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AGGIORNAMENTO AL 28.09.2009 |
ã |
dossier LEGGE CASA LOMBARDIA |
EDILIZIA PRIVATA:
Piano Casa: Tavola Rotonda sulla
Legge Regionale 13/2009.
A seguito del Seminario e della tavola
rotonda sul tema della Legge 13, svoltosi a
Milano il 15.09.2009 presso il Centro
Congressi Le Stelline, informiamo che sul
sito www.anci.lombardia.it troverete:
-
una approfondita relazione dell'Avv. G.
Mariotti;
-
le slide proiettate nel corso della riunione
(link a www.anci.lombardia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
PIANO CASA REGIONALE, PROVVEDIMENTO CONCRETO
A SOSTEGNO DELL’EDILIZIA.
Nel dettaglio il progetto lombardo che mira
a ridare slancio al sistema delle
costruzioni (link a www.ancebrescia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
"Piano Casa" in Regione Lombardia: il
manuale sintetico per l'applicazione delle
deroghe (link a
www.bosettiegatti.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
U. Grella,
UN OTTIMO AFFARE PER I SINDACI, NASCOSTO TRA
LE RIGHE DEL PIANO CASA DELLA LOMBARDIA
(link a www.bosettiegatti.it). |
GURI - BUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 26.09.2009 n. 224 "Disposizioni in
materia di detrazioni per le spese di
riqualificazione energetica del patrimonio
edilizio esistente, ai sensi dell’articolo
1, comma 349, della legge 27.12.2006, n. 296"
(D.M. 06.08.2009). |
VARI:
G.U. 25.09.2009 n. 223 "Misure urgenti in
materia di profilassi vaccinale
dell’influenza pandemica A(H1N1)"
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche Sociali,
ordinanza 11.09.2009). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - APPALTI: G.U.
25.09.2009 n. 223 "Disposizioni urgenti
per l’attuazione di obblighi comunitari e
per l’esecuzione di sentenze della Corte di
giustizia delle Comunità europee" (D.L.
25.09.2009 n. 135). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ATTI AMMINISTRATIVI: Dossier:
la riforma della legge n. 241/1990 ad opera
della legge n. 69/2009 (tratto da
Commercio & Attività Produttive, n. 9/2009). |
APPALTI:
A. Barbiero,
Le principali novità in materia di DUVRI e
costi per la sicurezza negli appalti in base
al d.lgs. n. 106/2009 (link a
www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
TESTO UNICO IN MATERIA DI SICUREZZA SUI
LUOGHI DI LAVORO - D.LGS. 09.04.2008, N. 81
- MODIFICHE - D.LGS. 03.08.2009, N. 106.
Schema predisposto da ANCE esplicativo degli
interventi del Legislatore, apportati al
Titolo IV (link a
www.ancebrescia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
S. Leoni,
L’articolo 18 della legge n. 349/1986 e'
stato realmente abrogato? (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Partesotti,
Riconoscimento del diritto al risarcimento
per danno ambientale agli enti territoriali
‘minori’ (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Aiello,
Rifiuti aspetti operativi: A chi spetta
rimuovere i rifiuti nei casi di abbandono
(link a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
R. Greco,
I nuovi profili della responsabilità
dirigenziale nella legge 18.07.2009, n. 69
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
P. M. Zerman,
Il risarcimento del danno da ritardo: l’art.
2-bis della legge 241/1990 introdotto dalla
legge 69/2009
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: P.
Quinto,
Il Codice del processo amministrativo ed il
danno da ritardo: la certezza del tempo e
l’incertezza del legislatore
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
L. Capicotto,
Limiti e presupposti del potere sindacale
d’urgenza: ordinarietà, contingibilità ed
urgenza a tutela dei preminenti interessi
pubblici e a salvaguardia dell’ambiente
(link a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
D. Arena,
La contrattazione decentrata integrativa
(link a http://doc.sspal.it). |
QUESITI & PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Regolamentazione
raccolta rifiuti “porta a porta”.
Il Comune (omissis) ha attivo sul proprio
territorio il servizio di raccolta rifiuti
“porta a porta” (RSU, Carta, Plastica) e
dispone di un’area ecologica (Legge
Regionale 24/2002 – D.M. 08.04.2008 e s.m.i.)
gestita a livello consortile dove e’
possibile conferire alcuni materiali secondo
le disposizioni previste da un apposito
regolamento d’uso (che si invia in
allegato).
Si richiede di sapere come devono essere
correttamente smaltite le latte contenenti
vernici – materiali per tinteggiatura o
residui di tali prodotti (identificabili con
apposito codice CER (D.M. 09.04.2002 –
D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.) di provenienza
domestica (utente domestico che ha
provveduto direttamente a opere di
tinteggiatura) oppure di provenienza non
domestica (artigiano).
In particolare si richiede la “corretta
procedura” che deve intraprendere
un’utenza non domestica per lo smaltimento
dei rifiuti prodotti (rifiuti assimilati ai
rifiuti urbani e scarti di produzione)
presso l’unità locale per ottemperare agli
obblighi previsti dall’art. 193 del D.Lgs
152/2006.
Per “corretta procedura” si intende sapere
per quale tipologia di rifiuti è possibile
utilizzare il servizio di raccolta porta a
porta, l’area ecologica ed eventualmente
trasportatori esterni autorizzati.
Strettamente collegato alla problematica
evidenziata in precedenza, si pone il
problema della tariffazione delle aree delle
utenza non domestiche.
Lo scrivente ufficio applica la tariffa di
igiene ambientale e si chiede se è corretta
l’applicazione di un coefficiente di
riduzione (al max 30%) della parte variabile
della tariffa proporzionale ai quantitativi
di rifiuti speciali che il produttore ha
avviato a smaltimento/recupero attraverso
propri smaltitori (DPR 158/99 e s.m.i).
In particolare, si chiede di soffermarsi su
quali tipologie di rifiuti danno diritto, se
smaltiti a spese del produttore, alla
riduzione di cui sopra.
Infine chiede se si può applicare la
riduzione percentuale totale (100%) della
parte variabile della tariffa se l’area
produce esclusivamente rifiuti che per legge
non possono essere smaltiti attraverso il
circuito pubblico ma attraverso smaltitori
privati
(Regione Piemonte,
parere n. 88/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito sul certificato di
avvenuto smaltimento.
V. Vattani, Premesso che la nostra società è
autorizzata al deposito preliminare D15, il
produttore che ci consegna i rifiuti chiede
di sapere ogni volta il destinatario finale
e vuole un documento da quest’ultimo che
attesti l’avvenuto smaltimento. In pratica
sostiene che non sia liberato dalle
responsabilità solo con la IV copia da noi
firmata per accettazione e restituita come
da legge vigente.
Secondo Voi è legittima la richiesta?
È sufficiente la IV copia del FIR resa come
liberatoria da responsabilità? Come fa
l’impianto finale a certificare lo
smaltimento di un produttore specifico in
mezzo a tanti altri poiché proveniente da un
deposito preliminare intermedio D15?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
Un quesito sulle terre e rocce da
scavo.
V. Vattani,
Vorrei sapere se le rocce e terre da scavo,
dopo aver subito le dovute analisi, devono
obbligatoriamente viaggiare con formulario
se le stesse risultano non inquinate?
Le ditte che non hanno i dovuti spazi
all’interno dei cantieri possono chiedere a
tutt’oggi tramite Provincia le famose aree
di stoccaggio provvisorie? (link a
www.simoline.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un quesito su “disboscamenti in
sanatoria”…
V. Stefutti,
E’ possibile effettuare legalmente un cambio
di coltura da bosco a verde agricolo?
Capita infatti che, in territorio vincolato
idrogeologicamente e paesaggisticamente, si
verifichino dei cambi di coltura abusivi
tramite taglio di alberi, dissodamento del
terreno e messa a dimora di colture agricole
(generalmente vigneti). Si tratta, a tutti
gli effetti, di condotte punibili ai sensi
degli artt. art. 181 D.Lgs. 22.01.2004 n. 42
ed art. 44 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380.
Tuttavia, talune Amministrazioni paiono
ritenere sanabile il reato a seguito della
modifica all'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004,
avvenuta con D.Lgs. 24.03.2006 n. 157, che
al comma 12 richiama i cosiddetti interventi
edilizi minori, di cui all'art. 167 comma 4
e 5, consideri legittimo che i coltivatori
agricoli avviino una pratica di cambio di
coltura in sanatoria che, a fine iter,
conceda legalmente al reo quanto da lui
abusivamente ottenuto.
E questo in virtù del fatto che non si sono
create superfici utili o volumi ed
assimilando di fatto un cambio di coltura
abusivo, che può essere indifferentemente di
500 m² ma anche di 10.000 m², ad un
intervento edilizio minore. E la creazione
di una superficie agricola dove prima era
bosco, può essere assimilata alla creazione
di una superficie utile e quindi non
sanabile? (link a www.simoline.com). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO: Progressioni
automatiche ko. La commissione lavoro del
senato ha dato parere positivo alla riforma
Brunetta. Regole concorsuali per promuovere
i dipendenti.
Stop alle progressioni di carriera
automatiche dei dipendenti pubblici.
Dovranno rispondere a regole concorsuali,
per cui la collocazione in una fascia di
merito più elevata per un certo numero di
anni costituirà un titolo di merito
valutabile (cioè rilevante), ma non
prioritario come si trattasse di una
selezione per soli titoli.
La novità arriva dalle osservazioni della
Commissione lavoro al senato che ieri ha
dato parere positivo alla riforma Brunetta,
raccomandando al governo di apportare una
serie di modifiche tra cui, appunto, quella
sulle progressioni. E un segnale positivo
alla riforma applicata nei Comuni arriva dal
primo incontro del gruppo di lavoro e di
studio che si tenuto presso l'Anci.
Secondo la commissione lavoro, la riforma
Brunetta rappresenta un impegno riformatore
rilevante, anche in considerazione degli
effetti che una maggiore efficacia del
lavoro è in grado di determinare in termini
di aumento del Pil, soprattutto in questa
fase recessiva. Non solo; le misure appaiono
pure urgenti per evitare una più profonda
frattura tra il lavoro pubblico,
caratterizzato da retribuzioni più elevate
mediamente, a parità di posizioni
organizzative, e il lavoro privato.
Tra le osservazioni della commissione, cui
conseguono una serie di modifiche da
apportare al testo normativo di attuazione
della legge n. 15/2009 (la cosiddetta
riforma Brunetta), c'è quella relativa alla
progressione di carriera. In quanto preposta
al passaggio del dipendente all'area
superiore dei sistemi di progressione
professionale, secondo la commissione
dovrebbe obbedire, in aderenza alla
giurisprudenza anche costituzionale in
materia, a regole concorsuali. Per cui si
rende necessario precisare che la
collocazione nella fascia di merito più
elevata, per un certo numero di anni (cosa
che oggi consente l'automatico spostamento
ad un livello superiore), può costituire
titolo di merito valutabile, ma non anche un
titolo prioritario, come se si trattasse di
un concorso per soli titoli.
A proposito di concorsi la commissione
rileva che nel provvedimento Brunetta non è
presente alcuna disposizione di attuazione
del criterio di delegazione
sull'introduzione di strumenti che diano
garanzia di una più efficace organizzazione
delle procedure concorsuali su base
territoriale (articolo 1, comma 2, lettera
h, della legge n. 15/2009). Di conseguenza,
chiede l'inserimento di un nuovo articolo
dopo il 49 che, modificando l'articolo 35
del dlgs n. 165/2001, stabilisce che il
principio della parità di condizioni per
l'accesso ai pubblici uffici è garantito,
mediante specifiche norme del bando, con
riferimento al luogo di residenza dei
concorrenti, quando tale requisito sia
strumentale all'assolvimento di servizi
altrimenti non attuabili o almeno non
attuabili con identico risultato.
Ancora, la commissione chiede una maggiore
attenzione al principio meritocratico che è
uno spirito della riforma. In particolare,
chiede di stabilire che una quota prevalente
del trattamento accessorio sia destinata
alla remunerazione della performance
individuale del personale. Parimenti, per i
dirigenti, ritiene necessario prevedere che
i contratti collettivi individuino,
nell'ambito del totale risorse da destinare
alla retribuzione di risultato, una quota
rilevante da indirizzare alla remunerazione
delle performance individuale, al di là del
conseguimento degli obiettivi minimi fissati
contrattualmente. Ultima nota la
riorganizzazione dell'Aran. Secondo la
commissione gli organi in carica dovranno
restare operativi fino alla nuova elezione
che dovrà avvenire nei trenta giorni
successivi all'entrata in vigore della
riforma
(articolo ItaliaOggi del 25.09.20098, pag.
16). |
ENTI LOCALI:
Operazione trasparenza
circoscritta.
L'obbligo di rendere pubblici i curriculae
vitae e le retribuzioni dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni riguarda
esclusivamente i dirigenti e i segretari
comunali e provinciali. Non sono invece
soggetti a questo adempimento i dati dei
dipendenti ai quali, «negli enti privi di
dirigenza, siano attribuite a norma di legge
le relative funzioni», né quelli del
personale «che ricopre posizioni
organizzative».
Lo ha chiarito il ministero della funzione
pubblica, con una lettera indirizzata al
segretario generale dell'Anci, Angelo
Rughetti il quale aveva richiesto, a nome
dell'associazione, un parere sulla corretta
applicazione dell'operazione trasparenza
prevista dall'articolo 21 della legge n. 69
del 18.06.2009 (articolo ItaliaOggi del
22.09.2009, pag. 36). |
PUBBLICO IMPIEGO: Illecito
monitorare per mesi la navigazione Internet
in ufficio. Erano state registrati i siti
visitati, le pagine, il numero di
connessioni per nove mesi.
È illecito monitorare in modo sistematico e
continuativo la navigazione in Internet dei
lavoratori (Garante Protezione dati
personali,
newsletter 22.09.2009 n. 328 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
APPOSIZIONE DI RECINZIONI A
PROPRIETA' PRIVATA: D.I.A. O PERMESSO DI
COSTRUIRE?
1.- Concessione -
Realizzazione di muri in calcestruzzo
ringhiere e similari - Necessità - Non
sussiste.
2.- Procedimento amministrativo - Preavviso
di rigetto - Istanza di D.I.A. in sanatoria
- Sussiste.
3.- Giurisdizione amministrativa - Esclusiva
- Risarcimento danni - Onere della prova ex
art. 2967, Cod. Civ. - Sussiste.
1.-
La realizzazione di opere quali muri in
calcestruzzo, ringhiere metalliche,
recinzioni, paletti e reti (nel caso di
specie poste a protezione di un campo di
calcetto e di due campi da tennis) non sono
riconducibili nell'ambito di quelle soggette
a permesso di costruire di cui all'art. 10,
D.P.R. n. 380/2001, atteso che -per natura,
consistenza ed impatto estetico- non si
prestano ad essere qualificate "nuove
costruzioni".
Si tratta essenzialmente di "recinzioni"
che, per quanto riguarda i campi di calcetto
e da tennis, sono indiscutibilmente dirette
a consentire il corretto svolgimento delle
relative pratiche sportive (ossia ad evitare
un continuo sconfinamento della palla),
mentre, nei rimanenti casi, rivestono
un'indiscussa funzione di protezione
dell'area.
In altri termini, concretizzano interventi
che -oltre ad essere privi di impatto
volumetrico- rivestono un ruolo definibile "accessorio"
e, comunque, non incidono sulle strutture
principali.
2.-
Rispetto al provvedimento di diniego di una
D.I.A. in sanatoria non appare, che possa
essere posta in discussione l'operatività
del disposto della prescrizione di cui al
citato art. 10-bis, L. n. 241/1990 e,
dunque, l'esistenza dell'obbligo
dell'Amministrazione di comunicare
all'istante i motivi che ostano
all'accoglimento della domanda, così da
porre l'interessato nella condizione di
presentare osservazioni (nell'ambito del
provvedimento impugnato, viene genericamente
affermato che la DIA presentata dalla
ricorrente "non può essere accolta in
quanto la realizzazione di recinzioni e
frazionamenti in base alle prescrizioni di
un Piano di Lottizzazione consorziato non
sono assentibili all'interno del verde
consortile VP1". L'adozione del
provvedimento è, dunque, ricondotta
all'esistenza di prescrizioni edilizie,
inidonee -nel particolare- ad esplicitare i
motivi per i quali le opere realizzate si
pongano in contrasto con quest'ultime).
3.-
n materia di azione risarcitoria da lesione
di interesse legittimo, sul danneggiato
grava l'onere della prova ex art. 2967, Cod.
Civ., esteso a tutti gli elementi
costitutivi della pretesa, non valendo il
principio dispositivo con metodo
acquisitivo, riferibile alla sola tutela
giurisdizionale amministrativa demolitoria
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater,
sentenza 23.09.2009 n. 9240 -
link a http://mondolegale.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI - URBANISTICA: Fuori
aula il consigliere in conflitto.
L'astensione dalla
votazione di piani urbanistici da parte del
consigliere in conflitto di interessi,
obbliga quest'ultimo a uscire dalla sala
consiliare, a pena di illegittimità della
deliberazione.
Lo ha stabilito il TAR Emilia Romagna-Parma,
Sez. I,
sentenza 22.09.2009 n. 675 che
ha, appunto, annullato una deliberazione
riguardante una variante parziale al piano
regolatore generale alla quale hanno
partecipato il sindaco e alcuni consiglieri
nonostante essi o loro parenti avessero uno
specifico interesse in ordine ai terreni
interessati dai tracciati stradali oggetto
della variante.
Il TAR sancito che l'obbligo di astensione
previsto dall'articolo 78, commi 2 e 4, del
dlgs 267/2000 per i componenti del consiglio
comunale in posizione anche solo potenziale
di conflitto di interesse impedisce non solo
di partecipare alla votazione finale ed alla
discussione, ma presuppone, inoltre,
l'obbligo di allontanamento dalla seduta
prima che abbia inizio la discussione
dell'approvazione della relativa proposta di
deliberazione.
Secondo i giudici emiliani, infatti, la
presenza in aula del consigliere in
conflitto di interessi può influire
negativamente sugli esiti della votazione:
costituirebbe una sorta di turbativa sulla
serenità degli altri consiglieri comunali
sia nella fase della discussione sia nella
fase della votazione. Pertanto, anche la
sola presenza passiva del consigliere in
conflitto di interessi rende la
deliberazione viziata, in quanto viziato
sarebbe il processo di formazione della
volontà del collegio.
Si tratta di un'interpretazione estremamente
rigorosa dell'articolo 78 del dlgs 276/2000,
che però non è esente da problemi e rilievi
critici.
Il legislatore del 1999 ha abolito l'obbligo
di uscire dall'aula. La reintroduzione di
tale vincolo per via interpretativa
giurisprudenziale, qualunque possano essere
i giudizi sull'opportunità che
effettivamente il consigliere esplichi la
minore influenza possibile sul collegio,
appare debole, perché non tiene conto dei
principi della successione delle leggi nel
tempo, in omaggio ai quali se una norma più
recente cancella un precetto di una
disposizione precedente, tale precetto è da
considerare non più operante
(articolo ItaliaOggi del
26.09.2009, pag.
35). |
EDILIZIA PRIVATA: Proprietario
responsabile della sicurezza degli operai in
casa. Chi si avvale non di una ditta ma di
un singolo lavoratore deve adottare le norme
antinfortunistiche.
Chi utilizza per ristrutturare il proprio
appartamento un operaio e non una impresa
specializzata è tenuto al rispetto delle
norme antinfortunistiche ed alla vigilanza
sulla sicurezza del lavoratore, ed in caso
di morte di quest’ultimo rischia una
condanna per omicidio colposo (Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 21.09.2009 n. 36581 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
APPALTI SERVIZI: Nelle
gare conta il curriculum. Il Consiglio di
stato interpreta la giurisprudenza
comunitaria in materia di valutazione delle
offerte. Legittimo valutare elementi
soggettivi del concorrente.
In sede di valutazione delle offerte di un
appalto è legittimo valutare elementi
soggettivi del concorrente, legati ai
servizi analoghi già svolti, se essi sono
strettamente attinenti all'oggetto
dell'appalto e se consentono una valutazione
sulla qualità della prestazione che dovrà
essere fornita; l'avvalimento al 100% non è
ammesso.
È quanto afferma, interpretando la
giurisprudenza comunitaria, il Consiglio di
Stato, Sez. VI, con la
sentenza del 18.09.2009 n. 5626
rispetto ad una gara di appalto per la
valorizzazione e manutenzione di aree a
verde.
Il bando chiedeva la qualificazione Soa
nella categoria Os 24, ma precisava che
avrebbe costituito elemento valutativo
dell'offerta l'iscrizione nella categoria
«Os25: Scavi archeologici», trattandosi per
la quasi totalità di interventi sui parchi
archeologici di Roma (Palatino Foro Romano,
Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe
Latine, Terme di Caracolla).
Per il Consiglio di Stato si trattava quindi
di valutare se la scelta
dell'amministrazione (che premia il possesso
della Os 25 in sede di valutazione delle
offerte) fosse legittima, anche alla luce
della giurisprudenza della Corte di
giustizia che ha tenuto sempre ben separate
le fasi della qualificazione alla gara e
della valutazione delle offerte, vietando
l'utilizzo di elementi soggettivi in fase di
aggiudicazione.
A tale proposito i giudici danno conto di
due orientamenti: un primo filone
che, passando attraverso una rigida
interpretazione letterale dei principi
enunciati in sede comunitaria, ritiene
illegittima ogni commistione tra elementi
propri dell'offerta e requisiti di capacità
dell'offerente; un secondo per il
quale legittimamente l'Amministrazione
appaltante può, nel bando di gara,
privilegiare le imprese che abbiano svolto
attività identiche a quella oggetto
dell'appalto, attribuendo loro uno specifico
punteggio utile ai fini dell'aggiudicazione.
In questo caso lo svolgimento di servizi
analoghi a quelli oggetto della gara può
costituire un adeguato indice rilevatore
dell'affidabilità e quindi della «qualità».
La sentenza sposa quest'ultimo orientamento
legittimando l'utilizzo di elementi di
carattere soggettivo legittimo, nella misura
in cui questi aspetti dell'attività
dell'impresa possano illuminare la qualità
dell'offerta e siano strettamente legati
all'oggetto dell'appalto. Si deve trattare,
in altre parole, di «elementi attinenti
alle imprese concorrenti che si riverberano,
senza incertezze (e purché ad essi non sia
attribuito un peso, in termini di punteggio,
preponderante) sulla qualità del servizio
oggetto della procedura evidenziale».
Ecco, allora, che lo svolgimento di servizi
analoghi (svolti nell'ambito archeologico) a
quelli oggetto della gara può costituire un
adeguato indice rilevatore dell'affidabilità
e quindi della «qualità»; altro
sarebbe se vi fosse un riferimento al
pregresso limitato ai soli aspetti
quantitativi perché si introdurre un «fattore
limitativo della concorrenza sfavorendo
l'entrata sul mercato nuovi imprenditori».
Dalla sentenza risulta quindi del tutto
legittimato l'elemento del «merito
tecnico» utilizzato nella valutazione
degli aspetti «professionali e tecnici»
dell'offerta, sia nel dpr 554/1999, sia
nello schema di regolamento del Codice.
La sentenza affronta poi anche il profilo
dell'avvalimento rispetto al merito tecnico,
affermando che «l'istituto dell'avvalimento,
quale disciplinato dall'art. 49, dlgs n. 163
del 2006, non può consentire la surroga
assoluta nei requisiti attinenti
all'imprenditore che partecipa alla gara”.
Viceversa la ratio dell'istituto è
quella di operare, sul piano dell'esecuzione
dei lavori o del servizio, agli effetti
dell'integrazione dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico ed
organizzativo.
È quindi legittimo, dice la sentenza, che
una amministrazione, constatato che
l'avvalente possedeva ex se tutti i
requisiti partecipativi, ha escluso che si
potesse ricorrere all'avvalimento per
giovarsene sotto il profilo dell'incremento
del punteggio concernente il merito tecnico
(articolo ItaliaOggi del 25.09.2009, pag.
15). |
APPALTI:
Sulla possibilità per
l'amministrazione di disporre l'esclusione
di offerte che presentino all'evidenza
aspetti di inattendibilità.
In capo all'Amministrazione residua sempre,
a prescindere da una regola esterna dettata
da disposizioni di legge, di regolamento o
rinvenibile nel bando di gara, un margine di
discrezionalità tecnica che, nel prudente
apprezzamento della stazione appaltante, può
investire le componenti dell'offerta nella
loro serietà e congruità -in relazione
all'oggetto della gara ed alle modalità di
esecuzione del contratto- e che consente di
disporre l'esclusione di offerte che
presentino all'evidenza aspetti di
inattendibilità.
Una mancanza per dir così strutturale, in
quanto connessa all'intero svolgimento del
servizio, ben difficilmente può essere
superata attraverso una richiesta
integrativa da parte della Commissione, che
finirebbe per conculcare, per altra via, il
principio della par condicio dei
partecipanti alla procedura (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2009 n. 5597 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla verifica dell'anomalia
dell'offerta.
L'anomalia dell'offerta impone una fase di
contraddittorio con l'impresa. In base a
tale parametro non v'è dubbio che una
esclusione dalla gara sulla sola base
dell'anomalia dell'offerta non sottoposta a
verifica in alcun modo e senza che il
concorrente abbia modo di presentare le
proprie giustificazioni si porrebbe in
evidente contrasto con le indicazioni sopra
richiamate.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione
paradigmatica di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2009 n. 5589 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'ordinanza comunale di
annullamento della rilasciata concessione
edilizia non può prescindere da una congrua
e adeguata istruttoria, di cui dar conto in
motivazione.
In via generale, va posto in rilievo che,
trattandosi di un provvedimento incidente
sulla sfera giuridica della ricorrente,
atteso l’interesse della stessa e
l’affidamento sulla legittimità di un titolo
autorizzatorio precedentemente ottenuto,
tale nuova determinazione
dell’Amministrazione avrebbe dovuto essere
adeguatamente assistita da idonea
istruttoria e conseguente motivazione in
relazione alla posizione soggettiva protetta
ad essa riferibile.
Del resto, va osservato che tale obbligo ha
un contenuto preliminare e procedimentale e
rileva prima e a prescindere dalle posizioni
sostanziali, trovando il suo riferimento
normativo nel principio di buona
amministrazione e correttezza cui la P.A.
deve uniformare la sua azione e rispetto al
quale sorge, per il privato, una legittima
aspettativa a conoscere il contenuto, gli
atti istruttori presupposti e i motivi
dell’atto che si intende adottare e che
particolarmente lo riguarda (cfr. ex
multis, Tar Piemonte, sez. II,
03.06.2008, n. 1253; Tar Lazio, Roma, sez.
II, 05.05.2009, n. 4613).
Per di più non va sottaciuto che la
rilevazione di un abuso del titolo
autorizzatorio (in disparte, nella specie,
la contraddittorietà con l’altro presupposto
contenuto nell’ordinanza, e non chiarito,
dell’asserito contrasto della concessione
edilizia con le prescrizioni degli strumenti
urbanistici attuativi) non può prescindere
da una congrua e adeguata istruttoria, di
cui dar conto in motivazione al fine di
evidenziare le circostanze di fatto
dimostrative dell’intervento da parte
dell’interessato in contrasto con quanto
assentito e i motivi di diritto a sostegno
dell’atto adottato.
In tal senso depone l’art. 3, comma 1, della
Legge n. 241 del 1990, secondo cui l’atto
amministrativo deve recare l’indicazione dei
presupposti e delle ragioni giuridiche che
ne hanno determinato l’adozione, in
relazione alle risultanze dell’istruttoria,
con la conseguenza che sussiste il difetto
di motivazione quando non è possibile
ricostruire il percorso logico giuridico
seguito dall’Autorità emanante e non
appaiono evidenti e chiare le ragioni
sottese alla determinazione assunta,
impedendo al destinatario dell’atto un
corretto esercizio del diritto di difesa.
Peraltro, va posto in rilievo che il privato
coinvolto nel procedimento, il quale ha
esposto le proprie ragioni al fine di
contrastare la sospensione degli effetti di
un provvedimento autorizzatorio già
assentito (nella specie, per confermare la
validità della concessione edilizia e del
progetto o per suggerire eventualmente
soluzioni alternative) ha diritto di
conoscere compiutamente, con adeguata
motivazione, se si frappongono ostacoli alla
sua pretesa e se le osservazioni proposte
siano accolte o respinte ed è necessario che
di tale valutazione resti traccia nella
motivazione del provvedimento finale (cfr.
da ultimo, Tar Puglia, Lecce, sez. I,
26.02.2009, n.364); diversamente,
contrariamente ad ogni ragionevole logica,
la funzione di intervento del privato nel
procedimento resterebbe senza una risposta e
ciò renderebbe del tutto sterile e senza
conseguenze il principio posto dall’art. 7
della legge n. 241 del 1990
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 17.09.2009 n. 8906 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
QUANDO LA FORMA EQUIVALE ALLA
SOSTANZA.
1. Bando -
Interpretazione - Regole formali -
Osservanza - Necessarietà - Ragioni.
2. Criteri e principi - Massima
partecipazione - Non è invocabile - Casi -
Ragioni.
1.
Allorquando la normativa di gara preveda
l'esclusione dalla procedura selettiva per
l'inosservanza di previsioni anche di
carattere solo formale, la stazione
appaltante è tenuta al rispetto delle norme
a cui si è autovincolata e che essa stessa
ha emanato sulla base di un giudizio
discrezionale d'utilità procedimentale;
peraltro il rispetto delle norme discende
dall'imperatività delle stesse (nella
specie, non era stata rispettata la
specifica formalità di apposizione del
timbro di congiunzione tra i fogli della
documentazione presentata, come stabilito
dal bando di gara che prevedeva l'esclusione
dalla procedura selettiva per l'inosservanza
di previsioni anche di carattere solo
formale) (Cons. Stato, sez. V, 19-02-2008 n.
567; Cons. Stato, sez. IV, 30-12-2006 n.
8262; TAR Campania Salerno, sez. I,
14-01-2007 n. 747; TAR Campania Salerno,
sez. I, 09-10-2008 n. 3389).
2.
Il potere d'integrazione documentale
(riconosciuta da diverse norme e, da ultimo,
dall'art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), quando
riguardi dichiarazioni o documenti la cui
presentazione è imposta dalla lex
specialis a pena di esclusione, deve
arrestarsi se violi la par condicio dei
concorrenti e costituisca un mezzo per
supplire all'omissione del partecipante, con
l'ulteriore conseguenza che in tali ipotesi
non è invocabile il principio del favor
participationis (Cons. Stato, sez. V,
25-06-2007 n. 3645; TAR Sardegna, sez. I,
23-06-2008 n. 1253) (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 4975 -
link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Qualsiasi
soggetto abitante nel Comune (nella medesima
zona) ha il diritto di accesso ai titoli
abilitativi rilasciati in materia edilizia,
riconoscendo in tali ipotesi la sussistenza
di un interesse personale e concreto per la
tutela di situazioni giuridiche rilevanti.
L’art. 31 della l. 17.08.1952 n. 1150, come
sostituito dall’art. 10 della l. 06.08.1967
n. 765, riconosce a “chiunque” la
possibilità di prendere visione presso gli
uffici comunali della licenza edilizia e dei
relativi atti di progetto nonché di
ricorrere contro il rilascio del titolo
abilitativo in quanto in contrasto con le
disposizioni di legge o di regolamento o con
le previsioni di piano regolatore generale e
dei piani particolareggiati di esecuzione.
Richiamandosi alla predetta disposizione, la
giurisprudenza amministrativa ha
riconosciuto a qualsiasi soggetto abitante
nel Comune (nella medesima zona) il diritto
di accesso ai titoli abilitativi rilasciati
in materia edilizia, riconoscendo in tali
ipotesi la sussistenza di un interesse
personale e concreto per la tutela di
situazioni giuridiche rilevanti (Consiglio
di Stato Sez. V 23.05.1997 n. 549; Tar
Puglia, Bari Sez. II 29.08.1996 n. 478; Tar
Lazio, Roma sez. II-bis 16.01.1998 n. 82;
Tar Lazio, Roma Sez. II 31.10.2000 n. 8813).
Ancorché la disposizione sopra richiamata
non sia stata riprodotta nel Testo Unico
delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, approvato
con il D.P.R. 06.06.2001 n. 380, essa denota
inequivocabilmente il favore espresso dal
legislatore in ordine al più ampio
riconoscimento dell’accesso documentale
nonché della connessa tutela giurisdizionale
nel settore della attività edilizia privata
e risponde alla esigenza di assicurare,
oltre che la tutela di situazioni giuridiche
soggettive dei singoli consociati, il
rispetto del superiore interesse pubblico al
corretto sviluppo edilizio del territorio,
arginando il deprecabile fenomeno
dell’abusivismo.
Nel caso di
specie, vengono in rilievo, sotto il profilo
normativo, l’art. 10, comma 2, del d.lgs.
18.08.2000 n. 267 (T.U. sull’ordinamento
degli EE.LL.), che riconosce espressamente
il diritto dei cittadini, singoli ed
associati, di accedere agli atti
amministrativi, rinviando alle fonti
regolamentari dei singoli Enti la disciplina
delle modalità di accesso, l’art. 25, comma
II, della legge 07.08.1990 n. 241 e s.m..i.,
che precisa che la richiesta di accesso ai
documenti deve essere motivata, l’art. 24
della medesima legge, che, nel disciplinare
le ipotesi di esclusione del diritto di
accesso, dispone, al comma VII, che “deve
comunque essere garantito ai richiedenti
l’accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o
difendere i propri interessi giuridici”
ed, infine, l’art. 2, comma I, del D.P.R.
12.04.2006 n. 184 (“Regolamento recante
disciplina in materia di accesso ai
documenti amministrativi”), a norma del
quale il diritto di accesso, sia nella forma
della presa visione che in quella di
estrazione di copia, è esercitabile “da
chiunque vi abbia un interesse diretto,
concreto ed attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e
collegata al documento al quale è richiesto
l’accesso”.
Alla luce delle disposizioni normative sopra
richiamate, non può essere fondatamente
revocata in dubbio la sussistenza di un
interesse concreto ed attuale della
ricorrente alla ostensione di alcuni degli
atti oggetto della richiesta di accesso
presentata. Ancorché la proprietà della
ricorrente non sia propriamente confinante
con quella dei Sigg.ri Carulli-Pastore,
emerge, per tabulas, che detta proprietà
insiste nella medesima zona nella quale è
collocato anche l’immobile di proprietà dei
controinteressati. Conseguentemente non può
essere denegato l’interesse, giuridicamente
differenziato e qualificato, della
ricorrente alla ostensione dei titoli
abilitativi richiesti o rilasciati ai
proprietari dell’area limitrofa, al fine di
verificarne la legittimità ed azionare, se
del caso, i rimedi, amministrativi o
giurisdizionali, previsti dall’ordinamento
giuridico
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 2121 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
rilascio dei certificati di destinazione
urbanistica non può avvenire nelle forme del
diritto di accesso.
Il certificato di destinazione urbanistica è
stato introdotto dall’art. 8 del d.l.
23.01.1982 n. 9 (Norme per l’edilizia
residenziale e provvidenze in materia di
sfratti), convertito, con modificazioni, con
la l. 25.03.1982 n. 94, che, al comma 9,
riconosce la legittimazione alla richiesta
di rilascio del suddetto certificato “a
chi abbia titolo alla concessione edilizia”.
Successivamente l’art. 18, comma 2, della l.
28.02.1985 n. 47, ora trasfuso nell’art. 30
del D.P.R. n. 380/2001, ha imposto l’obbligo
formale di allegazione dei certificati di
destinazione urbanistica agli atti tra vivi,
sia in forma pubblica, sia in forma privata,
aventi ad oggetto il trasferimento, la
costituzione o lo scioglimento della
comunione di diritti reali su terreni,
sanzionandone la violazione con la nullità
insanabile dell’atto e con l’impossibilità
di procederne alla trascrizione nei pubblici
registri immobiliari.
Il certificato di destinazione urbanistica
contiene la indicazione della vocazione
(agricola o edificatoria) di un determinato
terreno, in base alla strumentazione
urbanistica vigente, con la specificazione
di tutte le relative prescrizioni
urbanistiche ed edilizie; esso è redatto e
rilasciato dagli uffici tecnici comunali, a
specifica richiesta di soggetto
giuridicamente legittimato (di regola,
proprietario, titolare di altro diritto
reale, possessore dell’entità immobiliare
interessata alla richiesta), previo
versamento di particolari oneri (imposta di
bollo, diritti di segreteria).
Il certificato di destinazione urbanistica
rientra, dunque, nella categoria degli atti
di certificazione, redatti da pubblico
ufficiale, aventi carattere dichiarativo o
certificativo del contenuto di atti pubblici
preesistenti (Consiglio di Stato, Sez. V
25.09.1998 n. 1328).
In relazione alla sua qualificazione
giuridica, il certificato di destinazione
urbanistica non può essere sussunto nella
categoria del “documento amministrativo”,
così come definito dall’art. 22, lett. “d”,
della l. n. 241/1990 e s.m.i., in materia di
accesso agli atti (“ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie
del contenuto di atti, anche interni o non
relativi ad uno specifico procedimento,
detenuti da una pubblica amministrazione e
concernenti attività di pubblico interesse,
indipendentemente dalla natura pubblicistica
o privatistica della loro disciplina
sostanziale”), costituendo l’esercizio
di una funzione dichiarativa o certificativa
sulla base degli atti di strumentazione
urbanistica.
Ne consegue che, il rilascio dei certificati
di destinazione urbanistica non può avvenire
nelle forme del diritto di accesso, ma
secondo le specifiche fonti normative,
legislative e regolamentari, che
precipuamente riguardano tali tipi di atti
amministrativi
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 2121 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INSTALLAZIONE CARTELLI LUNGO LE
STRADE.
1- Demanio e patrimonio
- Stradale - Impianti e segnali stradali -
Distinzione - Installazione - Enti
competenti.
2- Demanio e patrimonio - Stradale - Segnali
turistici e di territorio - Installazione -
Spetta al Comune - Ratio - Fattispecie.
3- Demanio e patrimonio - Stradale - Segnali
turistici e di territorio - Requisiti -
Installazione - Soggiacciono al regime
autorizzatorio degli impianti pubblicitari.
1-
Il Codice della Strada ed il regolamento di
esecuzione ripartiscono le competenze
distinguendo chiaramente gli impianti
pubblicitari dai segnali stradali (1). Ai
sensi dell'art. 23 co. 4, D.Lgs. n. 285/1992
"La collocazione dei cartelli e di altri
mezzi pubblicitari lungo le strade o in
vista di esse è soggetta in ogni caso ad
autorizzazione da parte dell'ente
proprietario della strada. Nell'interno dei
centri abitati la competenza è dei comuni,
salvo il preventivo nulla osta tecnico
dell'ente proprietario se la strada è
statale, regionale o provinciale". Al co.
5, si precisa che "Quando i cartelli e
gli altri mezzi pubblicitari collocati su
una strada sono visibili da un'altra strada
appartenente ad ente diverso,
l'autorizzazione è subordinata al preventivo
nulla osta di quest'ultimo".
Invece, a mente dell'art. 37 co. 1 del
Codice della Strada l'apposizione della
segnaletica spetta: "a) agli Enti
proprietari delle strade, fuori dei centri
abitati; b) ai Comuni, nei centri abitati,
compresi i segnali di inizio e fine del
centro abitato, anche se collocati su strade
non comunali; c) al Comune, sulle strade
private aperte all'uso pubblico e sulle
strade locali".
In buona sostanza, mentre l'art. 37 riserva
espressamente agli Enti proprietari delle
strade l'apposizione e la manutenzione della
segnaletica stradale -alla luce dei
preminenti interessi pubblici sottesi alla
funzione espletata- gli artt. 23 e 26
delineano un regime autorizzatorio per
l'installazione degli impianti pubblicitari,
attribuendo agli Enti proprietari la
competenza al rilascio dei titoli
abilitativi (2).
(1) TAR Lombardia Brescia 27-11-2008 n.
1701.
(2) Cons. Stato, sez. V, 29-01-2003 n. 466.
---------------------
2-
I segnali turistici e di territorio sono
contemplati dall'art. 39, co. 1, lett. h),
del Codice della Strada nell'ambito dei
segnali verticali di indicazione. Il
servizio in questione deve essere ascritto a
quelli riservati ai Comuni dall'art. 37 e
tale conclusione è confermata dalla
disposizione di cui all'art. 134, co. 3, del
regolamento di esecuzione -il quale
introduce la possibilità che i segnali
turistici e di territorio vengano installati
da soggetti diversi dall'Ente proprietario
della strada- atteso che tale previsione
rinvia ad ipotesi specifiche in cui
l'apposizione compete ad un altro soggetto
pur sempre pubblico (3).
In buona sostanza è inibito l'accesso
diretto dei privati all'attività
considerata, poiché la titolarità della
funzione è attribuita dalla legge in capo al
Comune. Se dunque i cartelli stradali in
argomento rispondono al bisogno collettivo
di garantire agli utenti della strada
indicazioni utili per la guida e la
circolazione (4), ne deriva che nella,
fattispecie esaminata, le istanze
-provenienti dalla Società ricorrente-
potevano esclusivamente essere vagliate come
richieste di autorizzazione ex art. 23,
tenuto conto che il riferimento nominativo a
determinate imprese assolve indirettamente
anche una finalità pubblicitaria.
(3) TAR Lombardia Milano, sez. III,
20-12-2004 n. 6490.
(4) TAR Campania Napoli, sez. II, 20-07-2007
n. 6888.
--------------------
3-
I segnali stradali che non indicano né un
sito turistico (naturale, museale), né un
percorso turistico (tipo "la strada dei
vini" e simili) non appartengono al "genus"
dei segnali turistici e di territorio (né
tantomeno ai segnali di direzione ex artt.
39, Cons. Stato e 128, D.P.R. n. 495/1992) e
soggiacciono, viceversa e in linea generale,
all'ordinario regime autorizzatorio per
l'installazione degli impianti pubblicitari.
In particolare, nel caso in esame e con
riferimento alla normativa regolamentare
vigente (e qui incontestata) nel Comune, gli
stessi segnali rientrano nella nozione di
preinsegna, dettata dall'art. 12 delle NTA,
il quale -tra l'altro- al co. 2 ne esclude
la localizzazione all'interno del centro
abitato (TAR Lomnardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 1705 -
link a http://mondolegale.it). |
URBANISTICA: E'
legittimo il provvedimento del comune con il
quale viene ordinata la sospensione della
lottizzazione e l'immediata interruzione di
ogni opera edilizia sui lotti, nell'ipotesi
in cui si verificano le condizioni previste
dall'art. 18, L. n. 47 del 1985.
Secondo l’art. 18 della legge n. 47/1985: “Si
ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo
edificatorio quando vengono iniziate opere
che comportino trasformazione urbanistica od
edilizia dei terreni stessi in violazione
delle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, vigenti o adottati, o comunque
stabilite dalle leggi statali o regionali o
senza la prescritta autorizzazione; nonché
quando tale trasformazione venga predisposta
attraverso il frazionamento e la vendita, o
atti equivalenti, del terreno in lotti che,
per le loro caratteristiche, quali la
dimensione in relazione alla natura del
terreno e alla sua destinazione secondo gli
strumenti urbanistici, il numero,
l’ubicazione o la eventuale previsione di
opere di urbanizzazione ed in rapporto ad
elementi riferiti agli acquirenti, denuncino
in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio”.
Quindi, si ha lottizzazione abusiva sia nel
caso in cui vengano iniziate opere che
comportino trasformazione urbanistica o
edilizia dei terreni in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici,
sia allorquando tale trasformazione venga
predisposta attraverso il frazionamento o la
vendita del terreno in lotti che, per le
loro caratteristiche ed in rapporto ad
elementi riferiti agli acquirenti, denuncino
in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 1532 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Interventi precari.
In materia edilizia, il requisito della
precarietà non può essere collegato al
carattere di stabilità temporanea,
soggettivamente attribuito alla costruzione,
ma va individuato in relazione all’oggettiva
e intrinseca destinazione dell’opera stessa,
sicché non può operare la normativa
regionale sugli insediamenti stagionali
precari né l’autorizzazione comunale postuma
rilasciata in violazione delle norme
giuridiche di riferimento (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.09.2009 n. 35207 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI: In
materia di contratti della pubblica
amministrazione è sufficiente che
l'adempimento formale imposto al concorrente
venga limitato al lembo della busta che
viene chiuso da chi la utilizza, con
esclusione dei lembi preincollati dal
fabbricante.
In
materia di contratti della pubblica
amministrazione, per lembo di chiusura di un
plico deve intendersi il lembo ancora
aperto, costituente l'imboccatura della
busta stessa e soggetto ad operazione di
chiusura a sé stante, che va ad aggiungersi
a quelli già chiusi dal fabbricante del
plico stesso mediante operazione di
preincollatura, sicché è sufficiente che
l'adempimento formale imposto al concorrente
venga limitato al lembo della busta che
viene chiuso da chi la utilizza, con
esclusione dei lembi preincollati dal
fabbricante (cfr. TAR Campania Napoli, sez.
I, 12.09.2008, n. 10097; TAR Molise,
01.07.2008, n. 651; TAR Valle d'Aosta Aosta,
11.07.2007, n. 91; Consiglio Stato, sez. VI,
04.06.2007, n. 2946, Sez. V, 20.09.2005 n.
4856, Sez. IV, 12.06.2002, n. 3269; TAR
Sardegna, 19.05.2003 n. 627)
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 11.09.2009 n. 1391 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Deposito temporaneo.
Perché possa configurarsi l’ipotesi del
deposito temporaneo, lecito, di rifiuti
devono essere rispettate tutte le condizioni
richieste dall’art. 183, comma primo, lett.
m), del D.Lgs. n. 152/2006, che riproducono
le analoghe disposizioni dell’art. 6, primo
comma, lett. m), del D.Lgs. n. 22/2097.
In particolare, il deposito deve essere
effettuato nel luogo di produzione dei
rifiuti, nonché per categorie omogenee di
materiali e nel rispetto delle relative
norme tecniche (punto 4). In mancanza, la
condotta posta in essere integra le
fattispecie di reato previste dall’art. 256,
commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 152/2006 (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.09.2009 n. 35139 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rifiuti. Reflui stoccati in
attesa di successivo smaltimento.
Sono escluse dall’applicazione della
disciplina sui rifiuti esclusivamente le
acque di scarico e cioè quelle acque che
vengono immesse direttamente nel suolo, nel
sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la
definizione di cui all’art. 74, comma primo
lett. ff), del D.Lgs. n. 152/2006, come
sostituito dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4),
mediante una condotta o un sistema stabile
di collettamento, mentre in ogni altro caso
in cui i reflui vengano stoccati in attesa
di un successivo smaltimento gli stessi
devono essere qualificati quali rifiuti allo
stato liquido e sono, pertanto, soggetti
alla disciplina di cui all'art. 256 del
D.Lgs. n. 152/2006 (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 10.09.2009 n. 35138 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Scarico in pubblica
fognatura di acque reflue equiparate a
quelle domestiche.
Mentre l’immissione, secondo la definizione
di cui all‘art. 74, comma primo, lett. ff),
del D.Lgs n. 152/2006, come modificato
dall’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 4/2008,
di acque reflue domestiche in pubblica
fognatura senza la prescritta
autorizzazione, è punita con sanzione
amministrativa, ai sensi dell’art. 133,
comma secondo, del D.Lgs n. 152/2006,
l’immissione di acque reflue industriali è
prevista come reato dall’ari. 137, comma
primo, del medesimo decreto legislativo.
Costituiscono, inoltre, "acque reflue
industriali", ai sensi dell’art. 74,
comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 152/2006,
come sostituito dall’art. 2, comma 1, del
D.Lgs. n. 4/2008 "qualsiasi tipo di acque
reflue scaricate da edifici od impianti in
cui si svolgono attività commerciali o di
produzione di beni diverse dalle acque
reflue domestiche e dalle acque meteoriche
di dilavamento".
Tanto premesso, ai sensi dell’art. 101,
comma 7, lett. e), del D.Lgs n. 152/2006,
sono equiparate alle acque reflue domestiche
le acque "aventi caratteristiche
qualitative equivalenti a quelle domestiche
e indicate dalla normativa regionale",
sicché l’immissione in pubblica fognatura di
tali acque, senza la prescritta
autorizzazione, è punita con sanzione
amministrativa (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 10.09.2009 n. 35137 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Trasferimento impianto.
Effettivamente l’autorizzazione al
trasferimento dell’impianto, la cui carenza
era sanzionata, dall’art. 25, comma 6, del
DPR n. 203/1988, deve essere riferita
all’ipotesi di impianti già muniti di
autorizzazione, palesandosi irrazionale la
prescrizione del mero ottenimento
dell’autorizzazione al trasferimento in
relazione ad impianti che vengono utilizzati
illecitamente e continuerebbero ad essere
utilizzati senza l’autorizzazione alle
emissioni in atmosfera.
Deve essere, però, anche osservato che il
trasferimento dell’impianto in un luogo
diverso determina un’interruzione della
permanenza nella commissione del reato,
sicché l’esercizio dell’impianto, dopo il
trasferimento, si configura quale nuova
commissione dell’attività illecita, sia pure
legata dal vincolo della continuazione con
quella interrotta dal trasferimento
dell’impianto (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 10.09.2009 n. 35135 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Veicoli fuori uso.
I veicoli fuori uso sono classificati come
rifiuti pericolosi (codice CER 160104)
allorché non siano stati bonificati mediante
la eliminazione dei materiali inquinanti.
Peraltro, vanno qualificati come veicoli
fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi
dell’ari. 3, primo comma, lett. b), del
D.Lgs. 24.06.2003 n. 309 i veicoli a fine
vita, indipendentemente dal fatto che gli
stessi siano ancora muniti di targa, di cui
il detentore si sia disfatto, ovvero abbia
deciso o abbia l’obbligo di disfarsi (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.09.2009 n. 35134 -
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URBANISTICA:
POTERI DISCREZIONALI
DELL’AMMINISTRAZIONE IN AMBITI URBANISTICI.
1- Destinazione uso –
Destinazione di singole aree non necessitino
di apposita motivazione – Scelte
discrezionali dell’Amministrazione –
Motivazione degli strumenti urbanistici
generali – Non è necessaria – Eccezioni -
Ratio.
2- Programmi urbani complessi –
Partecipazione dei privati – Osservazioni -
Natura.
1-
Le scelte discrezionali dell'amministrazione
riguardo alla destinazione di singole aree
non necessitino di apposita motivazione,
oltre a quella che si può evincere dai
criteri generali -di ordine
tecnico-discrezionale- seguiti
nell'impostazione del piano stesso
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n.
24/1999; Sez. IV, n. 2639/2000; n. 245/2000;
n. 1943/1999; n. 887/1995), essendo
sufficiente l'espresso riferimento alla
relazione di accompagnamento al piano
regolatore generale, salvo che particolari
situazioni non abbiano creato aspettative o
affidamenti in favore di soggetti le cui
posizioni appaiano meritevoli di specifiche
considerazioni (Consiglio di Stato, Sez. VI,
n. 173/2002; Sez. IV, n. 6917/2002 e
2899/2002).
Le evenienze che giustificano una più
incisiva e singolare motivazione degli
strumenti urbanistici generali sono state
ravvisate dalla giurisprudenza (Consiglio di
Stato, Adunanza Plenaria, citata):
a) nel superamento degli standards minimi di
cui al d.m. 02.04.1968, con l'avvertenza che
la motivazione ulteriore va riferita
esclusivamente alle previsioni urbanistiche
complessive di sovradimensionamento,
indipendentemente dal riferimento alla
destinazione di zona di determinate aree;
b) nella lesione dell'affidamento
qualificato del privato – convenzioni di
lottizzazione, accordi di diritto privato
intercorsi fra il Comune e i proprietari
delle aree, aspettative nascenti da
giudicati di annullamento di dinieghi di
concessione edilizia o di silenzio rifiuto
su domanda di concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria
citata);
c) nella modificazione in zona agricola
della destinazione di un'area limitata,
interclusa da fondi edificati in modo non
abusivo (Consiglio di Stato, Sez. IV, numero
594/1999).
Le scelte effettuate dall'amministrazione in
sede di adozione-approvazione del piano
regolatore generale o di sue varianti
costituiscono apprezzamento di merito o,
comunque, espressione di ampia potestà
discrezionale, sottratto al sindacato di
legittimità salvo che non siano inficiate da
errori di fatto o abnormi illogicità
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 21.05.2007, n.
2571).
2-
Le osservazioni dei privati ai progetti di
strumenti urbanistici sono un mero apporto
collaborativo alla formazione di detti
strumenti e non danno luogo a peculiari
aspettative, con la conseguenza che il loro
rigetto non richiede una specifica
motivazione, essendo sufficiente che esse
siano state esaminate e ritenute in
contrasto con gli interessi e le
considerazioni generali poste a base della
formazione del piano (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 07.07.2008, n. 3358) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.09.2009 n. 4646 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Responsabilità del direttore dei
lavori.
In tema di responsabilità del direttore dei
lavori, l'art. 29 del TU edilizia con il
riferimento al fatto che la comunicazione
deve essere motivata, impone la forma
scritta.
Del resto la ratio della norma che
impone la forma scritta della comunicazione
delle violazioni e della rinuncia al fine di
evitare equivoci e di chiarire la definitiva
dissociazione del Direttore dei lavori,
garante della regolare esecuzione dei
lavori, dalle violazioni edilizie, viene
evidenziata proprio in fattispecie come
quella in esame, dove la successiva
richiesta di approvazione di varianti e la
domanda di concessione in sanatoria è stata
motivatamente interpretata dalla Corte di
merito come una conferma sostanziale
dell’incarico ricevuto con il superamento
delle pregresse generiche contestazioni
verbali (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 09.09.2009 n. 34879 -
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EDILIZIA PRIVATA: L'autorizzazione
rilasciata ai sensi dell'art. 87 del codice
delle comunicazioni non costituisce titolo
abilitativo aggiuntivo rispetto a quello
richiesto dal t.u. delle disposizioni in
materia edilizia.
In base al recente e prevalente insegnamento
giurisprudenziale:
- l'autorizzazione rilasciata ai sensi
dell'art. 87 del codice delle comunicazioni
(d.lgs n. 259 del 2003) non costituisce
titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a
quello richiesto dal t.u. delle disposizioni
in materia edilizia, ma assorbe in sé e
sintetizza ogni valutazione
urbanistico-edilizia (cfr. Consiglio di
Stato VI, 17.10.2008 n. 5044);
- ai Comuni non spetta disciplinare, nei
loro regolamenti, l’installazione di
impianti di telefonia mobile con limitazioni
o divieti generalizzati e tali da non
consentire una diffusa localizzazione sul
territorio del servizio pubblico relativo,
quando tale potere sia rivolto ad aspetti
collegati con la salute umana, dal momento
che siffatte esigenze sono valutate dagli
organi statali a ciò deputati; al Comune è
consentito solo, con disposizione innovativa
rispetto alle precedenti competenze in
materia urbanistica, dettare prescrizioni
volte a "minimizzare l’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici"
(art. 8, comma 6, legge n. 36 del 2001); a
tale scopo può prevedere siti sensibili,
quali scuole o ospedali, ma non può
estendere siffatti siti a intere zone del
territorio comunale, in conformità anche
alla circolare regionale n. 12 del 2001 la
quale aveva precisato che i Comuni potevano
escludere dalla localizzazione "singoli
edifici sensibili" purché fosse prevista una
localizzazione alternativa "compatibile con
il funzionamento della telefonia che deve
essere garantito" (cfr. Consiglio di
Stato, VI 19.06.2009 n. 4056);
- le verifiche di compatibilità edilizia e
urbanistica delle infrastrutture di
comunicazioni elettroniche vanno svolte nel
corso del procedimento disciplinato
dall’art. 87 d.lgs. n. 259/2003 ed escludono
la necessità di un autonomo permesso
comunale di costruire (cfr. C.S., VI,
28.02.2006, n. 889 e 27.10.2006, n. 6439).
- il titolo abilitativo per gli impianti di
telefonia mobile si costituisce in forza di
DIA o per silenzio assenso decorsi 90 giorni
dalla presentazione del progetto senza che
sia nelle more intervenuto un provvedimento
espresso di diniego: dispone, invero, la
norma (articolo 87, co. 9) che: "Le
istanze di autorizzazione e le denunce di
attività di cui al presente articolo, nonché
quelle relative alla modifica delle
caratteristiche di emissione degli impianti
già esistenti, si intendono accolte qualora,
entro novanta giorni dalla presentazione del
progetto e della relativa domanda, fatta
eccezione per il dissenso di cui al comma 8,
non sia stato comunicato un provvedimento di
diniego. Gli Enti locali possono prevedere
termini più brevi per la conclusione dei
relativi procedimenti ovvero ulteriori forme
di semplificazione amministrativa, nel
rispetto delle disposizioni stabilite dal
presente comma" (cfr. Consiglio di
Stato, VI, 26.01.2009 n. 355)
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 10.09.2009 n. 1345 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Obbligo di valutazione delle
opere abusive nel loro complesso.
La recinzione del complesso edilizio abusivo
non può essere considerata autonomamente in
quanto le opere abusive vanno considerate
nel loro complesso.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa
Corte la valutazione di un’opera edilizia
abusiva va effettuata con riferimento al suo
complesso non potendosi considerare
separatamente i suoi singoli componenti,
così che, in virtù del concetto unitario di
costruzione, la stessa può dirsi completata
solo ove siano stati terminati i lavori
relativi a tutte le parti dell’edificio;
conseguentemente la permanenza del reato di
costruzione in difetto di concessione cessa
con la realizzazione totale dell’opera in
ogni sua parte (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 09.09.2009 n. 34876 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Violazione della normativa
antisismica (natura del reato).
La contravvenzione di cui all’art. 14 della
legge 05.11.1971 n. 1086, (che sanziona il
costruttore delle opere in cemento armato
quando omette, prima del loro inizio, di
curare il deposito, presso l’ufficio tecnico
regionale, della denuncia delle opere
stesse, accompagnata da un regolare progetto
e da una relazione illustrativa) è un reato
istantaneo con effetti permanenti, che si
consuma con la omissione degli adempimenti
richiesti dalla norma anzidetta, prima della
esecuzione dei lavori, al fine di consentire
il controllo preventivo sulle stesse.
Le violazioni dei decreti interministeriali
che disciplinano la normativa tecnica per le
costruzioni da realizzarsi in zone
dichiarate sismiche hanno, invece, natura di
reato permanente (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 09.09.2009 n. 34860 -
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URBANISTICA:
PIANO TERRITORIALE DI
COORDINAMENTO PROVINCIALE.
Piani urbanistici -
Piano territoriale di coordinamento
provinciale – Natura – Atto di indirizzo -
Ratio.
Il piano territoriale di coordinamento
provinciale ha natura di atto di
coordinamento e di indirizzo tipico della
programmazione intermedia (Consiglio di
Stato, Sez. IV, 20.03.2000, n. 1493; TAR
Emilia Romagna-Parma, Sez. I, 10.03.2008, n.
130; TAR Toscana, Sez. III, 11.03.2004, n.
680).
Il rapporto tra la pianificazione
provinciale e quella comunale non si pone in
termini di gerarchia. La giurisprudenza è,
difatti, concorde nell’affermare che la
risalente nozione del sistema pianificatorio
urbanistico come ordinato "a cascata"
e cioè in forma sostanzialmente gerarchica
si pone in contrasto con il principio
costituzionale dell'autonomia degli enti
territoriali (articolo 118 Costituzione),
nonché con il criterio generale di riparto
delle competenze in materia urbanistica
delineato dalla normativa statale.
In un contesto ordinamentale in cui il
principio di sussidiarietà, da un lato, e la
spettanza al Comune di tutte le funzioni
amministrative che riguardano il territorio
comunale, dall'altro, orientano i vari
livelli di pianificazione urbanistica
secondo il criterio della competenza, il
ruolo del Comune non può infatti essere
confinato nell'ambito della mera attuazione
di scelte precostituite in sede
sovraordinata. Ciò comporta che il Comune,
se non può disattendere le prescrizioni di
coordinamento dettate dagli enti (Regione o
Provincia) titolari del relativo potere, può
però discrezionalmente concretizzarne i
contenuti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
01.10.2007, n. 5058).
Il piano territoriale di coordinamento
provinciale si pone, dunque, per lo più,
quale atto di indirizzo le cui
determinazioni, per avere uno specifico
effetto vincolante, dovranno essere recepite
dallo strumento di pianificazione comunale
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.09.2009 n. 4616 - link a
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Provvedimento illegittimo e
poteri del giudice.
Il giudice penale, allorquando accerta
profili di illegittimità sostanziale del
titolo abilitativo edilizio, procede ad
un’identificazione in concreto della
fattispecie sanzionata e non pone in essere
alcuna disapplicazione riconducibile
all’enunciato della L. 20.03.1865, n. 2248,
allegato E, art. 5), né incide, con indebita
ingerenza, sulla sfera riservata alla
Pubblica Amministrazione, poiché esercita un
potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione
normativa incriminatrice.
La "macroscopica illegittimità" del
provvedimento amministrativo non è
condizione essenziale per la configurabilità
di un’ipotesi di reato di cui all’art. 44
d.p.r. 06.06.2001, n. 380, mentre (a
prescindere da eventuali collusioni dolose
con organi dell’amministrazione) l’accertata
esistenza di profili assolutamente eclatanti
di illegalità costituisce un significativo
indice di riscontro dell’elemento soggettivo
della contravvenzione contestata, anche
riguardo all’apprezzamento della colpa
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.09.2009 n. 34809 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI: Gara
a trattativa privata: legittimità
dell'annullamento dell'aggiudicazione.
Si deve ritenere previsto nell'ordinamento,
in materia di gare pubbliche, il principio
di immodificabilità soggettiva dei
partecipanti così da dare conoscenza
all'Amministrazione dei requisiti di
idoneità tecnico-organizzativa ed
economico-finanziaria dei concorrenti.
Detto principio, nasce dalla esigenza di
assicurare alle amministrazioni
aggiudicatrici un controllo preliminare dei
requisiti dei concorrenti e di impedire che
tale verifica venga vanificata o elusa con
modificazioni soggettive in corso di gara
dalle imprese candidate.
Va considerato legittimo, quindi,
l'annullamento dell'aggiudicazione di una
gara, a trattativa privata, all'impresa non
invitata ma che per errore (dalla stessa
indotto, e determinatosi per il fatto che,
sia l'offerta che tutta la documentazione
relativa erano state redatte su carta
intestata ad entrambe le società) si è
ritenuta essere una di quelle invitate, che
sia oltretutto priva della necessaria
autorizzazione per lo svolgimento di una
parte del lavoro da affidare, e ciò anche in
mancanza di un'esplicita previsione, in tale
senso, nel capitolato d'appalto.
Invero, la circostanza che l'Amministrazione
abbia previamente selezionato le ditte da
invitare apprezzandone i requisiti di
capacità tecnica, solidità economica,
serietà, affidabilità, implica una
valutazione fatta a monte che comporta
logicamente la non necessità di una
previsione analoga nel capitolato; ed è,
infatti, proprio per questo che non si è
previsto, nel capitolato, per la
partecipazione, la subordinazione al
possesso di autorizzazioni logicamente
necessarie, appunto perché la verifica del
possesso dei requisiti è stata data,
pacificamente, per presupposta.
Logico, quindi, l'annullamento
dell'aggiudicazione intervenuta a favore del
soggetto diverso da quello invitato, non
conosciuto dall'Amministrazione, privo delle
necessarie autorizzazioni ministeriali, e
che abbia dichiarato di avvalersi, in
maniera peraltro parziale, delle capacità
tecniche di una terza ditta anch'essa non
conosciuta
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.09.2009 n. 5224 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
ADOZIONE DEL P.R.G. E CONFLITTO
DI INTERESSI.
Comune e provincia -
Deliberazioni - Adozione P.R.G. - Conflitto
di interessi - Dovere di astensione dei
consiglieri comunali - Vizio della procedura
- Sussiste.
La violazione, da parte degli amministratori
locali, del divieto di cui all'art. 78,
T.U.E.L., (prescrivente l'obbligo degli
amministratori -tra cui rientrano anche i
consiglieri comunali, ai sensi dell'art. 77
dello stesso corpus normativo- di astenersi
dal prendere parte alla discussione ed alla
votazione di delibere riguardanti interessi
propri o di loro parenti od affini sino al
quarto grado) riveniente il proprio
fondamento di razionalità nel principio
costituzionale di imparzialità
dell'Amministrazione, e funzionale ad
evitare che il consigliere non si trovi in
posizione di assoluta serenità rispetto alle
decisioni da adottare di natura
discrezionale, vizia di per sé i
provvedimenti adottati dall'organo nel corso
della seduta a cui ha partecipato il
soggetto in posizione di incompatibilità, e
ciò a prescindere dalla c.d. "prova di
resistenza", in quanto la sola presenza
del soggetto incompatibile viene ritenuta
comunque influente sugli orientamenti del
consesso (TAR Umbria,
sentenza 07.09.2009 n. 509 - link a
http://mondolegale.it). |
URBANISTICA:
Adozione di un piano regolatore -
Impugnazione autonoma - Ammissibilità -
Condizioni.
La delibera comunale di adozione di un piano
regolatore è suscettibile di autonoma
impugnazione in sede giurisdizionale in
relazione ai vincoli concreti che da essa
derivano allo ius aedificandi dei
singoli proprietari rispetto alla previgente
disciplina urbanistica dell'area
interessata; a prescindere da tali profili,
l'autonoma attitudine lesiva va riconosciuta
alla successiva delibera di approvazione,
che conclude il procedimento, e non già
all'adozione, che si configura come atto
infraprocedimentale.
Deve, pertanto, escludersi che la mancata, o
la non utile impugnazione della delibera di
adozione del P.R.G. sia idonea a limitare le
possibilità di tutela giurisdizionale in
ordine agli effetti lesivi conseguenti al
provvedimento di approvazione (TAR Umbria,
sentenza 07.09.2009 n. 509 - link a
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Restauro e risanamento
conservativo.
In materia edilizia, perché un intervento
possa essere configurato quale restauro o
risanamento conservativo, è necessario che
non venga mutata la qualificazione
tipologica del manufatto preesistente ovvero
i caratteri architettonici e funzionali che
ne consentono la qualificazione in base alle
tipologie edilizie, gli elementi formali che
configurano l’immagine caratteristica dello
stesso e gli elementi strutturali, che
materialmente compongono la struttura
dell’organismo edilizio.
L’attività di restauro e risanamento
conservativo si qualifica, pertanto, per un
insieme di opere che lasciano inalterata la
struttura dell’edificio, sia all’esterno che
al suo interno, dovendosi privilegiare la
funzione di ripristino della individualità
originaria dell’immobile (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.09.2009 n. 33536 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Bosco
(individuazione).
La natura di zona boscata è determinata
dalla presenza effettiva di bosco fitto di
alto fusto o di bosco rado indipendentemente
dal dato che la zona sia riportata come tale
dalla Carta tecnica regionale (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.09.2009 n. 33534 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA: La
decadenza dei vincoli preordinati
all’esproprio comporta il venir meno della
disciplina urbanistica concernente le aree
interessate e l’applicazione temporanea
delle disciplina delle c.d. zone bianche.
L’art. 9, c. 3, D.p.r 08/06/2001 n. 327 (T.U
espropriazioni) contempla la decadenza
automatica dei vincoli preordinati
all’esproprio se nel termine quinquennale
l’autorità espropriante non dà continuità al
procedimento espropriativo mediante
l’approvazione di atto con valore di
dichiarazione di pubblica utilità .
Per giurisprudenza consolidata, la decadenza
dei vincoli comporta il venir meno della
disciplina urbanistica concernente le
predette aree, e l’applicazione temporanea
delle disciplina delle c.d. zone bianche di
cui all’art. 4, ultimo comma, lett. a) e b),
l. 28.01.1977 n. 10 oggi sostituita dalla
previsione di cui all’art. 9 TU edilizia
approvato con D.p.r. 06.06.2001 n. 380.
La giurisprudenza, in via del tutto
pacifica, ritiene che il regime temporaneo
suddetto non esima il Comune dall’obbligo di
provvedere a dettare una nuova disciplina
urbanistica, mediante una variante specifica
oppure una variante generale (ex plurimis
Consiglio di Stato Adunanza Plenaria
02.04.1984 n. 7, Consiglio di Stato sez. IV
17.07.2002 n. 3999, Cassazione sez. I
06.11.1998 n. 1158).
Emerge pertanto l’assoluta e ingiustificata
inerzia dell’amministrazione intimata, che a
fronte di istanza del ricorrente, non ha
tutt’ora adempiuto al dovere di darvi
risposta, fatto idoneo ad integrare oltre la
responsabilità amministrativo-contabile per
danno erariale in relazione al pagamento
delle spese del presente giudizio, la
responsabilità penale per il reato di cui
all’art. 328 c.p. (ex multis
Cassazione penale 02.04.2009 sent. n.
14466). Inoltre, quantomeno a partire
dall’entrata in vigore della l. 18.06.2009
n. 69, soccorre in ipotesi la eventuale
responsabilità risarcitoria per il danno da
ritardo in conseguenza dell’inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione
del procedimento, per la quale vi è
giurisdizione del G.A. (art 2-bis l.
241/1990 nel testo introdotto dalla l.
18.06.2009 n. 69)
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 31.08.2009 n. 2027 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Veicoli fuori uso.
A seguito dell’entrata in vigore del d.l. n.
2092003, con cui è stata recepita la
direttiva CE 532000, deve considerarsi fuori
uso sia veicolo di cui il proprietario si
disfaccia, sia quello destinato alla
demolizione ufficialmente privato della
targa di immatricolazione, nonché quello che
risulti in evidente stato abbandono (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 22.07.2009 n. 30409 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Falsa rappresentazione dello
stato dei luoghi.
Costituisce pacifico principio che le
planimetrie presentate a corredo della
richiesta di certificazioni o
autorizzazioni, redatte, secondo le vigenti
disposizioni, dall’esercente una professione
necessitante speciale autorizzazione dello
Stato, hanno natura di certificato, poiché
assolvono la funzione di dare alla pubblica
amministrazione un’esatta informazione dello
stato dei luoghi; conseguendone, pertanto,
che rispondono del delitto previsto
dall’ari. 481 cod. pen. il professionista
che redige le planimetrie e il committente
che firma la domanda fondata sulla
documentazione infedele (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 22.07.2009 n. 30401 -
link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI: Il
datore di lavoro pubblico è colui il quale
ha il potere gestionale sui luoghi di
lavoro.
Prima sentenza della Cassazione
nell'individuazione del "datore di lavoro"
dopo il D.Lgs. n. 81/2008.
L'art. 64 D.Lgs. n. 81 del
2008 prevede che il "datore di lavoro"
provvede affinché i luoghi di lavoro siano
conformi ai requisiti di cui all'art. 63,
commi 1, 2 e 3 (tra cui c'è il requisito
della salubrità). A tal fine, per "datore di lavoro"
negli enti pubblici deve intendersi chi in
concreto abbia il potere gestionale sui
luoghi di lavoro.
L'art. 2 D.Lgs. n. 81 del 2008
prevede espressamente che nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2,
D.Lgs. 30.03.2001, n. 165, per "datore di
lavoro" si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione. Solo nel
caso in cui un funzionario non avente
qualifica dirigenziale sia preposto ad un
ufficio avente autonomia gestionale,
individuato dall'organo di vertice delle
singole amministrazioni tenendo conto
dell'ubicazione e dell'ambito funzionale
degli uffici nei quali viene svolta
l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa, sullo stesso
ricadono gli obblighi di prevenzione (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.07.2009 n.
29543). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sanatoria e pendenza ricorso al
TAR.
Nell’ipotesi di ricorso al TAR avverso il
diniego dl concessione edilizia in sanatoria
ex art. 36 del T.U. n. 380/2001 il
procedimento penale non deve essere sospeso,
poiché l’art. 45, 1° comma, del TU. dispone
che "qualora venga richiesta concessione
in sanatoria ai sensi dell’art. 36 l’azione
penale relativa alle violazioni edilizie
rimane sospesa finché non siano stati
esauriti i procedimenti amministrativi di
sanatoria" (Corte di Cassazione, Sez.
III
sentenza 13.07.2009 n. 28533 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
natura dichiarativa del certificato di
destinazione urbanistica.
Il certificato di destinazione urbanistica
non ha carattere costitutivo ma meramente
dichiarativo e gli effetti giuridici che
dallo stesso risultino discendono da altri
precedenti provvedimenti che hanno
determinato la situazione giuridica
acclarata con il certificato. Infatti questo
è una tipica dichiarazione di scienza
proveniente dalla pubblica amministrazione
circa il contenuto degli strumenti
urbanistici.
Ne consegue che nel documento in questione
deve essere riportato solo quanto risulta
dagli atti, senza che possano essere
compiute valutazioni circa l’attualità e
l’efficacia delle prescrizioni relative
all’area del richiedente (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 07.05.2009 n. 957 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Sindaci
fuori strada - Niente manutenzione? C’è
lesione. Cassazione sulle
responsabilità per i danni a persone.
La Cassazione responsabilizza le
amministrazioni locali e chiede maggiore
attenzione sulla sicurezza nelle strade
comunali. Rischiano infatti una condanna
per lesioni colpose, nel caso qualche
cittadino si sia ferito su una strada priva
di
manutenzione, il sindaco e il responsabile
dell’ufficio tecnico dell’ente locale che
non fanno niente per verificare la
situazione.
Non che «debbano effettuare ronde» ma
«è sicuramente doveroso il loro attivarsi
per avere attraverso le varie articolazioni
operative dei competenti uffici, le
informazioni necessarie sullo stato delle
strade comunali nonché per adottare i
provvedimenti organizzativi specifici per
l’eliminazione dei pericoli».
Il monito dei giudici di «Piazza Cavour» è
contenuto nella
sentenza 23.09.2008 n. 36475.
In particolare la quarta sezione penale ha
respinto il ricorso presentato dall’allora
sindaco di Taormina (con delega ai lavori
pubblici) e dall’allora responsabile
dell’ufficio tecnico comunale che erano
stati condannati, prima dal
giudice di pace e poi dal tribunale di
Messina, per lesioni personali colpose (in
concorso fra loro) dal momento che nel
centro della cittadina siciliana una signora
era inciampata «su un dislivello privo di
segnalazione» davanti a un negozio.
Contro questa condanna i due hanno fatto
ricorso in Cassazione, ma hanno perso: la
quarta sezione penale ha infatti condiviso
la sentenza del tribunale, perché, ha
scritto, «correttamente i giudici di
merito hanno ritenuto di affermare la
responsabilità dei due imputati per causa
della loro qualità».
Non basta. Con una sentenza importante sotto
tanti profili, non ultimo forse la prima o
una delle pochissime a responsabilizzare le
amministrazioni locali sulla manutenzione
delle strade, è stato anche precisato che «la
posizione di garanzia che il sindaco e il
responsabile dell’ufficio tecnico del comune
assumono sulla base di una generale norma di
diligenza che impone agli organi
dell’amministrazione comunale,
rappresentativi o tecnici che siano, di
vigilare nell’ambito delle rispettive
competenze per evitare situazioni di
pericolo ai cittadini, situazioni di
pericolo derivanti dalla non adeguata
manutenzione e dal non adeguato controllo
dello stato delle strade comunali».
Fra l’altro all’interno del «Palazzaccio» la
decisione non ha trovato il favore di tutti.
Infatti la procura generale ha sollecitato
un annullamento e non una conferma della
decisione con la quale il primo cittadino
era stato condannato
(articolo ItaliaOggi del 24.09.2008, pag.
39). |
AGGIORNAMENTO AL 23.09.2009 |
ã |
QUESITI & PARERI |
URBANISTICA:
Indicazioni operative sulla verifica
della componente geologica dei P.G.T. da
parte delle Province (Regione Lombardia,
Direzione Generale Territorio e Urbanistica,
nota 03.08.2009 n.
15628 di prot.). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Fossati,
L.R.
16.07.2009, n. 13: “Azioni straordinarie per
lo sviluppo e la qualificazione del
patrimonio edilizio ed urbanistico della
Lombardia” - Una legge speciale “a tempo”.
Con un utile fac-simile di
deliberazione di C.C. per l'attuazione della
suddetta legge regionale (ndr: piano casa
Lombardia). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
S. Cresta,
Il nuovo volto del procedimento
amministrativo, in particolare della Dia (L.
69/2009) (link a
www.altalex.com). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
In pensione con 40 anni di contributi.
Si estende la possibilità delle pubbliche
amministrazioni di mandare in pensione i
propri dipendenti: i 40 anni di anzianità
per far scattare il recesso unilaterale sono
conteggiati sui contributi e non più sul
servizio effettivo come era previsto
all'art. 6, comma 3, della legge delega n.
15/2009 che aveva modificato,
restringendolo, l'ambito di applicazione
della norma introdotta dalla manovra
finanziaria nell'estate del 2008. Di
conseguenza, dal 5 agosto scorso è possibile
mandare in pensione -con atto unilaterale- i
dipendenti pubblici con 40 anni di
contributi.
Lo stabilisce la legge 03.08.2009 n. 102 di
conversione del decreto anticrisi (78/2009).
Al fine di chiarire le ricadute sui
destinatari della legge n. 15/2009, in
vigore da marzo ad agosto di quest'anno, e
per meglio illustrare l'ambito di
applicazione della norma, il ministro per la
Pubblica Amministrazione e l'Innovazione,
Renato Brunetta, ha emanato il 16 settembre
scorso una apposita circolare che conferma
in generale quanto già illustrato con la
circolare n. 10 del 2008.
La nuova circolare chiarisce che la norma si
applica anche ai dirigenti, con la sola
esclusione dei magistrati, dei professori
universitari e dei dirigenti medici
responsabili di struttura complessa.
Per i comparti difesa, sicurezza ed esteri,
la determinazione dei criteri e delle
modalità di applicazione è demandata ad
appositi decreti del Presidente del
Consiglio.
La circolare n. 4/2009 chiarisce inoltre il
carattere eccezionale dell'intervento
limitato al triennio 2009-2011. La norma è
immediatamente applicabile ed è valida fino
al 31.12.2011.
L'amministrazione, si legge nella circolare,
esercita la facoltà di risoluzione
unilaterale nell'ambito del potere datoriale
con l'unica condizione del preavviso di 6
mesi (link a www.governo.it). |
VARI:
8 milioni di euro per l'acquisto di nuove
biciclette.
Ripartono il 25.09.2009 gli eco-incentivi,
ossia i contributi previsti per incentivare
l'acquisto di veicoli a basso impatto
ambientale, come biciclette, ciclomotori,
motocicli, tricicli, quadricicli. Obiettivo:
contribuire al raggiungimento e al
mantenimento dei valori limite di qualità
dell'aria previsti dalla vigente normativa,
attraverso la riduzione delle emissioni in
atmosfera.
L'iniziativa è frutto di un accordo tra
ministero dell'Ambiente, Confindustria ANCMA
(Associazione Nazionale Ciclo Motociclo
Accessori) e CEI CIVES (Comitato
elettrotecnico italiano - Commissione
Italiana Veicoli Elettrici Stradali). Grazie
all'accordo, che stanzia circa 8 milioni di
euro, qualsiasi cittadino, dotato di codice
fiscale, può acquistare una bicicletta con
un incentivo pari al 30% del costo fino ad
un massimo di 200 Euro.
Possono essere acquistate soltanto le
biciclette dei costruttori certificati
dall'ANCMA presso i rivenditori autorizzati:
le informazioni sui costruttori e
rivenditori sono reperibili in una sezione
dedicata del sito del ministero. Per
usufruire dello sconto non è necessaria
altra formalità, se non quella di fornire al
rivenditore i propri dati anagrafici e copia
del proprio documento d'identità.
I nuovi incentivi prevedono anche che siano finanziate le prenotazioni
fatte in precedenza, sulla base dell'accordo
dell'anno precedente, che non erano state
soddisfatte per il temporaneo esaurimento
dei fondi. Il Ministero dell'Ambiente in
tempi brevi contatterà i rivenditori per
dare formale notizia della soluzione
positiva della pratica (link a
www.governo.it). |
GIURISPRUDENZA |
ATTI AMMINISTRATIVI: Sull'inerzia
dell'amministrazione comunale nel
rispondere, nei termini della l. n.
241/1990, ad istanze di parte.
Emerge l’assoluta e ingiustificata inerzia
dell’amministrazione intimata che, a fronte
di ripetute istanze, non ha ancora adempiuto
al dovere di darvi risposta, fatto idoneo ad
integrare oltre la responsabilità
amministrativo-contabile per danno erariale
in relazione al pagamento delle spese del
presente giudizio, la responsabilità penale
per il reato di cui all’art. 328 c.p. (ex
multis Cassazione penale 02.04.2009
sent. n. 14466).
Inoltre, quantomeno a partire dall’entrata
in vigore della l. 18.06.2009 n. 69,
soccorre la eventuale responsabilità
risarcitoria per il danno da ritardo in
conseguenza dell’inosservanza dolosa o
colposa del termine di conclusione del
procedimento, per la quale vi è
giurisdizione del G.A. (art. 2-bis l.
241/1990 nel testo introdotto dalla l.
18.06.2009 n. 69)
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 2100 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Una
volta che è stato demolito l'immobile
abusivo l’irrogazione della sanzione
dell'acquisizione al patrimonio comunale
dell'immobile stesso non ha più ragion
d’essere.
L’acquisizione al patrimonio disponibile del
Comune dell’immobile abusivo non demolito si
atteggia come una sanzione impropria e che
essa acquisizione è preordinata
principalmente alla demolizione
dell’immobile, per cui una volta che questa
finalità è stata raggiunta, l’irrogazione
della sanzione prima indicata non ha più
ragion d’essere.
L'acquisizione dell’area di sedime
dell’immobile non è un fatto autonomo, ma è
collegata all’esigenza dell’acquisizione
dell’immobile, per dare allo stesso la sua
base superficiaria, onde la conseguenza che
essa non è di per se stessa abusiva, e non
può perciò essere acquisita, senza
l’acquisizione dell’immobile abusivo,
determinandosi altrimenti una sorta di
espropriazione “sine titulo”.
Da ciò la conseguenza che, demolito
l’immobile (abusivo), non vi è la possibile
di acquisire l’area di sedime (non abusiva)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 03.09.2009 n. 5166 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La conferenza di
servizi riverbera
certamente i suoi effetti sull'atto finale
ma non assurge alla dignità di organo "ad
hoc", né acquista soggettività giuridica
autonoma, essendo solo uno strumento
procedimentale di coordinamento di
Amministrazioni che restano diverse tra loro
e mantengono la rispettiva autonomia
soggettiva.
Con sentenza n. 383/2007 questa Sezione ha
avuto modo di osservare, in una analoga
controversia, che “la conferenza di
servizi, proprio perché è solo un modulo
procedimentale e non costituisce anche un
ufficio speciale della Pubblica
amministrazione, autonomo rispetto ai
soggetti che vi partecipano, riverbera
certamente i suoi effetti (che sono di
natura procedimentale) sull'atto finale
(cfr. Cons. St. IV sez., 09.07.1999 n.
1193), ma non assurge alla dignità di organo
"ad hoc", né acquista soggettività giuridica
autonoma, essendo solo uno strumento
procedimentale di coordinamento di
Amministrazioni che restano diverse tra loro
e mantengono la rispettiva autonomia
soggettiva (cfr. Cons. St. IV Sez.
14.06.2001 n. 3169)”.
Per conseguenza, esprimendo un avviso dal
quale non si rinvengono motivi per
discostarsi, deve concludersi per la natura
endoprocedimentale di tali atti, trattandosi
di verbali di conclusione dei lavori di
conferenze di servizi che, seppur decisorie,
non assurgono al rango di provvedimenti
conclusivi e quindi idonei a pregiudicare la
posizione giuridica della società ricorrente
(TAR Toscana, sez. II, 14.03.2007, n. 383;
id. 20.10.2006, n. 4565)
(TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1398 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Dichiarazione di non presenza di
condanne penali ed automatica esclusione.
Nell’attuale
contesto normativo le imprese partecipati ad
una gara d’appalto hanno l’obbligo di
attestare, tra le altre, anche l’assenza
della causa ostativa consistente nel non
aver riportato condanne penali definitive
assistite dal beneficio della non menzione
nel certificato generale del casellario
giudiziale spedito a richiesta privata
condanne che, com’è noto, appaiono invece
nel certificato predetto ove richiesto (e
rilasciato) da Ente pubblico o
concessionario di pubblico servizio.
La non veridicità della dichiarazione circa
la sussistenza di emergenze penali integra
una autonoma causa di esclusione dalla gara,
a prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere la moralità professionale
dell’impresa; tanto vale anche per
fattispecie compiutasi nel previgente regime
(nel quale non erano da dichiarare le
condanne non menzionate) in virtù della
cogenza del successivo accertamento,
attraverso il controllo d’ufficio ex art.
75, D.P.R. n. 445/2000, della risultanza
della condanna stessa dal certificato del
Casellario giudiziale rilasciato alla P.A.
(TAR Piemonte, Sez. I,
ordinanza 20.07.2009 n. 601 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 21.09.2009 |
ã |
QUESITI & PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
I. Pisani e L. Spallino,
Piano Casa della Regione Lombardia: primi
interrogativi (link a
www.studiospallino.it). |
GURI - BUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 37 del
17.09.2009:
- "Determinazioni in merito alle
Disposizioni Attuative Quadro e ai criteri
di riparto dell'aiuto n. 380/2008 «10.000
ettari di boschi e sistemi verdi
multifunzionali» (art. 55, l.r. n. 31/2008)"
(deliberazione
G.R. 29.07.2009 n. 9947 - link a
www.infopoint.it);
- "Approvazione del primo bando relativo
all'iniziativa denominata «10.000 ettari di
boschi e sistemi verdi multifunzionali»
Esercizio 2009" (decreto
D.U.O. 11.09.2009 n. 9000 - link
a www.infopoint.it). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO:
Oggetto: risoluzione unilaterale del
rapporto di lavoro - legge 03.08.2009, n.
102 "Conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 01.07.2009, n. 78,
recante provvedimenti anticrisi, nonché
proroga di termini e della partecipazione
italiana a missioni internazionali" - art.
17, commi 35 novies e decies, del d.l. come
modificato in sede di conversione (circolare
16.09.2009 n. 4/2009 - link a
www.innovazionepa.gov.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
L. Oliveri, Chi ha il
part-time può tornare a tempo pieno.
La legge n. 133/2008 non ha abolito il
diritto dei dipendenti del comparto
regioni-enti locali che hanno ottenuto il
part-time a rientrare a tempo pieno,
trascorsi due anni dalla trasformazione.
Come è noto, l'articolo 73 della manovra
estiva del 2008 ha modificato il regime del
tempo parziale nel lavoro pubblico,
ripristinando per le pubbliche
amministrazioni la facoltà di concedere o
negare la trasformazione da tempo pieno a
tempo parziale dell'orario di lavoro,
richiesta dai dipendenti. Fino alla riforma,
per effetto della legge n. 662/1996, i
lavoratori pubblici vantavano un vero e
proprio diritto potestativo ad ottenere la
trasformazione.
Sulla base della riforma imposta dal
ministro Brunetta, sicuramente chiara nel
suo contenuto, si vanno diffondendo, però,
tra gli operatori prassi attuative, tendenti
a estendere gli effetti dell'articolo 73
oltre la sua specifica portata. Sono state
infatti formulate teorie secondo le quali la
facoltà di concedere o negare il part-time
simmetricamente varrebbe anche per le
istanze di rientro dal part-time. Insomma,
come l'amministrazione può giustificare il
diniego all'istanza di trasformazione dal
tempo pieno a quello parziale, altrettanto
potrebbe avvenire per l'inverso.
Tuttavia, questa sorta di «proprietà
inversa» degli effetti dell'articolo 73
della legge n. 133/2008 non trova supporti
normativi, sui quali reggersi. La norma
della manovra del 2008, infatti, si limita a
modificare l'articolo 1, commi 58 e 59,
della legge n. 662/1996: non tocca altre
disposizioni normative, né legislative, né
contrattuali. L'articolo 4, comma 14, del
Ccnl 14/09/2000 del comparto prevede che «i
dipendenti con rapporto di lavoro a tempo
parziale hanno diritto di tornare a tempo
pieno alla scadenza di un biennio dalla
trasformazione, anche in soprannumero
oppure, prima della scadenza del biennio, a
condizione che vi sia la disponibilità del
posto in organico». Si tratta di un vero e
proprio diritto soggettivo, che trova la sua
fonte diretta nel contratto collettivo, non
intaccata né direttamente, né indirettamente
dalla riforma. Per considerarsi abolita o
disapplicata, la norma contrattuale dovrebbe
essere esplicitamente indicata come tale
dalla legge, oppure porsi in irrimediabile
contrasto con essa. Tuttavia, le nuove norme
sul part-time né aboliscono espressamente
disposizioni contrattuali, né si pongono in
contrasto con loro. L'articolo 73
disciplina, infatti, esclusivamente la fase
della trasformazione dal tempo pieno al
part-time, riattribuendo poteri
discrezionali all'amministrazione, ad uno
scopo preciso: porre rimedio al
depauperamento della forza lavoro che
derivava dalla contestuale presenza di
restrizioni sulle assunzioni di personale, e
dall'impossibilità sostanziale di opporsi a
richieste di trasformazione a part-time.
La norma, dunque, non riguarda in alcun modo
il percorso inverso. Anzi, proprio perché
l'intento dell'articolo 73 è permettere alle
amministrazioni di agire per mantenere
livelli di forza lavoro considerati
necessari per l'organizzazione, il rientro
dal part-time è da considerare non certo un
fattore negativo, ma al contrario giovevole
per i datori di lavoro pubblici.
Unico limite al rientro dal part-time,
potrebbe considerarsi, semmai, il rispetto
del tetto di spesa del personale, dal
momento che esso comporterebbe dei costi.
Tuttavia, poiché, come visto, il contratto
del 14/09/2000 prevede un vero e proprio
diritto soggettivo del dipendente a
rientrare a tempo pieno, gli enti hanno il
corrispondente onere di programmare la spesa
di personale, tenendo conto degli eventuali
oneri scaturenti da possibili rientri del
personale dal tempo pieno a quello parziale.
Nel caso in cui, invece, i dipendenti siano
stati assunti direttamente a part-time, su
posti della dotazione organica previsti
appunto a tempo parziale, nel caso di
richieste di ampliamento dal tempo parziale
a quello pieno le amministrazioni conservano
il potere, come sempre è stato, di concedere
o denegare l'istanza, dovendo agire,
comunque, preventivamente sulla dotazione
organica e valutando preventivamente anche
in questo caso gli oneri finanziari
derivanti (articolo ItaliaOggi del
19.09.2009, pag. 35). |
CONDOMINIO:
La sicurezza sul lavoro e il
Condominio secondo il Ministero del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro, in linea con le
disposizioni del decreto legislativo
09.04.2008, n. 81, intende promuovere la
diffusione della cultura della sicurezza e
della prevenzione.
In tale ottica il sito del Ministero ha
attivato una sezione apposita "Sicurezza sul
Lavoro" curata da personale competente che
contiene documenti e informazioni per la
sicurezza sul lavoro.
Segnaliamo in particolare i pareri in
relazione agli
adempimenti per la sicurezza che deve porre
in essere il Condominio (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Comunicazione del nominativo del
RLS all'INAIL.
Con la
circolare 25.08.2009, n. 43
l'INAIL ha definito le istruzioni per la
trasmissione dei nominativi dei
rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, nel rispetto delle modifiche
intervenute con la pubblicazione del
correttivo al Testo unico della sicurezza
sul lavoro (link a www.acca.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI:
Le più recenti modifiche al Decreto
Legislativo n. 163/2006 (Codice dei
contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture).
D.Lgs. n. 152/2008, Legge n. 201/2008 di
conversione del D.L. n. 162/2008 e L. n.
2/2009 di conversione del D.L. n. 185/2008.
Le ultime innovazioni, oltre ad interessare
la definizione dei compensi da porre a base
d’asta per i bandi di progettazione,
riguardano in particolare l’istituto del
Project Finance il quale, di fatto, è stato
uniformato al modello utilizzato in ambito
anglosassone (link a www.centrostudicni.it). |
APPALTI:
ANCHE LE FONDAZIONI POSSONO PARTECIPARE ALLE
PROCEDURE DI GARA (link a www.mediagraphic.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Ramacci,
Articolo 674 cod. pen. e inquinamento
atmosferico nella giurisprudenza della
Cassazione (link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
La protezione del bene
ambientale-paesaggistico risponde ad un
interesse pubblico prevalente su quello
privato per la rilevanza costituzionale che
il primo presenta ex articolo 9 della
Costituzione (link a www.lexambiente.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Responsabilità del privato per
attività illegittimamente autorizzata.
Il privato, la cui attività costituente
reato sia stata autorizzata con atto
amministrativo illegittimo, risponde
penalmente anche se non sia provata la sua
collusione con l’autorità amministrativa
degli illeciti compiuti in virtù dì
quell’atto, sempre che sia consapevole della
sua illegittimità o che di essa possa
rendersi conto (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.09.2009 n. 35210 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Violazione di sigilli e
responsabilità del custode.
Qualora sia riscontrata la violazione di
sigilli, senza che il custode abbia
avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito
ritenere che detta violazione sia opera
dello stesso custode, da solo o in concorso
con altri, tranne che lo stesso dimostri di
non essere stato in grado di avere
conoscenza del fatto per caso fortuito o per
forza maggiore (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.09.2009 n. 35208 -
link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI: Per effettuare un pagamento a favore di un
ente pubblico non è necessaria alcuna
reversale di incasso predisposta dagli
uffici.
In base al principio contenuto
ancora nell’art. 197, comma 2, del RD
12.02.1911 n. 297 (in seguito nuovamente
codificato nell’art. 24, comma 4, del Dlgs.
25.02.1995 n. 77 e ora nell’art. 180, comma
4, del Dlgs. 18.08.2000 n. 267) il tesoriere
deve accettare la riscossione di ogni somma
versata in favore dell'ente, anche senza la
preventiva emissione di un ordinativo di
incasso (è poi compito del tesoriere dare
immediata comunicazione all'ente
dell’avvenuto pagamento richiedendo la
conferma o la regolarizzazione) (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 11.09.2009 n. 1688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
ritardato pagamento del contributo di
costruzione in forma rateizzata.
La natura sanzionatoria delle misure ex art.
3 della legge 47/1985 impone che l’ente
pubblico stabilisca in modo chiaro le
obbligazioni del privato e che quest’ultimo
sia messo in condizione di adempiere. Non è
necessario invece che il privato sia
sollecitato ad adempiere o agevolato in
altro modo.
Pertanto, se il rapporto con
l’amministrazione è trasparente e il privato
è puntualmente informato delle scadenze
delle rate degli oneri concessori non
servono ulteriori atti di impulso diretti a
provocare l’adempimento.
Parimenti non è
necessaria la preventiva escussione del
fideiussore, a meno che un obbligo in questo
senso non sia stato espressamente assunto
dall’amministrazione (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 11.09.2009 n. 1688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
REITERA DELL'ATTO ANNULLATO PER
DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
1.- Atto amministrativo
- Annullamento giudiziale - Per difetto di
motivazione - Reiterazione - Possibilità -
Atti di controllo - Eccezione.
2.- Deliberazioni - Modifica P.R.G. -
Approvazione - Regione - Natura rapporti tra
Enti Locali.
3.- Deliberazioni - Modifica P.R.G. -
Approvazione - Regionale - Annullamento
giurisdizionale della D.G.R. di approvazione
della variante al P.R.G. - Difetto di
Motivazione - Mantenimento atto
amministrativo - Motivazione nuova -
Ammissibilità.
1.-
Se è vero, in termini generali, che la p.A.,
il cui provvedimento sia stato annullato con
sentenza del G.A. per difetto di motivazione
conserva il potere di determinarsi
nuovamente sull'affare, potendo addurre a
sostegno del novello provvedimento (il cui
contenuto dispositivo potrebbe anche essere
simile a quello annullato) una motivazione
che non incorra nei vizi già censurati dal
giudice, con riguardo agli atti di controllo
potrebbe, in verità, sostenersi che la
sentenza (che si pronunci sul difetto di
motivazione) sia autoesecutiva, disponendo
l'eliminazione del provvedimento annullato
senza che la P.A. interessata possa
ritenersi reinvestita del potere di
determinarsi nuovamente sull'affare, essendo
esaurito il potere di controllo con
l'emissione dell'atto tutorio in precedenza
impugnato.
2.-
Il provvedimento regionale di approvazione
degli atti deliberativi del comune di
adozione di uno strumento urbanistico
(ovvero di una sua variante, come nel caso
di specie), per quanto partecipi, in qualche
misura, della natura sostanziale dell'atto
di controllo è un provvedimento che,
congiuntamente con quello del Comune,
concorre alla produzione degli effetti
tipici del provvedimento conclusivo del
complesso procedimento di pianificazione
urbanistica, di competenza
dell'amministrazione comunale e,
congiuntamente, di quella regionale. Ruoli e
competenze di regione e comuni sono, dunque,
distinti ma convergenti nella produzione
degli effetti propri del provvedimento
conclusivo del complesso procedimento di
pianificazione mediante l'emissione del
provvedimento finale, che si perfeziona in
due momenti: adozione da parte del consiglio
comunale; approvazione regionale - previa
interlocuzione con l'ente locale ed,
eventualmente, con i proprietari ed altri
soggetti interessati, che possono
intervenire con la presentazione di
osservazioni.
3.-
Nel caso di annullamento della D.G.R. di
approvazione (sia pure con modifiche
d'ufficio) della variante al P.R.G., residua
in capo alla Regione il potere di ritornare
-in esecuzione della sentenza- sulle sue
determinazioni, reiterando, con una corretta
motivazione, il provvedimento annullato in
sede giudiziale. Corollario di quanto testé
affermato è che la motivazione di un atto
uguale, nel dispositivo, a quello annullato,
può presentarsi come diversa dalla prima,
nei limiti in cui la motivazione originaria
risulti integrata e meglio esplicata nel
provvedimento reiterato (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 10.09.2009 n. 2382 -
link a
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
NOZIONE DI "VOLUME TECNICO" IN
MATERIA DI ABUSI EDILIZI.
1. Abusi - Ordine di riduzione in pristino -
Sussistenza - Casi - Ragioni -
Qualificazione giuridica di volume tecnico.
1. Per l'identificazione della nozione di
volume tecnico assumono valore in materia
tre ordini di parametri: il primo,
positivo, di tipo funzionale, ossia che il
manufatto abbia un rapporto di strumentalità
necessaria con l'utilizzo della costruzione;
il secondo ed il terzo,
negativi, ricollegati da un lato
all'impossibilità di soluzioni progettuali
diverse, nel senso che, tali costruzioni,
non devono poter essere ubicate all'interno
della parte abitativa, e dall'altro ad un
rapporto di necessaria proporzionalità fra
tali volumi e le esigenze effettivamente
presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere
applicata solo alle opere edilizie
completamente prive di una propria autonomia
funzionale, anche potenziale, in quanto
destinate a contenere impianti serventi di
una costruzione principale, per esigenze
tecnico-funzionali della costruzione stessa.
Pertanto, al di fuori di tale ambito, il
concetto non può essere utilizzato né
dall'amministrazione né dal privato al fine
di negare rilevanza giuridica ai volumi,
comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 07-11-2008 n.
19352; TAR Campania Napoli, sez. IV,
13-05-2008 n. 4258) (TAR Campania-Napoli,
Sez. IV,
sentenza 09.09.2009 n. 4903 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla natura del servizio
pubblico di illuminazione votiva dei
cimiteri comunali.
E' illegittimo l'affidamento di un servizio
pubblico a rilevanza economica da parte di
un comune per non aver di trasmesso gli atti
all'Autorità garante della concorrenza e del
mercato al fine di acquisirne il prescritto
parere.
Il servizio pubblico di illuminazione votiva
dei cimiteri comunali è un servizio pubblico
locale a rilevanza economica e fruizione
individuale, poiché richiede che il
concessionario impieghi capitali, mezzi,
personale da destinare ad un'attività
economica rilevante in quanto suscettibile,
quanto meno potenzialmente, di produrre un
utile di gestione e, quindi, di riflettersi
sull'assetto concorrenziale del mercato di
settore. Pertanto, nella caso di specie è
viziata la delibera con cui il comune ha
affidato in toto, alla società
concessionaria, il servizio di illuminazione
votiva, richiamando l'art. 113-bis del
t.u.e.l. (d.lgs. n. 267/2000), sull'erroneo
presupposto che il servizio di cui trattasi
costituisca "servizio pubblico privo di
rilevanza economica".
Gli affidamenti in deroga disciplinati
dall'art. 23-bis, c.3, del d.l. 25.06.2008
n. 112, convertito in l. 06.08.2008 n. 133,
devono avvenire nel rispetto dei principi
della disciplina comunitaria; pertanto,
l'ente locale che intenda affidare un
servizio pubblico locale ai sensi della
suddetta disposizione, deve presentare una
richiesta di parere, corredata dalle
informazioni e dai documenti rilevanti, all'Agcm,
prima di adottare la deliberazione di
affidamento del servizio e, in ogni caso, in
tempo utile per il rilascio del prescritto
parere. In particolare, l'ente locale deve
fornire alla predetta Autorità: una
relazione contenente gli esiti delle
indagini di mercato, da cui risulti la
convenienza dell'affidamento diretto
rispetto all'esperimento di una procedura ad
evidenza pubblica; informazioni circa le
modalità con le quali sono stati resi
pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le
indicazioni soggettive relativa all'impresa
interessata. L'autorità quindi rilascia il
parere previsto, ma in caso di incompletezza
delle informazioni può fissare un termine
per il completamento della richiesta di
parere. All'esito della procedura, l'ente
locale deve tener conto del parere
rilasciato.
Conseguentemente, nel caso di specie, è
illegittimo il provvedimento del comune che
ha stabilito la gestione diretta del
servizio di illuminazione votiva del
cimitero comunale e ha affidato la
riscossione dei proventi ad una società
interamente partecipata dal comune, in
quanto è stato adottato in violazione
dell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008, non
essendo stato adempiuto l'obbligo di
trasmettere gli atti all'Autorità al fine di
acquisirne il prescritto parere (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 08.09.2009 n. 1430 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: I
lavori di trasformazione di due finestre in
porta-finestre non sono opere di
manutenzione straordinaria ma di
ristrutturazione edilizia.
I ricorrenti hanno trasformato, in zona
vincolata (Comune di Filettino, all’interno
del Parco naturale regionale dei Monti
Simbruini: v. legge della Regione Lazio
29.01.1983, n. 8), due vani finestra in
altrettante porte-finestra.
Questi lavori comportavano una modifica del
prospetto dell’edificio.
Il prospetto (o alzata) di un edificio,
infatti, è lo sviluppo in verticale di esso,
così come la pianta è lo sviluppo in
orizzontale; ed in quanto tale il prospetto
è certamente modificato dalla trasformazione
di due vani finestra in altrettante
porte-finestra.
I ricorrenti richiamano in proposito una
sentenza della Cassazione penale (Sez. III,
09.02.1998, n. 3849), la quale avrebbe
inequivocabilmente escluso dal concetto di
prospetto le aperture senza sporgenze. Ma il
richiamo non appare esatto, perché le
sporgenze attengono alla sagoma (vale a dire
al profilo, o linea esterna, o contorno, di
un edificio) non già al prospetto.
Le opere in argomento dunque, in quanto
modifiche di prospetto, concretavano
ristrutturazione edilizia; e in quanto tali
necessitavano di un preventivo assenso
paesaggistico dell’Ente preposto [artt. 146
e 142, lettera f) del decreto legislativo
22.01.2004, n. 42] e di un preventivo
assenso edilizio [permesso di costruire o
d.i.a. “pesante”: artt. 10, lettera c), e
22, lettera a), del D.P.R. 06.06.2001, n.
380].
Le opere, invece, sono state realizzate
senza quei preventivi assensi.
Correttamente, dunque, l’impugnata ordinanza
n. 11 del 24.02.2005 –data la natura dei
lavori e la violazione dell’obbligo di
astenersi dall'avviarli fino a quando non se
ne fosse ottenuta l'autorizzazione (art.
146, comma 2, d.lgs. n. 42/2004) ha imposto
il ripristino ai sensi dell’art. 27 del
D.P.R. n. 380/2001, il quale prevede,
appunto, che “il dirigente o il
responsabile, quando accerti l'inizio o
l'esecuzione di opere eseguite senza titolo
su aree assoggettate, da leggi statali,
regionali o da altre norme urbanistiche
vigenti o adottate, a vincolo di
inedificabilità … (omissis: n.d.r.) … nonché
in tutti i casi di difformità dalle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, provvede alla
demolizione e al ripristino dello stato dei
luoghi”.
E correttamente altresì –trattandosi di
opere ormai realizzate– l’Ente Parco
naturale regionale dei Monti Simbruini ha
negato il proprio assenso postumo
richiamando il citato art. 146, d.lgs. n.
42/2004, il quale in effetti, al quarto
comma, prevede espressamente che
l'autorizzazione paesaggistica costituisce
atto autonomo e presupposto rispetto al
permesso di costruire o agli altri titoli
legittimanti l'intervento
urbanistico-edilizio, e non può essere
rilasciata in sanatoria successivamente alla
realizzazione, anche parziale, degli
interventi.
Ne consegue che le opere abusivamente
realizzate non possono essere qualificate
semplici lavori di “manutenzione
straordinaria”. Esse vanno invece
qualificate come interventi di
ristrutturazione edilizia ai sensi del
citato art. 10, lettera c), del D.P.R. n.
380/2001
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater,
sentenza 04.09.2009 n. 8380 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non occorre la concessione
edilizia per costruire una serra se la
stessa sia costruita su un fondo destinato
ad uso agricolo, per finalità inerenti
esclusivamente alla coltivazione del
terreno, fuori dal centro abitato, formata
di materiali facilmente amovibili, non
infissa stabilmente al suolo o eseguita con
opere murarie né collegata con altre opere
costruttive edilizie o che abbia dimensioni
tali da non incidere negativamente
sull'ambiente circostante.
Va precisato che la giurisprudenza
amministrativa ha escluso la necessità del
titolo abilitativo solo nell'ipotesi in cui
la serra sia costruita su un fondo destinato
ad uso agricolo, per finalità inerenti
esclusivamente alla coltivazione del
terreno, fuori dal centro abitato, formata
di materiali facilmente amovibili, non
infissa stabilmente al suolo o eseguita con
opere murarie né collegata con altre opere
costruttive edilizie o che abbia dimensioni
tali da non incidere negativamente
sull'ambiente circostante (cfr. Cons.
Stato., sez. V, 14.03.1980, n. 284).
L’edificazione di cui si controverte non
presenta alcuna delle caratteristiche che
consentirebbero di prescindere dal rilascio
della concessione edilizia.
Essa, infatti, come riconosciuto dalla
stessa parte ricorrente nella propria
memoria difensiva, insiste su un’area “situata
nel perimetro cittadino ed in zona
relativamente centrale”.
Né può rilevare la presunta agevole
rimovibilità delle strutture, costituite da
strutture tubolari metalliche, dal momento
che le medesime sono saldamente ancorate al
suolo mediante fondazioni cementizie di
rilevanti dimensioni (m. 26 x 8).
La natura e consistenza di tali fondazioni
rendeva palese l’attitudine della
fabbricazione a permanere nel tempo e ad
influire sulla razionale sistemazione del
territorio, cosicché non può dubitarsi che
un intervento con tali caratteristiche
necessitasse del previo rilascio di
concessione edilizia (cfr., in fattispecie
analoghe, Cons. Stato, sez. IV, 06.03.2006,
n. 1119 e sez. V, 08.06.2000, n. 3247), in
difetto della quale il Comune di Torino ha
legittimamente ingiunto la demolizione
dell’edificazione abusiva (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 04.09.2009 n. 2262 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla nozione di pertinenza
edilizio-urbanistica.
Rimarca, al riguardo, la Sezione come sia
fin troppo noto che la giurisprudenza
amministrativa scolpisce una nozione di
pertinenza edilizia assolutamente divergente
dall’accezione civilistica di pertinenza e
più ristretta di quest’ultima,
circoscrivendola a quei manufatti tali da
non alterare in modo significativo l'assetto
del territorio, cioè di dimensioni modeste e
ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono;
deve, inoltre, trattarsi di opera preordinata
ad una esigenza necessaria dell'edificio
principale (TAR Basilicata, sez. I,
24.01.2009, n. 1) e funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello
stesso, riguarda soltanto opere di modesta
entità ed accessorie rispetto ad un'opera
principale, quali ad esempio i piccoli
manufatti per il contenimento di impianti
tecnologici et similia, ma non anche
opere che dal punto di vista delle
dimensioni e della funzione si connotino per
una propria autonomia rispetto all'opera
cosiddetta principale (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. II, 05.11.2008, n.
4473) e non siano quindi coessenziali al
bene principale (TAR Campania–Napoli, Sez.
IV, n. 10138/2008).
Ed è opportuno rimarcare che presupposto
imprescindibile della nozione di pertinenza
urbanistico–edilizia è, ad avviso della
Sezione, l’esistenza di una res
principalis, che deve di necessità
consistere in un immobile materiale e non
può coincidere con un’impresa. A nulla giova
al ricorrente, dunque, allegare che i
manufatti abusivi da lui realizzati, dal
preteso carattere pertinenziale, siano
accessivi alla sua impresa, se poi difetta
il predetto ineludibile presupposto
materiale costituito dalla previa esistenza
e consistenza di una res immobiliare
principale
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 04.09.2009 n. 2247 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'ordine di demolizione di opera
edilizia abusiva è sufficientemente motivato
con la descrizione della accertata abusività
dell'opera, salva l'ipotesi in cui, per il
lungo lasso di tempo trascorso dalla
commissione dell'abuso e il protrarsi della
inerzia dell'amministrazione preposta alla
vigilanza, si sia ingenerata una posizione
di affidamento nel privato.
La Sezione ha
già in diverse occasioni, infatti, precisato
che, come a più riprese affermato dalla
giurisprudenza, l'ordine di demolizione di
opera edilizia abusiva è sufficientemente
motivato con la descrizione della accertata
abusività dell'opera, “salva l'ipotesi
in cui, per il lungo lasso di tempo
trascorso dalla commissione dell'abuso e il
protrarsi della inerzia dell'amministrazione
preposta alla vigilanza, si sia ingenerata
una posizione di affidamento nel privato,
ipotesi questa sola, in relazione alla quale
si ravvisa un onere di congrua motivazione
che, avuto riguardo anche alla entità e alla
tipologia dell'abuso, indichi il pubblico
interesse, evidentemente diverso da quello
al ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
interesse privato” (TAR Piemonte, Sez.
I, 02.03.2009, n. 618; TAR Piemonte, Sez. I,
31.01.2009, n. 108, Ord., con richiamo ivi a
Consiglio di Stato, Sez. IV, 06.06.2008, n.
2705; TAR Campania-Napoli, Sez. III,
18.09.2008, n. 10345; in terminis, Consiglio
Stato, Sez. V, 04.03.2008, n. 883). Me non è
questo il caso del ricorrente, come tra
breve si noterà.
Deve peraltro anche segnalare il Collegio
l’esistenza di altro recente orientamento,
secondo il quale la demolizione è “atto
dovuto ed è sufficientemente motivato con
l'affermazione dell'accertata irregolarità
dell'intervento, essendo in re ipsa
l'interesse pubblico alla rimozione
dell'abuso - anche se risalente nel tempo -
senza necessità di una specifica
comparazione con gli interessi privati
coinvolti o sacrificati” (TAR Emilia
Romagna-Parma, 21.05.2008, n. 260).
Detto orientamento fa registrare voci ancor
più rigorose, essendosi recentemente
stabilito che l’ordinanza di demolizione è “espressione
di potere autoritativo non soggetto a
prescrizione o decadenza, posta la
prevalenza dell'aspettativa della
collettività a vedere rispettate le norme in
materia edilizia ed urbanistica, rispetto
all'affidamento del contravventore a vedere
conservata l'opera abusiva, anche se
realizzata molti anni prima: rilevando una
situazione di illiceità permanente, il mero
decorso del tempo non basta a far insorgere
nel privato l'affidamento sul consolidarsi
dell'interesse alla conservazione del bene,
né, di conseguenza, è sufficiente ad imporre
una specifica motivazione sull'esistenza di
un interesse pubblico attuale prevalente”
(TAR Toscana, Sez. III, 13.05.2008, n.
1457).
Ma quand’anche il Collegio dovesse rimanere
ancorato all’orientamento più liberale,
rammenta che la Sezione si è già di recente
pronunciata su fattispecie identica, nella
quale veniva in rilevo un abuso commesso 15
anni prima del suo rilevamento ed ha
affermato che “trapiantando gli evocati
principi alla fattispecie concreta
sottoposta al suo esame, ritiene che
15 anni non integrino quell’enorme
lasso di tempo che impone secondo
l’orientamento al quale la Sezione ha
aderito e che ha di recente espresso
(TAR Piemonte, Sez. I, 02.03.2009, n. 618)
anche nella sede cautelare, un onere di
specifica illustrazione dell’interesse
pubblico alla repressione del conclamato
abuso” (TAR Piemonte, Sez. I,
24.04.2009, n. 1168).
Conferendo veste concreta alle teorizzazioni
giurisprudenziali, ritiene, dunque, la
Sezione di dover ribadire il principio, già
enunciato con la sentenza 24.04.2009, n.
1168, per il quale 15 anni di tempo decorsi
dalla commissione dell’abuso edilizio
all’epoca del suo rilevamento da parte del
Comune non integrano quell’enorme lasso di
tempo che in ossequio all’indirizzo
prevalente del Giudice amministrativo cui la
Sezione ha pure di recente prestato
adesione, impongono che nell’ordinanza di
demolizione venga esplicitato e definito
l’interesse pubblico concreto ed attuale
alla rimozione dell’opera abusiva.
Rammenta il Collegio che sul punto la
giurisprudenza, che la Sezione fa propria e
della cui esattezza è motu proprio convinta,
è unanime nel predicare che l’onere di
fornire la prova dell’epoca di realizzazione
dell’abuso, sia pur nei limiti del principio
di prova tipico del processo amministrativo,
incombe sull’interessato, non
sull’Amministrazione che adotta il
provvedimento di demolizione. Si è, infatti,
al riguardo affermato che “sussiste
tuttavia l'onere dell'interessato di fornire
prova idonea a documentare l'epoca di
costruzione dell'opera asseritamente
abusiva, che può essere desumibile sia dagli
atti del giudizio sia da altri provvedimenti
dell'amministrazione o, comunque, ammessa
dall'amministrazione medesima” (TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 19.04.2006,
n. 501).
Il Giudice amministrativo ha anche
precisato che “in materia edilizia,
l'onere della prova in ordine all'epoca di
realizzazione di un abuso edilizio grava
sull'interessato che intende dimostrare la
legittimità del proprio operato e non sul
Comune che, in presenza di un'opera edilizia
non assistita da un titolo che la legittimi,
ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai
sensi di legge" (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. III, 26.10.2005, n. 4099; TAR Umbria,
10.07.2003, n. 589). Altro Tribunale ha
stabilito che “è a carico dell'autore
dell'abuso edilizio la prova in ordine
all'epoca di esecuzione delle opere, e non
del comune che ne ordina la demolizione”
(TAR Basilicata, 29.04.2003, n. 370)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 04.09.2009 n. 2247 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
E' illegittima l'ordinanza
sindacale in materia d'igiene che ingiunge
al proprietario di un'azienda agricola
familiare, la cui attività principale è
l’allevamento di bovini, di disattivare
immediatamente il relativo impianto sol
perché esso, a distanza di anni dalla sua
installazione, determina una situazione
inaccettabile per la salute dei soggetti
che, consapevolmente, hanno a suo tempo
deciso di costruire il loro edificio nelle
immediate vicinanze della porcilaia.
Come evidenziato anche dal Consiglio di
Stato in un’ipotesi assai simile a quella in
questione (avente ad oggetto un impianto di
ventilazione di un’azienda di allevamento di
suini) “è illegittima l'ordinanza
sindacale in materia d'igiene che,
immotivatamente e senza curarsi di
verificare le situazioni alternative
proposte …, ingiunge al proprietario … di
disattivare immediatamente il relativo
impianto … sol perché esso, a distanza di
anni dalla sua installazione, determina, ad
avviso della p.a. emanante, una situazione
inaccettabile per la salute dei soggetti
che, consapevolmente, hanno a suo tempo
deciso di costruire il loro edificio nelle
immediate vicinanze della porcilaia, in
quanto non è conforme ai principi di buona
amministrazione scaricare sul titolare
dell'azienda la pregressa incauta scelta
della p.a. emanante di autorizzare o
tollerare insediamenti abitativi vicini ad
industrie insalubri” (C.d.S., sez. V,
22/06/1998 , n. 909) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 03.09.2009 n. 2237 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti speciali pericolosi,
poteri sanzionatori e responsabilità.
1.
In materia di rifiuti speciali pericolosi
non è ipotizzabile l’esercizio congiunto dei
poteri ex art. 50 DLgs 267/2000 e ex art.
192 D.lgs. 152/2006, trattandosi di poteri
distinti aventi presupposti diversi.
2.
L’art. 192, comma 3, D.lgs. 152/2006 esclude
la configurabilità di ipotesi di
responsabilità oggettiva o di posizione a
carico del proprietario del sito che ospita
rifiuti abbandonati (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 02.09.2009 n. 4598 -
link a
www.cameramministrativacomo.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
La comunicazione di avvio del
procedimento non è necessaria ove il
procedimento sia iniziato ad istanza di
parte.
Secondo costante indirizzo della
giurisprudenza amministrativa, condiviso dal
Collegio, la comunicazione di avvio del
procedimento non è necessaria ove il
procedimento sia iniziato ad istanza di
parte, in quanto in tale caso l'autonoma
comunicazione realizzerebbe una evidente
duplicazione di attività, con aggravio
dell'amministrazione non compensato da
particolari utilità per i soggetti
destinatari del provvedimento da emettere,
perché essi sono già informati dei fatti
(cfr., ex multis, Consiglio di Stato,
Sez. VI, 22.09.2008, n. 4551; Sez. VI,
25.06.2008, n. 3227 e Sez. VI, 29.11.2006,
n. 6939).
Ad abundantiam va rilevato che quando
il provvedimento costituisce un atto
vincolato esso non può comunque essere
annullato per violazione delle norme sul
procedimento o sulla forma, ai sensi
dell’art. 21-octies della legge 11.08.1990,
n. 241 e s.m. (cfr., ex pluribus,
Consiglio di Stato, Sez. IV, 10.04.2009, n.
2227; Sez. VI, 28.07.2008, n. 3707 e TRGA
Bolzano, 27.05.2009, n. 200 e 23.04.2008, n.
188)
(TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano,
sentenza 02.09.2009 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non può ritenersi variante in
corso d'opera di una concessione edilizia
quella che modifichi la cubatura totale
dell'immobile.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito
che la “parziale difformità” è da
considerarsi una categoria residuale nella
quale non rientrano da un lato i lavori
effettuati senza concessione, in totale
difformità o in variazione essenziale,
dall’altro quelli qualificati varianti in
corso d’opera, che consistono in modifiche
di consistenza molto limitata rispetto al
progetto approvato (cfr. Consiglio di Stato,
Sez. V, 22.11.2001, n. 5926).
“La variante in corso d'opera di
concessione edilizia…oltre che trovare
applicazione solo in caso di conformità agli
strumenti urbanistici vigenti delle opere
difformi, pretende anche che le
modificazioni introdotte rispetto alla
concessione originaria siano di consistenza
limitata. Pertanto, non può ritenersi
variante in corso d'opera di una concessione
edilizia…quella che modifichi la cubatura
totale dell'immobile” (cfr. TAR Lazio
Roma, Sez. II, 01.12.2005, n. 12739; id. TAR
Liguria, Sez. II, 01.12.2005, n. 12739 e TAR
Lombardia, Milano, Sez. II, 26.05.2003, n.
2378)
(TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano,
sentenza 02.09.2009 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Non
costituisce "volume tecnico" una veranda
realizzata in alluminio anodizzato e
muratura, avente una superficie di un metro
per tre e l’altezza di tre metri, realizzata
su di un balcone.
Come questa Sezione ha avuto modo di
rilevare, per l'identificazione della
nozione di volume tecnico assumono valore in
materia tre ordini di parametri: il primo,
positivo, di tipo funzionale, ossia che il
manufatto abbia un rapporto di strumentalità
necessaria con l'utilizzo della costruzione;
il secondo ed il terzo,
negativi, ricollegati da un lato
all'impossibilità di soluzioni progettuali
diverse, nel senso che tali costruzioni non
devono poter essere ubicate all'interno
della parte abitativa, e dall'altro ad un
rapporto di necessaria proporzionalità fra
tali volumi e le esigenze effettivamente
presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere
applicata solo alle opere edilizie
completamente prive di una propria autonomia
funzionale, anche potenziale, in quanto
destinate a contenere impianti serventi di
una costruzione principale, per esigenze
tecnico-funzionali della costruzione stessa;
pertanto, al di fuori di tale ambito, il
concetto non può essere utilizzato né
dall'amministrazione né dal privato al fine
di negare rilevanza giuridica ai volumi,
comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 07.11.2008, n.
19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.09.2009 n. 4850 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'ordinanza di demolizione di un
abuso edilizio non necessita di
esplicitazione di ragioni di pubblico
interesse sottese al provvedimento stesso
costituendo un atto dovuto e non deve essere
preceduta dalla comunicazione di avvio del
procedimento.
Come noto, i provvedimenti repressivi di
abusi edilizi non devono essere preceduti
dalla comunicazione di avvio del
procedimento, trattandosi di provvedimenti
tipici e vincolati emessi all’esito di un
mero accertamento tecnico della consistenza
delle opere realizzate e del carattere
abusivo delle medesime (Cons. Stato, sez. IV,
30.03.2000, n. 1814; TAR Campania, sez. IV,
28.03.2001, n. 1404, 14.06.2002, n. 3499,
12.02.2003, n. 797).
L'ordinanza di demolizione di un abuso
edilizio non necessita di esplicitazione di
ragioni di pubblico interesse sottese al
provvedimento stesso costituendo un atto
dovuto, (fra le tante, C.d.S., VI,
28.06.2004, n. 4743) che come tale non
necessita di motivazione in ordine
all'attualità dell'interesse pubblico alla
rimozione dell’abuso. Detto interesse è da
ritenersi infatti in re ipsa, nella
stessa rimozione, rispondendo questa alla
esigenza di ripristino dell’assetto
urbanistico violato.
Anche questa Sezione ha avuto modo di
precisare che l'Amministrazione non dispone
-a fronte degli illeciti edilizi- di alcun
margine di discrezionalità e ha quindi
l'obbligo di intervenire con un atto
repressivo, dovuto nell'an e
vincolato nel suo contenuto, senza che su di
esso possa influire alcuna comparazione tra
interessi pubblici ed interessi privati (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 13.05.2008, n.
4256)
(TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un manufatto per qualificarsi
quale "volume tecnico" deve
avere un
rapporto di strumentalità necessaria con
l'utilizzo della costruzione, non deve poter
essere ubicato all'interno della parte
abitativa e deve essere caratterizzato da un
rapporto di necessaria proporzionalità fra
tale volume e le esigenze effettivamente
presenti.
Come questa
Sezione ha avuto modo di rilevare, per
l'identificazione della nozione di volume
tecnico assumono valore in materia tre
ordini di parametri: il primo,
positivo, di tipo funzionale, ossia che il
manufatto abbia un rapporto di strumentalità
necessaria con l'utilizzo della costruzione;
il secondo ed il terzo,
negativi, ricollegati da un lato
all'impossibilità di soluzioni progettuali
diverse, nel senso che tali costruzioni non
devono poter essere ubicate all'interno
della parte abitativa, e dall'altro ad un
rapporto di necessaria proporzionalità fra
tali volumi e le esigenze effettivamente
presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere
applicata solo alle opere edilizie
completamente prive di una propria autonomia
funzionale, anche potenziale, in quanto
destinate a contenere impianti serventi di
una costruzione principale, per esigenze
tecnico-funzionali della costruzione stessa;
pertanto, al di fuori di tale ambito, il
concetto non può essere utilizzato né
dall'amministrazione né dal privato al fine
di negare rilevanza giuridica ai volumi,
comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 07.11.2008, n.
19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258)
(TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
IL concetto di pertinenza
previsto dal diritto civile va distinto dal
più ristretto concetto di pertinenza inteso
in senso edilizio e urbanistico, che non
trova applicazione in relazione a quelle
costruzioni che, pur potendo essere
qualificate come beni pertinenziali secondo
la normativa privatistica, assumono tuttavia
una funzione autonoma rispetto ad altra
costruzione.
Questa Sezione
ha già avuto modo di affermare –secondo
consolidata impostazione giurisprudenziale-
che il concetto di pertinenza previsto dal
diritto civile, va distinto dal più
ristretto concetto di pertinenza inteso in
senso edilizio e urbanistico, che non trova
applicazione in relazione a quelle
costruzioni che, pur potendo essere
qualificate come beni pertinenziali secondo
la normativa privatistica, assumono tuttavia
una funzione autonoma rispetto ad altra
costruzione, con conseguente loro
assoggettamento al regime concessorio, come
nel caso di un intervento edilizio che non
sia coessenziale al bene principale e che
possa essere utilizzato in modo autonomo e
separato (TAR Campania Napoli, sez. IV,
15.09.2008, n. 10138).
Ed al fine di qualificare pertinenza un
manufatto dal punto di vista strettamente
edilizio, non può aversi riguardo al solo
profilo strutturale del bene, ossia alla sua
fisica amovibilità (anche in ragione dei
materiali utilizzati ed alla tecnica
costruttiva), bensì al profilo funzionale
(TAR Campania Napoli, sez. VIII, 24.04.2009,
n. 2163), ovvero alla possibilità di fruire
autonomamente del manufatto.
D’altra parte, nel concetto di nuova
costruzione deve farsi rientrare ogni
intervento edilizio che abbia rilevanza
urbanistica in quanto incide sull'assetto
del territorio ed aumenta il c.d. carico
urbanistico (Cons. Stato, sez. V,
15.06.2002, n. 3176).
In particolare, per ciò che concerne i
locali realizzati sugli sporti delle
abitazioni al fine di ottenere un
ripostiglio, questa Sezione (TAR Campania
Napoli, sez. IV, 12.06.2001, n. 2708) ha già
chiarito che non si tratta di interventi di
mera manutenzione straordinaria, cui è
connessa la necessità di non alterare la
identità strutturale e funzionale
dell'organismo edilizio originario, mentre
con la realizzazione della
veranda-ripostiglio l'appartamento risulta
dotato di terrazzo ma una struttura nuova e
aggiuntiva, estranea alla originaria
conformazione dell'appartamento.
Morfologicamente e funzionalmente diversa
dal terrazzo la veranda sottrae spazio al
balcone riducendo le dimensioni dello stesso
e innovando la unità abitativa della quale
altera, sia pure parzialmente, la
fisionomia, e creando nuovo volume mediante
l'aggregazione al preesistente organismo di
una entità edilizia ulteriore ad esso
organismo estranea (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.09.2009 n. 4849 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di bosco e
giurisdizione in tema di cognizione delle
sanzioni.
Il provvedimento ex artt. 46 e 61, comma 2,
LR n. 31/2008 comporta l’irrogazione di
sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi
della L. n. 689/1981 -non alternativa a
sanzione di tipo rispristinatorio-, la cui
cognizione spetta all’Autorità giudiziaria
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 31.08.2009 n. 4585 -
massima tratta da e link a
www.cameramministrativacomo.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inerzia della P.A., onere di
motivazione e abuso edilizio.
L’inerzia della PA non vale a costituire
alcun titolo sanante implicito né a
legittimare aspettativa in tal senso e
l'onere motivazionale è assolto con
l’indicazione della natura abusiva delle
opere (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 31.08.2009 n. 4583 -
massima tratta da e link a
www.cameramministrativacomo.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità
dell'affidamento diretto del servizio di
gestione di un impianto natatorio comunale
ad una società a capitale interamente
posseduto dal comune.
E' illegittimo l'affidamento diretto del
servizio di gestione di un impianto
natatorio comunale ad una società a capitale
interamente posseduto dal comune, disposto
in virtù degli art. 1, 2 e 5 della L.R.
Lombardia n. 27 del 2006, in base ai quali
può essere affidata direttamente la gestione
degli impianti sportivi senza rilevanza
economica, precisandosi (art. 2, c.1) che
tali sono "quelli che per
caratteristiche, dimensioni e ubicazione
sono improduttivi di utili o produttivi di
utili esigui, insufficienti a coprire i
costi di gestione".
Sebbene, infatti, l'impianto sia di modeste
dimensioni, e venga gestito con finalità
eminentemente sociali, per consentire
l'accesso al nuoto di fasce reddituali
modeste, e ciò sarebbe comprovato da un
disavanzo di gestione, il servizio da
gestire riveste senza dubbio rilevanza
economica, sia in considerazione della
almeno potenziale redditività del medesimo,
che della complessiva attività sociale
svolta dalla società affidataria, che ha un
oggetto sociale eterogeneo, che ricomprende
sia attività a rilevanza sociale che
economica. Difatti, ai fini della
qualificazione di un servizio pubblico
locale sotto il profilo della rilevanza
economica, non importa la valutazione
fornita dalla p.a., ma occorre verificare in
concreto se l'attività da espletare presenti
o meno il connotato della "redditività",
anche solo in via potenziale (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 27.08.2009 n. 5097 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul servizio di distribuzione del
gas naturale: affidamento preceduto da gara,
perseguimento di una pluralità di nuovi
interessi pubblici, destinazione dei beni ad
un servizio pubblico, subentro del nuovo
affidatario nei rapporti in corso.
Nell'attuale sistema normativo che vieta la
gestione diretta del servizio di
distribuzione del gas naturale, il passaggio
ai nuovi affidamenti preceduti da gara è un
obiettivo che l'art. 15 del d.lvo 164/2000,
persegue in vista di una pluralità di nuovi
interessi pubblici a cui è stato dato
rilievo, ossia nell'interesse del mercato
(liberalizzazione), dei comuni (maggiori
canoni annui) e degli utenti (migliore
qualità del servizio e contenimento dei
prezzi). In proposito si è ad esempio
ritenuto che la facoltà di ritenzione degli
impianti prevista contrattualmente sotto il
vecchio regime sia cedevole nei confronti
degli interessi tutelati dalla normativa.
L'esistenza di una controversia tra il
comune e il gestore uscente per la
definizione del quantum dovuto non modifica
la situazione: se una controversia sulla
quantificazione del rimborso potesse
mantenere nel possesso il gestore uscente si
realizzerebbe un prolungamento del rapporto
concessorio (ed anche del nuovo periodo
transitorio introdotto) per un arco
temporale del tutto incerto ed
esclusivamente per volontà di una delle
parti, senza oggettive ragioni di interesse
pubblico. Peraltro, una volta riconosciuta
la legittimità del riscatto e delle
operazioni di gara per l'individuazione del
nuovo gestore, l'acquisizione della
disponibilità dell'impianto costituisce atto
consequenziale e dovuto
dell'amministrazione, che è tenuta a
consegnare l'intero apparato al nuovo
gestore.
In ragione della destinazione dei beni ad un
servizio pubblico, non vi è dubbio che il
comune può adottare l'ordine di rilascio
degli impianti in presenza dei presupposti
necessari per esercitare tale potere: nella
specie l'intimazione a consegnare è stato
emanata in forza delle disposizioni di cui
agli artt. 822 e ss. c.c. che, come
riconosciuto dalla giurisprudenza,
costituisce uno strumento alternativo di
tutela rispetto ai mezzi ordinari di difesa,
oltre che del diritto di proprietà, anche
delle situazioni di possesso (ovvero di
detenzione "qualificata").
L'assoggettabilità degli impianti di
distribuzione del gas al regime di
autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è
confermato dall'art. 826, c. 3, secondo cui
"fanno parte del patrimonio
indisponibile...gli altri beni destinati a
un pubblico servizio".
Sulla questione del passaggio del personale
nella transizione dalla vecchia gestione a
quella nuova, si è già osservato che, il
subentro del nuovo affidatario nei rapporti
in corso è limitato ai casi previsti
dall'art. 14 c. 8 del d.lvo 164/2000. Non è
coerente con la normativa di settore, e
neppure ragionevole, che il gestore
subentrante si accolli obbligazioni
estremamente onerose come quelle relative al
personale del gestore uscente. Il peso che
ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla
concorrenza, in quanto disincentiverebbe la
partecipazione alle gare a beneficio del
gestore uscente, per il quale non vi sarebbe
alcun aggravio nei costi organizzativi
essendo il personale già alle proprie
dipendenze. Peraltro, la disciplina dettata
dall'art. 3 del D.P.R. 902/1986 -che prevede
il passaggio alle dipendenze dei Comuni del
personale delle Società concessionarie- è
riferita all'ipotesi in cui la concessione
sia sostituita dall'assunzione diretta del
servizio da parte degli Enti locali, mentre
quando l'assunzione diretta è vietata (come
nel settore della distribuzione del gas) e
ad un soggetto economico ne subentra un
altro scelto tramite gara la situazione è
radicalmente diversa, perché ogni
imprenditore ha una propria organizzazione e
ne dispone in piena autonomia (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1564 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
LIBERALIZZAZIONE DEL SERVIZIO DI
DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE.
1- Appalto pubblico –
Criteri e principi - Impianti per
l’erogazione del servizio di distribuzione
del gas naturale – Liberalizzazione –
Affidamenti – Operazioni di gara per
l’individuazione del nuovo gestore –
Consegna dell’apparato.
2- Appalto pubblico – Criteri e principi -
Impianti per l’erogazione del servizio di
distribuzione del gas naturale - Subentro
del nuovo affidatario nei rapporti in corso
- Assunzione diretta del servizio -
Passaggio del personale – Divieto –
Legittimità – Sussiste – Ratio.
1-
Nell’attuale sistema normativo, che vieta la
gestione diretta, il passaggio ai nuovi
affidamenti degli impianti per l’erogazione
del servizio di distribuzione del gas
naturale preceduti da gara è un obiettivo
che l’articolo 15 del decreto legislativo
164/2000 persegue in vista di una pluralità
di nuovi interessi pubblici a cui è stato
dato rilievo, ossia nell’interesse del
mercato (liberalizzazione), dei Comuni
(maggiori canoni annui) e degli utenti
(migliore qualità del servizio e
contenimento dei prezzi).
In proposito si è ad esempio ritenuto che la
facoltà di ritenzione degli impianti
prevista contrattualmente sotto il vecchio
regime sia cedevole nei confronti degli
interessi tutelati dalla normativa
sopravvenuta (TAR Lombardia-Brescia,
16.06.2008 n. 662; 10.02.2006 n. 183).
L’esistenza di una controversia tra il
Comune e il gestore uscente per la
definizione del quantum dovuto non modifica
la situazione: se una controversia sulla
quantificazione del rimborso potesse
mantenere nel possesso il gestore uscente si
realizzerebbe un prolungamento del rapporto
concessorio (ed anche del nuovo periodo
transitorio introdotto) per un arco
temporale del tutto incerto ed
esclusivamente per volontà di una delle
parti, senza oggettive ragioni di interesse
pubblico (TAR Lombardia-Brescia 662/2006
citata).
Peraltro val la pena di soggiungere che –una
volta riconosciuta la legittimità del
riscatto e delle operazioni di gara per
l’individuazione del nuovo gestore–
l’acquisizione della disponibilità
dell’impianto costituisce atto
consequenziale e dovuto
dell’amministrazione, che è tenuta a
consegnare l’intero apparato al nuovo
gestore.
2-
A seguito del subentro del nuovo affidatario
nei rapporti in corso di impianti per
l’erogazione del servizio di distribuzione
del gas naturale il passaggio del personale
nella transizione dalla vecchia gestione a
quella nuova è limitato ai casi previsti
dall’articolo 14, comma 8, del decreto
legislativo 164/2000.
Non risulta coerente con la normativa di
settore, e neppure ragionevole, che il
gestore subentrante si accolli obbligazioni
estremamente onerose come quelle relative al
personale del gestore uscente. Il peso che
ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla
concorrenza, in quanto disincentiverebbe la
partecipazione alle gare a beneficio del
gestore uscente, per il quale non vi sarebbe
alcun aggravio nei costi organizzativi
essendo il personale già alle proprie
dipendenze (TAR Lombardia-Brescia, sentenza
29.03.2005 n. 205).
Peraltro la disciplina dettata dall’articolo
3 del D.P.R. 902/1986 –che prevede il
passaggio alle dipendenze dei Comuni del
personale delle Società concessionarie– è
riferita all’ipotesi in cui la concessione
sia sostituita dall’assunzione diretta del
servizio da parte degli Enti locali, mentre
quando l’assunzione diretta è vietata (come
nel settore della distribuzione del gas) e
ad un soggetto economico ne subentra un
altro scelto tramite gara la situazione è
radicalmente diversa, perché ogni
imprenditore ha una propria organizzazione e
ne dispone in piena autonomia (TAR
Lombardia-Brescia, 05.04.2007 n. 361;
12.06.2009 n. 1221) (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1564 -
link a
http://mondolegale.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. La volontà di una P.A.
partecipante ad una conferenza di servizi va
ricostruita attraverso l’esame di tutti i
verbali delle riunioni.
2. La mancata impugnazione di una delle
motivazioni che sorreggono un provvedimento
amministrativo rende inammissibile il
ricorso proposto.
3. Il locatario di un immobile non ha la
legittimazione ad impugnare il diniego di
un’autorizzazione commerciale richiesta dal
solo conduttore.
1.
Normalmente la conferenza di servizi non si
conclude con un atto formalmente definitivo;
pertanto la volontà di una amministrazione
partecipante ad una conferenza di servizi va
ricostruita attraverso l’esame dei verbali
redatti al termine di ciascuna riunione e
dei pareri allegati, che vanno valutati
nella loro interezza e non solo nella parte
conclusiva, così come normalmente avviene a
proposito dei decreti di amministrazione
attiva.
2.
La mancata impugnazione di un punto
fondamentale della determinazione negativa
assunta da una conferenza di servizi
costituisce motivo più che sufficiente, anzi
determinante, per sorreggere la
determinazione stessa, il che rende
inammissibile il ricorso proposto avverso
l’atto di diniego.
3.
Il soggetto locatario di un immobile, il
quale non abbia presentato unitamente al
conduttore domanda di autorizzazione
commerciale per l’apertura di una grande
struttura di vendita e sia rimasto
completamente estraneo al rapporto
instauratosi con l’apertura della conferenza
di servizi, ha un interesse derivato e non
ancora attuale ad ottenere, attraverso
l’autorizzazione commerciale, una modifica
allo strumento urbanistico; interesse questo
che può giustificare un intervento ad
adiuvandum, ma non la proposizione del
ricorso principale avverso il diniego del
rilascio dell’autorizzazione richiesta dal
conduttore (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.08.2009 n. 4932 -
massima tratta da e link a
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APPALTI:
GARA D'APPALTO - OFFERTE ANOMALE
- VERIFICA ANOMALIA - FINALITA' -
ACCERTAMENTO ATTENDIBILITA' OFFERTA NEL SUO
COMPLESSO.
Secondo consolidata giurisprudenza,
essenziale nel giudizio di anomalia è la
verifica finale della
affidabilità/inaffidabilità dell’offerta nel
suo complesso, al di là di singole
inesattezze, verifica che deve essere scevra
da formalismi di sorta (massima consolidata:
<<la verifica di anomalia non ha per
oggetto la ricerca di specifiche e singole
inesattezze dell’offerta economica, mirando,
invece, ad accertare se l’offerta, nel suo
complesso, sia attendibile o inattendibile,
e dunque se dia o meno serio affidamento
circa la corretta esecuzione dell’appalto>>)
(Cons. St., sez. VI, 11.12.2001 n. 6217;
Cons. St., sez. V, 29.07.2003 n. 4323; Cons.
St., sez. VI, 20.04.2009 n. 2384) (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.08.2009 n. 4934 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO
SOSTANZIALE TRA IMPRESE - DISCIPLINA EX ART.
34, C. 2, DLGS. 163/2006 - FINALITA' -
INDIVIDUAZIONE - OPERATIVITA' DELLA
PRESUNZIONE - DEVE ESSERE VALUTATA
CONSIDERANDO I SINGOLI ELEMENTI RISCONTRATI
DALLA COMMISSIONE DI GARA NELLA LORO VALENZA
COMPLESSIVA.
2. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE
TRA IMPRESE - PRESENZA DI SERIE DI INIZI
UNIVOCI E CONCORDANTI - SUSSISTENZA -
FATTISPECIE.
1.
Il comma 2 dell’art. 34 del D. L.vo n.
163/2006, prescrive che "le stazioni
appaltanti escludono altresì dalla gara i
concorrenti per i quali accertano che le
relative offerte sono imputabili ad un unico
centro decisionale, sulla base di univoci
elementi".
La norma, ispirata dall’esigenza di tutelare
la corretta esplicazione del confronto
concorrenziale, non richiede l’accertamento
di fatti dotati, di per sé, di sicura
valenza probatoria, così come non fornisce
alcuna analitica elencazione degli elementi
cui ancorare il giudizio in ordine alla
sussistenza della situazione preclusiva in
essa contemplata.
Il legislatore, come evidenzia la
formulazione del precetto, ha demandato
all’apprezzamento dell’interprete la
specificazione, nel concreto, delle
circostanze suscettibili di esplicare una
portata indiziante limitandosi ad esigere
unicamente la ricostruzione di un contesto
fattuale caratterizzato da elementi gravi,
precisi e concordanti tali da ingenerare,
secondo l’id quod plerumque accidit
un pericolo per il rispetto dei principi di
segretezza, serietà ed indipendenza delle
offerte (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n.
2931/2006).
L’operatività della presunzione deve essere
valutata considerando i singoli elementi
riscontrati dalla Commissione di gara nella
loro valenza complessiva (Cons. Stato, Sez.
IV, 19.09.2007, n. 4835).
2.
E' legittima l'esclusione per collegamento
sostanziale tra due imprese in presenza dei
seguenti indizi univoci e concordanti:
a) le buste contenenti le offerte e la
documentazione di gara erano state
consegnate alla medesima ora dello stesso
giorno;
b) le buste riportavano la medesima
etichettatura;
c) vi era una identità dell’impostazione
grafica delle dichiarazioni e della
documentazione;
d) il bollettino di versamento del
contributo all’Autorità di Vigilanza era
stato compilato con identiche modalità e
grafia ed il suo pagamento era stato
effettuato presso lo stesso ufficio postale,
il medesimo giorno e con numerazione
immediatamente progressiva;
e) il titolare di una impresa era il padre
del titolare dell’altra;
f) vi era coincidenza del numero del fax
indicato nelle domande di partecipazione;
g) l’attestazione SOA era stata rilasciata
dalla medesima società;
h) la polizza fideiussoria di entrambe le
imprese era stata rilasciata dalla stessa
agenzia.
Nella fattispecie in esame,
l’Amministrazione, ha rilevato una pluralità
di elementi di fatto certi ed incontestati,
nessuno dei quali di per sé idoneo a
supportare con certezza le conclusioni
raggiunte dalla Commissione di gara, ma
tali, nel loro insieme, da soddisfare
pienamente il dettato normativo.
Ricorrono, pertanto, in relazione al quadro
indiziario prospettato, i caratteri della
gravità, precisione e concordanza stante la
correttezza del processo logico deduttivo
posto in essere dalla stazione appaltante
che pone in una situazione di complessiva
coerenza le conclusioni cui è pervenuta con
le premesse fattuali accertate.
Che gli specifici elementi posti a
fondamento del provvedimento di esclusione
esplichino una portata indiziante, oltre che
conforme al costante orientamento della
Sezione (TAR Milano, Sez. I, 07.05.2008, n.
1356 e 08.05.2008, n. 1412), è pacificamente
riconosciuto dalla più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato che,
in presenza di elementi di fatto analoghi a
quelli evidenziati nel provvedimento oggetto
del presente giudizio, è pervenuta alle
medesime conclusioni rilevando come "gli
indizi posti in luce dalla commissione nel
caso in trattazione depongano
univocamente…per la riconducibilità delle
due imprese ad un unico centro decisionale
e, di qui, ad una reciproca conoscibilità
delle offerte…" (Cons. Stato, Sez. V,
06.04.2009 n. 2139) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 10.08.2009 n. 4578 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO -
PARTECIPAZIONE DI RTI - IMPUGNAZIONE ATTI DI
GARA - LEGITTIMAZIONE ATTIVA DI CIASCUNA
IMPRESA PARTE DEL RTI - SUSSISTENZA.
2. GARA D'APPALTO - MODALITA' DI
PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE - LEX SPECIALIS
- PREVISIONE CONSEGNA MEDIANTE RACCOMANDATA
O CORRIERE ESPRESSO - CONSEGNA DIRETTA -
ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' – RAGIONI.
1.
L’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno
un centro d’imputazione di atti e rapporti
giuridici distinto ed autonomo rispetto alle
imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa,
già associata o ancora da associare, è
titolare d’un autonomo interesse legittimo a
conseguire l'aggiudicazione, e quindi la
legittimazione deve riconoscersi in capo
all'impresa singola facente parte dell'ATI
stessa, non importando se questa sia già
costituita al momento della presentazione
dell'offerta o che si debba costituire
all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons.
St., V, 12.02.2007 n. 593; id., 28.12.2007
n. 6689). Tanto nella considerazione che il
conferimento del mandato speciale collettivo
irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo
attribuisce al legale rappresentante di
quest'ultima la rappresentanza processuale
nei confronti della stazione appaltante e
delle imprese controinteressate, senza con
ciò precludere a tutte le imprese in sé
d’agire in giudizio singulatim.
È appena da osservare, inoltre, che non solo
manca un’espressa previsione nella normativa
tanto comunitaria, quanto nazionale che
precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V,
23.10.2007, n. 5577), ma che soprattutto la
Corte del Lussemburgo ha confermato la piena
legittimità, a livello comunitario, della
disciplina normativa nazionale che abiliti
le singole imprese componenti di un’ATI a
proporre autonomo ricorso avverso gli atti
d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza
pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE,
ord.za 04.10.2007, resa nella causa
C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè,
si volesse ritenere che tal principio serve
alle imprese mandanti e non anche alla
mandataria–, ciò non è così, posto che
sussiste sempre la legittimazione anche
dell'impresa mandataria di un’ATI
costituenda a proporre, come nella specie,
un autonomo ricorso contro gli atti e i
risultati della gara (di recente, cfr. Cons.
St., VI, 23.07.2008 n. 3652; id., 06.03.2009
n. 1346).
2.
Se è vero che sussiste una certa
discrezionalità, da parte della stazione
appaltante, di prediligere di volta in volta
il mezzo più acconcio per realizzare il bene
giuridico protetto –ossia la serietà della
volontà dell’impegno e la recettizietà della
dichiarazione negoziale–, ciò va
circoscritto negli ovvi limiti della
ragionevolezza e della proporzionalità, nel
senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve
assurgere a limite preclusivo ultra vires
della possibilità d’effettiva partecipazione
alla gara.
Infatti, tal discrezionalità non è solo
rimessa al limite interno della ragionevole
coerenza dello strumento prescelto
all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso,
il servizio postale di fatto sarebbe sempre
da preferire, perché è un mezzo noto,
generale ed abbastanza (ma non del tutto)
sicuro per presentare le domande de
quibus. Essa soggiace pure a quelli ex
art. 77, commi 4 e 7, del D.lgs. 12.04.2006
n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è
un mezzo predefinito a priori che obblighi
l’impresa partecipante a produrre la propria
domanda nell’ambito d’un novero ristretto di
mezzi di presentazione, ma le stazioni
appaltanti possono acconsentire alla
produzione diretta delle domande stesse ai
propri uffici. Tanto con il solo limite
della non esclusività –in caso contrario, la
presentazione diretta incappando nei
medesimi rilievi oggidì recati contro il
bando della gara de qua–, nonché della
salvaguardia della integrità della
documentazione e della riservatezza
dell’offerta.
Anche l’ammissione della produzione diretta
è facoltativa, ma è del pari vero che tal
facoltà non deve intendersi elisa ed
inutilizzabile, una volta prescelta un’altra
modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel
replicare tutti i mezzi di presentazione
delle domande e delle offerte indicati
nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE,
fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia
la regola della produzione diretta. Sicché i
due gruppi di modalità si devono intendere
tra loro normalmente e facilmente
integrabili, tranne che la stazione
appaltante non dimostri che quella ex c. 4
alteri le inderogabili esigenze di
protezione dell’integrità e della
riservatezza delle offerte, o che tal
modalità le avrebbe consentito facilmente
d’apprenderne il contenuto prima della
scadenza del termine previsto per la loro
presentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 29.07.2009 n. 7689 -
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APPALTI:
Lex specialis e criteri di
valutazione.
Si conferma l’opinione giurisprudenziale in
base alla quale, nel caso in cui, in una
procedura di scelta del contraente secondo
il metodo dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, la lex specialis di gara
già preveda criteri e sottocriteri di
valutazione sufficientemente rigidi e
precisi, tali da determinare una griglia di
sottovoci che consenta un esercizio
«guidato» e controllabile della
discrezionalità tecnica ed amministrativa
propria del giudizio della commissione
giudicatrice, legittimamente quest'ultima
omette di stabilire criteri più dettagliati
(TAR Lomabrdia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4545 -
link a
www.cameramministrativacomo.it). |
COMPETENZE GESTIONALI: La
disciplina della circolazione sulle strade
comunali rientra nelle competenze della
dirigenza comunale anche se il Codice della
Strada del 1992 afferma il contrario, in
quanto dalla data di entrata in vigore del
nuovo T.U. degli enti locali l'adozione di
atti di gestione e di atti o provvedimenti
amministrativi spetta ai dirigenti.
Deve, preliminarmente, stabilirsi quale
potere il Sindaco abbia inteso esercitare
nell’emanare l’impugnata ordinanza.
Ad avviso del Collegio sussistono pochi
dubbi sul fatto che questa sia stata emanata
ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs. 30/04/1992
n.285 (nuovo codice della strada) e non,
invece, ex art. 54, comma 4 del D. Lgs.
18/08/2000 n.267, come pretendono tanto il
comune quanto il consorzio.
Ed invero, nell’ordinanza è esplicitamente
richiamata la norma di cui al citato art. 7
e, del resto, l’atto manifesta i contenuti
tipici del provvedimento descritto nella
suddetta disposizione, dettando prescrizioni
volte a regolare la circolazione stradale
nella zona considerata. Sono assenti,
invece, indizi che manifestino
l’intendimento del Sindaco di agire con un
provvedimento extra ordinem. Manca, difatti,
qualunque indicazione circa l’esistenza di
un pericolo incombente non altrimenti
fronteggiabile con gli ordinari strumenti. E
del resto, le prescrizioni date hanno il
carattere della continuità e stabilità,
mentre le ordinanze contingibili ed urgenti
hanno, per loro natura, efficacia
temporalmente limitata. Il che induce ad
escludere, in mancanza di elementi
ermeneutici di segno contrario, che il
Sindaco abbia agito ai sensi dell’art. 54,
comma 4, del citato D. Lgs. n. 267/2000.
Ciò premesso, deve
ritenersi che spettasse al dirigente
competente per settore provvedere.
Infatti, in tema di disciplina della
circolazione sulle strade comunali,
rientrano nelle competenze della dirigenza
comunale i provvedimenti che siano diretti a
regolamentare la circolazione su singole
strade del centro abitato, a nulla
rilevando, in contrario, che il combinato
disposto di cui agli articoli 6 e 7 del
codice della strada, precedentemente
emanato, attribuisca al sindaco la
regolamentazione della circolazione nei
centri abitati e che i provvedimenti in
questione non risultino specificamente tra
quelli enumerati dall'articolo 107, terzo
comma, del d.lgs. n. 267 del 2000, atteso
che:
a) il quinto comma del citato art. 107
stabilisce espressamente che, a decorrere
dalla data di entrata in vigore del testo
unico in cui la norma è contenuta, le
disposizioni che conferiscono agli organi di
governo degli enti l'adozione di atti di
gestione e di atti o provvedimenti
amministrativi, “si intendono nel senso
che la relativa competenza spetta ai
dirigenti”;
b) l’elenco delle competenze dirigenziali
contenuto nella disposizione ha natura
meramente esemplificativa (TAR
Calabria–Catanzaro 23/09/2003 n. 2730; TAR
Lombardia–Brescia 28/04/2003 n. 464; TAR
Piemonte 27/11/2002 n. 2000; Cass. Sez. II,
06/11/2006 n. 23622).
Occorre, infine, rilevare che,
contrariamente a quanto le controparti
sostengono, nessun rilievo può avere il
fatto che le strade interne al comprensorio
siano private, atteso che è incontroverso
che le stesse siano adibite ad uso pubblico;
del resto, ove così non fosse, il Consorzio
non avrebbe avuto alcuna necessità di
rivolgersi al Sindaco per regolare il
traffico veicolare nelle aree in
contestazione; gli sarebbe bastato avvalersi
della ordinaria facoltà di cui all’art. 841
cod. civ., che consente al proprietario di
chiudere il fondo in qualunque momento
(TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 28.07.2009 n. 1391 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Variazioni essenziali.
L’art. 32 del D.P.R. n. 380/2001 che detta i
criteri per l’individuazione delle
cosiddette variazioni essenziali fra queste
inserisce la modifica sostanziale della
localizzazione dell’edificio sull’area di
pertinenza, sicché in tale ipotesi non sono
consentite varianti a concessioni già
rilasciate.
Le varianti, invece, sono soggette soltanto
a DIA solo se non incidano sui parametri
urbanistici e non violino le eventuali
prescrizioni contenute nella concessione
edilizia (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 22.07.2009 n. 30399 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ambiente in genere. Ordinanze
contingibili e urgenti.
Per quanto riguarda il profilo della
contingibilità e dell’urgenza, lo stesso
indica l’urgente necessità di provvedere con
efficacia ed immediatezza in ordine a
situazioni eccezionali di pericolo attuale
per la pubblica incolumità; ciò che rileva,
ai fini della loro legittimità, è che il
Sindaco dia contezza delle ragioni che lo
hanno spinto ad adottare un simile
strumento, con la precisazione che la
ragioni giustificatrice attiene non tanto
all’imprevedibilità dell’evento, quanto
piuttosto all’impossibilità di adottare
tempestivamente i normali rimedi offerti
dall’ordinamento.
Di conseguenza –cfr. sempre la citata
pronuncia– sono consentiti tali
provvedimenti anche quando un’apposita
disciplina regola in via ordinaria
determinate situazioni, laddove la necessità
di provvedere risulti tanto urgente da non
consentirne il tempestivo utilizzo.
L’ordinanza può essere adottata anche a
fronte di sole situazioni di pericolo, allo
scopo di evitare la produzione di un danno
per la salute pubblica, senza che si debba
attendere che si sia verificato il danno
medesimo (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 16.07.2009 n. 4379 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Condonabilità opere abusivamente
costruite su terreno illecitamente
lottizzato.
I manufatti abusivamente eseguiti, in
attuazione del fine lottizzatorio e
nell’ambito della lottizzazione, possono
essere sanati soltanto previa valutazione
globale dell’attività lottizzatoria secondo
il meccanismo previsto dagli artt. 29 e 35,
comma 13, della legge n. 47/1985 (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.07.2009 n. 28532 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Art. 674 c.p.: natura del
reato.
La contravvenzione di cui all’art. 674 c.p.
costituisce reato di pericolo, per cui non è
necessario che sia determinato un effettivo
nocumento alle persone, essendo sufficiente
l’attitudine concreta delle emissioni ad
offenderle o molestarle purché, ovviamente,
le emissioni di esalazioni maleodoranti non
presentino un carattere del tutto momentaneo
ed abbiano un sicuro impatto negativo (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.07.2009 n. 28520 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Volumi tecnici (nozione).
Per l'identificazione della nozione di
volume tecnico assumono valore tre ordini di
parametri:
a) il primo, positivo, di tipo
funzionale, relativo al rapporto di
strumentalità necessaria tra il manufatto
con l'utilizzo della costruzione;
b) il secondo ed il terzo,
negativi, ricollegati da un lato
all'impossibilità di soluzioni progettuali
diverse, nel senso che tali costruzioni non
devono poter essere ubicate all'interno
della parte abitativa, e dall'altro lato ad
un rapporto di necessaria proporzionalità
fra tali volumi e le esigenze effettivamente
presenti: ne deriva che tale nozione può
essere applicata solo alle opere edilizie
completamente prive di una propria autonomia
funzionale, anche potenziale, ed invece
esclusa rispetto a locali, in specie laddove
di ingombro rilevante, tali da mutare la
consistenza dell'edificio, in quanto
oggettivamente incidenti in modo
significativo sui luoghi esterni (TAR
Campania-Salerno, Sez. II.
sentenza 13.07.2009 n. 3987 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Aggravamento del carico
urbanistico.
Il cosiddetto carico urbanistico da prendere
in considerazione ai fini della consumazione
dell’illecito va riferito all’entità abusiva
unitariamente considerata e non ai singoli
interventi individualmente valutati.
E' legittimo il sequestro preventivo di un
immobile nel quale risultano realizzate
opere interne che ne abbiano comportato il
mutamento della destinazione d’uso,
realizzandosi in questo caso un ‘ipotesi di
aggravamento del cosiddetto carico
urbanistico (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 10.07.2009 n. 28479 -
link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI - VARI:
Polizia giudiziaria.
Utilizzabilità videoriprese.
Sono legittime e, pertanto, utilizzabili le
videoregistrazioni dell’ingresso e del
piazzale di accesso a un edificio sede
dell’attività di una società commerciale,
eseguite dalla polizia giudiziaria dalla
pubblica strada, mediante apparecchio
collocato all’esterno dell’edificio stesso,
non configurando esse un’indebita intrusione
né nell’altrui privata dimora, né
nell’altrui domicilio e ciò perché non
rientra nell’ambito del domicilio o della
privata dimora il luogo in cui si svolge una
attività lavorativa, oltre tutto esposta
alle ispezioni visive dei soggetti che si
trovano all’esterno (fattispecie relativa a
videoriprese effettuate nell'ambito di
attività di indagine in materia di illecita
gestione di rifiuti) (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 10.07.2009 n. 28474 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Manutenzione straordinaria e
risanamento conservativo.
Quanto alla manutenzione straordinaria,
l’art. 3, 1° comma, lett. b), del T.U. n.
380/2001 ricomprende in tale nozione "le
opere e le modifiche necessarie per
rinnovare o sostituire parti anche
strutturali degli edifici, nonché per
realizzare e integrare i servizi
igienico-sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e le superfici delle
singole unità immobiliari e non comportino
modifiche delle destinazioni d’uso".
Interventi siffatti devono essere comunque
effettuati nel rispetto degli elementi
tipologici, strutturali e formali nella loro
originaria edificazione.
L’art. 3, 1° comma, lett. c), del T.U. n.
380/2001 identifica, poi, gli interventi di
restauro e risanamento conservativo come
quelli "rivolti a conservare l‘organismo
edilizio e ad assicurarne la funzionalità
mediante un insieme sistematico di opere che
- nel rispetto degli elementi tipologici,
formali e strutturali dell‘organismo stesso
- ne consentano destinazioni d’uso con esso
compatibili". Tali interventi, in
particolare, possono comprendere: il
consolidamento, il ripristino ed il rinnovo
degli elementi costitutivi dell’edificio;
l’inserimento degli elementi accessori e
degli impianti richiesti dalle esigenze
dell’uso; l’eliminazione di elementi
estranei all’organismo edilizio.
La finalità è quella di rinnovare
l’organismo edilizio in modo sistematico e
globale, ma essa deve essere attuata -poiché
si tratta pur sempre di conservazione- nel
rispetto dei suoi elementi essenziali
tipologici, formali e strutturali.
Ne deriva che non possono essere mutati: la
qualificazione tipologica del manufatto
preesistente, cioè i caratteri
architettonici e funzionali di esso che ne
consentono la qualificazione in base alle
tipologie edilizie; gli elementi formali
(disposizione dei volumi, elementi
architettonici) che distinguono in modo
peculiare il manufatto, configurando
l’immagine caratteristica di esso; gli
elementi strutturali, cioè quelli che
materialmente compongono la struttura
dell’organismo edilizio (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.07.2009 n. 28458 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Interventi soggetti a permesso di
costruire.
L’art. 3, 1° comma, lett. e), del T.U. n.
380/2001, assoggetta attualmente a permesso
di costruire non soltanto le attività di
edificazione, ma anche altre attività che,
pur non integrando interventi edilizi in
senso stretto, comportano comunque una
modificazione permanente dello stato
materiale e della conformazione del suolo
per adattano ad un impiego diverso da quello
che gli è proprio in relazione alla sua
condizione naturale ed alla sua
qualificazione giuridica (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.07.2009 n. 28457 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Reflui da allevamento.
L’art. 137, comma 1, d.lgs. 03.04.2006, n.
152 prevede una sanzione penale per chi
effettui senza autorizzazione scarichi di
acque reflue industriali, mentre il
precedente art. 133, comma 2, prevede una
sanzione amministrativa per chi effettui
senza autorizzazione scarichi di acque
reflue domestiche.
L’art. 101, comma 7, dispone poi che «ai
fini della disciplina degli scarichi e delle
autorizzazioni, sono assimilate alle acque
reflue domestiche le acque reflue: ... b)
provenienti da imprese dedite ad allevamento
di bestiame» (comma 7, come modificato
dall’art. 2, comma 8, del d.lgs. 16.01.2008,
n. 4, che ha eliminato le successive parole
«che, per quanto riguarda gli effluenti di
allevamento, praticano l’utilizzazione
agronomica in conformità alla disciplina
regionale stabilita sulla base dei criteri e
delle norme tecniche generali di cui
all’articolo 112, comma 2, e che dispongono
di almeno un ettaro di terreno agricolo per
ognuna delle quantità indicate nella Tabella
6 dell’Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto».
Secondo la normativa attualmente vigente,
quindi, le acque reflue provenienti da
imprese dedite all’allevamento di bestiame
sono assimilate alle acque reflue domestiche
ai fini della disciplina degli scarichi
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.07.2009 n. 28452 -
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EDILIZIA PRIVATA:
D.i.a. a sanatoria.
La sanatoria di cui all'articolo 37 dpr
380/2001 può essere chiesta solo per gli
interventi edilizi di cui all’art. 22, commi
1 e 2 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.07.2009 n. 28040 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Moralità professionale delle
imprese.
La non veridicità della dichiarazione circa
la sussistenza di provvedimenti
giurisdizionali penali (sentenza passata in
giudicato, sentenza patteggiata o decreto
penale irrevocabile) integra un’autonoma
causa di esclusione dalla gara, a
prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa
Il TAR Marche è ritornato sulla controversa
problematica della verifica del requisito
della “moralità professionale delle imprese,
di cui all’articolo 38, comma 1°, lettera
c), del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.
n. 163/2006).
Precisamente, il tribunale amministrativo
marchigiano è intervenuto nella questione se
costituisca autonoma causa di esclusione la
dichiarazione inveritiera, indipendentemente
dalla valutazione di incidenza sulla
moralità professionale, da parte della
stazione appaltante.
Al riguardo, il Tar afferma che “è
legittimo il provvedimento di esclusione di
un’impresa da una procedura di gara per
omessa dichiarazione, da parte del titolare
dell’impresa medesima, di due condanne
penali, spettando la valutazione della loro
incidenza sulla moralità professionale
all’amministrazione aggiudicatrice”.
Occorre ricordare che, in merito
all’indicata problematica, si contendono il
campo due distinti indirizzi.
Secondo un primo indirizzo, cui
aderisce il Tar Marche nella pronuncia in
esame, la non veridicità della dichiarazione
circa la sussistenza di provvedimenti
giurisdizionali penali (sentenza passata in
giudicato, sentenza patteggiata o decreto
penale irrevocabile) integra un’autonoma
causa di esclusione dalla gara, a
prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa.
Il problema, invero, sorge perché il
dichiarante (legale rappresentante
dell’impresa, amministratore, direttore
tecnico) potrebbe essere indotto (talora in
buona fede, ma sovente, no) a ritenere che,
siccome la valutazione discrezionale, di
competenza della commissione di gara, deve
vertere sull’incidenza dei reati sulla
moralità professionale, allora
l’imprenditore potrebbe dichiarare solo quei
reati che, a suo parere, possano avere un
profilo di incidenza.
In altri termini, l’imprenditore si
sostituisce alla commissione, non dichiara
tutti i reati, per i quali ha subito
condanne, ma solo quelli che, secondo la sua
personale opinione, possano essere oggetto
di valutazione di incidenza. Orbene, secondo
un primo orientamento, il soggetto obbligato
deve dichiarare tutti i reati, acclarati con
provvedimento giudiziario definitivo. Se
viene meno a tale obbligo (cd. obbligo di
dichiarazione dei reati), l’impresa deve
essere esclusa immediatamente ed
indipendentemente dalla possibile incidenza
dei reati commessi.
Secondo un diverso orientamento, la
sola dichiarazione inveritiera non può
comportare l’esclusione, occorre la
valutazione di incidenza.
A sostegno di tale tesi, vengono evidenziate
due ragioni:
a) la necessità di valutare la positiva
incidenza, ai fini dell’esclusione, in
conformità ai principi comunitari in
materia;
b) la necessaria applicazione dell’articolo
46 del Codice, secondo cui nei limiti
previsti dagli articoli da 38 a 45, le
stazioni appaltanti invitano le imprese a
completare o a fornire chiarimenti in ordine
al contenuto dei certificati, documenti e
dichiarazioni presentati.
Tale indirizzo, sempre minoritario, ha
conosciuto un momento di ripresa, grazie ad
alcune recenti pronunce: Consiglio di Stato,
sez. V, n. 829/2009; Tar Lazio, sez. Roma II,
n. 3984/2009. Il primo orientamento, oltre
ad essere confermato dal Tar Marche, ha
conosciuto anche l’adesione da parte di
altre sentenze: Tar Lazio, Sez. Roma III, nn.
1541/2009 e 3215/2009 (commento tratto da
www.centrostudimarangoni.it - TAR Marche,
Sez. I,
sentenza 17.06.2009 n. 594 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Subappalto.
L’eventuale genericità o incompletezza della
dichiarazione circa il subappalto non può
determinare la conseguenza dell’automatica
esclusione dalla gara in assenza di apposita
previsione, ma soltanto l’impossibilità, per
l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del
subappalto.
Il Consiglio di Stato offre un importante
chiarimento, in materia subappalto, laddove
l’impresa concorrente non indichi in modo
sufficiente ed adeguato l’impresa
subbappaltatrice.
Il CdS afferma che “l’eventuale
genericità o incompletezza della
dichiarazione circa il subappalto non può
determinare la conseguenza dell’automatica
esclusione dalla gara in assenza di apposita
previsione, ma soltanto l’impossibilità, per
l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del
subappalto. Di conseguenza, l’impresa
appaltatrice è obbligata a portare a termine
in proprio tutti i lavori appaltati,
sempreché sia qualificata per ciascuna di
esse, potendosi, in tal caso, procedere
all’esclusione del concorrente solo laddove
il medesimo sia carente della prescritta
qualificazione”.
Sulla stregua di tali asserzioni, il
Consiglio di Stato ha puntualizzato che il
superamento dei limiti massimi di
subappalto, previsti nella gara specifica,
ovvero fissati in via generale dalla legge,
non comporta l’esclusione dell’impresa
concorrente, ma solo l’impossibilità di
autorizzare il subappalto in caso di
aggiudicazione (commento tratto da
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 12.06.2009 n. 3696 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Danno ambientale. Legittimazione
associazioni.
Il concetto di "beni ambientali o valori
ambientali" alla cui salvaguardia sono
legittimate le Associazioni, pur in mancanza
di specifiche indicazioni da parte della
legislazione statale e regionale, viene
riferito sia a quello di "ambiente",
quale risulta dalla disciplina relativa al
paesaggio (oggetto della tutela
conservativa), che a quello di "ambiente"
preso in considerazione dalle norme poste a
protezione contro fattori aggressivi (difesa
del suolo, dell'aria, dell'acqua) ed anche a
quello di "ambiente", oggetto di
disciplina urbanistica e di tutela del
territorio.
L'elemento unificante di tutte queste
elaborazioni consiste nel fatto che
l'ambiente, in senso giuridico, va
considerato come un insieme che, pur
comprendendo vari beni o valori, quali
flora, fauna, suolo, acqua, etc.., si
distingue ontologicamente da questi in
quanto si identifica in una realtà priva di
consistenza materiale (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 30.04.2009 n. 378 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Modifica sostanziale
impianto.
L'art. 269, comma 8, del d.lgs. 152/2006
impone al gestore che intenda sottoporre un
impianto a modifica sostanziale di
presentare una domanda di aggiornamento
dell'autorizzazione e richiama, per il
procedimento autorizzatorio della modifica,
le stesse disposizioni contenute nel
medesimo articolo in relazione alla
disciplina afferente il rilascio della
originaria autorizzazione. Per modifica
sostanziale la stessa disposizione intende
quella modifica che comporti un aumento o
una variazione qualitativa delle emissioni o
che altera le condizioni di convogliabilità
tecnica delle stesse (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 29.04.2009 n. 2746 -
link a www.lexambiente.it). |
COMPETENZE GESTIONALI: Nei
comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti è legittima l'attribuzione ai
componenti dell’organo esecutivo della
responsabilità degli uffici e dei servizi e
del potere di adottare atti anche di natura
tecnica gestionale: il contenimento della
spesa deve essere documentato ogni anno, con
apposita deliberazione, in sede di
approvazione del bilancio.
Con un primo profilo viene reiterata la
censura con cui si sostiene l’incompetenza
del Sindaco di Mezzomerico ad adottare
(ovvero ritirare in autotutela)
provvedimenti in materia
edilizio-urbanistico, atti di gestione a
competenza dei dirigenti.
Questo motivo è infondato, alla stregua di
specifico precedente di questo Consiglio (V,
06.03.2007, n. 1052), dal quale non vi è
ragione per discostarsi ed al quale si
rinvia, ai sensi dell’art. 9 della legge
21.07.2000, n. 205.
Infatti, come correttamente ritenuto dai
primi giudici, l’articolo 53, comma 23,
della legge n. 388 del 23-12-2000 ha
previsto che gli enti locali con popolazione
inferiore a cinquemila abitanti, anche al
fine di operare un contenimento della spesa,
possano adottare disposizioni regolamentari
organizzative, se necessario anche in deroga
a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3
e 4, del decreto legislativo 03.02.1993, n.
29, e successive modificazioni, e
all’articolo 107 del testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali,
attribuendo ai componenti dell’organo
esecutivo la responsabilità degli uffici e
dei servizi ed il potere di adottare atti
anche di natura tecnica gestionale: il
contenimento della spesa deve essere
documentato ogni anno, con apposita
deliberazione, in sede di approvazione del
bilancio.
Nella specie, non è in contestazione che il
Comune di Mezzomerico ha una popolazione
inferiore ai cinquemila abitanti e che, con
delibera n. 24 di Giunta del 10.04.2007, ha
provveduto ad attribuire all’organo
esecutivo le competenze previste dal
T.U.E.L. per i dirigenti.
Afferma ancora la società appellante, anche
se per la verità non a chiare note, che tale
delibera sarebbe illegittima in quanto la
norma della legge 388 richiederebbe un
apposito regolamento.
Tali profili di censura giustamente non sono
stati ritenuti suscettibili di accoglimento
dal giudice di prime cure.
Le disposizioni regolamentari organizzative
cui fa riferimento la norma non
necessariamente indicano l’approvazione di
un regolamento, e, in ogni caso, ai sensi
dell’art. 48 del T.U.E.L. è altresì di
competenza della Giunta l’adozione dei
regolamenti sull’ordinamento degli uffici e
dei servizi: nella specie, la Giunta di
Mezzomerico ha fatto corretta applicazione
dell’art. 12 del Regolamento organico, il
quale le attribuisce il potere di
individuare i Responsabili comunali delle
aree funzionali che il Sindaco poi nomina.
Il rispetto di questi criteri generali
stabiliti per l’organizzazione degli uffici
comunali la cui violazione peraltro non è
stata oggetto di specifiche censure, e la
deroga di attribuzione in capo ad
amministratori comunali prevista
espressamente dalla legge, senza ulteriore
discrezionalità se non sull’an,
portano dunque ad escludere la necessità di
ulteriori criteri generali (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 23.02.2009 n. 1070 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
pubblicazione dell’atto amministrativo,
quando è prescritta, non costituisce
requisito di validità ma solo di efficacia
del provvedimento.
La pubblicazione
dell’atto amministrativo, quando è
prescritta, non costituisce requisito di
validità ma solo di efficacia del
provvedimento, la quale attiene al diverso
fenomeno della produzione degli effetti che
si realizza quando si è perfezionato l’iter
procedimentale (estrinseco) previsto per la
formazione dell’atto.
Nella specie tuttavia –come consentito
dall’Ordinamento– la Giunta Comunale ha
dichiarato la sua deliberazione n. 24/2007
immediatamente esecutiva, con ciò rimuovendo
ogni impedimento estrinseco alla produzione
degli effetti di detto atto (ovvero della
sua temporanea inefficacia o –meglio–
inoperatività in pendenza dell’affissione).
Peraltro, la pubblicazione delle
deliberazioni comunali all’Albo Pretorio ha
solo funzione strumentale di conoscenza
legale dell’atto, tale da rendere possibile
la presentazione di eventuali reclami ed
opposizioni o ricorsi all’organo di
controllo, all’Amministrazione stessa e
all’Autorità Giudiziaria (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 23.02.2009 n. 1070 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
E' gratuita la concessione
edilizia da rilasciarsi all'ENEL SPA in
merito alla ristrutturazione ad uso ufficio
di un edificio di proprietà onde utilizzarlo
quale sede operativa della sezione
teletrasmissioni.
Secondo la giurisprudenza, l’esenzione dai
contributi dovuti per il rilascio della
concessione edilizia, ai sensi dell’art. 9,
lett. f), della legge n. 10 del 1977, si
applica all’opera realizzata da una pubblica
amministrazione o da un concessionario o,
più in generale, da un soggetto che curi
istituzionalmente la realizzazione di opere
di interesse generale per il perseguimento
delle specifiche finalità cui le opere
stesse sono destinate (Cons. St., Sez. V,
20.07.1999 n. 849) e può essere applicata
anche ad un’opera realizzata da un soggetto
privato per conto di un Ente pubblico purché
si tratti di opera pubblica e/o di un’opera
di interesse generale (Cons. St., Sez. V,
18.09.2003 n. 5315).
Orbene, non v’è dubbio che nel caso in esame
i lavori assentiti con la concessione
edilizia impugnata riguardano la
ristrutturazione di un edificio da adibire
al perseguimento delle specifiche finalità
del servizio pubblico di fornitura
dell’energia elettrica e che i lavori stessi
sono eseguiti da un soggetto che, comunque
lo si guardi, è istituzionalmente, in virtù
del rapporto di concessione, preposto al
servizio pubblico in discorso (TAR
Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 07.09.2004 n. 800 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 15.09.2009 |
ã |
UTILITA' |
LAVORI PUBBLICI:
DISCIPLINA DEI LAVORI PUBBLICI - LE VARIANTI
IN CORSO D’OPERA (link a www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 36
del 10.09.2009, "Rettifica del decreto
02.09.2009, n. 8722 e approvazione del nuovo
«Bando per la realizzazione di impianti
solari termici al servizio di immobili
pubblici»" (decreto
D.G. 03.09.2009 n. 8735 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 36 del
07.09.2009, "Prescrizioni in merito
all'applicazione dell'art. 3, comma 2 e
comma 3, della l.r. 16.07.2009, n. 13" (decreto
D.G. 19.08.2009 n. 8554 - link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
G.U. 07.09.2009 n. 207 "Ordinanza
contingibile ed urgente recante misure per
garantire la tutela e il benessere degli
animali di affezione anche in applicazione
degli articoli 55 e 56 del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163"
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche Sociali,
ordinanza 16.07.2009). |
QUESITI & PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ancora un quesito sulla scheda di
trasporto e formulario per il trasporto
rifiuti.
V. Vattani, Ho letto la risposta al quesito
pubblicata il 06.09.2009 sulla tenuta o meno
della scheda di trasporto merci. A questo
punto mi chiedo:
qualora il formulario di identificazione dei
rifiuti fosse considerato un documento
equipollente alla scheda di trasporto
regolamentata dal D.M. 30/06/2009 è
necessario che esso venga integrato con i
dati mancati e richiesti per la scheda?
In questo caso bisogna comunque portare la
scheda di trasporto durante il viaggio?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito sulla natura giuridica
dello sversamento da una vasca aziendale o
da pozzo nero domestico.
M. Santoloci, Una vasca aziendale o un pozzo
nero domestico senza manutenzione, non
svuotato (rispettivamente) dai liquami
industriali o domestici con fuoriuscita dei
medesimi liquami sul terreno,
rientra in uno scarico non autorizzato o
smaltimento/abbandono di rifiuti liquidi sul
suolo? (link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito in merito alla scheda
di trasporto (per i rifiuti) di cui al DM
30/06/2009, n. 554.
V. Vattani, Vorrei un chiarimento in merito
alla scheda di trasporto di cui al DM
30/06/2009, n. 554.
In caso di trasporto di rifiuti pericolosi e
non pericolosi (in Italia) è necessario
compilare tale documento, o lo stesso viene
sostituito dal formulario di identificazione
rifiuti? (link a
www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito su DDT e formulario
per il trasporto rifiuti.
V. Vattani,
Per il trasporto di rifiuti (con esclusione
delle merci pericolose) il formulario
sostituisce il DDT? (link a
www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito sulla procedura per il
privato cittadino o l’attivista di
associazione ambientalista per denunciare un
caso di inquinamento idrico.
M. Santoloci,
Di fronte ad un caso di inquinamento idrico,
quale procedura può seguire un privato
cittadino? Cosa documentare ed a chi
denunciare il fatto rilevato?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un quesito sulla procedura per
comunicare al Comune reati di eventuale
interesse per ordinanze della pubblica
amministrazione.
M. Santoloci, Siamo un gruppo di ufficiali
di PG ed abbiamo il dubbio se in caso di
reati ambientali accertati (in alcuni casi
anche con sequestro)
sia per noi legittimo e doveroso avvisare
anche il Comune competente dei reati
medesimi allorquando la pubblica
amministrazione è competente per emanare
ordinanze sul caso specifico. Quale
procedura è opportune seguire?
(link a www.simoline.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un quesito sulla storia della
normativa sui vincoli
paesaggistici-ambientali.
M. Santoloci, Sono un giovane agente di PG
ed in un recente seminario da voi
organizzato è stato accennato al tema della
genesi storica della disapplicazione di
fatto della normative sui vincoli
paesaggistico-ambientali, ad iniziare dalla
“legge-Galasso”.
Poiché per gli allievi degli ultimi corsi di
polizia questo tema non viene in genere
esposto, potreste fornirmi qualche
informazione al riguardo? (link a
www.simoline.com). |
ENTI LOCALI:
Rimborso forfetario per
amministratori. Missioni istituzionali.
Il Comune (omissis) pone quesito in merito
alla corretta applicazione del decreto
Ministero dell'Interno 12.02.2009 e
dell'art. 2, comma 27, della legge
24.12.2007, n. 244, chiedendo in
particolare:
- se il rimborso forfetario spettante agli
amministratori locali per missioni
istituzionali di cui al decreto sopra citato
viene corrisposto a decorrere dalla data di
pubblicazione del decreto stesso sulla
Gazzetta ufficiale, avvenuta il 21.03.2009,
oppure se può essere liquidato anche per le
missioni effettuate in precedenza, per le
quali erano state rimborsate le sole spese
di viaggio;
- se tale rimborso è da intendersi come
un'indennità da corrispondere ogni volta che
l'amministratore locale si reca in missione,
oppure se spetta solo ed esclusivamente nel
caso in cui siano state sostenute delle
spese per pasti o alloggio, oltre alle spese
di trasporto (Regione Piemonte,
parere n. 77/2009 - link a
www.regione.pimenonte.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
A. Barbiero,
L’affidamento di lavori a scomputo: le
novità in base alla Determinazione AVCP n.
7/2009 (link a
www.albertobarbiero.net). |
APPALTI:
C. Ferro,
L’avvalimento (link a
www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Palliggiano, LA RIFORMA DEI SERVIZI
PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA -
L’evoluzione legislativa della gestione dei
servizi pubblici locali dalla legge Giolitti
al Testo unico degli enti locali
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Guzzo,
LA RIFORMA DEI SERVIZI
PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA
-
La nuova disciplina degli affidamenti in
house e delle società miste alla luce
dell’evoluzione giurisprudenziale nazionale
e comunitaria più recente e dell’articolo
23-bis del d.l. n. 112/2008, convertito, con
modifiche, nella legge n. 133 del 06.08.2008
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA - VARI:
Verifica straordinaria per gli ascensori.
Il 1° settembre è entrato in vigore il
decreto del Ministro per lo sviluppo
economico sulle nuove regole per migliorare
la scurezza degli ascensori, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del
17.08.2009.
L'obiettivo è quello di adeguare allo stesso
livello di sicurezza tutti gli ascensori in
uso sul territorio italiano, molti dei quali
obsoleti. In pratica, nel giro di 5 anni a
partire dal 1° settembre tutti gli impianti
installati entro il 24.06.1999 dovranno
essere sottoposti ad un'analisi dei rischi.
Il mancato adeguamento a tali misure
comporterà l'impossibilità di tenere in uso
l'impianto.
I destinatari dell'obbligo sono i
proprietari degli impianti, amministratori,
associazioni di piccoli proprietari
immobiliari; imprese che effettuano
manutenzione, riparazione e ammodernamento
di ascensori; ASL e Ispettorato del lavoro.
Il Provvedimento classifica le varie
situazioni pericolose e fornisce azioni
correttive che migliorino progressivamente e
selettivamente la sicurezza di tutti gli
ascensori esistenti. Elenca inoltre i rischi
di livello (alto, medio e basso). Per
valutare la situazione di rischio, sulla
base delle norme di buona tecnica più
recenti si deve richiedere e concordare una
verifica straordinaria dell'impianto.
La verifica va fatta: entro l'01.09.2011 per
gli ascensori installati prima del
15.11.1964; entro l'01.09.2012 per gli
ascensori installati prima del 24.10.1979;
entro l'01.09.2013 per gli ascensori
installati prima del 09.04.1991; entro
l'01.09.2014 per gli ascensori installati
prima del 24.06.1999 (link a
www.governo.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Scuole, collaudi senza segreti. I
genitori hanno diritto d'accesso agli atti.
Niente più segreti per i
collaudi degli edifici scolastici. I
genitori degli alunni infatti, hanno un
interesse qualificato a verificare che i
lavori compiuti sull'edificio scolastico
abbiano ricevuto il collaudo prescritto.
Pertanto, il comune (o l'ente provinciale)
proprietario della scuola non può opporre
alcun diniego alla richiesta di visionare i
relativi atti.
È quanto ha rimarcato la commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi nel
parere emesso al termine dell'adunanza
del 24.03.2009 (ndr: a pag. 7 del file),
ma da poco reso noto, rispondendo ad un
quesito posto dall'ufficio gestione del
territorio del comune di Fiumicino.
Un tema, quello della staticità e della
sicurezza degli edifici pubblici che,
purtroppo, alla luce degli eventi sismici
verificatesi lo scorso sei aprile in
Abruzzo, oggi attira fortemente l'interesse
dell'opinione pubblica.
Nei fatti oggetto del parere in esame, un
cittadino, genitore di un alunno
frequentante una scuola comunale, aveva
richiesto l'accesso agli atti di collaudo,
comprensivi delle eventuali relazioni
allegate e alla determinazione di
approvazione del collaudo dell'edifico
scolastico stesso. Il tutto senza fornire
all'ufficio tecnico comunale, alcuna
motivazione in particolare. Da qui, le
titubanze dell'ufficio comunale in merito
alla legittimità o meno del tenore della
richiesta.
La Commissione ha rilevato che l'articolo 10
del Testo unico sugli enti locali (il
decreto legislativo n. 267/2000), al fine di
favorire la massima trasparenza
dell'attività dell'amministrazione comunale,
ha previsto l'obbligo di mettere a
disposizione di ogni cittadino residente
(per la visione o per l'estrazione di copia)
«qualunque documento relativo ad atti
emanati dall'ente locale», senza che
sussista la necessità di motivare la
richiesta ai fini della valutazione della
titolarità di una situazione rilevante che
giustifichi l'interesse del richiedente
all'accesso, così come invece è previsto, in
via generale, dall'articolo 22 della legge
n. 241/1990.
In questo caso, ha rilevato la commissione
nella risposta, la legittimazione
all'accesso è senza dubbio riconosciuta, in
quanto la richiesta soggiace ad una
situazione giuridicamente qualificata, quale
quella dell'interesse di un genitore a
verificare che i lavori compiuti
sull'edificio scolastico, frequentato dal
figlio, abbiano ricevuto il prescritto
collaudo (articolo ItaliaOggi del
23.05.2009, pag. 35). |
EDILIZIA PRIVATA:
Imposta sui cartelli edili.
I cartelli edili informativi, obbligatori ai
sensi dell'art. 9 dpr 447/1991 e circolare
1729/UL del 1990, scontano l'imposta di
pubblicità quando eccedono il mezzo metro
quadrato.
Il concetto è stato ribadito con sentenza n.
59.1.09 del 24/02/2009 dalla ctp di Reggio
Emilia.
Il ricorso riguardava una società edile di
persone, che si opponeva all'avviso di
accertamento per imposta comunale della
pubblicità. Tale avviso era stato emesso per
un cartello esposto presso un cantiere,
obbligatorio, ai sensi del citato art. 9 dpr
447/1991 e della circolare 1729/UL del 1990.
La normativa vigente impone l'obbligo di
esporre, presso ogni cantiere apposito
cartello con l'indicazione dei soggetti che
prendono parte alle opere ivi eseguite.
La parte ricorrente eccepiva che
l'esposizione del cartello doveva essere
interpretata nel senso di adeguamento a tale
obbligo previsto dalla normativa, non
costituendo tale esposizione, quindi, alcuna
forma di pubblicità, ovvero da
ricomprendersi fra le attività previste in
esenzione ai sensi dell'art. 17, comma 1,
dlgs 507/1993.
Con proprie controdeduzioni, la società
concessionaria, parte resistente, insisteva
sulla regolarità dell'accertamento,
argomentando, nel merito, che il cartello
esposto all'esterno del cantiere, da parte
della società edile, conteneva un chiaro
messaggio pubblicitario ed era di dimensioni
maggiori al mezzo metro quadrato. Tale
argomentazioni erano suffragate, dalla parte
resistente, tramite apposita documentazione
fotografica allegata alle controdeduzioni
depositate.
La commissione tributaria di Reggio Emilia,
udite le parti in pubblica udienza,
ribadisce che le insegne appartenenti alla
società ricorrente, assolvono un obbligo
regolamentare, cosi come stabilito dal dpr
447/1991, contemporaneamente, però, è fuor
di dubbio che rappresentano anche un
messaggio pubblicitario.
Dall'avviso di accertamento della società
concessionaria, continua la commissione,
nonché dalla documentazione fotografica
allegata, si evince che il cartello esposto
ha dimensioni superiori al mezzo metro
quadrato. Dimensioni che eccedono quelle
stabilite per fruire dell'esenzione
(articolo ItaliaOggi del 26.03.2009, pag.
30). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla nozione di «concessione di
servizi» ai sensi della direttiva
2004/17/CE, che coordina le procedure di
appalto degli enti erogatori di acqua e di
energia, degli enti che forniscono servizi
di trasporto e servizi postali.
Nel caso di un contratto avente ad oggetto
servizi, il fatto che la controparte
contrattuale non sia direttamente remunerata
dall'amministrazione aggiudicatrice, ma
abbia il diritto di riscuotere un
corrispettivo presso terzi, è sufficiente
per qualificare quel contratto come
"concessione di servizi" ai sensi dell'art.
1, n. 3, lett. b), della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 31.03.2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure
di appalto degli enti erogatori di acqua e
di energia, degli enti che forniscono
servizi di trasporto e servizi postali, dal
momento che il rischio di gestione corso
dall'amministrazione aggiudicatrice, per
quanto considerevolmente ridotto in
conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell'organizzazione del
servizio, è assunto dalla controparte
contrattuale a carico completo o pressoché
completo (Corte di giustizia europea, Sez.
III,
sentenza 10.09.2009 n. C-206/08 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla compatibilità con il
diritto comunitario dell'affidamento diretto
di un servizio ad una spa a capitale
interamente pubblico nel caso in cui esista
la possibilità che investitori privati
entrino nel capitale della società.
Nel caso in cui il capitale della società
aggiudicataria è interamente pubblico e in
cui non vi è alcun indizio concreto di una
futura apertura del capitale di tale società
ad investitori privati, la mera possibilità
per i privati di partecipare al capitale di
detta società non è sufficiente per
concludere che la condizione relativa al
controllo dell'autorità pubblica non è
soddisfatta. L'apertura del capitale rileva
solo vi è un'effettiva prospettiva di
ingresso di soggetti privati nella compagine
sociale, altrimenti, il principio di
certezza del diritto esige di valutare la
legittimità dell'affidamento in house sulla
base della situazione vigente al momento
della deliberazione dell'Ente locale
affidante.
L'attività della società in house deve
essere limitata allo svolgimento dei servizi
pubblici nel territorio degli enti soci, ed
è esercitata fondamentalmente a beneficio di
questi ultimi.
Nel caso di specie, anche se il potere
riconosciuto alla società aggiudicataria, di
fornire servizi ad operatori economici
privati è meramente accessorio alla sua
attività principale, l'esistenza di tale
potere non impedisce che l'obiettivo
principale di detta società rimanga la
gestione di servizi pubblici. Pertanto,
l'esistenza di un potere siffatto non è
sufficiente per ritenere che detta società
abbia una vocazione commerciale che rende
precario il controllo di enti che la
detengono (Corte di giustizia europea, Sez.
III,
sentenza 10.09.2009 n. C-573/07 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
Cassazione precisa quando, in materia
edilizia, un intervento può essere
qualificato quale restauro o risanamento
conservativo.
In materia edilizia, perché un intervento
possa essere configurato quale restauro o
risanamento conservativo, è necessario che
non venga mutata la qualificazione
tipologica del manufatto preesistente ovvero
i caratteri architettonici e funzionali che
ne consentono la qualificazione in base alle
tipologie edilizie, gli elementi formali che
configurano l'immagine caratteristica dello
stesso e gli elementi strutturali che,
materialmente, compongono la struttura
dell'organismo edilizio.
L'attività di restauro e risanamento
conservativo si qualifica, pertanto, per un
insieme di opere che lasciano inalterata la
struttura dell'edificio, sia all'esterno che
al suo interno, dovendosi privilegiare la
funzione di ripristino della individualità
originaria dell'immobile (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.09.2009 n. 33536 -
link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: La
natura di “zona boscata” è indipendente dal
dato che la zona sia riportata come tale
dalla Carta tecnica regionale.
La natura di zona boscata è determinata
dalla presenza effettiva di bosco fitto di
alto fusto o di bosco rado indipendentemente
dal dato che la zona sia riportata come tale
dalla Carta tecnica regionale (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.09.2009 n. 33534 -
link a www.simoline.com). |
APPALTI: Sulla
necessità, ai fini della dimostrazione del
requisito della moralità professionale
dell’impresa, di dichiarare anche le
condanne non menzionate nel casellario
giudiziale, le sentenze patteggiate e le
condanne per reati puniti con la sola pena
pecuniaria.
Il Consiglio di Stato ha di recente espresso
in materia la condivisibile opinione che
l'esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione dalla gara (Consiglio Stato,
Sez. V, 12.04.2007, n. 1723; in termini,
anche Consiglio di Stato, Sez. V,
06.06.2002, n. 3183) perché la valutazione
circa la sussistenza del requisito della
moralità professionale spetta alla stazione
appaltante e non al concorrente, sicché
quest'ultimo non ha il potere di anticipare
tale giudizio omettendo nella sua
dichiarazione dati penalmente rilevanti
(Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2007, n.
6221).
Le considerazioni in precedenza svolte e la
circostanza che art. 38, II c., del D.Lgs.
n. 163 del 2006 stabilisce che il
concorrente deve attestare il possesso dei
requisiti mediante dichiarazione sostitutiva
in cui deve indicare anche le eventuali
condanne per le quali abbia beneficiato
della non menzione, comportano che non può
essere condiviso il minoritario orientamento
giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V,
08.09.2008, n. 4244), peraltro relativo alla
precedente normativa al riguardo, secondo
cui "il partecipante alla gara può
operare un giudizio di rilevanza sulle
condanne subite e ritenere che i relativi
fatti non incidano sulla moralità
professionale, senza incorrere nella
sanzione della esclusione per dichiarazione
non veritiera perché il difetto del
requisito della moralità professionale non
concerne tutti i reati commessi
dall'imprenditore indipendentemente dal tipo
e dalla gravità del reato commesso, ma solo
quelli che siano in grado di incidere in
concreto sull'interesse collettivo alla
realizzazione dell'opera pubblica”.
Esattamente in termini è la sentenza nella
quale si sostiene che “anche le sentenze
di condanna con il beneficio della non
menzione nel certificato del Casellario
giudiziale potrebbero incidere sulla
moralità professionale e costituire ostacolo
all'ammissione ad un procedimento di
evidenza pubblica, sicché i concorrenti ad
una gara di pubblico appalto devono
attestare con apposita autodichiarazione,
oltre alla mancanza delle sentenze di
condanna definitiva che vengono indicate nel
certificato del Casellario giudiziale a
richiesta dei privati anche l'assenza di
sentenze definitive di condanna con il
beneficio della non menzione, l'assenza di
sentenze patteggiate (per le quali non è
stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione
o l'estinzione e artt. 167 o 445 c.p.p. per
decorso del tempo senza aver commesso un
altro reato) e l'assenza di reati puniti con
la sola pena pecuniaria, atteso che deve
essere consentita all'Amministrazione
appaltante la possibilità di effettuare una
valutazione anche della rilevanza di tali
condanne sull'affidabilità morale e
professionale di ogni partecipante per reati
che incidono sulla moralità professionale, e
l’omissione va equiparata alla stregua di
una falsa dichiarazione, che ai sensi
dell'art. 17 comma 1, lett. m), d.P.R
25.01.2000 n. 34 e va sanzionata con
l'esclusione dalla gara” (TAR Basilicata
Potenza, sez. I, 27.06.2008, n. 344).
Va, inoltre, osservato che
l'autodichiarazione sul possesso di propri
requisiti non è una generica attestazione «de
scientia», ma una dichiarazione «de
veritate» su ciò che si dice e su ciò
che si afferma possedere (TAR Lazio Roma,
sez. III, 10.10.2007, n. 9925) con la
conseguenza che ove le affermazioni in essa
contenute, siano contrarie alla verità dei
fatti dichiarati, l’autodichiarazione oltre
a poter essere rilevante su altri piani mina
il rapporto di fiducia che deve intercorrere
tra stazione appaltante ed aggiudicatario
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 27.08.2009 n. 8304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Vanno
ricondotte al comune, e non alla regione, le
scelte urbanistiche, in esito alle quali i
mutamenti di destinazione d'uso possono
essere soggetti a concessione. E' legittimo
quindi, il provvedimento con cui un comune
ha stabilito l'obbligo di pagare il
contributo per oneri di urbanizzazione, in
corrispondenza del cambio di destinazione
d'uso di un immobile (da abitazione ad
ufficio), effettuato senza opere edilizie.
La questione sottoposta all’esame del
Collegio riguarda la valenza –sul piano
urbanistico– del mutamento di destinazione
d’uso di unità o complessi immobiliari,
senza effettuazione di opere edilizie e
della possibilità, o meno, di ritenere
dovuti per interventi del tipo indicato i
contributi per oneri di urbanizzazione,
anche quando la normativa regionale non
richieda per gli interventi stessi il titolo
abilitativo, una volta denominato “concessione
edilizia” e –nel nuovo testo unico– “permesso
di costruire”.
Sia nella precedente che nell’attuale
normativa in effetti (articoli 3, 5, 6 della
legge 28.01.1977, n. 10 e 16 del D.P.R.
06.06.2001, n. 380) alle nuove edificazioni
e ad altri interventi, comunque soggetti ai
titoli abilitativi sopra specificati,
corrisponde il pagamento di un contributo,
commisurato all’incidenza degli oneri di
urbanizzazione, nonché al costo di
costruzione.
La natura giuridica del predetto contributo
è quella di prestazione patrimoniale
imposta, anche indipendentemente
dall’utilità specifica del singolo
concessionario, comunque tenuto a concorrere
alla spesa pubblica per le infrastrutture
–strade, fognature, illuminazione,
parcheggi, ma anche scuole, uffici, centri
commerciali ecc.– che debbono accompagnare
ogni nuovo insediamento edificatorio (cfr.
in tal senso, per il principio, Cons. St.,
sez. V, 06.05.1997, n. 462. 16.04.1986, n.
225 e 06.10.1986, n. 504). E’ anche evidente
che la destinazione d’uso degli immobili
condiziona le esigenze infrastrutturali, da
tempo individuate dalla normativa sotto
forma di standards urbanistici, in base al
D.M. 02.04.1968, n. 1444 e all’art.
41-quinquies della legge 17.08.1942, n.
1150, nel testo introdotto dall’art. 17
della legge 06.08.1967, n. 765. In
connessione con i principi generali, sopra
sommariamente enunciati, è stato a lungo
dibattuto in giurisprudenza il problema dei
mutamenti di destinazione d’uso degli
immobili, effettuabili senza opere edilizie,
essendo evidente –pur in assenza di una
materiale trasformazione del territorio– la
non irrilevanza dei mutamenti in questione
sul piano urbanistico (tenuto conto in
particolare delle differenti dotazioni di
standards, riconducibili alle varie
tipologie d’uso degli immobili stessi, anche
inseriti nella medesima zona territoriale
omogenea: cfr. al riguardo Cons. St., sez.
IV, 29.05.2008, n. 2561).
L’art. 25, u.c., della legge 28.02.1985, n.
47 (ora trasfuso nell’art. 10, comma 2, del
T.U., approvato con D.P.R. n. 380/2001 cit.)
ha rinviato la soluzione della complessa
tematica in ambito locale, disponendo che
siano le leggi regionali a stabilire “quali
mutamenti, connessi o non connessi a
trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili
o di loro parti” dovessero essere
subordinati a concessione (oggi permesso di
costruire) e quali a mera autorizzazione
(potendosi identificare con tale
terminologia –non del tutto propria, data la
natura comunque autorizzatoria dei titoli
abilitativi in questione: cfr. al riguardo,
per il principio, Corte Cost. 21.04.1983, n.
127– i mutamenti di destinazione d’uso di
minore impatto sul territorio, assimilabili
agli interventi edilizi, di norma non
soggetti ad oneri).
In rapporto alle diverse normative,
conseguentemente emanate dalle Regioni,
alcune linee di indirizzo sono state
espresse dalla Corte Costituzionale, che
–con sentenze nn. 73 in data 11.02.1991
(riferita all’art. 76, comma 1 della legge
della Regione Veneto 27.06.1985, n. 61) e
259 del 23.07.1997, riferita all’art. 2,
comma 1, della legge della Regione Emilia
Romagna 08.11.1988, n. 46)– ha indicato i
seguenti principi:
a)
riconducibilità al Comune, e non alla
Regione, delle scelte urbanistiche, in esito
alle quali i mutamenti di destinazione d’uso
possono essere soggetti a concessione;
b)
riconoscimento per la Regione, in forza
della competenza concorrente che le è
propria, del compito di stabilire criteri e
modalità, cui i Comuni debbono attenersi in
sede di predisposizione degli strumenti
urbanistici;
c)
non assoggettabilità con legge regionale dei
mutamenti di destinazione d’uso senza opere
a concessione, anziché a semplice
autorizzazione, per l’intero territorio
comunale.
Nella situazione in esame, si tratta di
stabilire i corretti parametri applicativi
della legge della Regione Lombardia
15.01.2001, n. 1, che all’art. 2, comma 2
dispone quanto segue: “I mutamenti di
destinazione d’uso di immobili, conformi
alle previsioni urbanistiche comunali e non
comportanti la realizzazione di opere
edilizie, sono soggetti esclusivamente a
preventiva comunicazione dell’interessato al
Comune, ad esclusione di quelli riguardanti
unità immobiliari o parti di esse, la cui
superficie lorda di pavimento non sia
superiore a 150 metri quadrati, per i quali
la comunicazione non è richiesta”.
Il precedente art. 1 della medesima legge
regionale prevede, altresì, che i Comuni
indichino nello strumento urbanistico le
destinazioni d’uso non ammissibili nelle
diverse aree omogenee e definiscano nello
strumento urbanistico le necessarie
variazioni del fabbisogno di standards,
relativamente ai mutamenti d’uso ammissibili
attuati con opere edilizie, ovvero anche non
comportanti la realizzazione di tali opere,
se riferiti ad uso commerciale “non
costituente esercizio di vicinato”.
Una interpretazione costituzionalmente
orientata della citata legge –tenuto conto
dei principi in precedenza esposti– non può
comunque escludere un autonomo apprezzamento
comunale, in merito all’impatto urbanistico
di qualsiasi mutamento di destinazione d’uso
ed implica dunque, ad avviso del Collegio,
che i mutamenti in questione –anche ove
effettuabili senza opere e compatibili con
la destinazione di zona, per immobili di non
minimale consistenza (oltre 150 mq)– non
siano soggetti a specifico assenso comunale
e non possano essere inibiti a chi vi abbia
interesse: quanto sopra, tuttavia, non senza
che sia possibile integrare la riscossione
dei contributi, corrispondenti agli oneri di
urbanizzazione, da parte dei Comuni
interessati, cui competono la valutazione e
l’eventuale integrazione degli standards
urbanistici presenti sul territorio, ove gli
assetti originari finiscano per subire
variazioni di rilievo (come nel caso in cui
una zona a prevalente vocazione abitativa
finisca per trasformarsi –fenomeno non raro
in aree centrali dei nuclei urbani– in zona
ad uso prioritario di tipo direzionale, con
esigenze diverse, ad esempio, in tema di
parcheggi ed altri servizi connessi).
Se è vero, infatti, che la Regione non
potrebbe imporre ai Comuni la sottoposizione
dei mutamenti di destinazione d’uso al
medesimo titolo abilitativo, previsto per le
nuove costruzioni (Corte Cost. nn. 73/1991 e
259/1997 cit.), è anche vero che la Regione
stessa non avrebbe titolo per precludere
alle Amministrazioni comunali –preposte
all’individuazione delle destinazioni,
compatibili con le singole aree omogenee,
nonché alla relativa disciplina–
l’acquisizione dei contributi per oneri di
urbanizzazione, nella misura per legge
dovuta (a norma, per quanto qui interessa,
dell’art. 4 della legge regionale
05.12.1977, n. 60).
Nella situazione in esame, pertanto,
legittimamente il Comune appellato ha
richiesto l’integrazione del contributo,
ovvero la differenza fra l’ammontare dovuto
per oneri di urbanizzazione, corrispondenti
all’uso ufficio, e la minor somma già in
precedenza corrisposta per l’uso abitativo:
quanto sopra, non quale nuova autorizzazione
a titolo oneroso, ma quale mera
commutazione, ammissibile ex lege,
della tipologia di riferimento
dell’autorizzazione originaria (cfr. anche
al riguardo, per il principio, art. 19,
comma 3, del D.Lgs. 06.06.2001, n. 378,
nonché –per un caso solo parzialmente
diverso– Cons. St., sez. IV, 14.04.2006, n.
2163).
Una diversa linea interpretativa potrebbe
comportare una generalizzata elusione
dell’ammontare del contributo di cui
trattasi da parte di costruttori ed altri
operatori economici, interessati a versare
il contributo stesso nella misura minore,
potendo poi usufruire di un gratuito
mutamento di destinazione d’uso, il cui
maggior carico infrastrutturale
determinerebbe un onere, gravante in via
esclusiva sulla finanza pubblica.
Non appare contrastante con la logica delle
conclusioni, in precedenza raggiunte, la
diversa regolamentazione dei mutamenti di
destinazione d’uso, che riguardino singole
unità immobiliari di superficie inferiore a
150 mq.: una liberalizzazione circoscritta a
queste ultime appare, infatti, giustificata
sia dall’indifferenza, sul piano
urbanistico, di nuovi insediamenti
direzionali di così modesta entità (in
corrispondenza, per lo più, a studi
professionali con limitato numero di
addetti), sia da una certa “intercambiabilità”
di destinazione, che è sembrato opportuno
riservare a dette articolazioni immobiliari
minori, più facilmente integrabili nel
territorio
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 25.08.2009 n. 5059 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
1- Pubblico impiego – Personale –
Concetto giuridico di mobbing – Natura –
Ratio - Nesso che lega i diversi atti e
comportamenti del datore di lavoro – Va
dimostrato un disegno unitario.
2- Pubblico impiego – Personale – Mobbing –
Peculiarità – Distinzione dall’ordinaria
dinamica dei rapporti di lavoro – Onere
della prova – Va dimostrato l'asserito
intento persecutorio diretto ad emarginare
il dipendente.
1-
Il concetto giuridico di "mobbing" allude ad
una condotta del datore di lavoro
sistematica nel tempo e finalizzata
all'emarginazione del lavoratore, che assume
le caratteristiche di una persecuzione.
L'illecito si può realizzare con
comportamenti materiali o provvedimenti, a
prescindere dall'inadempimento di specifici
obblighi previsti dalla normativa regolante
il rapporto (Cassazione Civile, Sezione
lavoro, 06.03.2006 numero 4774). La
sussistenza di una simile situazione deve
essere desunta attraverso una complessiva
analisi del quadro in cui si esplica la
prestazione del lavoratore: elementi
identificativi di una situazione mobbizzante
sono la reiterazione di richiami e sanzioni
disciplinari o la sottrazione di vantaggi
precedentemente attribuiti; tali elementi
devono presentarsi con carattere di
ripetitività, sulla base di un intento
sistematicamente perseguito da parte del
datore di lavoro al fine di creare una
situazione di sofferenza nel dipendente (TAR
Lazio, Sez. III, 25.06.2004 n. 6254; TAR
Lombardia, Sez. I, 21.07.2006, n. 1844). Ciò
che quindi qualifica il mobbing é il nesso
che lega i diversi atti e comportamenti del
datore di lavoro, i quali in tanto
raggiungono tale soglia in quanto si
dimostrino legati da un disegno unitario
finalizzato a vessare il lavoratore e a
distruggerne la personalità e la figura
professionale.
2-
Il tratto strutturante del mobbing -tale da
attrarre nell'area della fattispecie
comportamenti che altrimenti sarebbero
confinati nell'ordinaria dinamica, ancorché
conflittuale, dei rapporti di lavoro- è la
sussistenza di una condotta volutamente
prevaricatoria da parte del datore di lavoro
volta a emarginare o estromettere il
lavoratore dalla struttura organizzativa.
Consegue, in ordine all'onere della prova da
offrirsi da parte del soggetto destinatario
di una condotta mobbizzante, che
quest'ultima deve essere adeguatamente
rappresentata con una prospettazione
dettagliata dei singoli comportamenti e/o
atti che rivelino l'asserito intento
persecutorio diretto a emarginare il
dipendente, non rilevando mere posizioni
divergenti e/o conflittuali, fisiologiche
allo svolgimento di un rapporto lavorativo
(TAR Lazio, Sez. III, 14.12.2006, n.
14604) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.08.2009 n. 4581 -
link a
http://mondolegale.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
In materia di procedimento
disciplinare nei confronti di un pubblico
dipendente - Sull’estensione del principio
dell’immediatezza della contestazione degli
addebiti - Sulla sanzione disciplinare
irrogata perché il dipendente ha svolto
attività extraistituzionali - Sulle
differenze tra denunce di disfunzioni ed
atti di denigrazione della P.A. e sui casi
in cui sussiste l’obbligo di astensione dei
componenti della commissione di disciplina
per grave inimicizia.
La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 18-03-1994, n. 372) ha chiarito
che il principio dell’immediatezza della
contestazione disciplinare è preordinato ad
un equo contemperamento delle esigenze sia
dell’amministrazione pubblica di procedere
agli accertamenti preliminari a carico
dell’impiegato con ponderata valutazione
della gravità e complessità dei fatti
medesimi, sia della parte privata, onde non
siano rese più gravose le modalità della
difesa a causa della eccessiva distanza di
tempo dal verificarsi dei fatti oggetto di
contestazione.
Di conseguenza, la contestazione degli
addebiti, anche se risponde ad un’esigenza
di ragionevole sollecitudine, non è ancorata
ad alcun termine di carattere perentorio
(cfr. Cons. Stato, VI, 29-05-1987, n. 334).
-----------------------
La
“inosservanza grave del dovere di ufficio di
non svolgere un impiego privato oltre quello
pubblico”, sanzionata dall’Amministrazione,
si presenta, dunque, con connotazioni di
complessità e reiterazione.
Vi è, infatti, in primo luogo la circostanza
dell’avvenuto svolgimento di attività
lavorativa extra-istituzionale (componente
di commissioni di collaudo).
La irregolarità rilevante in proposito non
risiede nella circostanza dell’avvenuto
espletamento in sé di prestazioni libero
professionali ma nella circostanza che le
stesse risultano essere state svolte senza
il previo rilascio di autorizzazione da
parte dell’Amministrazione di appartenenza.
Invero, non è stata offerta prova alcuna che
le stesse fossero state autorizzate.
Essendo pacifico che, secondo una regola
ordinaria, per ogni incarico occorre
specifico atto autorizzativo (salvo diversa
ed espressa determinazione del soggetto
autorizzante, da verificarsi in concreto),
in presenza di ben otto prestazioni di
collaudo era certamente onere del dipendente
esibire le abilitazioni rilasciate dall’ente
di appartenenza, all’uopo risultando
insufficiente il mero e generico richiamo ad
una autorizzazione, di cui risultano in
termini generali solo l’oggetto e la data,
senza esibizione dell’atto nella sua
consistenza documentale.
Vi è, poi, la circostanza, certamente
rilevante, che non si è trattata di unica
prestazione lavorativa, ma di ben otto
incarichi di componente di commissione di
collaudo, onde la contestata violazione
risulta non sporadica ed episodica, bensì
più volte reiterata.
Alla violazione del dovere del dipendente ed
alla sua reiterazione si aggiunge, infine,
il comportamento tenuto dall’ing. Bevere di
fronte alla richiesta di informativa da
parte dell’Amministrazione, comportamento
che connota di ulteriori elementi di
complessità (in termini negativi) l’illecito
contestato.
Va, invero, osservato che, di fronte alla
nota del Comune con cui si richiedevano
notizie in ordine all’espletamento di
ulteriori attività lavorative, il ricorrente
è dapprima rimasto inerte; di poi,
sollecitato ulteriormente, ha fornito
risposta negativa.
Dunque, pur avendo in corso attività
professionali extra-istituzionali, egli ha
negato la circostanza e questo è certamente
comportamento rilevante ai fini
disciplinari, atteso che non solo vi è stata
attività lavorativa non autorizzata ma anche
una specifica condotta attiva volta ad
evitare che l’amministrazione di
appartenenza avesse comunque conoscenza
della suddetta circostanza.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte,
ritiene il tribunale che la
condotta esaminata, tenuta dal dipendente,
integri certamente una inosservanza dei
doveri di ufficio avente il carattere di
“particolare gravità”, tale da giustificare
l’irrogazione della sanzione della
sospensione dalla qualifica.
Tanto in relazione non solo alla specifica
violazione contestata, ma anche con
riferimento alla sua reiterazione ed alla
condotta tenuta per impedire che la p.a. ne
venisse a conoscenza.
----------------
Non può il Collegio esimersi dal
richiamare l’orientamento giurisprudenziale
(cfr. Cons. Stato, VI, 22-03-2007, n. 1350)
in base al quale spetta all’amministrazione,
in sede di formazione del provvedimento
sanzionatorio, stabilire il rapporto tra
l’infrazione ed il fatto, il quale assume
rilevanza disciplinare, in base ad un
apprezzamento di larga discrezionalità
(l’amministrazione, infatti, dispone di un
ampio potere discrezionale nell’apprezzare
autonomamente le varie ipotesi disciplinari,
con una valutazione insindacabile nel merito
da parte del giudice amministrativo ).
Sotto tale profilo, dunque, non appare
censurabile la operata valutazione di
gravità dei fatti né tampoco la scelta di
irrogare la sanzione della sospensione dalla
qualifica in luogo di quella della riduzione
dello stipendio.
-----------------
Deve a questo punto passarsi all’esame della
ulteriore violazione disciplinare, che è
posta a base della sanzione irrogata,
consistente nella “denigrazione
dell’Amministrazione, con particolare
riferimento alla persona del Vice Sindaco,
Luigi Cerullo”.
La fattispecie della denigrazione –la quale
è espressamente normata come illecito
sanzionato con la sospensione dalla
qualifica- verrebbe integrata dai contenuti
delle note n. 7404 del 19-11-1994 e del
21-11-1994 e n. 7436/1415, originate da una
richiesta di predisposizione di
provvedimenti di concessione edilizia,
nonché della nota n. 425/1988 del 26-01-2005,
conseguente ad una vicenda di riduzione di
onorari liquidati dal Bevere ad un
professionista terzo.
La verifica della legittimità dei
provvedimenti impugnati sotto tale aspetto
impone previamente la corretta delimitazione
del fatto di denigrazione e, di poi, la
verifica della sussumibilità nello stesso
della condotta in concreto tenuta dal
dipendente.
Da un punto di vista strettamente
etimologico il termine “denigrare” significa
“screditare una persona o una cosa,
offuscandone con critiche e censure il
valore, l’onore , il prestigio”.
La giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Cons. Stato, VI,
06-06-2008, n. 2720;
sez. IV, 30-05-2005, n. 2799) ha chiarito che
non costituiscono ipotesi di denigrazione le
accuse di disfunzione e di disorganizzazione
rivolte all’amministrazione di appartenenza,
qualora tali accuse appaiano inserite in un
discorso più ampio che nel suo complesso non
travalichi i limiti di intento critico, di
sollecitazione, di impegno civile e
riformatore nei confronti
dell’amministrazione stessa, e ciò anche
alla luce dei principi costituzionali di
libera manifestazione del pensiero, di
attiva partecipazione democratica, di buon
andamento e di imparzialità
dell’amministrazione. Tuttavia, al fine di
non scadere nel più deleterio pettegolezzo,
nocivo alla concordia del personale ed al
buon andamento degli uffici, è necessario
che la denuncia sia fondata su elementi di
fatto concreti e sufficientemente
circostanziati, facilmente accertabili in
sede di indagini successive ed accompagnati
da elementi di riscontro, con conseguente
assunzione di responsabilità quanto alla
sussistenza dei fatti denunziati.
Si è, dunque, (cfr. Cons. Stato, n.
2720/2008, cit.) ritenuta fondata la
contestazione dell’illecito disciplinare
riconducibile ad una condotta di natura
denigratoria, allorché, per le espressioni
utilizzate, i toni e le modalità di
esternazione della critica, si finisca col
nuocere al prestigio o all’autorevolezza
interna (nei confronti degli altri
subordinati) ed esterna (quella percepibile
dai cittadini terzi).
Tanto premesso, rileva il Collegio che le
richiamate note n. 7404/1412 del 21-11-2004
e 7436/1415 traggono origine da un invito,
rivolto all’ing. Bevere dall’Assessore
all’Urbanistica in data 19-11-2004, di
predisporre immediatamente i provvedimenti
di concessione edilizia favorevolmente
esitati nelle sedute della CEC del 27
settembre e del 18 ottobre.
Con le stesse il pubblico funzionario offre
giustificazioni in ordine alla lamentata
disfunzione, richiamando al riguardo il
mancato soddisfacimento di richieste
avanzate all’Amministrazione (strumentazione
tecnica, potenziamento della pianta
organica) e l’utilizzo dell’ufficio tecnico
per surrogare le carenze di altri uffici.
Lamenta, altresì, l’utilizzo di procedure
non conformi al canone dell’efficienza e
l’esistenza di un lavoro arretrato che
determina un carico ordinariamente non
sopportabile.
E’ evidente al Tribunale che tali
considerazioni rientrano nel diritto-dovere
del pubblico dipendente di segnalare
disfunzioni o profili di cattiva
organizzazione dell’apparato amministrativo,
considerazioni, dunque, pienamente legittime
ed in alcun modo censurabili sotto il
profilo disciplinare.
Va, peraltro, osservato che il ricorrente ai
richiamati rilievi ha aggiunto
considerazioni e valutazioni che esulano dal
lecito diritto di critica.
Invero, egli ha affermato che l’assessore
all’urbanistica “si va sempre più
disinteressando all’andamento di questo
Ufficio” e che l’invito rivolto alla
predisposizione dei provvedimenti edilizi è
dettato da “superficialità” e, dunque,
sarebbe espressione di un comportamento che
si limita ad esigere le prestazioni di
ufficio “senza cercare di risolvere i
problemi”.
Tali considerazioni, poi, vengono
ulteriormente specificate nella nota n.
7436/1415, laddove la richiamata condotta
viene espressamente qualificata come
espressione di “un atteggiamento oramai
ostile di questa Amministrazione”, generando
“l’impressione che ci si voglia difendere da
chissà quali fantasmi, visto lo scaricarsi
di responsabilità che incombe sui latori
delle note in argomento”.
In buona sostanza, dopo aver indicato le
ragioni organizzative oggettive che
inficiano il buon andamento dell’Ufficio
Tecnico (giustificazione questa
assolutamente priva di rilievo
disciplinare), il funzionario ne attribuisce
la responsabilità all’organo politico,
tacciato dapprima di “superficialità”, di
poi definito riottoso a risolvere i problemi
ed, infine, avvezzo a scaricare le proprie
responsabilità sull’organo burocratico con
un evidente atteggiamento ostile nei suoi
confronti.
Si tratta, con ogni evidenza, non di
semplice esposizione delle giustificazioni
di un ritardo nell’assolvimento dei compiti
di ufficio, bensì di accuse nei confronti
dell’organo politico di scorretto
assolvimento dei propri compiti, con un
comportamento di superficialità e
disinteresse verso le esigenze dell’apparato
burocratico, sul quale si cercherebbe di
scaricare le proprie responsabilità.
Tali affermazioni, a giudizio del Collegio,
integrano gli estremi della denigrazione.
Il dipendente, invero, non si è limitato ad
evidenziare carenze strutturali ed
organizzative né tampoco ad individuarne la
causa nell’attività dell’organo di direzione
politica.
Egli ha qualificato altresì tale attività in
termini negativi, di disinteresse,
superficialità, atteggiamento ostile e
scarico di responsabilità, valutazioni
certamente lesive del prestigio e della
figura dell’organo politico, in quanto
riconducibili ad incompetenza, a violazione
dei propri doveri istituzionali e ad un
atteggiamento emulativo nei confronti
dell’apparato burocratico.
Tali accuse, poi, ad integrare la
fattispecie della denigrazione, si
presentano come non adeguatamente
circostanziate, non essendo richiamati gli
estremi delle richieste dell’Ufficio di
potenziamento della dotazione di uomini e di
mezzi rimaste disattese, né la precisazione
delle tipologie procedimentali farraginose
introdotte ovvero dei fatti concreti in cui
si sarebbe manifestato il denunziato e non
consentito scarico di responsabilità.
Le stesse, infine, non risultano provate
come veritiere né in sede di procedimento
disciplinare (non risulta essere stato
depositato in giudizio l’atto di
giustificazioni prodotto dal dipendente) né
nel presente giudizio, non rinvenendosi
nella documentazione di parte alcun
documento volto a suffragare le affermazioni
del ricorrente.
Le considerazioni tutte sopra svolte
inducono, dunque, il Tribunale a ritenere
sussistente la fattispecie dell’illecito
disciplinare della denigrazione, onde anche
sotto tale profilo gli atti impugnati
risultano sostanzialmente legittimi.
------------------
Con il IX motivo l’ing. Bevere deduce
violazione del regolamento di disciplina ed
eccesso di potere, assumendo che il Sindaco,
l’Assessore al Bilancio e l’Assessore
all’Urbanistica, tutti membri della
Commissione di Disciplina, avrebbero dovuto
astenersi dal partecipare a quest’ultima in
relazione alla circostanza che erano “stati
sottoposti a procedimento penale in seguito
alla nota dell’ing. Bevere, che aveva
evidenziato delle pressioni psicologiche per
rendere un parere non favorevole
all’adeguamento del campo sportivo”.
Con il XII motivo parte ricorrente lamenta
violazione dell’articolo 290 r.d. n.
148/1915, eccesso di potere e violazione del
principio di correttezza ed imparzialità,
deducendo, in relazione a tale norma ed alla
instaurazione del procedimento penale sopra
richiamato, l’esistenza di un obbligo di
astensione del Sindaco e dell’assessore
all’Urbanistica a prendere parte alle
deliberazioni di G.M. n. 148/1995 (di
convocazione della commissione di
disciplina) e n. 214/1995 (di irrogazione
della sanzione disciplinare).
Le doglianze, da esaminarsi congiuntamente
in quanto entrambe afferenti all’istituto
della astensione, non sono meritevoli di
favorevole considerazione.
In fatto va precisato, così come emerge
dalla disposta istruttoria, che
effettivamente in data 08-03-1994 pervenne
alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Ariano Irpino un esposto,
datato 12-02-1994, a firma dell’ing. Bevere,
nel quale egli lamentava pressioni
psicologiche e minacce, finalizzate a
rendere un parere negativo su di una
variante all’adeguamento del campo sportivo,
da parte del sindaco, dell’Assessore al
Bilancio e dell’Assessore all’Urbanistica;
aggiungendosi che, a seguito di tale
esposto, venne instaurato un giudizio penale
a carico dei predetti che si concluse,
giusta sentenza del G.U.P. in data 05-03-1996,
con il proscioglimento degli imputati
“perché i fatti non sussistono”.
In diritto vanno, invece, svolte le
considerazioni che di seguito si riportano.
Le cause di astensione che possono in
astratto essere ricondotte alla fattispecie
in esame (non essendovi in proposito
concreta specificazione in ricorso)
riguardano la situazione di “grave
inimicizia” prevista dagli artt. 5 e 6 del
Regolamento di Disciplina, l’ “interesse
personale nel procedimento” di cui alle
richiamate norme ovvero l’ “interesse
proprio” indicato dall’articolo 290 del r.d.
n. 148/1915.
Quanto alla prima ipotesi, va richiamato il
costante orientamento del giudice
amministrativo in materia di obbligo di
astensione per grave inimicizia del membro
di commissioni di disciplina.
Al riguardo è stato chiarito che la
disposizione di cui all’articolo 149 del
t.u. imp. civ. Stato, nel prevedere i casi
in cui il presidente o il componente della
commissione di disciplina può essere
ricusato ovvero ha il dovere di astenersi,
traduce in un preciso obbligo legislativo il
principio costituzionale di imparzialità e
tende a garantire la posizione di assoluta
terzietà dei componenti della commissione,
che non devono avere alcun interesse
concreto o coinvolgimento di carattere
personale nella vicenda che sono chiamati ad
esaminare e valutare sotto il profilo
disciplinare, sicché la detta posizione di
assoluta terzietà è condizione di
legittimità del provvedimento da emanare.
E’ stato , peraltro, precisato che l’obbligo
di astensione sussiste solo quando
l’inimicizia sia determinata da motivi di
interesse personale, estranei all’esercizio
della funzione e non anche per ragioni
attinenti il servizio, non potendo,
pertanto, costituire elemento sintomatico di
una situazione di grave inimicizia nei
confronti dell’incolpato la proposizione di
denunce da parte del dipendente sottoposto a
procedimento disciplinare ( cfr. Cons.
Stato, VI, 19-10-2007, n. 5437; VI;
11-09-2007, n. 4759; IV, 09-06-2006, n. 3467; IV, 20-12-2005, n. 7205).
Orbene, osserva il Collegio che
l’applicazione dei richiamati principi alla
vicenda oggetto di causa evidenzia che nella
specie non vi era obbligo di astensione in
capo al Sindaco, all’Assessore
all’Urbanistica ed all’assessore al
Bilancio, considerato che la presunta
“inimicizia” non trovava origine in motivi
di interesse personale estranei
all’esercizio della funzione; la denunzia
prodotta dal ricorrente, invero, originava
da vicende relative allo svolgimento
dell’attività amministrativa del Comune e,
dunque, da ragioni attinenti il servizio.
Né, per altra via, può ritenersi
l’illegittimità degli atti impugnati a
cagione della esistenza della causa di
astensione dell’ “interesse personale nel
procedimento” ovvero dell’ “interesse
proprio” nella deliberazione.
La giurisprudenza, invero, ha precisato che
vi deve essere una correlazione immediata e
diretta tra situazione del pubblico
amministratore e oggetto della deliberazione
(cfr., Cons. Stato, IV, 22-06-2006, n. 3888),
evidenziando che l’interesse personale deve
derivare da una situazione di carattere
oggettivo che renda manifesta o comunque
logicamente ipotizzabile la possibilità di
un conflitto di interesse ovvero la non
estraneità di propri interessi rispetto ai
fatti sui quali si concorre a deliberare
(cfr. TAR Lombardia , Milano, I, 11-03-1998,
n. 5239); sottolineandosi pure la necessità
che esso sia concreto ed attuale, non
bastando, ai fini della configurabilità del
dovere di astensione, che esso sia solo
ipotetico (cfr. Cons. Stato, IV, 19-06-2003,
n. 3658).
Orbene, se allo stato degli atti nulla può
dirsi in ordine alla concretezza ed
attualità dell’interesse (non desumendosi
dalla documentazione prodotta all’esito
dell’istruttoria se alla data di adozione
dei provvedimenti impugnati l’azione penale
fosse stata o meno esercitata nei confronti
del Sindaco e degli assessori), va comunque
evidenziato che nel caso di specie non
esiste il requisito della correlazione
immediata e diretta tra la situazione del
pubblico amministratore e l’oggetto della
deliberazione.
Si vuole in buona sostanza affermare che al
procedimento disciplinare nei confronti del
Bevere, cui si riferiscono i provvedimenti
impugnati, è assolutamente estranea la
vicenda per la quale è stato instaurato il
procedimento penale nei confronti degli
amministratori dell’ente.
Invero, quest’ultimo riguarda presunte
pressioni e minacce ricevute per una
specifica pratica amministrativa, mentre il
procedimento disciplinare attiene a fatti ed
a comportamenti assolutamente diversi e
comunque estranei a tale vicenda.
Non vi è , dunque, alcuna correlazione tra
la posizione di imputato (indagato o
denunziato) dell’amministratore e le
deliberazioni assunte nel procedimento
disciplinare, tale da poter ritenere che,
partecipando a queste ultime, egli abbia
violato il dovere di imparzialità avendovi
un interesse proprio.
Dal procedimento penale a carico degli
amministratori non deriva in concreto
l’esistenza di alcun interesse personale
rispetto a ciò che ha formato oggetto dei
provvedimenti amministrativi assunti nel
procedimento disciplinare a carico del
ricorrente
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 11.08.2009 n. 4275 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Non
può essere contestata la legittimità di una
deliberazione comunale per la partecipazione
alla seduta e alla discussione della
delibera stessa di un responsabile di
servizio.
La partecipazione alle sedute del Consiglio
o della Giunta comunali da parte dei
Dirigenti, responsabili della struttura
comunale, su autorizzazione del presidente
dell’organo collegiale, anche quando non
codificata espressamente nello Statuto
comunale o nei regolamenti dell’Ente,
costituisce prassi comunemente accettata,
finalizzata a fornire all’organo deliberante
elementi tecnici di valutazione, in modo da
consentire alla amministrazione locale la
possibilità di esprimere un voto consapevole
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 07.08.2009 n. 2005 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione - Esecuzione di
tamponamenti laterali su un terrazzo con
copertura fissa – Costituisce intervento di
ristrutturazione edilizia - Rilascio del
permesso di costruire – Necessità -
Sussiste.
L’esecuzione di tamponamenti laterali su un
terrazzo avente sovrastante copertura fissa
costituisce intervento di ristrutturazione
edilizia, comportante aumento della
superficie coperta e della superficie utile
dell’unità immobiliare, nonché comportante
modificazione della sagoma dell’edificio,
con conseguente necessità di previo rilascio
del permesso di costruire da parte del
Comune (TAR Emilia–Romagna, Bologna, Sez. II,
20.07.2006 n. 1490; Consiglio di Stato, Sez.
VI, 27.01.2003 n. 419; Sez. V, 20.03.2000 n.
1507; TAR Campania, Napoli Sez. IV,
28.02.2006 n. 2451) (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 03.08.2009 n. 1141 -
link a
http://mondolegale.it). |
URBANISTICA:
Sull’accesso agli atti di
adozione del PGT nella Regione Lombardia.
La mancata previsione
nella legislazione urbanistica del "diritto
degli interessati" non solo "di prendere
visione", ma anche "di estrarre copia di
documenti amministrativi" (art. 22, comma 1,
legge n. 241 del 1990), non può ritenersi in
contrasto con i principi di trasparenza e di
partecipazione, sottesi alla legge generale
sul procedimento amministrativo.
La fattispecie, oggetto dello scrutinio dei
Giudici di Palazzo Spada (ndr: che conferma
TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 08.04.2009 n. 814),
concerne la pretesa d’accesso agli atti del
procedimento di adozione dello strumento
urbanistico di pianificazione comunale
denominato “Piano di governo del
territorio” (PGT), previsto dall’art. 7
della legge della Regione Lombardia
11.03.2005, n. 12 e s.m..
Il GA, preliminarmente, ricorda che l’art.
24, comma 1, lettera c), della legge n. 241
del 1990 e s.m., secondo cui "il diritto
di accesso è escluso…nei confronti
dell'attività della pubblica amministrazione
diretta all'emanazione di atti normativi,
amministrativi generali, di pianificazione e
di programmazione, per i quali restano ferme
le particolari norme che ne regolano la
formazione", esclude espressamente
dall’ambito di applicazione delle norme
generali sull’accesso quelle attività
dell’amministrazione rivolte anche
all’adozione ed all’approvazione degli
strumenti di pianificazione urbanistica.
In tal caso, quindi, la trasparenza degli
atti -volti all’emanazione degli strumenti
urbanistici- continua ad essere disciplinata
dalle norme speciali che la regolavano,
prevalenti su quelle generali, secondo il
criterio risolutore di antinomie normative
previsto dal principio di specialità (che,
nella materia urbanistica, è interpretato
dalla giurisprudenza amministrativa in
termini di prevalenza esclusiva e non di
mera integrazione tra fonti di produzione
del diritto; cfr. Consiglio di Stato, sez.
IV, n. 6436/2002 e sez. V n. 1479/1998).
Con particolare riguardo all’esercizio del
diritto d’accesso nei confronti degli atti
dei procedimenti di adozione di strumenti
urbanistici, è applicabile l’art. 9, 1°
comma, della legge urbanistica n. 1150 del
1942, che testualmente dispone: "il
progetto di piano regolatore generale del
Comune deve essere depositato nella
Segreteria comunale per la durata di 30
giorni consecutivi, durante i quali chiunque
ha facoltà di prendere visione. L'effettuato
deposito è reso noto al pubblico nei modi
che saranno stabiliti nel regolamento di
esecuzione della presente legge".
Pertanto, gli atti dei procedimenti
amministrativi, volti all’approvazione degli
strumenti di piano, sono accessibili agli
interessati nelle seguenti forme:
- deposito al pubblico del progetto di piano
con relativi elaborati;
- pubblicazione dell’avvenuto deposito;
- visione dello stesso da parte di ogni
soggetto interessato.
Non è previsto, invece, un
diritto di effettuare copia dei documenti
che compongono il piano in corso di
approvazione.
Infatti, l’art. 13 della legge della Regione
Lombardia n. 12 del 2005 e s.m., rubricato
Approvazione degli atti costituenti il piano
di governo del territorio, al comma 4°
dispone che "entro novanta giorni
dall'adozione, gli atti di PGT sono
depositati, a pena di inefficacia degli
stessi, nella segreteria comunale per un
periodo continuativo di trenta giorni, ai
fini della presentazione di osservazioni nei
successivi trenta giorni. Del deposito degli
atti è fatta, a cura del comune, pubblicità
sul Bollettino ufficiale della Regione e su
almeno un quotidiano o periodico a
diffusione locale".
In particolare, la Sez. IV ritiene che la
ragione per cui la legge n. 241 del 1990 ha
escluso dall'ambito di applicazione delle
norme generali sull'accesso i procedimenti
di pianificazione generale, compresi quelli
in materia urbanistica, sta nel fatto che,
trattandosi di procedimenti con destinatari
non determinati e astrattamente illimitati,
finalizzati ad incidere su intere
collettività, per essi non può ammettersi un
diritto di estrazione di copia che
rischierebbe, attesa la potenziale
moltitudine di richiedenti, di vanificare il
correlato e paritario principio
costituzionale di buon andamento, nei suoi
contenuti precettivi dell’azione
amministrativa di economicità, celerità ed
efficacia (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 31.07.2009 n. 4838 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: La
comunicazione del parere sfavorevole della
Commissione edilizia costituisce rigetto
della relativa domanda ed è pertanto
immediatamente impugnabile.
Il principio in questione è pacifico in
giurisprudenza ed è stato di recente
riaffermato da questo Tribunale con sentenza
n. 1994 del 2008, con argomentazioni che
necessita ribadire in questa sede : “…
costituisce indirizzo giurisprudenziale
costante, dal quale non si ravvisano ragioni
per discostarsi nel caso di specie, quello
secondo cui la comunicazione del parere
sfavorevole della Commissione edilizia
costituisce rigetto della relativa domanda
ed è pertanto immediatamente impugnabile
(cfr., da ultimo e per tutte, Cons. Stato,
sez. V, 23.01.2007 e TAR Campania, Napoli,
sez. IV, 20.11.2006, n. 9983), e ciò perché,
se è vero che la comunicazione del parere
favorevole della Commissione Edilizia non ha
valore di rilascio della concessione, non
altrettanto può dirsi della comunicazione
del parere contrario, che -se effettuata,
come nel caso di specie, da parte
dell'organo competente a rilasciare il
titolo abilitativo richiesto- costituisce
manifestazione della volontà di aderire alla
decisione negativa della Commissione e,
quindi, avendo tutti gli elementi necessari
del diniego, costituisce atto immediatamente
lesivo ed autonomamente impugnabile …."
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 30.07.2009 n. 4229 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1.- Autorizzazione - Comunale -
Istallazione impianti pubblicitari - D.Lgs.
15.11.1993 n. 507 - Applicazione.
2.- Autorizzazione - Comunale -
Installazione impianti pubblicitari - Art.
41, Cost. - Natura.
3.- Autorizzazione - Comunale -
Installazione impianti pubblicitari - Piano
di repressione dell'abusivismo pubblicitario
- Comune di Venaria Reale - Illegittimità -
Sussiste.
1.-
Ai sensi dell'art. 3, co. 2 e 3, D.Lgs.
15.11.1993 n. 507 (recante revisione ed
armonizzazione dell'imposta comunale sulla
pubblicità e del diritto sulle pubbliche
affissioni) ogni Comune è tenuto ad adottare
un apposito regolamento per l'applicazione
dell'imposta, che disciplini le modalità di
effettuazione della pubblicità, con la
possibilità di stabilire limitazioni e
divieti per particolari forme pubblicitarie
in relazione ad esigenze di pubblico
interesse, e in ogni caso determini la
tipologia e la quantità degli impianti
pubblicitari, le modalità per ottenere il
provvedimento per l'installazione e i
criteri per la realizzazione del piano
generale degli impianti.
2.-
L'installazione di impianti pubblicitari è
un'attività economica contingentata, stante
la limitatezza degli spazi a ciò destinati,
la quale non si pone in contrasto con la
tutela costituzionale della libera
iniziativa privata, giacché lo stesso art.
41, Cost. ammette la possibilità di limitare
tale libertà onde contemperarla con
l'utilità sociale.
3.-
Sussiste il contrasto dell'art. 11 del Piano
di repressione dell'abusivismo pubblicitario
del Comune di Venaria Reale con l'art. 24,
co. 5-bis, D.Lgs. n. 507/1993 che, pur
prevedendo la necessità di un piano per la
repressione degli abusi, non autorizza
affatto l'Amministrazione ad imporre una
moratoria generalizzata su tutti gli
impianti, il che apparirebbe anche in
contrasto con il principio di ragionevolezza
perché si finirebbe per far gravare su
imprenditori che, fino a prova contraria,
sono del tutto in regole, le conseguenze di
abusi perpetrati da altri soggetti, non
sufficientemente controllati per colpa,
principalmente, della stessa
Amministrazione, carente nell'apprestare le
doverose misure di sorveglianza e repressive
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.07.2009 n. 2123 -
link a
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rifiuti. Ordine di rimozione.
A
fronte della presenza di una certa fonte di
inquinamento è indiscusso ed indiscutibile
che quantomeno, ai sensi dell’art. 14 del
d.lgs. 22/1997 (ora art. 192 D.Lv.
152/2006), l’amministrazione possa ordinarne
la rimozione, lo smaltimento e la riduzione
in pristino dell’area anche al proprietario,
in solido con il responsabile
dell’inquinamento, qualora in capo al primo
fosse ravvisabile un profilo di dolo o di
colpa, a prescindere dalla diretta
responsabilità per l’inquinamento ovvero
l’accumulo sul luogo.
Ovviamente il profilo di colpa rilevante ai
fini per cui è causa non è necessariamente
coincidente con la commissione di un fatto
penalmente rilevante (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.07.2009 n. 2067 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Classificazione acustica
aree.
L’appartenenza di aree alla medesima realtà
industriale, cioè il fatto che aree distinte
siano tutte di proprietà Enel, ha poco
significato, se la distinzione di
classificazione è legata al fatto, ben più
pregante rispetto al mero profilo soggettivo
di appartenenza, che alcune di esse hanno
destinazione industriale, e sono quindi
correttamente collocate in classe VI, ed
altre no, potendo avere quindi
qualificazione diversa ai fini della
pianificazione in classi acustiche (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 13.07.2009 n. 1227 -
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URBANISTICA:
Pianificazione.
L’interesse
al ricorso, in materia di impugnazione degli
atti di pianificazione, non può essere
provato solo con la situazione dello stabile
collegamento con la zona interessata dalle
opere, ma attraverso la dimostrazione del
pregiudizio effettivo o anche potenziale, ma
direttamente conseguente all’adozione degli
atti gravati e della connessa utilitas
ricavata dall’accoglimento del ricorso.
Il pregiudizio arrecato dal provvedimento
gravato deve essere effettivo, nel senso che
dall’esecuzione dello stesso deve discendere
in via immediata e personale un danno certo
alla sfera giuridica del ricorrente, ovvero
potenziale, nel senso, però, che la lesione
si verificherà in futuro con un elevato
grado di certezza (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 09.07.2009 n. 4345 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Elettrosmog. Infrastrutture di
reti pubbliche di comunicazione.
Si deve poi
considerare che, in presenza della specifica
previsione di cui all’art. 86 del D.lgs. n.
259/2003, il quale assimila, ad ogni
effetto, le infrastrutture di reti pubbliche
di comunicazione alle opere di
urbanizzazione primaria, ed in assenza di
specifiche previsioni, deve ritenersi che
gli impianti di telefonia mobile non possano
essere assimilati alle normali costruzioni
edilizie e, pertanto, la loro realizzazione
non sia soggetta a prescrizioni
urbanistico-edilizie preesistenti, le quali
si riferiscono a tipologie di opere diverse
e sono state elaborate con riferimento a
possibilità di diverso utilizzo del
territorio, nell’inconsapevolezza del
fenomeno della telefonia mobile e, più in
generale, dell’inquinamento elettromagnetico
in generale.
Conseguentemente, il titolo autorizzatorio
non può essere negato se non avuto riguardo
ad una specifica disciplina conformativa,
che prenda in considerazione le reti
infrastrutturali tecnologiche necessarie per
il funzionamento del servizio pubblico (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 08.07.2009 n. 1213 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Pianificazione.
La costante
giurisprudenza, in tema di modifiche
apportate allo strumento urbanistico in sede
di approvazione da parte della Regione,
distingue le modifiche "obbligatorie"
(in quanto indispensabili per assicurare il
rispetto delle previsioni del piano
territoriale di coordinamento, la razionale
sistemazione delle opere e degli impianti di
interesse dello Stato, la tutela del
paesaggio e dei complessi storici,
monumentali, ambientali e archeologici,
l'adozione di standards urbanistici minimi)
da quelle "facoltative" (consistenti
in innovazioni non sostanziali) e da quelle
"concordate" (conseguenti
all'accoglimento di osservazioni presentate
al piano ed accettate dal Comune).
Mentre, infatti, per le modifiche "facoltative"
e "concordate", ove superino il
limite di rispetto dei canoni guida del
piano adottato, sussiste l'obbligo della
ripubblicazione da parte del Comune,
diversamente, per le modifiche "obbligatorie"
non sorge tale obbligo, poiché proprio il
carattere dovuto dell'intervento regionale
rende superfluo l'apporto collaborativo del
privato, superato e ricompreso nelle scelte
pianificatorie operate in sede regionale e
comunale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.07.2009 n. 4303 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Art. 216, comma quarto,
d.lv. 152/2006.
L’inibitoria di cui all'art. 216 co. 4 D.Lv.
152/2006 può intervenire non solo nel caso
di inosservanza delle norme tecniche sulle
quantità ed i tipi di rifiuti recuperabili,
ma anche nell’ipotesi di contrasto
dell’attività di recupero dei rifiuti con le
norme vigenti in materia di tutela della
salute dell’uomo e dell’ambiente, come si
evince dal combinato disposto dell’art. 216,
comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 152/2006 e
dell’art. 1, comma 3, del d.m. 05.02.1998.
Orbene, la compatibilità urbanistica
dell’impianto, benché non espressamente
contemplata dalle prefate disposizioni, non
può non costituire presupposto per il
legittimo esercizio dell’attività di
recupero dei rifiuti, atteso che deve essere
qualificato sicuramente pericoloso per la
preservazione dell’ambiente circostante un
impianto che, sebbene rispetti le specifiche
tecniche del caso, si ponga in dissonanza
con la destinazione urbanistica dell’area.
Tale interpretazione, d’altronde, è l’unica
possibile per rendere coerente la procedura
semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del
d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di
cui al precedente art. 208, nel quale si fa
espresso riferimento all’esigenza di
documentare la conformità del progetto (di
impianto) alla normativa urbanistica ed alla
valutazione, in sede di conferenza di
servizi, della compatibilità dello stesso “con
le esigenze ambientali e territoriali”
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 06.07.2009 n. 3733 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA: Lottizzazione
abusiva, confisca dei terreni e delle opere
realizzate.
La confisca dei
terreni abusivamente lottizzati e delle
opere realizzate, prevista dall'art. 44,
comma 2, D.P.R. 380/2001, deve essere
disposta anche nei confronti dei beni dei
terzi acquirenti in buona fede ed estranei
al reato, i quali potranno fare valere i
propri diritti in sede civile, atteso che
trattasi di una sanzione amministrativa a
natura reale non personale applicata sul
solo presupposto dell'accertamento
giurisdizionale di una lottizzazione
abusiva.
Tuttavia, si registra un orientamento
parzialmente difforme in base al quale la
confisca dei terreni abusivamente lottizzati
e delle opere abusivamente costruite non
deve essere disposta nei confronti dei
soggetti estranei alla commissione del reato
e venuti in buona fede in possesso del
terreno o dell'opera edilizia oggetto di
abusiva lottizzazione (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.06.2009 n. 24666 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Il Durc ha validità regionale.
Il Durc emesso da una cassa edile siciliana
non ha validità per l'intero territorio
nazionale, ma solo limitatamente al
territorio regionale. Come tale, pertanto,
non risponde al requisito della regolarità
contributiva aziendale richiesto dalla legge
n. 266/2002 (con riferimento, cioè, a tutto
il territorio nazionale) ai fini della
partecipazione e aggiudicazione di appalti
pubblici.
Lo ha stabilito la Corte di giustizia
amministrativa per la regione Sicilia con
ordinanza 08.06.2009 n. 680.
Con tale ordinanza i giudici siciliani hanno
respinto l'appello della Edilcassa della
regione Sicilia presentato per
l'annullamento, in via cautelare, della
sentenza del Tar Sicilia, sede di Palermo,
n. 1099 del 04.09.2008.
Nella citata sentenza n. 1099/2008, il Tar
Sicilia ha rilevato che il Durc emesso dall'Edilcassa
siciliana riflette la situazione di
regolarità dell'impresa soltanto a livello
regionale (è noto, infatti, che il predetto
ente non è collegato alla Banca nazionale
delle imprese irregolari, la Bni, gestito
dalla Cnce) e, pertanto, ha affermato che
tale Durc non ha validità generale, in
particolare per la partecipazione alle gare
d'appalto
(articolo ItaliaOggi del 17.06.2009, pag.
41). |
APPALTI:
Appalti, vale il prezzo più
basso. Nella valutazione dell'offerta no a
medie o criteri forfettari.
Pronuncia del Consiglio di stato:
illegittime le formule che appiattiscono la
distribuzione dl punteggio.
Sono illegittime le
formule per attribuire i punteggi ancorate a
medie se non attribuiscono il punteggio più
alto all'offerta di maggiore ribasso.
È quanto afferma il Consiglio di stato,
sezione VI, con la
sentenza del 03.06.2009 n. 3404
sull'applicazione del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa per un
appalto pubblico.
La vicenda vedeva ricorrere un'impresa che
contestava la manifesta illogicità dei
criteri di valutazione dell'offerta
economica, che avrebbero condotto al
risultato di attribuire un maggior
punteggio, per l'elemento prezzo,
all'offerta economica più alta anziché
all'offerta più bassa, nonostante che tra i
prezzi offerti dalle due concorrenti vi
fosse una notevole differenza economica. In
particolare si denunciava che
nell'attribuire il punteggio per il prezzo
non si era tenuto conto delle singole
offerte, ma del prezzo medio delle offerte,
così provocando un ingiustificato
appiattimento tra le offerte stesse, che
impedisce di tener conto dei ribassi e di
premiare i ribassi medesimi.
Il Consiglio di stato innanzitutto precisa
la differenza del rilievo dell'elemento
prezzo a seconda dei criteri di
aggiudicazione utilizzati, affermando che
nel criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, vanno separatamente valutate
l'offerta economica e l'offerta tecnica, «ma
quanto alla valutazione dell'offerta
economica, il criterio non può che essere
quello del prezzo più basso, senza medie o
criteri forfetari». Invece, il criterio
del prezzo più basso, «nella sua chiara e
univoca applicazione, non può che condurre
al risultato di premiare l'offerta di prezzo
più basso, e non può pervenire al risultato
di premiare un'offerta di prezzo più alta di
altre».
Nel caso dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, però, il Consiglio di stato
precisa che «i criteri di distribuzione
del punteggio per l'offerta economica,
previa suddivisione di essa in vari
sub-elementi, devono comunque essere
strutturati in modo tale da condurre al
risultato per cui l'offerta economica
complessivamente inferiore deve riportare un
punteggio, per il prezzo, complessivamente
superiore».
Viene quindi criticato ogni metodo che,
riferendosi a medie, finisce per non
attribuire tutti i punteggi disponibili. In
particolare i giudici (relatore Rosanna de
Nictolis), affermano che nel vigente
ordinamento sono stati banditi tutti i
criteri di valutazione delle offerte di
prezzo basati su medie e che di media si può
parlare soltanto ai fini dell'individuazione
delle offerte sospette da sottoporre a
verifica di anomalia. In altre parole,
dicono i giudici, «se si fissa come
soglia la media dei ribassi offerti in gara,
comunque questo non autorizza ad appiattire
il punteggio per i ribassi che sono più
bassi rispetto a quello che risulta dalla
media dei ribassi offerti».
Formule che appiattiscono la distribuzione
del punteggio, attraverso il ricorso a
medie, finiscono per essere illegittime
perché attribuiscono al di sotto del prezzo
minimo o della media delle offerte lo stesso
punteggio a tutte le offerte, anche più
basse di quella media o minima. Se quindi si
ritiene che oltre la media le offerte
prendano tutte lo stesso punteggio, si opera
illegittimamente perché «si impedisce di
valutare ciascuna offerta per ciò che essa è
effettivamente, eguagliandola in automatico
a un prezzo medio; in tal modo, il punteggio
attribuito diventa forfetario e disancorato
dall'effettiva offerta».
La sentenza del Consiglio di stato mette
quindi in crisi quanto previsto dallo schema
di regolamento del Codice dei contratti
pubblici laddove viene prevista una formula
(Ri/R medio) che finisce per attribuire
sempre lo stesso punteggio alle offerte di
ribasso superiore alla media
(articolo ItaliaOggi del 20.08.2009, pag.
11). |
EDILIZIA PRIVATA:
Chi riceve un esposto edilizio ha
diritto a sapere il mittente.
Chi subisce un
procedimento ispettivo di carattere
urbanistico non può essere limitato
nell'accesso agli atti amministrativi. Per
questo motivo il comune non può negare
all'interessato la piena conoscenza di un
eventuale esposto edilizio concluso con un
nulla di fatto a carico del soggetto
sottoposto a controlli.
Lo ha stabilito il Consiglio di stato, Sez.
V, con la
sentenza 19.05.2009 n. 3081.
Alcuni cittadini hanno richiesto una
verifica comunale da parte dei vigili urbani
su un immobile di proprietà di un avvocato.
Nonostante l'esito negativo del controllo il
comune ha ritenuto di limitare l'accesso
agli atti consegnando al proprietario
immobiliare richiedente una copia
dell'esposto epurata dei riferimenti
completi del mittente.
Contro questa determinazione l'avvocato,
motivato a conoscere gli autori della
delazione anche per intraprendere eventuali
azioni di rivalsa, ha proposto inutilmente
ricorso al Tar ma il Consiglio di stato ha
ribaltato l'esito della vertenza. La
richiesta di accesso completo agli atti
ispettivi ed in particolare alle generalità
degli autori della denuncia, specifica la
sentenza, è pienamente legittimata anche
dall'esito del controllo edilizio che ha
evidenziato mere questioni di carattere
civilistico tra le parti.
La giurisprudenza più recente in materia,
prosegue il collegio, ha infatti osservato
che «il nostro ordinamento non tollera le
denunce segrete e come colui il quale
subisce un procedimento di controllo o
ispettivo abbia un interesse qualificato a
conoscere integralmente tutti i documenti
amministrativi utilizzati nell'esercizio del
potere di vigilanza, a cominciare dagli atti
d'iniziativa e di preiniziativa, quali,
appunto, denunce o esposti, per concludere
nel senso che non si può escludere che
l'immediata comunicazione del nominativo del
denunciante potrebbe riflettersi
negativamente sullo sviluppo
dell'istruttoria».
In buona sostanza, a parte eventuali
limitazioni derivanti da indagini tecniche
complesse o penali il diniego delle
generalità dell'esponente non è ammesso
(articolo ItaliaOggi del 19.06.2009, pag.
13). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Nelle procedure concorsuali è
legittimo il voto numerico, senza la
necessità di ulteriori indicazioni e
precisazioni, qualora la valutazione del
candidato esprima un giudizio relativo al
grado di preparazione e di competenza.
Lo ha sancito il Consiglio di Stato, Sez. V,
con la
sentenza dell'11.05.2009 n. 2880.
Nel caso in esame il concorrente ad un
concorso pubblico per titoli ed esami,
indetto dalla regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, per la copertura di
19 posti di dirigente del profilo
amministrativo, non aveva superato la prima
prova scritta, non avendo conseguito il
punteggio minimo richiesto pari a 14. Aveva
così presentato ricorso al Tar.
A seguito della sentenza di rigetto dei
giudici amministrativi regionali si era
rivolto al Consiglio di stato reputando
illegittima l'indicazione soltanto numerica
del punteggio attribuito alla prova non
superata e l'intrinseca illogicità dei
criteri di valutazione della prima prova
scritta individuati dalla commissione. Il
Consiglio di stato ha respinto l'appello.
Si precisa, infatti, che nell'ambito dei
concorsi per posti di pubblico impiego la
commissione esaminatrice ha l'obbligo di
stabilire preventivamente ed in astratto i
criteri di massima solo in relazione alla
valutazione dei titoli e non anche per la
valutazione delle prove scritte che sono
rimesse alla sua discrezionalità tecnica. In
ogni caso tali criteri sono insindacabili da
parte del giudice amministrativo «salvo il
limite della intrinseca irrazionalità e
della esorbitanza rispetto alle materie del
concorso».
I giudici non intendono discostarsi dalla
soluzione interpretativa offerta dalla
giurisprudenza, consolidata al punto da
costituire «diritto vivente» giudicato
conforme ai parametri costituzionali del
giusto processo e del diritto di difesa da
Corte cost. 30.01.2009, n. 20, secondo cui
nelle procedure concorsuali, qualora la
valutazione del merito del candidato esprima
un giudizio strettamente valutativo del
grado di preparazione e di idoneità
culturale e non una ponderazione fra una
pluralità di interessi in gioco ai fini
dell'adozione di un provvedimento, il voto
numerico è di per sé idoneo a identificare
il livello di sufficienza o di insufficienza
della prova sostenuta, senza la necessità di
ulteriori indicazioni e chiarimenti
(articolo ItaliaOggi del 04.06.2009, pag.
12). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso - Atti già formati -
Ammissibilità - Formazione di atti nuovi -
Attività di elaborazione - Esclusione.
Il rimedio di cui all'art. 25, L. 241/1990,
non può essere utilizzato per costringere
l'Amministrazione a formare atti nuovi
rispetto ai documenti amministrativi già
esistenti, ovvero a compiere un'attività di
elaborazione di dati e documenti, potendo
essere impiegato esclusivamente al fine di
ottenere il rilascio di copie di documenti
già formati e fisicamente esistenti presso
gli archivi dell'Amministrazione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
17.04.2009 n. 867 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Convenzione urbanistica -
Giurisdizione esclusiva G.A. - Sussistenza -
Azione ex art. 2932 c.c. - Ammissibilità.
Va riconosciuta la sussistenza della
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo -in forza di quanto tra
l'altro previsto dall'articolo 11, co. 5, L.
241/1990- sulle controversie aventi ad
oggetto l'adempimento (o la risoluzione) di
una convenzione di lottizzazione: la
convenzione urbanistica ricade infatti nei
c.d. accordi integrativi di provvedimenti
amministrativi, sicché trova disciplina
specifica nell'art. 11, co.5 L. 241/1990,
che devolve alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo la cognizione delle
controversie aventi ad oggetto, unitamente a
quelli sostitutivi di provvedimenti, tali
tipi di accordi; come tale, nell'ambito di
detta giurisdizione rientra anche la domanda
di emissione di sentenza ex art. 2932 c.c.,
infatti, l'esecuzione dell'obbligo ex art.
2932 c.c. è tipica azione costitutiva
dell'obbligo di concludere il contratto:
l'obbligo trae titolo dalla convenzione
urbanistica e dunque detta controversia
risulta ricondotta nella predetta ipotesi di
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
15.04.2009 n. 860 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Perequazione urbanistica - In
relazione ad edificazioni singole -
Ammissibilità.
La cessione di un'area a parcheggio, a
fronte della realizzazione di un albergo,
appare proporzionata, in quanto da un lato
non ostacola il raggiungimento
dell'obiettivo edificatorio del privato e
dall'altro è giustificata dal fatto che
l'aumento dell'esigenza di parcheggi è
strettamente correlato all'avvio
dell'attività alberghiera: la perequazione
urbanistica nella forma del riconoscimento
di facoltà edificatorie in cambio della
cessione gratuita di aree da destinare alla
fruizione collettiva può essere esercitata
anche in collegamento con edificazioni
singole al di fuori di un piano attuativo.
Questo perché anche le edificazioni singole
devono concorrere, al pari di quelle di
maggiore complessità, al raggiungimento del
livello minimo di dotazioni infrastrutturali
previsto dal piano dei servizi.
In proposito dispone l'art. 9, comma 3,
della LR 12/2005, il quale estende ai piani
attuativi la stessa dotazione minima di aree
per attrezzature pubbliche e di interesse
generale prevista dal piano dei servizi per
le altre parti del territorio, con questo
implicando che tutti i proprietari,
all'interno e all'esterno dei piani
attuativi, sono assoggettati all'obbligo di
contribuire al reperimento delle aree
destinate a standard pubblico.
L'assoggettamento si deve intendere
proporzionato all'ampiezza delle aree di
proprietà e all'impatto dell'intervento
edilizio (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
15.04.2009 n. 859 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere della Commissione Edilizia
- Deficit motivazionale - Non influisce sul
provvedimento finale se adeguatamente
motivato.
L'eventuale laconicità dei pareri
obbligatori non rifluisce ex sé
nell'illegittimità del provvedimento finale
salvo lo stesso non sia autonomamente
inficiato da difetto di motivazione;
pertanto, ove i pareri siano stati espressi
in forma superficiale, il provvedimento
finale ben può reggersi autonomamente ove la
motivazione adottata sia comunque congrua e
idonea a superare l'eventuale deficit degli
atti endoprocedimentali
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
10.04.2009 n. 3248). |
ATTI AMMINISTRATIVI - URBANISTICA:
Accesso ex L. 241/1990 -
Estrazione di copia - Atti di pianificazione
urbanistica - Esclusione - Normativa
speciale - Applicazione.
La legge generale sul procedimento
amministrativo esclude dal suo ambito di
applicazione l'attività dell'amministrazione
volta alla approvazione degli strumenti di
pianificazione non perché non sia possibile
alcun tipo di accesso ad essi, ma perché la
trasparenza degli atti volti all'emanazione
del piano -che era possibile già prima della
l. 241/1990- continua ad essere disciplinata
dalle norme speciali che la regolavano, gli
atti dei procedimenti amministrativi
generali volti all'approvazione degli
strumenti di piano, pertanto, sono
accessibili agli interessati nelle forme del
deposito al pubblico del progetto, della
pubblicazione dell'avvenuto deposito, della
visione dello stesso da parte di ogni
soggetto interessato, mentre non è previsto
un diritto di effettuare copia dei documenti
che compongono il piano in corso di
approvazione.
La disciplina dell'accesso agli strumenti di
piano, quindi, è modellata sulle
particolarità di tali procedure
amministrative, che -proprio perché
interessano potenzialmente un numero
indeterminato di soggetti che sono titolari
di situazioni soggettive che
l'amministrazione deve regolare in modo
uniforme con efficacia generale-
suggeriscono di prevedere per esse forme di
conoscenza legale, mentre escludono che il
diritto alla visione degli atti sia
accompagnato dal diritto all'estrazione di
copia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
08.04.2009 n. 814 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano di recupero - Nozione -
Approvazione - Procedura variante
semplificata ex LR Lombardia 23/1997 -
Inammissibilità.
Se, in linea generale, l'art. 2, lett. d),
l.r. 23/1997 ammette l'aumento del carico
insediativo con la procedura di variante
semplificata purché nel limite massimo del
10%, tale aumento non può però essere
realizzato con un piano di recupero, che è
uno strumento attuativo destinato al
recupero del patrimonio edilizio esistente
senza, tuttavia, implicare incrementi
volumetrici tali da determinare un aumento
del carico insediativi, deve, di
conseguenza, escludersi che il recupero
edilizio, consistendo in interventi sugli
elementi costitutivi degli edifici
esistenti, possa comportare incrementi
volumetrici, ossia aumenti di superficie o
di corpi di fabbrica.
E', pertanto, illegittimo il Piano di
recupero che venga approvato attraverso la
procedura semplificata di variante
urbanistica ai sensi della legge regionale
23/1997, per assentire un aumento di
volumetria altrimenti non realizzabile
secondo le previsioni degli strumenti
urbanistici in vigore (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
08.04.2009 n. 806 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere edilizie - Rilievo
urbanistico - Attività che modificano
l'assetto del territorio - Piazzale adibito
a deposito - Sussistenza.
La realizzazione di opere edilizie per
adibire un piazzale in modo duraturo a
destinazione deposito costituisce opera
urbanisticamente rilevante che modifica
l'assetto del territorio: ciò discende
dall'applicazione del principio secondo cui
hanno rilievo urbanistico tutte le attività
che modificano l'assetto del territorio
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
08.04.2009 n. 803 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICI IMPIEGO:
Pubblico dipendente - Percezione
di somme non dovute - Recupero dell'indebito
- Buona fede dell'accipiens - Non rileva -
Modalità del recupero - Rileva.
La buona fede del pubblico dipendente nel
percepire dall'amministrazione di
appartenenza somme a lui non dovute non
costituisce un ostacolo per la stessa
amministrazione al recupero dell'indebito,
ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., anche in
ragione del fatto che il recupero è atto
privo di valenza provvedimentale ed ha
carattere di doverosità per
l'Amministrazione, rilevando ai soli fini
delle modalità con cui il recupero deve
essere effettuato, in modo da non incidere
in maniera eccessivamente onerosa sulle
esigenze di vita del dipendente (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
08.04.2009 n. 799 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Permesso di
costruire - Valutazione degli aspetti
urbanistico-edilizi e civilistici della
domanda di concessione.
2. Permesso di
costruire - Potere di vigilanza del Comune
anche successivamente al rilascio del titolo
edilizio.
1. L'attività istruttoria dell'Ente Locale
in materia di rilascio del permesso di
costruire, deve essere radicata in primis
sulla valutazione degli aspetti urbanistico-edilizi del progetto da
assentire, anche se non possono ritenersi
esenti da valutazione gli aspetti
civilistici della domanda di concessione,
qualora nel fascio degli interessi coinvolti
nel procedimento quest'ultimi vengano
tempestivamente e adeguatamente introdotti
dai soggetti aventi diritto (cfr. Consiglio
di Stato, Sez. V, 21.10.2003 n. 6529).
2. Il rilascio del titolo edilizio non
esaurisce la dinamica dei rapporti fra
richiedente e Comune, atteso che,
l'ordinamento attribuisce ai Comuni il
potere di vigilare sull'attività urbanistico-edilizia
nel territorio comunale e, quindi, di
intervenire nei casi di abusivismo edilizio
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
07.04.2009 n. 3224). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ricostruzione di un fabbricato
con mutamento di destinazione d'uso -
Costituisce intervento di nuova costruzione
e non ristrutturazione edilizia.
In materia edilizia, la demolizione e la
successiva ricostruzione di un fabbricato,
che comportino mutamenti della relativa
destinazione d'uso e delle caratteristiche
edilizie, costituiscono un intervento
edilizio da qualificarsi come nuova
costruzione e non come ristrutturazione
edilizia ex art. 3 D.P.R. 06.06.2001 n.
380, ed in quanto tali soggetti alle
limitazioni imposte dalle norme urbanistiche
in vigore al momento in cui viene esaminata
la domanda di concessione edilizia
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
07.04.2009 n. 3224). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere abusive - Acquisizione
gratuita al patrimonio del Comune -
Provvedimento emesso nei confronti del
responsabile dell'abuso - Legittimità.
Il provvedimento di acquisizione gratuita,
rappresentando una sanzione autonoma
rispetto al provvedimento di demolizione,
può riferirsi esclusivamente al responsabile
dell'abuso, non potendo di certo operare
nella sfera di altri soggetti e, in
particolare, nei confronti del proprietario
dell'area quando risulti, in modo
inequivocabile, la sua completa estraneità
al compimento dell'opera abusiva o che,
essendone egli venuto a conoscenza, si sia
adoperato per impedirlo con gli strumenti
offertegli dall'ordinamento (cfr. Corte
Costituzione, 15.07.1991 n. 345) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
07.04.2009 n. 3222). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione e concessione - Impianti
pubblicitari - Silenzio-assenso - Non
applicabile - Procedimento concessorio -
Necessità.
L'autorizzazione all'installazione di mezzi
pubblicitari attraverso il meccanismo del
silenzio assenso non trova applicazione
allorché la posa dei mezzi avviene su suolo
pubblico, essendo necessario, in tal caso,
un esplicito procedimento concessorio (cfr.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 05.12.2008, n. 5718) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
06.04.2009 n. 3141 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi -
Ingiunzione a demolire - Domanda in
sanatoria - Ricorso improcedibile per
sopravvenuta carenza interesse.
Deve reputarsi improcedibile il ricorso
contro l'ordine di ripristino allorché sia
stata presentata all'Amministrazione domanda
in sanatoria, in quanto in caso di pronuncia
negativa su quest'ultima viene meno
l'interesse all'annullamento dell'atto
sanzionatorio, trasferendosi l'interesse ad
agire del privato nei confronti del nuovo
provvedimento che respinge la sanatoria e
conferma la demolizione dell'opera ritenuta
abusiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
06.04.2009 n. 3135 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Gara - Redazione PGT - Esperienze
analoghe extraregionali - Valutazione
specifica - Necessità.
E' illegittimo il bando che privilegi, in
modo esclusivo e perciò discriminatorio, le
sole esperienze di PPGT ex l.r. Lombardia n.
12 del 2005.
Se è corretto che la relativa esperienza sia
considerata in modo specifico; è comunque
evidente, anche alla stregua dei canoni di
diritto comunitario suscettibili di
circolare anche per ambiti di "sotto
soglia", che esperienze analoghe o
consimili -prodottesi in altre regioni- non
possono essere confinate nell'ambito
valutativo di PPRG: esperienze queste ultime
ormai obsolete (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
02.04.2009 n. 779 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesistica -
Motivazione apodittica - Insufficienza -
Valutazione delle conseguenze derivanti
dalla realizzazione delle opere -
Accertamento in concreto - necessità.
L'autorità che esamina una domanda di
autorizzazione paesistica deve manifestare
la piena consapevolezza delle conseguenze
derivanti dalla realizzazione delle opere
nonché della visibilità dell'intervento
progettato nel più vasto contesto
ambientale, e non può fondarsi su
affermazioni apodittiche, da cui non si
evincano le specifiche caratteristiche dei
luoghi e del progetto; in secondo luogo deve
verificare se la realizzazione del progetto
comporti una compromissione dell'area
protetta, accertando in concreto la
compatibilità dell'intervento col
mantenimento e l'integrità dei valori dei
luoghi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
02.04.2009 n. 776 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesaggistica -
Atto di annullamento - Natura - Non è
recettizio - Termine di 60 giorni - Relativo
all'adozione.
L'atto di annullamento dell'autorizzazione
paesaggistica non è recettizio, pertanto il
termine perentorio assegnato alla
Soprintendenza per l'eventuale annullamento
si riferisce alla sola adozione e non anche
alla comunicazione di tale atto: il suddetto
arco temporale si correla esclusivamente
all'esercizio del potere di annullamento,
sicché è necessario (e sufficiente) che
entro 60 giorni il relativo provvedimento
sia stato emanato, ma non anche reso noto ai
destinatari.
Non sussiste, infatti, alcuna specifica
indicazione normativa dalla quale possa
desumersi la natura recettizia del decreto
di annullamento, sicché l'ulteriore
adempimento della sua comunicazione è da
considerarsi afferente esclusivamente alla
fase di integrazione degli effetti
dell'atto, allo scopo di far decorrere il
termine per l'eventuale impugnativa (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
02.04.2009 n. 775 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull’esclusione per ragioni
formali e sul ricorso all’avvalimento.
Non può essere
esclusa da una gara di appalto una impresa
per il fatto che ha prodotto alcune
referenze in lingua francese non
accompagnate da traduzione. Infatti, in base
al disposto di cui all’art. 46 del Codice
dei contratti pubblici e del principio di
integrazione documentale ivi scolpito,
qualora la documentazione prodotta da un
concorrente ad una pubblica gara sia
presente, ma carente di taluni elementi
formali, di guisa che sussista un indizio
del possesso del requisito richiesto,
l’Amministrazione non può pronunciare
l’esclusione dalla procedura, ma è tenuta a
richiedere al partecipante di integrare o
chiarire il contenuto di un documento già
presente, costituendo siffatta attività
acquisitiva un ordinario modus procedendi,
ispirato all’esigenza di far prevalere la
sostanza sulla forma.
Nel caso di offerta tecnica composta da più
pagine, la mancata sottoscrizione di ogni
pagina, in presenza, peraltro della firma
regolarmente apposta in calce alla stessa,
non toglie efficacia al documento medesimo
nella sua interezza e non è atta a generare
dubbi sulla provenienza di esso; pertanto,
ingiustificato si presenta il comportamento
della commissione di gara che dispone in tal
caso l’esclusione dell’offerta.
La facoltà di avvalimento costituisce una
rilevante eccezione al principio generale
che impone che i concorrenti ad una gara
pubblica possiedano in proprio i requisiti
di qualificazione; pertanto la prova circa
l'effettiva disponibilità dei mezzi
dell'impresa avvalsa deve essere fornita in
maniera rigorosa, mediante la presentazione
di un apposito impegno da parte di
quest'ultima, riferito allo specifico
appalto e valido per tutta la durata della
prestazione dedotta in gara, non essendo
sufficiente -a tal fine- la mera allegazione
dei legami societari che avvincono i due
soggetti, non fosse altro che per
l'autonomia contrattuale di cui godono le
singole società del gruppo.
Non è sufficiente un’eventuale dimostrazione
della delineata disponibilità giuridica,
fornita con documentazione postuma rispetto
alla tempistica di gara, la quale non può
validamente assolvere all’onere probatorio
gravante sui concorrenti, ostandovi i
principi generali in materia di procedure
concorsuali e in particolare quello della
par condicio e del divieto di integrazione
postuma del materiale documentario di gara,
derogabile solo ai fini della prova della
natura non anomala di un’offerta.
La necessità della dimostrazione della
effettiva e giuridica disponibilità da parte
dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei
requisiti di qualificazione
tecnico-economica dell’impresa ausiliaria,
non può subire un’attenuazione nemmeno
nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante
alla gara sia parte di un gruppo societario,
non essendo a tal fine sufficiente la mera
allegazione dei legami societari che
avvincono i due soggetti, non fosse altro
che per l’autonomia contrattuale di cui
godono le singole società del gruppo.
Nel caso di avvalimento, anche in ipotesi di
partecipazione alla gara di un gruppo di
imprese di qualsivoglia natura, il
concorrente che intenda avvalersi delle
referenze e dei requisiti soggettivi di
altre imprese non può omettere di produrre
all’Amministrazione appaltante, oltre alla
certificazione SOA propria e dell’impresa
avvalente, anche la dichiarazione indicata
alla lettera c) dell’art. 49 del D.Lgs. n.
163/2006, resa dall’impresa ausiliaria
avvalente e attestante il suo possesso dei
requisiti generali di affidabilità morale e
professionale definiti all’art. 38 del
Codice del contratti pubblici.
L’art. 49, comma 6, del Codice dei contratti
pubblici, il quale originariamente disponeva
che "il concorrente può avvalersi di una
sola impresa ausiliaria per ciascun
requisito o categoria", prevedendo in
tal modo il divieto di avvalimento plurimo,
è stato sostituito dall'art. 1, comma 1,
lettera n), numero 1), del D.Lgs.
11.09.2008, n. 152 (secondo cui "Per i
lavori, il concorrente può avvalersi di una
sola impresa ausiliaria per ciascuna
categoria di qualificazione. Il bando di
gara può ammettere l'avvalimento di più
imprese ausiliarie in ragione dell'importo
dell'appalto o della peculiarità delle
prestazioni"). E’ quindi solo con
l’entrata in vigore delle modifiche recate
dal c.d. terzo correttivo al Codice
contratti, e cioè per i bandi di gara
pubblicati a partire dal 17.10.2008, che il
divieto di avvalimento plurimo, ossia di più
di una impresa per ciascuna categoria di
qualificazione, vige solo limitatamente ai
lavori ed è stato invece espunto per gli
appalti di servizi e di forniture
(TAR Piemonte, sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 - link
a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Accesso agli atti - Certificato
prevenzione incendi - Diniego accesso -
Illegittimità.
2. Accesso agli atti - Atto pubblico -
Pubblicità.
1. E' illegittimo il diniego di accesso al
certificato di prevenzione incendi: i limiti
al diritto di accesso sono indicati
dall'art. 24 della l. n. 241/1990 e in
particolare il diritto di accesso è escluso
quando l'atto sia qualificato come segreto
dalle specifiche previsioni normative o da
provvedimenti amministravi.
2.
La pubblica amministrazione non può negare
l'accesso ad un documento adducendo che esso
non è un atto pubblico in quanto l'atto non
pubblico non è di per sé anche atto segreto:
solo pochi atti sono pubblici (e come per
gli atti segreti occorre una specifica
qualificazione) e si caratterizzano perché
dopo l'adozione deve esserne data adeguata
pubblicità affinché qualsiasi soggetto possa
venirne a conoscenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
27.03.2009 n. 2035 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Comunicazione
di avvio del procedimento ex art. 7 L. n.
241/1990 - Procedimento per la demolizione
di una costruzione eseguita sine titulo -
Non necessaria.
2. Ordinanza di
demolizione - Va inviata al proprietario
anche se non responsabile dell'abuso.
3. Rimozione
dell'opera abusiva - Termine più breve di
quello prescritto dall'art. 7 Legge 47/1985
- Ammissibilità.
1. L'avviso previsto dall'art. 7, l. n. 241
del 1990 non è dovuto nel caso di
procedimento volto all'adozione del
provvedimento di demolizione di una
costruzione eseguita senza titolo o relativa
ad abusi che non necessitino di particolari
valutazioni discrezionali, ma comporta,
invece, un semplice accertamento di natura
tecnica sulla consistenza delle opere; la
prescrizione che impone la comunicazione di
avvio del procedimento deve essere, infatti,
applicata nel contesto generale dei principi
che presidiano il procedimento
amministrativo e va, quindi, coordinata con
il principio di speditezza dell'adozione
amministrativa nonché con l'art. 21-octies
della stessa legge, introdotto dall'art. 14,
l. n. 15 del 2005, che statuisce la non
annullabilità del provvedimento adottato in
violazione delle norme sul procedimento,
qualora, per la sua natura vincolata, sia
palese che il suo contenuto non avrebbe
potuto essere diverso da quello
concretamente adottato.
2. Costituisce ius receptum quello secondo
cui l'ordinanza di demolizione di una
costruzione abusiva può legittimamente
essere emanata nei confronti del
proprietario, anche se non responsabile
dell'abuso, considerato che l'abuso edilizio
costituisce illecito permanente e che
l'ordinanza stessa ha carattere
ripristinatorio e non prevede l'accertamento
del dolo o della colpa del soggetto cui si
imputa la trasgressione.
3.
L'assegnazione di un termine più breve, di
quello prescritto dall'art, 7 L. 28.02.1985
n. 47, per provvedere alla rimozione delle
opere abusivamente realizzate si risolve in
una violazione meramente formale non lesiva
per l'interessato che conserva, comunque, un
termine non inferiore a quello di legge per
ottemperare all'ingiunzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
24.03.2009 n. 1984). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Procedimento -
Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della
L. n. 241 del 1990 - Non occorre - Nel caso
in cui le ragioni ostative all'accoglimento
dell'istanza siano note all'interessato.
2. Procedimento -
Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della
L. n. 241 del 1990 - Omissione - Nel caso di
procedimento tendente all'adozione di un
provvedimento vincolato - Applicazione della
sanatoria prevista dall'art. 21-octies della
Legge n. 241/1990.
1. Ogniqualvolta le ragioni ostative siano
note all'istante e costui abbia avuto modo
di interloquire con l'Amministrazione
prospettando la sua tesi, la formale
comunicazione dei motivi ostativi
all'accoglimento della domanda, ai sensi
dall'art. 10-bis della L. 07.08.1990, n.
241, non è necessaria.
2. L'omissione della formale comunicazione
dei motivi ostativi all'accoglimento della
domanda, prevista dell'art. 10-bis L. 07.08.1990, n. 241, non dà luogo
all'annullamento del provvedimento finale
nel caso in cui quest'ultimo presenti
aspetti privi di margini di discrezionalità
amministrativa; in tal caso, ai sensi
dell'art. 21-octies, comma 2, L. n. 241/90,
non è annullabile il provvedimento adottato
in violazione di norme sul procedimento o
sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata delle relative
determinazioni, sia palese che il contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
24.03.2009 n. 1983 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Edilizia residenziale pubblica - Alloggio -
Decadimento assegnazione - Decreto -
Legittimità.
E' legittimo il decreto che dichiara la
ricorrente decaduta dall'assegnazione
dell'alloggio ERP essendo risultato il
predetto alloggio abbandonato dagli
interessati da oltre un anno: il potere del
comune di dichiarare la decadenza degli
interessati dall'assegnazione degli alloggi
ERP ha carattere vincolato come si desume
dalla formulazione della norma (art. 18,
comma 1 del regolamento regionale n. 1/2004.
Quest'ultimo stabilisce infatti che nelle
ipotesi elencate dal medesimo articolo "il
comune competente per territorio dispone con
motivato provvedimento, anche su proposta
dell'ente gestore, la decadenza
dall'assegnazione".
L'amministrazione è
dunque tenuta solo alla verifica dei
presupposti per l'adozione della
declaratoria di decadenza, in linea con la
ratio della normativa di settore: interesse
pubblico a che, in conseguenza della penuria
di abitazioni destinate ai meno abbienti,
gli alloggi di edilizia residenziale
pubblica siano, e restino, assegnati a chi
intende farne un uso continuativo (cfr.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 13.11.2006,
n. 2181) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
13.03.2009 n. 1910 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abuso edilizio
- Accertamento di conformità ex artt. 36 e
45 del T.U. n. 380/2001 - Aree soggette a
vincolo paesaggistico - Ammissibilità.
2. Permesso di
costruire in sanatoria - Autorizzazione
paesaggistica - Necessità - Prima
dell'inizio dei lavori - Art. 146, comma 12, Dlgs. n. 42/2004.
1. L'istituto dell'accertamento di
conformità può eccezionalmente trovare
applicazione anche in caso di opere eseguite
su aree soggette a vincolo paesaggistico.
2.
Il rilascio del permesso di costruire in
sanatoria rimane comunque subordinato al
rilascio dell'autorizzazione paesaggistica
ex articolo 146 del DLgs n. 42/2004 e non
può essere rilasciato in epoca successiva
alla realizzazione, anche parziale, degli
interventi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
05.03.2009 n. 1762 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 07.09.2009 |
ã |
NOVITA' SUL SITO |
E' stato
inserito il nuovo bottone
dossier LEGGE CASA LOMBARDIA. |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
D.Lgs. 81/2008 in materia salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro: disponibile il testo
coordinato con le modifiche introdotte dal
D.Lgs. 03.08.2009 n. 106 (link a
www.lavoro.gov.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 35
del 03.09.2009, "Modificazioni del d.d.s.
n. 532 del 26.01.2009 ed approvazione
dell'allegato tecnico relativo
all'autorizzazione in via generale ex art.
272, comma 2, del d.lgs. 152/2006 per
l'attività in deroga di elettroerosione" (decreto
D.S. 06.08.2009 n. 8213 - link a www.infopoint.it). |
QUESITI &
PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Articolo 167, comma 4, lettera
a), del d.lgs. 22.01.2004, n. 42 recante
"Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio"
e s.m.i. - Legge 15.12.2004, n. 308 -
Procedimento di accertamento di
compatibilità paesaggistica ordinario -
Definizione dei termini "lavori", "superfici
utili" e "volumi" (Ministero
per i Beni e le Attività Culturali,
Segretariato Generale,
circolare 26.06.2009 n. 33). |
EDILIZIA PRIVATA:
Funzione di tutela paesaggistica
e tutela di prossimità.
Sulla definizione dei limiti entro i quali
il Ministero è legittimato ad emanare
provvedimenti di tutela, nell’esercizio
della funzione di vigilanza ex art. 155, co.
1, del Dlgs. 22.01.2004, n. 42, recante il
Codice dei beni culturali e del paesaggio
(di seguito “Codice”), con riguardo ad
ambiti dichiarati di notevole interesse
pubblico, sotto il profilo paesaggistico,
quali punti di vista panoramici
(Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Ufficio Legislativo,
nota 11.06.2009 n. 12628 di prot.
- link a
www.beniculturali.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Strutture per spettacoli
viaggianti – Autorizzazione paesaggistica –
Necessità (Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, Ufficio Legislativo,
nota 09.03.2009 n. 5060 di prot.
- link a
www.beniculturali.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Richieste di sanatoria, ai sensi
dell’art. 32 della legge 28.02.1985, n. 47,
delle opere abusive eseguite su immobili
sottoposti a vincolo paesaggistico. Profili
temporali del potere statale di annullamento
delle autorizzazioni paesaggistiche
(Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Ufficio Legislativo,
nota 16.01.2009 n. 741 di prot. -
link a
www.beniculturali.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Legge 28.02.1985, n. 47, art.
32. Richieste di sanatoria per opere
eseguite su immobili sottoposti a vincolo
paesaggistico. Potere statale di
annullamento (Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, Ufficio Legislativo,
nota 11.11.2008 n. 21128 di prot.
- link a
www.beniculturali.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Accertamento della compatibilità
paesaggistica.
Oggetto: articolo 167, commi 4 e 5,
Codice dei beni culturali e del paesaggio
(Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Ufficio Legislativo,
nota 16.09.2008 n. 16740 di prot.
- link a
www.beniculturali.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Vattani,
Le acque di lavaggio dei cassonetti stradali
dedicati alla raccolta degli RSU sono da
considerarsi rifiuto o rientrano nella
disciplina delle acque e possono essere
raccolte nella pubblica fognatura?
Nel caso si tratti di rifiuti, quale è il
codice CER appropriato? (link a
www.simoline.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Santoloci,
Nell’ambito del deposito temporaneo è
possibile oggi che il titolare dell’azienda
che realizza il deposito medesimo ne affidi
la gestione a ditta terza con un contratto
civilistico? Questo contratto
deresponsabilizza il produttore dei rifiuti?
(link a www.simoline.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Vattani, Mi trovo in grave difficoltà e
non so più come fare, i forti e continui
rumori degli impianti di refrigerazione dei
locali di un grande ipermercato posto al
piano terra del palazzo in cui abito (e che
si protraggono per tutta la notte) rendono
impossibile dormire sia alla mia famiglia
che a buona parte del vicinato:
a quali norme ci si può appellare in questi
casi? E’ possibile rivolgersi al Giudice
Penale? (link a www.simoline.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Ritardi nei pagamenti nelle transazioni
commerciali: tasso 1/7 - 31/12/2009
(Ministero Economia e finanze,
comunicato 28.08.2009 - link a
www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 –
problematiche relative al rilascio del
Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)
(interpello
31.07.2009 n. 64/2009 - link a
www.lavoro.gov.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
URBANISTICA: D.
Meneguzzo,
Il diritto di accesso agli atti di adozione
degli strumenti urbanistici (link
a
http://venetoius.myblog.it). |
URBANISTICA:
C. Angelillis,
LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: LA CONFISCA NEI
CONFRONTI DEL TERZO ALLA RESA DEI CONTI
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
Preavviso di rigetto ex art. 10-bis L.
241/1990 e impianti radioelettrici
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
LA TARIFFA RIFIUTI NELLA RECENTE
GIURISPRUDENZA, DA ULTIMO LA SENTENZA DELLA
CORTE COSTITUZIONALE 24.07.2009, N.
238/2009: UN’ALTRA OCCASIONE PERSA?
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Fanizzi,
IL CAMBIO DELLA TITOLARITÀ D’UN’ATTIVITÀ
DANTE ORIGINE AD UNO SCARICO INDUSTRIALE
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Botteon,
Le distanze dalle strade nelle costruzioni:
fasce di inedificabilità assoluta o
relativa? (link a
www.lexitalia.it). |
dossier AFFIDAMENTO IN HOUSE |
APPALTI SERVIZI:
Sui requisiti che devono
sussistere per ritenere legittimo
l'affidamento in house in favore di una
società partecipata da più enti pubblici.
In caso di affidamento in house in favore di
società partecipata da più enti pubblici,
per verificare se sussiste il presupposto
del controllo analogo si applica il criterio
sintetico imperniato sui rapporti tra la
collettività degli enti pubblici soci
rispetto alla società affidataria rispetto
all'approccio atomistico che considera
singulatim la posizione di ogni ente
locale.
Ai fini della configurabilità di un "controllo
analogo", non è necessaria la
ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di
un potere di controllo individuale del
singolo socio affidante sulla società-organo
assimilabile a quello, individuale,
delineato dai primi due commi dell'art. 2359
c.c.. è imprescindibile però che il
controllo della mano pubblica sull'ente
affidatario sia effettivo, ancorché
esercitato congiuntamente e, deliberando a
maggioranza, dai singoli enti pubblici
associati.
La giurisprudenza amministrativa, recependo
le indicazioni della giurisprudenza
comunitaria, ha rimarcato che il controllo
analogo, idoneo ad escludere la sostanziale
terzietà dell'affidatario domestico rispetto
al soggetto affidante, é da escludere in
presenza di un potere assoluto di direzione,
coordinamento e supervisione dell'attività
del soggetto partecipato da parte dell'ente
controllante-affidante che consenta a
quest'ultimo di dettare le linee strategiche
e di influire in modo effettivo ed immediato
sulle decisioni dell'affidatario. Risulta
quindi indispensabile che le decisioni più
importanti siano sempre sottoposte al vaglio
preventivo dell'ente affidante o, in caso di
in house frazionato, della totalità degli
enti pubblici soci. Inoltre, osta alla
configurabilità dell'affidamento in house
l'acquisizione, da parte dell'impresa
affidataria, di una vocazione schiettamente
commerciale tale da rendere precario il
controllo dell'ente pubblico.
Detta vocazione, può, in particolare,
risultare dall'ampliamento, anche
progressivo, dell'oggetto sociale e
dall'apertura obbligatoria della società ad
altri capitali o dall'espansione
territoriale dell'attività della società:
l'affermarsi di una vocazione strategica
basata sul rischio di impresa finisce
infatti per condizionare le scelte
strategiche dell'ente asseritamene in house,
distogliendolo dalla cura primaria
dell'interesse pubblico di riferimento e,
quindi, facendo impallidire la natura di
costola organica, pur se entificata,
dell'ente o degli enti istituenti (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 26.08.2009 n. 5082 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
dossier ATTI AMMINISTRATIVI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Decorrenza del termine per
impugnare atti pubblicati all'albo pretorio
- Giorno successivo all'ultimo giorno di
pubblicazione o alla data di esecutività del
provvedimento - Sussiste.
2. Processo
amministrativo - Azione popolare - Carattere
sostitutivo e non correttivo - Sussiste.
1.
Per l'impugnazione di atti soggetti a
pubblicazione all'albo pretorio il termine
decorre dal giorno successivo a quello
ultimo di pubblicazione ovvero dalla data di
esecutività degli stessi, qualora questa
risulti successiva a quella dell'ultimo
giorno di pubblicazione.
2. L'azione popolare non può perseguire le
finalità di rimuovere errori od irregolarità
commessi in danno dell'interesse collettivo
e può essere esperita dall'elettore in
sostituzione del Comune contro un soggetto
terzo, e non contro il Comune stesso, per
far valere l'illegittimità di atti
riferibili a detto ente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
29.04.2009 n. 3596 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso agli atti - Comprende la
visione ed estrazione di copia di documenti
in possesso della P.A. - Legittimità della
pretesa alla formazione di atti anche
meramente ricognitivi - Non sussiste.
L'azione per l'accesso agli atti ha per
oggetto la visione ed estrazione di copia di
documenti in possesso dell'amministrazione,
mentre non rientra nel suo ambito la pretesa
alla formazione di atti, anche meramente
ricognitivi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.04.2009 n. 3566 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Art. 10-bis
L. 241/1990 - Preavviso di provvedimento
negativo - Ambito di applicazione -
Applicabilità ai procedimenti ad iniziativa
d'ufficio - Non sussiste.
2. Rapporti con
procedimenti giurisdizionali o
amministrativi privi del carattere di
pregiudizialità - Interruzione o sospensione
dell'attività - Necessità - Non sussiste.
3. Rapporti con
procedimenti giurisdizionali o
amministrativi privi del carattere di
pregiudizialità - Adozione di misure
cautelari penali a conservazione dei luoghi
- Interruzione o sospensione dell'attività -
Necessità - Non sussiste.
1. La partecipazione al procedimento
amministrativo, da parte del soggetto
interessato, è stata riservata dalla legge
ai procedimenti ad istanza di parte che
debbano concludersi con un provvedimento
negativo per l'interessato -c.d. preavviso
di provvedimento negativo- previsto
dall'art. 10-bis della Legge 241/1990 e non
è applicabile ai procedimenti ad iniziativa
d'ufficio.
2. L'attività amministrativa ordinaria non
può essere interrotta o sospesa con
riferimento allo svolgimento di procedimenti
giurisdizionali o amministrativi che non
hanno carattere di pregiudizialità
necessaria.
3.
L'adozione di misure cautelari penali a
conservazione dei luoghi rientra
nell'esclusiva valutazione del giudice
penale, che vi provvede autonomamente, con
carattere di urgenza e con atti tipici,
senza la necessità che la P.A. interrompa la
sua attività amministrativa al di fuori dei
casi previsti e senza che di ciò sia
espressamente richiesta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1957). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso ai documenti -
Presupposti - Interesse qualificato e
differenziato per la tutela di situazioni
giuridiche soggettive future - E'
sufficiente.
L'accesso agli atti, previsto dall'art. 22
della Legge 241/1990, è consentito non
soltanto a coloro che abbiano al riguardo un
diritto soggettivo o un interesse legittimo,
ma anche a coloro che vantino un interesse
differenziato e qualificato all'ostensione,
finalizzato alla tutela di situazioni
giuridiche soggettive anche solo future
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5873/2004;
TAR Palermo, sent. n. 1045/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1950). |
dossier BOX |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire - Spazio per parcheggi esterni a
passo carraio - Violazione art. 41-sexies L.
1150/1942 sostituito dall'art. 2, c. 2, L.
24.03.1989 n. 122 - Concessione edilizie
relative a nuove costruzioni - Non sussiste.
Non sussiste la violazione di NTA che
ripropongono il disposto dell'art. 41-sexies
L. 1150/1942 e, successivamente, sostituito
dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122,
secondo il quale "nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10
metri cubi di costruzione", in quanto
l'obbligo di riservare aree destinate a
parcheggio riguarda solo le concessioni
edilizie relative a nuove costruzioni e non
anche quelle che attengono a semplici
ristrutturazioni di costruzioni preesistenti
senza modifica di destinazione d'uso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2009 n. 3258). |
dossier CONSIGLIERI COMUNALI |
ENTI LOCALI:
Assessori revocabili senza
motivo. Il Consiglio pone fine alla
querelle. Non si applicano le garanzie
previste dalla legge 241/1990. Il sindaco
non è tenuto a spiegare i perché della
rimozione.
Il Consiglio di stato, sezione V, con l'ordinanza
27.08.2009 n. 4378 chiude
definitivamente la questione interpretativa
riguardante la necessità di applicare, o
meno, alla decisione del sindaco di revocare
un assessore le garanzie procedimentali
previste dalla legge 241/1990, al pari di
ogni altro procedimento amministrativo.
L'ordinanza di palazzo Spada è
particolarmente rilevante, perché accoglie
l'appello contro l'ordinanza del Tar Lecce,
sezione I, 589 del 2009. Il Tar pugliese,
infatti, nonostante il Consiglio di stato e
la giurisprudenza amministrativa
maggioritaria avessero negli ultimi anni
consolidato la teoria della non necessarietà
di una particolare motivazione della revoca,
era rimasto sostanzialmente l'ultimo
“baluardo” giurisprudenziale, della tesi
contraria.
Secondo il Tar salentino, la revoca
dell'assessore sarebbe caratterizzata da una
natura differente dal provvedimento di
nomina. Mentre la nomina, infatti sarebbe
espressione di pura scelta politica, al
contrario la revoca dovrebbe attuare le
previsioni costituzionali dell'imparzialità
e del buon andamento della pubblica
amministrazione. Pertanto, la revoca
potrebbe essere giustificata solo da fatti
tali da porre in pericolo l'efficienza
dell'azione amministrativa e non da
evenienze esclusivamente politiche.
Insomma, secondo il Tar Lecce occorrerebbe
dimostrare la sussistenza di un pericolo di
danno concreto al corretto svolgimento
dell'azione amministrative, derivante dal
permanere in carica di un assessore. Ecco
perché, allora, in questa prospettiva
occorrerebbero le garanzie previste dalla
legge 241/1990, tra cui la comunicazione di
avvio del procedimento e la specifica
motivazione della revoca. Secondo il Tar
Lecce la motivazione è ulteriormente
necessaria per consentire all'assessore
revocato di tutelarsi in giudizio: gli
assessori, infatti, disporrebbero di un vero
e proprio ius ad officium, che non
potrebbe essere inciso da valutazioni solo
politiche.
Il Consiglio di stato rigetta in modo
caustico e tranciante le teorie del Tar
Lecce. L'ordinanza 4378/2009 si limita ad
affermare seccamente che la revoca degli
assessori costituisce, non diversamente
dalla nomina, atto sindacale connotato dalla
più ampia discrezionalità di carattere
politico-amministrativo e non abbisogna di
una particolare motivazione.
Come rivela l'articolo 46, comma 4, del
d.lgs 267/2000 il provvedimento di revoca è
del tutto simmetrico a quello di nomina
dell'assessore e il sindaco deve motivare la
comunicazione della revoca al consiglio: la
norma non richiede una specifica motivazione
di dettaglio, diversa da quella derivante
dall'interruzione di un rapporto di fiducia
politica, del provvedimento rivolto
all'assessore.
Del resto, la motivata comunicazione al
consiglio non è configurata come presupposto
di legittimità della revoca: il sindaco
comunica al consiglio la revoca quando essa
sia già operativa.
Ancora, è non appare condivisibile ritenere
che l'assessore abbia uno ius ad officii:
la carica di assessore non dà luogo ad un
rapporto di impiego o di servizio con
l'ente; l'assessore non svolge attività
gestionale, ma nell'ambito della giunta pone
in essere attività di governo, sicché quei
danni concreti all'operatività che il Tar
Lecce richiede non potrebbero nemmeno di
fatto verificarsi.
Non si vede, allora, quali possano essere,
in concreto, motivazioni diverse
dall'interruzione del rapporto di fiducia
tra sindaco ed assessore quelle da porre
legittimamente alla base della revoca.
Ovviamente, occorre dare conto di quali
siano gli elementi indicativi di tale
interruzione del rapporto fiduciario. Ma
chiedere una motivazione più profonda o
diversa, appare snaturare il legame politico
sindaco-assessore e renderlo qualcosa di
diverso.
Appare stucchevole, oltre tutto, che mentre
notevole parte della giurisprudenza e della
dottrina configuri come rapporto fiduciario
(quale invece non è) quello tra sindaco e
dirigenti, estendendo oltre misura il potere
di indirizzo politico-amministrativo, si
neghi, per altro verso, al sindaco il potere
di esercitare una scelta discrezionale di
estremo rilievo politico e dagli indubbi
risvolti fiduciari, in tema di nomina e
revoca dell'assessore (articolo ItaliaOggi
del 04.09.2009, pag. 14). |
CONSIGLIERI COMUNALI: I
consiglieri comunali non sono legittimati ad
agire contro l'Amministrazione di
appartenenza. Ne discende che un ricorso di
singoli consiglieri contro l'Amministrazione
di appartenenza può ipotizzarsi soltanto
allorché vengano in rilievi atti incidenti
in via diretta sul diritto all'ufficio dei
medesimi e quindi sul diritto spettante alla
persona investita della carica di
consigliere.
La legittimazione dei consiglieri comunali
ad impugnare deliberazioni dell'ente cui
appartengono non può essere negata in quelle
ipotesi in cui vengono dedotti vizi propri
del sub procedimento di deliberazione che si
concretano in violazioni procedurali
direttamente lesive del “munus”
rivestito dal consigliere comunale, come nel
caso di irritualità della convocazione
dell'organo, violazione dell'ordine del
giorno, difetto di costituzione del
collegio, situazioni tutte in cui si
realizza la violazione dello “jus ad
officium” (TAR Veneto 20.12.1999 n.
2479; TAR Basilicata 27.05.1999 n. 191; TAR
Toscana, sez. I, 28.06.2004, n. 2300; TAR
Lombardia Brescia, 14.05.2002, n. 857; TAR
Umbria, 22.11.2002, n. 847).
Per contro, è altrettanto pacifico che, in
linea di principio i consiglieri comunali,
in quanto tali, non sono legittimati ad
agire contro l'Amministrazione di
appartenenza, atteso che il giudizio
amministrativo non è di regola volto a
risolvere controversie tra organi o
componenti di organi di uno stesso ente. Ne
discende che un ricorso di singoli
consiglieri contro l'Amministrazione di
appartenenza può ipotizzarsi soltanto
allorché vengano in rilievi atti incidenti
in via diretta sul diritto all'ufficio dei
medesimi e quindi sul diritto spettante alla
persona investita della carica di
consigliere (Cons. Stato, Sez. V,
15.12.2005, n. 7122).
Tutti gli altri vizi che investono la
deliberazione non in quanto deliberazione
collegiale, ma come atto amministrativo
nella sua rilevanza ed efficacia esterna non
possono, viceversa, essere denunciati
innanzi al giudice amministrativo dai
consiglieri comunali, nemmeno ove si assuma
violata la competenza del Consiglio comunale
ad adottare l'atto in questione (Cons.
Stato, sez. V, 04.05.2004, n. 2699).
Invero, il contenuto dell'atto dell'organo
collegiale, e quindi la sua legittimità
sotto tutti gli altri profili, diversi
dall'iter di formazione dello stesso in
quanto atto collegiale, sono sottratti
all'azione giurisdizionale dei componenti il
collegio, e possono essere portati al
controllo giurisdizionale solo dai soggetti
destinatari dell'atto o comunque incisi
dallo stesso, in modo da rivestire rispetto
al medesimo una posizione qualificata e
differenziata di interesse legittimo (TAR
Campania Napoli, sez. I, 14.01.2005, n. 127)
(TAR Toscana Firenze, sez. I, 28.06.2006, n.
2961) (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1403 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Oneri di
urbanizzazione - Controversie -
Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste
- Ratio.
2. Abusi - Condono
edilizio - Oblazione - Controversie -
Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste.
3. Oneri di
urbanizzazione - Natura del contributo.
4. Oneri di
urbanizzazione - Determinazione dell'aumento
delle tariffe - Competenza - Spetta alla
Giunta comunale
5. Abusi - Condono
edilizio - Oblazione - Tardività e
incompletezza del versamento - Equivale a
mancata presentazione della domanda di
condono.
1. La materia degli oneri di urbanizzazione
e dei costi di costruzione appartengono alla
giurisdizione esclusiva del G.A. sin
dall'art. 6 L. 10/1997; a seguito
dell'abrogazione di tale norma ad opera
dell'art. 136 D.P.R. 380/2001 le pretese
restitutorie relative a tali materie
rientrano nell'ambito della giurisdizione
esclusiva del G.A. prevista dall'art. 34 D.Lgs. 80/1998, in quanto essa ha per
oggetto gli atti ed i provvedimenti delle
pubbliche amministrazioni in materia
urbanistica ed edilizia e comprende la
totalità degli aspetti dell'uso del
territorio (cfr. TAR Salerno, sent. n.
474/2008; TAR Potenza, sent. n.
141/2008).
2. Per le medesime considerazioni di cui
sopra, rientrano nell'ambito della
giurisdizione esclusiva del G.A. anche la
materia delle sanzioni edilizie e delle
controversie relative all'oblazione dovuta
per il condono edilizio (cfr. Cassaz. Civ.,
sent. n. 9389/2004; TAR Roma, sent. n.
11906/2007).
3. Il contributo relativo agli oneri di
urbanizzazione non ha natura tributaria, ma
costituisce, comunque, un corrispettivo di
diritto pubblico posto a carico del
costruttore, connesso al rilascio della
concessione edilizia, a titolo di
partecipazione del concessionario ai costi
delle opere di urbanizzazione in proporzione
all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 2258/2006).
4. La determinazione dell'aumento delle
tariffe degli oneri di urbanizzazione
previsti per il condono edilizio dalla L.R.
31/2004 non rientra tra le competenze del
Consiglio Comunale bensì tra quelle della
Giunta Comunale, la cui competenza ha
carattere residuale.
5. In tema di condono edilizio, poiché la
corresponsione dell'oblazione dovuta va
effettuata interamente nei termini previsti,
pena l'applicazione delle sanzioni di cui
all'art. 40 L. 47/1985 -compresa quella
penale- ne consegue che, trascorso
inutilmente l'ultimo termine utile per
l'adempimento di tale obbligo da parte
dell'interessato, non gli è più consentito
integrare o eseguire il versamento, sicché
egli si viene a trovare in una situazione
del tutto analoga a quella della mancata
presentazione della domanda di condono (cfr. Cassaz. Pen, SS. UU.,
sent. n. 714/1997) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1951). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia - Proroga -
Conseguenze - Proroga termine pagamento
oneri - Sanzione per ritardato pagamento -
Illegittimità.
La proroga della concessione edilizia alle
stesse condizioni, prescrizioni e norme
contenute nella concessione stessa, comporta
anche lo spostamento del termine di
pagamento dell'obbligazione patrimoniale
accessoria determinata con riferimento alla
conclusione dei lavori: infatti, una volta
concessa la proroga della validità della
concessione alle stesse condizioni, anche il
termine di pagamento, legato alla
circostanza di fatto della conclusione dei
lavori, viene necessariamente posticipato.
E' pertanto illegittima la sanzione per
ritardato pagamento che faccia riferimento
al primo termine antecedente alla proroga (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1947 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo di
costruzione - Condono - L.R. 31/2004 -
Determinazione oneri con riferimento alle
tariffe vigenti all'atto del perfezionamento
del procedimento di sanatoria - Questione di
legittimità costituzionale - Non
manifestamente infondata - Trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale.
Non è manifestamente infondata, in relazione
agli articoli 3, 97 e 117 comma terzo della
Costituzione, la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 4, sesto comma,
della legge 03.11.2004 n. 31 della
Regione Lombardia nella parte in cui prevede
che gli oneri di urbanizzazione ed il
contributo sul costo di costruzione dovuti
ai fini della sanatoria sono determinati
applicando le tariffe vigenti all'atto del
perfezionamento del procedimento di
sanatoria.
Il TAR ha ritenuto che l'assunzione come
termine di riferimento delle tariffe vigenti
nel momento del rilascio del titolo anziché
quelle vigenti al momento dell'entrata in
vigore della legge di sanatoria appare in
contrasto con i seguenti articoli della
Costituzione:
- art. 117, terzo comma: nelle materie di
legislazione concorrente è riservata allo
Stato la determinazione dei princìpi
fondamentali, tra i quali va annoverato
quello, dettato dalla legislazione speciale
sul condono edilizio, che àncora la misura
del contributo alle disposizioni vigenti
all'entrata in vigore delle leggi di settore
via via emanate;
- art. 97: in quanto nelle fattispecie di
condono di abusi edilizi, soggette a
disciplina uniforme quanto alla data-limite
stabilita per la commissione dell'abuso e
per la presentazione della domanda di
condono (rispettivamente, 31.03.2003 e 10.12.2004: cfr. art. 32, commi 25 e 32
d.l. 269/2003), nonché quanto al termine di
decorrenza per la formazione del titolo
tacito (31.10.2005: cfr. comma 37
stesso articolo), non appare conforme ai
principi di buon andamento e di imparzialità
della pubblica amministrazione lasciare che,
nei singoli casi, l'entità degli oneri
dipenda da due variabili -casuali o
governate ad arte- quali la scelta dei
tempi nell'aggiornamento delle tariffe e la
tempestività nella evasione delle pratiche
di condono;
- art. 3: non sarebbe conforme al principio
di uguaglianza che abusi edilizi
suscettibili di sanatoria, uguali per natura
e data di compimento, siano assoggettati ad
oneri di diverso importo in applicazione
delle tariffe vigenti nei diversi momenti di
conclusione dei singoli procedimenti;
- i principi di certezza e di affidamento,
immanenti nell'ordinamento nazionale e
comunitario, anch'essi riconducibili
all'art. 97 Cost., secondo cui il privato
deve essere posto in grado di conoscere
anticipatamente a quali oneri, esborsi,
conseguenze sia esposta la propria azione,
anche laddove gli sia offerta la possibilità
di riparare abusi edilizi con una
autodenuncia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
ordinanza
collegiale 20.03.2009
n. 53 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo di
costruzione- Quantificazione - Momento
determinante - L.R. 12/2005 e L.R. 4/2008 -
Criteri.
Il contributo di costruzione va
liquidato, ex art. 43, L.R. 12/2005, in base
alle disposizioni vigenti alla data di
rilascio del permesso edilizio; tuttavia, ex
art. 38, comma 7-bis, L.R. 12/2005 -
aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. ss),
L.R. 4/2008, qualora la richiesta di
permesso di costruire sia completa della
documentazione prevista, l'ammontare degli
oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria dovuti va determinato con
riferimento alla data di presentazione della
richiesta stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.03.2009 n. 1767 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DEFINIZIONI INTERVENTI
EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia - Volta
a conservare la situazione preesistente -
Possibilità di realizzare interventi in
deroga e in violazione D.M. 02.04.1968 n.
1444 - Non sussiste.
La qualificazione dell'intervento come "ristrutturazione"
consente di conservare la situazione
preesistente nei limiti di ciò che esiste,
ma non di realizzare interventi edilizi
nuovi in deroga e in violazione delle
distanze legali stabilite dal D.M. 1444/1968 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.04.2009 n. 3220). |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA:
D.i.a. e poteri della P.A..
Ai sensi dell’art. 23, c. 6, d.P.R. n.
380/2001, per 30 giorni a decorrere dal
ricevimento della dichiarazione di avvio
dell’attività, l’amministrazione ha il
potere di inibire l’intervento edilizio.
Allo scadere del 30° giorno si consolida la
fattispecie che abilita il privato a
costruire e l’amministrazione decade dal
potere di inibire la prosecuzione
dell’attività.
Il decorso del termine di 30 giorni, ed il
conseguente consolidamento del titolo, non
comportano tuttavia che l'attività edilizia
del privato, ancorché del tutto difforme dal
paradigma normativo, possa considerarsi
lecitamente effettuata e dunque possa andare
esente dalle sanzioni previste
dall’ordinamento per il caso di sua mancata
rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi.
Venuto meno il potere inibitorio, residuano,
difatti, il generale potere repressivo degli
abusi previsto dall’art. 27, d.p.r. n.
380/2001 ed un potere di autotutela previsto
dall’art. 19, comma 3, legge n. 241/1990
secondo cui "è fatto comunque salvo il
potere dell’amministrazione competente di
assumere determinazioni in via di
autotutela, ai sensi degli articoli
21-quinquies e 21-nonies" (sia pure sui
generis, poiché, a differenza della consueta
autotutela decisoria non implica un’attività
di secondo grado insistente su un procedente
provvedimento amministrativo) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.06.2009 n. 4066 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. DIA - Spatium
deliberandi dei 30 giorni dalla data di
presentazione della DIA e la sua efficacia -
Applicazione delle modifiche normative
sopravvenute - Sussiste in quanto il
procedimento non si è perfezionato e la DIA
non può ancora produrre effetti.
2. DIA - Spatium
deliberandi dei 30 giorni dalla data di
presentazione della DIA e la sua efficacia -
Applicazione delle modifiche relative alle
disposizioni regolamentari locali in materia pianificatoria e di tariffe degli oneri -
Sussiste.
3. DIA -
Disposizioni contenute nell'art. 42 commi 2
e 3 L.R. n. 12/2005 - Disciplinano il
procedimento di presentazione della DIA e
prevedono l'allegazione del computo del
costo di costruzione - Deroga al principio
generale sull'efficacia della DIA - Non
sussiste.
4. DIA -
Disposizione contenuta nel comma 7-bis
dell'art. 38 L.R. n. 12/2005 e s.m.i. -
Calcolo degli oneri di urbanizzazione - DIA
- Va effettuato al momento della
presentazione, momento equiparabile alla
presentazione della domanda di permesso di
costruire.
5. DIA - Carenza di
uno dei requisiti previsti dalla legge -
Efficacia - Non sussiste - Termine di
riferimento per il decorso dei 30 giorni
- Data di presentazione della documentazione
completa.
1. Nello
spatium deliberandi dei 30
giorni dalla presentazione della denuncia,
periodo durante il quale l'Amministrazione
ha un compito di controllo a conclusione del
quale può esercitare poteri inibitori dei
lavori non ancora avviati, le eventuali
modifiche normative devono trovare
applicazione in quanto il procedimento non è
ancora perfezionato e la DIA non può
produrre effetti: vige allora il principio
del tempus regit actum per cui
l'Amministrazione è tenuta ad applicare la
normativa in vigore al momento dell'adozione
del provvedimento definitivo, quand'anche
sopravvenuta, salvo che espresse norme
statuiscano diversamente, quelle in vigore
al momento dell'avvio del procedimento.
2. Il principio della sensibilità della DIA
alle modifiche legislative nei 30 giorni
tra la presentazione e l'inizio
dell'efficacia deve trovare applicazione
anche rispetto ad eventuali variazioni delle
disposizioni regolamentari tra cui la
disciplina pianificatoria e le tariffe degli
oneri.
3. Le disposizioni regionali contenute
nell'art. 42, commi 2 e 3, della L.R. n.
12/2005 non derogano al principio generale
secondo cui nel caso di intervento edilizio
assentito in forza di una DIA la normativa
da applicare è quella vigente alla data di
efficacia: l'art. 42 infatti si limita a
disciplinare il procedimento di
presentazione della DIA stabilendo che il
computo del costo di costruzione va allegato
alla DIA ma non introduce una deroga al
principio generale sull'efficacia della DIA.
4. A seguito dell'introduzione all'art. 38
della L.R. n. 12/2005 del comma 7-bis ad
opera della L.R. n. 4/2008, il calcolo degli
oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria deve essere effettuato con
riferimento alle sole leggi vigenti al
momento della presentazione della DIA,
momento equiparabile a quello della
presentazione della domanda di permesso di
costruire, purché la DIA sia completa di
tutti gli elementi richiesti dalla
normativa.
5.
La DIA per essere efficace deve avere tutti
i contenuti prescritti, dal momento che la
carenza di uno dei requisiti richiesti dalla
legge rende la denuncia non produttiva di
alcun effetto e, quindi, risulta irrilevante
il momento in cui la denuncia è stata
presentata incompleta. Il termine di
riferimento per il decorso dei 30 giorni
sarà quello in cui viene presentata la
documentazione completa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.04.2009 n. 3146). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Denuncia inizio
attività - Momento di efficacia - Decorrenza
dal 30° giorno - Requisiti.
2. Denuncia inizio
attività - Oneri di urbanizzazione e costi
di costruzione - Quantificazione - Momento
determinante - Criteri.
3. Denuncia inizio
attività - Oneri di urbanizzazione e costi
di costruzione - Quantificazione - Momento
determinante - Artt. 42 e 48 L.R. 12/2005 -
Irrilevanza ai fini della determinazione
importi.
4. Denuncia inizio
attività - Oneri di urbanizzazione e costi
di costruzione - Quantificazione - Momento
determinante - Art. 38, comma 7-bis, L.R.
12/2005 - Criteri.
1. La DIA, indipendentemente dalla qualifica
giuridica assegnata -punto su cui si
contrappongono due differenti orientamenti
che sostengono rispettivamente la natura di
autorizzazione implicita (Cons. di Stato,
sent. n. 5811/2008) e di atto privato (Cons.
di Stato, sent. n. 717/2009)- produce
effetti al 30° giorno dalla sua
presentazione, purché sia completa di tutti
gli elementi richiesti dalla legge (cfr.
TAR Milano, sez. II, sent. n. 5737/2008)
.
2. Ai fini della determinazione di oneri di
urbanizzazione e costi di costruzione le
innovazioni normative introdotte medio
tempore non sono irrilevanti, giacché un
intervento edilizio, ancorché conforme alla
normativa vigente al tempo della denuncia,
ben può essere interdetto ove non sia più in
linea con la normativa sopravvenuta, entrata
in vigore (o destinata a entrare in vigore)
prima del compimento del 30° giorno
dalla presentazione della denuncia stessa
(cfr. TAR Milano, sez. II, sent. n.
588/2006).
Tale principio della
"sensibilità" della DIA alle modifiche
legislative nei 30 giorni tra la
presentazione e l'inizio dell'efficacia,
deve trovare applicazione anche rispetto ad
eventuali variazioni delle disposizioni
regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri:
pertanto la P.A. è tenuta ad applicare la
normativa in vigore al momento dell'adozione
del provvedimento definitivo.
3. Gli artt. 42 e 48 L.R. 12/2005, come
modificata dalla L.R. 4/2008, si limitano a
disciplinare il procedimento di
presentazione della DIA, stabilendo che il
costo di costruzione va allegato alla DIA,
ma non introducono una disciplina
derogatoria speciale, rispetto al principio
generale della efficacia della DIA dopo il
decorso del termine di 30 giorni.
4. Prima dell'entrata in vigore della nuova
disciplina della L.R. 4/2008, che ha
introdotto nell'art. 38 il comma 7-bis,
erano rilevanti le eventuali innovazioni
legislative intervenute nei trenta giorni ed
anche l'introduzione di nuove tariffe se
approvate nel corso dei trenta giorni; dopo
l'introduzione del comma 7-bis all'art. 38,
invece, il calcolo deve essere effettuato
con riferimento alle sole leggi vigenti al
momento della presentazione della DIA,
momento equiparabile a quello della
presentazione della domanda del permesso di
costruire, purché la DIA sia completa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenze 26.03.2009 nn. 2029 e 2030 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Denuncia di
inizio attività - Natura - E' atto del
privato - Conseguenze.
2. Denuncia di
inizio attività - Principio di autoresponsabilità - Attività edilizia in
difformità dalla D.I.A. o sulla base di
D.I.A. illegittima - Conseguenze -
Responsabilità della P.A. - Non sussiste.
1. La D.I.A. si configura soggettivamente
come atto del privato, che autocertifica la
sussistenza delle condizioni previste dalla
legge per la realizzazione dell'intervento
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1409/2007):
pertanto, la legittimazione all'esercizio
dell'attività non è fondata su un atto di
consenso della P.A., ma trova la propria
fonte direttamente nella legge (cfr. Cons.
di Stato, sent. n. 3586/2006).
2. Il principio di autoresponsabilità del
denunciante esclude che possano ritorcersi
in danno del Comune le conseguenze derivanti
dall'attività edilizia intrapresa dal
medesimo in difformità dalla D.I.A. o sulla
base di una D.I.A. illegittima, ancorché il
Comune non abbia inibito l'opera
tempestivamente, o sia intervenuto con
interventi repressivi tardivamente: tanto
più ciò è vero laddove, come nel caso in
esame, il mancato o intempestivo intervento
del Comune sia dovuto ad una erronea o
incompleta rappresentazione dello stato di
fatto o di progetto da parte del denunciante
(cfr. TAR Milano, sez. II, sent. n.
5004/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
13.03.2009 n. 1924 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE |
EDILIZIA PRIVATA:
Distanze tra
fabbricati - Recinzioni tra costruzioni -
Irrilevanza.
La presenza di una recinzione tra due
fabbricati (nel caso di specie recinzione di
mattoni forati tra box e abitazione) non
esime dal rispetto della distanza tra
fabbricati (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
3094/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
13.03.2009 n. 1924 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier ESPROPRIAZIONE |
ESPROPRIAZIONE:
1.
Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima
- Determinazione valore area - Criterio.
2.
Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima
- Determinazione del risarcimento del danno
per l'occupazione illegittima -Criterio.
1. Poiché fino al decreto di acquisizione ex
art. 43 DPR 327/2001 titolare dell'area deve
ritenersi il legittimo proprietario,
ancorché privato della disponibilità della
stessa (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
2582/2007, 3752/2007, nonché Ad. Plen.
29.04.2005 n. 2/2005), il valore dell'area va
calcolato al momento dell'acquisizione,
mentre sul relativo importo vanno calcolati
gli interessi moratori, ai sensi della norma
citata, a decorrere dall'inizio della
occupazione illegittima.
2.
Per tutto il periodo di occupazione
illegittima va corrisposto, ex art. 50 DPR
327/2001, un risarcimento commisurato a un
dodicesimo del valore venale, anno per anno,
con rivalutazione monetaria ed interessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
26.03.2009 n. 1987 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier OPERE PRECARIE |
EDILIZIA PRIVATA:
Carattere precario dei manufatti
edilizi - E' necessario che le opere siano
destinate ad un uso limitato nel tempo e per
fini specifici e temporanei.
In ordine al carattere precario di opere
edilizie, ciò che rileva al fine di
qualificare in tal modo i manufatti
realizzati, non è tanto la consistenza degli
stessi, quanto piuttosto la destinazione ad
un'utilizzazione perdurante nel tempo, di
talché l'alterazione del territorio non può
essere considerata temporanea, precaria o
irrilevante: infatti, perché un'opera
edilizia avente carattere precario, in forza
della sua facile amovibilità, venga
sottratta all'obbligo di rilascio del titolo
abilitativo edilizio, è necessario che sia
destinata ad un uso molto limitato nel
tempo, per fini specifici e temporanei (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1955). |
dossier PERTINENZE EDILIZIE ED
URBANISTICHE |
EDILIZIA PRIVATA:
Nozione di “pertinenza
urbanistica”
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.07.2009 n. 28530 -
link a www.simoline.it). |
dossier RIFIUTI E BONIFICHE |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Ordinanze contingibili e
urgenti.
Il d.lgs. 152/2006 prevede che l’emissione
di ordinanze contingibili ed urgenti per
consentire il ricorso temporaneo a speciali
forme di gestione dei rifiuti va effettuata
“garantendo un elevato livello di tutela
della salute e dell'ambiente” (art. 191,
co. 1) e che tali ordinanze sono adottate “su
parere degli organi tecnici o
tecnico-sanitari locali, che si esprimono
con specifico riferimento alle conseguenze
ambientali” (co. 2) (TAR Campania-Napoli,
Sez. I,
sentenza 06.07.2009 n. 3732 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Potere di ordinanza.
Non vi è dubbio che ordinare la pulizia dei
terreni interessati dall’attività di tiro a
volo, “comunque interessati dalla
dispersione di materiale”, con
conseguente “raccolta e smaltimento secondo
i disposti della normativa di Legge vigente”
-come si legge nel dispositivo
dell’ordinanza impugnata- costituisce
espressione, per l’appunto, del potere del
sindaco discendente dalle norme appena
citate.
L’atto sindacale si posiziona nel crocevia
tra le materie della sicurezza e dell’ordine
pubblico (di cui all’art. 54, comma 1,
d.lgs. n. 267 del 2000), da un lato, e della
rimozione e smaltimento di rifiuti (di cui
all’art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997),
dall’altro lato: materie che, per quanto
detto, rientrano senz’altro nella competenza
ordinaria del Sindaco quale ufficiale di
Governo, come, del resto, è indirettamente
confermato dallo stesso art. 107 d.lgs. n.
267 del 2000 (il quale, pur prevedendo la
generale competenza di gestione dei
dirigenti del Comune, fa salva, al comma 5,
proprio la norma di cui all’art. 54 cit.
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 12.06.2009 n. 1684 -
link a www.lexambiente.it). |
dossier RUMORE |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Poteri del sindaco.
L’art. 9 della legge 447/1995 attribuisce
espressamente al Sindaco il potere di
adottare ordinanze per il contenimento o
l’abbattimento delle emissioni sonore,
inclusa l’inibitoria parziale o totale di
determinate attività. Si tratta di un potere
sostanzialmente analogo a quello attribuito
al Sindaco dal D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico
degli Enti Locali), agli articoli 50 e 54 e
che pertanto deve essere esercitato dal
Sindaco stesso, con esclusione della
competenza dei dirigenti, cui spetta invece
l’adozione di tutti gli atti di gestione del
Comune, ai sensi dell’art. 107 del medesimo
D.Lgs. 267/2000 (TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza 01.07.2009 n. 4225 -
link a www.lexambiente.it). |
dossier SOTTOTETTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Recupero
sottotetti - Recupero volumetrico -
Possibilità di assorbimento nell'attività di
ristrutturazione mediante demolizione - Non
sussiste - Eccezioni.
Il recupero volumetrico del sottotetto non
può essere assorbito nell'attività di
ristrutturazione mediante demolizione che,
ai sensi dell'art. 27, comma 1, Legge
12/2005, comporta il rispetto della
volumetria preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento
alla normativa sismica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1957). |
EDILIZIA PRIVATA: Se
il sottotetto da recuperare ai fini
abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r. n.
12/2005) non garantisce l'altezza media
ponderale di m. 2,40, esso può essere
sopraelevato fino a raggiungere l'altezza
media, e non oltre tale altezza.
Se il sottotetto da recuperare ai fini
abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r.
n. 12/2005) dispone già di un'altezza
media ponderale interna di almeno m. 2,40
esso può mantenere l'altezza preesistente,
anche se superiore a m. 2,40.
Se il sottotetto da recuperare ai fini
abitativi (ndr: ex art. 64, comma 1, l.r.
n. 12/2005) non garantisce l'altezza
media ponderale di m. 2,40, esso può essere
sopraelevato fino a raggiungere l'altezza
media, e non oltre tale altezza (Consiglio
di Stato, sez. IV, 30.05.2005, n. 2767:
le modifiche di altezza e volumetria, ai
sensi della citata normativa regionale, sono
ammissibili solo laddove strettamente
necessarie a rendere abitabili i predetti
volumi, con conseguente esclusione di quelle
trasformazioni, che si sostanzino nella
creazione di nuove volumetrie, che vengano
in qualsiasi modo ad eludere (o, meglio, ad
eccedere) lo scopo unico, cui il legislatore
regionale ha funzionalizzato le modifiche
medesime; nello stesso senso TAR
Lombardia Milano, sez II, 17.01.2006, n. 72:
la previsione espressa nella legge n° 15
del 1996 era giustificata in primo luogo
dalla possibilità di modifiche all’altezza e
quindi dei volumi dell’edificio. Tale
possibilità non è più ammessa dalla nuova
legge regionale, in base alla quale è
possibile il recupero dei sottotetti solo
nella misura in cui siano esistenti, senza
alcuna modifica di altezza o di volume, se
non l’altezza minima per raggiungere
l’abitabilità).
L'altezza massima -per gli interventi che si
propongono di modificare colmo, gronda, o
pendenza delle falde- si ricava proprio
dall'art. 64 l.r. 12/2005 che consente la
modifica al solo scopo di raggiungere le
condizioni di abitabilità dell'appartamento
e, quindi, al solo scopo di raggiungere la
quota di m. 2,40.
L'espressione "per ogni singola unità
immobiliare" non sta a significare che
in tutti i singoli locali dell'appartamento
l'altezza media ponderale debba essere di m.
2,40, ma che in ogni singolo appartamento
sia garantita tale altezza media, in quanto
ciascun vano dell'appartamento non
costituisce da solo una "singola unità
immobiliare". Trattandosi di
disposizione derogatoria rispetto alle norme
di piano, essa, d'altronde, non può essere
interpretata in modo estensivo
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n.
1330). |
dossier TELEFONIA MOBILE |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanze elettrosmog solo se c'è
la prova.
Prima di adottare un'ordinanza sindacale
mirante a impedire l'insediamento di un
nuovo impianto di telefonia mobile occorre
che il comune effettui degli studi specifici
sul pericolo alla salute pubblica.
Lo ha affermato il TAR Puglia-Bari, Sez. III,
con
sentenza 14.01.2009 n. 49.
Il fatto
- Nelle more di adozione del Piano e/o
Regolamento Comunale il Sindaco con
ordinanza contingibile e urgente aveva
disposto la sospensione del rilascio delle
autorizzazioni alla installazione di nuovi
impianti di telefonia mobile nonché la
sospensione dell'attivazione di impianti già
realizzati.
La società ricorrente eccepiva
l'illegittimità del procedimento in quanto
concretizzante una violazione del principio
di doverosità dell'azione amministrativa
nonché del principio per cui il procedimento
va concluso con un provvedimento espresso,
e, comunque una violazione della normativa
di riferimento, che non prevede il potere
del Comune di sospendere il rilascio di
nuove autorizzazioni in attesa dell'adozione
del piano comunale di cui all'art. 8 u.c.
della L. 36/2001.
Eccepiva, altresì, la ricorrente la carenza
di motivazione dell'ordinanza in ordine alle
circostanza che ne avrebbe giustificata
l'adozione e cioè in ordine alla effettiva
ricorrenza di una situazione contingibile e
urgente tale da creare un grave pericolo per
l'incolumità dei cittadino, nonché che tale
causa era aggravata dal mancato espletamento
di un accertamento tecnico preliminare.
La decisione
- Il Collegio, accogliendo il ricorso, ha
affermato che effettivamente l'ordinanza
impugnata, che dichiaratamente si qualifica
come ordinanza contingibile ed urgente,
risulta motivata in modo assolutamente
generico con riferimento all'esigenza di
salvaguardare la salute dei cittadini, che
viene implicitamente ritenuta suscettibile
di compromissione a seguito dell'attivazione
di nuovi impianti, ancorché rispettosi dei
limiti di esposizione fissati dallo Stato.
«Giustamente» –prosegue– «la
ricorrente lamenta che, prima di affermare
la sussistenza di un pericolo per la salute
pubblica, il Comune avrebbe dovuto
effettuare degli studi specifici,
menzionandone i risultati nella ordinanza
impugnata: nulla di ciò essendo stato fatto,
l'affermazione implicitamente contenuta nel
provvedimento impugnato, secondo la quale
l'attivazione di nuovi impianti nuocerebbe
alla salute dei cittadini, rimane
assolutamente indimostrata ed immotivata,
rendendo priva di giustificazione impugnata
l'ordinanza, adottata ex art. 50 dlgs
267/2000» (articolo ItaliaOggi
dell'01.09.2009, pag. 27). |
dossier
VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Poteri del
Ministero BB.CC..
Il potere riconosciuto al Ministero per i
beni Culturali ai sensi dell’articolo 82 del
D.P.R. n. 616/1977 -ora articolo 159 del
decreto legislativo n. 42/2004- è da
intendersi quale espressione non già di un
generale riesame nel merito della
valutazione dell’Ente delegato, bensì di un
potere di annullamento per motivi di
legittimità, riconducibile al più generale
potere di vigilanza, che il legislatore ha
voluto riconoscere allo Stato nei confronti
dell’esercizio delle funzioni delegate alle
Regioni ed ai Comuni in materia di gestione
del vincolo, fermo restando che il controllo
di legittimità può riguardare anche tutti i
possibili profili dell’eccesso di potere
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 02.07.2009 n. 3672 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo paesaggistico - Necessità
di autorizzazione paesaggistica prima del
titolo abilitativo edilizio - Sussiste.
Il vincolo paesaggistico richiede una
apposita autorizzazione che costituisce atto
autonomo e presupposto rispetto al titolo
abilitativo edilizio (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.04.2009 n. 3587 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire - Carenza
di motivazione - Atto vincolato -
Autorizzazione paesistica - Parere
Commissione edilizia integrata - Non
sussiste.
Non sussiste vizio di carenza di motivazione
in relazione ad un permesso di costruire
che, consistendo in un'attività di
accertamento di conformità tra la richiesta
presentata e l'assetto normativo stabilito
dalle norme di legge e regolamentari e dai
provvedimenti di pianificazione urbanistica,
ha natura di atto vincolato (non
discrezionale), risultando conseguentemente
sufficientemente motivato il permesso di
costruire che contiene l'indicazione della
normativa vigente o della disciplina del
territorio prevista dagli strumenti
urbanistici locali.
Similmente non sussiste carenza di
motivazione in relazione ad un provvedimento
di autorizzazione paesaggistica nel caso in
cui l'atto contiene espresso riferimento al
parere della Commissione edilizia integrata
ed ai riscontri effettuati
dall'amministrazione, assolvendo così
all'onere di una congrua motivazione, specie
nel caso in cui le opere oggetto di assenso
paesistico abbiano una consistenza limitata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2009 n. 3258). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Beni culturali - Intervento di restauro -
Diniego qualifica di restauratore - Art. 182
d.lgs. 42/2004 - Divieto equipollenza tra
titoli - Legittimità.
2. Beni culturali - Progetto di restauro -
Diniego di intervento di restauro- Giudizio
sulla fattibilità e idoneità dell'intervento
- Discrezionalità tecnica - Legittimità.
1. L'art. 182, lett. b), d.lgs. 42/2004
nell'attribuire la qualifica di restauratore
è puntuale nel richiedere una scuola di
restauro, quindi un corso di studi
specifico, dedicato a questa tipologia di
arte, diverso da un corso di pittura e
restauro che, seppure di durata
quadriennale, fornisce una preparazione su
un numero maggiore di arti, ma non
garantisce la specificità di un corso
dedicato solo al restauro.
Di conseguenza è
legittima la mancata equiparazione tra i
titoli effettuata dalla Soprintendenza,
risultando l'equipollenza ammissibile solo
in presenza di una specifica disposizione
normativa, e corretta è la scelta
dell'Amministrazione di considerare la
formulazione dell'art. 182 sopra citato
-"scuola di restauro"- come riferita solo al
corso di studi specifico dedicato a questa
disciplina, escludendo di riconoscere in
capo alla ricorrente la qualifica di
restauratore necessaria per l'esecuzione
dell'intervento.
2.
La Soprintendenza, in relazione ai singoli
progetti può svolgere un giudizio sulla
fattibilità ed idoneità alla conservazione
dei valori artistici, giudizio che, in
quanto espressione di discrezionalità
tecnica, può essere sindacato davanti al
giudice amministrativo quando la motivazione
risulti inadeguata o presenti manifeste
incongruenze o illogicità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.04.2009 n. 3218). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego
autorizzazione paesaggistica in sanatoria -
Zona soggetta a vincolo paesaggistico - Art.
167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs. 157/2006 -
Legge vigente - Momento presentazione
domanda - Legittimità.
2. Diniego
autorizzazione paesaggistica in sanatoria -
Zona soggetta a vincolo paesaggistico - Art.
167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs. 157/2006
- Eccezione di incostituzionalità - Non
sussiste.
3. Zona soggetta a
vincolo paesaggistico - Secondo diniego
autorizzazione paesaggistica in sanatoria -
Violazione art. 10-bis L. 241/1990 - Non
sussiste.
1. L'art. 167 d.lgs. 42/2004 c.m. dal d.lgs.
157/2006 esclude la possibilità di
rilasciare l'autorizzazione paesaggistica in
sanatoria per gli interventi abusivi
realizzati in zone soggette a vincolo
paesaggistico, salvo che per i c.d. "abusi
minori", ovvero nel caso di lavori che non
abbiano determinato la creazione di
superfici utili o di volume, ovvero
aumentato quelli legittimamente realizzati,
ovvero nel caso in cui siano stati impiegati
materiali in difformità dell'autorizzazione
paesaggistica, nonché nel caso di interventi
configurabili come manutenzione ordinaria o
straordinaria (commi 4 e 5).
In applicazione
del consolidato principio secondo cui ogni
istanza di sanatoria va esaminata alla luce
della legge vigente al momento della domanda
stessa, e non di quella vigente al momento
della realizzazione dell'opera, è legittimo
il diniego di autorizzazione paesaggistica
relativo ad una domanda presentata in un
momento successivo all'entrata in vigore del
d.lgs. 157/2006 per non rientrare
l'intervento del ricorrente nei casi
tassativi sanabili introdotti da tale norma.
2. La riforma apportata dal d.lgs. 157/2006
al Codice dei Beni culturali e del paesaggio
(d.lgs. 42/2004) è conforme ai disposti
costituzionali di cui agli artt. 3, 9, 76
Cost. in quanto, in considerazione del rango
primario attribuito dalla Costituzione e
dalla sensibilità giuridico-sociale al
valore paesaggistico, che si ritiene possa
essere garantito proprio richiedendo che
ogni intervento incidente in modo
sostanziale sullo stesso (quale deve
qualificarsi la realizzazione di nuovi
volumi) sia preceduto da una compiuta
valutazione della compatibilità del progetto
edificatorio con il contesto ambientale di
riferimento, deve essere esclusa
l'ammissibilità di valutazioni postume,
operanti laddove l'opera sia stata già
realizzata e il bene già compromesso.
3.
Poiché il ricorrente ha avuto più volte la
possibilità di rappresentare la propria
posizione in occasione delle tre domande
presentate con il medesimo contenuto, e del
riscontro dato alle stesse da parte
dell'Amministrazione, non sussiste alcuna
violazione delle garanzie partecipative, ed
in particolare dell'art. 10-bis L. 241/1990,
rispetto al provvedimento di diniego di
autorizzazione paesaggistica in sanatoria,
trattandosi di un secondo diniego,
confermativo del precedente atto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.04.2009 n. 3143). |
dossier VOLUMI TECNICI |
EDILIZIA PRIVATA: Non
sono "volumi tecnici" quelli relativi a
locali che sono complementari
all'abitazione.
Sono volumi
tecnici quelli esclusivamente adibiti alla
sistemazione di impianti aventi un rapporto
di strumentalità necessaria con l'utilizzo
della costruzione e che non possono essere
ubicati all'interno della parte abitativa,
sicché non sono tali i locali complementari
all'abitazione (Cons. St., V Sez.,
13.05.1997, n. 483).
La realizzazione di un locale "sottotetto"
mediante vani distinti e comunicanti
attraverso una scala interna col piano
sottostante, è indice rivelatore
dell'intento di rendere abitabile il locale
o i locali, non potendosi detti vani
considerare tecnici (C.G.A.R.S., 22.10.2003,
n. 337).
La generale previsione di non computabilità
dei volumi tecnici in senso proprio trae
fondamento dalla non rilevanza urbanistica
degli stessi, la cui realizzazione non
aumenta il carico urbanistico dell'area in
cui essi sono realizzati
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n.
1330). |
GIURISPRUDENZA |
URBANISTICA:
1- Strumenti urbanistici – Scelte
dell’amministrazione – Discrezionalità –
Partecipazione dei privati - Presupposti.
2- Strumenti urbanistici – Scelte
dell’amministrazione – Individuazione delle
aree da espropriare - Discrezionalità –
Casi in cui può intervenire il Giudice
Amministrativo.
1-
Le scelte dell'amministrazione nell'adozione
degli strumenti urbanistici sono connotate
da alta discrezionalità e non necessitano di
specifica motivazione, essendo sufficiente
il richiamo ai criteri tecnici di redazione
del piano, se non in presenza di aspettative
qualificate e non generiche in capo ai
privati (Consiglio di Stato, Sez. IV,
07.04.2008, n. 1476); queste ultime, possono
derivare o da pronunce giurisdizionali
passate in giudicato oppure da accordi
intervenuti con l'ente locale, in
particolare da convenzioni di lottizzazione
divenute operative (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 24.04.2009 n. 2630,
Consiglio di Stato, Sez. IV,
19.06.2007, n. 3294).
La giurisprudenza ritiene che costituisca
affidamento generico quello relativo alla
non reformatio in peius di precedenti
previsioni urbanistiche (anche se di piano
particolareggiato), con nuove previsioni che
non consentono una più proficua
utilizzazione dell'area, con la conseguenza
che in tali casi non sussiste la necessità
di una motivazione specifica delle nuove
destinazioni urbanistiche rispetto a quelle
che possono agevolmente evincersi dai
criteri di ordine tecnico-urbanistico
seguiti per la redazione dello strumento
stesso (Consiglio di Stato, Sez. IV,
15.07.2008 n. 3552).
2-
Le scelte compiute dall'amministrazione in
sede formazione degli strumenti urbanistici
sono espressione dell'ampia discrezionalità
tecnica di cui essa dispone in materia e
dalla quale discende la loro sindacabilità
solo nei ristretti limiti costituiti dalla
manifesta illogicità arbitrarietà ed
evidente travisamento dei fatti (Consiglio
di Stato, Sez. IV, 27.12.2007 n.
6686).
Va altresì ricordato che l'individuazione
delle aree da espropriare ai fini della
realizzazione di un'opera pubblica
costituisce espressione di un ampio potere
discrezionale della P.A., che impinge nel
merito della sua azione e che, come tale, si
sottrae al sindacato di legittimità del
giudice amministrativo, salvo che non si
tratti di una scelta ictu oculi
irragionevole, contraddittoria, ovvero
affetta da travisamento dei fatti, essendo
inibita ogni possibilità di sovrapporre una
nuova graduazione degli interessi in
conflitto alla valutazione già operata
dall'autorità a ciò competente, con
l'ulteriore conseguenza che, in simili casi,
l'Amministrazione non è tenuta a fornire le
specifiche ragioni della scelta del
tracciato (TAR Emilia Romagna, Parma,
18.01.2008 n. 360) (TAR Marche,
sentenza 05.08.2009 n. 881 - link
a
http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla differenza tra appalto e
concessione di servizi e sulla necessità per
le amministrazioni pubbliche qualora debbano
affidare servizi o beni pubblici di
individuare i propri contraenti attraverso
procedimenti di tipo concorsuale.
Secondo la giurisprudenza la differenza tra
appalto di servizi e concessione di servizi
sta nel fatto che nell'appalto di servizi le
prestazioni vengono rese in favore
dell'Amministrazione, mentre nella
concessione di servizi si instaura un
rapporto trilaterale, tra Amministrazione,
concessionario ed utenti. In particolare
nella concessione di servizi il costo del
servizio grava sugli utenti, mentre
nell'appalto di servizi spetta
all'Amministrazione compensare l'attività
svolta dal privato e secondo cui, più
specificamente, nell'affidamento della
gestione degli spazi pubblicitari non può
ravvisarsi un appalto, bensì una concessione
di servizi, instaurandosi il rapporto
trilaterale anzidetto; sicché, una volta
affidata la gestione degli spazi, il
concessionario agisce in luogo
dell'Amministrazione cedendo gli spazi
stessi a terzi, dietro compenso, e, nei
confronti dell'Amministrazione medesima è
tenuto al pagamento di un canone.
Le Amministrazioni pubbliche qualora debbano
affidare servizi o beni pubblici debbono
individuare in ogni caso i propri contraenti
attraverso procedimenti di tipo concorsuale
(acquisizione giurisprudenziale questa che
vale anche in materia di concessioni di beni
pubblici), con la conseguenza che ogni
diversa modalità che consente di escludere
tale procedura è da considerarsi eccezionale
e tipica, e che fa sì che la trattativa
privata costituisca in definitiva un sistema
di deroga eccezionale rispetto al regime di
gara per la scelta del contraente a cui
ricorrere solo provando che sussista una
delle condizioni giustificate
nell'ordinamento (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 04.08.2009 n. 4890 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
1. Appalto pubblico (in generale)
- Criteri e principi - Evidenza pubblica -
Pubblicità della gara - Indegorabilità.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Principio di pubblicità - In
sede d'apertura delle buste contenenti le
offerte - Necessarietà - Sussistenza -
Ragioni - Conseguenze.
3. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Partecipazione - Termini - Proroga -
Legittimità - Condizioni.
1.
Il principio della pubblicità delle seduta
di gara per la scelta del contraente è da
considerare inderogabile in ogni tipo di
gara per quanto attiene l'apertura dei
plichi contenenti la documentazione e le
offerte economiche (TAR Campania Napoli,
sez. I, 18-03-2008 n. 1373; TAR Marche,
06-03-2006 n. 59; TAR Lombardia Brescia
05-12-2006 n. 1541; TAR Toscana, sez. II,
06-09-2005 n. 2; Cons. Stato, sez. V,
07-11-2006 n. 6529; TAR Lazio Roma, sez. III, 05-02-2008 n. 951).
Tale principio, espresso dagli artt. 74 e
ss., RR.DD. 23.05.1924 n. 827, è stato
ritenuto applicabile a tutte le gare, in
quanto esprimente una regola essenziale
delle leggi di contabilità generale dello
Stato e derivante direttamente dal principio
di buon andamento ed imparzialità della p.A.
(Cfr. TAR Liguria, sez. I, 01-04-2004 n.
313).
2.
Il principio di pubblicità deve
necessariamente connotare la seduta fissata
per l'apertura della buste contenenti le
offerte economiche del partecipanti alla
gara, di tal che è obbligo del seggio di
gara garantire ai concorrenti l'effettiva
possibilità di presenziare allo svolgimento
delle operazioni di apertura dei plichi
pervenuti alla stazione appaltante.
Ed invero, tale effettiva possibilità di
partecipazione alla seduta del seggio di
gara costituisce garanzia posta a tutela,
nel contempo, dell'interesse pubblico e di
quello dei singoli partecipanti, i quali
devono poter assistere direttamente allo
svolgimento delle operazioni di verifica
dell'integrità dei plichi ed
all'identificazione del loro contenuto, e
ciò a conferma della serietà della procedura
concorsuale (Cfr. TAR Basilicata Potenza,
sez. I, 28-03-2008 n. 72).
3.
Tutti i termini di una pubblica selezione
possono ben essere prorogati ove
l'Amministrazione esterni ragioni di
pubblico interesse e purché ciò avvenga in
favore di tutti i partecipanti (Cfr. Cons.
Stato, sez. V, n. 2179/2002; C.G.A. n.
451/1998, ex pluris) (TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 03.08.2009 n. 363 - link
a
http://mondolegale.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Revoche non frazionabili. Sugli
affidamenti congiunti di progettazione.
Illegittimo il dietrofront a metà
dell'incarico
Illegittimo revocare un
incarico di progettazione preliminare,
definitiva, esecutiva e di direzione lavori
affidato congiuntamente a seguito di gara
pubblica e pubblicare un nuovo bando, dopo
l'avvenuto svolgimento della progettazione
preliminare.
Lo ha stabilito il TAR Abruzzo-L'Aquila,
Sez. I, con la
sentenza 27.07.2009 n. 361
concernente un affidamento di servizi di
progettazione, di direzione lavori e di
coordinatore per la sicurezza sia in fase di
progettazione, sia in fase di esecuzione.
Il caso esaminato dai giudici vedeva un
comune pubblicare un avviso per
l'affidamento congiunto delle predette fasi
per un importo pari a 200 mila euro;
successivamente la gara veniva aggiudicata
ad un professionista che iniziava a svolgere
l'incarico, redigendo il progetto
preliminare necessario per acquisire i
finanziamenti regionali che, dopo
l'approvazione del preliminare venivano
concessi dalla regione.
Qualche mese dopo il comune ha restituito
all'affidatario dell'incarico il progetto
definitivo che nel frattempo egli aveva
predisposto in attuazione del contratto,
osservando che l'incarico era stato
conferito per redigere il solo progetto
preliminare e precisando che
l'amministrazione non aveva «ritenuto
doveroso affidare al ricorrente le ulteriori
fasi della progettazione definitiva ed
esecutiva e della direzione dei lavori e
coordinamento della sicurezza»
dell'opera.
Il comune aveva anche provveduto a
pubblicare un nuovo avviso pubblico per
l'affidamento dei servizi di progettazione
definitiva ed esecutiva, direzione lavori e
di coordinatore per la sicurezza. Da qui
l'immediato ricorso al Tar da parte
dell'affidatario dell'incarico congiunto (di
progettazione e direzione lavori) che
eccepiva che l'avviso avesse previsto la
redazione non solo del progetto preliminare,
ma di tutte le fasi della progettazione, e
che con la prima determinazione del comune
fosse stato conferito l'incarico di redigere
il solo progetto preliminare solo in quanto
tale progetto era necessario per richiedere
il finanziamento regionale dell'opera.
Inoltre si faceva notare che, essendo stato
ottenuto il finanziamento proprio in ragione
della valutazione positiva del progetto
preliminare, l'amministrazione non avrebbe
potuto affidare ad altri soggetti la
progettazione definitiva ed esecutiva,
nonché gli incarichi di direzione lavori e
di coordinatore.
La sentenza accoglie il ricorso avendo
riguardo alla natura dell'affidamento che
riguardava non solo l'intera progettazione
dell'opera pubblica (cioè la redazione dei
progetti preliminare, definitivo ed
esecutivo), ma anche l'incarico di direzione
lavori e di coordinatore per la sicurezza. I
giudici affermano che la stazione
appaltante, dopo aver dichiarato il
ricorrente vincitore della selezione
espletata ed avergli conferito l'incarico di
redazione del progetto preliminare, non
poteva indire una nuova selezione per
scegliere il professionista cui affidare la
progettazione definitiva ed esecutiva,
nonché gli incarichi di direzione lavori e
di coordinatore per la sicurezza, in quanto
il conferimento di tali ultimi due incarichi
era di certo ricompreso nel bando. Gli atti
di gara prevedevano infatti che gli
incarichi aventi ad oggetto le altre fasi
potevano essere per l'appunto conferiti al
progettista dell'opera.
La sentenza esclude inoltre che si potesse
sostenere che la procedura iniziata con
l'avviso si era definitivamente conclusa con
il conferimento dell'incarico di
progettazione preliminare dei lavori in
questione, in quanto all'epoca del
conferimento di tale incarico non avrebbero
potuto conferirsi anche gli altri incarichi
sopra indicati, in ragione della carenza
della copertura finanziaria.
Per i giudici è evidente che il primo
incarico fosse connesso all'esigenza di
avere il finanziamento e che esso non avesse
concluso la procedura di scelta del
contraente indetta con l'avviso iniziale,
dal momento che tale bando riguardava anche
fasi diverse dalla redazione del progetto.
Non vi erano quindi in alcun modo gli spazi
di legittimità e di fondata motivazione per
revocare l'incarico e pubblicare un nuovo
bando di gara (articolo ItaliaOggi del
02.09.2009, pag. 15 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Far timbrare il cartellino da
altri è illegale ma non è truffa. Non può
esserci condanna penale se non si dimostra
il dolo del lavoratore.
Il lavoratore che risulta aver timbrato il
cartellino risultando assente dal lavoro non
può essere condannato per truffa se non
risultano provati tutti gli elementi
costitutivi del reato richiesti dal codice
penale (Corte di Cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 21.07.2009 n. 30346 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
RISARCIBILITA' DANNI:
Corte conti apre alle esigenze
degli amministratori - Colpa grave difficile
- Serve una grossolana trascuratezza.
Perché maturi il
requisito della colpa grave si richiede che
gli amministratori o i dirigenti di una
amministrazione abbiano tenuto un
comportamento ispirato dalla «macroscopica e
grossolana trascuratezza nello svolgimento
della gestione dell’Ente». Per cui il
semplice compimento di errori, anche se
gravi, non integra di per sé gli estremi di
questo istituto.
Sono queste le indicazioni che possiamo
trarre dalla sentenza della prima sezione
centrale di appello della Corte dei conti
n. 489 del 20.07.2009.
Siamo dinanzi ad una interpretazione che si
mostra come assai aperta rispetto alle
esigenze degli amministratori e dei
dirigenti pubblici ed è tale da temperare in
modo assai rilevante le ipotesi nelle quali
è possibile il maturare della responsabilità
amministrativa.
Alla base del procedimento, che in primo
grado ha portato alla condanna del sindaco e
dell’assessore all’urbanistica, il fatto che
il comune ha inserito un’area nel piano di
edilizia economica e popolare deliberando la
occupazione d’urgenza della stessa,
occupazione che si è protratta per un
periodo superiore alla durata massima
consentita, cioè per oltre cinque anni.
Come è ovvio tale circostanza ha determinato
la necessità per l’ente di dovere
successivamente procedere a una transazione
con il proprietario. La misura della
condanna era stata in primo grado fissata
tra quanto effettivamente pagato ed il costo
teorico della indennità di esproprio.
La sentenza constata che, non per colpa
dell’Ente, il provvedimento regionale
concessivo della indennità di esproprio non
è stato eseguito «per l’irreperibilità,
all’atto della sua notifica, del
proprietario dell’area».
E che successivamente, anche a seguito delle
numerose sentenze emanate nel frattempo
dalla Corte costituzionale sulla indennità
di esproprio e della cessione dell’area, le
trattative avviate dal proprietario con le
pubbliche amministrazioni non si sono
concluse nei cinque anni di tempo massimo
per la occupazione d’urgenza. Tali
circostanze sono state ritenute dalla
sezione d’appello della magistratura
contabile sufficienti a non considerare
presente nel caso specifico il requisito
soggettivo della colpa grave. E ciò perché
non è stata dimostrata una trascuratezza
ripetuta nei comportamenti degli
amministratori né che gli stessi abbiano
mostrato una volontà, anche allo stato della
mera ipotesi possibile, di determinare un
danno all’ente.
Si deve infine rilevare che, quanto alla
eccezione di intervenuta prescrizione, la
sentenza conferma l’orientamento consolidato
della giurisprudenza contabile per la quale
il termine dei cinque anni decorre, nei casi
come questo di danno indiretto, dal momento
«in cui, con sentenza passata in
giudicato o con transazione approvata nei
modi di legge, sorge il titolo esecutivo o
l’obbligazione di pagamento per
l’amministrazione, configurante una
situazione giuridica produttiva di danno,
rapportabile all’emissione dei mandati di
pagamento» (articolo ItaliaOggi del
21.08.2009, pag. 12). |
EDILIZIA PRIVATA:
Decadenza titolo abilitativo.
Ai fini della decadenza del permesso di
costruire se, da un lato, non può
considerarsi dirimente allo scopo la mera
comunicazione circa l’avvio dell’intervento
edilizio, allo stesso modo non può ritenersi
dotata di univoca rilevanza probatoria di
segno contrario la dichiarazione verbale,
fatta in buona fede ed a proprio danno,
dall’interessato, nel quale non può
presumersi una conoscenza tecnico-giuridica
degli elementi idonei ad integrare
validamente la nozione di “inizio dei
lavori”, secondo le acquisizioni
giurisprudenziali formatesi sul punto (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 02.07.2009 n. 3655 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Sulle prescrizioni dettate dalle
Autorità di vigilanza nei confronti degli
enti vigilati in ordine ad azioni ancora da
intraprendere.
E' precluso all'Autorità (nel caso di specie
quella sui contratti pubblici) di imporre
scelte o in generale di impartire
prescrizioni alle amministrazioni pubbliche
(nella fattispecie un comune) circa i
comportamenti legittimi da intraprendere e
la reiterata richiesta di informazioni sulle
"misure future da adottare" esorbita dalle
attribuzioni dell'Autorità, assumendo il
chiaro scopo di indurre l'Ente locale ad
emanare atti amministrativi aventi un
preciso e determinato contenuto (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 29.06.2009 n. 1349 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
RISARCIBILITA' DANNI:
Una sentenza sul danno erariale -
Mettere una pezza non evita condanne.
I dirigenti possono
essere condannati per danno erariale anche
nei casi in cui all’atto della instaurazione
del giudizio abbiano avviato il recupero
delle somme indebitamente erogate e le
stesse siano state in parte effettivamente
introitate dall’ente. E ciò perché nulla dà
certezza di una volontà definitiva
dell’ente.
Sono questi i più importanti principi
fissati dalla sentenza della Corte dei conti
della Calabria
n. 283 dello 11.06.2009.
Come si vede siamo dinanzi ad una pronuncia
di inusuale durezza che, se confermata nel
suo ragionamento di fondo, determina la
estensione in modo del tutto spropositato
dell’ambito della responsabilità
amministrativa e conferma la ampiezza dei
margini di autonomia della magistratura
contabile in questo tipo di giudizi.
Alla base del contenzioso la circostanza che
il dirigente del personale di un comune ha
provveduto alla liquidazione dell’equo
indennizzo ad un dipendente sulla base del
verbale della commissione medica
ospedaliera, mentre la commissione di
verifica ha successivamente negato il nesso
tra malattia e causa di servizio. Siamo
dinanzi a una conclusione del tutto erronea
perché la normativa di riferimento, cioè il
dpr n. 461/2001 richiede che la
corresponsione del beneficio sia subordinata
alle conclusioni della commissione di
verifica. Il dirigente ha, subito dopo le
conclusioni della commissione di verifica,
avviato il recupero delle somme
indebitamente corrisposte al dipendente,
sulla base di trattenute mensili.
Sulla legittimità di tale scelta, peraltro,
lo stesso giudice del lavoro non ha avuto
nulla da eccepire. Nel comportamento del
dirigente sono stati riscontrati gli
elementi che integrano la colpa grave. Le
conclusioni della commissione medica
ospedaliera hanno riguardato unicamente «la
idoneità del dipendente al servizio e l’ascrivibilità
tabellare della patologia accertata, ma non
ha certo formulato parere in ordine al
requisito della dipendenza» della
malattia dallo svolgimento dell’attività
lavorativa, mentre nel provvedimento di
liquidazione si afferma erroneamente che la
commissione ha accertato che tale patologia
dipende da causa di servizio. Nel caso
specifico, a giudizio della Corte dei conti,
non siamo in presenza di un errore ma della
“distorta applicazione delle norme di
settore, il che non può trovare altra
spiegazione se non nella volontà di adottare
il provvedimento di liquidazione pur nella
consapevolezza che si trattasse di un atto
contra legem”.
Cioè di un comportamento ispirato da dolo e
non da colpa grave. Al provvedimento con cui
il dirigente ha avviato il recupero non di
deve attribuire la valenza di un
ravvedimento operoso tale da escludere o
quantomeno limitare la responsabilità » né
l’avvio concreto del recupero, con il già
avvenuto introito da parte del comune di una
parte delle somme indebitamente erogate, può
escludere il danno erariale.
Alla base di questa conclusione la
considerazione che «nei casi in cui
risulti avviata un’azione di ripetizione
nelle more del giudizio contabile, o
all’atto del giudizio risulta che
l’iniziativa ha consentito di recuperare
l’integrale credito erariale (sic!), sì da
creare le condizioni affinché sia dichiarata
l’intervenuta cessazione della materia del
contendere; oppure, quando il credito
erariale non risulta integralmente
soddisfatto, continuano senz’altro a
sussistere i requisiti di attualità ed
effettività del danno quantomeno per la
parte non recuperata». E ciò perché i
provvedimenti dell’amministrazione non hanno
il carattere della definitività, ma quello
della provvisorietà, visto che l’ente può
sempre revocarli, come peraltro dimostrato
nel caso specifico dal fatto che il
provvedimento di avvio del recupero non ha
il carattere della ingiunzione (articolo
ItaliaOggi del 21.08.2009, pag. 12). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordine di
demolizione - Opere in difformità dal
progetto assentito - Difformità totale (o
variazione essenziale)/difformità parziale -
Legittimità.
2. Ordine di
demolizione - Opere in difformità dal
progetto assentito - Violazione art. 31
D.P.R. 380/2001 - Acquisizione gratuita
dell'immobile da parte del Comune - Non
esperibile in danno degli attuali
proprietari - Inammissibilità -
Infondatezza.
1. Nel caso in cui un piano sottotetto,
progettato come solaio con limitate altezze
sia stato realizzato con caratteristiche
tali da renderlo computabile ai fini
volumetrici per l'incremento dell'altezza in
gronda e per la destinazione abitativa dei
relativi spazi, sussiste un incremento
sensibile della volumetria complessiva che
risulta di gran lunga superiore al volume
autorizzato ed a quello massimo previsto
dalla normativa di zona, tale da rendere
l'abuso in questione catalogabile in quello
della difformità totale o della variazione
essenziale di cui all'art. 54 L.R. 12/2005,
e non in quello della difformità parziale.
Di conseguenza è legittimo l'ordine di
demolizione delle opere abusive, non essendo
un tale abuso suscettibile di sanzione
pecuniaria.
2.
L'acquisizione gratuita al patrimonio
comunale non costituisce sanzione accessoria
alla demolizione, volta a colpire
l'esecutore delle opere abusive, ma si
configura quale sanzione autonoma che
consegue all'inottemperanza all'ingiunzione
di demolizione del quale può rendersi
responsabile anche il proprietario qualora
risulti che abbia acquistato la
disponibilità del bene e non si sia attivato
per dare esecuzione all'ordine di
demolizione, o qualora emerga che, pur
essendo in grado di dare esecuzione
all'ingiunzione, non vi abbia comunque
provveduto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.04.2009 n. 3597). |
URBANISTICA:
1. Processo amministrativo - Legittimazione
a ricorrere - Stabile collegamento con
l'area su cui il provvedimento interviene -
Sussiste.
2. Processo amministrativo - Interesse a
ricorrere - Strumento di pianificazione
urbanistica che incide sul godimento o
valore di mercato del bene - Sussiste.
3. Processo amministrativo - Legittimazione
a ricorrere delle associazioni - Verifica in
concreto dell'attività dell'associazione e
del suo fine istituzionale volto a
soddisfare l'interesse collettivo -
Sussiste.
4. Reperimento di
aree a standard al di fuori del perimetro
dell'intervento - Legittimità - Sussiste.
5. Cessione di
aree comunali - Procedura ad evidenza
pubblica - Limiti - Sussiste.
1. Sono legittimati ad agire coloro che
vantino la titolarità di un interesse che si
pone in una situazione di stabile
collegamento con l'area su cui il
provvedimento contestato interviene.
2. L'interesse a ricorrere contro gli
strumenti di pianificazione urbanistica, che
riguardino aree diverse da quelle di
proprietà del ricorrente, sussiste allorché
la nuova destinazione urbanistica incida sul
godimento o sul valore di mercato dell'area
o, comunque su interessi propri del
ricorrente medesimo.
3. Al di fuori dei casi di legittimazione
ex lege, lo stabile collegamento degli enti
esponenziali, ai fini della legittimazione a
ricorrere, deve essere accertato in concreto
con riferimento all'attività
dell'associazione e il suo fine
istituzionale.
4. E' legittimo il reperimento delle aree a
standard anche al di fuori del perimetro
dell'intervento urbanistico assentito.
5. Non è soggetta a procedura ad evidenza
pubblica la cessione di aree comunali non
finalizzata a soddisfare l'interesse
dell'amministrazione a perseguire
l'economicità dell'azione amministrativa nel
rispetto del principio di libera concorrenza
tra le imprese che operano nel mercato dei
beni e dei servizi.
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
29.04.2009 n. 3596 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Accertamento di
inottemperanza all'ordinanza di ripristino
dei luoghi - Parziale ottemperanza -
Acquisizione dell'area da parte del Comune -
Legittimità.
2. Acquisizione
dell'area da parte del Comune - Obbligo di
comunicazione avvio del procedimento -
Contraddittorio nell'accertamento dell'abuso
- Non sussiste.
3. Domanda di
permesso di costruire - Accertamento di
inottemperanza all'ordinanza di ripristino
dei luoghi - Acquisizione dell'area da parte
del Comune - Legittimità.
1. E' legittimo l'accertamento
dell'inottemperanza ad un'ingiunzione di
ripristino dei luoghi, emessa ai sensi
dell'art. 31 D.P.R. 380/2001 in relazione
alla sussistenza di un abuso edilizio che
consiste nella realizzazione di deposti di
materiali (di cui all'art. 3, c. 1, punto
e.7, D.P.R. 380/2001), nel caso di
ottemperanza parziale all'ordine di
ripristino per avere i ricorrenti asportato
una quantità di materiale sensibilmente
inferiore al dovuto.
2. L'acquisizione dell'area da parte del
Comune conseguente all'accertamento
dell'inottemperanza è un effetto legale che
non richiede la comunicazione di avvio del
procedimento di "immissione in possesso ed
acquisizione", una volta che l'accertamento
dell'inottemperanza sia avvenuto, come nella
specie, in contraddittorio.
3. La domanda di permesso di costruire per
la sistemazione del terreno ad uso agricolo,
non ha valenza di una domanda di sanatoria,
in quanto l'accertamento di conformità ex
art. 31 D.P.R. 380/2001 non è preordinato
all'esecuzione di opere volte a rimuovere
l'abuso, ma a sanare sotto il profilo
formale, senza ulteriori interventi, opere
eseguite senza titolo, ma conformi alla
normativa urbanistica ed essendo, nel caso
di specie, stata presentata successivamente
all'accertata inottemperanza all'ordine di
ripristino non incide in alcun modo sulla
legittimità di tale accertamento e sulla
conseguente acquisizione dell'area da parte
del Comune (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.04.2009 n. 3590). |
URBANISTICA:
1.
Decadenza del vincolo preordinato
all'esproprio - Comuni sprovvisti di PRG -
Interventi di nuova edificazione fuori dal
perimetro del centro abitato -
Ammissibilità.
2.
Natura conformativa del vincolo - Intervento
realizzabile anche dal privato conforme alla
destinazione di PRG - Ammissibilità-
Sussiste.
1. In caso di decadenza del vincolo
preordinato all'esproprio, gli interventi di
nuova edificazione, nei comuni sprovvisti di
strumenti urbanistici, sono consentiti solo
fuori dal perimetro dei centri abitati.
2. Dalla natura conformativa del vincolo
deriva che l'intervento del privato non è
affatto escluso, ma ben può concorrere alla
realizzazione di una delle destinazioni
ammesse dal PRG, con una utilità economica
che fa venire meno la stessa ratio della
decadenza del vincolo, decadenza che opera
soltanto in caso di vincolo preordinato
all'esproprio (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.04.2009 n. 3587 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Zona agricola - Immobile
poggiante su blocchi di cemento - Carattere
permanente dell'opera - Sussiste - Incidenza
sull'assetto urbanistico ed edilizio del
terreno - Sussiste.
Un immobile in zona agricola che non appoggi
direttamente sul terreno, ma su blocchi di
cemento, è opera a carattere permanente che
imprime all'area una trasformazione di
consistenza tale da incidere in modo
rilevante sull'assetto urbanistico ed
edilizio dei terreni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.04.2009 n. 3586). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Verbale di
sopralluogo - Natura provvedimentale - Non
sussiste - Inammissibilità.
2. Accertamento
illegittimità del mutamento destinazione
d'uso - Diritto soggettivo - Non sussiste -
Inammissibilità.
1. E' inammissibile il ricorso avverso il
verbale con cui il Comune si è limitato a
comunicare le risultanze di un sopralluogo
in quanto, non contenendo alcuna
determinazione, tale atto non ha natura provvedimentale.
2.
L'azione di accertamento dell'illegittimità
del mutamento di destinazione d'uso è
inammissibile in quanto nel processo
amministrativo l'azione di accertamento può
trovare spazio in sede di giurisdizione
esclusiva solo quando da parte dell'istante
viene fatta valere una posizione di diritto
soggettivo, non sussistente nel caso di
domanda volta a conseguire un provvedimento
sanzionatorio rispetto al quale il
ricorrente non vanta una posizione di
diritto soggettivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.04.2009 n. 3585). |
EDILIZIA PRIVATA:
Articolo 41, comma
2, della L.R. n. 12/2005 e succ. mod. ed int.
- Varianti minori realizzabili senza
necessità della previa acquisizione del
titolo abilitativo edilizio - Applicazione -
Sussiste - Potere dell'Amministrazione di
chiedere integrazioni documentali e
pagamenti degli oneri - Sussiste.
L'articolo 41, comma 2, della L.R. n. 12/2005,
che ricalca quanto previsto dall'art. 22 del
T.U. Edilizia, deve essere interpretato nel
senso che permette, nel caso di modeste
modifiche da apportare ad opere già
assentite in forza di permesso di costruire,
di non interrompere i lavori e di acquisire
il relativo titolo anche dopo la loro
realizzazione.
La speciale procedura, che sicuramente
deroga al principio della necessità della
previa acquisizione del titolo per
l'esecuzione di ogni lavoro edilizio, si
giustifica in relazione alla natura degli
interventi che non comportano un mutamento
dei caratteri essenziali dell'intervento, ma
non impedisce all'Amministrazione, nella
fase di controllo, di chiedere eventuali
integrazioni documentali, nonché il
pagamento degli oneri se dovuti a seguito
delle modifiche apportate (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.04.2009 n. 3584). |
CONDOMINIO:
Permesso di costruire - Notifica
ricorso a tutti i proprietari condomini -
Parti comuni dell'edificio - Notifica
all'amministratore - Sufficienza.
Qualora il permesso di costruire impugnato
ha per oggetto parti comuni dell'edificio è
legittima la notifica del ricorso al solo
amministratore del condominio e non ai
singoli proprietari condomini, dal momento
che l'art. 1131 c.c. stabilisce che
all'amministratore sono notificati i
provvedimenti dell'autorità amministrativa
che si riferiscono alle parti comuni
dell'edificio e che questi ha la
rappresentanza in giudizio sia attiva che
passiva del condominio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2009 n. 3258). |
APPALTI:
Trattativa privata per
l'affidamento di lavori - Varianti
necessarie per modifiche al progetto
superiori al 20% dell'importo del contratto
- Recesso del Comune - Violazione art. 25,
c. 4, L. 109/1994 - Mancata impugnazione del
recesso - Inammissibile.
Nel caso di contratto per l'esecuzione di
lavori affidati al privato ricorrente in
relazione al quale, in seguito alla
necessità di modificare il progetto con
varianti superiori al quinto dell'importo
originario dei lavori, il Comune ha receduto
per sopravvenuti motivi di interesse
pubblico, non è ammissibile il vizio di
violazione dell'art. 25, c. 4, L. 109/1994
per non aver il Comune provveduto a disporre
al risoluzione del contratto (in seguito
all'accertamento che le varianti necessarie
per le modifiche del progetto superavano il
quinto dell'importo) e ad indire una nuova
gara invitando l'aggiudicatario iniziale, in
quanto il ricorrente non ha impugnato l'atto
di recesso del Comune -per sopravvenuti
motivi di interesse pubblico- ma ha, al
contrario, accettato e riscosso l'indennizzo
fornito dall'Amministrazione, non potendo
con ciò successivamente contestare la
corretta qualificazione del rapporto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2009 n. 3257). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Proposizione
del ricorso avverso ingiunzione di
demolizione - Sospensione del termine per
adempiere all'ingiunzione - Non sussiste.
2. Accertamento
dell'inottemperanza dell'ordinanza di
demolizione - Natura dichiarativa -
Sussiste.
3. Acquisizione
gratuita al patrimonio pubblico - Sanzione
autonoma rispetto all'ingiunzione di
demolizione - Sussiste.
4. L'inottemperanza all'ingiunzione di
demolizione è illecito autonomo rispetto
alla commissione dell'abuso edilizio -
Sussiste - Responsabilità in capo al
proprietario dell'inottemperanza
all'ingiunzione di demolizione, laddove
soggetto diverso dal responsabile dell'abuso
- Limiti - Sussiste.
5. Mancata
predisposizione di aree di sosta per i
nomadi - Legittimazione di opere edilizie
abusive - Non sussiste.
1. La proposizione del ricorso avverso
l'ingiunzione di demolizione non sospende il
termine per adempiere, se non quando
l'efficacia dell'ordinanza venga sospesa in
sede cautelare o in sede amministrativa.
2. L'accertamento dell'inottemperanza
all'ordine di demolizione è atto di natura
meramente dichiarativa ed è volto unicamente
a constatare un fatto (l'inadempimento) e il
conseguente effetto legale (acquisizione
alla mano pubblica).
3. L'acquisizione gratuita non costituisce
sanzione accessoria alla demolizione, volta
a colpire l'esecutore delle opere abusive,
ma si configura quale sanzione autonoma che
consegue all'inottemperanza all'ingiunzione
di demolizione.
4. L'inottemperanza all'ingiunzione di
demolizione integra un fatto illecito,
diverso ed autonomo dalla commissione
dell'abuso edilizio, del quale può rendersi
responsabile anche il proprietario, qualora
risulti che abbia acquistato o riacquistato
la disponibilità del bene e non si sia
attivato per dare esecuzione all'ordine di
demolizione, o qualora emerga che, pur
essendo in grado di dare esecuzione
all'ingiunzione, non vi abbia comunque
provveduto; la sanzione acquisitiva non può
invece colpire il proprietario dell'area
quando risulti, in modo inequivocabile, la
sua completa estraneità al compimento
dell'opera abusiva, o che, essendone venuto
a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo
con gli strumenti offertigli
dall'ordinamento.
5.
La mancata predisposizione di aree di sosta
per i nomadi, dotate di opere e servizi non
è certamente circostanza idonea a
giustificare abusi edilizi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.04.2009 n. 3232). |
URBANISTICA:
1. Piano regolatore
- Atto complesso al quale partecipano Comune
e Regione - Atti adottati da altre
amministrazioni - Sono atti interni -
Obbligo di notifica del ricorso avverso il
P.R.G. - Sussiste solo in relazione a
Regione e Comune.
2. Piano regolatore
- Atto generale - Controinteressati
determinati - Non sussistono - Obbligo di
notifica del ricorso avverso il P.R.G. -
Sussiste solo in relazione alle autorità
emananti.
3. Piano regolatore
- Azzonamenti - Obbligo di specifica
motivazione - Non sussiste - Superamento
degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968 n. 1444 - Obbligo di specifica
motivazione - Sussiste.
1. Il piano regolatore è un atto complesso
ineguale al quale partecipano,
nell'esercizio dei poteri di amministrazione
attiva, il Comune e la Regione. Gli atti
adottati da altre amministrazioni, quali la
Provincia, debbono considerarsi come meri
atti interni al procedimento, con la
conseguenza che il ricorso non deve essere
notificato a tutti gli enti che hanno
partecipato al procedimento ma solo alla
Regione ed al Comune.
2. Il piano regolatore è un atto generale
rispetto al quale non sussistono contro
interessati determinati, con la conseguenza
che il ricorso deve essere notificato solo
alle autorità emananti.
3. Sebbene gli azzonamenti non richiedano
apposita motivazione, oltre quella implicita
nelle scelte tecnico-urbanistiche effettuate
in sede di redazione del piano regolatore,
una più incisiva motivazione si impone,
viceversa, nell'ipotesi del superamento
degli standard minimi di cui al d.m.
02.04.1968 n. 1444, con riferimento alla
globalità del territorio comunale o in
correlazione a specifiche esigenze di zona (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.04.2009 n. 3229). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordine di
ripristino stato dei luoghi - Aperture di
vedute - Violazione D.M. 02.04.1968 n. 1444 -
Mancata notifica al controinteressato -
Inammissibilità.
E' inammissibile il ricorso non
notificato alla proprietaria del fabbricato
sito sul fondo confinante antistante la
nuova parete finestrata realizzata dalla
ricorrente, nominativamente menzionata nel
preambolo dell'ordinanza di ripristino dei
luoghi impugnata, in quanto è evidente
l'interesse della medesima alla
conservazione dell'atto impugnato, che, nel
momento in cui tutela l'interesse generale
al rispetto delle distanze, tutela in pari
tempo i diritti dei terzi lesi dalla
violazione dei limiti delle distanze legali
della proprietà (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.04.2009 n. 3220). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordine di
demolizione diretto nei confronti del
proprietario di un immobile interessato da
un abuso in mancanza della prova del suo
coinvolgimento - Illegittimità - Sussiste.
2. Acquisizione
gratuita al patrimonio comunale in caso di
inottemperanza all'ordine di demolizione -
Proprietario estraneo all'abuso -
Illegittimità - Sussiste.
3. Acquisizione
gratuita al patrimonio comunale in caso di
inottemperanza all'ordine di demolizione -
Mancata comunicazione di avvio del
procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990 al
proprietario non autore dell'abuso -
Illegittimità - Sussiste.
1. L'ordinanza di demolizione diretta nei
confronti del proprietario di un immobile in
mancanza della prova del suo coinvolgimento
nell'abuso è illegittima in quanto la
responsabilità del proprietario è
condizionata alla prova, che incombe
sull'Amministrazione, della conoscenza
dell'abuso da parte del proprietario e del
suo concorso nella realizzazione dell'abuso.
2. Non si può procedere all'acquisizione
gratuita da parte del Comune di un immobile
in caso di inottemperanza all'ordine di
ripristino in presenza di un abuso edilizio
qualora il proprietario sia estraneo
all'abuso in quanto il destinatario delle
sanzioni edilizie deve essere il
responsabile dell'abuso stesso.
3. È illegittima l'ordinanza di acquisizione
di un'area per mancata demolizione
dell'opera abusiva in mancanza di
comunicazione di avvio del procedimento ai
sensi dell'art. 7 della L. n. 241/1990 al
proprietario del fondo non autore
dell'abuso, anche ai fini dell'eventuale
valutazione dell'applicazione di misure
diverse dall'acquisizione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.04.2009 n. 3149). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordine di
demolizione di opera abusiva - Omessa
comunicazione avvio procedimento - Ordine
sospensione lavori - Equiparazione -
Legittimità.
2. Ordine di
demolizione di opera abusiva - Carenza di
motivazione - Motivazione per relationem -
Provvedimento sanzionatorio dovuto -
Abusività dell'opera - Legittimità.
3. Diniego di
permesso di costruire in sanatoria -
Pendenza della domanda di sanatoria
paesaggistica ex L. 308/2004 - Effetti
estintivi del solo illecito penale
ambientale - Legittimità.
1. L'omessa previa comunicazione di avvio
del procedimento, preordinato alla
demolizione di un'opera edile abusivamente
realizzata, non costituisce vizio
invalidante l'atto finale se all'autore
dell'opera abusiva sia stata preventivamente
notificata l'ordinanza di sospensione dei
lavori, essendo quest'ultima equivalente
alla comunicazione di avvio del procedimento
in quanto dalla stessa è agevole intendere
la volontà dell'Ente locale.
2. Poiché l'art. 3 L. 241/1990 nel consentire
la motivazione "per relationem" non impone
la materiale messa a disposizione o la
contestuale comunicazione degli atti
richiamati, essendo sufficiente
l'indicazione dei medesimi -riferendosi la
"disponibilità" di cui all'art. 3 L. 241/1990
alla sola conoscibilità dell'atto- è
legittima la motivazione di un provvedimento
risultante da altro atto
dell'Amministrazione, direttamente o
indirettamente richiamato dallo stesso
provvedimento, vieppiù nel caso di atto
sanzionatorio dovuto, in relazione al quale
l'onere motivazionale è assolto con
l'affermazione dell'accertata abusività
dell'opera.
3. Poiché la mancata decisione sulla domanda
di sanatoria paesaggistica non impedisce la
conclusione del procedimento edilizio, dal
momento che la domanda di condono ex L.
308/2004 riguarda l'estinzione dell'illecito
penale ambientale, senza produrre effetti
sull'abuso edilizio, è legittimo il diniego
di sanatoria, adottato per contrasto con la
destinazione di zona, in quanto l'abusività
edilizia dell'opera realizzata non verrebbe
meno per l'effetto del rilascio
dell'autorizzazione ex L. 308/2004
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.04.2009 n. 3144). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Sanatoria -
Diniego - Rilievi aerofotogrammetrici
effettuati da una società privata - Idoneità
a fondare un diniego di sanatoria -
Sussiste.
2. Sanatoria -
Diniego - Autodichiarazione del privato in
sede di domanda di condono - Valenza
probatoria privilegiata - Non sussiste -
Principio di prova - Sussiste.
1. I rilievi aerofotogrammetrici effettuati
da una società privata per conto della p.a.
costituiscono elemento dimostrativo idoneo a
fondare un provvedimento di diniego di
sanatoria.
2.
L'autodichiarazione del privato in sede di
domanda di condono non presenta valenza
probatoria privilegiata, ma rappresenta
esclusivamente un principio di prova
destinato a cedere in presenza di più
consistenti elementi probatori prodotti
dall'Amministrazione quali i rilievi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.04.2009 n. 2061). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono edilizio
- Esistenza del manufatto abusivo alla data
ultima per beneficiare del condono - Onere
della prova - Sussiste in capo al privato
richiedente - Sussiste in capo alla P.A.
soltanto se il privato fornisce elementi
concreti dell'esistenza del manufatto.
2. Condono edilizio
- Esistenza del manufatto abusivo alla data
ultima per beneficiare del condono -
Dichiarazione sostitutiva di atto notorio -
Insufficienza - Necessità di ulteriori
riscontri documentali, anche indiziati
purché altamente probanti - Sussiste.
1. L'onere di provare l'esistenza del
manufatto oggetto di abuso alla data ultima
per beneficiare del condono spetti al
privato che chiede di condonarlo, il quale
fa transitare tale onere in capo
all'Amministrazione soltanto se fornisce
elementi concreti dell'esistenza dello
stesso.
2.
L'onere per il privato di dimostrare che
l'opera è stata completata entro la data
utile comporta che anche la dichiarazione
sostitutiva di atto notorio non è
sufficiente a tal fine, essendo necessari
ulteriori riscontri documentali,
eventualmente anche indiziari, purché
altamente probanti, con la conseguenza che,
in caso di mancato adempimento da parte del
richiedente il condono, all'onere di
dimostrare che l'opera è stata completata
entro la data utile, l'Amministrazione, cui
non può farsi carico di accertare quale
fosse la situazione del suo territorio alla
data di scadenza del condono, è tenuta a
respingere la domanda e a reprimere l'abuso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.04.2009 n. 2060). |
EDILIZIA PRIVATA:
Diniego condono
edilizio - Violazione art. 10-bis L. 241/1990
- Acquisizione ulteriore documento - Onere
di rinnovare il preavviso di diniego - Non
sussiste.
L'art. 10-bis L. 241/1990, che prescrive
l'obbligo per l'Amministrazione di dare vita
ad un contraddittorio anticipato con il
privato, è uno strumento con il quale il
cittadino è messo in grado di collaborare
all'esercizio della funzione pubblica, con
la conseguenza che l'amministrazione ha la
facoltà di acquisire ulteriori elementi dopo
l'apporto collaborativo del soggetto
interpellato, senza dovere, a tale scopo,
aprire una nuova fase contenziosa con il
privato salvo il caso in cui modifichi i
fatti o le ragioni giuridiche poste a
fondamento della sua decisione (nel caso di
specie il TAR ha ritenuto non sussistere
violazione dell'art. 10-bis L. 241/1990 per
avere il Comune, a seguito delle
osservazioni presentate dalla parte dopo il
preavviso di diniego, fondato la propria
decisione di rigetto del condono su un
ulteriore documento acquisito senza adottare
un ulteriore preavviso di diniego) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.04.2009 n. 2057). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio - Potere
dell'Amministrazione, in sede di istruttoria
della domanda di condono, di raccogliere
elementi contrari alle dichiarazioni rese
dal richiedente - Sussiste - Inversione
dell'onere della prova in capo
all'Amministrazione - Non sussiste.
La dichiarazione circa la data di
ultimazione delle opere abusive resa
dall'interessato a corredo dell'istanza di
condono edilizio non preclude
all'Amministrazione, in sede di esame della
stessa, la possibilità di raccogliere, nel
corso del procedimento, elementi in
contrario e pervenire a risultanze diverse,
senza che ciò faccia ricadere su
quest'ultima l'onere di fornire la prova
dell'ultimazione dei lavori in data
successiva a quella dichiarata
dall'interessato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.04.2009 n. 2056). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Permesso di
costruire - Rilascio - Obbligo della P.A. di
verifica della legittimazione attiva del
richiedente - Sussiste - Limiti.
2. Competenza e giurisdizione - Accertamento
profili connessi alla proprietà o al
possesso dell'immobile - Giurisdizione
generale di legittimità del G.A. - Sussiste
- Limiti.
3. Permesso di
costruire - Presupposti - Atti di competenza
dei Vigili del Fuoco - Non costituiscono
presupposto necessario per il rilascio del
permesso.
1. In sede di rilascio di permesso di
costruire, che viene concesso al
proprietario dell'immobile o a chi abbia
titolo per richiederlo, il Comune è tenuto a
verificare la legittimazione soggettiva del
richiedente, con il solo limite di non poter
procedere d'ufficio ad indagini su profili
che della stessa non appaiano controversi
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5811/2008).
2.
L'accertamento dei profili connessi alla
proprietà o al possesso dell'immobile
costituiscono, nei limiti sopra indicati,
un'attività amministrativa di cui il giudice
amministrativo conosce in quanto rientra
nella giurisdizione generale di legittimità:
e qualora, al fine di conoscere di tale
attività, egli si imbatta in questioni di
diritto soggettivo, il G.A. le conosce ex
art. 8 L. 1034/1971, secondo il quale il
TAR, nelle materie in cui non ha competenza
esclusiva, decide con efficacia limitata di
tutte le questioni pregiudiziali o
incidentali relative a diritti, la cui
risoluzione sia necessaria per pronunciare
sulla questione principale.
3.
In sede di impugnazione di titoli edilizi,
il rilascio degli atti di competenza del
Comando dei Vigili del Fuoco non costituisce
presupposto per il rilascio della
concessione edilizia, di competenza del
Comune, dando luogo ad un distinto
procedimento amministrativo, esperibile
anche in via di sanatoria (cfr. TAR Napoli,
sent. n. 8234/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.03.2009 n. 1993). |
URBANISTICA:
1. Piano
regolatore - Termine per l'impugnazione -
Dalla scadenza del termine di pubblicazione
dell'avviso di deposito degli atti presso
gli uffici comunali - Notificazione a tutti
gli interessati - Necessità - Non sussiste.
2. Pianificazione
urbanistica - Discrezionalità ampia della
P.A. - Sussiste - Limiti.
1. Il termine per l'impugnazione del piano
regolatore generale decorre alla scadenza
del termine di pubblicazione dell'avviso di
deposito degli atti presso gli uffici
comunali: l'ordinamento non prevede,
infatti, che l'atto di approvazione del PRG
debba essere notificato ai proprietari delle
aree incluse nel territorio interessato, ma
stabilisce che sia oggetto di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale e che gli atti
debbano essere depositati preso il Comune a
"libera visione del pubblico" (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 5467/2001): quanto sopra,
sia che le prescrizioni del PRG attengano
alla zonizzazione, sia che concernano la
localizzazione di interventi pubblici (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 3149/2001).
2. Le scelte effettuate dalla P.A. in sede
di pianificazione urbanistica sono connotate
da un'amplissima discrezionalità e
costituiscono apprezzamenti di merito
sottratti al giudice amministrativo, salvo
che non siano inficiate da palese
arbitrarietà, irrazionalità od
irragionevolezza, ovvero dal travisamento
dei fatti in relazione alle esigenze che si
intendono concretamente soddisfare (cfr.
TAR Roma, sent. n. 5600/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.03.2009 n. 1992). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Demolizione opere abusive -
Acquisizione delle aree - Ricorso proposto
dal responsabile delle opere diverso dal
proprietario - Inammissibilità - Mancata
notifica al responsabile dell'abuso -
Irrilevanza.
2. Abusi - Misure
repressive - Ordinanza di demolizione -
Natura vincolata - Sussiste
3. La
motivazione dell'ordinanza di demolizione
non deve essere sorretta da alcuna specifica
motivazione in ordine alla sussistenza
dell'interesse pubblico a disporre la
sanzione della demolizione, poiché l'abuso
non può giustificare alcun legittimo
affidamento del contravventore a veder
conservata una situazione di fatto
illegittima.
1. Sono inammissibili per carenza di
interesse le censure proposte dell'abuso
edilizio che non sia proprietario dell'area
ove insiste l'opera abusiva avversa la
prevista acquisizione dell'area in caso di
inottemperanza all'ordinanza comunale poiché
in tal caso l'interesse azionato è privo del
requisito della personalità, in quanto il
risultato di vantaggio che mira a conseguire
non attiene specificamente e direttamente
alla sfera giuridica del ricorrente, bensì a
quella del proprietario dell'area.
2. La notificazione dell'ordinanza di
demolizione al solo proprietario, e non
anche al responsabile dell'abuso, è
irrilevante ai sensi dell'art. 21-octies
della Legge 241/1990: ciò, in quanto, in
considerazione della natura vincolata del
potere di repressione degli abusi edilizi,
l'illegittimità riscontrata non porta
all'annullamento dell'atto.
3. La tesi giurisprudenziale, secondo cui vi
è l'obbligo dell'Amministrazione di motivare
circa le ragioni di pubblico interesse alla
demolizione se, per il lungo lasso di tempo
trascorso, si sia formato nel privato
contravventore, a causa dell'inerzia
mantenuta dai pubblici poteri, un
affidamento sulla legittimità dell'opera,
non è confortata dalla sussistenza di alcuna
espressa previsione normativa in tale senso.
Al contrario, a siffatta interpretazione
sembrano ostare la natura rigidamente
vincolata del potere sanzionatorio-repressivo degli abusi
edilizi, nonché il dato giuridico per cui la
sanzione demolitoria, più che a punire il
responsabile dell'abuso, è volta a
ripristinare la situazione antecedente alla
violazione, ponendo un rimedio ai fenomeni
di compromissione del territorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.03.2009 n. 1990). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 10-bis Legge 241/1990 -
Dichiarazione di inefficacia di premesso di
costruire - Provvedimento negativo - Obbligo
di preavviso - Non sussiste.
Considerato che la dichiarazione di
inefficacia del permesso di costruire è atto
ad iniziativa d'ufficio, ne consegue la
relativa insussistenza dell'obbligo di
preavviso di provvedimento negativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1957). |
EDILIZIA PRIVATA:
1.
Ristrutturazione edilizia - Permesso di
costruire - Sopravvenuta inesistenza
dell'edificio da ristrutturare - Conseguenze
- Inefficacia del permesso.
2.
Ristrutturazione edilizia - Rovina parziale
dell'edificio - Rilascio di una nuova
concessione edilizia - Necessità.
1. Qualora, anche a seguito della sua rovina
per cause naturali, sia integralmente
demolito un edificio o un manufatto per il
quale è stata rilasciata una concessione
edilizia (pur se di ristrutturazione), viene
meno l'esistenza del manufatto medesimo e
quindi anche l'efficacia dell'originaria
concessione, non rilevando se la rovina sia
avvenuta o meno per volontà del suo titolare
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5253/2001;
sent. n. 1610/2000).
2. Qualora nel corso dei lavori autorizzati
di trasformazione interna e ristrutturazione
di un edificio si manifestino crolli, anche
spontanei, di una parte del fabbricato, si
rende necessario richiedere il rilascio di
una nuova concessione edilizia, in quanto si
tratta di eseguire lavori di
ristrutturazione diversi da quelli
precedentemnete assentiti (cfr. Cass. Pen.,
sent. n. 1898/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1957). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanza di
sospensione lavori - Scadenza termine
- Inefficacia dell'ordinanza - Conservazione
dei poteri sanzionatori e di controllo da
parte della P.A. - Legittimità.
La scadenza del termine di 45 giorni
previsto dall'art. 27, comma 3, DPR 380/2001
comporta l'automatica inefficacia del
provvedimento di sospensione dei lavori,
benché non privi l'Amministrazione del
potere di adottare i provvedimenti
sanzionatori anche successivamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1957). |
EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI:
1. Assegnazione
numero civico - Presupposti - Idoneo titolo
edilizio - Necessità.
2. Assegnazione
numero civico - Assegnazione a immobili
abusivi - Possibilità - Non sussiste -
Eccezione ex art. 47 DPR 223/1989 per
censimenti generali della popolazione.
3. Assegnazione
numero civico - Presupposti - Accatastamento
dell'immobile abusivo - Irrilevanza.
1. L'assegnazione del numero civico viene
disciplinata dagli artt. 42 e 43 DPR
223/1989, in cui si prevede che ogni porta o
accesso dall'area di circolazione
all'interno dei fabbricati di qualsiasi
genere debba essere provvista di appositi
numeri: l'art 43 stabilisce che il
proprietario, a costruzione ultimata e
comunque prima che il fabbricato possa
essere occupato, deve presentare al Comune
apposita domanda per ottenere sia
l'indicazione del numero civico, sia il
permesso di abitabilità se trattasi di
fabbricato ad uso di abitazione, ovvero di
agibilità se trattasi di fabbricato
destinato ad altro uso.
Pertanto, la
numerazione civica presuppone, al pari della
abitabilità, l'esistenza di un titolo
edilizio in forza del quale la costruzione è
stata realizzata.
2. Ex art. 47 DPR 223/1989 nell'ambito dei
lavori preparatori ai censimenti generali
della popolazione, i comuni devono
provvedere alla revisione dell'onomastica
delle aree di circolazione e della
numerazione civica, al fine di adeguarle
alla situazione di fatto esistente: in tal
caso l'assegnazione di numeri civici anche
ad immobili abusivi è giustificata al solo
fine di censire la popolazione.
Pertanto, al
di fuori di questo procedimento, si deve
applicare la procedura ordinaria di cui agli
artt. 42 e 43, che presuppone la regolarità
dell'immobile.
3.
E' irrilevante ai fini dell'assegnazione del
numero civico la circostanza che medio
tempore si sia proceduto all'accatastamento
dell'immobile, dal momento che
l'accatastamento svolge una funzione di
certificazione dello stato di fatto, ma non
produce alcun effetto di regolarizzazione
degli immobili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
20.03.2009 n. 1954 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Misure repressive -
Ordinanza di demolizione - Motivazione -
Necessità - Non sussiste.
L'ordine di demolizione di opere abusive,
stante la natura di atto vincolato, è
sufficientemente motivato con riferimento
all'oggettivo riscontro dell'abusività delle
opere (cfr. in termini TAR Milano, sez. II, sent. nn.
702/2008; 6532/2007; TAR Brescia, sent. n.
418/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 1949 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Piano
territoriale di coordinamento provinciale -
Natura - Possibilità di introdurre
prescrizioni e vincoli nel PRG di un Comune
in ambiti strettamente comunali - Non
sussiste - Eccezioni.
2. Piano
territoriale di coordinamento provinciale -
Contenuto - Classificazione aree agricole -
Possibilità - Ricorso avverso la
classificazione - Inammissibilità.
1. Il PTCP è un atto generale, che determina
gli indirizzi generali dell'assetto del
territorio, secondo le competenze delineate
nell'art. 20 del T.U. 267/2000. Esso viene
adottato nel rispetto delle direttive
fissate dalla Regione e ferme restando le
competenze pianificatorie del Comune (cfr.
in termini TAR Milano, sez II, sent. n.
2994/2008): pertanto, il PTCP non può
imporre soluzioni in ambiti di esclusiva
spettanza comunale o sostituire con scelte
della Provincia quelle già formalizzate in
modo puntuale dai Comuni con proprie
determinazioni, imponendo modificazioni che
non siano riconducibili ad uno specifico
interesse pubblico riservato alla Provincia
(cfr. Cons. di Stato , sent n. 1493/2000)
2. La Provincia, nell'ambito dell'attività
di programmazione ed in particolare della
salvaguardia ambientale, ben può delimitare
gli ambiti agricoli, non precludendo
tuttavia ai Comuni una specifica
regolamentazione dell'uso di tali zone: è
pertanto inammissibile, per carenza di
lesione concreta ed attuale della posizione
del ricorrente, il ricorso avverso le
disposizioni di PTCP che abbia classificato
le aree del ricorrente come agricole (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
20.03.2009 n. 1948 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi - Misure
repressive - Ordinanza di demolizione -
Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Necessità di motivazione - Quando
sussiste.
2. Abusi -
Accertamenti - Obbligo di effettuare in
contraddittorio sopralluoghi ed accertamenti
tecnici - Non sussiste - Facoltà di
contestazione delle risultanze - Sussiste.
1. In caso di violazione delle distanze nei
rapporti di vicinato, anzitutto, l'interesse
pubblico al ripristino della legalità è in
re ipsa e coincide con la prevalenza che va
necessariamente assicurata alla posizione
del vicino, il quale vanta un diritto pieno
al rispetto della distanza regolamentare; in
secondo luogo, una specifica motivazione
sull'interesse pubblico occorre solo se le
opere risultino ultimate da lungo tempo, e
purché il rilascio (o la formazione) del
titolo invalido non sia correlato ad
imprecisioni progettuali addebitabili al
privato richiedente la concessione (cfr.
Cons. Giust. Amm. 27.10.06 n. 588), o che
abbia dato causa all'illegittimità dell'atto
mediante dichiarazioni infedeli (cfr. Cons.
di Stato, sent. n. 3599/2002), o mediante
una erronea rappresentazione dei fatti, non
importa se dolosa o colposa (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 6554/2004).
2. In tema di accertamento dell'abusività di
opere edilizie, la mancata partecipazione
del privato al sopralluogo è irrilevante,
non essendovi obbligo di effettuare in
contraddittorio sopralluoghi ed accertamenti
tecnici, salva la facoltà dell'interessato
di contestarne le risultanze con documenti e
memorie depositate nel corso del
procedimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
13.03.2009 n. 1924 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Perimetrazione
dei centri abitati - Identificazione.
1. In assenza di una delibera di perimetrazione,
il centro abitato è comunque identificabile
nella situazione di fatto, ogniqualvolta si
sia in presenza di un aggregato di case
continue e vicine, con interposte strade,
piazze e simili, o comunque brevi soluzioni
di continuità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.03.2009 n. 1768 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Misure
repressive - Ordinanza di demolizione -
Motivazione - Necessità - Non sussiste.
L'ordinanza di demolizione di un abuso
edilizio non richiede in linea generale
alcuna specifica motivazione, in quanto
l'abusività costituisce di per sé motivo
sufficiente per l'adozione della misura
repressiva (cfr. TAR Milano, sez. II, sent.
1318/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.03.2009 n. 1768 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire - Rilascio - Competenza -
Sportello Unico per l'edilizia - Regolamento
Comune di Milano, artt. 115 e 117-
Inapplicabilità.
Il procedimento per il rilascio del permesso
di costruire è demandato allo Sportello
unico per l'edilizia che le amministrazioni
comunali sono tenute a costituire ai sensi
dell'art. 5 d.p.r. 380/2001: pertanto, non
possono trovare applicazione le previsioni
degli articoli 115 e 117 del Regolamento
edilizio del Comune di Milano, in quanto
modellati sulla disciplina statale
previgente (art. 4 D.L. 398/1993), la quale
è stata abrogata dall'art. 136 del testo
unico in materia edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.03.2009 n. 1767 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Gli
atti sanzionatori in materia edilizia
-attesa la loro natura rigidamente
vincolata- non risultano viziati ove non
siano preceduti dalla comunicazione d'avvio
del procedimento.
L'ordine di demolizione
di opere edilizie abusive non deve essere
preceduto dall'avviso ex art. 7 della l. n.
241/1990, trattandosi di un atto dovuto, che
viene emesso quale sanzione per
l'accertamento della inosservanza di
disposizioni urbanistiche secondo un
procedimento di natura vincolata
precisamente tipizzato dal legislatore e
conseguente disciplinato rigidamente dalla
legge (TAR Campania, Napoli, sez. IV,
10.12.2007, n. 15871; nello stesso senso
cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 26.09.2008,
n. 4659, secondo cui "gli atti
sanzionatori in materia edilizia -attesa la
loro natura rigidamente vincolata- non
risultano viziati ove non siano preceduti
dalla comunicazione d'avvio del procedimento").
Da ciò consegue che, come evidenziato da TAR
Campania, Napoli, sez. VI, 17.12.2007, n.
16283, "va esclusa la violazione
dell'art. 10, l. n. 241/1990 (mancata
valutazione della memoria avanzata dal
ricorrente in fase endoprocedimentale) in
relazione ad un provvedimento vincolato"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n.
1330). |
PUBBLICO IMPIEGO: Cassazione:
c'è mobbing a quattro condizioni.
Mobbing in ufficio, la Cassazione detta agli
impiegati le regole d'oro per chiedere e
ottenere i danni in caso di vessazioni sul
posto di lavoro.
Prima di tutto, dicono gli ermellini per
prevenire inutili cause, «per mobbing si
intende una condotta del datore di lavoro o
del superiore gerarchico, sistematica e
protratta nel tempo, tenuta nei confronti
del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che
si risolve in sistematici e reiterati
comportamenti ostili, che finiscono per
assumere forme di prevaricazione e di
persecuzione psicologica, da cui può
conseguire la mortificazione morale e
l'emarginazione del dipendente, con effetto
lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e
del complesso della sua personalità».
Fissato il principio, la Suprema Corte
evidenzia i quattro punti imprescindibili
per ottenere i danni.
Occorrono, dunque, una «molteplicità dei
comportamenti a carattere persecutorio,
illeciti o anche leciti se considerati
singolarmente, che siano stati posti in
essere in modo miratamente sistematico e
prolungato contro il dipendente con intento
vessatorio». Secondo punto necessario
per bollare un'azione come atto di mobbing
consiste nell'«evento lesivo della salute
o della personalità del dipendente». Nel
vademecum, la Suprema Corte (sezione Lavoro,
sentenza 17.02.2009 n.
3785) sottolinea inoltre la necessità
di un «nesso eziologico tra la condotta
del datore di lavoro o del superiore
gerarchico e il pregiudizio all'integrità
psico-fisica del lavoratore». Quarto
punto fondamentale è dato dalla «prova
dell'elemento soggettivo», vale a dire
«dell'intento persecutorio».
In questo modo, i supremi giudici hanno
bocciato il ricorso di un postino
piemontese, Michele G. che, nell'inverno del
2001, scendendo dall'auto di servizio, era
scivolato su una lastra di ghiaccio battendo
violentemente la testa e riportando lesioni
personali per le quali l'Inail gli aveva
riconosciuto una invalidità dell'11%.
Il lavoratore aveva fatto causa alle Poste,
sostenendo che l'infortunio era da imputarsi
a colpa delle Poste che non lo avevano
dotato di scarpe antiscivolo e, affermando
ancora di essere stato vittima di vari
episodi di mobbing. Da qui la richiesta di
risarcimento danni.
La Cassazione ha bocciato il ricorso del
lavoratore, sostenendo che nonostante «l'esistenza
di contrasti tra la dirigente d'ufficio e
Michele G.» questi «non sono tali da
provare la sussistenza di un intento
vessatorio del dirigente dell'ufficio»
(articolo ItaliaOggi del 03.09.2009, pag.
22). |
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