittimità del provvedimento da emanare.
E’ stato , peraltro, precisato che l’obbligo di astensione sussiste solo quando l’inimicizia sia determinata da motivi di interesse personale, estranei all’esercizio della funzione e non anche per ragioni attinenti il servizio, non potendo, pertanto, costituire elemento sintomatico di una situazione di grave inimicizia nei confronti dell’incolpato la proposizione di denunce da parte del dipendente sottoposto a procedimento disciplinare ( cfr. Cons. Stato, VI, 19-10-2007, n. 5437; VI; 11-09-2007, n. 4759; IV, 09-06-2006, n. 3467; IV, 20-12-2005, n. 7205).
Orbene, osserva il Collegio che l’applicazione dei richiamati principi alla vicenda oggetto di causa evidenzia che nella specie non vi era obbligo di astensione in capo al Sindaco, all’Assessore all’Urbanistica ed all’assessore al Bilancio, considerato che la presunta “inimicizia” non trovava origine in motivi di interesse personale estranei all’esercizio della funzione; la denunzia prodotta dal ricorrente, invero, originava da vicende relative allo svolgimento dell’attività amministrativa del Comune e, dunque, da ragioni attinenti il servizio.
Né, per altra via, può ritenersi l’illegittimità degli atti impugnati a cagione della esistenza della causa di astensione dell’ “interesse personale nel procedimento” ovvero dell’ “interesse proprio” nella deliberazione.
La giurisprudenza, invero, ha precisato che vi deve essere una correlazione immediata e diretta tra situazione del pubblico amministratore e oggetto della deliberazione (cfr., Cons. Stato, IV, 22-06-2006, n. 3888), evidenziando che l’interesse personale deve derivare da una situazione di carattere oggettivo che renda manifesta o comunque logicamente ipotizzabile la possibilità di un conflitto di interesse ovvero la non estraneità di propri interessi rispetto ai fatti sui quali si concorre a deliberare (cfr. TAR Lombardia , Milano, I, 11-03-1998, n. 5239); sottolineandosi pure la necessità che esso sia concreto ed attuale, non bastando, ai fini della configurabilità del dovere di astensione, che esso sia solo ipotetico (cfr. Cons. Stato, IV, 19-06-2003, n. 3658).
Orbene, se allo stato degli atti nulla può dirsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse (non desumendosi dalla documentazione prodotta all’esito dell’istruttoria se alla data di adozione dei provvedimenti impugnati l’azione penale fosse stata o meno esercitata nei confronti del Sindaco e degli assessori), va comunque evidenziato che nel caso di specie non esiste il requisito della correlazione immediata e diretta tra la situazione del pubblico amministratore e l’oggetto della deliberazione.
Si vuole in buona sostanza affermare che al procedimento disciplinare nei confronti del Bevere, cui si riferiscono i provvedimenti impugnati, è assolutamente estranea la vicenda per la quale è stato instaurato il procedimento penale nei confronti degli amministratori dell’ente.
Invero, quest’ultimo riguarda presunte pressioni e minacce ricevute per una specifica pratica amministrativa, mentre il procedimento disciplinare attiene a fatti ed a comportamenti assolutamente diversi e comunque estranei a tale vicenda.
Non vi è , dunque, alcuna correlazione tra la posizione di imputato (indagato o denunziato) dell’amministratore e le deliberazioni assunte nel procedimento disciplinare, tale da poter ritenere che, partecipando a queste ultime, egli abbia violato il dovere di imparzialità avendovi un interesse proprio.
Dal procedimento penale a carico degli amministratori non deriva in concreto l’esistenza di alcun interesse personale rispetto a ciò che ha formato oggetto dei provvedimenti amministrativi assunti nel procedimento disciplinare a carico del ricorrente (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 11.08.2009 n. 4275 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVINon può essere contestata la legittimità di una deliberazione comunale per la partecipazione alla seduta e alla discussione della delibera stessa di un responsabile di servizio.
La partecipazione alle sedute del Consiglio o della Giunta comunali da parte dei Dirigenti, responsabili della struttura comunale, su autorizzazione del presidente dell’organo collegiale, anche quando non codificata espressamente nello Statuto comunale o nei regolamenti dell’Ente, costituisce prassi comunemente accettata, finalizzata a fornire all’organo deliberante elementi tecnici di valutazione, in modo da consentire alla amministrazione locale la possibilità di esprimere un voto consapevole (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 07.08.2009 n. 2005 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione - Esecuzione di tamponamenti laterali su un terrazzo con copertura fissa – Costituisce intervento di ristrutturazione edilizia - Rilascio del permesso di costruire – Necessità - Sussiste.
L’esecuzione di tamponamenti laterali su un terrazzo avente sovrastante copertura fissa costituisce intervento di ristrutturazione edilizia, comportante aumento della superficie coperta e della superficie utile dell’unità immobiliare, nonché comportante modificazione della sagoma dell’edificio, con conseguente necessità di previo rilascio del permesso di costruire da parte del Comune (TAR Emilia–Romagna, Bologna, Sez. II, 20.07.2006 n. 1490; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27.01.2003 n. 419; Sez. V, 20.03.2000 n. 1507; TAR Campania, Napoli Sez. IV, 28.02.2006 n. 2451) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 03.08.2009 n. 1141 - link a
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URBANISTICA: Sull’accesso agli atti di adozione del PGT nella Regione Lombardia.
La mancata previsione nella legislazione urbanistica del "diritto degli interessati" non solo "di prendere visione", ma anche "di estrarre copia di documenti amministrativi" (art. 22, comma 1, legge n. 241 del 1990), non può ritenersi in contrasto con i principi di trasparenza e di partecipazione, sottesi alla legge generale sul procedimento amministrativo.
La fattispecie, oggetto dello scrutinio dei Giudici di Palazzo Spada (ndr: che conferma TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 814), concerne la pretesa d’accesso agli atti del procedimento di adozione dello strumento urbanistico di pianificazione comunale denominato “Piano di governo del territorio” (PGT), previsto dall’art. 7 della legge della Regione Lombardia 11.03.2005, n. 12 e s.m..
Il GA, preliminarmente, ricorda che l’art. 24, comma 1, lettera c), della legge n. 241 del 1990 e s.m., secondo cui "il diritto di accesso è escluso…nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione", esclude espressamente dall’ambito di applicazione delle norme generali sull’accesso quelle attività dell’amministrazione rivolte anche all’adozione ed all’approvazione degli strumenti di pianificazione urbanistica.
In tal caso, quindi, la trasparenza degli atti -volti all’emanazione degli strumenti urbanistici- continua ad essere disciplinata dalle norme speciali che la regolavano, prevalenti su quelle generali, secondo il criterio risolutore di antinomie normative previsto dal principio di specialità (che, nella materia urbanistica, è interpretato dalla giurisprudenza amministrativa in termini di prevalenza esclusiva e non di mera integrazione tra fonti di produzione del diritto; cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6436/2002 e sez. V n. 1479/1998).
Con particolare riguardo all’esercizio del diritto d’accesso nei confronti degli atti dei procedimenti di adozione di strumenti urbanistici, è applicabile l’art. 9, 1° comma, della legge urbanistica n. 1150 del 1942, che testualmente dispone: "il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge".
Pertanto, gli atti dei procedimenti amministrativi, volti all’approvazione degli strumenti di piano, sono accessibili agli interessati nelle seguenti forme:
- deposito al pubblico del progetto di piano con relativi elaborati;
- pubblicazione dell’avvenuto deposito;
- visione dello stesso da parte di ogni soggetto interessato.
Non è previsto, invece, un diritto di effettuare copia dei documenti che compongono il piano in corso di approvazione.
Infatti, l’art. 13 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 e s.m., rubricato Approvazione degli atti costituenti il piano di governo del territorio, al comma 4° dispone che "entro novanta giorni dall'adozione, gli atti di PGT sono depositati, a pena di inefficacia degli stessi, nella segreteria comunale per un periodo continuativo di trenta giorni, ai fini della presentazione di osservazioni nei successivi trenta giorni. Del deposito degli atti è fatta, a cura del comune, pubblicità sul Bollettino ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale".
In particolare, la Sez. IV ritiene che la ragione per cui la legge n. 241 del 1990 ha escluso dall'ambito di applicazione delle norme generali sull'accesso i procedimenti di pianificazione generale, compresi quelli in materia urbanistica, sta nel fatto che, trattandosi di procedimenti con destinatari non determinati e astrattamente illimitati, finalizzati ad incidere su intere collettività, per essi non può ammettersi un diritto di estrazione di copia che rischierebbe, attesa la potenziale moltitudine di richiedenti, di vanificare il correlato e paritario principio costituzionale di buon andamento, nei suoi contenuti precettivi dell’azione amministrativa di economicità, celerità ed efficacia (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.07.2009 n. 4838 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATALa comunicazione del parere sfavorevole della Commissione edilizia costituisce rigetto della relativa domanda ed è pertanto immediatamente impugnabile.
Il principio in questione è pacifico in giurisprudenza ed è stato di recente riaffermato da questo Tribunale con sentenza n. 1994 del 2008, con argomentazioni che necessita ribadire in questa sede : “… costituisce indirizzo giurisprudenziale costante, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi nel caso di specie, quello secondo cui la comunicazione del parere sfavorevole della Commissione edilizia costituisce rigetto della relativa domanda ed è pertanto immediatamente impugnabile (cfr., da ultimo e per tutte, Cons. Stato, sez. V, 23.01.2007 e TAR Campania, Napoli, sez. IV, 20.11.2006, n. 9983), e ciò perché, se è vero che la comunicazione del parere favorevole della Commissione Edilizia non ha valore di rilascio della concessione, non altrettanto può dirsi della comunicazione del parere contrario, che -se effettuata, come nel caso di specie, da parte dell'organo competente a rilasciare il titolo abilitativo richiesto- costituisce manifestazione della volontà di aderire alla decisione negativa della Commissione e, quindi, avendo tutti gli elementi necessari del diniego, costituisce atto immediatamente lesivo ed autonomamente impugnabile …." (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 30.07.2009 n. 4229 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1.- Autorizzazione - Comunale - Istallazione impianti pubblicitari - D.Lgs. 15.11.1993 n. 507 - Applicazione.
2.- Autorizzazione - Comunale - Installazione impianti pubblicitari - Art. 41, Cost. - Natura.
3.- Autorizzazione - Comunale - Installazione impianti pubblicitari - Piano di repressione dell'abusivismo pubblicitario - Comune di Venaria Reale - Illegittimità - Sussiste.

1.- Ai sensi dell'art. 3, co. 2 e 3, D.Lgs. 15.11.1993 n. 507 (recante revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni) ogni Comune è tenuto ad adottare un apposito regolamento per l'applicazione dell'imposta, che disciplini le modalità di effettuazione della pubblicità, con la possibilità di stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse, e in ogni caso determini la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l'installazione e i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti.
2.- L'installazione di impianti pubblicitari è un'attività economica contingentata, stante la limitatezza degli spazi a ciò destinati, la quale non si pone in contrasto con la tutela costituzionale della libera iniziativa privata, giacché lo stesso art. 41, Cost. ammette la possibilità di limitare tale libertà onde contemperarla con l'utilità sociale.
3.- Sussiste il contrasto dell'art. 11 del Piano di repressione dell'abusivismo pubblicitario del Comune di Venaria Reale con l'art. 24, co. 5-bis, D.Lgs. n. 507/1993 che, pur prevedendo la necessità di un piano per la repressione degli abusi, non autorizza affatto l'Amministrazione ad imporre una moratoria generalizzata su tutti gli impianti, il che apparirebbe anche in contrasto con il principio di ragionevolezza perché si finirebbe per far gravare su imprenditori che, fino a prova contraria, sono del tutto in regole, le conseguenze di abusi perpetrati da altri soggetti, non sufficientemente controllati per colpa, principalmente, della stessa Amministrazione, carente nell'apprestare le doverose misure di sorveglianza e repressive (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 28.07.2009 n. 2123 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Rifiuti. Ordine di rimozione.
A fronte della presenza di una certa fonte di inquinamento è indiscusso ed indiscutibile che quantomeno, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 22/1997 (ora art. 192 D.Lv. 152/2006), l’amministrazione possa ordinarne la rimozione, lo smaltimento e la riduzione in pristino dell’area anche al proprietario, in solido con il responsabile dell’inquinamento, qualora in capo al primo fosse ravvisabile un profilo di dolo o di colpa, a prescindere dalla diretta responsabilità per l’inquinamento ovvero l’accumulo sul luogo.
Ovviamente il profilo di colpa rilevante ai fini per cui è causa non è necessariamente coincidente con la commissione di un fatto penalmente rilevante (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.07.2009 n. 2067 - link a www.
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Classificazione acustica aree.
L’appartenenza di aree alla medesima realtà industriale, cioè il fatto che aree distinte siano tutte di proprietà Enel, ha poco significato, se la distinzione di classificazione è legata al fatto, ben più pregante rispetto al mero profilo soggettivo di appartenenza, che alcune di esse hanno destinazione industriale, e sono quindi correttamente collocate in classe VI, ed altre no, potendo avere quindi qualificazione diversa ai fini della pianificazione in classi acustiche (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 13.07.2009 n. 1227 - link a www.
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URBANISTICA: Pianificazione.
L’interesse al ricorso, in materia di impugnazione degli atti di pianificazione, non può essere provato solo con la situazione dello stabile collegamento con la zona interessata dalle opere, ma attraverso la dimostrazione del pregiudizio effettivo o anche potenziale, ma direttamente conseguente all’adozione degli atti gravati e della connessa utilitas ricavata dall’accoglimento del ricorso.
Il pregiudizio arrecato dal provvedimento gravato deve essere effettivo, nel senso che dall’esecuzione dello stesso deve discendere in via immediata e personale un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente, ovvero potenziale, nel senso, però, che la lesione si verificherà in futuro con un elevato grado di certezza (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.07.2009 n. 4345 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Elettrosmog. Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione.
Si deve poi considerare che, in presenza della specifica previsione di cui all’art. 86 del D.lgs. n. 259/2003, il quale assimila, ad ogni effetto, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, ed in assenza di specifiche previsioni, deve ritenersi che gli impianti di telefonia mobile non possano essere assimilati alle normali costruzioni edilizie e, pertanto, la loro realizzazione non sia soggetta a prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti, le quali si riferiscono a tipologie di opere diverse e sono state elaborate con riferimento a possibilità di diverso utilizzo del territorio, nell’inconsapevolezza del fenomeno della telefonia mobile e, più in generale, dell’inquinamento elettromagnetico in generale.
Conseguentemente, il titolo autorizzatorio non può essere negato se non avuto riguardo ad una specifica disciplina conformativa, che prenda in considerazione le reti infrastrutturali tecnologiche necessarie per il funzionamento del servizio pubblico (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 08.07.2009 n. 1213 - link a www.
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URBANISTICA: Pianificazione.
La costante giurisprudenza, in tema di modifiche apportate allo strumento urbanistico in sede di approvazione da parte della Regione, distingue le modifiche "obbligatorie" (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standards urbanistici minimi) da quelle "facoltative" (consistenti in innovazioni non sostanziali) e da quelle "concordate" (conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune).
Mentre, infatti, per le modifiche "facoltative" e "concordate", ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l'obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche "obbligatorie" non sorge tale obbligo, poiché proprio il carattere dovuto dell'intervento regionale rende superfluo l'apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2009 n. 4303 - link a www.
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Art. 216, comma quarto, d.lv. 152/2006.
L’inibitoria di cui all'art. 216 co. 4 D.Lv. 152/2006 può intervenire non solo nel caso di inosservanza delle norme tecniche sulle quantità ed i tipi di rifiuti recuperabili, ma anche nell’ipotesi di contrasto dell’attività di recupero dei rifiuti con le norme vigenti in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, come si evince dal combinato disposto dell’art. 216, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 1, comma 3, del d.m. 05.02.1998.
Orbene, la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dalle prefate disposizioni, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area.
Tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla normativa urbanistica ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali” (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 06.07.2009 n. 3733 - link a www.
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URBANISTICALottizzazione abusiva, confisca dei terreni e delle opere realizzate.
La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere realizzate, prevista dall'art. 44, comma 2, D.P.R. 380/2001, deve essere disposta anche nei confronti dei beni dei terzi acquirenti in buona fede ed estranei al reato, i quali potranno fare valere i propri diritti in sede civile, atteso che trattasi di una sanzione amministrativa a natura reale non personale applicata sul solo presupposto dell'accertamento giurisdizionale di una lottizzazione abusiva.
Tuttavia, si registra un orientamento parzialmente difforme in base al quale la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in buona fede in possesso del terreno o dell'opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.06.2009 n. 24666 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Il Durc ha validità regionale.
Il Durc emesso da una cassa edile siciliana non ha validità per l'intero territorio nazionale, ma solo limitatamente al territorio regionale. Come tale, pertanto, non risponde al requisito della regolarità contributiva aziendale richiesto dalla legge n. 266/2002 (con riferimento, cioè, a tutto il territorio nazionale) ai fini della partecipazione e aggiudicazione di appalti pubblici.

Lo ha stabilito la Corte di giustizia amministrativa per la regione Sicilia con ordinanza 08.06.2009 n. 680.
Con tale ordinanza i giudici siciliani hanno respinto l'appello della Edilcassa della regione Sicilia presentato per l'annullamento, in via cautelare, della sentenza del Tar Sicilia, sede di Palermo, n. 1099 del 04.09.2008.
Nella citata sentenza n. 1099/2008, il Tar Sicilia ha rilevato che il Durc emesso dall'Edilcassa siciliana riflette la situazione di regolarità dell'impresa soltanto a livello regionale (è noto, infatti, che il predetto ente non è collegato alla Banca nazionale delle imprese irregolari, la Bni, gestito dalla Cnce) e, pertanto, ha affermato che tale Durc non ha validità generale, in particolare per la partecipazione alle gare d'appalto (articolo ItaliaOggi del 17.06.2009, pag. 41).

APPALTI: Appalti, vale il prezzo più basso. Nella valutazione dell'offerta no a medie o criteri forfettari.
Pronuncia del Consiglio di stato: illegittime le formule che appiattiscono la distribuzione dl punteggio.

Sono illegittime le formule per attribuire i punteggi ancorate a medie se non attribuiscono il punteggio più alto all'offerta di maggiore ribasso.
È quanto afferma il Consiglio di stato, sezione VI, con la sentenza del 03.06.2009 n. 3404 sull'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per un appalto pubblico.
La vicenda vedeva ricorrere un'impresa che contestava la manifesta illogicità dei criteri di valutazione dell'offerta economica, che avrebbero condotto al risultato di attribuire un maggior punteggio, per l'elemento prezzo, all'offerta economica più alta anziché all'offerta più bassa, nonostante che tra i prezzi offerti dalle due concorrenti vi fosse una notevole differenza economica. In particolare si denunciava che nell'attribuire il punteggio per il prezzo non si era tenuto conto delle singole offerte, ma del prezzo medio delle offerte, così provocando un ingiustificato appiattimento tra le offerte stesse, che impedisce di tener conto dei ribassi e di premiare i ribassi medesimi.
Il Consiglio di stato innanzitutto precisa la differenza del rilievo dell'elemento prezzo a seconda dei criteri di aggiudicazione utilizzati, affermando che nel criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, vanno separatamente valutate l'offerta economica e l'offerta tecnica, «ma quanto alla valutazione dell'offerta economica, il criterio non può che essere quello del prezzo più basso, senza medie o criteri forfetari». Invece, il criterio del prezzo più basso, «nella sua chiara e univoca applicazione, non può che condurre al risultato di premiare l'offerta di prezzo più basso, e non può pervenire al risultato di premiare un'offerta di prezzo più alta di altre».
Nel caso dell'offerta economicamente più vantaggiosa, però, il Consiglio di stato precisa che «i criteri di distribuzione del punteggio per l'offerta economica, previa suddivisione di essa in vari sub-elementi, devono comunque essere strutturati in modo tale da condurre al risultato per cui l'offerta economica complessivamente inferiore deve riportare un punteggio, per il prezzo, complessivamente superiore».
Viene quindi criticato ogni metodo che, riferendosi a medie, finisce per non attribuire tutti i punteggi disponibili. In particolare i giudici (relatore Rosanna de Nictolis), affermano che nel vigente ordinamento sono stati banditi tutti i criteri di valutazione delle offerte di prezzo basati su medie e che di media si può parlare soltanto ai fini dell'individuazione delle offerte sospette da sottoporre a verifica di anomalia. In altre parole, dicono i giudici, «se si fissa come soglia la media dei ribassi offerti in gara, comunque questo non autorizza ad appiattire il punteggio per i ribassi che sono più bassi rispetto a quello che risulta dalla media dei ribassi offerti».
Formule che appiattiscono la distribuzione del punteggio, attraverso il ricorso a medie, finiscono per essere illegittime perché attribuiscono al di sotto del prezzo minimo o della media delle offerte lo stesso punteggio a tutte le offerte, anche più basse di quella media o minima. Se quindi si ritiene che oltre la media le offerte prendano tutte lo stesso punteggio, si opera illegittimamente perché «si impedisce di valutare ciascuna offerta per ciò che essa è effettivamente, eguagliandola in automatico a un prezzo medio; in tal modo, il punteggio attribuito diventa forfetario e disancorato dall'effettiva offerta».
La sentenza del Consiglio di stato mette quindi in crisi quanto previsto dallo schema di regolamento del Codice dei contratti pubblici laddove viene prevista una formula (Ri/R medio) che finisce per attribuire sempre lo stesso punteggio alle offerte di ribasso superiore alla media (articolo ItaliaOggi del 20.08.2009, pag. 11).

EDILIZIA PRIVATA: Chi riceve un esposto edilizio ha diritto a sapere il mittente.
Chi subisce un procedimento ispettivo di carattere urbanistico non può essere limitato nell'accesso agli atti amministrativi. Per questo motivo il comune non può negare all'interessato la piena conoscenza di un eventuale esposto edilizio concluso con un nulla di fatto a carico del soggetto sottoposto a controlli.
Lo ha stabilito il Consiglio di stato, Sez. V, con la sentenza 19.05.2009 n. 3081.
Alcuni cittadini hanno richiesto una verifica comunale da parte dei vigili urbani su un immobile di proprietà di un avvocato. Nonostante l'esito negativo del controllo il comune ha ritenuto di limitare l'accesso agli atti consegnando al proprietario immobiliare richiedente una copia dell'esposto epurata dei riferimenti completi del mittente.
Contro questa determinazione l'avvocato, motivato a conoscere gli autori della delazione anche per intraprendere eventuali azioni di rivalsa, ha proposto inutilmente ricorso al Tar ma il Consiglio di stato ha ribaltato l'esito della vertenza. La richiesta di accesso completo agli atti ispettivi ed in particolare alle generalità degli autori della denuncia, specifica la sentenza, è pienamente legittimata anche dall'esito del controllo edilizio che ha evidenziato mere questioni di carattere civilistico tra le parti.
La giurisprudenza più recente in materia, prosegue il collegio, ha infatti osservato che «il nostro ordinamento non tollera le denunce segrete e come colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo abbia un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti d'iniziativa e di preiniziativa, quali, appunto, denunce o esposti, per concludere nel senso che non si può escludere che l'immediata comunicazione del nominativo del denunciante potrebbe riflettersi negativamente sullo sviluppo dell'istruttoria».
In buona sostanza, a parte eventuali limitazioni derivanti da indagini tecniche complesse o penali il diniego delle generalità dell'esponente non è ammesso (articolo ItaliaOggi del 19.06.2009, pag. 13).

PUBBLICO IMPIEGO: Nelle procedure concorsuali è legittimo il voto numerico, senza la necessità di ulteriori indicazioni e precisazioni, qualora la valutazione del candidato esprima un giudizio relativo al grado di preparazione e di competenza.
Lo ha sancito il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza dell'11.05.2009 n. 2880.
Nel caso in esame il concorrente ad un concorso pubblico per titoli ed esami, indetto dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, per la copertura di 19 posti di dirigente del profilo amministrativo, non aveva superato la prima prova scritta, non avendo conseguito il punteggio minimo richiesto pari a 14. Aveva così presentato ricorso al Tar.
A seguito della sentenza di rigetto dei giudici amministrativi regionali si era rivolto al Consiglio di stato reputando illegittima l'indicazione soltanto numerica del punteggio attribuito alla prova non superata e l'intrinseca illogicità dei criteri di valutazione della prima prova scritta individuati dalla commissione. Il Consiglio di stato ha respinto l'appello.
Si precisa, infatti, che nell'ambito dei concorsi per posti di pubblico impiego la commissione esaminatrice ha l'obbligo di stabilire preventivamente ed in astratto i criteri di massima solo in relazione alla valutazione dei titoli e non anche per la valutazione delle prove scritte che sono rimesse alla sua discrezionalità tecnica. In ogni caso tali criteri sono insindacabili da parte del giudice amministrativo «salvo il limite della intrinseca irrazionalità e della esorbitanza rispetto alle materie del concorso».
I giudici non intendono discostarsi dalla soluzione interpretativa offerta dalla giurisprudenza, consolidata al punto da costituire «diritto vivente» giudicato conforme ai parametri costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa da Corte cost. 30.01.2009, n. 20, secondo cui nelle procedure concorsuali, qualora la valutazione del merito del candidato esprima un giudizio strettamente valutativo del grado di preparazione e di idoneità culturale e non una ponderazione fra una pluralità di interessi in gioco ai fini dell'adozione di un provvedimento, il voto numerico è di per sé idoneo a identificare il livello di sufficienza o di insufficienza della prova sostenuta, senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti (articolo ItaliaOggi del 04.06.2009, pag. 12).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso - Atti già formati - Ammissibilità - Formazione di atti nuovi - Attività di elaborazione - Esclusione.
Il rimedio di cui all'art. 25, L. 241/1990, non può essere utilizzato per costringere l'Amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti, potendo essere impiegato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi dell'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 17.04.2009 n. 867 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Convenzione urbanistica - Giurisdizione esclusiva G.A. - Sussistenza - Azione ex art. 2932 c.c. - Ammissibilità.
Va riconosciuta la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -in forza di quanto tra l'altro previsto dall'articolo 11, co. 5, L. 241/1990- sulle controversie aventi ad oggetto l'adempimento (o la risoluzione) di una convenzione di lottizzazione: la convenzione urbanistica ricade infatti nei c.d. accordi integrativi di provvedimenti amministrativi, sicché trova disciplina specifica nell'art. 11, co.5 L. 241/1990, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione delle controversie aventi ad oggetto, unitamente a quelli sostitutivi di provvedimenti, tali tipi di accordi; come tale, nell'ambito di detta giurisdizione rientra anche la domanda di emissione di sentenza ex art. 2932 c.c., infatti, l'esecuzione dell'obbligo ex art. 2932 c.c. è tipica azione costitutiva dell'obbligo di concludere il contratto: l'obbligo trae titolo dalla convenzione urbanistica e dunque detta controversia risulta ricondotta nella predetta ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 860 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Perequazione urbanistica - In relazione ad edificazioni singole - Ammissibilità.
La cessione di un'area a parcheggio, a fronte della realizzazione di un albergo, appare proporzionata, in quanto da un lato non ostacola il raggiungimento dell'obiettivo edificatorio del privato e dall'altro è giustificata dal fatto che l'aumento dell'esigenza di parcheggi è strettamente correlato all'avvio dell'attività alberghiera: la perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi.
In proposito dispone l'art. 9, comma 3, della LR 12/2005, il quale estende ai piani attuativi la stessa dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale prevista dal piano dei servizi per le altre parti del territorio, con questo implicando che tutti i proprietari, all'interno e all'esterno dei piani attuativi, sono assoggettati all'obbligo di contribuire al reperimento delle aree destinate a standard pubblico. L'assoggettamento si deve intendere proporzionato all'ampiezza delle aree di proprietà e all'impatto dell'intervento edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 859 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parere della Commissione Edilizia - Deficit motivazionale - Non influisce sul provvedimento finale se adeguatamente motivato.
L'eventuale laconicità dei pareri obbligatori non rifluisce ex sé nell'illegittimità del provvedimento finale salvo lo stesso non sia autonomamente inficiato da difetto di motivazione; pertanto, ove i pareri siano stati espressi in forma superficiale, il provvedimento finale ben può reggersi autonomamente ove la motivazione adottata sia comunque congrua e idonea a superare l'eventuale deficit degli atti endoprocedimentali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 10.04.2009 n. 3248).

ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA: Accesso ex L. 241/1990 - Estrazione di copia - Atti di pianificazione urbanistica - Esclusione - Normativa speciale - Applicazione.
La legge generale sul procedimento amministrativo esclude dal suo ambito di applicazione l'attività dell'amministrazione volta alla approvazione degli strumenti di pianificazione non perché non sia possibile alcun tipo di accesso ad essi, ma perché la trasparenza degli atti volti all'emanazione del piano -che era possibile già prima della l. 241/1990- continua ad essere disciplinata dalle norme speciali che la regolavano, gli atti dei procedimenti amministrativi generali volti all'approvazione degli strumenti di piano, pertanto, sono accessibili agli interessati nelle forme del deposito al pubblico del progetto, della pubblicazione dell'avvenuto deposito, della visione dello stesso da parte di ogni soggetto interessato, mentre non è previsto un diritto di effettuare copia dei documenti che compongono il piano in corso di approvazione.
La disciplina dell'accesso agli strumenti di piano, quindi, è modellata sulle particolarità di tali procedure amministrative, che -proprio perché interessano potenzialmente un numero indeterminato di soggetti che sono titolari di situazioni soggettive che l'amministrazione deve regolare in modo uniforme con efficacia generale- suggeriscono di prevedere per esse forme di conoscenza legale, mentre escludono che il diritto alla visione degli atti sia accompagnato dal diritto all'estrazione di copia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 814 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di recupero - Nozione - Approvazione - Procedura variante semplificata ex LR Lombardia 23/1997 - Inammissibilità.
Se, in linea generale, l'art. 2, lett. d), l.r. 23/1997 ammette l'aumento del carico insediativo con la procedura di variante semplificata purché nel limite massimo del 10%, tale aumento non può però essere realizzato con un piano di recupero, che è uno strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativi, deve, di conseguenza, escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica.
E', pertanto, illegittimo il Piano di recupero che venga approvato attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica ai sensi della legge regionale 23/1997, per assentire un aumento di volumetria altrimenti non realizzabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici in vigore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 806 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere edilizie - Rilievo urbanistico - Attività che modificano l'assetto del territorio - Piazzale adibito a deposito - Sussistenza.
La realizzazione di opere edilizie per adibire un piazzale in modo duraturo a destinazione deposito costituisce opera urbanisticamente rilevante che modifica l'assetto del territorio: ciò discende dall'applicazione del principio secondo cui hanno rilievo urbanistico tutte le attività che modificano l'assetto del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 803 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICI IMPIEGO: Pubblico dipendente - Percezione di somme non dovute - Recupero dell'indebito - Buona fede dell'accipiens - Non rileva - Modalità del recupero - Rileva.
La buona fede del pubblico dipendente nel percepire dall'amministrazione di appartenenza somme a lui non dovute non costituisce un ostacolo per la stessa amministrazione al recupero dell'indebito, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., anche in ragione del fatto che il recupero è atto privo di valenza provvedimentale ed ha carattere di doverosità per l'Amministrazione, rilevando ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 799 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire - Valutazione degli aspetti urbanistico-edilizi e civilistici della domanda di concessione.
2. Permesso di costruire - Potere di vigilanza del Comune anche successivamente al rilascio del titolo edilizio.
1. L'attività istruttoria dell'Ente Locale in materia di rilascio del permesso di costruire, deve essere radicata in primis sulla valutazione degli aspetti urbanistico-edilizi del progetto da assentire, anche se non possono ritenersi esenti da valutazione gli aspetti civilistici della domanda di concessione, qualora nel fascio degli interessi coinvolti nel procedimento quest'ultimi vengano tempestivamente e adeguatamente introdotti dai soggetti aventi diritto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21.10.2003 n. 6529).
2. Il rilascio del titolo edilizio non esaurisce la dinamica dei rapporti fra richiedente e Comune, atteso che, l'ordinamento attribuisce ai Comuni il potere di vigilare sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale e, quindi, di intervenire nei casi di abusivismo edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 07.04.2009 n. 3224).

EDILIZIA PRIVATA: Ricostruzione di un fabbricato con mutamento di destinazione d'uso - Costituisce intervento di nuova costruzione e non ristrutturazione edilizia.
In materia edilizia, la demolizione e la successiva ricostruzione di un fabbricato, che comportino mutamenti della relativa destinazione d'uso e delle caratteristiche edilizie, costituiscono un intervento edilizio da qualificarsi come nuova costruzione e non come ristrutturazione edilizia ex art. 3 D.P.R. 06.06.2001 n. 380, ed in quanto tali soggetti alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento in cui viene esaminata la domanda di concessione edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 07.04.2009 n. 3224).

EDILIZIA PRIVATA: Opere abusive - Acquisizione gratuita al patrimonio del Comune - Provvedimento emesso nei confronti del responsabile dell'abuso - Legittimità.
Il provvedimento di acquisizione gratuita, rappresentando una sanzione autonoma rispetto al provvedimento di demolizione, può riferirsi esclusivamente al responsabile dell'abuso, non potendo di certo operare nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertegli dall'ordinamento (cfr. Corte Costituzione, 15.07.1991 n. 345) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 07.04.2009 n. 3222).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione e concessione - Impianti pubblicitari - Silenzio-assenso - Non applicabile - Procedimento concessorio - Necessità.
L'autorizzazione all'installazione di mezzi pubblicitari attraverso il meccanismo del silenzio assenso non trova applicazione allorché la posa dei mezzi avviene su suolo pubblico, essendo necessario, in tal caso, un esplicito procedimento concessorio (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 05.12.2008, n. 5718) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 06.04.2009 n. 3141 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi - Ingiunzione a demolire - Domanda in sanatoria - Ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza interesse.
Deve reputarsi improcedibile il ricorso contro l'ordine di ripristino allorché sia stata presentata all'Amministrazione domanda in sanatoria, in quanto in caso di pronuncia negativa su quest'ultima viene meno l'interesse all'annullamento dell'atto sanzionatorio, trasferendosi l'interesse ad agire del privato nei confronti del nuovo provvedimento che respinge la sanatoria e conferma la demolizione dell'opera ritenuta abusiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 06.04.2009 n. 3135 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Gara - Redazione PGT - Esperienze analoghe extraregionali - Valutazione specifica - Necessità.
E' illegittimo il bando che privilegi, in modo esclusivo e perciò discriminatorio, le sole esperienze di PPGT ex l.r. Lombardia n. 12 del 2005.
Se è corretto che la relativa esperienza sia considerata in modo specifico; è comunque evidente, anche alla stregua dei canoni di diritto comunitario suscettibili di circolare anche per ambiti di "sotto soglia", che esperienze analoghe o consimili -prodottesi in altre regioni- non possono essere confinate nell'ambito valutativo di PPRG: esperienze queste ultime ormai obsolete (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 02.04.2009 n. 779 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesistica - Motivazione apodittica - Insufficienza - Valutazione delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere - Accertamento in concreto - necessità.
L'autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesistica deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere nonché della visibilità dell'intervento progettato nel più vasto contesto ambientale, e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto; in secondo luogo deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell'area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell'intervento col mantenimento e l'integrità dei valori dei luoghi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 02.04.2009 n. 776 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica - Atto di annullamento - Natura - Non è recettizio - Termine di 60 giorni - Relativo all'adozione.
L'atto di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica non è recettizio, pertanto il termine perentorio assegnato alla Soprintendenza per l'eventuale annullamento si riferisce alla sola adozione e non anche alla comunicazione di tale atto: il suddetto arco temporale si correla esclusivamente all'esercizio del potere di annullamento, sicché è necessario (e sufficiente) che entro 60 giorni il relativo provvedimento sia stato emanato, ma non anche reso noto ai destinatari.
Non sussiste, infatti, alcuna specifica indicazione normativa dalla quale possa desumersi la natura recettizia del decreto di annullamento, sicché l'ulteriore adempimento della sua comunicazione è da considerarsi afferente esclusivamente alla fase di integrazione degli effetti dell'atto, allo scopo di far decorrere il termine per l'eventuale impugnativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 02.04.2009 n. 775 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull’esclusione per ragioni formali e sul ricorso all’avvalimento.
Non può essere esclusa da una gara di appalto una impresa per il fatto che ha prodotto alcune referenze in lingua francese non accompagnate da traduzione. Infatti, in base al disposto di cui all’art. 46 del Codice dei contratti pubblici e del principio di integrazione documentale ivi scolpito, qualora la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente, ma carente di taluni elementi formali, di guisa che sussista un indizio del possesso del requisito richiesto, l’Amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura, ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Nel caso di offerta tecnica composta da più pagine, la mancata sottoscrizione di ogni pagina, in presenza, peraltro della firma regolarmente apposta in calce alla stessa, non toglie efficacia al documento medesimo nella sua interezza e non è atta a generare dubbi sulla provenienza di esso; pertanto, ingiustificato si presenta il comportamento della commissione di gara che dispone in tal caso l’esclusione dell’offerta.
La facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione; pertanto la prova circa l'effettiva disponibilità dei mezzi dell'impresa avvalsa deve essere fornita in maniera rigorosa, mediante la presentazione di un apposito impegno da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara, non essendo sufficiente -a tal fine- la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l'autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo.
Non è sufficiente un’eventuale dimostrazione della delineata disponibilità giuridica, fornita con documentazione postuma rispetto alla tempistica di gara, la quale non può validamente assolvere all’onere probatorio gravante sui concorrenti, ostandovi i principi generali in materia di procedure concorsuali e in particolare quello della par condicio e del divieto di integrazione postuma del materiale documentario di gara, derogabile solo ai fini della prova della natura non anomala di un’offerta.
La necessità della dimostrazione della effettiva e giuridica disponibilità da parte dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei requisiti di qualificazione tecnico-economica dell’impresa ausiliaria, non può subire un’attenuazione nemmeno nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante alla gara sia parte di un gruppo societario, non essendo a tal fine sufficiente la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l’autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo.
Nel caso di avvalimento, anche in ipotesi di partecipazione alla gara di un gruppo di imprese di qualsivoglia natura, il concorrente che intenda avvalersi delle referenze e dei requisiti soggettivi di altre imprese non può omettere di produrre all’Amministrazione appaltante, oltre alla certificazione SOA propria e dell’impresa avvalente, anche la dichiarazione indicata alla lettera c) dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006, resa dall’impresa ausiliaria avvalente e attestante il suo possesso dei requisiti generali di affidabilità morale e professionale definiti all’art. 38 del Codice del contratti pubblici.
L’art. 49, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, il quale originariamente disponeva che "il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria", prevedendo in tal modo il divieto di avvalimento plurimo, è stato sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera n), numero 1), del D.Lgs. 11.09.2008, n. 152 (secondo cui "Per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l'avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell'importo dell'appalto o della peculiarità delle prestazioni"). E’ quindi solo con l’entrata in vigore delle modifiche recate dal c.d. terzo correttivo al Codice contratti, e cioè per i bandi di gara pubblicati a partire dal 17.10.2008, che il divieto di avvalimento plurimo, ossia di più di una impresa per ciascuna categoria di qualificazione, vige solo limitatamente ai lavori ed è stato invece espunto per gli appalti di servizi e di forniture
(TAR Piemonte, sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Accesso agli atti - Certificato prevenzione incendi - Diniego accesso - Illegittimità.
2. Accesso agli atti - Atto pubblico - Pubblicità.

1. E' illegittimo il diniego di accesso al certificato di prevenzione incendi: i limiti al diritto di accesso sono indicati dall'art. 24 della l. n. 241/1990 e in particolare il diritto di accesso è escluso quando l'atto sia qualificato come segreto dalle specifiche previsioni normative o da provvedimenti amministravi.
2. La pubblica amministrazione non può negare l'accesso ad un documento adducendo che esso non è un atto pubblico in quanto l'atto non pubblico non è di per sé anche atto segreto: solo pochi atti sono pubblici (e come per gli atti segreti occorre una specifica qualificazione) e si caratterizzano perché dopo l'adozione deve esserne data adeguata pubblicità affinché qualsiasi soggetto possa venirne a conoscenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 27.03.2009 n. 2035 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990 - Procedimento per la demolizione di una costruzione eseguita sine titulo - Non necessaria.
2. Ordinanza di demolizione - Va inviata al proprietario anche se non responsabile dell'abuso.
3. Rimozione dell'opera abusiva - Termine più breve di quello prescritto dall'art. 7 Legge 47/1985 - Ammissibilità.

1. L'avviso previsto dall'art. 7, l. n. 241 del 1990 non è dovuto nel caso di procedimento volto all'adozione del provvedimento di demolizione di una costruzione eseguita senza titolo o relativa ad abusi che non necessitino di particolari valutazioni discrezionali, ma comporta, invece, un semplice accertamento di natura tecnica sulla consistenza delle opere; la prescrizione che impone la comunicazione di avvio del procedimento deve essere, infatti, applicata nel contesto generale dei principi che presidiano il procedimento amministrativo e va, quindi, coordinata con il principio di speditezza dell'adozione amministrativa nonché con l'art. 21-octies della stessa legge, introdotto dall'art. 14, l. n. 15 del 2005, che statuisce la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato.
2. Costituisce ius receptum quello secondo cui l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario, anche se non responsabile dell'abuso, considerato che l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e che l'ordinanza stessa ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione.
3. L'assegnazione di un termine più breve, di quello prescritto dall'art, 7 L. 28.02.1985 n. 47, per provvedere alla rimozione delle opere abusivamente realizzate si risolve in una violazione meramente formale non lesiva per l'interessato che conserva, comunque, un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all'ingiunzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 24.03.2009 n. 1984).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Procedimento - Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 - Non occorre - Nel caso in cui le ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza siano note all'interessato.
2. Procedimento - Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 - Omissione - Nel caso di procedimento tendente all'adozione di un provvedimento vincolato - Applicazione della sanatoria prevista dall'art. 21-octies della Legge n. 241/1990.

1. Ogniqualvolta le ragioni ostative siano note all'istante e costui abbia avuto modo di interloquire con l'Amministrazione prospettando la sua tesi, la formale comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, ai sensi dall'art. 10-bis della L. 07.08.1990, n. 241, non è necessaria.
2. L'omissione della formale comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, prevista dell'art. 10-bis L. 07.08.1990, n. 241, non dà luogo all'annullamento del provvedimento finale nel caso in cui quest'ultimo presenti aspetti privi di margini di discrezionalità amministrativa; in tal caso, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, L. n. 241/90, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata delle relative determinazioni, sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 24.03.2009 n. 1983 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: Edilizia residenziale pubblica - Alloggio - Decadimento assegnazione - Decreto - Legittimità.
E' legittimo il decreto che dichiara la ricorrente decaduta dall'assegnazione dell'alloggio ERP essendo risultato il predetto alloggio abbandonato dagli interessati da oltre un anno: il potere del comune di dichiarare la decadenza degli interessati dall'assegnazione degli alloggi ERP ha carattere vincolato come si desume dalla formulazione della norma (art. 18, comma 1 del regolamento regionale n. 1/2004. Quest'ultimo stabilisce infatti che nelle ipotesi elencate dal medesimo articolo "il comune competente per territorio dispone con motivato provvedimento, anche su proposta dell'ente gestore, la decadenza dall'assegnazione".
L'amministrazione è dunque tenuta solo alla verifica dei presupposti per l'adozione della declaratoria di decadenza, in linea con la ratio della normativa di settore: interesse pubblico a che, in conseguenza della penuria di abitazioni destinate ai meno abbienti, gli alloggi di edilizia residenziale pubblica siano, e restino, assegnati a chi intende farne un uso continuativo (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 13.11.2006, n. 2181) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.03.2009 n. 1910 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abuso edilizio - Accertamento di conformità ex artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 - Aree soggette a vincolo paesaggistico - Ammissibilità.
2. Permesso di costruire in sanatoria - Autorizzazione paesaggistica - Necessità - Prima dell'inizio dei lavori - Art. 146, comma 12, Dlgs. n. 42/2004.

1. L'istituto dell'accertamento di conformità può eccezionalmente trovare applicazione anche in caso di opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico.
2. Il rilascio del permesso di costruire in sanatoria rimane comunque subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ex articolo 146 del DLgs n. 42/2004 e non può essere rilasciato in epoca successiva alla realizzazione, anche parziale, degli interventi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 05.03.2009 n. 1762 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 07.09.2009

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NOVITA' SUL SITO

E' stato inserito il nuovo bottone dossier LEGGE CASA LOMBARDIA.

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: D.Lgs. 81/2008 in materia salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: disponibile il testo coordinato con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 03.08.2009 n. 106 (link a www.lavoro.gov.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 35 del 03.09.2009, "Modificazioni del d.d.s. n. 532 del 26.01.2009 ed approvazione dell'allegato tecnico relativo all'autorizzazione in via generale ex art. 272, comma 2, del d.lgs. 152/2006 per l'attività in deroga di elettroerosione" (decreto D.S. 06.08.2009 n. 8213 - link a www.infopoint.it).

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Articolo 167, comma 4, lettera a), del d.lgs. 22.01.2004, n. 42 recante "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio" e s.m.i. - Legge 15.12.2004, n. 308 - Procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica ordinario - Definizione dei termini "lavori", "superfici utili" e "volumi" (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Segretariato Generale, circolare 26.06.2009 n. 33).

EDILIZIA PRIVATA: Funzione di tutela paesaggistica e tutela di prossimità.
Sulla definizione dei limiti entro i quali il Ministero è legittimato ad emanare provvedimenti di tutela, nell’esercizio della funzione di vigilanza ex art. 155, co. 1, del Dlgs. 22.01.2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito “Codice”), con riguardo ad ambiti dichiarati di notevole interesse pubblico, sotto il profilo paesaggistico, quali punti di vista panoramici
(Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Legislativo, nota 11.06.2009 n. 12628 di prot. - link a
www.beniculturali.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Strutture per spettacoli viaggianti – Autorizzazione paesaggistica – Necessità (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Legislativo, nota 09.03.2009 n. 5060 di prot. - link a www.beniculturali.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Richieste di sanatoria, ai sensi dell’art. 32 della legge 28.02.1985, n. 47, delle opere abusive eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. Profili temporali del potere statale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Legislativo, nota 16.01.2009 n. 741 di prot. - link a www.beniculturali.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Legge 28.02.1985, n. 47, art. 32. Richieste di sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. Potere statale di annullamento (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Legislativo, nota 11.11.2008 n. 21128 di prot. - link a www.beniculturali.it).

EDILIZIA PRIVATA: Accertamento della compatibilità paesaggistica.
Oggetto: articolo 167, commi 4 e 5, Codice dei beni culturali e del paesaggio (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Legislativo, nota 16.09.2008 n. 16740 di prot. - link a
www.beniculturali.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Le acque di lavaggio dei cassonetti stradali dedicati alla raccolta degli RSU sono da considerarsi rifiuto o rientrano nella disciplina delle acque e possono essere raccolte nella pubblica fognatura? Nel caso si tratti di rifiuti, quale è il codice CER appropriato? (link a www.simoline.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, Nell’ambito del deposito temporaneo è possibile oggi che il titolare dell’azienda che realizza il deposito medesimo ne affidi la gestione a ditta terza con un contratto civilistico? Questo contratto deresponsabilizza il produttore dei rifiuti? (link a www.simoline.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Mi trovo in grave difficoltà e non so più come fare, i forti e continui rumori degli impianti di refrigerazione dei locali di un grande ipermercato posto al piano terra del palazzo in cui abito (e che si protraggono per tutta la notte) rendono impossibile dormire sia alla mia famiglia che a buona parte del vicinato: a quali norme ci si può appellare in questi casi? E’ possibile rivolgersi al Giudice Penale? (link a www.simoline.it).

NEWS

ENTI LOCALI: Ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali: tasso 1/7 - 31/12/2009 (Ministero Economia e finanze, comunicato 28.08.2009 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – problematiche relative al rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) (interpello 31.07.2009 n. 64/2009 - link a www.lavoro.gov.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

URBANISTICA: D. Meneguzzo, Il diritto di accesso agli atti di adozione degli strumenti urbanistici (link a http://venetoius.myblog.it).

URBANISTICA: C. Angelillis, LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: LA CONFISCA NEI CONFRONTI DEL TERZO ALLA RESA DEI CONTI (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, Preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990 e impianti radioelettrici (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, LA TARIFFA RIFIUTI NELLA RECENTE GIURISPRUDENZA, DA ULTIMO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 24.07.2009, N. 238/2009: UN’ALTRA OCCASIONE PERSA? (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Fanizzi, IL CAMBIO DELLA TITOLARITÀ D’UN’ATTIVITÀ DANTE ORIGINE AD UNO SCARICO INDUSTRIALE (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Botteon, Le distanze dalle strade nelle costruzioni: fasce di inedificabilità assoluta o relativa? (link a www.lexitalia.it).

dossier AFFIDAMENTO IN HOUSE

APPALTI SERVIZI: Sui requisiti che devono sussistere per ritenere legittimo l'affidamento in house in favore di una società partecipata da più enti pubblici.
In caso di affidamento in house in favore di società partecipata da più enti pubblici, per verificare se sussiste il presupposto del controllo analogo si applica il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettività degli enti pubblici soci rispetto alla società affidataria rispetto all'approccio atomistico che considera singulatim la posizione di ogni ente locale.
Ai fini della configurabilità di un "controllo analogo", non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell'art. 2359 c.c.. è imprescindibile però che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.
La giurisprudenza amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzietà dell'affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante che consenta a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario. Risulta quindi indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci. Inoltre, osta alla configurabilità dell'affidamento in house l'acquisizione, da parte dell'impresa affidataria, di una vocazione schiettamente commerciale tale da rendere precario il controllo dell'ente pubblico.
Detta vocazione, può, in particolare, risultare dall'ampliamento, anche progressivo, dell'oggetto sociale e dall'apertura obbligatoria della società ad altri capitali o dall'espansione territoriale dell'attività della società: l'affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell'ente asseritamene in house, distogliendolo dalla cura primaria dell'interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se entificata, dell'ente o degli enti istituenti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.08.2009 n. 5082 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

dossier ATTI AMMINISTRATIVI

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Decorrenza del termine per impugnare atti pubblicati all'albo pretorio - Giorno successivo all'ultimo giorno di pubblicazione o alla data di esecutività del provvedimento - Sussiste.
2. Processo amministrativo - Azione popolare - Carattere sostitutivo e non correttivo - Sussiste.
1.
Per l'impugnazione di atti soggetti a pubblicazione all'albo pretorio il termine decorre dal giorno successivo a quello ultimo di pubblicazione ovvero dalla data di esecutività degli stessi, qualora questa risulti successiva a quella dell'ultimo giorno di pubblicazione.
2. L'azione popolare non può perseguire le finalità di rimuovere errori od irregolarità commessi in danno dell'interesse collettivo e può essere esperita dall'elettore in sostituzione del Comune contro un soggetto terzo, e non contro il Comune stesso, per far valere l'illegittimità di atti riferibili a detto ente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.04.2009 n. 3596 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti - Comprende la visione ed estrazione di copia di documenti in possesso della P.A. - Legittimità della pretesa alla formazione di atti anche meramente ricognitivi - Non sussiste.
L'azione per l'accesso agli atti ha per oggetto la visione ed estrazione di copia di documenti in possesso dell'amministrazione, mentre non rientra nel suo ambito la pretesa alla formazione di atti, anche meramente ricognitivi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.04.2009 n. 3566 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Art. 10-bis L. 241/1990 - Preavviso di provvedimento negativo - Ambito di applicazione - Applicabilità ai procedimenti ad iniziativa d'ufficio - Non sussiste.
2. Rapporti con procedimenti giurisdizionali o amministrativi privi del carattere di pregiudizialità - Interruzione o sospensione dell'attività - Necessità - Non sussiste.
3. Rapporti con procedimenti giurisdizionali o amministrativi privi del carattere di pregiudizialità - Adozione di misure cautelari penali a conservazione dei luoghi - Interruzione o sospensione dell'attività - Necessità - Non sussiste.
1. La partecipazione al procedimento amministrativo, da parte del soggetto interessato, è stata riservata dalla legge ai procedimenti ad istanza di parte che debbano concludersi con un provvedimento negativo per l'interessato -c.d. preavviso di provvedimento negativo- previsto dall'art. 10-bis della Legge 241/1990 e non è applicabile ai procedimenti ad iniziativa d'ufficio.
2. L'attività amministrativa ordinaria non può essere interrotta o sospesa con riferimento allo svolgimento di procedimenti giurisdizionali o amministrativi che non hanno carattere di pregiudizialità necessaria.
3. L'adozione di misure cautelari penali a conservazione dei luoghi rientra nell'esclusiva valutazione del giudice penale, che vi provvede autonomamente, con carattere di urgenza e con atti tipici, senza la necessità che la P.A. interrompa la sua attività amministrativa al di fuori dei casi previsti e senza che di ciò sia espressamente richiesta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1957).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso ai documenti - Presupposti - Interesse qualificato e differenziato per la tutela di situazioni giuridiche soggettive future - E' sufficiente.
L'accesso agli atti, previsto dall'art. 22 della Legge 241/1990, è consentito non soltanto a coloro che abbiano al riguardo un diritto soggettivo o un interesse legittimo, ma anche a coloro che vantino un interesse differenziato e qualificato all'ostensione, finalizzato alla tutela di situazioni giuridiche soggettive anche solo future (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5873/2004; TAR Palermo, sent. n. 1045/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1950).

dossier BOX

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Spazio per parcheggi esterni a passo carraio - Violazione art. 41-sexies L. 1150/1942 sostituito dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122 - Concessione edilizie relative a nuove costruzioni - Non sussiste.
Non sussiste la violazione di NTA che ripropongono il disposto dell'art. 41-sexies L. 1150/1942 e, successivamente, sostituito dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122, secondo il quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione", in quanto l'obbligo di riservare aree destinate a parcheggio riguarda solo le concessioni edilizie relative a nuove costruzioni e non anche quelle che attengono a semplici ristrutturazioni di costruzioni preesistenti senza modifica di destinazione d'uso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3258).

dossier CONSIGLIERI COMUNALI

ENTI LOCALI: Assessori revocabili senza motivo. Il Consiglio pone fine alla querelle. Non si applicano le garanzie previste dalla legge 241/1990. Il sindaco non è tenuto a spiegare i perché della rimozione.
Il Consiglio di stato, sezione V, con l'ordinanza 27.08.2009 n. 4378 chiude definitivamente la questione interpretativa riguardante la necessità di applicare, o meno, alla decisione del sindaco di revocare un assessore le garanzie procedimentali previste dalla legge 241/1990, al pari di ogni altro procedimento amministrativo.
L'ordinanza di palazzo Spada è particolarmente rilevante, perché accoglie l'appello contro l'ordinanza del Tar Lecce, sezione I, 589 del 2009. Il Tar pugliese, infatti, nonostante il Consiglio di stato e la giurisprudenza amministrativa maggioritaria avessero negli ultimi anni consolidato la teoria della non necessarietà di una particolare motivazione della revoca, era rimasto sostanzialmente l'ultimo “baluardo” giurisprudenziale, della tesi contraria.
Secondo il Tar salentino, la revoca dell'assessore sarebbe caratterizzata da una natura differente dal provvedimento di nomina. Mentre la nomina, infatti sarebbe espressione di pura scelta politica, al contrario la revoca dovrebbe attuare le previsioni costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, la revoca potrebbe essere giustificata solo da fatti tali da porre in pericolo l'efficienza dell'azione amministrativa e non da evenienze esclusivamente politiche.
Insomma, secondo il Tar Lecce occorrerebbe dimostrare la sussistenza di un pericolo di danno concreto al corretto svolgimento dell'azione amministrative, derivante dal permanere in carica di un assessore. Ecco perché, allora, in questa prospettiva occorrerebbero le garanzie previste dalla legge 241/1990, tra cui la comunicazione di avvio del procedimento e la specifica motivazione della revoca. Secondo il Tar Lecce la motivazione è ulteriormente necessaria per consentire all'assessore revocato di tutelarsi in giudizio: gli assessori, infatti, disporrebbero di un vero e proprio ius ad officium, che non potrebbe essere inciso da valutazioni solo politiche.
Il Consiglio di stato rigetta in modo caustico e tranciante le teorie del Tar Lecce. L'ordinanza 4378/2009 si limita ad affermare seccamente che la revoca degli assessori costituisce, non diversamente dalla nomina, atto sindacale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere politico-amministrativo e non abbisogna di una particolare motivazione.
Come rivela l'articolo 46, comma 4, del d.lgs 267/2000 il provvedimento di revoca è del tutto simmetrico a quello di nomina dell'assessore e il sindaco deve motivare la comunicazione della revoca al consiglio: la norma non richiede una specifica motivazione di dettaglio, diversa da quella derivante dall'interruzione di un rapporto di fiducia politica, del provvedimento rivolto all'assessore.
Del resto, la motivata comunicazione al consiglio non è configurata come presupposto di legittimità della revoca: il sindaco comunica al consiglio la revoca quando essa sia già operativa.
Ancora, è non appare condivisibile ritenere che l'assessore abbia uno ius ad officii: la carica di assessore non dà luogo ad un rapporto di impiego o di servizio con l'ente; l'assessore non svolge attività gestionale, ma nell'ambito della giunta pone in essere attività di governo, sicché quei danni concreti all'operatività che il Tar Lecce richiede non potrebbero nemmeno di fatto verificarsi.
Non si vede, allora, quali possano essere, in concreto, motivazioni diverse dall'interruzione del rapporto di fiducia tra sindaco ed assessore quelle da porre legittimamente alla base della revoca. Ovviamente, occorre dare conto di quali siano gli elementi indicativi di tale interruzione del rapporto fiduciario. Ma chiedere una motivazione più profonda o diversa, appare snaturare il legame politico sindaco-assessore e renderlo qualcosa di diverso.
Appare stucchevole, oltre tutto, che mentre notevole parte della giurisprudenza e della dottrina configuri come rapporto fiduciario (quale invece non è) quello tra sindaco e dirigenti, estendendo oltre misura il potere di indirizzo politico-amministrativo, si neghi, per altro verso, al sindaco il potere di esercitare una scelta discrezionale di estremo rilievo politico e dagli indubbi risvolti fiduciari, in tema di nomina e revoca dell'assessore (articolo ItaliaOggi del 04.09.2009, pag. 14).

CONSIGLIERI COMUNALII consiglieri comunali non sono legittimati ad agire contro l'Amministrazione di appartenenza. Ne discende che un ricorso di singoli consiglieri contro l'Amministrazione di appartenenza può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievi atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi sul diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere.
La legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare deliberazioni dell'ente cui appartengono non può essere negata in quelle ipotesi in cui vengono dedotti vizi propri del sub procedimento di deliberazione che si concretano in violazioni procedurali direttamente lesive del “munus” rivestito dal consigliere comunale, come nel caso di irritualità della convocazione dell'organo, violazione dell'ordine del giorno, difetto di costituzione del collegio, situazioni tutte in cui si realizza la violazione dello “jus ad officium” (TAR Veneto 20.12.1999 n. 2479; TAR Basilicata 27.05.1999 n. 191; TAR Toscana, sez. I, 28.06.2004, n. 2300; TAR Lombardia Brescia, 14.05.2002, n. 857; TAR Umbria, 22.11.2002, n. 847).
Per contro, è altrettanto pacifico che, in linea di principio i consiglieri comunali, in quanto tali, non sono legittimati ad agire contro l'Amministrazione di appartenenza, atteso che il giudizio amministrativo non è di regola volto a risolvere controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente. Ne discende che un ricorso di singoli consiglieri contro l'Amministrazione di appartenenza può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievi atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi sul diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere (Cons. Stato, Sez. V, 15.12.2005, n. 7122).
Tutti gli altri vizi che investono la deliberazione non in quanto deliberazione collegiale, ma come atto amministrativo nella sua rilevanza ed efficacia esterna non possono, viceversa, essere denunciati innanzi al giudice amministrativo dai consiglieri comunali, nemmeno ove si assuma violata la competenza del Consiglio comunale ad adottare l'atto in questione (Cons. Stato, sez. V, 04.05.2004, n. 2699).
Invero, il contenuto dell'atto dell'organo collegiale, e quindi la sua legittimità sotto tutti gli altri profili, diversi dall'iter di formazione dello stesso in quanto atto collegiale, sono sottratti all'azione giurisdizionale dei componenti il collegio, e possono essere portati al controllo giurisdizionale solo dai soggetti destinatari dell'atto o comunque incisi dallo stesso, in modo da rivestire rispetto al medesimo una posizione qualificata e differenziata di interesse legittimo (TAR Campania Napoli, sez. I, 14.01.2005, n. 127) (TAR Toscana Firenze, sez. I, 28.06.2006, n. 2961) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1403 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE

EDILIZIA PRIVATA: 1. Oneri di urbanizzazione - Controversie - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste - Ratio.
2. Abusi - Condono edilizio - Oblazione - Controversie - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste.
3. Oneri di urbanizzazione - Natura del contributo.
4. Oneri di urbanizzazione - Determinazione dell'aumento delle tariffe - Competenza - Spetta alla Giunta comunale
5. Abusi - Condono edilizio - Oblazione - Tardività e incompletezza del versamento - Equivale a mancata presentazione della domanda di condono.

1. La materia degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del G.A. sin dall'art. 6 L. 10/1997; a seguito dell'abrogazione di tale norma ad opera dell'art. 136 D.P.R. 380/2001 le pretese restitutorie relative a tali materie rientrano nell'ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. prevista dall'art. 34 D.Lgs. 80/1998, in quanto essa ha per oggetto gli atti ed i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia e comprende la totalità degli aspetti dell'uso del territorio (cfr. TAR Salerno, sent. n. 474/2008; TAR Potenza, sent. n. 141/2008).
2. Per le medesime considerazioni di cui sopra, rientrano nell'ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. anche la materia delle sanzioni edilizie e delle controversie relative all'oblazione dovuta per il condono edilizio (cfr. Cassaz. Civ., sent. n. 9389/2004; TAR Roma, sent. n. 11906/2007).
3. Il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione non ha natura tributaria, ma costituisce, comunque, un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2258/2006).
4. La determinazione dell'aumento delle tariffe degli oneri di urbanizzazione previsti per il condono edilizio dalla L.R. 31/2004 non rientra tra le competenze del Consiglio Comunale bensì tra quelle della Giunta Comunale, la cui competenza ha carattere residuale.
5. In tema di condono edilizio, poiché la corresponsione dell'oblazione dovuta va effettuata interamente nei termini previsti, pena l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 40 L. 47/1985 -compresa quella penale- ne consegue che, trascorso inutilmente l'ultimo termine utile per l'adempimento di tale obbligo da parte dell'interessato, non gli è più consentito integrare o eseguire il versamento, sicché egli si viene a trovare in una situazione del tutto analoga a quella della mancata presentazione della domanda di condono (cfr. Cassaz. Pen, SS. UU., sent. n. 714/1997) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1951).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia - Proroga - Conseguenze - Proroga termine pagamento oneri - Sanzione per ritardato pagamento - Illegittimità.
La proroga della concessione edilizia alle stesse condizioni, prescrizioni e norme contenute nella concessione stessa, comporta anche lo spostamento del termine di pagamento dell'obbligazione patrimoniale accessoria determinata con riferimento alla conclusione dei lavori: infatti, una volta concessa la proroga della validità della concessione alle stesse condizioni, anche il termine di pagamento, legato alla circostanza di fatto della conclusione dei lavori, viene necessariamente posticipato.
E' pertanto illegittima la sanzione per ritardato pagamento che faccia riferimento al primo termine antecedente alla proroga (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1947 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo di costruzione - Condono - L.R. 31/2004 - Determinazione oneri con riferimento alle tariffe vigenti all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria - Questione di legittimità costituzionale - Non manifestamente infondata - Trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Non è manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 97 e 117 comma terzo della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, sesto comma, della legge 03.11.2004 n. 31 della Regione Lombardia nella parte in cui prevede che gli oneri di urbanizzazione ed il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria sono determinati applicando le tariffe vigenti all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
Il TAR ha ritenuto che l'assunzione come termine di riferimento delle tariffe vigenti nel momento del rilascio del titolo anziché quelle vigenti al momento dell'entrata in vigore della legge di sanatoria appare in contrasto con i seguenti articoli della Costituzione:
- art. 117, terzo comma: nelle materie di legislazione concorrente è riservata allo Stato la determinazione dei princìpi fondamentali, tra i quali va annoverato quello, dettato dalla legislazione speciale sul condono edilizio, che àncora la misura del contributo alle disposizioni vigenti all'entrata in vigore delle leggi di settore via via emanate;
- art. 97: in quanto nelle fattispecie di condono di abusi edilizi, soggette a disciplina uniforme quanto alla data-limite stabilita per la commissione dell'abuso e per la presentazione della domanda di condono (rispettivamente, 31.03.2003 e 10.12.2004: cfr. art. 32, commi 25 e 32 d.l. 269/2003), nonché quanto al termine di decorrenza per la formazione del titolo tacito (31.10.2005: cfr. comma 37 stesso articolo), non appare conforme ai principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione lasciare che, nei singoli casi, l'entità degli oneri dipenda da due variabili -casuali o governate ad arte- quali la scelta dei tempi nell'aggiornamento delle tariffe e la tempestività nella evasione delle pratiche di condono;
- art. 3: non sarebbe conforme al principio di uguaglianza che abusi edilizi suscettibili di sanatoria, uguali per natura e data di compimento, siano assoggettati ad oneri di diverso importo in applicazione delle tariffe vigenti nei diversi momenti di conclusione dei singoli procedimenti;
- i principi di certezza e di affidamento, immanenti nell'ordinamento nazionale e comunitario, anch'essi riconducibili all'art. 97 Cost., secondo cui il privato deve essere posto in grado di conoscere anticipatamente a quali oneri, esborsi, conseguenze sia esposta la propria azione, anche laddove gli sia offerta la possibilità di riparare abusi edilizi con una autodenuncia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, ordinanza collegiale 20.03.2009 n. 53 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo di costruzione- Quantificazione - Momento determinante - L.R. 12/2005 e L.R. 4/2008 - Criteri.
Il contributo di costruzione va liquidato, ex art. 43, L.R. 12/2005, in base alle disposizioni vigenti alla data di rilascio del permesso edilizio; tuttavia, ex art. 38, comma 7-bis, L.R. 12/2005 - aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. ss), L.R. 4/2008, qualora la richiesta di permesso di costruire sia completa della documentazione prevista, l'ammontare degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria dovuti va determinato con riferimento alla data di presentazione della richiesta stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.03.2009 n. 1767 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia - Volta a conservare la situazione preesistente - Possibilità di realizzare interventi in deroga e in violazione D.M. 02.04.1968 n. 1444 - Non sussiste.
La qualificazione dell'intervento come "ristrutturazione" consente di conservare la situazione preesistente nei limiti di ciò che esiste, ma non di realizzare interventi edilizi nuovi in deroga e in violazione delle distanze legali stabilite dal D.M. 1444/1968 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.04.2009 n. 3220).

dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATA: D.i.a. e poteri della P.A..
Ai sensi dell’art. 23, c. 6, d.P.R. n. 380/2001, per 30 giorni a decorrere dal ricevimento della dichiarazione di avvio dell’attività, l’amministrazione ha il potere di inibire l’intervento edilizio. Allo scadere del 30° giorno si consolida la fattispecie che abilita il privato a costruire e l’amministrazione decade dal potere di inibire la prosecuzione dell’attività.
Il decorso del termine di 30 giorni, ed il conseguente consolidamento del titolo, non comportano tuttavia che l'attività edilizia del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e dunque possa andare esente dalle sanzioni previste dall’ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.
Venuto meno il potere inibitorio, residuano, difatti, il generale potere repressivo degli abusi previsto dall’art. 27, d.p.r. n. 380/2001 ed un potere di autotutela previsto dall’art. 19, comma 3, legge n. 241/1990 secondo cui "è fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies" (sia pure sui generis, poiché, a differenza della consueta autotutela decisoria non implica un’attività di secondo grado insistente su un procedente provvedimento amministrativo) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2009 n. 4066 - link a www.
lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. DIA - Spatium deliberandi dei 30 giorni dalla data di presentazione della DIA e la sua efficacia - Applicazione delle modifiche normative sopravvenute - Sussiste in quanto il procedimento non si è perfezionato e la DIA non può ancora produrre effetti.
2. DIA - Spatium deliberandi dei 30 giorni dalla data di presentazione della DIA e la sua efficacia - Applicazione delle modifiche relative alle disposizioni regolamentari locali in materia pianificatoria e di tariffe degli oneri - Sussiste.
3. DIA - Disposizioni contenute nell'art. 42 commi 2 e 3 L.R. n. 12/2005 - Disciplinano il procedimento di presentazione della DIA e prevedono l'allegazione del computo del costo di costruzione - Deroga al principio generale sull'efficacia della DIA - Non sussiste.
4. DIA - Disposizione contenuta nel comma 7-bis dell'art. 38 L.R. n. 12/2005 e s.m.i. - Calcolo degli oneri di urbanizzazione - DIA - Va effettuato al momento della presentazione, momento equiparabile alla presentazione della domanda di permesso di costruire.
5. DIA - Carenza di uno dei requisiti previsti dalla legge - Efficacia - Non sussiste - Termine di riferimento per il decorso dei 30 giorni - Data di presentazione della documentazione completa.

1. Nello spatium deliberandi dei 30 giorni dalla presentazione della denuncia, periodo durante il quale l'Amministrazione ha un compito di controllo a conclusione del quale può esercitare poteri inibitori dei lavori non ancora avviati, le eventuali modifiche normative devono trovare applicazione in quanto il procedimento non è ancora perfezionato e la DIA non può produrre effetti: vige allora il principio del tempus regit actum per cui l'Amministrazione è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell'adozione del provvedimento definitivo, quand'anche sopravvenuta, salvo che espresse norme statuiscano diversamente, quelle in vigore al momento dell'avvio del procedimento.
2. Il principio della sensibilità della DIA alle modifiche legislative nei 30 giorni tra la presentazione e l'inizio dell'efficacia deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri.
3. Le disposizioni regionali contenute nell'art. 42, commi 2 e 3, della L.R. n. 12/2005 non derogano al principio generale secondo cui nel caso di intervento edilizio assentito in forza di una DIA la normativa da applicare è quella vigente alla data di efficacia: l'art. 42 infatti si limita a disciplinare il procedimento di presentazione della DIA stabilendo che il computo del costo di costruzione va allegato alla DIA ma non introduce una deroga al principio generale sull'efficacia della DIA.
4. A seguito dell'introduzione all'art. 38 della L.R. n. 12/2005 del comma 7-bis ad opera della L.R. n. 4/2008, il calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria deve essere effettuato con riferimento alle sole leggi vigenti al momento della presentazione della DIA, momento equiparabile a quello della presentazione della domanda di permesso di costruire, purché la DIA sia completa di tutti gli elementi richiesti dalla normativa.
5. La DIA per essere efficace deve avere tutti i contenuti prescritti, dal momento che la carenza di uno dei requisiti richiesti dalla legge rende la denuncia non produttiva di alcun effetto e, quindi, risulta irrilevante il momento in cui la denuncia è stata presentata incompleta. Il termine di riferimento per il decorso dei 30 giorni sarà quello in cui viene presentata la documentazione completa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 3146).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Denuncia inizio attività - Momento di efficacia - Decorrenza dal 30° giorno - Requisiti.
2. Denuncia inizio attività - Oneri di urbanizzazione e costi di costruzione - Quantificazione - Momento determinante - Criteri.
3. Denuncia inizio attività - Oneri di urbanizzazione e costi di costruzione - Quantificazione - Momento determinante - Artt. 42 e 48 L.R. 12/2005 - Irrilevanza ai fini della determinazione importi.
4. Denuncia inizio attività - Oneri di urbanizzazione e costi di costruzione - Quantificazione - Momento determinante - Art. 38, comma 7-bis, L.R. 12/2005 - Criteri.

1. La DIA, indipendentemente dalla qualifica giuridica assegnata -punto su cui si contrappongono due differenti orientamenti che sostengono rispettivamente la natura di autorizzazione implicita (Cons. di Stato, sent. n. 5811/2008) e di atto privato (Cons. di Stato, sent. n. 717/2009)- produce effetti al 30° giorno dalla sua presentazione, purché sia completa di tutti gli elementi richiesti dalla legge (cfr. TAR Milano, sez. II, sent. n. 5737/2008) .
2. Ai fini della determinazione di oneri di urbanizzazione e costi di costruzione le innovazioni normative introdotte medio tempore non sono irrilevanti, giacché un intervento edilizio, ancorché conforme alla normativa vigente al tempo della denuncia, ben può essere interdetto ove non sia più in linea con la normativa sopravvenuta, entrata in vigore (o destinata a entrare in vigore) prima del compimento del 30° giorno dalla presentazione della denuncia stessa (cfr. TAR Milano, sez. II, sent. n. 588/2006).
Tale principio della "sensibilità" della DIA alle modifiche legislative nei 30 giorni tra la presentazione e l'inizio dell'efficacia, deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri: pertanto la P.A. è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell'adozione del provvedimento definitivo.
3. Gli artt. 42 e 48 L.R. 12/2005, come modificata dalla L.R. 4/2008, si limitano a disciplinare il procedimento di presentazione della DIA, stabilendo che il costo di costruzione va allegato alla DIA, ma non introducono una disciplina derogatoria speciale, rispetto al principio generale della efficacia della DIA dopo il decorso del termine di 30 giorni.
4. Prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina della L.R. 4/2008, che ha introdotto nell'art. 38 il comma 7-bis, erano rilevanti le eventuali innovazioni legislative intervenute nei trenta giorni ed anche l'introduzione di nuove tariffe se approvate nel corso dei trenta giorni; dopo l'introduzione del comma 7-bis all'art. 38, invece, il calcolo deve essere effettuato con riferimento alle sole leggi vigenti al momento della presentazione della DIA, momento equiparabile a quello della presentazione della domanda del permesso di costruire, purché la DIA sia completa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenze 26.03.2009 nn. 2029 e 2030 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Denuncia di inizio attività - Natura - E' atto del privato - Conseguenze.
2. Denuncia di inizio attività - Principio di autoresponsabilità - Attività edilizia in difformità dalla D.I.A. o sulla base di D.I.A. illegittima - Conseguenze - Responsabilità della P.A. - Non sussiste.

1. La D.I.A. si configura soggettivamente come atto del privato, che autocertifica la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la realizzazione dell'intervento (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1409/2007): pertanto, la legittimazione all'esercizio dell'attività non è fondata su un atto di consenso della P.A., ma trova la propria fonte direttamente nella legge (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3586/2006).
2. Il principio di autoresponsabilità del denunciante esclude che possano ritorcersi in danno del Comune le conseguenze derivanti dall'attività edilizia intrapresa dal medesimo in difformità dalla D.I.A. o sulla base di una D.I.A. illegittima, ancorché il Comune non abbia inibito l'opera tempestivamente, o sia intervenuto con interventi repressivi tardivamente: tanto più ciò è vero laddove, come nel caso in esame, il mancato o intempestivo intervento del Comune sia dovuto ad una erronea o incompleta rappresentazione dello stato di fatto o di progetto da parte del denunciante (cfr. TAR Milano, sez. II, sent. n. 5004/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.03.2009 n. 1924 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra fabbricati - Recinzioni tra costruzioni - Irrilevanza.
La presenza di una recinzione tra due fabbricati (nel caso di specie recinzione di mattoni forati tra box e abitazione) non esime dal rispetto della distanza tra fabbricati (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3094/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.03.2009 n. 1924 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier ESPROPRIAZIONE

ESPROPRIAZIONE: 1. Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima - Determinazione valore area - Criterio.
2. Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima - Determinazione del risarcimento del danno per l'occupazione illegittima -Criterio.

1. Poiché fino al decreto di acquisizione ex art. 43 DPR 327/2001 titolare dell'area deve ritenersi il legittimo proprietario, ancorché privato della disponibilità della stessa (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 2582/2007, 3752/2007, nonché Ad. Plen. 29.04.2005 n. 2/2005), il valore dell'area va calcolato al momento dell'acquisizione, mentre sul relativo importo vanno calcolati gli interessi moratori, ai sensi della norma citata, a decorrere dall'inizio della occupazione illegittima.
2. Per tutto il periodo di occupazione illegittima va corrisposto, ex art. 50 DPR 327/2001, un risarcimento commisurato a un dodicesimo del valore venale, anno per anno, con rivalutazione monetaria ed interessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.03.2009 n. 1987 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier OPERE PRECARIE

EDILIZIA PRIVATA: Carattere precario dei manufatti edilizi - E' necessario che le opere siano destinate ad un uso limitato nel tempo e per fini specifici e temporanei.
In ordine al carattere precario di opere edilizie, ciò che rileva al fine di qualificare in tal modo i manufatti realizzati, non è tanto la consistenza degli stessi, quanto piuttosto la destinazione ad un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante: infatti, perché un'opera edilizia avente carattere precario, in forza della sua facile amovibilità, venga sottratta all'obbligo di rilascio del titolo abilitativo edilizio, è necessario che sia destinata ad un uso molto limitato nel tempo, per fini specifici e temporanei (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1955).

dossier PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE

EDILIZIA PRIVATA Nozione di “pertinenza urbanistica” (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.07.2009 n. 28530 - link a www.simoline.it).

dossier RIFIUTI E BONIFICHE

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Ordinanze contingibili e urgenti.
Il d.lgs. 152/2006 prevede che l’emissione di ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti va effettuata “garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente” (art. 191, co. 1) e che tali ordinanze sono adottate “su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali” (co. 2) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 06.07.2009 n. 3732 - link a www.
lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Potere di ordinanza.
Non vi è dubbio che ordinare la pulizia dei terreni interessati dall’attività di tiro a volo, “comunque interessati dalla dispersione di materiale”, con conseguente “raccolta e smaltimento secondo i disposti della normativa di Legge vigente” -come si legge nel dispositivo dell’ordinanza impugnata- costituisce espressione, per l’appunto, del potere del sindaco discendente dalle norme appena citate.
L’atto sindacale si posiziona nel crocevia tra le materie della sicurezza e dell’ordine pubblico (di cui all’art. 54, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000), da un lato, e della rimozione e smaltimento di rifiuti (di cui all’art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997), dall’altro lato: materie che, per quanto detto, rientrano senz’altro nella competenza ordinaria del Sindaco quale ufficiale di Governo, come, del resto, è indirettamente confermato dallo stesso art. 107 d.lgs. n. 267 del 2000 (il quale, pur prevedendo la generale competenza di gestione dei dirigenti del Comune, fa salva, al comma 5, proprio la norma di cui all’art. 54 cit. (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 12.06.2009 n. 1684 - link a www.
lexambiente.it).

dossier RUMORE

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Poteri del sindaco.
L’art. 9 della legge 447/1995 attribuisce espressamente al Sindaco il potere di adottare ordinanze per il contenimento o l’abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. Si tratta di un potere sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), agli articoli 50 e 54 e che pertanto deve essere esercitato dal Sindaco stesso, con esclusione della competenza dei dirigenti, cui spetta invece l’adozione di tutti gli atti di gestione del Comune, ai sensi dell’art. 107 del medesimo D.Lgs. 267/2000 (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 01.07.2009 n. 4225 - link a www.
lexambiente.it).

dossier SOTTOTETTI

EDILIZIA PRIVATA: Recupero sottotetti - Recupero volumetrico - Possibilità di assorbimento nell'attività di ristrutturazione mediante demolizione - Non sussiste - Eccezioni.
Il recupero volumetrico del sottotetto non può essere assorbito nell'attività di ristrutturazione mediante demolizione che, ai sensi dell'art. 27, comma 1, Legge 12/2005, comporta il rispetto della volumetria preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa sismica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1957).

EDILIZIA PRIVATASe il sottotetto da recuperare ai fini abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r. n. 12/2005) non garantisce l'altezza media ponderale di m. 2,40, esso può essere sopraelevato fino a raggiungere l'altezza media, e non oltre tale altezza.
Se il sottotetto da recuperare ai fini abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r. n. 12/2005) dispone già di un'altezza media ponderale interna di almeno m. 2,40 esso può mantenere l'altezza preesistente, anche se superiore a m. 2,40.
Se il sottotetto da recuperare ai fini abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r. n. 12/2005) non garantisce l'altezza media ponderale di m. 2,40, esso può essere sopraelevato fino a raggiungere l'altezza media, e non oltre tale altezza (Consiglio di Stato, sez. IV, 30.05.2005, n. 2767: le modifiche di altezza e volumetria, ai sensi della citata normativa regionale, sono ammissibili solo laddove strettamente necessarie a rendere abitabili i predetti volumi, con conseguente esclusione di quelle trasformazioni, che si sostanzino nella creazione di nuove volumetrie, che vengano in qualsiasi modo ad eludere (o, meglio, ad eccedere) lo scopo unico, cui il legislatore regionale ha funzionalizzato le modifiche medesime; nello stesso senso TAR Lombardia Milano, sez II, 17.01.2006, n. 72: la previsione espressa nella legge n° 15 del 1996 era giustificata in primo luogo dalla possibilità di modifiche all’altezza e quindi dei volumi dell’edificio. Tale possibilità non è più ammessa dalla nuova legge regionale, in base alla quale è possibile il recupero dei sottotetti solo nella misura in cui siano esistenti, senza alcuna modifica di altezza o di volume, se non l’altezza minima per raggiungere l’abitabilità).
L'altezza massima -per gli interventi che si propongono di modificare colmo, gronda, o pendenza delle falde- si ricava proprio dall'art. 64 l.r. 12/2005 che consente la modifica al solo scopo di raggiungere le condizioni di abitabilità dell'appartamento e, quindi, al solo scopo di raggiungere la quota di m. 2,40.
L'espressione "per ogni singola unità immobiliare" non sta a significare che in tutti i singoli locali dell'appartamento l'altezza media ponderale debba essere di m. 2,40, ma che in ogni singolo appartamento sia garantita tale altezza media, in quanto ciascun vano dell'appartamento non costituisce da solo una "singola unità immobiliare". Trattandosi di disposizione derogatoria rispetto alle norme di piano, essa, d'altronde, non può essere interpretata in modo estensivo (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1330).

dossier TELEFONIA MOBILE

EDILIZIA PRIVATA: Ordinanze elettrosmog solo se c'è la prova.
Prima di adottare un'ordinanza sindacale mirante a impedire l'insediamento di un nuovo impianto di telefonia mobile occorre che il comune effettui degli studi specifici sul pericolo alla salute pubblica.

Lo ha affermato il TAR Puglia-Bari, Sez. III, con sentenza 14.01.2009 n. 49.
Il fatto - Nelle more di adozione del Piano e/o Regolamento Comunale il Sindaco con ordinanza contingibile e urgente aveva disposto la sospensione del rilascio delle autorizzazioni alla installazione di nuovi impianti di telefonia mobile nonché la sospensione dell'attivazione di impianti già realizzati.
La società ricorrente eccepiva l'illegittimità del procedimento in quanto concretizzante una violazione del principio di doverosità dell'azione amministrativa nonché del principio per cui il procedimento va concluso con un provvedimento espresso, e, comunque una violazione della normativa di riferimento, che non prevede il potere del Comune di sospendere il rilascio di nuove autorizzazioni in attesa dell'adozione del piano comunale di cui all'art. 8 u.c. della L. 36/2001.
Eccepiva, altresì, la ricorrente la carenza di motivazione dell'ordinanza in ordine alle circostanza che ne avrebbe giustificata l'adozione e cioè in ordine alla effettiva ricorrenza di una situazione contingibile e urgente tale da creare un grave pericolo per l'incolumità dei cittadino, nonché che tale causa era aggravata dal mancato espletamento di un accertamento tecnico preliminare.
La decisione - Il Collegio, accogliendo il ricorso, ha affermato che effettivamente l'ordinanza impugnata, che dichiaratamente si qualifica come ordinanza contingibile ed urgente, risulta motivata in modo assolutamente generico con riferimento all'esigenza di salvaguardare la salute dei cittadini, che viene implicitamente ritenuta suscettibile di compromissione a seguito dell'attivazione di nuovi impianti, ancorché rispettosi dei limiti di esposizione fissati dallo Stato.
«Giustamente» –prosegue– «la ricorrente lamenta che, prima di affermare la sussistenza di un pericolo per la salute pubblica, il Comune avrebbe dovuto effettuare degli studi specifici, menzionandone i risultati nella ordinanza impugnata: nulla di ciò essendo stato fatto, l'affermazione implicitamente contenuta nel provvedimento impugnato, secondo la quale l'attivazione di nuovi impianti nuocerebbe alla salute dei cittadini, rimane assolutamente indimostrata ed immotivata, rendendo priva di giustificazione impugnata l'ordinanza, adottata ex art. 50 dlgs 267/2000» (articolo ItaliaOggi dell'01.09.2009, pag. 27).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Poteri del Ministero BB.CC..
Il potere riconosciuto al Ministero per i beni Culturali ai sensi dell’articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977 -ora articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004- è da intendersi quale espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’Ente delegato, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni in materia di gestione del vincolo, fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 02.07.2009 n. 3672 - link a www.
lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo paesaggistico - Necessità di autorizzazione paesaggistica prima del titolo abilitativo edilizio - Sussiste.
Il vincolo paesaggistico richiede una apposita autorizzazione che costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al titolo abilitativo edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.04.2009 n. 3587 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Carenza di motivazione - Atto vincolato - Autorizzazione paesistica - Parere Commissione edilizia integrata - Non sussiste.
Non sussiste vizio di carenza di motivazione in relazione ad un permesso di costruire che, consistendo in un'attività di accertamento di conformità tra la richiesta presentata e l'assetto normativo stabilito dalle norme di legge e regolamentari e dai provvedimenti di pianificazione urbanistica, ha natura di atto vincolato (non discrezionale), risultando conseguentemente sufficientemente motivato il permesso di costruire che contiene l'indicazione della normativa vigente o della disciplina del territorio prevista dagli strumenti urbanistici locali.
Similmente non sussiste carenza di motivazione in relazione ad un provvedimento di autorizzazione paesaggistica nel caso in cui l'atto contiene espresso riferimento al parere della Commissione edilizia integrata ed ai riscontri effettuati dall'amministrazione, assolvendo così all'onere di una congrua motivazione, specie nel caso in cui le opere oggetto di assenso paesistico abbiano una consistenza limitata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3258).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Beni culturali - Intervento di restauro - Diniego qualifica di restauratore - Art. 182 d.lgs. 42/2004 - Divieto equipollenza tra titoli - Legittimità.
2. Beni culturali - Progetto di restauro - Diniego di intervento di restauro- Giudizio sulla fattibilità e idoneità dell'intervento - Discrezionalità tecnica - Legittimità.

1. L'art. 182, lett. b), d.lgs. 42/2004 nell'attribuire la qualifica di restauratore è puntuale nel richiedere una scuola di restauro, quindi un corso di studi specifico, dedicato a questa tipologia di arte, diverso da un corso di pittura e restauro che, seppure di durata quadriennale, fornisce una preparazione su un numero maggiore di arti, ma non garantisce la specificità di un corso dedicato solo al restauro.
Di conseguenza è legittima la mancata equiparazione tra i titoli effettuata dalla Soprintendenza, risultando l'equipollenza ammissibile solo in presenza di una specifica disposizione normativa, e corretta è la scelta dell'Amministrazione di considerare la formulazione dell'art. 182 sopra citato -"scuola di restauro"- come riferita solo al corso di studi specifico dedicato a questa disciplina, escludendo di riconoscere in capo alla ricorrente la qualifica di restauratore necessaria per l'esecuzione dell'intervento.
2. La Soprintendenza, in relazione ai singoli progetti può svolgere un giudizio sulla fattibilità ed idoneità alla conservazione dei valori artistici, giudizio che, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, può essere sindacato davanti al giudice amministrativo quando la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.04.2009 n. 3218).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego autorizzazione paesaggistica in sanatoria - Zona soggetta a vincolo paesaggistico - Art. 167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs. 157/2006 - Legge vigente - Momento presentazione domanda - Legittimità.
2. Diniego autorizzazione paesaggistica in sanatoria - Zona soggetta a vincolo paesaggistico - Art. 167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs. 157/2006 - Eccezione di incostituzionalità - Non sussiste.
3. Zona soggetta a vincolo paesaggistico - Secondo diniego autorizzazione paesaggistica in sanatoria - Violazione art. 10-bis L. 241/1990 - Non sussiste.

1. L'art. 167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs. 157/2006 esclude la possibilità di rilasciare l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria per gli interventi abusivi realizzati in zone soggette a vincolo paesaggistico, salvo che per i c.d. "abusi minori", ovvero nel caso di lavori che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volume, ovvero aumentato quelli legittimamente realizzati, ovvero nel caso in cui siano stati impiegati materiali in difformità dell'autorizzazione paesaggistica, nonché nel caso di interventi configurabili come manutenzione ordinaria o straordinaria (commi 4 e 5).
In applicazione del consolidato principio secondo cui ogni istanza di sanatoria va esaminata alla luce della legge vigente al momento della domanda stessa, e non di quella vigente al momento della realizzazione dell'opera, è legittimo il diniego di autorizzazione paesaggistica relativo ad una domanda presentata in un momento successivo all'entrata in vigore del d.lgs. 157/2006 per non rientrare l'intervento del ricorrente nei casi tassativi sanabili introdotti da tale norma.
2. La riforma apportata dal d.lgs. 157/2006 al Codice dei Beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) è conforme ai disposti costituzionali di cui agli artt. 3, 9, 76 Cost. in quanto, in considerazione del rango primario attribuito dalla Costituzione e dalla sensibilità giuridico-sociale al valore paesaggistico, che si ritiene possa essere garantito proprio richiedendo che ogni intervento incidente in modo sostanziale sullo stesso (quale deve qualificarsi la realizzazione di nuovi volumi) sia preceduto da una compiuta valutazione della compatibilità del progetto edificatorio con il contesto ambientale di riferimento, deve essere esclusa l'ammissibilità di valutazioni postume, operanti laddove l'opera sia stata già realizzata e il bene già compromesso.
3. Poiché il ricorrente ha avuto più volte la possibilità di rappresentare la propria posizione in occasione delle tre domande presentate con il medesimo contenuto, e del riscontro dato alle stesse da parte dell'Amministrazione, non sussiste alcuna violazione delle garanzie partecipative, ed in particolare dell'art. 10-bis L. 241/1990, rispetto al provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, trattandosi di un secondo diniego, confermativo del precedente atto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 3143).

dossier VOLUMI TECNICI

EDILIZIA PRIVATANon sono "volumi tecnici" quelli relativi a locali che sono complementari all'abitazione.
Sono volumi tecnici quelli esclusivamente adibiti alla sistemazione di impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione e che non possono essere ubicati all'interno della parte abitativa, sicché non sono tali i locali complementari all'abitazione (Cons. St., V Sez., 13.05.1997, n. 483).
La realizzazione di un locale "sottotetto" mediante vani distinti e comunicanti attraverso una scala interna col piano sottostante, è indice rivelatore dell'intento di rendere abitabile il locale o i locali, non potendosi detti vani considerare tecnici (C.G.A.R.S., 22.10.2003, n. 337).
La generale previsione di non computabilità dei volumi tecnici in senso proprio trae fondamento dalla non rilevanza urbanistica degli stessi, la cui realizzazione non aumenta il carico urbanistico dell'area in cui essi sono realizzati
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1330).

GIURISPRUDENZA

URBANISTICA: 1- Strumenti urbanistici – Scelte dell’amministrazione – Discrezionalità – Partecipazione dei privati - Presupposti.
2- Strumenti urbanistici – Scelte dell’amministrazione – Individuazione delle aree da espropriare - Discrezionalità – Casi in cui può intervenire il Giudice Amministrativo.

1- Le scelte dell'amministrazione nell'adozione degli strumenti urbanistici sono connotate da alta discrezionalità e non necessitano di specifica motivazione, essendo sufficiente il richiamo ai criteri tecnici di redazione del piano, se non in presenza di aspettative qualificate e non generiche in capo ai privati (Consiglio di Stato, Sez. IV, 07.04.2008, n. 1476); queste ultime, possono derivare o da pronunce giurisdizionali passate in giudicato oppure da accordi intervenuti con l'ente locale, in particolare da convenzioni di lottizzazione divenute operative (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24.04.2009 n. 2630, Consiglio di Stato, Sez. IV, 19.06.2007, n. 3294).
La giurisprudenza ritiene che costituisca affidamento generico quello relativo alla non reformatio in peius di precedenti previsioni urbanistiche (anche se di piano particolareggiato), con nuove previsioni che non consentono una più proficua utilizzazione dell'area, con la conseguenza che in tali casi non sussiste la necessità di una motivazione specifica delle nuove destinazioni urbanistiche rispetto a quelle che possono agevolmente evincersi dai criteri di ordine tecnico-urbanistico seguiti per la redazione dello strumento stesso (Consiglio di Stato, Sez. IV, 15.07.2008 n. 3552).
2- Le scelte compiute dall'amministrazione in sede formazione degli strumenti urbanistici sono espressione dell'ampia discrezionalità tecnica di cui essa dispone in materia e dalla quale discende la loro sindacabilità solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità arbitrarietà ed evidente travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27.12.2007 n. 6686).
Va altresì ricordato che l'individuazione delle aree da espropriare ai fini della realizzazione di un'opera pubblica costituisce espressione di un ampio potere discrezionale della P.A., che impinge nel merito della sua azione e che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non si tratti di una scelta ictu oculi irragionevole, contraddittoria, ovvero affetta da travisamento dei fatti, essendo inibita ogni possibilità di sovrapporre una nuova graduazione degli interessi in conflitto alla valutazione già operata dall'autorità a ciò competente, con l'ulteriore conseguenza che, in simili casi, l'Amministrazione non è tenuta a fornire le specifiche ragioni della scelta del tracciato (TAR Emilia Romagna, Parma, 18.01.2008 n. 360) (TAR Marche, sentenza 05.08.2009 n. 881 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla differenza tra appalto e concessione di servizi e sulla necessità per le amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici di individuare i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale.
Secondo la giurisprudenza la differenza tra appalto di servizi e concessione di servizi sta nel fatto che nell'appalto di servizi le prestazioni vengono rese in favore dell'Amministrazione, mentre nella concessione di servizi si instaura un rapporto trilaterale, tra Amministrazione, concessionario ed utenti. In particolare nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell'appalto di servizi spetta all'Amministrazione compensare l'attività svolta dal privato e secondo cui, più specificamente, nell'affidamento della gestione degli spazi pubblicitari non può ravvisarsi un appalto, bensì una concessione di servizi, instaurandosi il rapporto trilaterale anzidetto; sicché, una volta affidata la gestione degli spazi, il concessionario agisce in luogo dell'Amministrazione cedendo gli spazi stessi a terzi, dietro compenso, e, nei confronti dell'Amministrazione medesima è tenuto al pagamento di un canone.
Le Amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici debbono individuare in ogni caso i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale (acquisizione giurisprudenziale questa che vale anche in materia di concessioni di beni pubblici), con la conseguenza che ogni diversa modalità che consente di escludere tale procedura è da considerarsi eccezionale e tipica, e che fa sì che la trattativa privata costituisca in definitiva un sistema di deroga eccezionale rispetto al regime di gara per la scelta del contraente a cui ricorrere solo provando che sussista una delle condizioni giustificate nell'ordinamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.08.2009 n. 4890 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: 1. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Evidenza pubblica - Pubblicità della gara - Indegorabilità.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Principio di pubblicità - In sede d'apertura delle buste contenenti le offerte - Necessarietà - Sussistenza - Ragioni - Conseguenze.
3. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Partecipazione - Termini - Proroga - Legittimità - Condizioni.

1. Il principio della pubblicità delle seduta di gara per la scelta del contraente è da considerare inderogabile in ogni tipo di gara per quanto attiene l'apertura dei plichi contenenti la documentazione e le offerte economiche (TAR Campania Napoli, sez. I, 18-03-2008 n. 1373; TAR Marche, 06-03-2006 n. 59; TAR Lombardia Brescia 05-12-2006 n. 1541; TAR Toscana, sez. II, 06-09-2005 n. 2; Cons. Stato, sez. V, 07-11-2006 n. 6529; TAR Lazio Roma, sez. III, 05-02-2008 n. 951).
Tale principio, espresso dagli artt. 74 e ss., RR.DD. 23.05.1924 n. 827, è stato ritenuto applicabile a tutte le gare, in quanto esprimente una regola essenziale delle leggi di contabilità generale dello Stato e derivante direttamente dal principio di buon andamento ed imparzialità della p.A. (Cfr. TAR Liguria, sez. I, 01-04-2004 n. 313).
2. Il principio di pubblicità deve necessariamente connotare la seduta fissata per l'apertura della buste contenenti le offerte economiche del partecipanti alla gara, di tal che è obbligo del seggio di gara garantire ai concorrenti l'effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi pervenuti alla stazione appaltante.
Ed invero, tale effettiva possibilità di partecipazione alla seduta del seggio di gara costituisce garanzia posta a tutela, nel contempo, dell'interesse pubblico e di quello dei singoli partecipanti, i quali devono poter assistere direttamente allo svolgimento delle operazioni di verifica dell'integrità dei plichi ed all'identificazione del loro contenuto, e ciò a conferma della serietà della procedura concorsuale (Cfr. TAR Basilicata Potenza, sez. I, 28-03-2008 n. 72).
3. Tutti i termini di una pubblica selezione possono ben essere prorogati ove l'Amministrazione esterni ragioni di pubblico interesse e purché ciò avvenga in favore di tutti i partecipanti (Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 2179/2002; C.G.A. n. 451/1998, ex pluris) (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 03.08.2009 n. 363 - link a
http://mondolegale.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Revoche non frazionabili. Sugli affidamenti congiunti di progettazione. Illegittimo il dietrofront a metà dell'incarico
Illegittimo revocare un incarico di progettazione preliminare, definitiva, esecutiva e di direzione lavori affidato congiuntamente a seguito di gara pubblica e pubblicare un nuovo bando, dopo l'avvenuto svolgimento della progettazione preliminare.
Lo ha stabilito il TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I, con la sentenza 27.07.2009 n. 361 concernente un affidamento di servizi di progettazione, di direzione lavori e di coordinatore per la sicurezza sia in fase di progettazione, sia in fase di esecuzione.
Il caso esaminato dai giudici vedeva un comune pubblicare un avviso per l'affidamento congiunto delle predette fasi per un importo pari a 200 mila euro; successivamente la gara veniva aggiudicata ad un professionista che iniziava a svolgere l'incarico, redigendo il progetto preliminare necessario per acquisire i finanziamenti regionali che, dopo l'approvazione del preliminare venivano concessi dalla regione.
Qualche mese dopo il comune ha restituito all'affidatario dell'incarico il progetto definitivo che nel frattempo egli aveva predisposto in attuazione del contratto, osservando che l'incarico era stato conferito per redigere il solo progetto preliminare e precisando che l'amministrazione non aveva «ritenuto doveroso affidare al ricorrente le ulteriori fasi della progettazione definitiva ed esecutiva e della direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza» dell'opera.
Il comune aveva anche provveduto a pubblicare un nuovo avviso pubblico per l'affidamento dei servizi di progettazione definitiva ed esecutiva, direzione lavori e di coordinatore per la sicurezza. Da qui l'immediato ricorso al Tar da parte dell'affidatario dell'incarico congiunto (di progettazione e direzione lavori) che eccepiva che l'avviso avesse previsto la redazione non solo del progetto preliminare, ma di tutte le fasi della progettazione, e che con la prima determinazione del comune fosse stato conferito l'incarico di redigere il solo progetto preliminare solo in quanto tale progetto era necessario per richiedere il finanziamento regionale dell'opera. Inoltre si faceva notare che, essendo stato ottenuto il finanziamento proprio in ragione della valutazione positiva del progetto preliminare, l'amministrazione non avrebbe potuto affidare ad altri soggetti la progettazione definitiva ed esecutiva, nonché gli incarichi di direzione lavori e di coordinatore.
La sentenza accoglie il ricorso avendo riguardo alla natura dell'affidamento che riguardava non solo l'intera progettazione dell'opera pubblica (cioè la redazione dei progetti preliminare, definitivo ed esecutivo), ma anche l'incarico di direzione lavori e di coordinatore per la sicurezza. I giudici affermano che la stazione appaltante, dopo aver dichiarato il ricorrente vincitore della selezione espletata ed avergli conferito l'incarico di redazione del progetto preliminare, non poteva indire una nuova selezione per scegliere il professionista cui affidare la progettazione definitiva ed esecutiva, nonché gli incarichi di direzione lavori e di coordinatore per la sicurezza, in quanto il conferimento di tali ultimi due incarichi era di certo ricompreso nel bando. Gli atti di gara prevedevano infatti che gli incarichi aventi ad oggetto le altre fasi potevano essere per l'appunto conferiti al progettista dell'opera.
La sentenza esclude inoltre che si potesse sostenere che la procedura iniziata con l'avviso si era definitivamente conclusa con il conferimento dell'incarico di progettazione preliminare dei lavori in questione, in quanto all'epoca del conferimento di tale incarico non avrebbero potuto conferirsi anche gli altri incarichi sopra indicati, in ragione della carenza della copertura finanziaria.
Per i giudici è evidente che il primo incarico fosse connesso all'esigenza di avere il finanziamento e che esso non avesse concluso la procedura di scelta del contraente indetta con l'avviso iniziale, dal momento che tale bando riguardava anche fasi diverse dalla redazione del progetto. Non vi erano quindi in alcun modo gli spazi di legittimità e di fondata motivazione per revocare l'incarico e pubblicare un nuovo bando di gara (articolo ItaliaOggi del 02.09.2009, pag. 15 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Far timbrare il cartellino da altri è illegale ma non è truffa. Non può esserci condanna penale se non si dimostra il dolo del lavoratore.
Il lavoratore che risulta aver timbrato il cartellino risultando assente dal lavoro non può essere condannato per truffa se non risultano provati tutti gli elementi costitutivi del reato richiesti dal codice penale (Corte di Cassazione, Sez. VI penale, sentenza 21.07.2009 n. 30346 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

RISARCIBILITA' DANNI: Corte conti apre alle esigenze degli amministratori - Colpa grave difficile - Serve una grossolana trascuratezza.
Perché maturi il requisito della colpa grave si richiede che gli amministratori o i dirigenti di una amministrazione abbiano tenuto un comportamento ispirato dalla «macroscopica e grossolana trascuratezza nello svolgimento della gestione dell’Ente». Per cui il semplice compimento di errori, anche se gravi, non integra di per sé gli estremi di questo istituto.
Sono queste le indicazioni che possiamo trarre dalla sentenza della prima sezione centrale di appello della Corte dei conti n. 489 del 20.07.2009.
Siamo dinanzi ad una interpretazione che si mostra come assai aperta rispetto alle esigenze degli amministratori e dei dirigenti pubblici ed è tale da temperare in modo assai rilevante le ipotesi nelle quali è possibile il maturare della responsabilità amministrativa.
Alla base del procedimento, che in primo grado ha portato alla condanna del sindaco e dell’assessore all’urbanistica, il fatto che il comune ha inserito un’area nel piano di edilizia economica e popolare deliberando la occupazione d’urgenza della stessa, occupazione che si è protratta per un periodo superiore alla durata massima consentita, cioè per oltre cinque anni.
Come è ovvio tale circostanza ha determinato la necessità per l’ente di dovere successivamente procedere a una transazione con il proprietario. La misura della condanna era stata in primo grado fissata tra quanto effettivamente pagato ed il costo teorico della indennità di esproprio.
La sentenza constata che, non per colpa dell’Ente, il provvedimento regionale concessivo della indennità di esproprio non è stato eseguito «per l’irreperibilità, all’atto della sua notifica, del proprietario dell’area».
E che successivamente, anche a seguito delle numerose sentenze emanate nel frattempo dalla Corte costituzionale sulla indennità di esproprio e della cessione dell’area, le trattative avviate dal proprietario con le pubbliche amministrazioni non si sono concluse nei cinque anni di tempo massimo per la occupazione d’urgenza. Tali circostanze sono state ritenute dalla sezione d’appello della magistratura contabile sufficienti a non considerare presente nel caso specifico il requisito soggettivo della colpa grave. E ciò perché non è stata dimostrata una trascuratezza ripetuta nei comportamenti degli amministratori né che gli stessi abbiano mostrato una volontà, anche allo stato della mera ipotesi possibile, di determinare un danno all’ente.
Si deve infine rilevare che, quanto alla eccezione di intervenuta prescrizione, la sentenza conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza contabile per la quale il termine dei cinque anni decorre, nei casi come questo di danno indiretto, dal momento «in cui, con sentenza passata in giudicato o con transazione approvata nei modi di legge, sorge il titolo esecutivo o l’obbligazione di pagamento per l’amministrazione, configurante una situazione giuridica produttiva di danno, rapportabile all’emissione dei mandati di pagamento» (articolo ItaliaOggi del 21.08.2009, pag. 12).

EDILIZIA PRIVATA: Decadenza titolo abilitativo.
Ai fini della decadenza del permesso di costruire se, da un lato, non può considerarsi dirimente allo scopo la mera comunicazione circa l’avvio dell’intervento edilizio, allo stesso modo non può ritenersi dotata di univoca rilevanza probatoria di segno contrario la dichiarazione verbale, fatta in buona fede ed a proprio danno, dall’interessato, nel quale non può presumersi una conoscenza tecnico-giuridica degli elementi idonei ad integrare validamente la nozione di “inizio dei lavori”, secondo le acquisizioni giurisprudenziali formatesi sul punto (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 02.07.2009 n. 3655 - link a www.
lexambiente.it).

APPALTI: Sulle prescrizioni dettate dalle Autorità di vigilanza nei confronti degli enti vigilati in ordine ad azioni ancora da intraprendere.
E' precluso all'Autorità (nel caso di specie quella sui contratti pubblici) di imporre scelte o in generale di impartire prescrizioni alle amministrazioni pubbliche (nella fattispecie un comune) circa i comportamenti legittimi da intraprendere e la reiterata richiesta di informazioni sulle "misure future da adottare" esorbita dalle attribuzioni dell'Autorità, assumendo il chiaro scopo di indurre l'Ente locale ad emanare atti amministrativi aventi un preciso e determinato contenuto (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.06.2009 n. 1349 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

RISARCIBILITA' DANNI: Una sentenza sul danno erariale - Mettere una pezza non evita condanne.
I dirigenti possono essere condannati per danno erariale anche nei casi in cui all’atto della instaurazione del giudizio abbiano avviato il recupero delle somme indebitamente erogate e le stesse siano state in parte effettivamente introitate dall’ente. E ciò perché nulla dà certezza di una volontà definitiva dell’ente.
Sono questi i più importanti principi fissati dalla sentenza della Corte dei conti della Calabria n. 283 dello 11.06.2009.
Come si vede siamo dinanzi ad una pronuncia di inusuale durezza che, se confermata nel suo ragionamento di fondo, determina la estensione in modo del tutto spropositato dell’ambito della responsabilità amministrativa e conferma la ampiezza dei margini di autonomia della magistratura contabile in questo tipo di giudizi.
Alla base del contenzioso la circostanza che il dirigente del personale di un comune ha provveduto alla liquidazione dell’equo indennizzo ad un dipendente sulla base del verbale della commissione medica ospedaliera, mentre la commissione di verifica ha successivamente negato il nesso tra malattia e causa di servizio. Siamo dinanzi a una conclusione del tutto erronea perché la normativa di riferimento, cioè il dpr n. 461/2001 richiede che la corresponsione del beneficio sia subordinata alle conclusioni della commissione di verifica. Il dirigente ha, subito dopo le conclusioni della commissione di verifica, avviato il recupero delle somme indebitamente corrisposte al dipendente, sulla base di trattenute mensili.
Sulla legittimità di tale scelta, peraltro, lo stesso giudice del lavoro non ha avuto nulla da eccepire. Nel comportamento del dirigente sono stati riscontrati gli elementi che integrano la colpa grave. Le conclusioni della commissione medica ospedaliera hanno riguardato unicamente «la idoneità del dipendente al servizio e l’ascrivibilità tabellare della patologia accertata, ma non ha certo formulato parere in ordine al requisito della dipendenza» della malattia dallo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre nel provvedimento di liquidazione si afferma erroneamente che la commissione ha accertato che tale patologia dipende da causa di servizio. Nel caso specifico, a giudizio della Corte dei conti, non siamo in presenza di un errore ma della “distorta applicazione delle norme di settore, il che non può trovare altra spiegazione se non nella volontà di adottare il provvedimento di liquidazione pur nella consapevolezza che si trattasse di un atto contra legem”.
Cioè di un comportamento ispirato da dolo e non da colpa grave. Al provvedimento con cui il dirigente ha avviato il recupero non di deve attribuire la valenza di un ravvedimento operoso tale da escludere o quantomeno limitare la responsabilità » né l’avvio concreto del recupero, con il già avvenuto introito da parte del comune di una parte delle somme indebitamente erogate, può escludere il danno erariale.
Alla base di questa conclusione la considerazione che «nei casi in cui risulti avviata un’azione di ripetizione nelle more del giudizio contabile, o all’atto del giudizio risulta che l’iniziativa ha consentito di recuperare l’integrale credito erariale (sic!), sì da creare le condizioni affinché sia dichiarata l’intervenuta cessazione della materia del contendere; oppure, quando il credito erariale non risulta integralmente soddisfatto, continuano senz’altro a sussistere i requisiti di attualità ed effettività del danno quantomeno per la parte non recuperata». E ciò perché i provvedimenti dell’amministrazione non hanno il carattere della definitività, ma quello della provvisorietà, visto che l’ente può sempre revocarli, come peraltro dimostrato nel caso specifico dal fatto che il provvedimento di avvio del recupero non ha il carattere della ingiunzione (articolo ItaliaOggi del 21.08.2009, pag. 12).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di demolizione - Opere in difformità dal progetto assentito - Difformità totale (o variazione essenziale)/difformità parziale - Legittimità.
2. Ordine di demolizione - Opere in difformità dal progetto assentito - Violazione art. 31 D.P.R. 380/2001 - Acquisizione gratuita dell'immobile da parte del Comune - Non esperibile in danno degli attuali proprietari - Inammissibilità - Infondatezza.

1. Nel caso in cui un piano sottotetto, progettato come solaio con limitate altezze sia stato realizzato con caratteristiche tali da renderlo computabile ai fini volumetrici per l'incremento dell'altezza in gronda e per la destinazione abitativa dei relativi spazi, sussiste un incremento sensibile della volumetria complessiva che risulta di gran lunga superiore al volume autorizzato ed a quello massimo previsto dalla normativa di zona, tale da rendere l'abuso in questione catalogabile in quello della difformità totale o della variazione essenziale di cui all'art. 54 L.R. 12/2005, e non in quello della difformità parziale. Di conseguenza è legittimo l'ordine di demolizione delle opere abusive, non essendo un tale abuso suscettibile di sanzione pecuniaria.
2. L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale non costituisce sanzione accessoria alla demolizione, volta a colpire l'esecutore delle opere abusive, ma si configura quale sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione del quale può rendersi responsabile anche il proprietario qualora risulti che abbia acquistato la disponibilità del bene e non si sia attivato per dare esecuzione all'ordine di demolizione, o qualora emerga che, pur essendo in grado di dare esecuzione all'ingiunzione, non vi abbia comunque provveduto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.04.2009 n. 3597).

URBANISTICA: 1. Processo amministrativo - Legittimazione a ricorrere - Stabile collegamento con l'area su cui il provvedimento interviene - Sussiste.
2. Processo amministrativo - Interesse a ricorrere - Strumento di pianificazione urbanistica che incide sul godimento o valore di mercato del bene - Sussiste.
3. Processo amministrativo - Legittimazione a ricorrere delle associazioni - Verifica in concreto dell'attività dell'associazione e del suo fine istituzionale volto a soddisfare l'interesse collettivo - Sussiste.
4. Reperimento di aree a standard al di fuori del perimetro dell'intervento - Legittimità - Sussiste.
5. Cessione di aree comunali - Procedura ad evidenza pubblica - Limiti - Sussiste.
1.
Sono legittimati ad agire coloro che vantino la titolarità di un interesse che si pone in una situazione di stabile collegamento con l'area su cui il provvedimento contestato interviene.
2. L'interesse a ricorrere contro gli strumenti di pianificazione urbanistica, che riguardino aree diverse da quelle di proprietà del ricorrente, sussiste allorché la nuova destinazione urbanistica incida sul godimento o sul valore di mercato dell'area o, comunque su interessi propri del ricorrente medesimo.
3. Al di fuori dei casi di legittimazione ex lege, lo stabile collegamento degli enti esponenziali, ai fini della legittimazione a ricorrere, deve essere accertato in concreto con riferimento all'attività dell'associazione e il suo fine istituzionale.
4. E' legittimo il reperimento delle aree a standard anche al di fuori del perimetro dell'intervento urbanistico assentito.
5. Non è soggetta a procedura ad evidenza pubblica la cessione di aree comunali non finalizzata a soddisfare l'interesse dell'amministrazione a perseguire l'economicità dell'azione amministrativa nel rispetto del principio di libera concorrenza tra le imprese che operano nel mercato dei beni e dei servizi.
 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.04.2009 n. 3596 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Accertamento di inottemperanza all'ordinanza di ripristino dei luoghi - Parziale ottemperanza - Acquisizione dell'area da parte del Comune - Legittimità.
2. Acquisizione dell'area da parte del Comune - Obbligo di comunicazione avvio del procedimento - Contraddittorio nell'accertamento dell'abuso - Non sussiste.
3. Domanda di permesso di costruire - Accertamento di inottemperanza all'ordinanza di ripristino dei luoghi - Acquisizione dell'area da parte del Comune - Legittimità.

1. E' legittimo l'accertamento dell'inottemperanza ad un'ingiunzione di ripristino dei luoghi, emessa ai sensi dell'art. 31 D.P.R. 380/2001 in relazione alla sussistenza di un abuso edilizio che consiste nella realizzazione di deposti di materiali (di cui all'art. 3, c. 1, punto e.7, D.P.R. 380/2001), nel caso di ottemperanza parziale all'ordine di ripristino per avere i ricorrenti asportato una quantità di materiale sensibilmente inferiore al dovuto.
2. L'acquisizione dell'area da parte del Comune conseguente all'accertamento dell'inottemperanza è un effetto legale che non richiede la comunicazione di avvio del procedimento di "immissione in possesso ed acquisizione", una volta che l'accertamento dell'inottemperanza sia avvenuto, come nella specie, in contraddittorio.
3. La domanda di permesso di costruire per la sistemazione del terreno ad uso agricolo, non ha valenza di una domanda di sanatoria, in quanto l'accertamento di conformità ex art. 31 D.P.R. 380/2001 non è preordinato all'esecuzione di opere volte a rimuovere l'abuso, ma a sanare sotto il profilo formale, senza ulteriori interventi, opere eseguite senza titolo, ma conformi alla normativa urbanistica ed essendo, nel caso di specie, stata presentata successivamente all'accertata inottemperanza all'ordine di ripristino non incide in alcun modo sulla legittimità di tale accertamento e sulla conseguente acquisizione dell'area da parte del Comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.04.2009 n. 3590).

URBANISTICA: 1. Decadenza del vincolo preordinato all'esproprio - Comuni sprovvisti di PRG - Interventi di nuova edificazione fuori dal perimetro del centro abitato - Ammissibilità.
2. Natura conformativa del vincolo - Intervento realizzabile anche dal privato conforme alla destinazione di PRG - Ammissibilità- Sussiste.

1. In caso di decadenza del vincolo preordinato all'esproprio, gli interventi di nuova edificazione, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, sono consentiti solo fuori dal perimetro dei centri abitati.
2. Dalla natura conformativa del vincolo deriva che l'intervento del privato non è affatto escluso, ma ben può concorrere alla realizzazione di una delle destinazioni ammesse dal PRG, con una utilità economica che fa venire meno la stessa ratio della decadenza del vincolo, decadenza che opera soltanto in caso di vincolo preordinato all'esproprio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.04.2009 n. 3587 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Zona agricola - Immobile poggiante su blocchi di cemento - Carattere permanente dell'opera - Sussiste - Incidenza sull'assetto urbanistico ed edilizio del terreno - Sussiste.
Un immobile in zona agricola che non appoggi direttamente sul terreno, ma su blocchi di cemento, è opera a carattere permanente che imprime all'area una trasformazione di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull'assetto urbanistico ed edilizio dei terreni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.04.2009 n. 3586).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Verbale di sopralluogo - Natura provvedimentale - Non sussiste - Inammissibilità.
2. Accertamento illegittimità del mutamento destinazione d'uso - Diritto soggettivo - Non sussiste - Inammissibilità.

1. E' inammissibile il ricorso avverso il verbale con cui il Comune si è limitato a comunicare le risultanze di un sopralluogo in quanto, non contenendo alcuna determinazione, tale atto non ha natura provvedimentale.
2. L'azione di accertamento dell'illegittimità del mutamento di destinazione d'uso è inammissibile in quanto nel processo amministrativo l'azione di accertamento può trovare spazio in sede di giurisdizione esclusiva solo quando da parte dell'istante viene fatta valere una posizione di diritto soggettivo, non sussistente nel caso di domanda volta a conseguire un provvedimento sanzionatorio rispetto al quale il ricorrente non vanta una posizione di diritto soggettivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.04.2009 n. 3585).

EDILIZIA PRIVATA: Articolo 41, comma 2, della L.R. n. 12/2005 e succ. mod. ed int. - Varianti minori realizzabili senza necessità della previa acquisizione del titolo abilitativo edilizio - Applicazione - Sussiste - Potere dell'Amministrazione di chiedere integrazioni documentali e pagamenti degli oneri - Sussiste.
L'articolo 41, comma 2, della L.R. n. 12/2005, che ricalca quanto previsto dall'art. 22 del T.U. Edilizia, deve essere interpretato nel senso che permette, nel caso di modeste modifiche da apportare ad opere già assentite in forza di permesso di costruire, di non interrompere i lavori e di acquisire il relativo titolo anche dopo la loro realizzazione.
La speciale procedura, che sicuramente deroga al principio della necessità della previa acquisizione del titolo per l'esecuzione di ogni lavoro edilizio, si giustifica in relazione alla natura degli interventi che non comportano un mutamento dei caratteri essenziali dell'intervento, ma non impedisce all'Amministrazione, nella fase di controllo, di chiedere eventuali integrazioni documentali, nonché il pagamento degli oneri se dovuti a seguito delle modifiche apportate (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.04.2009 n. 3584).

CONDOMINIO: Permesso di costruire - Notifica ricorso a tutti i proprietari condomini - Parti comuni dell'edificio - Notifica all'amministratore - Sufficienza.
Qualora il permesso di costruire impugnato ha per oggetto parti comuni dell'edificio è legittima la notifica del ricorso al solo amministratore del condominio e non ai singoli proprietari condomini, dal momento che l'art. 1131 c.c. stabilisce che all'amministratore sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono alle parti comuni dell'edificio e che questi ha la rappresentanza in giudizio sia attiva che passiva del condominio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3258).

APPALTI: Trattativa privata per l'affidamento di lavori - Varianti necessarie per modifiche al progetto superiori al 20% dell'importo del contratto - Recesso del Comune - Violazione art. 25, c. 4, L. 109/1994 - Mancata impugnazione del recesso - Inammissibile.
Nel caso di contratto per l'esecuzione di lavori affidati al privato ricorrente in relazione al quale, in seguito alla necessità di modificare il progetto con varianti superiori al quinto dell'importo originario dei lavori, il Comune ha receduto per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, non è ammissibile il vizio di violazione dell'art. 25, c. 4, L. 109/1994 per non aver il Comune provveduto a disporre al risoluzione del contratto (in seguito all'accertamento che le varianti necessarie per le modifiche del progetto superavano il quinto dell'importo) e ad indire una nuova gara invitando l'aggiudicatario iniziale, in quanto il ricorrente non ha impugnato l'atto di recesso del Comune -per sopravvenuti motivi di interesse pubblico- ma ha, al contrario, accettato e riscosso l'indennizzo fornito dall'Amministrazione, non potendo con ciò successivamente contestare la corretta qualificazione del rapporto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3257).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Proposizione del ricorso avverso ingiunzione di demolizione - Sospensione del termine per adempiere all'ingiunzione - Non sussiste.
2. Accertamento dell'inottemperanza dell'ordinanza di demolizione - Natura dichiarativa - Sussiste.
3. Acquisizione gratuita al patrimonio pubblico - Sanzione autonoma rispetto all'ingiunzione di demolizione - Sussiste.
4. L'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione è illecito autonomo rispetto alla commissione dell'abuso edilizio - Sussiste - Responsabilità in capo al proprietario dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, laddove soggetto diverso dal responsabile dell'abuso - Limiti - Sussiste.
5. Mancata predisposizione di aree di sosta per i nomadi - Legittimazione di opere edilizie abusive - Non sussiste.

1. La proposizione del ricorso avverso l'ingiunzione di demolizione non sospende il termine per adempiere, se non quando l'efficacia dell'ordinanza venga sospesa in sede cautelare o in sede amministrativa.
2. L'accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione è atto di natura meramente dichiarativa ed è volto unicamente a constatare un fatto (l'inadempimento) e il conseguente effetto legale (acquisizione alla mano pubblica).
3. L'acquisizione gratuita non costituisce sanzione accessoria alla demolizione, volta a colpire l'esecutore delle opere abusive, ma si configura quale sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione.
4. L'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione integra un fatto illecito, diverso ed autonomo dalla commissione dell'abuso edilizio, del quale può rendersi responsabile anche il proprietario, qualora risulti che abbia acquistato o riacquistato la disponibilità del bene e non si sia attivato per dare esecuzione all'ordine di demolizione, o qualora emerga che, pur essendo in grado di dare esecuzione all'ingiunzione, non vi abbia comunque provveduto; la sanzione acquisitiva non può invece colpire il proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva, o che, essendone venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento.
5. La mancata predisposizione di aree di sosta per i nomadi, dotate di opere e servizi non è certamente circostanza idonea a giustificare abusi edilizi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.04.2009 n. 3232).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore - Atto complesso al quale partecipano Comune e Regione - Atti adottati da altre amministrazioni - Sono atti interni - Obbligo di notifica del ricorso avverso il P.R.G. - Sussiste solo in relazione a Regione e Comune.
2. Piano regolatore - Atto generale - Controinteressati determinati - Non sussistono - Obbligo di notifica del ricorso avverso il P.R.G. - Sussiste solo in relazione alle autorità emananti.
3. Piano regolatore - Azzonamenti - Obbligo di specifica motivazione - Non sussiste - Superamento degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968 n. 1444 - Obbligo di specifica motivazione - Sussiste.

1. Il piano regolatore è un atto complesso ineguale al quale partecipano, nell'esercizio dei poteri di amministrazione attiva, il Comune e la Regione. Gli atti adottati da altre amministrazioni, quali la Provincia, debbono considerarsi come meri atti interni al procedimento, con la conseguenza che il ricorso non deve essere notificato a tutti gli enti che hanno partecipato al procedimento ma solo alla Regione ed al Comune.
2. Il piano regolatore è un atto generale rispetto al quale non sussistono contro interessati determinati, con la conseguenza che il ricorso deve essere notificato solo alle autorità emananti.
3. Sebbene gli azzonamenti non richiedano apposita motivazione, oltre quella implicita nelle scelte tecnico-urbanistiche effettuate in sede di redazione del piano regolatore, una più incisiva motivazione si impone, viceversa, nell'ipotesi del superamento degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968 n. 1444, con riferimento alla globalità del territorio comunale o in correlazione a specifiche esigenze di zona (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.04.2009 n. 3229).

EDILIZIA PRIVATA: Ordine di ripristino stato dei luoghi - Aperture di vedute - Violazione D.M. 02.04.1968 n. 1444 - Mancata notifica al controinteressato - Inammissibilità.
E' inammissibile il ricorso non notificato alla proprietaria del fabbricato sito sul fondo confinante antistante la nuova parete finestrata realizzata dalla ricorrente, nominativamente menzionata nel preambolo dell'ordinanza di ripristino dei luoghi impugnata, in quanto è evidente l'interesse della medesima alla conservazione dell'atto impugnato, che, nel momento in cui tutela l'interesse generale al rispetto delle distanze, tutela in pari tempo i diritti dei terzi lesi dalla violazione dei limiti delle distanze legali della proprietà (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.04.2009 n. 3220).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di demolizione diretto nei confronti del proprietario di un immobile interessato da un abuso in mancanza della prova del suo coinvolgimento - Illegittimità - Sussiste.
2. Acquisizione gratuita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione - Proprietario estraneo all'abuso - Illegittimità - Sussiste.
3. Acquisizione gratuita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione - Mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990 al proprietario non autore dell'abuso - Illegittimità - Sussiste.

1. L'ordinanza di demolizione diretta nei confronti del proprietario di un immobile in mancanza della prova del suo coinvolgimento nell'abuso è illegittima in quanto la responsabilità del proprietario è condizionata alla prova, che incombe sull'Amministrazione, della conoscenza dell'abuso da parte del proprietario e del suo concorso nella realizzazione dell'abuso.
2. Non si può procedere all'acquisizione gratuita da parte del Comune di un immobile in caso di inottemperanza all'ordine di ripristino in presenza di un abuso edilizio qualora il proprietario sia estraneo all'abuso in quanto il destinatario delle sanzioni edilizie deve essere il responsabile dell'abuso stesso.
3. È illegittima l'ordinanza di acquisizione di un'area per mancata demolizione dell'opera abusiva in mancanza di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della L. n. 241/1990 al proprietario del fondo non autore dell'abuso, anche ai fini dell'eventuale valutazione dell'applicazione di misure diverse dall'acquisizione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 3149).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di demolizione di opera abusiva - Omessa comunicazione avvio procedimento - Ordine sospensione lavori - Equiparazione - Legittimità.
2. Ordine di demolizione di opera abusiva - Carenza di motivazione - Motivazione per relationem - Provvedimento sanzionatorio dovuto - Abusività dell'opera - Legittimità.
3. Diniego di permesso di costruire in sanatoria - Pendenza della domanda di sanatoria paesaggistica ex L. 308/2004 - Effetti estintivi del solo illecito penale ambientale - Legittimità.

1. L'omessa previa comunicazione di avvio del procedimento, preordinato alla demolizione di un'opera edile abusivamente realizzata, non costituisce vizio invalidante l'atto finale se all'autore dell'opera abusiva sia stata preventivamente notificata l'ordinanza di sospensione dei lavori, essendo quest'ultima equivalente alla comunicazione di avvio del procedimento in quanto dalla stessa è agevole intendere la volontà dell'Ente locale.
2. Poiché l'art. 3 L. 241/1990 nel consentire la motivazione "per relationem" non impone la materiale messa a disposizione o la contestuale comunicazione degli atti richiamati, essendo sufficiente l'indicazione dei medesimi -riferendosi la "disponibilità" di cui all'art. 3 L. 241/1990 alla sola conoscibilità dell'atto- è legittima la motivazione di un provvedimento risultante da altro atto dell'Amministrazione, direttamente o indirettamente richiamato dallo stesso provvedimento, vieppiù nel caso di atto sanzionatorio dovuto, in relazione al quale l'onere motivazionale è assolto con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera.
3. Poiché la mancata decisione sulla domanda di sanatoria paesaggistica non impedisce la conclusione del procedimento edilizio, dal momento che la domanda di condono ex L. 308/2004 riguarda l'estinzione dell'illecito penale ambientale, senza produrre effetti sull'abuso edilizio, è legittimo il diniego di sanatoria, adottato per contrasto con la destinazione di zona, in quanto l'abusività edilizia dell'opera realizzata non verrebbe meno per l'effetto del rilascio dell'autorizzazione ex L. 308/2004 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 3144).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Sanatoria - Diniego - Rilievi aerofotogrammetrici effettuati da una società privata - Idoneità a fondare un diniego di sanatoria - Sussiste.
2. Sanatoria - Diniego - Autodichiarazione del privato in sede di domanda di condono - Valenza probatoria privilegiata - Non sussiste - Principio di prova - Sussiste.

1. I rilievi aerofotogrammetrici effettuati da una società privata per conto della p.a. costituiscono elemento dimostrativo idoneo a fondare un provvedimento di diniego di sanatoria.
2. L'autodichiarazione del privato in sede di domanda di condono non presenta valenza probatoria privilegiata, ma rappresenta esclusivamente un principio di prova destinato a cedere in presenza di più consistenti elementi probatori prodotti dall'Amministrazione quali i rilievi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.04.2009 n. 2061).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio - Esistenza del manufatto abusivo alla data ultima per beneficiare del condono - Onere della prova - Sussiste in capo al privato richiedente - Sussiste in capo alla P.A. soltanto se il privato fornisce elementi concreti dell'esistenza del manufatto.
2. Condono edilizio - Esistenza del manufatto abusivo alla data ultima per beneficiare del condono - Dichiarazione sostitutiva di atto notorio - Insufficienza - Necessità di ulteriori riscontri documentali, anche indiziati purché altamente probanti - Sussiste.

1. L'onere di provare l'esistenza del manufatto oggetto di abuso alla data ultima per beneficiare del condono spetti al privato che chiede di condonarlo, il quale fa transitare tale onere in capo all'Amministrazione soltanto se fornisce elementi concreti dell'esistenza dello stesso.
2. L'onere per il privato di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile comporta che anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti, con la conseguenza che, in caso di mancato adempimento da parte del richiedente il condono, all'onere di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile, l'Amministrazione, cui non può farsi carico di accertare quale fosse la situazione del suo territorio alla data di scadenza del condono, è tenuta a respingere la domanda e a reprimere l'abuso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.04.2009 n. 2060).

EDILIZIA PRIVATA: Diniego condono edilizio - Violazione art. 10-bis L. 241/1990 - Acquisizione ulteriore documento - Onere di rinnovare il preavviso di diniego - Non sussiste.
L'art. 10-bis L. 241/1990, che prescrive l'obbligo per l'Amministrazione di dare vita ad un contraddittorio anticipato con il privato, è uno strumento con il quale il cittadino è messo in grado di collaborare all'esercizio della funzione pubblica, con la conseguenza che l'amministrazione ha la facoltà di acquisire ulteriori elementi dopo l'apporto collaborativo del soggetto interpellato, senza dovere, a tale scopo, aprire una nuova fase contenziosa con il privato salvo il caso in cui modifichi i fatti o le ragioni giuridiche poste a fondamento della sua decisione (nel caso di specie il TAR ha ritenuto non sussistere violazione dell'art. 10-bis L. 241/1990 per avere il Comune, a seguito delle osservazioni presentate dalla parte dopo il preavviso di diniego, fondato la propria decisione di rigetto del condono su un ulteriore documento acquisito senza adottare un ulteriore preavviso di diniego) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.04.2009 n. 2057).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Potere dell'Amministrazione, in sede di istruttoria della domanda di condono, di raccogliere elementi contrari alle dichiarazioni rese dal richiedente - Sussiste - Inversione dell'onere della prova in capo all'Amministrazione - Non sussiste.
La dichiarazione circa la data di ultimazione delle opere abusive resa dall'interessato a corredo dell'istanza di condono edilizio non preclude all'Amministrazione, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere, nel corso del procedimento, elementi in contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest'ultima l'onere di fornire la prova dell'ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall'interessato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.04.2009 n. 2056).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire - Rilascio - Obbligo della P.A. di verifica della legittimazione attiva del richiedente - Sussiste - Limiti.
2. Competenza e giurisdizione - Accertamento profili connessi alla proprietà o al possesso dell'immobile - Giurisdizione generale di legittimità del G.A. - Sussiste - Limiti.
3. Permesso di costruire - Presupposti - Atti di competenza dei Vigili del Fuoco - Non costituiscono presupposto necessario per il rilascio del permesso.

1. In sede di rilascio di permesso di costruire, che viene concesso al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, il Comune è tenuto a verificare la legittimazione soggettiva del richiedente, con il solo limite di non poter procedere d'ufficio ad indagini su profili che della stessa non appaiano controversi (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5811/2008).
2. L'accertamento dei profili connessi alla proprietà o al possesso dell'immobile costituiscono, nei limiti sopra indicati, un'attività amministrativa di cui il giudice amministrativo conosce in quanto rientra nella giurisdizione generale di legittimità: e qualora, al fine di conoscere di tale attività, egli si imbatta in questioni di diritto soggettivo, il G.A. le conosce ex art. 8 L. 1034/1971, secondo il quale il TAR, nelle materie in cui non ha competenza esclusiva, decide con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.
3. In sede di impugnazione di titoli edilizi, il rilascio degli atti di competenza del Comando dei Vigili del Fuoco non costituisce presupposto per il rilascio della concessione edilizia, di competenza del Comune, dando luogo ad un distinto procedimento amministrativo, esperibile anche in via di sanatoria (cfr. TAR Napoli, sent. n. 8234/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.03.2009 n. 1993).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore - Termine per l'impugnazione - Dalla scadenza del termine di pubblicazione dell'avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali - Notificazione a tutti gli interessati - Necessità - Non sussiste.
2. Pianificazione urbanistica - Discrezionalità ampia della P.A. - Sussiste - Limiti.

1. Il termine per l'impugnazione del piano regolatore generale decorre alla scadenza del termine di pubblicazione dell'avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali: l'ordinamento non prevede, infatti, che l'atto di approvazione del PRG debba essere notificato ai proprietari delle aree incluse nel territorio interessato, ma stabilisce che sia oggetto di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che gli atti debbano essere depositati preso il Comune a "libera visione del pubblico" (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5467/2001): quanto sopra, sia che le prescrizioni del PRG attengano alla zonizzazione, sia che concernano la localizzazione di interventi pubblici (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3149/2001).
2. Le scelte effettuate dalla P.A. in sede di pianificazione urbanistica sono connotate da un'amplissima discrezionalità e costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da palese arbitrarietà, irrazionalità od irragionevolezza, ovvero dal travisamento dei fatti in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare (cfr. TAR Roma, sent. n. 5600/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.03.2009 n. 1992).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Demolizione opere abusive - Acquisizione delle aree - Ricorso proposto dal responsabile delle opere diverso dal proprietario - Inammissibilità - Mancata notifica al responsabile dell'abuso - Irrilevanza.
2. Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Natura vincolata - Sussiste
3. La motivazione dell'ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre la sanzione della demolizione, poiché l'abuso non può giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore a veder conservata una situazione di fatto illegittima.

1. Sono inammissibili per carenza di interesse le censure proposte dell'abuso edilizio che non sia proprietario dell'area ove insiste l'opera abusiva avversa la prevista acquisizione dell'area in caso di inottemperanza all'ordinanza comunale poiché in tal caso l'interesse azionato è privo del requisito della personalità, in quanto il risultato di vantaggio che mira a conseguire non attiene specificamente e direttamente alla sfera giuridica del ricorrente, bensì a quella del proprietario dell'area.
2. La notificazione dell'ordinanza di demolizione al solo proprietario, e non anche al responsabile dell'abuso, è irrilevante ai sensi dell'art. 21-octies della Legge 241/1990: ciò, in quanto, in considerazione della natura vincolata del potere di repressione degli abusi edilizi, l'illegittimità riscontrata non porta all'annullamento dell'atto.
3. La tesi giurisprudenziale, secondo cui vi è l'obbligo dell'Amministrazione di motivare circa le ragioni di pubblico interesse alla demolizione se, per il lungo lasso di tempo trascorso, si sia formato nel privato contravventore, a causa dell'inerzia mantenuta dai pubblici poteri, un affidamento sulla legittimità dell'opera, non è confortata dalla sussistenza di alcuna espressa previsione normativa in tale senso. Al contrario, a siffatta interpretazione sembrano ostare la natura rigidamente vincolata del potere sanzionatorio-repressivo degli abusi edilizi, nonché il dato giuridico per cui la sanzione demolitoria, più che a punire il responsabile dell'abuso, è volta a ripristinare la situazione antecedente alla violazione, ponendo un rimedio ai fenomeni di compromissione del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.03.2009 n. 1990).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 10-bis Legge 241/1990 - Dichiarazione di inefficacia di premesso di costruire - Provvedimento negativo - Obbligo di preavviso - Non sussiste.
Considerato che la dichiarazione di inefficacia del permesso di costruire è atto ad iniziativa d'ufficio, ne consegue la relativa insussistenza dell'obbligo di preavviso di provvedimento negativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1957).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ristrutturazione edilizia - Permesso di costruire - Sopravvenuta inesistenza dell'edificio da ristrutturare - Conseguenze - Inefficacia del permesso.
2. Ristrutturazione edilizia - Rovina parziale dell'edificio - Rilascio di una nuova concessione edilizia - Necessità.
1. Qualora, anche a seguito della sua rovina per cause naturali, sia integralmente demolito un edificio o un manufatto per il quale è stata rilasciata una concessione edilizia (pur se di ristrutturazione), viene meno l'esistenza del manufatto medesimo e quindi anche l'efficacia dell'originaria concessione, non rilevando se la rovina sia avvenuta o meno per volontà del suo titolare (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5253/2001; sent. n. 1610/2000).
2. Qualora nel corso dei lavori autorizzati di trasformazione interna e ristrutturazione di un edificio si manifestino crolli, anche spontanei, di una parte del fabbricato, si rende necessario richiedere il rilascio di una nuova concessione edilizia, in quanto si tratta di eseguire lavori di ristrutturazione diversi da quelli precedentemnete assentiti (cfr. Cass. Pen., sent. n. 1898/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1957).

EDILIZIA PRIVATA: Ordinanza di sospensione lavori - Scadenza termine - Inefficacia dell'ordinanza - Conservazione dei poteri sanzionatori e di controllo da parte della P.A. - Legittimità.
La scadenza del termine di 45 giorni previsto dall'art. 27, comma 3, DPR 380/2001 comporta l'automatica inefficacia del provvedimento di sospensione dei lavori, benché non privi l'Amministrazione del potere di adottare i provvedimenti sanzionatori anche successivamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1957).

EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI: 1. Assegnazione numero civico - Presupposti - Idoneo titolo edilizio - Necessità.
2. Assegnazione numero civico - Assegnazione a immobili abusivi - Possibilità - Non sussiste - Eccezione ex art. 47 DPR 223/1989 per censimenti generali della popolazione.
3. Assegnazione numero civico - Presupposti - Accatastamento dell'immobile abusivo - Irrilevanza.

1. L'assegnazione del numero civico viene disciplinata dagli artt. 42 e 43 DPR 223/1989, in cui si prevede che ogni porta o accesso dall'area di circolazione all'interno dei fabbricati di qualsiasi genere debba essere provvista di appositi numeri: l'art 43 stabilisce che il proprietario, a costruzione ultimata e comunque prima che il fabbricato possa essere occupato, deve presentare al Comune apposita domanda per ottenere sia l'indicazione del numero civico, sia il permesso di abitabilità se trattasi di fabbricato ad uso di abitazione, ovvero di agibilità se trattasi di fabbricato destinato ad altro uso.
Pertanto, la numerazione civica presuppone, al pari della abitabilità, l'esistenza di un titolo edilizio in forza del quale la costruzione è stata realizzata.
2. Ex art. 47 DPR 223/1989 nell'ambito dei lavori preparatori ai censimenti generali della popolazione, i comuni devono provvedere alla revisione dell'onomastica delle aree di circolazione e della numerazione civica, al fine di adeguarle alla situazione di fatto esistente: in tal caso l'assegnazione di numeri civici anche ad immobili abusivi è giustificata al solo fine di censire la popolazione.
Pertanto, al di fuori di questo procedimento, si deve applicare la procedura ordinaria di cui agli artt. 42 e 43, che presuppone la regolarità dell'immobile.
3. E' irrilevante ai fini dell'assegnazione del numero civico la circostanza che medio tempore si sia proceduto all'accatastamento dell'immobile, dal momento che l'accatastamento svolge una funzione di certificazione dello stato di fatto, ma non produce alcun effetto di regolarizzazione degli immobili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1954 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Motivazione - Necessità - Non sussiste.
L'ordine di demolizione di opere abusive, stante la natura di atto vincolato, è sufficientemente motivato con riferimento all'oggettivo riscontro dell'abusività delle opere (cfr. in termini TAR Milano, sez. II, sent. nn. 702/2008; 6532/2007; TAR Brescia, sent. n. 418/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1949 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano territoriale di coordinamento provinciale - Natura - Possibilità di introdurre prescrizioni e vincoli nel PRG di un Comune in ambiti strettamente comunali - Non sussiste - Eccezioni.
2. Piano territoriale di coordinamento provinciale - Contenuto - Classificazione aree agricole - Possibilità - Ricorso avverso la classificazione - Inammissibilità.

1. Il PTCP è un atto generale, che determina gli indirizzi generali dell'assetto del territorio, secondo le competenze delineate nell'art. 20 del T.U. 267/2000. Esso viene adottato nel rispetto delle direttive fissate dalla Regione e ferme restando le competenze pianificatorie del Comune (cfr. in termini TAR Milano, sez II, sent. n. 2994/2008): pertanto, il PTCP non può imporre soluzioni in ambiti di esclusiva spettanza comunale o sostituire con scelte della Provincia quelle già formalizzate in modo puntuale dai Comuni con proprie determinazioni, imponendo modificazioni che non siano riconducibili ad uno specifico interesse pubblico riservato alla Provincia (cfr. Cons. di Stato , sent n. 1493/2000)
2. La Provincia, nell'ambito dell'attività di programmazione ed in particolare della salvaguardia ambientale, ben può delimitare gli ambiti agricoli, non precludendo tuttavia ai Comuni una specifica regolamentazione dell'uso di tali zone: è pertanto inammissibile, per carenza di lesione concreta ed attuale della posizione del ricorrente, il ricorso avverso le disposizioni di PTCP che abbia classificato le aree del ricorrente come agricole (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 1948 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Necessità di motivazione - Quando sussiste.
2. Abusi - Accertamenti - Obbligo di effettuare in contraddittorio sopralluoghi ed accertamenti tecnici - Non sussiste - Facoltà di contestazione delle risultanze - Sussiste.
1.
In caso di violazione delle distanze nei rapporti di vicinato, anzitutto, l'interesse pubblico al ripristino della legalità è in re ipsa e coincide con la prevalenza che va necessariamente assicurata alla posizione del vicino, il quale vanta un diritto pieno al rispetto della distanza regolamentare; in secondo luogo, una specifica motivazione sull'interesse pubblico occorre solo se le opere risultino ultimate da lungo tempo, e purché il rilascio (o la formazione) del titolo invalido non sia correlato ad imprecisioni progettuali addebitabili al privato richiedente la concessione (cfr. Cons. Giust. Amm. 27.10.06 n. 588), o che abbia dato causa all'illegittimità dell'atto mediante dichiarazioni infedeli (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3599/2002), o mediante una erronea rappresentazione dei fatti, non importa se dolosa o colposa (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6554/2004).
2. In tema di accertamento dell'abusività di opere edilizie, la mancata partecipazione del privato al sopralluogo è irrilevante, non essendovi obbligo di effettuare in contraddittorio sopralluoghi ed accertamenti tecnici, salva la facoltà dell'interessato di contestarne le risultanze con documenti e memorie depositate nel corso del procedimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.03.2009 n. 1924 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Perimetrazione dei centri abitati - Identificazione.
1. In assenza di una delibera di perimetrazione, il centro abitato è comunque identificabile nella situazione di fatto, ogniqualvolta si sia in presenza di un aggregato di case continue e vicine, con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.03.2009 n. 1768 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Motivazione - Necessità - Non sussiste.
L'ordinanza di demolizione di un abuso edilizio non richiede in linea generale alcuna specifica motivazione, in quanto l'abusività costituisce di per sé motivo sufficiente per l'adozione della misura repressiva (cfr. TAR Milano, sez. II, sent. 1318/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.03.2009 n. 1768 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Rilascio - Competenza - Sportello Unico per l'edilizia - Regolamento Comune di Milano, artt. 115 e 117- Inapplicabilità.
Il procedimento per il rilascio del permesso di costruire è demandato allo Sportello unico per l'edilizia che le amministrazioni comunali sono tenute a costituire ai sensi dell'art. 5 d.p.r. 380/2001: pertanto, non possono trovare applicazione le previsioni degli articoli 115 e 117 del Regolamento edilizio del Comune di Milano, in quanto modellati sulla disciplina statale previgente (art. 4 D.L. 398/1993), la quale è stata abrogata dall'art. 136 del testo unico in materia edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.03.2009 n. 1767 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAGli atti sanzionatori in materia edilizia -attesa la loro natura rigidamente vincolata- non risultano viziati ove non siano preceduti dalla comunicazione d'avvio del procedimento.
L'ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall'avviso ex art. 7 della l. n. 241/1990, trattandosi di un atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l'accertamento della inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e conseguente disciplinato rigidamente dalla legge (TAR Campania, Napoli, sez. IV, 10.12.2007, n. 15871; nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 26.09.2008, n. 4659, secondo cui "gli atti sanzionatori in materia edilizia -attesa la loro natura rigidamente vincolata- non risultano viziati ove non siano preceduti dalla comunicazione d'avvio del procedimento").
Da ciò consegue che, come evidenziato da TAR Campania, Napoli, sez. VI, 17.12.2007, n. 16283, "va esclusa la violazione dell'art. 10, l. n. 241/1990 (mancata valutazione della memoria avanzata dal ricorrente in fase endoprocedimentale) in relazione ad un provvedimento vincolato" (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1330).

PUBBLICO IMPIEGOCassazione: c'è mobbing a quattro condizioni.
Mobbing in ufficio, la Cassazione detta agli impiegati le regole d'oro per chiedere e ottenere i danni in caso di vessazioni sul posto di lavoro.
Prima di tutto, dicono gli ermellini per prevenire inutili cause, «per mobbing si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione e di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità».
Fissato il principio, la Suprema Corte evidenzia i quattro punti imprescindibili per ottenere i danni.
Occorrono, dunque, una «molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio». Secondo punto necessario per bollare un'azione come atto di mobbing consiste nell'«evento lesivo della salute o della personalità del dipendente». Nel vademecum, la Suprema Corte (sezione Lavoro, sentenza 17.02.2009 n. 3785) sottolinea inoltre la necessità di un «nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore». Quarto punto fondamentale è dato dalla «prova dell'elemento soggettivo», vale a dire «dell'intento persecutorio».
In questo modo, i supremi giudici hanno bocciato il ricorso di un postino piemontese, Michele G. che, nell'inverno del 2001, scendendo dall'auto di servizio, era scivolato su una lastra di ghiaccio battendo violentemente la testa e riportando lesioni personali per le quali l'Inail gli aveva riconosciuto una invalidità dell'11%.
Il lavoratore aveva fatto causa alle Poste, sostenendo che l'infortunio era da imputarsi a colpa delle Poste che non lo avevano dotato di scarpe antiscivolo e, affermando ancora di essere stato vittima di vari episodi di mobbing. Da qui la richiesta di risarcimento danni.
La Cassazione ha bocciato il ricorso del lavoratore, sostenendo che nonostante «l'esistenza di contrasti tra la dirigente d'ufficio e Michele G.» questi «non sono tali da provare la sussistenza di un intento vessatorio del dirigente dell'ufficio» (articolo ItaliaOggi del 03.09.2009, pag. 22).

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