e-mail
info.ptpl@tiscali.it

APPALTI
CONVEGNI
FORUM
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
LINK
NEWS PUBBLICATE:
1-aggiornam. pregressi
2-Corte dei Conti
- - -
DOSSIER
:
3-
ABUSI EDILIZI
4-
AFFIDAMENTO IN HOUSE
5-APPALTI
6-ATTI AMMINISTRATIVI
7-BOX
8-CERIFICAZIONE ENERGETICA
9
-COMPETENZE GESTIONALI
10-CONSIGLIERI COMUNALI
11-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
12-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
13-D.I.A.
14-D.I.A.P.
15-DISTANZE PARETI FINESTRATE
16-D.U.R.C.
17-ESPROPRIAZIONE
18-INCENTIVO PROGETTAZIONE
19-L.R. 12/2005
20-L.R. 23/1997
21-LEGGE CASA LOMBARDIA
22-OPERE PRECARIE
23-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
24-PROROGA P.d.C.
25-RIFIUTI E BONIFICHE
26-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
27-RUDERI
28-
RUMORE
29-SAGOMA EDIFICIO
30-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE
31-SCOMPUTO OO.UU.
32-SIC-ZPS - VAS - VIA
33-SOTTOTETTI
34-S.U.A.P.

35-
TELEFONIA MOBILE
36-VINCOLO CIMITERIALE
37-VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO
38-VOLUMI TECNICI
- - -
39-
dottrina e contributi
40-funzione pubblica
41-giurisprudenza
42-modulistica
43-news
44-normativa
45-quesiti & pareri
46-utilità

NORMATIVA:
dt.finanze.it
entilocali.leggiditalia.it

leggiditaliaprofessionale.it

simone.it

SITI REGIONALI
STAMPA
 
C.A.P.
Codice Avviamento Postale

link 1 - link 2
COSTO DI COSTRUZIONE
(ag
g. indice istat):

link 1 - link 2
DIZIONARI
indici ISTAT:
link 1 - link 2
link 3
MAPPE CITTA':
link 1 - link 2 - link 3
link 4 - link 5
METEO
1 - PAGINE bianche
2 - PAGINE gialle
PREZZI:
osservatorio prezzi e tariffe

prodotti petroliferi
link 1
- link 2
 
 

AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di MAGGIO 2009

Alcuni files sono in formato Acrobat (pdf): se non riesci a leggerli, scarica gratuitamente il programma Acrobat Reader (clicca sull'icona a fianco riportata).  -      segnala un errore nei links

aggiornamento al 28.05.2009

aggiornamento al 18.05.2009

aggiornamento al 11.05.2009

aggiornamento al 04.05.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 28.05.2009

ã

dossier ABUSI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: 1. – Sanzioni – Ingiunzione a demolire – Motivazione - Abuso risalente nel tempo – Necessità.
2. – Concessione – Sanatoria ex artt. 31 L. 47/1985 e art. 39 L. 724/1994 – Vincolo cimiteriale – Vincolo assoluto di inedificabilità – Legittimità del diniego – Esercizio di attività commerciale consentito dall’Amministrazione - Irrilevanza.

1. – Sebbene normalmente le sanzioni demolitorie in materia edilizia siano atti dovuti e sufficientemente motivati con la constatazione dell’abuso edilizio e l’avvenuto accertamento dell’esecuzione dell’opera in assenza di titolo concessorio o in totale difformità da esso, tuttavia è richiesta una motivazione particolare ed ulteriore sull’interesse pubblico specifico alla rimozione quando il provvedimento intervenga a distanza di molto tempo dall’esecuzione dell’opera stessa. Nel caso in cui il manufatto (costituito da un chiosco-bar) esista dagli anni 1966/1970 (seppur con dimensioni ridotte), vi sia stata esercitata l’attività commerciale autorizzata con allaccio all’acquedotto comunale, il formale accertamento di lavori abusivi sia avvenuto nel 1983 ed il primo atto finalizzato alla rimozione sia intervenuto nel 1991 (a distanza di oltre sette anni), non può negarsi che il ricorrente abbia potuto maturare in presenza dell’inerzia della P.A. protratta per lungo tempo un qualche affidamento sulla stabilità o stabilizzazione della sua posizione, affidamento ulteriormente consolidato per l’ulteriore tempo decorso nelle more della decisione dell’istanza di condono presentata nel 1995.
2. – Le fasce di rispetto cimiteriale costituiscono un vincolo di inedificabilità assoluta, preclusivo della sanatoria edilizia, che non può essere escluso neppure nel caso in cui l’Amministrazione abbia consentito per anni l’esercizio dell’attività commerciale nel manufatto abusivo (chiosco-bar) sito nella zona (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 14.10.2003 n. 5314 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE

EDILIZIA PRIVATASulla riscossione coattiva degli oneri concessori.
Con riguardo alle modalità di riscossione degli oneri concessori, a seguito delle innovazioni normative succedutesi alla legge n. 10/1977, gli enti interessati sono liberi di decidere se procedere direttamente mediante ingiunzione vidimata ai sensi del R.D. n. 639/1910, oppure avvalersi della normativa di modifica sulla riscossione coattiva (d.p.r. 28.01.1988 n. 43 di istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici), senza che il ricorso all’uno o all’altro dei meccanismi procedimentali di riscossione possa ritenersi di per sé lesivo delle garanzie di effettività della tutela giurisdizionale assicurate dalla Carta Costituzionale, come del resto chiaramente dimostrato dalla stessa proposizione del ricorso in esame (cfr. in termini: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 20.10.2006 n. 2061) (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17.06.2008 n. 1212 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Chiarimenti in ordine al contributo di cui all'art. 3 della Bucalossi.
E' principio generale che il contributo di cui all’art. 3 della legge n. 10/1977:
- è strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di edificare, per cui non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo della concessione (Cons. Stato V 23.06.2003 n. 3714, rif. CS V 12.06.1995 n. 894);
- afferisce alla costruzione e non alla concessione (Cons. Stato V 12.06.1995 n. 894);
- non rappresenta il corrispettivo della concessione, ma la (obbligatoria) partecipazione agli esborsi che la collettività ha affrontato o deve affrontare in rapporto allo stato di urbanizzazione dell’area (Cass. SU 20.11.1996);
- va determinato con riferimento alla data di rilascio della concessione edilizia, che è il momento in cui sorge l'obbligazione contributiva (Cons. Stato V 21.10.1998 n. 1512, 06.12.1999 n. 2056) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.10.2006 n. 2061 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1.- Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. - Concessione - Contributo di urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett. f, L. 10/1977 - Opere riguardanti un teatro eseguite da una società titolare di concessione per lo sfruttamento di acque minerali e termali - Inapplicabilità.

1. - Per conseguire il beneficio di cui all'art. 9 lett. f, L. 10/1977, e cioè l'esenzione dal contributo previsto dall'art. 3 della stessa legge, è necessaria la sussistenza di un duplice requisito, uno oggettivo, consistente nel fatto che deve trattarsi di un'opera pubblica o destinata a soddisfare i bisogni della collettività, ed uno soggettivo, nel senso che l'opera deve essere realizzata da un ente pubblico o da un concessionario.
2. - Non trova applicazione, per difetto del requisito soggettivo, l'esenzione dal pagamento dei contributi concessori relativi ad una domanda di sanatoria edilizia presentata da una società titolare di una concessione per lo sfruttamento di acque minerali e termali, per opere abusive riguardanti un teatro, non potendo le stesse essere considerate come opere realizzate per finalità di sfruttamento delle acque termali (per le quali la S.p.A. ricorrente risulta istituzionalmente competente), ma come mere opere rivolte ad aumentare gli utili di impresa; pertanto come qualunque altra opera eseguita da un operatore privato, le stesse devono sottostare all'ordinaria disciplina prevista per il pagamento dei contributi concessori (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 26.02.2002 n. 400 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

dossier RIFIUTI E BONIFICHE

AMBIENTE-ECOLOGIA: Ordinanza – Bonifica siti inquinati – Curatore Fallimentare – D.M. 471/1999 - Esclusione.
A seguito dell’entrata in vigore del D.M. 25.10.1999 n. 471 (che all’art. 18 comma 5 stabilisce "Nel caso in cui il sito inquinato sia oggetto di procedura esecutiva immobiliare ovvero delle procedure concorsuali di cui al Regio Decreto 16.03.1942, n. 267, il Comune domanda l'ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101 del decreto medesimo per una somma corrispondente all'onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa") l’onere di effettuazione della bonifica non spetta al curatore fallimentare ed il potere del Comune è limitato alla possibilità di domandare l’ammissione al passivo della spesa sostenuta per la bonifica, non potendo giungere ad ordinare di materialmente provvedere alla medesima (secondo lo schema generale previsto invece dall’art. 14 del decreto n. 22/1997) TAR Toscana, Sez. II, sentenza 09.07.2003 n. 2710 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

dossier SANATORIA GIURISPRUDENZIALE

EDILIZIA PRIVATA: Sanatoria c.d. giurisprudenziale – Inammissibilità - Interpretazione estensiva dell’art. 13 L. 47/1985 - Esclusione.
Non sembra ammissibile l’istituto della c.d. sanatoria giurisprudenziale, quale ipotesi generalizzata di sanatoria di opere realizzate abusivamente ma conformi alla disciplina urbanistica vigente, in quanto da un lato comporterebbe che ogni ipotesi di abuso edilizio potrebbe essere in ogni tempo sanato dal sopravvenire di una disciplina urbanistica con la quale esso non si trovi in contrasto e dall’altro l’istituto della concessione in sanatoria di cui all’art. 13 della legge n. 47/1985 –che contempla l’unica ipotesi di sanatoria ‘a regime’ prevista dall’ordinamento del settore– non contiene alcuna deroga che possa legittimare un caso di sanatoria al di fuori delle condizioni da esso prescritte (TAR toscana, Sez. III, sentenza 14.06.2002 n. 1245 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA Sanatoria c.d. giurisprudenziale – Inammissibilità - Interpretazione estensiva dell’art. 13 L. 47/1985 - Esclusione.
La legge n. 47/1985 ha predisposto una disciplina esaustiva e puntuale delle ipotesi di sanatoria, anche ai fini amministrativi, non lasciando alcun margine interpretativo per consentire la sopravvivenza della c.d. sanatoria giurisprudenziale (che sembrava configurabile nella normativa previgente in relazione al dodicesimo comma dell’art. 15 della legge n. 10/1977) in quanto la concessione in sanatoria è un provvedimento tipico che non permette all’amministrazione di esercitare il relativo potere oltre i limiti imposti dal legislatore, altrimenti risulterebbe un’interpretazione finalizzata alla protezione degli interessi privati scaturenti da comportamenti antigiuridici (peraltro consentendo di usufruire delle modifiche della regolamentazione urbanistica, idonee a legittimare l’edificazione abusiva, addirittura fino alla esecuzione della definitiva sanzione della demolizione).
Pertanto l'art. 13 legge 47/1985 non può che essere interpretata se non nel senso di delimitare il potere dovere dell'amministrazione di provvedere all'erogazione delle misure sanzionatorie negli stretti limiti temporali indicati dalla norma, posto che il principio di cui all'articolo 97 della Costituzione, che farebbe ritenere illogica la demolizione dell'opera, quando la stessa potrebbe essere autorizzata sulla base della sopravvenuta strumentazione urbanistica, deve, comunque, retrocedere dinnanzi all'altro principio generale, di rango costituzionale, e cioè, il principio di legalità, che impone la necessaria e stretta osservanza della disciplina dettata dalla legge per la sanatoria delle opere abusive (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 15.04.2002 n. 724 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI - VARI: G.U. 25.05.2009 n. 119 "Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini" (D.P.C.M. 06.05.2009).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

LAVORI PUBBLICI: Strade vicinali e spese dei consorzi obbligatori.
Pubblichiamo una nota dell'avvocato Marta Bassanese del foro di Vicenza sulle spese per la manutenzione delle strade vicinali. La nota segnala la differenza tra le strade vicinali a uso pubblico e quelle non a uso pubblico e spiega quali sono i presupposti per la formazione di un consorzio obbligatorio per la manutenzione delle strade vicinali (http://venetoius.myblog.it).

ENTI LOCALI: D. Prinari, La revoca degli Assessori Comunali e Provinciali nella parabola interpretativa della giurisprudenza (link a www.filodiritto.com).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

LAVORI PUBBLICI: Indicazioni operative circa la compilazione della scheda informatica per il rilascio del Certificato di Esecuzione dei Lavori (CEL) (comunicato del Presidente del 13.05.2009 - link a massimario.avlp.it).

INCARICHI PROGETTUALIConcorso di idee - Commissione giudicatrice - Composizione - Competenza - Sostituzione di ingegnere con altra figura - Non conformità alla disciplina ex art. 84 dlgs. 163/2006 - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Per la soluzione della questione oggetto della controversia occorre, preliminarmente, rilevare che, in ordine alla nomina della Commissione giudicatrice, l’art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, al comma 2, dispone che “La commissione, nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto.”.
Nella fattispecie in esame, trattandosi di un concorso di idee che sottintende un chiaro apprezzamento nel merito delle proposte progettuali, il Bando di gara, nell’art. 9, aveva già stabilito, sotto il profilo delle professionalità ritenute necessarie, la composizione della Commissione, richiedendo “n. 1 architetto esperto in progettazione architettonica; n. 1 ingegnere esperto in impiantistica; n. 1 Responsabile del settore Lavori Pubblici”.
Occorre, tuttavia, considerare che, come ha sottolineato anche la giurisprudenza (TAR Campania, Salerno, Sez. I, sentenza 26.04.2007, n. 457), è da ritenersi tuttora vigente la ripartizione di competenze professionali tra ingegneri ed architetti prevista dagli art. 51 e 52 del r.d. 23.10.1925 n. 2537 (come confermato dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. 27.01.1992 n. 129 di attuazione, tra l’altro, della direttiva 85/384/Cee) e che tali norme, emanate in sede di approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto, in particolare, riservano alla competenza comune di architetti ed ingegneri le opere di edilizia civile, mentre attribuiscono alla competenza generale degli ingegneri quelle concernenti: le costruzioni stradali, le opere igienico sanitarie (depuratori, acquedotti, fognatura e simili), gli impianti elettrici, le opere idrauliche, le operazioni di estimo, l’estrazione di materiali, le opere industriali; ferma rimanendo per i soli architetti la competenza in ordine alla progettazione delle opere civili che presentino rilevanti caratteri artistici e monumentali (art. 52, comma 2, cit., che conserva però alla concorrente competenza degli ingegneri, secondo la regola generale, la parte tecnica degli interventi costruttivi de quibus).
Inoltre, in via ancora più specifica, è stato altresì precisato che “La competenza esclusiva degli ingegneri a sottoscrivere progetti sussiste solo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 51 e 52 del regolamento di cui al R.D. n. 2537/1925, nel caso di progettazione e verifica degli impianti; un architetto deve pertanto ritenersi abilitato a sottoscrivere un progetto nel caso in cui non si debba procedere alla progettazione di impianti, ma solo al loro montaggio mediante l’esecuzione delle necessarie opere murarie” (CGA - Sez. Giurisdizionale - sentenza 21.01.2005, n. 9).
Da quanto sopra discende che la contestata sostituzione, operata dalla stazione appaltante in sede di nomina della Commissione, della componente riservata alla professionalità di ingegnere con altra professionalità laureata in architettura e professore universitario associato, potrebbe, in linea generale, reputarsi legittima laddove fosse riscontrabile anche una equipollenza di competenze professionali, da valutarsi, nel caso di specie, assurgendo a parametro l’oggetto del concorso di idee.
Di particolare rilevanza, al riguardo, è l’art. 2 del bando che individua l’oggetto del concorso nei seguenti termini “- ampliamento dell’edificio scolastico di Corso Umberto, scuola media, per accogliere gli studenti provenienti dalle aule ospitate dall’edificio di via Panoramica; - riconversione funzionale dell’edificio di via Panoramica in nuova Sede Municipale, previo suo adeguamento sismico; - riconversione funzionale dell’attuale edificio comunale di via Panoramica in nuova sede della scuola elementare “A. Vespucci”, attualmente sita in Corso Garibaldi, previo suo adeguamento sismico; - demolizione dell’edificio scolastico di Corso Garibaldi, unitamente alla struttura sportiva, e realizzazione della Villa comunale con parcheggi interrati”.
Ebbene, il richiamato oggetto del concorso, riguardando sia la progettazione di opere civili sia di infrastrutture nonché adeguamenti sismici, mostra chiaramente la necessità di specifiche competenze progettuali che rientrano nel bagaglio esclusivo delle competenze professionali dell’ingegnere.
Inoltre, occorre tenere in debito conto l’ulteriore previsione contenuta nell’art. 3, comma 3, della lex specialis, che individua espressamente l’esperienza professionale e/o specializzazione richiesta ai concorrenti in ambiti fortemente caratterizzati sotto il profilo interdisciplinare, che, inevitabilmente, si ripercuotono sulle necessarie esperienze e competenze professionali dei componenti della Commissione nominata per giudicarli, o quanto meno possono fungere da parametro di riferimento delle stesse.
In particolare, la citata disposizione del bando richiede una documentata esperienza nei seguenti ambiti di attività: 1) progettazione architettonica di opere similari a quella oggetto dell’incarico; 2) calcolo delle strutture di opere similari a quella oggetto dell’incarico; 3) impiantistica elettrica; 4) impiantistica termo idrico sanitaria e di condizionamento; 5) sicurezza dei cantieri.
Al riguardo si evidenzia che le attività di cui al punti 2), 3) e 4) rientrano indubbiamente nelle competenze professionali esclusive degli ingegneri e non possono essere espletate anche dagli architetti, fatta salva l’ipotesi che si tratti di un professionista laureato all’esito della speciale corso di laurea in architettura/ingegneria ed abilitato anche all’esercizio della professione di ingegnere.
In particolare, relativamente al calcolo delle strutture di opere similari a quelle oggetto dell’incarico (non solo in cemento armato ma anche antisismiche) la giurisprudenza ha più volte rilevato che è “riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.” (Cass. civ., Sez. II, sentenza 26.07.2006, n. 17028).
Riguardo, poi, alla componente impiantistica, che si presume da progettare trattandosi di concorso di idee, appare contraddittorio individuare, nella fattispecie in esame, un architetto quale “esperto in impiantistica”, atteso che, come si evince dalla giurisprudenza sopra richiamata, la competenza professionale alla progettazione di impianti è propria degli ingegneri.
Da tutto quanto sopra discende la necessità della presenza in Commissione della figura professionale dell’ingegnere accanto a quella dell’architetto, come peraltro espressamente prevedeva il bando in oggetto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la composizione della Commissione giudicatrice, nominata dalla Giunta del Comune di Monte di Procida, non è conforme alla normativa di settore e alla lex specialis di gara (parere 07.05.2009 n. 60 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZIServizi di pulizia - Requisiti di partecipazione - Discrezionalità della s.a. - Limiti - requisiti sproporzionati - Durata iscrizione cciaa - Concessione linea di credito - Fatturato - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità evidenziato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, che la stazione appaltante può fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza (cfr. per tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n. 188).
La ragionevolezza dei requisiti non deve essere valutata in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto ed alle specifiche peculiarità dell’oggetto della gara.
Nel caso di specie si rileva che l’art. 2, lett. c), del disciplinare di gara richiede tra i requisiti di partecipazione la dichiarazione di iscrizione da almeno dieci anni al Registro delle Imprese presso la competente Camera di Commercio; la dichiarazione di iscrizione, ai sensi della legge n. 82/1994 e del D.M. n. 274/1997 nel Registro delle imprese di pulizia per la fascia di classificazione “H” fino ad euro 6.197.483,00 oltre IVA. Inoltre tra i requisiti di capacità economico-finanziaria è stata richiesta dall’art. 2, lett. f) una dichiarazione bancaria contenente l’impegno dell’Istituto di aprire a favore del concorrente, in caso di aggiudicazione, una linea di credito pari ad almeno Euro 1.000.000,00 a garanzia eventuale per far fronte al pagamento di stipendi e contributi; nonché una dichiarazione del fatturato globale, riferito agli ultimi tre esercizi finanziari, per un importo minimo pari ad almeno euro 10.000.000,00.
Valutando ciascuno dei sopraelencati requisiti si osserva quanto segue. In ordine alla durata di iscrizione al Registro delle Imprese presso le Camere di Commercio si ritiene che i dieci anni richiesti rappresentino un lasso temporale eccessivo e sproporzionato rispetto all’oggetto della gara, che determina un irragionevole restringimento della concorrenza a danno delle imprese che operano da poco tempo sul mercato.
Per quanto concerne i requisiti di capacità economica, la stazione appaltante, avvalendosi della discrezionalità prevista dall’articolo 41 del Codice dei contratti, ha scelto di richiedere ai concorrenti, ai fini della dimostrazione dei requisiti di capacità, la concessione o l’impegno a concedere una linea di credito.
Tale previsione, tuttavia, non risulta essere adeguatamente giustificata, anche in considerazione degli altri requisiti previsti dalla documentazione di gara, nonché dell’importo fissato a base d’asta. Sul punto deve osservarsi come non sembra ammissibile la previsione in sede di partecipazione alla gara di un requisito strettamente connesso alla fase contrattuale che, tuttavia, non viene effettivamente richiesto poi in sede di esecuzione contrattuale. Trattasi infatti di onere ultroneo, posto che, per ammissione della stessa SA, non è prevista nell’appalto una apertura di credito dopo l’aggiudicazione (si veda il parere dell’Autorità del 17.07.2008 n. 194).
Deve segnalarsi, inoltre, che il fatturato richiesto pari ad almeno euro 10.000.000,00 risulta essere di gran lunga superiore all’importo a base d’asta pari ad euro 971.963,56. Anche moltiplicando la base d’asta per i due anni di durata del contratto, risulterebbe una base d’asta con un importo pari a euro 1.943.927,12, che è notevolmente inferiore a quanto stabilito come requisito di partecipazione, anche alla luce delle indicazioni espresse da questa Autorità con le deliberazioni n. 20, 33 e 62 del 2007, nelle quali veniva considerata non incongrua o sproporzionata, né limitativa dell’accesso alla gara la richiesta di un fatturato, nel triennio pregresso, sino al doppio dell’importo posto a base della stessa.
Le ulteriori censure sono da considerarsi assorbite dai rilievi sopradescritti.
In base a quanto sopra considerato I
l Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che i requisiti di partecipazione presenti nella lex specialis di gara risultano non essere conformi ai principi di proporzionalità, nonché alla normativa vigente di settore (parere 07.05.2009 n. 59 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZIServizi di manutenzione - Requisiti di partecipazione - Richiesta relativa ai servizi di punta - Carattere proporzionato e ragionevole - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità evidenziato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, che la stazione appaltante può fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza (cfr. per tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n. 188).
Nel caso di specie l’Autostrada Torino Savona S.p.A. ha ritenuto di richiedere, a causa di una serie di specificità e complessità che caratterizzano il servizio in oggetto, requisiti più restrittivi e rigorosi di quelli previsti dagli artt. 41 e 42 del D.Lgs. n. 163/2006. Tali ulteriori requisiti, tuttavia, che, come descritto in narrativa, sono rappresentati dai cd. “servizi di punta”, non sembrano porsi in violazione con i principi di proporzionalità e ragionevolezza.
In particolare non è richiesto dalla documentazione di gara che detti servizi di punta debbono necessariamente essere identici a quelli da affidare. La precisazione operata nella documentazione di gara in accordo alla quale “per servizi analoghi si intendono servizi di manutenzione ordinaria eseguiti in ambito autostradale” permette, infatti, chiaramente di desumere che i servizi richiesti possono essere stati svolti dalle società concorrenti lungo tutto il territorio nazionale, presso tutte le autostrade.
Il disciplinare, in sostanza, consegue l’obiettivo di far partecipare alla gara concorrenti che abbiano l’esperienza e la competenza di gestire le complessità tecniche evidenziate dalla stazione appaltante relativamente a servizi analoghi a quelli complessivamente considerati (si veda in questo senso Cons. di Stato, sez. V, 03.05.2006 n. 2464).
L’entità minima dei servizi, nel triennio, pari al 100% dell’importo contrattuale posto a base d’asta, non sembra essere sproporzionato, dal momento che esso è riferito ad un solo anno di durata del contratto, con la possibilità di sommare, in alternativa, due servizi analoghi di importo non inferiore al 120% dell’importo a base d’asta, oppure tre servizi analoghi pari al 150% dell’importo a base d’asta.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la documentazione di gara è conforme alla normativa vigente di settore (parere 07.05.2009 n. 58 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI FORNITUREForniture - Specifiche tecniche - Dimostrazione della ditta concorrente circa la conformità tecnica del proprio prodotto alle prescrizioni previste dal capitolato speciale - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Come questa Autorità ha già avuto modo di evidenziare in precedenti occasioni (si vedano i pareri 20.12.2007 n. 158; 10.10.2007 n. 51; 19.07.2007 n. 256) ai sensi dell'articolo 68 del D. Lgs. n. 163/2006, le specifiche tecniche di appalto devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza (comma 2) e, a meno di non essere giustificate dall’oggetto dell’appalto, le dette specifiche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata, né far riferimento a un’origine o produzione specifica che avrebbe come effetto di favorire o eliminare talune imprese o prodotti (comma 13). Pertanto, l’eventuale indicazione di marchi o prodotti deve essere collegata a diciture quali “o equivalente” ovvero “tipo”, significative della volontà dell'amministrazione di utilizzare il marchio o la denominazione del prodotto solo a titolo esemplificativo, per meglio individuare le caratteristiche del bene richiesto. Ne discende che attraverso il concetto di equivalenza di cui al citato articolo 68, si concretizza l’apertura al mercato degli appalti nei confronti di quegli operatori economici che usano sistemi e prodotti analoghi a quelli individuati dalla stazione appaltante.
Con la determinazione n. 2/2007, l’Autorità ha posto in luce come con l’articolo 68, comma 3, lettera b), del D.Lgs. n. 163/2006 sia chiaro l’intento del legislatore di preservare, per ogni tecnica di redazione dei capitolati e dei documenti di gara, la possibilità per il concorrente di proporre soluzioni diverse ed innovative, purché idonee a soddisfare gli obiettivi della stazione appaltante.
Nel caso in esame, la procedura di gara è finalizzata all’acquisto di due spazzaneve polivalenti le cui specifiche tecniche, sono dettagliatamente descritte nel Capitolato Speciale e nell’Allegato A al medesimo Capitolato. Con riferimento a dette specifiche tecniche, non sembrano rinvenirsi riferimenti a marchi o a brevetti. In ogni caso la stazione appaltante ha previsto nel bando di gara al paragrafo “Aggiudicazione provvisoria/aggiudicazione definitiva” che “dopo l’individuazione dell’offerta aggiudicataria provvisoria verrà richiesto al competente 3° Servizio del II Dipartimento di validare le offerte del 1° e del 2° classificato nella graduatoria di gara in ordine alla conformità tecnica dei prodotti offerti al capitolato d’appalto ed alla scheda tecnica”.
Attraverso la detta procedura è possibile, dunque, per la ditta partecipante dimostrare, sia in via documentale, sia in contraddittorio, la conformità tecnica del proprio prodotto alle prescrizioni previste dal capitolato speciale. Dalla documentazione prodotta dalle parti, emerge che è stata condotta nel caso di specie dal 3° Servizio del II Dipartimento un’istruttoria completa, la cui finalità è stata quella di verificare la conformità delle caratteristiche presenti nell’offerta della EDITEC di Di Caro Giuseppe con quelle contenute nel capitolato speciale. Non può, pertanto, sostenersi che ci sia stato un ostacolo alla partecipazione alla gara, né a causa della documentazione di gara, né a causa di una assenza di istruttoria da parte della commissione di gara. Viceversa l’istruttoria condotta dal 3° Servizio del II Dipartimento è stata proprio indirizzata nel senso di verificare la possibilità di aggiudicare definitivamente l’offerta dell’istante, nonostante la presenza nella stessa di difformità rispetto a quanto previsto nel capitolato speciale.
Per quanto attiene alla competenza tecnica dei singoli componenti del 3° Servizio del II Dipartimento, deve evidenziarsi come non sia compito di questa Autorità pronunciarsi nel merito, rientrando la nomina e la scelta nell’esclusiva competenza della stazione appaltante.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio Ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della stazione appaltante risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 23.04.2009 n. 57 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZIOfferte anomale - Costo del lavoro - Assunzione di personale disoccupato - Esonero versamento contributi previdenziali e assistenziali - Giustificazioni inerenti costo lavoro - Ammissibilità.
Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla valutazione dell’anomalia dell’offerta, l’Autorità ha avuto già modo di esprimersi, sostenendo che è l’Amministrazione che può e deve svolgere il giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta.
Infatti, gli apprezzamenti compiuti dall’Amministrazione in sede di riscontro dell’anomalia delle offerte costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, improntato a criteri di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, che rientra tra le prerogative della stazione appaltante e, in particolare, della commissione giudicatrice (si vedano i pareri n. 169/2008 e n. 213/2008), salvo non emergano evidenti vizi di ricostruzione dell’iter logico-argomentativo.
Nel caso di specie le motivazioni che hanno indotto l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo all’aggiudicazione dell’appalto alla ditta S.G.S. Company s.r.l. non appaiono irragionevoli o illogiche, trovando fondamento nel fatto, asserito dalla stazione appaltante, di non aver precedentemente esperito alcuna gara di appalto per l’affidamento del servizio di portierato di cui trattasi, da cui discende l’inapplicabilità, nel caso in esame, di quanto sancito dal combinato disposto dell’art. 4 del vigente CCNL per il personale dipendente di imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multi servizi e dell’art. 1 del D.L. 29.12.2007, n. 250.
Infatti, per un verso, il citato art. 4 del CCNL di settore, alla lett. a), stabilisce testualmente che “in caso di cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali l’impresa subentrante si impegna a garantire l’assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in organico sull’appalto risultanti da documentazione probante che lo determini almeno 4 mesi prima della cessazione stessa, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi”. Per altro verso, ma sempre al medesimo fine di rafforzare la tutela della piena occupazione dei lavoratori impiegati in società che svolgono attività di servizi di pulizia, l’art. 1 del D.L. n. 250/2007 esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi in tale particolare ipotesi di subentro, che viene normativamente precisata come “acquisizione di personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito di subentro di nuovo appaltatore”.
Conseguentemente, non sussistendo nella fattispecie in esame il suddetto obbligo di riassorbimento del personale, non emergono apparenti ostacoli normativi all’assunzione di lavoratori disoccupati da parte dell’aggiudicataria S.G.S. Company s.r.l. e, quindi, alla possibilità per la stessa di giustificare il ribasso anomalo appellandosi alla legge 407/1990, che propriamente consente di fruire dell’esonero dall’obbligo del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali con l’assunzione di lavoratori disoccupati.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che non emergono evidenti vizi nell’iter logico-argomentativo seguito dalla stazione appaltante in sede di riscontro dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria S.G.S. Company s.r.l. (parere 23.04.2009 n. 56 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità della scelta di un'amministrazione di non invitare alla trattativa privata per l'affidamento provvisorio del servizio nettezza urbana, la società che era in precedenza affidataria dell'appalto.
E' legittima la scelta di una amministrazione di non invitare alla trattativa privata per l'affidamento provvisorio del servizio nettezza urbana, la società che era in precedenza affidataria dell'appalto, in quanto tale trattativa si è svolta immediatamente dopo e per effetto dell'avvenuta risoluzione per inadempimento nei confronti della medesima società. Né, la procedura posta in essere era tale da obbligare l'amministrazione a trattare con chiunque avesse fatto domanda di partecipazione, trattandosi di una trattativa privata negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara avviata ai sensi dell'art. 7, c. 2, lett. d, del d.l.vo 17.03.1995 n. 157 (all'epoca vigente), il quale appunto consente all'amministrazione di invitare un numero ristretto di Ditte (almeno in numero di tre) "nella misura strettamente necessaria, qualora, per impellente urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice, non possano essere osservati i termini, di cui agli articoli 8, 9 e 10, per il pubblico incanto, la licitazione privata, l'appalto concorso o la trattativa privata con pubblicazione di un bando; le circostanze addotte per giustificare tale impellente urgenza non devono essere imputabili alla stazione appaltante" (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.05.2009 n. 3080 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'interpretazione dell'art. 29, c. 1, della direttiva del Consiglio 92/50/CEE, che contiene un elenco tassativo delle cause di esclusione dalla partecipazione ad un appalto di servizi.
E' incompatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che non autorizza la partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione, in modo concorrente, società aventi fra loro un rapporto di controllo o d'influenza notevole.

- L’art. 29, c. 1, della direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità.
- Il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara (Corte di giustizia europea, Sez. IV, sentenza 19/5/2009 n. C-538/07 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'interpretazione dell'art. 13, c. 4, del cd. decreto Bersani (d.l. 04.07.2006 n. 223).
L'art. 13 del dl. 223/2006, ha implicitamente sancito, con carattere generale, che le società miste devono necessariamente operare intra moenia.

- La sanzione della nullità prevista nell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani), colpisce i contratti scaturiti da una procedura ad evidenza pubblica svoltasi in epoca in cui era già cogente il divieto normativo, altrimenti non troverebbe giustificazione plausibile la previsione di cui al c. 3 del citato art. 13, la quale delinea un procedimento di graduale conformazione da compiersi a mezzo della cessione a terzi delle attività non consentite, ovvero la costituzione di separate società da allocare sul mercato. La lettura interpretativa dell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006, nel senso anzidetto si evince, inoltre, dal contenuto della modifica apportata al c. 4 dell'art. 13 dal c. 720 dell'art.1 della l. 27.12.2006 n. 296, secondo cui "restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al c. 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data". E' evidente, infatti, che il legislatore ha inteso far chiarezza una volta per tutte introducendo una disposizione che, in quanto di natura interpretativa, ha efficacia retroattiva e dunque si applica a tutte le fattispecie -ivi comprese quella che forma oggetto del caso di specie- in cui le procedure sono state bandite prima ma i relativi contratti sono stati stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto suddetto.
- L'art. 13 del dl. 223/2006, nel rendere definitivamente cogente per le società miste il principio di esclusività nel rapporto di committenza con gli enti costituenti o affidanti, ha implicitamente suggellato, con carattere generale, il suo corollario, e cioè che le stesse devono necessariamente operare intra moenia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.05.2009 n. 3001 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'inapplicabilità alle gare indette per la concessione di servizi della disciplina dettata all'art. 70 del Codice dei contratti pubblici sul termine per la presentazione delle offerte per le procedure di gara per l'affidamento di appalti pubblici.
L'art. 30, c. 1, del d. lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) stabilisce, che "Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi". Pertanto, nel caso di specie, è erronea l'applicazione analogica della disciplina dettata all'art. 70 del Codice dei contratti pubblici sul termine per la presentazione delle offerte concernente le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara in materia di appalti alla diversa materia delle concessioni di servizi, in palese violazione della previsione racchiusa nell'art. 30, c. 1, del medesimo Codice dei contratti pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2864 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di un'aggiudicazione di una gara ad un'ATI, per violazione dell'art. 13 della l. n. 248/2006 (Bersani), essendo una delle società che fanno parte dell'associazione, partecipata indirettamente dalla regione.
E' illegittima l'aggiudicazione di una gara a inviti bandita da una Autorità Portuale per la redazione di uno studio sulle potenzialità del relativo porto in materia di traffico container, ad una A.t.i. in quanto una delle società che fanno parte dell'associazione temporanea è partecipata indirettamente dalla regione e produce servizi strumentali all'attività della regione e di soggetti pubblici alla medesima riconducibili, per violazione dell'art. 13 del d.l. 04.07.2006 n. 223, convertito nella l. 04.08.2006 n. 248. Alla luce della ratio sottesa all'art. 13 d.l. n. 223 del 2006, infatti, volto a tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica, che risulterebbero turbati dalla presenza di soggetti che proprio per la presenza -diretta o indiretta- della mano pubblica finiscono in sostanza per eludere il rischio d'impresa, devono considerarsi società partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali anche quelle società che sono partecipate da società intermedie controllate da dette amministrazioni: il divieto previsto dall'art. 13, dunque, deve ritenersi applicabile ad un'impresa partecipata da un'altra impresa, controllata da altra impresa ancora che a sua volta è controllata da un'amministrazione pubblica regionale. Inoltre, la ratio della prescrizione conserva integra la sua validità anche nei casi in cui la strumentalità non sia ristretta all'attività interna della p.a. (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 06.05.2009 n. 908 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Condono - Nulla osta paesaggistico - Rilascio - Diniego - Motivazione.
Il diniego di nulla osta paesaggistico -sia a regime, sia a fronte di domande di sanatoria- deve essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di ammettere un determinato intervento: affermare che un determinato intervento compromette gli equilibri ambientali della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e finiture prescelti in progetto e contesto paesaggistico senza nulla aggiungere non spiega alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero postulato apodittico (TAR Liguria, sez. I, 05-12-2006 n. 1632; TAR Liguria, sez. I, 15-12-2005 n. 1710; TAR Liguria, sez. I, 18-11-2004 n. 1552) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 08.04.2009 n. 617 - link a http://mondolegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazioni paesaggistiche - Diniego di nulla osta - Motivazione specifica - Necessità - Motivazione generica secondo cui l’intervento comprometterebbe gli equilibri ambientali della zona interessata - Mediante una motivazione che fa rinvio "a cascata" a pareri degli organi interni - Senza alcuna autonoma valutazione da parte dell’organo competente a provvedere.
Nei casi in cui –come quello in esame– la discrezionalità tecnico/amministrativa abbia un ruolo considerevole, un diniego di nulla osta deve essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non ammettere un determinato intervento: affermare che un determinato intervento compromette gli equilibri ambientali della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e materiali scelti e contesto paesaggistico senza nulla aggiungere, non spiega alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero postulato apodittico (TAR Liguria, 1^, 11.07.2007 n. 1370; id., 05.12.2006 n. 1632; id., 15.12.2005 n. 1710; id., 18.11.2004 n. 1552) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 22.12.2008 n. 2187 - link a www.giustizia-amministrativa.it)

EDILIZIA PRIVATA: Quando l’Amministrazione ritenga di dover denegare un’autorizzazione paesaggistica deve adeguatamente motivare la propria determinazione indicando con puntualità il contenuto specifico del vincolo e le ragioni della contrarietà di quanto proposto col vincolo stesso.
Quando l’Amministrazione ritenga di dover denegare un’Autorizzazione Paesaggistica (ove la discrezionalità pur se ampia -in quanto involge sia aspetti di apprezzamento estetico, che di discrezionalità tecnica, che di merito vero e proprio, non sindacabile in questa sede- non può risolversi in arbitrio) deve adeguatamente motivare la propria determinazione indicando con puntualità il contenuto specifico del vincolo e le ragioni della contrarietà di quanto proposto col vincolo stesso, non apparendo sufficiente il richiamo ad una generica mancanza di “integrazione” di quanto progettato (in particolare: abbaini e terrazze) con l’impianto edilizio esistente nel luogo, specie quando la regolamentazione edilizia ne consenta, sia pure con limiti e caratteristiche ben precise, la realizzazione (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 11.07.2008 n. 400 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla prelazione di beni di interesse storico.
L'istituto della prelazione su cose di interesse storico, artistico ed archeologico di proprietà privata differisce nettamente dall'omonimo istituto civilistico, trattandosi dell'esercizio di una potestà di natura autoritativa con effetti di carattere ablatorio per la tutela e la valorizzazione dei beni appartenenti alle categorie identificate dalla legge 1089/1939. A fronte di detto potere le posizioni dei destinatari del provvedimento hanno consistenza di interesse legittimo e ricevono piena tutela avanti al giudice amministrativo quale giudice "nell'amministrazione" delle fattispecie provvedimentali espressione di potestà discrezionali, secondo l'indirizzo sul riparto di giurisdizione da ultimo segnato dalla decisione della Corte costituzionale n. 204/2004.
L'art. 31 della legge 1089/1939 rimette alla più ampia valutazione dell'amministrazione l'opportunità di esercitare o meno il diritto di prelazione in presenza di trasferimento a titolo oneroso di beni oggetto di vincolo specifico. La norma non individua specifici interessi di carattere secondario che devono concorrere nella fattispecie, onde dar luogo all'acquisto coattivo in mano pubblica del bene e della cui esistenza si debba dare conto nella motivazione del provvedimento. In ogni caso, quando l'amministrazione esterna gli interessi di rilievo pubblico che la hanno mossa ad avvalersi del diritto di prelazione (nella specie, migliore tutela dell'integrità dell'immobile e adibizione dello stesso ad usi allo stesso peculiari), ciò giustifica ampiamente l'opportunità di dar luogo all'acquisizione del bene al demanio pubblico, risultando irrilevante la circostanza che lo stesso potere non sia stato esercitato in occasione di precedente compravendita del bene (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 02.11.2007 n. 5665 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla motivazione dell'atto di diniego di autorizzazione paesaggistica.
In relazione al diniego di autorizzazione paesaggistica, l'obbligo di motivazione deve essere assolto con particolare compiutezza nell'ipotesi in cui la fattispecie da affrontare richieda valutazioni approfondite e complesse, da rendere comprensibili agli interessati, mentre è adeguatamente assolto in forma sintetica laddove le ragioni della determinazione amministrativa siano evidenti (fattispecie in cui il giudice ha ritenuto che dalla documentazione fotografica emergesse con tutta evidenza la qualità indecorosa dei manufatti in questione, palesemente realizzati in maniera tale da renderli incompatibili con la tutela di una zona che riveste pregio paesaggistico. In tale situazione, l'onere motivazionale è stato ritenuto assolto con la semplice descrizione dei manufatti, dalla quale si evince con chiarezza la loro incompatibilità con il vincolo) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.10.2007 n. 5330 - link a www.giustizia-amministrativa.it)

EDILIZIA PRIVATA: Sulle autorizzazioni paesaggistiche per i piani di lottizzazione.
I piani di lottizzazione ricadenti in zone vincolate sotto l'aspetto ambientale necessitano del parere paesaggistico, che è di competenza regionale e detto parere, avendo natura giuridica sostanziale di autorizzazione, è assoggettato al controllo ministeriale Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.10.2007 n. 5092 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla decorrenza del termine per l'esercizio del potere di annullamento di autorizzazioni paesaggistiche, in caso di riesercizio del potere a seguito di giudicato.
Data ormai per pacifica la perentorietà del termine di 60 giorni previsto per l'esercizio del potere di annullamento di una autorizzazione paesaggistica, nel caso in cui la soprintendenza debba riesercitare il potere a seguito di un giudicato, non si può ammettere che tale potere, delimitato da un termine perentorio fissato dal legislatore, possa essere liberamente esercitato senza vincoli temporali, ma deve ritenersi che il termine di sessanta giorni si applichi e che tale termine decorra dalla conoscenza della sentenza di annullamento da parte della soprintendenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.09.2007 n. 4632 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla comunicazione di avvio del procedimento di autorizzazione paesaggistica e sull'applicazione dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990.
L'amministrazione statale dei beni culturali è obbligata a comunicare al privato l'avvio del procedimento di annullamento di una autorizzazione paesaggistica allo scopo di consentire all'interessato di avvalersi degli strumenti di partecipazione e di accesso, previsti dalla legge 241/1990 (fattispecie anteriore alle modifiche introdotte con il d.lg. 42/2004).
In caso di omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento, l'amministrazione può invocare l'applicazione dell'art. 21-octies della legge 241/1990 solo quando è in grado di fornire una prova particolarmente rigorosa che il provvedimento non poteva essere diverso. Deve escludersi la sussistenza di tale prova quando gli elementi che il privato intendeva introdurre nel procedimento (e che ha indicato in giudizio) non siano facilmente risolvibili se non con valutazioni di merito che appaiono precluse al giudice amministrativo (che peraltro si fonderebbero su una risposta alle osservazioni del privato resa in giudizio dalla p.a., o meglio dal suo difensore, sulla base di ulteriori elementi rispetto a quelli emersi in sede procedimentale, col l'effetto di squilibrare ancor più la posizione del cittadino rispetto all'amministrazione) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.09.2007 n. 4614 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul rilascio del nulla osta in zona oggetto di vincolo archeologico.
La circostanza che il comune abbia autorizzato la realizzazione di un fabbricato in zona oggetto di vincolo archeologico non esonera l'interessato dal conseguire il rilascio del nulla-osta da parte dell'amministrazione preposta alla protezione del bene vincolato, rilascio che non per questo diventa atto dovuto (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.06.2007 n. 3703 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'imposizione del vincolo storico ad aree circostanti il bene.
E' illegittimo il provvedimento che, con riferimento alla necessità di tutelare sotto il profilo storico e artistico una vecchia masseria, per il fatto che all'interno sono conservati gli ambienti con i manufatti peculiari legati alla loro destinazione d'uso, estende il vincolo storico e artistico anche all'area contigua per una superficie di oltre 16 mila metri quadrati, in quanto le esigenze di tutela del bene culturale non risultano per nulla proporzionate, logiche e ragionevoli in rapporto al corrispondente sacrificio imposto alla proprietà privata
Le ragioni di tutela paesistica delle bellezze naturali di insieme esulano dalle diverse esigenze di tutela dei beni culturali, i quali, tra l'altro, costituiscono beni individui (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.06.2007 n. 3595 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
Il divieto di rilascio di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, introdotto dall'art. 146, comma 10 lett. c), d.lg. 42/2004, non è operante nella vigenza del sistema transitorio disciplinato dall'art. 159 dello stesso decreto in relazione alle fattispecie cui non si applica la successiva modifica apportata dal decreto legislativo 24.03.2006, n. 157.
Infatti, il d.lg. 42/2004 nel mentre ha introdotto nella disciplina a regime una serie di innovazioni non solo di ordine sostanziale, ma anche procedimentale in tema di autorizzazione paesaggistica, e tra l'altro il divieto di autorizzazione in sanatoria (art. 146), ha però previsto all'art. 159 un "procedimento di autorizzazione in via transitoria", "fino alla approvazione dei piani paesaggistici", che, pur innovando per taluni aspetti la previgente disciplina, non contiene anche il divieto di autorizzazione in sanatoria. Né vale obiettare che la disciplina introdotta dall'art. 146 sarebbe entrata immediatamente in vigore in mancanza di un espresso differimento, giacché la previsione di una normativa transitoria (per il tempo necessario alla approvazione dei piani paesaggistici) non può che determinare la temporanea sospensione della disciplina a regime.
Tale interpretazione è confermata dalle "disposizioni correttive e integrative" apportate con il successivo d.lg. 157/2006, il quale, mentre da un lato ha temperato la rigidità del divieto di autorizzazione in sanatoria introducendo una serie di eccezioni (cfr. art. 167 d.lg. 42/2004 come riformulato dall'art. 27 d.lg. 157/2006), dall'altro ha esteso anche alla fase transitoria il divieto di autorizzazione in sanatoria seppure con le eccezioni anzidette (cfr. art. 159, 6° comma, come riformulato dall'art. 26 d.lg. 157/2006). E' dunque solo con la novella del 2006 che è stato esteso al procedimento di autorizzazione della fase transitoria il divieto di sanatoria nella nuova versione. E la ragione di ciò si rinviene agevolmente nel fatto che protraendosi nel tempo la fase transitoria (per la mancata approvazione dei piani paesaggistici) si è ritenuto di raccordare -quanto alla disciplina "sostanziale"- la autorizzazione della fase transitoria con quella a regime, tanto più che con i temperamenti introdotti il divieto di sanatoria veniva ad essere limitato agli interventi di maggiore impatto, e segnatamente a quelli comportanti "creazione di superfici utili o volumi, ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati" (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.06.2007 n. 3483 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla natura non recettizia dell'annullamento di autorizzazione paesaggistica e sull'onere di motivazione in sede di rilascio dell'autorizzazione per un intervento già valutato in astratto in occasione dell'approvazione del piano di lottizzazione.
L'atto di annullamento della autorizzazione paesaggistica previsto dall'art. 82, comma 9, d.p.r. 616/1977 costituisce atto non recettizio e pertanto il termine perentorio di sessanta giorni assegnato alla soprintendenza per l'eventuale annullamento si riferisce solo alla adozione e non anche alla comunicazione di tale atto. Infatti, la natura recettizia o meno dei provvedimenti amministrativi è stabilita dalla legge, mentre la delegificazione dei procedimenti la cui disciplina è ora demandata ai regolamenti, non può toccare gli atti finali di detti procedimenti e la loro natura giuridica.
Quando l'intervento oggetto di autorizzazione riguarda l'ultimo lotto di un Piano di lottizzazione convenzionato sul quale era già intervenuto il parere favorevole della soprintendenza, l'onere di motivare la compatibilità paesaggistica del singolo intervento da realizzare all'interno del Piano risulta fortemente attenuato, se non addirittura escluso (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.06.2007 n. 3453 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'imposizione del vincolo per i beni degli enti pubblici.
La necessità di un provvedimento costitutivo impositivo del vincolo sussiste anche per i beni di interesse storico-artistico appartenenti agli enti pubblici territoriali (principio affermato con riferimento all'art. 4 comma 3 legge 01.06.1939, n. 1089 - applicabile ratione temporis alle controversie insorte prima della riforma introdotta dagli artt. 10 e segg. decreto legislativo 22.01.2004 n. 42) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.06.2007 n. 3450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'imposizione del vincolo archeologico.
Presupposto necessario (e sufficiente) perché una zona sia dichiarata di interesse archeologico, e come tale sottoposta al vincolo paesaggistico di cui all'art. 1, lett. m), decreto legge 27.06.1985, n. 312, conv. in legge 08.08.1985, n. 431, è la sussistenza di emergenze archeologiche sul territorio o, quanto meno, l'accertata e notoria possibilità che in esso si trovino reperti archeologici (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.06.2007 n. 3442 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla necessità dell'autorizzazione paesaggistica.
L'eventuale esonero dal titolo edilizio non comporta altresì che l'opera da realizzare in zona vincolata non sia soggetta ad autorizzazione paesaggistica, che è preordinata alla tutela dell'aspetto esteriore dei luoghi e prescinde dal profilo edilizio ed, in particolare, dalla necessità o meno di un titolo edilizio. Laddove l'immobile sia vincolato, assume rilievo la natura del bene soggetto alla tutela paesistica e non la natura dell'opus potenzialmente idonea ad apportare al bene protetto modificazioni pregiudizievoli al suo aspetto esteriore (C.G.A.R.S., sentenza 15.06.2007 n. 472 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante del bene.
La comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante del bene ai sensi del decreto legislativo 29.10.1999, n. 490 è atto immediatamente lesivo poiché, diversamente dalla fattispecie generale di cui all'art. 7 legge 07.08.1990, n. 241, non esaurisce i suoi effetti nell'informare l'interessato dell'apertura del procedimento amministrativo, ma comporta l'applicazione di una vera e propria misura di salvaguardia consistente nell'automatica applicazione, anticipata e cautelare, di alcuni degli effetti conservativi del vincolo.
La comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante del bene è di competenza dell'organo centrale (del ministro o chi per lui), restando all'organo periferico il solo potere di proposta, a nulla rilevando che l'espressione di detto potere sia vincolante o meno per il ministro, posto che la norma sulla competenza ha natura formale e di stretta interpretazione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 13.06.2007 n. 3171 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Motivazione puntuale - diniego permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica - necessita.
Risalente giurisprudenza, mai smentita e sempre attuale, afferma che il diniego di permesso di costruire, importando una contrazione dello jus aedificandi del proprietario, abbisogna di una circostanziata motivazione, esplicativa delle reali ragioni impeditive, da individuarsi in un contrasto del progetto presentato con precise norme esplicitamente indicate ostative al rilascio (C.f.r.: C. di S., sez. V, 30.03.1994, n 198 e TAR Campania, sez. IV, 17.02.2003, n. 877); non risultando sufficiente neppure una motivazione per relationem, atteso che, costituendo provvedimento di carattere afflittivo, deve essere espressamente correlato da appositi e specifici elementi di contestazione delle richieste (TAR Campania, sez. IV, 15.10.2002, n. 6340) (TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 19.07.2006 n. 7559 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI Comunicazione di avvio - Procedimento ad istanza di parte - Necessità - Non sussiste.
La comunicazione di avvio del procedimento di cui agli art. 7 e 8 l. n. 241/1990 non è necessaria in presenza di procedimenti avviati ad istanza di parte o, comunque, in procedimenti nei quali i privati interessati abbiano avuto modo di interloquire adeguatamente (il TAR ha osservato che l'interessato aveva addirittura sollecitato l'attivazione di poteri sostitutivi regionali ai fini del rilascio del parere della Soprintendenza in materia paesaggistica) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 30.01.2006 n. 53 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA 1. Beni ambientali e paesaggistici -Autorizzazione paesaggistica - Diniego - Piano di lottizzazione - Legittimità.
2. Beni ambientali e paesaggistici -Autorizzazione paesaggistica -Diniego - Motivazione - Necessità.
3. Beni ambientali e paesaggistici -Autorizzazione paesaggistica -Diniego - Motivazione - Portata.

1. È legittimo il diniego di autorizzazione paesaggistica che evidenzia l'esigenza di ridurre la volumetria degli edifici progettati nell'ambito di un piano di lottizzazione, dal momento che tale diniego ha esclusiva attinenza, non a questioni di carattere urbanistico-edilizio, ma alla necessità di rendere effettivamente compatibile l'intervento edilizio stesso con il contenuto del vincolo paesaggistico.
2. In caso di richiesta di autorizzazione per la costruzione di un edificio in zona soggetta a vincolo panoramico, è necessaria un'adeguata motivazione, sia in caso di diniego, onde consentire all'interessato di adeguarsi alle osservazioni mosse alla sua richiesta e di difendersi nella sede competente, sia in caso di autorizzazione dell'intervento, perché tutti i cittadini devono potere tutelare il loro interesse alla difesa del paesaggio.
3. La motivazione del diniego di nulla osta paesaggistico, non può essere limitata al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, con espressioni vaghe o formule stereotipe, dovendo contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, mediante l'individuazione degli elementi di contrasto ed un concreto e analitico accertamento del disvalore dell'opera stessa sul piano ambientale e paesaggistico; in particolare, la motivazione deve riferirsi a specifici e concreti valori ambientali e paesistici del luogo, non potendosi basare su affermazioni di ordine generale che si possono attagliare ad una pluralità indefinita di casi, fermo restando, però, che all'amministrazione non è richiesto di dar conto dell'avvenuto compimento di una valutazione comparativa tra l'interesse per la cui tutela è imposto il vincolo e quello privato all'esecuzione dell'intervento edilizio, dato che si presume che l'interesse pubblico alla protezione del paesaggio prevalga su quelli privati antagonisti (il TAR ha rilevato che nel caso specifico, in cui il diniego di autorizzazione dei singoli interventi seguiva un giudizio favorevole sul piano paesaggistico per un complessivo intervento edificatorio inserito in un piano di lottizzazione, il provvedimento di diniego di autorizzazione relativo ai singoli episodi edilizi inseriti in tale piano avrebbe dovuto dare conto delle difformità o degli elementi integrativi dei progetti edificatori rispetto alle soluzioni prospettate e già oggetto di valutazione in sede di piano di lottizzazione) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 30.01.2006 n. 53 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl provvedimento di diniego del nulla osta all’intervento edilizio in area sottoposta vincolo di tutela paesaggistica è illegittimo per insufficienza della motivazione, allorquando il parere negativo affermi un generico impatto ambientale dell’intervento nella zona senza specificare in maniera puntuale le ragioni della ritenuta incompatibilità ambientale dell’opera.
L’amministrazione preposta alla tutela delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, in sede di diniego di autorizzazione paesaggistica, non è tenuta ad indicare, in una logica comparativa degli interessi in gioco, prescrizioni tese a rendere l’intervento compatibile con la bellezza tutelata, la cui protezione risponde ad un interesse pubblico normalmente 4 prevalente su quello privato (cfr. fra le altre Tar Toscana III, 20.05.2002 n. 1042), il parere espresso in ordine alla ritenuta incompatibilità dell’opera con la valenza paesaggistica dell’area deve essere specificamente e dettagliatamente motivato con riferimento ai profili di contrasto dell’intervento edilizio considerato con il paesaggio circostante.
Ne consegue, in via generale, che il provvedimento di diniego del nulla osta all’intervento edilizio in area sottoposta vincolo di tutela paesaggistica è illegittimo per insufficienza della motivazione, allorquando il parere negativo affermi un generico impatto ambientale dell’intervento nella zona senza specificare in maniera puntuale le ragioni della ritenuta incompatibilità ambientale dell’opera, specie ove essa si inserisca in un contesto edilizio complessivo invece ritenuto assentibile (cfr. in proposito Tar Umbria 06.03.1998 n. 182).
In altri termini, pur non spingendosi l’onere motivazionale fino al punto dell’indicazione di prescrizioni tali da rendere l’intervento edilizio assentibile, il provvedimento di diniego deve rendere intelligibili all’interessato le ragioni del ritenuto contrasto dell’opera con il paesaggio circostante, così da consentire,se del caso, l’adozione di eventuali accorgimenti volti a consentirne il recupero della compatibilità ambientale e paesaggistica (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 02.11.2004 n. 12086 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. - Autorizzazione art. 7 L. 1497/1939 - Diniego - Precedente rilascio di autorizzazioni per interventi edilizi di tipologia analoga a quella del ricorrente - Illegittimità del diniego.
2. - Autorizzazione art. 7 L. 1497/1939 - Prescrizioni e condizioni - Obbligo a carico dell'amministrazione - Esclusione.

1. - Deve ritenersi illegittimo il diniego di autorizzazione ex art. 7 Legge 1497/1939 per disparità di trattamento, illogicità e mancanza di adeguata motivazione circa le specifiche ragioni che ostano al rilascio dell'atto autorizzatorio richiesto nel caso in cui siano già state rilasciate da parte dell'Amministrazione autorizzazioni paesaggistiche in favore di progetti di interventi edilizi analoghi a quello denegato al ricorrente (nella fattispecie il Comune aveva rilasciato talune autorizzazioni ex art. 7 legge cit. sia per l'inserimento di nuovi balconi, sia per l'ampliamento di balconi esistenti, di tipologia analoga a quella richiesta con riferimento ad immobili ricadenti nell'area in cui è sito il complesso immobiliare di cui fa parte l'appartamento di proprietà del ricorrente ed aveva motivato il diniego sul presupposto "che l'intervento alteri eccessivamente l'aspetto esteriore del fabbricato").
2. - In sede di diniego ex art. 7 della Legge n. 1497 del 1939 l'amministrazione non è tenuta ad indicare le modifiche progettuali che consentirebbero di evitare la compromissione del bene tutelato, considerato che la norma di cui all'art. 16 della citata legge prevede una mera facoltà e non già un obbligo in tal senso a carico dell'Amministrazione medesima (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 21.01.2002 n. 30 - link a www.giurisprudenzaamministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 18.05.2009

ã

UTILITA'

APPALTI: La procedura negoziata (corso di formazione ed aggiornamento marzo 2009):
1- M. Alesio, Le procedure negoziate alla luce delle ultime novità;
2- modello di lettera di invito;
3- slide (link a
www.centrostudimarangoni.it).

EDILIZIA PRIVATAOpere di urbanizzazione a scomputo (corso di formazione ed aggiornamento febbraio 2009):
1- M. Alesio, LA DISCIPLINA DELLE “OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO” DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO (D.LGS N. 152/2008);
2- modello di convenzione accessiva al permesso di costruire (link a
www.centrostudimarangoni.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 19 del 15.05.2009, "Indicazioni regionali per percorsi formativi di Operatore Forestale Responsabile e Istruttore Forestale" (decreto D.U.O. 27.04.2009 n. 4096 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: "Determinazioni in merito alle modalità per l'approvazione dei Programmi Integrati di Intervento in variante, non aventi rilevanza regionale, da osservarsi fino all'approvazione dei Piani di Governo del Territorio (art. 25, comma 7, l.r. 12/2005 e s.m.i." (deliberazione G.R. 06.05.2009 n. 9413 - in attesa di pubblicazione sul B.U.R.L.).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, Novità ambientali. Gli effetti per gli enti locali e le loro aziende (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Ramacci, Emergenza rifiuti: riflessioni sul nuovo sistema sanzionatorio «speciale» (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, Rifiuti contenenti idrocarburi (l'articolo 6-quater della legge 27.02.2009 n. 13): pasticcio all'italiana (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. Fimiani, Le principali decisioni della cassazione sull’inquinamento idrico dopo il T.U. del 2006 (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: R. Bertuzzi, Ispezione, prelievo, campionamento, analisi dei campioni di rifiuti in uno stabilimento industriale (link a www.tuttoambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: E. Villani, IL “TESTO UNICO AMBIENTALE”: TRA AMBIGUITA’ E CERTEZZE (link a www.tuttoambiente.it).

QUESITI & PARERI

PUBBLICO IMPIEGOProgressioni verticali.
Il Comune (omissis) in data 16.03.2009 ha deliberato la modifica della dotazione organica mediante soppressione dell'unico posto in D1 nell'Area tecnico-manutentiva e conseguente trasformazione dello stesso in D3. Con successiva determinazione n. 31 in data 16.03.2009 del Responsabile del Servizio, è stato approvato il bando per la progressione interna verticale.
Il posto in D1 è attualmente coperto da un laureato in architettura, inquadrato economicamente in D2 a far data dal 01.01.2004.
Il Comune chiede parere in merito alla possibilità di continuare ad esperire la progressione verticale interna, in considerazione che con l'entrata in vigore avvenuta il 20.03.2009 della legge statale 04.03.2009 n. 15, art. 5, comma 2 lett. f), lo strumento della progressione interna verticale risulta praticamente superato (Regione Piemonte, parere 45/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAPermesso di costruire. Conformità al vigente P.R.G..
E’ chiesto parere in merito ai possibili rimedi esperibili da un Comune che abbia rilasciato un permesso di costruire sulla base di un erroneo presupposto, consistente in un elaborato progettuale risultato non conforme al vigente P.R.G. (Regione Piemonte, parere 44/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGONomina nucleo di valutazione.
Il Comune (omissis), privo di dirigenza, per l’anno 2007, non aveva provveduto alla nomina del nucleo di valutazione né ad assegnare specifici obbiettivi ai responsabili di servizio, titolari di posizioni organizzative.
In tale anno, si sono svolte le elezioni amministrative che hanno portato alla elezione di un nuovo sindaco e, successivamente, a decorrere dal novembre 2007, alla nomina di un nuovo segretario.
Probabilmente le suddette circostanze hanno inciso sulla tempestività ed effettività dei suddetti adempimenti. I Responsabili di servizio, che sono stati riconfermati dal nuovo sindaco solo in data 06.11.2007, chiedono il riconoscimento della retribuzione di risultato, riferita all’anno in questione.
Il Comune chiede, anche alla luce degli orientamenti della Corte dei Conti, se è possibile procedere al riconoscimento richiesto rilevando che ritardi o mancanze dell’Ente finiscono per pregiudicare le aspettative dei dipendenti interessati (Regione Piemonte, parere 41/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAApplicazione edilizia privata al documento D.U.R.C..
Si chiede parere in merito alla disciplina, da applicarsi nell’edilizia privata, concernente il “D.U.R.C.” (Documento Unico di Regolarità Contributiva).
In particolare, il Comune chiede se, poiché “tale documento non viene sempre presentato visto che con la DIA non è necessaria la formalizzazione dell’inizio lavori, è lecito chiedere il D.U.R.C. come integrazione della D.I.A., fatto che comporterebbe un tardare i termini dell’inizio lavori oppure se lo si può richiedere dopo i trenta giorni”; e se “poiché in alcuni casi viene presentata una dichiarazione di inizio lavori senza il D.U.R.C., ma accompagnata da una dichiarazione in merito al fatto che i lavori verranno svolti in economia, è lecito tale modo di procedere e se ci sono lavori che possono essere svolti in proprio” (Regione Piemonte, parere 40/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAAmpliamento edificio rurale. Rispetto limite fascia stradale.
La questione posta nel quesito riguarda la distanza delle costruzioni dalle strade.
Nello specifico, il Comune ha evidenziato la seguente situazione.
Nel territorio agricolo esiste un fabbricato rurale, edificato antecedentemente all’entrata in vigore del d.m. 01.04.1968, n. 1404, (“distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati”).
L’edificio ricade, in base alla normativa anzidetta, successivamente intervenuta ed oggi vigente, in fascia di rispetto stradale.
In virtù delle disposizioni del Piano Regolatore Generale Comunale in vigore, il fabbricato può essere fatto oggetto di ampliamento nel limite massimo del 20% del volume residenziale esistente.
Il privato ipotizza di sfruttare la facoltà di ampliamento predetta, sopraelevando l’edificio a filo.
La sopraelevazione, pertanto, verrebbe a ricadere nella fascia di rispetto stradale di cui dianzi si è detto.
Sia la legge reg. 56/1977 (art. 27) che il P.R.G. medesimo dispongono che in fascia di rispetto gli ampliamenti siano ammessi esclusivamente sul lato opposto alla strada, nei casi in cui essi sono di per sé possibili.
Viene quindi richiesto se l’intervento, così come proposto, sia ammissibile o se, invece, debba rispettare il limite della fascia di rispetto stradale come dianzi statuita (Regione Piemonte, parere 39/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione parcheggi. Presenza vincoli tutela paesaggio e ambiente.
Vengono posti quesiti attinenti alla corretta applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 9 della legge 122/1989 (cosiddetta “legge Tognoli”) recante norme di incentivazione alla realizzazione di parcheggi, nel caso in cui siano presenti vincoli, a tutela del paesaggio e dell’ambiente, che interessano l’area di localizzazione dei parcheggi medesimi.
Più specificatamente, il Comune che formula la richiesta considera due distinte situazioni nelle quali compaiono vincoli su aree interessate da progetti ed istanze per il rilascio di permessi di costruire parcheggi ai sensi della “legge Tognoli”.
In entrambe le situazioni, la perplessità del Comune in ordine all’assentibilità degli interventi predetti deriva dalla considerazione del fatto che l’art. 9, comma 1, delle legge 122/1989:
- consente di realizzare parcheggi pertinenziali nel sottosuolo o nei piani terreni “anche in deroga agli strumenti urbanistici”;
- ma precisa poi che “restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale”;
- ed aggiunge che restano fermi anche i poteri regionali e ministeriali attribuiti dalla legislazione predetta.
Le due situazioni disegnate dal Comune sono però diverse; le si considera separatamente (Regione Piemonte, parere 38/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATATrasformazione urbanistico-edilizia. Variazione al P.R.G..
Viene posto il problema dell’assoggettabilità (o meno) al contributo di costruzione di un intervento di ristrutturazione urbanistica a fini residenziali di un immobile (di considerevole entità) utilizzato per collegio/convitto fino alla fine degli anni ottanta, da parte di una Congregazione religiosa, successivamente inutilizzato (Regione Piemonte, parere 37/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATAScarico fumi non industriali.
Viene richiesto di chiarire, in termini generali, ma anche a concreti fini applicativi, due aspetti del quadro normativo vigente da applicare alla realizzazione di comignoli per l’emissione di fumi non industriali: da un lato, l’aspetto edilizio-urbanistico; dall’altro, quello inerente agli scarichi del tipo anzidetto (Regione Piemonte, parere 32/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

dossier ABUSI EDILIZI

EDILIZIA PRIVATA: Violazione di sigilli e responsabilità del custode.
Qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2009 n. 19075 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva e responsabilità dell’acquirente e sub-acquirente, sequestro e confisca.
1. Nel reato di lottizzazione abusiva la condotta dell’acquirente non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quegli e, per la cooperazione dell’acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione.
L’acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè -pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza- di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento -o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza- la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, sì collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio.
2. Neppure l’acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità, allorché si consideri che l’utilizzazione delle modalità dell’acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale.
3. Il venditore non può predisporre l’alienazione degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell’acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona:il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell‘acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all‘attività illecita del venditore.
4. Le argomentazioni svolte nella sentenza 20.01.2009 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo non portano a concludere che, per disporre la confisca prevista dalla norma denunciata, il soggetto al quale la res appartiene debba essere necessariamente "condannato", in quanto ben può essere accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale, ad esempio, l’intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed alla inflizione della pena.
5. La possibilità di utilizzazione residenziale dei manufatti sequestrati per lottizzazione abusiva può porsi in contrasto con le stesse finalità della misura cautelare in concreto ravvisate, contraddicendole e vanificandole (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.04.2009 n. 17865 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Sanatoria - Obbligo di provvedere della P.A. - Sussiste.
2. Abusi - Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001 - Silenzio rigetto - Obbligo di istruttoria e di motivazione - Sussiste.
3. Abusi - Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001 - Silenzio rigetto - Motivazione - Produzione in sede giudiziaria - Illegittimità.

1. A fronte di domanda volta al rilascio del permesso di costruzione, anche in sanatoria, sussiste in capo all'Amministrazione l'obbligo di pronunciarsi: ciò, sia in forza dei principi generali sanciti dagli articoli 2 e 3 della Legge 241/1990, sia in forza del dettato specifico di cui all'art. 36 del D.P.R. 380/2001.
2. La previsione del silenzio-rigetto in materia edilizia non vale ad esimere la P.A. dall'obbligo dell'istruttoria e della motivazione, in quanto ciò significherebbe, da un lato, privare l'interessato delle garanzie procedimentali che gli assicurano la possibilità di interloquire nel procedimento, specie dopo l'eventuale preavviso di rigetto ex art. 10-bis Legge 241/1990; dall'altro, significherebbe trasferire in sede processuale l'istruttoria dell'intera pratica edilizia, che il Comune è viceversa tenuto a svolgere in sede procedimentale nell'esercizio delle potestà amministrative che gli competono, salvo l'eventuale successivo sindacato giurisdizionale.
3. E' illegittima la motivazione del silenzio-rigetto fornita per la prima volta in sede giudiziaria, al di fuori ed indipendentemente dal regolare svolgimento di un iter in sede amministrativa (cfr. Cons. di Stato sent. n. 7884/2006 e n. 7681/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.02.2009 n. 1360 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Parametri di valutazione - Impiego delle opere - Irrilevanza - Struttura, consistenza, destinazione - Rilevanza.
In caso di esame d'istanza di condono di opere abusive il Comune non è tenuto ad accordare deroghe in rapporto all'utilizzo attuale della costruzione, essendo rilevante a riguardo non l'impiego di fatto, attuale ed occasionale delle opere, bensì la loro struttura, consistenza e destinazione come individuate nella domanda di condono (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1332 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Obbligo di avviso ex art. 7 Legge 241/1990 - Non sussiste.
2. Abusi - Misure repressive - Sanzione pecuniaria e sanzione demolitoria - Ambito di applicazione.

1. L'ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall'avviso ex art. 7 Legge 241/1990, trattandosi di atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato (cfr. TAR Napoli, sent. n. 15871/2007).
2. La sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 1, D.P.R. 380/2001 riguarda solo gli interventi soggetti a D.I.A. conformi agli strumenti di piano, mentre per ogni altro caso si applicano gli articoli 31 e seguenti D.P.R. 380/2001, che prevedono l'utilizzo della sanzione demolitoria (art. 37 ultimo comma, D.P.R. 380/2001) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1330).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001 - Accoglimento/diniego - E' attività vincolata - Eccesso di potere per contraddittorietà e ingiustizia manifesta - Inconfigurabilità.
2. Abusi - Sanatoria - Data dell'abuso - Prova - Onere del richiedente.
3. Abusi - Sanatoria - Data dell'abuso - Prova - Dichiarazione sostitutiva di atto notorio - Insufficienza - Ratio.

1. Nell'ambito di un'attività vincolata quale quella di accoglimento o diniego di una istanza di condono - che deve essere accolta se ne sussistono i presupposti o rigettata se non sussistono, senza che residuino spazi di discrezionalità alla decisione dell'Ente Pubblico - non può essere dedotto l'eccesso di potere per contraddittorietà e ingiustizia manifesta.
2. L'onere di provare l'esistenza del manufatto oggetto di abuso alla data ultima per beneficiare del condono spetta al privato che chiede di condonarlo, il quale fa transitare tale onere in capo all'Amministrazione soltanto se fornisce elementi concreti dell'esistenza dello stesso (cfr. TAR Napoli, sent. n. 9347/2008).
3. L'onere per il privato di dimostrare che l'opera da condonare è stata completata entro la data utile comporta che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti: con la conseguenza che, nel caso di mancato adempimento, da parte del richiedente, all'onere di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile, la P.A. -cui non può farsi carico di accertare quale fosse la situazione del suo territorio alla data di scadenza del condono- è tenuta a respingere la domanda e a reprimere l'abuso (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2010/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1327).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Demolizione - Sanatoria - Istanza - Necessità di nuovo provvedimento sostitutivo del precedente.
2. Abusi - Demolizione - Sanatoria - Conseguenze - Ricorso originario - Improcedibilità e/o inammissibilità.

1. L'ingiunzione di demolizione di un'opera abusivamente realizzata perde di efficacia qualora l'interessato abbia attivato il procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità, previsti dalla Legge 47/1985 (oggi D.P.R. 380/2001): ciò, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera, al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento che vale, comunque, a superare il provvedimento sanzionatorio originariamente adottato dalla P.A.: nell'ipotesi di rigetto di predetta istanza, infatti, la P.A. deve emanare un nuovo provvedimento sanzionatorio con l'assegnazione di un nuovo termine per adempiere (cfr. TAR Milano, sent. n. 466/2008; TAR Bari, sent. n. 154/2002; TAR: Lazio, sent. 230/2001; TAR Latina, sent. n. 826/2000).
2. In materia di procedimento di sanatoria, dal superamento del provvedimento sanzionatorio originariamente adottato dalla P.A. consegue che l'interesse del responsabile dell'abuso edilizio si trasferisce dall'annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato a quello del nuovo provvedimento, esplicito o implicito, di rigetto dell'istanza di sanatoria, con conseguente improcedibilità del ricorso originario ove pendente all'atto di presentazione dell'istanza di sanatoria, oppure inammissibilità dello stesso per carenza di interesse ab origine se avanzato contestualmente o nei 60 giorni successivi alla predetta istanza (cfr. TAR Palermo, sent. n. 27/2006; TAR Napoli, sent. n. 4743/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1321).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Lottizzazione materiale - Nozione.
2. Lottizzazione negoziale - Nozione.
3. Abusi - Illeciti edilizi permanenti sul territorio - Misure repressive - Applicazione a distanza di tempo - Legittimità - Ratio.
4. Abusi - Misure repressive - Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Applicazione a distanza di tempo - Legittimità.

1. Ricorre la figura della lottizzazione materiale qualora si tratti di asservire per la prima volta un'area non ancora urbanizzata ad un insediamento di carattere residenziale o produttivo, mediante la costruzione di uno o più fabbricati, che esigano, per il loro armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere e dei servizi necessari a soddisfare taluni bisogni della collettività, ovverosia la realizzazione il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6171/2007).
2. Ricorre la figura della lottizzazione negoziale qualora, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già verificati i presupposti attraverso il frazionamento o la vendita del terreno in lotti.
3. A fronte di illeciti edilizi che permangano sul territorio per il diritto amministrativo si è in presenza di una violazione a carattere permanente, caratterizzata dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con la conseguenza che il provvedimento repressivo della P.A. (demolizione o sanzione pecuniaria) non è emanato a distanza di tempo, ma sanziona una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora esistente (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 7756/2003).
4. Il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica può essere esercitato in ogni tempo ed i relativi provvedimenti non necessitano di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre la demolizione, essendo tale interesse in re ipsa (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 498/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1320).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Misure repressive - Natura - Atto vincolato - Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Applicazione a distanza di tempo - Legittimità.
2. Abusi - Misure repressive - Ordinanza di demolizione - Natura - Atto vincolato - Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Zona vincolata - Legittimità.

1. I provvedimenti di repressione degli abusi edilizi, in quanto atti vincolati, sono sufficientemente motivati con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso -anche se risalente nel tempo- senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati (orientamento pacifico della Sezione).
2. L'ordinanza di demolizione - in quanto atto vincolato - non richiede, in alcun caso, una specifica motivazione su puntuali ragioni di interesse pubblico, soprattutto quando l'ordine di demolizione è finalizzato anche alla tutela dell'ambiente, come nel caso di specie, in cui l'opera è stata realizzata in una zona vincolata   (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.02.2009 n. 1318 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Demolizione - Ordine - In assenza di previo annullamento del titolo abilitativo (D.I.A.) - Illegittimità.
In materia di abusi e relativi ordini di demolizione, è necessario il previo annullamento del titolo abilitativo medio tempore formatosi e ciò deriva, anzitutto, da esigenze di logica formale: se, infatti, il presupposto per ordinare la demolizione ex art. 27, comma 2, D.P.R. 380/2001 è che l'opera sia priva di titolo, allora per ordinare la demolizione di un'opera realizzata in base ad un titolo, occorre previamente rimuovere il titolo stesso.
La necessità del previo annullamento del titolo abilitativo deriva, però, anche da specifiche norme di diritto positivo, in particolare dagli artt. 38 e 39 T.U. in materia edilizia, da cui si desume che la procedura di repressione dell'abuso edilizio realizzato in base a titolo illegittimo passa, prima, per l'annullamento del permesso di costruire e, poi, per l'ordine di demolizione dell'opera, che ex art. 39, comma 4, T.U. deve essere ordinata entro sei mesi dall'annullamento del titolo. Le norme in esame, dettate per il permesso di costruire, essendo espressione di principi generali, devono applicarsi anche alla D.I.A.: altrimenti non avrebbe senso la previsione dell'art. 19 Legge 241/1990, che riconosce la possibilità di annullare la D.I.A. stessa (cfr. in termini, Cons. di Stato, sent. n. 1150/2007; in senso contrario, Cons. di Stato, sent. n. 4513/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1176 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le opere poste in essere su suolo di pubblica proprietà sono sanabili.
Dall’art. 32, comma 5, L. 47/1985, cui rinvia l’art. 32, d.l. 269/2003, emerge evidentissimo che ai fini del rilascio della sanatoria ex d.l. 269/2003 non è, in via assoluta, ostativo il fatto che gli abusi insistano su suolo pubblico: la sanatoria è anzi possibile anche in questi casi se l’ente interessato sia di fatto disponibile a concedere la porzione di suolo interessata in diritto di superficie all’interessato. In tal caso, effettuato il pagamento del valore dell’area, nella misura determinata dalla Agenzia del Demanio, e stipulata la convenzione, può essere rilasciata la concessione in sanatoria.
La norma in esame evidenzia anche come la sanatoria di che trattasi sia perfettamente ammissibile anche laddove la pratica per la concessione in uso del suolo pubblico non risulti essere già istruita al momento della presentazione della istanza di condono: anzi, la norma pare proprio prendere in considerazione l’eventualità in cui l’interessato presenti la richiesta di disponibilità dell’area demaniale dopo aver già presentato l’istanza di condono. E’ comunque evidente che laddove la richiesta di sanatoria riguardi un abuso realizzato su suolo pubblico, la definizione della concessione in uso del suolo medesimo diventa pregiudiziale rispetto alla definizione del procedimento di sanatoria
(TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 03.12.2008 n. 2770 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAOrdine di demolizione riacquista efficacia in caso di diniego di sanatoria.
In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, ex art. 36 DPR 380/2001, l’ordine di demolizione a suo tempo adottato riacquista piena efficacia, che non era definitivamente cessata ma era solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale, con la sola specificazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato.
In sostanza, non sussiste motivo per imporre all’amministrazione comunale il riesercizio del potere sanzionatorio a seguito dell’esito negativo del procedimento di accertamento di conformità urbanistica: un nuovo procedimento sanzionatorio, infatti, si rivelerebbe, in assenza di un’espressa previsione legislativa, un’inutile ed antieconomica duplicazione dell’agere amministrativo
(TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 28.05.2005 n. 7529 - link a www.altalex.com).

dossier ATTI AMMINISTRATIVI

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Accesso agli atti - Legittimazione attiva - Interesse qualificato - Individuazione - Parametri - Rapporto con ulteriori istanze e censure - Irrilevanza.
2. Edilizia ed urbanistica - Accesso agli atti - Legittimazione attiva - Richiesta pratiche edilizie - Fattispecie.

1. L'interesse all'esibizione degli atti amministrativi va accertato con riferimento alle finalità che il richiedente dichiara di perseguire, restando escluso ogni apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità di diverse od ulteriori istanze, domande o censure proposte o proponibili dall'interessato.
2. Sussiste il diritto all'accesso agli atti ogniqualvolta il richiedente abbia adeguatamente rappresentato il proprio interesse all'accesso, che risulti correlato ad una esigenza specifica (nel caso di specie il TAR ha accolto il ricorso proposto dal privato avverso il diniego di accesso opposto dal Comune sull'istanza volta a verificare eventuali prassi amministrative in tema di computo dell'altezza tramite esame di progetti analoghi già assentiti dalla P.A., allo scopo di valutare se e con quali modalità fosse giuridicamente realizzabile il progetto di trasformazione ad uso abitativo del proprio sottotetto) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.02.2009 n. 1359 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento - Art. 10-bis Legge 241/1990 - Contenuto.
L'art. 10-bis Legge 241/1990 prescrive solo l'obbligo per la P.A. di dare vita ad un contraddittorio anticipato con il privato, ma non impedisce alla stessa P.A. di acquisire ulteriori elementi dopo l'apporto collaborativo del soggetto interpellato. Né, comunque, l'acquisizione di tali elementi obbliga la P.A. a riaprire il contraddittorio, avendo la stessa già emesso il preavviso di diniego (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1327).

ATTI AMMINISTRATIVI Comunicazione di avvio - Comunicazione e notificazione - Forme - Raccomandata postale - Ammissibilità - Limite.
Per la comunicazione di avvio del procedimento l'art. 8 Legge 241/1990 non richiede una notificazione in senso tecnico, sicché può ritenersi sufficiente anche una raccomandata postale: è tuttavia necessario, una volta che il mittente ritenga di prescegliere questa forma di trasmissione, che al destinatario venga assicurata la possibilità effettiva di interloquire nel termine assegnatogli, termine che non può essere fatto decorrere prima che si sia perfezionato l'iter di recapito della corrispondenza postale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.02.2009 n. 1317 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti e documenti amministrativi qualificato d’interesse legittimo.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. 24.06.1999, n. 16) ha qualificato d’interesse legittimo la posizione giuridica soggettiva cui si correla il c.d. diritto d’accesso. Il legislatore ha introdotto limiti esterni all’esercizio del “diritto” d’accesso (mediante anche l’emanazione di regolamenti in ordine ai quali l’Amministrazione conserva poteri discrezionali) ed ha affievolito così ad interesse legittimo una posizione astrattamente di diritto.
L’interesse (legittimo) per esistere deve mostrare una qualche strumentalità rispetto alla protezione di un’ulteriore situazione soggettiva (“per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti” art. 22, l. n. 241 del 1990) che non necessariamente deve essere d’interesse legittimo o di diritto soggettivo. La strumentalità del diritto di accesso richiede la prospettazione (in apposita istanza) di un interesse personale, concreto, serio e non emulativo, pur senza la necessità dell’attualità di una lesione della sottesa posizione giuridica che resta estranea al giudizio d’accesso.
L’interesse legittimante a proporre l’azione d’accesso ex art. 25, l. n. 241 del 1990 non è intaccato laddove l’istante dimostri di conoscere (parzialmente) i documenti richiesti, né dall’avere lo stesso avanzato domanda di esibizioni di quegli stessi documenti nel corso di altro giudizio.
Il rimedio speciale previsto a tutela del c.d. “diritto di accesso” deve ritenersi consentito anche in pendenza di un giudizio ordinario, all’interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possono essere acquisiti, in via istruttoria, dal giudice. L’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta e non anche la rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale pendente.
Il rimedio introdotto dall’art. 1 della legge n. 205/2000 non ha limitato l’utilizzo dello strumento ex art. 25 della legge n. 241 del 1990, nel senso di imporre il rimedio incidentale, precludendo quello principale, tutte le volte in cui il documento è inerente, sotto il profilo istruttorio, al giudizio principale: come rilevato dal giudice di prime cure, la tutela del diritto d’accesso assicurata dalla procedura di cui all’art. 25, V co., della l. n. 241 del 1990 è in parte diversa e maggiore di quella prevista dall’art. 1 della l. n. 205 del 2000
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2009 n. 741 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Atto discrezionale - Discrezionalità tecnica - Sindacato giurisdizionale - Ammissibilità - Limiti.
2. Procedimento - Termine per la conclusione - Ordinatorio - Regola - Conseguenze.
3. Procedimento - Termine per la conclusione - Mancato rispetto - Illegittimità - Quando sussiste.

1. A fronte di attività della P.A. che è espressione di discrezionalità tecnica della medesima, il Giudice Amministrativo può censurare l'operato della stessa P.A. -soltanto -nel caso in cui la decisione amministrativa sia stata incoerente, irragionevole o frutto di errore tecnico (cfr. Cons. di Stato, sent. 5287/2001).
2. Il termine di conclusione del procedimento non appare assistito, nella normalità dei casi, da alcuna previsione di perentorietà, con la conseguenza che la P.A. legittimamente può concludere il procedimento successivamente alla scadenza del relativo termine (cfr. TAR Liguria, sent. n. 270/2005).
3. Il mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento costituisce causa di illegittimità del relativo provvedimento soltanto quando produca una lesione specifica della posizione dell'interessato strettamente dipendente dal momento dell'adozione dell'atto, come nell'ipotesi in cui nelle more della scadenza del termine cambi la normativa di riferimento in senso sfavorevole per il soggetto istante, e non nel caso in cui da essa non derivi alcun pregiudizio diretto alla posizione giuridica di quest'ultimo (cfr. TAR Piemonte, sent. n. 2830/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DISTANZA PARETI FINESTRATE

EDILIZIA PRIVATA: La distanza minima di mt. 10,00 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (ex art. 9 DM 1444/1968) vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima essendo consentita alla Pubblica amministrazione solo la fissazione di distanze superiori.
Questo Consesso ha già affermato che l’art. 9 D.M. 02.04.1968 n. 1444, che pone l’inderogabile distanza minima assoluta di 10 metri tra costruzioni, trae dall’art. 41-quinquies L. 17.08.1942 n. 1150 (modificato dall’art. 17 L. 06.08.1967 n. 765) la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché la distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, prederminata con carattere cogente in via generale ed astratta in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima essendo consentita alla Pubblica amministrazione solo la fissazione di distanze superiori (Cons. di Stato, sez. V, n. 6399/2006).
In particolare l’applicazione dell’art. 9 alla fattispecie edilizia dell’aumento di volume di un edificio esistente si spiega con l’evidente “ratio” di tutelare le posizioni soggettive del confinante, il quale subisce la vicinanza alla medesima distanza originaria di un fabbricato però maggiormente ingombrante, destinatario di un intervento che non può essere collocato nella categoria delle ristrutturazioni con fedele ricostruzione, ma che, rientrando piuttosto in quella della costruzione “ex novo”, deve rispettare la distanza minima stabilita dal cennato art. 9, nella sua cennata valenza integrativa. L’interpretazione contraria, privilegiata dal Comune di San Bonifacio, comporterebbe peraltro che, successivamente al varo di uno strumento urbanistico conforme al DM n. 1444/1968, si pervenga ad una regolamentazione derogatoria che in origine non avrebbe potuto essere adottata ed approvata (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.03.2009 n. 1491 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier TELEFONIA MOBILE

EDILIZIA PRIVATA: Elettrosmog. Procedure.
Se è vero che oneri procedurali ulteriori rispetto a quelli previsti dal d.l.vo 259/2003 contrastano con le esigenze di semplificazione del procedimento amministrativo connesse alla riconosciuta natura di opere di urbanizzazione delle stazioni radio base ed alla natura di interesse pubblico del servizio attraverso di esse garantito ciò non esclude ogni e qualsiasi, pur minimo, adempimento che non sia indicato espressamente dall’art. 87 del Codice, secondo cui le istanze debbano essere redatte in conformità ai modelli A (per le istanze di autorizzazioni) e B (per le denunce di inizio attività) dell’allegato 13 al Codice stesso: a meno che, per l’appunto, esso non si traduca in un indebito aggravamento del procedimento, in una situazione, quale qui data, che vede il legislatore speciale favorire una celere realizzazione della rete (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 03.04.2009 n. 1722 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Impianto telefonia mobile - Silenzio assenso - Configurabilità ex art. 87, D.Lgs. 259/2003 - Diffida tardiva - Illegittimità.
Ex art. 87 D. Lgs. 259/2003 le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al detto articolo nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti si intendono accolte qualora entro 90 giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego: pertanto, in caso di diffida dal dare corso ai lavori intervenuta una volta decorsi i 90 giorni dalla presentazione dell'istanza, la diffida è illegittima per intempestività (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1177 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATA: Beni ambientali. Sanatoria paesaggistica (legge 308/2004).
L'articolo 1, comma 37, della legge 308/2004 fa riferimento a "lavori compiuti" ed a "lavori effettivamente eseguiti". Quindi devono essere ritenuti compatibili con paesaggio le opere già compiute e non quelle da compiere, sia pure modificando quelle originarie. In altre parole il certificato compatibilità non può essere condizionato, poiché una sanatoria subordinata a determinati adempimenti sarebbe in contrasto con la ratio della norma che collega la sanatoria alla già avvenuta esecuzione delle opere ed alla compatibilità paesaggistica delle opere già eseguite e non a quelle da eseguire. In definitiva sono suscettibili di sanatoria a norma dell’articolo 1, comma 37, della legge dianzi citata solo le opere che in origine sarebbero assentibili perché compatibili con il paesaggio.
Nella fattispecie, il certificato di compatibilità paesaggistica era subordinato alla sistemazione di serbatoi in un luogo privo di vegetazione ed al rinverdimento delle zone di manovra al termine delle operazioni. Orbene, il taglio di un bosco non può considerarsi sanato per effetto dell’imposizione dell’obbligo del rinverdimento trattandosi d’intervento che ha già deturpato il paesaggio e quindi non si può parlare d’intervento ab origine compatibile con il paesaggio (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2009 n. 19081 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Sanzioni applicabili.
L’articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004 punisce colui il quale senza alcuna autorizzazione o in difformità da essa esegue su beni paesaggistici lavori di qualsiasi genere.
Con l’ampia locuzione di lavori di qualsiasi genere si intendono non solo gli interventi edilizi, ma qualsiasi modificazione esterna dello stato dei luoghi, anche minima, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto.
La norma non distingue tra difformità totale o parziale rispetto all’autorizzazione o variazione essenziale. Di conseguenza per qualsiasi modificazione la sanzione è unica ed è quella di cui all’art 44, lettera c), del testo unico sull’edilizia (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2009 n. 19077 - link a www.lexambiente.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Incentivi, tagli non retroattivi. La Corte dei Conti sui compensi ai progettisti.
Dallo scorso 1° gennaio, il pagamento del compenso del 2% dell'importo posto a base di gara di un'opera pubblica, che è destinato al responsabile del procedimento e a chi è stato incaricato della redazione del progetto, deve essere effettuato con riferimento alla collocazione temporale della realizzazione dell'opera stessa. Infatti, le disposizioni previste dall'articolo 61, comma 7-bis del decreto legge n. 112/2008, che riducono tale percentuale allo 0,5% (mentre l'1,5% è destinato ad alimentare lo specifico fondo), non possono avere alcuna efficacia retroattiva.
Lo ha chiarito la sezione delle autonomie della Corte dei conti, nel testo della deliberazione n. 7/2009, con la quale, in risposta alle numerose richieste di intervento di sezioni regionali di controllo della Corte stessa (sui cui tavoli sono arrivate le richieste di parere dei comuni italiani) ha delineato il quadro applicativo delle disposizioni contenute nella manovra finanziaria estiva 2008. Come si ricorderà, prima dell'intervento legislativo, l'articolo 92 del codice dei contratti pubblici stabiliva che una somma, non superiore al 2% dell'importo preso a base di gara, fosse devoluto, tra l'altro, al responsabile del procedimento. Nella manovra estiva, però, il legislatore modifica questa disposizione, prevedendo che a tale finalità vada solo lo 0,5%, mentre il restante 1,5%, sia versato nel bilancio dello stato per alimentare un fondo (ex comma 17 dello stesso articolo 61) costituito dai risparmi ottenuti da riduzioni di spesa (su tutte, quella delle consulenze nella p.a.). Da qui, il problema interpretativo che si è posto in merito all'ambito di efficacia temporale della disposizione riduttiva. In particolare, le opere realizzate entro l'01.01.2009, devono essere compensate con il 2% o con lo 0,5%?
Per la Corte, si può ritenere che è fondamentale il momento in cui è sorto il diritto, vale a dire «quando siano compiute le varie attività che legittimano la corresponsione dell'incentivo». Ne è prova che l'incentivo per la progettazione ha la finalità di accrescere l'efficienza e l'efficacia degli uffici tecnici, la sua natura è che lo stesso è «funzionalizzato al risultato», ossia all'effettivo adempimento del compito affidato ai vari soggetti potenziali beneficiari della ripartizione della somma. In conclusione, scrive la Corte, è dal compimento dell'attività che nasce il diritto al compenso, che non può essere limato dalle disposizioni riduttive (articolo 14.05.2009 di ItaliaOggi, pag. 33).

PUBBLICO IMPIEGO: Dopo la visita fiscale l'obbligo di reperibilità non vale più. Purché ci si curi a dovere.
La Corte di Cassazione ribadisce un principio che non piacerà al ministro Brunetta ma riporta un minimo di serenità in un ambito, quello delle fasce di reperibilità durante la malattia, che tante arrabbiature ha provocato nei dipendenti pubblici, discriminati rispetto a quelli privati e costretti a casa dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20 (articolo 28.04.2008 di ItaliaOggi, pag. 15).

LAVORI PUBBLICI: DISCIPLINA DELL’ADEGUAMENTO DEI COSTI DEI MATERIALI NEI LAVORI PUBBLICI (link a www.ancebrescia.it).

EDILIZIA PRIVATA: SICUREZZA SUL LAVORO - D.LGS. N. 81/2008 - NUOVI ADEMPIMENTI PER LE IMPRESE - 16.05.2009 (link a www.ancebrescia.it).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGOQuestione di massima in tema di applicazione delle disposizioni sull'incentivo alla progettazione previsto dal Codice dei contratti pubblici.
La Sezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 7/AUT/2009/QMIG si è pronunciata in merito alla corretta applicazione delle disposizioni concernenti l'incentivo per la progettazione per i tecnici pubblici di cui all'art. 92, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, in seguito alle novità introdotte dalla legge di conversione n. 2/2009, che ha aggiunto alla legge 06.08.2008, n. 133, il comma 7-bis.
Per la Corte dei conti, "dal compimento dell'attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva". Per cui, argomenta la Sezione, "i compensi erogati dal 1 gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, restano assoggettati alla previgente disciplina, ossia a quella contenuta nell'art. 92 -comma 5- del codice dei contratti pubblici, prima della modifica apportata con il comma 7-bis".
----------
Questione di massima in merito alla corretta applicazione delle disposizioni concernenti l'incentivo per la progettazione di cui all'art. 92, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, in seguito alle novità introdotte dalla legge di conversione n. 2/2009 che ha aggiunto alla legge 06.08.2008, n. 133, il comma 7-bis.
Gli incentivi per la progettazione sono stati previsti dall’art. 18 della legge 11.02.1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici), la cui prima formulazione prevedeva che in sede di contrattazione collettiva decentrata, poteva essere individuata una quota non superiore all’1 per cento del costo preventivato di un’opera o di un lavoro, da destinare alla costituzione di un fondo interno da ripartire tra il personale dell’ufficio tecnico dell’amministrazione aggiudicatrice, qualora esso avesse redatto direttamente il progetto esecutivo della medesima opera. Tali somme era previsto che fossero prelevate sulle quote degli stanziamenti annuali riservate a spese di progettazione ed assegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa o ad apposita voce di bilancio delle amministrazioni aggiudicatrici (art. 18 –comma 2– L. 109/1994).
Con l’art 6 della legge 15.05.1997, n. 127 fu sostituito il comma 1 dell’art. 18, al fine di includere anche il compenso incentivante per gli atti di pianificazione, mantenendo intatto l’impianto del meccanismo contabilistico e cioè la costituzione del fondo alimentato come sopra ricordato e fu introdotto il comma 1-bis, che prevedeva l’adozione di un regolamento dell’amministrazione aggiudicatrice, per il riparto del fondo di cui al comma 1.
Con l’art. 13 della legge 17.05.1999, n. 144 fu modificata la disciplina dell’incentivo per la progettazione, ampliando la categoria dei beneficiari e aumentando le risorse a ciò destinate all’1,5 per cento (al 2% per gli enti locali dall’art. 3 –comma 29– L. 350/2003) dell’importo posto a base d’asta di gara di un’opera o di un lavoro, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’art. 16 –comma 7- (oneri per la progettazione, direzione lavori, vigilanza, collaudi etc.) da ripartire secondo i criteri e le modalità individuate in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento. Significativamente, con la stessa norma, venivano abrogate le disposizioni contenute nei commi 4 e 5 del R.D. 23.10.1925, n. 2537 ( regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) che davano facoltà alle pubbliche amministrazione di liquidare ai propri funzionari i corrispettivi per le prestazioni compiute per enti pubblici, allo scopo, evidente, di omogeneizzare la disciplina normativa.
Con l’art. 92 –comma 5– del codice dei contratti pubblici viene generalmente fissata nella misura non superiore al 2% dell’importo posta a base di gara di un’opera o di un lavoro, la somma utilizzabile per il pagamento dell’incentivo.
Dall’esame delle suddette disposizioni, appare evidente, innanzitutto, che l’incentivo per la progettazione ha la finalità di accrescere l’efficienza e l’efficacia degli uffici tecnici preposti a tale ramo d’amministrazione ed in secondo luogo che l’incentivo è direttamente funzionalizzato al risultato, ossia all’effettivo adempimento del concreto compito affidato ai vari soggetti potenziali beneficiari della ripartizione della somma.
In tale direzione conduce la constatazione della diretta correlazione, (art. 13 L. 144/1999) per ogni singola opera o lavoro tra somme da ripartire, importo dell’appalto e stanziamenti relativi, superando l’originaria previsione della costituzione di un fondo interno alimentato con le suddescritte modalità e commisurato al costo preventivato dell’opera, che poteva anche far configurare una modulabilità degli stanziamenti in funzione di esigenze di compatibilità della
spesa per incentivi con le mutevoli necessità di bilancio e, di conseguenza, l’eventualità di restrizioni.
L’aver, invece, legato la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara e aver previsto la ripartizione delle somme così determinata per ogni singola opera, evidenzia il chiaro intento di stabilire una diretta corrispondenza di natura sinallagmatica tra incentivo ed attività compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che il diritto all’incentivo di cui si sta trattando, costituisce un vero e proprio diritto soggettivo di natura retributiva (Cass. Sez. Lav., sent. n. 13384 del 19.7.2004) che inerisce al rapporto di lavoro in corso, nel cui ambito va individuato l’obbligo per l’Amministrazione di adempiere, a prescindere dalle condizioni e dai presupposti per rendere concreta l’erogazione del compenso (i fatti oggetto della causa sono maturati sotto la vigenza dell’art. 18 della L. 109/1994 prima delle modifiche introdotte dalla legge 144/1999).
In sostanza dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva.
Né rileva, in contrario avviso, che alla rigorosa applicazione del criterio della spettanza dell’incentivo nella misura vigente all’atto del compimento della specifica attività, possa conseguire una differente consistenza del beneficio in ordine alla stessa opera per la quale è stanziata la somma da ripartire, a seconda se la stessa attività sia stata compiuta prima o dopo il 31.12.2008. Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta.
Nella situazione appena ipotizzata, quindi, la stazione appaltante, per i compensi da pagare dal 1° gennaio 2009, per la parte residua dello stanziamento utilizzabile, ossia quello al netto delle somme pagate per le attività compiute fino al 31.12.2008, dovrà rimodulare la somma da ripartire e la conseguente misura del beneficio, secondo le nuove disposizioni.
In base a quanto fin qui considerato,
il significato della disposizione contenuta nel comma 7-bis del D.L. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, va inteso nel senso che il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire, per cui i compensi erogati dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, restano assoggettati alla previgente disciplina, ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma 5– del codice dei contratti pubblici, prima della modifica apportata con il comma 7-bis –aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008, n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008, n. 133 (Corte dei Conti, Sezione del controllo sugli enti, delibera 11.05.2009 n. 7 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Interventi soggetti a permesso di costruire.
La prescrizione dell’obbligo di munirsi della concessione edilizia a costruire persegue le finalità di controllo del territorio e di corretto uso dello stesso ai fini urbanistici e edilizi, sicché sono assoggettati al regime del permesso di costruire tutti gli interventi che incidono sull’assetto del territorio, comportando una trasformazione urbanistica e edilizia del territorio comunale.
E’, quindi, irrilevante che i manufatti non siano costruiti in muratura oppure che abbiano modesta consistenza e ancora che non comportino incremento del carico insediativo, se idonei a modificare lo stato dei luoghi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2009 n. 19078 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Scarico sul suolo.
Con l'articolo 137, comma 11, D.Lv. 152/2006 il legislatore, conformemente alle direttive comunitarie, ha voluto ribadire in maniera chiara e precisa il divieto di scarichi nel suolo e nel sottosuolo, per la natura impermeabile di tale corpo recettore e per l’impossibilità di controllare le sostanze immesse. Tale divieto può essere derogato nelle sole ipotesi tassative previste dalla legge tra le quali rientra quella di cui alla lettera c) dell’articolo 103.
La norma, per potere scaricare sul suolo, richiede tre condizioni che devono essere puntualmente rispettate dall’autorità amministrativa La prima è obbligatoria e riguarda il rispetto dei limiti che le regioni dovranno indicare per tale specifico scarico al suolo Le altre due condizioni sono costituite dall’impossibilità tecnica o dall’eccessiva onerosità rispetto ai benefici ambientali conseguibili con lo scarico diretto in altro corpo recettore.
L’impossibilità tecnica indica un criterio oggettivo nel senso che sotto il profilo tecnico sussiste tale condizione quando non è attuabile un altro scarico Con riferimento all’eccessiva onerosità, il legislatore non ha specificato in relazione a cosa l’onere debba considerarsi eccessivo: se con riferimento alla capacità economica del privato in relazione alla grandezza dell’insediamento ovvero con riferimento al pregiudizio che si arreca scaricando sul suolo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.04.2009 n. 17862 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Beni ambientali. V.i.a..
L’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 27.06.1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 03.03.1997, 97/11/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che tutti i progetti destinati ad avere un notevole impatto ambientale siano sottoposti alla procedura di valutazione dell’'impatto ambientale prevista da tale disciplina di fonte comunitaria, bensì che devono esserlo solo quelli che sono citati agli allegati I e II di detta direttiva, nelle condizioni previste all’art. 4 di quest'ultima e fatti salvi gli art. 1, n. 4 e 5, e 2 n. 3, della medesima direttiva (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 09.04.2009 n. 1207 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: Contratti pubblici: il principio della pubblicità delle sedute di gara vale anche per le procedure in economia.
Il principio di pubblicità costituisce principio inderogabile in qualunque tipo di gara, ivi comprese quelle in economia, ed impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; e ciò, anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, rappresentando esso uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica di integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 09.04.2009 n. 986 - link a www.eius.it).

URBANISTICA: Legittimazione ad agire.
E' consentita l’impugnazione della disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente qualora incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato delle aree stesse, o comunque su interessi propri e specifici dell’istante. Laddove non risulti comprovata, in questi termini, una concreta lesione della propria sfera giuridica, non può essere riconosciuto in capo al ricorrente l’interesse ad impugnare. E’ quindi richiesto ai proprietari di aree estranee a quelle oggetto della disciplina urbanistica contestata, di provare la diretta incidenza che la nuova previsione avrà sul godimento o sul valore di mercato delle aree o comunque sugli interessi propri e specifici degli istanti (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 03.04.2009 n. 1190 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Modifica destinazione d'uso senza opere.
La trasformazione, senza opere, dell’uso di un fabbricato da agricolo ad artigianale, una trasformazione, cioè, che non comporta una oggettiva modificazione nell’assetto urbanistico ed edilizio né incide sugli indici di edificabilità non richiede il permesso di costruire (TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I, sentenza 02.04.2009 n. 236 - link a www.lexambiente.it).

ENTI LOCALI: Pubblico impiego: illegittimo il bando di concorso pubblicato soltanto sul bollettino regionale.
In materia di pubblico impiego, è illegittimo il bando di concorso che sia stato pubblicato unicamente sul bollettino ufficiale della Regione che lo bandisce, e non anche (sia pure soltanto nella forma dell'avviso) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.04.2009 n. 2077 - link a www.eius.it).

APPALTI: Contratti pubblici: inammissibile l'offerta economica non sottoscritta in ogni suo foglio.
In materia di procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici, deve ritenersi inammissibile l'offerta economica che non sia stata sottoscritta in ogni suo foglio, ma soltanto sulla prima e sull'ultima pagina, essendo tale obbligo di sottoscrizione funzionale alla tutela della buona fede e dell'affidamento nella fase prenegoziale, in quanto costituisce l'indiretta dimostrazione della consapevolezza del concorrente sui singoli elementi che concorrono a formare la propria proposta contrattuale (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 27.03.2009 n. 3232 - link a www.eius.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere su parti comuni di edificio.
Non è necessario richiedere il previo assenso del condominio interessato ovvero degli altri condomini, in caso di realizzazione di un'opera da parte di un singolo sulle parti comuni di un edificio se l’opera medesima sia strettamente pertinenziale alla sua unità immobiliare (TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I, sentenza 24.03.2009 n. 221 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Potere di ordinanza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del 1995, sull’inquinamento acustico, può essere adottata anche a seguito dell’esposto di una sola famiglia, costituendo la predetta ordinanza l’ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico (TAR Marche, Sez. I, sentenza 23.03.2009 n. 143 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAFurti in casa agevolati dai ponteggi: responsabili il condominio e l'imprenditore.
Nell’ipotesi di furto subito dal condomino per la presenza di ponteggi posti a ridosso dell’edificio che, in assenza di opportune precauzioni, hanno agevolato la produzione dell’evento dannoso, sussiste la responsabilità concorrente del condominio e dell’appaltatore (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 17.03.2009 n. 6435 - link a www.altalex.com).

RISARCIMENTO DANNO ERARIALEIn tema di responsabilità di amministratori e segretario comunale per illecito rimborso delle spese legali in assenza di apposita disposizione normativa (nella fattispecie la Sezione ha riconosciuto l'irrimborsabilità delle spese giudiziali ex art. 68 del D.P.R. n. 268/1987 a favore dei membri laici di una commissione edilizia comunale) (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Calabria, sentenza 03.03.2009 n. 102 - link a www.corteconti.it).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore - Variante - Variante parziale a contenuto specifico - Notificazione individuale - Necessità - Variante parziale a contenuto plurimo e articolato - Pubblicazione sul BURL - E' sufficiente.
2. Piani attuativi - Reformatio in pejus - Congrua motivazione - Necessità - Solo dopo stipula di convenzione di lottizzazione o dopo reiterazione di vincoli scaduti - Fattispecie - L'obbligo di dare congrua motivazione della reformatio in peius di una previsione urbanistica riguardante piani attuativi sorge solo in presenza di impegni già presi con la stipula di una convenzione di lottizzazione.

1. Qualora la variante parziale abbia contenuto specifico è necessaria la sua notificazione individuale al soggetto direttamente interessato, con relativa decorrenza dei termini per impugnare a far data dalla notificazione; qualora invece la variante, seppur parziale, abbia comunque contenuto plurimo e articolato, è sufficiente la sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale.
2. L'affidamento relativo alla non reformatio in pejus di precedenti previsioni urbanistiche è un affidamento generico, che non richiede, se disatteso, una motivazione specifica, diversamente dall'affidamento qualificato derivante dalla preesistenza di un piano di lottizzazione approvato, oppure dal giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, o, ancora, dalla reiterazione di vincoli scaduti: ipotesi, queste, che non ricorrono nel caso in cui i ricorrenti si limitino solo ad affermare una loro disponibilità generica ad attuare un progetto di lottizzazione, che però non risulti proposto e tanto meno approvato (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4166/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.02.2009 n. 1361 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) - Natura - Rapporto con le disposizioni regionali e comunali.
2. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) - Funzione - Principio di coprogrammazione e cogestione di Comune, Provincia e Regione.
3. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) - Funzione ex Legge Regionale 12/2005.
4. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) - Efficacia precettiva nei confronti dei privati - Limiti.
5. Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) - Contenuto - Prescrizioni indirette con valore di indirizzo per la pianificazione territoriale - Impugnabilità - E' possibile - Condizione - Recepimento nel PRG - Ratio.
1.
Ai sensi dell'art. 20 D.Lgs. 267/2000, il PTCP è lo strumento con cui vengono individuate le destinazioni del territorio, si localizzano le principali infrastrutture e linee di comunicazione, strumento sovraordinato ai piani comunali che ad esso devono conformarsi. Lo stesso PTCP, trovandosi in posizione intermedia tra le disposizioni regionali ed i piani comunali, è comunque sia condizionato dalla Regione, sia limitato dalle scelte pianificatorie dei singoli comuni.
2. La funzione del PTCP va definita anche alla luce dei principi che presiedono oggi l'attività di pianificazione ed il ruolo che la Provincia assume in tale funzione: nell'ottica di cogestione tra enti equiordinati, i quali devono informare la loro attività alla leale collaborazione ed alla reciproca informazione, il livello di pianificazione provinciale appare il più idoneo per coordinare ed ordinare la disciplina delle aree intercomunali, interessate a interventi che vanno al di là del piano locale, per le implicanze che possono comportare di vario ordine (traffico, uso del territorio, viabilità, marketing urbano). La scelta pianificatoria provinciale orienta, quindi, quella urbanistica comunale, pur rispettandone i contenuti specifici.
3. Nella Legge della Regione Lombardia n. 12/2005 il PTCP è visto nell'ottica di piano sovracomunale di programmazione, attraverso cui si realizza la cogestione delle attività di pianificazione del territorio: l'art. 15, infatti, demanda al PTCP la definizione degli obiettivi generali relativi all'assetto e alla tutela sovracomunale del territorio connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale, precisando altresì che il PTCP è atto di programmazione economica della Provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale.
4. In virtù della sua natura pianificatoria il PTCP si pone, nei confronti delle possibilità edificatorie del privato, quale atto generale, peraltro "mediato" da un altro atto di generale pianificazione, quale il PRG -oggi PGT- che dovrà recepire le disposizioni del primo: dunque, il PTCP si pone perlopiù quale atto di indirizzo le cui determinazioni per avere uno specifico effetto vincolante dovranno essere recepite da uno strumento di pianificazione comunale quale il PRG, avendo una efficacia precettiva diretta nei confronti delle posizioni dei privati in un ambito ristretto di casi.
5. Qualora il PTCP contenga prescrizioni indirette che abbiano valore di indirizzo per la pianificazione territoriale, nel senso che le modalità attuative del PTCP saranno gestite dai singoli comuni nell'ambito dei propri strumenti urbanistici, solo all'esito di questa successiva determinazione comunale nascerà eventualmente un effetto lesivo e, conseguentemente, un interesse ad impugnare l'atto di pianificazione provinciale unitamente a quello comunale che ha determinato concretamente la lesione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.02.2009 n. 1357).

EDILIZIA PRIVATA: Denuncia di inizio attività - Provvedimento comunale di inibitoria - Termine - Perentorietà - Sussistenza.
Il termine di 30 giorni, previsto ai fini dell'adozione del provvedimento comunale di inibitoria a seguito della ricezione della D.I.A. per l'esecuzione di lavori edilizi, ha carattere perentorio (nel caso di specie il TAR ha poi precisato che la diffida emessa dal Comune ad opera quasi ultimata non è valutabile come atto di autotutela: sia perché manca un qualsiasi riferimento alla relativa potestà, sia in quanto priva degli elementi necessari a qualificarla e riconoscerla come emanata nell'esercizio della medesima) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1331 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Recupero sottotetto - Art. 64 L.R. 12/2005 - Altezza massima - Individuazione - Parametri - Singola unità immobiliare - Nozione.
2. Recupero sottotetto - Art. 64 L.R. 12/2005 - Deroghe - Stretta interpretazione - Fattispecie.
1. Ai sensi dell'art. 64 L.R. 12/2005, che disciplina il recupero del sottotetto ai fini abitativi, la modifica di colmo, gronda o pendenza delle falde è consentita al solo scopo di raggiungere le condizioni di abitabilità dell'appartamento e quindi di raggiungere l'altezza media ponderale di metri 2,40, altezza da riferire alla singola unità immobiliare nel suo complesso e non ai singoli locali dell'appartamento.
2. La deroga consentita dagli articoli 63 e 64 della L.R. 12/2005 può avere ad oggetto soltanto la possibilità di sopraelevare l'edificio per garantire la salubrità dell'alloggio. Per tale ragione non è possibile, ottenuta tale altezza minima -che al tempo stesso è anche un'altezza massima- realizzare anche un vano ulteriore sopra ciò che è stato sopraelevato, perché così facendo si violerebbe la normativa di deroga degli articoli sopra richiamati, di stretta interpretazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1330).

ESPROPRIAZIONE: 1. Acquisizione ex art. 43 D.P.R. 327/2001 - Legittimazione - In capo al ricorrente - Non sussiste - In capo alla P.A. - Sussiste.
2. Acquisizione ex art. 43 D.P.R. 327/2001 - Domanda ex art. 43 D.P.R. 327/2001 da parte del ricorrente - Difetto assoluto di giurisdizione.
3. Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima - In assenza di effetto traslativo della proprietà - Abbandono dei terreni - Reimmissione del proprietario nel possesso - Provvedimento di restituzione - Non necessita.
4. Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima - Risarcimento - Giurisdizione A.G.O. - Translatio iudicii - Conseguenze.
1.
Ex art. 43 del D.P.R. 327/2001 l'acquisizione coattiva giudiziale può essere chiesta non dal privato cui sia stata sottratta la disponibilità del fondo senza un valido titolo, ma - in via riconvenzionale - dall'Amministrazione che ne ha interesse o che utilizza il bene, a fronte di una richiesta del privato di restituzione del fondo o dell'impugnazione del provvedimento di acquisizione coattiva.
2. La domanda del ricorrente di condanna della P.A. all'emissione del provvedimento di acquisizione coattiva giudiziale non ha cittadinanza nel sistema del diritto vigente e deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione.
3. Qualora il Comune abbandoni i fondi dallo stesso occupati d'urgenza per la realizzazione di opera pubblica - su di essi mai realizzata - senza che si sia mai verificato l'effetto traslativo di proprietà dei fondi medesimi, il proprietario è legittimato a reimmettersi nel possesso degli stessi senza dover attendere alcun provvedimento formale di restituzione.
4. L'illegittimità della occupazione d'urgenza, avvenuta oltre i tre mesi dal momento in cui è stato emesso il decreto di occupazione, genera una pretesa risarcitoria che non appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, bensì a quella del Giudice Ordinario (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 102/2006): pertanto, la relativa domanda risarcitoria deve essere rimessa al Giudice Ordinario con pronuncia declinatoria di giurisdizione ex art. 30 Legge 1034/1971, restando salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda (cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 77/2007), senza indicazione del termine entro il quale effettuare la riassunzione, termine che dovrà essere assegnato dal Giudice Ordinario, trattandosi di questione che attiene al merito della pretesa che viene azionata in giudizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1329).

URBANISTICA: Vincolo conformativo e vincolo espropriativo - Destinazione a verde pubblico - Distinzione - Criterio.
Al fine di stabilire se la destinazione a verde pubblico abbia natura conformativa oppure espropriativa occorre verificare di volta in volta il contenuto concreto del vincolo: ciò che è decisivo, pertanto, non è la quantità di facoltà dell'uso dominicale che sono incise nella previsione di piano, bensì la circostanza che il vincolo non precluda del tutto l'iniziativa privata, consentendo l'utilizzazione da parte della collettività tramite costruzioni di proprietà pubblica e di interesse collettivo a mezzo di determinate tipologie di interventi (chioschi bar, teatrini, padiglioni per la musica e simili): in presenza di tali possibilità di utilizzo del bene, dunque, non può parlarsi di vincolo espropriativo, bensì di vincolo conformativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.02.2009 n. 1329).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Termine per l'impugnazione - Concessione di costruzione - Impugnazione da parte di terzi - Dies a quo - Individuazione.
2. Termine per l'impugnazione - Concessione di costruzione - Impugnazione da parte di terzi - Dies a quo - Individuazione - Criterio.
1.
Il termine per l'impugnazione della concessione edilizia, oggi permesso di costruire, da parte di terzi che assumano di aver subito pregiudizio dalla costruzione assentita, decorre dalla piena ed effettiva conoscenza del provvedimento, intendendosi tale conoscenza come un fatto, la cui prova rigorosa incombe alla parte che eccepisce la tardività (cfr. TAR Ancona, sent. n. 1574/2007; TAR Salerno, sent. n. 860/2007).
2. Al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione di una concessione edilizia rilasciata a terzi, l'effettiva conoscenza dell'atto si verifica quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica: ne consegue, che in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento, a meno che venga provata una conoscenza anticipata o si deducano censure di assoluta inedificabilità dell'area o analoghe censure, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6342/2007; sent. n. 3849/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1326).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. - Atto di iniziativa meramente privata - Impugnabilità avanti al G.A. - Non sussiste.
La D.I.A. non è atto impugnabile avanti al giudice amministrativo in quanto essa continua ad avere natura di mero atto del privato e di strumento di liberalizzazione delle attività anche dopo le modifiche apportate all'art. 19 della Legge 241/1990 e dall'art. 3 del D.L. 35/2005, convertito con Legge 80/2005 e, per la D.I.A. in materia edilizia, dall'art. 38 del D.P.R. 380/2001 e dal D.Lgs. 301/2002 (orientamento costante della Sezione) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1326).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. - Atto di iniziativa meramente privata - Impugnabilità avanti al G.A. - Non sussiste - Conseguenze - Eccezione di tardività nell'impugnazione - Inammissibilità.
Avendo la D.I.A. natura di atto privato, essa non è direttamente impugnabile da parte di controinteressati: pertanto, in caso di ricorso di questi ultimi avverso provvedimento con cui il Comune ha affermato, a seguito di verifica delle opere in corso, l'insussistenza dei presupposti per l'adozione di provvedimenti inibitori o sanzionatori, è inammissibile l'eccezione di tardività, sollevata dal Comune, per mancata impugnativa della D.I.A.: ciò, dal momento che non si tratta di un'impugnazione di un titolo edilizio, per il quale va considerato il termine decadenziale di legge dalla piena conoscenza, bensì dell'impugnazione di un atto del Comune, per il quale il termine decorre dalla data di ricevimento del provvedimento stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1322 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione - Rispetto forma, volume ed altezza edificio preesistente - Necessità.
In base alla disciplina del D.P.R. 380/2001 gli interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione possono comportare la realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, purché il complesso edilizio sul quale si operano gli interventi rimanga alla fine sostanzialmente il medesimo per forma, volume ed altezza (nel caso di specie il TAR ha disapplicato la disposizione del regolamento edilizio del Comune di Milano che per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione non richiede anche il mantenimento della sagoma) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 1322 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA 1. Atto amministrativo - Comunicazione di avvio - Espropriazione per pubblica utilità - Variante al P.R.G. per realizzazione di singola opera pubblica - Occorre comunicazione.
2. Atto amministrativo - Comunicazione di avvio - Espropriazione per pubblica utilità - Variante parziale al P.R.G. per riassetto urbanistico generale - Non occorre comunicazione.
3. Piano regolatore - Contenuto - Scelte urbanistiche - Effetti indiretti su Comune contermine - Pareri preventivi e intese - Non occorrono - Art. 12 Legge 1150/1942 - Inapplicabilità.
1.
Ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. 327/2001, qualora l'adozione di una variante al piano regolatore sia finalizzata alla realizzazione di una singola opera pubblica, deve essere dato avviso di avvio del procedimento al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio.
2. Qualora l'adozione di una variante al piano regolatore -pur atteggiandosi rispetto allo strumento urbanistico come variante parziale (e non generale), in quanto riguardi una frazione del territorio comunale- presenti un contenuto articolato volto al riassetto urbanistico di una porzione di territorio comunale (riassetto sistema viario e infrastrutturale, realizzazione attrezzature pubbliche, verde e parcheggi pubblici, incremento di volumetria edificabile dei lotti), essa è soggetta alle modalità di pubblicazione proprie degli strumenti urbanistici e non alla comunicazione individuale ai singoli proprietari interessati da previsioni di carattere espropriativo: pertanto, tale variante deve essere impugnata entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
3. Qualora le scelte urbanistiche comunali non contemplino previsioni tali da incidere in via diretta sul territorio del Comune contermine, bensì possano determinarvi solo ripercussioni, cioè effetti indiretti, ciò non comporta la necessità di pareri preventivi o intese con detto Comune confinante, il quale, peraltro, è l'unico legittimato a dolersi di eventuali mancanze al riguardo; né è pertinente il richiamo all'art. 12 Legge 1150/1942, in quanto tale norma disciplina la formazione di piani regolatori intercomunali a richiesta delle Amministrazioni interessate o di iniziativa del Ministero, quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni stessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.02.2009 n. 1317 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Opere di trasformazione del territorio - Interesse all'impugnazione - Legittimazione attiva - Criteri - Necessità di dimostrare un pregiudizio effettivo o potenziale per il ricorrente - Sussiste.
2. Opere di trasformazione del territorio - Interesse all'impugnazione - Atti sopravvenuti della P.A. modificatori dell'atto impugnato - Mancata proposizione di motivi aggiunti - Interesse al ricorso - Non sussiste.

1. L'interesse all'impugnazione di atti di pianificazione non può essere provato solo con la situazione dello stabile collegamento con la zona interessata dalle opere, bensì attraverso la dimostrazione del pregiudizio effettivo o anche potenziale, ma direttamente connesso all'adozione degli atti gravati (cfr. TAR Milano, sent. n. 1551/2008).
2. A fronte dell'approvazione, nelle more del giudizio, da parte della P.A. di atti che vadano a modificare il contenuto dell'atto originariamente impugnato, sussiste in capo al ricorrente l'onere di proporre motivi aggiunti, verificando altresì la sussistenza dell'effettivo danno provocato dal nuovo progetto e quindi dell'interesse al ricorso: pertanto, in assenza di impugnazione degli atti sopravvenuti manca l'attualità dell'interesse e quindi il ricorso va dichiarato inammissibile (nel caso di specie il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da alcuni cittadini residenti nelle immediate vicinanze delle aree site in Milano, Isola De Castillia e Via Confalonieri oggetto di programma integrato d'intervento in quanto l'eventuale lesione alla qualità della vita dei residenti derivante dall'esecuzione delle opere previste nell'atto di pianificazione attuativa, non discendeva più dal piano approvato con la delibera impugnata, ma dai nuovi atti, non impugnati, che hanno configurato in modo differente la zona) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.02.2009 n. 1314 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALIPer rilasciare la procura alle liti -al difensore- il sindaco non ha bisogno della preventiva autorizzazione della giunta comunale.
Dagli articoli 36 e 35 della legge 142/1990, poi trasfusi negli artt. 48, comma 2, e 50, commi 2 e 3, del t.u. sugli ordinamenti degli enti locali, approvato con d.lgs. 267/2000, si evince il principio secondo cui competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco, non essendo più necessaria l'autorizzazione della Giunta municipale, atteso che al Sindaco è attribuita la rappresentanza dell'Ente (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 10.05.2001, n. 186; 10.12.2002, n. 17550).
La decisione di agire e resistere in giudizio e il conseguente conferimento del mandato alle liti competono quindi, in via ordinaria e salva deroga statutaria, al rappresentante legale dell'ente senza bisogno di autorizzazione della giunta o del dirigente ratione materiae competente (Cons. Stato, sez. V, 07.09.2007, n. 4721) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2009 n. 848 - link a www.g
iustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Le tariffe per i progettisti incaricati dalla P.A. sono stabilite dal DM 04.04.2001.
Sussiste il carattere recettizio del rinvio dell’art. 17, comma 12-ter, della legge n. 109/1994, come introdotto dalla legge n. 166/2002 al D.M. 04.04.2001, con conseguente legificazione della fonte originariamente secondaria e sua insensibilità alle vicende giudiziarie che hanno interessato la disciplina regolamentare, stante che, sul piano letterale, la formulazione normativa, nella parte in cui stabilisce che continua ad applicarsi “quanto previsto” nel D.M. in esame, evoca il richiamo del contenuto sostanziale più che del contenitore normativo.
La tesi del rinvio recettizio è l’unica capace di attribuire all’art. 17, comma 12-ter, cit. un significato utile, non essendo revocabile in dubbio che, in base ai principi generali in tema di successione delle norme e di continuità delle fonti il decreto ministeriale, ove non annullato, avrebbe comunque continuato a trovare applicazione nelle more dell’intervento della nuova disciplina regolamentare prefigurato dalla prima parte della norma in esame;
Non è dubitabile, alla luce della lettera e della ratio della disciplina in esame, che le disposizioni ultravigenti del D.M. 04.04.2001 continuino ad operare alla stregua di normativa che fissa un minimo inderogabile in tema di compensi professionale
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2009 n. 710 - link a www.altalex.com).

URBANISTICA: Piano regolatore - Contenuto - Scelte urbanistiche - Tutela dell'ambiente - Criteri di proporzionalità distributiva di oneri e vincoli - Rispetto - Non necessita.
La scelta amministrativa sottesa all'esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell'assetto territoriale -nell'interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell'ambiente- e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3358/2008 e sent. n. 2837/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Comune e Provincia - Attribuzioni - Tutela del paesaggio - Competenza della Provincia - Fattispecie.
Nel sistema di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale a tutela del paesaggio, la competenza in materia è attribuita specificamente agli enti territoriali sovraordinati e non può essere derogata facendo scorrere verso il basso tale livello di competenze mediante l'attribuzione al Comune in via esclusiva della decisione sulla pianificazione delle aree di rilievo paesistico (cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 182/2006): nel caso si specie il Collegio ha ritenuto che la Provincia abbia, in sede di espressione del parere di compatibilità con il PTCP, fatto corretta applicazione dei principi sulle interferenze tra le competenze degli enti locali esistenti nel nostro ordinamento, quando essa ha ritenuto di dover interloquire, per la tutela di interessi attinenti alla bellezza d'insieme dell'area in esame -interessi che per loro natura sono di rilievo sovracomunale- sulla decisione del Comune di rendere edificabile il terreno del ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALILa rappresentanza in giudizio del comune spetta in via generale al sindaco senza necessità di preventiva autorizzazione della giunta, ma lo statuto del comune o anche i regolamenti municipali possono affidarla ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, od anche, con riguardo all’intero contenzioso, al dirigente dell’ufficio legale, e possono altresì prevedere detta autorizzazione (della giunta o del competente dirigente), altrimenti non necessaria.
E’ sufficiente richiamare al riguardo una recente decisione di questo Consiglio, sez. VI, n. 337/2007, che a sua volta condivide l’orientamento più recente espresso dalla Cassazione, secondo cui la decisione di agire e resistere in giudizio e il conseguente conferimento del mandato alle liti non necessariamente competono al rappresentante legale dell’ente, ben potendo essere attribuiti a un dirigente (Cass., sez. un., 27.06.2005, n. 13710: <<La rappresentanza in giudizio del comune spetta in via generale al sindaco senza necessità di preventiva autorizzazione della giunta, ma lo statuto del comune (atto a contenuto normativo, rientrante nella diretta conoscenza del giudice) o anche i regolamenti municipali, nei limiti in cui ad essi espressamente rinvii lo stesso statuto, possono affidarla ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, od anche, con riguardo all’intero contenzioso, al dirigente dell’ufficio legale, e possono altresì prevedere detta autorizzazione (della giunta o del competente dirigente), altrimenti non necessaria>>; Cass. [ord.], sez. un., 17.03.2004, n. 5463: <<Il sindaco può conferire ad un dirigente comunale la rappresentanza processuale del comune con facoltà di rilasciare procura alle liti al difensore tecnico, in ordine a tutte le controversie riguardanti gli affari di competenza del settore cui sia preposto il dirigente stesso; ciò in quanto il dirigente è titolare dei poteri di rappresentanza sostanziale in base all’art. 107 d.leg. 18.08.2000 n. 267; e si deve escludere sia che sussistano elementi di indeterminatezza della delega sindacale, sia che si realizzi una surrettizia sostituzione del legale rappresentante dell’ente>>).
Nella specie l’art. 76 dello Statuto della Provincia di Verona prevede che “un Dirigente può essere incaricato dal Presidente per rappresentare la Provincia in giudizio e nei procedimenti contenziosi amministrativi”, come poi avvenuto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2007 n. 4721 - link a www.g
iustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'11.05.2009

ã

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Partecipazione in ATI. Impugnazione di atti della procedura di gara. Legittimazione ad impugnare di ogni singola impresa del raggruppamento costituito o costituendo. Sussiste.
Qualora sia necessario impugnare gli atti di una procedura di selezione del contraente (nel caso di specie, l'esclusione dalla gara), sussiste la legittimazione attiva di ciascuna delle imprese partecipanti in ATI, sia che il raggruppamento risulti già costituito al momento della presentazione dell'offerta, sia che questo debba costituirsi all'esito della eventuale aggiudicazione del contratto di appalto (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 30.08.2004, n. 5646 e Cons. Stato, sez. V, 15.04.2004, n. 2148, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 13.12.2006, n. 4958) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.02.2009 n. 1242).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento - Mancata indicazione termine per proporre ricorso - Irrilevanza sulla legittimità dell'atto terminale - Rimessione in termini - Possibilità - Limiti.
La mancata indicazione nel provvedimento impugnato del termine per proporre ricorso integra mera irregolarità e non illegittimità del provvedimento ed al più può comportare la rimessione in termini soltanto se sussistano circostanze che determinino la configurabilità dell'errore scusabile, quali incertezze e difficoltà obiettive di interpretazione della norma, novità della questione ovvero oscillazione della giurisprudenza, circostanze tutte che devono essere accertate prudentemente dall'interprete attraverso l'attento esame della sequenza temporale degli atti impugnati al fine di verificare la diligenza del ricorrente nel prendere conoscenza di questi ultimi (cfr. TAR Latina, sent. n. 979/2008)  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1157 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Criteri e principi generali - Verifica legittimazione del richiedente - Onere del Comune - Sussiste - Limiti.
L'Amministrazione Comunale, nel corso dell'istruttoria sul rilascio della concessione edilizia, deve verificare che esista il titolo per intervenire sull'immobile per il quale è chiesta la concessione edilizia -anche se questa è sempre rilasciata facendo salvi i diritti dei terzi- e se il titolo non viene provato è legittimo che il rilascio della concessione venga negato. Tale principio è desumibile dall'art. 4, comma 1, Legge 10/1977, secondo cui la concessione è data dal sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla, come confermato dall'art. 11, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, in base al quale il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo. Pertanto, la verifica del possesso del titolo a costruire costituisce un presupposto la cui mancanza impedisce alla P.A. di procedere oltre nell'esame del progetto, anche se deve escludersi un obbligo del Comune di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile in oggetto, con particolare riferimento all'inesistenza di servitù o di altri vincoli reali che potrebbero limitare l'attività edificatoria dell'immobile (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4703/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.02.2009 n. 1157 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire - Termine per l'impugnazione - Conoscenza piena - Quando si realizza - Impugnazione da parte dei terzi - Dies a quo - Onere della prova - Incombe alla parte che eccepisce la tardività.
2. Controinteressato - In tema di edilizia ed urbanistica - Abusi - Legittimazione attiva - Presupposti.
3. Permesso di costruire convenzionato - Applicazione in alternativa alla pianificazione attuativa - Possibilità - Condizione - Previsione negli strumenti urbanistici.
1.
Al fine di determinare la tardività dell'impugnazione da parte dei terzi del titolo edilizio, il termine decorre dalla piena conoscenza ovvero dalla consapevolezza del contenuto specifico del progetto edilizio. La prova della piena ed effettiva conoscenza del titolo rilasciato ad un terzo -da dimostrarsi in modo rigoroso da chi eccepisce la tardività della impugnazione- deve intendersi soddisfatta, in assenza di inequivoci elementi di segno contrario, non con il mero inizio dei lavori, ma solo con la loro ultimazione o, almeno, quando i lavori stessi siano giunti ad uno stato di avanzamento tale che non possa più aversi alcun dubbio in ordine alla consistenza, alla entità e alla reale portata dell'intervento edilizio assentito (cfr. TAR Milano, sent. n. 4039/2008; TAR Brescia, sent. n. 489/2008; Cons. di Stato, sent. n. 6342/2007).
2. In caso di mancato rispetto di distanze, limiti di altezza e vincoli d'uso di una costruzione eccepiti da parte controinteressata, affinché in capo a quest'ultima possa configurarsi la legittimazione ad agire è necessario che, oltre al requisito della vicinitas, si realizzi una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell'intervento controverso (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1548/2008).
3. Il ricorso all'istituto del permesso di costruire convenzionato in alternativa alla pianificazione attuativa è riconosciuto dalla normativa della Regione Lombardia, la quale lo pone come teorica alternativa alla pianificazione attuativa ove ciò sia previsto negli strumenti urbanistici: in mancanza di una sua previsione nel PRG -ed ora nel Piano delle Regole- la sua adozione non risulta, pertanto, legittima (cfr. Cons . di Stato, sent. n. 1013/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.02.2009 n. 1147).

URBANISTICA: Piano Regolatore Generale - Pianificazione attuativa - In zone già urbanizzate - Necessità - Non sussiste - Stato di sufficiente urbanizzazione - Nozione.
La pianificazione attuativa non è necessaria nelle ipotesi in cui l'area interessata risulti essere già urbanizzata; a tal riguardo, sussiste lo stato di sufficiente urbanizzazione solo quando la P.A. abbia accertato che l'area edificabile di proprietà del richiedente è l'unica a non essere stata ancora edificata e si trova in una zona interamente interessata da costruzioni e dotata di opere di urbanizzazione (cfr. Cons . di Stato, sent. n. 1013/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.02.2009 n. 1147).

ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione - In pendenza di giudizio - Introduzione ex novo - Inammissibilità - Integrazione successiva - Ammissibilità.
La P.A. non può introdurre nelle more del processo la motivazione di un provvedimento che ne è privo: può tuttavia portare la prova degli elementi che lo giustificano, dimostrando i presupposti di fatto su cui esso si fonda (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 7324/2004 e sent. n. 1088/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.02.2009 n. 1146 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Termine per impugnare il PRG - Decorrenza dalla scadenza del termine di pubblicazione dell'avviso di deposito del PRG presso l'albo pretorio e non dalla pubblicazione nel bollettino regionale - Sussiste.
2. Delibera di approvazione di PRG - Atto complesso - Sussiste-Impugnazione della delibera di approvazione PRG - Deduzione di vizi riferibili anche ad altri atti, quali adozione PRG e controdeduzioni - Ammissibilità-Impugnazione di provvedimento di adozione PRG - Facoltà e non onere - Sussiste.
3. Decorso del termine cd. "perentorio"- Potere-dovere dell'Amministrazione di provvedere - Sussiste.
4. Formalità pubblicitarie ex art. 3, comma 14 lett. a) della L.R. n. 1/2001 - Riferite esclusivamente alla fase preliminare di redazione PRG - Sussiste.
5. Applicazione del combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 22 della L.R. n. 51/1975 come modificato dall'art. 7 della L.R. n. 1/2001 - Redazione piano dei servizi da parte della Amministrazione - Facoltà e non onere - Sussiste - Adozione variante PRG priva del piano dei servizi - Legittimità.
6. Vincoli espropriativi - Indennizzabilità - Sussiste- Vincoli conformativi - Non sussiste.
7. Piano finanziario ex art. 30 L. n. 1150/1942 - Applicazione alle ipotesi di cui all'art. 18 della medesima legge - Sussiste.
8. Piano finanziario ex art. 30 L. n. 1150/1942 - Elemento essenziale di PRG - Non sussiste.

1. La pubblicazione nel bollettino regionale non esaurisce gli adempimenti formali di pubblicità del piano regolatore, occorrendo a tal fine anche la pubblicazione dell'avviso di deposito del piano presso gli uffici comunali che è formalità essenziale per assicurare la conoscibilità di atti, i cui allegati non possono essere agevolmente riprodotti in un bollettino. Ne consegue che il termine per l'impugnativa del piano regolatore decorre dalla scadenza del termine di pubblicazione dell'avviso di deposito effettuata presso la segreteria del Comune o nell'albo pretorio.
2. Il piano regolatore costituisce atto complesso e, nella sequenza procedimentale di formazione del piano, tutti i vizi, anche quelli riferibili ad atti iniziali (adozione) o intermedi (controdeduzioni), possono essere dedotti in sede di impugnativa del provvedimento finale di approvazione, mentre l'impugnazione immediata dell'atto di adozione costituisce una facoltà e non un onere dell'interessato.
3. L'eventuale decorso del termine, ancorché qualificato come "perentorio" non priva l'Amministrazione del potere-dovere di provvedere, rilevando eventualmente ai soli fini della formazione del silenzio-inadempimento.
4. Le formalità pubblicitarie previste dall'art. 3, comma 14 lett. a) della L.R. n. 1/2000 si collocano nella fase preliminare di redazione del PRG, anzi precedono l'avvio del procedimento di formazione dello strumento urbanistico, si tratta dunque di adempimenti che non possono pretendersi laddove questa fase sia già esaurita.
5. Non è illegittima la delibera di adozione della variante di PRG priva del piano dei servizi, in quanto dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 22 della L.R. n. 51/1975 come modificato dall'art. 7 della L.R. n. 1/2001, se alla data di adozione della detta variante, la Giunta regionale non ha ancora dettato i criteri per la redazione del piano dei servizi, per la redazione di quest'ultimo non sussiste in capo all'Amministrazione comunale un obbligo, ma una facoltà.
6. Sono indennizzabili soltanto i vincoli urbanistici preordinati all'esproprio o di carattere sostanzialmente espropriativo, in quanto implicanti uno svuotamento incisivo della proprietà; mentre non lo sono i vincoli di destinazione imposti dal PRG per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento.
7. Il piano finanziario di cui all'art. 30 della L. n. 1150/1942 non deve riferirsi indiscriminatamente a tutte le espropriazioni, bensì solo a quelle fondate sull'art. 18 della medesima legge, come modificato dall'art. n. 865/1971, cioè agli immobili da espropriare "entro le zone di espansione dell'aggregato urbano".
8. Il piano finanziario di cui all'art. 30 della L. n. 1150/1942 non costituisce elemento essenziale del PRG potendo sopravvenire in un momento successivo, allorché il Comune deliberi l'espropriazione delle aree private interessate dal vincolo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.01.2009 n. 989 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Vincoli di in edificabilità imposti da delibera istitutiva di parco sovracomunale - Legittimità - Espressione potere amministrativo connaturato al principio di legalità - Sussiste.
Dai principi derivanti dalla legge n. 326 del 2003 che richiama gli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985 e dall'art. 3 della L.R. Lombardia n. 31/2004, i vincoli di inedificabilità posti da una delibera istitutiva di un parco di interesse sovracomunale (PLIS) e le relative varianti degli strumenti urbanistici, seppure non derivanti in via diretta da norma di legge, sono comunque a quest'ultima riconducibili, in quanto il potere amministrativo è connaturato al principio di legalità ed è la legge stessa che conferisce all'amministrazione il potere di disporre tali vincoli (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.01.2009 n. 987).

URBANISTICA: 1. Approvazione di variante al P.R.G. - Modifica destinazione urbanistica delle aree - Disparità di trattamento - Non sussiste.
2. Approvazione di variante al P.R.G. - Rigetto osservazioni dei privati - Inadeguata risposta da parte della Regione - Non sussiste.

1. Non è possibile censurare la destinazione urbanistica attribuita dal Comune alle aree dei ricorrenti con la variante al P.R.G. impugnata per disparità di trattamento con chi è riuscito ad edificare nella medesima area prima che scattassero le misure di salvaguardia in quanto la scelta amministrativa sottesa all'esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell'assetto territoriale, nell'interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell'ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli. Peraltro la creazione di precedenti carichi urbanistici, ben può giustificare la decisione dell'Amministrazione di modificare la destinazione di piano per impedire l'ulteriore sfruttamento del territorio.
2. La mancata introduzione da parte della Regione delle modifiche d'ufficio alla variante al P.R.G. adottata dal Comune, richieste dai ricorrenti con le osservazioni, non configura una risposta inadeguata in quanto le osservazioni dei privati sono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi posti a base della formazione del piano (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.01.2009 n. 199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano per gli insediamenti produttivi - Individuazione delle aree da inserire nel Piano - Adozione ed approvazione del piano - Discrezionalità dell'Ente - Sussiste, con il limite dell'adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta.
2. Pianificazione di settore - Obbligo di rispettare il criterio di razionalità - Sussiste - Obbligo di rispettare criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli - Non sussiste - Configurabilità del vizio di disparità di trattamento - Non sussiste.
3. Creazione di carichi urbanistici in carenza di valutazione dello stato di urbanizzazione del territorio - Insufficienza delle opere di urbanizzazione - Legittimità della scelta di impedire ulteriori edificazioni - Sussiste.

1. L'ente locale, relativamente all'individuazione delle aree da inserire in un piano per gli insediamenti produttivi nonché alla sua adozione ed approvazione, gode della più ampia discrezionalità, con l'unico limite dell'adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull'idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l'intero sistema economico.
2. La scelta amministrativa sottesa all'esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell'assetto territoriale, nell'interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell'ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento.
3. Non può essere censurata in sede giurisdizionale la decisione dell'Amministrazione comunale di impedire l'edificazione in un'area oggetto di parziale edificazione, in quanto la creazione di precedenti carichi urbanistici, effettuata senza tener conto dello stato di urbanizzazione della porzione di territorio circostante a quello dell'interessato, ben può giustificare un diverso atteggiamento della p.a. procedente, a causa della sopravvenuta insufficienza delle opere di urbanizzazione finora esistenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.01.2009 n. 198 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Procedimento approvazione strumento urbanistico comunale - Modifiche d'ufficio da parte ente territoriale sovraordinato - Profili di discrezionalità - Sussistono.
2. Procedimento approvazione strumento urbanistico comunale - Potere dell'Amministrazione comunale di discostarsi dalle modifiche d'ufficio dell'ente sovraordinato - Limiti - Legittimità.
3. Procedimento approvazione strumento urbanistico comunale - Modifiche d'ufficio introdotte dall'Amministrazione regionale - Obbligo di ripubblicazione dello strumento urbanistico - Modifiche d'ufficio "facoltative" o "concordate" recanti superamento del limite di rispetto dei canoni guida dello strumento adottato - Sussiste - Modifiche d'ufficio "obbligatorie" - Non sussiste.
4. Esercizio del potere di pianificazione di settore - Obbligo di uniformarsi ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli - Non sussiste.
5. Osservazioni al PRG - Espressione di apporto collaborativo - Obbligo di motivazione del rigetto - Non sussiste.
6. Casi in cui il privato può vantare un interesse qualificato nei confronti del potere di pianificazione - Obbligo di motivazione specifica da parte dell'Amministrazione in caso di superamento - Sussiste.

1. Nell'ambito del procedimento di approvazione dello strumento urbanistico comunale, le modifiche d'ufficio richieste dall'ente territoriale sovraordinato non costituiscono un mero controllo formale di legittimità delle scelte amministrative effettuate dal Comune, ma contengono profili di discrezionalità, anche di tipo tecnico, di cui gode l'ente territoriale sovraordinato nel richiedere le modifiche d'ufficio allo strumento urbanistico.
2. Legittimamente l'Amministrazione comunale può discostarsi, seppur soltanto in maniera più restrittiva, dalle modifiche d'ufficio allo strumento urbanistico, dettate dall'ente territoriale sovraordinato, e ciò in ragione delle peculiari esigenze territoriali.
3. A seguito delle modifiche d'ufficio introdotte dall'Amministrazione regionale allo strumento urbanistico, l'Amministrazione comunale è tenuta alla ripubblicazione del detto strumento solo nel caso in cui le modifiche siano "facoltative" o "concordate" e superino il limite di rispetto dei canoni guida dello strumento adottato, diversamente nel caso di modifiche "obbligatorie", poiché proprio il carattere dovuto dell'intervento regionale rende superfluo l'apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale.
4. La scelta amministrativa sottesa all'esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell'assetto territoriale, nell'interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell'ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento.
5. Le osservazioni dei privati sui progetti sono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano.
6. La stipula di una convenzione di lottizzazione, l'annullamento con sentenza passata in giudicato di diniego di concessione edilizia, reiterazione di un vincolo preordinato all'esproprio rappresentano i casi in cui il privato può vantare un affidamento qualificato nei confronti della potestà pianificatoria dell'Amministrazione, superabile da quest'ultima solo previa motivazione specifica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.01.2009 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Azzonamento - Determinazione degli indici di fabbricabilità - Rappresentano scelte urbanistiche discrezionali - Sindacabilità nel giudizio di legittimità - Non sussiste, se non per profili di illogicità, contraddittorietà e per errori di fatto.
Le scelte urbanistiche, comprese quelle che più sacrificano le posizioni dei privati, come l'azzonamento o la determinazione degli indici di fabbricabilità, costituiscono espressione di discrezionalità, come tali non sindacabili nel giudizio di legittimità se non per profili di illogicità, contraddittorietà e per errori di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2009 n. 175).

URBANISTICA: PTCP atto di coordinamento e di indirizzo - Potere conformativo della pianificazione comunale - Sussiste.
Poiché il piano territoriale di coordinamento provinciale ha natura di atto di coordinamento e di indirizzo tipico della programmazione intermedia, il potere conformativo della pianificazione comunale che si esprime nel giudizio di compatibilità previsto dalla normativa regionale lombarda può esprimersi non solo nell'imporre con forza innovativa e cogente prescrizioni e vincoli dotati di specifica causale legislativa, ma anche di impartire raccomandazioni in merito alle modalità di tutela dei beni riferibili ad un'attribuzione riservata della Provincia. In tal caso sussiste un preciso obbligo del Comune di farsi carico, in sede di approvazione del piano, delle valutazioni richieste e di decidere in merito con provvedimento motivato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2009 n. 174 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Esclusione per aver reso dichiarazioni asseritamente non veritiere - Mancata impugnazione nei termini - L'asserito mendacio assume la dimensione di un fatto storico non più sindacabile.
La mancata impugnazione del provvedimento di esclusione da una procedura selettiva determina la legittimità sia della segnalazione all'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici che l'incameramento della cauzione provvisoria in conseguenza delle dichiarazioni non veritiere rese in sede di presentazione dell'offerta. Per tale ragione la definitività dell'esclusione inibisce ogni ulteriore accertamento sul fondamento del relativo impianto motivazionale conferendo al mendacio la dimensione di un fatto storico non più sindacabile (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. I, 19.11.2008, n. 5474) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.01.2009 n. 159).

EDILIZIA PRIVATA: Ordine di non effettuare le opere oggetto di D.I.A. - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Accertamento dell'assentibilità delle opere - Sussiste.
In materia di D.I.A. il G.A. ha giurisdizione esclusiva, ai sensi dell'art. 19, c. 5, L. 241/1990, con un sindacato esteso all'accertamento del rapporto che consente di scrutinare e di stabilire se la ristrutturazione oggetto della D.I.A. presentata dai ricorrenti avrebbe potuto essere comunque assentita, anche al di là dei motivi di diniego contenuti nel provvedimento impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.01.2009 n. 153 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Norme regolamentari - Illegittimità - Interesse ad agire insorgente con l'atto applicativo - Necessità di impugnare congiuntamente regolamento e atto applicativo - Sussiste.
Lo stato attuale della giurisprudenza sui mezzi per far valere l'illegittimità delle norme regolamentari impone, quando l'interesse ad agire sorga non già con l'emanazione della norma regolamentare, ma soltanto con l'atto applicativo, l'impugnazione congiunta di regolamento e atto applicativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 92 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire convenzionato - Sostituisce il piano attuativo e ne assume il contenuto di discrezionalità.
Il permesso di costruire convenzionato riprende dal piano attuativo, che sostituisce il contenuto di discrezionalità delle scelte amministrative; difatti, l'approvazione di un piano di livello attuativo non è atto dovuto, pur se conforme al piano regolatore generale, ma costituisce sempre espressione di potere discrezionale dell'autorità chiamata a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 92 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Decorso del termine di 30 giorni per inibire la DIA - Potere in capo all'Amministrazione comunale di esercitare l'autotutela - Sussiste.
2. Terzo asseritamente leso dalla DIA - Potere di indurre l'Amministrazione comunale all'esercizio del potere di autotutela - Sussiste.
1.
La perdita del potere di inibire il perfezionamento della DIA di cui all'art. 42, comma 9 della L.R. n. 12/2005 non impedisce al Comune ex art. 19 L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int. di annullare la DIA in autotutela.
2. Il terzo asseritamente leso da una DIA può sollecitare l'esercizio dei poteri di autotutela di cui il Comune dispone ex art. 19 L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 91 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Accordo di programma - Mancato rispetto del termine di cui all'art. 34 d.lgs. 267/2000 da parte del Consiglio Comunale - Adesione del Comune - Non incide - Annullamento accordo di programma - Illegittimità.
2. Art. 15 L. 241/1990 - Possibilità di recedere - Revoca accordo di programma - Illegittimità - Interessi sopravvenuti - Nuova determinazione di tutti gli Enti contraenti.

1. E' illegittimo l'annullamento adottato da un Comune di un accordo di programma siglato con altre due Amministrazioni, la Provincia ed altro Comune, sul presupposto dell'illegittimità della propria adesione a tale accordo per avere il Consiglio Comunale ratificato l'operato del Sindaco oltre il termine di 30 giorni di cui all'art. 34 d.lgs. 267/2000 in quanto la scadenza di tale termine non comporta il venire meno del potere di aderire all'accordo di programma, ma soltanto la decadenza delle misure di salvaguardia urbanistiche interinalmente insorte in seguito alla stipula dell'accordo da parte del Sindaco. Con la conseguenza che il mancato rispetto del termine di 30 giorni non incide sulla legittimità dell'atto di adesione del Consiglio Comunale all'accordo di programma, risultando, al contrario, illegittimo il successivo atto di annullamento dell'accordo posto in essere dal Comune per tale motivo.
2. L'art. 15 L. 241/1990 non prevedendo (diversamente da quanto dispone l'art. 11 della stessa legge) la possibilità di recedere dall'accordo da parte delle Amministrazioni contraenti deve essere interpretato conciliando l'inesauribilità della funzione amministrativa propria di ogni ente, che non tollera vincoli al riesame dell'assetto di interessi concordato alla luce di sopravvenuti interessi pubblici, e la non disponibilità da parte di una singola Amministrazione degli interessi pubblici sottesi all'azione amministrativa esercitata in forma consensuale. Pertanto si deve ritenere che, salvo il caso in cui le stesse parti abbiano previsto il diritto di recesso nell'accordo di programma, il contenuto dell'accordo sia modificabile solo mediante una nuova determinazione espressa da tutte le Amministrazioni contraenti che giungono ad una sistemazione concordata dell'assetto degli interessi sottostanti all'azione amministrativa, risultando conseguentemente illegittimo il provvedimento di revoca adottato unilateralmente dal Comune che, in presenza di nuovi interessi pubblici sopravvenuti, è in tal caso comunque vincolato a regolare gli stessi mediante l'utilizzo del modulo organizzativo consensuale tra Amministrazioni già prescelto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 90 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Silenzio della pubblica amministrazione - Illegittimità - Obbligo di provvedere - Sussiste se il provvedimento amministrativo richiesto dall'interessato è previsto dalla legge come atto nominato.
La verifica dell'illegittimità del silenzio della pubblica amministrazione postula l'accertamento di due elementi: a) la sussistenza in capo all'amministrazione di un obbligo di provvedere; b) il successivo accertamento della sua inosservanza.
L'obbligo di provvedere, necessario ai fini della formazione del silenzio-rifiuto, si verifica quando il provvedimento amministrativo richiesto dall'interessato sia previsto dalla legge come atto nominato e, cioè, ove l'istanza sia idonea ad attivare una sequenza procedimentale che deve ineluttabilmente definirsi con l'adozione di quest'ultimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Diniego di intervento da parte della P.A. - Necessità di impugnare la D.I.A. - Inammissibilità - Non sussiste.
La D.I.A. edilizia, avendo natura di mero atto del privato e di strumento di liberalizzazione delle attività, non configura un provvedimento tacito di assenso all'edificazione impugnabile, con la conseguenza che la tutela del terzo che si oppone all'intervento attuato tramite D.I.A. si realizza rivolgendo all'Amministrazione formale istanza per l'esercizio della potestà repressiva attribuitale dalla legge ed impugnando il diniego esplicito di intervento da parte della P.A. (nel caso di specie tale scelta procedimentale del ricorrente risulta inoltre essere stata necessitata in quanto lo stesso G.A. adito aveva già ritenuto inammissibile l'impugnazione diretta della D.I.A. proposta precedentemente dal ricorrente) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 77).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego di intervento interdittivo da parte della P.A. - Distanze tra i fabbricati previste dall'art. 9 D.M. 1444/1968 - Sopraelevazione per recupero abitativo di sottotetto - Applicabilità - Illegittimità.
2. Diniego di intervento interdittivo da parte della P.A. - Risarcimento del danno - Mancanza di prova di colpa dell'amministrazione e del danno sofferto - Non sussiste.

1. L'art. 9 D.M. 1444/1968, pur riferendosi ai nuovi edifici, è applicabile anche agli interventi di sopraelevazione e dunque anche alle ristrutturazioni che -volte al recupero del sottotetto- comportano un incremento dell'altezza non trascurabile del fabbricato. La possibilità di realizzare ai sensi della L.R. 15/1996 volumetrie aggiuntive da destinarsi al recupero dei sottotetti in deroga agli strumenti urbanistici non opera in relazione alle previsioni dello strumento urbanistico che riproducono disposizioni normative di rango superiore, quale la disciplina delle distanze tra fabbricati del D.M. 1444/1968 che ha carattere inderogabile in quanto materia inerente all'ordinamento civile, che risponde ad esigenze pubblicistiche sovrastanti gli interessi dei singoli, e rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Pertanto, il provvedimento comunale che motiva la mancata adozione di un provvedimento interdittivo delle opere oggetto di D.I.A. per non essere il recupero abitativo di sottotetto realizzato soggetto alle prescrizioni dell'art. 9 D.M. 1444/1968, è illegittimo.
2. Non è accoglibile la richiesta avanzata dal ricorrente di risarcimento del danno patito per il mancato intervento interdittivo del Comune in quanto l'imputabilità della responsabilità all'Amministrazione non consegue al mero dato obiettivo dell'illegittimità dell'azione amministrativa, ma richiede l'accertamento in concreto della colpa dell'Amministrazione che, nel caso specie, non è stata provata dal ricorrente (che non ha provato neppure il danno sofferto), né risulta aliunde (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 77).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Giustizia amministrativa - Nozione di controinteressato - Necessità di un requisito formale e di uno sostanziale per assumere tale veste.
2. Giustizia amministrativa - Nozione di controinteressato - Non sussistente in capo all'autore di un esposto o di una denuncia sebbene noto alla parte ricorrente.
3. Giustizia amministrativa - Censure che contengano ulteriori aspetti dell'atto impugnato e che allargano il giudizio - Possibilità di farle valere mediante un atto di intervento ad opponendum - Non sussiste.
1.
Nel giudizio amministrativo per assumere la veste di controinteressato è necessario il possesso di due requisiti: uno sostanziale ed uno formale. Con riguardo al primo (requisito sostanziale), occorre che il soggetto risulti titolare di un interesse alla conservazione dell'atto impugnato uguale e contrario a quello fatto valere dal ricorrente e, altresì, che sia espressamente menzionato nell'atto medesimo o sia altrimenti individuabile in base ad esso (requisito formale).
2. L'essere autore di un esposto o denuncia non comporta l'assunzione della qualifica di controinteressato nel giudizio contro il conseguente provvedimento amministrativo e, neppure nel caso di impugnativa di un'ordinanza di demolizione, all'autore della segnalazione di un abuso, spetta la qualifica di controinteressato, sebbene questi sia noto al ricorrente.
3. Le censure che allargano il giudizio ad aspetti ulteriori di illegittimità dell'atto, ancorché per ragioni contrarie all'interesse di parte ricorrente, non possono essere fatte valere mediante un semplice atto di intervento ad opponendum (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 76).

EDILIZIA PRIVATA: Atto di deroga in sanatoria relativamente a lavori oggetto di D.I.A. - Eliminazione barriere architettoniche - Incompetenza del dirigente - Artt. 40 L.R. 11.03.2005 n. 12 e 19 L.R. 20.02.1989 n. 6 - Sussiste.
L'art. 40, c. 1, L.R. 12/2005, laddove prevede la previa deliberazione del Consiglio Comunale per il rilascio di provvedimenti in deroga agli strumenti di pianificazione, detta una regola procedimentale generale, applicabile anche alla fattispecie di deroga ai fini dell'abbattimento delle barriere architettoniche di cui al terzo comma della stessa legge, poiché, in entrambi i casi, vengono esercitati, con il rilascio della concessione in deroga, poteri discrezionali in ordine all'opportunità di accordare o meno il titolo richiesto che comporta un mutamento dell'assetto urbanistico edilizio previsto con gli strumenti di pianificazione, mutamento per il quale è necessaria l'approvazione dell'organo cui compete la funzione pianificatoria.
La stessa regola procedimentale si ricava dall'art. 19 L.R. n. 6/1989, richiamato dall'art. 40, c. 3, L.R. 12/2005, che rimanda al procedimento di cui all'art. 41-quater L.U. che contempla il parere del Consiglio Comunale. Conseguentemente anche il provvedimento di deroga in sanatoria finalizzato all'abbattimento di barriere architettoniche necessita di un pronunciamento del Consiglio Comunale, risultando illegittimo l'atto che è stato adottato solo dal Dirigente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 72 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Servizi pubblici - Concessione del servizio di distribuzione gas - Riscatto anticipato da parte del Comune - Termini per l'esercizio.
In materia di riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas, è da condividere l'orientamento più volte espresso dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006, n. 7437; Cons. Stato, sez. V, 07.07.2005, n. 3748) secondo il quale la regola generale fissata dall'art. 24, r.d. 15.10.1925, n. 2578 è che il diritto al riscatto da parte del Comune sorge quando sia decorso un terzo della durata complessiva della concessione e comunque almeno un quinquennio e così, in seguito, di cinque in cinque anni.
A questa, non si sovrappone la regola sussidiaria, prevista dall'art. 24, comma 1, r.d. 15.10.1925, n. 2578, secondo la quale il Comune ha sempre diritto al riscatto quando siano trascorsi venti anni dall'effettivo inizio del servizio; ma in ogni caso il Comune non può esercitarlo prima che ne siano passati dieci (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 19).

APPALTI: 1. Bando di gara - Esclusione. Interpretazione univoca delle clausole del bando - Inapplicabilità del principio del favor partecipationis - Par condicio tra i partecipanti alla procedura concorsuale.
2. Appalto pubblico - Prescrizioni del bando relative alle modalità di presentazione dell'offerta - Mancata osservanza - Esclusione.
3. Contratti della P.A. - Immediata lesività di clausole del bando - Impugnazione del bando di gara - Necessità.
1.
Secondo l'orientamento costante della giurisprudenza, è inapplicabile il principio del favor partecipationis nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara risulti di univoca interpretazione, nel rispetto della par condicio fra i partecipanti alla procedura concorsuale.
2. La mancata osservanza, da parte di un concorrente, delle prescrizioni del bando o della lettera d'invito, attinenti alle modalità di presentazione dell'offerta, comporta l'esclusione dalla gara, nel caso in cui tale provvedimento sia stabilito espressamente dalla lex specialis; in tal caso, invero, l'Amministrazione deve dare precisa e incondizionata esecuzione alla clausola, senza margini di valutazione discrezionale in merito alla rilevanza dell'inadempimento del concorrente e, solo ove la clausola sia formulata in maniera equivoca, può adottarsi un'interpretazione idonea a consentire il favor partecipationis degli aspiranti alla gara.
3. L'onere di immediata impugnazione del bando di gara sussiste nel caso in cui questo arrechi un'immediata lesione per i contenuti concernenti i requisiti di partecipazione, che siano tali da precludere ex ante la proposizione, con esito favorevole, della domanda di ammissione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 17).

AGGIORNAMENTO AL 04.05.2009

ã

NOVITA' NEL SITO

E' stato integrato l'archivio dei DOSSIER con quest'altri:
- DOSSIER abusi edilizi.
- DOSSIER appalti.
- DOSSIER competenze gestionali.
- DOSSIER contributo di costruzione.

NEWS

APPALTITutto sul D.U.R.C. (link a www.lavoro.gov.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 30.04.2009 che integra i requisiti tecnici per la caratterizzazione dei rifiuti di cui alla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive" [notificata con il numero C(2009) 3013] (2009/360/CE) (link a http://eur-lex.europa.eu).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 30.04.2009 che integra la definizione di rifiuto inerte ai fini dell’applicazione dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive" [notificata con il numero C(2009) 3012] (2009/359/CE) (link a http://eur-lex.europa.eu).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 29.04.2009 sull’armonizzazione e l’invio regolare delle informazioni e sul questionario di cui all’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), e all’articolo 18 della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive" [notificata con il numero C(2009) 3011] (2009/358/CE) (link a http://eur-lex.europa.eu).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 17 del 30.04.2009 "Attuazione del Programma Regionale per l'Edilizia Residenziale Pubblica 2007-2009: Programma Regionale Emergenza Casa - Approvazione dell'invito a presentare proposte" (decreto D.S. 21.04.209 n. 3846 - link a www.infopoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ATTI AMMINISTRATIVI: R. Bardelle, Il diritto di accesso agli atti delle società partecipate dall'ente locale (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

COMPETENZE GESTIONALI: S. Bianca, Separazione tra funzioni di indirizzo politico amministrativo e attività gestionale nella legge delega "Brunetta". Il nodo del conferimento degli incarichi dirigenziali (link a www.lexitalia.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: N. Pignatelli, L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo (link a www.giustizia-amministrativa.it).

QUESITI

PUBBLICO IMPIEGO: Autorizzazione prestazioni a "scavalco" dipendente di altro Comune.
Il Comune (omissis), ente inferiore ai 5.000 abitanti, si avvale, alla luce dell’art. 1, comma 557, della legge n. 311/2004, delle prestazioni a “scavalco” di un dipendente di altro Comune, debitamente autorizzato al di fuori dal normale orario di lavoro, funzionario cui è stata conferita, altresì, la responsabilità del servizio tecnico. In merito chiede parere sulla legittimità dell’operato del Comune (Regione Piemonte, parere 15/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAPARERE IN MERITO ALLA RICOSTRUZIONE DI RUDERI.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune di SERRUNGARINA con nota prot. n. 2233 del 13.04.2005, che qui di seguito si riporta:
“1- se ritenga possibile l’intervento di ricostruzione di un fabbricato di cui restano poche preesistenze, qualora tale richiesta venga accompagnata sia da fotografie che da documenti che ne attestino le volumetrie e qualora, in seguito a sopralluogo, sia possibile accertare che dell’edificio rimangono i soli muri perimetrali con altezza variabile compresa tra i cinquanta e i settanta centimetri ma che allo stesso tempo permettono comunque di leggerne sia la collocazione planimetrica (riscontro con planimetrie catastali) che le caratteristiche dei materiali utilizzati per l’edificazione del paramento murario;
2- se ritenga possibile la ricostruzione, ferme restando le condizioni fisiche sopra espresse, qualora la preesistenza abbia distanza dalla strada inferiore a quella prevista dalle norme di P.R.G. e ricada nell’ambito di rispetto di un “percorso panoramico” così identificato dal P.P.A.R” (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 22.07.2005 n. 55943 di prot. - link a www.provincia.ps.it).

EDILIZIA PRIVATAPARERE IN MERITO QUESITO RELATIVO ALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DEI LIMITI DI DENSITA’ FONDIARIA DI CUI ALL’ART. 7 DEL D.M. 1444/1968.
Quesito posto dal Comune di PESARO a questa Provincia con nota prot. 14581 del 18.03.2005, che qui di seguito si riporta:
“Con la presente si richiede, per quanto di vostra competenza, un parere sulla interpretazione delle Normative Nazionali e Regionali in merito ai quesiti di seguito esposti:
1. Se, in un’area libera, all’interno delle zone omogenee A e B, l’edificazione di un volume destinato a servizi pubblici concorre al calcolo dei carichi insediativi come definito all’Art. 7 del D.I. 1444/68, considerato che all’Art. 3 dello stesso Decreto vengono definiti i “...rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici...” intendendo questi ultimi come compensazione del carico insediativo urbanistico.
Si evidenzia inoltre che al punto b) del comma 1, dell’Art. 18, L.R. 34/1992, nel definire ciò che il piano regolatore generale deve prevedere “...i limiti minimi e massimi di densità edilizia territoriale e le distanze minime tra le costruzioni, dalle strade o dai manufatti pubblici o di uso pubblico...” si intende, a nostro parere, distinguere le densità edilizie dei manufatti pubblici di uso pubblico.
2. Se, in un edificio residenziale esistente, all’interno delle zone omogenee A e B, l’incremento di volume destinato a servizi pubblici concorre al calcolo dei carichi insediativi come definito all’Art. 7 del D.I. 1444/1968, sempre in considerazione dei succitati Art. 3 del D.I. 1444/1968, Art. 18 della L.R. 34/1992.
3. Se la variante al P.R.G. di cui al punto 2, è da considerarsi sostanziale ai sensi del comma 5, dell’Art. 15 della L.R. 34 del 05.08.1992” (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 01.06.2005 n. 43350 di prot. - link a www.provincia.ps.it).

URBANISTICAPARERE IN MERITO QUESITO RELATIVO AL REGIME URBANISTICO DELLE AREE RICOMPRESE IN PIANI DI LOTTIZZAZIONE DECADUTI PER DECORSO DEL TERMINE DECENNALE DI VALIDITA’.
Dal quesito evince una problematica interpretativa di carattere generale che sostanzialmente attiene alla questione dell’individuazione del regime urbanistico delle aree ricomprese in piani di lottizzazione decaduti per decorso del termine decennale di validità (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 08.04.2004 - link a www.provincia.ps.it).

EDILIZIA PRIVATAParere in merito effetti inottemperanza a prescrizione afferente ad una concessione edilizia in sanatoria.
Il Comune di Frontone con nota prot. 4046 del 25.09.2003, richiede, in ordine alla “mancata ottemperanza all’esecuzione lavori come prescritti in concessione edilizia in sanatoria, (prescrizione consistente in esecuzione di intonacatura e tinteggiatura)” “se a seguito della successiva richiesta di esecuzione lavori si possa dar luogo a titoli autorizzativi con processi sanzionatori o la mancata ottemperanza implichi la decadenza della stessa pratica di condono edilizio” (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 15.03.2004 - link a www.provincia.ps.it).

EDILIZIA PRIVATAPARERE IN MERITO POSSIBILITA' DI RICOSTRUZIONE DI PARTI CROLLATE DI UN EDIFICIO UBICATO IN ZONA AGRICOLA.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune di PERGOLA con nota prot. n. 4019 del 05.04.2003, che qui di seguito si riporta:
"Premesso che:
- In data 03.07.2001 con prot. n.. 6826 è pervenuta a questo Ente richiesta di "parere preliminare relativamente al ripristino di preesistenze - edificio rurale e accessori" in zona agricola, proposto da un soggetto mancante dal requisito di imprenditorialità agricola;
- A seguito della domanda di cui sopra, la C.E.C.I. visti gli elaborati grafici e la documentazione fotografica ha deciso di effettuare un sopralluogo al fine di verificare la possibilità di ricostruire di alcune parti dell'edificio principale e degli accessori pertinenziali il tutto attraverso l'accertamento dell'originaria consistenza e forma;
- Eseguito il sopralluogo in data 29.08.2001, nella stessa giornata la Commissione Edilizia C.le Integrata n. 10 si è riunita presso la sede C.le esprimendo parere sfavorevole all'ipotesi di ripristino di alcune "preesistenze" (verbale n. 148/01, allegato per brevità in copia alla presente);
- Della unanime decisione della C.E.C.I., è stata data successivamente comunicazione alla ditta richiedente con nota prot. n. 6828 del 04.09.01;
- In data 04.12.2002 prot. n. 12968, successivamente integrata come pratica S.U.A.P. in data 28.01.2003 prot. n. 952, è stata presentata istanza per "i lavori di ristrutturazione edilizia di edificio rurale" richiesto nel contempo da soggetto avente i requisiti di imprenditore agricolo, il tutto ovviamente riferito all'immobile oggetto di richiesta di "parere preliminare";
- La C.E.C.I. nella seduta n.4 del 19.02.2003 chiamata ad esaminare il progetto di ristrutturazione edilizia, vista la documentazione tecnica allegata comprensiva anche di ulteriore documentazione fotografica riferita ad una ripresa aerea del '73, reperita presso l'Ufficio cartografico della Provincia di Pesaro e Urbino, in cui viene evidenziata la situazione riferita al '73, comprensiva di quei volumi che la stessa C.E.C.I. nel 2001 aveva stabilito in parte non definiti e visto anche che la richiesta è formulata da soggetto avente caratteristiche di imprenditore agricolo, la Commissione suddetta all'unanimità stabilisce di sospendere la pratica rinviando ogni decisione all'acquisizione di un parere legale - urbanistico - edilizio di Codesto Spettabile Ufficio, ponendo il seguente quesito:
"E' possibile il rilascio di una concessione edilizia per intervento di ristrutturazione comprensiva anche della ricostruzione di alcune parti crollate negli anni passati dietro la presentazione di una documentazione fotografica aerea riferita a circa 30 anni orsono considerato che esistono tracce di fondamenta, bucature tamponate facenti pensare all'esistenza di volumetrie attigue, ma non di chiare tracce di agganci murari" (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 10.05.2003 - link a www.provincia.ps.it).

EDILIZIA PRIVATAPARERE IN MERITO QUESITO RELATIVO AL TAMPONAMENTO DI PORTICATI.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune di MONDOLFO con nota prot. 25519 del 23.12.2002 che qui di seguito si riporta:
“Nel dicembre 1975 è stata acquisita l'istanza per la costruzione di un fabbricato di civile abitazione in Marotta, [OMISSIS], sull'area di mq 1242 [OMISSIS] che, secondo le previsioni del Programma di Fabbricazione vigente, era azzonata "Completamento Residenziale" con J= mc. 2,5/mq. e sulla quale era ammissibile un volume di mc. 3105.
Il fabbricato progettato (costituito da: Piano interrato destinato a garage e locali di sgombero; Piano terra destinato a porticato privato; Piani 1°, 2°, 3°, 4°, destinati ad abitazione) prevedeva una volumetria di mc. 3084, conforme al vigente strumento urbanistico;
per le norme vigenti all'epoca i porticati privati non costituivano volume e, pertanto, anche il porticato del fabbricato in fattispecie non è stato incluso nel computo volumetrico.
All'istanza, esaminata favorevolmente dalla C.C.E., ha fatto seguito nel gennaio 1976 il rilascio della relativa Licenza Edilizia; l'ultimazione dei lavori è avvenuta nel marzo 1977 e l'Autorizzazione di Abitabilità è stata rilasciata nell'aprile 1977.
Nel Comune di Mondolfo dall'11.09.1987 è vigente il Piano Regolatore Generale ( le cui N.t.a. consentono nelle zone di "Completamento residenziale", come quella in fattispecie, una edificazione pari a mc. 1,6/mq.) e con procedimenti iniziati nell'ottobre 2000 e terminati nel luglio 2002 è stata adottata la Variante Generale del Piano Regolatore Generale in adeguamento al P.P.A.R. (le cui N.t.a. consentono nella zona di "Completamento Residenziale B1", come quella in fattispecie, una S.U.L. di mq 0,6/mq.; parametro equivalente, all'incirca, a mc. 1,8/mq.).
Per quanto sopra, per la contemporaneità dello strumento urbanistico "vigente" ed "adottato", debbono applicarsi le norme di salvaguardia; in ogni caso ove si applicassero gli indici sopraindicati, le potenzialità edificabili del lotto sopradescritto risultano saturate dalla stato di fatto.
Recentemente è stata assunta l'istanza tendente ad effettuare nel fabbricato in narrativa lavori di "Risanamento conservativo e cambio di destinazione d'uso di una parte del porticato" che, in realtà, si sostanziano nel tamponamento del porticato privato per la realizzazione di n° 4 appartamenti.
A detta del Progettista, la legittimità dell'intervento afferisce dall'applicazione della normativa del R.E.T. emanato dalla Regione Marche (che i Comuni, compreso quello di Mondolfo, hanno dovuto obbligatoriamente far proprio) secondo cui, giusto l'art. 13, punto c., tra gli elementi che costituiscono la S.U.L. , e di conseguenza volume, sono compresi i porticati di uso privato.
A parere dello scrivente la norma suddetta applicata alle nuove costruzioni (a quelle cioè successive alla data dell'entrata in vigore del R.E.C. adeguato al R.E.T.) è del tutto legittima, pur si ritiene, altresì, che non sussistono problematiche di sorta per il tamponamento dei porticati privati ove, dalle verifiche istruttorie, risulti che l'area edificabile, in funzione dei parametri previsti dagli strumenti urbanistici, esprime potenzialità volumetriche residue, (situazione, per altro, in cui la fattispecie non rientra).
La norma, sempre a parere dello scrivente, risulta improponibile (e deleteria) ove questa venga applicata sui fabbricati costruiti antecedentemente al termine sopraccitato atteso che la retroattività (per la quale si nutrono dubbi di legittimità) comporterebbe il passaggio da volumi virtuali ed impalpabili ad incrementi volumetrici reali al di fuori di ogni logica di pianificazione.
Tutto ciò esposto e significato si chiede a Codesto spettabile Servizio di voler esprimere il proprio competente parere circa:
a) la possibilità, a mente delle disposizioni richiamate, di tamponare i porticati privati degli edifici esistenti antecedentemente all'entrato in vigore della norma dettata dal R.E.C. adeguato al R.E.T. ed, in caso affermativo, in quale percentuale (100% o 50%).
b) a quale categoria di lavori (rifacendosi, salvo altro, ai disposti dell'art. 31 della Legge n. 457/1978) deve in ogni modo, essere collocato il tamponamento dei porticati.” (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 09.05.2003 - link a www.provincia.ps.it).

EDILIZIA PRIVATAPARERE IN MERITO QUESITI RELATIVI AL RISPETTO DELLE DISTANZE NELLA EDIFICAZIONE IN AREA ASSOGGETTATA A PIANO DI LOTTIZZAZIONE E ALL'AMMISSIBILITA' DELLA RICOSTRUZIONE DI FABBRICATI PARZIALMENTE DEMOLITI.
Quesiti posti a questa Provincia dal Comune di SANT’AGATA FELTRIA con nota prot. n. 3094 del 23.05.2002, che qui di seguito si riporta:
"Quesito n. 1:
Il Comune di Sant'Agata Feltria ha ricevuto una richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato artigianale all'interno di una zona artigianale di tipo "D" soggetta a redazione di piano di lottizzazione.
Il richiedente, proprietario di n. 2 lotti contigui, intende costruire il fabbricato di cui sopra a confine dei lotti seppure il piano di lottizzazione preveda una distanza dai confini di ml. 5,00 e l'art. 13, comma 1, lett. p) del R.E.C. precisa che si intende come confine anche la linea di separazione che definisce i diversi lotti.
Si precisa che all'interno dell'area sono stati ricavati n. 10 lotti di cui 7 lotti di proprietà del Comune di Sant'Agata Feltria, poi alienati, e 4 lotti di proprietà privata.
Inoltre la convenzione del piano di lottizzazione prevede che questa possa essere realizzata per successivi stralci funzionali dove l'attuale stralcio abbia per oggetto i lotti di proprietà comunale; mentre i proprietari privati nel caso in cui procedessero all'esecuzione dei successivi stralci si obbligano a riconoscere al Comune di Sant'Agata Feltria la quota parte delle spese sostenute per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Il richiedente intende realizzare il fabbricato sul lotto facente parte del primo stralcio a confine con il lotto che dovrà fare parte degli stralci successivi.
Considerato quanto sopra, si invita l'ufficio competente dell'Amministrazione Provinciale di esprimere un proprio parere sulla questione.
Quesito n. 2:
Il Comune di Sant'Agata Feltria ha ricevuto richiesta per la ricostruzione di 2 fabbricati rurali ora parzialmente demoliti dei quali rimane in un caso le murature per l'altezza di circa ml. 1,00 (ricadente in zona edilizia C6 di espansione non lottizzata) mentre nell'altro caso sono presenti porzioni di muratura esterna che in alcune parti di presume abbiano un'altezza fino alla gronda ( ricadente in zona agricola). Si richiede:
- Se i proprietari abbiano comunque diritto di ricostruire il fabbricato ora parzialmente demolito;
- Quale documentazione eventualmente può essere inoltrata a comprovare la consistenza del fabbricato (documentazione fotografica, planimetrie catastali, vecchi progetti edilizi…..).
Considerato quanto sopra, si invita l'ufficio competente dell'Amministrazione Provinciale di esprimere un proprio parere sulla questione." (Provincia di Pesaro-Urbino, parere 05.12.2002 - link a www.provincia.ps.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTIGara d'appalto - Obbligo di sopralluogo - Lex specialis - Previsione del rilascio della relativa attestazione al legale rappresentante al procuratore o al direttore tecnico - In caso di rti non costituito - Obbligo del sopralluogo - Incombe su tutte le imprese del raggruppamento - Clausola ad applicazione vincolata - Dichiarazione di sopralluogo resa dalla mera capogruppo - Violazione principio par condicio - Esclusione - Va disposta.
Ritenuto in diritto:
In relazione al quesito posto dal Comune di Venosa, concernente la legittimità della scelta di escludere il costituendo raggruppamento concorrente per non aver prodotto l’attestazione di avvenuto sopralluogo nelle modalità prescritte dalla disciplina di gara, si precisa quanto segue.
E’ principio ormai consolidato, sia nelle pronunce dell’Autorità sia nelle sentenze del Giudice Amministrativo, quello per cui, nel rispetto del formalismo negli atti di gara, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nella disciplina di gara ne esige la puntuale esecuzione nel corso della procedura medesima. Ne consegue che qualora il bando di gara prescriva specifici adempimenti in capo ai concorrenti ai fini della partecipazione alla procedura e commini espressamente l’esclusione dalla gara in conseguenza della violazione di quelle medesime prescrizioni, l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione ad esse, restando preclusa all’interprete ogni valutazione circa la rilevanza dell’inadempimento, la sua incidenza sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento del bando (pareri n. 215 del 17.09.2008 e n. 262 del 17.12.2008).
Nel caso di specie, la lex specialis nel dettare le “Norme per la partecipazione alla procedura di gara” ha definito, tra l’altro, il contenuto necessario della Busta A, relativa alla documentazione amministrativa, prevedendo un elenco di documenti che i concorrenti devono allegare a pena di esclusione. Nel novero di tali documenti, al punto 7) si legge: “Dichiarazione (obbligatoria a pena di esclusione) di presa visione dei luoghi dove devono essere eseguiti i lavori, redatta esclusivamente secondo il modello denominato Allegato A3 – dichiarazione di presa visione dei luoghi – di seguito allegato quale parte integrante. La dichiarazione deve essere resa esclusivamente dal titolare, dal legale rappresentante, da un direttore tecnico della ditta concorrente o da una persona munita di apposita procura con la quale la stessa viene abilitata ad effettuare la presa visione dei luoghi o ad impegnare l’impresa nei modi e nelle forme di legge. In tal caso va esibita la relativa procura […] In caso di partecipazione di un raggruppamento temporaneo, la visita dei luoghi e quindi la relativa dichiarazione, deve essere effettuata da uno dei soggetti sopra indicati della sola impresa mandatario capogruppo, se tale raggruppamento è già formalmente costituito, al contrario da uno dei soggetti indicati di tutte le imprese che costituiranno formalmente il raggruppamento se lo stesso non è ancora formalmente costituito.”
Le prescrizioni contenute nella lettera d’invito sono pertanto chiare e puntuali nello stabilire che in caso di raggruppamento temporaneo non costituito la visita dei luoghi e la relativa dichiarazione debba essere effettuata dal titolare, dal legale rappresentante, da un direttore tecnico della ditta concorrente o da una persona munita di apposita procura, con la quale la stessa viene abilitata ad effettuare la presa visione dei luoghi o ad impegnare l’impresa nei modi e nelle forme di legge, di tutte le imprese che costituiranno formalmente il raggruppamento.
Pertanto, la stazione appaltante, di fronte ad una attestazione di sopralluogo presentata, in violazione delle prescrizioni della disciplina di gara, esclusivamente dal sig. Di Domenico, in proprio e in qualità di impresa capogruppo del costituendo raggruppamento, e non anche da parte dei soggetti legittimati dalla disciplina di gara in rappresentanza dell’impresa mandante del raggruppamento, è tenuta ad escludere il costituendo raggruppamento temporaneo Di Domenico – CO.BIT. S.r.l.
Diversamente opinando, si incorrerebbe, peraltro, nella violazione del principio di par condicio, oltre che del principio dell’autovincolo.
Solo qualora la disciplina di gara non avesse puntualmente prescritto a ciascuna impresa da associare la presentazione delle singole attestazioni relative alla presa visione dei luoghi, il provvedimento di esclusione sarebbe stato illegittimo (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza del 09.12.2008 n. 6057).
Appare, peraltro, inconferente la contestazione alla legittimità della clausola di cui al menzionato punto 7) della lettera di invito mossa dal raggruppamento temporaneo escluso rispetto al principio di favor partecipationis ed al divieto di aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241/1990.
Infatti, considerata la particolare importanza del sopralluogo in relazione alla formulazione dell’offerta, in quanto volto proprio a rafforzare il coinvolgimento del futuro appaltatore nella valutazione della prestazione richiesta e della situazione dei luoghi, al fine di prevenire eccezioni, riserve o ulteriori ostacoli nel corso dell’esecuzione contrattuale (in tal senso, cfr. Autorità, parere n. 2 del 16.01.2008, deliberazione n. 206 del 21.06.2007; TAR Lazio, Roma, sez. III- quater, sentenza n. 11075 del 08.11.2007 e Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 3729 del 07.07.2005), con la previsione di una siffatta clausola, lungi dall’aggravare il procedimento e dal violare il principio di favor partecipationis – che peraltro risulta in tal caso recessivo rispetto al principio di par condicio – la stazione appaltante ha inteso garantirsi la predisposizione di un’offerta seria da parte dei concorrenti e dunque ha voluto tutelare, in ogni caso, un superiore e specifico interesse pubblico.
In base a quanto sopra considerato
il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione disposta dal Comune di Venosa nei confronti del costituendo raggruppamento temporaneo Di Domenico – CO.BIT. S.r.l. è conforme alla disciplina in materia di contratti pubblici (parere 02.04.2009 n. 46 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Requisiti generali - Soggetti obbligatoriamente chiamati a dimostrarne la sussistenza ex art. 38 d.lgs. 163/2006 - Amministratori muniti di poteri di rappresentanza e direttori tecnici - Dichiarazioni sostitutive ex art. 38 d.lgs. 163/2006 - Regolare sottoscrizione e allegazione di copia fotostatica di documento di identità del dichiarante - Omissione - Esclusione - Legittimità.
Ritenuto in diritto:
Il quesito sottoposto all’Autorità attiene alla problematica concernente i soggetti obbligati a presentare le dichiarazioni di cui all’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006.
Al riguardo, l’Autorità ha avuto più volte occasione di precisare (cfr.: pareri n. 164 del 21.05.2008, n. 193 del 10.07.2008 e n. 5 del 15.01.2009) che la disposizione di cui all’articolo 38 indica in modo preciso i soggetti chiamati a dimostrare la sussistenza dei requisiti morali, individuandoli, per la fattispecie che rileva ai fini del presente parere, ovvero in caso di società per azioni, negli amministratori muniti del potere di rappresentanza e nel direttore tecnico.
La ratio della norma consiste, dunque, nella volontà che le dichiarazioni siano rese dagli interessati dal momento che il genere di dichiarazioni richieste costituisce frutto di informazioni su qualità personali e sulle relative vicende professionali e/o individuali dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza o dei direttori tecnici che, non necessariamente, possono essere a conoscenza del rappresentante legale dell’impresa, trattandosi di eventi (specie quelli connessi a procedimenti penali) che esulano da fattori rientranti nella organizzazione aziendale, in relazione ai quali, quindi, non può costituirsi un onere di conoscenza in capo al legale rappresentante della stessa.
Tanto premesso, occorre considerare la peculiarità della fattispecie prospettata dall’istante, che vede la dichiarazione ai sensi del menzionato articolo 38 sottoscritta esclusivamente dal Commissario Giudiziale e dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, in ossequio al provvedimento emesso dal Tribunale di Perugia, in data 15.07.2008, alla stregua del quale “ai commissari sono stati conferiti i poteri di ordinaria amministrazione, nonché di straordinaria amministrazione da esercitarsi su espressa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. […] E’ quindi il commissario che viene ad assumere, dal momento della notifica dell’ordinanza e pertanto dal momento della sua esecuzione, i poteri di amministrazione così come individuati nell’ordinanza medesima e conseguentemente i poteri di rappresentanza assumendo la responsabilità della gestione. […] Nell’ambito della problematica riguardante la prosecuzione di atti di gestione intrapresi dall’organo amministrativo prima dell’applicazione della misura cautelare in oggetto rientra la partecipazione a gare ed appalti, nonché l’esecuzione di gare e appalti già vinti. In riferimento a tale aspetto, […] è utile prevedere la doppia firma del Legale Rappresentante della società, in carica prima dell’applicazione della misura cautelare, e del Commissario unico soggetto in questo momento abilitato a rappresentare la società per tutti gli atti legati all’esecuzione di attività sorte precedentemente alla nomina del Commissario stesso.”
Dai richiamati contenuti del provvedimento giudiziale consegue che, ai fini della presentazione della dichiarazione ai sensi dell’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006, il Commissario Giudiziale ha il potere di rappresentanza ed è, dunque, legittimato a sottoscrivere la dichiarazione sostitutiva di cui al modello Allegato 2B, insieme al Presidente del Consiglio di Amministrazione, in qualità di legale rappresentante della società prima dell’emissione del provvedimento cautelare, trattandosi di attività sorta precedentemente alla nomina del Commissario.
Tuttavia, tale documento costituisce dichiarazione sostituiva esclusivamente per i profili concernenti il possesso dei requisiti generali in capo al Commissario Giudiziale e al Legale Rappresentante, unici sottoscrittori dell’atto, ai quali, pertanto, può essere imputata la dichiarazione medesima. Tale dichiarazione, invece,
non può estendersi anche ai profili concernenti il possesso dei requisiti generali dei direttori tecnici e del consigliere delegato, i quali, pur avendo dichiarato il possesso dei requisiti ex articolo 38, comma 1, lettere b) e c), non hanno sottoscritto la relativa dichiarazione.
Infatti, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 445/2000 le dichiarazioni sostitutive per essere valide devono essere sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto, ovvero sottoscritte e presentate unitamente alla copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore.
Entrambi gli elementi, sottoscrizione e copia fotostatica del documento di identità, sono volti a comprovare l’imprescindibile nesso di imputabilità della dichiarazione ai soggetti che la sottoscrivono. Ne consegue che una dichiarazione, come quella prodotta nel caso di specie, priva di uno di tali elementi necessari prescritti dall’ordinamento non è conforme alla normativa in materia di documentazione amministrativa, con l’effetto che il concorrente che l’ha prodotta deve essere escluso dalla procedura di gara.
Né la peculiarità del caso di specie e gli specifici contenuti del provvedimento emesso dal Tribunale di Perugia possono giustificare una deroga al richiamato principio generale in materia di contratti pubblici per cui tutti i soggetti indicati nell’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006 sono obbligati a rendere le dichiarazioni relative al possesso dei requisiti di ordine generale.
Ferme restando tali considerazioni, non può non tenersi conto del fatto che, nelle more del presente procedimento, il Tribunale di Perugia ha emesso nei confronti della società un provvedimento di divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo di otto mesi. Tale circostanza impedisce, in ogni caso, che la società S.E.A.S. S.p.A. possa essere ammessa alle successive fasi della procedura di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la dichiarazione sostitutiva presentata dalla società S.E.A.S. S.p.A., ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettere b) e c) del D.Lgs. n. 163/2006, non è conforme alla normativa in materia di contratti pubblici (parere 02.04.2009 n. 44 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICIAppalti di ll.pp. qualificazione - Rti di tipo orizzontale costituito da due imprese - Applicazione in combinato disposto art. 37 comma 13 d.lgs. 163/2006, art. 93 comma 4, art. 95 dpr 554/1999 e art 3 del dpr n. 34/2000 - Obbligo di possesso maggioritario dei requisiti da parte della mandataria - Indicazione in sede di gara delle rispettive quote di partecipazione - Onere del rti - Vale anche in assenza di espressa previsione nel bando - Eterointegrazione automatica ex art. 37 c. 3 e 13 dlgs 163/2006.
Ritenuto in diritto:
In relazione alla prima questione controversa sottoposta a questa Autorità, concernente la presunta illegittimità del provvedimento di esclusione disposto dall’Autorità Portuale di Palermo nei confronti del raggruppamento temporaneo di imprese Electron Italia S.r.l. – Global Security Systems per il mancato possesso dei requisiti di partecipazione nella misura prescritta dal bando di gara, si precisa che la questione attiene al possesso dei requisiti di partecipazione nella particolare ipotesi di un raggruppamento di tipo orizzontale costituito esclusivamente da due imprese.
Al riguardo occorre premettere quanto segue, al fine di individuare la specificità della fattispecie in questione.
E’ principio consolidato in giurisprudenza in materia di requisiti di partecipazione delle associazioni temporanee di imprese quello per cui sussiste una sostanziale coincidenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione al raggruppamento e percentuale di ripartizione nella esecuzione dei lavori, in ossequio al combinato disposto dell’articolo 37, comma 13, del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m., e dell’articolo 95 del D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e s.m.
Con specifico riferimento ai raggruppamenti di tipo orizzontale, l’articolo 95, comma 2, del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. prevede che i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal bando per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria nelle misure minime del 40% e che la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandanti ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento; è inoltre necessario che l’impresa mandataria in ogni caso possieda i requisiti in misura maggioritaria.
Proprio con specifico riguardo al possesso maggioritario dei requisiti da parte della mandataria, il citato ultimo periodo dell’articolo 95, comma 2, come precisato nel parere n. 236 del 05.11.2008, deve essere inteso con riferimento ai requisiti minimi richiesti per la partecipazione allo specifico appalto, in relazione alla classifica posseduta risultante dall’attestazione SOA e spesa ai fini dell’esecuzione dei lavori e non in assoluto. Non è pertanto consentito che, al fine di dimostrare da parte dell’associazione temporanea il possesso del 100% dei requisiti minimi, una mandante abbia una quota di importo superiore o uguale a quello della mandataria, rinvenendosi la ratio della norma nell’esigenza di assicurare che la mandataria sia effettivamente e non astrattamente il soggetto più qualificato in rapporto all’importo dei lavori a base d’asta.
In particolare, il criterio di verifica della misura maggioritaria non si identifica nel contributo potenziale della capogruppo alla copertura del requisito (cioè nella capacità della mandataria di assumere una quota dei lavori appaltati, da valutare sulla scorta delle qualificazioni da esse possedute), bensì occorre valorizzare il principio di corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quella di esecuzione dei lavori desumibile dal combinato disposto dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 163/2006, degli articoli 93, comma 4 e 95 del D.P.R. n. 554/1999 e dell’articolo 3 del D.P.R. n. 34/2000.
In altri termini, per la verifica dell’osservanza dell’articolo 95, comma 2, D.P.R. n. 554/1999 occorre unicamente fare riferimento alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese raggruppate ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara e tale misura è esattamente segnata dalle rispettive quote di partecipazione.
Ne deriva che, qualora al raggruppamento temporaneo partecipano due sole imprese, l’aggettivo maggioritario –che connota la percentuale del possesso dei requisiti della capogruppo– indica che la mandataria deve spendere nella specifica gara una qualifica superiore al 50% dell’importo dei lavori e, quindi, maggiore dell’altra associata, perché solo in tal modo essa potrà possedere anche una qualifica superiore a quella del suo unico associato: la capogruppo deve così partecipare nella misura almeno del 50% più uno dell’importo dei lavori (in tal senso, cfr. anche CGA, sez. giur., sentenza n. 306 dell’11.04.2008; TAR Sardegna, sez. I, sentenza n. 1181 dell’11.06.2008).
Nel caso di specie, pertanto, il costituendo raggruppamento temporaneo, avendo dichiarato che le quote di attività erano ripartite al 50% tra le parti e, conseguentemente, riportato per entrambe le società l’attribuzione ed il possesso al 50% delle categorie richieste, per le ragioni sopra esposte non può ritenersi qualificato per la partecipazione alla gara. In tal modo, infatti, il suddetto raggruppamento viola la citata disposizione del Regolamento, che impone alla mandataria il possesso maggioritario dei requisiti minimi prescritti dalla lex specialis, non raggiungendo il 50% più uno, previsto dall’ordinamento.
Ne consegue che la violazione della richiamata normativa generale in materia di raggruppamenti orizzontali rappresenta, di per sé, motivo di esclusione del raggruppamento concorrente, a prescindere dalla specifica motivazione indicata a supporto del provvedimento di esclusione dalla stazione appaltante durante le operazioni di gara.
In relazione alla seconda questione controversa sottoposta a questa Autorità, concernente la legittimità della mancata indicazione delle quote di partecipazione di un raggruppamento temporaneo di imprese in sede di partecipazione alla procedura di gara, si precisa quanto segue.
L’Autorità ha più volte avuto modo di chiarire che è onere dell’associazione temporanea di imprese indicare nella domanda di partecipazione, ovvero nella dichiarazione nella quale le imprese rappresentano all’Amministrazione l’intendimento a costituire un’associazione temporanea di imprese, le relative quote di partecipazione, precisando altresì che tale adempimento sussiste anche qualora non vi sia un’esplicita indicazione in tal senso nel bando di gara, che deve intendersi integrato dalla inderogabile previsione di cui all’articolo 37, commi 3 e 13, del D.Lgs. n. 163/2006 (in tal senso, cfr. parere n. 124 del 22 novembre 2007).
Considerato che per la verifica dell’osservanza del possesso in capo all’associazione temporanea dei requisiti minimi di partecipazione occorre fare riferimento alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese raggruppate ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara e che tale misura è esattamente segnata dalle rispettive quote di partecipazione al raggruppamento, la verifica dei suddetti requisiti in relazione alle singole quote di partecipazione deve effettuarsi in fase di controllo dell’ammissibilità delle offerte. Dal momento che i plichi contenenti le offerte economiche vengono aperti successivamente alle verifiche sopra indicate, è onere dell’associazione temporanea di imprese indicare nella domanda di partecipazione, ovvero nella dichiarazione nella quale rappresentano all’Amministrazione l’intendimento di costituire un raggruppamento temporaneo, le rispettive quote di partecipazione (in tal senso, cfr. parere n. 52 del 17.10.2007, nonché Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5260 del 09.10.2007, sentenza n. 3873 del 20.08.2008; sez. VI, sentenza n. 416 dell’08.02.2008).
Fermo restando, dunque, che è principio consolidato in materia di contratti pubblici -e, pertanto, suscettibile di applicazione anche al caso di specie- la sussistenza dell’onere in capo alle imprese che costituiscono un raggruppamento temporaneo di indicare nella domanda di partecipazione le relative quote di partecipazione, si rileva, altresì, che nella fattispecie in questione è proprio la lex specialis a prevedere una specifica prescrizione al riguardo, corredandola espressamente della sanzione dell’esclusione.
Infatti, al cui punto “4.1.) del bando “Situazione personale degli operatori, requisiti di partecipazione e condizioni minime di carattere tecnico-economico” si legge: “Per le associazioni temporanee di imprese e per i consorzi di tipo orizzontale i requisiti economico finanziari e tecnico organizzativi richiesti nel presente bando devono essere posseduti, nella misura di cui all’articolo 95, comma 2, del D.P.R. n. 554/1999 e nella misura di cui all’articolo 95, comma 3, del medesimo D.P.R. per A.T.I. e consorzi di tipo verticale. L’impegno di costituire A.T.I. o il raggruppamento, al fine di garantirne l’immodificabilità ai sensi dell’articolo 37, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006, deve specificare il modello, se orizzontale, verticale, misto ed anche se vi sono imprese cooptate, nonché le parti dell’opera secondo le categorie del presente bando che verranno eseguite da ciascuna associata ai sensi del’articolo 95, comma 4, del D.P.R. n. 554/1999. La mancata indicazione dei suddetti elementi relativi alle forme di associazione, salvo che questi possano essere ricavati con immediatezza e senza incertezze dalla qualificazione delle imprese associate, costituisce motivo di esclusione dalla gara.”
Ne consegue che, vista la chiarezza e puntualità delle prescrizioni contenute nel bando e considerato che è principio ormai consolidato, sia nelle pronunce dell’Autorità sia nelle sentenze del Giudice Amministrativo, quello per cui, nel rispetto del formalismo negli atti di gara, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nella disciplina di gara ne esige la puntuale ed incondizionata esecuzione nel corso della procedura medesima (pareri n. 215 del 17.09.2008 e n. 262 del 17.12.2008), l’Autorità Portuale di Palermo ha correttamente disposto l’esclusione del raggruppamento I & SI – Ingegneria & Software Industriale S.p.A. in esecuzione delle disposizioni di gara cui si era autovincolata.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- il costituendo raggruppamento temporaneo Electron Italia S.r.l. – Global Security Systems non può essere ammesso alle successive fasi del procedimento di gara, perché privo dei requisiti minimi prescritti dal bando;
- l’esclusione disposta dalla stazione appaltante nei confronti del raggruppamento I & SI – Ingegneria & Software Industriale S.p.A. è conforme alla normativa di settore
(parere 02.04.2009 n. 43 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Bando di gara - Lex specialis - Applicazione formale e vincolata.
Appalti di servizi - Requisiti di partecipazione - Capacità tecnico-organizzativa - Requisiti limitativi della partecipazione alla gara - Fattispecie.

Ritenuto in diritto:
Per la definizione della questione oggetto della controversia in esame, occorre, preliminarmente, rilevare che l’avviso di gara per l’affidamento del servizio di informatizzazione di cui trattasi, all’art. 6. lett. d.1), con specifico riguardo ai “Requisiti di capacità tecnica e professionale”, ha espressamente richiesto “consolidata esperienza nelle materie oggetto della gara -e delle problematiche ad esse relative- nell’ambito della Pubblica Amministrazione Locale. In particolare, il concorrente dovrà aver effettuato, nell’ultimo triennio prestazioni e forniture analoghe a quelle richieste dal C.S.A. in favore di almeno una Provincia o Comune (o entità amministrative simili per i paesi europei) di almeno 150.000 abitanti ovvero almeno tre Comuni di cui, almeno uno, con più di 75.000 abitanti”.
La clausola dell’avviso descrive, dunque, in modo chiaro ai partecipanti alla gara gli enti in favore dei quali il concorrente dovrà aver effettuato, nell’ultimo triennio, le prestazioni e forniture analoghe a quelle richieste dal Capitolato Speciale d’Appalto, individuando l’ambito della Pubblica Amministrazione Locale, in modo preciso e tassativo, nella Provincia o in uno o più Comuni con un determinato numero di abitanti o in entità amministrative simili per i paesi europei.
Inoltre, il mancato possesso dei requisiti minimi di partecipazione prescritti è inequivocabilmente sanzionato dall’avviso con l’esclusione dalla gara, pertanto la Commissione, escludendo il raggruppamento istante, ha correttamente applicato la lex specialis, non consentendo la partecipazione alla procedura in oggetto di concorrenti che abbiano effettuato prestazioni analoghe in favore di enti diversi da quelli chiaramente indicati dall’avviso stesso.
Infatti, secondo il principio del formalismo negli atti di gara, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel regolamento di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo, cui compete l’attuazione delle regole stabilite nel bando, residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento. E quindi, qualora il bando commini espressamente -come nel caso di specie- l’esclusione dalla gara in conseguenza di determinate prescrizioni, l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a dette prescrizioni, restando preclusa all’interprete ogni valutazione circa la rilevanza dell’inadempimento, la sua incidenza sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento del bando.
Si rileva, tuttavia, che, a prescindere dalla correttezza formale dell’operato della Commissione, la clausola dell’avviso di cui si controverte, appare indebitamente limitativa dell’accesso alla procedura di gara di cui trattasi, nella misura in cui crea un nesso imprescindibile tra l’affidabilità del futuro contraente in termini di capacità tecnica e la peculiare natura giuridica dei destinatari di prestazioni analoghe a quella richiesta dal Capitolato Speciale di Appalto, impedendo in questo modo la partecipazione a soggetti che, come il costituendo raggruppamento istante, abbiano effettuato prestazioni analoghe in favore di enti diversi da quelli puntualmente indicati dall’avviso di gara (Comune e Provincia).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dalla gara del costituendo raggruppamento tra l’impresa DELTADATOR S.p.A. (capogruppo) e le imprese SINCON s.r.l. e SVIM SERVICE S.p.A (mandanti) è conforme alla lex specialis, ma la clausola dell’avviso di cui si controverte, causa dell’esclusione, appare indebitamente limitativa dell’accesso alla procedura di gara (parere 02.04.2009 n. 42 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZIContratti della p.a. - Affidamento servizi parascolastici a cooperative sociali - Cooperativa affidataria - Deve risultare iscritto all'albo regionale - Omessa dimostrazione requisito - Esclusione - Legittimità.
Ritenuto in diritto:
Ai fini della risoluzione della questione oggetto della controversia, occorre evidenziare che il bando di gara, nell’art. 4, lett. a) “Documenti richiesti per l’ammissione alla gara”, al punto 2) richiedeva espressamente una “Dichiarazione resa dal Legale Rappresentante ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, in cui la ditta attesta…b) l’iscrizione all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali di cui alla L.R. 85/1994 alla sezione A o B, in caso di partecipazione di CONSORZI TRA COOPERATIVE, iscrizione alla sezione C”.
Proprio in considerazione di tale clausola del bando, la cooperativa sociale istante Eurotrend Assistenza s.c. a r.l., come riferito in atti, ha dichiarato nell’istanza di partecipazione alla gara di essere in possesso del suddetto requisito, chiaramente prescritto dal bando ai fini dell’ammissione alla gara in oggetto, ma poi non ha fornito, in sede di verifica del possesso del requisito autocertificato, le necessarie prove della dichiarata iscrizione all’Albo Regionale di cui alla L.R. dell’Abruzzo n. 85/1994. Né può ritenersi idonea a tal fine l’esibizione del certificato di iscrizione ad un Albo Regionale diverso da quello dichiarato in sede di gara ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000.
La Commissione giudicatrice, pertanto, ha correttamente disposto l’esclusione della cooperativa sociale Eurotrend Assistenza s.c. a r.l., ritenendo la stessa priva di un requisito di partecipazione espressamente richiesto dalla lex specialis, in modo chiaro e non equivoco, al fine dell’ammissione alla gara.
Si rileva, altresì, che anche il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia, ha ritenuto legittima l’esclusione da un procedura per l’affidamento di un appalto di servizi sociali, di una cooperativa sociale che non abbia fornito indicazioni e prove circa l’effettiva iscrizione all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali, tassativamente richiesto dalla normativa di gara, quale requisito minimo di partecipazione, ritenendo, pertanto, non lesiva dei principi vigenti in materia la richiesta, da parte di una stazione appaltante, dell’iscrizione ad uno specifico Albo Regionale ai fini della partecipazione alla gara (cfr.: Cons. Stato, sez. V, 02.02.2009, n. 558, con specifico riguardo alla mancata comprova del prescritto “requisito dell’iscrizione all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali di cui all’art. 2, comma 2, lettera a) sezione A della L.R. Piemonte 09.06.1994, n. 18”).
Stante il carattere assorbente del motivo sopra esaminato, si rende superfluo l’esame della fondatezza delle altre censure contenute nell’istanza in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dalla gara della cooperativa sociale Eurotrend Assistenza s.c. a r.l. è conforme alla lex specialis della gara nonché alla normativa di settore (parere 02.04.2009 n. 40 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Requisiti di partecipazione - Fissazione da parte della s.a. - Rispetto principi proporzionalità, ragionevolezza, logicità par condicio fra i concorrenti - Necessità - Fissazione di un requisito di capacità tecnica che prevede l'onere di dimostrare una percentuale non inferiore al 30%, 40%, 50% della base d'asta per uno, due o tre servizi della stessa tipologia - Carattere non incongruo né sproporzionato.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità evidenziato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, che la stazione appaltante può fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza (cfr. per tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n. 188).
La ragionevolezza dei requisiti non deve essere valutata in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto ed alle specifiche peculiarità dell’oggetto della gara.
Il caso in esame riguarda l’affidamento del servizio di pubblicazione di avvisi legali su testate di quotidiani nazionali e locali il cui importo a base d’asta è pari a euro 2.400.000,00 con una durata di anni due. La fissazione di un requisito di capacità tecnica così come descritto in fatto e che prevede in capo all’impresa la dimostrazione di aver eseguito la percentuale non inferiore al 30%, 40% e 50% dell’importo a base d’asta per uno, due o tre di servizi della stesa tipologia, non risulta essere requisito sproporzionato, o irragionevole.
Peraltro, come correttamente osservato dalla stazione appaltante, il requisito di cui si discute, è previsto dall’art. 18 del D.P.R. n. 34/2000, che lo ha previsto quale requisito di ordine speciale nei lavori, per dimostrare nel settore dei lavori pubblici la capacità di natura tecnica.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il requisito di capacità tecnica previsto nella documentazione della gara in esame risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 02.04.2009 n. 39 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATAIl silenzio serbato su un'istanza di sanatoria edilizia integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di concludere con provvedimento esplicito la richiesta del privato.
Osserva il Collegio che, pur essendo a conoscenza di diversi orientamenti giurisprudenziali (cfr. TAR Campania Napoli sez. VI 16.09.2008 n. 10221), che qualificano il silenzio serbato a seguito dell’istanza ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, quale provvedimento negativo, che deve essere, pertanto, censurato attraverso un giudizio impugnatorio negli stretti termini decadenziali tipici del ricorso dinanzi al giudice amministrativo, non vi sono motivi per discostarsi dall’orientamento già espresso dalla Sezione in materia (cfr., “ex plurimis”, TAR Lazio Roma, sez. II, 03.01.2008, n. 8), atteso che, per giurisprudenza consolidata della stessa, il silenzio serbato –come nella fattispecie in esame- integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di concludere con provvedimento esplicito la richiesta del privato. Infatti, il rifiuto di provvedere, senza alcuna giustificazione, si risolve in una grave limitazione del diritto di difesa del cittadino (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 24.04.2009 n. 4087 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 45 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo indiretto - Imposizione - Discrezionalità amministrativa - Limiti - Motivazione.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004, volto a proteggere la “cornice” del bene culturale, che non di rado è parte integrante del suo fascino e della sua bellezza, può assumere il più vario concreto contenuto, dato che può prescrivere, in base alla lettera della legge, “distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali pacificamente si comprende l’inedificabilità di certe aree o le altezze massime dei fabbricati da realizzare in prossimità del bene tutelato. Data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di “prospettiva”, “luce”, “ambiente” e “decoro”, che potrebbe assumere ampiezza ed intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la posizione di privati, la discrezionalità amministrativa nell’imposizione del vincolo soggiace ai limiti della logicità, ragionevolezza e proporzionalità; il provvedimento impositivo deve inoltre essere sorretto da una motivazione particolarmente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del sacrificio delle posizioni dei privati coinvolti nella definizione del rapporto in questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 24.04.2009 n. 2161 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Raggruppamento temporaneo di imprese - Mandato collettivo speciale - Dichiarazione indefettibile a pena di esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n. 163/2006.
L’art. 37, comma 8 del D.Lgs. n. 163 del 2006 impone un preciso impegno, da assumere in sede di offerta, per i soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del medesimo decreto: quello di rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del Raggruppamento per il caso di aggiudicazione: trattasi di un requisito generale (ed indefettibile) per la partecipazione alle gare dei raggruppamenti (Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n. 623/2004), che non richiede una espressa menzione negli atti inditivi delle gare (in questi termini, da ultimo, TAR Lazio, III-quater, n. 106/2009).
Questo impegno deve formare oggetto di una espressa dichiarazione, non sostituibile con altre dichiarazioni, e pertanto non desumibile aliunde dalla documentazione dei concorrenti: una dichiarazione, cioè, indefettibile a pena di esclusione, non passibile di integrazione, pena la violazione del principio della par condicio (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 284 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Provvedimento di localizzazione di una discarica - Comune interessato - Legittimazione all’impugnazione - Presupposti - Pregiudizio effettivo.
In materia di smaltimento di rifiuti la legittimazione all'impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica viene normalmente riconosciuta ai Comuni nel cui territorio l'impianto dovrebbe essere collocato subordinatamente alla dimostrazione di un effettivo pregiudizio che detta discarica sarebbe in grado di arrecare nell’ambito territoriale di rispettiva competenza (cfr. Cons. St., Sez. V, 02.10.2006 n. 5713 e Cons. St., V, 14.04.2008, n. 1725). A maggior ragione, anche i Comuni viciniori devono fornire elementi concreti atti a dare prova della idoneità della discarica a produrre disagi e conseguenze negative sulla salute della popolazione (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 280    (link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Avvalimento - Art. 49, c. 2, lett. a) d.lgs. n. 163/2006 - Controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione - Specificazione dettagliata di tutti i requisiti di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2 lett. a), del D.Lgs. n. 163/2006 deve essere interpretato coerentemente con la ratio, sottesa alla normativa in tema di controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione (art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della agevole verificazione, da parte della stazione appaltante, di quanto dichiarato in sede di gara, soprattutto quando i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo risultino distribuiti tra impresa concorrente ed impresa ausiliaria. Ne discende che la specificazione dei requisiti, contenuta nella dichiarazione di avvalimento, non può essere resa per il tramite di un generico rinvio a tutti i requisiti “economico finanziari e tecnico organizzativi necessari per la partecipazione alla gara”, ma deve indicare, in maniera dettagliata, i singoli requisiti (fatturato globale, fatturato specifico, risorse organizzative ed umane) di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi; ciò al fine di consentire un efficace controllo incrociato sul possesso dei requisiti nei confronti sia della ditta concorrente sia di quella ausiliaria (cfr. in tal senso TAR Piemonte, Sez. II, 17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai partecipanti - Istituto della regolarizzazione postuma - Applicabilità - Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma degli atti prodotti dai partecipanti alla gara è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati presentati, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante o fisicamente incompleta, risolvendosi in caso contrario in una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che abbiano invece puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis (cfr. TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n. 846; TAR Trentino Alto Adige Trento, 04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro, Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 23.04.2009 n. 2148 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: AREE PROTETTE - Protezioni degli habitat naturali - Zone speciali di conservazione (ZSC) - Procedimento di classificazione - Rete ecologica denominata «Natura 2000» - Obiettivi di conservazione - Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat», disciplina un procedimento di classificazione dei siti naturali in zone speciali di conservazione (ZSC), procedimento che deve tra altro consentire, come risulta dall'art. 3, n. 2, della medesima direttiva, la realizzazione di una rete ecologica europea coerente di ZSC, denominata «Natura 2000», che è formata da siti in cui si trovano tipi di habitat naturali e habitat delle specie figuranti nell'allegato I e rispettivamente nell'allegato II della detta direttiva e che deve garantire il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale (v., in questo senso, sentenza 7/11/2000, causa C-371/98, First Corporate Shipping). Sicché, la decisione controversa, la quale contempla una serie di territori classificati come siti di importanza comunitaria al fine di consentire la realizzazione della detta rete «Natura 2000», ha, nei confronti di ogni interessato, una portata generale in quanto si applica a tutti gli operatori che, a qualsivoglia titolo, esercitano o possono esercitare, sui territori considerati, attività che possono mettere a repentaglio gli obiettivi di conservazione perseguiti dalla direttiva habitat.
Si deve tuttavia ricordare che il fatto che una disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità degli operatori economici interessati, non esclude che essa possa tuttavia interessare individualmente taluni di essi (v., in tal senso, sentenze 18/05/1994, causa C-309/89, Codorniu, nonché 22/06/2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgique et Forum 187/Commissione). Pertanto, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l'atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di un gruppo ristretto di operatori economici (v. sentenza 13/03/2008, causa C-125/06 P, Commissione/Infront WM).
AREE PROTETTE - Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica boreale adottato con decisione della Commissione - Obiettivi di conservazione - Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat», disciplina il procedimento di classificazione dei siti naturali in zone speciali di conservazione (ZSC), tuttavia, la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l'identità dei soggetti di diritto ai quali si applica il provvedimento non comporta affatto che questi soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da questo provvedimento, purché sia assodato, come nel caso di specie, che tale applicazione viene effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall'atto in esame (sentenza 22/11/2001, causa C-451/98, Antillean Rice Mills/Consiglio, nonché ordinanza 25/04/2002, causa C-96/01 P, Galileo e Galileo International/Consiglio - 08/04/2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione) (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. II, sentenza 23.04.2009 causa C-362/06 P - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Se una costruzione, la cui area di sedime coincide con il mappale su cui insiste, per essere stata censita nel 1858 possa essere considerata costruzione preesistente, la cui volumetria debba essere computata in quella assentibile secondo l’indice di densità fondiaria in vigore.
La densità territoriale è riferita a ciascuna zona omogenea e definisce il complessivo carico di edificazione che può gravare sulla stessa, con la conseguenza che il relativo indice è rapportato sia all’intera superficie sottoposta alla medesima vocazione urbanistica sia alla concreta insistenza di costruzioni.
Perché il computo rispecchi la realtà effettuale non rileva certo la sussistenza o meno del prescritto titolo autorizzatorio o abilitativo all’intervento edilizio, ma la reale situazione dei luoghi con il carico di edificazione in concreto accertato.
Non può d’altronde dubitarsi che qualsiasi costruzione, anche se eretta senza il prescritto titolo, concorra al computo complessivo della densità territoriale (C.d.S., IV, 26.09.2008, n. 4647; IV, 29.07.2008, n. 3766; IV, 12.05.2008, n. 2177; IV, 11.12.2007, n. 6346; V, 27.06.2006, n. 4117; V, 12.07.2005, n. 3777: V, 12.07.2004, n. 5039; IV, 06.09.1999, n. 1402).
La determinazione della volumetria consentita in un’area deve pur sempre tener conto del dato reale, di come, cioè, gli immobili si trovano e delle relazioni che intrattengono con l’ambiente circostante in virtù del complesso di effetti riconducibili ad atti di soggetti pubblici e privati nonché a fatti della più varia natura, ma idonei, in ogni caso, ad incidere sull’edificabilità.
    (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 23.04.2009 n. 3  - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASe alla D.I.A. si applichi l’istituto della decadenza previsto per il permesso di costruire dall’art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001, in base al quale “Il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”.
In base ad una analisi logico sistematica del D.P.R. n. 380 del 2001, in assenza di una specifica previsione normativa, deve ritenersi possibile anche alla D.I.A. l’applicazione degli istituti previsti per il permesso di costruire, in quanto entrambi gli istituti hanno in comune la natura di “titoli edilizi” e secondariamente alla luce dei poteri che il legislatore ha previsto in capo alle Amministrazioni deputate al controllo degli interventi posti in essere con la D.I.A..
Il Collegio premette che, al fine di decidere la fattispecie oggetto di gravame, non è necessario assumere posizione in ordine alla natura giuridica della D.I.A (provvedimentale o dichiarazione del privato), considerato che tale vexata quaestio non incide sull’esercizio del potere inibitorio che l’Amministrazione può esercitare nel corso dei 30 giorni dalla denuncia, né sui poteri di autotutela che è legittimata ad esercitare una volta spirato il suddetto termine.
Il Collegio ritiene di aderire all’orientamento di quella parte della giurisprudenza alla luce del quale, nonostante il richiamo specifico dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, che disciplinano la revoca e l’annullamento d’ufficio, il potere dell’Amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela che la suddetta norma fa salvo, non si esaurisce nell’utilizzazione dei suddetti istituti, ma deve intendersi comprensivo di tutte le iniziative che l’Amministrazione è legittimata ad assumere per ristabilire, nel pubblico interesse, la legalità violata, compresa, quindi, la decadenza, come sostenuto da parte resistente.
La giurisprudenza ha, d’altro canto, già ritenuto applicabile alla D.I.A. edilizia l’art. 31, comma 11 della legge n. 1150 del 1942, avente lo stesso contenuto del citato art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto espressione dei permanenti poteri di vigilanza che, nel pubblico interesse, sono attribuiti all’Amministrazione in ordine all’esecuzione dell’opera autorizzata ed ai sensi dell’art. 4, comma 10 del D.L. 05-10-1993 n. 398, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 04.12.1993, n. 493 che recita: “L'esecuzione delle opere per cui sia esercitata la facoltà di denuncia di attività ai sensi del comma 7 è subordinata alla medesima disciplina definita dalle norme nazionali e regionali vigenti per le corrispondenti opere eseguite su rilascio di concessione edilizia” (TAR Lombardia, Brescia, ord. n. 27/2003, giurisprudenza alla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 983 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 15 d.p.r. n. 380/2001 - Decadenza del permesso di costruire - Ipotesi - Limiti tassativi - Disciplina civilistica - Assimilabilità al vizio funzionale della causa.
La decadenza del permesso di costruire è regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede due ipotesi: un primo caso per il decorso dei termini indicati nel titolo assentito; una seconda specie per il sopravvenire di previsioni urbanistiche contrastanti con il permesso di costruire. L’opinione interpretativa prevalente tende, quindi, a ritenere che il legislatore abbia voluto consentire la decadenza solo nei due casi sopra indicati, da intendersi come limiti tassativi di applicabilità dell’istituto.
La decadenza postula, quindi un titolo valido ab inizio ed una sopravvenienza che incide sul rapporto. Tale fattispecie può assimilarsi al vizio funzionale della causa del negozio giuridico nella disciplina civilistica, che si differenzia dal vizio genetico della causa che ricorre quando l’atto nasce viziato ab origine (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 981 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi su beni vincolati - Condono - Artt. 32 e 33 L. n. 47/1985 - Art. 32 D.L. n. 269/2003 - Coordinamento - Vincolo di inedificabilità relativa o assoluta.
Le disposizioni degli artt. 32 e 33 della legge n.47 del 1985, da un lato, e dell’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del 2003, dall’altro, devono essere correlate tenendo presente che gli uni contemplano le condizioni che consentono il condono di un abuso, l’altro contempla invece condizioni nelle quali l’abuso non può essere condonato.
Il combinato disposto dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 32, comma 27, lett. D), del d.l. n. 269 del 2003 comporta quindi che un abuso commesso su un bene vincolato può essere condonato, a meno che non ricorrano, insieme, l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere, la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio, la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Se una di tali condizioni non ricorre (ad esempio la difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici), l’abuso realizzato su un immobile soggetto ad un vincolo di inedificabilità relativa sfuggirà alla disciplina dell’eccezione regolata dall’art. 32, comma 27, lett. D), citato (cioè alla non condonabilità) e sarà invece assoggettato alla disciplina generale dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, sicché sarà condonabile anche (ad esempio) l’abuso realizzato dopo la imposizione del vincolo (sempre in presenza delle condizioni previste dal citato art. 32 della legge n. 47 del 1985).
Più semplice è il coordinamento fra l’art. 33 della legge n. 47 del 1985 e l’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del 2003, dato che la realizzazione di un abuso in area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, dopo l’imposizione del vincolo stesso, importa la non condonabilità dello stesso, ai sensi dell’art. 33. E’ pertanto irrilevante la sussistenza o meno delle altre condizioni contemplate dall’art. 32, comma 27, lett. D) citato (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 22.04.2009 n. 738 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica - Provvedimento conclusivo - natura - Atto di indirizzo politico - Esclusione - Atto di natura gestionale - Competenza dirigenziale.
Il procedimento di bonifica, per sua natura, è attività di contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 11.10.2007, n. 1278). Ne consegue che il provvedimento di approvazione della conferenza di servizi deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di natura gestionale, la cui competenza è attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione procedente non può infatti che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche della conferenza di servizi.
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Allegato III al Titolo V - Protocolli operativi - Previsioni normative funzionali - Obiettivo - Isolamento delle sorgenti di inquinamento dagli obiettivi sensibili - Misure da adottare - Discrezionalità amministrativa.
L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240, lett. 0), del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente. Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire. Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili. Deve, quindi ritenersi che tale disciplina lasci all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli stessi.
INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n. 152/2006 - Scansione procedimentale - Mancata approvazione dell’analisi di rischio - Prescrizioni per la messa in sicurezza - Possibilità.
Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006 prevede una scansione procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato.
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico - Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità.
Secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato -materiale e temporale- tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 07.09.2004, in causa C-103 Van de Walle e a.).
Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale -sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario- ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante.
Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi. Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 21.04.2009 n. 549 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Normativa antisismica.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria sono diverse, sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.04.2009 n. 16299 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 - Segnalazione di una sola famiglia - Sufficienza - Intervento a tutela della salute pubblica - Potestà regolatoria comunale.
L’esercizio del potere di ordinanza di cui all’art. 9 della l. n. 447/1995 è legittimo anche allorché l’ordinanza sia adottata a seguito delle segnalazioni e degli esposti di una sola famiglia (TAR Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819). Ed invero, la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia, o anche di una sola persona (TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 08.06.2006, n. 3340). Infatti, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera collettività, basta a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto dall’art. 9 della l. n. 447/1995: strumento che costituisce espressione della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 - Rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico - Facoltà ex art. 844 c.c. - Natura di strumento ordinario di intervento sul piano amministrativo - Inconfigurabilità.
Lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente -nonché unicamente- il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Non può peraltro essere reputato ordinario strumento di intervento -sul piano amministrativo- la facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 24.01.2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Attività di intrattenimento musicale - Rilascio dei titoli abilitativi - Art. 9 L. n. 447/95 - Obbligo di riduzione dei limiti di emissione acustica - Contraddittorietà - Esclusione.
Il rilascio, da parte dell’amministrazione comunale, dei titoli abilitativi per lo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico antistante il locale, in nessun modo può precludere all’Amministrazione stessa l’esercizio di quella potestà di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale, di cui il potere di adottare le ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit. costituisce espressione.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Immissioni acustiche - Operazioni di misurazione - Accertamento a sorpresa - Avviso di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione.
Le operazioni di misurazione delle immissioni acustiche integrano un tipico esempio di accertamento a sorpresa, per il quale trova applicazione l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui è del tutto legittimo non far precedere un simile tipo di accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI, 18.05.2004, n. 3190; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 10.06.2008, n. 1961) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 670 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica - Art. 17 d.lgs. n. 22/1997 - Responsabilità del proprietario dell’area inquinata - Limiti - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006.
L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 impone l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa. La norma individua, perciò, dal punto di vista soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (TAR Veneto, sez. III, 02.02.2002, n. 320).
Tale impostazione è confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario. A carico di quest'ultimo, invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (TAR Lombardia, Brescia, 16.03.2006, n. 291; TAR Lombardia Milano, sez. II, 10.07.2007, n. 5355).
INQUINAMENTO - Bonifica - Obblighi di messa in sicurezza d’emergenza e di predisposizione del piano di caratterizzazione - Soggetto responsabile - Presupposti - Superamento delle CSC.
Secondo gli artt. 142, c. 3, e 244 del d.lgs. n. 152/2006, gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e quelli relativi alla predisposizione del piano di caratterizzazione sono imposti in capo al soggetto responsabile “qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazione soglia di contaminazione) anche per un solo parametro” con riferimento ai suoli, alle acque superficiali e alle acque sotterranee, in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, come specificato dall'allegato 5 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152/2006 (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 665 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Art. 14 d.lgs. n. 22/1997 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Curatela fallimentare - Imputabilità dell’obbligo di messa in sicurezza e bonifica - Esclusione - Amministrazione comunale - Esecuzione d’ufficio - Insinuazione del credito al passivo fallimentare.
L’obbligo di messa in sicurezza e bonifica di terreni inquinati di proprietà di persone fisiche o giuridiche per le quali è stato dichiarato il fallimento non è imputabile alla curatela fallimentare (cfr. TAR Toscana n. 1318/2001, confermata da Cons. Stato n. 4328/2003). Applicando infatti alla posizione del curatore i principi di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 (oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006), nonché dell’art. 130/R del Trattato dell'Unione Europea, volto a sancire il noto principio per cui “chi inquina, paga”, segnatamente per quanto concerne la legittimazione passiva rispetto all'impartito ordine di smaltimento, va osservato come i rifiuti prodotti dall'imprenditore fallito non costituiscono "beni" da acquisire alla procedura fallimentare (e, quindi non formano oggetto di apprensione da parte del curatore), sicché, in assenza dell’individuazione di un’univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore stesso sull'abbandono dei rifiuti, nessun ordine di ripristino può essere imposto dal Comune alla curatela fallimentare.
Il potere di disporre dei beni fallimentari non comporta del resto necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti. L'Amministrazione comunale, in assenza dell’ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, può, alla stregua di quanto stabilito dall'ultima parte del III comma dell'art. 14 del D.Lgs. 05.02.1997 n. 22, procedere all'esecuzione d'ufficio "in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate", insinuando eventualmente il relativo credito nel passivo fallimentare in caso di comprovata responsabilità nella gestione dell’attività condotta dal responsabile dell’abbandono (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.04.2009 n. 663 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Interventi edilizi - Proprietario dell’area confinante - Accesso alla documentazione amministrativa - Provvedimenti abilitativi - Diritto - Sussistenza.
Il proprietario di un terreno confinante con un’area oggetto di interventi edilizi ha il diritto di accedere ai corrispondenti documenti amministrativi al fine di conoscere gli estremi dei provvedimenti abilitativi per l’esecuzione delle opere, sia ai sensi dell’art. 25, l. 07.08.1990 n. 241 sia ai sensi dell’art. 31, l. 06.08.1967 n. 765, che proprio tutelando l’interesse del terzo, prevede la possibilità per “chiunque” di prendere visione presso gli uffici comunali della concessione edilizia e dei relativi atti di progetto e di ricorrere contro il rilascio della concessione edilizia stessa in quanto in contrasto con le disposizioni di legge o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione” (TAR Campania Napoli, sez. V, 05.09.2008, n. 10048) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza  15.04.2009 n. 1465 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Conguaglio dell’oblazione - Diritto di credito - Decorrenza - Silenzio assenso.
Il diritto di credito dell'Amministrazione Comunale al pagamento del conguaglio dell'oblazione e degli oneri di urbanizzazione per condono edilizio ai sensi della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio è correlato al rilascio della concessione edilizia in sanatoria -atto, questo, nella disponibilità esclusiva del creditore- decorre dalla formazione del silenzio assenso, significato che, ai sensi dell'art. 35, comma 18, l. n. 47, cit., assume « l'inerzia dell'amministrazione protrattasi per 24 mesi dalla presentazione della istanza di condono » (da ultimo TAR Lazio Latina, sez. I, 20.05.2008, n. 579) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 15.04.2009 n. 1463 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio di cessione gratuita di aree destinate alla fruizione collettiva - Edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo - Art. 9, c. 3 LR Lombardia n. 12/2005.
La perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi. In proposito dispone l’art. 9, comma 3, della LR Lombardia 12/2005, il quale estende ai piani attuativi la stessa dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale prevista dal piano dei servizi per le altre parti del territorio, con questo implicando che tutti i proprietari, all’interno e all’esterno dei piani attuativi, sono assoggettati all’obbligo di contribuire al reperimento delle aree destinate a standard pubblico (v. TAR Brescia 13.07.2005 n. 749; TAR Brescia 16.05.2006 n. 567).
Regione Lombardia - Attività accessorie - Attività alberghiera e attività di ristorazione - Vincolo di accessorietà - Individuazione.
Nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006 e 15, comma 4, del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. Del resto lo scopo del modulo procedimentale in esame è proprio quello di concentrare in un unico momento l’acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe tuttavia essere adeguatamente dato atto nello stesso provvedimento, adempiendo così all’obbligo motivazionale di cui all’art. 14-ter, c. 6-bis della L. n. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 252, c. 6 d.lgs. n. 152/2006 (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 859 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Regione Lombardia - Art. 48, cc. 1 e 2 L.R. n. 12/2005 - Costo di costruzione - Natura - Costo standard ed omogeneo - Rapporto con i costi effettivamente sostenuti - Esclusione.
In base all’art. 48 commi 1 e 2 della LR Lombardia n. 12/2005 il costo di costruzione per i nuovi edifici non corrisponde alla spesa effettiva ma è definito dalla Regione con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata ed è adeguato autonomamente dai comuni sulla base della variazione accertata dall'ISTAT. In tale contesto il concetto di “costo documentato di costruzione” previsto dal successivo comma 4 per gli interventi con destinazione commerciale e turistico-alberghiero-ricettiva non è rappresentato dal costo che i privati ritengono di dover sostenere per effetto dei propri rapporti con gli appaltatori o con i fornitori ma costituisce un costo standard, omogeneo sul territorio comunale, e definito secondo criteri certi.
L’esigenza di uniformare il costo di costruzione deriva dalla natura di questa prestazione patrimoniale, che deve essere ascritta alla categoria dei tributi locali (v. CS Sez. V 15.12.2005 n. 7140; Tar Brescia 03.12.2007 n. 1268). Il prelievo non si basa infatti, come nel caso degli oneri di urbanizzazione, sui costi collettivi derivanti dall’insediamento di un nuovo edificio ma sull’aumento di ricchezza determinato dall’intervento edilizio. Tale aumento si misura in modo oggettivo in relazione al risultato e non a partire dall’incidenza sul patrimonio dei privati: il costo di costruzione è quindi la misura della ricchezza prodotta, non della spesa di chi ha effettuato l’intervento. Diversamente si creerebbero disparità tra i cittadini in conseguenza delle condizioni soggettive di ciascuno (a vantaggio dei soggetti che disponendo di un’organizzazione aziendale o di rapporti particolari con altri soggetti sono in grado di eliminare o ridurre alcune spese) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 859 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Tecnologia fotovoltaica - "Favor legis" - Art. 4, c. 1-bis DPR n. 380/2001 - Amministrazione - Diniego - Precisa individuazione di interessi pubblici prevalenti - Necessità - Valutazione di assoluta incongruenza delle opere rispetto alla peculiarità del paesaggio.
La tecnologia fotovoltaica è oggetto di un particolare favore legislativo (v. art. 4 comma 1-bis del DPR 06.06.2001 n. 380) e dunque il diniego dell’amministrazione deve essere basato sulla precisa individuazione di interessi pubblici prevalenti. La presenza di pannelli sulla copertura degli edifici, pur innovando la tipologia e la morfologia della copertura, non deve essere percepita esclusivamente come un fattore di disturbo visivo.
Prima di negare l’installazione di un impianto fotovoltaico, in mancanza di alternative tecnologiche disponibili sul mercato, deve quindi essere data prova dell’assoluta incongruenza delle opere rispetto alle peculiarità del paesaggio (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 859 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo concessorio - Artificioso frazionamento delle opere a fini elusori - Illegittimità.
E’ inammissibile l’artificioso frazionamento delle opere edili al fine di eludere la disciplina del contributo concessorio (TAR Marche, Sez. I, sentenza 15.04.2009 n. 224 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVIIl principio di cui all'art. 24, comma 7, della Legge n. 241/1990, è quello secondo cui “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Tale disposizione non prevede un momento preciso in cui il diritto di accesso deve essere esercitato, essendo sufficiente per il giudice accertare che la conoscenza della documentazione amministrativa richiesta è potenzialmente utilizzabile a fini di difesa, giudiziale o stragiudiziale, di interessi giuridicamente rilevanti.
Il fine primario della normativa sull'accesso agli atti amministrativi va individuato proprio nella necessità di assicurare la trasparenza amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale dell'azione pubblica; non si può ignorare la portata innovativa della Legge n. 241/90 nella parte in cui essa fonda e dà facoltà di azione e di difesa ad una libertà certo presupposta fra i diritti della persona, ma al tempo stesso priva di pretese di godimento in assenza di una puntuale disciplina a livello costituzionale.
La normativa in materia di accesso, anche a seguito delle modifiche del 2005, è ispirata al valore funzionale dell’informazione, avuto riguardo ad una qualificazione soggettiva non generalizzata, ma nei confronti di soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
Le disposizioni della Legge n. 241/1990, come modificate dalla Legge n. 15/2005, affermano che l’accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, attenendo ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Mentre originariamente la locuzione “diritto di accesso” sollevava dubbi sulla qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo, ora si parla di “diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi”, nel senso che l’esame e l’estrazione di copia del documento sono modalità congiunte dell’esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta. L’obiettivo è di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale, mentre l’art. 10 della Legge 241 rimasto immutato dopo le recenti modifiche ha riguardo ad un accesso partecipativo, con l’obiettivo di assicurare la pienezza del contraddittorio e della partecipazione a quanti sono coinvolti in un procedimento amministrativo che li riguarda (TAR Lazio, Roma, I, 15.12.2000, n. 12144).
Anche la configurazione introdotta dalla Legge n. 205/2000 non ha modificato la originaria natura di istituto mirato al conseguimento della conoscibilità della documentazione, indipendentemente dall’esistenza attuale o eventuale di un processo in cui tale documentazione possa essere funzionalizzata ai fini della sua decisione e quindi come istituto non diretto ad acquisire soltanto gli atti strumentalmente preordinati alla decisione nel merito del ricorso principale (ord.za TAR Lazio, Roma, II, 10.03.2001, n. 1834).
Considerato che anche il DPR n. 184 del 12/04/2006, recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, ricostruisce l’accesso come situazione di diritto soggettivo in ragione sia della mancanza di discrezionalità per le Amministrazioni, verificati i presupposti per l’accesso, nell’adempiere alla pretesa del soggetto privato di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, sia della non necessità che il documento amministrativo sia relativo ad uno specifico procedimento, ed atteso che il diritto del cittadino all'informazione si connota certamente come interesse personale e concreto, serio e non emulativo né riducibile a mera curiosità, deve ritenersi che nella fattispecie sussista il presupposto soggettivo legittimante l’azione, derivante dall’aver interesse ad ottenere copia dei verbali di gara e delle offerte tecniche di coloro che sono meglio classificati in un appalto pubblico, a nulla rilevando la posizione in cui la parte si sia graduata nella procedura oggetto di controversia.
Il principio di cui all'art. 24, comma 7, della Legge n. 241/1990, è quello secondo cui “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Tale disposizione non prevede un momento preciso in cui il diritto di accesso deve essere esercitato, essendo sufficiente per il giudice accertare che la conoscenza della documentazione amministrativa richiesta è potenzialmente utilizzabile a fini di difesa, giudiziale o stragiudiziale, di interessi giuridicamente rilevanti. Né tantomeno rileva il fatto che l'interessato non dia poi corso all'azione giudiziale; si deve ritenere, infatti, che l'anticipazione del momento della conoscenza degli atti è funzionale anche ad una riduzione del contenzioso, in quanto, a seguito della visione dei documenti, l’odierna parte ricorrente potrebbe convincersi della correttezza dell'operato della P.A. e rinunciare all'azione giurisdizionale, laddove un differimento nel tempo dell'accesso può indurre l'interessato a proporre l’azione giurisdizionale, anche “al buio”, per timore di incorrere nella decadenza (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 14.04.2009 n. 1968 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Un comune non è legittimato a costituire alcuna società a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è totalmente di competenza dell'Autorità di Ambito.
L'Autorità d'Ambito è competente ad individuare le formule gestorie del servizio idrico, conformemente all'at. 113 del TUEL, solo qualora un Comune aderisca alla gestione unica d'ambito.

Il Comune non è più competente e legittimato a costituire alcuna società a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è totalmente di competenza dell'Autorità di Ambito. Pertanto, nel caso di specie, la costituzione, in concorrenza con l'Autorità, di una società ad hoc da parte dei Comuni, quantunque a totale partecipazione pubblica locale, integra un vulnus del dettato legislativo di riferimento (l. n. 36/94 c.d. l. Galli).
L'art. 148 del d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice ambiente) autorizza i Comuni a non aderire alla gestione unica d'ambito, se possiedono i predetti presupposti: siano inseriti in una comunità montana e abbiano una popolazione residente non superiore alle 1.000 unità, a condizione che il comune gestisca direttamente il servizio idrico o in affidamento a società a capitale interamente pubblico soggetta al suo controllo. Non prevede la norma de qua che la decisione se gestire il servizio in via diretta o affidarlo invece alla predetta società pubblica sia di competenza dell'autorità d'Ambito. In altri termini, l'Autorità d'Ambito è competente ad individuare le formule gestorie del servizio, conformemente all'at. 113 del TUEL, solo qualora un Comune aderisca alla gestione unica d'ambito. Ove invece non intenda aderirvi, non v'è ragione fattuale e giuridica per incardinare in capo all'Autorità d'ambito la competenza a decidere circa le modalità di gestione del servizio, il quale rimane nella titolarità del Comune, che può provvedervi in amministrazione diretta o in affidamento a società in house. Ma tale decisione in tal caso compete unicamente al Comune (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 10.04.2009 n. 1019 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fasce di rispetto autostradali - Artt. 16, 17 e 18 d.lgs. n. 285/2002 - Disciplina ex art. 6 L.R. Campania n. 19/2001 - Applicabilità - Esclusione.
L’esistenza di limiti di edificazione da rispettare con riferimento al nastro di autostrade e strade, tanto fuori del centro abitato che nell’ambito di quest’ultimo, deriva direttamente dalla normativa del Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo 285/2002) e del suo Regolamento di attuazione), nonché per le sole autostrade dall’art. 9 della l. 729/1961.
Il divieto in oggetto è finalizzato a mantenere una fascia di rispetto, utilizzabile per l’esecuzione di lavori, l’impianto di cantieri, l’eventuale allargamento della sede stradale, nonché per evitare possibili pregiudizi alla percorribilità della via di comunicazione; per cui le relative distanze vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (cfr. Cass. n. 6118 dell’01.06.1995; Cons. Stato, IV, n. 7275/2002, n. 5716/2002, n. 3731/2000; TAR Calabria, Catanzaro, n. 130/2003; TAR Campania, Napoli, n. 5226/2001).
Alla luce di quanto sopra deve allora escludersi che, con riferimento alla fascia di rispetto autostradale, possa trovare applicazione la speciale disciplina regionale dettata dall’art. 6 della L.R. Campania n. 19/2001, atteso che il comma 8 ne contempla la prevalenza rispetto alle sole disposizioni dei regolamenti edilizi comunali, ma non può imporsi rispetto a previsioni che promanino direttamente da norme primarie anch’esse speciali (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 09.04.2009 n. 1383 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Elettrosmog. Divieto generalizzato di istallazione di impianti radio base nell’intero centro abitato.
Nell'installazione di stazioni radio base se i criteri distanziali generici ed eterogenei sono da ritenersi limiti alla localizzazione non consentiti, a maggior ragione tale dovrà essere considerato il divieto generalizzato di istallazione nell’intero centro abitato (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 03.04.2009 n. 1721 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Associazione costituita in vista dell’adozione di una variante urbanistica - Mancanza del connotato della stabilità - Associazione cd. “di comodo” - Legittimazione ad agire ex lege - Esclusione.
L’associazione costituita in vista dell’adozione di una contestata variante da parte del Consiglio Comunale, non può rientrare tra quelle a carattere nazionale rivolte alla protezione ambientale e perciò riconosciute e legittimate ad agire ex lege, ma deve considerarsi quale associazione non riconosciuta, costituita al solo scopo di contrastare l'adozione e l'approvazione della variante sopra menzionata.
La mancanza del connotato della stabilità, nel senso dello svolgimento all'esterno in via continuativa della propria attività a tutela dell'interesse che si intende proteggere, peraltro, non permette di dimostrare che essa agisca a tutela di un interesse collettivo, con la conseguenza che la suddetta associazione può farsi rientrare tra le cosiddette associazioni di comodo, la cui attività non riflette effettive esigenze collettive (cfr. Cons. Stato - Sez. VI - n. 3507 dell'11.07.2008) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 30.03.2009 n. 990 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: La revoca del bando di gara prima dell’aggiudicazione non comporta indennizzo.
La revoca in autotutela di un bando di gara, prima dell’aggiudicazione, non comporta alcun indennizzo.
Il GA ritiene che all’organo di vertice di un ente pubblico sia consentito:
- prendere atto dei contenziosi pendenti e della relativa connessa prospettiva di incertezza, nonché dei possibili oneri futuri che risultano dalla comune esperienza;
- effettuare una ponderazione dell’interesse pubblico perseguito, avuto riguardo anche al fattore temporale, nonché ad ulteriori vicende sopravvenute.
Sicché, l’organo di vertice di una PA può legittimamente determinarsi nel senso di preferire il ritiro degli atti di una gara pubblica ad altre possibili strategie operative
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-bis, sentenza 24.03.2009 n. 3036 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Condominio - Opere strettamente pertinenziali all’unità immobiliare del singolo condomino - Concessione edilizia - Consenso degli altri partecipanti alla comunione - Necessità - esclusione.
Il singolo condomino, in virtù del combinato disposto degli artt. 1102 c.c. (facoltà del comunista di servirsi delle cose comuni), 1105 c.c. (concorso di tutti i condomini alla cosa comune) e 1122 c.c. (divieto al condomino di realizzare opere che danneggino le cose comuni), può ottenere a proprio nome la concessione edilizia per un'opera da realizzare sulle parti comuni di un edificio senza chiedere il consenso degli altri condomini, sempre che le opere siano strettamente pertinenziali all'unità immobiliare. Pertanto in tali casi il condòmino può apportare al muro perimetrale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condòmini, ivi compreso l’inserimento nel muro di elementi ad esso estranei e posti al servizio esclusivo della sua porzione, purché non impedisca agli altri condòmini l’uso del muro comune e non ne àlteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità (TAR Abruzzo-L’Aquila, Sez. I, sentenza 24.03.2009 n. 221 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza ex art. 9, L. n. 447/95 - Presupposto - Esposto di una sola famiglia - Sufficienza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del 1995, sull’inquinamento acustico, può essere adottata anche a seguito dell’esposto di una sola famiglia, costituendo la predetta ordinanza l’ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819 e 02.04.2008 n. 715) (TAR Marche, Sez. I, sentenza 23.03.2009 n. 143 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Accertamenti fonometrici.
In caso di accertamento fonometrico il soggetto cui si riferisce l’attività di accertamento deve essere posto in grado di partecipare all’attività stessa, al fine di presentare le proprie osservazioni anche in ordine alla correttezza delle metodologie di rilevazione usate ed all’attendibilità dei valori rilevati (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 04.03.2009 n. 242 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio.
In tema di reati edilizi, l'omesso adempimento, nel termine perentorio di tre mesi, alla richiesta dell'amministrazione comunale di integrazione sostanziale della documentazione di una istanza di condono, rende detta istanza improcedibile, ai sensi dell'art. 39, comma quarto, l. 23.12.1994 n. 724 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.01.2009 n. 3583 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Rimessione in pristino stato dei luoghi.
In tema di tutela penale del paesaggio, ai fini dell'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi non rilevano eventuali difformi valutazioni espresse da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo circa l'idoneità offensiva dell'opera abusivamente realizzata, in quanto l'obbligo di ripristino si pone su un piano diverso ed autonomo rispetto a quello dei poteri e delle valutazioni della P.A. (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.01.2009 n. 3195 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Mutamento di destinazione d'uso.
In tema di reati edilizi, integra il reato di costruzione edilizia in assenza di permesso di costruire il mutamento di destinazione d'uso di un immobile mediante realizzazione d'opere edilizie, in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, determina la creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente (fattispecie relativa a modifica della destinazione d'uso di una serra in un deposito adibito a rimessa di velivoli) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.01.2009 n. 2877 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione abusiva non sanata ed esecuzione di ulteriori lavori assoggettabili a DIA.
In tema di edilizia, il regime di denuncia di inizio attività (DIA) non è applicabile a lavori da eseguirsi su manufatti originariamente abusivi che non risultino oggetto di condono edilizio o di sanatoria, atteso che gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.01.2009 n. 1810 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Apertura di una porta al posto di una preesistente finestra.
In tema di reati edilizi, l'apertura di una porta al posto di una preesistente finestra necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera denuncia d'inizio attività poiché si tratta d'intervento edilizio comportante una modifica dei prospetti, in quanto tale non qualificabile come ristrutturazione edilizia "minore" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.01.2009 n. 834 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Sottoprodotti.
In tema di gestione dei rifiuti, l'attività di recupero di materiale lapideo che soddisfi i criteri, i requisiti e le condizioni previste dall'art. 183, comma primo, lett. p) del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, come modificato dal D.Lgs. 16.01.2008, n. 4, rientra nel campo di applicazione della disciplina dei sottoprodotti (fattispecie nella quale è stato annullato, per difetto del "fumus" del reato di gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi, il sequestro preventivo di un impianto per la frantumazione ed il lavaggio di materiali composto da sfridi, cocciame costituente scarto di lavorazione e peloni, cioè testate inutilizzabili derivanti dalla segatura dei blocchi di marmo) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.12.2008 n. 48037 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fasce di rispetto stradale.
In tema di reati edilizi, tra i vincoli che comportano l'inedificabilità delle aree rientrano le fasce di rispetto di cui al Codice della strada, essendo previsto per legge, nell'ipotesi di violazione di dette fasce, l'obbligo di ripristino dei luoghi (fattispecie in tema di condono) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.12.2008 n. 47106 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio. Oblazione (versamento insufficiente).
In tema di condono edilizio, la mancata corrispondenza tra l'importo versato a titolo d'oblazione e quello effettivamente dovuto non determina la decadenza dal diritto ad ottenere la definizione dell'illecito edilizio ai sensi del combinato disposto dei commi 32 e 36 dell'art. 32, D.L. 30.09.2003, n. 269 (conv. con mod. nella L. 24.11.2003, n. 326), salva l'ipotesi in cui quanto versato sia irrisorio al punto da potersi ritenere il pagamento inesistente (in motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che il termine di decadenza indicato dalla normativa sul condono edilizio si riferisce sia alla presentazione della domanda di condono che al pagamento della somma dovuta a titolo d'anticipazione dell'oblazione) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.12.2008 n. 46384 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni in zona agricola e qualifica d'imprenditore agricolo.
In tema di reati edilizi, non è sufficiente il possesso temporaneo di fatto della qualifica d'imprenditore agricolo professionale (art. 1, comma 5-ter, D.Lgs. 29.03.2004, n. 99) ai fini del rilascio del permesso di costruire in zona agricola, in quanto i requisiti soggettivi per il rilascio di tale permesso devono esistere al momento della richiesta ed al momento del rilascio del titolo abilitativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2008 n. 46085 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione della normativa per il conglomerato cementizio armato.
In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dagli artt. 71 e 95, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, è irrilevante la natura dei lavori (ovvero che si tratti d'interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero d'interventi di nuova costruzione), in quanto la violazione delle norme antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del cemento armato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2008 n. 46081 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICAAllorché sia scaduto il termine di attuazione del piano particolareggiato ”questo diventa inefficace…rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano stesso.
In ordine alla destinazione urbanistica attuale va rilevato che, essendo trascorso il termine “non maggiore di anni dieci” entro il quale il predetto Piano Particolareggiato doveva essere attuato ai sensi dell’art. 16, c. 5, L. n. 1150/1942, l’attività edificatoria non è disciplinata dall’art. 4, u.c., della legge n. 10/1977 (applicabile nei “comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali” nonché nei casi in cui perdono efficacia, per il decorso del quinquennio di cui all’art. 2 della L. 19.11.1968 n. 1187, le indicazioni di piano regolatore generale che assoggettano i beni a vincoli preordinati all’espropriazione: cfr., per quest’ultimo profilo, C.S., Ad. Pl. 02.04.1984, n. 7), atteso che continua a trovare applicazione l’art. 17 della cit. L. n. 1150/1942 (C.S., V, 09.12.1996, n. 1491).
Secondo tale disposizione, allorché sia scaduto il termine di attuazione del piano particolareggiato ”questo diventa inefficace…rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano stesso”.
Ciò significa che il termine decennale di decadenza si applica solo alle disposizioni a contenuto espropriativo e non anche alle prescrizioni urbanistiche di piano, che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo, fino alla eventuale approvazione di un nuovo piano attuativo (Cfr. sul punto C.S., IV, 02.06.2000, n. 3172, che illustra i criteri normativi previsti per i piani particolareggiati, facendo presente che i criteri stessi sono estensibili, per analogia, alle lottizzazioni convenzionate) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 27.03.2003 n. 2721 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Il piano di lottizzazione perde efficacia alla scadenza del termine massimo di 10 anni o nel minor termine previsto per la sua attuazione.
La questione concernente la durata massima del piano di lottizzazione è stata risolta dalla giurisprudenza nel senso che esso perde efficacia alla scadenza del termine massimo di dieci anni o nel minor termine previsto per la sua attuazione (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 16.03.1999, n. 286; 13.11.1998, n. 1412), così come avviene per il piano particolareggiato, essendo indifferente, a tali fini, che si tratti di uno strumento attuativo di iniziativa privata o di iniziativa pubblica (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 25.07.2001, n. 4074) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.03.2003 n. 1315 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAi fini della legittimazione al ricorso contro il rilascio di una concessione edilizia occorre sempre un criterio di stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata all’attività edilizia assentita con la concessione che si impugna.
La norma dell’art. 31, comma 9, della legge 17.08.1942, n. 1150, come novellato dalla legge 06.08.1967, n. 765, secondo cui la possibilità di ricorrere contro le concessioni edilizie è riconosciuta a “chiunque”, deve essere interpretata nel senso che ai fini della legittimazione al ricorso occorre sempre un criterio di stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata all’attività edilizia assentita con la concessione che si impugna (collegamento che può derivare dal residenza nella zona interessata, dalla proprietà e dal possesso o dalla detenzione di immobili in detta zona o da altro titolo di frequentazione di quest’ultima) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 20.01.2003 n. 200 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALe lottizzazioni approvate vanno considerate inefficaci dopo il decorso decennale previsto per la loro attuazione, sicché per produrre ulteriori effetti esse debbono essere nuovamente adottate dall’Amministrazione comunale attraverso uno strumento attuativo, previa eventuale valutazione, se necessaria, della situazione dei terzi interessati al rispetto degli obblighi derivanti dalla preesistente convenzione.
P
er effetto degli artt. 16 e 17 della legge 17.08.1942 le lottizzazioni approvate vanno considerate inefficaci dopo il decorso decennale previsto per la loro attuazione, sicché per produrre ulteriori effetti esse debbono essere nuovamente adottate dall’Amministrazione comunale attraverso uno strumento attuativo, previa eventuale valutazione, se necessaria, della situazione dei terzi interessati al rispetto degli obblighi derivanti dalla preesistente convenzione.
Infatti, l’art. 28 della predetta legge n. 1150/1942, così come modificato dall’art. 8 L. 06.08.1967, n. 765, avendo dato un particolare rilievo al ruolo dei piani di lottizzazione (che costituiscono ormai strumenti urbanistici specifici preordinati e normalmente alternativi rispetto ai piani particolareggiati), deve essere applicato in via analogica ai piani di lottizzazione medesimi, con la conseguenza che va riconosciuta anche ad essi l’applicabilità del termine massimo di validità decennale entro il quale devono essere attuati (art. 16, comma 5, L. n. 1150/1942) e decorso il quale divengono inefficaci per la parte inattuata (art. 17, comma 1, della stessa legge), salvi gli allineamenti e le prescrizioni di zona nel rispetto sia dell’interesse pubblico per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione (cui si riferisce l’art. 28 cit.) che per quello volto alla edificazione dei lotti (cfr. Cons. St., Sez.IV, 03.11.1998, n. 1412; 25.07.2001, n. 4073)
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 20.01.2003 n. 200 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Le convenzioni urbanistiche debbono sempre considerarsi rebus sic stantibus, e che legittimamente l’Amministrazione, in presenza di un interesse pubblico sopravvenuto, ha la facoltà di introdurre nuove previsioni.
Anche al piano di lottizzazione deve ritenersi applicabile il termine di validità decennale previsto con specifico riferimento ai piani particolareggiati.

L’evolversi delle situazioni e la dinamicità degli interessi incidono in modo particolare sull’assetto urbanistico, di cui non può certo impedirsi l’adeguamento alle nuove esigenze che vengano a manifestarsi. Costituisce, in effetti, ius receptum in giurisprudenza l’indirizzo secondo cui le convenzioni urbanistiche debbono sempre considerarsi rebus sic stantibus, e che legittimamente l’Amministrazione, in presenza di un interesse pubblico sopravvenuto, ha la facoltà di introdurre nuove previsioni, con il solo onere di motivare le esigenze che le determinano. La giurisprudenza ha affermato, più in particolare, che in presenza di nuove esigenze non sussiste preclusione a nuovi interventi, atteso che lo ius variandi relativo alle prescrizioni di piano regolatore generale include anche un ius poenitendi relativo ai vincoli precedentemente assunti, rispetto ai quali il Comune non può ritenersi permanentemente vincolato nemmeno da una preesistente convenzione di lottizzazione (Cons. St., IV, n. 711 del 13.07.1993).
Come affermato dalla giurisprudenza amministrativa, anche al piano di lottizzazione deve ritenersi applicabile, nel silenzio della legge -in relazione alla regola che esige l’applicazione di una medesima disciplina per casi analoghi- il termine di validità decennale previsto con specifico riferimento ai piani particolareggiati (TAR Puglia, Lecce, n. 490 del 09.10.1997; TAR Abruzzo, L’Aquila, n. 1014 del 30.12.1994) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 25.07.2001 n. 4073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

inizio pagina