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AGGIORNAMENTO AL 22.06.2009 |
ã |
dossier INCENTIVO PROGETTAZIONE |
PUBBLICO IMPIEGO:
Incentivi progettazione
interna, tagli non retroattivi. La riduzione
colpisce solo i lavori svolti dopo
l'01.01.2009.
L'Avvocatura Generale dello Stato interviene
con un parere nella querelle tra Ragioneria
e Corte dei Conti (nota
06.05.2009 n. 140953 di prot.). |
QUESITI &
PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesiti sulla gratuità ovvero
onerosità degli interventi edilizi.
Lombardia,
l'interpretazione autentica della l.r. n.
12/2005 circa il versamento degli oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione in
relazione ad alcune fattispecie edilizie
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Territorio e Urbanistica,
nota 09.06.2009 n.
11538 di prot.). |
URBANISTICA:
Quesito 10 -
Sul disposto dell'art. 3, comma 3, l. n.
167/1962 che consente l'estensione del PEEP
anche alle aree sulle quali insistono
immobili (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 9 -
Sulla valenza essenzialmente conservativa
dei valori paesaggistici insita nella
destinazione agricola (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 8 -
Sulla differenza tra i balconi aggettanti
che sporgono dalla facciata dell'edificio e
le terrazze a livello incassate nel corpo
dell'edificio, ai fini della determinazione
del volume assentibile (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 7 -
Sull'applicabilità anche alle "luci" e non
solo alle "vedute" della norma che impone un
distacco minimo tra le pareti finestrate di
10 metri (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 6 -
Sulla possibilità da parte della PA di
attendere la decisione del TAR prima di
adottare un provvedimento definitivo (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
URBANISTICA:
Quesito 5 -
Sulla possibilità di rimettere in
discussione le clausole inserite in una
convenzione urbanistica relativa a impegni
liberamente assunti (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 4 -
Sull'indifferente utilizzazione di un
appartamento o come abitazione o come studio
professionale (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 3 -
Sulla sussistenza del divieto di
autorizzazione paesaggistica in sanatoria
anche con riferimento agli interventi,
realizzati in assenza di nulla osta
paesaggistico, prima del 1° maggio 2004 e
sulla mancata indicazione del vincolo
paesaggistico nel certificato di
destinazione urbanistica (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 2 -
Sulla richiesta di prova testimoniale,
relativa ad una domanda di condono,
finalizzata a dimostrare che le opere
abusive sarebbero state realizzate nei primi
giorni del marzo 2003 e non dopo (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 1 -
Sulla competenza del dirigente del settore
urbanistica del Comune ad adottare
provvedimenti cautelari relativi agli
aspetti concernenti l'osservanza della
normativa in materia di costruzione in zone
sismiche (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 10 -
Sulla sussistenza o meno di un mutamento di
destinazione d'uso urbanisticamente
rilevante nel caso in cui un appartamento
destinato ad abitazione venga adibito a
studio professionale (Geometra
Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 9 -
Sull'obbligo di rispettare o meno la
distanza di 10 metri tra pareti finestrate
per la sopraelevazione di un edificio che
fronteggi in altro edificio più basso già
esistente (Geometra Orobico n.
5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 8 -
Il regime di favore collegato alla posizione
di imprenditore agricolo a titolo principale
è strettamente personale e non si trasmette
agli eredi (Geometra Orobico n.
5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 7 -
Sulla natura del vincolo derivante dalla
fascia di rispetto stradale e sul
procedimento per la sanatoria di abusi
commessi in area di rispetto stradale
(Geometra Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 6 -
Sui casi in cui l'amministrazione può
imporre la riduzione in pristino a fronte
della realizzazione abusiva di opere
soggette a D.I.A. (Geometra
Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 5 -
Sulla legittimità o meno di un'ordinanza di
demolizione relativa ad un abuso consistente
nella realizzazione di un muretto di
recinzione e nell'apposizione di ringhiere e
cancelli metallici (Geometra
Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 4 -
Gli impianti di distribuzione di carburanti
sono catalogabili lato sensu alla
stregua di opere di urbanizzazione
secondaria e, come tali, suscettibili in via
generale di essere realizzati in qualsiasi
zona urbanistica (Geometra
Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 3 -
Sull'imprescindibilità del piano attuativo e
sull'inammissibilità di indagini svolte ad
accertare lo stato di urbanizzazione
dell'area (Geometra Orobico n.
5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 2 -
Sul carattere integrativo o meno dell'art.
873 del c.c. riguardo alle disposizioni del
piano regolatore che stabiliscono una
determinata distanza delle costruzioni dal
confine del fondo (Geometra
Orobico n. 5/2008). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Quesito 1 -
Responsabilità dell'appaltatore per i
difetti della costruzione derivanti da vizi
ed inidoneità del suolo -anche quando gli
stessi sono ascrivibili alla imperfetta od
erronea progettazione fornitagli dal
committente (Geometra Orobico n.
5/2008). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 24 del
19.06.2009:
- "Programma di qualificazione ed
ammodernamento della rete di distribuzione
dei carburanti in attuazione dell'art. 3,
comma 1, della l.r. 05.10.2004 n. 24
(Disciplina per la razionalizzazione e
l'ammodernamento della rete distributiva dei
carburanti"
(deliberazione
C.R. 12.05.2009 n. 834 - link a
www.infopoint);
- "Procedure amministrative relative
all'installazione degli impianti e
all'esercizio dell'attività di distribuzione
dei carburanti (art. 3, comma 2, l.r. n.
24/2004)" (deliberazione
G.R. 11.06.2009 n. 9590 - link a
www.infopoint.it);
- "Osservatorio del commercio: Sistema
Informativo Commercio - Atto ricognitivo
della rilevazione degli impianti di
distribuzione carburanti per autotrazione ad
uso pubblico e privato effettuata con i
comuni - Sezione riguardante gli impianti di
distribuzione carburanti autorizzati al
31.12.2008" (decreto
D.S. 10.06.2009 n. 5700 - link a
www.infopoint.it);
- "Testo coordinato della l.r. 05.10.2004
n. 24 «Disciplina per la razionalizzazione e
l'ammodernamento della rete distributiva dei
carburanti»" (testo
coordinato L.R. 05.10.2004 n. 24
- link a
www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
G.U. 19.06.2009 n. 140, suppl. ord. n. 95/L,
"Disposizioni per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività nonché
in materia di processo civile" (L.
18.06.2009 n. 69). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 15.06.2009 n. 136 "Regolamento
concernente la disciplina dei criteri per la
tutela e il funzionamento dell’elenco
previsto dall’articolo 95, comma 2, del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"
(Ministero per i Beni e le Attività
Culturali,
decreto
20.03.2009 n. 60). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Semplificazione normativa, al via la terza
fase.
Continua l'opera di semplificazione
normativa. Con l'obiettivo di arrivare a non
oltre 5 mila atti legislativi, il Consiglio
dei ministri del 12.06.2009 ha approvato in
via preliminare, su proposta del Ministro
Calderoli, uno schema di decreto che
individua le disposizioni legislative,
anteriori al 1970, ritenute indispensabili
per il nostro ordinamento.
Si calcola che sono circa 50 mila le leggi
pubblicate al primo gennaio 1970 ancora in
vigore e che il "salvaleggi" ridurrà a circa
2700.
Con il primo intervento (inserito nel
decreto legge 112/2008 convertito in legge
n. 133/2008) è stato prodotto un taglio di
circa 7.000 leggi.
Il secondo intervento (decreto legge n.
200/2008 convertito in legge n. 9/2009) ha
consentito un taglio di quasi 29.000 leggi.
Con il terzo provvedimento -varato dal
governo il 12 giugno scorso- si opera un
taglio sulle leggi anteriori al 1970. Con
questa ulteriore selezione, le leggi che
resteranno in vigore saranno circa 2.700 al
posto delle attuali 50 mila.
Si tratta di un ulteriore tassello della
vasta manovra di "ripulitura normativa" che
consiste nella ricognizione degli atti
(circa duemilacinquecento) individuati -a
seguito di una complessa istruttoria- come
tuttora utili al funzionamento dell'apparato
pubblico (link a www.governo.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rendimento energetico in edilizia.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132
del 10.06.2009 il decreto di attuazione sul
rendimento energetico in edilizia, già
approvato nella riunione del Consiglio dei
Ministri del 06.03.2009.
Il decreto definisce i criteri generali, le
metodologie di calcolo ed i requisiti minimi
per la prestazione energetica degli edifici
e degli impianti termici, in riferimento
alla climatizzazione invernale ed estiva, ed
alla preparazione dell'acqua calda per usi
igienici sanitari.
I criteri generali si applicano alla
prestazione energetica per l'edilizia
pubblica e privata anche riguardo alle
ristrutturazioni di edifici esistenti.
Per le metodologie di calcolo della
prestazione energetica degli edifici e degli
impianti si adottano le norme tecniche
nazionali predisposte da organismi deputati
a livello nazionale o comunitario, quali ad
esempio l'UNI e il CEN, o altri metodi di
calcolo (motivandone l'uso nella relazione
tecnica di progetto) recepiti con decreto
del Ministro dello sviluppo economico e
sviluppati da organismi istituzionali
nazionali, quali l'ENEA, le università o gli
istituti del CNR, purché i risultati
conseguiti risultino equivalenti o
conservativi rispetto a quelli ottenibili
con i metodi di calcolo UNI e CEN (link a
www.governo.it). |
VARI:
Assicurazioni auto, preventivi on-line.
Avviato il progetto "Preventivatore Unico
RC-auto", un servizio informativo on-line,
finalizzato a confrontare -in base alla loro
convenienza economica- i preventivi sul
mercato e favorire una maggiore trasparenza
nel settore.
E' uno strumento unico in Europa in grado di
offrire un'informativa di carattere generale
per un'ampia panoramica sui prezzi delle
polizze r.c. auto disponibili sul mercato e
permette al consumatore, in relazione al
proprio profilo di rischio, di fare un
confronto tra i preventivi RC-auto, offerti
dalle 65 compagnie presenti sul mercato,
classificati in ordine di convenienza
economica.
Per ottenere i preventivi, l'utente dovrà
fornire una serie di informazioni,
compilando i form predefiniti. Terminata la
compilazione, la risposta arriverà in un
breve tempo all'indirizzo e-mail indicato al
momento della registrazione, con l'elenco in
ordine di convenienza economica degli
importi di tutti i preventivi rilasciati
dalle diverse compagnie di assicurazione
sulla base dei dati inseriti.
Le richieste di preventivo e le relative
risposte saranno comunque mantenute a
disposizione dell'utente nell'area riservata
del portale per la consultazione o
l'emissione di nuove richieste. Il servizio
è raggiungibile dai siti del Ministero dello
sviluppo economico e dell'Isvap. L'accesso
al sistema è del tutto gratuito e anonimo
(link a www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
E. Moro,
LA CONTROVERSA NATURA GIURIDICA DELLA D.I.A.
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Nelle gare d’appalto è illegittimo prevedere
come requisito di partecipazione il possesso
di una sede operativa nel comune della
stazione appaltante; è invece legittimo
richiederlo in caso di aggiudicazione
(link a
www.mediagraphic.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
A. R. Caruso,
Mobbing dossier (link a www.diritto.it). |
ENTI LOCALI:
G. Gioffré,
Consigli Comunali: adempimenti della prima
seduta dopo le elezioni (link a
www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
G. Modesti,
Cartellini identificativi e risarcimento
danni (nota a Sentenza del Tribunale di
Milano nella causa n. 3552 R.G. 2008)
(link a www.diritto.it). |
APPALTI - EDILIZIA PRIVATA:
R. Cavina,
La valutazione del rischio stress lavoro -
correlato (link a www.diritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Bruno,
L’ispettore ambientale (o ecovigile) quale
organo di polizia amministrativa di
derivazione comunale (link a www.diritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
G. Modesti,
L’esercizio del diritto di accesso del
cittadino agli atti della pubblica
amministrazione e la omissione di atti
d’ufficio. Quando la
‘distrazione’ del dirigente può costare caro
all’ente locale (nota a sentenza Cassazione
n. 14466 del 02.04.2009) (link a www.diritto.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Gara d'appalto - Dichiarazione
sostitutiva - Errore del dichiarante - Vizio
dell'offerta - Insanabilità - Integrazione
documentale - Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
La questione giuridica sottesa al caso di
specie consiste nello stabilire se le due
dichiarazioni sostitutive di atto notorio,
riferite entrambe espressamente alla CAT.
OS24, rese dall’impresa istante possano
configurare un mero errore materiale,
facilmente riconoscibile e superabile dalla
stazione appaltante attraverso la lettura
del contesto delle dichiarazioni e
documentazioni allegate all’istanza, o,
comunque, suscettibile di essere emendato
attraverso l’invito dell’ente a fornire
chiarimenti, ai sensi dell’art. 46 del
D.Lgs. n. 163/2006, o costituiscano, invece,
un vizio dell’offerta, il cui superamento si
tradurrebbe in una vera e propria modifica
dell’offerta, preclusa dai principi vigenti
in materia di procedure di evidenza
pubblica.
Al riguardo si deve, in primo luogo,
ribadire l’orientamento già espresso da
questa Autorità (v. parere n. 129 del
28.11.2007) per cui la dichiarazione
sostitutiva a corredo dell’offerta è un atto
che riveste autonomia e specificità,
indipendentemente dal fatto che quanto in
essa dichiarato possa essere o meno desunto
da altri documenti o dichiarazioni,
limitandosi la Commissione di gara a
prendere atto di quanto dichiarato dal
concorrente e a verificarne la
corrispondenza al correlato elemento
dichiarativo richiesto.
Conseguentemente, non può essere accolta la
tesi, sostenuta dall’istante GEOBUILDING
s.r.l., circa la possibilità di superare
facilmente l’errore commesso al punto 11)
del modulo, contenente la dichiarazione di
voler subappaltare o concedere in cottimo la
CAT. “OS24 solo in minima parte”,
interpretando tale dichiarazione come
volontà di subappaltare la OG1 nei limiti di
legge attraverso la lettura del contesto
delle dichiarazioni rese, ossia tenendo
conto della precedente dichiarazione di cui
al punto 10) di voler subappaltare per
intero la CAT. OS24, e attraverso
l’ulteriore documentazione allegata
all’istanza, da cui si evince l’obbligo di
legge in capo all’impresa medesima di
subappaltare per intero la OS24 non
essendone in possesso.
L’accoglimento di una siffatta ipotesi
interpretativa, peraltro, comporterebbe la
vanificazione della dichiarazione in
questione, lasciando ogni onere di
accertamento alla stazione appaltante in una
fase della gara in cui la stessa non è
tenuta ad effettuarlo.
La circostanza quindi che l’impresa istante,
nel redigere la dichiarazione sostitutiva di
atto notorio, sia incorsa in un errore che
ha determinato una difformità e carenza
della stessa rispetto a quanto previsto
dalla documentazione di gara, nonché dalla
normativa di settore, non può essere
ascritta ad una mera irregolarità di tipo
formale, ma costituisce un vizio
dell’offerta che non consente al Comune di
Pescara di ammettere l’offerente alla
procedura in oggetto.
Da ultimo resta da esaminare se l’errore
invocato dall’impresa istante sia
suscettibile di essere emendato attraverso
l’invito della stazione appaltate a fornire
chiarimenti, ai sensi dell’art. 46 del
D.Lgs. n. 163/2006, al fine di consentirne
la rimozione.
Un consolidato orientamento
giurisprudenziale ha ritenuto, al riguardo,
che il principio secondo il quale il
responsabile del procedimento amministrativo
è tenuto ad invitare a rettificare le
dichiarazioni o le istanze erronee o
incomplete è applicabile ai procedimenti di
gara d’appalto per l’aggiudicazione di
contratti della pubblica amministrazione “a
condizione che non sia turbata la par
condicio tra i concorrenti e che non vi sia
modificazione del contenuto della
documentazione presentata” (in tal
senso, Cons. Stato, Sez. V, 03.09.2001, n.
4586).
Tali condizioni, però, non sussistono nel
caso di specie, atteso che non si tratta di
“completare o fornire chiarimenti in
ordine al contenuto dei certificati,
documenti e dichiarazioni presentati”
(ex art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), ma della
sostituzione di una dichiarazione già resa
in sede di offerta, che presenta un
significato letterale chiaro e completo,
che, quindi, non necessita di alcuna
integrazione, con un’altra dichiarazione di
diverso tenore letterale e significato, con
evidente violazione del principio della par
condicio dei concorrenti (in tal senso Cons.
Stato, Sez. V, 20.05.2003, n. 5463).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara dell’impresa GEOBUILDING s.r.l. è
conforme ai principi e alla normativa di
settore
(parere
20.05.2009 n. 66 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
1. Gara d'appalto - Appalti di
ll.pp. - Indicazione categoria prevalente -
Omissione - Conseguenze - Individuazione -
Fattispecie.
2. Gara d'appalto - Appalti di ll.pp. -
Indicazione categoria prevalente - Omissione
- Annullamento in autotutela - Ammissibilità
- Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
La questione giuridica controversa concerne
la legittimità dell’operato di una Stazione
Appaltante che ometta di indicare in un
bando di gara la categoria prevalente,
necessaria ai fini della partecipazione alla
procedura, ed indichi erroneamente la
categoria cui i lavori possono essere
ascritti.
In linea generale, per quanto attiene
all’individuazione delle categorie di
lavorazione presenti nell’appalto,
l’Autorità ha già avuto modo di richiamare
quanto disposto dall’articolo 73 del D.P.R.
n. 554/1999, alla stregua del quale nel
bando di gara deve essere indicata la
categoria prevalente e, altresì, tutte le
parti, appartenenti alle categorie generali
o specializzate di cui si compone l’opera,
con i relativi importi e categorie, nel caso
in cui dette parti siano di importo
superiore al dieci per cento dell’importo
complessivo dell’appalto o di importo
superiore a 150.000 euro (v. parere n. 184
del 12.06.2008).
In particolare, nella propria determinazione
n. 25 del 20.12.2001, l’Autorità ha
precisato che il bando di gara deve indicare
non soltanto l’importo complessivo
dell’intervento, nonché la categoria
prevalente (che peraltro deve essere una
sola, quella di importo più elevato tra
quelle costituenti l’intervento) ed il suo
specifico importo, ma anche tutti gli
eventuali sottoinsiemi delle lavorazioni
costituenti l’intervento medesimo, diverse
da quelle appartenenti alla categoria
prevalente (cioè le categorie scorporabili),
specificando per ogni sottoinsieme la
relativa categoria ed il relativo importo,
soltanto però se per essi sussistano
entrambe le seguenti condizioni:
costituiscano un lavoro autonomo e siano di
importo superiore al dieci per cento
dell’importo complessivo, oppure di importo
superiore a 150.000 euro.
L’importanza dell’indicazione della
categoria cui appartengono le opere da
appaltare, nonché la rilevanza della sua
corretta determinazione trovano
giustificazione nel fatto che al possesso di
una qualificazione per una determinata
categoria di lavori corrispondono specifici
requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, che saranno, quindi,
differenti a seconda della categoria
indicata.
Ne consegue che l’erronea indicazione della
categoria cui ascrivere i lavori da
realizzare comporta il possesso in capo ai
concorrenti di requisiti speciali attinenti
ad opere diverse da quelle oggetto
dell’appalto e dunque espone la Stazione
Appaltante al verificarsi di due ordini di
rischi: da un lato, che soggetti in possesso
della qualificazione per la categoria cui
sarebbero dovuti essere iscritti i lavori, e
dunque titolari di una capacità specifica
alla loro realizzazione, non abbiano potuto
partecipare alla procedura di gara, in
violazione del principio di concorrenza in
materia di contratti pubblici, e,
dall’altro, che il soggetto aggiudicatario
del contratto non sia in possesso delle
capacità necessarie alla realizzazione
dell’opera.
Nel caso di specie, il Comune di Procida è
incorso nell’errore materiale di utilizzare
un modello di bando di gara predisposto per
lavori di importo inferiore ai 150.000 euro
e, dunque, non adatto all’importo dei lavori
da appaltare (pari a 314.200 euro), nonché
ha erroneamente indicato la categoria cui
ascrivere i lavori, riportando nel bando di
gara la categoria OS 26 (Pavimentazioni e
sovrastrutture speciali), anziché la
categoria OG 3 (Strade, autostrade, ponti,
viadotti, ferrovie, linee tranviarie,
metropolitane, funicolari e piste
aeroportuali e relative opere complementari)
trattandosi, come indicato, di “lavori
stradali e di arredo urbano”, e non
sussistendo alcuna ulteriore specificazione
che, rendendoli riconducibili a “lavori
di costruzione, manutenzione o
ristrutturazione di pavimentazioni
realizzate con materiali particolari,
naturali o artificiali, in quanto sottoposti
a carichi e sollecitazioni notevoli, quali,
in via esemplificativa, quelle delle piste
aeroportuali”, ne avrebbe giustificato
la riconducibilità alla categoria OS 26.
Conseguentemente, rilevati gli errori
commessi, la Stazione Appaltante avrebbe
dovuto valutare la possibilità di adottare
un provvedimento in autotutela di rettifica
del bando pubblicato, correggendo le
inesatte indicazioni ivi riportate, onde
scongiurare il rischio, da un lato, di
restringere la partecipazione alla procedura
di gara ai soli soggetti in possesso di una
qualificazione per una categoria non
pertinente ai lavori oggetto dell’appalto,
e, dall’altro, di affidare il contratto ad
un soggetto con una capacità
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa non pertinente alla
tipologia di opere da realizzare.
Il Comune di Procida, invece, ha espletato
le operazioni di gara, peraltro ammettendo
concorrenti in possesso della qualificazione
sia per la categoria OG 3 sia per la
categoria OS 26, e quindi titolari di
requisiti speciali difficilmente comparabili
tra di loro, ed ha adottato, altresì, il
provvedimento di aggiudicazione provvisoria,
che tuttavia, per quanto sopra evidenziato,
costituisce atto finale di un procedimento
viziato fin dall’origine.
Al riguardo si evidenzia che questa Autorità
ha già affrontato, nella determinazione n.
17 del 10.07.2002, la problematica inerente
l’eventualità, per la Stazione Appaltante,
di riconsiderare la graduatoria di gara
qualora vengano in evidenza elementi che
inducano a ritenere viziato l’atto sul quale
si è fondata l’elaborazione della
graduatoria stessa.
A tal proposito, nella citata determinazione
è stato precisato che, in caso di
aggiudicazione provvisoria di un contratto,
l’amministrazione, in base al principio
costituzionale di buon andamento e con
l’obbligo di dare esplicita e puntuale
contezza del potere esercitato, può riaprire
la gara al fine di riammettere imprese
illegittimamente escluse e, in generale,
riesaminare gli atti adottati, se ciò
risulta opportuno a seguito di circostanze
sopravvenute o sulla base di un diverso
apprezzamento della situazione preesistente.
Inoltre, nella determinazione medesima è
stato, altresì, rilevato come la
giurisprudenza avesse ritenuto che
l’illegittimità della procedura di gara
giustifica l’esercizio del potere di
autotutela nel caso in cui l’aggiudicazione
sia stata determinata sulla base di vizi
inerenti la procedura di gara che doveva
essere espletata assicurando il puntuale
rispetto della concorrenza tra imprese e la
par condicio delle stesse, occorrendo,
peraltro, che vengano individuati da parte
della Stazione Appaltante tutti gli
interessi pubblici attuali, distinti dal
mero interesse al ripristino della
situazione di legittimità che giustifica la
rimozione dell’atto viziato.
Ne discende, dunque, che la valutazione in
ordine al possibile annullamento in
autotutela di una procedura di gara rientra
nella esclusiva potestà discrezionale della
Stazione Appaltante, che è chiamata a
decidere, secondo gli ordinari canoni
dell’autotutela, laddove sussistano ragioni
di opportunità e di interesse pubblico
attuale e concreto (in tal senso, parere n.
19 del 12.02.2009).
Nel caso di specie, pertanto, il Comune di
Procida è chiamato a compiere tale
valutazione, contemperando, da una parte,
tutti gli interessi pubblici coinvolti, che
per quanto rappresentato a questa Autorità
non sembrano ostativi all’eventuale
emanazione di provvedimenti in autotutela,
e, dall’altra, il puntuale rispetto della
concorrenza tra le imprese nonché la
garanzia della par condicio degli operatori
che hanno partecipato alla procedura di
gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il bando di gara
predisposto dal Comune di Procida non è
conforme alla normativa in materia di
contratti pubblici e che, pertanto, il
Comune medesimo è chiamato a valutare il
possibile annullamento in autotutela
dell’intera procedura di gara,
contemperando, da una parte, tutti gli
interessi pubblici coinvolti, che per quanto
rappresentato a questa Autorità non sembrano
ostativi all’eventuale emanazione di
provvedimenti in autotutela, e, dall’altra,
il puntuale rispetto della concorrenza tra
le imprese nonché la garanzia della par
condicio degli operatori che hanno
partecipato alla procedura di gara
(parere
20.05.2009 n. 65 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
1. Gara d'appalto - Requisiti di
partecipazione - Discrezionalita' s.a. -
Limiti - Individuazione.
2. Appalti di servizi - Servizio di
telegestione e telesorveglianza
computerizzata e manutenzione ordinaria e
straordinaria degli impianti di sicurezza
negli stabili di competenza comunale -
Requisiti di partecipazione - Omologazione
imq dell'impresa e certificazione di qualità
uni eni iso 9001:2000 - Non costituiscono
requisiti restrittivi della concorrenza.
Ritenuto in diritto:
In relazione al quesito posto dalla ditta
Sicurtecnica, concernente la legittimità
della richiesta da parte della Stazione
Appaltante di requisiti ulteriori rispetto a
quelli prescritti dalla normativa, si
rileva, in via generale, che è orientamento
ormai consolidato sia nella prassi
dell’Autorità (si vedano, da ultimo, i
pareri n. 2 del 15.01.2009, n. 178 del
05.06.2008, n. 188 del 14.06.2008 e n. 33
del 31.01.2008) sia nella giurisprudenza
amministrativa (si vedano le recentissime
sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, n.
525 del 02.02.2009 e sez. VI, n. 3655 del
23.07.2008) quello che riconosce alla
Stazione Appaltante la discrezionalità di
fissare i requisiti di partecipazione ad una
gara diversi, ulteriori e più restrittivi di
quelli legali, con il limite della logicità
e della ragionevolezza dei requisiti
richiesti e della loro pertinenza e
congruità allo scopo perseguito.
Se, dunque, tale orientamento consente alla
Stazione Appaltante di introdurre nella
lex specialis di gara disposizioni che
restringono la partecipazione alla
procedura, al fine di consentire che
concorrano tra loro esclusivamente soggetti
particolarmente qualificati, tale scelta,
tuttavia, non deve essere esclusivamente
volta a limitare l’accesso alla gara, ovvero
a realizzare un’artificiosa restrizione
della “concorrenza per il mercato”,
ma deve trovare una logica e ragionevole
giustificazione nell’oggetto del contratto.
Tanto premesso in via generale, occorre
accertare se, nel caso di specie, la
previsione dei due requisiti
dell’omologazione IMQ dell’impresa e della
Certificazione del proprio Sistema di
Gestione delle Qualità in conformità alla
UNI ENI ISO 9001:2000, costituisca una
eccessiva restrizione della partecipazione
alla procedura di gara.
A tal fine occorre considerare la natura dei
due requisiti e i profili differenti cui
essi attengono: infatti, mentre
l’omologazione IMQ è inerente il prodotto,
che risulta quindi tale da soddisfare
un’alta qualità e sicurezza dei suoi
componenti e del suo montaggio, la
certificazione UNI ENI ISO 9001:2000 attiene
al processo ed è volta a garantire
l’idoneità dell’impresa ad effettuare la
prestazione secondo un determinato livello
di esecuzione.
Pertanto, proprio perché la presenza del
marchio IMQ sui prodotti di una determinata
impresa conferisce loro uno specifico
livello di qualità, affidabilità e
sicurezza, nonché garantisce il rispetto
della normativa di settore, la previsione di
tale certificazione come requisito speciale
trova una specifica ragionevolezza nella
tipologia di servizio oggetto del contratto,
ovvero gli impianti di allarme.
Quanto al possesso della certificazione UNI
ENI ISO 9001:2000 in capo all’impresa, la
giurisprudenza amministrativa, nel
riconoscerne la natura di requisito
soggettivo delle imprese ai fini della
partecipazione alle gare, ha chiarito che la
certificazione di qualità è inerente
all’intero sistema aziendale ed è
preordinata a svolgere una funzione di
garanzia qualitativa di un determinato
livello di esecuzione dell’intero rapporto
contrattuale (cfr. in tal senso, TAR Lazio,
Roma sez. II-ter, sentenza n. 923 del
06.02.2007; sez. I-bis, sentenza n. 11694
del 26.10.2004).
Considerato, dunque, che i due requisiti
attengono a profili di capacità
tecnico-professionale del concorrente
differenti e tenuto conto della peculiarità
dell’oggetto del contratto posto a base di
gara (telegestione e telesorveglianza
computerizzata e manutenzione ordinaria e
straordinaria degli impianti di sicurezza
negli stabili di competenza comunale),
sembra sussistere una proporzionalità ed una
ragionevolezza nella previsione dei
requisiti prescritti al punto 17, lettere d)
ed e) del bando di gara rispetto all’oggetto
del contratto, tali da giustificare la
scelta, operata dal Comune di Iglesias, di
restringere l’accesso alla procedura ad una
platea ristretta di concorrenti altamente
qualificati.
In tal caso, infatti, l’interesse alla
massima partecipazione ad una procedura di
gara è recessivo rispetto al superiore
interesse perseguito da una Stazione
Appaltante di stipulare il contratto con un
soggetto affidabile e titolare di una
professionalità altamente qualificata, che
garantisca il rispetto di determinati
parametri in tutte le fasi di erogazione del
servizio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che i requisiti
tecnico-professionali richiesti nel bando di
gara sono conformi ai principi in materia di
contratti pubblici
(parere
20.05.2009 n. 64 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto - Documentazione
di gara - Allegazione schema di contratto -
Modifica da parte del concorrente clausola
relativa ai termini di pagamento - Equivale
a non accettazione condizioni predisposte
dalla s.a. - Esclusione - Va disposta.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, con riferimento
all’eccezione procedurale sollevata dalla
stazione appaltante, occorre precisare che
l’istanza di parere in questione è da
considerarsi ammissibile in applicazione
dell’art. 2, comma 1, del Regolamento sul
procedimento per la soluzione delle
controversie (ai sensi del quale “La
stazione appaltante, una parte interessata
ovvero più parti interessate possono,
singolarmente o congiuntamente rivolgere
all’Autorità istanza di parere”), che
l’Autorità ha adottato nell’esercizio dei
propri poteri di autonomia, di indipendenza
funzionale, di giudizio, di valutazione e di
autonomia organizzativa previsti dal D.Lgs.
n. 163/2006.
Venendo al merito della questione, si
osserva che il disciplinare di gara all’art.
2 prevede in capo agli operatori economici
di fornire, nell’ambito della documentazione
amministrativa, “lo schema di contratto,
debitamente timbrato e sottoscritto per
accettazione del legale rappresentante in
ogni sua pagina”. Inoltre lo schema di
contratto presenta chiaramente su ogni
pagina la seguente dicitura “NB: Il
presente schema di contratto va solamente
timbrato e siglato per accettazione in ogni
sua pagina, in nessun caso va compilato”.
Il fine cui tende la previsione nella
documentazione di gara che, come nel caso di
specie, prescrive la sottoscrizione dello
schema di contratto in ogni sua pagina, è
chiaramente quello di assicurare la stazione
appaltante che l’operatore economico sia
pienamente consapevole delle condizioni
contrattuali statuite dall’amministrazione
medesima. Dette condizioni non possono
essere modificate dall’operatore economico,
il quale, ai fini della propria corretta
partecipazione alla gara, le deve accettare.
Nel caso in esame, dalla documentazione
fornita, la Commissione di gara sembra aver
agito in maniera contraddittoria in merito
alle determinazioni da adottare nei
confronti della Applera Italia S.p.A. che
aveva omesso di sottoscrivere una pagina,
probabilmente in quanto tale omissione non
era previsto a pena di esclusione dalla
documentazione di gara. In ragione di ciò la
Commissione di gara, nel dubbio, al fine di
non adottare una interpretazione troppo
formalistica del disciplinare a svantaggio
del principio del favor partecipationis,
ha ritenuto di assumere una via di mezzo,
non escludendo da subito l’impresa, ma dando
alla stessa la possibilità (seppur molto
limitata) di inviare la pagina mancante.
In realtà, il dato che sembra essere
dirimente e non formalistico, è
rappresentato dal fatto che l’impresa, oltre
ad aver omesso di inviare una pagina,
risulta aver modificato le clausole
contenute nello schema di contratto. A
titolo esemplificativo lo schema di
contratto risulta essere stato modificato
all’art. 5 “Pagamento, fatturazione e
interessi in mora” dove l’impresa ha
modificato a penna il termine entro cui è
stato previsto il pagamento che al posto di
120 giorni, è stato sostituito in 90 giorni.
Tale omissione delle prescrizioni disposte
dalla lex specialis, risulta, di per
sé, sufficiente per ritenere che la Applera
Italia S.p.A. non avesse accettato le
condizioni contrattuali previste
dall’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia, elemento questo, sostanziale
ed essenziale atto a legittimare la sua
esclusione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la disposta
esclusione è conforme alla lex specialis
di gara
(parere
20.05.2009 n. 63 - link a
massimario.avlp.it). |
dossier ATTI AMMINISTRATIVI |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
differenza fra l'atto di conferma e l'atto
meramente confermativo va individuata nel
fatto che il primo presuppone un completo
riesame della fattispecie mentre il secondo
si limita a richiamare il precedente
provvedimento e a confermarlo integralmente
senza alcun nuovo esame degli elementi di
fatto e di diritto già considerati.
Mentre l'atto di conferma è connotato da un
completo riesame della fattispecie che si
conclude appunto con la conferma dell'atto
in origine adottato dopo una nuova
valutazione da parte dell'amministrazione,
l'atto meramente confermativo si limita a
richiamare il contenuto di un precedente
provvedimento, senza alcuna riponderazione
istruttoria degli elementi di fatto e di
diritto già considerati in precedenza.
La differenza fra l'atto di conferma e
l'atto meramente confermativo va individuata
nel fatto che il primo presuppone un
completo riesame della fattispecie, che si
conclude con la conferma dell'atto in
origine adottato dopo una nuova valutazione
da parte dell'Autorità emanante, mentre il
secondo si limita a richiamare il precedente
provvedimento e a confermarlo integralmente
senza alcun nuovo esame degli elementi di
fatto e di diritto già considerati, con la
conseguenza sul piano processuale che,
mentre l’atto di conferma si sostituisce
integralmente al precedente provvedimento ed
è autonomamente impugnabile, il ricorso
contro l’atto meramente confermativo è
inammissibile perché è proposto contro un
atto privo di reale ed autonoma capacità
lesiva. (TAR Basilicata Potenza, sez. I,
28.05.2008, n. 257 - TAR Lazio Roma, sez. II,
14.05.2008, n. 4127).
In altri termini, si ha conferma in senso
proprio quando l'Amministrazione entra nel
merito della nuova istanza e, dopo aver
riconsiderato i fatti e i motivi prospettati
dal richiedente, si esprime in senso
negativo, per cui anziché limitarsi ad una
constatazione di fatto dell'esistenza di un
precedente provvedimento, l'Amministrazione
inizia un vero e proprio procedimento di
riesame, esaminando nuovamente la situazione
di fatto e di diritto.
La conferma in senso proprio, sebbene
pervenga alle stesse conclusioni cui era
giunto il precedente provvedimento e ne
reiteri le statuizioni, è, comunque, un atto
che si sostituisce al precedente, come fonte
di disciplina del rapporto amministrativo.
Il vecchio provvedimento è, quindi,
assorbito dal nuovo, che, con efficacia
ex tunc, viene ad operare in
sostituzione di quello (TAR Sicilia Catania,
sez. IV, 19.03.2008, n. 489).
In conclusione, mentre l'atto di conferma è
connotato da un completo riesame della
fattispecie che si conclude appunto con la
conferma dell'atto in origine adottato dopo
una nuova valutazione da parte
dell'amministrazione, l'atto meramente
confermativo si limita a richiamare il
contenuto di un precedente provvedimento,
senza alcuna riponderazione istruttoria
degli elementi di fatto e di diritto già
considerati in precedenza (Consiglio Stato ,
sez. VI, 17.12.2007, n. 6459)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 03.06.2009 n. 552 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
differenza fra l’atto di conferma e l’atto
meramente confermativo va individuata nel
fatto che il primo presuppone un completo
riesame della fattispecie mentre il secondo
si limita a richiamare il precedente
provvedimento e a confermarlo integralmente
senza alcun nuovo esame degli elementi di
fatto e di diritto già considerati.
La differenza fra l’atto di conferma e
l’atto meramente confermativo va individuata
nel fatto che il primo presuppone un
completo riesame della fattispecie, che si
conclude con la conferma dell’atto in
origine adottato dopo una nuova valutazione
da parte dell’Autorità emanante, mentre il
secondo si limita a richiamare il precedente
provvedimento e a confermarlo integralmente
senza alcun nuovo esame degli elementi di
fatto e di diritto già considerati, con la
conseguenza, sul piano processuale, che,
mentre il primo si sostituisce integralmente
al precedente provvedimento ed è
autonomamente impugnabile, il ricorso contro
il secondo è inammissibile perché è proposto
contro un atto privo di reale ed autonoma
capacità lesiva (cfr., “ex multis” Cons.
St., VI, 17.12.2007 n. 6459)
(TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 28.05.2008 n. 257 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Ha carattere di atto di conferma
e non di atto meramente confermativo quello
con cui l’amministrazione compia uno o più
atti istruttori al fine di accertare la
fondatezza di eventuali doglianze formulate
dall’interessato con l’obiettivo di
sollecitare una revisione, in fatto e in
diritto, della precedente determinazione.
Per giurisprudenza affatto consolidata (cfr.
ex multis, C.d.S., sez. VI, 11.05.2007, n.
2315), ha carattere di atto di conferma e
non di atto meramente confermativo quello
con cui l’amministrazione, pur pervenendo
allo stesso dispositivo di una precedente
determinazione amministrativa, compia uno o
più atti istruttori al fine di accertare la
fondatezza di eventuali doglianze formulate
dall’interessato con l’obiettivo di
sollecitare una revisione, in fatto e in
diritto, della precedente determinazione. Un
atto di conferma, assurgendo a nuova
manifestazione di volontà
dell’amministrazione successiva ad un
procedimento di riesame, si sostituisce alla
precedente manifestazione di volontà e
riapre i termini per impugnare.
Laddove sia stato già oggetto di gravame
giurisdizionale il precedente provvedimento,
l’atto di conferma determina
l’improcedibilità per sopravvenuta carenza
di interesse del relativo gravame, non
potendo il ricorrente ottenere alcun
beneficio dall’eventuale annullamento del
provvedimento impugnato, sostituito
dall’amministrazione all’esito di un nuovo
iter istruttorio e sulla base di una nuovo
percorso motivazionale (cfr. TAR Campania,
sez. VII, 08.06.2007, n. 6054; Id.
04.07.2007, n. 6460; Id. 12.03.2007, n.
1783; TAR Campania, sez, I, 10.05.2006, n.
4051)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 14.05.2008 n. 4127 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
GIURISPRUDENZA |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva mediante
modifica della destinazione d’uso da
alberghiera a residenziale.
Il reato di lottizzazione abusiva mediante
modifica della destinazione d’uso da
alberghiera a residenziale è configurabile
anche nell’ipotesi in cui lo strumento
urbanistico generale consenta l’utilizzo
della zona ai fini residenziali. E ciò può
avvenire in due casi:
a) quando il complesso alberghiero sia stato
edificato alla stregua di previsioni
derogatorie non estensibili ad immobili
residenziali;
b) quando la destinazione d’uso residenziale
comporti un incremento degli standard
richiesti per l’edificazione alberghiera e
tali standard aggiuntivi non risultino
reperibili ovvero reperiti in concreto
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.06.2009 n. 24666 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ambiente in genere. Accesso
ispettivo presso azienda.
Quando un accesso ispettivo presso
un'azienda è mirato a verificare le
caratteristiche di un nuovo impianto privo
di autorizzazione è legittimo il prelievo di
un campione del materiale utilizzato in una
fase di lavorazione in funzione di
un’attività ispettiva e di vigilanza che non
mira all’accertamento del limite di una
determinata sostanza può farsi ricorso alla
procedura di cui all’art. 223 disp. att.
c.p.p. (Corte di Cassazione. Sez. III
penale,
sentenza 15.06.2009 n. 24640 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Legge Tognoli.
La presenza di opere sul piano di campagna,
e perciò in superficie, vale ad escludere in
radice la possibilità di applicazione della
legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23730 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Illegittimità della sanatoria
condizionata.
Non sono legittimi quei provvedimenti
amministrativi di sanatoria di immobile
abusivo che subordinano gli effetti del
beneficio alla esecuzione di specifici
interventi finalizzati a ricondurre
l’immobile stesso nell’alveo di conformità
agli strumenti urbanistici atteso che detta
subordinazione è ontologicamente
contrastante con la ratio della
sanatoria, collegabile alla già avvenuta
esecuzione delle opere e alla loro
conformità agli strumenti urbanistici (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23726 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Verande.
La veranda è da considerare in senso tecnico
giuridico, una costruzione assoggettata al
regime concessorio e l’unica deroga prevista
è per la chiusura di spazi limitati che,
comunque non comportino una trasformazione
del territorio (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23725 -
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URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva e
responsabilità dei subacquirenti.
Nel reato di lottizzazione abusiva neppure
l'acquisto del subacquirente può essere
considerato legittimo con valutazione
aprioristica limitata alla sussistenza di
detta sola qualità, allorché si
consideri che l’utilizzazione delle modalità
dell'acquisto successivo ben potrebbe
costituire un sistema elusivo,
surrettiziamente finalizzato a vanificare le
disposizioni legislative in materia di
lottizzazione negoziale (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23722 -
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URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva ed
esclusione buona fede dell’acquirente.
Nel reato di lottizzazione abusiva
correttamente è esclusa la buona fede
dell’acquirente qualora i tre lotti
interessati: siano stati acquistati in tempi
diversi; la qualifica d’imprenditore
agricolo sia stata assunta dopo l’acquisto
del primo lotto e quindi appariva
chiaramente sospetta; l’immobile, già
edificato, per le sue caratteristiche
strutturali appaia destinato ad abitazione
piuttosto che a deposito attrezzi; nella
zona siano state realizzate già strade
principali e strade di accesso ai singoli
lotti; nella zona non vi siano coltivazioni
in atto, fatta eccezione di blande
coltivazioni floreali e/o fruttifere; i
manufatti già realizzati non abbiano le
caratteristiche di depositi per attrezzi
agricoli (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23720 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva e
responsabilità dell’acquirente.
Nel reato di lottizzazione abusiva la
consapevolezza da parte degli acquirenti
dell'abusività della lottizzazione e quindi
la sussistenza dell'elemento psicologico del
reato può desumersi sulla base di alcuni
elementi di univoca valenza probatoria quali
il frazionamento dell'originario terreno in
34 lotti successivamente alienati o
mantenuti dai singoli eredi degli originari
proprietari la dimensione dei lotti che
appaiono formati con il precipuo intento di
garantire l'edificabilità degli stessi, ed
al contrario trascurando del tutto la
prevista vocazione agricola della zona, la
previsione di due strade principali, quattro
secondarie e sette piste di accesso ai
singoli lotti (in tal modo è stata
programmata la realizzazione di opere
infrastrutturali funzionali al nuovo
insediamento urbano), la natura dei
manufatti che, dichiarati realizzati per
finalità agricole, avevano invece una
spiccata vocazione abitativa per le loro
obiettive caratteristiche e le rifiniture,
non solo interne (presenza di verande,
portici, antenne paraboliche, ecc.) la
sostanziale vocazione turistica della zona
ove vi sono esclusivamente blande
coltivazioni floreali o fruttifere a
carattere hobbistico (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23719 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Veicoli fuori uso.
A seguito dell’entrata in vigore del D.lgs.
n. 209 del 2003, con il quale è stata
recepita in Italia la direttiva 2000/53/CE
relativa ai veicoli fuori uso, deve essere
considerato fuori uso sia il veicolo di cui
il proprietario si disfi o abbia l’obbligo
di disfarsi, sia quello destinato alla
demolizione, ufficialmente privato delle
targhe di immatricolazione, anche prima
della materiale consegna a un centro di
raccolta, nonché quello che risulti in
evidente stato di abbandono, anche se
giacente in area privata.
L’attività di raccolta di veicoli fuori uso
in assenza di autorizzazione, già prevista
come reato dall’art, 51, comma primo lettera
a del D.Lgv. n. 22 del 1997 è nuovamente
considerata tale dall’art. 256, comma primo,
D.Lgv. n. 152 del 2006 (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23701 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un impianto che produce
conglomerati bituminosi o calcestruzzo è
sicuramente una “struttura di qualsiasi
genere” destinata sia ad ambiente di lavoro
(la produzione, appunto, di calcestruzzo o
conglomerati bituminosi) sia a deposito dei
prodotti creati. Pertanto, al lume della
lett. E), punto 5, del Testo Unico
sull’edilizia, è da qualificare come nuova
costruzione e come tale è suscettibile di
formare oggetto di ordinanza di demolizione
nei casi di assenza di permesso di costruire
o di rilevante difformità da esso.
L’assunto secondo cui un impianto che
produca conglomerati bituminosi (o anche
calcestruzzo) non sia soggetto a permesso di
costruire perché non integrante una nuova
costruzione è contraddetto dalla
declaratoria delle categorie edilizie
definita all’art. 3 del D.P.R. 06.06.2001,
n. 380.
Al riguardo, se è vero che la lettera e),
punto 3, dell’art. 3 del Testo Unico
qualifica nuove costruzioni gli impianti
anche per pubblici servizi, quando
comportino trasformazione permanente di
suolo in edificato, tuttavia è presente
nelle successive definizioni di cui all’art.
3 in esame, una disposizione aperta, che si
riferisce a strutture di qualsiasi genere e
che denota il superamento da parte del
legislatore, del criterio oggettivo della
stabile incorporazione, sostituto da quello
finalistico della destinazione del manufatto
a soddisfare esigenze non meramente
temporanee.
Ci si riferisce al punto 5, della lett. e),
dell’art. 3 del D.P. R. n. 380/2001, a mente
del quale costituisce nuova costruzione “l'installazione
di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e
di strutture di qualsiasi genere (…) che
siano utilizzati come abitazioni, ambienti
di lavoro, oppure come depositi, magazzini e
simili, e che non siano diretti a soddisfare
esigenze meramente temporanee”.
L’elemento oggettivo è dato, dunque, dalla
presenza di una “struttura di qualsiasi
genere” e l’elemento finalistico è la
sua destinazione, in via non meramente
temporanea, ad abitazione o ad ambiente di
lavoro oppure a deposito, magazzino e
simili.
Non v’è dubbio, quindi, che un impianto che
produce conglomerati bituminosi o
calcestruzzo è sicuramente una “struttura
di qualsiasi genere” destinata sia ad
ambiente di lavoro (la produzione, appunto,
di calcestruzzo o conglomerati bituminosi)
sia a deposito dei prodotti creati. Il
tutto, ovviamente, in via non meramente
temporanea ma in dipendenza delle necessità
dell’attività costruttiva principale a cui è
strumentale l’esercizio dell’impianto. Il
quale, pertanto, al lume della lett. E),
punto 5, del Testo Unico sull’edilizia è da
qualificare come nuova costruzione e come
tale è suscettibile di formare oggetto di
ordinanza di demolizione nei casi di assenza
di permesso di costruire o di rilevante
difformità da esso
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 05.06.2009 n. 1573 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La regola fondamentale in materia
di quantificazione degli oneri di
urbanizzazione è che la scelta tecnico
discrezionale dell’Amministrazione deve
precedere e non seguire il rilascio della
concessione edilizia, in quanto gli effetti
e gli oneri derivanti dalla stessa devono
essere ben noti al richiedente, il quale,
tenuto conto dell’esborso economico da
affrontare, potrebbe anche rinunziare al
programma costruttivo ipotizzato.
Alla luce del consolidato e condiviso
orientamento giurisprudenziale, seguito
anche da questo TAR (per tutte e solo per
citare le più recenti CGA, sez. giur.,
14.01.2009, n. 7 e 02.03.2007, n. 64; TAR
Sicilia Palermo, I, 16.01.2007, n. 726,
21.08.2006, n. 1832, 02.01.2004, n. 1,
03.04.2002, n. 879), la regola fondamentale
in materia di quantificazione degli oneri di
urbanizzazione è che la scelta tecnico
discrezionale dell’Amministrazione deve
precedere e non seguire il rilascio della
concessione edilizia, in quanto gli effetti
e gli oneri derivanti dalla stessa devono
essere ben noti al richiedente, il quale,
tenuto conto dell’esborso economico da
affrontare, potrebbe anche rinunziare al
programma costruttivo ipotizzato.
Ne deriva la illegittimità di richieste di
integrazione successive al rilascio della
concessione edilizia, che esporrebbero il
privato a conseguenze idonee ad incidere
pesantemente sulla sua sfera economica,
nella considerazione, fra l’altro, della
necessità di garantire la correttezza del
rapporto intercorrente tra la Pubblica
Amministrazione ed il privato, soprattutto
allorquando la tempestiva conoscenza degli
oneri discrezionalmente imposti possa
indirizzare in un senso, piuttosto che in un
altro, le scelte dell’operatore economico.
Nelle numerose sentenze, con le quali questa
Sezione si è pronunciata sulla delineata
questione (tra le tante, nn. 405/1993,
588/1995, 1358/1996, 2117/1997, 865/2002 e
1/2004), si è, in particolare, osservato che
il termine del 31 dicembre di ogni anno,
prescritto dall’art. 34 della l.r. n.
37/1985, nel testo vigente all’epoca dei
fatti di causa, per l’aggiornamento da parte
dei Comuni degli oneri di urbanizzazione,
non è perentorio, cosicché risultano
legittime le quantificazioni disposte con
atto successivo.
Tale aggiornamento può, però, avere effetto
sulle concessioni edilizie già rilasciate,
soltanto qualora nelle stesse fosse stata
espressamente inserita la clausola della
salvezza dell’eventuale conguaglio.
In assenza di tale previsione, una eventuale
riquantificazione degli oneri di
urbanizzazione può, pertanto, ammettersi,
solo nel caso di correzione di errori
riconoscibili, sulla base di parametri certi
e predefiniti (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 04.06.2009 n. 992 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per impugnare una concessione
edilizia occorre uno stabile collegamento
tra il ricorrente e la zona interessata
dall'attività assentita con il titolo che si
impugna; collegamento che può derivare non
solo dalla residenza nella zona interessata
e dalla proprietà, ma anche dal possesso e
dalla detenzione di immobili in detta zona o
da altro titolo di frequentazione di
quest'ultima.
Ai fini della legittimazione al ricorso in
materia edilizia occorre uno stabile
collegamento tra il ricorrente e la zona
interessata dall'attività assentita con il
titolo che si impugna; collegamento che può
derivare non solo dalla residenza nella zona
interessata e dalla proprietà, ma anche dal
possesso e dalla detenzione di immobili in
detta zona o da altro titolo di
frequentazione di quest'ultima (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 26.07.2001 n. 4123; Sez. V,
30.10.1995 n. 1495; Sez.V, 11.04.1995 n.
587).
Ne consegue che ha la legittimazione attiva
chiunque vanti uno stabile collegamento con
la zona interessata e risenta un pregiudizio
da un intervento edilizio, venendo in
rilievo interessi non solo di carattere
edilizio ma anche ogni altro che attenga
alla salvaguardia dell'ambiente e del
paesaggio, alla circolazione veicolare, al
rispetto degli standard urbanistici, al
corretto insediamento di attività
commerciali e simili (cfr. TAR Marche,
12.05.2004 n. 297).
In particolare è giuridicamente rilevante
(nonché qualificato e differenziato)
l'interesse del soggetto che esercita, in
una certa zona, una determinata attività
commerciale, ad opporsi al rilascio di
titoli edilizi che comportino la
realizzazione, nelle immediate adiacenze, di
un'attività commerciale dello stesso tipo,
stante l'indubbio pregiudizio economico che
quello stesso soggetto è destinato a subire
con l'apertura dell'impianto concorrente
(cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12.09.2007 n.
4821; TAR Campania Napoli, Sez. IV,
21.08.2008 n. 9955; Tar Lombardia, Milano,
Sez. IV, 08.03.2007 n. 407; Tar Veneto, Sez.
II, 26.03.2007 n. 938; Tar Marche,
01.09.2006 n. 547; Tar Lazio, Roma, Sez. II,
02.11.2005 n. 10255)
(TAR Marche,
sentenza 03.06.2009 n. 466 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La DIA è sostanzialmente
equiparata al permesso di costruire per
quanto concerne le modalità di impugnazione.
Il Collegio condivide l’orientamento
giurisprudenziale riguardante la natura
della DIA che viene sostanzialmente
equiparata al permesso di costruire per
quanto concerne le modalità di impugnazione
(cfr. Cons. Stato, Sez. VI 05.04.2007 n.
1550; Sez. V, 20.01.2003 n. 172; TAR
Liguria, Sez. I, 06.06.2008 n. 1228)
(TAR Marche,
sentenza 03.06.2009 n. 466 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
natura della DIA sussistono difformi
orientamenti in giurisprudenza.
A disciplinare la D.I.A. in materia edilizia
è intervenuto il T.U. in materia edilizia
06.06.2001, n. 380. La D.I.A. edilizia
costituisce species (la cui
disciplina prevale sui quella generale) di
un particolare tipo di procedimento
semplificato ed accelerato, introdotto, come
s'è già detto, in via generale dall'art. 19
della legge 07.08.1990, n. 241, riguardante,
appunto, la c.d. denuncia di inizio di
attività, il cui aspetto contenutistico e
sostanziale va oggi valutato alla luce delle
modificazioni apportate all'istituto dalla
legge 14.05.2005, n. 80.
Si tratta invero di un istituto del tutto
peculiare (che consente oggi al privato
l'esercizio di una certa attività comunque
rilevante per l'ordinamento, già subordinato
a qualsivoglia forma di autorizzazione -il
cui rilascio dipendesse esclusivamente
dall'accertamento dei presupposti e dei
requisiti fissati dalla legge o da atto
amministrativo generale- a prescindere dalla
emanazione di un espresso provvedimento
amministrativo), comunque assimilabile ad
una istanza autorizzatoria, che, con il
decorso del términe di legge, provoca la
formazione di un "titolo", che rende lecito
l'esercizio dell'attività e cioè di un
provvedimento tacito di accoglimento di una
siffatta istanza.
Si prevede a tal fine una doppia
comunicazione da parte del privato. La
prima consiste in una dichiarazione
dell'interessato, "corredata, anche per
mezzo di autocertificazioni, delle
certificazioni e delle attestazioni
normativamente richieste". Con la
seconda, il soggetto comunica che ad una
certa data (non anteriore ai 30 giorni dalla
presentazione della anzidetta dichiarazione)
inizierà una certa attività (di solito
produttiva) e, se entro un termine stabilito
decorrente da tale comunicazione (30 giorni,
il cui computo inizia dal momento in cui la
stessa sia stata ricevuta al protocollo
generale dell'ente) l'Amministrazione non ne
inibisce la prosecuzione (con un atto che ha
natura di accertamento dei motivi
giuridico-fattuali ostativi allo svolgimento
dell'attività e dunque del tutto analogo ad
un provvedimento di diniego di un atto
autorizzatorio dell'attività medesima, sì
che deve ritenersi in tal caso applicabile
il disposto dell'art. 10-bis della legge n.
241/1990 e che invece, verificandosi in tale
ipotesi una sorta di inversione
procedimentale, non necessita di previa
comunicazione dell'avvio del procedimento:
Consiglio Stato, sez. VI, 23.12.2005, n.
7359), il titolo si consolida, salvo,
naturalmente, l'intervento successivo di
interdizione dell'attività, che può
intervenire in tutti i casi di accertamento
della mancanza, originaria o sopravvenuta,
dei requisiti, al cui possesso l'ordinamento
di settore subordini l'espletamento
dell'attività medesima (Cons. St., IV,
26.07.2004, n. 5323).
L'atto di comunicazione dell'avvio
dell'attività, a differenza di quanto accade
nel caso del c.d. silenzio-assenso,
disciplinato dall'articolo 20 della stessa
legge n. 241/1990, non è una domanda, ma una
informativa, cui è subordinato l'esercizio
del diritto. E il provvedimento, rispetto al
quale l'amministrazione potrà esercitare
poteri di autotutela (non solo vincolati a
carattere repressivo, ma anche discrezionali
di secondo grado, come oggi espressamente
previsto dal secondo periodo del comma 3 del
nuovo art. 19), si forma con l'esperimento
di un ben delineato modulo procedimentale,
all'interno del quale la D.I.A. costituisce
pur sempre una autocertificazione della
sussistenza delle condizioni stabilite dalla
legge per la realizzazione dell'intervento,
sulla quale la pubblica amministrazione
svolge una attività eventuale di controllo,
al tempo stesso prodromica e funzionale al
formarsi, a séguito del mero decorso di
detto periodo di tempo (e non, dunque,
dell'effettivo svolgimento della attività
medesima), del titolo necessario per il
lecito dispiegarsi della attività del
privato.
Quanto al decorso del termine di 30 giorni,
sembra condivisibile l’orientamento per cui:
- il consolidamento del titolo non può
comportare la possibilità che l'attività del
privato, ancorché del tutto difforme dal
paradigma normativo, possa considerarsi
lecitamente effettuata e dunque possa andare
esente dalle sanzioni previste
dall'ordinamento per il caso di sua mancata
rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi;
- che il titolo stesso, in tal caso, possa
esser fatto oggetto, alle condizioni
previste in via generale dall'ordinamento,
di interventi di annullamento d'ufficio o
révoca da parte dell'Amministrazione.
In proposito, sembra decisivo il fatto che
l'art. 21 della legge n. 241 del 1990
stabilisce che le sanzioni già previste per
le attività svolte senza la prescritta
autorizzazione siano applicate quando una
attività, pur dopo la comunicazione
all'amministrazione, venga iniziata in
mancanza dei requisiti richiesti o comunque
in contrasto con le disposizioni di legge
(comma 2) e che lo stesso art. 21, al comma
2-bis, configura l'inizio della attività "ai
sensi degli articoli 19 e 20" non
preclusivo dell'esercizio delle "attribuzioni
di vigilanza, prevenzione e controllo su
attività soggette ad atti di assenso da
parte di pubbliche amministrazioni previste
da leggi vigenti".
La recente previsione espressa del potere
dell'Amministrazione di assumere
determinazioni in via di autotutela (v. il
comma 3 del nuovo art. 19) presuppone un
provvedimento, o comunque un titolo, su cui
intervenire.
Pertanto, anche dopo il decorso del termine
di 30 giorni previsto per la verifica dei
presupposti e requisiti di legge,
l'Amministrazione non perde i propri poteri
di autotutela, né nel senso di poteri di
vigilanza e sanzionatori, né nel senso di
poteri espressione dell'esercizio di una
attività di secondo grado (estrinsecantisi
nell'annullamento d'ufficio e nella révoca,
a proposito dei quali va peraltro rilevato
che, nell'ipotesi in cui la legittimità
dell'opera edilizia dipenda da valutazioni
discrezionali e di merito tecnico che
possono mutare nel tempo, il potere di
autotutela, esercitabile con riferimento ad
una d.i.a. anche quando sia ormai decorso il
termine di decadenza per l'esercizio dei
poteri inibitori ex art. 23, comma 6, del
D.P.R. n. 380/2001, deve essere
opportunamente coordinato con il principio
di certezza dei rapporti giuridici e di
salvaguardia del legittimo affidamento del
privato nei confronti dell'attività
amministrativa); mentre i terzi, che si
assumano lesi dal silenzio prestato
dall'Amministrazione a fronte della
presentazione della d.i.a., si graveranno
legittimamente non avverso il silenzio
stesso, ma, nelle forme dell'ordinario
giudizio di impugnazione, avverso il titolo,
che, formatosi e consolidatosi nei modi di
cui sopra, si configura in definitiva come
fattispecie provvedimentale a formazione
implicita (Consiglio di Stato, sez. IV,
25.11.2008, n. 5811)
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 27.05.2009 n. 855 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Repressione abuso e decorso del
tempo.
La repressione dell'abuso edilizio, disposta
a distanza di tempo ragguardevole, richiede
una puntuale motivazione sull'interesse
pubblico al ripristino dei luoghi.
In tali casi, infatti, per il lungo lasso di
tempo trascorso dalla commissione dell'abuso
ed il protrarsi dell'inerzia
dell'amministrazione preposta alla
vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata
una posizione di affidamento nel privato, in
relazione alla quale l'esercizio del potere
repressivo è subordinato ad un onere di
congrua motivazione che, avuto riguardo
anche all'entità e alla tipologia
dell'abuso, indichi il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello ripristino
della legalità, idoneo a giustificare il
sacrificio del contrapposto interesse
privato (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 05.05.2009 n. 2357 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Ambiente in genere. VAS.
La direttiva comunitaria 42/01/CE per quanto
riguarda la generalità degli atti di
pianificazione territoriale non è
immediatamente applicabile all’interno degli
Stati membri.
Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3
della direttiva in parola, che demanda al
singolo Stato membro di apprezzare se i
piani e programmi relativi a un dato settore
possano o non possano avere effetto
significativo sull’ambiente; nello stesso
senso i successivi articoli 4 e 13, che
richiedono in modo espresso che gli Stati,
per conformarsi alla direttiva, emanino
norme proprie, e quindi adottino atti di
recepimento (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 04.05.2009 n. 893 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Recinzione.
La realizzazione di una recinzione di
dimensioni limitate già prima dell’entrata
in vigore del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 era
considerata manifestazione dello "ius
excludendi alios", quale facoltà insita
nel diritto di proprietà e comunque come
opera minore di carattere pertinenziale, non
assoggettata a concessione edilizia (ora
permesso di costruire), ma ad autorizzazione
e, in assenza di quest’ultima, a sanzione
meramente pecuniaria, a norma dell’articolo
10 della legge 28.02.1985, n. 47.
Siffatta disciplina non appare
sostanzialmente mutata, anche in base al
citato T.U. dell’Edilizia, che non include
le recinzioni fra le attività che non
richiedono alcun titolo abilitativo
(articolo 6), ma nemmeno fra quelle soggette
a permesso di costruire (articolo 10), con
conseguente riconducibilità delle stesse
alla nozione residuale degli “interventi
subordinati a denuncia di inizio attività”
(articolo 22) che, ove assente, comporta
l’irrogazione di una “sanzione
pecuniaria, pari al doppio dell'aumento di
valore venale dell'immobile, conseguente
alla realizzazione degli interventi stessi,
e comunque in misura non inferiore a 516
euro” (articolo 37, comma 1) (TAR
Lazio-Latina, Sez. I,
sentenza 04.05.2009 n. 390 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ambiente in genere.
Legittimazione associazioni ambientaliste.
L’indirizzo giurisprudenziale più
restrittivo che considerava eccezionale la
legittimazione ad agire delle associazioni
ambientaliste, risulta attualmente superato
in conseguenza della nuova disposizione
introdotta al riguardo dall’art. 310, comma
1, del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152.
Ed invero, in base alla precitata
disposizione, la legittimazione ad agire,
anche con riferimento alla problematica
sulla proponibilità delle singole censure,
va valutata secondo i principi generali, per
cui vanno ritenute ammissibili tutte le
censure astrattamente proponibili, purché
siano funzionali al soddisfacimento di uno
specifico interesse ambientale, mentre non
possono essere ritenute ammissibili le
censure il cui accoglimento comporti
l’annullamento di una parte scindibile dello
strumento urbanistico, ove non sia stato
evidenziato, in ricorso, un interesse
ambientale connesso all’eliminazione di
detta parte della disciplina urbanistica
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 30.04.2009 n. 381 - link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
La verbalizzazione delle
operazioni svolte in precedenti commissioni
di gara deve rispettare un termine
ragionevolmente breve.
Anche se, in mancanza di specifiche
indicazione della normativa di settore e
della disciplina di gara, deve escludersi la
necessità di redigere contestuali e distinti
verbali per ciascuna seduta della
commissione di gara, è necessario comunque
che nell’unico verbale di tutte o di parte
delle operazioni compiute, ancorché relativo
a più giornate, avvenga una corretta
rappresentazione documentale dello
svolgimento della procedura e purché la
verbalizzazione non contestuale segua il
compimento delle attività rappresentate
entro un termine ragionevolmente breve, tale
da scongiurare gli effetti negativi della
naturale tendenza alla dispersione degli
elementi informativi (decisione n. 4463 del
02.09.2005) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 29.04.2009 n. 2748 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inottemperanza all'ordine di
demolizione.
L’atto di accertamento dell'inottemperanza
all'ordine di demolizione e quello
successivo di acquisizione gratuita delle
opere abusive debbono considerarsi
consequenziali e connessi all'ordine di
demolizione delle opere e ripristino dello
stato primitivo dei luoghi, per cui la
mancata impugnativa nei termini
dell’ingiunzione a demolire determina
l’inammissibilità del ricorso proposto
avverso l’acquisizione al patrimonio
indisponibile comunale (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. II,
sentenza 29.04.2009 n. 806 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oneri di urbanizzazione.
La regola fondamentale in materia di
quantificazione degli oneri di
urbanizzazione è che la scelta tecnico
discrezionale dell’Amministrazione deve
precedere e non seguire il rilascio della
concessione edilizia, in quanto gli effetti
e gli oneri derivanti dalla stessa devono
essere ben noti al richiedente, il quale,
tenuto conto dell’esborso economico da
affrontare, potrebbe anche rinunziare al
programma costruttivo ipotizzato.
Ne deriva la illegittimità di richieste di
integrazione successive al rilascio della
concessione edilizia, che esporrebbero il
privato a conseguenze idonee ad incidere
pesantemente sulla sua sfera economica,
nella considerazione, fra l’altro, della
necessità di garantire la correttezza del
rapporto intercorrente tra la Pubblica
Amministrazione ed il privato, soprattutto
allorquando la tempestiva conoscenza degli
oneri discrezionalmente imposti possa
indirizzare in un senso, piuttosto che in un
altro, le scelte dell’operatore economico
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 29.04.2009 n. 774 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è coerente con le finalità
della normativa di settore consentire la
condonabilità, sotto il profilo del
mutamento della destinazione d'suo, delle
aree destinate a parcheggio e realizzate in
forza della disciplina derogatoria di cui
all'art. 9 della legge 122/1989.
E’ noto che il
vincolo pertinenziale ex lege già
previsto per le aree da destinare a
parcheggio (rispetto alle costruzioni cui
ineriscono) dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47
(a mente della quale "gli spazi di cui
all'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765
costituiscono pertinenze delle costruzioni,
ai sensi degli art. 817, 818 e 819 c.c.")
ha subito un significativo rafforzamento
nelle previsioni dell’art. 9 della legge n.
122 del 1989 (cosiddetta legge Tognoli), con
la quale è stata prevista la possibilità di
realizzare spazi da destinare a parcheggio
nei piani interrati degli edifici o nelle
immediate aree di pertinenza; il tutto con
procedimento semplificato, senza oneri
concessori e soprattutto anche in deroga
agli strumenti urbanistici. La disposizione
appena ricordata ha addirittura previsto la
sanzione civilistica della nullità per gli
atti disposizione separata degli spazi a
parcheggio rispetto alle costruzioni cui i
parcheggi devono restare asserviti. Vero è
che il suddetto vincolo pertinenziale,
quantomeno in relazione ai parcheggi che non
siano stati realizzati grazie al particolare
regime di favor previsto dalla citata
disposizione normativa (art. 9 L. 122/1989)
è di poi venuto meno (sia pur senza effetto
retroattivo) ad opera dell’art. 12 della
legge 246/2005 (che ha introdotto l’ultimo
comma all’art. 41-sexies della l. 17.08.1942
n. 1150 secondo cui gli spazi per parcheggi
realizzati in forza del primo comma non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta né
da diritti d'uso a favore dei proprietari di
altre unità immobiliari e sono trasferibili
autonomamente da esse).
Cionondimeno per tutti gli spazi a
parcheggio (ed a fortiori per quelli
realizzati ai sensi dell’art. 9 della l.
122/1989), quale che sia la sorte del
vincolo pertinenziale di stampo privatistico
rispetto alle costruzioni servite, deve
ritenersi indiscutibile la permanenza e la
inderogabilità del vincolo pubblicistico di
destinazione, quale connotazione necessaria
dell’essere quegli spazi funzionali al
perseguimento di primarie esigenze della
collettività, legate alla stessa vivibilità
degli spazi urbani. Ne viene che in nessun
caso potrebbe essere consentito il cambio di
destinazione d’uso in relazione agli spazi
predetti, dato che sarebbe contro ogni
logica che il diverso uso individuale possa
far premio sulla destinazione a parcheggio
che partecipa dei suddetti caratteri di
rilevanza pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a
guisa di vero e proprio vincolo, l’azione
della pubblica amministrazione in sede di
controllo e di conformazione dell’uso del
territorio e costituire per la stessa un
limite insuperabile financo nell’esercizio
del potere di condono delle opere edilizie
abusive. In tal senso, il dato di diritto
positivo da cui muovere va individuato,
nell’ambito del regime organico introdotto
in materia di condono edilizio dalla L.
47/1985 (espressamente richiamata dalle
successive leggi di condono, ed in
particolare -per quel che qui viene in
gioco- dalla l. 724/94), dall’art. 33 della
citata legge il quale esclude dal campo di
operatività della sanatoria [primo comma
lett. d)] gli abusi contrastanti con vincoli
implicanti la inedificabilità delle aree.
Ritiene il Collegio che consentire, per il
tramite dell’autorizzazione al cambio di
destinazione d’uso, la sottrazione di spazi
destinati a garage realizzati (la
circostanza è pacifica ed incontestata,
oltreché desumibile ex actis) grazie
al meccanismo derogatorio di legge dianzi
brevemente descritto, equivarrebbe ad
infrangere un vincolo di inedificabilità,
dato che in nessun caso l’opera edilizia
sarebbe stata a suo tempo assentita se non
proprio in considerazione della sua
destinazione a parcheggio (in altri termini,
la destinazione a parcheggio elide, in fase
di realizzazione dell’opera, il profilo
dell’inedificabilità dell’area per espressa
previsione normativa, ma tale profilo è
destinato a riemergere le quante volte venga
meno quella destinazione). Donde l’onere
della permanenza nel tempo di tale
destinazione e della sua immodificabilità
anche in sede di applicazione della
normativa sul condono, non potendo
quest’ultima tradursi –anche in ossequio al
principio di non contraddizione che deve
permeare il sistema ordinamentale– in uno
strumento elusivo di un pregresso vincolo
giuridico di destinazione nascente da altra
normativa avente significativa valenza
pubblicistica.
D’altra parte, è significativo che, come
anticipato, detta destinazione a parcheggio
sia presidiata, sul versante civilistico, a
mezzo della espressa comminatoria di nullità
degli atti dispositivi in deroga al vincolo
di pertinenzialità; ora, sarebbe ben strano
che alla tutela di detto vincolo a mezzo
della predetta sanzione civile non si
abbinasse, anche in sede di applicazione
della normativa in tema di condono
edilizio, la tutela della destinazione
pubblicistica, ma anzi se ne consentisse la
distrazione con evidente vulnus
all’interesse collettivo sotteso alla
richiamata normativa speciale in tema di
parcheggi
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.04.2009 n. 2609 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
In merito all'art. 78, comma 2,
T.U. enti locali, l'obbligo di astensione
non ammette deroghe, neppure con riferimento
alle realtà di piccoli comuni.
Secondo la
giurisprudenza “L’art. 78 comma 2 T.U.
Enti locali sancisce che "Gli amministratori
devono astenersi dal prendere parte alla
discussione ed alla votazione di delibere
riguardanti interessi propri o di loro
parenti o affini sino al quarto grado.
L’obbligo di astensione non si applica ai
provvedimenti normativi o di carattere
generale, quali i piani urbanistici, se non
nei casi in cui sussista una correlazione
immediata e diretta fra il contenuto della
deliberazione e specifici interessi
dell’amministratore o di parenti o affini
fino al quarto grado". La norma in esame
è espressione di un obbligo generale di
astensione dei membri di collegi
amministrativi che si vengano a trovare in
posizione di conflitto di interessi perché
portatori di interessi personali, diretti o
indiretti, in contrasto potenziale con
l’interesse pubblico (Cfr. Cons. Stato, Sez.
II, 18.02.2004 n. 54863; Sez. IV, 07.10.1998
n. 1291, in Cons. Stato 2004, I, 1433, e
1998, I, 1514). La ratio di tale
obbligo va ricondotta al principio
costituzionale dell’imparzialità dell’azione
amministrativa sancito dall’art. 97 Cost., a
tutela del prestigio della p.a. che deve
essere posta al di sopra del sospetto, e
costituisce regola tanto ampia quanto
insuscettibile di compressione alcuna.
Dai su esposti principi discendono i
seguenti corollari:
a)
l’obbligo ricorre per il solo fatto che i
membri del Collegio amministrativo siano
portatori di interessi divergenti rispetto a
quello generale affidato alle cure
dell’organo di cui fanno parte, risultando
irrilevante, a tal fine, la circostanza che
la votazione non avrebbe potuto avere altro
apprezzabile esito, che la scelta sia stata
in concreto la più utile e la più opportuna
per lo stesso interesse pubblico, ovvero che
non sia stato dimostrato il fine specifico
di realizzare l’interesse privato o il
concreto pregiudizio dell’Amministrazione
(cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26.05.2003 n.
2826, in Cons. Stato 2003, I, 1183);
b)
i soggetti interessati alle deliberazioni
assunte dagli organi collegiali di cui fanno
parte devono evitare di partecipare finanche
alla discussione, potendo condizionare nel
complesso la formazione della volontà
assembleare, sicché è irrilevante l’esito
della prova di resistenza (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 07.10.1998 n. 1291, cit.); …….
c)
a tutela dell’immagine dell’Amministrazione,
rileva anche il conflitto di interessi
potenziale, come evidenziato anche dalla
giurisprudenza costituzionale e civile (cfr.
Corte cost. 28.05.1975 n. 129; Cass. civ.
16.09.2002 n. 13507) (Cons. Stato Sez. V n.
2970 del 2008).
L'obbligo di astensione non ammette deroghe,
neppure con riferimento alle realtà di
piccoli comuni, nei quali al più, si ammette
la possibilità di fare luogo a votazioni
frazionate su singole componenti del piano,
di volta in volta senza la presenza di quei
consiglieri che possano astrattamente
ritenersi interessati, in modo da conciliare
l'obbligo di astensione con l'esigenza
-improntata al rispetto del principio di
democraticità- di evitare il ricorso
sistematico al commissario ad acta
(Cons. Stato, sez. IV, 16.10.2006 n. 6172 e
26.05.2003 n. 2826; TAR Liguria Genova, sez.
I, 19.10. 2007, n. 1773) (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 24.04.2009 n. 1139 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Nel caso di variante di piano
regolatore limitata ad un terreno
determinato è richiesta una motivazione
specifica e puntuale che dia conto delle
ragioni di pubblico interesse che
giustificano il mutamento della
qualificazione urbanistica della specifica
zona interessata.
Se
è pur vero infatti che gli atti
pianificatori e di carattere generale non
necessitano di regola di specifica
motivazione essendo espressione di alta
discrezionalità dell’amministrazione, ciò
nondimeno “nel caso di variante di piano
regolatore limitata ad un terreno
determinato ovvero incidente su aspettative
del proprietario assistite da una speciale
tutela o da uno speciale affidamento è
richiesta una motivazione specifica e
puntuale che dia conto delle ragioni di
pubblico interesse che giustificano il
mutamento della qualificazione urbanistica
della specifica zona interessata” (Cds
07.10.2008 n. 4823).
Ancora “Pur se è vero che l'Ente locale
può modificare le previsioni urbanistiche
precedentemente assunte, e dunque non ha
obbligo di motivazione analitica e specifica
per le singole zone innovate in quanto è
sufficiente una congrua indicazione delle
esigenze da soddisfare e circa la loro
coerenza con criteri di ordine
tecnico-urbanistico, è altrettanto vero che,
al contrario, occorre una motivazione
puntuale nell'ipotesi in cui la variante sia
limitata a un terreno determinato ovvero
incida su aspettative assistite da
particolare tutela o da speciale
affidamento, con esternazione delle ragioni
di pubblico interesse che giustificano il
mutamento della qualificazione urbanistica
della specifica zona interessata” (TAR
l’Aquila 22.07.2008 n. 935) (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 24.04.2009 n. 1139 -
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URBANISTICA:
Sull’individuazione dei vincoli
soggetti a decadenza.
L’art. 2, 1° comma, della L. 19.11.1968, n.
1187 –oggi art. 9 d.P.R. n. 327 del 2001–
che ha fissato entro il limite temporale del
quinquennio l'efficacia delle prescrizioni
dei piani regolatori generali «nella
parte in cui incidono su beni determinati ed
assoggettando i beni stessi a vincoli
preordinati all'espropriazione od a vincoli
che comportino l'inedificabilità», è
applicabile non solo con riferimento ai
vincoli preordinati all’esproprio o a quei
vincoli che svuotano il contenuto del
diritto di proprietà, rendendolo
inutilizzabile rispetto alla sua
destinazione naturale, ma anche ai vincoli
c.d. "strumentali", ossia quei
vincoli che subordinano l’edificabilità di
un’area all’inserimento della stessa in un
programma pluriennale, oppure alla
formazione di uno strumento esecutivo.
Sebbene l’art.
2 della legge n. 1187/1968 sia stato
abrogato a seguito dell’entrata in vigore
del T.U. sulle espropriazioni, i principi
affermati per tale articolo sono tuttora
applicabili, in quanto l’art. 9 del T.U.,
non avente valenza innovativa, recepisce
sostanzialmente la precedente normativa.
E' acquisito nella giurisprudenza
amministrativa il principio secondo cui
l'art. 2, 1° comma, L. 1187/1968, che ha
fissato entro il limite temporale del
quinquennio l'efficacia delle prescrizioni
dei piani regolatori generali, si riferisce
ai vincoli che producano una pressoché
totale ablazione del diritto di proprietà,
essendo tanto intensi da annullare o ridurre
notevolmente il valore degli immobili cui si
riferiscono, ivi compresa l'ipotesi di
imposizione temporanea di inedificabilità
fino all'entrata in vigore dei piani
particolareggiati, per la cui redazione non
sia fissato alcun termine finale certo.
Tuttavia, la decadenza dei vincoli prevista
dall’art. 2, 1° comma, della L. 19.11.1968
n. 1187, non ha luogo nei soli casi in cui,
in alternativa al piano particolareggiato,
sia prevista dal p.r.g. la possibilità di
ricorso ad un piano di lottizzazione ad
iniziativa privata. In questi casi la
possibilità di una pianificazione di livello
derivato ad iniziativa privata esclude,
naturaliter, la configurabilità dello
schema ablatorio e, quindi, la decadenza
quinquennale del relativo vincolo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 24.03.2009 n. 1765 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
La giustificazione dell’anomalia
può essere successiva al momento
dell’offerta.
Il principio della impossibilità di
procedere all’esclusione automatica delle
imprese che non abbiano supportato l’offerta
delle giustificazioni preventive richieste
dal bando di gara è acquisito nelle Sezioni
V e VI del Consiglio di Stato, per cui deve
fornirsi alla norma di cui all’art. 86,
comma 5, del Codice dei contratti
un’interpretazione conforme alla normativa
comunitaria, potendosi annettere rilievo
all’omessa allegazione delle giustificazioni
preventive, solo “nella fase successiva a
quella di verifica dell’anomalia e se ed in
quanto l’offerta ne risulti sospetta”,
dovendosi per l’effetto predicare
l’irragionevolezza e l’illogicità di una
clausola che comini l’esclusione immediata
del concorrente per omessa allegazione
all’offerta delle giustificazioni
preventive.
La ratio del microsistema
dell’analisi di anomalia o di congruità va
individuata nell’esigenza di assicurare
l’attuazione del principio di remuneratività
delle offerte, sotteso all’impalcatura
giuridica del ridetto sistema e inteso a
preservare l’Amministrazione dal rischio di
affidare le commesse pubbliche ad imprese
che, pur di accaparrarsi affidamenti, non
siano poi in grado di sostenerne i costi e
di condurre ad esecuzione l’appalto, a tutto
detrimento dell’interesse pubblico alla
corretta e puntuale realizzazione di opere o
fornitura di servizi (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 83 - link
a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 15.06.2009 |
ã |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
10.06.2009 n. 132 "Regolamento di
attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere
a) e b) , del decreto legislativo
19.08.2005, n. 192, concernente attuazione
della direttiva 2002/91/CE sul rendimento
energetico in edilizia" (D.P.R.
02.04.2009 n. 59). |
ENTI LOCALI: G.U.
06.06.2009 n. 129 "Regole tecniche in
materia di generazione, apposizione e
verifica delle firme digitali e validazione
temporale dei documenti informatici" (D.P.C.M.
30.03.2009). |
NEWS |
URBANISTICA:
Per affidare il P.R.G. serve l'appalto. Gli
incarichi vanno conferiti con procedure ad
evidenza pubblica (link a
http://rassegnastampa.formez.it). |
QUESITI & PARERI |
ENTI LOCALI: Sul
controllo analogo di una società partecipata
da un comune.
Il Comune di (omissis), con nota telematica
del 13.03.2009, ha proposto un articolato
quesito in merito ai propri rapporti con il
Consorzio (omissis) – in particolare per
quanto attiene ... al modo con il quale
risulterebbe possibile effettuare il
“controllo analogo” su (omissis) srl.,
affidataria in house dei servizi di
raccolta, trasporto e smaltimento dei
rifiuti
(Regione Piemonte,
parere n. 35/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
URBANISTICA:
Quesito 10 -
Necessità di ridefinizione dell'assetto
urbanistico delle aree assoggettate al
vincolo decaduto nel caso della decadenza ex
art. 9 del d.p.r. n. 380/2001 della
previsione vincolistica del piano
per l'infruttuoso decorso del quinquennio
dalla data di approvazione dello strumento
urbanistico generale senza il varo di una
pianificazione attuativa di secondo livello
(Geometra Orobico n. 3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 9 -
Esclusione dei seminterrati dal computo
volumetrico (Geometra Orobico n.
3/2008). |
URBANISTICA:
Quesito 8 -
Configurabilità della lesione risarcibile
dell'aspettativa del privato nel caso di
mancata approvazione di un piano di
lottizzazione (Geometra Orobico
n. 3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 7 -
Necessità di titolo abilitativo in caso di
mutamento di destinazione di un appezzamento
di terreno da giardino in parcheggio
scoperto (Geometra Orobico n.
3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 6 -
Sul vincolo di inedificabilità derivante
dalla fascia di rispetto stradale prevista
dal p.r.g. (Geometra Orobico n.
3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 5 -
Sulla competenza per l'espletamento della
procedura di VIA per opere ricadenti in
territorio comunale ma parte di intervento
interessante ambito territoriale più ampio
(Geometra Orobico n. 3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Quesito 4 :
- Legittimità di un provvedimento di
sospensione dei lavori iniziati a seguito
della presentazione della d.i.a. non
proceduto dal preavviso di rigetto di cui
all'art. 10-bis della legge n. 241/1990;
- Qualificazione della ristrutturazione
edilizia rispetto alla manutenzione
ordinaria;
- Natura giuridica della convenzione di
lottizzazione (Geometra Orobico n. 3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 3 -
Legittimazione all'impugnazione di un
permesso di costruire rilasciato a terzi, in
capo al proprietario di una zona interessata
dalla costruzione ovvero che si trovi in una
situazione di stabile collegamento della
stessa (Geometra Orobico n.
3/2008). |
ESPROPRIAZIONE:
Quesito 2 -
Computo delle perdite aziendali
nell'indennità di esproprio
(Geometra Orobico n. 3/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 1 -
Sanzioni amministrative per violazione di
autorizzazioni relative ad opere di
movimento terra, disboscamento, mutamento
del tipo di colture in atto e sul concetto
di uso del territorio (Geometra
Orobico n. 3/2008). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
URBANISTICA:
D. Prinari,
Pianificazione urbanistica e territoriale in
presenza di attività a rischio di incidente
rilevante (link a
www.filodiritto.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
D. Prinari,
Il mobbing nella p.a. e le sue ripercussioni
nella finanza pubblica (link a
www.altalex.com). |
APPALTI:
A. Scuderi - G. Spoto Puleo - M. Manola - A.
Vindigni - G. Sciangula,
L'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI
AGGIUDICAZIONE DI GARA PUBBLICA E GLI
EFFETTI SUL CONTRATTO NELLE MORE GIA'
STIPULATO (link a http://mondolegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:G.
Taddei,
Il rapporto tra bonifica e risarcimento del
danno ambientale (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
L’AUTORIZZAZIONE ORDINARIA DI UN IMPIANTO DI
RECUPERO DI RIFIUTI URBANI (GIA’ AUTORIZZATO
IN SEMPLIFICATA) E LA SUA MANCATA PREVISIONE
NEL PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI
(link a www.lexambiente.it). |
CORTE DEI CONTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Savoia di Lucania circa la
"corresponsione degli incentivi, art. 92, c.
5, del D.L.vo 163/2006, spettanti ai
soggetti in esso indicati attesa la
difficoltà di interpretazione sia della
normativa de quo sia della Circolare del
Ministero dell'Economia e delle Finanze n.
36 del 23.12.2008, che, tra altri argomenti,
tratta anche degli incentivi in parola"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Basilicata,
parere 22.05.2009 n. 10
- link a www.corteconti.it).
Si premette che il comma 8 dell’art. 61
del decreto legge n. 112/2008 convertito in
legge n. 133/2008 è stato abrogato
dall’art.1, comma 10-quater, lett. b), del
D.L. 23.10.2008, n.162, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22.12.2008,
n.2001 ma che il suo contenuto, per ciò che
in questa sede interessa, è stato
reintrodotto con il comma 7-bis dello stesso
art. 61, inserito dall’art. 18, comma
4-sexies, del D.L. 29.11.2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge
28.01.2009, n. 2.
E’ stata così disposta, a decorrere dal 1°
gennaio 2009, la riduzione dal 2% allo 0,5%
della percentuale prevista dall'articolo 92,
comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture) destinata ad incentivi
per la progettazione da erogarsi ai tecnici
interni per le attività connesse
all’esecuzione di contratti pubblici, di
lavori, servizi e forniture.
In ordine alla sussistenza o meno, nel caso
di specie, di un regime di retroattività
delle disposizioni contenute nell’art. 61,
comma 8 (rectius, ora, comma 7-bis), del
decreto legge n. 112/2008 convertito in
legge n. 133/2008, s’è già pronunciata la
Sezione regionale di controllo per la
Lombardia con il parere n.40/2009/PAR del
24.2.2009 (confermato con parere n.
50/2009/PAR del 05.03.2009) esprimendo un
orientamento condiviso da questo Collegio.
Al riguardo deve ricordarsi che vige, quale
principio a carattere generale
dell’ordinamento, quello della
irretroattività della legge e che, pertanto,
l’introduzione di norme dotate di
retroattività deve essere chiaramente
esplicitata.
Il citato art. 61 comma 8 (ora comma 7-bis),
non presenta disposizioni aventi carattere
retroattivo e, di conseguenza, “(…) una
interpretazione in tal senso finirebbe per
incidere su un diritto soggettivo vantato
dai dipendenti degli stessi uffici, i quali
hanno maturato il diritto al pagamento in
busta paga dei corrispettivi previsti dalla
normativa applicabile al momento in cui le
prestazioni sono state svolte (parere n.
40/2009/PAR della Sezione regionale di
controllo per la Lombardia).
Questo Collegio è, quindi, dell’avviso che i
compensi erogati a decorrere dal 1° gennaio
2009, ma relativi ad attività realizzate
prima di tale data, vadano assoggettati alla
disciplina previgente alle modifiche
introdotte con decreto legge n. 112/2008
convertito in legge n. 133/2008 (e
successive modifiche ed integrazioni).
In senso conforme s’è pure espressa la
Sezione delle Autonomie della Corte dei
conti, in sede di risoluzione di questione
di massima, con la deliberazione n. 7/SEZAUT/2009/QMIG
del 23.04.2009 (depositata in data
08.05.2009).
Con la citata deliberazione, la Sezione
delle Autonomie ha, infatti, osservato al
riguardo quanto segue.
“L’aver, invece, legato la provvista delle
risorse ad ogni singola opera con
riferimento all’importo a base di gara e
aver previsto la ripartizione delle somme
così determinata per ogni singola opera,
evidenzia il chiaro intento di stabilire una
diretta corrispondenza di natura
sinallagmatica tra incentivo ed attività
compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che
il diritto all’incentivo di cui si sta
trattando, costituisce un vero e proprio
diritto soggettivo di natura retributiva
(Cass. Sez. Lav., sent. N. 13384 del
19.07.2004) che inerisce al rapporto di
lavoro in corso, nel cui ambito va
individuato l’obbligo per l’Amministrazione
di adempiere, a prescindere dalle condizioni
e dai presupposti per rendere concreta
l’erogazione del compenso (…).
In sostanza dal compimento dell’attività
nasce il diritto al compenso, intangibile
dalle disposizioni riduttive, che non hanno
alcuna efficacia retroattiva (…).
Ciò perché, ai fini della nascita del
diritto quello che rileva è il compimento
effettivo dell’attività; dovendosi, anzi,
tenere conto, per questo specifico aspetto,
che per le prestazioni di durata, cioè
quelle che non si esauriscono in una
puntuale attività, ma si svolgono lungo un
certo arco di tempo, dovrà considerarsi la
frazione temporale di attività compiuta (…).
In base a quanto fin qui considerato, il
significato della disposizione contenuta nel
comma 7-bis del D.L. 112/2008,
convertito dalla legge 133/2008, va
inteso nel senso che il “quantum” del
diritto al beneficio, quale spettante sulla
base della somma da ripartire nella misura
vigente al momento in cui questo è sorto,
ossia al compimento delle attività
incentivate, non possa essere modificato per
effetto di norme che riducano per il tempo
successivo l’entità della somma da
ripartire, per cui i compensi erogati dal 1°
gennaio 2009, ma relativi ad attività
realizzate prima di tale data, restano
assoggettati alla previgente disciplina,
ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma
5– del codice dei contratti pubblici, prima
della modifica apportata con il comma 7-bis
–aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008,
n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008,
n. 133”.
Detto ciò in ordine alla questione
principale oggetto della richiesta di
parere, si osserva che la seconda questione,
inerente al contenuto ed all’efficacia della
circolare n. 36 del 23.12.2008 del Ministero
dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato (sulla
cui legittimità questo Collegio non può
pronunciarsi), deve essere risolta
nell’ambito dei normali e ben noti rapporti
tra le fonti del diritto (ricordando,
peraltro, che le cd. circolari possono
essere considerate, al massimo, norme
interne della pubblica amministrazione). |
dossier ABUSI EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
Sequestro immobile abusivo
ultimato.
In materia di sequestro preventivo di
immobile abusivo ultimato, secondo quanto
asserito dalle Sezioni Unite con sentenza n.
2/2003, pur ad edificazione ultimata, la
libera disponibilità del bene non è sempre
un elemento neutro sotto il profilo della
offensività perché può fare proseguire nel
tempo ed aggravare in intensità le ricadute
negative del già commesso reato; sul tema,
il Giudice deve determinare in concreto se
il libero godimento del manufatto possa
determinare una ulteriore lesione del bene
protetto.
L’aggravio del carico urbanistico che le
unità ad uso abitativo possono determinare
risulta adeguatamente dimostrato quando
l’illegittimo complesso immobiliare è di
rilevante entità e gli appartamenti
risultano arredati (uno già abitato) e si
prospetta un loro possibile utilizzo (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.05.2009 n. 22442 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Acquisizione immobile abusivo.
L’automaticità dello effetto ablativo non si
verifica quando l’inottemperanza è
involontaria, è intervenuta una proroga da
parte della Pubblica Amministrazione per
completare la demolizione, le aree
appartengano ad un proprietario estraneo
alla commissione dello illecito urbanistico
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.05.2009 n. 22440 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi - Ordine di demolizione
- Accertamento della conformità - D'Ufficio
- Non sussiste.
2. Abusi - Demolizione - Sospensione - In
presenza della istanza di accertamento di
conformità - Ammissibilità.
3. Abusi - Demolizione - Art. 31, D.P.R. n.
380/2001 - Apprezzamento discrezionale - Non
sussiste.
1.
Il Comune non deve verificare d'ufficio la
conformità urbanistica delle opere in
assenza di titolo edilizio, atteso che un
onere siffatto non è previsto nella
disciplina vigente concernente i poteri di
vigilanza e sanzionatori sull'attività
edilizia abusiva.
2.
Neppure può ritenersi che la validità ovvero
l'efficacia delle ordinanze di demolizione
siano definitivamente pregiudicate dalla
presentazione dell'istanza di accertamento
di conformità. Invero, come chiarito dalla
sezione in analoghe fattispecie, essa
determina piuttosto un arresto
dell'efficacia della misura ripristinatoria,
nel senso che questa è soltanto sospesa,
determinandosi uno stato di temporanea
quiescenza dell'atto, all'evidente fine di
evitare, in caso di accoglimento
dell'istanza, la demolizione di un'opera
che, pur realizzata in assenza o difformità
dal permesso di costruire, è conforme alla
strumentazione urbanistica vigente.
3.
Nello schema giuridico delineato dall'art.
31, D.P.R. n. 380/2001, non vi è spazio per
apprezzamenti discrezionali, atteso che
l'esercizio del potere repressivo dell'abuso
edilizio costituisce atto dovuto, per il
quale è "in re ipsa" l'interesse
pubblico alla sua rimozione, soprattutto
quando, come nella specie, è decorso un
breve periodo di tempo tra la realizzazione
delle opere e l'emissione dei provvedimenti
sanzionatori. In definitiva, l'ingiunzione
di demolizione può ritenersi
sufficientemente motivata per effetto della
stessa descrizione dell'abuso accertato,
presupposto giustificativo necessario e
sufficiente a fondare la spedizione della
misura sanzionatoria (TAR Campania-Napoli,
Sez. II,
sentenza 28.05.2009 n. 3006 -
link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Abusi - Permesso di costruire - Rilascio -
Condizione - Applicazione dell'art. 11,
D.P.R. 06.06.2001 n. 380 - Effetti.
2. Abusi - Demolizione - Obbligo unilaterale
del concessionario - Finalità -
Inadempimento - Acquiescenza della p.A. -
Effetti - Conseguenze.
1.
In una con quanto previsto in via generale
dall'art. 11, D.P.R. 06.06.2001 n. 380,
secondo cui il rilascio del permesso di
costruire non comporta limitazione dei
diritti dei terzi, l'amministrazione
comunale è tenuta a controllare la rilevanza
giuridica del condono esclusivamente
nell'ambito del rapporto pubblicistico,
senza estendersi ai rapporti tra privati,
fermo restando che, in caso di violazione di
diritti dei terzi, questi, assumendone la
lesione possono ottenere tutela davanti al
giudice civile non subendo alcun pregiudizio
dal rilascio del titolo (Cons. Stato, sez.
IV, 10-12-2007 n. 6332).
2.
Qualora la concessione edilizia prevede,
quale obbligo unilaterale assunto dal
concessionario, che questi demolisca il
vecchio fabbricato quanto prima e comunque
prima del rilascio del certificato di
abitabilità, se il vecchio fabbricato non
viene demolito, ma, ciononostante il
certificato d'abitabilità per la nuova
costruzione viene comunque rilasciata e
negli anni seguenti l'Amministrazione non si
mostra pregiudizialmente contraria a
permettere di conservare il vecchio edificio
(anziché abbatterlo), il comportamento
dell'Ente conduce ad affermare che la
demolizione del vecchio fabbricato non
costituisce condizione sospensiva della
concessione stessa (ciò che avrebbe reso
abusivo il nuovo edificio) quanto l'effetto
di un trasferimento, con il rilascio della
concessione, della volumetria propria
dell'area interessata dal vecchio al nuovo
edificio, ciò comportando la sopravvenuta
abusività del primo, ormai privo di
conformità urbanistica ed edilizia. Il
condono, dunque, non può riguardare il nuovo
edificio, la cui regolarità mai è stata
revocata in dubbio
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 04.05.2009 n. 1361 - link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Abusi edilizi lesivi
dell'interesse ambientale - Hanno natura di
illecito permanente - Repressione - Attività
dovuta e non discrezionale - Disciplina
sanzionatoria - Ratio.
L'attività di repressione degli abusi
edilizi o comunque lesivi dell'interesse
ambientale è dovuta e non discrezionale e
non rileva il decorso del tempo, in quanto
la trasgressione integra un illecito
amministrativo permanente, che si rinnova in
ogni istante a causa della mancata
demolizione dell'opera realizzata contra
legem (3).
In buona sostanza l'abuso ha natura di
illecito permanente e si pone in perdurante
contrasto con le leggi amministrative sino a
quando non viene ripristinato lo stato dei
luoghi, per cui la disciplina sanzionatoria
non può che essere quella vigente al tempo
della sua applicazione e non all'atto della
commissione della violazione (4): la natura
continuativa della trasgressione è collegata
all'omissione della spontanea demolizione,
da effettuare per adeguare lo stato di fatto
a quello di diritto, per cui non si punisce
una condotta commissiva ma si statuisce
l'eliminazione di manufatti ancora esistenti
nonostante la sussistenza dell'obbligo di
demolirli.
D'altronde, la pretesa sanzionatoria nasce
all'atto della contestazione dell'abuso e
non in quello della sua materiale
realizzazione, ed è nel momento della
contestazione (anche rinnovata) che
l'illecito va qualificato come tale e con
riguardo alle norme vigenti, così come
devono essere riferite al momento
dell'intervento repressivo le valutazioni
che l'amministrazione è tenuta ad effettuare
in funzione della scelta del tipo di
sanzione. Né è esatto sostenere che tale
impostazione si pone in contrasto con il
divieto di retroattività delle norme
sanzionatorie, perché alle misure repressive
va attribuito un carattere amministrativo e
non penale -circostanza che fa escludere
l'applicabilità del principio costituzionale
di irretroattività (art. 25, Cost. (5)- ma
più in generale, posto che la sanzione si
giustifica con l'attualità dell'abuso, non
ha senso parlare di retroattività
dell'esercizio del potere sanzionatorio ma,
al contrario, della coerente applicazione,
ad una condotta illecita permanente, delle
norme vigenti all'atto dell'accertamento
della violazione.
Se si ripudiasse questo principio per
affermare che chi viola le norme edilizie ha
il diritto di contare sulla certezza del
trattamento sanzionatorio, nella forma della
sua immutabilità nel tempo, ne discenderebbe
una sorta di "ultrattività" delle norme
repressive per cui -nel caso di successione
di leggi ed in qualunque tempo l'abuso venga
scoperto- l'amministrazione sarebbe tenuta
comunque ad applicare le preesistenti
sanzioni, ancorché riferite a norme medio
tempore sostituite o abrogate.
(3) TAR
Toscana, sez. III, 23-01-2008 n. 37.
(4) Cons. Stato, sez. V, 24-03-1998 n.
345; TAR Veneto, sez. II, 21-12-2001 n.
3052.
(5) TAR Campania Napoli, sez. IV, 14-02-2005
n. 1020 (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 04.05.2009 n. 891 - link
a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Verbale di sopralluogo UTC in
merito ad abusi edilizi.
Il verbale di sopralluogo con cui i tecnici
comunali accertano l’avvenuta commissione di
abusi edilizi è atto dotato di fede
privilegiata e, come tale, fa prova fino a
querela di falso dei fatti attestati, con la
sola eccezione delle valutazioni soggettive
che, per condurre in via unicamente
deduttiva a date conclusioni, non presentano
le caratteristiche di rilevamenti obiettivi
(TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 28.04.2009 n. 161 - link
a www.lexambiente.it). |
dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE |
EDILIZIA PRIVATA: Concessione - Contributo -
Determinazione - Ha natura di prestazione
patrimoniale imposta prescindendo totalmente
dall'esistenza o meno delle singole opere di
urbanizzazione - Ha natura di contributo
paratributario Ratio.
Il contributo concessorio, commisurato agli
oneri di urbanizzazione, ha carattere
generale, in quanto prescinde totalmente
dall'esistenza o meno delle singole opere di
urbanizzazione; ed ha natura di prestazione
patrimoniale imposta, in quanto è
determinato senza tener conto dell'utilità
che riceve il beneficiario del provvedimento
di concessione, né delle spese
effettivamente necessarie per l'esecuzione
delle opere di urbanizzazione relative alla
concessione assentita (4).
Si tratta infatti di un contributo
paratributario, ossia di un corrispettivo di
diritto pubblico dovuto dal beneficiario
della concessione edilizia, a titolo di
partecipazione -in proporzione all'insieme
dei benefici che la nuova costruzione ne
ritrae- ai costi delle opere di
urbanizzazione sostenuti dal Comune per
realizzare il generale assetto urbanistico
del territorio comunale (5).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è
dovuto nella misura determinata ex lege
a prescindere dalla completezza dello stato
di urbanizzazione e dalla effettiva
disponibilità dei (di tutti i) servizi,
primari e secondari, nella zona in cui deve
essere realizzata la nuova costruzione; per
altro verso, che, laddove vi sia carenza o
insufficienza di urbanizzazione, le opere
necessarie ben possono essere poste o
rimanere a carico del privato, salva la
possibilità di uno "scomputo" con le
modalità ed alle condizioni previste dalla
legge.
In altri termini, il privato che costruisce
non ha titolo a pretendere dal Comune il
rimborso delle spese effettivamente
sostenute per ovviare ad eventuali carenze
delle opere di urbanizzazione, se non quando
ciò sia stato concordato col Comune, a
titolo di "scomputo" o sotto altra
forma, in sede di rilascio della concessione
edilizia (TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a http://mondolegale.it).
------------------
(4) Cons. Stato, sez. V, 21-4-2006 n.
2258.
(5) Cons. Stato, sez. II, 21-11-2007 n.
11073; Cons. Stato, sez. II, n. 10060/2004. |
EDILIZIA PRIVATA: Concessione
- Contributo - Pagamento - Fallimento della
richiedente - "Onere ecologico" - Natura -
Va fatto valere quale credito del fallimento
e non già dell'intera massa fallimentare -
Fattispecie.
L'"onere ecologico" pur avendo natura
di prestazione patrimoniale imposta,
analogamente rispetto agli oneri di
urbanizzazione, va fatto valere quale
credito del fallimento e non già dell'intera
massa fallimentare e ciò nel rispetto
generale del principio di "par condicio
creditorum".
Nel caso di specie la ricorrente ha
impugnato il provvedimento del Settore
Interventi Urbanistici Sportello Unico
Edilizia e imprese con il quale è stato
ingiunto al Fallimento -della ricorrente- il
pagamento del contributo pari all'incidenza
delle opere necessarie al trattamento e allo
smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e
gassosi e di quelle necessarie alla
sistemazione dei luoghi ove ne siano
alterate le caratteristiche. Che questa sia
l'interpretazione corretta si evince anche
dal fatto che l'art. 2752, Cod. Civ., nel
prevedere il privilegio dei crediti dello
Stato e subordinatamente degli Enti locali (III
comma) sui beni mobili del debitore, ha
altresì specificato che deve trattarsi di
imposte, tasse e tributi dei Comuni previsti
dalla legge per la finanza locale e dalle
norme relative all'imposta comunale sulla
pubblicità e sulle pubbliche affissioni.
La Corte di Cassazione ha interpretato
restrittivamente tale disposizione,
ritenendo che ove fosse consentito ampliare
il novero del privilegio dei crediti per le
imposte, tasse e tributi di Comuni e
Province si dovrebbe altrimenti ritenere
inutile la precisazione, contenuta nella
stessa disposizione, che accorda il detto
privilegio anche ai crediti previsti "dalle
norme relative all'imposta comunale sulla
pubblicità e ai diritti sulle pubbliche
affissioni", specificazione non
necessaria ove il riferimento alla legge per
la finanza locale avesse dovuto intendersi
relativo a qualsiasi legge istitutiva
d'imposta, tassa e tributo dei comuni e
delle province (1).
Ed ancora: "la circostanza che il
legislatore, nell'art. 2752 co. 3, Cod.
Civ., (che elenca le tasse e i tributi
locati aventi valore di crediti
privilegiati), abbia fatto riferimento ad
una specifica imposta comunale (imposta
comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle
pubbliche affissioni) esclude che il
richiamo alla legge per la Finanza locale
possa di per sé valere ad estendere il
privilegio ad imposte, tasse o tributi dei
Comuni e delle Province diverse da quella
ivi specificata" (Cassazione Civile
citata)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 11.05.2009 n. 186 - link a http://mondolegale.it).
-------------
(1) Cass. Civ., sez. V, 29-03-2006 n.
7309. |
EDILIZIA PRIVATA:
Costo di costruzione: opera non
realizzata, ripristino e restituzione del
contributo.
Il pagamento
del contributo del costo di costruzione è
sempre connesso, dalle norme che lo
prevedono o lo menzionano, alla costruzione
di un manufatto edilizio, ovvero alla
realizzazione di un intervento di
trasformazione su manufatti già esistenti,
cosicché pur sempre l’obbligo appare
connesso ad una costruzione o qualcosa a ciò
assimilabile.
Se non si può escludere, in linea puramente
teorica, che il Comune restituisca l’intero
contributo versato ed intraprenda un’azione
di danno nei confronti del responsabile (ex
titolare della concessione edilizia decaduta
o comunque non utilizzata), è indubbio che
una simile strada si porrebbe in contrasto,
da un lato, con il principio di
ragionevolezza (e, forse con il criterio di
efficacia dell’azione amministrativa),
dall’altro con un generale criterio di
economia dei mezzi.
Ove si mantenga la pretesa nei limiti della
legittimità, invero, sembrerebbe molto più
ragionevole:
a) provvedere ad una restituzione solo
parziale, diffalcando dall’importo ricevuto
una somma ritenuta adeguata e proporzionata
all’entità dei lavori necessari per il
ripristino dei luoghi e la ricomposizione
ambientale da effettuare con materiale
analogo a quello estratto, dopo avere
sentito gli interessati sul punto;
b) subordinare la restituzione per intero
alla realizzazione di lavori di ripristino,
con le stesse modalità
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 21.12.2005 n. 4358 -
link a www.altalex.com). |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Dichiarazione inizio attività
- Realizzazione di impianti di energia
rinnovabile - Ratio.
2. Dichiarazione inizio attività -
Asseverazione del tecnico-progettista - Ex
art. 23, co. 1, D.P.R. n. 380/2001 -
Funzione.
3. Dichiarazione inizio attività -
Qualificazione - Relazione asseverata ex
art. 23, co. 1, D.P.R. n. 380/2001 - Ratio.
4. Dichiarazione inizio attività - Ex art.
23, D.P.R. n. 380/2001 - Funzione -
Peculiarità.
5. Dichiarazione inizio attività - Relazione
del progettista abilitato ex art. 23, co. 1,
D.P.R. n. 380/2001 - Condizione necessaria
ala realizzazione della denuncia di inizio
attività - Falsa attestazione - Conseguenze.
6. Dichiarazione inizio attività - Richiesta
istruttoria - In caso di omissione della
relazione del progettista abilitato -
Conseguenze - Effetti inibitori - Termine -
Decorrenza.
1.
Nell'ampio contesto di liberalizzazione, la
D.I.A. nasce dall'esigenza di introdurre
forme di semplificazione per gli interventi
c.d. minori, ossia per quelle opere aventi
un minore impatto urbanistico-edilizio. In
questa direzione si colloca la
"responsabilizzazione" del privato
attraverso l'assunzione di maggiori
attribuzioni nell'accertamento della
conformità dell'opera ai parametri
urbanistici vigenti.
In particolare, con la D.I.A. si legittima
l'esercizio di talune attività economiche
(tra cui quella diretta alla realizzazione
di impianti di energia rinnovabile, i quali
godono di un certo favor legislativo anche
per i benefici che gli stessi apportano in
termini di tutela dell'ambiente e della
salute per i cittadini) sulla base di una
semplice dichiarazione del privato, con ciò
abolendo la necessità dell'intervento
preventivo della pubblica autorità.
2.
La asseverazione del tecnico-progettista
prevista dall'art. 23 co. 1, D.P.R. n.
380/2001, costituisce condizione essenziale
di efficacia della denuncia di inizio
attività, ossia elemento fondamentale ed
imprescindibile del procedimento. Essa
svolge in particolare funzione eminentemente
certificativa -rafforzata anche da
specifiche previsioni sanzionatorie- nella
parte in cui il tecnico abilitato attesta la
regolarità dell'intervento da realizzare in
relazione all'intera disciplina
dell'attività edilizia (1).
----------------
(1) Cass. Pen., sez. III, 6-4-1995
3.
La D.I.A. va qualificata come fattispecie a
formazione progressiva che si perfeziona
solo in presenza di alcuni elementi
costitutivi, tra i quali sono da annoverarsi
l'atto del privato (unitamente alla
asseverazione del progettista), il decorso
di un determinato lasso di tempo (30 gg.),
oltre alla sussistenza dei presupposti
sostanziali di operatività dell'istituto
(ossia la conformità dell'intervento alle
prescrizioni di piano).
In detto contesto, la relazione asseverata
di cui all'art. 23 co. 1, D.P.R. n.
380/2001, assume un'importanza fondamentale
in quanto rappresenta in concreto l'atto in
base al quale avrà luogo l'attività di
verifica in ordine alla conformità delle
opere da realizzare agli strumenti
urbanistici.
4.
L'istituto della D.I.A. comporta una
inversione della tradizionale sequenza
procedimentale, poiché la dichiarazione del
privato, corredata dalla relazione tecnica
attestante l'esistenza dei requisiti
stabiliti dalla legge, precede e, salvo
provvedimento inibitorio, prescinde
dall'atto amministrativo che
tradizionalmente, invece, ed almeno in via
di regola, deve autorizzare l'attività
edilizia dei privati, così come accade per
il permesso di costruire.
Nel caso della D.I.A., il ruolo giocato
dalla p.A. muta radicalmente rispetto ai
procedimenti permissivi: mentre in questi
ultimi il provvedimento amministrativo è di
tipo autorizzatorio e, quindi, precede
l'inizio dei lavori, nella procedura
semplificata, invece, la p.A. non adotta un
formale atto di consenso, ma interviene solo
in termini inibitori qualora accerti
l'assenza dei presupposti legislativamente
richiesti. Da tale inversione procedurale
discendono indubbi vantaggi in termini di
accelerazione e di semplificazione dei
procedimenti, anche in vista del
raggiungimento degli obiettivi di
liberalizzazione di quel determinato settore
economico (2).
------------------
(2) Puntualizza il Tribunale, che
tuttavia per garantire l'ottenimento di tali
vantaggi è quanto mai necessario che
ciascuno degli attori del processo (privato
e amministrazione) rispetti il ruolo che
l'ordinamento gli attribuisce, pena la
vanificazione dell'obiettivo
legislativamente fissato. In altre parole,
qualora si acceda alla tesi secondo la
quale, ai fini dell'utile decorso del
termine, non è strettamente necessario
allegare alla dichiarazione del privato
anche l'asseverazione del tecnico abilitato
(la quale potrebbe essere allegata in ogni
momento su richiesta del responsabile del
procedimento, senza che tale richiesta
istruttoria possa in qualche modo
interrompere l'utile decorso del termine di
30 gg.), si rischierebbe di alterare il
predetto rapporto di inversione, ossia di
ritornare agli schemi classici secondo cui
il privato chiede e la p.A. valuta la
legittimità della pretesa, il che non
sarebbe coerente con la ratio che ispira il
modello di semplificazione della D.I.A..
----------------
5.
Dal punto di vista strettamente procedurale,
la relazione asseverata costituisce una
condizione necessaria alla realizzazione
della fattispecie complessa a formazione
progressiva della denuncia di inizio
attività, posto che funge da parametro nelle
operazioni di verifica della p.A., la quale
deve controllare il rispetto dei vincoli
urbanistici sulla base della descrizione
dell'intervento edilizio risultante dalla
relazione.
Proprio per questa ragione il progettista
abilitato, nel dichiarare la sostanziale
conformità alle normative
urbanistico-edilizie delle opere oggetto di
D.I.A., compie un servizio di pubblica
necessità: dunque, in caso di falsa
attestazione, accertata dalla p.A. in fase
di controllo, può essere denunziato
all'autorità giudiziaria e segnalato
all'ordine di appartenenza, così da essere
soggetto sia alle sanzioni previste dagli
artt. 359 e 481, Cod. Pen. sia a quelle del
proprio ordine professionale (3).
-------------------
(3) Il Tribunale, ritiene che non debba
essere trascurato il fatto che il co. 5
dell'art. 23, T.U.E.L. specifica altresì che
la sussistenza del titolo edilizio formatosi
con la D.I.A. viene dimostrata grazie alla
copia della denuncia di inizio attività da
cui deve risultare la data di ricevimento
della D.I.A. ed a cui va aggiunto l'elenco
della documentazione allegata alla denunzia
e, in primo luogo, la relazione asseverata
del progettista abilitato. Ciò che assicura
una efficacia probatoria, del tutto analoga
a quella offerta dal permesso di costruire
formalmente rilasciato dalla p.A., sia sul
piano della vigilanza edilizia, sia su
quello dei rapporti tra privati (si pensi
alla compravendita di immobili edificati o
ristrutturati in base a D.I.A.). Art. 29,
Testo Unico Edilizia.
6.
Nell'ambito del procedimento di
dichiarazione di inizio attività,
l'eventuale intervento del responsabile,
diretto a richiedere l'integrazione della
pratica attraverso la asseverazione del
progettista qualora questa sia stata omessa,
non può che avere effetti sostanzialmente
inibitori, dal momento che l'utile decorso
del termine deve essere indissolubilmente
legato alla presentazione di tutta la
documentazione (e soprattutto attestazione)
necessaria a porre gli uffici comunali nelle
condizioni di poter esercitare in concreto
il proprio potere di controllo di secondo
grado.
Ciò in quanto senza asseverazione non è
possibile attivare la successiva fase di
verifica. Il suddetto intervento produce
effetti interruttivi e non sospensivi del
termine di 30 giorni; tale termine
riprenderà poi a decorrere soltanto a
seguito della nuova ed eventuale
presentazione della D.I.A., se integrata con
la prescritta asseverazione (TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 07.05.2009 n. 1012 -
link a http://mondolegale.it). |
dossier ESPROPRIAZIONE |
ESPROPRIAZIONE: 1.
Procedimento - Avvio espropriazione -
Approvazione del progetto - Mediante
conferenza di servizi - Disciplina prevista
dall'art. 11, co. 4, D.P.R. n. 327/2001 -
Partecipazione al procedimento.
2. Procedimento - Avvio espropriazione -
Modalità - Alternative alla comunicazione
individuale - Procedimento rivolto a
numerosi destinatari titolari di immobili in
diversi Comuni.
3. Procedimento - Avvio espropriazione -
Modalità - Alternative alla comunicazione
individuale - Individuazioni dei nominativi
dei proprietari e delle particelle catastali
interessate - Necessità - Sussistenza -
Deroga - Possibilità - Fattispecie -
Individuazione.
4. Procedimento - Avvio espropriazione -
Omissione - Efficacia invalidante - Se
l'interessato dimostri l'incidenza della sua
partecipazione sul provvedimento finale.
5. Procedimento - Avvio espropriazione -
Modalità - Alternative alla comunicazione
individuale - Pubblicazione dell'avviso su
un solo quotidiano - Condizione - Diffusione
non solo nazionale ma anche locale.
1.
Nel caso di Conferenze di servizi in materia
di lavori pubblici, l'art. 11 co. 4, D.P.R.
n. 327/2001 richiama, quali modalità della
pubblicità, le forme previste dal D.P.R. n.
554/1999 il cui art. 9 a sua volta, prevede
una pubblicità da effettuarsi "all'Albo
pretorio del Comune ovvero, nel caso di
amministrazione aggiudicatrici diverse dal
comune, utilizzando forme equivalenti di
pubblicità".
2.
Nel caso di procedure di espropriazione per
p.u., il ricorso alle forme di pubblicità
alternative alla comunicazione individuale
di avvio del procedimento trova
giustificazione nella circostanza derivante
dal coinvolgimento nella procedura esecutiva
di un rilevante numero di destinatari e di
un'apprensione coattiva di immobili siti in
diversi comuni.
3.
Anche se in linea generale lo strumento
pubblicitario quale forma alternativa alla
comunicazione individuale, per essere idoneo
allo scopo, deve menzionare partitamente
tutte le particelle catastali interessate
dal progetto di opera pubblica e i relativi
intestatari (ché solo in tale modo i
soggetti coinvolti sono messi in condizione
di conoscere che i propri terreni sono
interessati da una procedura ablatoria e di
poter prendere parte in tempo utile al
procedimento), deve ritenersi che, nel caso
di ampliamento di una strada preesistente
con localizzazione dei lavori di un'opera
pubblica già individuata a livello
legislativo nonché a livello di
pianificazione comunale con l'applicazione
della specifica disciplina sulle garanzie
partecipative all'interno dei relativi
procedimenti, sia sufficiente un avviso
privo dell'indicazione nominativa dei
proprietari catastali e delle particelle
interessate pubblicato su di un quotidiano a
diffusione nazionale ed affisso agli Albi
pretori dei Comuni interessati, dato che
tale avviso consente, sia pure per
relationem, di individuare i destinatari
finali del procedimento espropriativo.
4.
Anche in materia espropriativa, l'omesso
invio al privato proprietario della
comunicazione di avvio del procedimento per
la dichiarazione di pubblica utilità ha
efficacia invalidante solo allorché il
medesimo abbia assolto all'onere di
dimostrare che, se avesse avuto la
possibilità di partecipare al procedimento,
avrebbe potuto incidere sul contenuto del
provvedimento finale.
5.
Ai sensi dell'art. 11, D.P.R. n. 327/2001
(il quale prescrive che l'avviso di inizio
del procedimento espropriativo riguardante
un alto numero di soggetti interessati, è
pubblicato "su uno o più quotidiani a
diffusione nazionale e locale"), deve
ritenersi idoneo un avviso pubblicato su un
solo quotidiano purché la diffusione di
questo sia estesa (oltre che in campo
nazionale, anche) in ambito locale
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 14.04.2009 n. 3789 - link a http://mondolegale.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Falso (planimetrie ed elaborati
grafici).
L’idoneità offensiva della condotta di falso
deve essere valutata, ai fini della
eventuale sussistenza dì un falso “innocuo”,
con riguardo alle circostanze del caso
concreto e con criterio “ex ante”, a
nulla rilevando che dalla condotta non sia
scaturito un effettivo inganno della
Pubblica Amministrazione. Siffatto
accertamento, in tema di falso ideologico,
va riferito al significato ed al valore
dell’atto di cui si controverte, e non alla
verifica degli effetti che a quell’azione
conseguono, in quanto successivi e comunque
estranei agli clementi costitutivi della
fattispecie.
Le planimetrie e gli elaborati grafici,
presentati a corredo di una richiesta di
autorizzazione e redatte dall’esercente una
professione necessitante di una speciale
abilitazione dello Stato, hanno natura di “certificato”,
poiché assolvono alla funzione di dare
all’autorità competente una esatta
rappresentazione della realtà e, quindi, di
provare la verità di quanto in essi
affermato (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 05.06.2009 n. 23474 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Nozione di reflui
industriali.
Nella nozione di acque reflue industriali
rientrano tutti i reflui derivanti da
attività che non attengono al prevalente
metabolismo umano ed alle attività
domestiche, atteso che a tal fine rileva la
sola diversità del refluo rispetto alle
acque domestiche. Conseguentemente rientrano
tra le acque reflue industriali quelle
provenienti da attività artigianali e di
prestazioni di servizi.
Alla luce di tale principio deve escludersi
la qualifica di acque reflue domestiche a
quelle derivanti dalla lavorazione delle
macchine agricole ed industriali (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.06.2009 n. 23464 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Responsabilità del direttore
lavori.
Il direttore dei lavori è penalmente
responsabile per l’attività edificatoria non
conforme alle prescrizioni della concessione
edilizia. L’art. 6, 2° comma, della legge n.
47/1985 ed attualmente l’art. 29, 2° comma,
del T.U. n. 380/2001 esonerano lo stesso
professionista da tale responsabilità
qualora egli:
-abbia contestato al titolare del permesso
di costruire, al committente ed al
costruttore la violazione delle prescrizioni
del provvedimento amministrativo;
-abbia fornito contemporaneamente
all’Amministrazione comunale motivata
comunicazione della violazione stessa.
-e, nelle ipotesi di totale difformità o di
variazione essenziale, abbia altresì
rinunziato contestualmente all’ incarico.
Il recesso tempestivo dalla direzione dei
lavori, in ogni caso, deve ritenersi
pienamente scriminante per il professionista
e la “tempestività” ricorre quando il
recesso intervenga non appena l’illecito
edilizio obiettivamente si profili, ovvero
appena il direttore dei lavori abbia avuto
conoscenza che le corrette direttive da lui
impartite siano state disattese o violate.
Il direttore dei lavori è responsabile,
invece, nei casi di irregolare vigilanza
sull’esecuzione delle opere edilizie, avendo
egli l’obbligo di sovrintendere con
necessaria continuità a quelle opere della
cui esecuzione ha assunto la responsabilità
tecnica (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.06.2009 n. 23198 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Depositi merci e materiali.
Per le opere di trasformazione fondiaria non
è normalmente richiesto alcun titolo
edilizio abilitativo; il provvedimento
concessorio è invece necessario allorché la
morfologia del territorio venga alterata in
conseguenza di rilevanti opere di scavo,
sbancamenti e livellamenti finalizzati ad
usi diversi da quelli agricoli, in essi
compresa la realizzazione di depositi di
merci e di materiali che comportino la
trasformazione in via permanente del suolo
inedificato (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.06.2009 n. 23197 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Trasporto illecito ed
arresto in flagranza.
Fattispecie relativa ad arresto in flagranza
(ai sensi della normativa emergenziale per
la Campania) del conducente di un’auto che
trasportava una vasca da bagno sul tetto
della macchina, ed all’interno del vano
portabagagli tre batterie in pessimo stato
d’uso, una lavatrice, pneumatici ed altri
elettrodomestici fuori uso, nonché rottami
metallici per complessivi kg. 390 (Tribunale
di Napoli, Sez. penale,
sentenza 01.06.2009 - link a
www.lexambiente.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
1. Concorso pubblico -
Commissione - Composizione - Cause di
incompatibilità - Insussistenza - Casi -
Ragioni.
2. Concorso pubblico - Commissione -
Composizione - Cause di incompatibilità -
Sussistenza - Casi - Ragioni.
3. Concorso pubblico - Bando - Impugnazione
- Criteri di valutazione - Conseguenze -
Ragioni.
1.
La semplice sussistenza di rapporti
accademici o di ufficio tra commissario e
candidato, implicanti le conseguenti
manifestazioni di giudizio, non sono idonee
ad integrare gli estremi delle cause di
incompatibilità normativamente
cristallizzate, salva la spontanea
astensione di cui al capoverso dell'art. 51,
Cod. Proc. Civ. (Cfr. in materia ad es.,
Cons. Stato, sez. VI, 26-01-2009 n. 354).
Non costituisce pertanto, ipotesi
d'incompatibilità alle funzioni di
componente di una commissione di concorso
per professore universitario, né la
conoscenza personale del candidato né la
collaborazione nei rapporti accademici; per
cui la sussistenza di rapporti di
collaborazione meramente intellettuale, cui
siano estranei interessi patrimoniali, non
appare elemento tale da inficiare in maniera
giuridicamente apprezzabile il principio di
imparzialità dei commissari.
2.
Rapporti professionali ed interessi
economici comuni tra il componente della
Commissione di gara ed un concorrente
integrano posizioni di incompatibilità anche
se non formalizzati né stabili o
continuativi, purché in concreto esistenti e
rilevanti, e ciò per ragioni di logica e di
rispetto del principio costituzionale di
imparzialità dell'azione amministrativa, che
garantisce il corretto esercizio di poteri
pubblici in ogni loro forma di esercizio e
non può subire limitazioni in forza di
elementi estranei quali la natura e la
stabilità dei rapporti tra il soggetto
chiamato ad esercitare funzioni pubbliche ed
il destinatario dell'azione amministrativa
posta in essere con il suo concorso (Cfr. ad
es., Consiglio Stato, sez. V, 16-06-2005 n.
3164).
3.
Ove il ricorso avverso gli atti relativi ad
un concorso a pubblico impiego censuri non
già solo i punteggi attribuiti a singoli
aspiranti ma i criteri di valutazione, e non
essendo, di conseguenza, prevedibili il
contenuto e le conseguenze delle
determinazioni della p.A. a seguito della
sentenza che annulli i criteri censurati,
non può farsi ricorso alla c.d. prova di
resistenza per valutare l'interesse a
ricorrere (Cfr. ad es., Cons. Stato, sez. V,
23-03-1985 n. 170; TAR Lazio Roma, sez. III,
31-01-2004 n. 917) (TAR Liguria, Sez. II,
sentenza 29.05.2009 n. 1249 -
link a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Appalto pubblico (in generale) -
Criteri e principi - Segretezza - Rispetto -
Sussistenza - Casi - Ragioni.
Il procedimento di gara e la sottesa
istruttoria devono essere ispirati a
parametri di razionalità tecnica e che gli
adempimenti e le formalità richieste ai
concorrenti devono risultare adeguati anche
in riferimento alla tipologia di scelta del
contraente per la quale l'Amministrazione ha
optato. L'imposizione ai partecipanti di
oneri e formalismi non necessari, a pena di
esclusione, contrasta con il principio di
ragionevolezza allorquando tali prescrizioni
non comportano alcun effettivo vantaggio per
l'Amministrazione(Nel caso all'attenzione
del collegio, la natura informale della gara
e le modalità con le quali doveva essere
celebrata, hanno fatto sì che il TAR
ritenesse esclusa qualsiasi possibilità di
manomissione del plico interno, contenente
l'offerta, che era debitamente sigillato con
ceralacca e controfirmato, ma non recava la
ceralacca sui lembi preincollati dal
fabbricante; cfr. Cons. Stato, sez. V,
18-03-2004 n. 1411) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 29.05.2009 n. 809 - link
a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Concessione - Zone vincolate -
Vincolo paesistico - Silenzio-assenso -
Condizioni necessarie - Difetto -
Conseguenze - Ragioni.
2. Abusi - Condono - Diniego - Impugnazione
- Sindacato giurisdizionale - Limiti e
condizioni - Conseguenze.
1.
In una zona interessata da vincolo
paesaggistico, la formazione del
provvedimento tacito di assenso alla
concessione in sanatoria, previsto dall'art.
35, co. 18, L. n. 47/1985, postula
indefettibilmente la previa acquisizione del
parere favorevole dell'autorità preposta
alla tutela del vincolo sulla compatibilità
ambientale della costruzione senza titolo.
Ne consegue che, se al momento dell'esame
della domanda di sanatoria non risulta
acquisito il (necessario) parere favorevole
sulla conformità dell'intervento alla
disciplina paesaggistica, la formazione del
silenzio-assenso è preclusa (Così Cons.
Stato, sez. IV, 30-06-2005 n. 3542).
2.
In materia di dinieghi di condono, le
specifiche caratteristiche dei manufatti,
nel concreto spazio in cui insistono,
possono consentire al giudice, cui sia
offerto un adeguato supporto probatorio, di
intendere ed eventualmente approvare
(sempre, naturalmente, nei limiti del
sindacato di legittimità) le ragioni del
diniego stesso, per quanto solo compendiate
nel provvedimento; in tal senso va letto il
principio per cui l'obbligo di motivazione,
ex art. 3, L. n. 241/1990, può essere
assolto in forma sintetica, laddove le
ragioni della determinazione amministrativa
risultino dal contesto evidenti (TAR Veneto,
Sez. II,
sentenza 27.05.2009 n. 1624 - TAR
Veneto, Sez. II, 24-01-2009 n. 151) (link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Sul principio di proporzionalità
ed adeguatezza dei requisiti di
partecipazione richiesti nei bandi di gara
dalle stazioni appaltanti.
Sulla dimostrazione della capacità tecnica
dei concorrenti ex art. 42 del d.lgs. n.
163/2006.
La facoltà delle stazioni appaltanti di
richiedere nel bando di gara requisiti di
partecipazione e di qualificazione ulteriori
rispetto a quelli espressamente stabiliti
dalla legge trova un limite nel principio di
proporzionalità e ragionevolezza, nonché nel
divieto di inutile aggravamento del
procedimento di cui all'art. 1, c. 2, l. n.
241 del 1990. Pertanto, la previsione dei
requisiti di ammissione alle procedure di
evidenza pubblica -rientrante nella sfera di
discrezionalità dell'amministrazione- oltre
a rispettare i principi di proporzionalità
ed adeguatezza alla tipologia ed oggetto
della prestazione per la quale è stata
indetta la gara, non deve tradursi in
un'indebita limitazione dell'accesso delle
imprese interessate presenti sul mercato.
Ai sensi dell'art. 42 d.lg. n. 163 del 2006,
l'elenco dei principali servizi prestati
negli ultimi tre anni costituisce il primo
(c. 1, lett. a) ma non certo il solo elemento
in base al quale è possibile fornire la
dimostrazione della capacità tecnica dei
concorrenti; pertanto, appare manifestamente
irragionevole e viziato in termini di
violazione del principio di proporzionalità
porre un elevato ed insuperabile parametro
quantitativo relativo a tale elemento, senza
consentire di dimostrare altrimenti il
possesso di capacità proporzionate al
servizio da affidare, sia attraverso il
riferimento agli altri elementi di cui alla
norma richiamata, sia attraverso la
valutazione dello svolgimento di più servizi
nell'ultimo triennio e non di uno solo (TAR
Liguria, Sez. II,
sentenza 27.05.2009 n. 1238 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Deve essere escluso dalla gara il
concorrente privo del requisito della
regolarità contributiva solamente se la
medesima regolarità sia stata
definitivamente accertata e si tratti di una
violazione grave.
La regolarità contributiva è requisito
indispensabile non solo per la stipulazione
del contratto, ma anche per la stessa
partecipazione alla gara, per cui l'impresa
deve essere in regola con i relativi
obblighi fin dalla presentazione della
domanda e conservare tale regolarità per
tutto lo svolgimento della procedura,
essendo tale requisito indice rivelatore
della correttezza dell'impresa nei rapporti
con le proprie maestranze.
A seguito dell'entrata in vigore della
disciplina sul certificato di regolarità
contributiva dettata dagli artt. 2 del DL n.
210/2002 e 3, VIII c., lett. b-bis) del
d.lgs. n. 494/1996, la verifica della
regolarità contributiva non è più di
competenza delle stazioni appaltanti, ma
degli enti previdenziali, le cui
certificazioni si impongono alle stazioni
appaltanti che non possono sindacarne il
contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta
dall'art. 38, lett. i), del DLgs n. 163/2006
sono esclusi dalla partecipazione alla gara
quei soggetti "che hanno commesso
violazioni gravi, definitivamente accertate,
alle norme in materia di contributi
previdenziali e assistenziali, secondo la
legislazione italiana o dello Stato in cui
sono stabiliti". La formulazione della
suddetta disposizione impone che il
provvedimento di esclusione dalla gara per
irregolarità contributiva sia congruamente
motivato dall'Amministrazione procedente con
riguardo alla sussistenza delle condizioni
di gravità e definitività della violazione.
Nel caso di specie, non ricorre, la causa di
esclusione prevista dal citato art. 38 in
quanto non si tratta di violazione grave, né
di violazione definitivamente accertata (TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 26.05.2009 n. 1601 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Motivazione - Per relationem -
Disponibilità del provvedimento cui si
rinvia - Applicazione art. 3, L. n. 241/1990
- Disciplina.
Ove la motivazione di un provvedimento
amministrativo faccia riferimento ad uno
specifico documento cui si rinvia, è
irrilevante che tale documento non risulti
materialmente allegato al provvedimento
stesso, essendo sufficiente che esso sia
reso disponibile. Il concetto di
disponibilità di cui all'art. 3, L. n.
241/1990 non comporta che l'atto
amministrativo richiamato per relationem
debba essere unito al provvedimento che lo
evoca, bensì che l'atto sia reso disponibile
a norma della stessa legge, vale a dire che
esso possa essere acquisito utilizzando il
procedimento di accesso ai documenti
amministrativi (TAR Lazio-Roma, sez. I,
09-07-2008 n. 6498) (TAR Calabria-Reggio
Calabria,
sentenza 21.05.2009 n. 348 - link
a http://mondolegale.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Ambiente in genere. Accesso agli
atti.
In materia di accesso ambientale non è
necessaria la puntuale indicazione degli
atti richiesti, ma è sufficiente una
generica richiesta di informazioni sulle
condizioni di un determinato contesto
ambientale per costituire in capo
all'amministrazione l'obbligo di acquisire
tutte le notizie relative allo stato della
conservazione e della salubrità dei luoghi
interessati dall'istanza, ad elaborarle ed a
comunicarle al richiedente (TAR
Calabria-Reggio Calabria, Sez. I,
sentenza 20.05.2009 343 - link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: ORDINANZE
SINDACALI A TUTELA DELLA QUIETE PUBBLICA.
1.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Adozione ordinanza
contingibile ed urgente - Esercizi aperti al
pubblico - Condizioni.
2.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Locali pubblici -
Ambito di operatività - Fattispecie.
3.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico -
Misure di prevenzione - Art. 54 co. 4,
D.Lgs. n. 267/2000 - Formulazione - Generica
- Poteri sindacali - Ampiezza - Sussiste.
1.-
Gli schiamazzi notturni degli avventori di
un pubblico esercizio possono senz'altro
essere un elemento in base al quale il
Sindaco adotta un'ordinanza di necessità,
allorché il disagio provocato (e,
genericamente, lo stato di degrado urbano
che ne deriva) raggiungano un grado di
intollerabilità oggettivamente accertato,
tale da integrare un vero e proprio "stato
di emergenza".
2.-
Le prescrizioni imposte dall'autorità di
pubblica sicurezza possono senz'altro
esulare dal ristretto ambito dell'attività
oggetto di autorizzazione, essendo
quest'ultima unicamente l'occasione che
rende (eventualmente) necessaria
l'attivazione dei poteri dell'autorità,
volti alla tutela della sicurezza e
dell'ordine pubblico. (Nella fattispecie per
cui è causa, quindi, ben potevano le
prescrizioni dell'autorità andare oltre
l'ambito della "specifica attività di
somministrazione di alimenti e bevande",
gestita dalla società ricorrente ed oggetto
dell'autorizzazione di polizia).
3.-
La genericità della formulazione dell'art.
54 co. 4, D.Lgs. n. 267/2000 consente al
Sindaco di adottare i provvedimenti più
idonei al raggiungimento dello scopo voluto
dalla norma, se del caso anche con la
formulazione consistente e specifica che ha
avuto il provvedimento per cui è causa
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 15.05.2009 n. 1420 - link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Atti di ritiro - Annullamento -
Motivazione sul pubblico interesse - Non
necessarietà - Casi - Ragioni - Art.
21-nonies, L. n. 241/1990 - Applicazione -
Disciplina.
L'annullamento in autotutela di un atto
amministrativo, da cui derivi un indebito
rilevante esborso di pubblico denaro, con un
ingiustificato vantaggio per il privato, non
ha bisogno di una particolare motivazione
sull'interesse pubblico, che è in re ipsa,
ancorché sia trascorso del tempo, né in
contrario dispone l'art. 21-nonies, L. n.
241/1990, che va inteso come regolante solo
i casi in cui l'Amministrazione ha potestà
discrezionale, o comunque ha qualche potere
di disporre, non giustificandosi altrimenti
la deroga al principio di legalità, di cui
all'art. 97, Cost., con il tener in
considerazione elementi estranei alle norme,
cui è tenuta ad uniformarsi (TAR Friuli
Venezia Giulia 07-07-2006 n. 475) (TAR
Liguria, Sez. II,
sentenza 15.05.2009 n. 117 - link
a http://mondolegale.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione
- Plurima - Carenza di una di esse -
Illegittimità - Insussistenza - Casi.
Qualora più motivazioni sorreggano
autonomamente un provvedimento
amministrativo, il venir meno di una non
determina l'illegittimità dell'atto se
un'altra giustificazione sia in via autonoma
idonea a sorreggerlo (Cons. Stato, sez. V,
29-08-2006 n. 5039)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 04.05.2009 n. 1361 - link a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1- Attività edilizia - Intervento
- Abbaini abusivamente realizzati -
Visibilità dell'opera - Punti di
osservazione - Fattispecie.
2- Concessione - Zone vincolate - Vincolo
paesistico - Normativa di riferimento -
Opere non preventivamente assentite -
Sanatoria - Va esclusa - Eccezioni.
4- Beni culturali ed ambientali - Vincolo -
Paesaggistico - Nozione di "paesaggio" -
Riferimenti normativi - Interpretazione -
Caratteri fondamentali del concetto di
paesaggio - Individuazione - Visione di
insieme - Visione statica del paesaggio -
Non va accolta - Ragioni di incongruenza con
la esigenza di tutela del paesaggio -
Fattispecie - Estensione della tutela al
centro storico.
1-
La percettibilità di un'opera non è esclusa
dall'impossibilità di inquadrarla dal piano
di calpestio stradale in quanto l'incidenza
nel contesto può essere apprezzata da
differenti punti di vista, come ad esempio
dai piani superiori degli edifici
frontistanti ancorché leggermente più bassi
o latistanti. La non visibilità assoluta di
un intervento quando questo riguardi una
parte dell'edificio posizionata in una corte
interna, come tale impercettibile da
qualsiasi punto del centro abitato e, a
fortiori, dai luoghi naturali specificati
nel provvedimento impositivo di vincolo (1).
Il Collegio ha in quel caso statuito che il
compimento di opere non visibili
dall'esterno di un edificio a corte preclude
a priori ogni possibile lesione dei valori
paesaggistici.
Diversamente dal caso allora
esaminato, nella fattispecie la lettura
della totalità degli abbaini da differenti
punti di vista -anche non coincidenti con la
tradizionale visuale dalla Piazza, dalla
strada o dal marciapiede- impedisce di
escludere la percettibilità dell'intervento,
viceversa attestata dalla possibilità di
cogliere l'impatto di tutti gli abbaini dai
piani superiori.
------------------------
(1) TAR Lombardia Brescia, sez. I,
06-05-2008 n. 483.
2-
La vigente normativa sull'autorizzazione
paesistica risultante dal combinato disposto
dell'art. 146, co. 12, e dell'art. 167, co.
4, D.Lgs. n. 42/2004 (2) è particolarmente
severa, in quanto esclude la sanatoria
ambientale per le opere non preventivamente
assentite, con l'eccezione di alcune
fattispecie marginali: la finalità della
norma è di costituire un più solido
deterrente contro gli abusi dei privati.
Il
regime previgente, che affidava
all'amministrazione la scelta tra la
remissione in pristino e il pagamento di un
risarcimento ambientale (da individuare nel
maggiore importo tra il danno arrecato e il
profitto conseguito dal trasgressore),
riconosceva un certo rilievo al fatto
compiuto alterando i rapporti di forza tra
la parte pubblica e quella privata a favore
di quest'ultima. Il regime attuale invece fa
prevalere l'interesse pubblico a
un'utilizzazione controllata (e quindi
preventivamente assentita) del territorio
caratterizzato da valori o fragilità
ambientali.
-------------
(2) TAR Lombardia Brescia, sez. I,
19-03-2008 n. 317.
3-
In armonia con la nozione di "paesaggio" di
cui alla Convenzione europea per il
paesaggio, sottoscritta a Firenze il
20.10.2000 e recepita nel nostro ordinamento
con L. 09.01.2006 n. 14, l'individuazione
dei beni paesaggistici, ed in particolare le
cosiddette "bellezze d'insieme", richiede
una lettura territoriale che colga tra gli
elementi percepiti una trama di relazioni
strutturata sulla base di un codice
culturale che conferisce "valore estetico e
tradizionale" all'insieme in cui si
"compongono".
Essa enuclea i caratteri fondamentali del
concetto di paesaggio: il contenuto
percettivo, in quanto il paesaggio è
comunque strettamente connesso con il dato
visuale, con "l'aspetto" del territorio; la
complessità dell'insieme, in quanto non è
solo la pregevolezza intrinseca dei singoli
componenti ad essere considerata, come
avviene per le bellezze individue, ma il
loro comporsi, il loro configurarsi che
conferisce a quanto percepito una "forma"
riconoscibile che caratterizza i paesaggi;
il valore estetico-culturale, in quanto alla
forma così individuata è attribuita una
significatività, una capacità di evocare
"valori estetici e tradizionali"
rappresentativi dell'identità culturale di
una comunità.
Alla luce di tali considerazioni, è evidente
che non è ammissibile -in ossequio
all'opposta visione statica del paesaggio-
una selezione degli elementi che lo
compongono finalizzata ad isolare quelli più
significativi, rientranti nel fuoco della
salvaguardia ambientale. Una tale
impostazione manifesta un'incongruenza,
ossia quella di una lettura che non
contempla il territorio nel suo insieme ma
"ritaglia" soltanto alcune bellezze, che
vengono singolarmente ed autonomamente
valorizzate (per esempio un Lago, la
vegetazione collinare, etc.).
Nel caso specifico il Tribunale ritiene, in
coerenza con quanto appena affermato che,
l'estensione della tutela al Centro storico
di Salò deve essere apprezzata proprio
nell'ottica di una visione complessiva del
valore paesaggistico tutelato, comprendente
tutti gli elementi stratificatisi nel tempo,
e quindi sia i componenti del sistema
naturale sia il patrimonio creato dall'uomo
che coinvolge anche gli insediamenti in
concreto realizzati. L'"insieme" costituisce
quindi oggetto di tutela, ed abbraccia anche
gli interventi che incidono
sull'impostazione tradizionale del tessuto
urbano ed in particolare sui fabbricati
civili, i quali con le loro caratteristiche
tipiche si inseriscono e si collegano
all'ambiente naturale poco distante: in
definitiva non si tratta di privilegiare i
profili architettonici delle opere ma di
sottoporli ad una lettura che sappia
cogliere la loro armonia con il contesto
protetto (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 04.05.2009 n. 891 - link
a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Potere di
annullamento ministeriale del n.o.
paesaggistico.
Il potere di annullamento ministeriale di un
nulla osta paesaggistico rilasciato per la
realizzazione di un intervento edilizio in
zona vincolata, pur non comportando un
riesame complessivo delle valutazioni
tecnico discrezionali compiute dall’ente
territoriale competente, tale da consentire
la sovrapposizione o la sostituzione di una
valutazione di merito del Ministero a quella
compiuta in sede di rilascio
dell'autorizzazione, si estrinseca in un
controllo di legittimità e si estende a
tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso
di potere, con la conseguente possibilità
per il Ministero di espletare un puntuale e
penetrante sindacato sull'esercizio delle
funzioni amministrative connesse al potere
autorizzatorio.
Con particolare riferimento all'esercizio
del potere in esame ed alla relativa
motivazione, in termini generali va però
ribadito che è illegittimo il provvedimento
ministeriale di annullamento di un nulla
osta paesaggistico che rechi una motivazione
generica e vaga, valevole per una serie
indefinita di casi (TAR Calabria-Catanzaro,
Sez. I,
sentenza 29.04.2009 n. 360 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parametri edilizi.
Va condiviso l’orientamento interpretativo
(ormai assolutamente prevalente in
giurisprudenza) che ha richiamato con forza
la necessità di applicare in maniera
congiunta agli interventi di nuova
edificazione da realizzarsi fuori dal
perimetro dei centri abitati privi di
strumentazione urbanistica i due parametri
edilizi (densità massima fondiaria di 0,03
metri cubi per metro quadro; in caso di
interventi a destinazione produttiva,
rapporto di copertura non superiore ad un
decimo dell’area di proprietà) previsti
dall’art. 9, 1° comma, lett. b), del d.p.r.
06.06.2001 n. 380 (TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 23.04.2009 n. 766 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Autorizzazione
ambientale.
L’autorizzazione ambientale non può
limitarsi a valutare la conformità delle
opere alla normativa urbanistica avendo per
scopo quello (ulteriore) di valutare
l’impatto delle modifiche sugli aspetti
tutelati dal vincolo, impatto che, pur
nell’ambito della tipologia ammessa, può
essere diverso a seconda delle modalità
costruttive, della collocazione, delle
dimensioni, della possibilità di inserimento
nel contesto ambientale (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 22.04.2009 n. 511 - link
a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1.
Sindaco - Ordinanze contingibili e urgenti -
Presupposti necessari - Insussistenza -
Casi.
2. Efficacia - Lesività - Sussistenza -
Condizioni - Conseguenze.
1.
Il potere del sindaco di emanare ordinanze
contingibili e urgenti presuppone la
necessità di provvedere con immediatezza in
ordine ad una situazione di natura
eccezionale ed imprevedibile, cui sia
impossibile far fronte con gli strumenti
ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché
l'esistenza e l'indicazione nel
provvedimento impugnato di una situazione di
pericolo, quale ragionevole probabilità che
accada un evento dannoso nel caso in cui
l'amministrazione non intervenga
prontamente; pertanto, ai sensi degli artt.
50 e 54, D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, il
collegamento con le esigenze di protezione
dell'igiene e della salute pubblica
costituisce presupposto necessario per
giustificare il ricorso al potere
ordinatorio, ma non sufficiente, dove non
sussistano gli ulteriori particolari
requisiti di urgenza e, quindi, pericolo per
la pubblica incolumità (TAR Toscana Firenze,
sez. II, 09-04-2004 n. 1006; TAR Calabria
Catanzaro, sez. II, 07-11-2008 n. 1484; TAR
Puglia Bari, sez. I, 13-03-2008 n. 593; TAR
Lazio Latina 20-11-2006 n. 1732).
2.
L'atto del Comune di richiesta di
integrazione documentale, con riferimento ad
una domanda di autorizzazione edilizia del
privato, rappresenta un mero atto
interlocutorio, non avente alcuna lesività
immediata e, quindi, non è autonomamente
impugnabile (TAR Campania Napoli, sez. VI,
14-02-2005 n. 1046). L'eventuale lesione si
ha soltanto con l'atto che definisce
negativamente il procedimento, ove questo
sia adottato sul presupposto della mancata o
incompleta presentazione della
documentazione richiesta. Con l'impugnazione
di esso l'interessato potrà censurare
l'eventuale inutilità o superfluità della
documentazione reclamata in sede istruttoria
dal Comune
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.04.2009 n. 537 - link a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
1. Appalto pubblico (in generale)
- Gara - Rinnovazione parziale - Derivante
da pronuncia giurisdizionale - Limiti -
Individuazione - Eccezione.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Rinnovazione parziale - Derivante da
provvedimento giurisdizionale - Opportunità
e fattibilità in concreto - Va valutata.
3. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - Criteri - Richiamo ai
criteri di valutazione indicati dal bando -
Insufficienza.
4. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Valutazioni della commissione - Nell'ambito
della discrezionalità tecnica - Rientrano -
Ragioni - Insindacabilità - Limiti.
5. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - Giudizio - Irripetibilità -
Natura.
6. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - In sede di gara e in sede
giudiziaria - Differenze - Conseguenze.
7. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Aggiudicazione - Annullamento -
Reintegrazione in forma specifica - Spetta -
Ipotesi.
8. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Contratto - Impugnazione - Successiva alla
scadenza del termine per l'impugnazione
degli atti di gara - Possibilità - Sussiste
- Ipotesi - Giudice Amministrativo - Poteri.
9. Giurisdizione amministrativa - Appalto
pubblico - Giurisdizione esclusiva - Sulla
legittimità degli atti di gara e sulla
spettanza del diritto a contrarre - Sussiste
- Conseguenze - Declaratoria di caducazione
del contratto - Possibilità.
1.
Nel caso delle procedure ad evidenza
pubblica, è certamente ostativo alla
rinnovazione parziale della gara il fatto
che il giudice abbia ritenuto fondato un
motivo di ricorso teso a travolgere ab
imis la procedura (illegittimità dei
criteri di valutazione delle offerte;
illegittima apposizione di una clausola
impeditiva della partecipazione; etc.).
2.
Qualora, come solitamente avviene, la
pronuncia del giudice sull'annullamento di
una procedura ad evidenza pubblica,
intervenga in un momento in cui sono già
note le offerte tecniche ed economiche (e
non si tratti di appalto da aggiudicare con
sistemi c.d. aritmetici), pur potendo
ritenersi impossibile la rinnovazione
parziale della gara, essendo ormai
"inquinata" la serenità di giudizio della
commissione chiamata a valutare le offerte
(e ciò sia nel caso in cui essa operi nella
medesima composizione originaria, sia nel
caso in cui essa venga rinnovata nella
composizione), l'opportunità e la
fattibilità della rinnovazione parziale di
una gara, a seguito di una pronuncia
giurisdizionale che abbia dichiarato
l'illegittimità della procedura, va valutata
in concreto, non potendosi escludere in
assoluto la legittimità di un siffatto modus
operandi (2). In tali casi invero l'attività
valutativa affidata alla commissione in sede
di rinnovazione parziale è limitata dalla
pronuncia del giudice, nel senso che la
commissione deve tenere in considerazione i
motivi di ricorso che l'organo giudicante ha
ritenuto fondati; per altro verso ancora, il
principio di segretezza delle offerte non è
in assoluto inderogabile, dovendo essere
coordinato con altri principi di pari
rilevanza, quali, ad esempio, l'effettività
della tutela giurisdizionale (effettività
che verrebbe ad essere vanificata se
l'interesse "diretto" ad ottenere
l'appalto,interesse tutelato dal Giudice
Amministrativo con l'accoglimento del
ricorso, non potesse trovare soddisfazione
per l'impedimento alla rinnovazione delle
operazioni di gara costituito dalla
intervenuta valutazione tecnica ed economica
delle offerte). A ciò si aggiunga che, la
possibilità di rinnovazione parziale delle
operazioni di gara è subordinata alla
condizione indefettibile, che il
provvedimento terminale contenga una
motivazione molto più ampia ed articolata
rispetto all'ordinario (questo è ovviamente
un dazio che la stazione appaltante deve
pagare se vuole evitare la caducazione
totale della gara, ed esso è giustificato
proprio dalla circostanza che la valutazione
riguarda offerte già note.
----------------
(2) Cons. Stato, sez. VI, n. 6457/2004.
3.
Nell'ambito di una procedura ad evidenza
pubblica, ai fini della valutazione delle
offerte, non è sufficiente il richiamo ai
criteri di valutazione indicati dal bando.
La commissione di gara deve, in sede di
motivazione, dimostrare di avere
correttamente applicato i criteri previsti
dal bando, altrimenti il tutto si
risolverebbe in un formale richiamo alla
lex specialis.
4.
Le valutazioni di una commissione di gara o
di concorso rientrano nell'ambito della
discrezionalità tecnica, visto che da un
lato le commissioni di gara debbono quasi
sempre esprimere giudizi di natura tecnica,
dall'altro lato esse non possono
discrezionalmente orientare l'esito di una
gara (dovendo aggiudicare l'appalto
all'impresa che ha ottenuto il maggior
punteggio in applicazione dei criteri di
valutazione previsti dal bando). Peraltro,
il problema che sorge nelle procedure
concorsuali attiene non tanto
all'insindacabilità in assoluto delle
valutazioni espresse dalla commissione,
quanto alla soggettività ed alla
irripetibilità dei giudizi (fermo restando
che, in caso di errores in procedendo
-errata applicazione dei criteri previsti
dal bando- o di manifesta ingiustizia delle
valutazioni, il giudice deve inesorabilmente
annullare l'aggiudicazione o, al limite,
correggere i punteggi) (3).
--------------------
(3) TAR Puglia Lecce n. 2286/2008.
5.
Nelle procedure selettive, il giudizio della
commissione è in qualche misura
irripetibile, essendo condizionato, oltre
che dai convincimenti individuali dei
commissari (i quali non possono essere
coartati da nessuno, fermi restando sempre i
limiti di cui si è detto in precedenza), dal
confronto fra i vari concorrenti e dal
livello complessivo delle offerte. Nelle
procedure selettive, cioè, il giudizio della
Commissione è sempre relativo, dipendendo
esso, oltre che dal valore assoluto delle
singole offerte, anche dall'inevitabile
paragone che deve essere fatto fra esse. Se,
ad esempio, il livello qualitativo delle
offerte è nel complesso molto alto,
un'offerta che si discosta anche di poco
dall'optimum rischia di essere penalizzata
nel punteggio, il che però fa parte delle
regole del gioco e non è di per sé contrario
ad alcuna norma o principio.
6.
La commissione di gara è tenuta a leggere
per intero l'offerta tecnica (il che
consente di valutarne il livello
complessivo) e i singoli commissari possono
anche utilizzare al riguardo le proprie
conoscenze personali della materia (la c.d.
scienza privata), in sede giudiziaria
dell'offerta aggiudicataria vengono
"selezionati" e portati all'esame del
giudice solo i passaggi che adducono
elementi a sostegno della tesi del
ricorrente, in tal modo spezzando quella che
è l'unitarietà dell'offerta. Al giudice,
inoltre, è precluso il ricorso alla c.d.
scienza privata, potendo la decisione
fondarsi solo sul materiale probatorio
regolarmente acquisito agli atti del
giudizio (4).
--------------------
(4) TAR Puglia Lecce, sez. II, n.
3721/2004.
7.
La reintegrazione in forma specifica
equivale alla declaratoria di spettanza
dell'aggiudicazione, che però il Giudice
Amministrativo non potrebbe pronunciare se,
nelle more del giudizio, è stato stipulato
il contratto con un altro concorrente (che
non ne aveva diritto a causa
dell'illegittimità dell'aggiudicazione).
Questo perché, ovviamente, fino a che rimane
in vita il contratto, l'avente diritto non
potrebbe subentrare nell'appalto, visto che
la posizione dell'aggiudicatario illegittimo
poggerebbe su un negozio giuridico valido ed
efficace e che non ci possono essere
contemporaneamente due soggetti chiamati ad
eseguire lo stesso appalto (5).
-------------------
(5) Cass., SS.UU., ord. n. 27169/2007;
Corte Costituzionale n. 204/2004; Corte
Costituzionale n. 191/2006.
8.
Fermo restando che il contratto stipulato a
seguito di procedura ad evidenza pubblica
può essere impugnato di fronte al giudice
civile anche successivamente alla scadenza
del termine decadenziale previsto per
l'impugnazione degli atti di gara
(configurandosi un'ipotesi di doppia tutela,
non infrequente nel nostro ordinamento), sia
deducendone la nullità o l'annullabilità in
base ai canoni civilistici, sia deducendone
la caducazione per vizi afferenti la fase
dell'evidenza pubblica, se (e solo se)
nell'ambito del giudizio impugnatorio
promosso per contestare gli atti di gara
viene proposta la domanda di reintegrazione
in forma specifica, il Giudice
Amministrativo, laddove ritenga accoglibile
tale domanda, deve necessariamente
pronunciarsi sul contratto stipulato nelle
more (ciò anche in applicazione dell'art.
1421, Cod. Civ., atteso che il potere del
giudice di rilevare d'ufficio la nullità
implica l'attribuzione al giudice del potere
di percorrere le tappe necessarie per
giungere alla pronuncia richiesta, nella
specie la reintegrazione in forma specifica)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 23.03.2009 n. 492 - link
a http://mondolegale.it). |
APPALTI: 1.
Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Revoca - Acquiescenza - Insussistenza - Casi
- Ragioni
2. Atto amministrativo - Acquiescenza -
Sussistenza - Condizioni - Conseguenze.
1.
In caso di revoca di una gara
precedentemente bandita e di indizione di
una nuova procedura, la presentazione di una
domanda di partecipazione alla nuova gara
riflette semplicemente l'interesse della
ricorrente ad ottenere l'aggiudicazione
dell'appalto oggetto della stessa, che,
evidentemente, stante l'efficacia della
determinazione di revoca della gara
precedentemente bandita, può essere
conseguita, allo stato, solo partecipando
alla relativa procedura. La domanda di
partecipazione alla nuova gara non è dunque
in sé indice significativo della volontà di
accettare gli effetti della revoca, in
quanto la partecipazione alla nuova
procedura è del tutto compatibile con la
volontà di contestare la decisione di
revocare quella precedente, atteso che solo
partecipando alla nuova gara la società può
ottenere l'aggiudicazione dell'appalto cui
essa di riferisce.
2.
L'acquiescenza, quale accettazione espressa
o tacita del provvedimento lesivo
determinante l'estinzione del diritto di
azione, con conseguente inammissibilità del
ricorso giurisdizionale avverso il
provvedimento medesimo, si configura solo in
presenza di una condotta da parte
dell'avente titolo all'impugnazione che sia
libera e inequivocabilmente diretta ad
accettare l'assetto di interessi definito
dall'amministrazione attraverso gli atti
oggetto di impugnazione sicché tutti i dati
fattuali devono indicare senza incertezze,
la presenza di una chiara intenzione
definitiva di non contestare l'atto lesivo
(C.d.S., sez. IV, 27.06.2008, n. 3255
C.d.S., sez. V, 28.12.2001, n. 6431)
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 07.02.2009 n. 367 - link a http://mondolegale.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Sindaco
- Ordinanze contingibili e urgenti -
Sgombero animali per ragioni di carattere
urbanistico - Illegittimità - Sussiste.
Presupposto per l'adozione delle ordinanze
sindacali contingibili ed urgenti ai sensi
degli articoli 50, comma 5, e 54, comma 2,
D.Lgs n. 267/2000 è la necessità di
intervenire urgentemente, per eliminare uno
stato di grave pericolo per l'igiene e/o la
salute pubblica o per l'incolumità dei
cittadini, da accertare preventivamente
mediante idonea istruttoria, avente le
caratteristiche di situazione eccezionale o
imprevedibile, che va urgentemente
affrontato con misure eccezionali di
carattere provvisorio e che pertanto non può
essere fronteggiato efficacemente con
l'utilizzo degli ordinari mezzi previsti
dall'ordinamento giuridico di carattere
definitivo (nel caso di specie è stata
ritenuta illegittima l'ordinanza sindacale
di sgombero di animali in quanto non
costituiva misura eccezionale di carattere
provvisorio, bensì si configurava quale
provvedimento di carattere definitivo,
giustificato soltanto da ragioni di natura
urbanistica)
(TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 05.08.2008 n. 40 - link a http://mondolegale.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'08.06.2009 |
ã |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Approvata proposta di
legge sul patrimonio edilizio e urbanistico.
Con
deliberazione GR 03.06.2009 n. 9544
è stata approvata la proposta di progetto di
legge "Azioni straordinarie per lo sviluppo
e la qualificazione del patrimonio edilizio
ed urbanistico della Lombardia" (link a
www.territorio.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI -
ENTI LOCALI:
Norme su terre e rocce da scavo,
consorzi stabili e conferenza di servizi nel
collegato alla finanziaria approvato dal
Senato.
Il Senato della Repubblica ha
definitivamente approvato il 26 maggio
scorso il
DDL 1082-B
recante «Disposizioni per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la
competitività, nonché in materia di processo
civile» e collegato alla Finanziaria
2009.
Conferenza di servizi.
Attività consultiva e
valutazioni tecniche.
L'articolo 9 modifica l'articolo 14-ter
della legge n. 241 del 1990, in materia di
conferenza di servizi, consentendo la
partecipazione alla conferenza di servizi,
senza diritto di voto, di alcune categorie
di soggetti interessati al progetto dedotto
in conferenza (soggetti proponenti il
progetto nonché concessionari e gestori di
servizi pubblici qualora il progetto abbia
effetti diretti o indiretti sulla loro
attività).
L'articolo 8 modifica invece l'art. 16 della
legge n. 241 del 1990, concernente
l'acquisizione di pareri nell'ambito
dell'istruttoria del procedimento
amministrativo, al fine di contenere i tempi
di conclusione della fase consultiva, e
l'art. 25 della stessa legge, concernente le
modalità di esercizio del diritto di
accesso.
Ai sensi del comma 1 dell'art. 16 citato gli
organi consultivi delle pubbliche
amministrazioni sono tenuti a rendere i
pareri ad essi obbligatoriamente richiesti
entro quarantacinque giorni dal ricevimento
della richiesta. Qualora siano invece
richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti
a dare immediata comunicazione alle
amministrazioni richiedenti del termine
entro il quale il parere sarà reso. La nuova
stesura del comma 2 prevede ora che in caso
di decorrenza del termine senza che sia
stato comunicato il parere, obbligatorio o
facoltativo, o senza che l’organo adito
abbia rappresentato esigenze istruttorie, è
in facoltà dell’amministrazione richiedente
di procedere indipendentemente
dall’espressione del parere.
Resta peraltro fermo quanto previsto dal
comma 4 dell'art. 127 del D. Leg.vo 163/2006
(Codice dei contratti pubblici), contenente
norme in merito alla validità delle adunanze
e delle votazioni del Consiglio Superiore
dei LL.PP.
Semplificazione dei
piccoli appalti pubblici .
All'articolo 17 sono state introdotte norme
di semplificazione per i piccoli appalti
pubblici, con la finalità di fronteggiare la
straordinaria situazione di crisi economica
in atto e per incentivare l'accesso alle
commesse pubbliche da parte delle piccole e
medie imprese. L'intervento normativo
apporta modifiche alla procedura di
partecipazione alle gare dei consorzi
stabili, incidendo sulla disciplina di cui
agli artt. 36 e 37 del D. Leg.vo 163/2006
(Codice dei contratti pubblici).
In particolare cade il divieto di
partecipazione simultanea del consorzio
stabile e dei consorziati alla medesima
procedura, nelle ipotesi disciplinate
dall'art. 36, comma 5, terzo periodo, e
dall'art. 37, comma 7, terzo periodo.
Adozione di decreti
correttivi in materia ambientale.
Caratteristiche delle
terre e rocce da scavo.
L'articolo 12 reca una delega al Governo, da
esercitare entro il 30.06.2010, in materia
ambientale. Il comma 4 affida ai decreti
legislativi, previsti dal comma 1
dell'articolo 12 stesso, la definizione
delle caratteristiche chimiche, fisiche e
geotecniche che debbono avere le terre e le
rocce derivanti dagli scavi, affinché siano
compatibili con i siti a cui sono destinate
per interventi di miglioramento ambientale.
Si ricorda che ai sensi del comma 7-bis
dell'articolo 186 del D. Leg.vo 152/2006
(Codice dell'ambiente), le terre e le rocce
da scavo possono essere utilizzate, qualora
ne abbiano le caratteristiche ambientali,
per interventi di miglioramento ambientale e
di siti anche non degradati. Tali interventi
debbono garantire, nella loro realizzazione
finale, una delle seguenti condizioni:
a) un miglioramento della qualità della
copertura arborea o della funzionalità per
attività agro-silvo-pastorali;
b) un miglioramento delle condizioni
idrologiche rispetto alla tenuta dei
versanti e la raccolta e regimentazione
delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione
paesaggistica (tratto da
www.legislazionetecnica.it). |
ENTI LOCALI:
SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANI E FUNZIONI
DEGLI ENTI LOCALI, SEMPLIFICAZIONE E
RAZIONALIZZAZIONE DELL’ORDINAMENTO E CARTA
DELLE AUTONOMIE LOCALI (bozza
del 15.05.2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Cessioni free di aree al Comune.
Esclusione Iva con urbanizzazione. In
mancanza, il trasferimento si considera
effettuato a titolo oneroso nell’ambito di
un’operazione permutativa.
Alla cessione di un lotto effettuata a
favore di un Comune a scomputo degli oneri
di urbanizzazione, non si applica
l’esclusione dall’Iva prevista dall’articolo
51 della legge 342/2000 se sull’area non
vengono realizzate opere di urbanizzazione.
Tale cessione si considera effettuata a
titolo oneroso nell’ambito di un’operazione
permutativa e la base imponibile si
determina secondo il valore normale del
lotto (Agenzia delle Entrate,
risoluzione 04.06.2009 n. 140/E -
link a www.nuovofiscooggi.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
05/06/2009 COMUNICATO ARAN:
firmata l’ipotesi di CCNL per il personale
del Comparto Regioni-Autonomie Locali,
relativa al biennio economico 2008-2009
(link a www.aranagenzia.it). |
CORTE DEI CONTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere richiesto dal Comune di Nizza
Monferrato, recante un quesito in
merito all'applicazione di una norma del
Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.
12.04.2006 n. 163) - l'art. 32, lett. g) -
nel caso di una convenzione di lottizzazione
perfezionata prima dell'entrata in vigore
della norma medesima, ma il cui conseguente
permesso di costruire sia posteriore, nonché
al contenuto della convenzione medesima
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere 03.06.2009 n.
22
- link a www.corteconti.it).
Il Comune
chiede se la disposizione di cui all’art.
32, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 12.04.2006
n. 163,
che comporta -in particolare- la necessità
di esperire anche per i lavori privati
eseguiti a scomputo degli oo.uu. la
procedura di evidenza pubblica senza
eccezioni, sia applicabile nel caso in cui
antecedentemente alla sua entrata in vigore
sia stata perfezionata una convenzione di
lottizzazione, ma non ancora rilasciato il
conseguente permesso di costruire.
Come osservato dalla Sezione lombarda di
questa Corte, che ha avuto modo di occuparsi
di identica questione (parere del 26.11.2008
n. 95) lo scopo perseguito dal legislatore è
di evitare che, attraverso l’assunzione in
via diretta da parte dei privati titolari
del permesso di costruire della
realizzazione di opere di urbanizzazione a
scomputo del contributo previsto per il
rilascio del permesso, venga eluso il
principio dell’evidenza pubblica per
l’esecuzione di opere pubbliche.
La norma in discorso costituisce adeguamento
agli obblighi comunitari (l’art. 1 del
citato D.Lgs. n. 152/2008, che ha sostituito
l’art. 32, comma 1 lett. g) del D.Lgs n.
163/2006, è invero espressamente rubricato
“Disposizioni di adeguamento comunitario”).
Come osservato dal Consiglio di Stato in
sede di parere allo schema del D.Lgs. n.
152/2008 cit. (Sezione consultiva per gli
atti normativi 14.07.2008 n. 2357), la
modifica del ridetto articolo 32, comma 1,
lettera g) è tesa a recepire le osservazioni
della Commissione europea relativamente alla
realizzazione di opere di urbanizzazione a
scomputo. Secondo la Commissione, invero, la
norma precedente risultava in contrasto con
le regole di cui alla direttiva 2004/18/CE,
laddove veniva conservato il diritto di
prelazione in favore del promotore
individuato unicamente nel titolare del
permesso di costruire.
La descritta ratio consiglia
un’interpretazione della norma che ne
consenta la più ampia applicazione.
I lavori pubblici cui questa testualmente si
riferisce sono quelli da realizzarsi da
parte dei soggetti privati titolari di
permesso di costruire. E’ dunque la
titolarità di tale permesso presupposto per
l’operare della norma in parola, mentre non
v’è menzione, ne’ spazio per altre
situazioni giuridiche soggettive, quali
quelle derivanti dall’essere parte di una
convenzione urbanistica. |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Calolziocorte (Lc) in
ordine alla corresponsione degli incentivi
per la progettazione ai sensi dell'art. 92,
comma 5, del decreto legislativo 12.04.2006
n. 163, Codice degli appalti pubblici
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 13.05.2009 n. 210
- link a www.corteconti.it).
Come già messo in luce nel citato parere
n.40/2009, dalla ricostruzione normativa
testé operata si deduce che:
- la modifica dell’incentivo alla
progettazione trova motivazione nell’azione
di contenimento della spesa per la Pubblica
Amministrazione ulteriormente rafforzata
dalle misure disposte dal più volte citato
art. 61 del decreto legge n. 122/2008;
- la percentuale del 2% dell’importo, posto
a base di gara, prevista dal Codice dei
Contratti pubblici, viene destinata per lo
0,5% ai compensi da erogarsi ai tecnici
interni per le attività connesse
all’esecuzione di contratti pubblici, di
lavori, servizi e forniture;
- la riduzione della percentuale va
considerata come un’economia di spesa da
rilevarsi già in sede di incarico al
personale per cui, all’interno del quadro
economico dell’opera, l’incentivazione deve
essere prevista nella misura massima dello
0,5%;
- dalla lettura coordinata dei commi 8 e 17
dell’art. 61 in esame, si evince inoltre che
la misura di contenimento della spesa
pubblica, costituita dall’obbligo di versare
in apposito capitolo dell’entrata del
bilancio dello Stato, non si applica agli
enti territoriali per i quali la percentuale
dell’1,5% confluisce nel proprio bilancio
quale economia di spesa, spendibile in sede
di applicazione di avanzo di
amministrazione;
- la norma trova applicazione a decorrere
dal 1 gennaio 2009 e dunque con riferimento
alle attività poste in essere
successivamente al 31 dicembre 2008, per cui
è necessario che gli enti abbiano approvato
entro l’anno i progetti esecutivi previsti
nel piano annuale delle opere;
- alla luce delle nuove disposizioni infine
gli enti è opportuno che rivedano, in sede
di contrattazione decentrata, i criteri e le
modalità di ripartizione della percentuale
destinata all’incentivazione del personale
tecnico e di procedere altresì ad una
revisione del conseguente Regolamento di cui
all’art. 92, comma 5, del citato Codice
degli appalti.
La conclusione della Sezione circa la
sussistenza, o meno, del regime di
retroattività delle disposizioni contenute
nell’art. 61 comma 8, della legge n.
113/2008 è stata che “non vi sono
disposizioni a carattere retroattivo
relative alla riduzione dell’incentivo alla
progettazione degli uffici tecnici interni
ed una interpretazione in tal senso
finirebbe per incidere su un diritto
soggettivo vantato dai dipendenti degli
stessi uffici, i quali hanno maturato il
diritto al pagamento in busta paga dei
corrispettivi previsti dalla normativa
applicabile al momento in cui le prestazioni
sono state svolte”. Pertanto la Sezione
ha ritenuto che i compensi erogati a
decorrere dal 1° gennaio 2009, ma relativi
ad attività realizzate prima di tale data,
vadano assoggettati alla previgente
disciplina, anche in considerazione che le
relative risorse fanno carico a fondi
costituiti secondo la legislazione vigente
in data anteriore e che pertanto non sono
compresi nel disposto legislativo.
Dalla conclusione sopra riportata si può
dedurre la conseguenza che, al di là
della costituzione dei fondi con il
parametro del 2% nell’anno di approvazione
del progetto, è indefettibile requisito per
la liquidazione in tale misura, in data
successiva all’entrata in vigore delle
disposizioni che hanno ridotto la quota di
incentivo a favore dei dipendenti, che da
parte degli stessi vi sia stato un effettivo
svolgimento delle prestazioni attinenti la
realizzazione delle opere, in una data in
cui l’incentivo era al 2%.
In tal modo sarà garantito il pagamento dei
corrispettivi previsti dalla normativa
applicabile al momento in cui le prestazioni
sono state svolte, corrispondendo la
quantità d’incentivo da versare al
dipendente al regime previsto dalla
normativa coeva alla prestazione lavorativa.
Conclusivamente, sarà onere dell’Ente
distinguere tra i soggetti interessati a
vario titolo (responsabile del
procedimento, incaricati della redazione del
progetto, del piano della sicurezza, della
direzione dei lavori, del collaudo, loro
collaboratori) nella realizzazione
dell’opera, coloro che hanno effettuato una
prestazione durante la vigenza della
normativa che riconosceva l’incentivo al 2%
e coloro che hanno prestato la propria opera
nel periodo di vigenza dell’incentivo
ridotto al 0,5%, per procedere in
conseguenza alle rispettive liquidazioni,
corrispondenti al regime d’incentivo vigente
all’epoca dell’effettiva prestazione. |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Busto Garolfo (Mi) in
ordine alla corresponsione degli incentivi
per la progettazione ai sensi dell'art. 92,
comma 5, del d.l.vo 12.04.2006 n. 163,
Codice degli appalti pubblici
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 13.05.2009 n. 209
- link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Comune di Vignone,
recante un quesito in
materia d'incentivi alla progettazione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere
13.05.2009 n. 20
- link a www.corteconti.it).
Sono sorti dubbi interpretativi in merito
all’ambito di efficacia temporale di questa
disposizione riduttiva, rispetto a quanto
originariamente previsto dall’art. 92, comma
5, del codice dei contratti pubblici, prima
dell’introduzione delle norme sopra
richiamate.
In considerazione delle diverse
interpretazioni sostenute dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento
della Ragioneria Generale dello Stato
(circolari n. 36 del 23.12.2008 e n. 10 del
13.02.2009) e da una Sezione regionale di
controllo della Corte (Sezione regionale di
controllo per la Lombardia pareri n. 40 e n.
50 del 2009), la Sezione delle Autonomie,
nell’adunanza del 23.04.2009, ha rilasciato
il parere n. 7, di cui si riportano le
conclusioni, condivise da questo collegio,
che soddisfano la richiesta di parere in
esame.
“Dall’esame delle suddette disposizioni,
appare evidente, innanzitutto, che
l’incentivo per la progettazione ha la
finalità di accrescere l’efficienza e
l’efficacia degli uffici tecnici preposti a
tale ramo d’amministrazione ed in secondo
luogo che l’incentivo è direttamente
funzionalizzato al risultato, ossia
all’effettivo adempimento del concreto
compito affidato ai vari soggetti potenziali
beneficiari della ripartizione della somma.
In tale direzione conduce la constatazione
della diretta correlazione, (art. 13 L.
144/1999) per ogni singola opera o lavoro
tra somme da ripartire, importo dell’appalto
e stanziamenti relativi, superando
l’originaria previsione della costituzione
di un fondo interno alimentato con le
suddescritte modalità e commisurato al costo
preventivato dell’opera, che poteva anche
far configurare una modulabilità degli
stanziamenti in funzione di esigenze di
compatibilità della spesa per incentivi con
le mutevoli necessità di bilancio e, di
conseguenza, l’eventualità di restrizioni.
L’aver, invece, legato la provvista delle
risorse ad ogni singola opera con
riferimento all’importo a base di gara e
aver previsto la ripartizione delle somme
così determinata per ogni singola opera,
evidenzia il chiaro intento di stabilire una
diretta corrispondenza di natura
sinallagmatica tra incentivo ed attività
compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che
il diritto all’incentivo di cui si sta
trattando, costituisce un vero e proprio
diritto soggettivo di natura retributiva
(Cass. Sez. Lav., sent. N. 13384 del
19.07.2004) che inerisce al rapporto di
lavoro in corso, nel cui ambito va
individuato l’obbligo per l’Amministrazione
di adempiere, a prescindere dalle condizioni
e dai presupposti per rendere concreta
l’erogazione del compenso (i fatti oggetto
della causa sono maturati sotto la vigenza
dell’art. 18 della L. 109/1994 prima delle
modifiche introdotte dalla legge 144/1999).
In sostanza dal compimento dell’attività
nasce il diritto al compenso, intangibile
dalle disposizioni riduttive, che non hanno
alcuna efficacia retroattiva. Né rileva, in
contrario avviso, che alla rigorosa
applicazione del criterio della spettanza
dell’incentivo nella misura vigente all’atto
del compimento della specifica attività,
possa conseguire una differente consistenza
del beneficio in ordine alla stessa opera
per la quale è stanziata la somma da
ripartire, a seconda se la stessa attività
sia stata compiuta prima o dopo il 31.12.
2008. Ciò perché, ai fini della nascita del
diritto quello che rileva è il compimento
effettivo dell’attività; dovendosi, anzi,
tenere conto, per questo specifico aspetto,
che per le prestazioni di durata, cioè
quelle che non si esauriscono in una
puntuale attività, ma si svolgono lungo un
certo arco di tempo, dovrà considerarsi la
frazione temporale di attività compiuta.
Nella situazione appena ipotizzata, quindi,
la stazione appaltante, per i compensi da
pagare dal 1° gennaio 2009, per la parte
residua dello stanziamento utilizzabile,
ossia quello al netto delle somme pagate per
le attività compiute fino al 31.12.2008, dovrà rimodulare la somma da ripartire
e la conseguente misura del beneficio,
secondo le nuove disposizioni.
In base a quanto fin qui considerato, il
significato della disposizione contenuta nel
comma 7-bis del D.L. 112/2008, convertito
dalla legge 133/2008, va inteso nel senso
che il “quantum” del diritto al beneficio,
quale spettante sulla base della somma da
ripartire nella misura vigente al momento in
cui questo è sorto, ossia al compimento
delle attività incentivate, non possa essere
modificato per effetto di norme che riducano
per il tempo successivo l’entità della somma
da ripartire, per cui i compensi erogati dal
1° gennaio 2009, ma relativi ad attività
realizzate prima di tale data, restano
assoggettati alla previgente disciplina,
ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma
5– del codice dei contratti pubblici, prima
della modifica apportata con il comma 7-bis
– aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008,
n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008,
n. 133.” |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Comune di Biella,
recante un quesito in
materia di incentivi alla progettazione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere 13.05.2009 n. 19
- link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Livigno (SO) ha posto alla Sezione un
quesito in ordine
all'interpretazione ed applicazione della
disciplina relativa agli incentivi per la
progettazione spettanti ai dipendenti ai
sensi dell'art. 92, co. 5 del Codice di
contratti pubblici, per effetto della
successione delle leggi che hanno
ripetutamente modificato la misura dei
compensi incentivanti
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 05.05.2009 n.
199
- link a www.corteconti.it).
Stante il silenzio del legislatore è
sorto l’interrogativo in ordine
all’applicabilità della riduzione della
misura a tutta l’attività progettuale non
ancora remunerata, ma comunque prestata, o
limitatamente a quella avviata sotto la
vigenza della nuova disciplina.
In proposito il Ministero dell’Economia e
delle Finanze con la circolare n. 36 del
23.12.2008, ritenendo che gli incentivi per
la progettazione ancora da erogare nel 2009
debbano sottostare alla nuova disciplina che
riforma in peius la previdente disposizione
nella parte afferente la misura massima da
corrispondere agli aventi diritto, introduce
al tema dell’irretroattività della legge.
La circolare interpretativa in parola sembra
contraddire un principio immanente del
nostro ordinamento giuridico, il divieto
generale di irretroattività della legge,
dettato espressamente dall’art. 11, comma 1,
delle Disposizioni sulla legge in generale
nella parte in cui testualmente recita “La
legge non dispone che per l’avvenire: essa
non ha effetto retroattivo”.
Tale principio, posto a tutela della
certezza del diritto e delle situazioni
giuridiche dallo stesso regolamentate,
salvaguardia in particolare i diritti
quesiti, maturati sotto la vigenza della
normativa di riferimento, insuscettibili,
pertanto, di essere di essere modificate
dalle sopravvenienze normative deputate alla
regolamentazione di nuove realtà spesso in
un’ottica di adeguamento e di coerenza tra
la realtà giuridica e quella fattuale.
Il legislatore ordinario apporta una deroga
al principio per cui è interesse solo
nell’ambito del diritto penale sancendo
espressamente all’art. 2 del codice penale
la retroattività della legge penale più
favorevole.
La ratio di tale disposizione in deroga si
rinviene, tuttavia, nel principio del favor
rei e nell’esigenza di salvaguardare la
libertà personale costituzionalmente
tutelata.
Non ricorrendo la predetta finalità nelle
altre branche dell’ordinamento giuridico il
divieto generale di retroattività della
legge è insuscettibile di essere inciso se
non, come riconosciuto dalla giurisprudenza
della Corte Costituzionale, limitatamente
alla ricorrenza di alcune condizioni e
comunque in virtù di espressa previsione
legislativa, dovendo risultare chiara la
voluntas legis sul punto.
Non appare ravvisarsi né un’espressa
previsione di deroga al principio di
irretroattività della legge nella norma
contenuta nell’art. 61, comma 8, della legge
n. 133 del 2008 né tanto meno in quella di
cui all’art. 18, comma 4-sexies della legge
n. 2 del 2009 con riferimento ai compensi
incentivanti maturati prima della data del
1° gennaio 2009, ma ancora da corrispondere.
Neppure ricorrendo ad un’attività di stretta
interpretazione può asserirsi una diversa
voluntas legis del principio in esame in
termini di chiarezza ed univocità.
Si aggiunge l’ulteriore riflessione già
maturata dalla Sezione nel precedente parere
n. 5 del 2009 secondo la quale i compensi
incentivanti per cui è interesse, pur non
rientrando nella categoria dell’ordinaria
retribuzione dei dipendenti pubblici,
dipendono dal rapporto di lavoro degli
stessi con l’amministrazione comunale,
inquadrandosi, pertanto, tra le voci
accessorie della retribuzione.
Il loro inquadramento nella categoria dei
crediti di lavoro e, di risulta, la
sottoposizione degli stessi nel relativo
regime giuridico, rispondente ad una visione
protezionistica rafforzata da parte del
legislatore, si contradirrebbe, poi, con una
voluntas legis interpretata nel senso di un
loro trattamento deteriore, cioè di una una
riformatio in peius, dei compensi, il cui
diritto sia già maturato alla data di
entrata in vigore della sopravvenienza
normativa restrittiva.
Dalle suesposte considerazioni la Sezione
conclude conseguentemente che gli incentivi
per la liquidazione da corrispondere agli
uffici tecnici sottostanno al principio del
tempus regit actum soccorrendo in merito le
osservazioni sopra descritte in merito al
tempo di maturazione del diritto ai compensi
di cui all’art. 92 del D. Lgs. n. 163 del
2006.
A ciò è d’obbligo aggiungere che per gli
incentivi alla progettazione degli uffici
tecnici ex art. 92, comma 5, del D. Lgs. n.
163 del 2006, oggetto del quesito formulato
dal Sindaco di Livigno, sono stati adottati
nel 2008 i relativi provvedimenti di
liquidazione.
In virtù del principio contabile consacrato
nella norma ex art. 184 del testo unico
degli enti locali assurge a presupposto
delle disposizioni di liquidazione della
spesa l’acquisizione del diritto in capo al
creditore.
I provvedimenti di liquidazione adottati dal
responsabile del Servizio dei Lavori
Pubblici del Comune di Livigno, pertanto,
hanno conferito il carattere di certezza e
liquidità, quindi di esigibilità, ai crediti
nei quali i compensi incentivanti si
sostanziano.
In conclusione: l’erogazione degli
incentivi previsti dall’art. 92, comma 5,
del codice dei contratti pubblici, già
maturati alla data del 1° gennaio 2009,
termine iniziale di efficacia delle
disposizioni che prevedono l’applicazione
della misura più bassa dell’incentivo, e
comunque acquisiti durante la vigenza delle
leggi che prevedevano la più elevata soglia
del 2%, si sottrae ai disposti
riduzionistici che la diminuiscono di 1,5
punti percentuali. |
ENTI LOCALI:
Parere in materia di
iscrizione nell'inventario comunale degli
impianti di fognatura e acquedotto di
proprietà, ancorché la gestione sia affidata
a organismo esterno
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere
27.03.2009 n. 25
- link a www.corteconti.it).
Il comune è tenuto a iscrivere nel
proprio inventario, nella sezione relativa
ai beni demaniali, tutto il patrimonio
infrastrutturale relativo al servizio idrico
integrato (es., impianti d'adduzione idrica,
di smaltimento, di depurazione delle acque
reflue, ecc.) di sua proprietà, provvedendo
alle relative operazioni di classificazione,
descrizione, codificazione e valutazione dei
singoli cespiti patrimoniali. |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
S. Maglia e M. A. Labarile,
Immissioni rumorose: pericolose (e
«silenziose») novità (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
E. Quadraccia e F. Prezio,
BREVI APPUNTI IN TEMA DI FRESATO DI ASFALTO.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
(link a www.lexambiente.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
C. Sabbatini,
LA DELEGA FUNZIONI NEL SETTORE PUBBLICO
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. A. Pezone,
I DEPURATORI NON PRODUCONO CATTIVI ODORI
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G. Zamburlin,
Critica alla c.d. sanatoria
giurisprudenziale (note critiche
sulla c.d. "sanatoria giurisprudenziale",
rilanciata da una recente decisione del
Consiglio di Stato, che consente la
sanatoria degli abusi anche se l'opera sia
in contrasto con la disciplina urbanistica
comunale vigente al momento dell'abuso)
(link a
http://venetoius.myblog.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Prati -
Il nuovo art. 844 Codice Civile e le
immissioni acustiche (link a
www.greenlex.it). |
APPALTI:
A. Rinaldi,
Appalto, la disciplina della revisione dei
prezzi (link a www.greenlex.it). |
APPALTI:
LEGGITTIMA L'ESCLUSIONE SE NON VIENE
RISPETTATO ALLA LETTERA IL DISCIPLINARE DI
GARA (link a
www.mediagraphic.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.
Galassi,
L’imposta comunale sui rifiuti e il
principio “chi inquina paga”
(link a www.ambientelegale.it). |
dossier DEFINIZIONE INTERVENTI
EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
Installazione prefabbricati -
Permesso di costruire - Necessità -
Presupposti - Art. 3, 1° c. lett. e) D.P.R.
n. 380/2001 - Testo Unico Edilizia.
L'articolo 3, primo comma, lettera e), del
testo unico sull'edilizia D.P.R. n. 380/2001
e s.m. ricomprende tra gli interventi di
nuova costruzione, come tali soggetti al
permesso di costruire, tra gli altri,
l'installazione di manufatti leggeri, anche
prefabbricati ed in genere l'installazione
di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili,
imbarcazioni, a condizione che siano
utilizzate come abitazioni, ambienti di
lavoro, come depositi, magazzini, ecc. e
siano dirette a soddisfare esigenze durature
nel tempo.
In definitiva la nozione di costruzione non
presuppone necessariamente l'ancoraggio al
suolo del fabbricato, se ricorrono le
condizioni dianzi evidenziate.
L'accertamento di tali condizioni è
demandato al giudice del merito, la cui
valutazione si sottrae al sindacato di
legittimità se congruamente motivata (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.03.2009 n. 10708 -
link a www.ambientediritto.it). |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA:
D.i.a. e permesso di costruire.
In base ad una analisi logico sistematica
del D.P.R. n. 380 del 2001, in assenza di
una specifica previsione normativa, deve
ritenersi possibile anche alla D.I.A.
l’applicazione degli istituti previsti per
il permesso di costruire, in quanto entrambi
gli istituti hanno in comune la natura di “titoli
edilizi” e secondariamente alla luce dei
poteri che il legislatore ha previsto in
capo alle Amministrazioni deputate al
controllo degli interventi posti in essere
con la D.I.A..
Il Collegio ritiene di aderire
all’orientamento di quella parte della
giurisprudenza alla luce del quale,
nonostante il richiamo specifico dell’art
19, comma 3, della legge n. 241 del 1990,
agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, che
disciplinano la revoca e l’annullamento
d’ufficio, il potere dell’Amministrazione di
assumere determinazioni in via di autotutela
che la suddetta norma fa salvo, non si
esaurisce nell’utilizzazione dei suddetti
istituti, ma deve intendersi comprensivo di
tutte le iniziative che l’Amministrazione è
legittimata ad assumere per ristabilire, nel
pubblico interesse, la legalità violata,
compresa, quindi, la decadenza, come
sostenuto da parte resistente.
La giurisprudenza ha, d’altro canto, già
ritenuto applicabile alla D.I.A. edilizia
l’art. 31, comma 11, della legge n. 1150 del
1942, avente lo stesso contenuto del citato
art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del
2001, in quanto espressione dei permanenti
poteri di vigilanza che, nel pubblico
interesse, sono attribuiti
all’Amministrazione in ordine all’esecuzione
dell’opera autorizzata ed ai sensi dell’art.
4, comma 10 del D.L. 05.10.1993 n. 398,
convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, L. 04.12.1993, n. 493
che recita: “L'esecuzione delle opere per
cui sia esercitata la facoltà di denuncia di
attività ai sensi del comma 7 è subordinata
alla medesima disciplina definita dalle
norme nazionali e regionali vigenti per le
corrispondenti opere eseguite su rilascio di
concessione edilizia” (TAR Lombardia,
Brescia, ord. n. 27/2003, giurisprudenza
alla quale il Collegio non ritiene di
doversi discostare) (TAR Puglia-Bari, Sez.
III,
sentenza 22.04.2009 n. 983 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 15, comma 4, del D.P.R. n.
380 del 2001 - Permesso di costruire -
Decadenza a seguito dell’entrata in vigore
di nuova disciplina urbanistica -
Applicabilità alla D.I.A..
L’istituto della decadenza previsto per il
permesso di costruire dall’art. 15, comma 4,
del D.P.R. n. 380 del 2001, in base al quale
“Il permesso decade con l'entrata in
vigore di contrastanti previsioni
urbanistiche, salvo che i lavori siano già
iniziati e vengano completati entro il
termine di tre anni dalla data di inizio”,
si applica anche alla D.I.A.
Ciò, prioritariamente, in base ad una
analisi logico sistematica del D.P.R. n. 380
del 2001, in assenza di una specifica
previsione normativa, deve ritenersi
possibile anche alla D.I.A. l’applicazione
degli istituti previsti per il permesso di
costruire, in quanto entrambi gli istituti
hanno in comune la natura di “titoli
edilizi” e secondariamente alla luce dei
poteri che il legislatore ha previsto in
capo alle Amministrazioni deputate al
controllo degli interventi posti in essere
con la D.I.A. (TAR Umbria, 15.07.2007, n.
518) (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 983 - link
a www.ambientediritto.it). |
dossier OPERE PRECARIE |
EDILIZIA PRIVATA:
Case mobili, necessità del
permesso di costruire.
E' legittimo il sequestro preventivo di "case
mobili" realizzate nell'area ricettiva
di un camping in relazione ai reati di
costruzione in assenza del permesso di
costruire e dell’autorizzazione
paesaggistica trattandosi di manufatti
installati da almeno due anni poggiati su
ruote, cavalletti e mattoni in cemento ed
allacciati alle reti idrica, elettrica,
fognaria e del gas, adibiti stabilmente ad
abitazione dei campeggiatori per l’intera
stagione turistica e non rivolti, quindi, a
soddisfare esigenze meramente temporanee che
ne avrebbero determinato la qualificazione
di interventi precari (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 27.05.2009 n. 22054 -
link a www.lexambiente.it). |
dossier PERTINENZE EDILIZIE ED
URBANISTICHE |
EDILIZIA PRIVATA:
Pertinenze.
La nozione di pertinenza quale risulta
dall'art. 7, comma 2, lett. a), d.l.
23.01.1982 n. 9, convertito dalla l.
25.03.1982 n. 94, debba essere interpretata
in modo compatibile con i principi della
materia e non può quindi valere a sottrarre
al regime del permesso di costruire la
realizzazione di opere di rilevante
consistenza urbanistica solo perché
destinate a servizio ed ornamento del bene
principale; proprio con riferimento ad un
nuovo manufatto si afferma che il rapporto
pertinenziale non può esonerare dalla
concessione di opere che, da un punto di
vista edilizio ed urbanistico, si pongono
come ulteriori, in quanto occupano aree e
volumi diversi rispetto alla "res
principalis".
E’ infatti soggetta a concessione edilizia
(ora permesso di costruire) ed al
conseguente rispetto delle prescrizioni
urbanistiche relative al tipo d'intervento,
la realizzazione di un manufatto edilizio
destinato a soddisfare esigenze non
temporanee del soggetto attuatore e, al
contempo, ad alterare in modo permanente
l'assetto urbanistico di zona,
indipendentemente dalla natura dei materiali
adoperati (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 23.04.2009 n. 2142 -
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dossier SIC-ZPS - VAS - VIA |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE -
Valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti - Obbligo di rendere
pubblica la motivazione di una decisione di
non sottoporre un progetto ad una
valutazione - Direttiva 85/337/CEE mod.
dalla Dir. 2003/35/CE.
L’art. 4 della direttiva del Consiglio
27.06.1985, 85/337/CEE, concernente la
valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati,
come modificata dalla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio
26.05.2003, 2003/35/CE, deve essere
interpretato nel senso che esso non richiede
che la decisione secondo la quale non è
necessario che un progetto rientrante
nell’allegato II della citata direttiva sia
sottoposto ad una valutazione dell’impatto
ambientale, contenga essa stessa le ragioni
per le quali l’autorità competente ha deciso
che questa non fosse necessaria. Tuttavia,
nell’ipotesi in cui una persona interessata
lo chieda, l’autorità amministrativa
competente ha l’obbligo di comunicarle i
motivi per i quali tale decisione è stata
assunta, ovvero le informazioni e i
documenti pertinenti in risposta alla
richiesta formulata.
VALUTAZIONE IMPATTO
AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO -
All. II dir. n. 85/337 e s.m. - Mancata
sottoposizione di un progetto alla VIA -
Motivazione - Obbligo.
Nell’ipotesi in cui la decisione di uno
Stato membro di non sottoporre un progetto
rientrante nell’allegato II della direttiva
85/337, come modificata dalla direttiva
2003/35, ad una valutazione dell’impatto
ambientale, in conformità agli artt. 5 e 10
della citata direttiva, indichi i motivi su
cui essa si basa, tale decisione è
sufficientemente motivata qualora la
motivazione che essa contiene, unitamente
agli elementi che sono già stati portati a
conoscenza degli interessati, ed
eventualmente completati dalle ulteriori
informazioni necessarie che
l’amministrazione nazionale competente è
tenuta a fornire a detti interessati, su
loro richiesta, siano tali da consentire a
questi ultimi di valutare l’opportunità di
presentare un ricorso avverso tale
decisione.
VALUTAZIONE IMPATTO
AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO -
Valutazione dei progetti idonei ad avere un
impatto ambientale importante -
Sottoposizione alla VIA - Discrezionalità
per progetti di cui al suo allegato II Dir.
n. 85/337 succ. mod. dalla dir. n. 35/2003 -
Esame specifico della questione - Necessità
- Obbligo di motivazione e comunicazione -
Diritto fondamentale attribuito dal diritto
comunitario - Valutazione dell’opportunità
di presentare ricorso - Sindacato
giurisdizionale.
Ai sensi della direttiva 85/337 (come succ.
mod. dalla direttiva 2003/35), i progetti di
cui al suo allegato II devono essere
assoggettati a valutazione solo qualora
possano avere un impatto ambientale
importante e la direttiva 85/337 conferisce
agli Stati membri, a tal proposito, un
margine discrezionale.
Tuttavia, tale margine discrezionale trova
il proprio limite nell’obbligo di tali
Stati, enunciato all’art. 2, n. 1, della
direttiva 85/337, di sottoporre ad una
simile valutazione i progetti idonei ad
avere un impatto ambientale importante,
segnatamente per la loro natura, le loro
dimensioni o la loro ubicazione (v., in tal
senso, sentenze 24/10/1996, causa C-72/95,
Kraaijeveld, e 23/11/2006, causa C-486/04,
Commissione/Italia). Risulta quindi
inevitabilmente dagli obiettivi della
direttiva 85/337 che le autorità nazionali
competenti, investite di una domanda di
autorizzazione di un progetto rientrante
nell’allegato II di tale direttiva, devono
svolgere un esame specifico della questione
se, tenuto conto dei criteri di cui
all’allegato III della direttiva stessa, si
debba procedere ad una VIA. Inoltre,
l’efficacia del sindacato giurisdizionale,
che deve poter riguardare la legittimità
della motivazione della decisione impugnata,
comporta, in via generale, che il giudice
adito possa richiedere all’autorità
competente la comunicazione di tale
motivazione.
Tuttavia, trattandosi più specificamente di
assicurare la tutela effettiva di un diritto
fondamentale attribuito dal diritto
comunitario, bisogna anche che le persone
interessate possano difendere tale diritto
nelle migliori condizioni possibili e che ad
esse sia riconosciuta la facoltà di
decidere, con piena cognizione di causa, se
sia utile per loro adire il giudice. Ne
deriva che in una tale ipotesi l’autorità
nazionale competente ha l’obbligo di fare
loro conoscere i motivi sui quali è basato
il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa,
vuoi in una comunicazione successiva
effettuata su loro richiesta (v. sentenza
15.10.1987, causa 222/86, Heylens e a.,
Racc. pag. 4097, punto 15). Tale successiva
comunicazione può assumere la forma non solo
di un’enunciazione espressa dei motivi, ma
anche della messa a disposizione di
informazioni e di documenti pertinenti in
risposta alla richiesta formulata.
VALUTAZIONE IMPATTO
AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO -
Allegato II, Direttiva 85/337/CEE mod. dalla
Dir. 2003/35/CE - Interpretazione autentica.
L’art. 4 della direttiva 85/337 deve essere
interpretato nel senso che esso non richiede
che la decisione secondo la quale non è
necessario che un progetto rientrante
nell’allegato II della citata direttiva sia
sottoposto ad una VIA contenga essa stessa
le ragioni per le quali l’autorità
competente ha deciso che questa non era
necessaria.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona
interessata lo chieda, l’autorità
amministrativa competente ha l’obbligo di
comunicarle i motivi per i quali tale
decisione è stata assunta, ovvero le
informazioni e i documenti pertinenti in
risposta alla richiesta formulata. (Corte di
Giustizia CE, Sez. II,
sentenza 30.04.2009, proc. n. C-75/08
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
AREE PROTETTE - Protezioni degli
habitat naturali - Zone speciali di
conservazione (ZSC) - Procedimento di
classificazione - Rete ecologica denominata
«Natura 2000» - Obiettivi di conservazione -
Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat»,
disciplina un procedimento di
classificazione dei siti naturali in zone
speciali di conservazione (ZSC),
procedimento che deve tra altro consentire,
come risulta dall'art. 3, n. 2, della
medesima direttiva, la realizzazione di una
rete ecologica europea coerente di ZSC,
denominata «Natura 2000», che è formata da
siti in cui si trovano tipi di habitat
naturali e habitat delle specie figuranti
nell'allegato I e rispettivamente
nell'allegato II della detta direttiva e che
deve garantire il mantenimento ovvero,
all'occorrenza, il ripristino, in uno stato
di conservazione soddisfacente, dei tipi di
habitat naturali e degli habitat delle
specie interessati nella loro area di
ripartizione naturale (v., in questo senso,
sentenza 07/11/2000, causa C-371/98, First
Corporate Shipping). Sicché, la decisione
controversa, la quale contempla una serie di
territori classificati come siti di
importanza comunitaria al fine di consentire
la realizzazione della detta rete «Natura
2000», ha, nei confronti di ogni
interessato, una portata generale in quanto
si applica a tutti gli operatori che, a
qualsivoglia titolo, esercitano o possono
esercitare, sui territori considerati,
attività che possono mettere a repentaglio
gli obiettivi di conservazione perseguiti
dalla direttiva habitat.
Si deve tuttavia ricordare che il fatto che
una disposizione abbia, per natura e
portata, un carattere generale, in quanto
applicabile alla totalità degli operatori
economici interessati, non esclude che essa
possa tuttavia interessare individualmente
taluni di essi (v., in tal senso, sentenze
18/05/1994, causa C-309/89, Codorniu, nonché
22/06/2006, cause riunite C-182/03 e
C-217/03, Belgique et Forum
187/Commissione). Pertanto, qualora la
decisione riguardi un gruppo di soggetti
individuati o individuabili, nel momento in
cui l'atto è stato adottato, in base a
criteri tipici dei membri di tale gruppo,
tali soggetti possono essere individualmente
interessati da tale atto, in quanto facenti
parte di un gruppo ristretto di operatori
economici (v. sentenza 13/03/2008, causa
C-125/06 P, Commissione/Infront WM).
AREE PROTETTE - Elenco
dei siti di importanza comunitaria per la
regione biogeografica boreale adottato con
decisione della Commissione - Obiettivi di
conservazione - Soggetti interessati dalla
decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat»,
disciplina il procedimento di
classificazione dei siti naturali in zone
speciali di conservazione (ZSC), tuttavia,
la possibilità di determinare, con maggiore
o minore precisione, il numero o anche
l'identità dei soggetti di diritto ai quali
si applica il provvedimento non comporta
affatto che questi soggetti debbano essere
considerati individualmente interessati da
questo provvedimento, purché sia assodato,
come nel caso di specie, che tale
applicazione viene effettuata in virtù di
una situazione obiettiva di diritto o di
fatto definita dall'atto in esame (sentenza
22/11/2001, causa C-451/98, Antillean Rice
Mills/Consiglio, nonché ordinanza
25/04/2002, causa C-96/01 P, Galileo e
Galileo International/Consiglio -
08/04/2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain
Glass Deutschland/Commissione). (Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, Sez. II,
sentenza 23.04.2009 causa C-362/06 P
- link a www.ambientediritto.it). |
dossier VINCOLO CIMITERIALE |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto cimiteriale -
Art. 338 R.D. n. 1265/1934 - Interventi
edificatori in deroga - Riduzione della
fascia - Potere discrezionale del Consiglio
comunale.
L’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come
modificato dall’art. 28 della legge
01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio
comunale il potere di consentire, se non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie accertate
dalla competente Azienda USL, la riduzione
della zona di rispetto cimiteriale, tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area: l’anzidetta attribuzione del
potere decisorio all’organo consiliare non
deve intendersi nel senso di riconoscere a
quest’ultimo una mera facoltà di
pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere
che, fermo restando l’obbligo di adottare un
tempestivo provvedimento in risposta alle
istanze all’uopo presentate, il Consiglio
comunale disponga di un ampio potere
discrezionale, da esercitarsi attraverso
l’esplicazione in motivazione delle ragioni
delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità
di interventi edificatori in deroga rispetto
alla fascia di rispetto sanitario (TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 322 - link
a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto del vincolo
cimiteriale - Eccezione al divieto generale
di edificazione - Limiti - Interpretazione
restrittiva della norma - Art. 338 T.U.
Sanità modificato dall'art. 28 L. n.
166/2002.
La locuzione "per dare esecuzione ad
un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico", (contenuta
nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie poi
modificato dall'articolo 28 della legge
01.08.del 2002 n.166), deve essere
interpretata nel senso che gli interventi
urbanistici ai quali il legislatore ha
inteso fare riferimento sono solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza
pubblica e destinati a soddisfare interessi
pubblicistici di rilevanza almeno pari a
quelli posti a base della fascia di rispetto
dei duecento metri. Specificatamente, la
locuzione "attuazione di un intervento
urbanistico" non può essere interpretata
estensivamente fino a comprendervi anche
l'edilizia residenziale privata, sia perché,
trattandosi di eccezione al divieto generale
di edificazione di cui al primo comma
dell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie, deve
essere interpretata restrittivamente e
quindi limitata ai soli interventi pubblici
o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò
perché solo un interesse pubblico,
meritevole di tutela, come quelli
esplicitamente indicati nella deroga,
concorrente con quelli posti a base del
divieto, potrebbe giustificare la riduzione
della fascia di rispetto.
Invero, questa è imposta a tutela di
esigenze di natura igienico sanitaria, a
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione ed
alla sepoltura e soprattutto a tutela della
possibile espansione della cinta cimiteriale
e ad assicurare una cintura sanitaria
intorno ai luoghi per loro natura insalubri.
Vincolo cimiteriale -
Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di
costruire nuovi edifici dal perimetro del
cimitero - Indennizzo espropriativo -
Vincolo urbanistico operante
indipendentemente dagli strumenti
urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338
T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L.
n.166/2002.
L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come
modificato dall'articolo 28 della legge
01.08.2002 n. 166, ribadisce al primo comma
la regola generale che i cimiteri debbano
essere collocati alla distanza di almeno
duecento metri dai centri abitati e che è
vietato costruire nuovi edifici (siano essi
pubblici o privati) entro il raggio di
duecento metri dal perimetro del cimitero.
Siffatta fascia di rispetto costituisce un
vincolo urbanistico posto con legge dello
Stato e come tale è operante
indipendentemente dagli strumenti
urbanistici vigenti ed eventualmente anche
in contrasto con essi (Cons. Stato sez V
27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n.
8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007).
Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo
espropriativo, anche se può avere un valore
di mercato superiore a quello agricolo per
effetto di possibili utilizzazioni diverse
da quelle edificatorie, non è comunque suolo
edificatorio (Cass. Sez un. civ. n .
13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004,
sez. III n. 4797/2006).
Tale fascia di rispetto può essere derogata
in due ipotesi soltanto. Secondo la prima,
il Consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la costruzione di nuovi
cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato purché non oltre il
limite di 50 metri quando ricorrono anche
alternativamente le due condizioni previste
dalla norma, ossia quando non sia possibile
provvedere altrimenti ovvero quando
l'impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche, fiumi
ecc.
In base alla seconda, la deroga è consentita
allorché si deve dare esecuzione ad un'opera
pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico sanitarie; in tali casi il
Consiglio comunale può consentire previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto tenendo conto degli elementi
ambientali di pregio dell'area, autorizzando
l'ampliamento di edifici preesistenti o la
costruzione di nuovi edifici o la
realizzazione di parcheggi, attrezzature
sportive, locali tecnici e serre (Corte di
cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.02.2009 n. 8626 -
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GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Demolizione e
ricostruzione, necessità dell'autorizzazione
paesaggistica.
Anche i lavori di demolizione e
ricostruzione di un immobile in zona
sottoposta a vincolo, sia pure nel rispetto
della precedente volumetria e destinazione
d’uso, richiedono l’autorizzazione
dell’amministrazione preposta alla tutela
del vincolo e, quindi, a maggior ragione se
sia stato realizzato un organismo edilizio
completamente diverso (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 26.05.2009 n. 21665 -
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PUBBLICO IMPIEGO:
Dipendente pubblico: uso privato
del telefono dell’ufficio - peculato.
L’uso privato del telefono dell’ufficio da
parte del pubblico dipendente integra il
reato di peculato di cui all’art. 314 c.p..
La Corte di Cassazione, richiamando la
giurisprudenza maggioritaria (ex plurimis,
Cass. pen. Sez. VI, 07.11.2000) ha affermato
che “l’uso degli apparecchi telefonico
comporta l’appropriazione (non restituibile)
delle energie necessarie alla comunicazione,
di cui l’impiegato ha disponibilità per
ragioni d’ufficio, e configura l’ipoteso del
reato di cui al primo comma dell’art. 314
c.p.”
Al riguardo, la giurisprudenza (Cass. pen.
Sez. VI, 15.01.2003, n. 10671) aveva già
avuto modo di chiarire che nell'ipotesi in
cui il dipendente pubblico, disponendo
dell'utenza telefonica intestata
all'Amministrazione, la utilizzi per
effettuare chiamate di interesse personale,
il fatto lesivo si sostanzia non nell'uso
dell´apparecchio telefonico quale oggetto
fisico, bensì nell'appropriazione
-conseguita attraverso tale uso- delle
energie necessarie (formate da impulsi
elettronici) per conversazioni telefoniche,
che non sono immediatamente restituibili. Ne
consegue che l'ipotesi delittuosa è
inquadrabile astrattamente nel "peculato-ordinario"
di cui al primo comma dell’art. 314 c.p.
Lo stesso indirizzo maggioritario in più
occasioni (Cass. pen. Sez. VI, 14.01.2003,
n. 7347; Cass. pen. Sez. VI, 31.01.2003, n.
10719) ha precisato invece che è esclusa la
configurabilità del reato di peculato solo
allorquando il pubblico ufficiale o
dell´incaricato di pubblico effettui
telefonate personali “per infrequenti ed
occasionali esigenze private, riconducigli,
quindi, alla nozione di «caso eccezionale»,
espressamente riconosciuto dall´ordinamento
come idoneo a giustificare la deroga al
generale divieto di uso personale del
telefono da parte del pubblico dipendente”.
Il suddetto orientamento trova conferma
anche nel Decreto del Ministero della
funzione pubblica, del 31.03.1994, (Codice
di comportamento dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni) il quale all’art.
10, comma 5 stabilisce che “salvo casi
eccezionali, dei quali informa il dirigente
dell'ufficio, il dipendente non utilizza le
linee telefoniche dell'ufficio per
effettuare telefonate personali”.
Con tale disposizione si autorizza, dunque,
ad usare il telefono dell'ufficio per
comunicazioni private, solo in situazioni
eccezionali, di carattere sporadico ed
episodico, con l’obbligo comunque di
informare il dirigente (Corte di cassazione,
Sez. VI penale,
sentenza 20.05.2009 n. 21165 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Ingiunzione di demolizione e
comunicazione avvio del procedimento.
L'ingiunzione di demolizione di fabbricati
non autorizzati costituisce un atto
palesemente dovuto, pertanto l'assenza della
comunicazione dell'avvio del relativo
procedimento risulta irrilevante, anche alla
luce di quanto disposto nell'art. 21-octies
della l. 07.08.1990 n. 241, introdotto
dall'art. 14 della l. 11.02.2005 n. 15, il
quale esclude possa essere annullato il
provvedimento, qualora sia palese che il suo
contenuto dispositivo non può essere diverso
da quello in concreto adottato (TAR Veneto,
Sez. II,
sentenza 13.05.2009 n. 1454 -
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LAVORI PUBBLICI: Sulla
competenza ad approvare
ed aggiornare il programma triennale
delle opere pubbliche.
Per le amministrazioni comunali
l’approvazione dello schema del programma
triennale e del suo aggiornamento annuale,
quale atto di proposta e di impulso, ben
rientra nelle competenze della giunta
municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D.
Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente
per l’approvazione definitiva del programma
e dell’elenco annuale delle opere da
realizzare soltanto il consiglio comunale ai
sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto
legislativo, trattandosi in ultima analisi
di un atto di programmazione e di indirizzo
(cfr. IV Sezione n. 6917 del 2002)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2009 n. 2910 -
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ATTI AMMINISTRATIVI: Sulla
mancata nomina del responsabile del
procedimento amministrativo.
E' opinione del
Collegio che, in generale, la mancata nomina
del responsabile del procedimento non
determini alcuna illegittimità viziante, in
quanto la legge prevede che nel caso di
omessa nomina le relative responsabilità
restino intestate al titolare dell’ufficio
di riferimento (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2009 n. 2910 -
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LAVORI PUBBLICI: Sulla
mancata comunicazione dell'avvio del
procedimento per l'esecuzione di un'opera
pubblica.
Quanto al
profilo della violazione dell’articolo 7
della legge 07.08.1990 n. 241 per la mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento
culminata nella dichiarazione implicita di
pubblica utilità dell’intervento da
realizzare, come tale immediatamente e
direttamente lesiva degli interessi della
parte ricorrente in primo grado, osserva la
Sezione che non vi è dubbio che tale obbligo
sussista, come precisato dalla
giurisprudenza di questo consesso.
Tuttavia, nel caso di specie, non si è avuta
la dichiarazione di pubblica utilità
implicita nell'approvazione del progetto
delle opere da realizzare, perché essa
consegue ope legis alla sola
approvazione del progetto definitivo delle
opere da realizzare, come stabilisce il
comma 13 dell'articolo 14 della legge
11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata
delibera consiliare n. 28 del 20.12.1991 è
stato approvato soltanto il progetto
preliminare.
Non essendoci in realtà alcuna valida ed
utile dichiarazione di pubblica utilità e
questa non potendo conseguire ex lege
all'approvazione del progetto preliminare,
non sussisteva alcun obbligo da parte della
amministrazione comunale di comunicare alla
parte ricorrente l'esistenza del
procedimento relativo alla realizzazione dei
lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2009 n. 2910 -
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EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Art. 45 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo
indiretto - Imposizione - Discrezionalità
amministrativa - Limiti - Motivazione.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi
dell’art. 45 del D. lg.vo n. 42/2004, volto
a proteggere la “cornice” del bene
culturale, che non di rado è parte
integrante del suo fascino e della sua
bellezza, può assumere il più vario concreto
contenuto, dato che può prescrivere, in base
alla lettera della legge, “distanze”,
“misure” ed “altre norme”, fra le quali
pacificamente si comprende l’inedificabilità
di certe aree o le altezze massime dei
fabbricati da realizzare in prossimità del
bene tutelato.
Data la potenziale indeterminatezza dei
concetti coinvolti di “prospettiva”, “luce”,
“ambiente” e “decoro”, che potrebbe assumere
ampiezza ed intensità notevoli, tali da
sacrificare in modo particolarmente intenso
la posizione di privati, la discrezionalità
amministrativa nell’imposizione del vincolo
soggiace ai limiti della logicità,
ragionevolezza e proporzionalità; il
provvedimento impositivo deve inoltre essere
sorretto da una motivazione particolarmente
congrua e dettagliata, sì da rendere
conoscibili le valutazioni fatte
dall’Amministrazione e nel contempo dia
contezza delle ragioni del sacrificio delle
posizioni dei privati coinvolti nella
definizione del rapporto in questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 24.04.2009 n. 2161 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Beni Culturali. Vincolo di tutela
indiretta.
Se è vero che la imposizione dei vincoli
previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue
ad una valutazione ampiamente discrezionale
dell’Amministrazione, la stessa soggiace a
precisi limiti, enucleabili nel generale
concetto di logicità e razionalità
dell’azione amministrativa, onde evitare che
la vincolatività indiretta, accessoria e
strumentale potesse trasformarsi in una
vincolatività generale ed indifferenziata;
nel principio di proporzionalità e congruità
del mezzo rispetto al fine perseguito, nella
specifica valutazione dell’interesse
pubblico “ particolare” perseguito e nella
necessità che nella motivazione provvedi
mentale sia chiaramente espressa
l’impossibilità di scelte alternative meno
onerose per il privato gravato del vincolo
indiretto.
Nel caso in cui il vincolo indiretto si
risolva anche nella inedificabilità di
determinate aree, va evidenziata la
necessità di una motivazione particolarmente
rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria,
trattandosi evidentemente di imporre ai
destinatari un sacrificio di notevole
intensità.
In questi ultimi casi, allora, il contenuto
del provvedimento con cui la P.A. fa uso del
potere di imposizione del vincolo in parola
deve essere definito sulla base di concrete
esigenze di tutela da estrinsecarsi con una
motivazione che sia necessariamente congrua
e dettagliata, sì da rendere conoscibili le
valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel
contempo dia contezza delle ragioni del
sacrificio delle posizioni dei privati pure
coinvolti nella definizione del rapporto in
questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 24.04.2009 n. 2161 -
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APPALTI:
Raggruppamento temporaneo di
imprese - Mandato collettivo speciale -
Dichiarazione indefettibile a pena di
esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n.
163/2006.
L’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del
2006 impone un preciso impegno, da assumere
in sede di offerta, per i soggetti di cui
all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del
medesimo decreto: quello di rilasciare un
mandato collettivo speciale con
rappresentanza ad una componente del
Raggruppamento per il caso di
aggiudicazione: trattasi di un requisito
generale (ed indefettibile) per la
partecipazione alle gare dei raggruppamenti
(Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n.
623/2004), che non richiede una espressa
menzione negli atti inditivi delle gare (in
questi termini, da ultimo, TAR Lazio,
III-quater, n. 106/2009).
Questo impegno deve formare oggetto di una espressa dichiarazione, non
sostituibile con altre dichiarazioni,
eppertanto non desumibile aliunde dalla
documentazione dei concorrenti: una
dichiarazione, cioè, indefettibile a pena di
esclusione, non passibile di integrazione,
pena la violazione del principio della par
condicio (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 24.04.2009 n. 284 - link
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Localizzazione discarica
e legittimazione del comune
all'impugnazione.
In materia di smaltimento di rifiuti la
legittimazione all'impugnazione del
provvedimento di localizzazione di una
discarica viene normalmente riconosciuta ai
Comuni nel cui territorio l'impianto
dovrebbe essere collocato subordinatamente
alla dimostrazione di un effettivo
pregiudizio che detta discarica sarebbe in
grado di arrecare nell’ambito territoriale
di rispettiva competenza (TAR Friuli Venezia
Giulia, Sez. I,
sentenza 24.04.2009 n. 280 - link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Avvalimento - Art. 49, c. 2,
lett. a), d.lgs. n. 163/2006 - Controllo sul
possesso dei requisiti di partecipazione -
Specificazione dettagliata di tutti i
requisiti di cui l’impresa ausiliata intende
avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n.
163/2006 deve essere interpretato
coerentemente con la ratio, sottesa
alla normativa in tema di controllo sul
possesso dei requisiti di partecipazione
(art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della
agevole verificazione, da parte della
stazione appaltante, di quanto dichiarato in
sede di gara, soprattutto quando i requisiti
di carattere economico, finanziario, tecnico
ed organizzativo risultino distribuiti tra
impresa concorrente ed impresa ausiliaria.
Ne discende che la specificazione dei
requisiti, contenuta nella dichiarazione di
avvalimento, non può essere resa per il
tramite di un generico rinvio a tutti i
requisiti “economico finanziari e tecnico
organizzativi necessari per la
partecipazione alla gara”, ma deve
indicare, in maniera dettagliata, i singoli
requisiti (fatturato globale, fatturato
specifico, risorse organizzative ed umane)
di cui l’impresa ausiliata intende
avvalersi; ciò al fine di consentire un
efficace controllo incrociato sul possesso
dei requisiti nei confronti sia della ditta
concorrente sia di quella ausiliaria (cfr.
in tal senso TAR Piemonte, Sez. II,
17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai
partecipanti - Istituto della
regolarizzazione postuma - Applicabilità -
Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma
degli atti prodotti dai partecipanti alla
gara è attivabile solo nelle ipotesi di
dichiarazioni, documenti e certificati non
chiari o di dubbio contenuto, ma che siano
pur sempre stati presentati, e non anche
laddove si sia in presenza di documentazione
del tutto mancante o fisicamente incompleta,
risolvendosi in caso contrario in una palese
violazione della par condicio rispetto alle
imprese concorrenti che abbiano invece
puntualmente rispettato la disciplina
prevista dalla lex specialis (cfr.
TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n.
846; TAR Trentino Alto Adige Trento,
04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro,
Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 23.04.2009 n. 2148 -
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EDILIZIA PRIVATA:
ENERGIA - Impianti alimentati da
fonti rinnovabili - Inizio dei lavori -
Individuazione - Art. 2, c. 159, Legge
finanziaria 2008 - Normativa speciale
rispetto alla materia edilizia - Differenza
rispetto al concetto “classico” di inizio
lavori.
Per l’individuazione del momento in cui
devono ritenersi iniziati i lavori relativi
agli impianti alimentati da fonti
rinnovabili occorre fare riferimento al
disposto dell’art. 2, comma 159, legge n.
244 del 24.12.2007 (legge finanziaria 2008).
La norma correttamente intesa richiede la
disponibilità delle aree destinate ad
ospitare l’impianto e l'accettazione del
preventivo di allacciamento alla rete
elettrica formulato dal gestore competente,
o, in alternativa alla suddetta accettazione
del preventivo di allacciamento alla rete
elettrica, a) l'indizione di gare di appalto
o la stipulazione di contratti per
l'acquisizione di macchinari o per l a
costruzione di opere relative all'impianto,
ovvero b) la stipulazione di contratti di
finanziamento dell'iniziativa o
l'ottenimento in loro favore di misure di
incentivazione previste da altre leggi a
carico del bilancio dello Stato.
Tale normativa è speciale e successiva a
quella generale prevista in materia
edilizia: non può, quindi, essere condivisa
la prospettazione che ritiene trattarsi di
opere meramente edilizie a cui si
applicherebbe il concetto classico di “inizio
lavori” in base al quale i lavori
possono ritenersi iniziati solo allorquando
le opere intraprese sono di consistenza tale
da manifestare in modo concreto e palese il
serio intento di realizzare il complesso
delle opere autorizzate.
ENERGIA - Fonti
rinnovabili - Art. 12, cc. 1 e 7, d.lgs.
387/2003 - Favor legis - Protocollo di Kyoto
- Installazione degli impianti in zona
agricola - Comuni - Governo del territorio -
Previsioni di aree specificamente destinate
agli impianti eolici - Legittimità.
L'utilizzazione delle fonti di energia
rinnovabile è considerata di pubblico
interesse e di pubblica utilità, e le opere
relative sono dichiarate indifferibili ed
urgenti (art. 12, comma 1, del d.lgs.
387/2003), anche in considerazione del fatto
che la riduzione delle emissioni di gas ad
effetto serra attraverso la ricerca, la
promozione, lo sviluppo e la maggior
utilizzazione di fonti energetiche
rinnovabili e di tecnologie avanzate e
compatibili con l'ambiente costituisce un
impegno internazionale assunto dall'Italia
con la sottoscrizione del Protocollo di
Kyoto dell'11 dicembre 1997. Espressione
evidente di tale favor legislativo per le
fonti rinnovabili è la previsione
dell'articolo 12, comma 7, del d.lgs.
387/2003, sulla possibilità di installare
gli impianti anche in zona agricola.
Peraltro, detta possibilità non è senza
limiti. I Comuni possono infatti prevedere,
nell'esercizio della propria discrezionalità
in materia di governo del territorio, aree
specificamente destinate ad impianti eolici.
Solo in mancanza di una simile previsione
conformativa, detti impianti possono essere
localizzati, senza distinzione (almeno, per
quanto riguarda la valutazione di
compatibilità urbanistica), in tutte le zone
agricole (TAR Umbria, 15.07.2007, n. 518)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 983 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 15 d.p.r. n. 380/2001 -
Decadenza del permesso di costruire -
Ipotesi - Limiti tassativi - Disciplina
civilistica - Assimilabilità al vizio
funzionale della causa.
La decadenza del permesso di costruire è
regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380 del
2001 che prevede due ipotesi: un primo
caso per il decorso dei termini indicati
nel titolo assentito; una seconda specie
per il sopravvenire di previsioni
urbanistiche contrastanti con il permesso di
costruire.
L’opinione interpretativa prevalente tende,
quindi, a ritenere che il legislatore abbia
voluto consentire la decadenza solo nei due
casi sopra indicati, da intendersi come
limiti tassativi di applicabilità
dell’istituto. La decadenza postula, quindi
un titolo valido ab inizio ed una
sopravvenienza che incide sul rapporto.
Tale fattispecie può assimilarsi al vizio
funzionale della causa del negozio giuridico
nella disciplina civilistica, che si
differenzia dal vizio genetico della causa
che ricorre quando l’atto nasce viziato ab
origine (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 981 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Abusi su beni vincolati - Condono - Artt. 32
e 33 L. n. 47/1985 - Art. 32 D.L. n.
269/2003 - Coordinamento - Vincolo di
inedificabilità relativa o assoluta.
Le disposizioni degli artt. 32 e 33 della
legge n. 47 del 1985, da un lato, e
dell’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L.
n. 269 del 2003, dall’altro, devono essere
correlate tenendo presente che gli uni
contemplano le condizioni che consentono il
condono di un abuso, l’altro contempla
invece condizioni nelle quali l’abuso non
può essere condonato.
Il combinato disposto dell’art. 32 della
legge n. 47 del 1985 e dell’art. 32, comma
27, lett. D), del d.l. n. 269 del 2003
comporta quindi che un abuso commesso su un
bene vincolato può essere condonato, a meno
che non ricorrano, insieme, l’imposizione
del vincolo di inedificabilità relativa
prima della esecuzione delle opere, la
realizzazione delle stesse in assenza o
difformità dal titolo edilizio, la non
conformità alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici. Se
una di tali condizioni non ricorre (ad
esempio la difformità dalle norme
urbanistiche o dalle prescrizioni degli
strumenti urbanistici), l’abuso realizzato
su un immobile soggetto ad un vincolo di
inedificabilità relativa sfuggirà alla
disciplina dell’eccezione regolata dall’art.
32, comma 27, lett. D), citato (cioè alla
non condonabilità) e sarà invece
assoggettato alla disciplina generale
dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985,
sicché sarà condonabile anche (ad esempio)
l’abuso realizzato dopo la imposizione del
vincolo (sempre in presenza delle condizioni
previste dal citato art. 32 della legge n.
47 del 1985).
Più semplice è il coordinamento fra l’art.
33 della legge n. 47 del 1985 e l’art. 32,
comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del
2003, dato che la realizzazione di un abuso
in area sottoposta a vincolo di
inedificabilità assoluta, dopo l’imposizione
del vincolo stesso, importa la non
condonabilità dello stesso, ai sensi
dell’art. 33. E’ pertanto irrilevante la
sussistenza o meno delle altre condizioni
contemplate dall’art. 32, comma 27, lett. D)
citato (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 738 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Procedimento di
bonifica - Provvedimento conclusivo - natura
- Atto di indirizzo politico - Esclusione -
Atto di natura gestionale - Competenza
dirigenziale.
Il procedimento di bonifica, per sua natura,
è attività di contenuto
“tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al
solo fine di ricondurre la situazione
ambientale nell'ambito di parametri di
sicurezza prefissati dal legislatore, per
cui deve escludersi che la stessa possa
essere influenzata da valutazioni che
involgano “l'indirizzo politico” (cfr. TAR
Lombardia, Brescia, 11.10.2007, n. 1278).
Ne consegue che il provvedimento di
approvazione della conferenza di servizi
deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di
natura gestionale, la cui competenza è
attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art.
4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione
procedente non può infatti che basare le
proprie valutazioni (discrezionali sì, ma
non certamente politiche) alle risultanze e
valutazioni tecniche della conferenza di
servizi.
INQUINAMENTO - Messa in
sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n.
152/2006 - Allegato III al Titolo V -
Protocolli operativi - Previsioni normative
funzionali - Obiettivo - Isolamento delle
sorgenti di inquinamento dagli obiettivi
sensibili - Misure da adottare -
Discrezionalità amministrativa.
L’attività di messa in sicurezza permanente
trova definizione all’art. 240, lett. 0),
del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi
contenuti nell’Allegato III al Titolo V
dello stesso d.lgs., ove sono contenute
tanto indicazioni di carattere generale
quanto modalità operative specificamente
relative alla messa in sicurezza permanente.
Tali previsioni normative, a prescindere da
un’analisi di dettaglio, definiscono la
messa in sicurezza permanente in chiave
sostanzialmente funzionale, nel senso che
descrivono solo in generale le modalità
operative, per concentrarsi essenzialmente
sugli obiettivi che la misura deve
perseguire.
Il legislatore richiede, in particolare,
che, all’esito della messa in sicurezza
permanente, le sorgenti di possibile
inquinamento risultino effettivamente
isolate rispetto ai potenziali obiettivi
sensibili. Deve, quindi ritenersi che tale
disciplina lasci all’Amministrazione ampia
discrezionalità nell’individuazione delle
misure ritenute necessarie alla luce delle
caratteristiche del sito e delle aree
circostanti, e la vincoli, soltanto, a
perseguire l’obiettivo di una effettiva e
completa messa in sicurezza degli stessi.
INQUINAMENTO - Messa in
sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n.
152/2006 - Scansione procedimentale -
Mancata approvazione dell’analisi di rischio
- Prescrizioni per la messa in sicurezza -
Possibilità.
Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006
prevede una scansione procedimentale che si
articola nelle procedure di
caratterizzazione, elaborazione dell’analisi
di rischio e predisposizione del progetto di
messa in sicurezza permanente del sito, ciò
non significa che quest’ultimo non possa
essere disposto prima di una formale
elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei
casi, come quello in esame, ove abbia
esaminato il relativo documento e non
l’abbia condiviso nei suoi contenuti,
l’Amministrazione ben potrà formulare,
comunque, le proprie prescrizioni per la
messa in sicurezza permanente del sito,
tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che
risulta dal documento di analisi che ha
esaminato e non approvato. Ciò che rileva è,
in definitiva, che le misure di messa in
sicurezza permanente siano ricollegate ad un
obiettivo stato di inquinamento,
puntualmente accertato.
INQUINAMENTO - RIFIUTI -
Acque di falda emunte nel corso del
procedimento di bonifica - Natura di rifiuto
liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e
scarico - Differenza - Disciplina
comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto
- Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime
derogatorio - Inconfigurabilità.
Secondo l’insegnamento tradizionale della
giurisprudenza amministrativa e penale, la
presenza di uno iato -materiale e temporale-
tra la fase di emungimento e quella di
trattamento già di per sé depone per la
qualificabilità delle acque in termini di
“rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa
nozione di “scarico” ontologicamente implica
la sussistenza di una continuità tra la fase
di “generazione” del refluo e quella della
sua “immissione” nel corpo recettore, mentre
l’esistenza di una fase intermedia, in cui
le acque sono stoccate in attesa della loro
destinazione finale, richiama direttamente i
noti concetti di “trattamento” e
“smaltimento”, tipici della disciplina dei
rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste
considerazioni di ordine generale, le acque
emunte da una falda inquinata rientrano a
buon diritto nella nozione comunitaria e
nazionale di “rifiuto liquido”.
Detta nozione è, infatti, elastica e
comprensiva di qualunque sostanza, non più
direttamente utilizzabile, idonea ad
arrecare un danno all’ambiente, come si
evince, in primo luogo, dal tenore della
disciplina comunitaria vigente, dettata da
ultimo dall’art. 1, lett. a), della
Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la
sentenza della Corte di Giustizia CE,
07.09.2004, in causa C-103 Van de Walle e
a.).
Tale impostazione trova ulteriore riscontro
nella definizione di bonifica recata
dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m.
471/1999 (ribadita dalla successiva
normativa di settore): tale definizione
conferma che i limiti di soglia individuati
dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle
acque di falda emunte in sede di bonifica,
come dimostra l’espresso riferimento
normativo alle “acque sotterranee”. Né la
tesi trova smentita nella nuova disciplina
introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui
lettura complessiva depone per il
sostanziale favor del legislatore nazionale
-sulla falsariga delle indicazioni
provenienti dall’ordinamento comunitario- ad
una notevole estensione del concetto di
“rifiuto liquido”, quanto meno laddove
sussistano i “requisiti sostanziali” della
non riutilizzabilità e della potenzialità
inquinante. Ed è sulla base di queste
premesse sistematiche che devono leggersi le
disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs.
152/2006: non è condivisibile quindi, per le
ragioni esposte ed anche in base al generale
principio di prevenzione e cautela, la tesi
secondo cui tale disposizione avrebbe
introdotto, per le acque di falda emunte per
finalità di disinquinamento, un regime
derogatorio rispetto alla normale disciplina
dei rifiuti liquidi.
Una simile interpretazione, infatti, non
tiene conto della particolare natura delle
stesse, certamente contaminate e normalmente
destinate allo smaltimento senza riutilizzo;
per di più non direttamente derivanti da
ordinari cicli produttivi, il che ne rende
ancor più insostenibile l’omologazione ai
reflui industriali, come definiti
chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art.
74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione,
infine, che ove accolta comporterebbe il
contrasto della normativa nazionale con la
vigente disciplina comunitaria, con
inevitabile disapplicazione della prima (TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 21.04.2009 n. 549 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Emissioni - Art. 674 cod. pen. e art. 844
cod. civ. - Applicabilità - Criteri.
Affinché sia configurabile il reato di cui
all'art. 674 cod. pen., non è sufficiente il
rilievo che le emissioni siano astrattamente
idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è
indispensabile anche la puntuale e specifica
dimostrazione oggettiva che esse superino i
parametri fissati dalle norme speciali.
Qualora invece le emissioni, pur quando
abbiano arrecato concretamente offesa o
molestia alle persone, siano state tuttavia
contenute nei limiti di legge, saranno
eventualmente applicabili le sole norme di
carattere civilistico contenute nell'art.
844 cod. civ. (cfr. Sez. I, 16/06/2000, Meo;
Sez. I, 24/10/2001, Tulipano; Sez. III,
23/01/2004, Pannone; Sez. III, 19/03/2004,
n. 16728, Parodi; Sez. I, 20/05/2004,
Invernizzi; Sez. III, /06/2004, Providenti;
Sez. III, 10/02/2005, Montinaro; Sez. III,
21/06/2006, Bortolato; Sez. III, 26/10/2006,
Gigante; Sez. III, 11/05/2007, Pierangeli;
nonché, con specifico riferimento alla
emissione di onde elettromagnetiche, Sez. I,
14/03/2002, Rinaldi; Sez. I, 12/03/2002,
Pagano; Sez. I, 25/11/2003, n. 4192/2004,
Valenziano).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Presunzione
di legittimità - Criterio - Art. 674 cod.
pen. - Configurabilità - Presupposti.
Il reato di cui all'art. 674 cod. pen., non
è configurabile nel caso in cui le emissioni
provengano da una attività regolarmente
autorizzata o da una attività prevista e
disciplinata da atti normativi speciali e
siano contenute nei limiti previsti dalle
leggi di settore o dagli specifici
provvedimenti amministrativi che le
riguardano, il cui rispetto implica una
presunzione di legittimità del
comportamento. Inoltre, per la sussistenza
del reato non è sufficiente il mero
superamento dei limiti di emissione (che
sono stati previsti a fini di mera cautela)
ma occorre che sia raggiunta la prova certa
ed obiettiva di una effettiva e concreta
idoneità delle onde elettromagnetiche a
ledere o molestare i potenziali soggetti ad
esse esposti (Sez. I, 13/10/1999, n. 5592,
Pareschi; Sez. I, 14/10/1999, n. 5626,
Cappellieri; Sez. I, 30/01/2002, n. 8102,
Suraci; Sez. I, 12/03/2002, n. 15717,
Pagano).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Emissione campi
elettromagnetici - Responsabilità dei
singoli soggetti esercenti l'impianto -
Accertamento in concreto - Necessità.
In materia di inquinamento elettromagnetico,
la responsabilità dei singoli soggetti
esercenti l'impianto non può prescindere da
un accertamento in concreto se i valori
totali di campo siano generati o meno da
impianti tutti legittimamente operanti e
tutti operanti con potenza conforme a quella
prevista dai rispettivi titoli abilitativi.
Solo, se i valori generali di campo fossero
eventualmente generati da impianti operanti
illegittimamente o con potenza superiore a
quella assentita, occorrerebbe che
l’eventuale riduzione a conformità venisse
disposta senza tener conto degli impianti
operanti illegittimamente (che dovrebbero
essere disattivati) e senza tener conto
delle maggiori potenze irradiate rispetto a
quelle consentite (che dovrebbero essere
ridotte). In ogni caso, la singola emittente
non potrebbe essere ritenuta responsabile
penalmente di campi generati da impianti
illegittimi o di potenza superiore a quella
assentita, a meno che non sussista la prova
di una volontà consapevole del soggetto di
concorrere con gli impianti illegali nella
creazione di un campo complessivo che ecceda
i limiti.
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Emissione campi
elettromagnetici che nel loro complesso
superino i limiti di cautela - Piani di
risanamento - Legittimità.
In materia di emissioni campi
elettromagnetici, emerge, dalla normativa
speciale, che la diffusione da parte di
emittenti che rispettino singolarmente i
limiti loro imposti di campi che nel loro
complesso superino i limiti di cautela,
determina l’avvio dei piani di risanamento,
l’inosservanza delle cui prescrizioni è
sanzionata in via amministrativa.
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Emissione campi
elettromagnetici - Reato di cui all'art. 674
c.p. - Configurabilità - Presupposti.
L'emissione di onde elettromagnetiche può
rientrare nell'ambito dell'art. 674 cod. pen.,
ma il reato è configurabile soltanto
allorché sia stato, in modo certo ed
oggettivo, provato il superamento dei limiti
di esposizione o dei valori di attenzione
previsti dalle norme speciali e sia stata
obiettivamente accertata una effettiva e
concreta idoneità delle emissioni ad
offendere o molestare le persone esposte,
ravvisabile non in astratto, per il solo
superamento dei limiti, ma soltanto a
seguito di un accertamento da compiersi in
concreto di un effettivo pericolo oggettivo,
e non meramente soggettivo (Cass. Sez. III,
13.05.2008, n. 36845, Tucci).
URBANISTICA ED EDILIZIA
- ELETTROSMOG - Emissione campi
elettromagnetici - Piano regionale di
risanamento o delocalizzazione Poteri della
P.A..
L’autorità amministrativa ha tutti i poteri
e le possibilità per coordinare e regolare
le modalità di trasmissione di tutti gli
impianti televisivi e radiofonici che
operano in una determinata località, anche
in assenza di un piano regionale di
risanamento o delocalizzazione, in quanto le
singole emittenti debbono essere munite dei
decreti di concessione del ministero delle
comunicazioni (ora ministero dello sviluppo
economico), i quali devono contenere
l’analitica esposizione di tutti i parametri
tecnico operativi.
DIRITTO PROCESSUALE
PENALE - Responsabilità penale -
Configurabilità - Emissione di onde
elettromagnetiche - Art. 674 C.P -
Responsabilità oggettiva in campo penale -
Limiti - Cooperazione colposa - Concorso di
persone nel reato - Presupposti -
Fattispecie.
Il nostro ordinamento giuridico prescrive
che la responsabilità penale è personale in
conseguenza di dolo o colpa, e non prevede
alcun caso di responsabilità penale
obiettiva. Nella specie, appare contra "ius"
attribuire ai singoli soggetti che
gestiscono impianti una sorta di
responsabilità oggettiva in campo penale per
il fatto che gli impianti, nel loro
complesso, provocano la emissione di onde,
che solo per effetto della loro sinergia
superano i limiti prefissati. A meno che ...
fosse ipotizzabile un concorso fra i vari
soggetti, e cioè una consapevole volontà di
concorrere con gli altri al superamento dei
limiti suddetti o, comunque, una sorta di
cooperazione colposa. Il che presupporrebbe
una esplicita previsione normativa, che vada
al di là della semplice fattispecie
contravvenzionale ... di cui all'art. 674
C.P., a nulla rilevando che, in caso di
compresenza di più sorgenti generatrici di
campi elettromagnetici che concorrano al
superamento dei limiti di esposizione, sia
prevista (si veda la tabella C allegata al
D.M. 10.09.1998 n. 381) una "riduzione a
conformità" secondo certe formule
matematiche.
Invero è evidente che tali prescrizioni ...
non possono che avere rilievo esclusivamente
ai fini della irrogabilità delle sanzioni
amministrative e non possono avere l'effetto
di personalizzare una responsabilità, che si
configura essenzialmente come oggettiva»
(Cass. Sez. I, 30.01.2002, n. 8102, Suraci).
In ogni caso, anche a prescindere da queste
considerazioni, il concorso di persone nel
reato presuppone condotte poste in essere di
comune accordo, ossia una volontà
consapevole di concorrere con altri al
superamento dei limiti (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 15.04.2009 n. 15707 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Interventi edilizi - Proprietario
dell’area confinante - Accesso alla
documentazione amministrativa -
Provvedimenti abilitativi - Diritto -
Sussistenza.
Il proprietario di un terreno confinante con
un’area oggetto di interventi edilizi ha il
diritto di accedere ai corrispondenti
documenti amministrativi al fine di
conoscere gli estremi dei provvedimenti
abilitativi per l’esecuzione delle opere,
sia ai sensi dell’art. 25, l. 07.08.1990 n.
241 sia ai sensi dell’art. 31, l. 06.08.1967
n. 765, che proprio tutelando l’interesse
del terzo, prevede la possibilità per “chiunque”
di prendere visione presso gli uffici
comunali della concessione edilizia e dei
relativi atti di progetto e di ricorrere
contro il rilascio della concessione
edilizia stessa in quanto in contrasto con
le disposizioni di legge o dei regolamenti o
con le prescrizioni di piano regolatore
generale e dei piani particolareggiati di
esecuzione (TAR Campania-Napoli, sez. V,
05.09.2008, n. 10048) (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 15.04.2009 n. 1465 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio.
Il diritto di credito dell'Amministrazione
Comunale al pagamento del conguaglio
dell'oblazione e degli oneri di
urbanizzazione per condono edilizio ai sensi
della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio
è correlato al rilascio della concessione
edilizia in sanatoria -atto, questo, nella
disponibilità esclusiva del creditore-
decorre dalla formazione del silenzio
assenso, significato che, ai sensi dell'art.
35 comma 18, l. n. 47, cit., assume «
l'inerzia dell'amministrazione protrattasi
per 24 mesi dalla presentazione della
istanza di condono (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 15.04.2009 n. 1463 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio - Conguaglio
dell’oblazione - Diritto di credito -
Decorrenza - Silenzio assenso.
Il diritto di credito dell'Amministrazione
Comunale al pagamento del conguaglio
dell'oblazione e degli oneri di
urbanizzazione per condono edilizio ai sensi
della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio
è correlato al rilascio della concessione
edilizia in sanatoria -atto, questo, nella
disponibilità esclusiva del creditore-
decorre dalla formazione del silenzio
assenso, significato che, ai sensi dell'art.
35, comma 18, l. n. 47, cit., assume «l'inerzia
dell'amministrazione protrattasi per 24 mesi
dalla presentazione della istanza di condono»
(da ultimo TAR Lazio Latina, sez. I,
20.05.2008, n. 579) (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 15.04.2009 n. 1463 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
ASSOCIAZIONI E COMITATI -
Impugnazione di provvedimenti amministrativi
lesivi di interessi ambientali -
Associazioni non comprese nell’elenco di cui
all’art. 13 L. n. 349/1986 - Legittimazione
- Requisiti.
La legittimazione di una associazione non
compresa nell’elenco ministeriale di cui
all’art. 13 legge n. 349/1986 ad impugnare
provvedimenti amministrativi lesivi di
interessi ambientali è condizionata al
possesso dei seguenti requisiti che debbono
sussistere cumulativamente (e ciò al fine di
evitare il configurarsi di un’azione
popolare):
1) perseguire statutariamente in modo non
occasionale obiettivi di tutela ambientale;
2) avere un adeguato grado di
rappresentatività e stabilità;
3) avere un’area di afferenza ricollegabile
alla zona in cui è situato il bene a
fruizione collettiva che si assume leso
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 23.04.2007, n.
1830) (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 15.04.2009 n. 866 - link
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URBANISTICA:
Perequazione urbanistica.
La perequazione urbanistica nella forma del
riconoscimento di facoltà edificatorie in
cambio della cessione gratuita di aree da
destinare alla fruizione collettiva può
essere esercitata anche in collegamento con
edificazioni singole al di fuori di un piano
attuativo. Questo perché anche le
edificazioni singole devono concorrere, al
pari di quelle di maggiore complessità, al
raggiungimento del livello minimo di
dotazioni infrastrutturali previsto dal
piano dei servizi (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 859 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Contributo concessorio -
Artificioso frazionamento delle opere a fini
elusori - Illegittimità.
E’ inammissibile l’artificioso frazionamento
delle opere edili al fine di eludere la
disciplina del contributo concessorio (TAR
Marche, Sez. I,
sentenza 15.04.2009 n. 224 - link
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ATTI AMMINISTRATIVI: Effetti
della mancanza di preavviso di rigetto.
Il Collegio aderisce all’orientamento
prevalente, espresso dalla giurisprudenza
amministrativa, secondo cui la violazione
dell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990 non
produce ex se l'illegittimità del
provvedimento terminale, dovendo la
disposizione sul preavviso di rigetto essere
interpretata alla luce del successivo art.
21-octies, comma 2, che impone al giudice di
valutare il contenuto sostanziale del
provvedimento, e quindi di non annullare
l'atto nel caso in cui le violazioni formali
non abbiano inciso sulla legittimità
sostanziale del medesimo (cfr. ex multis,
TAR Lazio-Roma, sez. III, 20.02.2008, n.
1558).
In altri termini, la mancanza del preavviso
di rigetto, ai sensi dell'art. 10-bis, non è
da ritenersi viziante nel caso in cui il
contenuto degli atti impugnati non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto
stabilito, quand'anche detto preavviso
avesse consentito ai ricorrenti un’ulteriore
fase partecipativa, sicché ricorre l'effetto
sanante di cui all'art. 21-octies della
succitata l. n. 241 del 1990, a mente del
quale il provvedimento amministrativo non è
annullabile per mancato avviso del
procedimento, quando l'Amministrazione
dimostri in giudizio che il contenuto
dell'atto non avrebbe potuto essere diverso
da quello in concreto adottato, (TAR
Molise-Campobasso, sez. I, 02.04.2008, n.
113; TAR Campania-Napoli, sez. III,
08.08.2008 , n. 9932; TAR Lazio-Roma, sez.
III, 11.09.2008, n. 8262; TAR
Basilicata-Potenza, 27.11.2008 , n. 901; TAR
Sicilia-Palermo, sez. I, 23.04.2008 n. 514).
Peraltro, l’effetto sanante di cui all’art.
21-octies non può prodursi allorquando il
provvedimento negativo, viziato
dall’omissione del preavviso di rigetto, sia
fondato sull’asserita mancanza di
documentazione a corredo dell’istanza oppure
sulla parziale inidoneità di quella
presentata per mancanza di elementi ritenuti
essenziali che avrebbero dovuto essere nella
medesima contenuti.
In primo luogo, l’effetto sanante si
verifica solo se l’amministrazione riesca a
provare in giudizio che il contenuto
dell'atto non avrebbe potuto essere diverso
da quello in concreto adottato; ciò
presuppone evidentemente o la natura
assolutamente vincolata del provvedimento,
oppure che, anche sulla scorta degli
elementi che la parte avrebbe potuto
apportare a sostegno della pretesa avanzata,
la valutazione finale dell’amministrazione
non avrebbe potuto essere diversa.
Tale presupposto, peraltro, non può
sussistere nelle ipotesi in cui
l’amministrazione ritenga di emettere un
provvedimento negativo per l’asserita
mancanza di documentazione essenziale o per
inidoneità di quella presentata.
Esclusa la natura vincolata del
provvedimento da adottare, proprio in tali
ipotesi si ravvisa la necessità del
preavviso di rigetto la cui finalità è
esattamente quella di offrire la possibilità
all’interessato di comprendere i motivi che
ostano all’accoglimento dell’istanza e di
porvi rimedio, nella specie mediante
l’integrazione documentale o l’apporto di
chiarimenti in merito al contenuto della
documentazione presentata, in grado di
consentire all’amministrazione di giungere
ad una diversa e più favorevole valutazione
della domanda
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 15.04.2009 n. 625 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Termine
prescrizione sanzioni pecuniarie.
La sanzione pecuniaria di cui all'art. 167
D.Lv. 42/2004 è soggetta alla prescrizione
quinquennale di cui all’art. 28 della legge
n. 689/1981 ancorché per altri aspetti (ad
es. il regime delle impugnazioni)
quest’ultima legge non si consideri
applicabile (TAR Umbria, Sez. I,
sentenza 03.04.2009 n. 176 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condominio - Opere strettamente
pertinenziali all’unità immobiliare del
singolo condomino - Concessione edilizia -
Consenso degli altri partecipanti alla
comunione - Necessità - esclusione.
Il singolo condomino, in virtù del combinato
disposto degli artt. 1102 c.c. (facoltà del
comunista di servirsi delle cose comuni),
1105 c.c. (concorso di tutti i condomini
alla cosa comune) e 1122 c.c. (divieto al
condomino di realizzare opere che danneggino
le cose comuni), può ottenere a proprio nome
la concessione edilizia per un'opera da
realizzare sulle parti comuni di un edificio
senza chiedere il consenso degli altri
condomini, sempre che le opere siano
strettamente pertinenziali all'unità
immobiliare.
Pertanto in tali casi il condòmino può
apportare al muro perimetrale, senza bisogno
del consenso degli altri partecipanti alla
comunione, tutte le modificazioni che
consentano di trarre dal bene comune una
particolare utilità aggiuntiva rispetto a
quella goduta dagli altri condòmini, ivi
compreso l’inserimento nel muro di elementi
ad esso estranei e posti al servizio
esclusivo della sua porzione, purché non
impedisca agli altri condòmini l’uso del
muro comune e non ne àlteri la normale
destinazione con interventi di eccessiva
vastità (TAR Abruzzo-L’Aquila, Sez. I,
sentenza 24.03.2009 n. 221 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
ex art. 9, L. n. 447/1995 - Presupposto -
Esposto di una sola famiglia - Sufficienza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del
1995, sull’inquinamento acustico, può essere
adottata anche a seguito dell’esposto di una
sola famiglia, costituendo la predetta
ordinanza l’ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico (TAR Lombardia,
Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819 e
02.04.2008 n. 715) (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 23.03.2009 n. 143 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Differenza tra tettoia e
pergolato - Trasformazione urbanistica del
territorio - Permesso di costruire, DIA e
normativa antisismica.
La realizzazione di una tettoia in quanto
opera di trasformazione urbanistica del
territorio non rientrante nella categoria
delle pertinenze è subordinata al rilascio
della concessione edilizia ed attualmente
del permesso di costruire (Cass. pen. sez. 3
n. 22126 del 03.06.2008).
A differenza del
pergolato che è una struttura aperta sia
lateralmente che nella parte superiore, la
tettoia, invero, può essere utilizzata anche
come riparo ed aumenta quindi l’abitabilità
dell'immobile (Cass. sez. 3 n. 19973 del
19.05.2008).
Non c'è dubbio, comunque, che
il rilascio di una DIA o anche del permesso
di costruire non escluda gli adempimenti
richiesti dalla normativa antisismica.
Tettoie - Permesso di
costruire - Equiparazione di una tettoia ad
un pergolato - Esclusione.
E' pacifico che il titolo abilitativo
richiesto per le tettoie è il permesso di
costruire (a differenza del pergolato essa
può essere utilizzata anche come riparo).
E'
illegittima pertanto l'equiparazione della
tettoia ad un pergolato e conseguentemente
la ritenuta validità della DIA rilasciata
(Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.03.2009 n. 10534 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L’approvazione dello schema del
programma triennale e del suo aggiornamento
annuale ben rientra nelle competenze della
giunta municipale mentre è competente per
l’approvazione definitiva del programma e
dell’elenco annuale delle opere da
realizzare soltanto il consiglio comunale
trattandosi, in ultima analisi, di un atto
di programmazione e di indirizzo.
La redazione dello schema del programma
triennale e del suo aggiornamento annuale
(predisposto sulla base delle proposte,
delle informazioni, dei dati e delle
esigenze prospettate dal responsabile del
procedimento) ha la natura di un atto di
impulso e di proposta, destinato proprio a
sollecitare la valutazione dell'interesse
pubblico concreto ed effettivo al fine di
scegliere fra i vari interventi proposti
quelli necessari, sotto il profilo
dell'opportunità e dell'adeguatezza; si
tratta perciò di un mero intendimento
unilaterale che, per poter assurgere a
programma definitivo di opere da realizzare
(non è un caso che la legge preveda
espressamente l'approvazione dell'elenco
annuale degli interventi da effettuare),
deve poter essere sottoposto al giudizio ed
al controllo della stessa collettività,
finalità che si realizza in modo diffuso
attraverso la sua pubblicità mediante
affissione nella sede dell'amministrazione
(ovvero all'albo pretorio nel caso del
Comune) e mediante la predisposizione delle
altre forme di pubblicità ritenute adeguate
dall'amministrazione stessa.
L'approvazione definitiva del programma dei
lavori, unitamente all'elenco annuale, non
costituisce, d'altra parte, una mera presa
d'atto dello schema originariamente
proposto, ma implica da parte dell'organo
competente la valutazione delle proposte
risultanti dallo schema, previo confronto
con le osservazioni eventualmente formulate
dagli interessati grazie alla pubblicità
dello schema, per giungere quindi alla "giusta"
e legittima individuazione e determinazione
delle opere da realizzare nell'anno.
Ad avviso della Sezione, con riferimento ad
un’amministrazione comunale, l’approvazione
dello schema del programma triennale e del
suo aggiornamento annuale, quale atto di
proposta e di impulso, ben rientra nelle
competenze della giunta municipale, ai sensi
dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n.
267, mentre è competente per l’approvazione
definitiva del programma e dell’elenco
annuale delle opere da realizzare soltanto
il consiglio comunale ai sensi dell’articolo
42 del ricordato decreto legislativo,
trattandosi in ultima analisi di un atto di
programmazione e di indirizzo.
Peraltro una simile ripartizione di
competenze ben si attaglia allo stesso
schema procedimentale sopra esaminato,
spettando solo all’organo consiliare la
valutazione delle proposte operate dalla
giunta municipale e delle osservazioni
svolte dagli interessati, per giungere alla
concreta individuazione dei bisogni della
collettività e alla loro corretta
soddisfazione, che deve avvenire nella
contrapposizione dialettica tra maggioranza
e opposizione che solo nella sede consiliare
può realizzarsi
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 14.12.2002 n. 6917 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 04.06.2009 |
ã |
QUESITI |
ENTI LOCALI:
Recupero alloggio di proprietà
comunale su finanziamenti pervenuti.
Il Comune nel 2006 ha concesso ad una
cittadina indigente, sfrattata per morosità,
un alloggio di proprietà comunale, di cui
ora intende riacquisire la disponibilità
essendo il medesimo destinato ad un
intervento di recupero per adibirlo a
residenza per anziani ultrasessantacinquenni,
fruendo dei finanziamenti previsti dal
“Programma casa” della Regione Piemonte.
Nel frattempo l’ospite ha ottenuto un lavoro
a tempo determinato che le garantisce un
reddito minimo (circa 600 euro mensili) e
dal luglio prossimo maturerà diritto a
pensione di quiescenza. Peraltro continua a
non rimborsare al Comune le spese di utenza
per riscaldamento, acqua, luce e gas.
Poiché il Comune ha richiesto la
restituzione dell’alloggio, si delinea un
contenzioso fra il Comune che sostiene che
l’occupazione stia proseguendo senza alcun
titolo e la cittadina che lamenta presunti
danni biologici e materiali per essere stata
“collocata provvisoriamente” nell’alloggio
suddetto, senza che l’Ente si sia attivato
per reperirle un alloggio più confacente
(meglio se di EPP ed a canone adeguato)
nonché una occupazione appropriata.
Ciò premesso, il Comune pone la seguente
serie di domande:
a) Quali obblighi ha il Comune in materia
verso una persona comunque disponente di un
reddito?
b) Quali procedure di sgombero dell'alloggio
comunale potrebbe adottare il Comune nei
confronti del suddetto soggetto?
c) A quali conseguenze va incontro il Comune
che promuove azione giudiziaria di
pignoramento del compenso mensile della
signora (compenso che le serve probabilmente
anche per il vitto) e azione giudiziaria per
lo sgombero dell'alloggio comunale occupato?
d) Fino a che punto il Comune è tenuto ha
reperire una casa ad un soggetto che
potrebbe invece autonomamente ricercarsi una
nuova sistemazione, in presenza di un suo
specifico reddito minimo vitale?
e) Vi sono danni a cui va incontro il Comune
in caso di mantenimento di tale situazione,
oppure danni che la signora può addebitare
al Comune per sloggiarla dall'abitazione
comunale? (Regione Piemonte,
parere 47/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Nozione di rifiuti, pneumatici
fuori uso.
Il Comune (omissis) chiede se dei pneumatici
usati, posizionati direttamente sul
terreno a delimitazione di un percorso di
Kart-cross debbano essere considerati
rifiuti (dato che il gestore di tale
attività non appare in condizione di
dimostrarne la provenienza) (Regione
Piemonte,
parere 42/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Rimborso canoni depurazione già
riscossi.
Il Comune (omissis), con nota telematica del 03.03.2009, ha proposto un
quesito in merito alla dibattuta
applicazione dei canoni di depurazione delle
acque reflue in assenza di servizio di
depurazione attivato, anche alla luce della
recente sentenza della Corte Costituzionale
n. 335 dell’08.10.2008, in particolare per
quanto attiene all’eventuale rimborso dei
canoni già riscossi (Regione Piemonte,
parere
29/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 22
dell'01.06.2009, "Determinazioni inerenti
le modalità di erogazione di contributi ai
Comuni per la formazione dei Piani di
Governo del Territorio" (deliberazione
G.R. 20.05.2009 n. 9481
- link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
30.05.2009 n. 124, suppl. ord. n. 83/L, "Regolamento
recante «Criteri tecnici per il monitoraggio
dei corpi idrici e l’identificazione delle
condizioni di riferimento per la modifica
delle norme tecniche del decreto legislativo
03.04.2006, n. 152, recante Norme in materia
ambientale, predisposto ai sensi
dell’articolo 75, comma 3, del decreto
legislativo medesimo»" (Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare,
decreto 14.04.2009 n. 56). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Rilancio dell'edilizia, varato il
Progetto di legge dalla Giunta regionale.
La Giunta regionale ha varato il Progetto di
legge per il rilancio dell'edilizia,
proposto dal presidente Roberto Formigoni,
di concerto con l'assessore al Territorio e
Urbanistica, Davide Boni. "Azioni
straordinarie per lo sviluppo e la
qualificazione del patrimonio edilizio ed
urbanistico della Lombardia" è il titolo
completo del testo, che fa seguito
all'Intesa siglata dalla Conferenza
unificata Stato-Regioni-Enti locali il 1°
aprile scorso (link a
www.regione.lombadia.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sugli incentivi PA taglio da gennaio. Il
parere dell'Avvocatura Generale dello Stato
(articolo
02.06.2009 di Il Sole 24 Ore,
pag. 33 - link a
http://rassegnastampa.formez.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Appalti con proroga limitata. Abolito il
rinnovo, mentre la nuova aggiudicazione è
possibile se prevista dal bando originario (articolo
01.06.2009 di Il Sole 24 Ore -
link a http://rassegnastampa.formez.it). |
VARI:
Dalla Presidenza del Consiglio la Posta
elettronica certificata.
Al cittadino che ne fa richiesta la
Presidenza del Consiglio dei Ministri
(Dipartimento per l'innovazione e le
tecnologie) assegna un indirizzo di posta
elettronica certificata (PEC), che consente
l'invio di documenti per via telematica.
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 25.05.2009 il Decreto del Presidente del
Consiglio sulle disposizioni di rilascio e
sull'uso della PEC.
L'attivazione della PEC e le comunicazioni
che per essa transitano sono senza oneri per
il cittadino. Da parte loro le Pubbliche
amministrazioni: istituiscono una casella di
PEC per ogni registro di protocollo e ne
danno comunicazione al CNIPA (organo
pubblico preposto al controllo della posta
elettronica certificata) che provvede alla
pubblicazione in rete consultabile per via
telematica; includono gli estremi di
eventuali pagamenti per ogni singolo
procedimento; rendono disponibili sul loro
sito istituzionale ogni tipo di informazione
idonea a consentire l'inoltro i istanze da
parte dei cittadini titolari di PEC; sono
tenute ad accettare le istanze dei cittadini
inviate tramite PEC.
Per l'individuazione dell'affidatario del
servizio di PEC il Dipartimento per
l'innovazione e le tecnologie avvia apposite
procedure di gara di evidenza pubblica, e
definisce le caratteristiche tecniche del
servizio, i livelli di servizio garantiti,
gli obblighi dell'affidatario, nonché gli
ulteriori servizi da mettere a disposizione.
L'affidatario del servizio di PEC deve
rendere consultabili alle Pubbliche
amministrazioni, in via telematica, gli
indirizzi di PEC, rispettando i criteri di
qualità, sicurezza ed interoperabilità
definiti dal CNIPA, nonché la disciplina in
materia di tutela dei dati personali (link a
www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI:
S. Lazzini,
In merito all’articolo 48 del codice dei
contratti (ndr: comprova possesso dei
requisiti di capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa)
(link a www.diritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
G. Lentini,
Risarcimento del danno da ritardo
nell’esercizio delle funzioni da parte della
pubblica amministrazione (link a
www.diritto.it). |
URBANISTICA:
C. Aprile,
Pianificazione urbanistica e territoriale in
presenza di attività a rischio di incidente
rilevante (link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
C. Ferro,
Il contrasto giurisprudenziale sulla natura
della DIA Decisione del C.d.S n. 717,
sezione VI, del 2009 e 5811, sezione IV, del
2008 (link a www.diritto.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Linee guida per l'utilizzo del criterio
del'offerta economicamente più vantaggiosa
nelle procedure previste dall'articolo 153
del Codice dei contratti pubblici (determinazione
20.05.2009 n. 4 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Procedure di cui all'articolo 153 del
Codice dei contratti pubblici: linee guida
per i documenti di gara (determinazione
20.05.2009 n. 3 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizi di pulizia - Bando di
gara - Obbligo di indicare a pena di
esclusione numero di codice cassa edile
ovvero diverso tipo di contratto applicato -
Mancata indicazione tipologia contratto
collettivo - Esclusione - Va disposta -
Clausola non attinente al tipo di appalto.
Ritenuto in diritto.
L’art. 3 del disciplinare della gara in
esame prevede quanto segue: “a pena di
esclusione e fatta salva ogni successiva
verifica le imprese, per essere ammesse a
partecipare, dovranno compilare, in ogni sua
parte, la domanda di partecipazione di cui
allo schema allegato al presente
disciplinare di gara, con la quale dovranno
dichiarare, tra l’altro, quanto segue”.
Tra i dati richiesti è presente il “numero
di codice Cassa edile (oppure se l’impresa
non è tenuta all’iscrizione alla Cassa
Edile, indicare il diverso tipo di contratto
applicato)”.
La Commissione di gara, escludendo l’istante
dal prosieguo della procedura di gara ha
agito correttamente, in quanto ha applicato
la clausola della lex specialis che
sanziona la non indicazione da parte dei
partecipanti del tipo di contratto
collettivo con l’esclusione. E’ stato
infatti in più occasioni ribadito da questo
Autorità come la Commissione di gara non può
disattendere o disapplicare la lex
specialis di gara, in violazione della
par condicio di gara (cfr. parere 31.07.2008
n. 208).
Si rende necessario in ogni caso evidenziare
come l’obbligo di indicare il numero di
codice cassa edile è un informazione
attinente al settore dei lavori pubblici
che, pertanto, non è pertinente all’appalto
in oggetto. La necessità di fornire
l’indicazione di un tipo diverso di
contratto applicato (che nell’appalto in
esame è presumibilmente quello del settore
pulizia) poteva, dunque, essere poco chiara
anche in considerazione del fatto che essa
era indicata in via subordinata e posta tra
le parentesi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la disposta
esclusione dell’istante è conforme alla
lex specialis di gara, ma la clausola
del bando che richiede di indicare il numero
di codice della Cassa edile non appare
pertinente all’appalto in oggetto
(parere
23.04.2009 n. 50 - link a
massimario.avlp.it). |
dossier ABUSI EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
L'accertamento di conformità ex
art. 36 Testo Unico Edilizia è inapplicabile
nel caso di opere realizzate in zona
sottoposta a vincolo paesistico.
Va richiamato il condivisibile orientamento
giurisprudenziale secondo cui <<la
procedura di accertamento di conformità ora
divisata dall’art. 36 del T.U. sull’edilizia
di cui al D.P.R. n. 380 del 2001 è
inapplicabile al caso di opere come quella
in controversia realizzate in zona
sottoposta a vincolo paesistico, secondo
quanto espressamente previsto dall’art. 146
del D. L.vo n. 42 del 2004 (Codice dei beni
culturali): e ciò perché per le opere
comportanti aumento di volumetria
l’autorizzazione paesaggistica –la quale
ovviamente condiziona l’accertamento– non
può essere rilasciata ex post dall’autorità
preposta alla tutela del vincolo>>
(C.d.S., Sez. IV, 08.10.2007, n. 5203; cfr.,
altresì, Tar Campania, Napoli, Sez. VI,
25.10.2006, n. 8977) (TAR Campania-Napoli,
Sez. IV,
sentenza 05.05.2009 n. 2358 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La repressione dell'abuso
edilizio disposta a distanza di tempo esige
una congrua motivazione.
Per giurisprudenza consolidata, infatti, la
repressione dell'abuso edilizio, disposta a
distanza di tempo ragguardevole, richiede
una puntuale motivazione sull'interesse
pubblico al ripristino dei luoghi.
In tali casi, infatti, per il lungo lasso di
tempo trascorso dalla commissione dell'abuso
ed il protrarsi dell'inerzia
dell'amministrazione preposta alla
vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata
una posizione di affidamento nel privato, in
relazione alla quale l'esercizio del potere
repressivo è subordinato ad un onere di
congrua motivazione che, avuto riguardo
anche all'entità e alla tipologia
dell'abuso, indichi il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello ripristino
della legalità, idoneo a giustificare il
sacrificio del contrapposto interesse
privato (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V,
04.03.2008, n. 883) (TAR Campania-Napoli,
Sez. IV,
sentenza 05.05.2009 n. 2357 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier ATTI AMMINISTRATIVI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
E' riconosciuto il diritto di
copia degli elaborati che compongono gli
strumenti di piano regolatore in corso
di approvazione al solo consigliere
comunale.
Il punto di partenza è l’art. 24, co. 1, l.
241/1990 che stabilisce che “il diritto
di accesso è escluso (…) nei confronti
dell'attività della pubblica amministrazione
diretta all'emanazione di atti normativi,
amministrativi generali, di pianificazione e
di programmazione, per i quali restano ferme
le particolari norme che ne regolano la
formazione”.
La legge generale sul procedimento
amministrativo esclude dal suo ambito di
applicazione l’attività dell’amministrazione
volta alla approvazione degli strumenti di
piano non perché non sia possibile alcun
tipo di accesso ad essi, ma perché la
trasparenza degli atti volti all’emanazione
del piano –che era possibile già prima della
l. 241/1990- continua ad essere disciplinata
dalle norme speciali che la regolavano.
Le norme speciali in parola si risolvono, in
particolare, nell’art. 9 l. 1150/1942 che,
al co. 1, dispone che “il progetto di
piano regolatore generale del Comune deve
essere depositato nella Segreteria comunale
per la durata di 30 giorni consecutivi,
durante i quali chiunque ha facoltà di
prendere visione. L'effettuato deposito è
reso noto al pubblico nei modi che saranno
stabiliti nel regolamento di esecuzione
della presente legge”.
Gli atti dei procedimenti amministrativi
generali volti all’approvazione degli
strumenti di piano, pertanto, sono
accessibili agli interessati nelle forme del
deposito al pubblico del progetto, della
pubblicazione dell’avvenuto deposito, della
visione dello stesso da parte di ogni
soggetto interessato. Non è previsto,
pertanto, un diritto di effettuare copia dei
documenti che compongono il piano in corso
di approvazione.
La circostanza che non sia previsto il
diritto di copia non sta a significare che
l’accesso di cui alla l. 1150/1942 sia un
minus rispetto all’accesso di cui alla
l. 241/1990, e che quindi le norme della l.
1150/1942 debbano essere interpolate con
quelle dedicate all’accesso nella l.
241/1990 per garantire la conformità della
procedura di pubblicazione degli strumenti
di piano alle regole generali in tema di
trasparenza dell’azione amministrativa, come
sembrerebbe suggerire il ricorrente.
In realtà, infatti, la procedura di
pubblicazione degli strumenti di piano di
cui alla l. 1150/1942, se da un lato
attribuisce al cittadino qualcosa in meno
rispetto all’accesso di cui alla l. 241/1990
(in particolare, il diritto di copia),
dall’altro garantisce qualcosa in più
rispetto alla procedura prevista dalla legge
generale sul procedimento amministrativo, in
quanto prevede una procedura più garantita
ed articolata che passa anche attraverso la
pubblicazione sugli strumenti di conoscenza
legale conosciuti dal nostro ordinamento. La
disciplina dell’accesso agli strumenti di
piano, quindi, è modellata sulle
particolarità di tali procedure
amministrative, che - proprio perché
interessano potenzialmente un numero
indeterminato di soggetti che sono titolari
di situazioni soggettive che
l'amministrazione deve regolare in modo
uniforme con efficacia generale -
suggeriscono di prevedere per esse forme di
conoscenza legale, mentre escludono che il
diritto alla visione degli atti sia
accompagnato dal diritto all’estrazione di
copia.
Nello stesso senso si è pronunciata la
Commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi con il parere del 03.03.1997,
n. 28, nel quale si afferma che, essendo il
piano regolatore generale un atto di
pianificazione, gli atti preparatori
necessari alla sua formazione non sono
accessibili fino a quando il procedimento
non si è concluso, ossia fino alla sua
approvazione da parte della Regione;
tuttavia, si specifica nel parere, con il
deposito del piano regolatore generale
presso la segreteria comunale per 30 giorni
affinché chiunque possa prenderne visione e
presentare osservazioni, si intende
realizzata la pubblicazione ai sensi
dell'art. 2 del D.P.R. n. 352 /1992.
La Commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi è tornata sulla questione in
data 27.03.2003 ed ha riconosciuto il
diritto di copia degli elaborati che
compongono gli strumenti di piano in corso
di approvazione al solo consigliere
comunale, sul rilievo che il diritto del
consigliere è oggetto della disciplina
speciale delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali che, non escludono nessun atto
dall'accesso in base al contenuto (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 08.04.2009 n. 814 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE |
EDILIZIA PRIVATA:
E' legittimo l'operato del comune
che, in presenza di una diversità di
destinazione d'uso dell'immobile, determina
la liquidazione dei contributi urbanistici
in base ai parametri previsti per la
categoria di destinazione prevalente.
Risulta che l’unità immobiliare, prima
destinata a negozio (attività commerciale),
è stata frazionata e trasformata
internamente (con opere) al fine di adibirla
in parte ad uffici ed in parte ad
ambulatorio veterinario.
Ciò posto l’intervento di cui si tratta si
configura come modifica della destinazione
d’uso con opere.
In tal caso l'esistenza di un’attività
edilizia finalizzata alla modificazione
dell’edificio comporta uno iatus con
la precedente situazione consentendo
l'imposizione di contributi ( si veda C. St.
V 1208 del 30.10.1997; V Sez. 06.06.1996 n.
666, che affermano essere è legittimo
l'operato del Comune che, in presenza di una
diversità di destinazione d'uso
dell'immobile, determina la liquidazione in
base ai parametri previsti per la categoria
di destinazione prevalente; TAR Brescia, n.
251/23.04.2001 che afferma la rilevanza ai
fini della determinazione dei contributi
urbanistici, della destinazione d’uso degli
immobili, in quanto gli oneri sottesi all'
intervento edilizio sono giustificati dai
costi e dai vantaggi reciproci che derivano
alla collettività e al concessionario dalla
trasformazione del territorio).
In giurisprudenza è stato poi ripetutamente
affermato che il mutamento della
destinazione d'uso necessita di concessione
edilizia e comporta l'obbligo di
corrispondere al comune il contributo nella
misura rapportata alla nuova destinazione.
Inoltre la legislazione nazionale e
regionale in materia di contributi lasciano
alla Regione ampi margini di discrezionalità
nell’individuazione dei presupposti degli
oneri di urbanizzazione e non prevedono
l’esenzione degli interventi edilizi di
trasformazione di volumi preesistenti ( Si
veda C. St. IV, n. 2163/2006).
Occorre ricordare che la nozione del
contributo per oneri di urbanizzazione, in
giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, V
Sez., 23.05.1997 n. 529) è definita come "un
corrispettivo di diritto pubblico, di natura
non tributaria, posto a carico del
costruttore a titolo di partecipazione ai
costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione all'insieme dei benefici che la
nuova costruzione ne ritrae, cosicché l'uso
dà la giustificazione giuridica dell'an
debeatur, mentre le modalità dell'uso danno
la ragione del quantum".
La causa giuridica della debenza del
contributo va ricercata quindi anche
nell'utilità che la nuova costruzione trae
dalle opere di urbanizzazione già esistenti
(sent. TAR BZ n. 59/2000).
Quindi, anche con riferimento a quanto
elaborato in giurisprudenza (cfr. CS, Sez.
V, 23.05.1997 n. 529) i contributi di
urbanizzazione non sono strettamente
riferiti all’impatto del singolo intervento,
essendo rimessa all’autorità preposta
l’individuazione della tipologia degli
interventi edilizi da assoggettare al
contributo in relazione all’insieme dei
benefici connessi all’urbanizzazione
complessiva, ivi compresa quella
preesistente, relativa all’intera zona (TAR
Emilia-Romagna, Sez. II,
sentenza 06.04.2009 n. 395 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
No alle antenne per telefonini in
zona a vincolo cimiteriale di
inedificabilità assoluta.
Il vincolo cimiteriale si pone alla stregua
di un vincolo assoluto di inedificabilità
che non consente in alcun modo l’allocazione
sia di edifici, che di opere incompatibili
col vincolo medesimo, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare (TAR
Toscana, Sez. I,
ordinanza 20.05.2009 n. 397 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il
potere di annullamento delle autorizzazioni
paesaggistiche attribuito al Ministero per i
Beni e le Attività Culturali non comporta un
riesame complessivo delle valutazioni
tecnico discrezionali compiute dalla Regione
(o dall’ente locale subdelegato), tale da
consentire la sovrapposizione o sostituzione
di una propria valutazione di merito a
quella compiuta in sede di rilascio
dell'autorizzazione dalla Regione (o
dall’ente locale subdelegato), ma si
estrinseca in un controllo di legittimità
sull’operato dell'amministrazione delegata
(o subdelegata) autorizzante.
Il
potere di annullamento delle autorizzazioni
paesaggistiche attribuito al Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, e disciplinato
ora in via transitoria, in attesa
dell’entrata in vigore del nuovo
procedimento volto al rilascio delle
autorizzazioni paesaggistiche, dall'art. 159
del decreto legislativo 22.01.2004 n. 42,
non comporta un riesame complessivo delle
valutazioni tecnico discrezionali compiute
dalla Regione (o dall’ente locale
subdelegato), tale da consentire la
sovrapposizione o sostituzione di una
propria valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio
dell'autorizzazione dalla Regione (o
dall’ente locale subdelegato), ma si
estrinseca in un controllo di legittimità
sull’operato dell'amministrazione delegata
(o subdelegata) autorizzante, che peraltro
può riguardare tutti i possibili vizi di
legittimità incluso l'eccesso di potere
nelle sue diverse forme (cfr. Corte
Costituzionale, 07.11.2007, n. 367; Tar
Campania, Napoli, Sez. IV, 17.02.2009, n.
832)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 18.05.2009 n. 2667 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla non applicabilità dell'art.
10-bis della legge 241 al procedimento
disciplinato dall'art. 159 del dlgs 42/2004.
La disposizione di cui all'art. 10-bis della
legge n. 241 del 1990 è testualmente
applicabile <<nei procedimenti ad istanza di
parte>>.
Il procedimento statale di verifica della
legittimità dell'autorizzazione
paesaggistica comunale, secondo lo schema
delineato dall'articolo 159 del decreto
legislativo n. 42/2004 è invece un
procedimento che viene attivato d’ufficio da
parte dell'amministrazione che ha rilasciato
l'autorizzazione, con l'immediata
trasmissione degli atti alla Sovrintendenza.
Inoltre, la funzione di tale procedimento
non è quella di verificare la sussistenza
dei presupposti legittimanti il rilascio del
provvedimento favorevole, ma quella di
scrutinare la legittimità
dell'autorizzazione rilasciata dalla
competente amministrazione.
Il relativo provvedimento finale non è
dunque rivolto nei confronti del privato
richiedente, ma nei confronti di tale
amministrazione.
L’articolo 10-bis della legge n. 241/1990
non è pertanto applicabile al procedimento
disciplinato dall'articolo 159 del decreto
legislativo n. 42/2004 (cfr. TAR Campania
Salerno, sez. II, 30.03.2006, n. 346; TAR
Sardegna Cagliari, sez. II, 10.03.2008, n.
387)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 18.05.2009 n. 2667 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'istituto compensativo
previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs.
163/2006 (già art. 26 L. 109/1994) negli
appalti a prezzo chiuso.
Sulla legittimità della scelta del decreto
ministeriale che, per la rilevazione
dell'aumento dei prezzi, fa riferimento
all'indice FOI, redatto annualmente
dall'ISTAT.
Nell'appalto a prezzo chiuso il meccanismo
di adeguamento del prezzo contrattuale
previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs.
163/2006 (già art. 26 L. 109/1994), la
finalità principale dell'istituto
compensativo oltre che della stabilizzazione
della spesa pubblica, attraverso
l'ancoraggio del prezzo contrattuale alla
indicata soglia di inflazione, è stata
quella di prevedere un meccanismo di normale
rivalutazione del prezzo contrattuale, al
fine di mantenere pressoché inalterato nel
tempo il potere d'acquisto della moneta
nello stesso espressa.
Il legislatore ha rimesso alla potestà del
Ministero delle infrastrutture di rilevare
annualmente lo scostamento tra tasso
d'inflazione programmato e tasso di
inflazione reale, senza altro aggiungere in
ordine ai parametri cui far riferimento per
tale determinazione. Nel silenzio sul punto
della legge appare non irragionevole la
scelta ministeriale di legare detto tasso
inflattivo ad un parametro di indubbia
rilevanza generale, in quanto utilizzato
dall'ISTAT per rilevare l'andamento della
inflazione reale del Paese; e cioè l'indice
FOI, espressivo dell'andamento dei prezzi al
consumo per le famiglie degli impiegati e
degli operai (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.05.2009 n. 3003 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Sulla proroga dei contratti
pubblici.
La proroga dei contratti proprio per la sua
potenziale nocività nei confronti dei
principi dell'evidenza pubblica e della
salvaguardia della concorrenza non è un
istituto stabile dell'ordinamento ma è stata
prevista dall'art. 23 della l. 62/2005
soltanto nella fase transitoria successiva
all'abrogazione dell'istituto del rinnovo
(ed anche in tale fase risultava circondata
da particolari garanzie, come la durata non
superiore a sei mesi e la celere
pubblicazione del bando di gara) sicché oggi
essa risulta persino priva della necessaria
base normativa. La conseguenza è che questa
è teorizzabile, ancorandola al principio di
continuità dell'azione amministrativa (art.
97 Cost.), nei soli, limitati ed
eccezionali, casi in cui per ragioni
obiettivamente non dipendenti
dall'Amministrazione vi sia l'effettiva
necessità di assicurare precariamente il
servizio nelle more del reperimento di un
nuovo contraente (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 11.05.2009 n. 2882 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Costituisce un preciso dovere
delle stazioni appaltanti, volto a garantire
anche la posizione dei partecipanti alle
pubbliche gare, la previa definizione
dell'oggetto della gara.
La pubblica
amministrazione, al pari di qualsiasi altro
contraente, allorché si rivolge al mercato
(impegnandosi nei confronti dei soggetti che
vi operano) deve aver preventivamente
chiarito l'ambito dei bisogni da soddisfare.
Ciò tanto più ove si consideri che il
meccanismo privilegiato di scelta del
contraente (la gara aperta) non consente
aggiustamenti della domanda nel corso della
procedura ed è anzi presidiato dal principio
di immodificabilità dell'offerta, che
ovviamente presuppone altrettanta
tendenziale rigidità sul piano della
domanda. Pertanto, non v'è dubbio che quello
della previa definizione dell'oggetto della
gara sia un preciso dovere delle stazioni
appaltanti, volto a garantire anche la
posizione dei partecipanti alle pubbliche
gare. Ciò ovviamente non significa che sia
radicalmente esclusa la possibilità di
revoca in ragione di superiori (e
normalmente sopravvenute) esigenze di
interesse pubblico. Vuol dire soltanto che
il sistema impone che la revoca (costituendo
un evento non conforme alla fisiologia del
contrarre) costituisca davvero un'eccezione
alla regola, il che non può appunto essere
se il mutamento di avviso ha luogo a causa
di una non meditata previa definizione
dell'oggetto del contrarre (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2882 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: La
stazione appaltante può derogare alla
procedura semplificata.
In una gara di appalto pubblico la stazione
appaltante può imporre la produzione di
documenti al posto delle autocertificazioni;
così facendo ottiene una più sicura
efficacia probatoria e si libera
dell'aggravio derivante dalla verifica delle
autodichiarazioni.
E’ ben consapevole la Sezione che, nelle
procedure di affidamento degli appalti
pubblici, il principio che ravvisa nel
rispetto puntuale delle formalità prescritte
dalla lex specialis un efficace
presidio a garanzia della par condicio tra i
partecipanti può essere oggetto di
temperamenti, perché del formalismo
procedurale che sorregge il sistema delle
gare d’appalto va scongiurata
un’applicazione meccanica che contraddica,
alla luce delle specifiche circostanze del
caso concreto, la fondamentale ed immanente
esigenza di ragionevolezza dell’attività
amministrativa, finendo così per porsi in
contrasto con le stesse finalità di tutela
cui sono preordinati i generali canoni
applicativi delle regole della
contrattualistica pubblica (in tal senso,
Consiglio di Strato, V, 22.06.2004, n.
4347).
L’applicazione indiscriminata alle gare
d’appalto della normativa in materia di
semplificazione amministrativa può infatti
portare ad una inammissibile violazione del
principio della par condicio competitorum
le quante volte gli atti generali che
compendiano le regole di gara non abbiano
espressamente previsto (anche a mezzo di
generica dichiarazione di equipollenza) la
possibilità di attingere a tale modalità
semplificata ai fini della dimostrazione di
fatti rilevanti ai fini partecipativi. Il
meccanismo competitivo proprio della gara
d’appalto è infatti tale per cui la lettera
della lex specialis non è passibile
di interpretazioni estensive, dato che le
stesse si tradurrebbero in una violazione
procedimentale in danno di quei concorrenti
che si sono allineati alla legge di gara in
modo pedissequo, osservandone alla lettera
le prescrizioni. Se il capitolato d’appalto
prescrive, come appunto nello specifico, che
la potenza dei mezzi può essere provata
soltanto con la produzione di determinati
documenti, ammettere la dichiarazione
sostitutiva di atto notorio (peraltro a
prescindere da una specifica impugnativa
avverso la clausola di lex specialis
prescrittiva dell’obbligo incondizionato e
dal conseguente giudizio sulla
ragionevolezza di detta clausola)
significherebbe forzare inammissibilmente il
meccanismo delle regole di gara.
Peraltro, la scelta della stazione
appaltante di non contemplare tra la
documentazione di gara le dichiarazioni
sostitutive –nella specie <di fatto
notorio>, ai sensi dell’art. 47 DPR cit.-
potrebbe iscriversi in una ragionevole
logica di speditezza procedimentale. Non si
dubita, infatti, che la dichiarazione
sostitutiva impone un controllo postumo
(quantomeno a campione) su quanto dichiarato
dal concorrente, che diviene obbligatorio e
puntuale nella ipotesi in cui quest’ultimo
viene ad assumere, in esito alla gara, le
vesti dell’aggiudicatario. Ora, non par
dubbio che tanto costituisca un aggravamento
degli oneri procedimentali e che
ragionevolmente la stazione appaltante,
nell’esercizio dei margini di
discrezionalità propri della fase della
fissazione delle regole di gara, potrebbe
orientarsi per una limitazione del ricorso
alle dichiarazioni sostitutive, proprio a
mezzo di previsioni imponenti la esibizione
fin da subito di documentazione dalla più
sicura efficacia probante
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimazione, o meno, della ditta
legittimamente esclusa, ad impugnare gli
atti di gara.
Il tema è
quello, ampiamente noto in giurisprudenza,
dell’interesse ad impugnare gli atti di gara
(ed in primis, l’aggiudicazione ad
altri) da parte del soggetto che sia stato
legittimamente escluso dalla gara.
Secondo un orientamento giurisprudenziale
consolidato (v. per tutte, Consiglio di
Stato, V, 13.09.2005 n. 4692; Consiglio di
Stato, V, 21.11.2007 n. 5925) un tale
interesse non potrebbe sussistere in capo al
soggetto legittimamente escluso, dato che
quest’ultimo all’esito dell’accertamento in
ordine alla legittimità della sua
esclusione, rimane privo non soltanto del
titolo legittimante a partecipare alla gara
ma anche a contestarne gli esiti e la
legittimità delle distinte scansioni
procedimentali; il suo interesse, da
qualificare quale interesse di mero fatto,
non sarebbe diverso, secondo tale approccio
interpretativo, a quello di qualsiasi
operatore del settore che, non avendo
partecipato alla gara, non avrebbe titolo ad
impugnarne gli atti, pur essendo titolare di
un interesse (di mero fatto) alla
caducazione dell’intera selezione, al fine
di poter presentare la propria offerta in
ipotesi di nuova gara.
Secondo un più recente approccio
interpretativo (Consiglio di Stato, V,
04.06.2008 n. 2629) l’interesse del soggetto
legittimamente escluso dalla selezione non
potrebbe invece ritenersi insussistente,
quantomeno in ordine alla prospettazione di
quelle censure che potrebbero portare a
travolgere l’intera competizione. In tal
caso il fatto della partecipazione (ancorché
non legittima) alla selezione vale a fondare
il titolo impugnatorio in vista della
soddisfazione dell’interesse strumentale
alla riedizione della gara nonché a
rimarcare la differenza rispetto al non
partecipante (che di quel titolo è
pacificamente sfornito).
Ma anche in tale ultima prospettiva
interpretativa, e salvo il caso in cui
vengano dedotti vizi inficianti l’intera
procedura di gara (in cui l’interesse
strumentale alla rinnovazione della
competizione emerge in modo appariscente), è
chiaro che l’impresa legittimamente esclusa
da una gara d’appalto, intanto può avere
interesse, nell’ottica della rinnovazione
della selezione, a contestare
l’aggiudicazione ad altri dell’appalto, in
quanto dimostri che nessun altro concorrente
aveva titolo a parteciparvi e/o a restarne
aggiudicatario.
Tuttavia nella specie ciò non si è
verificato, dato che l’appellante si è
limitata a reiterare censure (involgenti il
preteso difetto di titolo partecipativo o
comunque la inidoneità a risultare
aggiudicatari) all’indirizzo dei singoli
soggetti vincitori della selezione in
relazione ai distinti settori in cui
l’appalto è stato suddiviso; ma tanto non è
certamente sufficiente, per quel che si è
detto, a dimostrare l’interesse alla
renovatio della intera procedura di
gara, attesa -a tacer d’altro– la mancata
estensione di tale impugnativa a tutti gli
altri concorrenti, aventi gradatamente
titolo a subentrare nella posizione
dell’aggiudicatario eventualmente rimosso
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
L'amministrazione deve
esplicitare le ragioni che la inducono ad
utilizzare lo strumento concorsuale anziché
quello della mobilità.
Con riferimento alle modalità di copertura
dei posti vacanti presso amministrazioni
pubbliche, il collegio osserva che lo
strumento della mobilità di personale già in
servizio ormai affianca quello del pubblico
concorso; ciò è consentito dall’art. 97
Cost., il cui terzo ed ultimo comma
espressamente fa salvi, nello stabilire la
regola secondo cui “Agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso”, i "casi stabiliti dalla
legge"; pertanto, di per sé la scelta
concorsuale non deve ritenersi meglio
rispondente all’esigenza di garantire il
controllo delle capacità dei candidati al
posto da ricoprire.
Infatti, tale esigenza viene salvaguardata
anche nei casi in cui si ricorra alle
procedure di mobilità, atteso che i
dipendenti già in servizio, nella generalità
dei casi, hanno anch'essi superato un
apposito concorso teso a saggiare la loro
competenza in materia, hanno avuto modo di
maturare esperienze professionalmente
formative e di dimostrare "sul campo"
il possesso delle richieste capacità.
Orbene, anche per il personale sanitario la
copertura dei posti per mobilità ha priorità
rispetto ad altri tipi di conferimento dei
posti stessi, salvo che per motivate
esigenze di servizio la USL non ritenga di
operare diversamente (cfr.: Consiglio di
stato, Sez. V, 09.05.2000, n. 2659; Cons.
Stato, Sez. V, 02.01.1997 n. 26; 06.06.1996
n. 677; 21.07.1995 n. 1131; 05.05.1993 n.
550).
Si è affermato, infatti, che il
trasferimento a domanda si configura quale
strumento di una più soddisfacente
distribuzione del personale già in servizio,
nell'interesse del migliore andamento
dell'azione amministrativa, dovendosi
ritenere, in base a una comune massima
d'esperienza, che il dipendente operi con
maggiore profitto ove non sussistano
situazioni di disagio di carattere personale
e familiare. E, se è vero che possono
ipotizzarsi situazioni concrete in cui
l'interesse pubblico renda opportuno
ricorrere allo strumento della scelta
concorsuale, anziché a quello della
mobilità; le peculiari ragioni di tale
opzione devono, tuttavia, essere rese note
dall’amministrazione al momento
dell'indizione delle relative procedure
concorsuali (v., in tal senso, la sentenza
della terza sezione di questo Tribunale n.
289/2006) (TAR Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza 07.05.2009 n. 861 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La perdita di efficacia della
concessione edilizia richiede sempre
l'adozione di un atto dell'amministrazione
che accerti i presupposti della decadenza e
ne renda operanti gli effetti.
La decadenza di una concessione edilizia non
può essere implicitamente ritenuta
dall’Amministrazione, ma deve al contrario
costituire oggetto di formale ed apposita
contestazione.
Per giurisprudenza da ritenersi consolidata
la perdita di efficacia della concessione
edilizia richiede sempre l’adozione di un
atto dell’amministrazione che accerti i
presupposti della decadenza e ne renda
operanti gli effetti, per cui è indifferente
che l’atto abbia carattere dichiarativo
ovvero costitutivo giacché in un caso e
nell’altro la perdita di efficacia della
concessione è subordinata all’esplicitazione
di una potestà provvedimentale (ex plurimis,
CdS V Sez., 15.06.1998 n. 834; Tar L’Aquila,
04.10.2006, n. 750; Tar Campania, Salerno
Sez. II, 12.04.2005) (TAR Puglia-Bari, Sez.
III,
sentenza 23.04.2009 n. 1004 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il termine perentorio assegnato
alla Soprintendenza per l'eventuale
annullamento dell'autorizzazione
paesaggistica si riferisca alla sola
adozione e non anche alla comunicazione di
tale atto.
La giurisprudenza concordemente ritiene che
l’atto di annullamento dell’autorizzazione
paesaggistica non sia recettizio, e che
pertanto il termine perentorio assegnato
alla Soprintendenza per l’eventuale
annullamento si riferisca alla sola adozione
e non anche alla comunicazione di tale atto
(Consiglio di stato, sez. VI – 22/06/2007 n.
3453; sez. VI – 09/10/2007 n. 5274; TAR
Campania Napoli, sez. IV – 13/04/2006 n.
3602; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II –
14/03/2008 n. 931): il suddetto arco
temporale si correla esclusivamente
all’esercizio del potere di annullamento,
sicché è necessario (e sufficiente) che
entro 60 giorni il relativo provvedimento
sia stato emanato, ma non anche reso noto ai
destinatari.
Non sussiste, infatti, alcuna specifica
indicazione normativa dalla quale possa
desumersi la natura recettizia del decreto
di annullamento, sicché l’ulteriore
adempimento della sua comunicazione è da
considerarsi afferente esclusivamente alla
fase di integrazione degli effetti
dell’atto, allo scopo di far decorrere il
termine per l’eventuale impugnativa (TAR
Campania Napoli, sez. III – 10/04/2007 n.
3193).
Neppure l’avvento dell’art. 21-bis della L.
241/1990, come modificato dalla L. 15/2005,
è suscettibile di depotenziare le
conclusioni raggiunte: se anche si ritiene
il provvedimento di annullamento, in quanto
limitativo della sfera giuridica del
privato, qualificabile come atto recettizio
soggetto a comunicazione individuale, non
può trascurarsi l’inequivoco disposto
normativo dell’art. 159, secondo il quale “Il
Ministero può in ogni caso annullare, con
provvedimento motivato, l'autorizzazione
entro i sessanta giorni successivi alla
ricezione della relativa, completa
documentazione”. Se interviene entro il
termine perentorio fissato dal legislatore
l’amministrazione statale adotta un atto
perfetto, mentre la comunicazione
all’interessato può essere effettuata in un
secondo momento, secondo l’approccio
bifasico in tema di atti recettizi per cui
il perfezionamento e l’acquisto
dell’efficacia degli stessi sono vicende
separate e possono prodursi in tempi diversi
(TAR Puglia Lecce, sez. I – 07/06/2006 n.
3288).
Salva diversa previsione, della quale non vi
è traccia nell’art. 159 citato, la
notificazione dell’atto amministrativo al
suo destinatario non incide sulla giuridica
esistenza o validità dello stesso: nel caso
di atto avente natura recettizia la
comunicazione condiziona solo l’efficacia
del provvedimento e quindi il decorso dei
termini per l’impugnativa giurisdizionale
(Consiglio di stato, sez. IV – 21/08/2006 n.
4860; TAR Lazio Roma, sez. II – 06/08/2007
n. 7683) (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 02.04.2009 n. 776 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Commissione di gara, incarico di
consulenza tecnica e le regole da seguire.
Posto che non è individuabile un nesso tra
modalità di scelta del consulente e
imparzialità dell’istruttoria, le censure
circa l’omessa indizione di una gara per il
conferimento dell’incarico di consulenza
tecnica non sono infondate ma sono
inammissibili per la carenza di interesse a
proporle da parte della ricorrente posto
che, da una illegittima procedura di
affidamento dell’incarico di consulenza, può
conseguire lo svolgimento di una istruttoria
procedimentale perfettamente legittima.
I partecipanti alle gare devono essere
preventivamente informati, attraverso la
comunicazione (secondo le modalità
normativamente imposte o quelle ritenute
idonee allo scopo nel caso concreto) delle
notizie concernenti il luogo, i giorni e
l’ora in cui si svolgeranno le sedute. La
conoscenza di tali aspetti temporali e
logistici rappresenta, infatti, una
condizione essenziale affinché la facoltà di
partecipare sia effettiva. E’, pertanto,
illegittima la mancata comunicazione delle
informazioni necessarie per assistere alle
sedute di gara dedicate all’apertura dei
plichi contenenti la documentazione
richiesta per l’ammissibilità delle
proposte, posto che il principio di
pubblicità delle sedute di verifica della
documentazione, richiesta dalle regole di
gara ai fini della ammissibilità delle
offerte, si applica in qualunque tipo di
gara (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 18.09.2008 n. 1783 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO ALL'01.06.2009 |
ã |
UTILITA' |
VARI:
La sicurezza nel contratto di compravendita
immobiliare (maggio 2009) (link a
www.notariato.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA - LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 21 del
26.05.2009, "Approvazione aggiornamento
allegato 2 e allegato 3 della «Direttiva
regionale per la gestione organizzativa e
funzionale del sistema di allerta per i
rischi naturali ai fini di protezione
civile» approvata con d.g.r. 22.12.2008 n.
8753"
(decreto
D.U.O. 15.05.2009 n. 4830 - link a www.infopoint). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del
18.05.2009, "Pubblicazione ai sensi
dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco dei
«Tecnici competenti in acustica ambientale»
riconosciuti dalla regione Lombardia alla
data del 21.04.2009, in attuazione
dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985"
(comunicato
regionale 08.05.2009 n. 66
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del
18.05.2009, "Chiarimenti e linee
guida per il rilascio e il diniego delle
autorizzazioni alla trasformazione del bosco
(art. 4 d.lgs. 227/2001, art. 43 l.r.
31/2008; d.g.r. 675/2005 e s.m.i."
(circolare
regionale 24.04.2009 n. 7
- link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del
18.05.2009, "Determinazioni
in merito alle modalità per l'approvazione
dei Programmi Integrati di Intervento in
variante, non aventi rilevanza regionale, da
osservarsi fino all'approvazione dei Piani
di Governo del Territorio (art. 25, comma 7,
l.r. 12/2005 e s.m.i." (deliberazione
G.R. 06.05.2009 n. 9413 - link a
www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del
18.05.2009, "Determinazioni in merito
allo sviluppo della rete commerciale nelle
zone montane e schema di convenzione con le
Comunità Montane" (deliberazione
G.R. 06.05.2009 n. 9401 - link a
www.infopoint). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 18 del
04.05.2009, "Modifica del decreto n.
15335 del 18.12.2008 relativo alla
presentazione della comunicazione per
l'utilizzazione agronomica" (decreto
D.G. 27.04.2009 n. 4087 - link a
www.infopoint). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 18 del
04.05.2009, "Individuazione degli ambiti
normativi di competenza delle guardie
ecologiche volontarie"
(decreto
P.R.L. 21.04.2009 n. 3832 - link a www.infopoint). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
ENTI LOCALI:
Direttiva n. 2/09 - Relativa all'utilizzo di
internet e della casella di posta
elettronica istituzionale sul luogo di
lavoro - Indicazioni
relative al corretto utilizzo degli
strumenti ICT da parte dei dipendenti e al
proporzionato esercizio del potere datoriale
di controllo da parte delle Amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del
d.lgs n. 165/2001
(direttiva
26.05.2009 n. 2/2009 - link a
www.innovazionepa.gov.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Circolare n. 1/09 - Relativa al decreto
legge n. 112 del 2008, convertito in legge
n. 133/2008 - Art. 71 - "Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria" – Art. 71 – "Fasce
orarie di reperibilità - Malati oncologici"
(circolare
30.04.2009 n. 1/2009 - link a
www.innovazionepa.gov.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
PROGETTAZIONE / L'Avvocatura
Generale dello Stato interviene con un
parere nella querelle tra Ragioneria e Corte
conti. Incentivi, tagli non retroattivi. La
riduzione colpisce solo i lavori svolti dopo
l'01/01/2009.
La riduzione (dal 2 allo 0,5%) degli
incentivi alla progettazione non ha
efficacia retroattiva. Il che significa che
la falcidia ai compensi dei tecnici comunali
non si applicherà alle attività svolte prima
del 1° gennaio 2009 ma non ancora pagate
alla data di entrata in vigore della
riforma.
L'Avvocatura generale dello stato ha risolto
il contrasto interpretativo sulla decorrenza
dei tagli disposti dal decreto legge
anticrisi (art. 18, comma 4-sexies del dl
185/2008) che ha visto confrontarsi, con
tesi diametralmente opposte, la Ragioneria
dello stato e la Corte dei conti della
Lombardia.
Per il dipartimento guidato da Mario Canzio
la riduzione opererebbe con riferimento a
tutti i compensi erogati a partire dal 1°
gennaio 2009, a prescindere dal fatto che si
riferiscano ad attività (redazione del
progetto e del piano della sicurezza,
esecuzione della direzione dei lavori,
effettuazione del collaudo) svolte
anteriormente a tale data. Diverso, invece,
l'orientamento dei giudici contabili della
Lombardia che in un parere del 24.02.2009
(n. 40) hanno sposato la tesi della
irretroattività. Affermando che il taglio
opera esclusivamente in relazione ad
attività poste in essere successivamente al
1° gennaio 2009.
L'Avvocatura ha dato ragione alla Corte dei
Conti, negando la retroattività, perché nel
dl anticrisi non vi sarebbe traccia
dell'intento di dettare una disposizione che
estende la sua efficacia al passato.
Il principio secondo cui la legge non
dispone che per l'avvenire, contenuto
nell'art. 11 delle cosiddette preleggi (le
disposizioni sulla legge in generale che
precedono il codice civile) non essendo un
canone di rango costituzionale, in quanto
non recepito nella Carta fondamentale, non
impedisce al legislatore ordinario di
emanare norme retroattive «a condizione»,
spiega l'Avvocatura di via dei Portoghesi, «che,
secondo gli ordinari canoni ermeneutici, il
dato normativo precettivo della
retroattività sia chiaramente esplicato
dalla disposizione che lo introduce». In
pratica, l'intento di introdurre una
disposizione retroattiva deve trasparire in
modo chiaro ed evidente dalla lettera della
norma.
Ma nel dl anticrisi una disposizione del
genere non esiste. Non solo.
Un'interpretazione retroattiva della norma,
che applicasse il taglio anche ai lavori
avviati prima del 1° gennaio 2009, nota
l'Avvocatura, contrasterebbe con uno dei
parametri richiesti dalla Corte
costituzionale per legittimare le norme
retroattive, ossia la tutela
dell'affidamento legittimamente sorto
(articolo 30.05.2009 di ItaliaOggi, pag.
33). |
PUBBLICO IMPIEGO:
La riduzione dell'incentivo ai
tecnici pubblici deve essere dichiarata
illegittima dal punto di vista
costituzionale. E la regione Veneto ricorre
alla Corte costituzionale.
È quanto chiede la regione Veneto con il
ricorso per questione di legittimità
costituzionale depositato presso la Corte
costituzionale il 02.04.2009 (pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 20 del
20.05.2009) che ha a oggetto la modifica
apportata dal decreto legge 185/08 all'art.
61, comma 8, del dl 25.06.2008, n. 112,
convertito nella legge 06.08.2008, n. 133.
Sotto accusa è la disposizione che ha
previsto, con decorrenza 1° gennaio 2009, la
riduzione dal 2 allo 0,5% degli importi dei
compensi da destinarsi ai dipendenti
pubblici che svolgono attività inerenti a
un'opera o lavoro pubblico, con il
conseguente obbligo di versare la differenza
in un apposito capitolo dell'entrata del
bilancio dello stato.
Nel ricorso si contesta il fatto che il
legislatore statale, pur non facendo
espresso riferimento a regioni, enti a esse
strumentali ed enti locali, laddove ha
richiamato l'art. 92, comma 5, del Codice
dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), che
si riferisce a tutte le amministrazioni
aggiudicatrici, ha implicitamente ritenuto
applicabile la riduzione a tutti gli enti,
con il risultato, si legge nel ricorso, di
concretizzare «una lesione delle
prerogative loro costituzionalmente
garantite». La regione Veneto ritiene
inoltre che la norma statale sia in
contrasto con il riparto delle competenze
legislative delineate dall'art. 117 Cost.
dal momento che la norma, modificando
direttamente il Codice dei contratti
pubblici (l'articolo 92, comma 5), opera in
un ambito (incentivo a dipendenti pubblici)
che non può essere ricondotto né alla
materia della tutela della concorrenza, né a
quella dell'ordinamento civile.
In sostanza, afferma la regione Veneto, «almeno
per quanto attiene regioni ed enti
strumentali regionali che si trovino in
posizione di stazione appaltante, la
disciplina dei suddetti incentivi spetta
alla regione».
Per la regione Veneto non può neanche
sostenersi che la riduzione dell'incentivo
ai tecnici pubblici che svolgono
progettazione, direzione dei lavori,
collaudi e coordinamento della sicurezza
possa essere dichiarata legittima sul
presupposto che rientri nella competenza
statale in quanto riconducibile al «coordinamento
della finanza pubblica». Infatti, per
consolidata giurisprudenza costituzionale,
rientrano nel coordinamento della finanza
pubblica le disposizioni che, da un lato si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio
della medesima, intesi nel senso di un
transitorio contenimento complessivo, anche
se non generale, della spesa corrente;
dall'altro che non prevedano in modo
esaustivo strumenti o modalità per il
perseguimento dei suddetti obiettivi. La
regione ritiene invece che «nessuna di
tali condizioni è rispettata dalla
disciplina in esame». Infine, nel
ricorso si delinea anche la violazione
dell'articolo 119 della costituzione per
violazione dell'autonomia finanziaria della
regione (articolo 30.05.2009 di ItaliaOggi,
pag. 33). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Legge 353/2000 - art. 13: Cessazione
impegno dei Comuni a fornire al MATTM i dati
annuali sugli incendi boschivi comunali e
urgenza realizzazione Catasto aree percorse
dal fuoco (Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare,
circolare 27.11.2008 n. 28096 - link a www.urbaisticatoscana.it). |
VARI:
Il Garante dice stop allo scontrino parlante.
A partire dal prossimo anno lo scontrino
fiscale che le farmacie rilasciano
all'acquisto dei farmaci per poter detrarre
la spesa nella dichiarazione dei redditi,
non riporterà più il nome del farmaco
acquistato.
Lo ha stabilito il Garante per la protezione
dei dati personali, con un provvedimento
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
dell'11.05.2009.
Lo "scontrino parlante" è in grado di
rivelare informazioni sulle patologie dei
cittadini e ciò potrebbe ledere la
riservatezza e dignità del contribuente.
L'attività istruttoria svolta dal Garante
con l'Agenzia delle entrate e con i
rappresentanti di Federfarma ha permesso di
stabilire che il controllo sul farmaco
venduto può essere effettuato attraverso
l'utilizzo del "numero di autorizzazione
all'immissione in commercio" (AIC) presente
sulla confezione. Il codice alfanumerico,
rilevabile anche mediante lettura ottica,
consente infatti di identificare in modo
univoco ogni singola confezione farmaceutica
venduta.
I dati idonei a rivelare lo stato di salute
degli interessati possono essere trattati
solo laddove indispensabili per lo
svolgimento di attività istituzionali che
non possano essere effettuate, caso per
caso, mediante il trattamento di dati
anonimi o di dati personali di natura
diversa. Sulla base del provvedimento del
Garante, entro tre mesi l'Agenzia delle
entrate dovrà fornire indicazioni per la
modifica dello scontrino fiscale rilasciato
per l'acquisto di farmaci.
Entro il 1° gennaio 2010 i titolari che
emettono scontrini fiscali devono adeguarsi
alle indicazioni dell'Agenzia, riportando
sugli stessi il numero di autorizzazione
all'immissione in commercio (AIC), oltre al
codice fiscale del destinatario, alla natura
e alla quantità dei medicinali acquistati
(link a www.governo.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Rivoluzione Brunetta.
Il Consiglio dei ministri del 15.05.2009 ha
approvato, su proposta del Ministro, Renato
Brunetta, lo schema del decreto legislativo
sulla riforma della Pubblica
Amministrazione, che verrà trasmesso per il
parere alle parti sociali attraverso il
CNEL, alla Conferenza unificata e alle
Commissioni parlamentari.
Il punto centrale della riforma è
l'attribuzione selettiva degli incentivi
economici e di carriera, in modo da premiare
i più capaci e i meritevoli. Per aiutare le
Amministrazioni a recepire questa nuova
mentalità, è prevista la costituzione di
un'apposita Commissione per la valutazione e
di Organi indipendenti di valutazione, nel
quadro di un programma triennale per la
trasparenza e l'integrità.
La Commissione per la valutazione dovrà
predisporre ogni anno una graduatoria di
performance delle singole amministrazioni
statali su almeno tre livelli di merito, in
base ai quali la contrattazione collettiva
nazionale ripartirà le risorse, premiando le
migliori strutture e alimentando una sana
competizione.
I dirigenti saranno responsabili della
gestione delle risorse umane e della qualità
e quantità del prodotto delle pubbliche
amministrazioni, nonché dell'attribuzione
dei trattamenti economici accessori. Quanto
al controllo delle assenze, in particolare
per i casi di false attestazioni di presenze
o di falsi certificati medici, sono
introdotte sanzioni, anche di carattere
penale, nei confronti del dipendente e del
medico eventualmente corresponsabile.
Infine, viene definito un catalogo di
infrazioni gravi assoggettate al
licenziamento, che potrà essere ampliato ma
non diminuito dalla contrattazione
collettiva (link a www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
G. Pagliari,
PIANI URBANISTICI E PIANI PAESAGGISTICI: IL
PROGETTO DI PAESAGGIO (link a
www.pausania.it). |
VARI:
L'abolizione del valore legale del titolo di
studio - Inquadramento e possibili
prospettive.
Nel documento si analizzano le origini e la
portata del “valore legale” dei titoli di
studio nel nostro ordinamento e si esplorano
i possibili scenari connessi ad una sua
abrogazione, che aprirebbe all’introduzione
anche nel nostro sistema di processo di
accreditamento dei percorsi di studio
propedeutici all’ammissione all’esame di
abilitazione professionale (link a
www.centrostudicni.it). |
LAVORI PUBBLICI:
A. Barbiero,
Problematiche relative alla procedura
negoziata con gara informale utilizzabile
per l’affidamento di appalti di lavori
pubblici di valore compreso tra 100.000 e
500.000 euro (link a
www.albertobarbiero.net). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
L. Fanizzi - S. Misceo - G. Chiesa,
La gestione delle acque di dilavamento negli
agglomerati urbani (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Paone,
Obblighi e sanzioni in tema di produzione e
deposito temporaneo dei rifiuti
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
S. Maglia e A. Tredanari,
La quantificazione economica del danno
ambientale: un caso di sversamento di
liquami zootecnici in acque superficiali
(link a www.tuttoambiente.it). |
dossier BOX |
EDILIZIA PRIVATA: La
gratuità dell'autorizzazione prevista
dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la
realizzazione di parcheggi non riguarda solo
opere aggiuntive ad edifici già esistenti,
ma anche quelle afferenti ad edifici di
nuova realizzazione, ma a condizione che si
tratti di opere pertinenziali ad essi.
Rispetto alla questione del calcolo delle
aree a parcheggio, sostiene parte ricorrente
la necessità di escludere dalla base di
calcolo del contributo concessorio le
superficie adibite a parcheggio
pertinenziale a servizio dell’edificio, in
applicazione all’art. 9 L. 122/1989. Il
Comune, da parte sua, ha sostenuto
l’inapplicabilità dell’art. 9 sopra citato,
in quanto “i parcheggi sono stati
realizzati per soddisfare il fabbisogno di
parcheggio generato dal nuovo insediamento e
quindi non possono essere considerati opere
di urbanizzazione”. Il Comune segue
l’orientamento secondo cui il regime
derogatorio che implica la gratuità del
parcheggio, non sarebbe applicabile alle
nuove costruzioni, richiamando la decisione
del Cons. di Stato n. 5676 del 24.10.2000
sez. V, che esclude l’applicazione della
gratuità per le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per
i quali deve trovare applicazione la
disciplina dell’art. 2 comma 2.
La tesi del Comune non può
essere condivisa.
La materia dei parcheggi è stata come noto
disciplinata in modo organico dalla L.
122/1989: per quanto attiene il presente
ricorso si deve ricordare che con l’art. 2
comma 2, è stata modificato il rapporto dei
parcheggi obbligatori, c.d. di standard,
sostituendo l'art. 41-sexies della legge
17.08.1942, n. 1150, e stabilendo che “Nelle
nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono
essere riservati appositi spazi per
parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione".
L’art. 9 ha invece introdotto il regime di
favore di gratuità per i parcheggi
pertinenziali alle singole unità
immobiliari, nel caso di edifici esistenti e
per i parcheggi pertinenziali, stabilendo
che “I proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti.” Il
secondo comma stabilisce poi che “l'esecuzione
delle opere e degli interventi previsti dal
comma 1 è soggetta ad autorizzazione
gratuita”.
Secondo la più recente interpretazione “la
gratuità dell'autorizzazione prevista
dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la
realizzazione di parcheggi non riguarda solo
opere aggiuntive ad edifici già esistenti,
ma anche quelle afferenti ad edifici di
nuova realizzazione, ma a condizione che si
tratti di opere pertinenziali ad essi”
(Cons. Stato sez. V 24.07.2007 n. 4139). La
formula letterale della disposizione non
opera infatti alcuna limitazione, in quanto
la finalità di assicurare la realizzazione
di adeguati parcheggi è presente sia quando
si tratta di aggiungere idonei spazi per
edifici esistenti, sia quando si tratta di
realizzare nuovi edifici.
La materia è stata disciplinata anche dal
legislatore regionale, in particolare agli
artt. 1 e 2 della LR 22/1999 e all’art. 69,
comma 1, LR 12/2005.
Prima dell'entrata in vigore della LR
12/2005, nel periodo in cui in parte si
colloca la vicenda in esame, vi era una
situazione di incertezza, in quanto parte
della giurisprudenza, come sopra riportato,
interpretava l'art. 9 della legge 122/1999
in senso restrittivo riconoscendo la
gratuità del titolo edificatorio soltanto ai
parcheggi da adibire al servizio di edifici
già esistenti; tuttavia in ambito regionale
la formulazione ampia dell'art. 2, comma 2,
della LR 22/1999 (che non distingueva i
parcheggi a seconda dell'edificio a cui sono
collegati) sembrava autorizzare conclusioni
diverse.
Questa seconda strada è stata ritenuta
preferibile (TAR Lombardia Sez. Brescia
25.01.2007 n. 898). E’ stato infatti
rilevato che “Pur senza attribuire alla
sopravvenuta disposizione dell'art. 69 della
LR 12/2005 il valore di norma
interpretativa, si può mettere in relazione
l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con
l'art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60,
secondo il quale per il calcolo degli oneri
relativi agli edifici residenziali "i volumi
e gli spazi destinati al ricovero di
autovetture non sono computati, salvo che
per la quota eccedente quella richiesta
obbligatoriamente per parcheggio".
Quest'ultima norma (ora abrogata dalla più
ampia disciplina della LR 12/2005) era
riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e
distingueva tra i parcheggi obbligatori e
quelli facoltativi attribuendo
implicitamente ai primi una funzione di
pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si può ritenere che inserendosi
in tale contesto, l'art. 2, comma 2, della
LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione
qualificando espressamente come opere di
urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano
collegati o meno a edifici già esistenti. A
conferma di questa conclusione si osserva
che l'utilità delle opere di urbanizzazione
ha carattere oggettivo e riguarda non solo
il singolo edificio ma il territorio nel suo
insieme, il che rende indifferente il
momento in cui i parcheggi sono realizzati.
La questione è ora positivamente risolta
dall'art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005
n. 12, in base al quale "i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge,
costituiscono opere di urbanizzazione e il
relativo titolo abilitativo è gratuito".
Il comma 2 dell'art. 69 della LR 12/2005
specifica che "ai fini del calcolo del
costo di costruzione, le superfici destinate
a parcheggi non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio".
Nella sentenza in esame si precisa poi che
secondo la disciplina regionale contenuta
nella L.R. 12/2005, all’art. 69, non è più
necessaria la pertinenzialità come un
requisito necessario per l'esenzione dagli
oneri concessori, mentre è ancora richiesta
per beneficiare della deroga agli strumenti
urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Occorre peraltro osservare che il vincolo
può essere costituito anche in un momento
successivo rispetto al titolo edificatorio.
Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a
nuovi edifici la pertinenzialità è presunta,
nel senso che l'art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942 subordina il rilascio
del titolo edificatorio alla presenza di una
dotazione minima di spazi aventi questa
destinazione. Per i parcheggi obbligatori la
costituzione di un vincolo di pertinenza non
è quindi necessaria agli effetti
urbanistici, in quanto il collegamento con
l'abitazione principale emerge direttamente
dal progetto complessivo dell'intervento
edilizio. Il carattere automatico del
vincolo può essere osservato anche sul piano
civilistico, dove nel caso di riserva della
proprietà degli spazi obbligatori di
parcheggio da parte del
costruttore-venditore sorge ex lege a
favore degli acquirenti un diritto reale
d'uso. All'epoca dei fatti questa era la
situazione consolidata. La formale
stipulazione di un vincolo ha assunto
rilevanza solo in conseguenza dell'art.
41-sexies comma 2 della legge 1150/1942
(aggiunto dall'art. 12, comma 9, della legge
28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici
realizzati successivamente ha stabilito il
principio della libera commerciabilità dei
parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez.
II 24.02.2006 n. 4264)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.05.2009 n. 3751 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In ambito regionale (Lombardia)
la pertinenzialità attualmente non è più un
requisito necessario per l’esenzione dagli
oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005)
mentre è ancora richiesta per beneficiare
della deroga agli strumenti urbanistici
(art. 66 della LR 12/2005).
E' necessario stabilire se i parcheggi
privati ricadano nella definizione di opere
di urbanizzazione e quindi siano sottoposti
al regime di gratuità previsto dagli art. 9
e 11 della legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2
della LR 22/1999. In ambito regionale la
questione è ora positivamente risolta
dall’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005
n. 12, in base al quale “i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge,
costituiscono opere di urbanizzazione e il
relativo titolo abilitativo è gratuito”.
Il comma 2 dell’art. 69 della LR 12/2005
specifica che “ai fini del calcolo del
costo di costruzione, le superfici destinate
a parcheggi non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR
12/2005, nel periodo in cui si colloca la
vicenda in esame, vi era una situazione di
incertezza, in quanto la giurisprudenza
interpretava l’art. 9 della legge 122/1999
in senso restrittivo riconoscendo la
gratuità del titolo edificatorio soltanto ai
parcheggi da adibire al servizio di edifici
già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n.
5676) ma in ambito regionale la formulazione
ampia dell’art. 2 comma 2 della LR 22/1999
(che non distingue i parcheggi a seconda
dell’edificio a cui sono collegati) sembrava
autorizzare conclusioni diverse. Questa
seconda strada appare preferibile. Pur senza
attribuire alla sopravvenuta disposizione
dell’art. 69 della LR 12/2005 il valore di
norma interpretativa, si può mettere in
relazione l’art. 2, comma 2, della LR
22/1999 con l’art. 4 comma 4 della LR
05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il
calcolo degni oneri relativi agli edifici
residenziali “i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non
sono computati, salvo che per la quota
eccedente quella richiesta obbligatoriamente
per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più
ampia disciplina della LR 12/2005) era
riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e
distingueva tra i parcheggi obbligatori e
quelli facoltativi attribuendo
implicitamente ai primi una funzione di
pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si può ritenere che inserendosi
in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR
22/1999 abbia mantenuto la distinzione
qualificando espressamente come opere di
urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano
collegati o meno a edifici già esistenti. A
conferma di questa conclusione si osserva
che l’utilità delle opere di urbanizzazione
ha carattere oggettivo e riguarda non solo
il singolo edificio ma il territorio nel suo
insieme, il che rende indifferente il
momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che, nel caso in esame,
non è mai stato formalmente costituito e
trascritto un vincolo di pertinenzialità
(fatto non contestato) e dunque la
disciplina di favore non potrebbe trovare
applicazione.
Questa tesi non è
condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito
regionale la pertinenzialità attualmente non
è più un requisito necessario per
l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69
della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta
per beneficiare della deroga agli strumenti
urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza
subordinava in effetti la gratuità alla
formazione di un vincolo di pertinenzialità
(v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre
peraltro osservare che il vincolo può essere
costituito anche in un momento successivo
rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel
caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici
la pertinenzialità è presunta, nel senso che
l’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 subordina il rilascio del titolo
edificatorio alla presenza di una dotazione
minima di spazi aventi questa destinazione.
Per i parcheggi obbligatori la costituzione
di un vincolo di pertinenza non è quindi
necessaria agli effetti urbanistici, in
quanto il collegamento con l’abitazione
principale emerge direttamente dal progetto
complessivo dell’intervento edilizio. Il
carattere automatico del vincolo può essere
osservato anche sul piano civilistico, dove
nel caso di riserva della proprietà degli
spazi obbligatori di parcheggio da parte del
costruttore-venditore sorge ex lege a
favore degli acquirenti un diritto reale
d'uso. All’epoca dei fatti questa era la
situazione consolidata. La formale
stipulazione di un vincolo ha assunto
rilevanza solo in conseguenza dell’art.
41-sexies comma 2 della legge 1150/1942
(aggiunto dall’art. 12 comma 9 della legge
28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici
realizzati successivamente ha stabilito il
principio della libera commerciabilità dei
parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez.
II 24.02.2006 n. 4264) (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 25.01.2007 n. 898 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE |
EDILIZIA PRIVATA:
Il privato che costruisce non ha
titolo a pretendere dal Comune il rimborso
delle spese effettivamente sostenute per
ovviare ad eventuali carenze delle opere di
urbanizzazione, se non quando ciò sia stato
concordato col Comune, a titolo di
“scomputo” o sotto altra forma, in sede di
rilascio della concessione edilizia.
Nulla esclude che il concessionario si
obblighi (o resti obbligato) in termini più
onerosi rispetto a quelli astrattamente
previsti dalla legge.
In base alla giurisprudenza in materia, il
contributo concessorio, commisurato agli
oneri di urbanizzazione, ha carattere
generale, in quanto prescinde totalmente
dall’esistenza o meno delle singole opere di
urbanizzazione; ed ha natura di prestazione
patrimoniale imposta, in quanto è
determinato senza tener conto dell’utilità
che riceve il beneficiario del provvedimento
di concessione, né delle spese
effettivamente necessarie per l’esecuzione
delle opere di urbanizzazione relative alla
concessione assentita (Cons. Stato V,
21.04.2006 n. 2258).
Si tratta infatti di un contributo
paratributario, ossia di un corrispettivo di
diritto pubblico dovuto dal beneficiario
della concessione edilizia, a titolo di
partecipazione -in proporzione all’insieme
dei benefici che la nuova costruzione ne
ritrae- ai costi delle opere di
urbanizzazione sostenuti dal Comune per
realizzare il generale assetto urbanistico
del territorio comunale (Cons. Stato n.
2258/2006 cit.; Cons. Stato 2^, 21.11.07 n.
11073 e 10060/2004).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è
dovuto nella misura determinata ex lege
a prescindere dalla completezza dello stato
di urbanizzazione e dalla effettiva
disponibilità dei (di tutti i) servizi,
primari e secondari, nella zona in cui deve
essere realizzata la nuova costruzione; per
altro verso, che, laddove vi sia carenza o
insufficienza di urbanizzazione, le opere
necessarie ben possono essere poste o
rimanere a carico del privato, salva la
possibilità di uno “scomputo” con le
modalità ed alle condizioni previste dalla
legge.
In altri termini, il privato che costruisce
non ha titolo a pretendere dal Comune il
rimborso delle spese effettivamente
sostenute per ovviare ad eventuali carenze
delle opere di urbanizzazione, se non quando
ciò sia stato concordato col Comune, a
titolo di “scomputo” o sotto altra
forma, in sede di rilascio della concessione
edilizia.
La legge non conferisce il diritto a
rimborsi “a piè di lista” quando
l’interessato provveda direttamente ad
allacciare la propria costruzione alle reti
dei servizi.
L’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380
(testo unico in materia edilizia) prevede
che il titolare del permesso di costruire, a
scomputo totale o parziale della quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione, “possa obbligarsi” a
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, “con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune” e “con
conseguente acquisizione delle opere
realizzate al patrimonio indisponibile del
comune”.
La legge regionale lombarda 11.03.2005 n. 12
(legge per il governo del territorio)
prevede all’art. 46 che a scomputo totale o
parziale del contributo gli interessati “possono
essere autorizzati” a realizzare
direttamente una o più opere di
urbanizzazione primaria o secondaria.
Ciò postula un ambito di valutazioni
discrezionali di competenza del Comune, cui
spetta verificare se l’opera di
urbanizzazione sia effettivamente necessaria
nell’interesse della collettività, ovvero se
debba essere eseguita nel solo interesse
dell’operatore privato per rendere
tecnicamente fattibile l'intervento (con la
conseguenza che solo nel primo caso, e non
anche nel secondo, si tratterà di un'opera
ammissibile a scomputo degli oneri di
urbanizzazione: cfr. Cons. Stato IV,
21.04.2008 n. 1811, 28.07.2005 n. 4014).
D’altro canto, vertendosi in materia di
diritti disponibili, nulla esclude che il
rapporto tra Comune e beneficiario della
concessione edilizia (ora permesso di
costruire) sia regolato in termini diversi,
e che il concessionario si obblighi (o resti
obbligato) in termini più onerosi rispetto a
quelli astrattamente previsti dalla legge
(Cons. Stato V, 29.09.1999 n. 1209)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DEFINIZIONE INTERVENTI
EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia.
L'attività di ristrutturazione può anche
attuarsi attraverso una serie di interventi
che, singolarmente considerati, ben
potrebbero ricondursi ad altre tipologie.
L’elemento caratterizzante, però, è la
connessione finalistica delle opere
eseguite, che non devono essere riguardate
partitamente ma valutate nel loro complesso
al fine di individuare se esse siano o meno
rivolte al recupero edilizio dello spazio
attraverso la realizzazione di un edificio
in tutto o in parte nuovo.
Sono sempre realizzabili previa mera
denunzia di inizio dell’attività le
ristrutturazioni edilizie di portata minore,
quelle, cioè, che determinano una semplice
modifica dell’ordine in cui sono disposte le
diverse parti che compongono la costruzione,
in modo che, pur risultando complessivamente
innovata, questa conserva la suo iniziale
consistenza urbanistica (diverse da quelle
descritte nel DPR 380/2001, art. 10, comma
1, lett. c), che possono incidere sul carico
urbanistico) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 13.05.2009 n. 20149 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorimessa - Trasformazione -
Ristrutturazione - Non sussistenza -
Restauro o risanamento conservativo -
Sussistenza.
In caso di trasformazione in camera di
un'autorimessa di civile abitazione, è
illegittima l'ordinanza con la quale il
Comune ingiunge la demolizione delle opere
abusive e il ripristino dello status quo
ante invocando l'art. 33, co. 1, DPR 380/2001
relativo agli interventi di ristrutturazione
edilizia (art. 10, comma 1) eseguiti senza
permesso di costruire, sul presupposto che
ci sia stato cambio di destinazione d'uso
dell'immobile; emergono, infatti, elementi
per escludere che l'intervento in esame
possa ascriversi alla nozione di
ristrutturazione edilizia, poiché il cambio
di destinazione d'uso dell'immobile è
avvenuto in maniera circoscritta e parziale:
più appropriatamente, la fattispecie
possiede gli elementi della modifica
funzionale all'interno di destinazioni d'uso
tra loro compatibili (ossia tra destinazione
principale e destinazioni
complementari/accessorie di cui all'art. 51,
comma 1, della L.r. n. 12/2005), che
rientrano nel concetto di restauro e di
risanamento conservativo (art. 3, comma 1,
lett. c), DPR n. 380/2001),
l'Amministrazione avrebbe quindi dovuto
valutare l'applicabilità del regime
sanzionatorio più mite di cui agli artt. 22
e 37 del DPR n. 380/2001 (riguardante gli
interventi soggetti a DIA come i restauri e
risanamenti conservativi) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.01.2009 n. 90 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA:
D.I.A. - Impugnazione - Oggetto e
termini.
Il terzo che si oppone ai lavori edilizi
intrapresi tramite d.i.a., non deve chiedere
al Comune di porre in essere i provvedimenti
sanzionatori previsti in genere per gli
abusi edilizi, facendo ricorso, in caso di
inerzia, alla procedura del
silenzio-rifiuto; né deve agire innanzi al
giudice per chiedere l'adempimento delle
prestazioni che la p.a. avrebbe omesso di
svolgere, ovvero chiedere l'annullamento
della determinazione formatasi in forma
tacita, o comunque contestare la
realizzabilità dell'intervento, né, ancora,
il terzo è tenuto, entro il termine di
decadenza, ad instaurare un giudizio di
cognizione, tendente ad ottenere
l'accertamento della insussistenza dei
requisiti e dei presupposti previsti dalla
legge, per la legittima intrapresa dei
lavori a seguito di d.i.a.
Il terzo, invece,
è legittimato a proporre ricorso
direttamente avverso il titolo abilitativo
formatosi a seguito di d.i.a., il cui
possesso è essenziale, non potendo da esso
prescindersi, non trattandosi di ipotesi di
attività edilizia liberalizzata: si è quindi
in presenza, decorsi i 30 giorni (art.
23 commi 1 e 6, del D.P.R. n. 380 del 2001),
di una autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata
dal terzo entro l'ordinario termine di
decadenza di sessanta giorni, decorrenti
dalla comunicazione al terzo del
perfezionamento della d.i.a., o
dall'avvenuta conoscenza del consenso
(implicito) all'intervento oggetto di d.i.a..
Il ricorso avverso il titolo abilitativo
formatosi a seguito di d.i.a. ha ad oggetto,
quindi, non il mancato esercizio dei poteri
sanzionatori o di autotutela
dell'amministrazione, ma direttamente l'assentibilità,
o meno, dell'intervento edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 10.01.2009 n. 15 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE |
EDILIZIA PRIVATA: La
distanza minima assoluta di 10 metri tra
pareti finestrate è volta non alla tutela
del diritto alla riservatezza, bensì alla
salvaguardia di imprescindibili esigenze
igienico-sanitarie, ed è, dunque, tassativa
ed inderogabile.
Tale norma sulle distanza, infine, non è
derogabile neanche pattiziamente dai
privati.
Carattere pregiudiziale ed assorbente
riveste in merito la censura di violazione
del D.M. 02.04.1968, n. 1444, con la quale
la parte istante si è lamentata nella
sostanza del fatto che la nuova costruzione
non rispetta la distanza minima di 10 metri
tra pareti finestrate.
Premesso che l’art. 9 di tale D.M. dispone
che le nuove costruzioni debbono rispettare
la distanza minima assoluta di 10 metri tra
pareti finestrate e che è consentito
derogare a tale prescrizione nelle zone "A"
solo relativamente alle operazioni di
risanamento conservativo ed alle
ristrutturazioni, in quanto in tali zone
vige il generale divieto di costruzioni “ex
novo” (Cass. Civ., sez. II, 20.05.2008, n.
12767), va osservato che tale prescrizione
-come costantemente chiarito dalla
giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St.,
sez. IV, 12.06.2007, n. 3094)- è volta non
alla tutela del diritto alla riservatezza,
bensì alla salvaguardia di imprescindibili
esigenze igienico-sanitarie, ed è, dunque,
tassativa ed inderogabile.
Tale prescrizione per la sua funzione
igienico-sanitaria di evitare intercapedini
malsane costituisce, invero, un principio
inderogabile della materia e prevale sia
sulla potestà legislativa regionale, in
quanto integra la disciplina privatistica
delle distanze, sia sulla potestà
regolamentare e pianificatoria dei comuni,
in quanto deriva da una fonte normativa
statale sovraordinata, e sia infine
sull’autonomia negoziale dei privati, in
quanto tutela interessi pubblici che per la
loro natura igienico-sanitaria non sono
nella disponibilità delle parti (TAR
Lombardia, sez. Brescia, 03.07.2008, n.
788); in particolare, come anche questa
stessa Sezione ha anche di recente precisato
(con sentenza 24.11.2007, n. 903), tale
disposizione comporta che, ove lo strumento
urbanistico contenga disposizioni
contrastanti, il giudice deve non solo
disapplicare tali disposizioni illegittime,
ma anche applicare direttamente la
disposizione del ricordato art. 9, divenuta,
per inserimento automatico, parte integrante
dello strumento urbanistico in sostituzione
della norma illegittima disapplicata. Tale
norma sulle distanza, infine, non è
derogabile neanche pattiziamente dai privati
(TAR Sicilia, sez. Catania, sez. I,
26.06.2008, n. 1232)
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 11.05.2009 n. 336 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Solo
nel caso in cui il nuovo edificio
(demolizione/ricostruzione) non esorbita
dalle dimensioni di quello preesistente, non
trova applicazione l’art. 9 del DM
1444/1968, che è riferito alle nuove
costruzioni e che risulta applicabile, in
caso di ricostruzione di fabbricati, solo
alla parte eccedente i limiti dell’immobile
preesistente.
Il D.M. 1444/1968 ha imposto ai Comuni di
adeguare i propri strumenti urbanistici alle
prescrizioni edilizie in esso contenute, in
sede di formazione di detti strumenti o di
revisione degli stessi (TAR Emilia Romagna,
BO, sez. II, 26.05.2003, n. 645).
La giurisprudenza, con indirizzo unanime e
costante, ha chiarito che l’art. 9 del
citato DM, che non è immediatamente operante
nei rapporti tra privati, va interpretato
nel senso che l’adozione da parte degli enti
locali, di strumenti urbanistici
contrastanti con la norma, comporta
l’obbligo, per il giudice di merito, non
solo di disapplicare le disposizioni
illegittime, ma anche di applicare
direttamente la disposizione del ricordato
art. 9, divenuta, per inserimento
automatico, parte integrante dello strumento
urbanistico in sostituzione della norma
illegittima disapplicata (Cass. civ., sez.
II, 19.11.2004, n. 21899; C.S., sez. IV,
05.12.2005, n. 6909).
Dalle tavole di
progetto relative allo stato futuro si
evince chiaramente che sul fronte di via
Cespa l’altezza del fabbricato da recuperare
o recuperato risulta, all’evidenza, non solo
maggiore di quella preesistente, ma presenta
diverse vedute aperte a seguito della
realizzazione del terzo piano e del quarto
piano mansardato, piani che, esorbitando
dall’altezza precedente, vanno sicuramente
qualificati come nuova costruzione e che in
quanto tali dovevano rispettare la distanza
inderogabile di 10 mt. tra pareti finestrate
di edifici che si fronteggiano, ex art. 9
del D.M. 1444/1968, per cui avrebbero dovuto
essere costruiti in arretramento.
Solo nel caso in cui il nuovo edificio non
esorbita dalle dimensioni di quello
preesistente, non trova applicazione l’art.
9 citato, che è riferito alle nuove
costruzioni e che risulta applicabile, in
caso di ricostruzione di fabbricati, solo
alla parte eccedente i limiti dell’immobile
preesistente (Cass. Civ., 25.08.1989, n.
3762; C.S., sez. IV, n. 3929/2002)
(TAR
Abruzzo-Pescara,
sentenza 24.11.2007 n. 903 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier OPERE PRECARIE |
EDILIZIA PRIVATA: La
precarietà di un manufatto la cui
realizzazione non necessita di concessione
edilizia, non dipende dai materiali
utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio
al suolo, bensì dall’uso al quale il
manufatto stesso è destinato.
Va ritenuta
l’applicabilità dell’ordinanza di
demolizione anche alle cd. case mobili,
ancorché manufatti precari, in quanto la
precarietà di un manufatto la cui
realizzazione non necessita di concessione
edilizia, non dipende dai materiali
utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio
al suolo, bensì dall’uso al quale il
manufatto stesso è destinato; pertanto,
essa, va esclusa quando trattasi di
struttura destinata a dare un’utilità
prolungata nel tempo, a nulla rilevando la
temporaneità della destinazione data
all’opera dai proprietari, in quanto occorre
valutare la stessa alla luce della sua
obiettiva ed intrinseca destinazione
naturale (Cons. Stato, V Sez., n. 3321/2000)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.05.2009 n. 3029 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier RIFIUTI E BONIFICHE |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Veicoli fuori uso
(irrilevanza dell’iscrizione al PRA).
Qualora sia evincibile lo stato di elevato
degrado di un veicolo sì da non poter esser
più circolante, lo stesso deve qualificarsi
come rifiuto ed è inconferente il
riferimento alla persistente iscrizione del
veicolo nell’apposito elenco del PRA
trattandosi comunque di cosa (o parte di
cosa) non più idonea allo scopo per il quale
era stata originariamente costruita (Corte
di Cassazione. Sez. III penale,
sentenza 15.05.2009 n. 20424 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Scarti vegetali
costituiti da resti di agrumi.
Gli scarti vegetali costituiti da resti di
agrumi non sono qualificabili come
ammendante vegetale semplice se sono in
fermentazione, né ammendante vegetale
compostato qualora manchi l'effettuazione di
un preliminare processo di trasformazione e
stabilizzazione. In tal caso costituiscono
rifiuto anche ai sensi della nuova
definizione di rifiuto contenuta nell’art.
183, comma 1, lettera a), del d.lgs.
152/2006 (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 14.05.2009 n. 20248 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Deposito e
legittimazione associazioni ambientaliste.
Quando non ricorre un deposito temporaneo,
si configura un deposito preliminare se esso
è realizzato in vista di successive
operazioni di smaltimento, ovvero una messa
in riserva ,se è realizzato in vista di
successive operazioni di recupero, mentre si
realizza un deposito incontrollato o
abbandono quando non prelude ad alcuna
operazione di smaltimento o di recupero.
Le associazioni ambientaliste sono
legittimate alla costituzione di parte
civile "iure proprio" nel processo per reati
ambientali, dal momento che l’espressa
previsione legislativa della possibilità di
costituzione di parte civile per lo Stato e
per gli enti pubblici territoriali non
esclude l’applicabilità delle regole
generali in materia di risarcimento del
danno e di costituzione di parte civile.
La sede regionale è legittimata a
costituirsi parte civile se il bene leso si
trova nell’ambito della regione. Anzi uno
stabile collegamento di interessi con una
determinata zona costituisce elemento
sintomatico della possibile sussistenza di
un pregiudizio concreto ed attuale. Prima
della legge istitutiva del Ministero
dell’ambiente, il criterio della
vicinitas era pacificamente utilizzato
dalla giurisprudenza per riconoscere la
legittimazione ad agire alle associazioni
ambientaliste locali. Accertata la
legittimazione ad agire iure proprio, alle
associazioni ambientaliste spetta il diritto
al risarcimento conseguente al danno
ambientale, sia come titolari di un diritto
della personalità connesso al perseguimento
delle finalità statutarie, sia come enti
esponenziali del diritto assoluto alla
tutela ambientale (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.05.2009 n. 19883 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Responsabilità
rappresentante impresa edile per fatto dei
dipendenti.
In tema di rifiuti la responsabilità per
l’attività di gestione non autorizzata non
attiene necessariamente al profilo della
consapevolezza e volontarietà della
condotta, potendo scaturire da comportamenti
che violino i doveri di diligenza, per la
mancata adozione di tutte le misure
necessarie per evitare illeciti nella
predetta gestione, e che legittimamente si
richiedono ai soggetti preposti alla
direzione dell’azienda.
Pertanto, in
applicazione di tali principi, correttamente
è stata ritenuta la responsabilità del
legale rappresentante dell’impresa edile
produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare
che propri dipendenti o altri sottoposti o
delegati osservassero le norme
ambientalistiche in terna di formazione di
un deposito incontrollato in assenza delle
prescritte autorizzazioni (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.05.2009 n. 19332 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Discarica e deposito
temporaneo.
Per la configurabilità del reato di
costituzione di una discarica, non è
necessario che l’accumulo sussista per
almeno un anno. Il riferimento alla durata
annuale contenuto nell’articolo 2, comma 1,
lettera g), del d.lgs. n. 36 del
2003 è riferito al deposito temporaneo nel
senso che questo si trasforma
automaticamente in discarica se l’accumulo
dei rifiuti nel luogo di produzione si
protrae oltre l’anno.
Ai fini del concetto
di discarica ciò che conta è la destinazione
di un’area a ricettacolo permanente di
rifiuti da parte di un determinato soggetto
e non la sua durata (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 08.05.2009 n. 19330 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Bonifiche.
L'attività istruttoria del procedimento di
bonifica deve prevedere la partecipazione
del soggetto interessato e, in particolare,
gli accertamenti analitici devono essere
effettuati in contraddittorio (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 06.05.2009 n. 762 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Obblighi di bonifica.
Gli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006
impongono l'esecuzione di interventi di
recupero ambientale, anche di natura
emergenziale, al responsabile
dell'inquinamento che può non coincidere con
il proprietario ovvero con il gestore
dell'area interessata. A carico di
quest'ultimo (proprietario dell'area
inquinata non responsabile della
contaminazione), invero, non incombe alcun
obbligo di porre in essere gli interventi
ambientali in argomento, ma solo la facoltà
di eseguirli al fine di evitare
l'espropriazione del terreno interessato
gravato da onere reale, al pari delle spese
sostenute per gli interventi di recupero
ambientale assistite anche da privilegio
speciale immobiliare.
La normativa citata prevede, infatti, che,
in caso di mancata esecuzione degli
interventi in argomento da parte del
responsabile dell'inquinamento ovvero in
caso di mancata individuazione del predetto,
le opere di recupero ambientale vanno
eseguite dall'amministrazione competente la
quale potrà rivalersi sul soggetto
responsabile, nei limiti del valore
dell'area bonificata, anche esercitando, nel
caso in cui la rivalsa non vada a buon fine,
le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei
suddetti interventi (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 665 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Bonifica e curatela
fallimentare.
La questione relativa all’individuazione del
soggetto cui imputare l’obbligo della messa
in sicurezza e della bonifica di terreni
inquinati di proprietà di persone fisiche o
giuridiche per le quali è stato dichiarato
il fallimento deve essere risolta nel senso
della non imputabilità di tale obbligo alla
curatela fallimentare (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 663 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Abbandono e
responsabilità del proprietario dell'area.
Le
conseguenze sanzionatorie connesse alla
violazione del divieto di abbandono
incontrollato di rifiuti sul suolo o nel
suolo sono accollate anche al proprietario
dell'area, ma ciò solo nel caso in cui la
violazione sia a lui imputabile a titolo di
dolo o di colpa consistente, per lo più,
nella negligenza, dimostrata da una sua
prolungata inerzia, incombendo allo stesso
l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure
efficaci e non meramente simboliche,
affinché siffatti episodi non vengano posti
in essere e, comunque, abbiano a cessare
(TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 03.04.209 n. 560 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Abbandono e
responsabilità del proprietario dell'area.
In tema di abbandono di rifiuti il
proprietario dell'area è tenuto a provvedere
allo smaltimento solo a condizione che ne
sia dimostrata almeno la corresponsabilità
con gli autori dell'illecito abbandono di
rifiuti, per aver posto in essere un
comportamento, omissivo o commissivo, a
titolo doloso o colposo escludendosi
conseguentemente che la norma configuri
un'ipotesi legale di responsabilità
oggettiva (vieppiù, per fatto altrui)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.03.2009 n. 1612 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Opere di bonifica ex D.Lgs. 152/2006 -
Proprietario dell'area non responsabile
dell'inquinamento - Obbligo di bonifica -
Non sussiste.
2. Opere di bonifica ex D.Lgs. 152/2006 -
Accertamento del superamento delle soglie di
concentrazione - Necessità.
1. Alla luce sia del D.Lgs. 22/1997 che del
D.Lgs. 152/2006 laddove il proprietario
dell'area non sia responsabile
dell'inquinamento, esso ha la facoltà di
eseguire opere di bonifica al fine di
evitare l'espropriazione del terreno
interessato gravato da onere reale, ma non
può essere imposto alcun intervento di
recupero. Le suddette opere devono infatti
essere eseguite dal responsabile
dell'inquinamento, ovvero, in sostituzione
dello stesso, dall'ente pubblico, fatta
salva la possibilità di oblare i terreni
interessati e di recuperare le spese
sostenute presso il soggetto che ha
originato la contaminazione.
2.
Ai sensi della normativa vigente,
l'imposizione della bonifica può essere
giustificata solo laddove sia accertato che
in relazione al terreno in questione
risultino superate le soglie di
concentrazione che caratterizzano il sito
contaminato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 04.02.2009 n. 1118 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier TELEFONIA MOBILE |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione e concessione - Servizio
pubblico essenziale - Stazione radio per
telefonia mobile - Pericolo per la sicurezza
dei trasporti e la viabilità - Revoca -
Legittimità.
Anche in caso di servizio pubblico con
carattere essenziale (nel caso di specie si
trattava dell'installazione di una stazione
radio per telefonia mobile), esso stesso
pare, comunque, destinato a configurarsi
diversamente allorquando una qualche sua
configurazione materiale e/o strutturale
metta in pericolo la sicurezza dei trasporti
e della viabilità: pur alla stregua di un
riferimento prognostico razionalmente
condivisibile in relazione alle dedotte
verifiche tecniche.
Trattasi invero, nel
caso, di tutelare il bene primario della
vita e della integrità fisica delle persone.
E, a ben vedere, non si tratta perciò di un
deterrente teso a determinare un diverso
comportamento recessivo irreversibile quanto
di un'occasione che, se vista
sinergicamente, è funzionale a conciliare il
diverso interesse pubblico su dedotto sì da
concretizzarlo in modo più compito nelle
varie circostanze materiali relative
all'inerente percorso localizzativi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 12.01.2009 n. 18 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier VINCOLO CIMITERIALE |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto cimiteriale.
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come
modificato dall’art. 28 della legge
01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio
comunale il potere di consentire, se non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie accertate
dalla competente Azienda USL, la riduzione
della zona di rispetto cimiteriale, tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta
attribuzione del potere decisorio all’organo
consiliare non deve intendersi nel senso di
riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà
di pronunciamento, dovendosi piuttosto
ritenere che, fermo restando l’obbligo di
adottare un tempestivo provvedimento in
risposta alle istanze all’uopo presentate,
il Consiglio comunale disponga di un ampio
potere discrezionale, da esercitarsi
attraverso l’esplicazione in motivazione
delle ragioni delle determinazioni assunte,
circa l’autorizzabilità di interventi
edificatori in deroga rispetto alla fascia
di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 322 - link
a www.lexambiente.it). |
dossier VOLUMI TECNICI |
EDILIZIA PRIVATA: I
volumi tecnici sono quelli destinati
esclusivamente agli impianti necessari per
l'utilizzo dell'abitazione e che non possono
essere ubicati al suo interno, quali ad
esempio il locale caldaia ed il vano
ascensore.
Per giurisprudenza pacifica i volumi tecnici
sono quelli destinati esclusivamente agli
impianti necessari per l'utilizzo
dell'abitazione e che non possono essere
ubicati al suo interno, quali ad esempio il
locale caldaia ed il vano ascensore.
Pertanto non rientrano tra i volumi tecnici
-e quindi sono computabili ai fini della
volumetria consentita- le soffitte, gli
stenditori chiusi, i locali di sgombero ed
il piano di copertura, comunemente definito
sottotetto, ove per rilevante altezza media
rispetto al piano di gronda, possa essere
utilizzato come mansarda (cfr. Consiglio
Stato, sez. V, 04.03.2008, n. 918; Consiglio
Stato, sez. V, 13.05.1997, n. 483)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 11.05.2009 n. 669 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione
da una gara di appalto di una a.t.i. per
aver omesso di produrre il verbale di
avvenuto sopralluogo richiesto dal bando.
L'esclusione da una gara d'appalto per
ragioni formali può essere disposta sulla
base di inequivocabili precetti contenuti
negli atti di gara (bando, lettera di
invito), come la scrupolosa indicazione
dell'adempimento formalmente richiesto e
l'altrettanto precisa indicazione della
sanzione comminata, per cui, solo in
mancanza di una sufficiente chiarezza nei
dati in questione, risulterebbe illegittima
l'esclusione di un'impresa disposta
dall'amministrazione appaltante, dovendo
semmai questa disporre un'integrazione
documentale al fine di verificare il
possesso dei requisiti richiesti a pena di
esclusione, poiché, una volta inserita una
determinata clausola in un bando di gara, la
p.a. non può esimersi dal rispettarla,
dovendo garantire la par condicio per tutti
i concorrenti: quando gli oneri di
produzione documentale siano richiesti a
pena di esclusione dalla lex specialis
di gara, una volta constatatane l'omissione,
la stazione appaltante deve trarne le
conseguenze in punto di esclusione del
soggetto cui esse siano addebitabili.
Ne consegue che, nel caso di specie, l'a.t.i.
deve essere esclusa dalla gara di appalto
per aver omesso di produrre l'attestato di
avvenuto sopralluogo richiesto dal bando
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.05.2009 n. 3320 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sulla legittimità del diniego di
accesso ai progetti proposti dalle imprese
partecipanti ad una procedura di project
financing in quanto la società richiedente
l'accesso è stata esclusa dalla procedura.
E' legittimo il diniego di accesso opposto
da un comune alla richiesta di visione ed
estrazione di copia dei progetti proposti
dalle ditte partecipanti ad una procedura di
project financing, poiché la società
richiedente l'accesso era stata esclusa.
In tema di project financing, soltanto i
soggetti utilmente ammessi alla ponderazione
comparativa delle offerte (e non, quindi,
quelli esclusi) si trovano destinatari di
una posizione qualificata e differenziata,
la quale, pur nella necessaria osservanza
delle modalità temporali che assistono la
conoscibilità degli atti (differimento ex
art. 13 D.Lgs. 163/2006), consente ai
medesimi l'esercizio del diritto di accesso
relativamente alle proposte presentate dagli
altri concorrenti, laddove il pregiudizio
dai primi lamentati (e, conseguentemente, le
esigenze di tutela che essi intendano far
valere) trovi fondamento proprio nello
svolgimento dell'attività di selezione e
valutazione delle offerte (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 28.05.2009 n. 3319 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Cessione di cubatura.
L’istituto del c.d. “asservimento dl terreno
per scopi edificatori” (o cessione di
cubatura) —al quale, secondo pacifica
interpretazione giurisprudenziale, può farsi
ricorso pure in mancanza di un
riconoscimento espresso da parte di fonti
normative— consiste in un accordo tra
proprietari di aree contigue, aventi la
stessa destinazione urbanistica, in forza
del quale il proprietario di un’area “cede”
una quota di cubatura edificabile sul suo
fondo per permettere all’ altro di disporre
della minima estensione di terreno richiesta
per l’edificazione, ovvero di realizzare una
volumetria maggiore di quella consentita
dalla superficie del fondo di sua proprietà.
Gli effetti che ne derivano hanno carattere
definitivo ed irrevocabile, integrano una
qualità oggettiva dei terreni e producono
una minorazione permanente della loro
utilizzazione da parte di chiunque ne sia il
proprietario (Cote di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 20.05.2009 n. 21177 -
link a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: In
materia di comunicazione di avvio del
procedimento amministrativo circa gli abusi
edilizi.
Va considerato:
a)
il noto orientamento giurisprudenziale
secondo cui l’obbligo di comunicazione non è
ravvisabile nelle ipotesi di attività
vincolata, sul presupposto che la
partecipazione sia fruttuosa soltanto quando
sia possibile effettuare una scelta
discrezionale (Cons. Stato, VI Sez., n.
5419/2006);
b)
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui
si è riconosciuto l’obbligo di procedere
alla comunicazione di avvio di procedimento
in caso di provvedimenti di demolizione,
ancorché con l’ammissione di una sostanziale
equivalenza tra la previa adozione
dell’ordinanza di sospensione dei lavori e
la comunicazione de qua (Cons. Stato nn.
5058/2002 e 3263/2003);
c)
l’innovazione apportata dalla L. n. 15 del
2005 che, nel modificare la L. n. 241 del
1990, ha introdotto l’art. 21-octies che, al
comma 2, prescrive che “Non è annullabile
il provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento o sulla forma degli
atti qualora, per la natura vincolata del
provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto
adottato. Il provvedimento amministrativo
non è comunque annullabile per mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento
qualora l’Amministrazione dimostri che il
contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto
adottato”.
La mancata
formale notificazione del provvedimento
demolitorio a tutti i comproprietari non
costituisce vizio di legittimità dell’atto,
che rimane quindi valido ed efficace. E’
noto, invero, l’orientamento
giurisprudenziale che ritiene sufficiente la
notificazione ad uno solo dei proprietari
del provvedimento demolitorio affinché sia
validato il procedimento amministrativo
volto al ripristino della situazione
giuridica illegittimamente incisa dagli
interventi edilizi effettuati. Va ricordato
che le disposizioni vigenti (art. 7 L. n.
47/1985, art. 31 DPR n. 380/2001)
attribuiscono la responsabilità dell’abuso
edilizio al proprietario del bene e che
l’ordinanza di demolizione non va notificata
a tutti i comproprietari, in base al
principio di responsabilità plurisoggettiva,
ma a chi ha materialmente la disponibilità
del bene
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.05.2009 n. 3029 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
E' legittima la scelta di una
società a capitale pubblico di escludere
l'aggiudicataria provvisoria dalla gara per
la cessione del ramo di attività relativo
alla vendita del gas metano ai clienti
finali.
E' legittima la scelta di una società a
capitale pubblico di escludere
l'aggiudicataria provvisoria dalla gara ad
evidenza pubblica per la cessione del ramo
di attività relativo alla vendita del gas
metano ai clienti finali, in quanto
destinataria di un provvedimento
dall'Autorità garante dell'energia elettrica
e del gas, per aver emesso bollette per
forniture ad uso domestico non conformi ai
criteri della stessa Autorità, e per non
aver garantito ai clienti finali la
necessaria trasparenza sull'identità "del
soggetto utente del trasporto e del
dispacciamento per il punto di prelievo",
poiché il bando di gara prevedeva una
garanzia di rispetto delle norme dettate
dall'Autorità.
Nel caso di specie, il contratto da
aggiudicare con la gara, aveva per oggetto
la "cessione del ramo di attività
relativo alla vendita del gas metano ai
clienti finali", e non la gestione del
servizio di distribuzione: si tratta quindi
inequivocabilmente non di un contratto di
durata come l'appalto di servizi, ma di un
contratto ad esecuzione istantanea,
assimilabile alla vendita di un ramo di
azienda. Pertanto, trovano applicazione gli
artt. 1367 e 1369 c.c., per cui il testo
contrattuale va inteso nel senso in cui
possa avere qualche effetto, e non in senso
che non ne abbia alcuno, e va inteso
comunque in modo coerente con la natura e
l'oggetto del contratto. Infatti, in un
contratto ad esecuzione istantanea come la
vendita, dopo che il passaggio della
titolarità del diritto ceduto ha avuto luogo
di regola impegni esecutivi non ne
residuano, e quindi un impegno a garantire
nei confronti dei clienti facenti parte del
portafoglio ceduto un dato comportamento non
ha significato alcuno, non essendovi verso
il cedente alcun impegno a gestire nel tempo
un servizio da rendere a terzi secondo certi
livelli qualitativi. Per evitare una
interpretazione abrogatrice della clausola
contrattuale in esame, è quindi necessario
costruirla come requisito di partecipazione,
espressivo di una volontà della società a
capitale pubblico di cedere solo a una
controparte dotata di certi requisiti di
affidabilità e correttezza commerciale (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 15.05.2009 n. 1046 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Taglio di bosco autorizzato e
danneggiamento ceppaie.
In materia di tutela ambientale, qualsiasi
modificazione del territorio, al di fuori
delle ipotesi consentite, purché
astrattamente idonea a ledere il bene
protetto, configura il reato di cui
all’articolo 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Quindi anche il decespugliamento, il
disboscamento, il taglio o la distruzione di
ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica
colturale ed in assenza di autorizzazione o
in difformità da essa, configura il reato di
cui all’articolo 181 del d.lgs.
n. 42 del 2004. Il possesso
dell’autorizzazione per il taglio di un
bosco non legittima quindi il danneggiamento
delle ceppaie (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 14.05.2009 n. 20138 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Varianti in corso d’opera.
In materia edilizia, l’attività in variante
non è ammessa per la modifica della
destinazione d’uso né per l’alterazione
delle volumetrie né per l’aumento delle
superfici utili e non è consentita una
richiesta di approvazione successiva
all’esecuzione delle opere, essendo stato
imposto ex legge n. 5453/1999 l’obbligo
della comunicazione preventiva dell’intento
di procedere alle varianti.
Correttamente è
stata quindi rilevata l’illegittimità del
provvedimento rilasciato per sanare opere
realizzate in contrasto con lo strumento
urbanistico, quanto alla modificata della
destinazione d’uso e al mancato rispetto dei
parametri della superficie e della
volumetria, sicché la variante,
espressamente adottata, non può porsi come
presupposto valido per la successiva
attività. La concessione di varianti a
permessi di costruire illegittimi
costituisce, infatti, lo sviluppo necessario
dell'originaria (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.05.209 n. 20151 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione muro di recinzione.
Anche la realizzazione di un muro di
recinzione necessita del previo rilascio del
permesso a costruire allorquando, avuto
riguardo alla sua struttura e all’estensione
dell’area relativa, lo stesso sia tale da
modificare l’assetto urbanistico del
territorio, così rientrando nel novero degli
"interventi di nuova costruzione" di
cui all’art. 3, lett. e), del d. P.R. n. 380
del 2001 (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 13.05.2009 n. 20131 -
link a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
destinatario di un provvedimento repressivo
in materia edilizia, scaturito da esposti
presentati da privati, non ha diritto di
accesso a tali esposti allorquando l’azione
amministrativa si fondi su autonomi atti
ispettivi, rispetto ai quali la denuncia del
privato ha avuto il solo effetto di
sollecitare l’avvio di un procedimento
d’ufficio, senza acquisire efficacia
probatoria.
Il Collegio condivide la giurisprudenza
secondo cui il destinatario di un
provvedimento repressivo in materia
edilizia, scaturito da esposti presentati da
privati, non ha diritto di accesso a tali
esposti allorquando l’azione amministrativa
si fondi su autonomi atti ispettivi,
rispetto ai quali la denuncia del privato ha
avuto il solo effetto di sollecitare l’avvio
di un procedimento d’ufficio, senza
acquisire efficacia probatoria (Cons. Stato
V, 03.04.2000 n. 1916; TAR Milano 2^,
02.10.1998 n. 2281).
Nel caso in esame, la “segnalazione”
di terzi è richiamata nel contesto del
provvedimento del tutto marginalmente, e
soltanto come fatto storico, come fonte cioè
di una “notizia” che ha indotto
l’Amministrazione a disporre un sopralluogo
ed effettuare un accertamento in situ, senza
trarre da tale segnalazione alcun elemento
idoneo a supportare le ordinanze di
demolizione, interamente basate sulle
risultanze (autonome) del sopralluogo.
Non si vede allora, quando la segnalazione
del privato abbia avuto il solo effetto di
attivare il controllo amministrativo, quale
sia l’interesse giuridicamente apprezzabile
sotteso e correlato alla domanda di accesso,
tanto più che la segnalazione si pone in tal
caso all’esterno del procedimento, come mera
occasione di avvio, e neppure assume
carattere di atto endoprocedimentale,
rispetto al quale la legittimazione e
l’interesse all’accesso sarebbero -quanto
meno in astratto- configurabili
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II
sentenza 11.05.2009 n. 3701 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Fertirrigazione e
“correttivo” del 2008.
Anche dopo le modifiche apportate
all’articolo 101 del d.lgs. n. 152 del 2006,
con il decreto legislativo n 4 del 2008,
l’utilizzazione agronomica dei reflui
provenienti da allevamento continua ad
essere sanzionata dall’articolo 137, comma
14 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.05.2009 n. 19329 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Direttore responsabile di morti
sul lavoro senza prevenzione. Irrilevante
l’imprudenza dell’operaio in assenza di
misure di prevenzione.
Il direttore dei lavori di un’impresa,
delegato alla sicurezza, deve predisporre
tutte le misure dirette a prevenire
infortuni sul lavoro, e può essere ritenuto
responsabile della morte di un operaio se
tali misure non erano state predisposte o
erano insufficienti (Corte di Cassazione,
Sez. IV penale,
sentenza 06.05.2009 n. 18998 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi e poteri
dell'amministrazione.
Il provvedimento volto a sanzionare un abuso
edilizio non abbisogna di congrua
motivazione in ordine all'attualità
dell'interesse pubblico che è in re ipsa,
consistendo nel ripristino dell'assetto
urbanistico violato, anche ove l’atto sia
adottato a distanza di anni dalla
realizzazione dell'abuso.
Nel caso, poi, un titolo edilizio sia stato
ottenuto sulla base di una non fedele
rappresentazione della realtà dei luoghi
negli elaborati progettuali prodotti a
corredo dell’istanza di rilascio del titolo,
l’Amministrazione può procedere
all’annullamento d’ufficio senza esternare
alcuna particolare ragione d’interesse
pubblico e senza tenere conto
dell’affidamento ingeneratosi nel privato,
non potendo quest’ultimo fondare alcun
legittimo affidamento in ordine alla
persistenza di un titolo ottenuto attraverso
l’induzione in errore dell’ente pubblico
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 981 - link
a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA: Sui
diritti edificatori decide il piano.
Nessuna posizione
giuridicamente può essere riconosciuta a
progetti di lottizzazione che, al momento
della variazione del PRG, risultino ancora
in itinere o in istruttoria ancorché da
lungo tempo.
Muovendo dalla giurisprudenza in materia di
aspettative derivanti da lottizzazioni
edilizie e modifiche preclusive dello
strumento urbanistico, deve premettersi e
ribadirsi che nessuna posizione
giuridicamente può essere riconosciuta a
progetti di lottizzazione che, al momento
della variazione del PRG, risultino ancora
in itinere o in istruttoria ancorché da
lungo tempo. E' evidente che ciò non è
assentibile, in ragione del fatto che,
mentre la variante di PRG assume immediata
efficacia, per contro non sussiste alcuna
approvazione di atto giuridico che sia
perciò assurto al rango di uno strumento
urbanistico efficace (nella specie
attuativo, ad iniziativa di parte privata,
quale il piano di lottizzazione) e del quale
debba in qualche modo tenersi conto.
E' quanto
stabilito dalla decisione n. 2418/2009 del
Consiglio di Stato che nei passaggi più
significativi sottolinea che "anche il
pagamento di oneri di urbanizzazione, lungi
dal costituire aspettative edificatorie
tutelate, si muove in realtà nel solo ambito
obbligatorio-patrimoniale, generando al più
il dovere restitutorio di somme non dovute,
ma non può certamente comportare il sorgere
di un dovere dell´amministrazione di fornire
particolare motivazione delle proprie scelte
urbanistiche incisive delle aspettative di
mero fatto".
Pertanto il mutamento di destinazione d'uso
prospettata a seguito dell'inizio della
procedura volta all'approvazione di un piano
di lottizzazione, quand'anche questa sia in
una fase avanzata, non è sufficiente a
fondare una pretesa giuridicamente rilevante
in capo al privato che, nel caso di specie,
ha visto il proprio terreno tornare a
destinazione agricola senza alcun indennizzo
se non il ristoro delle spese legittimamente
sostenute.
Infine, l'obbligo motivazionale che grava
sull'Amministarzione è comunque tanto più
stringente quanto maggiore è l'affidamento
indotto nel privato ed è pertanto parametro
di legittimità del provvedimento cui in cui
si inserisce (commento
tratto da www.pausania.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 21.04.2009 n. 2418 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Potere di ordinanza.
Lo strumento che la legislazione di settore
mette a disposizione per reprimere le
violazioni della disciplina
sull’inquinamento acustico è specificamente
-nonché unicamente- il potere di ordinanza
ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio
ordinario in materia di inquinamento
acustico, non attribuendo la citata legge
speciale altri strumenti alle
Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è
sufficiente, per l’esercizio del suddetto
potere, anche la segnalazione di un solo
cittadino (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 670 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ambiente in genere.
Legittimazione associazioni.
Nel nostro ordinamento l’affidamento al
Ministero dell’ambiente ex art. 13 l.
08.07.1986 n. 349 del potere di accertamento
della legittimazione ad agire delle
associazioni ambientaliste (e dei comitati),
non esclude la possibilità per il giudice di
valutare caso per caso l’applicabilità
dell’art. 18 l. n. 349 del 1986, accertando
la sussistenza della legittimazione in capo
ad una determinata associazione ad impugnare
provvedimenti lesivi di interessi
ambientali.
Tuttavia la legittimazione di una
associazione non compresa nell’elenco
ministeriale di cui all’art. 13 legge n.
349/1986 ad impugnare provvedimenti
amministrativi lesivi di interessi
ambientali è condizionata al possesso dei
seguenti requisiti che debbono sussistere
cumulativamente (e ciò al fine di evitare il
configurarsi di un’azione popolare):
1) perseguire statutariamente in modo non
occasionale obiettivi di tutela ambientale;
2) avere un adeguato grado di
rappresentatività e stabilità;
3) avere un’area di afferenza ricollegabile
alla zona in cui è situato il bene a
fruizione collettiva che si assume leso (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 15.04.2009 n. 866 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fascia di rispetto stradale.
L’esistenza di limiti di edificazione da
rispettare con riferimento al nastro di
autostrade e strade, tanto fuori del centro
abitato che nell’ambito di quest’ultimo,
deriva direttamente dalla normativa del
Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo
285/2002) e del suo Regolamento di
attuazione), nonché per le sole autostrade
dall’art. 9 della l. 729/1961: in
particolare l’art. 28 del dpr 495/1992 fissa
delle “fasce di rispetto per
l’edificazione nei centri abitati” (mt.
30 per le strade di tipo A, cioè per le
autostrade), mentre il comma 1 dell’art. 9
l. n. 729/1961 pone comunque il divieto di
realizzare qualsivoglia edificazione a
distanza inferiore a mt. 25 dal limite della
zona di occupazione dell’autostrada.
Il divieto in oggetto risulta finalizzato a
mantenere una fascia di rispetto,
utilizzabile per l’esecuzione di lavori,
l’impianto di cantieri, l’eventuale
allargamento della sede stradale, nonché per
evitare possibili pregiudizi alla
percorribilità della via di comunicazione;
per cui le relative distanze vanno
rispettate anche con riferimento ad opere
che non superino il livello della sede
stradale (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 09.04.2009 n. 1383 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Elettrosmog. Localizzazione
impianti.
L’assimilazione in via normativa delle
infrastrutture di reti pubbliche di
comunicazione alle opere di urbanizzazione
primaria, ai sensi dell’art. 86, comma
terzo, del d.lgs. n. 259 del 2003, comporta
che le stesse debbano collegarsi ed essere
poste al servizio dell’insediamento
abitativo, non da questo avulse con
localizzazione lontana dai centri di utenza,
onde la potestà assegnata alle
amministrazioni comunali dall’art. 8, comma
6, della legge n. 36 del 2001 (“i comuni
possono adottare un regolamento per
assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l’esposizione della popolazione
ai campi elettromagnatici”) può
tradursi, ad esempio, nell’introduzione,
sotto il profilo urbanistico, di regole a
tutela di zone e beni di particolare pregio
paesaggistico/ambientale o
storico/artistico, ma non può trasformarsi
in “limitazioni alla localizzazione”
degli impianti di telefonia mobile per
intere ed estese porzioni del territorio
comunale, in assenza di una plausibile
ragione giustificativa; in definitiva, tale
disciplina non deve risolversi in un
impedimento che rende in concreto
impossibile, o comunque estremamente
difficoltosa, la realizzazione di una rete
completa di infrastrutture di
telecomunicazioni. Con la conseguente
illegittimità dei regolamenti locali che
prevedano una “zonizzazione”
indipendente dalle esigenze dei gestori del
servizio di telefonia mobile, e che cioè
circoscrivano gli impianti a specifiche
aree, appositamente individuate, senza
subordinare le relative scelte alla previa e
puntuale verifica della coerenza della
disciplina pianificatoria con la necessità
che venga assicurata, nell’intero territorio
comunale, l’uniforme copertura del servizio
(TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 07.04.2009 n. 105 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanza demolizione opere
abusive.
Se è vero che la constatata realizzazione
dell’opera in assenza del titolo abilitativo
(o in totale difformità da esso), fa sì che
l’ingiunzione demolitoria sia praticamente
un atto dovuto (anche con riguardo
all’effetto derivato della paventata
acquisizione gratuita delle opere al
patrimonio comunale), ed è sufficientemente
motivata con l’affermazione dell’accertata
abusività dell’opera, tuttavia il lungo
lasso di tempo trascorso deve essere
considerato al fine di verificare se si sia
ingenerata, causa appunto il protrarsi
dell’inerzia dell’Amministrazione preposta,
una posizione di affidamento nel privato
(TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 07.04.2009 n. 97 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Opere nella
fascia di 150 metri dalla battigia.
Nel vietare insediamenti che si trovano
entro la fascia di 150 metri dalla linea
della battigia, il legislatore ha inteso
dettare una norma a tutela dell’ordinato
assetto del territorio, quindi comprensiva
(ma non esclusivamente), della tutela del
paesaggio: è consentita, infatti, una deroga
al vincolo nelle zone A e B dello strumento
urbanistico, che sono quelle ove l’assetto
del territorio è già definito e non è
suscettibile di ulteriore modificazione, se
non in senso conservativo; inoltre, cosa più
importante, la stessa norma non si limita a
fissare il limite di inedificabilità nei 150
metri dalla battigia, ma determina altresì,
per le ulteriori estensioni in profondità,
articolate prescrizioni in ordine alla
volumetria assentibile, graduandone la
quantità in proporzione all’allontanamento
dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice
di densità territoriale edilizia è pari, nel
massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino
a 1000, è pari a 1,50 mc/mq).
Alla ratio di tutela della
disposizione in esame, quindi, va ricondotta
una concezione dell’assetto del territorio
che prescinde da una sua essenziale
connotazione solo paesaggistica o
ambientale, dovendovi invece ravvisare la
concorrenza di più esigenze di tutela (non
ultima quella del decoro e della uniformità
del comprensorio, della protezione e della
tutela della condizione orografica e
geologica delle coste, di sicurezza pubblica
e così via) com’è naturale per le
disposizioni dello strumento urbanistico,
entro cui si compendiano e trovano sintesi
tutte le molteplici e variegate esigenze
possibili del governo del territorio (TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 06.04.2009 n. 673 - link
a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Associazioni e varianti al PRG.
Un'associazione costituitasi poco tempo
prima che il Consiglio Comunale adotti una
variante la PRG non può rientrare tra quelle
associazioni a carattere nazionale rivolte
alla protezione ambientale e perciò
riconosciute e legittimate ad agire ex
lege, ma deve considerarsi quale
associazione non riconosciuta, costituita al
solo scopo di contrastare l'adozione e
l'approvazione della variante sopra
menzionata.
Peraltro deve essere dimostrato che tale
associazione, ancorché si definisca
portatrice di interessi diffusi, agisca per
la tutela di un interesse collettivo, avendo
il connotato della stabilità, nel senso
dello svolgimento all'esterno in via
continuativa della propria attività a tutela
dell'interesse che si intende proteggere con
la conseguenza che, in mancanza, la suddetta
associazione rientra tra le cosiddette
associazioni di comodo, la cui attività non
riflette effettive esigenze collettive (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 30.03.2009 n. 990 - link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
Esclusione automatica di
un'offerta - Prima che la Stazione
appaltante richieda le precisazioni ritenute
utili in merito alla composizione della
stessa - Non può essere disposta - Valore
del D.M. di determinazione periodica del
costo del lavoro.
E' ormai pacifico che il principio di
esclusione automatica non può trovare
applicazione negli appalti (di qualsiasi
natura), retti dal principio secondo cui
l'amministrazione -prima di poter rifiutare
un'offerta- richiede le precisazioni che
ritiene utili in merito alla composizione
della stessa e la sottopone a verifica
tenendo conto delle giustificazioni fornite.
In tale quadro, quindi, il decreto
ministeriale di determinazione periodica del
costo del lavoro assume valore
essenzialmente ricognitivo del costo del
lavoro formatosi in un certo settore
merceologico sulla base dei valori economici
previsti dalla contrattazione collettiva, e
non è diretto ad incidere sulle regole di
apertura al mercato nell'aggiudicazione
degli appalti pubblici, imponendo a tutte le
imprese il rispetto di certi parametri nella
formulazione delle offerte.
Il Codice dei contratti non ha infatti
previsto che nell'ipotesi di un seppur
minimo contrasto con le tabelle predisposte
dal Ministero del Lavoro l'offerta debba
essere automaticamente considerata anomala,
ma ha ben diversamente imposto alla stazione
appaltante di valutare le giustificazioni
fornite dalla partecipante e di considerare
l'offerta anormalmente bassa solo ove si
discosti in modo evidente dai parametri
fissati con il decreto ministeriale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.02.2009 n. 474). |
EDILIZIA PRIVATA:
Demolizione opere abusive -
Repressione dell'abuso disposta a distanza
di lungo tempo dalla commissione dello
stesso - Richiede puntuale motivazione in
ordine all'interesse pubblico attuale.
La repressione dell'abuso edilizio, disposta
a distanza di un tempo ragguardevole,
richieda una puntuale motivazione
sull'interesse pubblico al ripristino dei
luoghi allo status quo ante.
Sul punto è stato ripetutamente affermato
che l'ordine di demolizione di opera
edilizia abusiva è sufficientemente motivato
con l'affermazione dell'accertata abusività
dell'opera, salva l'ipotesi in cui, per il
lungo lasso di tempo trascorso dalla
commissione dell'abuso ed il protrarsi
dell'inerzia dell'amministrazione preposta
alla vigilanza, si sia ingenerata una
posizione d'affidamento nel privato, ipotesi
questa in relazione alla quale si ravvisa un
onere di congrua motivazione che, avuto
riguardo anche all'entità e alla tipologia
dell'abuso, indichi il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello al
ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
interesse privato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.02.2009 n. 457). |
EDILIZIA PRIVATA:
Chiusura di una capezzana agricola - Sulla scorta di
previsioni contenute in un P.L - Preesistenza
della capezzagna al P.L. - Rileva - Oggetto
del P.L..
Il Piano di lottizzazione deve disciplinare
le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria (da cedere al comune), mentre
eventuali servitù di passaggio o accessi
privati non riguardano la disciplina
urbanistica ma i rapporti tra i privati
lottizzanti e i loro futuri aventi causa.
Se
sia intenzione del Comune intervenire anche
su capezzagna preesistente alla data di
adozione del Piano, il Comune deve
richiedere elaborati, previsioni
urbanistiche attuative e norme convenzionali
rivolte alla relativa eliminazione ovvero a
stabilire destinazioni d'uso o prescrizioni
incompatibili con l'esercizio del passaggio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.02.2009 n. 453 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Annullamento dell'atto amministrativo -
Potere di autotutela della p.a. - Limiti.
Il potere di annullamento dell'atto
amministrativo, che ricade nell'ambito
generale dei poteri di autotutela dei quali
dispone la p.a., è soggetto a particolari
limiti individuati nel tempo dalla
giurisprudenza, e da ultimo codificati
dall'art. 14 della legge 11.02.2005 n.
15, che ha introdotto l'art. 21-nonies alla
legge 07.08.1990 n. 241.
In particolare, affinché tale potere possa
dirsi legittimamente esercitato è
necessaria:
a) la sussistenza di un
interesse pubblico concreto ed attuale alla
rimozione del provvedimento, che vada al di
là dell'interesse al mero ripristino della
legalità violata;
b) la prevalenza del
suddetto interesse rispetto a quello che fa
capo al privato, il quale confida nella
validità del provvedimento e nel permanere
degli effetti di quest'ultimo;
c) la
vicinanza temporale fra atto di primo grado
ed atto di annullamento, il quale deve
essere adottato entro convenienti limiti di
tempo, giacché il trascorre di questo
accresce l'aspettativa del destinatario al
consolidarsi degli effetti del provvedimento
a lui favorevole (cfr. C.d.S. sez. IV,
14/02/2006 n. 564; TAR Puglia Bari, sez. I,
15/08/2008 n. 1157).
Il cardine, attorno al quale ruota la
disciplina illustrata, è quindi costituito
dall'affidamento del privato che versa in
condizione di buona fede, il quale merita
tutela e non può essere sacrificato se non
per preminenti ragioni di interesse pubblico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 24.02.2009 n. 1366 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ingiunzione sindacale ex art. 7 della
legge n. 47/1985 di ripristino della
destinazione industriale di porzione di
fabbricati - Interesse all'impugnazione - In
caso di chiusura dell'intero complesso
industriale - sussiste .
2. Mutamento di destinazione d'uso senza
opere edilizie - Assenza di legge regionale
- Non è soggetto a potere di pianificazione
urbanistica.
1. Sussiste l'interesse ad impugnare
un'ingiunzione sindacale di ripristino della
destinazione industriale da parte della
società ingiunta anche nel caso in cui
l'intero complesso industriale sia stato
chiuso posto che tale circostanza non è
sufficiente ad escludere il conseguimento di
un risultato vantaggioso.
2.
In applicazione dell'art. 25 u.c. Legge
28.02.1985 n. 47 che stabilisce che il
mutamento di destinazione d'uso, realizzato
senza opere edilizie, va sottoposto, nei
casi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla
legge regionale, a semplice autorizzazione e
non a concessione edilizia, in mancanza di
apposita legge regionale, vale il principio
che il mutamento di destinazione d'uso
funzionale dei singoli edifici è in linea
generale libero, ovvero non è soggetto a
potere di pianificazione urbanistica (cfr.
Corte Costituzionale 11.02.1991 n. 73;
31.12.1993 n. 498) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 20.02.2009 n. 1342). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso agli atti amministrativi - Interesse
differenziato e qualificato legittimante
l'accesso - Necessità di tutelare, in ogni
sede, la posizione soggettiva dell'istante -
E' sufficiente.
La motivazione sottesa alla possibilità di
garantire una concreta difesa dei propri
interessi, se adeguatamente esplicitata
nell'istanza, costituisce già di per sé nel
nostro ordinamento interesse differenziato e
qualificato legittimante l'accesso agli atti
amministrativi (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.02.2009 n. 321 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Regole di gara - Documento difforme dal
paradigma prefigurato - Documento non
prodotto.
Un documento prodotto in copia informale
nell'ambito di una procedura di gara in cui
risulta stabilita la produzione in originale
o in copia autentica, è semplicemente un
documento non prodotto, senza che sia
possibile per la stazione appaltante
indagare sulle ragioni di una simile
difformità nei confronti del paradigma
prefigurato, ed a fronte della mancata
impugnazione della clausola di gara che
prescriveva siffatta formalità: clausola
che, perciò, è indubbio dovesse essere
osservata (C.d.S., Sez. V, 31.10.2008,
n. 5458).
La produzione postuma di un documento non ha
mai l'effetto di sanare in via retroattiva
la causa di esclusione, in quanto altrimenti
si darebbe luogo ad una non consentita
disapplicazione di regole dettate a garanzia
dell'imparzialità della procedura e si
snaturerebbe la stessa fisionomia delle
pubbliche gare (C.d.S., Sez. V, n.
5458/2008, cit.).
Come infatti già osservato, il documento
difforme dal paradigma prefigurato dalle
regole di gara è un documento non prodotto,
senza che siano indagabili le ragioni della
difformità. In ciò non si annida una
concezione formalistica dell'esercizio dei
poteri pubblici, giacché è proprio la
particolare struttura dei procedimenti
concorsuali ad impedire di accedere ad
un'impostazione partecipativa dell'azione
amministrativa, tanto è vero che in simili
casi non sono esperibili né il rimedio
dell'integrazione -che non si dà
nell'ipotesi di documentazione mancante- né
quello dell'acquisizione in via ufficiale
tra Amministrazioni, che non opera nei
procedimenti concorsuali, poiché in questi
l'onere di provare il possesso dei requisiti
di partecipazione grava sulla parte (C.d.S., Sez V, n. 5458/2008 cit.) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.02.2009 n. 1235 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Procedura selettiva
pubblica per l'affidamento di un incarico
esterno di consulenza - Valutazione
comparata dei curricula dei candidati -
Esplicitazione dei concreti contenuti di
detto confronto - Deve essere effettuata nel
provvedimento di assegnazione - Semplice
rinvio ai contenuti di detti curricula - Non
è sufficiente.
In qualsivoglia pubblica procedura
selettiva, l'analisi comparata dei curricula
deve trovare esplicita e compiuta
espressione nel provvedimento conclusivo di
affidamento dell'incarico, non risultando al
fine a ciò sotteso bastevole un mero rinvio
ai soli contenuti del curricula; infatti, in
tal modo, l'esplicitazione del relativo
giudizio resterebbe aleatoria, acefala ed
assoggettabile a qualsiasi tipo di
interpretazione (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 10.02.2009 n. 254 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Correttezza e trasparenza -
Gara pregiudicata - Imprese diverse, ma con
medesimo centro di interessi.
2. Controllo ex art. 2359 c.c. - Presunzione
iuris et de iure circa la sussistenza di
un'ipotesi turbativa del corretto
svolgimento della procedura concorsuale -
Collegamento sostanziale - L'amministrazione
è onerata di provare in concreto l'esistenza
di elementi oggettivi e concordanti, che
siano tali da ingenerare pericolo per il
rispetto dei principi di segretezza, serietà
delle offerte e par condicio tra i
concorrenti.
1. La correttezza e la trasparenza della
gara vengono pregiudicate dalla
presentazione di offerte che, seppure
provenienti da imprese diverse, siano
riconducibili ad un medesimo centro di
interessi. Ciò anche alla luce della
disciplina comunitaria, secondo cui il
sistema delle gare pubbliche può funzionare
solo se le imprese partecipanti si trovino
in posizione di reciproca ed effettiva
concorrenza.
2. La giurisprudenza si è sempre orientata
in senso favorevole alla possibilità di
individuare ipotesi di "collegamento
sostanziale" tra imprese, diverse e
ulteriori rispetto a quelle espressamente
indicate all'art. 10, comma 1-bis l. n. 109
del 1994 ("imprese che si trovino fra di
loro in una delle situazioni di controllo di
cui all'art. 2359 c.c."), norma in questa
sede applicabile ratione temporis. Mentre
nel caso di "controllo" ai sensi dell'art.
2359 c.c., opera un meccanismo di
presunzione iuris et de iure circa la
sussistenza di un'ipotesi turbativa del
corretto svolgimento della procedura
concorsuale (e quindi dei principi di
segretezza, serietà delle offerte e par
condicio tra i concorrenti), nel caso di
sussistenza del c.d. "collegamento
sostanziale", l'amministrazione è onerata di
provare in concreto l'esistenza di elementi
oggettivi e concordanti, che siano tali da
ingenerare pericolo per il rispetto dei
richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons.
Stato, V, 22.04.2004 n. 2317; Cons.
Stato, VI, 07.02.2002, n. 685; V, 15.02.2002, n. 923; IV, 27.12.2001,
n. 6424).
Anche in assenza di specifiche
previsioni nella lex specialis, la stazione
appaltante deve disporre l'esclusione di
offerte contenenti gli indizi di una
concordata modalità di presentazione e
formulazione, ovvero della provenienza da un
unico centro decisionale. Difatti, in
considerazione della peculiarità della
materia e degli interessi pubblici tutelati,
sarebbe irragionevole e contraddittorio
richiedere nel bando la tipizzazione del
fatto del collegamento o del controllo
societario diverso da quello di cui
all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale
previsione farebbe refluire il perseguimento
dell'interesse pubblico alla scelta del
"giusto" contraente nel mero controllo della
regolarità formale del procedimento,
esponendo l'interesse protetto al pericolo
di situazioni concrete di fenomeni di
effettivo controllo o di altre situazioni
societari capaci di alterare la gara, non
facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò
in quanto la tutela apprestata all'interesse
pubblico alla corretta e regolare scelta del
"giusto" contraente è finalizzata ad evitare
che il relativo bene giuridico sia
addirittura messo in pericolo: infatti,
quand'esso fosse già stato leso o vulnerato,
sarebbe molto difficile, se non addirittura
impossibile una restitutio in integrum,
salva l'ipotesi dell'annullamento della gara
e la sua rinnovazione, che però in ogni caso
comporterebbe, per il tempo occorrente e per
le risorse umane e finanziarie da impiegare
e riallocare, un'offesa non riparabile ai
principi di economicità, speditezza,
celerità ed adeguatezza dell'azione
amministrativa (cfr. Cons. Stato VI,
13.06.2005, n. 3089; 23.06.2006, n. 4012;
Sez. V, 09.12.2004, n. 7894). Sarebbe,
comunque, preferibile che il divieto fosse
esemplificato attraverso clausole del bando
di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.02.2009 n. 1100 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Pubblico dipendente - Trasferimento -
Valutazione discrezionale dei fatti nocivi
del prestigio, del decoro e della
funzionalità dell'Ufficio.
Il trasferimento per incompatibilità
ambientale del pubblico dipendente non ha
carattere sanzionatorio, né ha natura
disciplinare (non postulando comportamenti
contrari ai doveri di ufficio), ma è
condizionato solo alla valutazione,
ampiamente discrezionale, dei fatti che
possano far ritenere nociva per il
prestigio, il decoro e la funzionalità
dell'Ufficio la permanenza del dipendente in
una determinata sede (C.d.S., Sez. IV,
30.09.2008, n. 4716; id., 05.10.2006, n.
5923; TAR Molise, 12.11.2007, n. 749) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 03.02.2009 n. 1086 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
1. Alloggi ERP - Allontanamento
dall'alloggio - Non sussistenza di una
esigenza abitativa - Decadenza/revoca.
2. Alloggi ERP - Allontanamento coattivo,
stato di detenzione - Non dimostra in alcun
modo il venir meno dell'esigenza abitativa.
1. La disciplina della decadenza (e della
revoca) dell'assegnazione non ha finalità
sanzionatorie (Cass. civ., Sez. I, 27.08.1998, n. 8530), ma mira a rendere
disponibili gli alloggi, non più occupati
stabilmente, alle categorie sociali meno
protette del tutto prive di alloggio (Cass.
civ., Sez. I, 03.04.2008, n. 8519); quel
che rileva è soltanto il fatto oggettivo
dell'abbandono non autorizzato, senza che,
invece, si possa attribuire nessuna
rilevanza ad altri elementi, quali le
ragioni dell'allontanamento o la volontà di
tornarvi una volta cessate tali ragioni
(C.d.S., Sez. IV, 14.04.2004, n. 2107;
Cass. civ., n. 8519/2008, cit.; TAR
Calabria, Catanzaro, Sez. II, 14.02.2002, n. 204; TAR Lombardia Milano, sez. II, 23.09.2003, n. 4293), non
assumendo rilievo neppure le ricevute delle
utenze comprovanti il pagamento dei servizi
pubblici usufruiti (C.d.S., Sez. IV, 08.05.2003, n. 2447). Ciò, perché
l'abbandono non autorizzato dimostra di per
sé che l'assegnatario non ha più
un'effettiva esigenza abitativa (Cass. civ,
Sez. II, 27.04.2001, n. 6123; C.d.S.,
Sez. IV, n. 2107/2004, cit.; id., n.
2447/2003, cit.).
In definitiva, in base all'orientamento
univoco della giurisprudenza, si può parlare
di abbandono legittimante la decadenza
dell'assegnazione dell'alloggio di E.R.P.,
in quanto dal comportamento di colui che si
è allontanato da detto alloggio possa
desumersi che non ne abbia (più)
effettivamente bisogno.
2. Pertanto, di abbandono non può parlarsi
quando, come nel caso di specie, essendo
stato l'allontanamento coattivo (in virtù
dello stato di detenzione del ricorrente),
si tratta di comportamento che, di per sé,
non dimostra in alcun modo il venir meno
dell'esigenza abitativa in capo al soggetto
che si è allontanato. Questa conclusione è
supportata dalle decisioni giurisprudenziali
relative ai casi nei quali l'allontanamento
dall'alloggio era stato forzoso, derivando
da circostanze esterne e non costituendo il
frutto di una libera scelta
dell'interessato.
In tali casi, infatti, la giurisprudenza ha
negato che sussistessero gli estremi per
addivenire alla decadenza o alla revoca
dell'assegnazione dell'alloggio E.R.P. (cfr.
C.d.S., Sez. IV, 12.05.2006, n. 2663,
relativo all'ipotesi del coniuge costretto,
in costanza di separazione, a non abitare
nella casa familiare; id., 05.08.2005, n.
4188, riguardante l'abbandono involontario
fino al ripristino, nell'alloggio, delle
minime condizioni igieniche necessarie; C.G.A.R.S.,
12.04.1995, n. 118, circa l'abbandono
dell'alloggio per la mancanza di servizi
essenziali, quali acqua, luce e ascensore) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 03.02.2009 n. 1084 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
In house providing: la
partecipazione totalitaria è elemento
costitutivo.
Se nel corso
della durata di un rapporto di concessione
sorto per affidamento diretto muta la
compagine sociale dell’affidatario che era
totalmente in mano pubblica (con l’ingresso
anche minoritario di privati) ciò comporta
vulnerazione dei principi sanciti dal
Trattato in materia di concorrenza. Se ne
ricava che, oltre a dover sussistere nel
momento genetico del rapporto, la proprietà
pubblica della totalità del capitale sociale
non solo deve permanere per tutta la durata
del rapporto ma deve anche essere garantita
da appositi e stabili strumenti giuridici,
quali il divieto di cedibilità delle azioni
posto ad opera dello statuto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 03.02.2009 n. 591 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Offerta - Data - Mancata
apposizione - Esclusione - E' sproporzionata
- Protocollo dell'Amministrazione
aggiudicatrice - E' sufficiente.
La decisione di escludere dalla gara un
concorrente per la dimenticanza (o
l'incompletezza) della data posta in calce
alla domanda di partecipazione e all'offerta
economica è una misura sproporzionata.
L'incompletezza della data non ha alcun
valore al riguardo, in quanto l'unica data
che rileva è quella di pervenimento
dell'offerta, e sotto questo profilo fa fede
soltanto il protocollo dell'amministrazione
aggiudicatrice alla quale l'offerta è stata
consegnata. Tutti i dati e la stessa
manifestazione di volontà dei concorrenti
circa la partecipazione si intendono
attualizzati a tale data. Poiché i dubbi
sulla data sono superati attraverso il
protocollo, ossia per effetto di un elemento
procedurale che opera allo stesso modo per
l'insieme dei concorrenti e offre a tutti le
medesime garanzie, non può esservi il
sospetto di violazione della par condicio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 30.01.2009 n. 217 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso - Direzione generale del lavoro -
Ispettori del lavoro - Ufficiali di polizia
giudiziaria - Atti di indagine - Segreto
istruttorio - Sussistenza.
Gli ispettori del lavoro sono, ai sensi
dell'art. 8, co 4, D.P.R. 520/1955, oltre che
funzionari amministrativi, ufficiali di
polizia giudiziaria e, in quanto tali, hanno
possibilità di accertamento dei reati e
obbligo di rapporto, con la conseguenza che
gli atti di indagine che essi compiono in
tale veste ricadono nell'ambito di
applicazione dell'art. 329 c.p.p. e sono
coperti da segreto istruttorio penale e
sottratti all' accesso (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 30.01.2009 n. 128 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Atti
amministrativi nulli - Violazione o elusione
del giudicato - Giurisidzione esclusiva del
G.A. - Sussiste.
L'art. 21-septies della l. n. 241/1990, il
quale prevede la giurisdizione esclusiva del
G.A. sulle controversie in materia di atti
nulli in quanto adottati in violazione o
elusione del giudicato, non stabilisce, a contrariis, una sorta di giurisdizione
esclusiva del G.O. sulle controversie
afferenti gli atti amministrativi affetti da
altre cause di nullità. Si deve, invece,
ritenere che, salvo diversa disposizione di
legge, la giurisdizione sugli atti
amministrativi nulli si determini sulla base
del criterio ordinario, fondato sulla
consistenza in termini di interesse
legittimo o di diritto soggettivo della
posizione soggettiva azionata dal soggetto
che si considera leso. Pertanto,
appartengono alla giurisdizione ordinaria le
controversie in cui l'atto nullo abbia
preteso di incidere su un diritto soggettivo
preesistente, mentre restano radicate
innanzi al G.A. quelle in cui, a fronte di
un atto nullo, sussista un interesse
legittimo pretensivo (TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, 19.11.2008, n.
5456). Nel caso di specie, non si può
dubitare che l'attività di rilascio del
nulla osta ex art. 22 del d.lgs. n.
286/1998, sebbene dovuta e vincolata (arg.
ex TAR Lazio, Roma, Sez. II, 04.05.2007, n. 3990), sia preordinata a
salvaguardare, in via primaria, l'interesse
pubblico al controllo del fenomeno
dell'immigrazione, con il corollario della
sussistenza, in capo al privato interessato
ed a fronte di detta attività, di una
posizione di interesse legittimo, come tale
tutelabile davanti al G.A..
Relativamente alla lamentata violazione dei
principi che regolano l'annullamento
d'ufficio degli atti amministrativi ex art.
21-nonies della l. n. 241/1990, tenuto conto
che gli atti di annullamento debbono dare
conto, nella motivazione, della sussistenza
di un interesse pubblico concreto e attuale
alla rimozione del preesistente atto (cfr.,
ex plurimis, TAR Puglia, Bari, Sez. I, 15.05.2008, n. 1157), nel caso di specie,
considerata la rilevanza penale dei fatti
esaminati e la necessità di evitare elusioni
della normativa sull'ingresso dei cittadini
stranieri (e ciò a tutela anche di questi
ultimi, come dimostra la vicenda de qua, in
cui, in buona sostanza, è stata sacrificata
con mezzi fraudolenti la possibilità per un
altro cittadino straniero di ottenere
l'ingresso in Italia per fini di lavoro),
deve ritenersi che l'interesse pubblico
all'annullamento del nulla osta fosse in re ipsa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.01.2009 n. 1010 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Autorizzazione per l'installazione di
impianti pubblicitari sul suolo pubblico -
Strumento del silenzio - Assenso -
Inapplicabilità.
2. Installazione di impianti pubblicitari su
suolo pubblico - Titolo autorizzatorio
espresso - Necessità.
1. A norma dell'art. 20 della legge 241/1990
e del d.P.R. n. 407/1994, le domande di
autorizzazione all'installazione di impianti
pubblicitari sul suolo pubblico non possono
reputarsi accolte a mezzo dello strumento
del silenzio - assenso. (cfr. TAR Lombardia,
Milano, 06.10.2008 n. 4709; 03.03.2008
n. 450; 13.11.2006, n. 2151; 22.06.2006 n. 1491).
2. L'installazione che insiste su suolo
pubblico, implicando l'uso del predetto
suolo da parte di un soggetto privato
richiede, da parte dell'Amministrazione
nella cui disponibilità il suolo si trovi,
una ben più complessa ed attenta
valutazione, che non si limita alla
compatibilità di tale uso con l'interesse
pubblico, ma deve estendersi alla verifica
che, attraverso detto uso privato della
risorsa pubblica, si realizzino gli
interessi collettivi di cui essa è
portatrice, valutazione che rende
inconcepibile che possa formarsi tacitamente
il provvedimento concessorio finale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 29.01.2009 n. 992 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Rimozione contratto - Criterio di
selezione delle offerte - Mancanza di buona
fede - Rileva.
Tenuto conto che la rimozione dei
provvedimenti amministrativi che
costituiscono il presupposto di un contratto
stipulato dalla p.a. determina il venir meno
dell'efficacia di quest'ultimo (cfr. Cass.
Civ., sez. I, 15/04/2008 n. 9906; C.d.S. ad.
plen., 30/07/2008 n. 9; C.d.S. sent. N.
490/1998 cit.) e degli gli artt. 1337 e 1338
c.c. (il primo stabilisce che le parti,
nello svolgimento delle trattative e nella
formazione del contratto, devono comportarsi
secondo buona fede; il secondo obbliga la
parte che conoscendo, o dovendo conoscere,
l'esistenza di una causa di invalidità del
contratto, non ne ha dato notizia all'altra
parte a risarcire i danni da questa subiti
per aver confidato, senza sua colpa, nella
validità del contratto) nel caso specifico
(diritto della società ricorrente alla
liquidazione di un giusto ed adeguato
indennizzo a fronte della disposta
"rimozione in via di autotutela" della
aggiudicazione della gara) tali norme non
trovano applicazione.
Infatti, seppure
l'amministrazione abbia posto in essere un
bando di gara del tutto illegittimo (in
quanto prevedeva un criterio di
aggiudicazione irragionevole che
privilegiava in sostanza le offerte per essa
meno convenienti), dunque la colpa della
stazione appaltante deve ritenersi
sussistente, non avendo dimostrato
l'esistenza di situazioni particolari che
possano far ritenere scusabile l'errore
commesso (Cds., sez. VI, 25/01/2008 n. 213;
id. sez. VI, 09/03/2007 n. 1114), rileva la
mancanza di buona fede della controparte
poiché il criterio di selezione delle
offerte approntato dalla stazione appaltante
era del tutto irragionevole: la fornitura si
suddivideva in due articolazioni, delle
quali l'una di importo pari a più di venti
volte quello dell'altra (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 22.01.2009 n. 187 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Impianti sportivi - Rilevanza
economica - Affidamento diretto -
Illegittimità.
L'art. 5 L.R. 27/2006 configura come
residuale l'affidamento diretto, ovvero
senza una procedura a pubblica evidenza,
degli impianti sportivi da parte dei Comuni,
e lo consente, del resto in accordo con i
principi del diritto comunitario, solo per
gli impianti privi di rilevanza economica,
definita all'art. 1 della legge stessa come
la qualità di quegli impianti che "per
caratteristiche, dimensioni e ubicazione
sono improduttivi di utili o produttivi di
introiti esigui, insufficienti a coprire i
costi di gestione", qualità che secondo
logica deve essere dimostrata nella
motivazione della delibera di affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 08.01.2009 n. 4). |
APPALTI:
Aggiudicazione - Criteri -
Formulati dopo l'apertura delle buste -
Illegittimità.
E' illegittimo il provvedimento di
aggiudicazione che ha assegnato il punteggio
relativo alla offerta economica tenendo
conto di un criterio, non previsto dal
bando, formulato dopo l'apertura delle buste
(nel caso di specie si trattava di una gara
di appalto per l'affidamento del servizio di
distributori automatici di bevande e snack
in cui era stato assegnato il punteggio
relativo alla offerta economica tenendo
conto non solo del contributo riconosciuto
alla stazione appaltante, ma anche del
prezzo di vendita all'utente del prodotto
offerto).
Tale operazione appare illegittima quale che
ne sia la qualificazione giuridica. Infatti,
se si ritenesse trattarsi di introduzione di
un nuovo criterio di aggiudicazione, come si
può argomentare dalla lettera del bando, che
come detto a proposito dell'offerta
economica valorizza il solo contributo in
danaro contante all'istituto, si tratterebbe
di pacifica violazione del criterio della
parità di condizioni fra i concorrenti. Non
diversamente però si dovrebbe ritenere
qualificando il criterio come sottocriterio
specificativo del bando. Infatti, secondo
l'art. 83 del codice del contratti il bando
di gara deve indicare all'origine eventuali
sottocriteri di valutazione, e quindi non
sussiste facoltà alcuna della commissione di
procedere in tal senso, facoltà che
comunque, anche ammettendola, andrebbe
esercitata prima dell'apertura delle buste,
sempre in ossequio al criterio di parità di
condizioni fra i concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 08.01.2009 n. 3). |
URBANISTICA:
P.R.G. e P.G.T. -
Zona agricola di salvaguardia - Previsione -
Legittimità - Sussistenza.
Va ritenuta la legittimità delle previsioni
urbanistiche locali che, nell'ambito della
zona agricola, introducono una disciplina
edificatoria differenziata, e più
restrittiva, rispetto a quella della zona
agricola tradizionale dove potrebbero
trovare applicazione diretta le prescrizioni
edificatorie di cui agli artt. 2, 3 e 4
della L.r. n. 93/1980 (nel caso di specie Zona
E1 - Agricola di salvaguardia, finalizzata
di garantire distanze adeguate tra le aree
di espansione residenziale e gli edifici
destinati all'attività agricola), anche al
di fuori dalle ipotesi di cui al richiamato
art. 1 comma 3 della L.r. n. 93/1980, ed anche
dopo l'entrata in vigore della L.r. n.
12/2005 che demanda alla strumentazione
urbanistica comunale (oggi Piano delle
regole) oltre all'individuazione delle aree
destinate all'agricoltura, la definizione
della relativa "disciplina d'uso, di
valorizzazione e di salvaguardia" (art. 10,
comma 4, lett. a), punto 1), in conformità con
quanto previsto dagli artt. 59 ss. della
stessa L.r..
La citata disposizione
contiene l'inciso secondo cui detti indici
"non possono superare" i limiti ivi
indicati, che, letto in correlazione con i
nuovi poteri pianificatori comunali di cui
all'art. 10, co. 4, lett. a), p.to 1, e con
il principio di sussidiarietà verticale di
cui all'art. 118 Cost., porta alla
conclusione che se il Comune non può
prevedere limiti superiori a quelli
contenuti nell'art. 59 (in forza della norma
di prevalenza ex art. 61) non per questo
allo stesso è sottratto il potere di
stabilire limiti inferiori.
Se il Legislatore regionale post riforma del
Titolo V della Costituzione avesse, infatti,
voluto dettare una disciplina edificatoria
uniforme, inderogabile e direttamente
applicabile sull'intero territorio regionale
(derogando così, per esigenze unitarie, al
ridetto principio di sussidiarietà), avrebbe
certamente usato espressioni chiare e
univoche, senza quindi predefinire limiti
massimi di edificabilità attraverso il
richiamato art. 61 della L.r. 12/2005 (norma
che, nel caso in esame, svolge solo l'ovvia
funzione generale di contenimento
dell'attività edilizia in zona agricola
anche prevalendo su norme più permissive
introdotte a livello locale) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
08.01.2009 n. 1 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
comunicazione di avvio del procedimento
amministrativo, per espressa previsione
normativa, può venire omessa ove sussistano
ragioni di impedimento derivanti da
particolari esigenze di celerità del
procedimento, fermo restando che, in termini
generali, l’amministrazione è sempre tenuta
a rendere conto della sussistenza di tali
ragioni di urgenza qualificata.
L’esigenza di garantire la partecipazione
degli interessati -al procedimento
amministrativo- non viene meno neppure
laddove la P.A. agisca mediante ordinanze
contingibili ed urgenti, occorrendo che
anche in tale evenienza il provvedimento
contenga la puntuale esplicazione dei motivi
ostativi alla comunicazione di avvio.
-
Com’è noto, la legge n. 241/1990 sancisce a
livello del diritto positivo l’istituto
della partecipazione al procedimento
amministrativo, manifestazione di quel più
generale principio del “giusto
procedimento” –la cui effettiva portata
è stata al contempo esaltata e
ridimensionata dalla legge n. 15/2005– in
forza del quale l’azione della P.A. si
svolge nel contraddittorio dei suoi
destinatari, ed il procedimento costituisce
il luogo virtuale di composizione preventiva
dei conflitti fra soggetti pubblici e
privati portatori di interessi contrapposti.
La partecipazione degli interessati al
procedimento si attiva in prima battuta
attraverso la obbligatoria comunicazione di
avvio disciplinata dagli artt. 7 e 8 della
legge n. 241 cit., comunicazione che, per
espressa previsione normativa, può peraltro
venire omessa ove sussistano ragioni di
impedimento derivanti da particolari
esigenze di celerità del procedimento, fermo
restando che, in termini generali,
l’amministrazione è sempre tenuta a rendere
conto della sussistenza di tali ragioni di
urgenza qualificata.
- Secondo un indirizzo già espresso dal
questo tribunale, l’esigenza di garantire la
partecipazione degli interessati non viene
meno neppure laddove la P.A. agisca mediante
ordinanze contingibili ed urgenti,
occorrendo che anche in tale evenienza il
provvedimento contenga la puntuale
esplicazione dei motivi ostativi alla
comunicazione di avvio (cfr. da ultimo TAR
Liguria, sez. I, 14.06.2007, n. 1119).
Tuttavia, anche a voler seguire il diverso
orientamento secondo cui le ordinanze
contingibili e urgenti sono in linea di
massima sottratte all’obbligo della
preventiva comunicazione, soprattutto se
adottate a tutela della salute pubblica (fra
le altre cfr., proprio nella materia di
emissioni elettromagnetiche, Cons. Stato,
sez. V, 29.09.2000, n. 4906), nella specie
non può prescindersi dal concreto
atteggiarsi della procedura seguita dal
Comune di Bordighera ed, in particolare,
dalla circostanza che il provvedimento
impugnato risulta emesso non
nell’immediatezza di uno stato di pericolo,
bensì a distanza di oltre un anno dai primi
accertamenti tecnici eseguiti dall’A.R.P.A.L.
per iniziativa e su sollecito della stesso
Comune: tale circostanza smentisce, in primo
luogo, il presupposto stesso del potere di
ordinanza sindacale, apprestato
dall’ordinamento per affrontare situazioni
straordinarie, caratterizzate dall’urgenza
di intervenire e perciò non risolvibili
secondo il normale ordine delle competenze e
dei poteri; e, soprattutto, evidenzia come
il preventivo avvertimento ai titolari degli
impianti di trasmissione non fosse affatto
incompatibile con un “iter”
procedimentale che, in concreto, si è
protratto per più di un anno al dichiarato
scopo di controllare le variazioni nel tempo
dei valori di campo elettrico, e si è
concluso solo nel momento in cui
l’amministrazione ha ritenuto di poter
definire “cronico” il superamento dei
limiti imposti dal D.M. 381/1998
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 31.10.2007 n. 1901- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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