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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di GIUGNO 2009

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aggiornamento al 22.06.2009

aggiornamento al 15.06.2009

aggiornamento all'08.06.2009

aggiornamento al 04.06.2009

aggiornamento all'01.06.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 22.06.2009

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dossier INCENTIVO PROGETTAZIONE

PUBBLICO IMPIEGO: Incentivi progettazione interna, tagli non retroattivi. La riduzione colpisce solo i lavori svolti dopo l'01.01.2009.
L'Avvocatura Generale dello Stato interviene con un parere nella querelle tra Ragioneria e Corte dei Conti (nota 06.05.2009 n. 140953 di prot.).

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Quesiti sulla gratuità ovvero onerosità degli interventi edilizi.
Lombardia, l'interpretazione autentica della l.r. n. 12/2005 circa il versamento degli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione in relazione ad alcune fattispecie edilizie (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 09.06.2009 n. 11538 di prot.).

URBANISTICA: Quesito 10 - Sul disposto dell'art. 3, comma 3, l. n. 167/1962 che consente l'estensione del PEEP anche alle aree sulle quali insistono immobili (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 9 - Sulla valenza essenzialmente conservativa dei valori paesaggistici insita nella destinazione agricola (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 8 - Sulla differenza tra i balconi aggettanti che sporgono dalla facciata dell'edificio e le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio, ai fini della determinazione del volume assentibile (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 7 - Sull'applicabilità anche alle "luci" e non solo alle "vedute" della norma che impone un distacco minimo tra le pareti finestrate di 10 metri (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 6 - Sulla possibilità da parte della PA di attendere la decisione del TAR prima di adottare un provvedimento definitivo (Geometra Orobico n. 6/2008).

URBANISTICA: Quesito 5 - Sulla possibilità di rimettere in discussione le clausole inserite in una convenzione urbanistica relativa a impegni liberamente assunti (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 4 - Sull'indifferente utilizzazione di un appartamento o come abitazione o come studio professionale (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 3 - Sulla sussistenza del divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria anche con riferimento agli interventi, realizzati in assenza di nulla osta paesaggistico, prima del 1° maggio 2004 e sulla mancata indicazione del vincolo paesaggistico nel certificato di destinazione urbanistica (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 2 - Sulla richiesta di prova testimoniale, relativa ad una domanda di condono, finalizzata a dimostrare che le opere abusive sarebbero state realizzate nei primi giorni del marzo 2003 e non dopo (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 1 - Sulla competenza del dirigente del settore urbanistica del Comune ad adottare provvedimenti cautelari relativi agli aspetti concernenti l'osservanza della normativa in materia di costruzione in zone sismiche (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 10 - Sulla sussistenza o meno di un mutamento di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante nel caso in cui un appartamento destinato ad abitazione venga adibito a studio professionale (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 9 - Sull'obbligo di rispettare o meno la distanza di 10 metri tra pareti finestrate per la sopraelevazione di un edificio che fronteggi in altro edificio più basso già esistente (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 8 - Il regime di favore collegato alla posizione di imprenditore agricolo a titolo principale è strettamente personale e non si trasmette agli eredi (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 7 - Sulla natura del vincolo derivante dalla fascia di rispetto stradale e sul procedimento per la sanatoria di abusi commessi in area di rispetto stradale (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 6 - Sui casi in cui l'amministrazione può imporre la riduzione in pristino a fronte della realizzazione abusiva di opere soggette a D.I.A. (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 5 - Sulla legittimità o meno di un'ordinanza di demolizione relativa ad un abuso consistente nella realizzazione di un muretto di recinzione e nell'apposizione di ringhiere e cancelli metallici (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 4 - Gli impianti di distribuzione di carburanti sono catalogabili lato sensu alla stregua di opere di urbanizzazione secondaria e, come tali, suscettibili in via generale di essere realizzati in qualsiasi zona urbanistica (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 3 - Sull'imprescindibilità del piano attuativo e sull'inammissibilità di indagini svolte ad accertare lo stato di urbanizzazione dell'area (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 2 - Sul carattere integrativo o meno dell'art. 873 del c.c. riguardo alle disposizioni del piano regolatore che stabiliscono una determinata distanza delle costruzioni dal confine del fondo (Geometra Orobico n. 5/2008).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Quesito 1 - Responsabilità dell'appaltatore per i difetti della costruzione derivanti da vizi ed inidoneità del suolo -anche quando gli stessi sono ascrivibili alla imperfetta od erronea progettazione fornitagli dal committente (Geometra Orobico n. 5/2008).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 24 del 19.06.2009:
- "Programma di qualificazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti in attuazione dell'art. 3, comma 1, della l.r. 05.10.2004 n. 24 (Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti" (deliberazione C.R. 12.05.2009 n. 834 - link a www.infopoint);
- "Procedure amministrative relative all'installazione degli impianti e all'esercizio dell'attività di distribuzione dei carburanti (art. 3, comma 2, l.r. n. 24/2004)" (deliberazione G.R. 11.06.2009 n. 9590 - link a www.infopoint.it);
- "Osservatorio del commercio: Sistema Informativo Commercio - Atto ricognitivo della rilevazione degli impianti di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso pubblico e privato effettuata con i comuni - Sezione riguardante gli impianti di distribuzione carburanti autorizzati al 31.12.2008" (decreto D.S. 10.06.2009 n. 5700 - link a www.infopoint.it);
- "Testo coordinato della l.r. 05.10.2004 n. 24 «Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti»" (testo coordinato L.R. 05.10.2004 n. 24 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: G.U. 19.06.2009 n. 140, suppl. ord. n. 95/L, "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile" (L. 18.06.2009 n. 69).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 15.06.2009 n. 136 "Regolamento concernente la disciplina dei criteri per la tutela e il funzionamento dell’elenco previsto dall’articolo 95, comma 2, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, decreto 20.03.2009 n. 60).

NEWS

ENTI LOCALI: Semplificazione normativa, al via la terza fase.
Continua l'opera di semplificazione normativa. Con l'obiettivo di arrivare a non oltre 5 mila atti legislativi, il Consiglio dei ministri del 12.06.2009 ha approvato in via preliminare, su proposta del Ministro Calderoli, uno schema di decreto che individua le disposizioni legislative, anteriori al 1970, ritenute indispensabili per il nostro ordinamento.
Si calcola che sono circa 50 mila le leggi pubblicate al primo gennaio 1970 ancora in vigore e che il "salvaleggi" ridurrà a circa 2700.
Con il primo intervento (inserito nel decreto legge 112/2008 convertito in legge n. 133/2008) è stato prodotto un taglio di circa 7.000 leggi.
Il secondo intervento (decreto legge n. 200/2008 convertito in legge n. 9/2009) ha consentito un taglio di quasi 29.000 leggi.
Con il terzo provvedimento -varato dal governo il 12 giugno scorso- si opera un taglio sulle leggi anteriori al 1970. Con questa ulteriore selezione, le leggi che resteranno in vigore saranno circa 2.700 al posto delle attuali 50 mila.
Si tratta di un ulteriore tassello della vasta manovra di "ripulitura normativa" che consiste nella ricognizione degli atti (circa duemilacinquecento) individuati -a seguito di una complessa istruttoria- come tuttora utili al funzionamento dell'apparato pubblico (link a www.governo.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rendimento energetico in edilizia.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 del 10.06.2009 il decreto di attuazione sul rendimento energetico in edilizia, già approvato nella riunione del Consiglio dei Ministri del 06.03.2009.
Il decreto definisce i criteri generali, le metodologie di calcolo ed i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, in riferimento alla climatizzazione invernale ed estiva, ed alla preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari.
I criteri generali si applicano alla prestazione energetica per l'edilizia pubblica e privata anche riguardo alle ristrutturazioni di edifici esistenti.
Per le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici e degli impianti si adottano le norme tecniche nazionali predisposte da organismi deputati a livello nazionale o comunitario, quali ad esempio l'UNI e il CEN, o altri metodi di calcolo (motivandone l'uso nella relazione tecnica di progetto) recepiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico e sviluppati da organismi istituzionali nazionali, quali l'ENEA, le università o gli istituti del CNR, purché i risultati conseguiti risultino equivalenti o conservativi rispetto a quelli ottenibili con i metodi di calcolo UNI e CEN (link a www.governo.it).

VARI: Assicurazioni auto, preventivi on-line.
Avviato il progetto "Preventivatore Unico RC-auto", un servizio informativo on-line, finalizzato a confrontare -in base alla loro convenienza economica- i preventivi sul mercato e favorire una maggiore trasparenza nel settore.
E' uno strumento unico in Europa in grado di offrire un'informativa di carattere generale per un'ampia panoramica sui prezzi delle polizze r.c. auto disponibili sul mercato e permette al consumatore, in relazione al proprio profilo di rischio, di fare un confronto tra i preventivi RC-auto, offerti dalle 65 compagnie presenti sul mercato, classificati in ordine di convenienza economica.
Per ottenere i preventivi, l'utente dovrà fornire una serie di informazioni, compilando i form predefiniti. Terminata la compilazione, la risposta arriverà in un breve tempo all'indirizzo e-mail indicato al momento della registrazione, con l'elenco in ordine di convenienza economica degli importi di tutti i preventivi rilasciati dalle diverse compagnie di assicurazione sulla base dei dati inseriti.
Le richieste di preventivo e le relative risposte saranno comunque mantenute a disposizione dell'utente nell'area riservata del portale per la consultazione o l'emissione di nuove richieste. Il servizio è raggiungibile dai siti del Ministero dello sviluppo economico e dell'Isvap. L'accesso al sistema è del tutto gratuito e anonimo (link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: E. Moro, LA CONTROVERSA NATURA GIURIDICA DELLA D.I.A. (link a www.lexambiente.it).

APPALTI: Nelle gare d’appalto è illegittimo prevedere come requisito di partecipazione il possesso di una sede operativa nel comune della stazione appaltante; è invece legittimo richiederlo in caso di aggiudicazione (link a www.mediagraphic.it).

PUBBLICO IMPIEGO: A. R. Caruso, Mobbing dossier (link a www.diritto.it).

ENTI LOCALI: G. Gioffré, Consigli Comunali: adempimenti della prima seduta dopo le elezioni (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: G. Modesti, Cartellini identificativi e risarcimento danni (nota a Sentenza del Tribunale di Milano nella causa n. 3552 R.G. 2008) (link a www.diritto.it).

APPALTI - EDILIZIA PRIVATA: R. Cavina, La valutazione del rischio stress lavoro - correlato (link a www.diritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Bruno, L’ispettore ambientale (o ecovigile) quale organo di polizia amministrativa di derivazione comunale (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI:  G. Modesti, L’esercizio del diritto di accesso del cittadino agli atti della pubblica amministrazione e la omissione di atti d’ufficio. Quando la ‘distrazione’ del dirigente può costare caro all’ente locale (nota a sentenza Cassazione n. 14466 del 02.04.2009) (link a www.diritto.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Gara d'appalto - Dichiarazione sostitutiva - Errore del dichiarante - Vizio dell'offerta - Insanabilità - Integrazione documentale - Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
La questione giuridica sottesa al caso di specie consiste nello stabilire se le due dichiarazioni sostitutive di atto notorio, riferite entrambe espressamente alla CAT. OS24, rese dall’impresa istante possano configurare un mero errore materiale, facilmente riconoscibile e superabile dalla stazione appaltante attraverso la lettura del contesto delle dichiarazioni e documentazioni allegate all’istanza, o, comunque, suscettibile di essere emendato attraverso l’invito dell’ente a fornire chiarimenti, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, o costituiscano, invece, un vizio dell’offerta, il cui superamento si tradurrebbe in una vera e propria modifica dell’offerta, preclusa dai principi vigenti in materia di procedure di evidenza pubblica.
Al riguardo si deve, in primo luogo, ribadire l’orientamento già espresso da questa Autorità (v. parere n. 129 del 28.11.2007) per cui la dichiarazione sostitutiva a corredo dell’offerta è un atto che riveste autonomia e specificità, indipendentemente dal fatto che quanto in essa dichiarato possa essere o meno desunto da altri documenti o dichiarazioni, limitandosi la Commissione di gara a prendere atto di quanto dichiarato dal concorrente e a verificarne la corrispondenza al correlato elemento dichiarativo richiesto.
Conseguentemente, non può essere accolta la tesi, sostenuta dall’istante GEOBUILDING s.r.l., circa la possibilità di superare facilmente l’errore commesso al punto 11) del modulo, contenente la dichiarazione di voler subappaltare o concedere in cottimo la CAT. “OS24 solo in minima parte”, interpretando tale dichiarazione come volontà di subappaltare la OG1 nei limiti di legge attraverso la lettura del contesto delle dichiarazioni rese, ossia tenendo conto della precedente dichiarazione di cui al punto 10) di voler subappaltare per intero la CAT. OS24, e attraverso l’ulteriore documentazione allegata all’istanza, da cui si evince l’obbligo di legge in capo all’impresa medesima di subappaltare per intero la OS24 non essendone in possesso.
L’accoglimento di una siffatta ipotesi interpretativa, peraltro, comporterebbe la vanificazione della dichiarazione in questione, lasciando ogni onere di accertamento alla stazione appaltante in una fase della gara in cui la stessa non è tenuta ad effettuarlo.
La circostanza quindi che l’impresa istante, nel redigere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sia incorsa in un errore che ha determinato una difformità e carenza della stessa rispetto a quanto previsto dalla documentazione di gara, nonché dalla normativa di settore, non può essere ascritta ad una mera irregolarità di tipo formale, ma costituisce un vizio dell’offerta che non consente al Comune di Pescara di ammettere l’offerente alla procedura in oggetto.
Da ultimo resta da esaminare se l’errore invocato dall’impresa istante sia suscettibile di essere emendato attraverso l’invito della stazione appaltate a fornire chiarimenti, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, al fine di consentirne la rimozione.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale ha ritenuto, al riguardo, che il principio secondo il quale il responsabile del procedimento amministrativo è tenuto ad invitare a rettificare le dichiarazioni o le istanze erronee o incomplete è applicabile ai procedimenti di gara d’appalto per l’aggiudicazione di contratti della pubblica amministrazione “a condizione che non sia turbata la par condicio tra i concorrenti e che non vi sia modificazione del contenuto della documentazione presentata” (in tal senso, Cons. Stato, Sez. V, 03.09.2001, n. 4586).
Tali condizioni, però, non sussistono nel caso di specie, atteso che non si tratta di “completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati” (ex art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), ma della sostituzione di una dichiarazione già resa in sede di offerta, che presenta un significato letterale chiaro e completo, che, quindi, non necessita di alcuna integrazione, con un’altra dichiarazione di diverso tenore letterale e significato, con evidente violazione del principio della par condicio dei concorrenti (in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 20.05.2003, n. 5463).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dalla gara dell’impresa GEOBUILDING s.r.l. è conforme ai principi e alla normativa di settore (parere 20.05.2009 n. 66 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: 1. Gara d'appalto - Appalti di ll.pp. - Indicazione categoria prevalente - Omissione - Conseguenze - Individuazione - Fattispecie.
2. Gara d'appalto - Appalti di ll.pp. - Indicazione categoria prevalente - Omissione - Annullamento in autotutela - Ammissibilità - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
La questione giuridica controversa concerne la legittimità dell’operato di una Stazione Appaltante che ometta di indicare in un bando di gara la categoria prevalente, necessaria ai fini della partecipazione alla procedura, ed indichi erroneamente la categoria cui i lavori possono essere ascritti.
In linea generale, per quanto attiene all’individuazione delle categorie di lavorazione presenti nell’appalto, l’Autorità ha già avuto modo di richiamare quanto disposto dall’articolo 73 del D.P.R. n. 554/1999, alla stregua del quale nel bando di gara deve essere indicata la categoria prevalente e, altresì, tutte le parti, appartenenti alle categorie generali o specializzate di cui si compone l’opera, con i relativi importi e categorie, nel caso in cui dette parti siano di importo superiore al dieci per cento dell’importo complessivo dell’appalto o di importo superiore a 150.000 euro (v. parere n. 184 del 12.06.2008).
In particolare, nella propria determinazione n. 25 del 20.12.2001, l’Autorità ha precisato che il bando di gara deve indicare non soltanto l’importo complessivo dell’intervento, nonché la categoria prevalente (che peraltro deve essere una sola, quella di importo più elevato tra quelle costituenti l’intervento) ed il suo specifico importo, ma anche tutti gli eventuali sottoinsiemi delle lavorazioni costituenti l’intervento medesimo, diverse da quelle appartenenti alla categoria prevalente (cioè le categorie scorporabili), specificando per ogni sottoinsieme la relativa categoria ed il relativo importo, soltanto però se per essi sussistano entrambe le seguenti condizioni: costituiscano un lavoro autonomo e siano di importo superiore al dieci per cento dell’importo complessivo, oppure di importo superiore a 150.000 euro.
L’importanza dell’indicazione della categoria cui appartengono le opere da appaltare, nonché la rilevanza della sua corretta determinazione trovano giustificazione nel fatto che al possesso di una qualificazione per una determinata categoria di lavori corrispondono specifici requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, che saranno, quindi, differenti a seconda della categoria indicata.
Ne consegue che l’erronea indicazione della categoria cui ascrivere i lavori da realizzare comporta il possesso in capo ai concorrenti di requisiti speciali attinenti ad opere diverse da quelle oggetto dell’appalto e dunque espone la Stazione Appaltante al verificarsi di due ordini di rischi: da un lato, che soggetti in possesso della qualificazione per la categoria cui sarebbero dovuti essere iscritti i lavori, e dunque titolari di una capacità specifica alla loro realizzazione, non abbiano potuto partecipare alla procedura di gara, in violazione del principio di concorrenza in materia di contratti pubblici, e, dall’altro, che il soggetto aggiudicatario del contratto non sia in possesso delle capacità necessarie alla realizzazione dell’opera.
Nel caso di specie, il Comune di Procida è incorso nell’errore materiale di utilizzare un modello di bando di gara predisposto per lavori di importo inferiore ai 150.000 euro e, dunque, non adatto all’importo dei lavori da appaltare (pari a 314.200 euro), nonché ha erroneamente indicato la categoria cui ascrivere i lavori, riportando nel bando di gara la categoria OS 26 (Pavimentazioni e sovrastrutture speciali), anziché la categoria OG 3 (Strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, linee tranviarie, metropolitane, funicolari e piste aeroportuali e relative opere complementari) trattandosi, come indicato, di “lavori stradali e di arredo urbano”, e non sussistendo alcuna ulteriore specificazione che, rendendoli riconducibili a “lavori di costruzione, manutenzione o ristrutturazione di pavimentazioni realizzate con materiali particolari, naturali o artificiali, in quanto sottoposti a carichi e sollecitazioni notevoli, quali, in via esemplificativa, quelle delle piste aeroportuali”, ne avrebbe giustificato la riconducibilità alla categoria OS 26.
Conseguentemente, rilevati gli errori commessi, la Stazione Appaltante avrebbe dovuto valutare la possibilità di adottare un provvedimento in autotutela di rettifica del bando pubblicato, correggendo le inesatte indicazioni ivi riportate, onde scongiurare il rischio, da un lato, di restringere la partecipazione alla procedura di gara ai soli soggetti in possesso di una qualificazione per una categoria non pertinente ai lavori oggetto dell’appalto, e, dall’altro, di affidare il contratto ad un soggetto con una capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa non pertinente alla tipologia di opere da realizzare.
Il Comune di Procida, invece, ha espletato le operazioni di gara, peraltro ammettendo concorrenti in possesso della qualificazione sia per la categoria OG 3 sia per la categoria OS 26, e quindi titolari di requisiti speciali difficilmente comparabili tra di loro, ed ha adottato, altresì, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, che tuttavia, per quanto sopra evidenziato, costituisce atto finale di un procedimento viziato fin dall’origine.
Al riguardo si evidenzia che questa Autorità ha già affrontato, nella determinazione n. 17 del 10.07.2002, la problematica inerente l’eventualità, per la Stazione Appaltante, di riconsiderare la graduatoria di gara qualora vengano in evidenza elementi che inducano a ritenere viziato l’atto sul quale si è fondata l’elaborazione della graduatoria stessa.
A tal proposito, nella citata determinazione è stato precisato che, in caso di aggiudicazione provvisoria di un contratto, l’amministrazione, in base al principio costituzionale di buon andamento e con l’obbligo di dare esplicita e puntuale contezza del potere esercitato, può riaprire la gara al fine di riammettere imprese illegittimamente escluse e, in generale, riesaminare gli atti adottati, se ciò risulta opportuno a seguito di circostanze sopravvenute o sulla base di un diverso apprezzamento della situazione preesistente.
Inoltre, nella determinazione medesima è stato, altresì, rilevato come la giurisprudenza avesse ritenuto che l’illegittimità della procedura di gara giustifica l’esercizio del potere di autotutela nel caso in cui l’aggiudicazione sia stata determinata sulla base di vizi inerenti la procedura di gara che doveva essere espletata assicurando il puntuale rispetto della concorrenza tra imprese e la par condicio delle stesse, occorrendo, peraltro, che vengano individuati da parte della Stazione Appaltante tutti gli interessi pubblici attuali, distinti dal mero interesse al ripristino della situazione di legittimità che giustifica la rimozione dell’atto viziato.
Ne discende, dunque, che la valutazione in ordine al possibile annullamento in autotutela di una procedura di gara rientra nella esclusiva potestà discrezionale della Stazione Appaltante, che è chiamata a decidere, secondo gli ordinari canoni dell’autotutela, laddove sussistano ragioni di opportunità e di interesse pubblico attuale e concreto (in tal senso, parere n. 19 del 12.02.2009).
Nel caso di specie, pertanto, il Comune di Procida è chiamato a compiere tale valutazione, contemperando, da una parte, tutti gli interessi pubblici coinvolti, che per quanto rappresentato a questa Autorità non sembrano ostativi all’eventuale emanazione di provvedimenti in autotutela, e, dall’altra, il puntuale rispetto della concorrenza tra le imprese nonché la garanzia della par condicio degli operatori che hanno partecipato alla procedura di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il bando di gara predisposto dal Comune di Procida non è conforme alla normativa in materia di contratti pubblici e che, pertanto, il Comune medesimo è chiamato a valutare il possibile annullamento in autotutela dell’intera procedura di gara, contemperando, da una parte, tutti gli interessi pubblici coinvolti, che per quanto rappresentato a questa Autorità non sembrano ostativi all’eventuale emanazione di provvedimenti in autotutela, e, dall’altra, il puntuale rispetto della concorrenza tra le imprese nonché la garanzia della par condicio degli operatori che hanno partecipato alla procedura di gara (parere 20.05.2009 n. 65 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: 1. Gara d'appalto - Requisiti di partecipazione - Discrezionalita' s.a. - Limiti - Individuazione.
2. Appalti di servizi - Servizio di telegestione e telesorveglianza computerizzata e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di sicurezza negli stabili di competenza comunale - Requisiti di partecipazione - Omologazione imq dell'impresa e certificazione di qualità uni eni iso 9001:2000 - Non costituiscono requisiti restrittivi della concorrenza.

Ritenuto in diritto:
In relazione al quesito posto dalla ditta Sicurtecnica, concernente la legittimità della richiesta da parte della Stazione Appaltante di requisiti ulteriori rispetto a quelli prescritti dalla normativa, si rileva, in via generale, che è orientamento ormai consolidato sia nella prassi dell’Autorità (si vedano, da ultimo, i pareri n. 2 del 15.01.2009, n. 178 del 05.06.2008, n. 188 del 14.06.2008 e n. 33 del 31.01.2008) sia nella giurisprudenza amministrativa (si vedano le recentissime sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, n. 525 del 02.02.2009 e sez. VI, n. 3655 del 23.07.2008) quello che riconosce alla Stazione Appaltante la discrezionalità di fissare i requisiti di partecipazione ad una gara diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, con il limite della logicità e della ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità allo scopo perseguito.
Se, dunque, tale orientamento consente alla Stazione Appaltante di introdurre nella lex specialis di gara disposizioni che restringono la partecipazione alla procedura, al fine di consentire che concorrano tra loro esclusivamente soggetti particolarmente qualificati, tale scelta, tuttavia, non deve essere esclusivamente volta a limitare l’accesso alla gara, ovvero a realizzare un’artificiosa restrizione della “concorrenza per il mercato”, ma deve trovare una logica e ragionevole giustificazione nell’oggetto del contratto.
Tanto premesso in via generale, occorre accertare se, nel caso di specie, la previsione dei due requisiti dell’omologazione IMQ dell’impresa e della Certificazione del proprio Sistema di Gestione delle Qualità in conformità alla UNI ENI ISO 9001:2000, costituisca una eccessiva restrizione della partecipazione alla procedura di gara.
A tal fine occorre considerare la natura dei due requisiti e i profili differenti cui essi attengono: infatti, mentre l’omologazione IMQ è inerente il prodotto, che risulta quindi tale da soddisfare un’alta qualità e sicurezza dei suoi componenti e del suo montaggio, la certificazione UNI ENI ISO 9001:2000 attiene al processo ed è volta a garantire l’idoneità dell’impresa ad effettuare la prestazione secondo un determinato livello di esecuzione.
Pertanto, proprio perché la presenza del marchio IMQ sui prodotti di una determinata impresa conferisce loro uno specifico livello di qualità, affidabilità e sicurezza, nonché garantisce il rispetto della normativa di settore, la previsione di tale certificazione come requisito speciale trova una specifica ragionevolezza nella tipologia di servizio oggetto del contratto, ovvero gli impianti di allarme.
Quanto al possesso della certificazione UNI ENI ISO 9001:2000 in capo all’impresa, la giurisprudenza amministrativa, nel riconoscerne la natura di requisito soggettivo delle imprese ai fini della partecipazione alle gare, ha chiarito che la certificazione di qualità è inerente all’intero sistema aziendale ed è preordinata a svolgere una funzione di garanzia qualitativa di un determinato livello di esecuzione dell’intero rapporto contrattuale (cfr. in tal senso, TAR Lazio, Roma sez. II-ter, sentenza n. 923 del 06.02.2007; sez. I-bis, sentenza n. 11694 del 26.10.2004).
Considerato, dunque, che i due requisiti attengono a profili di capacità tecnico-professionale del concorrente differenti e tenuto conto della peculiarità dell’oggetto del contratto posto a base di gara (telegestione e telesorveglianza computerizzata e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di sicurezza negli stabili di competenza comunale), sembra sussistere una proporzionalità ed una ragionevolezza nella previsione dei requisiti prescritti al punto 17, lettere d) ed e) del bando di gara rispetto all’oggetto del contratto, tali da giustificare la scelta, operata dal Comune di Iglesias, di restringere l’accesso alla procedura ad una platea ristretta di concorrenti altamente qualificati.
In tal caso, infatti, l’interesse alla massima partecipazione ad una procedura di gara è recessivo rispetto al superiore interesse perseguito da una Stazione Appaltante di stipulare il contratto con un soggetto affidabile e titolare di una professionalità altamente qualificata, che garantisca il rispetto di determinati parametri in tutte le fasi di erogazione del servizio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che i requisiti tecnico-professionali richiesti nel bando di gara sono conformi ai principi in materia di contratti pubblici (parere 20.05.2009 n. 64 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Documentazione di gara - Allegazione schema di contratto - Modifica da parte del concorrente clausola relativa ai termini di pagamento - Equivale a non accettazione condizioni predisposte dalla s.a. - Esclusione - Va disposta.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, con riferimento all’eccezione procedurale sollevata dalla stazione appaltante, occorre precisare che l’istanza di parere in questione è da considerarsi ammissibile in applicazione dell’art. 2, comma 1, del Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie (ai sensi del quale “La stazione appaltante, una parte interessata ovvero più parti interessate possono, singolarmente o congiuntamente rivolgere all’Autorità istanza di parere”), che l’Autorità ha adottato nell’esercizio dei propri poteri di autonomia, di indipendenza funzionale, di giudizio, di valutazione e di autonomia organizzativa previsti dal D.Lgs. n. 163/2006.
Venendo al merito della questione, si osserva che il disciplinare di gara all’art. 2 prevede in capo agli operatori economici di fornire, nell’ambito della documentazione amministrativa, “lo schema di contratto, debitamente timbrato e sottoscritto per accettazione del legale rappresentante in ogni sua pagina”. Inoltre lo schema di contratto presenta chiaramente su ogni pagina la seguente dicitura “NB: Il presente schema di contratto va solamente timbrato e siglato per accettazione in ogni sua pagina, in nessun caso va compilato”. Il fine cui tende la previsione nella documentazione di gara che, come nel caso di specie, prescrive la sottoscrizione dello schema di contratto in ogni sua pagina, è chiaramente quello di assicurare la stazione appaltante che l’operatore economico sia pienamente consapevole delle condizioni contrattuali statuite dall’amministrazione medesima. Dette condizioni non possono essere modificate dall’operatore economico, il quale, ai fini della propria corretta partecipazione alla gara, le deve accettare.
Nel caso in esame, dalla documentazione fornita, la Commissione di gara sembra aver agito in maniera contraddittoria in merito alle determinazioni da adottare nei confronti della Applera Italia S.p.A. che aveva omesso di sottoscrivere una pagina, probabilmente in quanto tale omissione non era previsto a pena di esclusione dalla documentazione di gara. In ragione di ciò la Commissione di gara, nel dubbio, al fine di non adottare una interpretazione troppo formalistica del disciplinare a svantaggio del principio del favor partecipationis, ha ritenuto di assumere una via di mezzo, non escludendo da subito l’impresa, ma dando alla stessa la possibilità (seppur molto limitata) di inviare la pagina mancante.
In realtà, il dato che sembra essere dirimente e non formalistico, è rappresentato dal fatto che l’impresa, oltre ad aver omesso di inviare una pagina, risulta aver modificato le clausole contenute nello schema di contratto. A titolo esemplificativo lo schema di contratto risulta essere stato modificato all’art. 5 “Pagamento, fatturazione e interessi in mora” dove l’impresa ha modificato a penna il termine entro cui è stato previsto il pagamento che al posto di 120 giorni, è stato sostituito in 90 giorni.
Tale omissione delle prescrizioni disposte dalla lex specialis, risulta, di per sé, sufficiente per ritenere che la Applera Italia S.p.A. non avesse accettato le condizioni contrattuali previste dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, elemento questo, sostanziale ed essenziale atto a legittimare la sua esclusione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la disposta esclusione è conforme alla lex specialis di gara (parere 20.05.2009 n. 63 - link a massimario.avlp.it).

dossier ATTI AMMINISTRATIVI

ATTI AMMINISTRATIVILa differenza fra l'atto di conferma e l'atto meramente confermativo va individuata nel fatto che il primo presuppone un completo riesame della fattispecie mentre il secondo si limita a richiamare il precedente provvedimento e a confermarlo integralmente senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati.
Mentre l'atto di conferma è connotato da un completo riesame della fattispecie che si conclude appunto con la conferma dell'atto in origine adottato dopo una nuova valutazione da parte dell'amministrazione, l'atto meramente confermativo si limita a richiamare il contenuto di un precedente provvedimento, senza alcuna riponderazione istruttoria degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza.

La differenza fra l'atto di conferma e l'atto meramente confermativo va individuata nel fatto che il primo presuppone un completo riesame della fattispecie, che si conclude con la conferma dell'atto in origine adottato dopo una nuova valutazione da parte dell'Autorità emanante, mentre il secondo si limita a richiamare il precedente provvedimento e a confermarlo integralmente senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati, con la conseguenza sul piano processuale che, mentre l’atto di conferma si sostituisce integralmente al precedente provvedimento ed è autonomamente impugnabile, il ricorso contro l’atto meramente confermativo è inammissibile perché è proposto contro un atto privo di reale ed autonoma capacità lesiva. (TAR Basilicata Potenza, sez. I, 28.05.2008, n. 257 - TAR Lazio Roma, sez. II, 14.05.2008, n. 4127).
In altri termini, si ha conferma in senso proprio quando l'Amministrazione entra nel merito della nuova istanza e, dopo aver riconsiderato i fatti e i motivi prospettati dal richiedente, si esprime in senso negativo, per cui anziché limitarsi ad una constatazione di fatto dell'esistenza di un precedente provvedimento, l'Amministrazione inizia un vero e proprio procedimento di riesame, esaminando nuovamente la situazione di fatto e di diritto.
La conferma in senso proprio, sebbene pervenga alle stesse conclusioni cui era giunto il precedente provvedimento e ne reiteri le statuizioni, è, comunque, un atto che si sostituisce al precedente, come fonte di disciplina del rapporto amministrativo. Il vecchio provvedimento è, quindi, assorbito dal nuovo, che, con efficacia ex tunc, viene ad operare in sostituzione di quello (TAR Sicilia Catania, sez. IV, 19.03.2008, n. 489).
In conclusione, mentre l'atto di conferma è connotato da un completo riesame della fattispecie che si conclude appunto con la conferma dell'atto in origine adottato dopo una nuova valutazione da parte dell'amministrazione, l'atto meramente confermativo si limita a richiamare il contenuto di un precedente provvedimento, senza alcuna riponderazione istruttoria degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza (Consiglio Stato , sez. VI, 17.12.2007, n. 6459) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 03.06.2009 n. 552 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVILa differenza fra l’atto di conferma e l’atto meramente confermativo va individuata nel fatto che il primo presuppone un completo riesame della fattispecie mentre il secondo si limita a richiamare il precedente provvedimento e a confermarlo integralmente senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati.
La differenza fra l’atto di conferma e l’atto meramente confermativo va individuata nel fatto che il primo presuppone un completo riesame della fattispecie, che si conclude con la conferma dell’atto in origine adottato dopo una nuova valutazione da parte dell’Autorità emanante, mentre il secondo si limita a richiamare il precedente provvedimento e a confermarlo integralmente senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati, con la conseguenza, sul piano processuale, che, mentre il primo si sostituisce integralmente al precedente provvedimento ed è autonomamente impugnabile, il ricorso contro il secondo è inammissibile perché è proposto contro un atto privo di reale ed autonoma capacità lesiva (cfr., “ex multis” Cons. St., VI, 17.12.2007 n. 6459) (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 28.05.2008 n. 257 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ha carattere di atto di conferma e non di atto meramente confermativo quello con cui l’amministrazione compia uno o più atti istruttori al fine di accertare la fondatezza di eventuali doglianze formulate dall’interessato con l’obiettivo di sollecitare una revisione, in fatto e in diritto, della precedente determinazione.
Per giurisprudenza affatto consolidata (cfr. ex multis, C.d.S., sez. VI, 11.05.2007, n. 2315), ha carattere di atto di conferma e non di atto meramente confermativo quello con cui l’amministrazione, pur pervenendo allo stesso dispositivo di una precedente determinazione amministrativa, compia uno o più atti istruttori al fine di accertare la fondatezza di eventuali doglianze formulate dall’interessato con l’obiettivo di sollecitare una revisione, in fatto e in diritto, della precedente determinazione. Un atto di conferma, assurgendo a nuova manifestazione di volontà dell’amministrazione successiva ad un procedimento di riesame, si sostituisce alla precedente manifestazione di volontà e riapre i termini per impugnare.
Laddove sia stato già oggetto di gravame giurisdizionale il precedente provvedimento, l’atto di conferma determina l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del relativo gravame, non potendo il ricorrente ottenere alcun beneficio dall’eventuale annullamento del provvedimento impugnato, sostituito dall’amministrazione all’esito di un nuovo iter istruttorio e sulla base di una nuovo percorso motivazionale (cfr. TAR Campania, sez. VII, 08.06.2007, n. 6054; Id. 04.07.2007, n. 6460; Id. 12.03.2007, n. 1783; TAR Campania, sez, I, 10.05.2006, n. 4051) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 14.05.2008 n. 4127 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GIURISPRUDENZA

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d’uso da alberghiera a residenziale.
Il reato di lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d’uso da alberghiera a residenziale è configurabile anche nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico generale consenta l’utilizzo della zona ai fini residenziali. E ciò può avvenire in due casi:
a) quando il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie non estensibili ad immobili residenziali;
b) quando la destinazione d’uso residenziale comporti un incremento degli standard richiesti per l’edificazione alberghiera e tali standard aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.06.2009 n. 24666 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ambiente in genere. Accesso ispettivo presso azienda.
Quando un accesso ispettivo presso un'azienda è mirato a verificare le caratteristiche di un nuovo impianto privo di autorizzazione è legittimo il prelievo di un campione del materiale utilizzato in una fase di lavorazione in funzione di un’attività ispettiva e di vigilanza che non mira all’accertamento del limite di una determinata sostanza può farsi ricorso alla procedura di cui all’art. 223 disp. att. c.p.p. (Corte di Cassazione. Sez. III penale, sentenza 15.06.2009 n. 24640 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Legge Tognoli.
La presenza di opere sul piano di campagna, e perciò in superficie, vale ad escludere in radice la possibilità di applicazione della legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23730 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Illegittimità della sanatoria condizionata.
Non sono legittimi quei provvedimenti amministrativi di sanatoria di immobile abusivo che subordinano gli effetti del beneficio alla esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre l’immobile stesso nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici atteso che detta subordinazione è ontologicamente contrastante con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro conformità agli strumenti urbanistici (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23726 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Verande.
La veranda è da considerare in senso tecnico giuridico, una costruzione assoggettata al regime concessorio e l’unica deroga prevista è per la chiusura di spazi limitati che, comunque non comportino una trasformazione del territorio (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23725 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva e responsabilità dei subacquirenti.
Nel reato di lottizzazione abusiva neppure l'acquisto del subacquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità, allorché  si consideri che l’utilizzazione delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23722 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva ed esclusione buona fede dell’acquirente.
Nel reato di lottizzazione abusiva correttamente è esclusa la buona fede dell’acquirente qualora i tre lotti interessati: siano stati acquistati in tempi diversi; la qualifica d’imprenditore agricolo sia stata assunta dopo l’acquisto del primo lotto e quindi appariva chiaramente sospetta; l’immobile, già edificato, per le sue caratteristiche strutturali appaia destinato ad abitazione piuttosto che a deposito attrezzi; nella zona siano state realizzate già strade principali e strade di accesso ai singoli lotti; nella zona non vi siano coltivazioni in atto, fatta eccezione di blande coltivazioni floreali e/o fruttifere; i manufatti già realizzati non abbiano le caratteristiche di depositi per attrezzi agricoli (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23720 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva e responsabilità dell’acquirente.
Nel reato di lottizzazione abusiva la consapevolezza da parte degli acquirenti dell'abusività della lottizzazione e quindi la sussistenza dell'elemento psicologico del reato può desumersi sulla base di alcuni elementi di univoca valenza probatoria quali il frazionamento dell'originario terreno in 34 lotti successivamente alienati o mantenuti dai singoli eredi degli originari proprietari la dimensione dei lotti che appaiono formati con il precipuo intento di garantire l'edificabilità degli stessi, ed al contrario trascurando del tutto la prevista vocazione agricola della zona, la previsione di due strade principali, quattro secondarie e sette piste di accesso ai singoli lotti (in tal modo è stata programmata la realizzazione di opere infrastrutturali funzionali al nuovo insediamento urbano), la natura dei manufatti che, dichiarati realizzati per finalità agricole, avevano invece una spiccata vocazione abitativa per le loro obiettive caratteristiche e le rifiniture, non solo interne (presenza di verande, portici, antenne paraboliche, ecc.) la sostanziale vocazione turistica della zona ove vi sono esclusivamente blande coltivazioni floreali o fruttifere a carattere hobbistico (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23719 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Veicoli fuori uso.
A seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 209 del 2003, con il quale è stata recepita in Italia la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, deve essere considerato fuori uso sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata.
L’attività di raccolta di veicoli fuori uso in assenza di autorizzazione, già prevista come reato dall’art, 51, comma primo lettera a del D.Lgv. n. 22 del 1997 è nuovamente considerata tale dall’art. 256, comma primo, D.Lgv. n. 152 del 2006 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23701 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Un impianto che produce conglomerati bituminosi o calcestruzzo è sicuramente una “struttura di qualsiasi genere” destinata sia ad ambiente di lavoro (la produzione, appunto, di calcestruzzo o conglomerati bituminosi) sia a deposito dei prodotti creati. Pertanto, al lume della lett. E), punto 5, del Testo Unico sull’edilizia, è da qualificare come nuova costruzione e come tale è suscettibile di formare oggetto di ordinanza di demolizione nei casi di assenza di permesso di costruire o di rilevante difformità da esso.
L’assunto secondo cui un impianto che produca conglomerati bituminosi (o anche calcestruzzo) non sia soggetto a permesso di costruire perché non integrante una nuova costruzione è contraddetto dalla declaratoria delle categorie edilizie definita all’art. 3 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Al riguardo, se è vero che la lettera e), punto 3, dell’art. 3 del Testo Unico qualifica nuove costruzioni gli impianti anche per pubblici servizi, quando comportino trasformazione permanente di suolo in edificato, tuttavia è presente nelle successive definizioni di cui all’art. 3 in esame, una disposizione aperta, che si riferisce a strutture di qualsiasi genere e che denota il superamento da parte del legislatore, del criterio oggettivo della stabile incorporazione, sostituto da quello finalistico della destinazione del manufatto a soddisfare esigenze non meramente temporanee.
Ci si riferisce al punto 5, della lett. e), dell’art. 3 del D.P. R. n. 380/2001, a mente del quale costituisce nuova costruzione “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere (…) che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
L’elemento oggettivo è dato, dunque, dalla presenza di una “struttura di qualsiasi genere” e l’elemento finalistico è la sua destinazione, in via non meramente temporanea, ad abitazione o ad ambiente di lavoro oppure a deposito, magazzino e simili.
Non v’è dubbio, quindi, che un impianto che produce conglomerati bituminosi o calcestruzzo è sicuramente una “struttura di qualsiasi genere” destinata sia ad ambiente di lavoro (la produzione, appunto, di calcestruzzo o conglomerati bituminosi) sia a deposito dei prodotti creati. Il tutto, ovviamente, in via non meramente temporanea ma in dipendenza delle necessità dell’attività costruttiva principale a cui è strumentale l’esercizio dell’impianto. Il quale, pertanto, al lume della lett. E), punto 5, del Testo Unico sull’edilizia è da qualificare come nuova costruzione e come tale è suscettibile di formare oggetto di ordinanza di demolizione nei casi di assenza di permesso di costruire o di rilevante difformità da esso (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 05.06.2009 n. 1573 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La regola fondamentale in materia di quantificazione degli oneri di urbanizzazione è che la scelta tecnico discrezionale dell’Amministrazione deve precedere e non seguire il rilascio della concessione edilizia, in quanto gli effetti e gli oneri derivanti dalla stessa devono essere ben noti al richiedente, il quale, tenuto conto dell’esborso economico da affrontare, potrebbe anche rinunziare al programma costruttivo ipotizzato.
Alla luce del consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, seguito anche da questo TAR (per tutte e solo per citare le più recenti CGA, sez. giur., 14.01.2009, n. 7 e 02.03.2007, n. 64; TAR Sicilia Palermo, I, 16.01.2007, n. 726, 21.08.2006, n. 1832, 02.01.2004, n. 1, 03.04.2002, n. 879), la regola fondamentale in materia di quantificazione degli oneri di urbanizzazione è che la scelta tecnico discrezionale dell’Amministrazione deve precedere e non seguire il rilascio della concessione edilizia, in quanto gli effetti e gli oneri derivanti dalla stessa devono essere ben noti al richiedente, il quale, tenuto conto dell’esborso economico da affrontare, potrebbe anche rinunziare al programma costruttivo ipotizzato.
Ne deriva la illegittimità di richieste di integrazione successive al rilascio della concessione edilizia, che esporrebbero il privato a conseguenze idonee ad incidere pesantemente sulla sua sfera economica, nella considerazione, fra l’altro, della necessità di garantire la correttezza del rapporto intercorrente tra la Pubblica Amministrazione ed il privato, soprattutto allorquando la tempestiva conoscenza degli oneri discrezionalmente imposti possa indirizzare in un senso, piuttosto che in un altro, le scelte dell’operatore economico.
Nelle numerose sentenze, con le quali questa Sezione si è pronunciata sulla delineata questione (tra le tante, nn. 405/1993, 588/1995, 1358/1996, 2117/1997, 865/2002 e 1/2004), si è, in particolare, osservato che il termine del 31 dicembre di ogni anno, prescritto dall’art. 34 della l.r. n. 37/1985, nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa, per l’aggiornamento da parte dei Comuni degli oneri di urbanizzazione, non è perentorio, cosicché risultano legittime le quantificazioni disposte con atto successivo.
Tale aggiornamento può, però, avere effetto sulle concessioni edilizie già rilasciate, soltanto qualora nelle stesse fosse stata espressamente inserita la clausola della salvezza dell’eventuale conguaglio.
In assenza di tale previsione, una eventuale riquantificazione degli oneri di urbanizzazione può, pertanto, ammettersi, solo nel caso di correzione di errori riconoscibili, sulla base di parametri certi e predefiniti (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 04.06.2009 n. 992 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per impugnare una concessione edilizia occorre uno stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata dall'attività assentita con il titolo che si impugna; collegamento che può derivare non solo dalla residenza nella zona interessata e dalla proprietà, ma anche dal possesso e dalla detenzione di immobili in detta zona o da altro titolo di frequentazione di quest'ultima.
Ai fini della legittimazione al ricorso in materia edilizia occorre uno stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata dall'attività assentita con il titolo che si impugna; collegamento che può derivare non solo dalla residenza nella zona interessata e dalla proprietà, ma anche dal possesso e dalla detenzione di immobili in detta zona o da altro titolo di frequentazione di quest'ultima (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26.07.2001 n. 4123; Sez. V, 30.10.1995 n. 1495; Sez.V, 11.04.1995 n. 587).
Ne consegue che ha la legittimazione attiva chiunque vanti uno stabile collegamento con la zona interessata e risenta un pregiudizio da un intervento edilizio, venendo in rilievo interessi non solo di carattere edilizio ma anche ogni altro che attenga alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio, alla circolazione veicolare, al rispetto degli standard urbanistici, al corretto insediamento di attività commerciali e simili (cfr. TAR Marche, 12.05.2004 n. 297).
In particolare è giuridicamente rilevante (nonché qualificato e differenziato) l'interesse del soggetto che esercita, in una certa zona, una determinata attività commerciale, ad opporsi al rilascio di titoli edilizi che comportino la realizzazione, nelle immediate adiacenze, di un'attività commerciale dello stesso tipo, stante l'indubbio pregiudizio economico che quello stesso soggetto è destinato a subire con l'apertura dell'impianto concorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12.09.2007 n. 4821; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 21.08.2008 n. 9955; Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 08.03.2007 n. 407; Tar Veneto, Sez. II, 26.03.2007 n. 938; Tar Marche, 01.09.2006 n. 547; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 02.11.2005 n. 10255) (TAR Marche, sentenza 03.06.2009 n. 466 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La DIA è sostanzialmente equiparata al permesso di costruire per quanto concerne le modalità di impugnazione.
Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale riguardante la natura della DIA che viene sostanzialmente equiparata al permesso di costruire per quanto concerne le modalità di impugnazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI 05.04.2007 n. 1550; Sez. V, 20.01.2003 n. 172; TAR Liguria, Sez. I, 06.06.2008 n. 1228) (TAR Marche, sentenza 03.06.2009 n. 466 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASulla natura della DIA sussistono difformi orientamenti in giurisprudenza.
A disciplinare la D.I.A. in materia edilizia è intervenuto il T.U. in materia edilizia 06.06.2001, n. 380. La D.I.A. edilizia costituisce species (la cui disciplina prevale sui quella generale) di un particolare tipo di procedimento semplificato ed accelerato, introdotto, come s'è già detto, in via generale dall'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241, riguardante, appunto, la c.d. denuncia di inizio di attività, il cui aspetto contenutistico e sostanziale va oggi valutato alla luce delle modificazioni apportate all'istituto dalla legge 14.05.2005, n. 80.
Si tratta invero di un istituto del tutto peculiare (che consente oggi al privato l'esercizio di una certa attività comunque rilevante per l'ordinamento, già subordinato a qualsivoglia forma di autorizzazione -il cui rilascio dipendesse esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti fissati dalla legge o da atto amministrativo generale- a prescindere dalla emanazione di un espresso provvedimento amministrativo), comunque assimilabile ad una istanza autorizzatoria, che, con il decorso del términe di legge, provoca la formazione di un "titolo", che rende lecito l'esercizio dell'attività e cioè di un provvedimento tacito di accoglimento di una siffatta istanza.
Si prevede a tal fine una doppia comunicazione da parte del privato. La prima consiste in una dichiarazione dell'interessato, "corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste". Con la seconda, il soggetto comunica che ad una certa data (non anteriore ai 30 giorni dalla presentazione della anzidetta dichiarazione) inizierà una certa attività (di solito produttiva) e, se entro un termine stabilito decorrente da tale comunicazione (30 giorni, il cui computo inizia dal momento in cui la stessa sia stata ricevuta al protocollo generale dell'ente) l'Amministrazione non ne inibisce la prosecuzione (con un atto che ha natura di accertamento dei motivi giuridico-fattuali ostativi allo svolgimento dell'attività e dunque del tutto analogo ad un provvedimento di diniego di un atto autorizzatorio dell'attività medesima, sì che deve ritenersi in tal caso applicabile il disposto dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990 e che invece, verificandosi in tale ipotesi una sorta di inversione procedimentale, non necessita di previa comunicazione dell'avvio del procedimento: Consiglio Stato, sez. VI, 23.12.2005, n. 7359), il titolo si consolida, salvo, naturalmente, l'intervento successivo di interdizione dell'attività, che può intervenire in tutti i casi di accertamento della mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti, al cui possesso l'ordinamento di settore subordini l'espletamento dell'attività medesima (Cons. St., IV, 26.07.2004, n. 5323).
L'atto di comunicazione dell'avvio dell'attività, a differenza di quanto accade nel caso del c.d. silenzio-assenso, disciplinato dall'articolo 20 della stessa legge n. 241/1990, non è una domanda, ma una informativa, cui è subordinato l'esercizio del diritto. E il provvedimento, rispetto al quale l'amministrazione potrà esercitare poteri di autotutela (non solo vincolati a carattere repressivo, ma anche discrezionali di secondo grado, come oggi espressamente previsto dal secondo periodo del comma 3 del nuovo art. 19), si forma con l'esperimento di un ben delineato modulo procedimentale, all'interno del quale la D.I.A. costituisce pur sempre una autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell'intervento, sulla quale la pubblica amministrazione svolge una attività eventuale di controllo, al tempo stesso prodromica e funzionale al formarsi, a séguito del mero decorso di detto periodo di tempo (e non, dunque, dell'effettivo svolgimento della attività medesima), del titolo necessario per il lecito dispiegarsi della attività del privato.
Quanto al decorso del termine di 30 giorni, sembra condivisibile l’orientamento per cui:
- il consolidamento del titolo non può comportare la possibilità che l'attività del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e dunque possa andare esente dalle sanzioni previste dall'ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi;
- che il titolo stesso, in tal caso, possa esser fatto oggetto, alle condizioni previste in via generale dall'ordinamento, di interventi di annullamento d'ufficio o révoca da parte dell'Amministrazione.
In proposito, sembra decisivo il fatto che l'art. 21 della legge n. 241 del 1990 stabilisce che le sanzioni già previste per le attività svolte senza la prescritta autorizzazione siano applicate quando una attività, pur dopo la comunicazione all'amministrazione, venga iniziata in mancanza dei requisiti richiesti o comunque in contrasto con le disposizioni di legge (comma 2) e che lo stesso art. 21, al comma 2-bis, configura l'inizio della attività "ai sensi degli articoli 19 e 20" non preclusivo dell'esercizio delle "attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti".
La recente previsione espressa del potere dell'Amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela (v. il comma 3 del nuovo art. 19) presuppone un provvedimento, o comunque un titolo, su cui intervenire.
Pertanto, anche dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell'esercizio di una attività di secondo grado (estrinsecantisi nell'annullamento d'ufficio e nella révoca, a proposito dei quali va peraltro rilevato che, nell'ipotesi in cui la legittimità dell'opera edilizia dipenda da valutazioni discrezionali e di merito tecnico che possono mutare nel tempo, il potere di autotutela, esercitabile con riferimento ad una d.i.a. anche quando sia ormai decorso il termine di decadenza per l'esercizio dei poteri inibitori ex art. 23, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001, deve essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa); mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio prestato dall'Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., si graveranno legittimamente non avverso il silenzio stesso, ma, nelle forme dell'ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo, che, formatosi e consolidatosi nei modi di cui sopra, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita (Consiglio di Stato, sez. IV, 25.11.2008, n. 5811) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 855 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Repressione abuso e decorso del tempo.
La repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi.
In tali casi, infatti, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 05.05.2009 n. 2357 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Ambiente in genere. VAS.
La direttiva comunitaria 42/01/CE per quanto riguarda la generalità degli atti di pianificazione territoriale non è immediatamente applicabile all’interno degli Stati membri.
Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3 della direttiva in parola, che demanda al singolo Stato membro di apprezzare se i piani e programmi relativi a un dato settore possano o non possano avere effetto significativo sull’ambiente; nello stesso senso i successivi articoli 4 e 13, che richiedono in modo espresso che gli Stati, per conformarsi alla direttiva, emanino norme proprie, e quindi adottino atti di recepimento (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 04.05.2009 n. 893 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Recinzione.
La realizzazione di una recinzione di dimensioni limitate già prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 era considerata manifestazione dello "ius excludendi alios", quale facoltà insita nel diritto di proprietà e comunque come opera minore di carattere pertinenziale, non assoggettata a concessione edilizia (ora permesso di costruire), ma ad autorizzazione e, in assenza di quest’ultima, a sanzione meramente pecuniaria, a norma dell’articolo 10 della legge 28.02.1985, n. 47.
Siffatta disciplina non appare sostanzialmente mutata, anche in base al citato T.U. dell’Edilizia, che non include le recinzioni fra le attività che non richiedono alcun titolo abilitativo (articolo 6), ma nemmeno fra quelle soggette a permesso di costruire (articolo 10), con conseguente riconducibilità delle stesse alla nozione residuale degli “interventi subordinati a denuncia di inizio attività” (articolo 22) che, ove assente, comporta l’irrogazione di una “sanzione pecuniaria, pari al doppio dell'aumento di valore venale dell'immobile, conseguente alla realizzazione degli interventi stessi, e comunque in misura non inferiore a 516 euro” (articolo 37, comma 1) (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 04.05.2009 n. 390 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ambiente in genere. Legittimazione associazioni ambientaliste.
L’indirizzo giurisprudenziale più restrittivo che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, risulta attualmente superato in conseguenza della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310, comma 1, del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152.
Ed invero, in base alla precitata disposizione, la legittimazione ad agire, anche con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole censure, va valutata secondo i principi generali, per cui vanno ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale, mentre non possono essere ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 30.04.2009 n. 381 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: La verbalizzazione delle operazioni svolte in precedenti commissioni di gara deve rispettare un termine ragionevolmente breve.
Anche se, in mancanza di specifiche indicazione della normativa di settore e della disciplina di gara, deve escludersi la necessità di redigere contestuali e distinti verbali per ciascuna seduta della commissione di gara, è necessario comunque che nell’unico verbale di tutte o di parte delle operazioni compiute, ancorché relativo a più giornate, avvenga una corretta rappresentazione documentale dello svolgimento della procedura e purché la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi (decisione n. 4463 del 02.09.2005) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.04.2009 n. 2748 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inottemperanza all'ordine di demolizione.
L’atto di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive debbono considerarsi consequenziali e connessi all'ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, per cui la mancata impugnativa nei termini dell’ingiunzione a demolire determina l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’acquisizione al patrimonio indisponibile comunale (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 29.04.2009 n. 806 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oneri di urbanizzazione.
La regola fondamentale in materia di quantificazione degli oneri di urbanizzazione è che la scelta tecnico discrezionale dell’Amministrazione deve precedere e non seguire il rilascio della concessione edilizia, in quanto gli effetti e gli oneri derivanti dalla stessa devono essere ben noti al richiedente, il quale, tenuto conto dell’esborso economico da affrontare, potrebbe anche rinunziare al programma costruttivo ipotizzato.
Ne deriva la illegittimità di richieste di integrazione successive al rilascio della concessione edilizia, che esporrebbero il privato a conseguenze idonee ad incidere pesantemente sulla sua sfera economica, nella considerazione, fra l’altro, della necessità di garantire la correttezza del rapporto intercorrente tra la Pubblica Amministrazione ed il privato, soprattutto allorquando la tempestiva conoscenza degli oneri discrezionalmente imposti possa indirizzare in un senso, piuttosto che in un altro, le scelte dell’operatore economico (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 29.04.2009 n. 774 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è coerente con le finalità della normativa di settore consentire la condonabilità, sotto il profilo del mutamento della destinazione d'suo, delle aree destinate a parcheggio e realizzate in forza della disciplina derogatoria di cui all'art. 9 della legge 122/1989.
E’ noto che il vincolo pertinenziale ex lege già previsto per le aree da destinare a parcheggio (rispetto alle costruzioni cui ineriscono) dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47 (a mente della quale "gli spazi di cui all'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi degli art. 817, 818 e 819 c.c.") ha subito un significativo rafforzamento nelle previsioni dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 (cosiddetta legge Tognoli), con la quale è stata prevista la possibilità di realizzare spazi da destinare a parcheggio nei piani interrati degli edifici o nelle immediate aree di pertinenza; il tutto con procedimento semplificato, senza oneri concessori e soprattutto anche in deroga agli strumenti urbanistici. La disposizione appena ricordata ha addirittura previsto la sanzione civilistica della nullità per gli atti disposizione separata degli spazi a parcheggio rispetto alle costruzioni cui i parcheggi devono restare asserviti. Vero è che il suddetto vincolo pertinenziale, quantomeno in relazione ai parcheggi che non siano stati realizzati grazie al particolare regime di favor previsto dalla citata disposizione normativa (art. 9 L. 122/1989) è di poi venuto meno (sia pur senza effetto retroattivo) ad opera dell’art. 12 della legge 246/2005 (che ha introdotto l’ultimo comma all’art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150 secondo cui gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse).
Cionondimeno per tutti gli spazi a parcheggio (ed a fortiori per quelli realizzati ai sensi dell’art. 9 della l. 122/1989), quale che sia la sorte del vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di destinazione, quale connotazione necessaria dell’essere quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità degli spazi urbani. Ne viene che in nessun caso potrebbe essere consentito il cambio di destinazione d’uso in relazione agli spazi predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso uso individuale possa far premio sulla destinazione a parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa di vero e proprio vincolo, l’azione della pubblica amministrazione in sede di controllo e di conformazione dell’uso del territorio e costituire per la stessa un limite insuperabile financo nell’esercizio del potere di condono delle opere edilizie abusive. In tal senso, il dato di diritto positivo da cui muovere va individuato, nell’ambito del regime organico introdotto in materia di condono edilizio dalla L. 47/1985 (espressamente richiamata dalle successive leggi di condono, ed in particolare -per quel che qui viene in gioco- dalla l. 724/94), dall’art. 33 della citata legge il quale esclude dal campo di operatività della sanatoria [primo comma lett. d)] gli abusi contrastanti con vincoli implicanti la inedificabilità delle aree.
Ritiene il Collegio che consentire, per il tramite dell’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso, la sottrazione di spazi destinati a garage realizzati (la circostanza è pacifica ed incontestata, oltreché desumibile ex actis) grazie al meccanismo derogatorio di legge dianzi brevemente descritto, equivarrebbe ad infrangere un vincolo di inedificabilità, dato che in nessun caso l’opera edilizia sarebbe stata a suo tempo assentita se non proprio in considerazione della sua destinazione a parcheggio (in altri termini, la destinazione a parcheggio elide, in fase di realizzazione dell’opera, il profilo dell’inedificabilità dell’area per espressa previsione normativa, ma tale profilo è destinato a riemergere le quante volte venga meno quella destinazione). Donde l’onere della permanenza nel tempo di tale destinazione e della sua immodificabilità anche in sede di applicazione della normativa sul condono, non potendo quest’ultima tradursi –anche in ossequio al principio di non contraddizione che deve permeare il sistema ordinamentale– in uno strumento elusivo di un pregresso vincolo giuridico di destinazione nascente da altra normativa avente significativa valenza pubblicistica.
D’altra parte, è significativo che, come anticipato, detta destinazione a parcheggio sia presidiata, sul versante civilistico, a mezzo della espressa comminatoria di nullità degli atti dispositivi in deroga al vincolo di pertinenzialità; ora, sarebbe ben strano che alla tutela di detto vincolo a mezzo della predetta sanzione civile non si abbinasse, anche in sede di applicazione della normativa in tema di condono edilizio, la tutela della destinazione pubblicistica, ma anzi se ne consentisse la distrazione con evidente vulnus all’interesse collettivo sotteso alla richiamata normativa speciale in tema di parcheggi
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.04.2009 n. 2609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: In merito all'art. 78, comma 2, T.U. enti locali, l'obbligo di astensione non ammette deroghe, neppure con riferimento alle realtà di piccoli comuni.
Secondo la giurisprudenza “L’art. 78 comma 2 T.U. Enti locali sancisce che "Gli amministratori devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado". La norma in esame è espressione di un obbligo generale di astensione dei membri di collegi amministrativi che si vengano a trovare in posizione di conflitto di interessi perché portatori di interessi personali, diretti o indiretti, in contrasto potenziale con l’interesse pubblico (Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18.02.2004 n. 54863; Sez. IV, 07.10.1998 n. 1291, in Cons. Stato 2004, I, 1433, e 1998, I, 1514). La ratio di tale obbligo va ricondotta al principio costituzionale dell’imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 Cost., a tutela del prestigio della p.a. che deve essere posta al di sopra del sospetto, e costituisce regola tanto ampia quanto insuscettibile di compressione alcuna.
Dai su esposti principi discendono i seguenti corollari:
a) l’obbligo ricorre per il solo fatto che i membri del Collegio amministrativo siano portatori di interessi divergenti rispetto a quello generale affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte, risultando irrilevante, a tal fine, la circostanza che la votazione non avrebbe potuto avere altro apprezzabile esito, che la scelta sia stata in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico, ovvero che non sia stato dimostrato il fine specifico di realizzare l’interesse privato o il concreto pregiudizio dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26.05.2003 n. 2826, in Cons. Stato 2003, I, 1183);
b) i soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi collegiali di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione, potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare, sicché è irrilevante l’esito della prova di resistenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 07.10.1998 n. 1291, cit.); …….
c) a tutela dell’immagine dell’Amministrazione, rileva anche il conflitto di interessi potenziale, come evidenziato anche dalla giurisprudenza costituzionale e civile (cfr. Corte cost. 28.05.1975 n. 129; Cass. civ. 16.09.2002 n. 13507) (Cons. Stato Sez. V n. 2970 del 2008).
L'obbligo di astensione non ammette deroghe, neppure con riferimento alle realtà di piccoli comuni, nei quali al più, si ammette la possibilità di fare luogo a votazioni frazionate su singole componenti del piano, di volta in volta senza la presenza di quei consiglieri che possano astrattamente ritenersi interessati, in modo da conciliare l'obbligo di astensione con l'esigenza -improntata al rispetto del principio di democraticità- di evitare il ricorso sistematico al commissario ad acta (Cons. Stato, sez. IV, 16.10.2006 n. 6172 e 26.05.2003 n. 2826; TAR Liguria Genova, sez. I, 19.10. 2007, n. 1773) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 1139 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Nel caso di variante di piano regolatore limitata ad un terreno determinato è richiesta una motivazione specifica e puntuale che dia conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona interessata.
Se è pur vero infatti che gli atti pianificatori e di carattere generale non necessitano di regola di specifica motivazione essendo espressione di alta discrezionalità dell’amministrazione, ciò nondimeno “nel caso di variante di piano regolatore limitata ad un terreno determinato ovvero incidente su aspettative del proprietario assistite da una speciale tutela o da uno speciale affidamento è richiesta una motivazione specifica e puntuale che dia conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona interessata” (Cds 07.10.2008 n. 4823).
Ancora “Pur se è vero che l'Ente locale può modificare le previsioni urbanistiche precedentemente assunte, e dunque non ha obbligo di motivazione analitica e specifica per le singole zone innovate in quanto è sufficiente una congrua indicazione delle esigenze da soddisfare e circa la loro coerenza con criteri di ordine tecnico-urbanistico, è altrettanto vero che, al contrario, occorre una motivazione puntuale nell'ipotesi in cui la variante sia limitata a un terreno determinato ovvero incida su aspettative assistite da particolare tutela o da speciale affidamento, con esternazione delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona interessata” (TAR l’Aquila 22.07.2008 n. 935) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 1139 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Sull’individuazione dei vincoli soggetti a decadenza.
L’art. 2, 1° comma, della L. 19.11.1968, n. 1187 –oggi art. 9 d.P.R. n. 327 del 2001– che ha fissato entro il limite temporale del quinquennio l'efficacia delle prescrizioni dei piani regolatori generali «nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettando i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che comportino l'inedificabilità», è applicabile non solo con riferimento ai vincoli preordinati all’esproprio o a quei vincoli che svuotano il contenuto del diritto di proprietà, rendendolo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ma anche ai vincoli c.d. "strumentali", ossia quei vincoli che subordinano l’edificabilità di un’area all’inserimento della stessa in un programma pluriennale, oppure alla formazione di uno strumento esecutivo.
Sebbene l’art. 2 della legge n. 1187/1968 sia stato abrogato a seguito dell’entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni, i principi affermati per tale articolo sono tuttora applicabili, in quanto l’art. 9 del T.U., non avente valenza innovativa, recepisce sostanzialmente la precedente normativa.
E' acquisito nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo cui l'art. 2, 1° comma, L. 1187/1968, che ha fissato entro il limite temporale del quinquennio l'efficacia delle prescrizioni dei piani regolatori generali, si riferisce ai vincoli che producano una pressoché totale ablazione del diritto di proprietà, essendo tanto intensi da annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono, ivi compresa l'ipotesi di imposizione temporanea di inedificabilità fino all'entrata in vigore dei piani particolareggiati, per la cui redazione non sia fissato alcun termine finale certo.
Tuttavia, la decadenza dei vincoli prevista dall’art. 2, 1° comma, della L. 19.11.1968 n. 1187, non ha luogo nei soli casi in cui, in alternativa al piano particolareggiato, sia prevista dal p.r.g. la possibilità di ricorso ad un piano di lottizzazione ad iniziativa privata. In questi casi la possibilità di una pianificazione di livello derivato ad iniziativa privata esclude, naturaliter, la configurabilità dello schema ablatorio e, quindi, la decadenza quinquennale del relativo vincolo
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.03.2009 n. 1765 - link a www.altalex.com).

APPALTI: La giustificazione dell’anomalia può essere successiva al momento dell’offerta.
Il principio della impossibilità di procedere all’esclusione automatica delle imprese che non abbiano supportato l’offerta delle giustificazioni preventive richieste dal bando di gara è acquisito nelle Sezioni V e VI del Consiglio di Stato, per cui deve fornirsi alla norma di cui all’art. 86, comma 5, del Codice dei contratti un’interpretazione conforme alla normativa comunitaria, potendosi annettere rilievo all’omessa allegazione delle giustificazioni preventive, solo “nella fase successiva a quella di verifica dell’anomalia e se ed in quanto l’offerta ne risulti sospetta”, dovendosi per l’effetto predicare l’irragionevolezza e l’illogicità di una clausola che comini l’esclusione immediata del concorrente per omessa allegazione all’offerta delle giustificazioni preventive.
La ratio del microsistema dell’analisi di anomalia o di congruità va individuata nell’esigenza di assicurare l’attuazione del principio di remuneratività delle offerte, sotteso all’impalcatura giuridica del ridetto sistema e inteso a preservare l’Amministrazione dal rischio di affidare le commesse pubbliche ad imprese che, pur di accaparrarsi affidamenti, non siano poi in grado di sostenerne i costi e di condurre ad esecuzione l’appalto, a tutto detrimento dell’interesse pubblico alla corretta e puntuale realizzazione di opere o fornitura di servizi (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 83 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 15.06.2009

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GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 10.06.2009 n. 132 "Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b) , del decreto legislativo 19.08.2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia" (D.P.R. 02.04.2009 n. 59).

ENTI LOCALI: G.U. 06.06.2009 n. 129 "Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali e validazione temporale dei documenti informatici" (D.P.C.M. 30.03.2009).

NEWS

URBANISTICA: Per affidare il P.R.G. serve l'appalto. Gli incarichi vanno conferiti con procedure ad evidenza pubblica (link a http://rassegnastampa.formez.it).

QUESITI & PARERI

ENTI LOCALISul controllo analogo di una società partecipata da un comune.
Il Comune di (omissis), con nota telematica del 13.03.2009, ha proposto un articolato quesito in merito ai propri rapporti con il Consorzio (omissis) – in particolare per quanto attiene ... al modo con il quale risulterebbe possibile effettuare il “controllo analogo” su (omissis) srl., affidataria in house dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti (Regione Piemonte, parere n. 35/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

URBANISTICA: Quesito 10 - Necessità di ridefinizione dell'assetto urbanistico delle aree assoggettate al vincolo decaduto nel caso della decadenza ex art. 9 del d.p.r. n. 380/2001 della previsione vincolistica del piano per l'infruttuoso decorso del quinquennio dalla data di approvazione dello strumento urbanistico generale senza il varo di una pianificazione attuativa di secondo livello (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 9 - Esclusione dei seminterrati dal computo volumetrico (Geometra Orobico n. 3/2008).

URBANISTICA: Quesito 8 - Configurabilità della lesione risarcibile dell'aspettativa del privato nel caso di mancata approvazione di un piano di lottizzazione (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 7 - Necessità di titolo abilitativo in caso di mutamento di destinazione di un appezzamento di terreno da giardino in parcheggio scoperto (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 6 - Sul vincolo di inedificabilità derivante dalla fascia di rispetto stradale prevista dal p.r.g. (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 5 - Sulla competenza per l'espletamento della procedura di VIA per opere ricadenti in territorio comunale ma parte di intervento interessante ambito territoriale più ampio (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Quesito 4 :
- Legittimità di un provvedimento di sospensione dei lavori iniziati a seguito della presentazione della d.i.a. non proceduto dal preavviso di rigetto di cui all'art. 10-bis della legge n. 241/1990;
- Qualificazione della ristrutturazione edilizia rispetto alla manutenzione ordinaria;
- Natura giuridica della convenzione di lottizzazione (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 3 - Legittimazione all'impugnazione di un permesso di costruire rilasciato a terzi, in capo al proprietario di una zona interessata dalla costruzione ovvero che si trovi in una situazione di stabile collegamento della stessa (Geometra Orobico n. 3/2008).

ESPROPRIAZIONE: Quesito 2 - Computo delle perdite aziendali nell'indennità di esproprio (Geometra Orobico n. 3/2008).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 1 - Sanzioni amministrative per violazione di autorizzazioni relative ad opere di movimento terra, disboscamento, mutamento del tipo di colture in atto e sul concetto di uso del territorio (Geometra Orobico n. 3/2008).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

URBANISTICA: D. Prinari, Pianificazione urbanistica e territoriale in presenza di attività a rischio di incidente rilevante (link a www.filodiritto.com).

PUBBLICO IMPIEGO: D. Prinari, Il mobbing nella p.a. e le sue ripercussioni nella finanza pubblica (link a www.altalex.com).

APPALTI: A. Scuderi - G. Spoto Puleo - M. Manola - A. Vindigni - G. Sciangula, L'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI AGGIUDICAZIONE DI GARA PUBBLICA E GLI EFFETTI SUL CONTRATTO NELLE MORE GIA' STIPULATO (link a http://mondolegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA:G. Taddei, Il rapporto tra bonifica e risarcimento del danno ambientale (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, L’AUTORIZZAZIONE ORDINARIA DI UN IMPIANTO DI RECUPERO DI RIFIUTI URBANI (GIA’ AUTORIZZATO IN SEMPLIFICATA) E LA SUA MANCATA PREVISIONE NEL PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI (link a www.lexambiente.it).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Savoia di Lucania circa la "corresponsione degli incentivi, art. 92, c. 5, del D.L.vo 163/2006, spettanti ai soggetti in esso indicati attesa la difficoltà di interpretazione sia della normativa de quo sia della Circolare del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 36 del 23.12.2008, che, tra altri argomenti, tratta anche degli incentivi in parola" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Basilicata, parere 22.05.2009 n. 10 - link a www.corteconti.it).
Si premette che il comma 8 dell’art. 61 del decreto legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008 è stato abrogato dall’art.1, comma 10-quater, lett. b), del D.L. 23.10.2008, n.162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22.12.2008, n.2001 ma che il suo contenuto, per ciò che in questa sede interessa, è stato reintrodotto con il comma 7-bis dello stesso art. 61, inserito dall’art. 18, comma 4-sexies, del D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28.01.2009, n. 2.
E’ stata così disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2009, la riduzione dal 2% allo 0,5% della percentuale prevista dall'articolo 92, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) destinata ad incentivi per la progettazione da erogarsi ai tecnici interni per le attività connesse all’esecuzione di contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture.
In ordine alla sussistenza o meno, nel caso di specie, di un regime di retroattività delle disposizioni contenute nell’art. 61, comma 8 (rectius, ora, comma 7-bis), del decreto legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008, s’è già pronunciata la Sezione regionale di controllo per la Lombardia con il parere n.40/2009/PAR del 24.2.2009 (confermato con parere n. 50/2009/PAR del 05.03.2009) esprimendo un orientamento condiviso da questo Collegio.
Al riguardo deve ricordarsi che vige, quale principio a carattere generale dell’ordinamento, quello della irretroattività della legge e che, pertanto, l’introduzione di norme dotate di retroattività deve essere chiaramente esplicitata.
Il citato art. 61 comma 8 (ora comma 7-bis), non presenta disposizioni aventi carattere retroattivo e, di conseguenza, “(…) una interpretazione in tal senso finirebbe per incidere su un diritto soggettivo vantato dai dipendenti degli stessi uffici, i quali hanno maturato il diritto al pagamento in busta paga dei corrispettivi previsti dalla normativa applicabile al momento in cui le prestazioni sono state svolte (parere n. 40/2009/PAR della Sezione regionale di controllo per la Lombardia).
Questo Collegio è, quindi, dell’avviso che i compensi erogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, vadano assoggettati alla disciplina previgente alle modifiche introdotte con decreto legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008 (e successive modifiche ed integrazioni).
In senso conforme s’è pure espressa la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, in sede di risoluzione di questione di massima, con la deliberazione n. 7/SEZAUT/2009/QMIG del 23.04.2009 (depositata in data 08.05.2009).
Con la citata deliberazione, la Sezione delle Autonomie ha, infatti, osservato al riguardo quanto segue.
“L’aver, invece, legato la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara e aver previsto la ripartizione delle somme così determinata per ogni singola opera, evidenzia il chiaro intento di stabilire una diretta corrispondenza di natura sinallagmatica tra incentivo ed attività compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che il diritto all’incentivo di cui si sta trattando, costituisce un vero e proprio diritto soggettivo di natura retributiva (Cass. Sez. Lav., sent. N. 13384 del 19.07.2004) che inerisce al rapporto di lavoro in corso, nel cui ambito va individuato l’obbligo per l’Amministrazione di adempiere, a prescindere dalle condizioni e dai presupposti per rendere concreta l’erogazione del compenso (…).
In sostanza dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva (…).
Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta (…).
In base a quanto fin qui considerato, il significato della disposizione contenuta nel comma 7-bis del D.L. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, va inteso nel senso che il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire, per cui i compensi erogati dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, restano assoggettati alla previgente disciplina, ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma 5– del codice dei contratti pubblici, prima della modifica apportata con il comma 7-bis –aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008, n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008, n. 133”.
Detto ciò in ordine alla questione principale oggetto della richiesta di parere, si osserva che la seconda questione, inerente al contenuto ed all’efficacia della circolare n. 36 del 23.12.2008 del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (sulla cui legittimità questo Collegio non può pronunciarsi), deve essere risolta nell’ambito dei normali e ben noti rapporti tra le fonti del diritto (ricordando, peraltro, che le cd. circolari possono essere considerate, al massimo, norme interne della pubblica amministrazione).

dossier ABUSI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: Sequestro immobile abusivo ultimato.
In materia di sequestro preventivo di immobile abusivo ultimato, secondo quanto asserito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 2/2003, pur ad edificazione ultimata, la libera disponibilità del bene non è sempre un elemento neutro sotto il profilo della offensività perché può fare proseguire nel tempo ed aggravare in intensità le ricadute negative del già commesso reato; sul tema, il Giudice deve determinare in concreto se il libero godimento del manufatto possa determinare una ulteriore lesione del bene protetto.
L’aggravio del carico urbanistico che le unità ad uso abitativo possono determinare risulta adeguatamente dimostrato quando l’illegittimo complesso immobiliare è di rilevante entità e gli appartamenti risultano arredati (uno già abitato) e si prospetta un loro possibile utilizzo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 28.05.2009 n. 22442 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Acquisizione immobile abusivo.
L’automaticità dello effetto ablativo non si verifica quando l’inottemperanza è involontaria, è intervenuta una proroga da parte della Pubblica Amministrazione per completare la demolizione, le aree appartengano ad un proprietario estraneo alla commissione dello illecito urbanistico (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 28.05.2009 n. 22440 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Ordine di demolizione - Accertamento della conformità - D'Ufficio - Non sussiste.
2. Abusi - Demolizione - Sospensione - In presenza della istanza di accertamento di conformità - Ammissibilità.
3. Abusi - Demolizione - Art. 31, D.P.R. n. 380/2001 - Apprezzamento discrezionale - Non sussiste.

1. Il Comune non deve verificare d'ufficio la conformità urbanistica delle opere in assenza di titolo edilizio, atteso che un onere siffatto non è previsto nella disciplina vigente concernente i poteri di vigilanza e sanzionatori sull'attività edilizia abusiva.
2. Neppure può ritenersi che la validità ovvero l'efficacia delle ordinanze di demolizione siano definitivamente pregiudicate dalla presentazione dell'istanza di accertamento di conformità. Invero, come chiarito dalla sezione in analoghe fattispecie, essa determina piuttosto un arresto dell'efficacia della misura ripristinatoria, nel senso che questa è soltanto sospesa, determinandosi uno stato di temporanea quiescenza dell'atto, all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un'opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente.
3. Nello schema giuridico delineato dall'art. 31, D.P.R. n. 380/2001, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l'esercizio del potere repressivo dell'abuso edilizio costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l'interesse pubblico alla sua rimozione, soprattutto quando, come nella specie, è decorso un breve periodo di tempo tra la realizzazione delle opere e l'emissione dei provvedimenti sanzionatori. In definitiva, l'ingiunzione di demolizione può ritenersi sufficientemente motivata per effetto della stessa descrizione dell'abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 28.05.2009 n. 3006 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Abusi - Permesso di costruire - Rilascio - Condizione - Applicazione dell'art. 11, D.P.R. 06.06.2001 n. 380 - Effetti.
2. Abusi - Demolizione - Obbligo unilaterale del concessionario - Finalità - Inadempimento - Acquiescenza della p.A. - Effetti - Conseguenze.
1.
In una con quanto previsto in via generale dall'art. 11, D.P.R. 06.06.2001 n. 380, secondo cui il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi, l'amministrazione comunale è tenuta a controllare la rilevanza giuridica del condono esclusivamente nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza estendersi ai rapporti tra privati, fermo restando che, in caso di violazione di diritti dei terzi, questi, assumendone la lesione possono ottenere tutela davanti al giudice civile non subendo alcun pregiudizio dal rilascio del titolo (Cons. Stato, sez. IV, 10-12-2007 n. 6332).
2. Qualora la concessione edilizia prevede, quale obbligo unilaterale assunto dal concessionario, che questi demolisca il vecchio fabbricato quanto prima e comunque prima del rilascio del certificato di abitabilità, se il vecchio fabbricato non viene demolito, ma, ciononostante il certificato d'abitabilità per la nuova costruzione viene comunque rilasciata e negli anni seguenti l'Amministrazione non si mostra pregiudizialmente contraria a permettere di conservare il vecchio edificio (anziché abbatterlo), il comportamento dell'Ente conduce ad affermare che la demolizione del vecchio fabbricato non costituisce condizione sospensiva della concessione stessa (ciò che avrebbe reso abusivo il nuovo edificio) quanto l'effetto di un trasferimento, con il rilascio della concessione, della volumetria propria dell'area interessata dal vecchio al nuovo edificio, ciò comportando la sopravvenuta abusività del primo, ormai privo di conformità urbanistica ed edilizia. Il condono, dunque, non può riguardare il nuovo edificio, la cui regolarità mai è stata revocata in dubbio (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 04.05.2009 n. 1361 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Abusi edilizi lesivi dell'interesse ambientale - Hanno natura di illecito permanente - Repressione - Attività dovuta e non discrezionale - Disciplina sanzionatoria - Ratio.
L'attività di repressione degli abusi edilizi o comunque lesivi dell'interesse ambientale è dovuta e non discrezionale e non rileva il decorso del tempo, in quanto la trasgressione integra un illecito amministrativo permanente, che si rinnova in ogni istante a causa della mancata demolizione dell'opera realizzata contra legem (3).
In buona sostanza l'abuso ha natura di illecito permanente e si pone in perdurante contrasto con le leggi amministrative sino a quando non viene ripristinato lo stato dei luoghi, per cui la disciplina sanzionatoria non può che essere quella vigente al tempo della sua applicazione e non all'atto della commissione della violazione (4): la natura continuativa della trasgressione è collegata all'omissione della spontanea demolizione, da effettuare per adeguare lo stato di fatto a quello di diritto, per cui non si punisce una condotta commissiva ma si statuisce l'eliminazione di manufatti ancora esistenti nonostante la sussistenza dell'obbligo di demolirli.
D'altronde, la pretesa sanzionatoria nasce all'atto della contestazione dell'abuso e non in quello della sua materiale realizzazione, ed è nel momento della contestazione (anche rinnovata) che l'illecito va qualificato come tale e con riguardo alle norme vigenti, così come devono essere riferite al momento dell'intervento repressivo le valutazioni che l'amministrazione è tenuta ad effettuare in funzione della scelta del tipo di sanzione. Né è esatto sostenere che tale impostazione si pone in contrasto con il divieto di retroattività delle norme sanzionatorie, perché alle misure repressive va attribuito un carattere amministrativo e non penale -circostanza che fa escludere l'applicabilità del principio costituzionale di irretroattività (art. 25, Cost. (5)- ma più in generale, posto che la sanzione si giustifica con l'attualità dell'abuso, non ha senso parlare di retroattività dell'esercizio del potere sanzionatorio ma, al contrario, della coerente applicazione, ad una condotta illecita permanente, delle norme vigenti all'atto dell'accertamento della violazione.
Se si ripudiasse questo principio per affermare che chi viola le norme edilizie ha il diritto di contare sulla certezza del trattamento sanzionatorio, nella forma della sua immutabilità nel tempo, ne discenderebbe una sorta di "ultrattività" delle norme repressive per cui -nel caso di successione di leggi ed in qualunque tempo l'abuso venga scoperto- l'amministrazione sarebbe tenuta comunque ad applicare le preesistenti sanzioni, ancorché riferite a norme medio tempore sostituite o abrogate.
(3) TAR Toscana, sez. III, 23-01-2008 n. 37.
(4) Cons. Stato, sez. V, 24-03-1998 n. 345; TAR Veneto, sez. II, 21-12-2001 n. 3052.
(5) TAR Campania Napoli, sez. IV, 14-02-2005 n. 1020
(TAR Lombardia-Brescia, sentenza 04.05.2009 n. 891 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Verbale di sopralluogo UTC in merito ad abusi edilizi.
Il verbale di sopralluogo con cui i tecnici comunali accertano l’avvenuta commissione di abusi edilizi è atto dotato di fede privilegiata e, come tale, fa prova fino a querela di falso dei fatti attestati, con la sola eccezione delle valutazioni soggettive che, per condurre in via unicamente deduttiva a date conclusioni, non presentano le caratteristiche di rilevamenti obiettivi (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 28.04.2009 n. 161 - link a www.lexambiente.it).

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE

EDILIZIA PRIVATAConcessione - Contributo - Determinazione - Ha natura di prestazione patrimoniale imposta prescindendo totalmente dall'esistenza o meno delle singole opere di urbanizzazione - Ha natura di contributo paratributario Ratio.
Il contributo concessorio, commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale, in quanto prescinde totalmente dall'esistenza o meno delle singole opere di urbanizzazione; ed ha natura di prestazione patrimoniale imposta, in quanto è determinato senza tener conto dell'utilità che riceve il beneficiario del provvedimento di concessione, né delle spese effettivamente necessarie per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla concessione assentita (4).
Si tratta infatti di un contributo paratributario, ossia di un corrispettivo di diritto pubblico dovuto dal beneficiario della concessione edilizia, a titolo di partecipazione -in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae- ai costi delle opere di urbanizzazione sostenuti dal Comune per realizzare il generale assetto urbanistico del territorio comunale (5).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è dovuto nella misura determinata ex lege a prescindere dalla completezza dello stato di urbanizzazione e dalla effettiva disponibilità dei (di tutti i) servizi, primari e secondari, nella zona in cui deve essere realizzata la nuova costruzione; per altro verso, che, laddove vi sia carenza o insufficienza di urbanizzazione, le opere necessarie ben possono essere poste o rimanere a carico del privato, salva la possibilità di uno "scomputo" con le modalità ed alle condizioni previste dalla legge.
In altri termini, il privato che costruisce non ha titolo a pretendere dal Comune il rimborso delle spese effettivamente sostenute per ovviare ad eventuali carenze delle opere di urbanizzazione, se non quando ciò sia stato concordato col Comune, a titolo di "scomputo" o sotto altra forma, in sede di rilascio della concessione edilizia  (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a http://mondolegale.it).
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(4) Cons. Stato, sez. V, 21-4-2006 n. 2258.
(5) Cons. Stato, sez. II, 21-11-2007 n. 11073; Cons. Stato, sez. II, n. 10060/2004.

EDILIZIA PRIVATAConcessione - Contributo - Pagamento - Fallimento della richiedente - "Onere ecologico" - Natura - Va fatto valere quale credito del fallimento e non già dell'intera massa fallimentare - Fattispecie.
L'"onere ecologico" pur avendo natura di prestazione patrimoniale imposta, analogamente rispetto agli oneri di urbanizzazione, va fatto valere quale credito del fallimento e non già dell'intera massa fallimentare e ciò nel rispetto generale del principio di "par condicio creditorum".
Nel caso di specie la ricorrente ha impugnato il provvedimento del Settore Interventi Urbanistici Sportello Unico Edilizia e imprese con il quale è stato ingiunto al Fallimento -della ricorrente- il pagamento del contributo pari all'incidenza delle opere necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. Che questa sia l'interpretazione corretta si evince anche dal fatto che l'art. 2752, Cod. Civ., nel prevedere il privilegio dei crediti dello Stato e subordinatamente degli Enti locali (III comma) sui beni mobili del debitore, ha altresì specificato che deve trattarsi di imposte, tasse e tributi dei Comuni previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni.
La Corte di Cassazione ha interpretato restrittivamente tale disposizione, ritenendo che ove fosse consentito ampliare il novero del privilegio dei crediti per le imposte, tasse e tributi di Comuni e Province si dovrebbe altrimenti ritenere inutile la precisazione, contenuta nella stessa disposizione, che accorda il detto privilegio anche ai crediti previsti "dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni", specificazione non necessaria ove il riferimento alla legge per la finanza locale avesse dovuto intendersi relativo a qualsiasi legge istitutiva d'imposta, tassa e tributo dei comuni e delle province (1).
Ed ancora: "la circostanza che il legislatore, nell'art. 2752 co. 3, Cod. Civ., (che elenca le tasse e i tributi locati aventi valore di crediti privilegiati), abbia fatto riferimento ad una specifica imposta comunale (imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni) esclude che il richiamo alla legge per la Finanza locale possa di per sé valere ad estendere il privilegio ad imposte, tasse o tributi dei Comuni e delle Province diverse da quella ivi specificata" (Cassazione Civile citata) (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 11.05.2009 n. 186 - link a http://mondolegale.it).
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(1) Cass. Civ., sez. V, 29-03-2006 n. 7309.

EDILIZIA PRIVATA: Costo di costruzione: opera non realizzata, ripristino e restituzione del contributo.
Il pagamento del contributo del costo di costruzione è sempre connesso, dalle norme che lo prevedono o lo menzionano, alla costruzione di un manufatto edilizio, ovvero alla realizzazione di un intervento di trasformazione su manufatti già esistenti, cosicché pur sempre l’obbligo appare connesso ad una costruzione o qualcosa a ciò assimilabile.
Se non si può escludere, in linea puramente teorica, che il Comune restituisca l’intero contributo versato ed intraprenda un’azione di danno nei confronti del responsabile (ex titolare della concessione edilizia decaduta o comunque non utilizzata), è indubbio che una simile strada si porrebbe in contrasto, da un lato, con il principio di ragionevolezza (e, forse con il criterio di efficacia dell’azione amministrativa), dall’altro con un generale criterio di economia dei mezzi.
Ove si mantenga la pretesa nei limiti della legittimità, invero, sembrerebbe molto più ragionevole:
a) provvedere ad una restituzione solo parziale, diffalcando dall’importo ricevuto una somma ritenuta adeguata e proporzionata all’entità dei lavori necessari per il ripristino dei luoghi e la ricomposizione ambientale da effettuare con materiale analogo a quello estratto, dopo avere sentito gli interessati sul punto;
b) subordinare la restituzione per intero alla realizzazione di lavori di ripristino, con le stesse modalità
(TAR Veneto, Sez. I, sentenza 21.12.2005 n. 4358 - link a www.altalex.com).

dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATA: 1. Dichiarazione inizio attività - Realizzazione di impianti di energia rinnovabile - Ratio.
2. Dichiarazione inizio attività - Asseverazione del tecnico-progettista - Ex art. 23, co. 1, D.P.R. n. 380/2001 - Funzione.
3. Dichiarazione inizio attività - Qualificazione - Relazione asseverata ex art. 23, co. 1, D.P.R. n. 380/2001 - Ratio.
4. Dichiarazione inizio attività - Ex art. 23, D.P.R. n. 380/2001 - Funzione - Peculiarità.
5. Dichiarazione inizio attività - Relazione del progettista abilitato ex art. 23, co. 1, D.P.R. n. 380/2001 - Condizione necessaria ala realizzazione della denuncia di inizio attività - Falsa attestazione - Conseguenze.
6. Dichiarazione inizio attività - Richiesta istruttoria - In caso di omissione della relazione del progettista abilitato - Conseguenze - Effetti inibitori - Termine - Decorrenza.

1. Nell'ampio contesto di liberalizzazione, la D.I.A. nasce dall'esigenza di introdurre forme di semplificazione per gli interventi c.d. minori, ossia per quelle opere aventi un minore impatto urbanistico-edilizio. In questa direzione si colloca la "responsabilizzazione" del privato attraverso l'assunzione di maggiori attribuzioni nell'accertamento della conformità dell'opera ai parametri urbanistici vigenti.
In particolare, con la D.I.A. si legittima l'esercizio di talune attività economiche (tra cui quella diretta alla realizzazione di impianti di energia rinnovabile, i quali godono di un certo favor legislativo anche per i benefici che gli stessi apportano in termini di tutela dell'ambiente e della salute per i cittadini) sulla base di una semplice dichiarazione del privato, con ciò abolendo la necessità dell'intervento preventivo della pubblica autorità.
2. La asseverazione del tecnico-progettista prevista dall'art. 23 co. 1, D.P.R. n. 380/2001, costituisce condizione essenziale di efficacia della denuncia di inizio attività, ossia elemento fondamentale ed imprescindibile del procedimento. Essa svolge in particolare funzione eminentemente certificativa -rafforzata anche da specifiche previsioni sanzionatorie- nella parte in cui il tecnico abilitato attesta la regolarità dell'intervento da realizzare in relazione all'intera disciplina dell'attività edilizia (1).
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(1) Cass. Pen., sez. III, 6-4-1995
3. La D.I.A. va qualificata come fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona solo in presenza di alcuni elementi costitutivi, tra i quali sono da annoverarsi l'atto del privato (unitamente alla asseverazione del progettista), il decorso di un determinato lasso di tempo (30 gg.), oltre alla sussistenza dei presupposti sostanziali di operatività dell'istituto (ossia la conformità dell'intervento alle prescrizioni di piano).
In detto contesto, la relazione asseverata di cui all'art. 23 co. 1, D.P.R. n. 380/2001, assume un'importanza fondamentale in quanto rappresenta in concreto l'atto in base al quale avrà luogo l'attività di verifica in ordine alla conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici.
4. L'istituto della D.I.A. comporta una inversione della tradizionale sequenza procedimentale, poiché la dichiarazione del privato, corredata dalla relazione tecnica attestante l'esistenza dei requisiti stabiliti dalla legge, precede e, salvo provvedimento inibitorio, prescinde dall'atto amministrativo che tradizionalmente, invece, ed almeno in via di regola, deve autorizzare l'attività edilizia dei privati, così come accade per il permesso di costruire.
Nel caso della D.I.A., il ruolo giocato dalla p.A. muta radicalmente rispetto ai procedimenti permissivi: mentre in questi ultimi il provvedimento amministrativo è di tipo autorizzatorio e, quindi, precede l'inizio dei lavori, nella procedura semplificata, invece, la p.A. non adotta un formale atto di consenso, ma interviene solo in termini inibitori qualora accerti l'assenza dei presupposti legislativamente richiesti. Da tale inversione procedurale discendono indubbi vantaggi in termini di accelerazione e di semplificazione dei procedimenti, anche in vista del raggiungimento degli obiettivi di liberalizzazione di quel determinato settore economico (2).
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(2) Puntualizza il Tribunale, che tuttavia per garantire l'ottenimento di tali vantaggi è quanto mai necessario che ciascuno degli attori del processo (privato e amministrazione) rispetti il ruolo che l'ordinamento gli attribuisce, pena la vanificazione dell'obiettivo legislativamente fissato. In altre parole, qualora si acceda alla tesi secondo la quale, ai fini dell'utile decorso del termine, non è strettamente necessario allegare alla dichiarazione del privato anche l'asseverazione del tecnico abilitato (la quale potrebbe essere allegata in ogni momento su richiesta del responsabile del procedimento, senza che tale richiesta istruttoria possa in qualche modo interrompere l'utile decorso del termine di 30 gg.), si rischierebbe di alterare il predetto rapporto di inversione, ossia di ritornare agli schemi classici secondo cui il privato chiede e la p.A. valuta la legittimità della pretesa, il che non sarebbe coerente con la ratio che ispira il modello di semplificazione della D.I.A..
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5. Dal punto di vista strettamente procedurale, la relazione asseverata costituisce una condizione necessaria alla realizzazione della fattispecie complessa a formazione progressiva della denuncia di inizio attività, posto che funge da parametro nelle operazioni di verifica della p.A., la quale deve controllare il rispetto dei vincoli urbanistici sulla base della descrizione dell'intervento edilizio risultante dalla relazione.
Proprio per questa ragione il progettista abilitato, nel dichiarare la sostanziale conformità alle normative urbanistico-edilizie delle opere oggetto di D.I.A., compie un servizio di pubblica necessità: dunque, in caso di falsa attestazione, accertata dalla p.A. in fase di controllo, può essere denunziato all'autorità giudiziaria e segnalato all'ordine di appartenenza, così da essere soggetto sia alle sanzioni previste dagli artt. 359 e 481, Cod. Pen. sia a quelle del proprio ordine professionale (3).
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(3) Il Tribunale, ritiene che non debba essere trascurato il fatto che il co. 5 dell'art. 23, T.U.E.L. specifica altresì che la sussistenza del titolo edilizio formatosi con la D.I.A. viene dimostrata grazie alla copia della denuncia di inizio attività da cui deve risultare la data di ricevimento della D.I.A. ed a cui va aggiunto l'elenco della documentazione allegata alla denunzia e, in primo luogo, la relazione asseverata del progettista abilitato. Ciò che assicura una efficacia probatoria, del tutto analoga a quella offerta dal permesso di costruire formalmente rilasciato dalla p.A., sia sul piano della vigilanza edilizia, sia su quello dei rapporti tra privati (si pensi alla compravendita di immobili edificati o ristrutturati in base a D.I.A.). Art. 29, Testo Unico Edilizia.
6. Nell'ambito del procedimento di dichiarazione di inizio attività, l'eventuale intervento del responsabile, diretto a richiedere l'integrazione della pratica attraverso la asseverazione del progettista qualora questa sia stata omessa, non può che avere effetti sostanzialmente inibitori, dal momento che l'utile decorso del termine deve essere indissolubilmente legato alla presentazione di tutta la documentazione (e soprattutto attestazione) necessaria a porre gli uffici comunali nelle condizioni di poter esercitare in concreto il proprio potere di controllo di secondo grado.
Ciò in quanto senza asseverazione non è possibile attivare la successiva fase di verifica. Il suddetto intervento produce effetti interruttivi e non sospensivi del termine di 30 giorni; tale termine riprenderà poi a decorrere soltanto a seguito della nuova ed eventuale presentazione della D.I.A., se integrata con la prescritta asseverazione (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 07.05.2009 n. 1012 - link a http://mondolegale.it).

dossier ESPROPRIAZIONE

ESPROPRIAZIONE1. Procedimento - Avvio espropriazione - Approvazione del progetto - Mediante conferenza di servizi - Disciplina prevista dall'art. 11, co. 4, D.P.R. n. 327/2001 - Partecipazione al procedimento.
2. Procedimento - Avvio espropriazione - Modalità - Alternative alla comunicazione individuale - Procedimento rivolto a numerosi destinatari titolari di immobili in diversi Comuni.
3. Procedimento - Avvio espropriazione - Modalità - Alternative alla comunicazione individuale - Individuazioni dei nominativi dei proprietari e delle particelle catastali interessate - Necessità - Sussistenza - Deroga - Possibilità - Fattispecie - Individuazione.
4. Procedimento - Avvio espropriazione - Omissione - Efficacia invalidante - Se l'interessato dimostri l'incidenza della sua partecipazione sul provvedimento finale.
5. Procedimento - Avvio espropriazione - Modalità - Alternative alla comunicazione individuale - Pubblicazione dell'avviso su un solo quotidiano - Condizione - Diffusione non solo nazionale ma anche locale.

1. Nel caso di Conferenze di servizi in materia di lavori pubblici, l'art. 11 co. 4, D.P.R. n. 327/2001 richiama, quali modalità della pubblicità, le forme previste dal D.P.R. n. 554/1999 il cui art. 9 a sua volta, prevede una pubblicità da effettuarsi "all'Albo pretorio del Comune ovvero, nel caso di amministrazione aggiudicatrici diverse dal comune, utilizzando forme equivalenti di pubblicità".
2. Nel caso di procedure di espropriazione per p.u., il ricorso alle forme di pubblicità alternative alla comunicazione individuale di avvio del procedimento trova giustificazione nella circostanza derivante dal coinvolgimento nella procedura esecutiva di un rilevante numero di destinatari e di un'apprensione coattiva di immobili siti in diversi comuni.
3. Anche se in linea generale lo strumento pubblicitario quale forma alternativa alla comunicazione individuale, per essere idoneo allo scopo, deve menzionare partitamente tutte le particelle catastali interessate dal progetto di opera pubblica e i relativi intestatari (ché solo in tale modo i soggetti coinvolti sono messi in condizione di conoscere che i propri terreni sono interessati da una procedura ablatoria e di poter prendere parte in tempo utile al procedimento), deve ritenersi che, nel caso di ampliamento di una strada preesistente con localizzazione dei lavori di un'opera pubblica già individuata a livello legislativo nonché a livello di pianificazione comunale con l'applicazione della specifica disciplina sulle garanzie partecipative all'interno dei relativi procedimenti, sia sufficiente un avviso privo dell'indicazione nominativa dei proprietari catastali e delle particelle interessate pubblicato su di un quotidiano a diffusione nazionale ed affisso agli Albi pretori dei Comuni interessati, dato che tale avviso consente, sia pure per relationem, di individuare i destinatari finali del procedimento espropriativo.
4. Anche in materia espropriativa, l'omesso invio al privato proprietario della comunicazione di avvio del procedimento per la dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia invalidante solo allorché il medesimo abbia assolto all'onere di dimostrare che, se avesse avuto la possibilità di partecipare al procedimento, avrebbe potuto incidere sul contenuto del provvedimento finale.
5. Ai sensi dell'art. 11, D.P.R. n. 327/2001 (il quale prescrive che l'avviso di inizio del procedimento espropriativo riguardante un alto numero di soggetti interessati, è pubblicato "su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale"), deve ritenersi idoneo un avviso pubblicato su un solo quotidiano purché la diffusione di questo sia estesa (oltre che in campo nazionale, anche) in ambito locale (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 14.04.2009 n. 3789 - link a http://mondolegale.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Falso (planimetrie ed elaborati grafici).
L’idoneità offensiva della condotta di falso deve essere valutata, ai fini della eventuale sussistenza dì un falso “innocuo”, con riguardo alle circostanze del caso concreto e con criterio “ex ante”, a nulla rilevando che dalla condotta non sia scaturito un effettivo inganno della Pubblica Amministrazione. Siffatto accertamento, in tema di falso ideologico, va riferito al significato ed al valore dell’atto di cui si controverte, e non alla verifica degli effetti che a quell’azione conseguono, in quanto successivi e comunque estranei agli clementi costitutivi della fattispecie.
Le planimetrie e gli elaborati grafici, presentati a corredo di una richiesta di autorizzazione e redatte dall’esercente una professione necessitante di una speciale abilitazione dello Stato, hanno natura di “certificato”, poiché assolvono alla funzione di dare all’autorità competente una esatta rappresentazione della realtà e, quindi, di provare la verità di quanto in essi affermato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.06.2009 n. 23474 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Nozione di reflui industriali.
Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e di prestazioni di servizi.
Alla luce di tale principio deve escludersi la qualifica di acque reflue domestiche a quelle derivanti dalla lavorazione delle macchine agricole ed industriali (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.06.2009 n. 23464 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità del direttore lavori.
Il direttore dei lavori è penalmente responsabile per l’attività edificatoria non conforme alle prescrizioni della concessione edilizia. L’art. 6, 2° comma, della legge n. 47/1985 ed attualmente l’art. 29, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 esonerano lo stesso professionista da tale responsabilità qualora egli:
-abbia contestato al titolare del permesso di costruire, al committente ed al costruttore la violazione delle prescrizioni del provvedimento amministrativo;
-abbia fornito contemporaneamente all’Amministrazione comunale motivata comunicazione della violazione stessa.
-e, nelle ipotesi di totale difformità o di variazione essenziale, abbia altresì rinunziato contestualmente all’ incarico.
Il recesso tempestivo dalla direzione dei lavori, in ogni caso, deve ritenersi pienamente scriminante per il professionista e la “tempestività” ricorre quando il recesso intervenga non appena l’illecito edilizio obiettivamente si profili, ovvero appena il direttore dei lavori abbia avuto conoscenza che le corrette direttive da lui impartite siano state disattese o violate. Il direttore dei lavori è responsabile, invece, nei casi di irregolare vigilanza sull’esecuzione delle opere edilizie, avendo egli l’obbligo di sovrintendere con necessaria continuità a quelle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.06.2009 n. 23198 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Depositi merci e materiali.
Per le opere di trasformazione fondiaria non è normalmente richiesto alcun titolo edilizio abilitativo; il provvedimento concessorio è invece necessario allorché la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti e livellamenti finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, in essi compresa la realizzazione di depositi di merci e di materiali che comportino la trasformazione in via permanente del suolo inedificato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.06.2009 n. 23197 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Trasporto illecito ed arresto in flagranza.
Fattispecie relativa ad arresto in flagranza (ai sensi della normativa emergenziale per la Campania) del conducente di un’auto che trasportava una vasca da bagno sul tetto della macchina, ed all’interno del vano portabagagli tre batterie in pessimo stato d’uso, una lavatrice, pneumatici ed altri elettrodomestici fuori uso, nonché rottami metallici per complessivi kg. 390 (Tribunale di Napoli, Sez. penale, sentenza 01.06.2009 - link a www.lexambiente.it).

PUBBLICO IMPIEGO: 1. Concorso pubblico - Commissione - Composizione - Cause di incompatibilità - Insussistenza - Casi - Ragioni.
2. Concorso pubblico - Commissione - Composizione - Cause di incompatibilità - Sussistenza - Casi - Ragioni.
3. Concorso pubblico - Bando - Impugnazione - Criteri di valutazione - Conseguenze - Ragioni.

1. La semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato, implicanti le conseguenti manifestazioni di giudizio, non sono idonee ad integrare gli estremi delle cause di incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell'art. 51, Cod. Proc. Civ. (Cfr. in materia ad es., Cons. Stato, sez. VI, 26-01-2009 n. 354). Non costituisce pertanto, ipotesi d'incompatibilità alle funzioni di componente di una commissione di concorso per professore universitario, né la conoscenza personale del candidato né la collaborazione nei rapporti accademici; per cui la sussistenza di rapporti di collaborazione meramente intellettuale, cui siano estranei interessi patrimoniali, non appare elemento tale da inficiare in maniera giuridicamente apprezzabile il principio di imparzialità dei commissari.
2. Rapporti professionali ed interessi economici comuni tra il componente della Commissione di gara ed un concorrente integrano posizioni di incompatibilità anche se non formalizzati né stabili o continuativi, purché in concreto esistenti e rilevanti, e ciò per ragioni di logica e di rispetto del principio costituzionale di imparzialità dell'azione amministrativa, che garantisce il corretto esercizio di poteri pubblici in ogni loro forma di esercizio e non può subire limitazioni in forza di elementi estranei quali la natura e la stabilità dei rapporti tra il soggetto chiamato ad esercitare funzioni pubbliche ed il destinatario dell'azione amministrativa posta in essere con il suo concorso (Cfr. ad es., Consiglio Stato, sez. V, 16-06-2005 n. 3164).
3. Ove il ricorso avverso gli atti relativi ad un concorso a pubblico impiego censuri non già solo i punteggi attribuiti a singoli aspiranti ma i criteri di valutazione, e non essendo, di conseguenza, prevedibili il contenuto e le conseguenze delle determinazioni della p.A. a seguito della sentenza che annulli i criteri censurati, non può farsi ricorso alla c.d. prova di resistenza per valutare l'interesse a ricorrere (Cfr. ad es., Cons. Stato, sez. V, 23-03-1985 n. 170; TAR Lazio Roma, sez. III, 31-01-2004 n. 917) (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 29.05.2009 n. 1249 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Segretezza - Rispetto - Sussistenza - Casi - Ragioni.
Il procedimento di gara e la sottesa istruttoria devono essere ispirati a parametri di razionalità tecnica e che gli adempimenti e le formalità richieste ai concorrenti devono risultare adeguati anche in riferimento alla tipologia di scelta del contraente per la quale l'Amministrazione ha optato. L'imposizione ai partecipanti di oneri e formalismi non necessari, a pena di esclusione, contrasta con il principio di ragionevolezza allorquando tali prescrizioni non comportano alcun effettivo vantaggio per l'Amministrazione(Nel caso all'attenzione del collegio, la natura informale della gara e le modalità con le quali doveva essere celebrata, hanno fatto sì che il TAR ritenesse esclusa qualsiasi possibilità di manomissione del plico interno, contenente l'offerta, che era debitamente sigillato con ceralacca e controfirmato, ma non recava la ceralacca sui lembi preincollati dal fabbricante; cfr. Cons. Stato, sez. V, 18-03-2004 n. 1411) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 29.05.2009 n. 809 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Concessione - Zone vincolate - Vincolo paesistico - Silenzio-assenso - Condizioni necessarie - Difetto - Conseguenze - Ragioni.
2. Abusi - Condono - Diniego - Impugnazione - Sindacato giurisdizionale - Limiti e condizioni - Conseguenze.
1.
In una zona interessata da vincolo paesaggistico, la formazione del provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria, previsto dall'art. 35, co. 18, L. n. 47/1985, postula indefettibilmente la previa acquisizione del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sulla compatibilità ambientale della costruzione senza titolo. Ne consegue che, se al momento dell'esame della domanda di sanatoria non risulta acquisito il (necessario) parere favorevole sulla conformità dell'intervento alla disciplina paesaggistica, la formazione del silenzio-assenso è preclusa (Così Cons. Stato, sez. IV, 30-06-2005 n. 3542).
2. In materia di dinieghi di condono, le specifiche caratteristiche dei manufatti, nel concreto spazio in cui insistono, possono consentire al giudice, cui sia offerto un adeguato supporto probatorio, di intendere ed eventualmente approvare (sempre, naturalmente, nei limiti del sindacato di legittimità) le ragioni del diniego stesso, per quanto solo compendiate nel provvedimento; in tal senso va letto il principio per cui l'obbligo di motivazione, ex art. 3, L. n. 241/1990, può essere assolto in forma sintetica, laddove le ragioni della determinazione amministrativa risultino dal contesto evidenti (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 1624 - TAR Veneto, Sez. II, 24-01-2009 n. 151) (link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Sul principio di proporzionalità ed adeguatezza dei requisiti di partecipazione richiesti nei bandi di gara dalle stazioni appaltanti.
Sulla dimostrazione della capacità tecnica dei concorrenti ex art. 42 del d.lgs. n. 163/2006.

La facoltà delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara requisiti di partecipazione e di qualificazione ulteriori rispetto a quelli espressamente stabiliti dalla legge trova un limite nel principio di proporzionalità e ragionevolezza, nonché nel divieto di inutile aggravamento del procedimento di cui all'art. 1, c. 2, l. n. 241 del 1990. Pertanto, la previsione dei requisiti di ammissione alle procedure di evidenza pubblica -rientrante nella sfera di discrezionalità dell'amministrazione- oltre a rispettare i principi di proporzionalità ed adeguatezza alla tipologia ed oggetto della prestazione per la quale è stata indetta la gara, non deve tradursi in un'indebita limitazione dell'accesso delle imprese interessate presenti sul mercato.
Ai sensi dell'art. 42 d.lg. n. 163 del 2006, l'elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni costituisce il primo (c. 1, lett. a) ma non certo il solo elemento in base al quale è possibile fornire la dimostrazione della capacità tecnica dei concorrenti; pertanto, appare manifestamente irragionevole e viziato in termini di violazione del principio di proporzionalità porre un elevato ed insuperabile parametro quantitativo relativo a tale elemento, senza consentire di dimostrare altrimenti il possesso di capacità proporzionate al servizio da affidare, sia attraverso il riferimento agli altri elementi di cui alla norma richiamata, sia attraverso la valutazione dello svolgimento di più servizi nell'ultimo triennio e non di uno solo (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 1238 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Deve essere escluso dalla gara il concorrente privo del requisito della regolarità contributiva solamente se la medesima regolarità sia stata definitivamente accertata e si tratti di una violazione grave.
La regolarità contributiva è requisito indispensabile non solo per la stipulazione del contratto, ma anche per la stessa partecipazione alla gara, per cui l'impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura, essendo tale requisito indice rivelatore della correttezza dell'impresa nei rapporti con le proprie maestranze.
A seguito dell'entrata in vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva dettata dagli artt. 2 del DL n. 210/2002 e 3, VIII c., lett. b-bis) del d.lgs. n. 494/1996, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma degli enti previdenziali, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta dall'art. 38, lett. i), del DLgs n. 163/2006 sono esclusi dalla partecipazione alla gara quei soggetti "che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti". La formulazione della suddetta disposizione impone che il provvedimento di esclusione dalla gara per irregolarità contributiva sia congruamente motivato dall'Amministrazione procedente con riguardo alla sussistenza delle condizioni di gravità e definitività della violazione. Nel caso di specie, non ricorre, la causa di esclusione prevista dal citato art. 38 in quanto non si tratta di violazione grave, né di violazione definitivamente accertata (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26.05.2009 n. 1601 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione - Per relationem - Disponibilità del provvedimento cui si rinvia - Applicazione art. 3, L. n. 241/1990 - Disciplina.
Ove la motivazione di un provvedimento amministrativo faccia riferimento ad uno specifico documento cui si rinvia, è irrilevante che tale documento non risulti materialmente allegato al provvedimento stesso, essendo sufficiente che esso sia reso disponibile. Il concetto di disponibilità di cui all'art. 3, L. n. 241/1990 non comporta che l'atto amministrativo richiamato per relationem debba essere unito al provvedimento che lo evoca, bensì che l'atto sia reso disponibile a norma della stessa legge, vale a dire che esso possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi (TAR Lazio-Roma, sez. I, 09-07-2008 n. 6498) (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 21.05.2009 n. 348 - link a http://mondolegale.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ambiente in genere. Accesso agli atti.
In materia di accesso ambientale non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale per costituire in capo all'amministrazione l'obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall'istanza, ad elaborarle ed a comunicarle al richiedente (TAR Calabria-Reggio Calabria, Sez. I, sentenza 20.05.2009 343 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAORDINANZE SINDACALI A TUTELA DELLA QUIETE PUBBLICA.
1.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico - Misure di prevenzione - Adozione ordinanza contingibile ed urgente - Esercizi aperti al pubblico - Condizioni.
2.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico - Misure di prevenzione - Locali pubblici - Ambito di operatività - Fattispecie.
3.- Pubblica sicurezza - Ordine pubblico - Misure di prevenzione - Art. 54 co. 4, D.Lgs. n. 267/2000 - Formulazione - Generica - Poteri sindacali - Ampiezza - Sussiste.

1.- Gli schiamazzi notturni degli avventori di un pubblico esercizio possono senz'altro essere un elemento in base al quale il Sindaco adotta un'ordinanza di necessità, allorché il disagio provocato (e, genericamente, lo stato di degrado urbano che ne deriva) raggiungano un grado di intollerabilità oggettivamente accertato, tale da integrare un vero e proprio "stato di emergenza".
2.- Le prescrizioni imposte dall'autorità di pubblica sicurezza possono senz'altro esulare dal ristretto ambito dell'attività oggetto di autorizzazione, essendo quest'ultima unicamente l'occasione che rende (eventualmente) necessaria l'attivazione dei poteri dell'autorità, volti alla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. (Nella fattispecie per cui è causa, quindi, ben potevano le prescrizioni dell'autorità andare oltre l'ambito della "specifica attività di somministrazione di alimenti e bevande", gestita dalla società ricorrente ed oggetto dell'autorizzazione di polizia).
3.- La genericità della formulazione dell'art. 54 co. 4, D.Lgs. n. 267/2000 consente al Sindaco di adottare i provvedimenti più idonei al raggiungimento dello scopo voluto dalla norma, se del caso anche con la formulazione consistente e specifica che ha avuto il provvedimento per cui è causa (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 15.05.2009 n. 1420 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Atti di ritiro - Annullamento - Motivazione sul pubblico interesse - Non necessarietà - Casi - Ragioni - Art. 21-nonies, L. n. 241/1990 - Applicazione - Disciplina.
L'annullamento in autotutela di un atto amministrativo, da cui derivi un indebito rilevante esborso di pubblico denaro, con un ingiustificato vantaggio per il privato, non ha bisogno di una particolare motivazione sull'interesse pubblico, che è in re ipsa, ancorché sia trascorso del tempo, né in contrario dispone l'art. 21-nonies, L. n. 241/1990, che va inteso come regolante solo i casi in cui l'Amministrazione ha potestà discrezionale, o comunque ha qualche potere di disporre, non giustificandosi altrimenti la deroga al principio di legalità, di cui all'art. 97, Cost., con il tener in considerazione elementi estranei alle norme, cui è tenuta ad uniformarsi (TAR Friuli Venezia Giulia 07-07-2006 n. 475) (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 15.05.2009 n. 117 - link a http://mondolegale.it).

ATTI AMMINISTRATIVIMotivazione - Plurima - Carenza di una di esse - Illegittimità - Insussistenza - Casi.
Qualora più motivazioni sorreggano autonomamente un provvedimento amministrativo, il venir meno di una non determina l'illegittimità dell'atto se un'altra giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerlo (Cons. Stato, sez. V, 29-08-2006 n. 5039) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 04.05.2009 n. 1361 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1- Attività edilizia - Intervento - Abbaini abusivamente realizzati - Visibilità dell'opera - Punti di osservazione - Fattispecie.
2- Concessione - Zone vincolate - Vincolo paesistico - Normativa di riferimento - Opere non preventivamente assentite - Sanatoria - Va esclusa - Eccezioni.
4- Beni culturali ed ambientali - Vincolo - Paesaggistico - Nozione di "paesaggio" - Riferimenti normativi - Interpretazione - Caratteri fondamentali del concetto di paesaggio - Individuazione - Visione di insieme - Visione statica del paesaggio - Non va accolta - Ragioni di incongruenza con la esigenza di tutela del paesaggio - Fattispecie - Estensione della tutela al centro storico.

1- La percettibilità di un'opera non è esclusa dall'impossibilità di inquadrarla dal piano di calpestio stradale in quanto l'incidenza nel contesto può essere apprezzata da differenti punti di vista, come ad esempio dai piani superiori degli edifici frontistanti ancorché leggermente più bassi o latistanti. La non visibilità assoluta di un intervento quando questo riguardi una parte dell'edificio posizionata in una corte interna, come tale impercettibile da qualsiasi punto del centro abitato e, a fortiori, dai luoghi naturali specificati nel provvedimento impositivo di vincolo (1). Il Collegio ha in quel caso statuito che il compimento di opere non visibili dall'esterno di un edificio a corte preclude a priori ogni possibile lesione dei valori paesaggistici.
Diversamente dal caso allora esaminato, nella fattispecie la lettura della totalità degli abbaini da differenti punti di vista -anche non coincidenti con la tradizionale visuale dalla Piazza, dalla strada o dal marciapiede- impedisce di escludere la percettibilità dell'intervento, viceversa attestata dalla possibilità di cogliere l'impatto di tutti gli abbaini dai piani superiori.
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(1) TAR Lombardia Brescia, sez. I, 06-05-2008 n. 483.
2- La vigente normativa sull'autorizzazione paesistica risultante dal combinato disposto dell'art. 146, co. 12, e dell'art. 167, co. 4, D.Lgs. n. 42/2004 (2) è particolarmente severa, in quanto esclude la sanatoria ambientale per le opere non preventivamente assentite, con l'eccezione di alcune fattispecie marginali: la finalità della norma è di costituire un più solido deterrente contro gli abusi dei privati.
Il regime previgente, che affidava all'amministrazione la scelta tra la remissione in pristino e il pagamento di un risarcimento ambientale (da individuare nel maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito dal trasgressore), riconosceva un certo rilievo al fatto compiuto alterando i rapporti di forza tra la parte pubblica e quella privata a favore di quest'ultima. Il regime attuale invece fa prevalere l'interesse pubblico a un'utilizzazione controllata (e quindi preventivamente assentita) del territorio caratterizzato da valori o fragilità ambientali.
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(2) TAR Lombardia Brescia, sez. I, 19-03-2008 n. 317.
3- In armonia con la nozione di "paesaggio" di cui alla Convenzione europea per il paesaggio, sottoscritta a Firenze il 20.10.2000 e recepita nel nostro ordinamento con L. 09.01.2006 n. 14, l'individuazione dei beni paesaggistici, ed in particolare le cosiddette "bellezze d'insieme", richiede una lettura territoriale che colga tra gli elementi percepiti una trama di relazioni strutturata sulla base di un codice culturale che conferisce "valore estetico e tradizionale" all'insieme in cui si "compongono".
Essa enuclea i caratteri fondamentali del concetto di paesaggio: il contenuto percettivo, in quanto il paesaggio è comunque strettamente connesso con il dato visuale, con "l'aspetto" del territorio; la complessità dell'insieme, in quanto non è solo la pregevolezza intrinseca dei singoli componenti ad essere considerata, come avviene per le bellezze individue, ma il loro comporsi, il loro configurarsi che conferisce a quanto percepito una "forma" riconoscibile che caratterizza i paesaggi; il valore estetico-culturale, in quanto alla forma così individuata è attribuita una significatività, una capacità di evocare "valori estetici e tradizionali" rappresentativi dell'identità culturale di una comunità.
Alla luce di tali considerazioni, è evidente che non è ammissibile -in ossequio all'opposta visione statica del paesaggio- una selezione degli elementi che lo compongono finalizzata ad isolare quelli più significativi, rientranti nel fuoco della salvaguardia ambientale. Una tale impostazione manifesta un'incongruenza, ossia quella di una lettura che non contempla il territorio nel suo insieme ma "ritaglia" soltanto alcune bellezze, che vengono singolarmente ed autonomamente valorizzate (per esempio un Lago, la vegetazione collinare, etc.).
Nel caso specifico il Tribunale ritiene, in coerenza con quanto appena affermato che, l'estensione della tutela al Centro storico di Salò deve essere apprezzata proprio nell'ottica di una visione complessiva del valore paesaggistico tutelato, comprendente tutti gli elementi stratificatisi nel tempo, e quindi sia i componenti del sistema naturale sia il patrimonio creato dall'uomo che coinvolge anche gli insediamenti in concreto realizzati. L'"insieme" costituisce quindi oggetto di tutela, ed abbraccia anche gli interventi che incidono sull'impostazione tradizionale del tessuto urbano ed in particolare sui fabbricati civili, i quali con le loro caratteristiche tipiche si inseriscono e si collegano all'ambiente naturale poco distante: in definitiva non si tratta di privilegiare i profili architettonici delle opere ma di sottoporli ad una lettura che sappia cogliere la loro armonia con il contesto protetto (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 04.05.2009 n. 891 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Potere di annullamento ministeriale del n.o. paesaggistico.
Il potere di annullamento ministeriale di un nulla osta paesaggistico rilasciato per la realizzazione di un intervento edilizio in zona vincolata, pur non comportando un riesame complessivo delle valutazioni tecnico discrezionali compiute dall’ente territoriale competente, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una valutazione di merito del Ministero a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione, si estrinseca in un controllo di legittimità e si estende a tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso di potere, con la conseguente possibilità per il Ministero di espletare un puntuale e penetrante sindacato sull'esercizio delle funzioni amministrative connesse al potere autorizzatorio.
Con particolare riferimento all'esercizio del potere in esame ed alla relativa motivazione, in termini generali va però ribadito che è illegittimo il provvedimento ministeriale di annullamento di un nulla osta paesaggistico che rechi una motivazione generica e vaga, valevole per una serie indefinita di casi (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 29.04.2009 n. 360 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parametri edilizi.
Va condiviso l’orientamento interpretativo (ormai assolutamente prevalente in giurisprudenza) che ha richiamato con forza la necessità di applicare in maniera congiunta agli interventi di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati privi di strumentazione urbanistica i due parametri edilizi (densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, rapporto di copertura non superiore ad un decimo dell’area di proprietà) previsti dall’art. 9, 1° comma, lett. b), del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 23.04.2009 n. 766 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Autorizzazione ambientale.
L’autorizzazione ambientale non può limitarsi a valutare la conformità delle opere alla normativa urbanistica avendo per scopo quello (ulteriore) di valutare l’impatto delle modifiche sugli aspetti tutelati dal vincolo, impatto che, pur nell’ambito della tipologia ammessa, può essere diverso a seconda delle modalità costruttive, della collocazione, delle dimensioni, della possibilità di inserimento nel contesto ambientale (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 22.04.2009 n. 511 - link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Sindaco - Ordinanze contingibili e urgenti - Presupposti necessari - Insussistenza - Casi.
2. Efficacia - Lesività - Sussistenza - Condizioni - Conseguenze.
1.
Il potere del sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine ad una situazione di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché l'esistenza e l'indicazione nel provvedimento impugnato di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l'amministrazione non intervenga prontamente; pertanto, ai sensi degli artt. 50 e 54, D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, il collegamento con le esigenze di protezione dell'igiene e della salute pubblica costituisce presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere ordinatorio, ma non sufficiente, dove non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza e, quindi, pericolo per la pubblica incolumità (TAR Toscana Firenze, sez. II, 09-04-2004 n. 1006; TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 07-11-2008 n. 1484; TAR Puglia Bari, sez. I, 13-03-2008 n. 593; TAR Lazio Latina 20-11-2006 n. 1732).
2. L'atto del Comune di richiesta di integrazione documentale, con riferimento ad una domanda di autorizzazione edilizia del privato, rappresenta un mero atto interlocutorio, non avente alcuna lesività immediata e, quindi, non è autonomamente impugnabile (TAR Campania Napoli, sez. VI, 14-02-2005 n. 1046). L'eventuale lesione si ha soltanto con l'atto che definisce negativamente il procedimento, ove questo sia adottato sul presupposto della mancata o incompleta presentazione della documentazione richiesta. Con l'impugnazione di esso l'interessato potrà censurare l'eventuale inutilità o superfluità della documentazione reclamata in sede istruttoria dal Comune (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.04.2009 n. 537 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: 1. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Rinnovazione parziale - Derivante da pronuncia giurisdizionale - Limiti - Individuazione - Eccezione.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Rinnovazione parziale - Derivante da provvedimento giurisdizionale - Opportunità e fattibilità in concreto - Va valutata.
3. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - Criteri - Richiamo ai criteri di valutazione indicati dal bando - Insufficienza.
4. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Valutazioni della commissione - Nell'ambito della discrezionalità tecnica - Rientrano - Ragioni - Insindacabilità - Limiti.
5. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - Giudizio - Irripetibilità - Natura.
6. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - In sede di gara e in sede giudiziaria - Differenze - Conseguenze.
7. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Aggiudicazione - Annullamento - Reintegrazione in forma specifica - Spetta - Ipotesi.
8. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Contratto - Impugnazione - Successiva alla scadenza del termine per l'impugnazione degli atti di gara - Possibilità - Sussiste - Ipotesi - Giudice Amministrativo - Poteri.

9. Giurisdizione amministrativa - Appalto pubblico - Giurisdizione esclusiva - Sulla legittimità degli atti di gara e sulla spettanza del diritto a contrarre - Sussiste - Conseguenze - Declaratoria di caducazione del contratto - Possibilità.

1. Nel caso delle procedure ad evidenza pubblica, è certamente ostativo alla rinnovazione parziale della gara il fatto che il giudice abbia ritenuto fondato un motivo di ricorso teso a travolgere ab imis la procedura (illegittimità dei criteri di valutazione delle offerte; illegittima apposizione di una clausola impeditiva della partecipazione; etc.).
2. Qualora, come solitamente avviene, la pronuncia del giudice sull'annullamento di una procedura ad evidenza pubblica, intervenga in un momento in cui sono già note le offerte tecniche ed economiche (e non si tratti di appalto da aggiudicare con sistemi c.d. aritmetici), pur potendo ritenersi impossibile la rinnovazione parziale della gara, essendo ormai "inquinata" la serenità di giudizio della commissione chiamata a valutare le offerte (e ciò sia nel caso in cui essa operi nella medesima composizione originaria, sia nel caso in cui essa venga rinnovata nella composizione), l'opportunità e la fattibilità della rinnovazione parziale di una gara, a seguito di una pronuncia giurisdizionale che abbia dichiarato l'illegittimità della procedura, va valutata in concreto, non potendosi escludere in assoluto la legittimità di un siffatto modus operandi (2). In tali casi invero l'attività valutativa affidata alla commissione in sede di rinnovazione parziale è limitata dalla pronuncia del giudice, nel senso che la commissione deve tenere in considerazione i motivi di ricorso che l'organo giudicante ha ritenuto fondati; per altro verso ancora, il principio di segretezza delle offerte non è in assoluto inderogabile, dovendo essere coordinato con altri principi di pari rilevanza, quali, ad esempio, l'effettività della tutela giurisdizionale (effettività che verrebbe ad essere vanificata se l'interesse "diretto" ad ottenere l'appalto,interesse tutelato dal Giudice Amministrativo con l'accoglimento del ricorso, non potesse trovare soddisfazione per l'impedimento alla rinnovazione delle operazioni di gara costituito dalla intervenuta valutazione tecnica ed economica delle offerte). A ciò si aggiunga che, la possibilità di rinnovazione parziale delle operazioni di gara è subordinata alla condizione indefettibile, che il provvedimento terminale contenga una motivazione molto più ampia ed articolata rispetto all'ordinario (questo è ovviamente un dazio che la stazione appaltante deve pagare se vuole evitare la caducazione totale della gara, ed esso è giustificato proprio dalla circostanza che la valutazione riguarda offerte già note.
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(2) Cons. Stato, sez. VI, n. 6457/2004.
3. Nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica, ai fini della valutazione delle offerte, non è sufficiente il richiamo ai criteri di valutazione indicati dal bando. La commissione di gara deve, in sede di motivazione, dimostrare di avere correttamente applicato i criteri previsti dal bando, altrimenti il tutto si risolverebbe in un formale richiamo alla lex specialis.
4. Le valutazioni di una commissione di gara o di concorso rientrano nell'ambito della discrezionalità tecnica, visto che da un lato le commissioni di gara debbono quasi sempre esprimere giudizi di natura tecnica, dall'altro lato esse non possono discrezionalmente orientare l'esito di una gara (dovendo aggiudicare l'appalto all'impresa che ha ottenuto il maggior punteggio in applicazione dei criteri di valutazione previsti dal bando). Peraltro, il problema che sorge nelle procedure concorsuali attiene non tanto all'insindacabilità in assoluto delle valutazioni espresse dalla commissione, quanto alla soggettività ed alla irripetibilità dei giudizi (fermo restando che, in caso di errores in procedendo -errata applicazione dei criteri previsti dal bando- o di manifesta ingiustizia delle valutazioni, il giudice deve inesorabilmente annullare l'aggiudicazione o, al limite, correggere i punteggi) (3).
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(3) TAR Puglia Lecce n. 2286/2008.
5. Nelle procedure selettive, il giudizio della commissione è in qualche misura irripetibile, essendo condizionato, oltre che dai convincimenti individuali dei commissari (i quali non possono essere coartati da nessuno, fermi restando sempre i limiti di cui si è detto in precedenza), dal confronto fra i vari concorrenti e dal livello complessivo delle offerte. Nelle procedure selettive, cioè, il giudizio della Commissione è sempre relativo, dipendendo esso, oltre che dal valore assoluto delle singole offerte, anche dall'inevitabile paragone che deve essere fatto fra esse. Se, ad esempio, il livello qualitativo delle offerte è nel complesso molto alto, un'offerta che si discosta anche di poco dall'optimum rischia di essere penalizzata nel punteggio, il che però fa parte delle regole del gioco e non è di per sé contrario ad alcuna norma o principio.
6. La commissione di gara è tenuta a leggere per intero l'offerta tecnica (il che consente di valutarne il livello complessivo) e i singoli commissari possono anche utilizzare al riguardo le proprie conoscenze personali della materia (la c.d. scienza privata), in sede giudiziaria dell'offerta aggiudicataria vengono "selezionati" e portati all'esame del giudice solo i passaggi che adducono elementi a sostegno della tesi del ricorrente, in tal modo spezzando quella che è l'unitarietà dell'offerta. Al giudice, inoltre, è precluso il ricorso alla c.d. scienza privata, potendo la decisione fondarsi solo sul materiale probatorio regolarmente acquisito agli atti del giudizio (4).
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(4) TAR Puglia Lecce, sez. II, n. 3721/2004.
7. La reintegrazione in forma specifica equivale alla declaratoria di spettanza dell'aggiudicazione, che però il Giudice Amministrativo non potrebbe pronunciare se, nelle more del giudizio, è stato stipulato il contratto con un altro concorrente (che non ne aveva diritto a causa dell'illegittimità dell'aggiudicazione). Questo perché, ovviamente, fino a che rimane in vita il contratto, l'avente diritto non potrebbe subentrare nell'appalto, visto che la posizione dell'aggiudicatario illegittimo poggerebbe su un negozio giuridico valido ed efficace e che non ci possono essere contemporaneamente due soggetti chiamati ad eseguire lo stesso appalto (5).
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(5) Cass., SS.UU., ord. n. 27169/2007; Corte Costituzionale n. 204/2004; Corte Costituzionale n. 191/2006.
8. Fermo restando che il contratto stipulato a seguito di procedura ad evidenza pubblica può essere impugnato di fronte al giudice civile anche successivamente alla scadenza del termine decadenziale previsto per l'impugnazione degli atti di gara (configurandosi un'ipotesi di doppia tutela, non infrequente nel nostro ordinamento), sia deducendone la nullità o l'annullabilità in base ai canoni civilistici, sia deducendone la caducazione per vizi afferenti la fase dell'evidenza pubblica, se (e solo se) nell'ambito del giudizio impugnatorio promosso per contestare gli atti di gara viene proposta la domanda di reintegrazione in forma specifica, il Giudice Amministrativo, laddove ritenga accoglibile tale domanda, deve necessariamente pronunciarsi sul contratto stipulato nelle more (ciò anche in applicazione dell'art. 1421, Cod. Civ., atteso che il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità implica l'attribuzione al giudice del potere di percorrere le tappe necessarie per giungere alla pronuncia richiesta, nella specie la reintegrazione in forma specifica) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 23.03.2009 n. 492 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI1. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Revoca - Acquiescenza - Insussistenza - Casi - Ragioni
2. Atto amministrativo - Acquiescenza - Sussistenza - Condizioni - Conseguenze.
1.
In caso di revoca di una gara precedentemente bandita e di indizione di una nuova procedura, la presentazione di una domanda di partecipazione alla nuova gara riflette semplicemente l'interesse della ricorrente ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto oggetto della stessa, che, evidentemente, stante l'efficacia della determinazione di revoca della gara precedentemente bandita, può essere conseguita, allo stato, solo partecipando alla relativa procedura. La domanda di partecipazione alla nuova gara non è dunque in sé indice significativo della volontà di accettare gli effetti della revoca, in quanto la partecipazione alla nuova procedura è del tutto compatibile con la volontà di contestare la decisione di revocare quella precedente, atteso che solo partecipando alla nuova gara la società può ottenere l'aggiudicazione dell'appalto cui essa di riferisce.
2. L'acquiescenza, quale accettazione espressa o tacita del provvedimento lesivo determinante l'estinzione del diritto di azione, con conseguente inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento medesimo, si configura solo in presenza di una condotta da parte dell'avente titolo all'impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta ad accettare l'assetto di interessi definito dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di impugnazione sicché tutti i dati fattuali devono indicare senza incertezze, la presenza di una chiara intenzione definitiva di non contestare l'atto lesivo (C.d.S., sez. IV, 27.06.2008, n. 3255 C.d.S., sez. V, 28.12.2001, n. 6431) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 07.02.2009 n. 367 - link a http://mondolegale.it).

ATTI AMMINISTRATIVISindaco - Ordinanze contingibili e urgenti - Sgombero animali per ragioni di carattere urbanistico - Illegittimità - Sussiste.
Presupposto per l'adozione delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti ai sensi degli articoli 50, comma 5, e 54, comma 2, D.Lgs n. 267/2000 è la necessità di intervenire urgentemente, per eliminare uno stato di grave pericolo per l'igiene e/o la salute pubblica o per l'incolumità dei cittadini, da accertare preventivamente mediante idonea istruttoria, avente le caratteristiche di situazione eccezionale o imprevedibile, che va urgentemente affrontato con misure eccezionali di carattere provvisorio e che pertanto non può essere fronteggiato efficacemente con l'utilizzo degli ordinari mezzi previsti dall'ordinamento giuridico di carattere definitivo (nel caso di specie è stata ritenuta illegittima l'ordinanza sindacale di sgombero di animali in quanto non costituiva misura eccezionale di carattere provvisorio, bensì si configurava quale provvedimento di carattere definitivo, giustificato soltanto da ragioni di natura urbanistica) (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 05.08.2008 n. 40 - link a http://mondolegale.it).

AGGIORNAMENTO ALL'08.06.2009

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NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Approvata proposta di legge sul patrimonio edilizio e urbanistico.
Con deliberazione GR 03.06.2009 n. 9544 è stata approvata la proposta di progetto di legge "Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia" (link a www.territorio.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI: Norme su terre e rocce da scavo, consorzi stabili e conferenza di servizi nel collegato alla finanziaria approvato dal Senato.
Il Senato della Repubblica ha definitivamente approvato il 26 maggio scorso il DDL 1082-B recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile» e collegato alla Finanziaria 2009.
Conferenza di servizi.
Attività consultiva e valutazioni tecniche.
L'articolo 9 modifica l'articolo 14-ter della legge n. 241 del 1990, in materia di conferenza di servizi, consentendo la partecipazione alla conferenza di servizi, senza diritto di voto, di alcune categorie di soggetti interessati al progetto dedotto in conferenza (soggetti proponenti il progetto nonché concessionari e gestori di servizi pubblici qualora il progetto abbia effetti diretti o indiretti sulla loro attività).
L'articolo 8 modifica invece l'art. 16 della legge n. 241 del 1990, concernente l'acquisizione di pareri nell'ambito dell'istruttoria del procedimento amministrativo, al fine di contenere i tempi di conclusione della fase consultiva, e l'art. 25 della stessa legge, concernente le modalità di esercizio del diritto di accesso.
Ai sensi del comma 1 dell'art. 16 citato gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano invece richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso. La nuova stesura del comma 2 prevede ora che in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere, obbligatorio o facoltativo, o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’espressione del parere.
Resta peraltro fermo quanto previsto dal comma 4 dell'art. 127 del D. Leg.vo 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), contenente norme in merito alla validità delle adunanze e delle votazioni del Consiglio Superiore dei LL.PP.
Semplificazione dei piccoli appalti pubblici .
All'articolo 17 sono state introdotte norme di semplificazione per i piccoli appalti pubblici, con la finalità di fronteggiare la straordinaria situazione di crisi economica in atto e per incentivare l'accesso alle commesse pubbliche da parte delle piccole e medie imprese. L'intervento normativo apporta modifiche alla procedura di partecipazione alle gare dei consorzi stabili, incidendo sulla disciplina di cui agli artt. 36 e 37 del D. Leg.vo 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).
In particolare cade il divieto di partecipazione simultanea del consorzio stabile e dei consorziati alla medesima procedura, nelle ipotesi disciplinate dall'art. 36, comma 5, terzo periodo, e dall'art. 37, comma 7, terzo periodo.
Adozione di decreti correttivi in materia ambientale.
Caratteristiche delle terre e rocce da scavo.
L'articolo 12 reca una delega al Governo, da esercitare entro il 30.06.2010, in materia ambientale. Il comma 4 affida ai decreti legislativi, previsti dal comma 1 dell'articolo 12 stesso, la definizione delle caratteristiche chimiche, fisiche e geotecniche che debbono avere le terre e le rocce derivanti dagli scavi, affinché siano compatibili con i siti a cui sono destinate per interventi di miglioramento ambientale.
Si ricorda che ai sensi del comma 7-bis dell'articolo 186 del D. Leg.vo 152/2006 (Codice dell'ambiente), le terre e le rocce da scavo possono essere utilizzate, qualora ne abbiano le caratteristiche ambientali, per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi debbono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:
a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;
b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e la raccolta e regimentazione delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione paesaggistica (tratto da www.legislazionetecnica.it).

ENTI LOCALI: SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANI E FUNZIONI DEGLI ENTI LOCALI, SEMPLIFICAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE DELL’ORDINAMENTO E CARTA DELLE AUTONOMIE LOCALI (bozza del 15.05.2009).

EDILIZIA PRIVATA: Cessioni free di aree al Comune. Esclusione Iva con urbanizzazione. In mancanza, il trasferimento si considera effettuato a titolo oneroso nell’ambito di un’operazione permutativa.
Alla cessione di un lotto effettuata a favore di un Comune a scomputo degli oneri di urbanizzazione, non si applica l’esclusione dall’Iva prevista dall’articolo 51 della legge 342/2000 se sull’area non vengono realizzate opere di urbanizzazione. Tale cessione si considera effettuata a titolo oneroso nell’ambito di un’operazione permutativa e la base imponibile si determina secondo il valore normale del lotto (Agenzia delle Entrate, risoluzione 04.06.2009 n. 140/E - link a www.nuovofiscooggi.it).

PUBBLICO IMPIEGO: 05/06/2009 COMUNICATO ARAN: firmata l’ipotesi di CCNL per il personale del Comparto Regioni-Autonomie Locali, relativa al biennio economico 2008-2009 (link a www.aranagenzia.it).

CORTE DEI CONTI

EDILIZIA PRIVATA: Parere richiesto dal Comune di Nizza Monferrato, recante un quesito in merito all'applicazione di una norma del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) - l'art. 32, lett. g) - nel caso di una convenzione di lottizzazione perfezionata prima dell'entrata in vigore della norma medesima, ma il cui conseguente permesso di costruire sia posteriore, nonché al contenuto della convenzione medesima (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 03.06.2009 n. 22 - link a www.corteconti.it).
Il Comune chiede se la disposizione di cui all’art. 32, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163, che comporta -in particolare- la necessità di esperire anche per i lavori privati eseguiti a scomputo degli oo.uu. la procedura di evidenza pubblica senza eccezioni, sia applicabile nel caso in cui antecedentemente alla sua entrata in vigore sia stata perfezionata una convenzione di lottizzazione, ma non ancora rilasciato il conseguente permesso di costruire.
Come osservato dalla Sezione lombarda di questa Corte, che ha avuto modo di occuparsi di identica questione (parere del 26.11.2008 n. 95) lo scopo perseguito dal legislatore è di evitare che, attraverso l’assunzione in via diretta da parte dei privati titolari del permesso di costruire della realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio del permesso, venga eluso il principio dell’evidenza pubblica per l’esecuzione di opere pubbliche.
La norma in discorso costituisce adeguamento agli obblighi comunitari (l’art. 1 del citato D.Lgs. n. 152/2008, che ha sostituito l’art. 32, comma 1 lett. g) del D.Lgs n. 163/2006, è invero espressamente rubricato “Disposizioni di adeguamento comunitario”).
Come osservato dal Consiglio di Stato in sede di parere allo schema del D.Lgs. n. 152/2008 cit. (Sezione consultiva per gli atti normativi 14.07.2008 n. 2357), la modifica del ridetto articolo 32, comma 1, lettera g) è tesa a recepire le osservazioni della Commissione europea relativamente alla realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo. Secondo la Commissione, invero, la norma precedente risultava in contrasto con le regole di cui alla direttiva 2004/18/CE, laddove veniva conservato il diritto di prelazione in favore del promotore individuato unicamente nel titolare del permesso di costruire.
La descritta ratio consiglia un’interpretazione della norma che ne consenta la più ampia applicazione.
I lavori pubblici cui questa testualmente si riferisce sono quelli da realizzarsi da parte dei soggetti privati titolari di permesso di costruire. E’ dunque la titolarità di tale permesso presupposto per l’operare della norma in parola, mentre non v’è menzione, ne’ spazio per altre situazioni giuridiche soggettive, quali quelle derivanti dall’essere parte di una convenzione urbanistica.

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Calolziocorte (Lc) in ordine alla corresponsione degli incentivi per la progettazione ai sensi dell'art. 92, comma 5, del decreto legislativo 12.04.2006 n. 163, Codice degli appalti pubblici (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 13.05.2009 n. 210 - link a www.corteconti.it).
Come già messo in luce nel citato parere n.40/2009, dalla ricostruzione normativa testé operata si deduce che:
- la modifica dell’incentivo alla progettazione trova motivazione nell’azione di contenimento della spesa per la Pubblica Amministrazione ulteriormente rafforzata dalle misure disposte dal più volte citato art. 61 del decreto legge n. 122/2008;
- la percentuale del 2% dell’importo, posto a base di gara, prevista dal Codice dei Contratti pubblici, viene destinata per lo 0,5% ai compensi da erogarsi ai tecnici interni per le attività connesse all’esecuzione di contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture;
- la riduzione della percentuale va considerata come un’economia di spesa da rilevarsi già in sede di incarico al personale per cui, all’interno del quadro economico dell’opera, l’incentivazione deve essere prevista nella misura massima dello 0,5%;
- dalla lettura coordinata dei commi 8 e 17 dell’art. 61 in esame, si evince inoltre che la misura di contenimento della spesa pubblica, costituita dall’obbligo di versare in apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, non si applica agli enti territoriali per i quali la percentuale dell’1,5% confluisce nel proprio bilancio quale economia di spesa, spendibile in sede di applicazione di avanzo di amministrazione;
- la norma trova applicazione a decorrere dal 1 gennaio 2009 e dunque con riferimento alle attività poste in essere successivamente al 31 dicembre 2008, per cui è necessario che gli enti abbiano approvato entro l’anno i progetti esecutivi previsti nel piano annuale delle opere;
- alla luce delle nuove disposizioni infine gli enti è opportuno che rivedano, in sede di contrattazione decentrata, i criteri e le modalità di ripartizione della percentuale destinata all’incentivazione del personale tecnico e di procedere altresì ad una revisione del conseguente Regolamento di cui all’art. 92, comma 5, del citato Codice degli appalti.
La conclusione della Sezione circa la sussistenza, o meno, del regime di retroattività delle disposizioni contenute nell’art. 61 comma 8, della legge n. 113/2008 è stata che “
non vi sono disposizioni a carattere retroattivo relative alla riduzione dell’incentivo alla progettazione degli uffici tecnici interni ed una interpretazione in tal senso finirebbe per incidere su un diritto soggettivo vantato dai dipendenti degli stessi uffici, i quali hanno maturato il diritto al pagamento in busta paga dei corrispettivi previsti dalla normativa applicabile al momento in cui le prestazioni sono state svolte”. Pertanto la Sezione ha ritenuto che i compensi erogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, vadano assoggettati alla previgente disciplina, anche in considerazione che le relative risorse fanno carico a fondi costituiti secondo la legislazione vigente in data anteriore e che pertanto non sono compresi nel disposto legislativo.
Dalla conclusione sopra riportata si può dedurre la conseguenza che, al di là della costituzione dei fondi con il parametro del 2% nell’anno di approvazione del progetto, è indefettibile requisito per la liquidazione in tale misura, in data successiva all’entrata in vigore delle disposizioni che hanno ridotto la quota di incentivo a favore dei dipendenti, che da parte degli stessi vi sia stato un effettivo svolgimento delle prestazioni attinenti la realizzazione delle opere, in una data in cui l’incentivo era al 2%.
In tal modo sarà garantito il pagamento dei corrispettivi previsti dalla normativa applicabile al momento in cui le prestazioni sono state svolte, corrispondendo la quantità d’incentivo da versare al dipendente al regime previsto dalla normativa coeva alla prestazione lavorativa.
Conclusivamente, sarà onere dell’Ente distinguere tra i soggetti interessati a vario titolo (responsabile del procedimento, incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, loro collaboratori) nella realizzazione dell’opera, coloro che hanno effettuato una prestazione durante la vigenza della normativa che riconosceva l’incentivo al 2% e coloro che hanno prestato la propria opera nel periodo di vigenza dell’incentivo ridotto al 0,5%, per procedere in conseguenza alle rispettive liquidazioni, corrispondenti al regime d’incentivo vigente all’epoca dell’effettiva prestazione.

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Busto Garolfo (Mi) in ordine alla corresponsione degli incentivi per la progettazione ai sensi dell'art. 92, comma 5, del d.l.vo 12.04.2006 n. 163, Codice degli appalti pubblici (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 13.05.2009 n. 209 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Comune di Vignone, recante un quesito in materia d'incentivi alla progettazione (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 13.05.2009 n. 20 - link a www.corteconti.it).
Sono sorti dubbi interpretativi in merito all’ambito di efficacia temporale di questa disposizione riduttiva, rispetto a quanto originariamente previsto dall’art. 92, comma 5, del codice dei contratti pubblici, prima dell’introduzione delle norme sopra richiamate.
In considerazione delle diverse interpretazioni sostenute dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (circolari n. 36 del 23.12.2008 e n. 10 del 13.02.2009) e da una Sezione regionale di controllo della Corte (Sezione regionale di controllo per la Lombardia pareri n. 40 e n. 50 del 2009), la Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 23.04.2009, ha rilasciato il parere n. 7, di cui si riportano le conclusioni, condivise da questo collegio, che soddisfano la richiesta di parere in esame.
“Dall’esame delle suddette disposizioni, appare evidente, innanzitutto, che l’incentivo per la progettazione ha la finalità di accrescere l’efficienza e l’efficacia degli uffici tecnici preposti a tale ramo d’amministrazione ed in secondo luogo che l’incentivo è direttamente funzionalizzato al risultato, ossia all’effettivo adempimento del concreto compito affidato ai vari soggetti potenziali beneficiari della ripartizione della somma.
In tale direzione conduce la constatazione della diretta correlazione, (art. 13 L. 144/1999) per ogni singola opera o lavoro tra somme da ripartire, importo dell’appalto e stanziamenti relativi, superando l’originaria previsione della costituzione di un fondo interno alimentato con le suddescritte modalità e commisurato al costo preventivato dell’opera, che poteva anche far configurare una modulabilità degli stanziamenti in funzione di esigenze di compatibilità della spesa per incentivi con le mutevoli necessità di bilancio e, di conseguenza, l’eventualità di restrizioni.
L’aver, invece, legato la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara e aver previsto la ripartizione delle somme così determinata per ogni singola opera, evidenzia il chiaro intento di stabilire una diretta corrispondenza di natura sinallagmatica tra incentivo ed attività compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che il diritto all’incentivo di cui si sta trattando, costituisce un vero e proprio diritto soggettivo di natura retributiva (Cass. Sez. Lav., sent. N. 13384 del 19.07.2004) che inerisce al rapporto di lavoro in corso, nel cui ambito va individuato l’obbligo per l’Amministrazione di adempiere, a prescindere dalle condizioni e dai presupposti per rendere concreta l’erogazione del compenso (i fatti oggetto della causa sono maturati sotto la vigenza dell’art. 18 della L. 109/1994 prima delle modifiche introdotte dalla legge 144/1999).
In sostanza dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva. Né rileva, in contrario avviso, che alla rigorosa applicazione del criterio della spettanza dell’incentivo nella misura vigente all’atto del compimento della specifica attività, possa conseguire una differente consistenza del beneficio in ordine alla stessa opera per la quale è stanziata la somma da ripartire, a seconda se la stessa attività sia stata compiuta prima o dopo il 31.12. 2008. Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta.
Nella situazione appena ipotizzata, quindi, la stazione appaltante, per i compensi da pagare dal 1° gennaio 2009, per la parte residua dello stanziamento utilizzabile, ossia quello al netto delle somme pagate per le attività compiute fino al 31.12.2008, dovrà rimodulare la somma da ripartire e la conseguente misura del beneficio, secondo le nuove disposizioni.
In base a quanto fin qui considerato, il significato della disposizione contenuta nel comma 7-bis del D.L. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, va inteso nel senso che il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire, per cui i compensi erogati dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, restano assoggettati alla previgente disciplina, ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma 5– del codice dei contratti pubblici, prima della modifica apportata con il comma 7-bis – aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008, n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008, n. 133.”

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Comune di Biella, recante un quesito in materia di incentivi alla progettazione (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 13.05.2009 n. 19 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Livigno (SO) ha posto alla Sezione un quesito in ordine all'interpretazione ed applicazione della disciplina relativa agli incentivi per la progettazione spettanti ai dipendenti ai sensi dell'art. 92, co. 5 del Codice di contratti pubblici, per effetto della successione delle leggi che hanno ripetutamente modificato la misura dei compensi incentivanti  (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 05.05.2009 n. 199 - link a www.corteconti.it).
Stante il silenzio del legislatore è sorto l’interrogativo in ordine all’applicabilità della riduzione della misura a tutta l’attività progettuale non ancora remunerata, ma comunque prestata, o limitatamente a quella avviata sotto la vigenza della nuova disciplina.
In proposito il Ministero dell’Economia e delle Finanze con la circolare n. 36 del 23.12.2008, ritenendo che gli incentivi per la progettazione ancora da erogare nel 2009 debbano sottostare alla nuova disciplina che riforma in peius la previdente disposizione nella parte afferente la misura massima da corrispondere agli aventi diritto, introduce al tema dell’irretroattività della legge.
La circolare interpretativa in parola sembra contraddire un principio immanente del nostro ordinamento giuridico, il divieto generale di irretroattività della legge, dettato espressamente dall’art. 11, comma 1, delle Disposizioni sulla legge in generale nella parte in cui testualmente recita “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.
Tale principio, posto a tutela della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche dallo stesso regolamentate, salvaguardia in particolare i diritti quesiti, maturati sotto la vigenza della normativa di riferimento, insuscettibili, pertanto, di essere di essere modificate dalle sopravvenienze normative deputate alla regolamentazione di nuove realtà spesso in un’ottica di adeguamento e di coerenza tra la realtà giuridica e quella fattuale.
Il legislatore ordinario apporta una deroga al principio per cui è interesse solo nell’ambito del diritto penale sancendo espressamente all’art. 2 del codice penale la retroattività della legge penale più favorevole.
La ratio di tale disposizione in deroga si rinviene, tuttavia, nel principio del favor rei e nell’esigenza di salvaguardare la libertà personale costituzionalmente tutelata.
Non ricorrendo la predetta finalità nelle altre branche dell’ordinamento giuridico il divieto generale di retroattività della legge è insuscettibile di essere inciso se non, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, limitatamente alla ricorrenza di alcune condizioni e comunque in virtù di espressa previsione legislativa, dovendo risultare chiara la voluntas legis sul punto.
Non appare ravvisarsi né un’espressa previsione di deroga al principio di irretroattività della legge nella norma contenuta nell’art. 61, comma 8, della legge n. 133 del 2008 né tanto meno in quella di cui all’art. 18, comma 4-sexies della legge n. 2 del 2009 con riferimento ai compensi incentivanti maturati prima della data del 1° gennaio 2009, ma ancora da corrispondere. Neppure ricorrendo ad un’attività di stretta interpretazione può asserirsi una diversa voluntas legis del principio in esame in termini di chiarezza ed univocità.
Si aggiunge l’ulteriore riflessione già maturata dalla Sezione nel precedente parere n. 5 del 2009 secondo la quale i compensi incentivanti per cui è interesse, pur non rientrando nella categoria dell’ordinaria retribuzione dei dipendenti pubblici, dipendono dal rapporto di lavoro degli stessi con l’amministrazione comunale, inquadrandosi, pertanto, tra le voci accessorie della retribuzione.
Il loro inquadramento nella categoria dei crediti di lavoro e, di risulta, la sottoposizione degli stessi nel relativo regime giuridico, rispondente ad una visione protezionistica rafforzata da parte del legislatore, si contradirrebbe, poi, con una voluntas legis interpretata nel senso di un loro trattamento deteriore, cioè di una una riformatio in peius, dei compensi, il cui diritto sia già maturato alla data di entrata in vigore della sopravvenienza normativa restrittiva.
Dalle suesposte considerazioni la Sezione conclude conseguentemente che gli incentivi per la liquidazione da corrispondere agli uffici tecnici sottostanno al principio del tempus regit actum soccorrendo in merito le osservazioni sopra descritte in merito al tempo di maturazione del diritto ai compensi di cui all’art. 92 del D. Lgs. n. 163 del 2006.
A ciò è d’obbligo aggiungere che per gli incentivi alla progettazione degli uffici tecnici ex art. 92, comma 5, del D. Lgs. n. 163 del 2006, oggetto del quesito formulato dal Sindaco di Livigno, sono stati adottati nel 2008 i relativi provvedimenti di liquidazione.
In virtù del principio contabile consacrato nella norma ex art. 184 del testo unico degli enti locali assurge a presupposto delle disposizioni di liquidazione della spesa l’acquisizione del diritto in capo al creditore.
I provvedimenti di liquidazione adottati dal responsabile del Servizio dei Lavori Pubblici del Comune di Livigno, pertanto, hanno conferito il carattere di certezza e liquidità, quindi di esigibilità, ai crediti nei quali i compensi incentivanti si sostanziano.
In conclusione:
l’erogazione degli incentivi previsti dall’art. 92, comma 5, del codice dei contratti pubblici, già maturati alla data del 1° gennaio 2009, termine iniziale di efficacia delle disposizioni che prevedono l’applicazione della misura più bassa dell’incentivo, e comunque acquisiti durante la vigenza delle leggi che prevedevano la più elevata soglia del 2%, si sottrae ai disposti riduzionistici che la diminuiscono di 1,5 punti percentuali.

ENTI LOCALI: Parere in materia di iscrizione nell'inventario comunale degli impianti di fognatura e acquedotto di proprietà, ancorché la gestione sia affidata a organismo esterno (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 27.03.2009 n. 25 - link a www.corteconti.it).
Il comune è tenuto a iscrivere nel proprio inventario, nella sezione relativa ai beni demaniali, tutto il patrimonio infrastrutturale relativo al servizio idrico integrato (es., impianti d'adduzione idrica, di smaltimento, di depurazione delle acque reflue, ecc.) di sua proprietà, provvedendo alle relative operazioni di classificazione, descrizione, codificazione e valutazione dei singoli cespiti patrimoniali.

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Maglia e M. A. Labarile, Immissioni rumorose: pericolose (e «silenziose») novità (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: E. Quadraccia e F. Prezio, BREVI APPUNTI IN TEMA DI FRESATO DI ASFALTO. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI (link a www.lexambiente.it).

PUBBLICO IMPIEGO: C. Sabbatini, LA DELEGA FUNZIONI NEL SETTORE PUBBLICO (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. A. Pezone, I DEPURATORI NON PRODUCONO CATTIVI ODORI (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Zamburlin, Critica alla c.d. sanatoria giurisprudenziale (note critiche sulla c.d. "sanatoria giurisprudenziale", rilanciata da una recente decisione del Consiglio di Stato, che consente la sanatoria degli abusi anche se l'opera sia in contrasto con la disciplina urbanistica comunale vigente al momento dell'abuso) (link a http://venetoius.myblog.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Prati - Il nuovo art. 844 Codice Civile e le immissioni acustiche (link a www.greenlex.it).

APPALTI: A. Rinaldi, Appalto, la disciplina della revisione dei prezzi (link a www.greenlex.it).

APPALTI: LEGGITTIMA L'ESCLUSIONE SE NON VIENE RISPETTATO ALLA LETTERA IL DISCIPLINARE DI GARA (link a www.mediagraphic.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Galassi, L’imposta comunale sui rifiuti e il principio “chi inquina paga” (link a www.ambientelegale.it).

dossier DEFINIZIONE INTERVENTI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: Installazione prefabbricati - Permesso di costruire - Necessità - Presupposti - Art. 3, 1° c. lett. e) D.P.R. n. 380/2001 - Testo Unico Edilizia.
L'articolo 3, primo comma, lettera e), del testo unico sull'edilizia D.P.R. n. 380/2001 e s.m. ricomprende tra gli interventi di nuova costruzione, come tali soggetti al permesso di costruire, tra gli altri, l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati ed in genere l'installazione di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, a condizione che siano utilizzate come abitazioni, ambienti di lavoro, come depositi, magazzini, ecc. e siano dirette a soddisfare esigenze durature nel tempo.
In definitiva la nozione di costruzione non presuppone necessariamente l'ancoraggio al suolo del fabbricato, se ricorrono le condizioni dianzi evidenziate.
L'accertamento di tali condizioni è demandato al giudice del merito, la cui valutazione si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivata (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.03.2009 n. 10708 - link a www.ambientediritto.it).

dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATA: D.i.a. e permesso di costruire.
In base ad una analisi logico sistematica del D.P.R. n. 380 del 2001, in assenza di una specifica previsione normativa, deve ritenersi possibile anche alla D.I.A. l’applicazione degli istituti previsti per il permesso di costruire, in quanto entrambi gli istituti hanno in comune la natura di “titoli edilizi” e secondariamente alla luce dei poteri che il legislatore ha previsto in capo alle Amministrazioni deputate al controllo degli interventi posti in essere con la D.I.A..
Il Collegio ritiene di aderire all’orientamento di quella parte della giurisprudenza alla luce del quale, nonostante il richiamo specifico dell’art 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, che disciplinano la revoca e l’annullamento d’ufficio, il potere dell’Amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela che la suddetta norma fa salvo, non si esaurisce nell’utilizzazione dei suddetti istituti, ma deve intendersi comprensivo di tutte le iniziative che l’Amministrazione è legittimata ad assumere per ristabilire, nel pubblico interesse, la legalità violata, compresa, quindi, la decadenza, come sostenuto da parte resistente.
La giurisprudenza ha, d’altro canto, già ritenuto applicabile alla D.I.A. edilizia l’art. 31, comma 11, della legge n. 1150 del 1942, avente lo stesso contenuto del citato art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto espressione dei permanenti poteri di vigilanza che, nel pubblico interesse, sono attribuiti all’Amministrazione in ordine all’esecuzione dell’opera autorizzata ed ai sensi dell’art. 4, comma 10 del D.L. 05.10.1993 n. 398, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 04.12.1993, n. 493 che recita: “L'esecuzione delle opere per cui sia esercitata la facoltà di denuncia di attività ai sensi del comma 7 è subordinata alla medesima disciplina definita dalle norme nazionali e regionali vigenti per le corrispondenti opere eseguite su rilascio di concessione edilizia” (TAR Lombardia, Brescia, ord. n. 27/2003, giurisprudenza alla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 983 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001 - Permesso di costruire - Decadenza a seguito dell’entrata in vigore di nuova disciplina urbanistica - Applicabilità alla D.I.A..
L’istituto della decadenza previsto per il permesso di costruire dall’art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001, in base al quale “Il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”, si applica anche alla D.I.A.
Ciò, prioritariamente, in base ad una analisi logico sistematica del D.P.R. n. 380 del 2001, in assenza di una specifica previsione normativa, deve ritenersi possibile anche alla D.I.A. l’applicazione degli istituti previsti per il permesso di costruire, in quanto entrambi gli istituti hanno in comune la natura di “titoli edilizi” e secondariamente alla luce dei poteri che il legislatore ha previsto in capo alle Amministrazioni deputate al controllo degli interventi posti in essere con la D.I.A. (TAR Umbria, 15.07.2007, n. 518) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 983 - link a www.ambientediritto.it).

dossier OPERE PRECARIE

EDILIZIA PRIVATA: Case mobili, necessità del permesso di costruire.
E' legittimo il sequestro preventivo di "case mobili" realizzate nell'area ricettiva di un camping in relazione ai reati di costruzione in assenza del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica trattandosi di manufatti installati da almeno due anni poggiati su ruote, cavalletti e mattoni in cemento ed allacciati alle reti idrica, elettrica, fognaria e del gas, adibiti stabilmente ad abitazione dei campeggiatori per l’intera stagione turistica e non rivolti, quindi, a soddisfare esigenze meramente temporanee che ne avrebbero determinato la qualificazione di interventi precari (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.05.2009 n. 22054 - link a www.lexambiente.it).

dossier PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE

EDILIZIA PRIVATA: Pertinenze.
La nozione di pertinenza quale risulta dall'art. 7, comma 2, lett. a), d.l. 23.01.1982 n. 9, convertito dalla l. 25.03.1982 n. 94, debba essere interpretata in modo compatibile con i principi della materia e non può quindi valere a sottrarre al regime del permesso di costruire la realizzazione di opere di rilevante consistenza urbanistica solo perché destinate a servizio ed ornamento del bene principale; proprio con riferimento ad un nuovo manufatto si afferma che il rapporto pertinenziale non può esonerare dalla concessione di opere che, da un punto di vista edilizio ed urbanistico, si pongono come ulteriori, in quanto occupano aree e volumi diversi rispetto alla "res principalis".
E’ infatti soggetta a concessione edilizia (ora permesso di costruire) ed al conseguente rispetto delle prescrizioni urbanistiche relative al tipo d'intervento, la realizzazione di un manufatto edilizio destinato a soddisfare esigenze non temporanee del soggetto attuatore e, al contempo, ad alterare in modo permanente l'assetto urbanistico di zona, indipendentemente dalla natura dei materiali adoperati (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 23.04.2009 n. 2142 - link a www.lexambiente.it).

dossier SIC-ZPS - VAS - VIA

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE - Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti - Obbligo di rendere pubblica la motivazione di una decisione di non sottoporre un progetto ad una valutazione - Direttiva 85/337/CEE mod. dalla Dir. 2003/35/CE.
L’art. 4 della direttiva del Consiglio 27.06.1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26.05.2003, 2003/35/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che la decisione secondo la quale non è necessario che un progetto rientrante nell’allegato II della citata direttiva sia sottoposto ad una valutazione dell’impatto ambientale, contenga essa stessa le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che questa non fosse necessaria. Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata.
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - All. II dir. n. 85/337 e s.m. - Mancata sottoposizione di un progetto alla VIA - Motivazione - Obbligo.
Nell’ipotesi in cui la decisione di uno Stato membro di non sottoporre un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, ad una valutazione dell’impatto ambientale, in conformità agli artt. 5 e 10 della citata direttiva, indichi i motivi su cui essa si basa, tale decisione è sufficientemente motivata qualora la motivazione che essa contiene, unitamente agli elementi che sono già stati portati a conoscenza degli interessati, ed eventualmente completati dalle ulteriori informazioni necessarie che l’amministrazione nazionale competente è tenuta a fornire a detti interessati, su loro richiesta, siano tali da consentire a questi ultimi di valutare l’opportunità di presentare un ricorso avverso tale decisione.
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Valutazione dei progetti idonei ad avere un impatto ambientale importante - Sottoposizione alla VIA - Discrezionalità per progetti di cui al suo allegato II Dir. n. 85/337 succ. mod. dalla dir. n. 35/2003 - Esame specifico della questione - Necessità - Obbligo di motivazione e comunicazione - Diritto fondamentale attribuito dal diritto comunitario - Valutazione dell’opportunità di presentare ricorso - Sindacato giurisdizionale.
Ai sensi della direttiva 85/337 (come succ. mod. dalla direttiva 2003/35), i progetti di cui al suo allegato II devono essere assoggettati a valutazione solo qualora possano avere un impatto ambientale importante e la direttiva 85/337 conferisce agli Stati membri, a tal proposito, un margine discrezionale.
Tuttavia, tale margine discrezionale trova il proprio limite nell’obbligo di tali Stati, enunciato all’art. 2, n. 1, della direttiva 85/337, di sottoporre ad una simile valutazione i progetti idonei ad avere un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione (v., in tal senso, sentenze 24/10/1996, causa C-72/95, Kraaijeveld, e 23/11/2006, causa C-486/04, Commissione/Italia). Risulta quindi inevitabilmente dagli obiettivi della direttiva 85/337 che le autorità nazionali competenti, investite di una domanda di autorizzazione di un progetto rientrante nell’allegato II di tale direttiva, devono svolgere un esame specifico della questione se, tenuto conto dei criteri di cui all’allegato III della direttiva stessa, si debba procedere ad una VIA. Inoltre, l’efficacia del sindacato giurisdizionale, che deve poter riguardare la legittimità della motivazione della decisione impugnata, comporta, in via generale, che il giudice adito possa richiedere all’autorità competente la comunicazione di tale motivazione.
Tuttavia, trattandosi più specificamente di assicurare la tutela effettiva di un diritto fondamentale attribuito dal diritto comunitario, bisogna anche che le persone interessate possano difendere tale diritto nelle migliori condizioni possibili e che ad esse sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice. Ne deriva che in una tale ipotesi l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare loro conoscere i motivi sui quali è basato il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa, vuoi in una comunicazione successiva effettuata su loro richiesta (v. sentenza 15.10.1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 15). Tale successiva comunicazione può assumere la forma non solo di un’enunciazione espressa dei motivi, ma anche della messa a disposizione di informazioni e di documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata.
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Allegato II, Direttiva 85/337/CEE mod. dalla Dir. 2003/35/CE - Interpretazione autentica.
L’art. 4 della direttiva 85/337 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che la decisione secondo la quale non è necessario che un progetto rientrante nell’allegato II della citata direttiva sia sottoposto ad una VIA contenga essa stessa le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che questa non era necessaria.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata. (Corte di Giustizia CE, Sez. II, sentenza 30.04.2009, proc. n. C-75/08 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: AREE PROTETTE - Protezioni degli habitat naturali - Zone speciali di conservazione (ZSC) - Procedimento di classificazione - Rete ecologica denominata «Natura 2000» - Obiettivi di conservazione - Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat», disciplina un procedimento di classificazione dei siti naturali in zone speciali di conservazione (ZSC), procedimento che deve tra altro consentire, come risulta dall'art. 3, n. 2, della medesima direttiva, la realizzazione di una rete ecologica europea coerente di ZSC, denominata «Natura 2000», che è formata da siti in cui si trovano tipi di habitat naturali e habitat delle specie figuranti nell'allegato I e rispettivamente nell'allegato II della detta direttiva e che deve garantire il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale (v., in questo senso, sentenza 07/11/2000, causa C-371/98, First Corporate Shipping). Sicché, la decisione controversa, la quale contempla una serie di territori classificati come siti di importanza comunitaria al fine di consentire la realizzazione della detta rete «Natura 2000», ha, nei confronti di ogni interessato, una portata generale in quanto si applica a tutti gli operatori che, a qualsivoglia titolo, esercitano o possono esercitare, sui territori considerati, attività che possono mettere a repentaglio gli obiettivi di conservazione perseguiti dalla direttiva habitat.
Si deve tuttavia ricordare che il fatto che una disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità degli operatori economici interessati, non esclude che essa possa tuttavia interessare individualmente taluni di essi (v., in tal senso, sentenze 18/05/1994, causa C-309/89, Codorniu, nonché 22/06/2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgique et Forum 187/Commissione). Pertanto, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l'atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di un gruppo ristretto di operatori economici (v. sentenza 13/03/2008, causa C-125/06 P, Commissione/Infront WM).
AREE PROTETTE - Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica boreale adottato con decisione della Commissione - Obiettivi di conservazione - Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat», disciplina il procedimento di classificazione dei siti naturali in zone speciali di conservazione (ZSC), tuttavia, la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l'identità dei soggetti di diritto ai quali si applica il provvedimento non comporta affatto che questi soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da questo provvedimento, purché sia assodato, come nel caso di specie, che tale applicazione viene effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall'atto in esame (sentenza 22/11/2001, causa C-451/98, Antillean Rice Mills/Consiglio, nonché ordinanza 25/04/2002, causa C-96/01 P, Galileo e Galileo International/Consiglio - 08/04/2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione). (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. II, sentenza 23.04.2009 causa C-362/06 P - link a www.ambientediritto.it).

dossier VINCOLO CIMITERIALE

URBANISTICA: Fascia di rispetto cimiteriale - Art. 338 R.D. n. 1265/1934 - Interventi edificatori in deroga - Riduzione della fascia - Potere discrezionale del Consiglio comunale.
L’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area: l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale - Eccezione al divieto generale di edificazione - Limiti - Interpretazione restrittiva della norma - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n. 166/2002.
La locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico", (contenuta nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie poi modificato dall'articolo 28 della legge 01.08.del 2002 n.166), deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri. Specificatamente, la locuzione "attuazione di un intervento urbanistico" non può essere interpretata estensivamente fino a comprendervi anche l'edilizia residenziale privata, sia perché, trattandosi di eccezione al divieto generale di edificazione di cui al primo comma dell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie, deve essere interpretata restrittivamente e quindi limitata ai soli interventi pubblici o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò perché solo un interesse pubblico, meritevole di tutela, come quelli esplicitamente indicati nella deroga, concorrente con quelli posti a base del divieto, potrebbe giustificare la riduzione della fascia di rispetto.
Invero, questa è imposta a tutela di esigenze di natura igienico sanitaria, a salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura e soprattutto a tutela della possibile espansione della cinta cimiteriale e ad assicurare una cintura sanitaria intorno ai luoghi per loro natura insalubri.
Vincolo cimiteriale - Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di costruire nuovi edifici dal perimetro del cimitero - Indennizzo espropriativo - Vincolo urbanistico operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n.166/2002.
L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come modificato dall'articolo 28 della legge 01.08.2002 n. 166, ribadisce al primo comma la regola generale che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e che è vietato costruire nuovi edifici (siano essi pubblici o privati) entro il raggio di duecento metri dal perimetro del cimitero. Siffatta fascia di rispetto costituisce un vincolo urbanistico posto con legge dello Stato e come tale è operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con essi (Cons. Stato sez V 27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n. 8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007).
Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo espropriativo, anche se può avere un valore di mercato superiore a quello agricolo per effetto di possibili utilizzazioni diverse da quelle edificatorie, non è comunque suolo edificatorio (Cass. Sez un. civ. n . 13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004, sez. III n. 4797/2006).
Tale fascia di rispetto può essere derogata in due ipotesi soltanto. Secondo la prima, il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato purché non oltre il limite di 50 metri quando ricorrono anche alternativamente le due condizioni previste dalla norma, ossia quando non sia possibile provvedere altrimenti ovvero quando l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche, fiumi ecc.
In base alla seconda, la deroga è consentita allorché si deve dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico sanitarie; in tali casi il Consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici o la realizzazione di parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre (Corte di cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.02.2009 n. 8626 - link a www.ambientediritto.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Beni ambientali. Demolizione e ricostruzione, necessità dell'autorizzazione paesaggistica.
Anche i lavori di demolizione e ricostruzione di un immobile in zona sottoposta a vincolo, sia pure nel rispetto della precedente volumetria e destinazione d’uso, richiedono l’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e, quindi, a maggior ragione se sia stato realizzato un organismo edilizio completamente diverso (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.05.2009 n. 21665 - link a www.lexambiente.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Dipendente pubblico: uso privato del telefono dell’ufficio - peculato.
L’uso privato del telefono dell’ufficio da parte del pubblico dipendente integra il reato di peculato di cui all’art. 314 c.p..

La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza maggioritaria (ex plurimis, Cass. pen. Sez. VI, 07.11.2000) ha affermato che “l’uso degli apparecchi telefonico comporta l’appropriazione (non restituibile) delle energie necessarie alla comunicazione, di cui l’impiegato ha disponibilità per ragioni d’ufficio, e configura l’ipoteso del reato di cui al primo comma dell’art. 314 c.p.
Al riguardo, la giurisprudenza (Cass. pen. Sez. VI, 15.01.2003, n. 10671) aveva già avuto modo di chiarire che nell'ipotesi in cui il dipendente pubblico, disponendo dell'utenza telefonica intestata all'Amministrazione, la utilizzi per effettuare chiamate di interesse personale, il fatto lesivo si sostanzia non nell'uso dell´apparecchio telefonico quale oggetto fisico, bensì nell'appropriazione -conseguita attraverso tale uso- delle energie necessarie (formate da impulsi elettronici) per conversazioni telefoniche, che non sono immediatamente restituibili. Ne consegue che l'ipotesi delittuosa è inquadrabile astrattamente nel "peculato-ordinario" di cui al primo comma dell’art. 314 c.p.
Lo stesso indirizzo maggioritario in più occasioni (Cass. pen. Sez. VI, 14.01.2003, n. 7347; Cass. pen. Sez. VI, 31.01.2003, n. 10719) ha precisato invece che è esclusa la configurabilità del reato di peculato solo allorquando il pubblico ufficiale o dell´incaricato di pubblico effettui telefonate personali “per infrequenti ed occasionali esigenze private, riconducigli, quindi, alla nozione di «caso eccezionale», espressamente riconosciuto dall´ordinamento come idoneo a giustificare la deroga al generale divieto di uso personale del telefono da parte del pubblico dipendente”.
Il suddetto orientamento trova conferma anche nel Decreto del Ministero della funzione pubblica, del 31.03.1994, (Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni) il quale all’art. 10, comma 5 stabilisce che “salvo casi eccezionali, dei quali informa il dirigente dell'ufficio, il dipendente non utilizza le linee telefoniche dell'ufficio per effettuare telefonate personali”.
Con tale disposizione si autorizza, dunque, ad usare il telefono dell'ufficio per comunicazioni private, solo in situazioni eccezionali, di carattere sporadico ed episodico, con l’obbligo comunque di informare il dirigente (Corte di cassazione, Sez. VI penale, sentenza 20.05.2009 n. 21165 - link a www.lavoroprevidenza.com.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ingiunzione di demolizione e comunicazione avvio del procedimento.
L'ingiunzione di demolizione di fabbricati non autorizzati costituisce un atto palesemente dovuto, pertanto l'assenza della comunicazione dell'avvio del relativo procedimento risulta irrilevante, anche alla luce di quanto disposto nell'art. 21-octies della l. 07.08.1990 n. 241, introdotto dall'art. 14 della l. 11.02.2005 n. 15, il quale esclude possa essere annullato il provvedimento, qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non può essere diverso da quello in concreto adottato (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 13.05.2009 n. 1454 - link a www.lexambiente.it).

LAVORI PUBBLICISulla competenza ad approvare ed aggiornare il programma triennale delle opere pubbliche.
Per le amministrazioni comunali l’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale, quale atto di proposta e di impulso, ben rientra nelle competenze della giunta municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto legislativo, trattandosi in ultima analisi di un atto di programmazione e di indirizzo (cfr. IV Sezione n. 6917 del 2002) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2009 n. 2910 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVISulla mancata nomina del responsabile del procedimento amministrativo.
E' opinione del Collegio che, in generale, la mancata nomina del responsabile del procedimento non determini alcuna illegittimità viziante, in quanto la legge prevede che nel caso di omessa nomina le relative responsabilità restino intestate al titolare dell’ufficio di riferimento (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2009 n. 2910 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICISulla mancata comunicazione dell'avvio del procedimento per l'esecuzione di un'opera pubblica.
Quanto al profilo della violazione dell’articolo 7 della legge 07.08.1990 n. 241 per la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento culminata nella dichiarazione implicita di pubblica utilità dell’intervento da realizzare, come tale immediatamente e direttamente lesiva degli interessi della parte ricorrente in primo grado, osserva la Sezione che non vi è dubbio che tale obbligo sussista, come precisato dalla giurisprudenza di questo consesso.
Tuttavia, nel caso di specie, non si è avuta la dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto delle opere da realizzare, perché essa consegue ope legis alla sola approvazione del progetto definitivo delle opere da realizzare, come stabilisce il comma 13 dell'articolo 14 della legge 11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata delibera consiliare n. 28 del 20.12.1991 è stato approvato soltanto il progetto preliminare.
Non essendoci in realtà alcuna valida ed utile dichiarazione di pubblica utilità e questa non potendo conseguire ex lege all'approvazione del progetto preliminare, non sussisteva alcun obbligo da parte della amministrazione comunale di comunicare alla parte ricorrente l'esistenza del procedimento relativo alla realizzazione dei lavori
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2009 n. 2910 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 45 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo indiretto - Imposizione - Discrezionalità amministrativa - Limiti - Motivazione.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art. 45 del D. lg.vo n. 42/2004, volto a proteggere la “cornice” del bene culturale, che non di rado è parte integrante del suo fascino e della sua bellezza, può assumere il più vario concreto contenuto, dato che può prescrivere, in base alla lettera della legge, “distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali pacificamente si comprende l’inedificabilità di certe aree o le altezze massime dei fabbricati da realizzare in prossimità del bene tutelato.
Data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di “prospettiva”, “luce”, “ambiente” e “decoro”, che potrebbe assumere ampiezza ed intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la posizione di privati, la discrezionalità amministrativa nell’imposizione del vincolo soggiace ai limiti della logicità, ragionevolezza e proporzionalità; il provvedimento impositivo deve inoltre essere sorretto da una motivazione particolarmente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati coinvolti nella definizione del rapporto in questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 24.04.2009 n. 2161 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Culturali. Vincolo di tutela indiretta.
Se è vero che la imposizione dei vincoli previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto.
Nel caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella inedificabilità di determinate aree, va evidenziata la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole intensità.
In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del rapporto in questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 24.04.2009 n. 2161 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: Raggruppamento temporaneo di imprese - Mandato collettivo speciale - Dichiarazione indefettibile a pena di esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n. 163/2006.
L’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006 impone un preciso impegno, da assumere in sede di offerta, per i soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del medesimo decreto: quello di rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del Raggruppamento per il caso di aggiudicazione: trattasi di un requisito generale (ed indefettibile) per la partecipazione alle gare dei raggruppamenti (Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n. 623/2004), che non richiede una espressa menzione negli atti inditivi delle gare (in questi termini, da ultimo, TAR Lazio, III-quater, n. 106/2009).
 Questo impegno deve formare oggetto di una espressa dichiarazione, non sostituibile con altre dichiarazioni, eppertanto non desumibile aliunde dalla documentazione dei concorrenti: una dichiarazione, cioè, indefettibile a pena di esclusione, non passibile di integrazione, pena la violazione del principio della par condicio (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 284 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Localizzazione discarica e legittimazione del comune all'impugnazione.
In materia di smaltimento di rifiuti la legittimazione all'impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica viene normalmente riconosciuta ai Comuni nel cui territorio l'impianto dovrebbe essere collocato subordinatamente alla dimostrazione di un effettivo pregiudizio che detta discarica sarebbe in grado di arrecare nell’ambito territoriale di rispettiva competenza (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 280 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: Avvalimento - Art. 49, c. 2, lett. a), d.lgs. n. 163/2006 - Controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione - Specificazione dettagliata di tutti i requisiti di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 163/2006 deve essere interpretato coerentemente con la ratio, sottesa alla normativa in tema di controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione (art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della agevole verificazione, da parte della stazione appaltante, di quanto dichiarato in sede di gara, soprattutto quando i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo risultino distribuiti tra impresa concorrente ed impresa ausiliaria. Ne discende che la specificazione dei requisiti, contenuta nella dichiarazione di avvalimento, non può essere resa per il tramite di un generico rinvio a tutti i requisiti “economico finanziari e tecnico organizzativi necessari per la partecipazione alla gara”, ma deve indicare, in maniera dettagliata, i singoli requisiti (fatturato globale, fatturato specifico, risorse organizzative ed umane) di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi; ciò al fine di consentire un efficace controllo incrociato sul possesso dei requisiti nei confronti sia della ditta concorrente sia di quella ausiliaria (cfr. in tal senso TAR Piemonte, Sez. II, 17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai partecipanti - Istituto della regolarizzazione postuma - Applicabilità - Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma degli atti prodotti dai partecipanti alla gara è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati presentati, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante o fisicamente incompleta, risolvendosi in caso contrario in una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che abbiano invece puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis (cfr. TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n. 846; TAR Trentino Alto Adige Trento, 04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro, Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 23.04.2009 n. 2148 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: ENERGIA - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Inizio dei lavori - Individuazione - Art. 2, c. 159, Legge finanziaria 2008 - Normativa speciale rispetto alla materia edilizia - Differenza rispetto al concetto “classico” di inizio lavori.
Per l’individuazione del momento in cui devono ritenersi iniziati i lavori relativi agli impianti alimentati da fonti rinnovabili occorre fare riferimento al disposto dell’art. 2, comma 159, legge n. 244 del 24.12.2007 (legge finanziaria 2008).
La norma correttamente intesa richiede la disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto e l'accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, o, in alternativa alla suddetta accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica, a) l'indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l'acquisizione di macchinari o per l a costruzione di opere relative all'impianto, ovvero b) la stipulazione di contratti di finanziamento dell'iniziativa o l'ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato.
Tale normativa è speciale e successiva a quella generale prevista in materia edilizia: non può, quindi, essere condivisa la prospettazione che ritiene trattarsi di opere meramente edilizie a cui si applicherebbe il concetto classico di “inizio lavori” in base al quale i lavori possono ritenersi iniziati solo allorquando le opere intraprese sono di consistenza tale da manifestare in modo concreto e palese il serio intento di realizzare il complesso delle opere autorizzate.
ENERGIA - Fonti rinnovabili - Art. 12, cc. 1 e 7, d.lgs. 387/2003 - Favor legis - Protocollo di Kyoto - Installazione degli impianti in zona agricola - Comuni - Governo del territorio - Previsioni di aree specificamente destinate agli impianti eolici - Legittimità.
L'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità, e le opere relative sono dichiarate indifferibili ed urgenti (art. 12, comma 1, del d.lgs. 387/2003), anche in considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente costituisce un impegno internazionale assunto dall'Italia con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997. Espressione evidente di tale favor legislativo per le fonti rinnovabili è la previsione dell'articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003, sulla possibilità di installare gli impianti anche in zona agricola.
Peraltro, detta possibilità non è senza limiti. I Comuni possono infatti prevedere, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente destinate ad impianti eolici. Solo in mancanza di una simile previsione conformativa, detti impianti possono essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto riguarda la valutazione di compatibilità urbanistica), in tutte le zone agricole (TAR Umbria, 15.07.2007, n. 518) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 983 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 15 d.p.r. n. 380/2001 - Decadenza del permesso di costruire - Ipotesi - Limiti tassativi - Disciplina civilistica - Assimilabilità al vizio funzionale della causa.
La decadenza del permesso di costruire è regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede due ipotesi: un primo caso per il decorso dei termini indicati nel titolo assentito; una seconda specie per il sopravvenire di previsioni urbanistiche contrastanti con il permesso di costruire.
L’opinione interpretativa prevalente tende, quindi, a ritenere che il legislatore abbia voluto consentire la decadenza solo nei due casi sopra indicati, da intendersi come limiti tassativi di applicabilità dell’istituto. La decadenza postula, quindi un titolo valido ab inizio ed una sopravvenienza che incide sul rapporto.
Tale fattispecie può assimilarsi al vizio funzionale della causa del negozio giuridico nella disciplina civilistica, che si differenzia dal vizio genetico della causa che ricorre quando l’atto nasce viziato ab origine (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 981 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Abusi su beni vincolati - Condono - Artt. 32 e 33 L. n. 47/1985 - Art. 32 D.L. n. 269/2003 - Coordinamento - Vincolo di inedificabilità relativa o assoluta.
Le disposizioni degli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, da un lato, e dell’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del 2003, dall’altro, devono essere correlate tenendo presente che gli uni contemplano le condizioni che consentono il condono di un abuso, l’altro contempla invece condizioni nelle quali l’abuso non può essere condonato.
Il combinato disposto dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 32, comma 27, lett. D), del d.l. n. 269 del 2003 comporta quindi che un abuso commesso su un bene vincolato può essere condonato, a meno che non ricorrano, insieme, l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere, la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio, la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Se una di tali condizioni non ricorre (ad esempio la difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici), l’abuso realizzato su un immobile soggetto ad un vincolo di inedificabilità relativa sfuggirà alla disciplina dell’eccezione regolata dall’art. 32, comma 27, lett. D), citato (cioè alla non condonabilità) e sarà invece assoggettato alla disciplina generale dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, sicché sarà condonabile anche (ad esempio) l’abuso realizzato dopo la imposizione del vincolo (sempre in presenza delle condizioni previste dal citato art. 32 della legge n. 47 del 1985).
Più semplice è il coordinamento fra l’art. 33 della legge n. 47 del 1985 e l’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del 2003, dato che la realizzazione di un abuso in area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, dopo l’imposizione del vincolo stesso, importa la non condonabilità dello stesso, ai sensi dell’art. 33. E’ pertanto irrilevante la sussistenza o meno delle altre condizioni contemplate dall’art. 32, comma 27, lett. D) citato (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 738 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica - Provvedimento conclusivo - natura - Atto di indirizzo politico - Esclusione - Atto di natura gestionale - Competenza dirigenziale.
Il procedimento di bonifica, per sua natura, è attività di contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 11.10.2007, n. 1278).
Ne consegue che il provvedimento di approvazione della conferenza di servizi deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di natura gestionale, la cui competenza è attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione procedente non può infatti che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche della conferenza di servizi.
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Allegato III al Titolo V - Protocolli operativi - Previsioni normative funzionali - Obiettivo - Isolamento delle sorgenti di inquinamento dagli obiettivi sensibili - Misure da adottare - Discrezionalità amministrativa.
L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240, lett. 0), del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente. Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire.
Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili. Deve, quindi ritenersi che tale disciplina lasci all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli stessi.
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n. 152/2006 - Scansione procedimentale - Mancata approvazione dell’analisi di rischio - Prescrizioni per la messa in sicurezza - Possibilità.
Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006 prevede una scansione procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato.
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico - Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità.
Secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato -materiale e temporale- tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”.
Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 07.09.2004, in causa C-103 Van de Walle e a.).
Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale -sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario- ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante. Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi.
Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 21.04.2009 n. 549 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Art. 674 cod. pen. e art. 844 cod. civ. - Applicabilità - Criteri.
Affinché sia configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen., non è sufficiente il rilievo che le emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è indispensabile anche la puntuale e specifica dimostrazione oggettiva che esse superino i parametri fissati dalle norme speciali. Qualora invece le emissioni, pur quando abbiano arrecato concretamente offesa o molestia alle persone, siano state tuttavia contenute nei limiti di legge, saranno eventualmente applicabili le sole norme di carattere civilistico contenute nell'art. 844 cod. civ. (cfr. Sez. I, 16/06/2000, Meo; Sez. I, 24/10/2001, Tulipano; Sez. III, 23/01/2004, Pannone; Sez. III, 19/03/2004, n. 16728, Parodi; Sez. I, 20/05/2004, Invernizzi; Sez. III, /06/2004, Providenti; Sez. III, 10/02/2005, Montinaro; Sez. III, 21/06/2006, Bortolato; Sez. III, 26/10/2006, Gigante; Sez. III, 11/05/2007, Pierangeli; nonché, con specifico riferimento alla emissione di onde elettromagnetiche, Sez. I, 14/03/2002, Rinaldi; Sez. I, 12/03/2002, Pagano; Sez. I, 25/11/2003, n. 4192/2004, Valenziano).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Presunzione di legittimità - Criterio - Art. 674 cod. pen. - Configurabilità - Presupposti.
Il reato di cui all'art. 674 cod. pen., non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento. Inoltre, per la sussistenza del reato non è sufficiente il mero superamento dei limiti di emissione (che sono stati previsti a fini di mera cautela) ma occorre che sia raggiunta la prova certa ed obiettiva di una effettiva e concreta idoneità delle onde elettromagnetiche a ledere o molestare i potenziali soggetti ad esse esposti (Sez. I, 13/10/1999, n. 5592, Pareschi; Sez. I, 14/10/1999, n. 5626, Cappellieri; Sez. I, 30/01/2002, n. 8102, Suraci; Sez. I, 12/03/2002, n. 15717, Pagano).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissione campi elettromagnetici - Responsabilità dei singoli soggetti esercenti l'impianto - Accertamento in concreto - Necessità.
In materia di inquinamento elettromagnetico, la responsabilità dei singoli soggetti esercenti l'impianto non può prescindere da un accertamento in concreto se i valori totali di campo siano generati o meno da impianti tutti legittimamente operanti e tutti operanti con potenza conforme a quella prevista dai rispettivi titoli abilitativi. Solo, se i valori generali di campo fossero eventualmente generati da impianti operanti illegittimamente o con potenza superiore a quella assentita, occorrerebbe che l’eventuale riduzione a conformità venisse disposta senza tener conto degli impianti operanti illegittimamente (che dovrebbero essere disattivati) e senza tener conto delle maggiori potenze irradiate rispetto a quelle consentite (che dovrebbero essere ridotte). In ogni caso, la singola emittente non potrebbe essere ritenuta responsabile penalmente di campi generati da impianti illegittimi o di potenza superiore a quella assentita, a meno che non sussista la prova di una volontà consapevole del soggetto di concorrere con gli impianti illegali nella creazione di un campo complessivo che ecceda i limiti.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissione campi elettromagnetici che nel loro complesso superino i limiti di cautela - Piani di risanamento - Legittimità.
In materia di emissioni campi elettromagnetici, emerge, dalla normativa speciale, che la diffusione da parte di emittenti che rispettino singolarmente i limiti loro imposti di campi che nel loro complesso superino i limiti di cautela, determina l’avvio dei piani di risanamento, l’inosservanza delle cui prescrizioni è sanzionata in via amministrativa.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissione campi elettromagnetici - Reato di cui all'art. 674 c.p. - Configurabilità - Presupposti.
L'emissione di onde elettromagnetiche può rientrare nell'ambito dell'art. 674 cod. pen., ma il reato è configurabile soltanto allorché sia stato, in modo certo ed oggettivo, provato il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti dalle norme speciali e sia stata obiettivamente accertata una effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone esposte, ravvisabile non in astratto, per il solo superamento dei limiti, ma soltanto a seguito di un accertamento da compiersi in concreto di un effettivo pericolo oggettivo, e non meramente soggettivo (Cass. Sez. III, 13.05.2008, n. 36845, Tucci).
URBANISTICA ED EDILIZIA - ELETTROSMOG - Emissione campi elettromagnetici - Piano regionale di risanamento o delocalizzazione Poteri della P.A..
L’autorità amministrativa ha tutti i poteri e le possibilità per coordinare e regolare le modalità di trasmissione di tutti gli impianti televisivi e radiofonici che operano in una determinata località, anche in assenza di un piano regionale di risanamento o delocalizzazione, in quanto le singole emittenti debbono essere munite dei decreti di concessione del ministero delle comunicazioni (ora ministero dello sviluppo economico), i quali devono contenere l’analitica esposizione di tutti i parametri tecnico operativi.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabilità penale - Configurabilità - Emissione di onde elettromagnetiche - Art. 674 C.P - Responsabilità oggettiva in campo penale - Limiti - Cooperazione colposa - Concorso di persone nel reato - Presupposti - Fattispecie.
Il nostro ordinamento giuridico prescrive che la responsabilità penale è personale in conseguenza di dolo o colpa, e non prevede alcun caso di responsabilità penale obiettiva. Nella specie, appare contra "ius" attribuire ai singoli soggetti che gestiscono impianti una sorta di responsabilità oggettiva in campo penale per il fatto che gli impianti, nel loro complesso, provocano la emissione di onde, che solo per effetto della loro sinergia superano i limiti prefissati. A meno che ... fosse ipotizzabile un concorso fra i vari soggetti, e cioè una consapevole volontà di concorrere con gli altri al superamento dei limiti suddetti o, comunque, una sorta di cooperazione colposa. Il che presupporrebbe una esplicita previsione normativa, che vada al di là della semplice fattispecie contravvenzionale ... di cui all'art. 674 C.P., a nulla rilevando che, in caso di compresenza di più sorgenti generatrici di campi elettromagnetici che concorrano al superamento dei limiti di esposizione, sia prevista (si veda la tabella C allegata al D.M. 10.09.1998 n. 381) una "riduzione a conformità" secondo certe formule matematiche.
Invero è evidente che tali prescrizioni ... non possono che avere rilievo esclusivamente ai fini della irrogabilità delle sanzioni amministrative e non possono avere l'effetto di personalizzare una responsabilità, che si configura essenzialmente come oggettiva» (Cass. Sez. I, 30.01.2002, n. 8102, Suraci). In ogni caso, anche a prescindere da queste considerazioni, il concorso di persone nel reato presuppone condotte poste in essere di comune accordo, ossia una volontà consapevole di concorrere con altri al superamento dei limiti (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.04.2009 n. 15707 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Interventi edilizi - Proprietario dell’area confinante - Accesso alla documentazione amministrativa - Provvedimenti abilitativi - Diritto - Sussistenza.
Il proprietario di un terreno confinante con un’area oggetto di interventi edilizi ha il diritto di accedere ai corrispondenti documenti amministrativi al fine di conoscere gli estremi dei provvedimenti abilitativi per l’esecuzione delle opere, sia ai sensi dell’art. 25, l. 07.08.1990 n. 241 sia ai sensi dell’art. 31, l. 06.08.1967 n. 765, che proprio tutelando l’interesse del terzo, prevede la possibilità per “chiunque” di prendere visione presso gli uffici comunali della concessione edilizia e dei relativi atti di progetto e di ricorrere contro il rilascio della concessione edilizia stessa in quanto in contrasto con le disposizioni di legge o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione (TAR Campania-Napoli, sez. V, 05.09.2008, n. 10048) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 15.04.2009 n. 1465 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA Condono edilizio.
Il diritto di credito dell'Amministrazione Comunale al pagamento del conguaglio dell'oblazione e degli oneri di urbanizzazione per condono edilizio ai sensi della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio è correlato al rilascio della concessione edilizia in sanatoria -atto, questo, nella disponibilità esclusiva del creditore- decorre dalla formazione del silenzio assenso, significato che, ai sensi dell'art. 35 comma 18, l. n. 47, cit., assume « l'inerzia dell'amministrazione protrattasi per 24 mesi dalla presentazione della istanza di condono (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 15.04.2009 n. 1463 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Conguaglio dell’oblazione - Diritto di credito - Decorrenza - Silenzio assenso.
Il diritto di credito dell'Amministrazione Comunale al pagamento del conguaglio dell'oblazione e degli oneri di urbanizzazione per condono edilizio ai sensi della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio è correlato al rilascio della concessione edilizia in sanatoria -atto, questo, nella disponibilità esclusiva del creditore- decorre dalla formazione del silenzio assenso, significato che, ai sensi dell'art. 35, comma 18, l. n. 47, cit., assume «l'inerzia dell'amministrazione protrattasi per 24 mesi dalla presentazione della istanza di condono» (da ultimo TAR Lazio Latina, sez. I, 20.05.2008, n. 579) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 15.04.2009 n. 1463 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: ASSOCIAZIONI E COMITATI - Impugnazione di provvedimenti amministrativi lesivi di interessi ambientali - Associazioni non comprese nell’elenco di cui all’art. 13 L. n. 349/1986 - Legittimazione - Requisiti.
La legittimazione di una associazione non compresa nell’elenco ministeriale di cui all’art. 13 legge n. 349/1986 ad impugnare provvedimenti amministrativi lesivi di interessi ambientali è condizionata al possesso dei seguenti requisiti che debbono sussistere cumulativamente (e ciò al fine di evitare il configurarsi di un’azione popolare):
1) perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale;
2) avere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità;
3) avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23.04.2007, n. 1830) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 15.04.2009 n. 866 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Perequazione urbanistica.
La perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 859 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo concessorio - Artificioso frazionamento delle opere a fini elusori - Illegittimità.
E’ inammissibile l’artificioso frazionamento delle opere edili al fine di eludere la disciplina del contributo concessorio (TAR Marche, Sez. I, sentenza 15.04.2009 n. 224 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVIEffetti della mancanza di preavviso di rigetto.
Il Collegio aderisce all’orientamento prevalente, espresso dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la violazione dell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990 non produce ex se l'illegittimità del provvedimento terminale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto essere interpretata alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo (cfr. ex multis, TAR Lazio-Roma, sez. III, 20.02.2008, n. 1558).
In altri termini, la mancanza del preavviso di rigetto, ai sensi dell'art. 10-bis, non è da ritenersi viziante nel caso in cui il contenuto degli atti impugnati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto stabilito, quand'anche detto preavviso avesse consentito ai ricorrenti un’ulteriore fase partecipativa, sicché ricorre l'effetto sanante di cui all'art. 21-octies della succitata l. n. 241 del 1990, a mente del quale il provvedimento amministrativo non è annullabile per mancato avviso del procedimento, quando l'Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dell'atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, (TAR Molise-Campobasso, sez. I, 02.04.2008, n. 113; TAR Campania-Napoli, sez. III, 08.08.2008 , n. 9932; TAR Lazio-Roma, sez. III, 11.09.2008, n. 8262; TAR Basilicata-Potenza, 27.11.2008 , n. 901; TAR Sicilia-Palermo, sez. I, 23.04.2008 n. 514).
Peraltro, l’effetto sanante di cui all’art. 21-octies non può prodursi allorquando il provvedimento negativo, viziato dall’omissione del preavviso di rigetto, sia fondato sull’asserita mancanza di documentazione a corredo dell’istanza oppure sulla parziale inidoneità di quella presentata per mancanza di elementi ritenuti essenziali che avrebbero dovuto essere nella medesima contenuti.
In primo luogo, l’effetto sanante si verifica solo se l’amministrazione riesca a provare in giudizio che il contenuto dell'atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; ciò presuppone evidentemente o la natura assolutamente vincolata del provvedimento, oppure che, anche sulla scorta degli elementi che la parte avrebbe potuto apportare a sostegno della pretesa avanzata, la valutazione finale dell’amministrazione non avrebbe potuto essere diversa.
Tale presupposto, peraltro, non può sussistere nelle ipotesi in cui l’amministrazione ritenga di emettere un provvedimento negativo per l’asserita mancanza di documentazione essenziale o per inidoneità di quella presentata.
Esclusa la natura vincolata del provvedimento da adottare, proprio in tali ipotesi si ravvisa la necessità del preavviso di rigetto la cui finalità è esattamente quella di offrire la possibilità all’interessato di comprendere i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e di porvi rimedio, nella specie mediante l’integrazione documentale o l’apporto di chiarimenti in merito al contenuto della documentazione presentata, in grado di consentire all’amministrazione di giungere ad una diversa e più favorevole valutazione della domanda (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 15.04.2009 n. 625 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Termine prescrizione sanzioni pecuniarie.
La sanzione pecuniaria di cui all'art. 167 D.Lv. 42/2004 è soggetta alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 della legge n. 689/1981 ancorché per altri aspetti (ad es. il regime delle impugnazioni) quest’ultima legge non si consideri applicabile (TAR Umbria, Sez. I, sentenza 03.04.2009 n. 176 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condominio - Opere strettamente pertinenziali all’unità immobiliare del singolo condomino - Concessione edilizia - Consenso degli altri partecipanti alla comunione - Necessità - esclusione.
Il singolo condomino, in virtù del combinato disposto degli artt. 1102 c.c. (facoltà del comunista di servirsi delle cose comuni), 1105 c.c. (concorso di tutti i condomini alla cosa comune) e 1122 c.c. (divieto al condomino di realizzare opere che danneggino le cose comuni), può ottenere a proprio nome la concessione edilizia per un'opera da realizzare sulle parti comuni di un edificio senza chiedere il consenso degli altri condomini, sempre che le opere siano strettamente pertinenziali all'unità immobiliare.
Pertanto in tali casi il condòmino può apportare al muro perimetrale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condòmini, ivi compreso l’inserimento nel muro di elementi ad esso estranei e posti al servizio esclusivo della sua porzione, purché non impedisca agli altri condòmini l’uso del muro comune e non ne àlteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità (TAR Abruzzo-L’Aquila, Sez. I, sentenza 24.03.2009 n. 221 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9, L. n. 447/1995 - Presupposto - Esposto di una sola famiglia - Sufficienza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del 1995, sull’inquinamento acustico, può essere adottata anche a seguito dell’esposto di una sola famiglia, costituendo la predetta ordinanza l’ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819 e 02.04.2008 n. 715) (TAR Marche, Sez. I, sentenza 23.03.2009 n. 143 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Differenza tra tettoia e pergolato - Trasformazione urbanistica del territorio - Permesso di costruire, DIA e normativa antisismica.
La realizzazione di una tettoia in quanto opera di trasformazione urbanistica del territorio non rientrante nella categoria delle pertinenze è subordinata al rilascio della concessione edilizia ed attualmente del permesso di costruire (Cass. pen. sez. 3 n. 22126 del 03.06.2008).
A differenza del pergolato che è una struttura aperta sia lateralmente che nella parte superiore, la tettoia, invero, può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta quindi l’abitabilità dell'immobile (Cass. sez. 3 n. 19973 del 19.05.2008).
Non c'è dubbio, comunque, che il rilascio di una DIA o anche del permesso di costruire non escluda gli adempimenti richiesti dalla normativa antisismica.
Tettoie - Permesso di costruire - Equiparazione di una tettoia ad un pergolato - Esclusione.
E' pacifico che il titolo abilitativo richiesto per le tettoie è il permesso di costruire (a differenza del pergolato essa può essere utilizzata anche come riparo).
E' illegittima pertanto l'equiparazione della tettoia ad un pergolato e conseguentemente la ritenuta validità della DIA rilasciata (Corte di cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.03.2009 n. 10534 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: L’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale ben rientra nelle competenze della giunta municipale mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale trattandosi, in ultima analisi, di un atto di programmazione e di indirizzo.
La redazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale (predisposto sulla base delle proposte, delle informazioni, dei dati e delle esigenze prospettate dal responsabile del procedimento) ha la natura di un atto di impulso e di proposta, destinato proprio a sollecitare la valutazione dell'interesse pubblico concreto ed effettivo al fine di scegliere fra i vari interventi proposti quelli necessari, sotto il profilo dell'opportunità e dell'adeguatezza; si tratta perciò di un mero intendimento unilaterale che, per poter assurgere a programma definitivo di opere da realizzare (non è un caso che la legge preveda espressamente l'approvazione dell'elenco annuale degli interventi da effettuare), deve poter essere sottoposto al giudizio ed al controllo della stessa collettività, finalità che si realizza in modo diffuso attraverso la sua pubblicità mediante affissione nella sede dell'amministrazione (ovvero all'albo pretorio nel caso del Comune) e mediante la predisposizione delle altre forme di pubblicità ritenute adeguate dall'amministrazione stessa.
L'approvazione definitiva del programma dei lavori, unitamente all'elenco annuale, non costituisce, d'altra parte, una mera presa d'atto dello schema originariamente proposto, ma implica da parte dell'organo competente la valutazione delle proposte risultanti dallo schema, previo confronto con le osservazioni eventualmente formulate dagli interessati grazie alla pubblicità dello schema, per giungere quindi alla "giusta" e legittima individuazione e determinazione delle opere da realizzare nell'anno.
Ad avviso della Sezione, con riferimento ad un’amministrazione comunale, l’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale, quale atto di proposta e di impulso, ben rientra nelle competenze della giunta municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto legislativo, trattandosi in ultima analisi di un atto di programmazione e di indirizzo.
Peraltro una simile ripartizione di competenze ben si attaglia allo stesso schema procedimentale sopra esaminato, spettando solo all’organo consiliare la valutazione delle proposte operate dalla giunta municipale e delle osservazioni svolte dagli interessati, per giungere alla concreta individuazione dei bisogni della collettività e alla loro corretta soddisfazione, che deve avvenire nella contrapposizione dialettica tra maggioranza e opposizione che solo nella sede consiliare può realizzarsi (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 14.12.2002 n. 6917 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 04.06.2009

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QUESITI

ENTI LOCALI: Recupero alloggio di proprietà comunale su finanziamenti pervenuti.
Il Comune nel 2006 ha concesso ad una cittadina indigente, sfrattata per morosità, un alloggio di proprietà comunale, di cui ora intende riacquisire la disponibilità essendo il medesimo destinato ad un intervento di recupero per adibirlo a residenza per anziani ultrasessantacinquenni, fruendo dei finanziamenti previsti dal “Programma casa” della Regione Piemonte.
Nel frattempo l’ospite ha ottenuto un lavoro a tempo determinato che le garantisce un reddito minimo (circa 600 euro mensili) e dal luglio prossimo maturerà diritto a pensione di quiescenza. Peraltro continua a non rimborsare al Comune le spese di utenza per riscaldamento, acqua, luce e gas.
Poiché il Comune ha richiesto la restituzione dell’alloggio, si delinea un contenzioso fra il Comune che sostiene che l’occupazione stia proseguendo senza alcun titolo e la cittadina che lamenta presunti danni biologici e materiali per essere stata “collocata provvisoriamente” nell’alloggio suddetto, senza che l’Ente si sia attivato per reperirle un alloggio più confacente (meglio se di EPP ed a canone adeguato) nonché una occupazione appropriata.
Ciò premesso, il Comune pone la seguente serie di domande:
a) Quali obblighi ha il Comune in materia verso una persona comunque disponente di un reddito?
b) Quali procedure di sgombero dell'alloggio comunale potrebbe adottare il Comune nei confronti del suddetto soggetto?
c) A quali conseguenze va incontro il Comune che promuove azione giudiziaria di pignoramento del compenso mensile della signora (compenso che le serve probabilmente anche per il vitto) e azione giudiziaria per lo sgombero dell'alloggio comunale occupato?
d) Fino a che punto il Comune è tenuto ha reperire una casa ad un soggetto che potrebbe invece autonomamente ricercarsi una nuova sistemazione, in presenza di un suo specifico reddito minimo vitale?
e) Vi sono danni a cui va incontro il Comune in caso di mantenimento di tale situazione, oppure danni che la signora può addebitare al Comune per sloggiarla dall'abitazione comunale? (Regione Piemonte, parere 47/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Nozione di rifiuti, pneumatici fuori uso.
Il Comune (omissis) chiede se dei pneumatici usati, posizionati direttamente sul terreno a delimitazione di un percorso di Kart-cross debbano essere considerati rifiuti (dato che il gestore di tale attività non appare in condizione di dimostrarne la provenienza) (Regione Piemonte, parere 42/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Rimborso canoni depurazione già riscossi.
 Il Comune (omissis), con nota telematica del 03.03.2009, ha proposto un quesito in merito alla dibattuta applicazione dei canoni di depurazione delle acque reflue in assenza di servizio di depurazione attivato, anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 335 dell’08.10.2008, in particolare per quanto attiene all’eventuale rimborso dei canoni già riscossi (Regione Piemonte, parere 29/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 22 dell'01.06.2009, "Determinazioni inerenti le modalità di erogazione di contributi ai Comuni per la formazione dei Piani di Governo del Territorio" (deliberazione G.R. 20.05.2009 n. 9481 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: G.U. 30.05.2009 n. 124, suppl. ord. n. 83/L, "Regolamento recante «Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l’identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 03.04.2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo»" (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, decreto 14.04.2009 n. 56).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Rilancio dell'edilizia, varato il Progetto di legge dalla Giunta regionale.
La Giunta regionale ha varato il Progetto di legge per il rilancio dell'edilizia, proposto dal presidente Roberto Formigoni, di concerto con l'assessore al Territorio e Urbanistica, Davide Boni. "Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia" è il titolo completo del testo, che fa seguito all'Intesa siglata dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali il 1° aprile scorso (link a www.regione.lombadia.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Sugli incentivi PA taglio da gennaio. Il parere dell'Avvocatura Generale dello Stato (articolo 02.06.2009 di Il Sole 24 Ore, pag. 33 - link a http://rassegnastampa.formez.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Appalti con proroga limitata. Abolito il rinnovo, mentre la nuova aggiudicazione è possibile se prevista dal bando originario (articolo 01.06.2009 di Il Sole 24 Ore - link a http://rassegnastampa.formez.it).

VARI: Dalla Presidenza del Consiglio la Posta elettronica certificata.
Al cittadino che ne fa richiesta la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie) assegna un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), che consente l'invio di documenti per via telematica.
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25.05.2009 il Decreto del Presidente del Consiglio sulle disposizioni di rilascio e sull'uso della PEC.
L'attivazione della PEC e le comunicazioni che per essa transitano sono senza oneri per il cittadino. Da parte loro le Pubbliche amministrazioni: istituiscono una casella di PEC per ogni registro di protocollo e ne danno comunicazione al CNIPA (organo pubblico preposto al controllo della posta elettronica certificata) che provvede alla pubblicazione in rete consultabile per via telematica; includono gli estremi di eventuali pagamenti per ogni singolo procedimento; rendono disponibili sul loro sito istituzionale ogni tipo di informazione idonea a consentire l'inoltro i istanze da parte dei cittadini titolari di PEC; sono tenute ad accettare le istanze dei cittadini inviate tramite PEC.
Per l'individuazione dell'affidatario del servizio di PEC il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie avvia apposite procedure di gara di evidenza pubblica, e definisce le caratteristiche tecniche del servizio, i livelli di servizio garantiti, gli obblighi dell'affidatario, nonché gli ulteriori servizi da mettere a disposizione.
L'affidatario del servizio di PEC deve rendere consultabili alle Pubbliche amministrazioni, in via telematica, gli indirizzi di PEC, rispettando i criteri di qualità, sicurezza ed interoperabilità definiti dal CNIPA, nonché la disciplina in materia di tutela dei dati personali (link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: S. Lazzini, In merito all’articolo 48 del codice dei contratti (ndr: comprova possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa) (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: G. Lentini, Risarcimento del danno da ritardo nell’esercizio delle funzioni da parte della pubblica amministrazione (link a www.diritto.it).

URBANISTICA: C. Aprile, Pianificazione urbanistica e territoriale in presenza di attività a rischio di incidente rilevante (link a www.diritto.it).

APPALTI: C. Ferro, Il contrasto giurisprudenziale sulla natura della DIA Decisione del C.d.S n. 717, sezione VI, del 2009 e 5811, sezione IV, del 2008 (link a www.diritto.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Linee guida per l'utilizzo del criterio del'offerta economicamente più vantaggiosa nelle procedure previste dall'articolo 153 del Codice dei contratti pubblici (determinazione 20.05.2009 n. 4 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Procedure di cui all'articolo 153 del Codice dei contratti pubblici: linee guida per i documenti di gara (determinazione 20.05.2009 n. 3 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Servizi di pulizia - Bando di gara - Obbligo di indicare a pena di esclusione numero di codice cassa edile ovvero diverso tipo di contratto applicato - Mancata indicazione tipologia contratto collettivo - Esclusione - Va disposta - Clausola non attinente al tipo di appalto.
Ritenuto in diritto.

L’art. 3 del disciplinare della gara in esame prevede quanto segue: “a pena di esclusione e fatta salva ogni successiva verifica le imprese, per essere ammesse a partecipare, dovranno compilare, in ogni sua parte, la domanda di partecipazione di cui allo schema allegato al presente disciplinare di gara, con la quale dovranno dichiarare, tra l’altro, quanto segue”. Tra i dati richiesti è presente il “numero di codice Cassa edile (oppure se l’impresa non è tenuta all’iscrizione alla Cassa Edile, indicare il diverso tipo di contratto applicato)”.
La Commissione di gara, escludendo l’istante dal prosieguo della procedura di gara ha agito correttamente, in quanto ha applicato la clausola della lex specialis che sanziona la non indicazione da parte dei partecipanti del tipo di contratto collettivo con l’esclusione. E’ stato infatti in più occasioni ribadito da questo Autorità come la Commissione di gara non può disattendere o disapplicare la lex specialis di gara, in violazione della par condicio di gara (cfr. parere 31.07.2008 n. 208).
Si rende necessario in ogni caso evidenziare come l’obbligo di indicare il numero di codice cassa edile è un informazione attinente al settore dei lavori pubblici che, pertanto, non è pertinente all’appalto in oggetto. La necessità di fornire l’indicazione di un tipo diverso di contratto applicato (che nell’appalto in esame è presumibilmente quello del settore pulizia) poteva, dunque, essere poco chiara anche in considerazione del fatto che essa era indicata in via subordinata e posta tra le parentesi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la disposta esclusione dell’istante è conforme alla lex specialis di gara, ma la clausola del bando che richiede di indicare il numero di codice della Cassa edile non appare pertinente all’appalto in oggetto (parere 23.04.2009 n. 50 - link a massimario.avlp.it).

dossier ABUSI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: L'accertamento di conformità ex art. 36 Testo Unico Edilizia è inapplicabile nel caso di opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico.
Va richiamato il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui <<la procedura di accertamento di conformità ora divisata dall’art. 36 del T.U. sull’edilizia di cui al D.P.R. n. 380 del 2001 è inapplicabile al caso di opere come quella in controversia realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 146 del D. L.vo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali): e ciò perché per le opere comportanti aumento di volumetria l’autorizzazione paesaggistica –la quale ovviamente condiziona l’accertamento– non può essere rilasciata ex post dall’autorità preposta alla tutela del vincolo>> (C.d.S., Sez. IV, 08.10.2007, n. 5203; cfr., altresì, Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 25.10.2006, n. 8977) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 05.05.2009 n. 2358 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La repressione dell'abuso edilizio disposta a distanza di tempo esige una congrua motivazione.
Per giurisprudenza consolidata, infatti, la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi.
In tali casi, infatti, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 04.03.2008, n. 883) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 05.05.2009 n. 2357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier ATTI AMMINISTRATIVI

ATTI AMMINISTRATIVI: E' riconosciuto il diritto di copia degli elaborati che compongono gli strumenti  di piano regolatore in corso di approvazione al solo consigliere comunale.
Il punto di partenza è l’art. 24, co. 1, l. 241/1990 che stabilisce che “il diritto di accesso è escluso (…) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.
La legge generale sul procedimento amministrativo esclude dal suo ambito di applicazione l’attività dell’amministrazione volta alla approvazione degli strumenti di piano non perché non sia possibile alcun tipo di accesso ad essi, ma perché la trasparenza degli atti volti all’emanazione del piano –che era possibile già prima della l. 241/1990- continua ad essere disciplinata dalle norme speciali che la regolavano.
Le norme speciali in parola si risolvono, in particolare, nell’art. 9 l. 1150/1942 che, al co. 1, dispone che “il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge”.
Gli atti dei procedimenti amministrativi generali volti all’approvazione degli strumenti di piano, pertanto, sono accessibili agli interessati nelle forme del deposito al pubblico del progetto, della pubblicazione dell’avvenuto deposito, della visione dello stesso da parte di ogni soggetto interessato. Non è previsto, pertanto, un diritto di effettuare copia dei documenti che compongono il piano in corso di approvazione.
La circostanza che non sia previsto il diritto di copia non sta a significare che l’accesso di cui alla l. 1150/1942 sia un minus rispetto all’accesso di cui alla l. 241/1990, e che quindi le norme della l. 1150/1942 debbano essere interpolate con quelle dedicate all’accesso nella l. 241/1990 per garantire la conformità della procedura di pubblicazione degli strumenti di piano alle regole generali in tema di trasparenza dell’azione amministrativa, come sembrerebbe suggerire il ricorrente.
In realtà, infatti, la procedura di pubblicazione degli strumenti di piano di cui alla l. 1150/1942, se da un lato attribuisce al cittadino qualcosa in meno rispetto all’accesso di cui alla l. 241/1990 (in particolare, il diritto di copia), dall’altro garantisce qualcosa in più rispetto alla procedura prevista dalla legge generale sul procedimento amministrativo, in quanto prevede una procedura più garantita ed articolata che passa anche attraverso la pubblicazione sugli strumenti di conoscenza legale conosciuti dal nostro ordinamento. La disciplina dell’accesso agli strumenti di piano, quindi, è modellata sulle particolarità di tali procedure amministrative, che - proprio perché interessano potenzialmente un numero indeterminato di soggetti che sono titolari di situazioni soggettive che l'amministrazione deve regolare in modo uniforme con efficacia generale - suggeriscono di prevedere per esse forme di conoscenza legale, mentre escludono che il diritto alla visione degli atti sia accompagnato dal diritto all’estrazione di copia.
Nello stesso senso si è pronunciata la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi con il parere del 03.03.1997, n. 28, nel quale si afferma che, essendo il piano regolatore generale un atto di pianificazione, gli atti preparatori necessari alla sua formazione non sono accessibili fino a quando il procedimento non si è concluso, ossia fino alla sua approvazione da parte della Regione; tuttavia, si specifica nel parere, con il deposito del piano regolatore generale presso la segreteria comunale per 30 giorni affinché chiunque possa prenderne visione e presentare osservazioni, si intende realizzata la pubblicazione ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. n. 352 /1992.
La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi è tornata sulla questione in data 27.03.2003 ed ha riconosciuto il diritto di copia degli elaborati che compongono gli strumenti di piano in corso di approvazione al solo consigliere comunale, sul rilievo che il diritto del consigliere è oggetto della disciplina speciale delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che, non escludono nessun atto dall'accesso in base al contenuto (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 814 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE

EDILIZIA PRIVATA: E' legittimo l'operato del comune che, in presenza di una diversità di destinazione d'uso dell'immobile, determina la liquidazione dei contributi urbanistici in base ai parametri previsti per la categoria di destinazione prevalente.
Risulta che l’unità immobiliare, prima destinata a negozio (attività commerciale), è stata frazionata e trasformata internamente (con opere) al fine di adibirla in parte ad uffici ed in parte ad ambulatorio veterinario.
Ciò posto l’intervento di cui si tratta si configura come modifica della destinazione d’uso con opere.
In tal caso l'esistenza di un’attività edilizia finalizzata alla modificazione dell’edificio comporta uno iatus con la precedente situazione consentendo l'imposizione di contributi ( si veda C. St. V 1208 del 30.10.1997; V Sez. 06.06.1996 n. 666, che affermano essere è legittimo l'operato del Comune che, in presenza di una diversità di destinazione d'uso dell'immobile, determina la liquidazione in base ai parametri previsti per la categoria di destinazione prevalente; TAR Brescia, n. 251/23.04.2001 che afferma la rilevanza ai fini della determinazione dei contributi urbanistici, della destinazione d’uso degli immobili, in quanto gli oneri sottesi all' intervento edilizio sono giustificati dai costi e dai vantaggi reciproci che derivano alla collettività e al concessionario dalla trasformazione del territorio).
In giurisprudenza è stato poi ripetutamente affermato che il mutamento della destinazione d'uso necessita di concessione edilizia e comporta l'obbligo di corrispondere al comune il contributo nella misura rapportata alla nuova destinazione.
Inoltre la legislazione nazionale e regionale in materia di contributi lasciano alla Regione ampi margini di discrezionalità nell’individuazione dei presupposti degli oneri di urbanizzazione e non prevedono l’esenzione degli interventi edilizi di trasformazione di volumi preesistenti ( Si veda C. St. IV, n. 2163/2006).
Occorre ricordare che la nozione del contributo per oneri di urbanizzazione, in giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, V Sez., 23.05.1997 n. 529) è definita come "un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae, cosicché l'uso dà la giustificazione giuridica dell'an debeatur, mentre le modalità dell'uso danno la ragione del quantum".
La causa giuridica della debenza del contributo va ricercata quindi anche nell'utilità che la nuova costruzione trae dalle opere di urbanizzazione già esistenti (sent. TAR BZ n. 59/2000).
Quindi, anche con riferimento a quanto elaborato in giurisprudenza (cfr. CS, Sez. V, 23.05.1997 n. 529) i contributi di urbanizzazione non sono strettamente riferiti all’impatto del singolo intervento, essendo rimessa all’autorità preposta l’individuazione della tipologia degli interventi edilizi da assoggettare al contributo in relazione all’insieme dei benefici connessi all’urbanizzazione complessiva, ivi compresa quella preesistente, relativa all’intera zona (TAR Emilia-Romagna, Sez. II, sentenza 06.04.2009 n. 395 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: No alle antenne per telefonini in zona a vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta.
Il vincolo cimiteriale si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare (TAR Toscana, Sez. I, ordinanza 20.05.2009 n. 397 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Il potere di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche attribuito al Ministero per i Beni e le Attività Culturali non comporta un riesame complessivo delle valutazioni tecnico discrezionali compiute dalla Regione (o dall’ente locale subdelegato), tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione dalla Regione (o dall’ente locale subdelegato), ma si estrinseca in un controllo di legittimità sull’operato dell'amministrazione delegata (o subdelegata) autorizzante.
I
l potere di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche attribuito al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e disciplinato ora in via transitoria, in attesa dell’entrata in vigore del nuovo procedimento volto al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, dall'art. 159 del decreto legislativo 22.01.2004 n. 42, non comporta un riesame complessivo delle valutazioni tecnico discrezionali compiute dalla Regione (o dall’ente locale subdelegato), tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione dalla Regione (o dall’ente locale subdelegato), ma si estrinseca in un controllo di legittimità sull’operato dell'amministrazione delegata (o subdelegata) autorizzante, che peraltro può riguardare tutti i possibili vizi di legittimità incluso l'eccesso di potere nelle sue diverse forme (cfr. Corte Costituzionale, 07.11.2007, n. 367; Tar Campania, Napoli, Sez. IV, 17.02.2009, n. 832) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 18.05.2009 n. 2667 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla non applicabilità dell'art. 10-bis della legge 241 al procedimento disciplinato dall'art. 159 del dlgs 42/2004.
La disposizione di cui all'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 è testualmente applicabile <<nei procedimenti ad istanza di parte>>.
Il procedimento statale di verifica della legittimità dell'autorizzazione paesaggistica comunale, secondo lo schema delineato dall'articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004 è invece un procedimento che viene attivato d’ufficio da parte dell'amministrazione che ha rilasciato l'autorizzazione, con l'immediata trasmissione degli atti alla Sovrintendenza.
Inoltre, la funzione di tale procedimento non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento favorevole, ma quella di scrutinare la legittimità dell'autorizzazione rilasciata dalla competente amministrazione.
Il relativo provvedimento finale non è dunque rivolto nei confronti del privato richiedente, ma nei confronti di tale amministrazione.
L’articolo 10-bis della legge n. 241/1990 non è pertanto applicabile al procedimento disciplinato dall'articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004 (cfr. TAR Campania Salerno, sez. II, 30.03.2006, n. 346; TAR Sardegna Cagliari, sez. II, 10.03.2008, n. 387)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 18.05.2009 n. 2667 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'istituto compensativo previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs. 163/2006 (già art. 26 L. 109/1994) negli appalti a prezzo chiuso.
Sulla legittimità della scelta del decreto ministeriale che, per la rilevazione dell'aumento dei prezzi, fa riferimento all'indice FOI, redatto annualmente dall'ISTAT.

Nell'appalto a prezzo chiuso il meccanismo di adeguamento del prezzo contrattuale previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs. 163/2006 (già art. 26 L. 109/1994), la finalità principale dell'istituto compensativo oltre che della stabilizzazione della spesa pubblica, attraverso l'ancoraggio del prezzo contrattuale alla indicata soglia di inflazione, è stata quella di prevedere un meccanismo di normale rivalutazione del prezzo contrattuale, al fine di mantenere pressoché inalterato nel tempo il potere d'acquisto della moneta nello stesso espressa.
Il legislatore ha rimesso alla potestà del Ministero delle infrastrutture di rilevare annualmente lo scostamento tra tasso d'inflazione programmato e tasso di inflazione reale, senza altro aggiungere in ordine ai parametri cui far riferimento per tale determinazione. Nel silenzio sul punto della legge appare non irragionevole la scelta ministeriale di legare detto tasso inflattivo ad un parametro di indubbia rilevanza generale, in quanto utilizzato dall'ISTAT per rilevare l'andamento della inflazione reale del Paese; e cioè l'indice FOI, espressivo dell'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati e degli operai (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.05.2009 n. 3003 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Sulla proroga dei contratti pubblici.
La proroga dei contratti proprio per la sua potenziale nocività nei confronti dei principi dell'evidenza pubblica e della salvaguardia della concorrenza non è un istituto stabile dell'ordinamento ma è stata prevista dall'art. 23 della l. 62/2005 soltanto nella fase transitoria successiva all'abrogazione dell'istituto del rinnovo (ed anche in tale fase risultava circondata da particolari garanzie, come la durata non superiore a sei mesi e la celere pubblicazione del bando di gara) sicché oggi essa risulta persino priva della necessaria base normativa. La conseguenza è che questa è teorizzabile, ancorandola al principio di continuità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), nei soli, limitati ed eccezionali, casi in cui per ragioni obiettivamente non dipendenti dall'Amministrazione vi sia l'effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2882 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Costituisce un preciso dovere delle stazioni appaltanti, volto a garantire anche la posizione dei partecipanti alle pubbliche gare, la previa definizione dell'oggetto della gara.
La pubblica amministrazione, al pari di qualsiasi altro contraente, allorché si rivolge al mercato (impegnandosi nei confronti dei soggetti che vi operano) deve aver preventivamente chiarito l'ambito dei bisogni da soddisfare. Ciò tanto più ove si consideri che il meccanismo privilegiato di scelta del contraente (la gara aperta) non consente aggiustamenti della domanda nel corso della procedura ed è anzi presidiato dal principio di immodificabilità dell'offerta, che ovviamente presuppone altrettanta tendenziale rigidità sul piano della domanda. Pertanto, non v'è dubbio che quello della previa definizione dell'oggetto della gara sia un preciso dovere delle stazioni appaltanti, volto a garantire anche la posizione dei partecipanti alle pubbliche gare. Ciò ovviamente non significa che sia radicalmente esclusa la possibilità di revoca in ragione di superiori (e normalmente sopravvenute) esigenze di interesse pubblico. Vuol dire soltanto che il sistema impone che la revoca (costituendo un evento non conforme alla fisiologia del contrarre) costituisca davvero un'eccezione alla regola, il che non può appunto essere se il mutamento di avviso ha luogo a causa di una non meditata previa definizione dell'oggetto del contrarre (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2882 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILa stazione appaltante può derogare alla procedura semplificata.
In una gara di appalto pubblico la stazione appaltante può imporre la produzione di documenti al posto delle autocertificazioni; così facendo ottiene una più sicura efficacia probatoria e si libera dell'aggravio derivante dalla verifica delle autodichiarazioni.

E’ ben consapevole la Sezione che, nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici, il principio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis un efficace presidio a garanzia della par condicio tra i partecipanti può essere oggetto di temperamenti, perché del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d’appalto va scongiurata un’applicazione meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica (in tal senso, Consiglio di Strato, V, 22.06.2004, n. 4347).  
L’applicazione indiscriminata alle gare d’appalto della normativa in materia di semplificazione amministrativa può infatti portare ad una inammissibile violazione del principio della par condicio competitorum le quante volte gli atti generali che compendiano le regole di gara non abbiano espressamente previsto (anche a mezzo di generica dichiarazione di equipollenza) la possibilità di attingere a tale modalità semplificata ai fini della dimostrazione di fatti rilevanti ai fini partecipativi. Il meccanismo competitivo proprio della gara d’appalto è infatti tale per cui la lettera della lex specialis non è passibile di interpretazioni estensive, dato che le stesse si tradurrebbero in una violazione procedimentale in danno di quei concorrenti che si sono allineati alla legge di gara in modo pedissequo, osservandone alla lettera le prescrizioni. Se il capitolato d’appalto prescrive, come appunto nello specifico, che la potenza dei mezzi può essere provata soltanto con la produzione di determinati documenti, ammettere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (peraltro a prescindere da una specifica impugnativa avverso la clausola di lex specialis prescrittiva dell’obbligo incondizionato e dal conseguente giudizio sulla ragionevolezza di detta clausola) significherebbe forzare inammissibilmente il meccanismo delle regole di gara.
Peraltro, la scelta della stazione appaltante di non contemplare tra la documentazione di gara le dichiarazioni sostitutive –nella specie <di fatto notorio>, ai sensi dell’art. 47 DPR cit.- potrebbe iscriversi in una ragionevole logica di speditezza procedimentale. Non si dubita, infatti, che la dichiarazione sostitutiva impone un controllo postumo (quantomeno a campione) su quanto dichiarato dal concorrente, che diviene obbligatorio e puntuale nella ipotesi in cui quest’ultimo viene ad assumere, in esito alla gara, le vesti dell’aggiudicatario. Ora, non par dubbio che tanto costituisca un aggravamento degli oneri procedimentali e che ragionevolmente la stazione appaltante, nell’esercizio dei margini di discrezionalità propri della fase della fissazione delle regole di gara, potrebbe orientarsi per una limitazione del ricorso alle dichiarazioni sostitutive, proprio a mezzo di previsioni imponenti la esibizione fin da subito di documentazione dalla più sicura efficacia probante
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimazione, o meno, della ditta legittimamente esclusa, ad impugnare gli atti di gara.
Il tema è quello, ampiamente noto in giurisprudenza, dell’interesse ad impugnare gli atti di gara (ed in primis, l’aggiudicazione ad altri) da parte del soggetto che sia stato legittimamente escluso dalla gara.
Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. per tutte, Consiglio di Stato, V, 13.09.2005 n. 4692; Consiglio di Stato, V, 21.11.2007 n. 5925) un tale interesse non potrebbe sussistere in capo al soggetto legittimamente escluso, dato che quest’ultimo all’esito dell’accertamento in ordine alla legittimità della sua esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali; il suo interesse, da qualificare quale interesse di mero fatto, non sarebbe diverso, secondo tale approccio interpretativo, a quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non avrebbe titolo ad impugnarne gli atti, pur essendo titolare di un interesse (di mero fatto) alla caducazione dell’intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di nuova gara.
Secondo un più recente approccio interpretativo (Consiglio di Stato, V, 04.06.2008 n. 2629) l’interesse del soggetto legittimamente escluso dalla selezione non potrebbe invece ritenersi insussistente, quantomeno in ordine alla prospettazione di quelle censure che potrebbero portare a travolgere l’intera competizione. In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione vale a fondare il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell’interesse strumentale alla riedizione della gara nonché a rimarcare la differenza rispetto al non partecipante (che di quel titolo è pacificamente sfornito).
Ma anche in tale ultima prospettiva interpretativa, e salvo il caso in cui vengano dedotti vizi inficianti l’intera procedura di gara (in cui l’interesse strumentale alla rinnovazione della competizione emerge in modo appariscente), è chiaro che l’impresa legittimamente esclusa da una gara d’appalto, intanto può avere interesse, nell’ottica della rinnovazione della selezione, a contestare l’aggiudicazione ad altri dell’appalto, in quanto dimostri che nessun altro concorrente aveva titolo a parteciparvi e/o a restarne aggiudicatario.
Tuttavia nella specie ciò non si è verificato, dato che l’appellante si è limitata a reiterare censure (involgenti il preteso difetto di titolo partecipativo o comunque la inidoneità a risultare aggiudicatari) all’indirizzo dei singoli soggetti vincitori della selezione in relazione ai distinti settori in cui l’appalto è stato suddiviso; ma tanto non è certamente sufficiente, per quel che si è detto, a dimostrare l’interesse alla renovatio della intera procedura di gara, attesa -a tacer d’altro– la mancata estensione di tale impugnativa a tutti gli altri concorrenti, aventi gradatamente titolo a subentrare nella posizione dell’aggiudicatario eventualmente rimosso
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: L'amministrazione deve esplicitare le ragioni che la inducono ad utilizzare lo strumento concorsuale anziché quello della mobilità.
Con riferimento alle modalità di copertura dei posti vacanti presso amministrazioni pubbliche, il collegio osserva che lo strumento della mobilità di personale già in servizio ormai affianca quello del pubblico concorso; ciò è consentito dall’art. 97 Cost., il cui terzo ed ultimo comma espressamente fa salvi, nello stabilire la regola secondo cui “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”, i "casi stabiliti dalla legge"; pertanto, di per sé la scelta concorsuale non deve ritenersi meglio rispondente all’esigenza di garantire il controllo delle capacità dei candidati al posto da ricoprire.
Infatti, tale esigenza viene salvaguardata anche nei casi in cui si ricorra alle procedure di mobilità, atteso che i dipendenti già in servizio, nella generalità dei casi, hanno anch'essi superato un apposito concorso teso a saggiare la loro competenza in materia, hanno avuto modo di maturare esperienze professionalmente formative e di dimostrare "sul campo" il possesso delle richieste capacità. Orbene, anche per il personale sanitario la copertura dei posti per mobilità ha priorità rispetto ad altri tipi di conferimento dei posti stessi, salvo che per motivate esigenze di servizio la USL non ritenga di operare diversamente (cfr.: Consiglio di stato, Sez. V, 09.05.2000, n. 2659; Cons. Stato, Sez. V, 02.01.1997 n. 26; 06.06.1996 n. 677; 21.07.1995 n. 1131; 05.05.1993 n. 550).
Si è affermato, infatti, che il trasferimento a domanda si configura quale strumento di una più soddisfacente distribuzione del personale già in servizio, nell'interesse del migliore andamento dell'azione amministrativa, dovendosi ritenere, in base a una comune massima d'esperienza, che il dipendente operi con maggiore profitto ove non sussistano situazioni di disagio di carattere personale e familiare. E, se è vero che possono ipotizzarsi situazioni concrete in cui l'interesse pubblico renda opportuno ricorrere allo strumento della scelta concorsuale, anziché a quello della mobilità; le peculiari ragioni di tale opzione devono, tuttavia, essere rese note dall’amministrazione al momento dell'indizione delle relative procedure concorsuali (v., in tal senso, la sentenza della terza sezione di questo Tribunale n. 289/2006) (TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 07.05.2009 n. 861 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La perdita di efficacia della concessione edilizia richiede sempre l'adozione di un atto dell'amministrazione che accerti i presupposti della decadenza e ne renda operanti gli effetti.
La decadenza di una concessione edilizia non può essere implicitamente ritenuta dall’Amministrazione, ma deve al contrario costituire oggetto di formale ed apposita contestazione.
Per giurisprudenza da ritenersi consolidata la perdita di efficacia della concessione edilizia richiede sempre l’adozione di un atto dell’amministrazione che accerti i presupposti della decadenza e ne renda operanti gli effetti, per cui è indifferente che l’atto abbia carattere dichiarativo ovvero costitutivo giacché in un caso e nell’altro la perdita di efficacia della concessione è subordinata all’esplicitazione di una potestà provvedimentale (ex plurimis, CdS V Sez., 15.06.1998 n. 834; Tar L’Aquila, 04.10.2006, n. 750; Tar Campania, Salerno Sez. II, 12.04.2005) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 23.04.2009 n. 1004 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il termine perentorio assegnato alla Soprintendenza per l'eventuale annullamento dell'autorizzazione paesaggistica si riferisca alla sola adozione e non anche alla comunicazione di tale atto.
La giurisprudenza concordemente ritiene che l’atto di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica non sia recettizio, e che pertanto il termine perentorio assegnato alla Soprintendenza per l’eventuale annullamento si riferisca alla sola adozione e non anche alla comunicazione di tale atto (Consiglio di stato, sez. VI – 22/06/2007 n. 3453; sez. VI – 09/10/2007 n. 5274; TAR Campania Napoli, sez. IV – 13/04/2006 n. 3602; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 14/03/2008 n. 931): il suddetto arco temporale si correla esclusivamente all’esercizio del potere di annullamento, sicché è necessario (e sufficiente) che entro 60 giorni il relativo provvedimento sia stato emanato, ma non anche reso noto ai destinatari.
Non sussiste, infatti, alcuna specifica indicazione normativa dalla quale possa desumersi la natura recettizia del decreto di annullamento, sicché l’ulteriore adempimento della sua comunicazione è da considerarsi afferente esclusivamente alla fase di integrazione degli effetti dell’atto, allo scopo di far decorrere il termine per l’eventuale impugnativa (TAR Campania Napoli, sez. III – 10/04/2007 n. 3193).
Neppure l’avvento dell’art. 21-bis della L. 241/1990, come modificato dalla L. 15/2005, è suscettibile di depotenziare le conclusioni raggiunte: se anche si ritiene il provvedimento di annullamento, in quanto limitativo della sfera giuridica del privato, qualificabile come atto recettizio soggetto a comunicazione individuale, non può trascurarsi l’inequivoco disposto normativo dell’art. 159, secondo il quale “Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione”. Se interviene entro il termine perentorio fissato dal legislatore l’amministrazione statale adotta un atto perfetto, mentre la comunicazione all’interessato può essere effettuata in un secondo momento, secondo l’approccio bifasico in tema di atti recettizi per cui il perfezionamento e l’acquisto dell’efficacia degli stessi sono vicende separate e possono prodursi in tempi diversi (TAR Puglia Lecce, sez. I – 07/06/2006 n. 3288).
Salva diversa previsione, della quale non vi è traccia nell’art. 159 citato, la notificazione dell’atto amministrativo al suo destinatario non incide sulla giuridica esistenza o validità dello stesso: nel caso di atto avente natura recettizia la comunicazione condiziona solo l’efficacia del provvedimento e quindi il decorso dei termini per l’impugnativa giurisdizionale (Consiglio di stato, sez. IV – 21/08/2006 n. 4860; TAR Lazio Roma, sez. II – 06/08/2007 n. 7683) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 02.04.2009 n. 776 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: Commissione di gara, incarico di consulenza tecnica e le regole da seguire.
Posto che non è individuabile un nesso tra modalità di scelta del consulente e imparzialità dell’istruttoria, le censure circa l’omessa indizione di una gara per il conferimento dell’incarico di consulenza tecnica non sono infondate ma sono inammissibili per la carenza di interesse a proporle da parte della ricorrente posto che, da una illegittima procedura di affidamento dell’incarico di consulenza, può conseguire lo svolgimento di una istruttoria procedimentale perfettamente legittima.
I partecipanti alle gare devono essere preventivamente informati, attraverso la comunicazione (secondo le modalità normativamente imposte o quelle ritenute idonee allo scopo nel caso concreto) delle notizie concernenti il luogo, i giorni e l’ora in cui si svolgeranno le sedute. La conoscenza di tali aspetti temporali e logistici rappresenta, infatti, una condizione essenziale affinché la facoltà di partecipare sia effettiva. E’, pertanto, illegittima la mancata comunicazione delle informazioni necessarie per assistere alle sedute di gara dedicate all’apertura dei plichi contenenti la documentazione richiesta per l’ammissibilità delle proposte, posto che il principio di pubblicità delle sedute di verifica della documentazione, richiesta dalle regole di gara ai fini della ammissibilità delle offerte, si applica in qualunque tipo di gara (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 18.09.2008 n. 1783 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO ALL'01.06.2009

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UTILITA'

VARI: La sicurezza nel contratto di compravendita immobiliare (maggio 2009) (link a www.notariato.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 21 del 26.05.2009, "Approvazione aggiornamento allegato 2 e allegato 3 della «Direttiva regionale per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allerta per i rischi naturali ai fini di protezione civile» approvata con d.g.r. 22.12.2008 n. 8753" (decreto D.U.O. 15.05.2009 n. 4830 - link a www.infopoint).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 18.05.2009, "Pubblicazione ai sensi dell'art. 5 del regolamento regionale 21.01.2000, n. 1, dell'elenco  dei «Tecnici competenti in acustica ambientale» riconosciuti dalla regione Lombardia alla data del 21.04.2009, in attuazione dell'art. 2, commi 6 e 7 della legge 26.10.1995, n. 447, della deliberazione 17.05.2006, n. 8/2561 e del decreto 30.05.2006, n. 5985" (comunicato regionale 08.05.2009 n. 66 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 18.05.2009, "Chiarimenti e linee guida per il rilascio e il diniego delle autorizzazioni alla trasformazione del bosco (art. 4 d.lgs. 227/2001, art. 43 l.r. 31/2008; d.g.r. 675/2005 e s.m.i." (circolare regionale 24.04.2009 n. 7 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 18.05.2009, "Determinazioni in merito alle modalità per l'approvazione dei Programmi Integrati di Intervento in variante, non aventi rilevanza regionale, da osservarsi fino all'approvazione dei Piani di Governo del Territorio (art. 25, comma 7, l.r. 12/2005 e s.m.i." (deliberazione G.R. 06.05.2009 n. 9413 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 18.05.2009, "Determinazioni in merito allo sviluppo della rete commerciale nelle zone montane e schema di convenzione con le Comunità Montane" (deliberazione G.R. 06.05.2009 n. 9401 - link a www.infopoint).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 18 del 04.05.2009, "Modifica del decreto n. 15335 del 18.12.2008 relativo alla presentazione della comunicazione per l'utilizzazione agronomica" (decreto D.G. 27.04.2009 n. 4087 - link a www.infopoint).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 18 del 04.05.2009, "Individuazione degli ambiti normativi di competenza delle guardie ecologiche volontarie" (decreto P.R.L. 21.04.2009 n. 3832 - link a www.infopoint).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

ENTI LOCALI: Direttiva n. 2/09 - Relativa all'utilizzo di internet e della casella di posta elettronica istituzionale sul luogo di lavoro - Indicazioni relative al corretto utilizzo degli strumenti ICT da parte dei dipendenti e al proporzionato esercizio del potere datoriale di controllo da parte delle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs n. 165/2001 (direttiva 26.05.2009 n. 2/2009 - link a www.innovazionepa.gov.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Circolare n. 1/09 - Relativa al decreto legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133/2008 - Art. 71 - "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" – Art. 71 – "Fasce orarie di reperibilità - Malati oncologici" (circolare 30.04.2009 n. 1/2009 - link a www.innovazionepa.gov.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: PROGETTAZIONE / L'Avvocatura Generale dello Stato interviene con un parere nella querelle tra Ragioneria e Corte conti. Incentivi, tagli non retroattivi. La riduzione colpisce solo i lavori svolti dopo l'01/01/2009.
La riduzione (dal 2 allo 0,5%) degli incentivi alla progettazione non ha efficacia retroattiva. Il che significa che la falcidia ai compensi dei tecnici comunali non si applicherà alle attività svolte prima del 1° gennaio 2009 ma non ancora pagate alla data di entrata in vigore della riforma.
L'Avvocatura generale dello stato ha risolto il contrasto interpretativo sulla decorrenza dei tagli disposti dal decreto legge anticrisi (art. 18, comma 4-sexies del dl 185/2008) che ha visto confrontarsi, con tesi diametralmente opposte, la Ragioneria dello stato e la Corte dei conti della Lombardia.
Per il dipartimento guidato da Mario Canzio la riduzione opererebbe con riferimento a tutti i compensi erogati a partire dal 1° gennaio 2009, a prescindere dal fatto che si riferiscano ad attività (redazione del progetto e del piano della sicurezza, esecuzione della direzione dei lavori, effettuazione del collaudo) svolte anteriormente a tale data. Diverso, invece, l'orientamento dei giudici contabili della Lombardia che in un parere del 24.02.2009 (n. 40) hanno sposato la tesi della irretroattività. Affermando che il taglio opera esclusivamente in relazione ad attività poste in essere successivamente al 1° gennaio 2009.
L'Avvocatura ha dato ragione alla Corte dei Conti, negando la retroattività, perché nel dl anticrisi non vi sarebbe traccia dell'intento di dettare una disposizione che estende la sua efficacia al passato.
Il principio secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire, contenuto nell'art. 11 delle cosiddette preleggi (le disposizioni sulla legge in generale che precedono il codice civile) non essendo un canone di rango costituzionale, in quanto non recepito nella Carta fondamentale, non impedisce al legislatore ordinario di emanare norme retroattive «a condizione», spiega l'Avvocatura di via dei Portoghesi, «che, secondo gli ordinari canoni ermeneutici, il dato normativo precettivo della retroattività sia chiaramente esplicato dalla disposizione che lo introduce». In pratica, l'intento di introdurre una disposizione retroattiva deve trasparire in modo chiaro ed evidente dalla lettera della norma.
Ma nel dl anticrisi una disposizione del genere non esiste. Non solo. Un'interpretazione retroattiva della norma, che applicasse il taglio anche ai lavori avviati prima del 1° gennaio 2009, nota l'Avvocatura, contrasterebbe con uno dei parametri richiesti dalla Corte costituzionale per legittimare le norme retroattive, ossia la tutela dell'affidamento legittimamente sorto (articolo 30.05.2009 di ItaliaOggi, pag. 33).

PUBBLICO IMPIEGO: La riduzione dell'incentivo ai tecnici pubblici deve essere dichiarata illegittima dal punto di vista costituzionale. E la regione Veneto ricorre alla Corte costituzionale.
È quanto chiede la regione Veneto con il ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato presso la Corte costituzionale il 02.04.2009 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 20 del 20.05.2009) che ha a oggetto la modifica apportata dal decreto legge 185/08 all'art. 61, comma 8, del dl 25.06.2008, n. 112, convertito nella legge 06.08.2008, n. 133.
Sotto accusa è la disposizione che ha previsto, con decorrenza 1° gennaio 2009, la riduzione dal 2 allo 0,5% degli importi dei compensi da destinarsi ai dipendenti pubblici che svolgono attività inerenti a un'opera o lavoro pubblico, con il conseguente obbligo di versare la differenza in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello stato.
Nel ricorso si contesta il fatto che il legislatore statale, pur non facendo espresso riferimento a regioni, enti a esse strumentali ed enti locali, laddove ha richiamato l'art. 92, comma 5, del Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), che si riferisce a tutte le amministrazioni aggiudicatrici, ha implicitamente ritenuto applicabile la riduzione a tutti gli enti, con il risultato, si legge nel ricorso, di concretizzare «una lesione delle prerogative loro costituzionalmente garantite». La regione Veneto ritiene inoltre che la norma statale sia in contrasto con il riparto delle competenze legislative delineate dall'art. 117 Cost. dal momento che la norma, modificando direttamente il Codice dei contratti pubblici (l'articolo 92, comma 5), opera in un ambito (incentivo a dipendenti pubblici) che non può essere ricondotto né alla materia della tutela della concorrenza, né a quella dell'ordinamento civile.
In sostanza, afferma la regione Veneto, «almeno per quanto attiene regioni ed enti strumentali regionali che si trovino in posizione di stazione appaltante, la disciplina dei suddetti incentivi spetta alla regione».
Per la regione Veneto non può neanche sostenersi che la riduzione dell'incentivo ai tecnici pubblici che svolgono progettazione, direzione dei lavori, collaudi e coordinamento della sicurezza possa essere dichiarata legittima sul presupposto che rientri nella competenza statale in quanto riconducibile al «coordinamento della finanza pubblica». Infatti, per consolidata giurisprudenza costituzionale, rientrano nel coordinamento della finanza pubblica le disposizioni che, da un lato si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; dall'altro che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi. La regione ritiene invece che «nessuna di tali condizioni è rispettata dalla disciplina in esame». Infine, nel ricorso si delinea anche la violazione dell'articolo 119 della costituzione per violazione dell'autonomia finanziaria della regione (articolo 30.05.2009 di ItaliaOggi, pag. 33).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Legge 353/2000 - art. 13: Cessazione impegno dei Comuni a fornire al MATTM i dati annuali sugli incendi boschivi comunali e urgenza realizzazione Catasto aree percorse dal fuoco (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, circolare 27.11.2008 n. 28096 - link a www.urbaisticatoscana.it).

VARI: Il Garante dice stop allo scontrino parlante.
A partire dal prossimo anno lo scontrino fiscale che le farmacie rilasciano all'acquisto dei farmaci per poter detrarre la spesa nella dichiarazione dei redditi, non riporterà più il nome del farmaco acquistato.
Lo ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, con un provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11.05.2009.
Lo "scontrino parlante" è in grado di rivelare informazioni sulle patologie dei cittadini e ciò potrebbe ledere la riservatezza e dignità del contribuente. L'attività istruttoria svolta dal Garante con l'Agenzia delle entrate e con i rappresentanti di Federfarma ha permesso di stabilire che il controllo sul farmaco venduto può essere effettuato attraverso l'utilizzo del "numero di autorizzazione all'immissione in commercio" (AIC) presente sulla confezione. Il codice alfanumerico, rilevabile anche mediante lettura ottica, consente infatti di identificare in modo univoco ogni singola confezione farmaceutica venduta.
I dati idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati possono essere trattati solo laddove indispensabili per lo svolgimento di attività istituzionali che non possano essere effettuate, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa. Sulla base del provvedimento del Garante, entro tre mesi l'Agenzia delle entrate dovrà fornire indicazioni per la modifica dello scontrino fiscale rilasciato per l'acquisto di farmaci.
Entro il 1° gennaio 2010 i titolari che emettono scontrini fiscali devono adeguarsi alle indicazioni dell'Agenzia, riportando sugli stessi il numero di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), oltre al codice fiscale del destinatario, alla natura e alla quantità dei medicinali acquistati (link a www.governo.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Rivoluzione Brunetta.
Il Consiglio dei ministri del 15.05.2009 ha approvato, su proposta del Ministro, Renato Brunetta, lo schema del decreto legislativo sulla riforma della Pubblica Amministrazione, che verrà trasmesso per il parere alle parti sociali attraverso il CNEL, alla Conferenza unificata e alle Commissioni parlamentari.
Il punto centrale della riforma è l'attribuzione selettiva degli incentivi economici e di carriera, in modo da premiare i più capaci e i meritevoli. Per aiutare le Amministrazioni a recepire questa nuova mentalità, è prevista la costituzione di un'apposita Commissione per la valutazione e di Organi indipendenti di valutazione, nel quadro di un programma triennale per la trasparenza e l'integrità.
La Commissione per la valutazione dovrà predisporre ogni anno una graduatoria di performance delle singole amministrazioni statali su almeno tre livelli di merito, in base ai quali la contrattazione collettiva nazionale ripartirà le risorse, premiando le migliori strutture e alimentando una sana competizione.
I dirigenti saranno responsabili della gestione delle risorse umane e della qualità e quantità del prodotto delle pubbliche amministrazioni, nonché dell'attribuzione dei trattamenti economici accessori. Quanto al controllo delle assenze, in particolare per i casi di false attestazioni di presenze o di falsi certificati medici, sono introdotte sanzioni, anche di carattere penale, nei confronti del dipendente e del medico eventualmente corresponsabile.
Infine, viene definito un catalogo di infrazioni gravi assoggettate al licenziamento, che potrà essere ampliato ma non diminuito dalla contrattazione collettiva (link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: G. Pagliari, PIANI URBANISTICI E PIANI PAESAGGISTICI: IL PROGETTO DI PAESAGGIO (link a www.pausania.it).

VARI: L'abolizione del valore legale del titolo di studio - Inquadramento e possibili prospettive.
Nel documento si analizzano le origini e la portata del “valore legale” dei titoli di studio nel nostro ordinamento e si esplorano i possibili scenari connessi ad una sua abrogazione, che aprirebbe all’introduzione anche nel nostro sistema di processo di accreditamento dei percorsi di studio propedeutici all’ammissione all’esame di abilitazione professionale (link a www.centrostudicni.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Barbiero, Problematiche relative alla procedura negoziata con gara informale utilizzabile per l’affidamento di appalti di lavori pubblici di valore compreso tra 100.000 e 500.000 euro (link a www.albertobarbiero.net).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: L. Fanizzi - S. Misceo - G. Chiesa, La gestione delle acque di dilavamento negli agglomerati urbani (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Paone, Obblighi e sanzioni in tema di produzione e deposito temporaneo dei rifiuti (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Maglia e A. Tredanari, La quantificazione economica del danno ambientale: un caso di sversamento di liquami zootecnici in acque superficiali (link a www.tuttoambiente.it).

dossier BOX

EDILIZIA PRIVATALa gratuità dell'autorizzazione prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la realizzazione di parcheggi non riguarda solo opere aggiuntive ad edifici già esistenti, ma anche quelle afferenti ad edifici di nuova realizzazione, ma a condizione che si tratti di opere pertinenziali ad essi.
Rispetto alla questione del calcolo delle aree a parcheggio, sostiene parte ricorrente la necessità di escludere dalla base di calcolo del contributo concessorio le superficie adibite a parcheggio pertinenziale a servizio dell’edificio, in applicazione all’art. 9 L. 122/1989. Il Comune, da parte sua, ha sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 9 sopra citato, in quanto “i parcheggi sono stati realizzati per soddisfare il fabbisogno di parcheggio generato dal nuovo insediamento e quindi non possono essere considerati opere di urbanizzazione”. Il Comune segue l’orientamento secondo cui il regime derogatorio che implica la gratuità del parcheggio, non sarebbe applicabile alle nuove costruzioni, richiamando la decisione del Cons. di Stato n. 5676 del 24.10.2000 sez. V, che esclude l’applicazione della gratuità per le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali deve trovare applicazione la disciplina dell’art. 2 comma 2.
La tesi del Comune non può essere condivisa.
La materia dei parcheggi è stata come noto disciplinata in modo organico dalla L. 122/1989: per quanto attiene il presente ricorso si deve ricordare che con l’art. 2 comma 2, è stata modificato il rapporto dei parcheggi obbligatori, c.d. di standard, sostituendo l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, e stabilendo che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione".
L’art. 9 ha invece introdotto il regime di favore di gratuità per i parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, nel caso di edifici esistenti e per i parcheggi pertinenziali, stabilendo che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.” Il secondo comma stabilisce poi che “l'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Secondo la più recente interpretazione “la gratuità dell'autorizzazione prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la realizzazione di parcheggi non riguarda solo opere aggiuntive ad edifici già esistenti, ma anche quelle afferenti ad edifici di nuova realizzazione, ma a condizione che si tratti di opere pertinenziali ad essi” (Cons. Stato sez. V 24.07.2007 n. 4139). La formula letterale della disposizione non opera infatti alcuna limitazione, in quanto la finalità di assicurare la realizzazione di adeguati parcheggi è presente sia quando si tratta di aggiungere idonei spazi per edifici esistenti, sia quando si tratta di realizzare nuovi edifici.
La materia è stata disciplinata anche dal legislatore regionale, in particolare agli artt. 1 e 2 della LR 22/1999 e all’art. 69, comma 1, LR 12/2005.
Prima dell'entrata in vigore della LR 12/2005, nel periodo in cui in parte si colloca la vicenda in esame, vi era una situazione di incertezza, in quanto parte della giurisprudenza, come sopra riportato, interpretava l'art. 9 della legge 122/1999 in senso restrittivo riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti; tuttavia in ambito regionale la formulazione ampia dell'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 (che non distingueva i parcheggi a seconda dell'edificio a cui sono collegati) sembrava autorizzare conclusioni diverse.
Questa seconda strada è stata ritenuta preferibile (TAR Lombardia Sez. Brescia 25.01.2007 n. 898). E’ stato infatti rilevato che “Pur senza attribuire alla sopravvenuta disposizione dell'art. 69 della LR 12/2005 il valore di norma interpretativa, si può mettere in relazione l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con l'art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il calcolo degli oneri relativi agli edifici residenziali "i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio". Quest'ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) era riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e distingueva tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si può ritenere che inserendosi in tale contesto, l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione si osserva che l'utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati.
La questione è ora positivamente risolta dall'art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale "i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito". Il comma 2 dell'art. 69 della LR 12/2005 specifica che "ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio".
Nella sentenza in esame si precisa poi che secondo la disciplina regionale contenuta nella L.R. 12/2005, all’art. 69, non è più necessaria la pertinenzialità come un requisito necessario per l'esenzione dagli oneri concessori, mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Occorre peraltro osservare che il vincolo può essere costituito anche in un momento successivo rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici la pertinenzialità è presunta, nel senso che l'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 subordina il rilascio del titolo edificatorio alla presenza di una dotazione minima di spazi aventi questa destinazione. Per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza non è quindi necessaria agli effetti urbanistici, in quanto il collegamento con l'abitazione principale emerge direttamente dal progetto complessivo dell'intervento edilizio. Il carattere automatico del vincolo può essere osservato anche sul piano civilistico, dove nel caso di riserva della proprietà degli spazi obbligatori di parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge ex lege a favore degli acquirenti un diritto reale d'uso. All'epoca dei fatti questa era la situazione consolidata. La formale stipulazione di un vincolo ha assunto rilevanza solo in conseguenza dell'art. 41-sexies comma 2 della legge 1150/1942 (aggiunto dall'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici realizzati successivamente ha stabilito il principio della libera commerciabilità dei parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez. II 24.02.2006 n. 4264) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.05.2009 n. 3751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In ambito regionale (Lombardia) la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
E' necessario stabilire se i parcheggi privati ricadano nella definizione di opere di urbanizzazione e quindi siano sottoposti al regime di gratuità previsto dagli art. 9 e 11 della legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2 della LR 22/1999. In ambito regionale la questione è ora positivamente risolta dall’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale “i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito”. Il comma 2 dell’art. 69 della LR 12/2005 specifica che “ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR 12/2005, nel periodo in cui si colloca la vicenda in esame, vi era una situazione di incertezza, in quanto la giurisprudenza interpretava l’art. 9 della legge 122/1999 in senso restrittivo riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n. 5676) ma in ambito regionale la formulazione ampia dell’art. 2 comma 2 della LR 22/1999 (che non distingue i parcheggi a seconda dell’edificio a cui sono collegati) sembrava autorizzare conclusioni diverse. Questa seconda strada appare preferibile. Pur senza attribuire alla sopravvenuta disposizione dell’art. 69 della LR 12/2005 il valore di norma interpretativa, si può mettere in relazione l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con l’art. 4 comma 4 della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il calcolo degni oneri relativi agli edifici residenziali “i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) era riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e distingueva tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si può ritenere che inserendosi in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione si osserva che l’utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che, nel caso in esame, non è mai stato formalmente costituito e trascritto un vincolo di pertinenzialità (fatto non contestato) e dunque la disciplina di favore non potrebbe trovare applicazione.
Questa tesi non è condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito regionale la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005). Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza subordinava in effetti la gratuità alla formazione di un vincolo di pertinenzialità (v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre peraltro osservare che il vincolo può essere costituito anche in un momento successivo rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici la pertinenzialità è presunta, nel senso che l’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 subordina il rilascio del titolo edificatorio alla presenza di una dotazione minima di spazi aventi questa destinazione. Per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza non è quindi necessaria agli effetti urbanistici, in quanto il collegamento con l’abitazione principale emerge direttamente dal progetto complessivo dell’intervento edilizio. Il carattere automatico del vincolo può essere osservato anche sul piano civilistico, dove nel caso di riserva della proprietà degli spazi obbligatori di parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge ex lege a favore degli acquirenti un diritto reale d'uso. All’epoca dei fatti questa era la situazione consolidata. La formale stipulazione di un vincolo ha assunto rilevanza solo in conseguenza dell’art. 41-sexies comma 2 della legge 1150/1942 (aggiunto dall’art. 12 comma 9 della legge 28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici realizzati successivamente ha stabilito il principio della libera commerciabilità dei parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez. II 24.02.2006 n. 4264) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 25.01.2007 n. 898 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE

EDILIZIA PRIVATA: Il privato che costruisce non ha titolo a pretendere dal Comune il rimborso delle spese effettivamente sostenute per ovviare ad eventuali carenze delle opere di urbanizzazione, se non quando ciò sia stato concordato col Comune, a titolo di “scomputo” o sotto altra forma, in sede di rilascio della concessione edilizia.
Nulla esclude che il concessionario si obblighi (o resti obbligato) in termini più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge.

In base alla giurisprudenza in materia, il contributo concessorio, commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale, in quanto prescinde totalmente dall’esistenza o meno delle singole opere di urbanizzazione; ed ha natura di prestazione patrimoniale imposta, in quanto è determinato senza tener conto dell’utilità che riceve il beneficiario del provvedimento di concessione, né delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla concessione assentita (Cons. Stato V, 21.04.2006 n. 2258).
Si tratta infatti di un contributo paratributario, ossia di un corrispettivo di diritto pubblico dovuto dal beneficiario della concessione edilizia, a titolo di partecipazione -in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae- ai costi delle opere di urbanizzazione sostenuti dal Comune per realizzare il generale assetto urbanistico del territorio comunale (Cons. Stato n. 2258/2006 cit.; Cons. Stato 2^, 21.11.07 n. 11073 e 10060/2004).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è dovuto nella misura determinata ex lege a prescindere dalla completezza dello stato di urbanizzazione e dalla effettiva disponibilità dei (di tutti i) servizi, primari e secondari, nella zona in cui deve essere realizzata la nuova costruzione; per altro verso, che, laddove vi sia carenza o insufficienza di urbanizzazione, le opere necessarie ben possono essere poste o rimanere a carico del privato, salva la possibilità di uno “scomputo” con le modalità ed alle condizioni previste dalla legge.
In altri termini, il privato che costruisce non ha titolo a pretendere dal Comune il rimborso delle spese effettivamente sostenute per ovviare ad eventuali carenze delle opere di urbanizzazione, se non quando ciò sia stato concordato col Comune, a titolo di “scomputo” o sotto altra forma, in sede di rilascio della concessione edilizia.
La legge non conferisce il diritto a rimborsi “a piè di lista” quando l’interessato provveda direttamente ad allacciare la propria costruzione alle reti dei servizi.
L’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (testo unico in materia edilizia) prevede che il titolare del permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, “possa obbligarsi” a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” e “con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La legge regionale lombarda 11.03.2005 n. 12 (legge per il governo del territorio) prevede all’art. 46 che a scomputo totale o parziale del contributo gli interessati “possono essere autorizzati” a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria.
Ciò postula un ambito di valutazioni discrezionali di competenza del Comune, cui spetta verificare se l’opera di urbanizzazione sia effettivamente necessaria nell’interesse della collettività, ovvero se debba essere eseguita nel solo interesse dell’operatore privato per rendere tecnicamente fattibile l'intervento (con la conseguenza che solo nel primo caso, e non anche nel secondo, si tratterà di un'opera ammissibile a scomputo degli oneri di urbanizzazione: cfr. Cons. Stato IV, 21.04.2008 n. 1811, 28.07.2005 n. 4014).
D’altro canto, vertendosi in materia di diritti disponibili, nulla esclude che il rapporto tra Comune e beneficiario della concessione edilizia (ora permesso di costruire) sia regolato in termini diversi, e che il concessionario si obblighi (o resti obbligato) in termini più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (Cons. Stato V, 29.09.1999 n. 1209) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DEFINIZIONE INTERVENTI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia.
L'attività di ristrutturazione può anche attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi ad altre tipologie.
L’elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
Sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell’attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore, quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la suo iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle descritte nel DPR 380/2001, art. 10, comma 1, lett. c), che possono incidere sul carico urbanistico) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.05.2009 n. 20149 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorimessa - Trasformazione - Ristrutturazione - Non sussistenza - Restauro o risanamento conservativo - Sussistenza.
In caso di trasformazione in camera di un'autorimessa di civile abitazione, è illegittima l'ordinanza con la quale il Comune ingiunge la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello status quo ante invocando l'art. 33, co. 1, DPR 380/2001 relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia (art. 10, comma 1) eseguiti senza permesso di costruire, sul presupposto che ci sia stato cambio di destinazione d'uso dell'immobile; emergono, infatti, elementi per escludere che l'intervento in esame possa ascriversi alla nozione di ristrutturazione edilizia, poiché il cambio di destinazione d'uso dell'immobile è avvenuto in maniera circoscritta e parziale: più appropriatamente, la fattispecie possiede gli elementi della modifica funzionale all'interno di destinazioni d'uso tra loro compatibili (ossia tra destinazione principale e destinazioni complementari/accessorie di cui all'art. 51, comma 1, della L.r. n. 12/2005), che rientrano nel concetto di restauro e di risanamento conservativo (art. 3, comma 1, lett. c), DPR n. 380/2001), l'Amministrazione avrebbe quindi dovuto valutare l'applicabilità del regime sanzionatorio più mite di cui agli artt. 22 e 37 del DPR n. 380/2001 (riguardante gli interventi soggetti a DIA come i restauri e risanamenti conservativi) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 23.01.2009 n. 90 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. - Impugnazione - Oggetto e termini.
Il terzo che si oppone ai lavori edilizi intrapresi tramite d.i.a., non deve chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti in genere per gli abusi edilizi, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio-rifiuto; né deve agire innanzi al giudice per chiedere l'adempimento delle prestazioni che la p.a. avrebbe omesso di svolgere, ovvero chiedere l'annullamento della determinazione formatasi in forma tacita, o comunque contestare la realizzabilità dell'intervento, né, ancora, il terzo è tenuto, entro il termine di decadenza, ad instaurare un giudizio di cognizione, tendente ad ottenere l'accertamento della insussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge, per la legittima intrapresa dei lavori a seguito di d.i.a.
Il terzo, invece, è legittimato a proporre ricorso direttamente avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di d.i.a., il cui possesso è essenziale, non potendo da esso prescindersi, non trattandosi di ipotesi di attività edilizia liberalizzata: si è quindi in presenza, decorsi i 30 giorni (art. 23 commi 1 e 6, del D.P.R. n. 380 del 2001), di una autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata dal terzo entro l'ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a., o dall'avvenuta conoscenza del consenso (implicito) all'intervento oggetto di d.i.a..
Il ricorso avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di d.i.a. ha ad oggetto, quindi, non il mancato esercizio dei poteri sanzionatori o di autotutela dell'amministrazione, ma direttamente l'assentibilità, o meno, dell'intervento edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 10.01.2009 n. 15 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE

EDILIZIA PRIVATALa distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate è volta non alla tutela del diritto alla riservatezza, bensì alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, ed è, dunque, tassativa ed inderogabile.
Tale norma sulle distanza, infine, non è derogabile neanche pattiziamente dai privati.

Carattere pregiudiziale ed assorbente riveste in merito la censura di violazione del D.M. 02.04.1968, n. 1444, con la quale la parte istante si è lamentata nella sostanza del fatto che la nuova costruzione non rispetta la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate.
Premesso che l’art. 9 di tale D.M. dispone che le nuove costruzioni debbono rispettare la distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate e che è consentito derogare a tale prescrizione nelle zone "A" solo relativamente alle operazioni di risanamento conservativo ed alle ristrutturazioni, in quanto in tali zone vige il generale divieto di costruzioni “ex novo” (Cass. Civ., sez. II, 20.05.2008, n. 12767), va osservato che tale prescrizione -come costantemente chiarito dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12.06.2007, n. 3094)- è volta non alla tutela del diritto alla riservatezza, bensì alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, ed è, dunque, tassativa ed inderogabile.
Tale prescrizione per la sua funzione igienico-sanitaria di evitare intercapedini malsane costituisce, invero, un principio inderogabile della materia e prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze, sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata, e sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che per la loro natura igienico-sanitaria non sono nella disponibilità delle parti (TAR Lombardia, sez. Brescia, 03.07.2008, n. 788); in particolare, come anche questa stessa Sezione ha anche di recente precisato (con sentenza 24.11.2007, n. 903), tale disposizione comporta che, ove lo strumento urbanistico contenga disposizioni contrastanti, il giudice deve non solo disapplicare tali disposizioni illegittime, ma anche applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserimento automatico, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata. Tale norma sulle distanza, infine, non è derogabile neanche pattiziamente dai privati (TAR Sicilia, sez. Catania, sez. I, 26.06.2008, n. 1232) (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 11.05.2009 n. 336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASolo nel caso in cui il nuovo edificio (demolizione/ricostruzione) non esorbita dalle dimensioni di quello preesistente, non trova applicazione l’art. 9 del DM 1444/1968, che è riferito alle nuove costruzioni e che risulta applicabile, in caso di ricostruzione di fabbricati, solo alla parte eccedente i limiti dell’immobile preesistente.
Il D.M. 1444/1968 ha imposto ai Comuni di adeguare i propri strumenti urbanistici alle prescrizioni edilizie in esso contenute, in sede di formazione di detti strumenti o di revisione degli stessi (TAR Emilia Romagna, BO, sez. II, 26.05.2003, n. 645).
La giurisprudenza, con indirizzo unanime e costante, ha chiarito che l’art. 9 del citato DM, che non è immediatamente operante nei rapporti tra privati, va interpretato nel senso che l’adozione da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma, comporta l’obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserimento automatico, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata (Cass. civ., sez. II, 19.11.2004, n. 21899; C.S., sez. IV, 05.12.2005, n. 6909).
Dalle tavole di progetto relative allo stato futuro si evince chiaramente che sul fronte di via Cespa l’altezza del fabbricato da recuperare o recuperato risulta, all’evidenza, non solo maggiore di quella preesistente, ma presenta diverse vedute aperte a seguito della realizzazione del terzo piano e del quarto piano mansardato, piani che, esorbitando dall’altezza precedente, vanno sicuramente qualificati come nuova costruzione e che in quanto tali dovevano rispettare la distanza inderogabile di 10 mt. tra pareti finestrate di edifici che si fronteggiano, ex art. 9 del D.M. 1444/1968, per cui avrebbero dovuto essere costruiti in arretramento.
Solo nel caso in cui il nuovo edificio non esorbita dalle dimensioni di quello preesistente, non trova applicazione l’art. 9 citato, che è riferito alle nuove costruzioni e che risulta applicabile, in caso di ricostruzione di fabbricati, solo alla parte eccedente i limiti dell’immobile preesistente (Cass. Civ., 25.08.1989, n. 3762; C.S., sez. IV, n. 3929/2002)
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 24.11.2007 n. 903 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier OPERE PRECARIE

EDILIZIA PRIVATA:  La precarietà di un manufatto la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto stesso è destinato.
Va ritenuta l’applicabilità dell’ordinanza di demolizione anche alle cd. case mobili, ancorché manufatti precari, in quanto la precarietà di un manufatto la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa, va esclusa quando trattasi di struttura destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all’opera dai proprietari, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale (Cons. Stato, V Sez., n. 3321/2000) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.05.2009 n. 3029 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier RIFIUTI E BONIFICHE

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Veicoli fuori uso (irrilevanza dell’iscrizione al PRA).
Qualora sia evincibile lo stato di elevato degrado di un veicolo sì da non poter esser più circolante, lo stesso deve qualificarsi come rifiuto ed è inconferente il riferimento alla persistente iscrizione del veicolo nell’apposito elenco del PRA trattandosi comunque di cosa (o parte di cosa) non più idonea allo scopo per il quale era stata originariamente costruita (Corte di Cassazione. Sez. III penale, sentenza 15.05.2009 n. 20424 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Scarti vegetali costituiti da resti di agrumi.
Gli scarti vegetali costituiti da resti di agrumi non sono qualificabili come ammendante vegetale semplice se sono in fermentazione, né ammendante vegetale compostato qualora manchi l'effettuazione di un preliminare processo di trasformazione e stabilizzazione. In tal caso costituiscono rifiuto anche ai sensi della nuova definizione di rifiuto contenuta nell’art. 183, comma 1, lettera a), del d.lgs. 152/2006 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 14.05.2009 n. 20248 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Deposito e legittimazione associazioni ambientaliste.
Quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva ,se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero.
Le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che l’espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude l’applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile.
La sede regionale è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell’ambito della regione. Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell’ambiente, il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste locali. Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.05.2009 n. 19883 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Responsabilità rappresentante impresa edile per fatto dei dipendenti.
In tema di rifiuti la responsabilità per l’attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell’azienda.
Pertanto, in applicazione di tali principi, correttamente è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante dell’impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche in terna di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.05.2009 n. 19332 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Discarica e deposito temporaneo.
Per la configurabilità del reato di costituzione di una discarica, non è necessario che l’accumulo sussista per almeno un anno. Il riferimento alla durata annuale contenuto nell’articolo 2, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 36 del 2003 è riferito al deposito temporaneo nel senso che questo si trasforma automaticamente in discarica se l’accumulo dei rifiuti nel luogo di produzione si protrae oltre l’anno.
Ai fini del concetto di discarica ciò che conta è la destinazione di un’area a ricettacolo permanente di rifiuti da parte di un determinato soggetto e non la sua durata (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.05.2009 n. 19330 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Bonifiche.
L'attività istruttoria del procedimento di bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato e, in particolare, gli accertamenti analitici devono essere effettuati in contraddittorio (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 06.05.2009 n. 762 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Obblighi di bonifica.
Gli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 impongono l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata. A carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare.
La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 665 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Bonifica e curatela fallimentare.
La questione relativa all’individuazione del soggetto cui imputare l’obbligo della messa in sicurezza e della bonifica di terreni inquinati di proprietà di persone fisiche o giuridiche per le quali è stato dichiarato il fallimento deve essere risolta nel senso della non imputabilità di tale obbligo alla curatela fallimentare (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 663 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Abbandono e responsabilità del proprietario dell'area.
Le conseguenze sanzionatorie connesse alla violazione del divieto di abbandono incontrollato di rifiuti sul suolo o nel suolo sono accollate anche al proprietario dell'area, ma ciò solo nel caso in cui la violazione sia a lui imputabile a titolo di dolo o di colpa consistente, per lo più, nella negligenza, dimostrata da una sua prolungata inerzia, incombendo allo stesso l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci e non meramente simboliche, affinché siffatti episodi non vengano posti in essere e, comunque, abbiano a cessare (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 03.04.209 n. 560 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Abbandono e responsabilità del proprietario dell'area.
In tema di abbandono di rifiuti il proprietario dell'area è tenuto a provvedere allo smaltimento solo a condizione che ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo escludendosi conseguentemente che la norma configuri un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva (vieppiù, per fatto altrui) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.03.2009 n. 1612 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: 1. Opere di bonifica ex D.Lgs. 152/2006 - Proprietario dell'area non responsabile dell'inquinamento - Obbligo di bonifica - Non sussiste.
2. Opere di bonifica ex D.Lgs. 152/2006 - Accertamento del superamento delle soglie di concentrazione - Necessità.

1. Alla luce sia del D.Lgs. 22/1997 che del D.Lgs. 152/2006 laddove il proprietario dell'area non sia responsabile dell'inquinamento, esso ha la facoltà di eseguire opere di bonifica al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, ma non può essere imposto alcun intervento di recupero. Le suddette opere devono infatti essere eseguite dal responsabile dell'inquinamento, ovvero, in sostituzione dello stesso, dall'ente pubblico, fatta salva la possibilità di oblare i terreni interessati e di recuperare le spese sostenute presso il soggetto che ha originato la contaminazione.
2. Ai sensi della normativa vigente, l'imposizione della bonifica può essere giustificata solo laddove sia accertato che in relazione al terreno in questione risultino superate le soglie di concentrazione che caratterizzano il sito contaminato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 04.02.2009 n. 1118 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier TELEFONIA MOBILE

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione e concessione - Servizio pubblico essenziale - Stazione radio per telefonia mobile - Pericolo per la sicurezza dei trasporti e la viabilità - Revoca - Legittimità.
Anche in caso di servizio pubblico con carattere essenziale (nel caso di specie si trattava dell'installazione di una stazione radio per telefonia mobile), esso stesso pare, comunque, destinato a configurarsi diversamente allorquando una qualche sua configurazione materiale e/o strutturale metta in pericolo la sicurezza dei trasporti e della viabilità: pur alla stregua di un riferimento prognostico razionalmente condivisibile in relazione alle dedotte verifiche tecniche.
Trattasi invero, nel caso, di tutelare il bene primario della vita e della integrità fisica delle persone. E, a ben vedere, non si tratta perciò di un deterrente teso a determinare un diverso comportamento recessivo irreversibile quanto di un'occasione che, se vista sinergicamente, è funzionale a conciliare il diverso interesse pubblico su dedotto sì da concretizzarlo in modo più compito nelle varie circostanze materiali relative all'inerente percorso localizzativi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 12.01.2009 n. 18 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VINCOLO CIMITERIALE

URBANISTICA: Fascia di rispetto cimiteriale.
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.lexambiente.it).

dossier VOLUMI TECNICI

EDILIZIA PRIVATAI volumi tecnici sono quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno, quali ad esempio il locale caldaia ed il vano ascensore.
Per giurisprudenza pacifica i volumi tecnici sono quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno, quali ad esempio il locale caldaia ed il vano ascensore.
Pertanto non rientrano tra i volumi tecnici -e quindi sono computabili ai fini della volumetria consentita- le soffitte, gli stenditori chiusi, i locali di sgombero ed il piano di copertura, comunemente definito sottotetto, ove per rilevante altezza media rispetto al piano di gronda, possa essere utilizzato come mansarda (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 04.03.2008, n. 918; Consiglio Stato, sez. V, 13.05.1997, n. 483) (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 11.05.2009 n. 669 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di appalto di una a.t.i. per aver omesso di produrre il verbale di avvenuto sopralluogo richiesto dal bando.
L'esclusione da una gara d'appalto per ragioni formali può essere disposta sulla base di inequivocabili precetti contenuti negli atti di gara (bando, lettera di invito), come la scrupolosa indicazione dell'adempimento formalmente richiesto e l'altrettanto precisa indicazione della sanzione comminata, per cui, solo in mancanza di una sufficiente chiarezza nei dati in questione, risulterebbe illegittima l'esclusione di un'impresa disposta dall'amministrazione appaltante, dovendo semmai questa disporre un'integrazione documentale al fine di verificare il possesso dei requisiti richiesti a pena di esclusione, poiché, una volta inserita una determinata clausola in un bando di gara, la p.a. non può esimersi dal rispettarla, dovendo garantire la par condicio per tutti i concorrenti: quando gli oneri di produzione documentale siano richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis di gara, una volta constatatane l'omissione, la stazione appaltante deve trarne le conseguenze in punto di esclusione del soggetto cui esse siano addebitabili.
Ne consegue che, nel caso di specie, l'a.t.i. deve essere esclusa dalla gara di appalto per aver omesso di produrre l'attestato di avvenuto sopralluogo richiesto dal bando (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2009 n. 3320 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla legittimità del diniego di accesso ai progetti proposti dalle imprese partecipanti ad una procedura di project financing in quanto la società richiedente l'accesso è stata esclusa dalla procedura.
E' legittimo il diniego di accesso opposto da un comune alla richiesta di visione ed estrazione di copia dei progetti proposti dalle ditte partecipanti ad una procedura di project financing, poiché la società richiedente l'accesso era stata esclusa.
In tema di project financing, soltanto i soggetti utilmente ammessi alla ponderazione comparativa delle offerte (e non, quindi, quelli esclusi) si trovano destinatari di una posizione qualificata e differenziata, la quale, pur nella necessaria osservanza delle modalità temporali che assistono la conoscibilità degli atti (differimento ex art. 13 D.Lgs. 163/2006), consente ai medesimi l'esercizio del diritto di accesso relativamente alle proposte presentate dagli altri concorrenti, laddove il pregiudizio dai primi lamentati (e, conseguentemente, le esigenze di tutela che essi intendano far valere) trovi fondamento proprio nello svolgimento dell'attività di selezione e valutazione delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2009 n. 3319 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA Cessione di cubatura.
L’istituto del c.d. “asservimento dl terreno per scopi edificatori” (o cessione di cubatura) —al quale, secondo pacifica interpretazione giurisprudenziale, può farsi ricorso pure in mancanza di un riconoscimento espresso da parte di fonti normative— consiste in un accordo tra proprietari di aree contigue, aventi la stessa destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area “cede” una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’ altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà.
Gli effetti che ne derivano hanno carattere definitivo ed irrevocabile, integrano una qualità oggettiva dei terreni e producono una minorazione permanente della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario (Cote di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.05.2009 n. 21177 - link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI:  In materia di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo circa gli abusi edilizi.
Va considerato:
a) il noto orientamento giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di comunicazione non è ravvisabile nelle ipotesi di attività vincolata, sul presupposto che la partecipazione sia fruttuosa soltanto quando sia possibile effettuare una scelta discrezionale (Cons. Stato, VI Sez., n. 5419/2006);
b) l’orientamento giurisprudenziale secondo cui si è riconosciuto l’obbligo di procedere alla comunicazione di avvio di procedimento in caso di provvedimenti di demolizione, ancorché con l’ammissione di una sostanziale equivalenza tra la previa adozione dell’ordinanza di sospensione dei lavori e la comunicazione de qua (Cons. Stato nn. 5058/2002 e 3263/2003);
c) l’innovazione apportata dalla L. n. 15 del 2005 che, nel modificare la L. n. 241 del 1990, ha introdotto l’art. 21-octies che, al comma 2, prescrive che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’Amministrazione dimostri che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
La mancata formale notificazione del provvedimento demolitorio a tutti i comproprietari non costituisce vizio di legittimità dell’atto, che rimane quindi valido ed efficace. E’ noto, invero, l’orientamento giurisprudenziale che ritiene sufficiente la notificazione ad uno solo dei proprietari del provvedimento demolitorio affinché sia validato il procedimento amministrativo volto al ripristino della situazione giuridica illegittimamente incisa dagli interventi edilizi effettuati. Va ricordato che le disposizioni vigenti (art. 7 L. n. 47/1985, art. 31 DPR n. 380/2001) attribuiscono la responsabilità dell’abuso edilizio al proprietario del bene e che l’ordinanza di demolizione non va notificata a tutti i comproprietari, in base al principio di responsabilità plurisoggettiva, ma a chi ha materialmente la disponibilità del bene (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.05.2009 n. 3029 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: E' legittima la scelta di una società a capitale pubblico di escludere l'aggiudicataria provvisoria dalla gara per la cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali.
E' legittima la scelta di una società a capitale pubblico di escludere l'aggiudicataria provvisoria dalla gara ad evidenza pubblica per la cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali, in quanto destinataria di un provvedimento dall'Autorità garante dell'energia elettrica e del gas, per aver emesso bollette per forniture ad uso domestico non conformi ai criteri della stessa Autorità, e per non aver garantito ai clienti finali la necessaria trasparenza sull'identità "del soggetto utente del trasporto e del dispacciamento per il punto di prelievo", poiché il bando di gara prevedeva una garanzia di rispetto delle norme dettate dall'Autorità.
Nel caso di specie, il contratto da aggiudicare con la gara, aveva per oggetto la "cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali", e non la gestione del servizio di distribuzione: si tratta quindi inequivocabilmente non di un contratto di durata come l'appalto di servizi, ma di un contratto ad esecuzione istantanea, assimilabile alla vendita di un ramo di azienda. Pertanto, trovano applicazione gli artt. 1367 e 1369 c.c., per cui il testo contrattuale va inteso nel senso in cui possa avere qualche effetto, e non in senso che non ne abbia alcuno, e va inteso comunque in modo coerente con la natura e l'oggetto del contratto. Infatti, in un contratto ad esecuzione istantanea come la vendita, dopo che il passaggio della titolarità del diritto ceduto ha avuto luogo di regola impegni esecutivi non ne residuano, e quindi un impegno a garantire nei confronti dei clienti facenti parte del portafoglio ceduto un dato comportamento non ha significato alcuno, non essendovi verso il cedente alcun impegno a gestire nel tempo un servizio da rendere a terzi secondo certi livelli qualitativi. Per evitare una interpretazione abrogatrice della clausola contrattuale in esame, è quindi necessario costruirla come requisito di partecipazione, espressivo di una volontà della società a capitale pubblico di cedere solo a una controparte dotata di certi requisiti di affidabilità e correttezza commerciale (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.05.2009 n. 1046 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Taglio di bosco autorizzato e danneggiamento ceppaie.
In materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all’articolo 181 del d.lgs. n. 42 del 2004. Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all’articolo 181 del d.lgs. n. 42 del 2004. Il possesso dell’autorizzazione per il taglio di un bosco non legittima quindi il danneggiamento delle ceppaie (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 14.05.2009 n. 20138 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Varianti in corso d’opera.
In materia edilizia, l’attività in variante non è ammessa per la modifica della destinazione d’uso né per l’alterazione delle volumetrie né per l’aumento delle superfici utili e non è consentita una richiesta di approvazione successiva all’esecuzione delle opere, essendo stato imposto ex legge n. 5453/1999 l’obbligo della comunicazione preventiva dell’intento di procedere alle varianti.
Correttamente è stata quindi rilevata l’illegittimità del provvedimento rilasciato per sanare opere realizzate in contrasto con lo strumento urbanistico, quanto alla modificata della destinazione d’uso e al mancato rispetto dei parametri della superficie e della volumetria, sicché la variante, espressamente adottata, non può porsi come presupposto valido per la successiva attività. La concessione di varianti a permessi di costruire illegittimi costituisce, infatti, lo sviluppo necessario dell'originaria (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.05.209 n. 20151 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione muro di recinzione.
Anche la realizzazione di un muro di recinzione necessita del previo rilascio del permesso a costruire allorquando, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio, così rientrando nel novero degli "interventi di nuova costruzione" di cui all’art. 3, lett. e), del d. P.R. n. 380 del 2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.05.2009 n. 20131 - link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVIIl destinatario di un provvedimento repressivo in materia edilizia, scaturito da esposti presentati da privati, non ha diritto di accesso a tali esposti allorquando l’azione amministrativa si fondi su autonomi atti ispettivi, rispetto ai quali la denuncia del privato ha avuto il solo effetto di sollecitare l’avvio di un procedimento d’ufficio, senza acquisire efficacia probatoria.
Il Collegio condivide la giurisprudenza secondo cui il destinatario di un provvedimento repressivo in materia edilizia, scaturito da esposti presentati da privati, non ha diritto di accesso a tali esposti allorquando l’azione amministrativa si fondi su autonomi atti ispettivi, rispetto ai quali la denuncia del privato ha avuto il solo effetto di sollecitare l’avvio di un procedimento d’ufficio, senza acquisire efficacia probatoria (Cons. Stato V, 03.04.2000 n. 1916; TAR Milano 2^, 02.10.1998 n. 2281).
Nel caso in esame, la “segnalazione” di terzi è richiamata nel contesto del provvedimento del tutto marginalmente, e soltanto come fatto storico, come fonte cioè di una “notizia” che ha indotto l’Amministrazione a disporre un sopralluogo ed effettuare un accertamento in situ, senza trarre da tale segnalazione alcun elemento idoneo a supportare le ordinanze di demolizione, interamente basate sulle risultanze (autonome) del sopralluogo.
Non si vede allora, quando la segnalazione del privato abbia avuto il solo effetto di attivare il controllo amministrativo, quale sia l’interesse giuridicamente apprezzabile sotteso e correlato alla domanda di accesso, tanto più che la segnalazione si pone in tal caso all’esterno del procedimento, come mera occasione di avvio, e neppure assume carattere di atto endoprocedimentale, rispetto al quale la legittimazione e l’interesse all’accesso sarebbero -quanto meno in astratto- configurabili (TAR Lombardia-Milano, Sez. II sentenza 11.05.2009 n. 3701 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Fertirrigazione e “correttivo” del 2008.
Anche dopo le modifiche apportate all’articolo 101 del d.lgs. n. 152 del 2006, con il decreto legislativo n 4 del 2008, l’utilizzazione agronomica dei reflui provenienti da allevamento continua ad essere sanzionata dall’articolo 137, comma 14 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.05.2009 n. 19329 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Direttore responsabile di morti sul lavoro senza prevenzione. Irrilevante l’imprudenza dell’operaio in assenza di misure di prevenzione.
Il direttore dei lavori di un’impresa, delegato alla sicurezza, deve predisporre tutte le misure dirette a prevenire infortuni sul lavoro, e può essere ritenuto responsabile della morte di un operaio se tali misure non erano state predisposte o erano insufficienti (Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 06.05.2009 n. 18998 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi e poteri dell'amministrazione.
Il provvedimento volto a sanzionare un abuso edilizio non abbisogna di congrua motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato, anche ove l’atto sia adottato a distanza di anni dalla realizzazione dell'abuso.
Nel caso, poi, un titolo edilizio sia stato ottenuto sulla base di una non fedele rappresentazione della realtà dei luoghi negli elaborati progettuali prodotti a corredo dell’istanza di rilascio del titolo, l’Amministrazione può procedere all’annullamento d’ufficio senza esternare alcuna particolare ragione d’interesse pubblico e senza tenere conto dell’affidamento ingeneratosi nel privato, non potendo quest’ultimo fondare alcun legittimo affidamento in ordine alla persistenza di un titolo ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’ente pubblico (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 981 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICASui diritti edificatori decide il piano.
N
essuna posizione giuridicamente può essere riconosciuta a progetti di lottizzazione che, al momento della variazione del PRG, risultino ancora in itinere o in istruttoria ancorché da lungo tempo.
Muovendo dalla giurisprudenza in materia di aspettative derivanti da lottizzazioni edilizie e modifiche preclusive dello strumento urbanistico, deve premettersi e ribadirsi che nessuna posizione giuridicamente può essere riconosciuta a progetti di lottizzazione che, al momento della variazione del PRG, risultino ancora in itinere o in istruttoria ancorché da lungo tempo. E' evidente che ciò non è assentibile, in ragione del fatto che, mentre la variante di PRG assume immediata efficacia, per contro non sussiste alcuna approvazione di atto giuridico che sia perciò assurto al rango di uno strumento urbanistico efficace (nella specie attuativo, ad iniziativa di parte privata, quale il piano di lottizzazione) e del quale debba in qualche modo tenersi conto. 
E' quanto stabilito dalla decisione n. 2418/2009 del Consiglio di Stato che nei passaggi più significativi sottolinea che "anche il pagamento di oneri di urbanizzazione, lungi dal costituire aspettative edificatorie tutelate, si muove in realtà nel solo ambito obbligatorio-patrimoniale, generando al più il dovere restitutorio di somme non dovute, ma non può certamente comportare il sorgere di un dovere dell´amministrazione di fornire particolare motivazione delle proprie scelte urbanistiche incisive delle aspettative di mero fatto".
Pertanto il mutamento di destinazione d'uso prospettata a seguito dell'inizio della procedura volta all'approvazione di un piano di lottizzazione, quand'anche questa sia in una fase avanzata, non è sufficiente a fondare una pretesa giuridicamente rilevante in capo al privato che, nel caso di specie, ha visto il proprio terreno tornare a destinazione agricola senza alcun indennizzo se non il ristoro delle spese legittimamente sostenute.
Infine, l'obbligo motivazionale che grava sull'Amministarzione è comunque tanto più stringente quanto maggiore è l'affidamento indotto nel privato ed è pertanto parametro di legittimità del provvedimento cui in cui si inserisce (
commento tratto da www.pausania.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.04.2009 n. 2418 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Potere di ordinanza.
Lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente -nonché unicamente- il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 670 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ambiente in genere. Legittimazione associazioni.
Nel nostro ordinamento l’affidamento al Ministero dell’ambiente ex art. 13 l. 08.07.1986 n. 349 del potere di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste (e dei comitati), non esclude la possibilità per il giudice di valutare caso per caso l’applicabilità dell’art. 18 l. n. 349 del 1986, accertando la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi ambientali.
Tuttavia la legittimazione di una associazione non compresa nell’elenco ministeriale di cui all’art. 13 legge n. 349/1986 ad impugnare provvedimenti amministrativi lesivi di interessi ambientali è condizionata al possesso dei seguenti requisiti che debbono sussistere cumulativamente (e ciò al fine di evitare il configurarsi di un’azione popolare):
1) perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale;
2) avere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità;
3) avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 15.04.2009 n. 866 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fascia di rispetto stradale.
L’esistenza di limiti di edificazione da rispettare con riferimento al nastro di autostrade e strade, tanto fuori del centro abitato che nell’ambito di quest’ultimo, deriva direttamente dalla normativa del Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo 285/2002) e del suo Regolamento di attuazione), nonché per le sole autostrade dall’art. 9 della l. 729/1961: in particolare l’art. 28 del dpr 495/1992 fissa delle “fasce di rispetto per l’edificazione nei centri abitati” (mt. 30 per le strade di tipo A, cioè per le autostrade), mentre il comma 1 dell’art. 9 l. n. 729/1961 pone comunque il divieto di realizzare qualsivoglia edificazione a distanza inferiore a mt. 25 dal limite della zona di occupazione dell’autostrada.
Il divieto in oggetto risulta finalizzato a mantenere una fascia di rispetto, utilizzabile per l’esecuzione di lavori, l’impianto di cantieri, l’eventuale allargamento della sede stradale, nonché per evitare possibili pregiudizi alla percorribilità della via di comunicazione; per cui le relative distanze vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 09.04.2009 n. 1383 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Elettrosmog. Localizzazione impianti.
L’assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, ai sensi dell’art. 86, comma terzo, del d.lgs. n. 259 del 2003, comporta che le stesse debbano collegarsi ed essere poste al servizio dell’insediamento abitativo, non da questo avulse con localizzazione lontana dai centri di utenza, onde la potestà assegnata alle amministrazioni comunali dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 (“i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnatici”) può tradursi, ad esempio, nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico/ambientale o storico/artistico, ma non può trasformarsi in “limitazioni alla localizzazione” degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa; in definitiva, tale disciplina non deve risolversi in un impedimento che rende in concreto impossibile, o comunque estremamente difficoltosa, la realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni. Con la conseguente illegittimità dei regolamenti locali che prevedano una “zonizzazione” indipendente dalle esigenze dei gestori del servizio di telefonia mobile, e che cioè circoscrivano gli impianti a specifiche aree, appositamente individuate, senza subordinare le relative scelte alla previa e puntuale verifica della coerenza della disciplina pianificatoria con la necessità che venga assicurata, nell’intero territorio comunale, l’uniforme copertura del servizio (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 07.04.2009 n. 105 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ordinanza demolizione opere abusive.
Se è vero che la constatata realizzazione dell’opera in assenza del titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), fa sì che l’ingiunzione demolitoria sia praticamente un atto dovuto (anche con riguardo all’effetto derivato della paventata acquisizione gratuita delle opere al patrimonio comunale), ed è sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, tuttavia il lungo lasso di tempo trascorso deve essere considerato al fine di verificare se si sia ingenerata, causa appunto il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta, una posizione di affidamento nel privato (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 07.04.2009 n. 97 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Opere nella fascia di 150 metri dalla battigia.
Nel vietare insediamenti che si trovano entro la fascia di 150 metri dalla linea della battigia, il legislatore ha inteso dettare una norma a tutela dell’ordinato assetto del territorio, quindi comprensiva (ma non esclusivamente), della tutela del paesaggio: è consentita, infatti, una deroga al vincolo nelle zone A e B dello strumento urbanistico, che sono quelle ove l’assetto del territorio è già definito e non è suscettibile di ulteriore modificazione, se non in senso conservativo; inoltre, cosa più importante, la stessa norma non si limita a fissare il limite di inedificabilità nei 150 metri dalla battigia, ma determina altresì, per le ulteriori estensioni in profondità, articolate prescrizioni in ordine alla volumetria assentibile, graduandone la quantità in proporzione all’allontanamento dal mare (ossia, entro i 500 metri l’indice di densità territoriale edilizia è pari, nel massimo, a 0,75 mc/mq; oltre i 500 m e fino a 1000, è pari a 1,50 mc/mq).
Alla ratio di tutela della disposizione in esame, quindi, va ricondotta una concezione dell’assetto del territorio che prescinde da una sua essenziale connotazione solo paesaggistica o ambientale, dovendovi invece ravvisare la concorrenza di più esigenze di tutela (non ultima quella del decoro e della uniformità del comprensorio, della protezione e della tutela della condizione orografica e geologica delle coste, di sicurezza pubblica e così via) com’è naturale per le disposizioni dello strumento urbanistico, entro cui si compendiano e trovano sintesi tutte le molteplici e variegate esigenze possibili del governo del territorio (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 06.04.2009 n. 673 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Associazioni e varianti al PRG.
Un'associazione costituitasi poco tempo prima che il Consiglio Comunale adotti una variante la PRG non può rientrare tra quelle associazioni a carattere nazionale rivolte alla protezione ambientale e perciò riconosciute e legittimate ad agire ex lege, ma deve considerarsi quale associazione non riconosciuta, costituita al solo scopo di contrastare l'adozione e l'approvazione della variante sopra menzionata.
Peraltro deve essere dimostrato che tale associazione, ancorché si definisca portatrice di interessi diffusi, agisca per la tutela di un interesse collettivo, avendo il connotato della stabilità, nel senso dello svolgimento all'esterno in via continuativa della propria attività a tutela dell'interesse che si intende proteggere con la conseguenza che, in mancanza, la suddetta associazione rientra tra le cosiddette associazioni di comodo, la cui attività non riflette effettive esigenze collettive (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 30.03.2009 n. 990 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: Esclusione automatica di un'offerta - Prima che la Stazione appaltante richieda le precisazioni ritenute utili in merito alla composizione della stessa - Non può essere disposta - Valore del D.M. di determinazione periodica del costo del lavoro.
E' ormai pacifico che il principio di esclusione automatica non può trovare applicazione negli appalti (di qualsiasi natura), retti dal principio secondo cui l'amministrazione -prima di poter rifiutare un'offerta- richiede le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione della stessa e la sottopone a verifica tenendo conto delle giustificazioni fornite.
In tale quadro, quindi, il decreto ministeriale di determinazione periodica del costo del lavoro assume valore essenzialmente ricognitivo del costo del lavoro formatosi in un certo settore merceologico sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva, e non è diretto ad incidere sulle regole di apertura al mercato nell'aggiudicazione degli appalti pubblici, imponendo a tutte le imprese il rispetto di certi parametri nella formulazione delle offerte.
Il Codice dei contratti non ha infatti previsto che nell'ipotesi di un seppur minimo contrasto con le tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro l'offerta debba essere automaticamente considerata anomala, ma ha ben diversamente imposto alla stazione appaltante di valutare le giustificazioni fornite dalla partecipante e di considerare l'offerta anormalmente bassa solo ove si discosti in modo evidente dai parametri fissati con il decreto ministeriale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.02.2009 n. 474).

EDILIZIA PRIVATA: Demolizione opere abusive - Repressione dell'abuso disposta a distanza di lungo tempo dalla commissione dello stesso - Richiede puntuale motivazione in ordine all'interesse pubblico attuale.
La repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di un tempo ragguardevole, richieda una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi allo status quo ante.
Sul punto è stato ripetutamente affermato che l'ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, salva l'ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione d'affidamento nel privato, ipotesi questa in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.02.2009 n. 457).

EDILIZIA PRIVATA: Chiusura di una capezzana agricola - Sulla scorta di previsioni contenute in un P.L - Preesistenza della capezzagna al P.L. - Rileva - Oggetto del P.L..
Il Piano di lottizzazione deve disciplinare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (da cedere al comune), mentre eventuali servitù di passaggio o accessi privati non riguardano la disciplina urbanistica ma i rapporti tra i privati lottizzanti e i loro futuri aventi causa.
Se sia intenzione del Comune intervenire anche su capezzagna preesistente alla data di adozione del Piano, il Comune deve richiedere elaborati, previsioni urbanistiche attuative e norme convenzionali rivolte alla relativa eliminazione ovvero a stabilire destinazioni d'uso o prescrizioni incompatibili con l'esercizio del passaggio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.02.2009 n. 453 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Annullamento dell'atto amministrativo - Potere di autotutela della p.a. - Limiti.
Il potere di annullamento dell'atto amministrativo, che ricade nell'ambito generale dei poteri di autotutela dei quali dispone la p.a., è soggetto a particolari limiti individuati nel tempo dalla giurisprudenza, e da ultimo codificati dall'art. 14 della legge 11.02.2005 n. 15, che ha introdotto l'art. 21-nonies alla legge 07.08.1990 n. 241.
In particolare, affinché tale potere possa dirsi legittimamente esercitato è necessaria:
a) la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento, che vada al di là dell'interesse al mero ripristino della legalità violata;
b) la prevalenza del suddetto interesse rispetto a quello che fa capo al privato, il quale confida nella validità del provvedimento e nel permanere degli effetti di quest'ultimo;
c) la vicinanza temporale fra atto di primo grado ed atto di annullamento, il quale deve essere adottato entro convenienti limiti di tempo, giacché il trascorre di questo accresce l'aspettativa del destinatario al consolidarsi degli effetti del provvedimento a lui favorevole (cfr. C.d.S. sez. IV, 14/02/2006 n. 564; TAR Puglia Bari, sez. I, 15/08/2008 n. 1157).
Il cardine, attorno al quale ruota la disciplina illustrata, è quindi costituito dall'affidamento del privato che versa in condizione di buona fede, il quale merita tutela e non può essere sacrificato se non per preminenti ragioni di interesse pubblico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 24.02.2009 n. 1366 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ingiunzione sindacale ex art. 7 della legge n. 47/1985 di ripristino della destinazione industriale di porzione di fabbricati - Interesse all'impugnazione - In caso di chiusura dell'intero complesso industriale - sussiste .
2. Mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie - Assenza di legge regionale - Non è soggetto a potere di pianificazione urbanistica.

1. Sussiste l'interesse ad impugnare un'ingiunzione sindacale di ripristino della destinazione industriale da parte della società ingiunta anche nel caso in cui l'intero complesso industriale sia stato chiuso posto che tale circostanza non è sufficiente ad escludere il conseguimento di un risultato vantaggioso.
2. In applicazione dell'art. 25 u.c. Legge 28.02.1985 n. 47 che stabilisce che il mutamento di destinazione d'uso, realizzato senza opere edilizie, va sottoposto, nei casi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge regionale, a semplice autorizzazione e non a concessione edilizia, in mancanza di apposita legge regionale, vale il principio che il mutamento di destinazione d'uso funzionale dei singoli edifici è in linea generale libero, ovvero non è soggetto a potere di pianificazione urbanistica (cfr. Corte Costituzionale 11.02.1991 n. 73; 31.12.1993 n. 498) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 20.02.2009 n. 1342).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti amministrativi - Interesse differenziato e qualificato legittimante l'accesso - Necessità di tutelare, in ogni sede, la posizione soggettiva dell'istante - E' sufficiente.
La motivazione sottesa alla possibilità di garantire una concreta difesa dei propri interessi, se adeguatamente esplicitata nell'istanza, costituisce già di per sé nel nostro ordinamento interesse differenziato e qualificato legittimante l'accesso agli atti amministrativi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 18.02.2009 n. 321 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Regole di gara - Documento difforme dal paradigma prefigurato - Documento non prodotto.
Un documento prodotto in copia informale nell'ambito di una procedura di gara in cui risulta stabilita la produzione in originale o in copia autentica, è semplicemente un documento non prodotto, senza che sia possibile per la stazione appaltante indagare sulle ragioni di una simile difformità nei confronti del paradigma prefigurato, ed a fronte della mancata impugnazione della clausola di gara che prescriveva siffatta formalità: clausola che, perciò, è indubbio dovesse essere osservata (C.d.S., Sez. V, 31.10.2008, n. 5458).
La produzione postuma di un documento non ha mai l'effetto di sanare in via retroattiva la causa di esclusione, in quanto altrimenti si darebbe luogo ad una non consentita disapplicazione di regole dettate a garanzia dell'imparzialità della procedura e si snaturerebbe la stessa fisionomia delle pubbliche gare (C.d.S., Sez. V, n. 5458/2008, cit.).
Come infatti già osservato, il documento difforme dal paradigma prefigurato dalle regole di gara è un documento non prodotto, senza che siano indagabili le ragioni della difformità. In ciò non si annida una concezione formalistica dell'esercizio dei poteri pubblici, giacché è proprio la particolare struttura dei procedimenti concorsuali ad impedire di accedere ad un'impostazione partecipativa dell'azione amministrativa, tanto è vero che in simili casi non sono esperibili né il rimedio dell'integrazione -che non si dà nell'ipotesi di documentazione mancante- né quello dell'acquisizione in via ufficiale tra Amministrazioni, che non opera nei procedimenti concorsuali, poiché in questi l'onere di provare il possesso dei requisiti di partecipazione grava sulla parte (C.d.S., Sez V, n. 5458/2008 cit.) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.02.2009 n. 1235 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Procedura selettiva pubblica per l'affidamento di un incarico esterno di consulenza - Valutazione comparata dei curricula dei candidati - Esplicitazione dei concreti contenuti di detto confronto - Deve essere effettuata nel provvedimento di assegnazione - Semplice rinvio ai contenuti di detti curricula - Non è sufficiente.
In qualsivoglia pubblica procedura selettiva, l'analisi comparata dei curricula deve trovare esplicita e compiuta espressione nel provvedimento conclusivo di affidamento dell'incarico, non risultando al fine a ciò sotteso bastevole un mero rinvio ai soli contenuti del curricula; infatti, in tal modo, l'esplicitazione del relativo giudizio resterebbe aleatoria, acefala ed assoggettabile a qualsiasi tipo di interpretazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 10.02.2009 n. 254 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Correttezza e trasparenza - Gara pregiudicata - Imprese diverse, ma con medesimo centro di interessi.
2. Controllo ex art. 2359 c.c. - Presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un'ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale - Collegamento sostanziale - L'amministrazione è onerata di provare in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti.

1. La correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.
2. La giurisprudenza si è sempre orientata in senso favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all'art. 10, comma 1-bis l. n. 109 del 1994 ("imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'art. 2359 c.c."), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Mentre nel caso di "controllo" ai sensi dell'art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un'ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. "collegamento sostanziale", l'amministrazione è onerata di provare in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, V, 22.04.2004 n. 2317; Cons. Stato, VI, 07.02.2002, n. 685; V, 15.02.2002, n. 923; IV, 27.12.2001, n. 6424).
Anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l'esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell'interesse pubblico alla scelta del "giusto" contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l'interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò in quanto la tutela apprestata all'interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del "giusto" contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand'esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l'ipotesi dell'annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un'offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell'azione amministrativa (cfr. Cons. Stato VI, 13.06.2005, n. 3089; 23.06.2006, n. 4012; Sez. V, 09.12.2004, n. 7894). Sarebbe, comunque, preferibile che il divieto fosse esemplificato attraverso clausole del bando di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 04.02.2009 n. 1100 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Pubblico dipendente - Trasferimento - Valutazione discrezionale dei fatti nocivi del prestigio, del decoro e della funzionalità dell'Ufficio.
Il trasferimento per incompatibilità ambientale del pubblico dipendente non ha carattere sanzionatorio, né ha natura disciplinare (non postulando comportamenti contrari ai doveri di ufficio), ma è condizionato solo alla valutazione, ampiamente discrezionale, dei fatti che possano far ritenere nociva per il prestigio, il decoro e la funzionalità dell'Ufficio la permanenza del dipendente in una determinata sede (C.d.S., Sez. IV, 30.09.2008, n. 4716; id., 05.10.2006, n. 5923; TAR Molise, 12.11.2007, n. 749) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 03.02.2009 n. 1086 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: 1. Alloggi ERP - Allontanamento dall'alloggio - Non sussistenza di una esigenza abitativa - Decadenza/revoca.
2. Alloggi ERP - Allontanamento coattivo, stato di detenzione - Non dimostra in alcun modo il venir meno dell'esigenza abitativa.

1. La disciplina della decadenza (e della revoca) dell'assegnazione non ha finalità sanzionatorie (Cass. civ., Sez. I, 27.08.1998, n. 8530), ma mira a rendere disponibili gli alloggi, non più occupati stabilmente, alle categorie sociali meno protette del tutto prive di alloggio (Cass. civ., Sez. I, 03.04.2008, n. 8519); quel che rileva è soltanto il fatto oggettivo dell'abbandono non autorizzato, senza che, invece, si possa attribuire nessuna rilevanza ad altri elementi, quali le ragioni dell'allontanamento o la volontà di tornarvi una volta cessate tali ragioni (C.d.S., Sez. IV, 14.04.2004, n. 2107; Cass. civ., n. 8519/2008, cit.; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 14.02.2002, n. 204; TAR Lombardia Milano, sez. II, 23.09.2003, n. 4293), non assumendo rilievo neppure le ricevute delle utenze comprovanti il pagamento dei servizi pubblici usufruiti (C.d.S., Sez. IV, 08.05.2003, n. 2447). Ciò, perché l'abbandono non autorizzato dimostra di per sé che l'assegnatario non ha più un'effettiva esigenza abitativa (Cass. civ, Sez. II, 27.04.2001, n. 6123; C.d.S., Sez. IV, n. 2107/2004, cit.; id., n. 2447/2003, cit.).
In definitiva, in base all'orientamento univoco della giurisprudenza, si può parlare di abbandono legittimante la decadenza dell'assegnazione dell'alloggio di E.R.P., in quanto dal comportamento di colui che si è allontanato da detto alloggio possa desumersi che non ne abbia (più) effettivamente bisogno.
2. Pertanto, di abbandono non può parlarsi quando, come nel caso di specie, essendo stato l'allontanamento coattivo (in virtù dello stato di detenzione del ricorrente), si tratta di comportamento che, di per sé, non dimostra in alcun modo il venir meno dell'esigenza abitativa in capo al soggetto che si è allontanato. Questa conclusione è supportata dalle decisioni giurisprudenziali relative ai casi nei quali l'allontanamento dall'alloggio era stato forzoso, derivando da circostanze esterne e non costituendo il frutto di una libera scelta dell'interessato.
In tali casi, infatti, la giurisprudenza ha negato che sussistessero gli estremi per addivenire alla decadenza o alla revoca dell'assegnazione dell'alloggio E.R.P. (cfr. C.d.S., Sez. IV, 12.05.2006, n. 2663, relativo all'ipotesi del coniuge costretto, in costanza di separazione, a non abitare nella casa familiare; id., 05.08.2005, n. 4188, riguardante l'abbandono involontario fino al ripristino, nell'alloggio, delle minime condizioni igieniche necessarie; C.G.A.R.S., 12.04.1995, n. 118, circa l'abbandono dell'alloggio per la mancanza di servizi essenziali, quali acqua, luce e ascensore) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 03.02.2009 n. 1084 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: In house providing: la partecipazione totalitaria è elemento costitutivo.
Se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell’affidatario che era totalmente in mano pubblica (con l’ingresso anche minoritario di privati) ciò comporta vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza. Se ne ricava che, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni posto ad opera dello statuto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.02.2009 n. 591 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Offerta - Data - Mancata apposizione - Esclusione - E' sproporzionata - Protocollo dell'Amministrazione aggiudicatrice - E' sufficiente.
La decisione di escludere dalla gara un concorrente per la dimenticanza (o l'incompletezza) della data posta in calce alla domanda di partecipazione e all'offerta economica è una misura sproporzionata. L'incompletezza della data non ha alcun valore al riguardo, in quanto l'unica data che rileva è quella di pervenimento dell'offerta, e sotto questo profilo fa fede soltanto il protocollo dell'amministrazione aggiudicatrice alla quale l'offerta è stata consegnata. Tutti i dati e la stessa manifestazione di volontà dei concorrenti circa la partecipazione si intendono attualizzati a tale data. Poiché i dubbi sulla data sono superati attraverso il protocollo, ossia per effetto di un elemento procedurale che opera allo stesso modo per l'insieme dei concorrenti e offre a tutti le medesime garanzie, non può esservi il sospetto di violazione della par condicio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 30.01.2009 n. 217 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso - Direzione generale del lavoro - Ispettori del lavoro - Ufficiali di polizia giudiziaria - Atti di indagine - Segreto istruttorio - Sussistenza.
Gli ispettori del lavoro sono, ai sensi dell'art. 8, co 4, D.P.R. 520/1955, oltre che funzionari amministrativi, ufficiali di polizia giudiziaria e, in quanto tali, hanno possibilità di accertamento dei reati e obbligo di rapporto, con la conseguenza che gli atti di indagine che essi compiono in tale veste ricadono nell'ambito di applicazione dell'art. 329 c.p.p. e sono coperti da segreto istruttorio penale e sottratti all' accesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 30.01.2009 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Atti amministrativi nulli - Violazione o elusione del giudicato - Giurisidzione esclusiva del G.A. - Sussiste.
L'art. 21-septies della l. n. 241/1990, il quale prevede la giurisdizione esclusiva del G.A. sulle controversie in materia di atti nulli in quanto adottati in violazione o elusione del giudicato, non stabilisce, a contrariis, una sorta di giurisdizione esclusiva del G.O. sulle controversie afferenti gli atti amministrativi affetti da altre cause di nullità. Si deve, invece, ritenere che, salvo diversa disposizione di legge, la giurisdizione sugli atti amministrativi nulli si determini sulla base del criterio ordinario, fondato sulla consistenza in termini di interesse legittimo o di diritto soggettivo della posizione soggettiva azionata dal soggetto che si considera leso. Pertanto, appartengono alla giurisdizione ordinaria le controversie in cui l'atto nullo abbia preteso di incidere su un diritto soggettivo preesistente, mentre restano radicate innanzi al G.A. quelle in cui, a fronte di un atto nullo, sussista un interesse legittimo pretensivo (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 19.11.2008, n. 5456). Nel caso di specie, non si può dubitare che l'attività di rilascio del nulla osta ex art. 22 del d.lgs. n. 286/1998, sebbene dovuta e vincolata (arg. ex TAR Lazio, Roma, Sez. II, 04.05.2007, n. 3990), sia preordinata a salvaguardare, in via primaria, l'interesse pubblico al controllo del fenomeno dell'immigrazione, con il corollario della sussistenza, in capo al privato interessato ed a fronte di detta attività, di una posizione di interesse legittimo, come tale tutelabile davanti al G.A..
Relativamente alla lamentata violazione dei principi che regolano l'annullamento d'ufficio degli atti amministrativi ex art. 21-nonies della l. n. 241/1990, tenuto conto che gli atti di annullamento debbono dare conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione del preesistente atto (cfr., ex plurimis, TAR Puglia, Bari, Sez. I, 15.05.2008, n. 1157), nel caso di specie, considerata la rilevanza penale dei fatti esaminati e la necessità di evitare elusioni della normativa sull'ingresso dei cittadini stranieri (e ciò a tutela anche di questi ultimi, come dimostra la vicenda de qua, in cui, in buona sostanza, è stata sacrificata con mezzi fraudolenti la possibilità per un altro cittadino straniero di ottenere l'ingresso in Italia per fini di lavoro), deve ritenersi che l'interesse pubblico all'annullamento del nulla osta fosse in re ipsa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.01.2009 n. 1010 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Autorizzazione per l'installazione di impianti pubblicitari sul suolo pubblico - Strumento del silenzio - Assenso - Inapplicabilità.
2. Installazione di impianti pubblicitari su suolo pubblico - Titolo autorizzatorio espresso - Necessità.

1. A norma dell'art. 20 della legge 241/1990 e del d.P.R. n. 407/1994, le domande di autorizzazione all'installazione di impianti pubblicitari sul suolo pubblico non possono reputarsi accolte a mezzo dello strumento del silenzio - assenso. (cfr. TAR Lombardia, Milano, 06.10.2008 n. 4709; 03.03.2008 n. 450; 13.11.2006, n. 2151; 22.06.2006 n. 1491).
2. L'installazione che insiste su suolo pubblico, implicando l'uso del predetto suolo da parte di un soggetto privato richiede, da parte dell'Amministrazione nella cui disponibilità il suolo si trovi, una ben più complessa ed attenta valutazione, che non si limita alla compatibilità di tale uso con l'interesse pubblico, ma deve estendersi alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino gli interessi collettivi di cui essa è portatrice, valutazione che rende inconcepibile che possa formarsi tacitamente il provvedimento concessorio finale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 29.01.2009 n. 992 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Rimozione contratto - Criterio di selezione delle offerte - Mancanza di buona fede - Rileva.
Tenuto conto che la rimozione dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto di un contratto stipulato dalla p.a. determina il venir meno dell'efficacia di quest'ultimo (cfr. Cass. Civ., sez. I, 15/04/2008 n. 9906; C.d.S. ad. plen., 30/07/2008 n. 9; C.d.S. sent. N. 490/1998 cit.) e degli gli artt. 1337 e 1338 c.c. (il primo stabilisce che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede; il secondo obbliga la parte che conoscendo, o dovendo conoscere, l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte a risarcire i danni da questa subiti per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto) nel caso specifico (diritto della società ricorrente alla liquidazione di un giusto ed adeguato indennizzo a fronte della disposta "rimozione in via di autotutela" della aggiudicazione della gara) tali norme non trovano applicazione.
Infatti, seppure l'amministrazione abbia posto in essere un bando di gara del tutto illegittimo (in quanto prevedeva un criterio di aggiudicazione irragionevole che privilegiava in sostanza le offerte per essa meno convenienti), dunque la colpa della stazione appaltante deve ritenersi sussistente, non avendo dimostrato l'esistenza di situazioni particolari che possano far ritenere scusabile l'errore commesso (Cds., sez. VI, 25/01/2008 n. 213; id. sez. VI, 09/03/2007 n. 1114), rileva la mancanza di buona fede della controparte poiché il criterio di selezione delle offerte approntato dalla stazione appaltante era del tutto irragionevole: la fornitura si suddivideva in due articolazioni, delle quali l'una di importo pari a più di venti volte quello dell'altra (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 22.01.2009 n. 187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Impianti sportivi - Rilevanza economica - Affidamento diretto - Illegittimità.
L'art. 5 L.R. 27/2006 configura come residuale l'affidamento diretto, ovvero senza una procedura a pubblica evidenza, degli impianti sportivi da parte dei Comuni, e lo consente, del resto in accordo con i principi del diritto comunitario, solo per gli impianti privi di rilevanza economica, definita all'art. 1 della legge stessa come la qualità di quegli impianti che "per caratteristiche, dimensioni e ubicazione sono improduttivi di utili o produttivi di introiti esigui, insufficienti a coprire i costi di gestione", qualità che secondo logica deve essere dimostrata nella motivazione della delibera di affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.01.2009 n. 4).

APPALTI: Aggiudicazione - Criteri - Formulati dopo l'apertura delle buste - Illegittimità.
E' illegittimo il provvedimento di aggiudicazione che ha assegnato il punteggio relativo alla offerta economica tenendo conto di un criterio, non previsto dal bando, formulato dopo l'apertura delle buste (nel caso di specie si trattava di una gara di appalto per l'affidamento del servizio di distributori automatici di bevande e snack in cui era stato assegnato il punteggio relativo alla offerta economica tenendo conto non solo del contributo riconosciuto alla stazione appaltante, ma anche del prezzo di vendita all'utente del prodotto offerto).
Tale operazione appare illegittima quale che ne sia la qualificazione giuridica. Infatti, se si ritenesse trattarsi di introduzione di un nuovo criterio di aggiudicazione, come si può argomentare dalla lettera del bando, che come detto a proposito dell'offerta economica valorizza il solo contributo in danaro contante all'istituto, si tratterebbe di pacifica violazione del criterio della parità di condizioni fra i concorrenti. Non diversamente però si dovrebbe ritenere qualificando il criterio come sottocriterio specificativo del bando. Infatti, secondo l'art. 83 del codice del contratti il bando di gara deve indicare all'origine eventuali sottocriteri di valutazione, e quindi non sussiste facoltà alcuna della commissione di procedere in tal senso, facoltà che comunque, anche ammettendola, andrebbe esercitata prima dell'apertura delle buste, sempre in ossequio al criterio di parità di condizioni fra i concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.01.2009 n. 3).

URBANISTICA: P.R.G. e P.G.T. - Zona agricola di salvaguardia - Previsione - Legittimità - Sussistenza.
Va ritenuta la legittimità delle previsioni urbanistiche locali che, nell'ambito della zona agricola, introducono una disciplina edificatoria differenziata, e più restrittiva, rispetto a quella della zona agricola tradizionale dove potrebbero trovare applicazione diretta le prescrizioni edificatorie di cui agli artt. 2, 3 e 4 della L.r. n. 93/1980 (nel caso di specie Zona E1 - Agricola di salvaguardia, finalizzata di garantire distanze adeguate tra le aree di espansione residenziale e gli edifici destinati all'attività agricola), anche al di fuori dalle ipotesi di cui al richiamato art. 1 comma 3 della L.r. n. 93/1980, ed anche dopo l'entrata in vigore della L.r. n. 12/2005 che demanda alla strumentazione urbanistica comunale (oggi Piano delle regole) oltre all'individuazione delle aree destinate all'agricoltura, la definizione della relativa "disciplina d'uso, di valorizzazione e di salvaguardia" (art. 10, comma 4, lett. a), punto 1), in conformità con quanto previsto dagli artt. 59 ss. della stessa L.r..
La citata disposizione contiene l'inciso secondo cui detti indici "non possono superare" i limiti ivi indicati, che, letto in correlazione con i nuovi poteri pianificatori comunali di cui all'art. 10, co. 4, lett. a), p.to 1, e con il principio di sussidiarietà verticale di cui all'art. 118 Cost., porta alla conclusione che se il Comune non può prevedere limiti superiori a quelli contenuti nell'art. 59 (in forza della norma di prevalenza ex art. 61) non per questo allo stesso è sottratto il potere di stabilire limiti inferiori.
Se il Legislatore regionale post riforma del Titolo V della Costituzione avesse, infatti, voluto dettare una disciplina edificatoria uniforme, inderogabile e direttamente applicabile sull'intero territorio regionale (derogando così, per esigenze unitarie, al ridetto principio di sussidiarietà), avrebbe certamente usato espressioni chiare e univoche, senza quindi predefinire limiti massimi di edificabilità attraverso il richiamato art. 61 della L.r. 12/2005 (norma che, nel caso in esame, svolge solo l'ovvia funzione generale di contenimento dell'attività edilizia in zona agricola anche prevalendo su norme più permissive introdotte a livello locale) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.01.2009 n. 1 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVILa comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, per espressa previsione normativa, può venire omessa ove sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, fermo restando che, in termini generali, l’amministrazione è sempre tenuta a rendere conto della sussistenza di tali ragioni di urgenza qualificata.
L’esigenza di garantire la partecipazione degli interessati -al procedimento amministrativo- non viene meno neppure laddove la P.A. agisca mediante ordinanze contingibili ed urgenti, occorrendo che anche in tale evenienza il provvedimento contenga la puntuale esplicazione dei motivi ostativi alla comunicazione di avvio.
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Com’è noto, la legge n. 241/1990 sancisce a livello del diritto positivo l’istituto della partecipazione al procedimento amministrativo, manifestazione di quel più generale principio del “giusto procedimento” –la cui effettiva portata è stata al contempo esaltata e ridimensionata dalla legge n. 15/2005– in forza del quale l’azione della P.A. si svolge nel contraddittorio dei suoi destinatari, ed il procedimento costituisce il luogo virtuale di composizione preventiva dei conflitti fra soggetti pubblici e privati portatori di interessi contrapposti. La partecipazione degli interessati al procedimento si attiva in prima battuta attraverso la obbligatoria comunicazione di avvio disciplinata dagli artt. 7 e 8 della legge n. 241 cit., comunicazione che, per espressa previsione normativa, può peraltro venire omessa ove sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, fermo restando che, in termini generali, l’amministrazione è sempre tenuta a rendere conto della sussistenza di tali ragioni di urgenza qualificata.
- Secondo un indirizzo già espresso dal questo tribunale, l’esigenza di garantire la partecipazione degli interessati non viene meno neppure laddove la P.A. agisca mediante ordinanze contingibili ed urgenti, occorrendo che anche in tale evenienza il provvedimento contenga la puntuale esplicazione dei motivi ostativi alla comunicazione di avvio (cfr. da ultimo TAR Liguria, sez. I, 14.06.2007, n. 1119).
Tuttavia, anche a voler seguire il diverso orientamento secondo cui le ordinanze contingibili e urgenti sono in linea di massima sottratte all’obbligo della preventiva comunicazione, soprattutto se adottate a tutela della salute pubblica (fra le altre cfr., proprio nella materia di emissioni elettromagnetiche, Cons. Stato, sez. V, 29.09.2000, n. 4906), nella specie non può prescindersi dal concreto atteggiarsi della procedura seguita dal Comune di Bordighera ed, in particolare, dalla circostanza che il provvedimento impugnato risulta emesso non nell’immediatezza di uno stato di pericolo, bensì a distanza di oltre un anno dai primi accertamenti tecnici eseguiti dall’A.R.P.A.L. per iniziativa e su sollecito della stesso Comune: tale circostanza smentisce, in primo luogo, il presupposto stesso del potere di ordinanza sindacale, apprestato dall’ordinamento per affrontare situazioni straordinarie, caratterizzate dall’urgenza di intervenire e perciò non risolvibili secondo il normale ordine delle competenze e dei poteri; e, soprattutto, evidenzia come il preventivo avvertimento ai titolari degli impianti di trasmissione non fosse affatto incompatibile con un “iter” procedimentale che, in concreto, si è protratto per più di un anno al dichiarato scopo di controllare le variazioni nel tempo dei valori di campo elettrico, e si è concluso solo nel momento in cui l’amministrazione ha ritenuto di poter definire “cronico” il superamento dei limiti imposti dal D.M. 381/1998 (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 31.10.2007 n. 1901- link a www.giustizia-amministrativa.it).

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