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AGGIORNAMENTO AL 28.05.2009 |
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dossier ABUSI EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
1. – Sanzioni – Ingiunzione a
demolire – Motivazione - Abuso risalente nel
tempo – Necessità.
2. – Concessione – Sanatoria ex artt. 31 L.
47/1985 e art. 39 L. 724/1994 – Vincolo
cimiteriale – Vincolo assoluto di
inedificabilità – Legittimità del diniego –
Esercizio di attività commerciale consentito
dall’Amministrazione - Irrilevanza.
1.
– Sebbene normalmente le sanzioni
demolitorie in materia edilizia siano atti
dovuti e sufficientemente motivati con la
constatazione dell’abuso edilizio e
l’avvenuto accertamento dell’esecuzione
dell’opera in assenza di titolo concessorio
o in totale difformità da esso, tuttavia è
richiesta una motivazione particolare ed
ulteriore sull’interesse pubblico specifico
alla rimozione quando il provvedimento
intervenga a distanza di molto tempo
dall’esecuzione dell’opera stessa. Nel caso
in cui il manufatto (costituito da un
chiosco-bar) esista dagli anni 1966/1970
(seppur con dimensioni ridotte), vi sia
stata esercitata l’attività commerciale
autorizzata con allaccio all’acquedotto
comunale, il formale accertamento di lavori
abusivi sia avvenuto nel 1983 ed il primo
atto finalizzato alla rimozione sia
intervenuto nel 1991 (a distanza di oltre
sette anni), non può negarsi che il
ricorrente abbia potuto maturare in presenza
dell’inerzia della P.A. protratta per lungo
tempo un qualche affidamento sulla stabilità
o stabilizzazione della sua posizione,
affidamento ulteriormente consolidato per
l’ulteriore tempo decorso nelle more della
decisione dell’istanza di condono presentata
nel 1995.
2.
– Le fasce di rispetto cimiteriale
costituiscono un vincolo di inedificabilità
assoluta, preclusivo della sanatoria
edilizia, che non può essere escluso neppure
nel caso in cui l’Amministrazione abbia
consentito per anni l’esercizio
dell’attività commerciale nel manufatto
abusivo (chiosco-bar) sito nella zona (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 14.10.2003 n. 5314 -
link a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
dossier CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
riscossione coattiva degli oneri concessori.
Con riguardo alle modalità di riscossione
degli oneri concessori, a seguito delle
innovazioni normative succedutesi alla legge
n. 10/1977, gli enti interessati sono liberi
di decidere se procedere direttamente
mediante ingiunzione vidimata ai sensi del
R.D. n. 639/1910, oppure avvalersi della
normativa di modifica sulla riscossione
coattiva (d.p.r. 28.01.1988 n. 43 di
istituzione del servizio di riscossione dei
tributi e di altre entrate dello Stato e di
altri enti pubblici), senza che il ricorso
all’uno o all’altro dei meccanismi
procedimentali di riscossione possa
ritenersi di per sé lesivo delle garanzie di
effettività della tutela giurisdizionale
assicurate dalla Carta Costituzionale, come
del resto chiaramente dimostrato dalla
stessa proposizione del ricorso in esame
(cfr. in termini: TAR Lombardia, Milano,
Sez. II, 20.10.2006 n. 2061)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 17.06.2008 n. 1212 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Chiarimenti in ordine al
contributo di cui all'art. 3 della Bucalossi.
E' principio generale che il contributo di
cui all’art. 3 della legge n. 10/1977:
- è strettamente connesso al concreto
esercizio della facoltà di edificare, per
cui non è dovuto in caso di rinuncia o di
mancato utilizzo della concessione (Cons.
Stato V 23.06.2003 n. 3714, rif. CS V
12.06.1995 n. 894);
- afferisce alla costruzione e non alla
concessione (Cons. Stato V 12.06.1995 n.
894);
- non rappresenta il corrispettivo della
concessione, ma la (obbligatoria)
partecipazione agli esborsi che la
collettività ha affrontato o deve affrontare
in rapporto allo stato di urbanizzazione
dell’area (Cass. SU 20.11.1996);
- va determinato con riferimento alla data
di rilascio della concessione edilizia, che
è il momento in cui sorge l'obbligazione
contributiva (Cons. Stato V 21.10.1998 n.
1512, 06.12.1999 n. 2056)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.10.2006 n. 2061 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1.- Concessione - Contributo di
urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett.
f, L. 10/1977 - Presupposti.
2. - Concessione - Contributo di
urbanizzazione - Esenzione ex art. 9, lett.
f, L. 10/1977 - Opere riguardanti un teatro
eseguite da una società titolare di
concessione per lo sfruttamento di acque
minerali e termali - Inapplicabilità.
1. - Per conseguire il beneficio di cui
all'art. 9 lett. f, L. 10/1977, e cioè
l'esenzione dal contributo previsto
dall'art. 3 della stessa legge, è necessaria
la sussistenza di un duplice requisito, uno
oggettivo, consistente nel fatto che deve
trattarsi di un'opera pubblica o destinata a
soddisfare i bisogni della collettività, ed
uno soggettivo, nel senso che l'opera deve
essere realizzata da un ente pubblico o da
un concessionario.
2. - Non trova applicazione, per difetto del
requisito soggettivo, l'esenzione dal
pagamento dei contributi concessori relativi
ad una domanda di sanatoria edilizia
presentata da una società titolare di una
concessione per lo sfruttamento di acque
minerali e termali, per opere abusive
riguardanti un teatro, non potendo le stesse
essere considerate come opere realizzate per
finalità di sfruttamento delle acque termali
(per le quali la S.p.A. ricorrente risulta
istituzionalmente competente), ma come mere
opere rivolte ad aumentare gli utili di
impresa; pertanto come qualunque altra opera
eseguita da un operatore privato, le stesse
devono sottostare all'ordinaria disciplina
prevista per il pagamento dei contributi
concessori (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 26.02.2002 n. 400 - link
a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
dossier RIFIUTI E BONIFICHE |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Ordinanza – Bonifica siti
inquinati – Curatore Fallimentare – D.M.
471/1999 - Esclusione.
A seguito dell’entrata in vigore del D.M.
25.10.1999 n. 471 (che all’art. 18 comma 5
stabilisce "Nel caso in cui il sito
inquinato sia oggetto di procedura esecutiva
immobiliare ovvero delle procedure
concorsuali di cui al Regio Decreto
16.03.1942, n. 267, il Comune domanda
l'ammissione al passivo ai sensi degli
articoli 93 e 101 del decreto medesimo per
una somma corrispondente all'onere di
bonifica preventivamente determinato in via
amministrativa") l’onere di
effettuazione della bonifica non spetta al
curatore fallimentare ed il potere del
Comune è limitato alla possibilità di
domandare l’ammissione al passivo della
spesa sostenuta per la bonifica, non potendo
giungere ad ordinare di materialmente
provvedere alla medesima (secondo lo schema
generale previsto invece dall’art. 14 del
decreto n. 22/1997) TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 09.07.2003 n. 2710 -
link a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
dossier SANATORIA GIURISPRUDENZIALE |
EDILIZIA PRIVATA:
Sanatoria c.d. giurisprudenziale
– Inammissibilità - Interpretazione
estensiva dell’art. 13 L. 47/1985 -
Esclusione.
Non sembra ammissibile l’istituto della c.d.
sanatoria giurisprudenziale, quale ipotesi
generalizzata di sanatoria di opere
realizzate abusivamente ma conformi alla
disciplina urbanistica vigente, in quanto da
un lato comporterebbe che ogni ipotesi di
abuso edilizio potrebbe essere in ogni tempo
sanato dal sopravvenire di una disciplina
urbanistica con la quale esso non si trovi
in contrasto e dall’altro l’istituto della
concessione in sanatoria di cui all’art. 13
della legge n. 47/1985 –che contempla
l’unica ipotesi di sanatoria ‘a regime’
prevista dall’ordinamento del settore– non
contiene alcuna deroga che possa legittimare
un caso di sanatoria al di fuori delle
condizioni da esso prescritte (TAR toscana,
Sez. III,
sentenza 14.06.2002 n. 1245 -
link a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sanatoria c.d. giurisprudenziale
– Inammissibilità - Interpretazione
estensiva dell’art. 13 L. 47/1985 -
Esclusione.
La legge n. 47/1985 ha predisposto una
disciplina esaustiva e puntuale delle
ipotesi di sanatoria, anche ai fini
amministrativi, non lasciando alcun margine
interpretativo per consentire la
sopravvivenza della c.d. sanatoria
giurisprudenziale (che sembrava
configurabile nella normativa previgente in
relazione al dodicesimo comma dell’art. 15
della legge n. 10/1977) in quanto la
concessione in sanatoria è un provvedimento
tipico che non permette all’amministrazione
di esercitare il relativo potere oltre i
limiti imposti dal legislatore, altrimenti
risulterebbe un’interpretazione finalizzata
alla protezione degli interessi privati
scaturenti da comportamenti antigiuridici
(peraltro consentendo di usufruire delle
modifiche della regolamentazione
urbanistica, idonee a legittimare
l’edificazione abusiva, addirittura fino
alla esecuzione della definitiva sanzione
della demolizione).
Pertanto l'art. 13 legge 47/1985 non può che
essere interpretata se non nel senso di
delimitare il potere dovere
dell'amministrazione di provvedere
all'erogazione delle misure sanzionatorie
negli stretti limiti temporali indicati
dalla norma, posto che il principio di cui
all'articolo 97 della Costituzione, che
farebbe ritenere illogica la demolizione
dell'opera, quando la stessa potrebbe essere
autorizzata sulla base della sopravvenuta
strumentazione urbanistica, deve, comunque,
retrocedere dinnanzi all'altro principio
generale, di rango costituzionale, e cioè,
il principio di legalità, che impone la
necessaria e stretta osservanza della
disciplina dettata dalla legge per la
sanatoria delle opere abusive (TAR Toscana,
Sez. III,
sentenza 15.04.2002 n. 724 - link
a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI - VARI: G.U.
25.05.2009 n. 119 "Disposizioni in
materia di rilascio e di uso della casella
di posta elettronica certificata assegnata
ai cittadini"
(D.P.C.M. 06.05.2009). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
LAVORI PUBBLICI:
Strade vicinali e spese dei consorzi
obbligatori.
Pubblichiamo una nota dell'avvocato Marta
Bassanese del foro di Vicenza sulle spese
per la manutenzione delle strade vicinali.
La nota segnala la differenza tra le strade
vicinali a uso pubblico e quelle non a uso
pubblico e spiega quali sono i presupposti
per la formazione di un consorzio
obbligatorio per la manutenzione delle
strade vicinali (http://venetoius.myblog.it). |
ENTI LOCALI:
D. Prinari,
La revoca degli Assessori Comunali e
Provinciali nella parabola interpretativa
della giurisprudenza (link a
www.filodiritto.com). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
LAVORI PUBBLICI:
Indicazioni operative circa la
compilazione della scheda informatica per il
rilascio del Certificato di Esecuzione dei
Lavori (CEL)
(comunicato
del Presidente del 13.05.2009 - link a massimario.avlp.it). |
INCARICHI PROGETTUALI: Concorso
di idee - Commissione giudicatrice -
Composizione - Competenza - Sostituzione di
ingegnere con altra figura - Non conformità
alla disciplina ex art. 84 dlgs. 163/2006 -
Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Per la soluzione della questione oggetto
della controversia occorre, preliminarmente,
rilevare che, in ordine alla nomina della
Commissione giudicatrice, l’art. 84 del
D.Lgs. n. 163/2006, al comma 2, dispone che
“La commissione, nominata dall’organo
della stazione appaltante competente ad
effettuare la scelta del soggetto
affidatario del contratto, è composta da un
numero dispari di componenti, in numero
massimo di cinque, esperti nello specifico
settore cui si riferisce l’oggetto del
contratto.”.
Nella fattispecie in esame, trattandosi di
un concorso di idee che sottintende un
chiaro apprezzamento nel merito delle
proposte progettuali, il Bando di gara,
nell’art. 9, aveva già stabilito, sotto il
profilo delle professionalità ritenute
necessarie, la composizione della
Commissione, richiedendo “n. 1 architetto
esperto in progettazione architettonica; n.
1 ingegnere esperto in impiantistica; n. 1
Responsabile del settore Lavori Pubblici”.
Occorre, tuttavia, considerare che, come ha
sottolineato anche la giurisprudenza (TAR
Campania, Salerno, Sez. I, sentenza
26.04.2007, n. 457), è da ritenersi tuttora
vigente la ripartizione di competenze
professionali tra ingegneri ed architetti
prevista dagli art. 51 e 52 del r.d.
23.10.1925 n. 2537 (come confermato
dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. 27.01.1992 n.
129 di attuazione, tra l’altro, della
direttiva 85/384/Cee) e che tali norme,
emanate in sede di approvazione del
regolamento per le professioni d’ingegnere e
di architetto, in particolare, riservano
alla competenza comune di architetti ed
ingegneri le opere di edilizia civile,
mentre attribuiscono alla competenza
generale degli ingegneri quelle concernenti:
le costruzioni stradali, le opere igienico
sanitarie (depuratori, acquedotti, fognatura
e simili), gli impianti elettrici, le opere
idrauliche, le operazioni di estimo,
l’estrazione di materiali, le opere
industriali; ferma rimanendo per i soli
architetti la competenza in ordine alla
progettazione delle opere civili che
presentino rilevanti caratteri artistici e
monumentali (art. 52, comma 2, cit., che
conserva però alla concorrente competenza
degli ingegneri, secondo la regola generale,
la parte tecnica degli interventi
costruttivi de quibus).
Inoltre, in via ancora più specifica, è
stato altresì precisato che “La
competenza esclusiva degli ingegneri a
sottoscrivere progetti sussiste solo, ai
sensi del combinato disposto degli artt. 51
e 52 del regolamento di cui al R.D. n.
2537/1925, nel caso di progettazione e
verifica degli impianti; un architetto deve
pertanto ritenersi abilitato a sottoscrivere
un progetto nel caso in cui non si debba
procedere alla progettazione di impianti, ma
solo al loro montaggio mediante l’esecuzione
delle necessarie opere murarie” (CGA -
Sez. Giurisdizionale - sentenza 21.01.2005,
n. 9).
Da quanto sopra discende che la contestata
sostituzione, operata dalla stazione
appaltante in sede di nomina della
Commissione, della componente riservata alla
professionalità di ingegnere con altra
professionalità laureata in architettura e
professore universitario associato,
potrebbe, in linea generale, reputarsi
legittima laddove fosse riscontrabile anche
una equipollenza di competenze
professionali, da valutarsi, nel caso di
specie, assurgendo a parametro l’oggetto del
concorso di idee.
Di particolare rilevanza, al riguardo, è
l’art. 2 del bando che individua l’oggetto
del concorso nei seguenti termini “-
ampliamento dell’edificio scolastico di
Corso Umberto, scuola media, per accogliere
gli studenti provenienti dalle aule ospitate
dall’edificio di via Panoramica; -
riconversione funzionale dell’edificio di
via Panoramica in nuova Sede Municipale,
previo suo adeguamento sismico; -
riconversione funzionale dell’attuale
edificio comunale di via Panoramica in nuova
sede della scuola elementare “A. Vespucci”,
attualmente sita in Corso Garibaldi, previo
suo adeguamento sismico; - demolizione
dell’edificio scolastico di Corso Garibaldi,
unitamente alla struttura sportiva, e
realizzazione della Villa comunale con
parcheggi interrati”.
Ebbene, il richiamato oggetto del concorso,
riguardando sia la progettazione di opere
civili sia di infrastrutture nonché
adeguamenti sismici, mostra chiaramente la
necessità di specifiche competenze
progettuali che rientrano nel bagaglio
esclusivo delle competenze professionali
dell’ingegnere.
Inoltre, occorre tenere in debito conto
l’ulteriore previsione contenuta nell’art.
3, comma 3, della lex specialis, che
individua espressamente l’esperienza
professionale e/o specializzazione richiesta
ai concorrenti in ambiti fortemente
caratterizzati sotto il profilo
interdisciplinare, che, inevitabilmente, si
ripercuotono sulle necessarie esperienze e
competenze professionali dei componenti
della Commissione nominata per giudicarli, o
quanto meno possono fungere da parametro di
riferimento delle stesse.
In particolare, la citata disposizione del
bando richiede una documentata esperienza
nei seguenti ambiti di attività: 1)
progettazione architettonica di opere
similari a quella oggetto dell’incarico; 2)
calcolo delle strutture di opere similari a
quella oggetto dell’incarico; 3)
impiantistica elettrica; 4) impiantistica
termo idrico sanitaria e di condizionamento;
5) sicurezza dei cantieri.
Al riguardo si evidenzia che le attività di
cui al punti 2), 3) e 4) rientrano
indubbiamente nelle competenze professionali
esclusive degli ingegneri e non possono
essere espletate anche dagli architetti,
fatta salva l’ipotesi che si tratti di un
professionista laureato all’esito della
speciale corso di laurea in
architettura/ingegneria ed abilitato anche
all’esercizio della professione di
ingegnere.
In particolare, relativamente al calcolo
delle strutture di opere similari a quelle
oggetto dell’incarico (non solo in cemento
armato ma anche antisismiche) la
giurisprudenza ha più volte rilevato che è “riservata
agli ingegneri la competenza per le
costruzioni civili, anche modeste, che
adottino strutture in cemento armato.”
(Cass. civ., Sez. II, sentenza 26.07.2006,
n. 17028).
Riguardo, poi, alla componente
impiantistica, che si presume da progettare
trattandosi di concorso di idee, appare
contraddittorio individuare, nella
fattispecie in esame, un architetto quale
“esperto in impiantistica”, atteso che, come
si evince dalla giurisprudenza sopra
richiamata, la competenza professionale alla
progettazione di impianti è propria degli
ingegneri.
Da tutto quanto sopra discende la necessità
della presenza in Commissione della figura
professionale dell’ingegnere accanto a
quella dell’architetto, come peraltro
espressamente prevedeva il bando in oggetto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la composizione
della Commissione giudicatrice, nominata
dalla Giunta del Comune di Monte di Procida,
non è conforme alla normativa di settore e
alla lex specialis di gara
(parere
07.05.2009 n.
60 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Servizi
di pulizia - Requisiti di partecipazione -
Discrezionalità della s.a. - Limiti -
requisiti sproporzionati - Durata iscrizione
cciaa - Concessione linea di credito -
Fatturato - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità
evidenziato, alla stregua della
giurisprudenza amministrativa, che la
stazione appaltante può fissare
discrezionalmente i requisiti di
partecipazione, anche superiori rispetto a
quelli previsti dalla legge, purché essi non
siano manifestamente irragionevoli,
irrazionali, sproporzionati, illogici,
nonché lesivi della concorrenza (cfr. per
tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n.
188).
La ragionevolezza dei requisiti non deve
essere valutata in astratto, ma in
correlazione al valore dell’appalto ed alle
specifiche peculiarità dell’oggetto della
gara.
Nel caso di specie si rileva che l’art. 2,
lett. c), del disciplinare di gara richiede
tra i requisiti di partecipazione la
dichiarazione di iscrizione da almeno dieci
anni al Registro delle Imprese presso la
competente Camera di Commercio; la
dichiarazione di iscrizione, ai sensi della
legge n. 82/1994 e del D.M. n. 274/1997 nel
Registro delle imprese di pulizia per la
fascia di classificazione “H” fino ad euro
6.197.483,00 oltre IVA. Inoltre tra i
requisiti di capacità economico-finanziaria
è stata richiesta dall’art. 2, lett. f) una
dichiarazione bancaria contenente l’impegno
dell’Istituto di aprire a favore del
concorrente, in caso di aggiudicazione, una
linea di credito pari ad almeno Euro
1.000.000,00 a garanzia eventuale per far
fronte al pagamento di stipendi e
contributi; nonché una dichiarazione del
fatturato globale, riferito agli ultimi tre
esercizi finanziari, per un importo minimo
pari ad almeno euro 10.000.000,00.
Valutando ciascuno dei sopraelencati
requisiti si osserva quanto segue. In ordine
alla durata di iscrizione al Registro delle
Imprese presso le Camere di Commercio si
ritiene che i dieci anni richiesti
rappresentino un lasso temporale eccessivo e
sproporzionato rispetto all’oggetto della
gara, che determina un irragionevole
restringimento della concorrenza a danno
delle imprese che operano da poco tempo sul
mercato.
Per quanto concerne i requisiti di capacità
economica, la stazione appaltante,
avvalendosi della discrezionalità prevista
dall’articolo 41 del Codice dei contratti,
ha scelto di richiedere ai concorrenti, ai
fini della dimostrazione dei requisiti di
capacità, la concessione o l’impegno a
concedere una linea di credito.
Tale previsione, tuttavia, non risulta
essere adeguatamente giustificata, anche in
considerazione degli altri requisiti
previsti dalla documentazione di gara,
nonché dell’importo fissato a base d’asta.
Sul punto deve osservarsi come non sembra
ammissibile la previsione in sede di
partecipazione alla gara di un requisito
strettamente connesso alla fase contrattuale
che, tuttavia, non viene effettivamente
richiesto poi in sede di esecuzione
contrattuale. Trattasi infatti di onere
ultroneo, posto che, per ammissione della
stessa SA, non è prevista nell’appalto una
apertura di credito dopo l’aggiudicazione
(si veda il parere dell’Autorità del
17.07.2008 n. 194).
Deve segnalarsi, inoltre, che il fatturato
richiesto pari ad almeno euro 10.000.000,00
risulta essere di gran lunga superiore
all’importo a base d’asta pari ad euro
971.963,56. Anche moltiplicando la base
d’asta per i due anni di durata del
contratto, risulterebbe una base d’asta con
un importo pari a euro 1.943.927,12, che è
notevolmente inferiore a quanto stabilito
come requisito di partecipazione, anche alla
luce delle indicazioni espresse da questa
Autorità con le deliberazioni n. 20, 33 e 62
del 2007, nelle quali veniva considerata non
incongrua o sproporzionata, né limitativa
dell’accesso alla gara la richiesta di un
fatturato, nel triennio pregresso, sino al
doppio dell’importo posto a base della
stessa.
Le ulteriori censure sono da considerarsi
assorbite dai rilievi sopradescritti.
In base a quanto sopra considerato Il
Consiglio ritiene, nei limiti di cui in
motivazione, che i requisiti di
partecipazione presenti nella lex specialis
di gara risultano non essere conformi ai
principi di proporzionalità, nonché alla
normativa vigente di settore
(parere
07.05.2009 n.
59 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Servizi
di manutenzione - Requisiti di
partecipazione - Richiesta relativa ai
servizi di punta - Carattere proporzionato e
ragionevole - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità
evidenziato, alla stregua della
giurisprudenza amministrativa, che la
stazione appaltante può fissare
discrezionalmente i requisiti di
partecipazione, anche superiori rispetto a
quelli previsti dalla legge, purché essi non
siano manifestamente irragionevoli,
irrazionali, sproporzionati, illogici,
nonché lesivi della concorrenza (cfr. per
tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n.
188).
Nel caso di specie l’Autostrada Torino
Savona S.p.A. ha ritenuto di richiedere, a
causa di una serie di specificità e
complessità che caratterizzano il servizio
in oggetto, requisiti più restrittivi e
rigorosi di quelli previsti dagli artt. 41 e
42 del D.Lgs. n. 163/2006. Tali ulteriori
requisiti, tuttavia, che, come descritto in
narrativa, sono rappresentati dai cd. “servizi
di punta”, non sembrano porsi in
violazione con i principi di proporzionalità
e ragionevolezza.
In particolare non è richiesto dalla
documentazione di gara che detti servizi di
punta debbono necessariamente essere
identici a quelli da affidare. La
precisazione operata nella documentazione di
gara in accordo alla quale “per servizi
analoghi si intendono servizi di
manutenzione ordinaria eseguiti in ambito
autostradale” permette, infatti,
chiaramente di desumere che i servizi
richiesti possono essere stati svolti dalle
società concorrenti lungo tutto il
territorio nazionale, presso tutte le
autostrade.
Il disciplinare, in sostanza, consegue
l’obiettivo di far partecipare alla gara
concorrenti che abbiano l’esperienza e la
competenza di gestire le complessità
tecniche evidenziate dalla stazione
appaltante relativamente a servizi analoghi
a quelli complessivamente considerati (si
veda in questo senso Cons. di Stato, sez. V,
03.05.2006 n. 2464).
L’entità minima dei servizi, nel triennio,
pari al 100% dell’importo contrattuale posto
a base d’asta, non sembra essere
sproporzionato, dal momento che esso è
riferito ad un solo anno di durata del
contratto, con la possibilità di sommare, in
alternativa, due servizi analoghi di importo
non inferiore al 120% dell’importo a base
d’asta, oppure tre servizi analoghi pari al
150% dell’importo a base d’asta.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la documentazione di
gara è conforme alla normativa vigente di
settore
(parere
07.05.2009 n.
58 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI FORNITURE: Forniture
- Specifiche tecniche - Dimostrazione della
ditta concorrente circa la conformità
tecnica del proprio prodotto alle
prescrizioni previste dal capitolato
speciale - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Come questa Autorità ha già avuto modo di
evidenziare in precedenti occasioni (si
vedano i pareri 20.12.2007 n. 158;
10.10.2007 n. 51; 19.07.2007 n. 256) ai
sensi dell'articolo 68 del D. Lgs. n.
163/2006, le specifiche tecniche di appalto
devono consentire pari accesso agli
offerenti e non devono comportare la
creazione di ostacoli ingiustificati alla
concorrenza (comma 2) e, a meno di non
essere giustificate dall’oggetto
dell’appalto, le dette specifiche non
possono menzionare una fabbricazione o
provenienza determinata, né far riferimento
a un’origine o produzione specifica che
avrebbe come effetto di favorire o eliminare
talune imprese o prodotti (comma 13).
Pertanto, l’eventuale indicazione di marchi
o prodotti deve essere collegata a diciture
quali “o equivalente” ovvero “tipo”,
significative della volontà
dell'amministrazione di utilizzare il
marchio o la denominazione del prodotto solo
a titolo esemplificativo, per meglio
individuare le caratteristiche del bene
richiesto. Ne discende che attraverso il
concetto di equivalenza di cui al citato
articolo 68, si concretizza l’apertura al
mercato degli appalti nei confronti di
quegli operatori economici che usano sistemi
e prodotti analoghi a quelli individuati
dalla stazione appaltante.
Con la determinazione n. 2/2007, l’Autorità
ha posto in luce come con l’articolo 68,
comma 3, lettera b), del D.Lgs. n. 163/2006
sia chiaro l’intento del legislatore di
preservare, per ogni tecnica di redazione
dei capitolati e dei documenti di gara, la
possibilità per il concorrente di proporre
soluzioni diverse ed innovative, purché
idonee a soddisfare gli obiettivi della
stazione appaltante.
Nel caso in esame, la procedura di gara è
finalizzata all’acquisto di due spazzaneve
polivalenti le cui specifiche tecniche, sono
dettagliatamente descritte nel Capitolato
Speciale e nell’Allegato A al medesimo
Capitolato. Con riferimento a dette
specifiche tecniche, non sembrano rinvenirsi
riferimenti a marchi o a brevetti. In ogni
caso la stazione appaltante ha previsto nel
bando di gara al paragrafo “Aggiudicazione
provvisoria/aggiudicazione definitiva”
che “dopo l’individuazione dell’offerta
aggiudicataria provvisoria verrà richiesto
al competente 3° Servizio del II
Dipartimento di validare le offerte del 1° e
del 2° classificato nella graduatoria di
gara in ordine alla conformità tecnica dei
prodotti offerti al capitolato d’appalto ed
alla scheda tecnica”.
Attraverso la detta procedura è possibile,
dunque, per la ditta partecipante
dimostrare, sia in via documentale, sia in
contraddittorio, la conformità tecnica del
proprio prodotto alle prescrizioni previste
dal capitolato speciale. Dalla
documentazione prodotta dalle parti, emerge
che è stata condotta nel caso di specie dal
3° Servizio del II Dipartimento
un’istruttoria completa, la cui finalità è
stata quella di verificare la conformità
delle caratteristiche presenti nell’offerta
della EDITEC di Di Caro Giuseppe con quelle
contenute nel capitolato speciale. Non può,
pertanto, sostenersi che ci sia stato un
ostacolo alla partecipazione alla gara, né a
causa della documentazione di gara, né a
causa di una assenza di istruttoria da parte
della commissione di gara. Viceversa
l’istruttoria condotta dal 3° Servizio del
II Dipartimento è stata proprio indirizzata
nel senso di verificare la possibilità di
aggiudicare definitivamente l’offerta
dell’istante, nonostante la presenza nella
stessa di difformità rispetto a quanto
previsto nel capitolato speciale.
Per quanto attiene alla competenza tecnica
dei singoli componenti del 3° Servizio del
II Dipartimento, deve evidenziarsi come non
sia compito di questa Autorità pronunciarsi
nel merito, rientrando la nomina e la scelta
nell’esclusiva competenza della stazione
appaltante.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio Ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’operato della
stazione appaltante risulta essere conforme
alla normativa vigente di settore
(parere
23.04.2009 n.
57 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Offerte
anomale - Costo del lavoro - Assunzione di
personale disoccupato - Esonero versamento
contributi previdenziali e assistenziali -
Giustificazioni inerenti costo lavoro -
Ammissibilità.
Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla valutazione
dell’anomalia dell’offerta, l’Autorità ha
avuto già modo di esprimersi, sostenendo che
è l’Amministrazione che può e deve svolgere
il giudizio tecnico sulla congruità,
serietà, sostenibilità e realizzabilità
dell’offerta.
Infatti, gli apprezzamenti compiuti
dall’Amministrazione in sede di riscontro
dell’anomalia delle offerte costituiscono
espressione di un potere di natura
tecnico-discrezionale, improntato a criteri
di ragionevolezza, logicità e
proporzionalità, che rientra tra le
prerogative della stazione appaltante e, in
particolare, della commissione giudicatrice
(si vedano i pareri n. 169/2008 e n.
213/2008), salvo non emergano evidenti vizi
di ricostruzione dell’iter
logico-argomentativo.
Nel caso di specie le motivazioni che hanno
indotto l’Azienda Ospedaliera Universitaria
Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo
all’aggiudicazione dell’appalto alla ditta
S.G.S. Company s.r.l. non appaiono
irragionevoli o illogiche, trovando
fondamento nel fatto, asserito dalla
stazione appaltante, di non aver
precedentemente esperito alcuna gara di
appalto per l’affidamento del servizio di
portierato di cui trattasi, da cui discende
l’inapplicabilità, nel caso in esame, di
quanto sancito dal combinato disposto
dell’art. 4 del vigente CCNL per il
personale dipendente di imprese esercenti
servizi di pulizia e servizi integrati/multi
servizi e dell’art. 1 del D.L. 29.12.2007,
n. 250.
Infatti, per un verso, il citato art. 4 del
CCNL di settore, alla lett. a), stabilisce
testualmente che “in caso di cessazione
di appalto a parità di termini, modalità e
prestazioni contrattuali l’impresa
subentrante si impegna a garantire
l’assunzione senza periodo di prova degli
addetti esistenti in organico sull’appalto
risultanti da documentazione probante che lo
determini almeno 4 mesi prima della
cessazione stessa, salvo casi particolari
quali dimissioni, pensionamenti, decessi”.
Per altro verso, ma sempre al medesimo fine
di rafforzare la tutela della piena
occupazione dei lavoratori impiegati in
società che svolgono attività di servizi di
pulizia, l’art. 1 del D.L. n. 250/2007
esclude l’applicazione delle disposizioni in
materia di licenziamenti collettivi in tale
particolare ipotesi di subentro, che viene
normativamente precisata come “acquisizione
di personale già impiegato nel medesimo
appalto, a seguito di subentro di nuovo
appaltatore”.
Conseguentemente, non sussistendo nella
fattispecie in esame il suddetto obbligo di
riassorbimento del personale, non emergono
apparenti ostacoli normativi all’assunzione
di lavoratori disoccupati da parte
dell’aggiudicataria S.G.S. Company s.r.l. e,
quindi, alla possibilità per la stessa di
giustificare il ribasso anomalo appellandosi
alla legge 407/1990, che propriamente
consente di fruire dell’esonero dall’obbligo
del versamento dei contributi previdenziali
e assistenziali con l’assunzione di
lavoratori disoccupati.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che non emergono
evidenti vizi nell’iter logico-argomentativo
seguito dalla stazione appaltante in sede di
riscontro dell’anomalia dell’offerta
dell’aggiudicataria S.G.S. Company s.r.l.
(parere
23.04.2009 n.
56 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità della scelta di
un'amministrazione di non invitare alla
trattativa privata per l'affidamento
provvisorio del servizio nettezza urbana, la
società che era in precedenza affidataria
dell'appalto.
E' legittima la scelta di una
amministrazione di non invitare alla
trattativa privata per l'affidamento
provvisorio del servizio nettezza urbana, la
società che era in precedenza affidataria
dell'appalto, in quanto tale trattativa si è
svolta immediatamente dopo e per effetto
dell'avvenuta risoluzione per inadempimento
nei confronti della medesima società. Né, la
procedura posta in essere era tale da
obbligare l'amministrazione a trattare con
chiunque avesse fatto domanda di
partecipazione, trattandosi di una
trattativa privata negoziata senza previa
pubblicazione di un bando di gara avviata ai
sensi dell'art. 7, c. 2, lett. d, del d.l.vo
17.03.1995 n. 157 (all'epoca vigente), il
quale appunto consente all'amministrazione
di invitare un numero ristretto di Ditte
(almeno in numero di tre) "nella misura
strettamente necessaria, qualora, per
impellente urgenza determinata da
avvenimenti imprevedibili per
l'amministrazione aggiudicatrice, non
possano essere osservati i termini, di cui
agli articoli 8, 9 e 10, per il pubblico
incanto, la licitazione privata, l'appalto
concorso o la trattativa privata con
pubblicazione di un bando; le circostanze
addotte per giustificare tale impellente
urgenza non devono essere imputabili alla
stazione appaltante" (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.05.2009 n. 3080 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione dell'art.
29, c. 1, della direttiva del Consiglio
92/50/CEE, che contiene un elenco tassativo
delle cause di esclusione dalla
partecipazione ad un appalto di servizi.
E' incompatibile con il diritto comunitario
una normativa nazionale che non autorizza la
partecipazione ad una medesima procedura di
aggiudicazione, in modo concorrente, società
aventi fra loro un rapporto di controllo o
d'influenza notevole.
- L’art. 29, c. 1, della direttiva del
Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, deve
essere interpretato nel senso che esso non
osta a che uno Stato membro, in aggiunta
alle cause di esclusione contemplate da tale
disposizione, preveda ulteriori cause di
esclusione finalizzate a garantire il
rispetto dei principi di parità di
trattamento e di trasparenza, a condizione
che tali misure non eccedano quanto
necessario per conseguire la suddetta
finalità.
- Il diritto comunitario osta ad una
disposizione nazionale che, pur perseguendo
gli obiettivi legittimi di parità di
trattamento degli offerenti e di trasparenza
nell’ambito delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici,
stabilisca un divieto assoluto, a carico di
imprese tra le quali sussista un rapporto di
controllo o che siano tra loro collegate, di
partecipare in modo simultaneo e concorrente
ad una medesima gara d’appalto, senza
lasciare loro la possibilità di dimostrare
che il rapporto suddetto non ha influito sul
loro rispettivo comportamento nell’ambito di
tale gara (Corte di giustizia europea, Sez.
IV,
sentenza 19/5/2009 n. C-538/07 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'interpretazione dell'art.
13, c. 4, del cd. decreto Bersani (d.l.
04.07.2006 n. 223).
L'art. 13 del dl. 223/2006, ha
implicitamente sancito, con carattere
generale, che le società miste devono
necessariamente operare intra moenia.
- La sanzione della nullità prevista
nell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006
(c.d. decreto Bersani), colpisce i contratti
scaturiti da una procedura ad evidenza
pubblica svoltasi in epoca in cui era già
cogente il divieto normativo, altrimenti non
troverebbe giustificazione plausibile la
previsione di cui al c. 3 del citato art.
13, la quale delinea un procedimento di
graduale conformazione da compiersi a mezzo
della cessione a terzi delle attività non
consentite, ovvero la costituzione di
separate società da allocare sul mercato. La
lettura interpretativa dell'art. 13, c. 4,
del d.l. n. 223/2006, nel senso anzidetto si
evince, inoltre, dal contenuto della
modifica apportata al c. 4 dell'art. 13 dal
c. 720 dell'art.1 della l. 27.12.2006 n.
296, secondo cui "restano validi, fatte
salve le prescrizioni di cui al c. 3, i
contratti conclusi dopo la data di entrata
in vigore del presente decreto, ma in esito
a procedure di aggiudicazione bandite prima
della predetta data". E' evidente,
infatti, che il legislatore ha inteso far
chiarezza una volta per tutte introducendo
una disposizione che, in quanto di natura
interpretativa, ha efficacia retroattiva e
dunque si applica a tutte le fattispecie
-ivi comprese quella che forma oggetto del
caso di specie- in cui le procedure sono
state bandite prima ma i relativi contratti
sono stati stipulati dopo l'entrata in
vigore del decreto suddetto.
- L'art. 13 del dl. 223/2006, nel rendere
definitivamente cogente per le società miste
il principio di esclusività nel rapporto di
committenza con gli enti costituenti o
affidanti, ha implicitamente suggellato, con
carattere generale, il suo corollario, e
cioè che le stesse devono necessariamente
operare intra moenia (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.05.2009 n. 3001 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'inapplicabilità alle gare
indette per la concessione di servizi della
disciplina dettata all'art. 70 del Codice
dei contratti pubblici sul termine per la
presentazione delle offerte per le procedure
di gara per l'affidamento di appalti
pubblici.
L'art. 30, c. 1, del d. lgs. 12.04.2006 n.
163 (Codice dei contratti pubblici)
stabilisce, che "Salvo quanto disposto
nel presente articolo, le disposizioni del
codice non si applicano alle concessioni di
servizi". Pertanto, nel caso di specie,
è erronea l'applicazione analogica della
disciplina dettata all'art. 70 del Codice
dei contratti pubblici sul termine per la
presentazione delle offerte concernente le
procedure negoziate senza previa
pubblicazione del bando di gara in materia
di appalti alla diversa materia delle
concessioni di servizi, in palese violazione
della previsione racchiusa nell'art. 30, c.
1, del medesimo Codice dei contratti
pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2864 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di
un'aggiudicazione di una gara ad un'ATI, per
violazione dell'art. 13 della l. n. 248/2006
(Bersani), essendo una delle società che
fanno parte dell'associazione, partecipata
indirettamente dalla regione.
E' illegittima l'aggiudicazione di una gara
a inviti bandita da una Autorità Portuale
per la redazione di uno studio sulle
potenzialità del relativo porto in materia
di traffico container, ad una A.t.i. in
quanto una delle società che fanno parte
dell'associazione temporanea è partecipata
indirettamente dalla regione e produce
servizi strumentali all'attività della
regione e di soggetti pubblici alla medesima
riconducibili, per violazione dell'art. 13
del d.l. 04.07.2006 n. 223, convertito nella
l. 04.08.2006 n. 248. Alla luce della
ratio sottesa all'art. 13 d.l. n. 223
del 2006, infatti, volto a tutelare i
principi di concorrenza e di trasparenza
nonché quello di libertà di iniziativa
economica, che risulterebbero turbati dalla
presenza di soggetti che proprio per la
presenza -diretta o indiretta- della mano
pubblica finiscono in sostanza per eludere
il rischio d'impresa, devono considerarsi
società partecipate da amministrazioni
pubbliche regionali o locali anche quelle
società che sono partecipate da società
intermedie controllate da dette
amministrazioni: il divieto previsto
dall'art. 13, dunque, deve ritenersi
applicabile ad un'impresa partecipata da
un'altra impresa, controllata da altra
impresa ancora che a sua volta è controllata
da un'amministrazione pubblica regionale.
Inoltre, la ratio della prescrizione
conserva integra la sua validità anche nei
casi in cui la strumentalità non sia
ristretta all'attività interna della p.a.
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 06.05.2009 n. 908 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Condono - Nulla osta
paesaggistico - Rilascio - Diniego -
Motivazione.
Il diniego di nulla osta paesaggistico -sia
a regime, sia a fronte di domande di
sanatoria- deve essere assistito da una
motivazione concreta sulla realtà dei fatti
e sulle ragioni ambientali ed estetiche che
sconsigliano alla P.A. di ammettere un
determinato intervento: affermare che un
determinato intervento compromette gli
equilibri ambientali della zona interessata
per le incongruenze fra tipologia e finiture
prescelti in progetto e contesto
paesaggistico senza nulla aggiungere non
spiega alcunché sul futuro danno alle
bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è
un mero postulato apodittico (TAR Liguria,
sez. I, 05-12-2006 n. 1632; TAR Liguria,
sez. I, 15-12-2005 n. 1710; TAR Liguria,
sez. I, 18-11-2004 n. 1552) (TAR Liguria,
Sez. I,
sentenza 08.04.2009 n. 617 - link
a http://mondolegale.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazioni paesaggistiche -
Diniego di nulla osta - Motivazione
specifica - Necessità - Motivazione generica
secondo cui l’intervento comprometterebbe
gli equilibri ambientali della zona
interessata - Mediante una motivazione che
fa rinvio "a cascata" a pareri degli organi
interni - Senza alcuna autonoma valutazione
da parte dell’organo competente a
provvedere.
Nei casi in cui
–come quello in esame– la discrezionalità
tecnico/amministrativa abbia un ruolo
considerevole, un diniego di nulla osta deve
essere assistito da una motivazione concreta
sulla realtà dei fatti e sulle ragioni
ambientali ed estetiche che sconsigliano
alla P.A. di non ammettere un determinato
intervento: affermare che un determinato
intervento compromette gli equilibri
ambientali della zona interessata per le
incongruenze fra tipologia e materiali
scelti e contesto paesaggistico senza nulla
aggiungere, non spiega alcunché sul futuro
danno alle bellezze ambientali che ne
deriverebbe ed è un mero postulato
apodittico (TAR Liguria, 1^, 11.07.2007 n.
1370; id., 05.12.2006 n. 1632; id.,
15.12.2005 n. 1710; id., 18.11.2004 n. 1552)
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 22.12.2008 n. 2187 -
link a www.giustizia-amministrativa.it) |
EDILIZIA PRIVATA:
Quando l’Amministrazione ritenga
di dover denegare un’autorizzazione
paesaggistica deve adeguatamente motivare la
propria determinazione indicando con
puntualità il contenuto specifico del
vincolo e le ragioni della contrarietà di
quanto proposto col vincolo stesso.
Quando l’Amministrazione ritenga di dover
denegare un’Autorizzazione Paesaggistica
(ove la discrezionalità pur se ampia -in
quanto involge sia aspetti di apprezzamento
estetico, che di discrezionalità tecnica,
che di merito vero e proprio, non
sindacabile in questa sede- non può
risolversi in arbitrio) deve adeguatamente
motivare la propria determinazione indicando
con puntualità il contenuto specifico del
vincolo e le ragioni della contrarietà di
quanto proposto col vincolo stesso, non
apparendo sufficiente il richiamo ad una
generica mancanza di “integrazione” di
quanto progettato (in particolare: abbaini e
terrazze) con l’impianto edilizio esistente
nel luogo, specie quando la regolamentazione
edilizia ne consenta, sia pure con limiti e
caratteristiche ben precise, la
realizzazione (TAR Friuli Venezia Giulia,
Sez. I,
sentenza 11.07.2008 n. 400 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla prelazione di beni di
interesse storico.
L'istituto della prelazione su cose di
interesse storico, artistico ed archeologico
di proprietà privata differisce nettamente
dall'omonimo istituto civilistico,
trattandosi dell'esercizio di una potestà di
natura autoritativa con effetti di carattere
ablatorio per la tutela e la valorizzazione
dei beni appartenenti alle categorie
identificate dalla legge 1089/1939. A fronte
di detto potere le posizioni dei destinatari
del provvedimento hanno consistenza di
interesse legittimo e ricevono piena tutela
avanti al giudice amministrativo quale
giudice "nell'amministrazione" delle
fattispecie provvedimentali espressione di
potestà discrezionali, secondo l'indirizzo
sul riparto di giurisdizione da ultimo
segnato dalla decisione della Corte
costituzionale n. 204/2004.
L'art. 31 della legge 1089/1939 rimette alla
più ampia valutazione dell'amministrazione
l'opportunità di esercitare o meno il
diritto di prelazione in presenza di
trasferimento a titolo oneroso di beni
oggetto di vincolo specifico. La norma non
individua specifici interessi di carattere
secondario che devono concorrere nella
fattispecie, onde dar luogo all'acquisto
coattivo in mano pubblica del bene e della
cui esistenza si debba dare conto nella
motivazione del provvedimento. In ogni caso,
quando l'amministrazione esterna gli
interessi di rilievo pubblico che la hanno
mossa ad avvalersi del diritto di prelazione
(nella specie, migliore tutela
dell'integrità dell'immobile e adibizione
dello stesso ad usi allo stesso peculiari),
ciò giustifica ampiamente l'opportunità di
dar luogo all'acquisizione del bene al
demanio pubblico, risultando irrilevante la
circostanza che lo stesso potere non sia
stato esercitato in occasione di precedente
compravendita del bene (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza
02.11.2007 n. 5665 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla motivazione dell'atto di
diniego di autorizzazione paesaggistica.
In relazione al diniego di autorizzazione
paesaggistica, l'obbligo di motivazione deve
essere assolto con particolare compiutezza
nell'ipotesi in cui la fattispecie da
affrontare richieda valutazioni approfondite
e complesse, da rendere comprensibili agli
interessati, mentre è adeguatamente assolto
in forma sintetica laddove le ragioni della
determinazione amministrativa siano evidenti
(fattispecie in cui il giudice ha ritenuto
che dalla documentazione fotografica
emergesse con tutta evidenza la qualità
indecorosa dei manufatti in questione,
palesemente realizzati in maniera tale da
renderli incompatibili con la tutela di una
zona che riveste pregio paesaggistico. In
tale situazione, l'onere motivazionale è
stato ritenuto assolto con la semplice
descrizione dei manufatti, dalla quale si
evince con chiarezza la loro incompatibilità
con il vincolo) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.10.2007 n.
5330 - link a
www.giustizia-amministrativa.it) |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulle autorizzazioni
paesaggistiche per i piani di lottizzazione.
I piani di lottizzazione ricadenti in zone
vincolate sotto l'aspetto ambientale
necessitano del parere paesaggistico, che è
di competenza regionale e detto parere,
avendo natura giuridica sostanziale di
autorizzazione, è assoggettato al controllo
ministeriale Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.10.2007 n.
5092 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla decorrenza del termine per
l'esercizio del potere di annullamento di
autorizzazioni paesaggistiche, in caso di
riesercizio del potere a seguito di
giudicato.
Data ormai per pacifica la perentorietà del
termine di 60 giorni previsto per
l'esercizio del potere di annullamento di
una autorizzazione paesaggistica, nel caso
in cui la soprintendenza debba riesercitare
il potere a seguito di un giudicato, non si
può ammettere che tale potere, delimitato da
un termine perentorio fissato dal
legislatore, possa essere liberamente
esercitato senza vincoli temporali, ma deve
ritenersi che il termine di sessanta giorni
si applichi e che tale termine decorra dalla
conoscenza della sentenza di annullamento da
parte della soprintendenza (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 04.09.2007 n. 4632 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla comunicazione di avvio del
procedimento di autorizzazione paesaggistica
e sull'applicazione dell'art. 21-octies
della legge n. 241/1990.
L'amministrazione statale dei beni culturali
è obbligata a comunicare al privato l'avvio
del procedimento di annullamento di una
autorizzazione paesaggistica allo scopo di
consentire all'interessato di avvalersi
degli strumenti di partecipazione e di
accesso, previsti dalla legge 241/1990
(fattispecie anteriore alle modifiche
introdotte con il d.lg. 42/2004).
In caso di omesso invio della comunicazione
di avvio del procedimento, l'amministrazione
può invocare l'applicazione dell'art.
21-octies della legge 241/1990 solo quando è
in grado di fornire una prova
particolarmente rigorosa che il
provvedimento non poteva essere diverso.
Deve escludersi la sussistenza di tale prova
quando gli elementi che il privato intendeva
introdurre nel procedimento (e che ha
indicato in giudizio) non siano facilmente
risolvibili se non con valutazioni di merito
che appaiono precluse al giudice
amministrativo (che peraltro si fonderebbero
su una risposta alle osservazioni del
privato resa in giudizio dalla p.a., o
meglio dal suo difensore, sulla base di
ulteriori elementi rispetto a quelli emersi
in sede procedimentale, col l'effetto di
squilibrare ancor più la posizione del
cittadino rispetto all'amministrazione)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.09.2007 n.
4614 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul rilascio del nulla osta in
zona oggetto di vincolo archeologico.
La circostanza che il comune abbia
autorizzato la realizzazione di un
fabbricato in zona oggetto di vincolo
archeologico non esonera l'interessato dal
conseguire il rilascio del nulla-osta da
parte dell'amministrazione preposta alla
protezione del bene vincolato, rilascio che
non per questo diventa atto dovuto
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.06.2007 n.
3703 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sull'imposizione del vincolo
storico ad aree circostanti il bene.
E' illegittimo il provvedimento che, con
riferimento alla necessità di tutelare sotto
il profilo storico e artistico una vecchia
masseria, per il fatto che all'interno sono
conservati gli ambienti con i manufatti
peculiari legati alla loro destinazione
d'uso, estende il vincolo storico e
artistico anche all'area contigua per una
superficie di oltre 16 mila metri quadrati,
in quanto le esigenze di tutela del bene
culturale non risultano per nulla
proporzionate, logiche e ragionevoli in
rapporto al corrispondente sacrificio
imposto alla proprietà privata
Le ragioni di tutela paesistica delle
bellezze naturali di insieme esulano dalle
diverse esigenze di tutela dei beni
culturali, i quali, tra l'altro,
costituiscono beni individui (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 25.06.2007 n. 3595 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul divieto di autorizzazione
paesaggistica in sanatoria.
Il divieto di rilascio di autorizzazione
paesaggistica in sanatoria, introdotto
dall'art. 146, comma 10 lett. c), d.lg.
42/2004, non è operante nella vigenza del
sistema transitorio disciplinato dall'art.
159 dello stesso decreto in relazione alle
fattispecie cui non si applica la successiva
modifica apportata dal decreto legislativo
24.03.2006, n. 157.
Infatti, il d.lg. 42/2004 nel mentre ha
introdotto nella disciplina a regime una
serie di innovazioni non solo di ordine
sostanziale, ma anche procedimentale in tema
di autorizzazione paesaggistica, e tra
l'altro il divieto di autorizzazione in
sanatoria (art. 146), ha però previsto
all'art. 159 un "procedimento di
autorizzazione in via transitoria", "fino
alla approvazione dei piani paesaggistici",
che, pur innovando per taluni aspetti la
previgente disciplina, non contiene anche il
divieto di autorizzazione in sanatoria. Né
vale obiettare che la disciplina introdotta
dall'art. 146 sarebbe entrata immediatamente
in vigore in mancanza di un espresso
differimento, giacché la previsione di una
normativa transitoria (per il tempo
necessario alla approvazione dei piani
paesaggistici) non può che determinare la
temporanea sospensione della disciplina a
regime.
Tale interpretazione è confermata dalle
"disposizioni correttive e integrative"
apportate con il successivo d.lg. 157/2006,
il quale, mentre da un lato ha temperato la
rigidità del divieto di autorizzazione in
sanatoria introducendo una serie di
eccezioni (cfr. art. 167 d.lg. 42/2004 come
riformulato dall'art. 27 d.lg. 157/2006),
dall'altro ha esteso anche alla fase
transitoria il divieto di autorizzazione in
sanatoria seppure con le eccezioni anzidette
(cfr. art. 159, 6° comma, come riformulato
dall'art. 26 d.lg. 157/2006). E' dunque solo
con la novella del 2006 che è stato esteso
al procedimento di autorizzazione della fase
transitoria il divieto di sanatoria nella
nuova versione. E la ragione di ciò si
rinviene agevolmente nel fatto che
protraendosi nel tempo la fase transitoria
(per la mancata approvazione dei piani
paesaggistici) si è ritenuto di raccordare
-quanto alla disciplina "sostanziale"-
la autorizzazione della fase transitoria con
quella a regime, tanto più che con i
temperamenti introdotti il divieto di
sanatoria veniva ad essere limitato agli
interventi di maggiore impatto, e
segnatamente a quelli comportanti "creazione
di superfici utili o volumi, ovvero aumento
di quelli legittimamente realizzati"
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.06.2007 n.
3483 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla natura non recettizia
dell'annullamento di autorizzazione
paesaggistica e sull'onere di motivazione in
sede di rilascio dell'autorizzazione per un
intervento già valutato in astratto in
occasione dell'approvazione del piano di
lottizzazione.
L'atto di annullamento della autorizzazione
paesaggistica previsto dall'art. 82, comma
9, d.p.r. 616/1977 costituisce atto non
recettizio e pertanto il termine perentorio
di sessanta giorni assegnato alla
soprintendenza per l'eventuale annullamento
si riferisce solo alla adozione e non anche
alla comunicazione di tale atto. Infatti, la
natura recettizia o meno dei provvedimenti
amministrativi è stabilita dalla legge,
mentre la delegificazione dei procedimenti
la cui disciplina è ora demandata ai
regolamenti, non può toccare gli atti finali
di detti procedimenti e la loro natura
giuridica.
Quando l'intervento oggetto di
autorizzazione riguarda l'ultimo lotto di un
Piano di lottizzazione convenzionato sul
quale era già intervenuto il parere
favorevole della soprintendenza, l'onere di
motivare la compatibilità paesaggistica del
singolo intervento da realizzare all'interno
del Piano risulta fortemente attenuato, se
non addirittura escluso (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza
22.06.2007 n. 3453 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sull'imposizione del vincolo per
i beni degli enti pubblici.
La necessità di un provvedimento costitutivo
impositivo del vincolo sussiste anche per i
beni di interesse storico-artistico
appartenenti agli enti pubblici territoriali
(principio affermato con riferimento
all'art. 4 comma 3 legge 01.06.1939, n. 1089
- applicabile ratione temporis alle
controversie insorte prima della riforma
introdotta dagli artt. 10 e segg. decreto
legislativo 22.01.2004 n. 42) (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 22.06.2007 n. 3450 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sull'imposizione del vincolo
archeologico.
Presupposto necessario (e sufficiente)
perché una zona sia dichiarata di interesse
archeologico, e come tale sottoposta al
vincolo paesaggistico di cui all'art. 1,
lett. m), decreto legge 27.06.1985, n. 312,
conv. in legge 08.08.1985, n. 431, è la
sussistenza di emergenze archeologiche sul
territorio o, quanto meno, l'accertata e
notoria possibilità che in esso si trovino
reperti archeologici (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza
22.06.2007 n. 3442 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla necessità
dell'autorizzazione paesaggistica.
L'eventuale esonero dal titolo edilizio non
comporta altresì che l'opera da realizzare
in zona vincolata non sia soggetta ad
autorizzazione paesaggistica, che è
preordinata alla tutela dell'aspetto
esteriore dei luoghi e prescinde dal profilo
edilizio ed, in particolare, dalla necessità
o meno di un titolo edilizio. Laddove
l'immobile sia vincolato, assume rilievo la
natura del bene soggetto alla tutela
paesistica e non la natura dell'opus
potenzialmente idonea ad apportare al bene
protetto modificazioni pregiudizievoli al
suo aspetto esteriore (C.G.A.R.S.,
sentenza 15.06.2007 n.
472 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla comunicazione di avvio del
procedimento di dichiarazione di interesse
particolarmente importante del bene.
La comunicazione di avvio del procedimento
di dichiarazione di interesse
particolarmente importante del bene ai sensi
del decreto legislativo 29.10.1999, n. 490 è
atto immediatamente lesivo poiché,
diversamente dalla fattispecie generale di
cui all'art. 7 legge 07.08.1990, n. 241, non
esaurisce i suoi effetti nell'informare
l'interessato dell'apertura del procedimento
amministrativo, ma comporta l'applicazione
di una vera e propria misura di salvaguardia
consistente nell'automatica applicazione,
anticipata e cautelare, di alcuni degli
effetti conservativi del vincolo.
La comunicazione di avvio del procedimento
di dichiarazione di interesse
particolarmente importante del bene è di
competenza dell'organo centrale (del
ministro o chi per lui), restando all'organo
periferico il solo potere di proposta, a
nulla rilevando che l'espressione di detto
potere sia vincolante o meno per il
ministro, posto che la norma sulla
competenza ha natura formale e di stretta
interpretazione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 13.06.2007 n.
3171 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Motivazione puntuale - diniego
permesso di costruire ed autorizzazione
paesaggistica - necessita.
Risalente giurisprudenza, mai smentita e
sempre attuale, afferma che il diniego di
permesso di costruire, importando una
contrazione dello jus aedificandi del
proprietario, abbisogna di una
circostanziata motivazione, esplicativa
delle reali ragioni impeditive, da
individuarsi in un contrasto del progetto
presentato con precise norme esplicitamente
indicate ostative al rilascio (C.f.r.: C. di
S., sez. V, 30.03.1994, n 198 e TAR
Campania, sez. IV, 17.02.2003, n. 877); non
risultando sufficiente neppure una
motivazione per relationem, atteso
che, costituendo provvedimento di carattere
afflittivo, deve essere espressamente
correlato da appositi e specifici elementi
di contestazione delle richieste (TAR
Campania, sez. IV, 15.10.2002, n. 6340) (TAR
Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 19.07.2006 n. 7559 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Comunicazione di avvio - Procedimento ad
istanza di parte - Necessità - Non sussiste.
La comunicazione di avvio del procedimento
di cui agli art. 7 e 8 l. n. 241/1990 non è
necessaria in presenza di procedimenti
avviati ad istanza di parte o, comunque, in
procedimenti nei quali i privati interessati
abbiano avuto modo di interloquire
adeguatamente (il TAR ha osservato che
l'interessato aveva addirittura sollecitato
l'attivazione di poteri sostitutivi
regionali ai fini del rilascio del parere
della Soprintendenza in materia
paesaggistica) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 30.01.2006 n. 53 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Beni ambientali e paesaggistici
-Autorizzazione paesaggistica - Diniego -
Piano di lottizzazione - Legittimità.
2. Beni ambientali e paesaggistici
-Autorizzazione paesaggistica -Diniego -
Motivazione - Necessità.
3. Beni ambientali e paesaggistici
-Autorizzazione paesaggistica -Diniego -
Motivazione - Portata.
1.
È legittimo il diniego di autorizzazione
paesaggistica che evidenzia l'esigenza di
ridurre la volumetria degli edifici
progettati nell'ambito di un piano di
lottizzazione, dal momento che tale diniego
ha esclusiva attinenza, non a questioni di
carattere urbanistico-edilizio, ma alla
necessità di rendere effettivamente
compatibile l'intervento edilizio stesso con
il contenuto del vincolo paesaggistico.
2.
In caso di richiesta di autorizzazione per
la costruzione di un edificio in zona
soggetta a vincolo panoramico, è necessaria
un'adeguata motivazione, sia in caso di
diniego, onde consentire all'interessato di
adeguarsi alle osservazioni mosse alla sua
richiesta e di difendersi nella sede
competente, sia in caso di autorizzazione
dell'intervento, perché tutti i cittadini
devono potere tutelare il loro interesse
alla difesa del paesaggio.
3.
La motivazione del diniego di nulla osta
paesaggistico, non può essere limitata al
mero riferimento ad un pregiudizio
ambientale, con espressioni vaghe o formule
stereotipe, dovendo contenere una
sufficiente esternazione delle specifiche
ragioni per le quali si ritiene che un'opera
non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente,
mediante l'individuazione degli elementi di
contrasto ed un concreto e analitico
accertamento del disvalore dell'opera stessa
sul piano ambientale e paesaggistico; in
particolare, la motivazione deve riferirsi a
specifici e concreti valori ambientali e
paesistici del luogo, non potendosi basare
su affermazioni di ordine generale che si
possono attagliare ad una pluralità
indefinita di casi, fermo restando, però,
che all'amministrazione non è richiesto di
dar conto dell'avvenuto compimento di una
valutazione comparativa tra l'interesse per
la cui tutela è imposto il vincolo e quello
privato all'esecuzione dell'intervento
edilizio, dato che si presume che
l'interesse pubblico alla protezione del
paesaggio prevalga su quelli privati
antagonisti (il TAR ha rilevato che nel caso
specifico, in cui il diniego di
autorizzazione dei singoli interventi
seguiva un giudizio favorevole sul piano
paesaggistico per un complessivo intervento
edificatorio inserito in un piano di
lottizzazione, il provvedimento di diniego
di autorizzazione relativo ai singoli
episodi edilizi inseriti in tale piano
avrebbe dovuto dare conto delle difformità o
degli elementi integrativi dei progetti
edificatori rispetto alle soluzioni
prospettate e già oggetto di valutazione in
sede di piano di lottizzazione) (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 30.01.2006 n. 53 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
provvedimento di diniego del nulla osta
all’intervento edilizio in area sottoposta
vincolo di tutela paesaggistica è
illegittimo per insufficienza della
motivazione, allorquando il parere negativo
affermi un generico impatto ambientale
dell’intervento nella zona senza specificare
in maniera puntuale le ragioni della
ritenuta incompatibilità ambientale
dell’opera.
L’amministrazione preposta alla tutela delle
aree sottoposte a vincolo paesaggistico, in
sede di diniego di autorizzazione
paesaggistica, non è tenuta ad indicare, in
una logica comparativa degli interessi in
gioco, prescrizioni tese a rendere
l’intervento compatibile con la bellezza
tutelata, la cui protezione risponde ad un
interesse pubblico normalmente 4 prevalente
su quello privato (cfr. fra le altre Tar
Toscana III, 20.05.2002 n. 1042), il parere
espresso in ordine alla ritenuta
incompatibilità dell’opera con la valenza
paesaggistica dell’area deve essere
specificamente e dettagliatamente motivato
con riferimento ai profili di contrasto
dell’intervento edilizio considerato con il
paesaggio circostante.
Ne consegue, in via generale, che il
provvedimento di diniego del nulla osta
all’intervento edilizio in area sottoposta
vincolo di tutela paesaggistica è
illegittimo per insufficienza della
motivazione, allorquando il parere negativo
affermi un generico impatto ambientale
dell’intervento nella zona senza specificare
in maniera puntuale le ragioni della
ritenuta incompatibilità ambientale
dell’opera, specie ove essa si inserisca in
un contesto edilizio complessivo invece
ritenuto assentibile (cfr. in proposito Tar
Umbria 06.03.1998 n. 182).
In altri termini, pur non spingendosi
l’onere motivazionale fino al punto
dell’indicazione di prescrizioni tali da
rendere l’intervento edilizio assentibile,
il provvedimento di diniego deve rendere
intelligibili all’interessato le ragioni del
ritenuto contrasto dell’opera con il
paesaggio circostante, così da consentire,se
del caso, l’adozione di eventuali
accorgimenti volti a consentirne il recupero
della compatibilità ambientale e
paesaggistica
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 02.11.2004 n. 12086 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. - Autorizzazione art. 7 L.
1497/1939 - Diniego - Precedente rilascio di
autorizzazioni per interventi edilizi di
tipologia analoga a quella del ricorrente -
Illegittimità del diniego.
2. - Autorizzazione art. 7 L. 1497/1939 -
Prescrizioni e condizioni - Obbligo a carico
dell'amministrazione - Esclusione.
1.
- Deve ritenersi illegittimo il diniego di
autorizzazione ex art. 7 Legge 1497/1939 per
disparità di trattamento, illogicità e
mancanza di adeguata motivazione circa le
specifiche ragioni che ostano al rilascio
dell'atto autorizzatorio richiesto nel caso
in cui siano già state rilasciate da parte
dell'Amministrazione autorizzazioni
paesaggistiche in favore di progetti di
interventi edilizi analoghi a quello
denegato al ricorrente (nella fattispecie il
Comune aveva rilasciato talune
autorizzazioni ex art. 7 legge cit. sia per
l'inserimento di nuovi balconi, sia per
l'ampliamento di balconi esistenti, di
tipologia analoga a quella richiesta con
riferimento ad immobili ricadenti nell'area
in cui è sito il complesso immobiliare di
cui fa parte l'appartamento di proprietà del
ricorrente ed aveva motivato il diniego sul
presupposto "che l'intervento alteri
eccessivamente l'aspetto esteriore del
fabbricato").
2.
- In sede di diniego ex art. 7 della Legge
n. 1497 del 1939 l'amministrazione non è
tenuta ad indicare le modifiche progettuali
che consentirebbero di evitare la
compromissione del bene tutelato,
considerato che la norma di cui all'art. 16
della citata legge prevede una mera facoltà
e non già un obbligo in tal senso a carico
dell'Amministrazione medesima (TAR Toscana,
Sez. III,
sentenza 21.01.2002 n. 30 - link
a www.giurisprudenzaamministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 18.05.2009 |
ã |
UTILITA' |
APPALTI:
La procedura negoziata
(corso di formazione ed aggiornamento marzo
2009):
1-
M. Alesio,
Le procedure negoziate alla luce delle
ultime novità;
2-
modello di lettera di invito;
3-
slide (link a
www.centrostudimarangoni.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
di urbanizzazione a scomputo
(corso di formazione ed aggiornamento
febbraio 2009):
1-
M. Alesio,
LA DISCIPLINA DELLE “OPERE DI URBANIZZAZIONE
A SCOMPUTO” DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO
(D.LGS N. 152/2008);
2-
modello di convenzione accessiva al permesso
di costruire (link a
www.centrostudimarangoni.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 19 del
15.05.2009, "Indicazioni regionali per
percorsi formativi di Operatore Forestale
Responsabile e Istruttore Forestale"
(decreto
D.U.O. 27.04.2009 n. 4096 - link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA: "Determinazioni
in merito alle modalità per l'approvazione
dei Programmi Integrati di Intervento in
variante, non aventi rilevanza regionale, da
osservarsi fino all'approvazione dei Piani
di Governo del Territorio (art. 25, comma 7,
l.r. 12/2005 e s.m.i." (deliberazione
G.R. 06.05.2009 n. 9413 - in attesa
di pubblicazione sul B.U.R.L.). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
Novità ambientali. Gli effetti per gli enti
locali e le loro aziende (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Ramacci,
Emergenza rifiuti: riflessioni sul nuovo
sistema sanzionatorio «speciale»
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
Rifiuti contenenti idrocarburi (l'articolo
6-quater della legge 27.02.2009 n. 13):
pasticcio all'italiana (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
P. Fimiani,
Le principali decisioni della cassazione
sull’inquinamento idrico dopo il T.U. del
2006 (link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
R. Bertuzzi,
Ispezione, prelievo, campionamento, analisi
dei campioni di rifiuti in uno stabilimento
industriale (link a
www.tuttoambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
E. Villani,
IL “TESTO UNICO AMBIENTALE”: TRA AMBIGUITA’
E CERTEZZE (link a
www.tuttoambiente.it). |
QUESITI & PARERI |
PUBBLICO IMPIEGO: Progressioni
verticali.
Il Comune (omissis) in data 16.03.2009 ha
deliberato la modifica della dotazione
organica mediante soppressione dell'unico
posto in D1 nell'Area tecnico-manutentiva e
conseguente trasformazione dello stesso in
D3. Con successiva determinazione n. 31 in
data 16.03.2009 del Responsabile del
Servizio, è stato approvato il bando per la
progressione interna verticale.
Il posto in D1 è attualmente coperto da un
laureato in architettura, inquadrato
economicamente in D2 a far data dal
01.01.2004.
Il Comune chiede parere in merito alla
possibilità di continuare ad esperire la
progressione verticale interna, in
considerazione che con l'entrata in vigore
avvenuta il 20.03.2009 della legge statale
04.03.2009 n. 15, art. 5, comma 2 lett. f),
lo strumento della progressione interna
verticale risulta praticamente superato (Regione
Piemonte,
parere 45/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Permesso
di costruire. Conformità al vigente P.R.G..
E’ chiesto parere in merito ai possibili
rimedi esperibili da un Comune che abbia
rilasciato un permesso di costruire sulla
base di un erroneo presupposto, consistente
in un elaborato progettuale risultato non
conforme al vigente P.R.G.
(Regione Piemonte,
parere 44/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Nomina
nucleo di valutazione.
Il Comune (omissis), privo di dirigenza, per
l’anno 2007, non aveva provveduto alla
nomina del nucleo di valutazione né ad
assegnare specifici obbiettivi ai
responsabili di servizio, titolari di
posizioni organizzative.
In tale anno, si sono svolte le elezioni
amministrative che hanno portato alla
elezione di un nuovo sindaco e,
successivamente, a decorrere dal novembre
2007, alla nomina di un nuovo segretario.
Probabilmente le suddette circostanze hanno
inciso sulla tempestività ed effettività dei
suddetti adempimenti. I Responsabili di
servizio, che sono stati riconfermati dal
nuovo sindaco solo in data 06.11.2007,
chiedono il riconoscimento della
retribuzione di risultato, riferita all’anno
in questione.
Il Comune chiede, anche alla luce degli
orientamenti della Corte dei Conti, se è
possibile procedere al riconoscimento
richiesto rilevando che ritardi o mancanze
dell’Ente finiscono per pregiudicare le
aspettative dei dipendenti interessati (Regione
Piemonte,
parere 41/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Applicazione
edilizia privata al documento D.U.R.C..
Si chiede parere in merito alla disciplina,
da applicarsi nell’edilizia privata,
concernente il “D.U.R.C.” (Documento Unico
di Regolarità Contributiva).
In particolare, il Comune chiede se, poiché
“tale documento non viene sempre
presentato visto che con la DIA non è
necessaria la formalizzazione dell’inizio
lavori, è lecito chiedere il D.U.R.C. come
integrazione della D.I.A., fatto che
comporterebbe un tardare i termini
dell’inizio lavori oppure se lo si può
richiedere dopo i trenta giorni”; e se “poiché
in alcuni casi viene presentata una
dichiarazione di inizio lavori senza il
D.U.R.C., ma accompagnata da una
dichiarazione in merito al fatto che i
lavori verranno svolti in economia, è lecito
tale modo di procedere e se ci sono lavori
che possono essere svolti in proprio”
(Regione Piemonte,
parere 40/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ampliamento
edificio rurale. Rispetto limite fascia
stradale.
La questione posta nel quesito riguarda la
distanza delle costruzioni dalle strade.
Nello specifico, il Comune ha evidenziato la
seguente situazione.
Nel territorio agricolo esiste un fabbricato
rurale, edificato antecedentemente
all’entrata in vigore del d.m. 01.04.1968,
n. 1404, (“distanze minime a protezione del
nastro stradale da osservarsi nella
edificazione fuori del perimetro dei centri
abitati”).
L’edificio ricade, in base alla normativa
anzidetta, successivamente intervenuta ed
oggi vigente, in fascia di rispetto
stradale.
In virtù delle disposizioni del Piano
Regolatore Generale Comunale in vigore, il
fabbricato può essere fatto oggetto di
ampliamento nel limite massimo del 20% del
volume residenziale esistente.
Il privato ipotizza di sfruttare la facoltà
di ampliamento predetta, sopraelevando
l’edificio a filo.
La sopraelevazione, pertanto, verrebbe a
ricadere nella fascia di rispetto stradale
di cui dianzi si è detto.
Sia la legge reg. 56/1977 (art. 27) che il
P.R.G. medesimo dispongono che in fascia di
rispetto gli ampliamenti siano ammessi
esclusivamente sul lato opposto alla strada,
nei casi in cui essi sono di per sé
possibili.
Viene quindi richiesto se l’intervento, così
come proposto, sia ammissibile o se, invece,
debba rispettare il limite della fascia di
rispetto stradale come dianzi statuita (Regione
Piemonte,
parere 39/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
parcheggi. Presenza vincoli tutela paesaggio
e ambiente.
Vengono posti quesiti attinenti alla
corretta applicazione delle disposizioni di
cui all’articolo 9 della legge 122/1989
(cosiddetta “legge Tognoli”) recante norme
di incentivazione alla realizzazione di
parcheggi, nel caso in cui siano presenti
vincoli, a tutela del paesaggio e
dell’ambiente, che interessano l’area di
localizzazione dei parcheggi medesimi.
Più specificatamente, il Comune che formula
la richiesta considera due distinte
situazioni nelle quali compaiono vincoli su
aree interessate da progetti ed istanze per
il rilascio di permessi di costruire
parcheggi ai sensi della “legge Tognoli”.
In entrambe le situazioni, la perplessità
del Comune in ordine all’assentibilità degli
interventi predetti deriva dalla
considerazione del fatto che l’art. 9, comma
1, delle legge 122/1989:
- consente di realizzare parcheggi
pertinenziali nel sottosuolo o nei piani
terreni “anche in deroga agli strumenti
urbanistici”;
- ma precisa poi che “restano in ogni
caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed
ambientale”;
- ed aggiunge che restano fermi anche i
poteri regionali e ministeriali attribuiti
dalla legislazione predetta.
Le due situazioni disegnate dal Comune sono
però diverse; le si considera separatamente
(Regione Piemonte,
parere 38/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione
urbanistico-edilizia. Variazione al P.R.G..
Viene posto il problema
dell’assoggettabilità (o meno) al contributo
di costruzione di un intervento di
ristrutturazione urbanistica a fini
residenziali di un immobile (di
considerevole entità) utilizzato per
collegio/convitto fino alla fine degli anni
ottanta, da parte di una Congregazione
religiosa, successivamente inutilizzato (Regione
Piemonte,
parere 37/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Scarico
fumi non industriali.
Viene richiesto di chiarire, in termini
generali, ma anche a concreti fini
applicativi, due aspetti del quadro
normativo vigente da applicare alla
realizzazione di comignoli per l’emissione
di fumi non industriali: da un lato,
l’aspetto edilizio-urbanistico; dall’altro,
quello inerente agli scarichi del tipo
anzidetto
(Regione Piemonte,
parere 32/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
dossier ABUSI EDILIZI |
EDILIZIA PRIVATA:
Violazione di sigilli e
responsabilità del custode.
Qualora sia riscontrata la violazione di
sigilli, senza che il custode abbia
avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito
ritenere che detta violazione sia opera
dello stesso custode, da solo o in concorso
con altri, tranne che lo stesso dimostri di
essere stato in grado di avere conoscenza
del fatto per caso fortuito o per forza
maggiore (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 07.05.2009 n. 19075 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva e
responsabilità dell’acquirente e
sub-acquirente, sequestro e confisca.
1.
Nel reato di lottizzazione abusiva la
condotta dell’acquirente non configura un
evento imprevisto ed imprevedibile per il
venditore, perché anzi inserisce un
determinante contributo causale alla
concreta attuazione del disegno criminoso di
quegli e, per la cooperazione
dell’acquirente nel reato, non sono
necessari un previo concerto o un’azione
concordata con il venditore, essendo
sufficiente, al contrario, una semplice
adesione al disegno criminoso da quegli
concepito, posta in essere anche attraverso
la violazione (deliberatamente o per
trascuratezza) di specifici doveri di
informazione e conoscenza che costituiscono
diretta esplicazione dei doveri di
solidarietà sociale di cui all’art. 2 della
Costituzione.
L’acquirente, dunque, non può sicuramente
considerarsi, solo per tale sua qualità,
"terzo estraneo" al reato di lottizzazione
abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché
compartecipe al medesimo accadimento
materiale, dimostrare di avere agito in
buona fede, senza rendersi conto cioè -pur
avendo adoperato la necessaria diligenza
nell’adempimento degli anzidetti doveri di
informazione e conoscenza- di partecipare ad
un’operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l’acquirente sia consapevole
dell’abusività dell’intervento -o avrebbe
potuto esserlo spiegando la normale
diligenza- la sua condotta si lega con
intimo nesso causale a quella del venditore
ed in tal modo le rispettive azioni,
apparentemente distinte, sì collegano tra
loro e determinano la formazione di una
fattispecie unitaria ed indivisibile,
diretta in modo convergente al conseguimento
del risultato lottizzatorio.
2.
Neppure l’acquisto del sub-acquirente può
essere considerato legittimo con valutazione
aprioristica limitata alla sussistenza di
detta sola qualità, allorché si consideri
che l’utilizzazione delle modalità
dell’acquisto successivo ben potrebbe
costituire un sistema elusivo,
surrettiziamente finalizzato a vanificare le
disposizioni legislative in materia di
lottizzazione negoziale.
3.
Il venditore non può predisporre
l’alienazione degli immobili in una
situazione produttrice di alterazione o
immutazione circa la programmata
destinazione della zona in cui gli stessi
sono situati ed i soggetti che acquistano
devono essere cauti e diligenti
nell’acquisire conoscenza delle previsioni
urbanistiche e pianificatorie di zona:il
compratore che omette di acquisire ogni
prudente informazione circa la legittimità
dell‘acquisto si pone colposamente in una
situazione di inconsapevolezza che fornisce,
comunque, un determinante contributo causale
all‘attività illecita del venditore.
4.
Le argomentazioni svolte nella sentenza
20.01.2009 dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo non portano a concludere che, per
disporre la confisca prevista dalla norma
denunciata, il soggetto al quale la res
appartiene debba essere necessariamente
"condannato", in quanto ben può essere
accertata la sussistenza del reato di
lottizzazione abusiva in tutti i suoi
elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se
per una causa diversa, quale, ad esempio,
l’intervenuto decorso della prescrizione,
non si pervenga alla condanna del suo autore
ed alla inflizione della pena.
5.
La possibilità di utilizzazione residenziale
dei manufatti sequestrati per lottizzazione
abusiva può porsi in contrasto con le stesse
finalità della misura cautelare in concreto
ravvisate, contraddicendole e vanificandole
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.04.2009 n. 17865 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Sanatoria - Obbligo di provvedere della P.A.
- Sussiste.
2. Abusi -
Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36
D.P.R. 380/2001 - Silenzio rigetto - Obbligo
di istruttoria e di motivazione - Sussiste.
3. Abusi -
Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36
D.P.R. 380/2001 - Silenzio rigetto -
Motivazione - Produzione in sede giudiziaria
- Illegittimità.
1. A fronte di domanda volta al rilascio del
permesso di costruzione, anche in sanatoria,
sussiste in capo all'Amministrazione
l'obbligo di pronunciarsi: ciò, sia in forza
dei principi generali sanciti dagli articoli
2 e 3 della Legge 241/1990, sia in forza del
dettato specifico di cui all'art. 36 del
D.P.R. 380/2001.
2. La previsione del silenzio-rigetto in
materia edilizia non vale ad esimere la P.A.
dall'obbligo dell'istruttoria e della
motivazione, in quanto ciò significherebbe,
da un lato, privare l'interessato delle
garanzie procedimentali che gli assicurano
la possibilità di interloquire nel
procedimento, specie dopo l'eventuale
preavviso di rigetto ex art. 10-bis Legge
241/1990; dall'altro, significherebbe
trasferire in sede processuale l'istruttoria
dell'intera pratica edilizia, che il Comune
è viceversa tenuto a svolgere in sede
procedimentale nell'esercizio delle potestà
amministrative che gli competono, salvo
l'eventuale successivo sindacato
giurisdizionale.
3.
E' illegittima la motivazione del
silenzio-rigetto fornita per la prima volta
in sede giudiziaria, al di fuori ed
indipendentemente dal regolare svolgimento
di un iter in sede amministrativa (cfr.
Cons. di Stato sent. n. 7884/2006 e n.
7681/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.02.2009 n. 1360 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio - Parametri di
valutazione - Impiego delle opere -
Irrilevanza - Struttura, consistenza,
destinazione - Rilevanza.
In caso di esame d'istanza di condono di
opere abusive il Comune non è tenuto ad
accordare deroghe in rapporto all'utilizzo
attuale della costruzione, essendo rilevante
a riguardo non l'impiego di fatto, attuale
ed occasionale delle opere, bensì la loro
struttura, consistenza e destinazione come
individuate nella domanda di condono (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1332 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi - Misure
repressive - Ordinanza di demolizione -
Obbligo di avviso ex art. 7 Legge 241/1990 -
Non sussiste.
2. Abusi - Misure
repressive - Sanzione pecuniaria e sanzione demolitoria - Ambito di applicazione.
1. L'ordine di demolizione di opere edilizie
abusive non deve essere preceduto
dall'avviso ex art. 7 Legge 241/1990,
trattandosi di atto dovuto, che viene emesso
quale sanzione per l'accertamento
dell'inosservanza di disposizioni
urbanistiche secondo un procedimento di
natura vincolata precisamente tipizzato dal
legislatore e rigidamente disciplinato (cfr.
TAR Napoli, sent. n. 15871/2007).
2. La sanzione pecuniaria ex art. 37, comma
1, D.P.R. 380/2001 riguarda solo gli
interventi soggetti a D.I.A. conformi agli
strumenti di piano, mentre per ogni altro
caso si applicano gli articoli 31 e seguenti
D.P.R. 380/2001, che prevedono l'utilizzo
della sanzione demolitoria (art. 37 ultimo
comma, D.P.R. 380/2001) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1330). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Sanatoria - Istanza di sanatoria ex art. 36
D.P.R. 380/2001 - Accoglimento/diniego - E'
attività vincolata - Eccesso di potere per
contraddittorietà e ingiustizia manifesta - Inconfigurabilità.
2. Abusi -
Sanatoria - Data dell'abuso - Prova - Onere
del richiedente.
3. Abusi -
Sanatoria - Data dell'abuso - Prova -
Dichiarazione sostitutiva di atto notorio -
Insufficienza - Ratio.
1. Nell'ambito di un'attività vincolata
quale quella di accoglimento o diniego di
una istanza di condono - che deve essere
accolta se ne sussistono i presupposti o
rigettata se non sussistono, senza che
residuino spazi di discrezionalità alla
decisione dell'Ente Pubblico - non può
essere dedotto l'eccesso di potere per
contraddittorietà e ingiustizia manifesta.
2. L'onere di provare l'esistenza del
manufatto oggetto di abuso alla data ultima
per beneficiare del condono spetta al
privato che chiede di condonarlo, il quale
fa transitare tale onere in capo
all'Amministrazione soltanto se fornisce
elementi concreti dell'esistenza dello
stesso (cfr. TAR Napoli, sent. n.
9347/2008).
3.
L'onere per il privato di dimostrare che
l'opera da condonare è stata completata
entro la data utile comporta che la
dichiarazione sostitutiva di atto notorio
non è sufficiente a tal fine, essendo
necessari ulteriori riscontri documentali,
eventualmente anche indiziari, purché
altamente probanti: con la conseguenza che,
nel caso di mancato adempimento, da parte
del richiedente, all'onere di dimostrare che
l'opera è stata completata entro la data
utile, la P.A. -cui non può farsi carico di
accertare quale fosse la situazione del suo
territorio alla data di scadenza del
condono- è tenuta a respingere la domanda e
a reprimere l'abuso (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 2010/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1327). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Demolizione - Sanatoria - Istanza -
Necessità di nuovo provvedimento sostitutivo
del precedente.
2. Abusi -
Demolizione - Sanatoria - Conseguenze -
Ricorso originario - Improcedibilità e/o
inammissibilità.
1. L'ingiunzione di demolizione di un'opera
abusivamente realizzata perde di efficacia
qualora l'interessato abbia attivato il
procedimento di sanatoria o di accertamento
di conformità, previsti dalla Legge 47/1985
(oggi D.P.R. 380/2001): ciò, in quanto il
riesame dell'abusività dell'opera, al fine
di verificarne l'eventuale sanabilità,
comporta la necessaria formazione di un
nuovo provvedimento che vale, comunque, a
superare il provvedimento sanzionatorio
originariamente adottato dalla P.A.:
nell'ipotesi di rigetto di predetta istanza,
infatti, la P.A. deve emanare un nuovo
provvedimento sanzionatorio con
l'assegnazione di un nuovo termine per
adempiere (cfr. TAR Milano, sent. n.
466/2008; TAR Bari, sent. n. 154/2002; TAR: Lazio, sent. 230/2001; TAR Latina,
sent. n. 826/2000).
2. In materia di procedimento di sanatoria,
dal superamento del provvedimento
sanzionatorio originariamente adottato dalla
P.A. consegue che l'interesse del
responsabile dell'abuso edilizio si
trasferisce dall'annullamento del
provvedimento sanzionatorio già adottato a
quello del nuovo provvedimento, esplicito o
implicito, di rigetto dell'istanza di
sanatoria, con conseguente improcedibilità
del ricorso originario ove pendente all'atto
di presentazione dell'istanza di sanatoria,
oppure inammissibilità dello stesso per
carenza di interesse ab origine se avanzato
contestualmente o nei 60 giorni successivi
alla predetta istanza (cfr. TAR Palermo,
sent. n. 27/2006; TAR Napoli, sent. n.
4743/2006) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1321). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Lottizzazione materiale -
Nozione.
2. Lottizzazione negoziale -
Nozione.
3. Abusi -
Illeciti edilizi permanenti sul territorio -
Misure repressive - Applicazione a distanza
di tempo - Legittimità - Ratio.
4. Abusi - Misure
repressive - Motivazione - Interesse
pubblico - E' in re ipsa - Applicazione a
distanza di tempo - Legittimità.
1. Ricorre la figura della lottizzazione
materiale qualora si tratti di asservire per
la prima volta un'area non ancora
urbanizzata ad un insediamento di carattere
residenziale o produttivo, mediante la
costruzione di uno o più fabbricati, che
esigano, per il loro armonico raccordo con
il preesistente aggregato abitativo, la
realizzazione o il potenziamento delle opere
e dei servizi necessari a soddisfare taluni
bisogni della collettività, ovverosia la
realizzazione il potenziamento delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6171/2007).
2. Ricorre la figura della lottizzazione
negoziale qualora, pur non essendo ancora
avvenuta una trasformazione lottizzatoria di
carattere materiale, se ne sono già
verificati i presupposti attraverso il
frazionamento o la vendita del terreno in
lotti.
3. A fronte di illeciti edilizi che
permangano sul territorio per il diritto
amministrativo si è in presenza di una
violazione a carattere permanente,
caratterizzata dall'omissione dell'obbligo,
perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con la
conseguenza che il provvedimento repressivo
della P.A. (demolizione o sanzione
pecuniaria) non è emanato a distanza di
tempo, ma sanziona una situazione
antigiuridica contestualmente contra jus,
ancora esistente (cfr. Cons. di Stato, sent.
n. 7756/2003).
4. Il potere di applicare misure repressive
in materia urbanistica può essere esercitato
in ogni tempo ed i relativi provvedimenti
non necessitano di alcuna specifica
motivazione in ordine alla sussistenza
dell'interesse pubblico a disporre la
demolizione, essendo tale interesse in re ipsa
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 498/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1320). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi - Misure
repressive - Natura - Atto vincolato -
Motivazione - Interesse pubblico - E' in re ipsa - Applicazione a distanza di tempo -
Legittimità.
2. Abusi - Misure
repressive - Ordinanza di demolizione -
Natura - Atto vincolato - Motivazione -
Interesse pubblico - E' in re ipsa - Zona
vincolata - Legittimità.
1. I provvedimenti di repressione degli
abusi edilizi, in quanto atti vincolati,
sono sufficientemente motivati con
l'affermazione dell'accertata irregolarità
dell'intervento, essendo in re ipsa
l'interesse pubblico alla rimozione
dell'abuso -anche se risalente nel tempo-
senza necessità di una specifica
comparazione con gli interessi privati
coinvolti o sacrificati (orientamento
pacifico della Sezione).
2. L'ordinanza di demolizione - in quanto
atto vincolato - non richiede, in alcun
caso, una specifica motivazione su puntuali
ragioni di interesse pubblico, soprattutto
quando l'ordine di demolizione è finalizzato
anche alla tutela dell'ambiente, come nel
caso di specie, in cui l'opera è stata
realizzata in una zona vincolata
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 18.02.2009 n. 1318 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Demolizione - Ordine - In
assenza di previo annullamento del titolo
abilitativo (D.I.A.) - Illegittimità.
In materia di abusi e relativi ordini di
demolizione, è necessario il previo
annullamento del titolo abilitativo medio
tempore formatosi e ciò deriva, anzitutto,
da esigenze di logica formale: se, infatti,
il presupposto per ordinare la demolizione
ex art. 27, comma 2, D.P.R. 380/2001 è che
l'opera sia priva di titolo, allora per
ordinare la demolizione di un'opera
realizzata in base ad un titolo, occorre
previamente rimuovere il titolo stesso.
La necessità del previo annullamento del
titolo abilitativo deriva, però, anche da
specifiche norme di diritto positivo, in
particolare dagli artt. 38 e 39 T.U. in
materia edilizia, da cui si desume che la
procedura di repressione dell'abuso edilizio
realizzato in base a titolo illegittimo
passa, prima, per l'annullamento del
permesso di costruire e, poi, per l'ordine
di demolizione dell'opera, che ex art. 39,
comma 4, T.U. deve essere ordinata entro sei
mesi dall'annullamento del titolo. Le norme
in esame, dettate per il permesso di
costruire, essendo espressione di principi
generali, devono applicarsi anche alla
D.I.A.: altrimenti non avrebbe senso la
previsione dell'art. 19 Legge 241/1990, che
riconosce la possibilità di annullare la
D.I.A. stessa (cfr. in termini, Cons. di
Stato, sent. n. 1150/2007; in senso
contrario, Cons. di Stato, sent. n.
4513/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1176 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le opere poste in essere su suolo
di pubblica proprietà sono sanabili.
Dall’art. 32,
comma 5, L. 47/1985, cui rinvia l’art. 32,
d.l. 269/2003, emerge evidentissimo che ai
fini del rilascio della sanatoria ex d.l.
269/2003 non è, in via assoluta, ostativo il
fatto che gli abusi insistano su suolo
pubblico: la sanatoria è anzi possibile
anche in questi casi se l’ente interessato
sia di fatto disponibile a concedere la
porzione di suolo interessata in diritto di
superficie all’interessato. In tal caso,
effettuato il pagamento del valore
dell’area, nella misura determinata dalla
Agenzia del Demanio, e stipulata la
convenzione, può essere rilasciata la
concessione in sanatoria.
La norma in esame evidenzia anche come la
sanatoria di che trattasi sia perfettamente
ammissibile anche laddove la pratica per la
concessione in uso del suolo pubblico non
risulti essere già istruita al momento della
presentazione della istanza di condono:
anzi, la norma pare proprio prendere in
considerazione l’eventualità in cui
l’interessato presenti la richiesta di
disponibilità dell’area demaniale dopo aver
già presentato l’istanza di condono. E’
comunque evidente che laddove la richiesta
di sanatoria riguardi un abuso realizzato su
suolo pubblico, la definizione della
concessione in uso del suolo medesimo
diventa pregiudiziale rispetto alla
definizione del procedimento di sanatoria
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 03.12.2008 n. 2770 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Ordine
di demolizione riacquista efficacia in caso
di diniego di sanatoria.
In caso di
rigetto dell’istanza di sanatoria, ex art.
36 DPR 380/2001, l’ordine di demolizione a
suo tempo adottato riacquista piena
efficacia, che non era definitivamente
cessata ma era solo sospesa in attesa della
conclusione del nuovo iter procedimentale,
con la sola specificazione che il termine
concesso per l’esecuzione spontanea della
demolizione deve decorrere dal momento in
cui il diniego di sanatoria perviene a
conoscenza dell’interessato.
In sostanza, non sussiste motivo per imporre
all’amministrazione comunale il riesercizio
del potere sanzionatorio a seguito
dell’esito negativo del procedimento di
accertamento di conformità urbanistica: un
nuovo procedimento sanzionatorio, infatti,
si rivelerebbe, in assenza di un’espressa
previsione legislativa, un’inutile ed
antieconomica duplicazione dell’agere
amministrativo (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 28.05.2005 n. 7529 - link a www.altalex.com). |
dossier ATTI AMMINISTRATIVI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Accesso agli atti -
Legittimazione attiva - Interesse
qualificato - Individuazione - Parametri -
Rapporto con ulteriori istanze e censure -
Irrilevanza.
2. Edilizia ed urbanistica - Accesso agli
atti - Legittimazione attiva - Richiesta
pratiche edilizie - Fattispecie.
1. L'interesse all'esibizione degli atti
amministrativi va accertato con riferimento
alle finalità che il richiedente dichiara di
perseguire, restando escluso ogni
apprezzamento in ordine alla fondatezza o
ammissibilità di diverse od ulteriori
istanze, domande o censure proposte o
proponibili dall'interessato.
2.
Sussiste il diritto all'accesso agli atti
ogniqualvolta il richiedente abbia
adeguatamente rappresentato il proprio
interesse all'accesso, che risulti correlato
ad una esigenza specifica (nel caso di
specie il TAR ha accolto il ricorso proposto
dal privato avverso il diniego di accesso
opposto dal Comune sull'istanza volta a
verificare eventuali prassi amministrative
in tema di computo dell'altezza tramite
esame di progetti analoghi già assentiti
dalla P.A., allo scopo di valutare se e con
quali modalità fosse giuridicamente
realizzabile il progetto di trasformazione
ad uso abitativo del proprio sottotetto) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.02.2009 n. 1359 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento - Art.
10-bis Legge 241/1990 - Contenuto.
L'art. 10-bis Legge 241/1990 prescrive solo
l'obbligo per la P.A. di dare vita ad un
contraddittorio anticipato con il privato,
ma non impedisce alla stessa P.A. di
acquisire ulteriori elementi dopo l'apporto
collaborativo del soggetto interpellato. Né,
comunque, l'acquisizione di tali elementi
obbliga la P.A. a riaprire il
contraddittorio, avendo la stessa già emesso
il preavviso di diniego (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1327). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Comunicazione di avvio -
Comunicazione e notificazione - Forme -
Raccomandata postale - Ammissibilità -
Limite.
Per la comunicazione di avvio del
procedimento l'art. 8 Legge 241/1990 non
richiede una notificazione in senso tecnico,
sicché può ritenersi sufficiente anche una
raccomandata postale: è tuttavia necessario,
una volta che il mittente ritenga di
prescegliere questa forma di trasmissione,
che al destinatario venga assicurata la
possibilità effettiva di interloquire nel
termine assegnatogli, termine che non può
essere fatto decorrere prima che si sia
perfezionato l'iter di recapito della
corrispondenza postale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.02.2009 n. 1317 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso agli atti e documenti
amministrativi qualificato d’interesse
legittimo.
L’Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato (sent.
24.06.1999, n. 16) ha qualificato
d’interesse legittimo la posizione giuridica
soggettiva cui si correla il c.d. diritto
d’accesso. Il legislatore ha introdotto
limiti esterni all’esercizio del “diritto”
d’accesso (mediante anche l’emanazione di
regolamenti in ordine ai quali
l’Amministrazione conserva poteri
discrezionali) ed ha affievolito così ad
interesse legittimo una posizione
astrattamente di diritto.
L’interesse (legittimo) per esistere deve
mostrare una qualche strumentalità rispetto
alla protezione di un’ulteriore situazione
soggettiva (“per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti” art. 22, l. n. 241
del 1990) che non necessariamente deve
essere d’interesse legittimo o di diritto
soggettivo. La strumentalità del diritto di
accesso richiede la prospettazione (in
apposita istanza) di un interesse personale,
concreto, serio e non emulativo, pur senza
la necessità dell’attualità di una lesione
della sottesa posizione giuridica che resta
estranea al giudizio d’accesso.
L’interesse legittimante a proporre l’azione
d’accesso ex art. 25, l. n. 241 del 1990 non
è intaccato laddove l’istante dimostri di
conoscere (parzialmente) i documenti
richiesti, né dall’avere lo stesso avanzato
domanda di esibizioni di quegli stessi
documenti nel corso di altro giudizio.
Il rimedio speciale previsto a tutela del
c.d. “diritto di accesso” deve ritenersi
consentito anche in pendenza di un giudizio
ordinario, all’interno del quale i documenti
oggetto della domanda di accesso possono
essere acquisiti, in via istruttoria, dal
giudice. L’autonomia della domanda di
accesso comporta che il giudice, chiamato a
decidere su tale domanda, deve verificare
solo i presupposti legittimanti la richiesta
e non anche la rilevanza dei documenti
richiesti rispetto al giudizio principale
pendente.
Il rimedio introdotto dall’art. 1 della
legge n. 205/2000 non ha limitato l’utilizzo
dello strumento ex art. 25 della legge n.
241 del 1990, nel senso di imporre il
rimedio incidentale, precludendo quello
principale, tutte le volte in cui il
documento è inerente, sotto il profilo
istruttorio, al giudizio principale: come
rilevato dal giudice di prime cure, la
tutela del diritto d’accesso assicurata
dalla procedura di cui all’art. 25, V co.,
della l. n. 241 del 1990 è in parte diversa
e maggiore di quella prevista dall’art. 1
della l. n. 205 del 2000
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2009 n. 741 - link
a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Atto discrezionale
- Discrezionalità tecnica - Sindacato
giurisdizionale - Ammissibilità - Limiti.
2. Procedimento -
Termine per la conclusione - Ordinatorio -
Regola - Conseguenze.
3. Procedimento -
Termine per la conclusione - Mancato
rispetto - Illegittimità - Quando sussiste.
1. A fronte di attività della P.A. che è
espressione di discrezionalità tecnica della
medesima, il Giudice Amministrativo può
censurare l'operato della stessa P.A. -soltanto -nel caso in cui la decisione
amministrativa sia stata incoerente,
irragionevole o frutto di errore tecnico
(cfr. Cons. di Stato, sent. 5287/2001).
2. Il termine di conclusione del
procedimento non appare assistito, nella
normalità dei casi, da alcuna previsione di
perentorietà, con la conseguenza che la P.A.
legittimamente può concludere il
procedimento successivamente alla scadenza
del relativo termine (cfr. TAR Liguria,
sent. n. 270/2005).
3.
Il mancato rispetto del termine per la
conclusione del procedimento costituisce
causa di illegittimità del relativo
provvedimento soltanto quando produca una
lesione specifica della posizione
dell'interessato strettamente dipendente dal
momento dell'adozione dell'atto, come
nell'ipotesi in cui nelle more della
scadenza del termine cambi la normativa di
riferimento in senso sfavorevole per il
soggetto istante, e non nel caso in cui da
essa non derivi alcun pregiudizio diretto
alla posizione giuridica di quest'ultimo
(cfr. TAR Piemonte, sent. n. 2830/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DISTANZA PARETI FINESTRATE |
EDILIZIA PRIVATA:
La distanza minima di mt. 10,00
tra pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti (ex art. 9 DM 1444/1968) vincola
anche i Comuni in sede di formazione e di
revisione degli strumenti urbanistici, con
la conseguenza che ogni previsione
regolamentare in contrasto con l’anzidetto
limite minimo è illegittima essendo
consentita alla Pubblica amministrazione
solo la fissazione di distanze superiori.
Questo Consesso ha già affermato che l’art.
9 D.M. 02.04.1968 n. 1444, che pone
l’inderogabile distanza minima assoluta di
10 metri tra costruzioni, trae dall’art.
41-quinquies L. 17.08.1942 n. 1150
(modificato dall’art. 17 L. 06.08.1967 n.
765) la forza di integrare con efficacia
precettiva il regime delle distanze nelle
costruzioni, sicché la distanza tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti,
prederminata con carattere cogente in via
generale ed astratta in considerazione delle
esigenze collettive connesse ai bisogni di
igiene e di sicurezza, vincola anche i
Comuni in sede di formazione e di revisione
degli strumenti urbanistici, con la
conseguenza che ogni previsione
regolamentare in contrasto con l’anzidetto
limite minimo è illegittima essendo
consentita alla Pubblica amministrazione
solo la fissazione di distanze superiori
(Cons. di Stato, sez. V, n. 6399/2006).
In particolare l’applicazione dell’art. 9
alla fattispecie edilizia dell’aumento di
volume di un edificio esistente si spiega
con l’evidente “ratio” di tutelare le
posizioni soggettive del confinante, il
quale subisce la vicinanza alla medesima
distanza originaria di un fabbricato però
maggiormente ingombrante, destinatario di un
intervento che non può essere collocato
nella categoria delle ristrutturazioni con
fedele ricostruzione, ma che, rientrando
piuttosto in quella della costruzione “ex
novo”, deve rispettare la distanza
minima stabilita dal cennato art. 9, nella
sua cennata valenza integrativa.
L’interpretazione contraria, privilegiata
dal Comune di San Bonifacio, comporterebbe
peraltro che, successivamente al varo di uno
strumento urbanistico conforme al DM n.
1444/1968, si pervenga ad una
regolamentazione derogatoria che in origine
non avrebbe potuto essere adottata ed
approvata (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.03.2009 n. 1491 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier TELEFONIA MOBILE |
EDILIZIA PRIVATA:
Elettrosmog. Procedure.
Se è vero che oneri procedurali ulteriori
rispetto a quelli previsti dal d.l.vo
259/2003 contrastano con le esigenze di
semplificazione del procedimento
amministrativo connesse alla riconosciuta
natura di opere di urbanizzazione delle
stazioni radio base ed alla natura di
interesse pubblico del servizio attraverso
di esse garantito ciò non esclude ogni e
qualsiasi, pur minimo, adempimento che non
sia indicato espressamente dall’art. 87 del
Codice, secondo cui le istanze debbano
essere redatte in conformità ai modelli A
(per le istanze di autorizzazioni) e B (per
le denunce di inizio attività) dell’allegato
13 al Codice stesso: a meno che, per
l’appunto, esso non si traduca in un
indebito aggravamento del procedimento, in
una situazione, quale qui data, che vede il
legislatore speciale favorire una celere
realizzazione della rete (TAR
Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 03.04.2009 n. 1722 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Impianto telefonia mobile -
Silenzio assenso - Configurabilità ex art.
87, D.Lgs. 259/2003 - Diffida tardiva -
Illegittimità.
Ex art. 87 D. Lgs. 259/2003 le istanze di
autorizzazione e le denunce di attività di
cui al detto articolo nonché quelle relative
alla modifica delle caratteristiche di
emissione degli impianti già esistenti si
intendono accolte qualora entro 90 giorni
dalla presentazione del progetto e della
relativa domanda, fatta eccezione per il
dissenso di cui al comma 8, non sia stato
comunicato un provvedimento di diniego:
pertanto, in caso di diffida dal dare corso
ai lavori intervenuta una volta decorsi i 90
giorni dalla presentazione dell'istanza, la
diffida è illegittima per intempestività (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1177 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier
VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni ambientali. Sanatoria
paesaggistica (legge 308/2004).
L'articolo 1, comma 37, della legge 308/2004
fa riferimento a "lavori compiuti" ed
a "lavori effettivamente eseguiti".
Quindi devono essere ritenuti compatibili
con paesaggio le opere già compiute e non
quelle da compiere, sia pure modificando
quelle originarie. In altre parole il
certificato compatibilità non può essere
condizionato, poiché una sanatoria
subordinata a determinati adempimenti
sarebbe in contrasto con la ratio
della norma che collega la sanatoria alla
già avvenuta esecuzione delle opere ed alla
compatibilità paesaggistica delle opere già
eseguite e non a quelle da eseguire. In
definitiva sono suscettibili di sanatoria a
norma dell’articolo 1, comma 37, della legge
dianzi citata solo le opere che in origine
sarebbero assentibili perché compatibili con
il paesaggio.
Nella fattispecie, il certificato di
compatibilità paesaggistica era subordinato
alla sistemazione di serbatoi in un luogo
privo di vegetazione ed al rinverdimento
delle zone di manovra al termine delle
operazioni. Orbene, il taglio di un bosco
non può considerarsi sanato per effetto
dell’imposizione dell’obbligo del
rinverdimento trattandosi d’intervento che
ha già deturpato il paesaggio e quindi non
si può parlare d’intervento ab origine
compatibile con il paesaggio (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2009 n. 19081 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Sanzioni
applicabili.
L’articolo 181 del decreto legislativo n 42
del 2004 punisce colui il quale senza alcuna
autorizzazione o in difformità da essa
esegue su beni paesaggistici lavori di
qualsiasi genere.
Con l’ampia locuzione di lavori di qualsiasi
genere si intendono non solo gli interventi
edilizi, ma qualsiasi modificazione esterna
dello stato dei luoghi, anche minima, purché
astrattamente idonea a ledere il bene
protetto.
La norma non distingue tra difformità totale
o parziale rispetto all’autorizzazione o
variazione essenziale. Di conseguenza per
qualsiasi modificazione la sanzione è unica
ed è quella di cui all’art 44, lettera c),
del testo unico sull’edilizia (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2009 n. 19077 -
link a www.lexambiente.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
Incentivi, tagli non retroattivi.
La Corte dei Conti sui compensi ai
progettisti.
Dallo scorso 1° gennaio, il pagamento del
compenso del 2% dell'importo posto a base di
gara di un'opera pubblica, che è destinato
al responsabile del procedimento e a chi è
stato incaricato della redazione del
progetto, deve essere effettuato con
riferimento alla collocazione temporale
della realizzazione dell'opera stessa.
Infatti, le disposizioni previste
dall'articolo 61, comma 7-bis del decreto
legge n. 112/2008, che riducono tale
percentuale allo 0,5% (mentre l'1,5% è
destinato ad alimentare lo specifico fondo),
non possono avere alcuna efficacia
retroattiva.
Lo ha chiarito la sezione delle autonomie
della Corte dei conti, nel testo della
deliberazione n. 7/2009, con la quale, in
risposta alle numerose richieste di
intervento di sezioni regionali di controllo
della Corte stessa (sui cui tavoli sono
arrivate le richieste di parere dei comuni
italiani) ha delineato il quadro applicativo
delle disposizioni contenute nella manovra
finanziaria estiva 2008. Come si ricorderà,
prima dell'intervento legislativo,
l'articolo 92 del codice dei contratti
pubblici stabiliva che una somma, non
superiore al 2% dell'importo preso a base di
gara, fosse devoluto, tra l'altro, al
responsabile del procedimento. Nella manovra
estiva, però, il legislatore modifica questa
disposizione, prevedendo che a tale finalità
vada solo lo 0,5%, mentre il restante 1,5%,
sia versato nel bilancio dello stato per
alimentare un fondo (ex comma 17 dello
stesso articolo 61) costituito dai risparmi
ottenuti da riduzioni di spesa (su tutte,
quella delle consulenze nella p.a.). Da qui,
il problema interpretativo che si è posto in
merito all'ambito di efficacia temporale
della disposizione riduttiva. In
particolare, le opere realizzate entro
l'01.01.2009, devono essere compensate con
il 2% o con lo 0,5%?
Per la Corte, si può ritenere che è
fondamentale il momento in cui è sorto il
diritto, vale a dire «quando siano compiute
le varie attività che legittimano la
corresponsione dell'incentivo». Ne è prova
che l'incentivo per la progettazione ha la
finalità di accrescere l'efficienza e
l'efficacia degli uffici tecnici, la sua
natura è che lo stesso è «funzionalizzato al
risultato», ossia all'effettivo adempimento
del compito affidato ai vari soggetti
potenziali beneficiari della ripartizione
della somma. In conclusione, scrive la
Corte, è dal compimento dell'attività che
nasce il diritto al compenso, che non può
essere limato dalle disposizioni riduttive
(articolo 14.05.2009 di ItaliaOggi, pag.
33). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Dopo la visita fiscale l'obbligo
di reperibilità non vale più. Purché ci si
curi a dovere.
La Corte di Cassazione ribadisce un
principio che non piacerà al ministro
Brunetta ma riporta un minimo di serenità in
un ambito, quello delle fasce di
reperibilità durante la malattia, che tante
arrabbiature ha provocato nei dipendenti
pubblici, discriminati rispetto a quelli
privati e costretti a casa dalle 8 alle 13 e
dalle 14 alle 20 (articolo
28.04.2008 di ItaliaOggi, pag. 15). |
LAVORI PUBBLICI:
DISCIPLINA DELL’ADEGUAMENTO DEI COSTI DEI
MATERIALI NEI LAVORI PUBBLICI
(link a www.ancebrescia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
SICUREZZA SUL LAVORO - D.LGS. N. 81/2008 -
NUOVI ADEMPIMENTI PER LE IMPRESE -
16.05.2009 (link a
www.ancebrescia.it). |
CORTE DEI CONTI |
PUBBLICO IMPIEGO: Questione
di massima in tema di applicazione delle
disposizioni sull'incentivo alla
progettazione previsto dal Codice dei
contratti pubblici.
La Sezione delle Autonomie, con la
deliberazione n. 7/AUT/2009/QMIG si è
pronunciata in merito alla corretta
applicazione delle disposizioni concernenti
l'incentivo per la progettazione per i
tecnici pubblici di cui all'art. 92, comma
5, del Codice dei contratti pubblici, in
seguito alle novità introdotte dalla legge
di conversione n. 2/2009, che ha aggiunto
alla legge 06.08.2008, n. 133, il comma
7-bis.
Per la Corte dei conti, "dal compimento
dell'attività nasce il diritto al compenso,
intangibile dalle disposizioni riduttive,
che non hanno alcuna efficacia retroattiva".
Per cui, argomenta la Sezione, "i
compensi erogati dal 1 gennaio 2009, ma
relativi ad attività realizzate prima di
tale data, restano assoggettati alla
previgente disciplina, ossia a quella
contenuta nell'art. 92 -comma 5- del codice
dei contratti pubblici, prima della modifica
apportata con il comma 7-bis".
----------
Questione
di massima in merito alla corretta
applicazione delle disposizioni concernenti
l'incentivo per la progettazione di cui
all'art. 92, comma 5, del Codice dei
contratti pubblici, in seguito alle novità
introdotte dalla legge di conversione n.
2/2009 che ha aggiunto alla legge
06.08.2008, n. 133, il comma 7-bis.
Gli incentivi per la progettazione sono
stati previsti dall’art. 18 della legge
11.02.1994, n. 109 (legge quadro in materia
di lavori pubblici), la cui prima
formulazione prevedeva che in sede di
contrattazione collettiva decentrata, poteva
essere individuata una quota non superiore
all’1 per cento del costo preventivato di
un’opera o di un lavoro, da destinare alla
costituzione di un fondo interno da
ripartire tra il personale dell’ufficio
tecnico dell’amministrazione aggiudicatrice,
qualora esso avesse redatto direttamente il
progetto esecutivo della medesima opera.
Tali somme era previsto che fossero
prelevate sulle quote degli stanziamenti
annuali riservate a spese di progettazione
ed assegnate ad apposito capitolo dello
stato di previsione della spesa o ad
apposita voce di bilancio delle
amministrazioni aggiudicatrici (art. 18
–comma 2– L. 109/1994).
Con l’art 6 della legge 15.05.1997, n. 127
fu sostituito il comma 1 dell’art. 18, al
fine di includere anche il compenso
incentivante per gli atti di pianificazione,
mantenendo intatto l’impianto del meccanismo
contabilistico e cioè la costituzione del
fondo alimentato come sopra ricordato e fu
introdotto il comma 1-bis, che prevedeva
l’adozione di un regolamento
dell’amministrazione aggiudicatrice, per il
riparto del fondo di cui al comma 1.
Con l’art. 13 della legge 17.05.1999, n. 144
fu modificata la disciplina dell’incentivo
per la progettazione, ampliando la categoria
dei beneficiari e aumentando le risorse a
ciò destinate all’1,5 per cento (al 2% per
gli enti locali dall’art. 3 –comma 29– L.
350/2003) dell’importo posto a base d’asta
di gara di un’opera o di un lavoro, a valere
direttamente sugli stanziamenti di cui
all’art. 16 –comma 7- (oneri per la
progettazione, direzione lavori, vigilanza,
collaudi etc.) da ripartire secondo i
criteri e le modalità individuate in sede di
contrattazione decentrata ed assunti in un
regolamento. Significativamente, con la
stessa norma, venivano abrogate le
disposizioni contenute nei commi 4 e 5 del
R.D. 23.10.1925, n. 2537 ( regolamento per
le professioni d’ingegnere e di architetto)
che davano facoltà alle pubbliche
amministrazione di liquidare ai propri
funzionari i corrispettivi per le
prestazioni compiute per enti pubblici, allo
scopo, evidente, di omogeneizzare la
disciplina normativa.
Con l’art. 92 –comma 5– del codice dei
contratti pubblici viene generalmente
fissata nella misura non superiore al 2%
dell’importo posta a base di gara di
un’opera o di un lavoro, la somma
utilizzabile per il pagamento
dell’incentivo.
Dall’esame delle suddette disposizioni,
appare evidente, innanzitutto, che
l’incentivo per la progettazione ha la
finalità di accrescere l’efficienza e
l’efficacia degli uffici tecnici preposti a
tale ramo d’amministrazione ed in secondo
luogo che l’incentivo è direttamente
funzionalizzato al risultato, ossia
all’effettivo adempimento del concreto
compito affidato ai vari soggetti potenziali
beneficiari della ripartizione della somma.
In tale direzione conduce la constatazione
della diretta correlazione, (art. 13 L.
144/1999) per ogni singola opera o lavoro
tra somme da ripartire, importo dell’appalto
e stanziamenti relativi, superando
l’originaria previsione della costituzione
di un fondo interno alimentato con le
suddescritte modalità e commisurato al costo
preventivato dell’opera, che poteva anche
far configurare una modulabilità degli
stanziamenti in funzione di esigenze di
compatibilità della
spesa per incentivi con le mutevoli
necessità di bilancio e, di conseguenza,
l’eventualità di restrizioni.
L’aver, invece, legato la provvista delle
risorse ad ogni singola opera con
riferimento all’importo a base di gara e
aver previsto la ripartizione delle somme
così determinata per ogni singola opera,
evidenzia il chiaro intento di stabilire una
diretta corrispondenza di natura
sinallagmatica tra incentivo ed attività
compensate.
Ed invero la Suprema Corte ha ritenuto che
il diritto all’incentivo di cui si sta
trattando, costituisce un vero e proprio
diritto soggettivo di natura retributiva
(Cass. Sez. Lav., sent. n. 13384 del
19.7.2004) che inerisce al rapporto di
lavoro in corso, nel cui ambito va
individuato l’obbligo per l’Amministrazione
di adempiere, a prescindere dalle condizioni
e dai presupposti per rendere concreta
l’erogazione del compenso (i fatti oggetto
della causa sono maturati sotto la vigenza
dell’art. 18 della L. 109/1994 prima delle
modifiche introdotte dalla legge 144/1999).
In sostanza dal compimento dell’attività
nasce il diritto al compenso, intangibile
dalle disposizioni riduttive, che non hanno
alcuna efficacia retroattiva.
Né rileva, in contrario avviso, che alla
rigorosa applicazione del criterio della
spettanza dell’incentivo nella misura
vigente all’atto del compimento della
specifica attività, possa conseguire una
differente consistenza del beneficio in
ordine alla stessa opera per la quale è
stanziata la somma da ripartire, a seconda
se la stessa attività sia stata compiuta
prima o dopo il 31.12.2008. Ciò perché, ai
fini della nascita del diritto quello che
rileva è il compimento effettivo
dell’attività; dovendosi, anzi, tenere
conto, per questo specifico aspetto, che per
le prestazioni di durata, cioè quelle che
non si esauriscono in una puntuale attività,
ma si svolgono lungo un certo arco di tempo,
dovrà considerarsi la frazione temporale di
attività compiuta.
Nella situazione appena ipotizzata, quindi,
la stazione appaltante, per i compensi da
pagare dal 1° gennaio 2009, per la parte
residua dello stanziamento utilizzabile,
ossia quello al netto delle somme pagate per
le attività compiute fino al 31.12.2008,
dovrà rimodulare la somma da ripartire e la
conseguente misura del beneficio, secondo le
nuove disposizioni.
In base a quanto fin qui considerato,
il significato della disposizione
contenuta nel comma 7-bis del D.L. 112/2008,
convertito dalla legge 133/2008,
va inteso nel senso che il “quantum”
del diritto al beneficio, quale spettante
sulla base della somma da ripartire nella
misura vigente al momento in cui questo è
sorto, ossia al compimento delle attività
incentivate, non possa essere modificato per
effetto di norme che riducano per il tempo
successivo l’entità della somma da
ripartire, per cui i compensi erogati dal 1°
gennaio 2009, ma relativi ad attività
realizzate prima di tale data, restano
assoggettati alla previgente disciplina,
ossia a quella contenuta nell’art. 92 –comma
5– del codice dei contratti pubblici, prima
della modifica apportata con il comma 7-bis
–aggiunto all’art. 61 del D.L. 25.06.2008,
n. 112, convertito dalla legge 06.08.2008,
n. 133
(Corte dei Conti, Sezione del controllo
sugli enti,
delibera 11.05.2009 n. 7 - link a
www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Interventi soggetti a permesso di
costruire.
La prescrizione dell’obbligo di munirsi
della concessione edilizia a costruire
persegue le finalità di controllo del
territorio e di corretto uso dello stesso ai
fini urbanistici e edilizi, sicché sono
assoggettati al regime del permesso di
costruire tutti gli interventi che incidono
sull’assetto del territorio, comportando una
trasformazione urbanistica e edilizia del
territorio comunale.
E’, quindi, irrilevante che i manufatti non
siano costruiti in muratura oppure che
abbiano modesta consistenza e ancora che non
comportino incremento del carico
insediativo, se idonei a modificare lo stato
dei luoghi (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 07.05.2009 n. 19078 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Scarico sul suolo.
Con l'articolo 137, comma 11, D.Lv. 152/2006
il legislatore, conformemente alle direttive
comunitarie, ha voluto ribadire in maniera
chiara e precisa il divieto di scarichi nel
suolo e nel sottosuolo, per la natura
impermeabile di tale corpo recettore e per
l’impossibilità di controllare le sostanze
immesse. Tale divieto può essere derogato
nelle sole ipotesi tassative previste dalla
legge tra le quali rientra quella di cui
alla lettera c) dell’articolo 103.
La norma, per potere scaricare sul suolo,
richiede tre condizioni che devono essere
puntualmente rispettate dall’autorità
amministrativa La prima è obbligatoria e
riguarda il rispetto dei limiti che le
regioni dovranno indicare per tale specifico
scarico al suolo Le altre due condizioni
sono costituite dall’impossibilità tecnica o
dall’eccessiva onerosità rispetto ai
benefici ambientali conseguibili con lo
scarico diretto in altro corpo recettore.
L’impossibilità tecnica indica un criterio
oggettivo nel senso che sotto il profilo
tecnico sussiste tale condizione quando non
è attuabile un altro scarico Con riferimento
all’eccessiva onerosità, il legislatore non
ha specificato in relazione a cosa l’onere
debba considerarsi eccessivo: se con
riferimento alla capacità economica del
privato in relazione alla grandezza
dell’insediamento ovvero con riferimento al
pregiudizio che si arreca scaricando sul
suolo (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.04.2009 n. 17862 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Beni ambientali. V.i.a..
L’art. 2, n. 1, della direttiva del
Consiglio 27.06.1985, 85/337/CEE,
concernente la valutazione dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici
e privati, come modificata dalla direttiva
del Consiglio 03.03.1997, 97/11/CE, deve
essere interpretato nel senso che esso non
richiede che tutti i progetti destinati ad
avere un notevole impatto ambientale siano
sottoposti alla procedura di valutazione
dell’'impatto ambientale prevista da tale
disciplina di fonte comunitaria, bensì che
devono esserlo solo quelli che sono citati
agli allegati I e II di detta direttiva,
nelle condizioni previste all’art. 4 di
quest'ultima e fatti salvi gli art. 1, n. 4
e 5, e 2 n. 3, della medesima direttiva (TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 09.04.2009 n. 1207 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: il principio
della pubblicità delle sedute di gara vale
anche per le procedure in economia.
Il principio di pubblicità costituisce
principio inderogabile in qualunque tipo di
gara, ivi comprese quelle in economia, ed
impone che il materiale documentario trovi
correttamente ingresso con le garanzie della
seduta pubblica; e ciò, anche in
applicazione del più generale principio di
imparzialità dell'azione amministrativa,
rappresentando esso uno strumento di
garanzia a tutela dei singoli partecipanti,
affinché sia assicurato a tutti i
concorrenti di assistere direttamente alla
verifica di integrità dei documenti e
all'identificazione del loro contenuto (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 09.04.2009 n. 986 - link
a www.eius.it). |
URBANISTICA:
Legittimazione ad agire.
E' consentita l’impugnazione della
disciplina urbanistica di aree estranee a
quelle di proprietà del ricorrente qualora
incida direttamente sul godimento o sul
valore di mercato delle aree stesse, o
comunque su interessi propri e specifici
dell’istante. Laddove non risulti
comprovata, in questi termini, una concreta
lesione della propria sfera giuridica, non
può essere riconosciuto in capo al
ricorrente l’interesse ad impugnare. E’
quindi richiesto ai proprietari di aree
estranee a quelle oggetto della disciplina
urbanistica contestata, di provare la
diretta incidenza che la nuova previsione
avrà sul godimento o sul valore di mercato
delle aree o comunque sugli interessi propri
e specifici degli istanti (TAR Veneto, Sez.
I,
sentenza 03.04.2009 n. 1190 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Modifica destinazione d'uso senza
opere.
La trasformazione, senza opere, dell’uso di
un fabbricato da agricolo ad artigianale,
una trasformazione, cioè, che non comporta
una oggettiva modificazione nell’assetto
urbanistico ed edilizio né incide sugli
indici di edificabilità non richiede il
permesso di costruire (TAR Abruzzo-L'Aquila,
Sez. I,
sentenza 02.04.2009 n. 236 - link
a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
Pubblico impiego: illegittimo il
bando di concorso pubblicato soltanto sul
bollettino regionale.
In materia di pubblico impiego, è
illegittimo il bando di concorso che sia
stato pubblicato unicamente sul bollettino
ufficiale della Regione che lo bandisce, e
non anche (sia pure soltanto nella forma
dell'avviso) sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 01.04.2009 n. 2077 -
link a www.eius.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: inammissibile
l'offerta economica non sottoscritta in ogni
suo foglio.
In materia di procedure di gara per
l'affidamento di contratti pubblici, deve
ritenersi inammissibile l'offerta economica
che non sia stata sottoscritta in ogni suo
foglio, ma soltanto sulla prima e
sull'ultima pagina, essendo tale obbligo di
sottoscrizione funzionale alla tutela della
buona fede e dell'affidamento nella fase
prenegoziale, in quanto costituisce
l'indiretta dimostrazione della
consapevolezza del concorrente sui singoli
elementi che concorrono a formare la propria
proposta contrattuale (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-quater,
sentenza 27.03.2009 n. 3232 -
link a www.eius.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere su parti comuni di
edificio.
Non è necessario richiedere il previo
assenso del condominio interessato ovvero
degli altri condomini, in caso di
realizzazione di un'opera da parte di un
singolo sulle parti comuni di un edificio se
l’opera medesima sia strettamente
pertinenziale alla sua unità immobiliare
(TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I,
sentenza 24.03.2009 n. 221 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Potere di ordinanza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del
1995, sull’inquinamento acustico, può essere
adottata anche a seguito dell’esposto di una
sola famiglia, costituendo la predetta
ordinanza l’ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 23.03.2009 n. 143 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Furti in casa agevolati dai
ponteggi: responsabili il condominio e
l'imprenditore.
Nell’ipotesi di
furto subito dal condomino per la presenza
di ponteggi posti a ridosso dell’edificio
che, in assenza di opportune precauzioni,
hanno agevolato la produzione dell’evento
dannoso, sussiste la responsabilità
concorrente del condominio e
dell’appaltatore
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 17.03.2009 n. 6435 -
link a www.altalex.com). |
RISARCIMENTO DANNO ERARIALE: In
tema di responsabilità di amministratori e
segretario comunale per illecito rimborso
delle spese legali in assenza di apposita
disposizione normativa (nella fattispecie la
Sezione ha riconosciuto l'irrimborsabilità
delle spese giudiziali ex art. 68 del D.P.R.
n. 268/1987 a favore dei membri laici di una
commissione edilizia comunale)
(Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Calabria,
sentenza 03.03.2009 n. 102 - link
a www.corteconti.it). |
URBANISTICA:
1. Piano regolatore - Variante - Variante
parziale a contenuto specifico -
Notificazione individuale - Necessità -
Variante parziale a contenuto plurimo e
articolato - Pubblicazione sul BURL - E'
sufficiente.
2. Piani attuativi
- Reformatio in pejus - Congrua motivazione
- Necessità - Solo dopo stipula di
convenzione di lottizzazione o dopo
reiterazione di vincoli scaduti -
Fattispecie - L'obbligo di dare congrua
motivazione della reformatio in peius di una
previsione urbanistica riguardante piani
attuativi sorge solo in presenza di impegni
già presi con la stipula di una convenzione
di lottizzazione.
1. Qualora la variante parziale abbia
contenuto specifico è necessaria la sua
notificazione individuale al soggetto
direttamente interessato, con relativa
decorrenza dei termini per impugnare a far
data dalla notificazione; qualora invece la
variante, seppur parziale, abbia comunque
contenuto plurimo e articolato, è
sufficiente la sua pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale Regionale.
2. L'affidamento relativo alla
non reformatio in pejus di precedenti
previsioni urbanistiche è un affidamento
generico, che non richiede, se disatteso,
una motivazione specifica, diversamente
dall'affidamento qualificato derivante dalla
preesistenza di un piano di lottizzazione
approvato, oppure dal giudicato di
annullamento di un diniego di concessione
edilizia, o, ancora, dalla reiterazione di
vincoli scaduti: ipotesi, queste, che non
ricorrono nel caso in cui i ricorrenti si
limitino solo ad affermare una loro
disponibilità generica ad attuare un
progetto di lottizzazione, che però non
risulti proposto e tanto meno approvato
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4166/2005) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.02.2009 n. 1361 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
- Natura - Rapporto con le disposizioni
regionali e comunali.
2. Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
- Funzione - Principio di coprogrammazione e
cogestione di Comune, Provincia e Regione.
3. Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
- Funzione ex Legge Regionale 12/2005.
4. Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
- Efficacia precettiva nei confronti dei
privati - Limiti.
5. Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
- Contenuto - Prescrizioni indirette con
valore di indirizzo per la pianificazione
territoriale - Impugnabilità - E' possibile
- Condizione - Recepimento nel PRG - Ratio.
1.
Ai sensi dell'art. 20 D.Lgs. 267/2000, il
PTCP è lo strumento con cui vengono
individuate le destinazioni del territorio,
si localizzano le principali infrastrutture
e linee di comunicazione, strumento
sovraordinato ai piani comunali che ad esso
devono conformarsi. Lo stesso PTCP,
trovandosi in posizione intermedia tra le
disposizioni regionali ed i piani comunali,
è comunque sia condizionato dalla Regione,
sia limitato dalle scelte pianificatorie dei
singoli comuni.
2. La funzione del PTCP va definita anche
alla luce dei principi che presiedono oggi
l'attività di pianificazione ed il ruolo che
la Provincia assume in tale funzione:
nell'ottica di cogestione tra enti
equiordinati, i quali devono informare la
loro attività alla leale collaborazione ed
alla reciproca informazione, il livello di
pianificazione provinciale appare il più
idoneo per coordinare ed ordinare la
disciplina delle aree intercomunali,
interessate a interventi che vanno al di là
del piano locale, per le implicanze che
possono comportare di vario ordine
(traffico, uso del territorio, viabilità,
marketing urbano). La scelta pianificatoria
provinciale orienta, quindi, quella
urbanistica comunale, pur rispettandone i
contenuti specifici.
3. Nella Legge della Regione Lombardia n.
12/2005 il PTCP è visto nell'ottica di piano
sovracomunale di programmazione, attraverso
cui si realizza la cogestione delle attività
di pianificazione del territorio: l'art. 15,
infatti, demanda al PTCP la definizione
degli obiettivi generali relativi
all'assetto e alla tutela sovracomunale del
territorio connessi ad interessi di rango
provinciale o sovracomunale, precisando
altresì che il PTCP è atto di programmazione
economica della Provincia ed ha efficacia
paesaggistico-ambientale.
4. In virtù della sua natura pianificatoria
il PTCP si pone, nei confronti delle
possibilità edificatorie del privato, quale
atto generale, peraltro "mediato" da un
altro atto di generale pianificazione, quale
il PRG -oggi PGT- che dovrà recepire le
disposizioni del primo: dunque, il PTCP si
pone perlopiù quale atto di indirizzo le cui
determinazioni per avere uno specifico
effetto vincolante dovranno essere recepite
da uno strumento di pianificazione comunale
quale il PRG, avendo una efficacia
precettiva diretta nei confronti delle
posizioni dei privati in un ambito ristretto
di casi.
5. Qualora il PTCP contenga prescrizioni
indirette che abbiano valore di indirizzo
per la pianificazione territoriale, nel
senso che le modalità attuative del PTCP
saranno gestite dai singoli comuni
nell'ambito dei propri strumenti
urbanistici, solo all'esito di questa
successiva determinazione comunale nascerà
eventualmente un effetto lesivo e,
conseguentemente, un interesse ad impugnare
l'atto di pianificazione provinciale
unitamente a quello comunale che ha
determinato concretamente la lesione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.02.2009 n. 1357). |
EDILIZIA PRIVATA:
Denuncia di inizio attività -
Provvedimento comunale di inibitoria -
Termine - Perentorietà - Sussistenza.
Il termine di 30 giorni, previsto ai fini
dell'adozione del provvedimento comunale di
inibitoria a seguito della ricezione della
D.I.A. per l'esecuzione di lavori edilizi,
ha carattere perentorio (nel caso di specie
il TAR ha poi precisato che la diffida
emessa dal Comune ad opera quasi ultimata
non è valutabile come atto di autotutela:
sia perché manca un qualsiasi riferimento
alla relativa potestà, sia in quanto priva
degli elementi necessari a qualificarla e
riconoscerla come emanata nell'esercizio
della medesima) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1331 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Recupero
sottotetto - Art. 64 L.R. 12/2005 - Altezza
massima - Individuazione - Parametri -
Singola unità immobiliare - Nozione.
2. Recupero
sottotetto - Art. 64 L.R. 12/2005 - Deroghe
- Stretta interpretazione - Fattispecie.
1. Ai sensi dell'art. 64 L.R. 12/2005, che
disciplina il recupero del sottotetto ai
fini abitativi, la modifica di colmo, gronda
o pendenza delle falde è consentita al solo
scopo di raggiungere le condizioni di
abitabilità dell'appartamento e quindi di
raggiungere l'altezza media ponderale di
metri 2,40, altezza da riferire alla singola
unità immobiliare nel suo complesso e non ai
singoli locali dell'appartamento.
2. La deroga consentita dagli articoli 63 e
64 della L.R. 12/2005 può avere ad oggetto
soltanto la possibilità di sopraelevare
l'edificio per garantire la salubrità
dell'alloggio. Per tale ragione non è
possibile, ottenuta tale altezza minima -che al tempo stesso è anche un'altezza
massima- realizzare anche un vano ulteriore
sopra ciò che è stato sopraelevato, perché
così facendo si violerebbe la normativa di
deroga degli articoli sopra richiamati, di
stretta interpretazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1330). |
ESPROPRIAZIONE:
1.
Acquisizione ex art. 43 D.P.R. 327/2001 -
Legittimazione - In capo al ricorrente - Non
sussiste - In capo alla P.A. - Sussiste.
2.
Acquisizione ex art. 43 D.P.R. 327/2001 -
Domanda ex art. 43 D.P.R. 327/2001 da parte
del ricorrente - Difetto assoluto di
giurisdizione.
3.
Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima
- In assenza di effetto traslativo della
proprietà - Abbandono dei terreni - Reimmissione del proprietario nel possesso -
Provvedimento di restituzione - Non
necessita.
4.
Occupazione d'urgenza - Divenuta illegittima
- Risarcimento - Giurisdizione A.G.O. -
Translatio iudicii - Conseguenze.
1. Ex art. 43 del D.P.R. 327/2001
l'acquisizione coattiva giudiziale può
essere chiesta non dal privato cui sia stata
sottratta la disponibilità del fondo senza
un valido titolo, ma - in via
riconvenzionale - dall'Amministrazione che
ne ha interesse o che utilizza il bene, a
fronte di una richiesta del privato di
restituzione del fondo o dell'impugnazione
del provvedimento di acquisizione coattiva.
2. La domanda del ricorrente di condanna
della P.A. all'emissione del provvedimento
di acquisizione coattiva giudiziale non ha
cittadinanza nel sistema del diritto vigente
e deve, pertanto, essere dichiarata
inammissibile per difetto assoluto di
giurisdizione.
3. Qualora il Comune abbandoni i fondi dallo
stesso occupati d'urgenza per la
realizzazione di opera pubblica - su di essi
mai realizzata - senza che si sia mai
verificato l'effetto traslativo di proprietà
dei fondi medesimi, il proprietario è
legittimato a reimmettersi nel possesso
degli stessi senza dover attendere alcun
provvedimento formale di restituzione.
4.
L'illegittimità della occupazione d'urgenza,
avvenuta oltre i tre mesi dal momento in cui
è stato emesso il decreto di occupazione,
genera una pretesa risarcitoria che non
appartiene alla giurisdizione del Giudice
Amministrativo, bensì a quella del Giudice
Ordinario (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
102/2006): pertanto, la relativa domanda
risarcitoria deve essere rimessa al Giudice
Ordinario con pronuncia declinatoria di
giurisdizione ex art. 30 Legge 1034/1971,
restando salvi gli effetti sostanziali e
processuali della domanda (cfr. Corte
Costituzionale, sent. n. 77/2007), senza
indicazione del termine entro il quale
effettuare la riassunzione, termine che
dovrà essere assegnato dal Giudice
Ordinario, trattandosi di questione che
attiene al merito della pretesa che viene
azionata in giudizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1329). |
URBANISTICA:
Vincolo conformativo e vincolo espropriativo -
Destinazione a verde pubblico - Distinzione
- Criterio.
Al fine di stabilire se la destinazione a
verde pubblico abbia natura conformativa
oppure espropriativa occorre verificare di
volta in volta il contenuto concreto del
vincolo: ciò che è decisivo, pertanto, non è
la quantità di facoltà dell'uso dominicale
che sono incise nella previsione di piano,
bensì la circostanza che il vincolo non
precluda del tutto l'iniziativa privata,
consentendo l'utilizzazione da parte della
collettività tramite costruzioni di
proprietà pubblica e di interesse collettivo
a mezzo di determinate tipologie di
interventi (chioschi bar, teatrini,
padiglioni per la musica e simili): in
presenza di tali possibilità di utilizzo del
bene, dunque, non può parlarsi di vincolo
espropriativo, bensì di vincolo conformativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 20.02.2009 n. 1329). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Termine per l'impugnazione - Concessione di costruzione -
Impugnazione da parte di terzi - Dies a quo
- Individuazione.
2. Termine per l'impugnazione - Concessione di costruzione -
Impugnazione da parte di terzi - Dies a quo
- Individuazione - Criterio.
1. Il termine per l'impugnazione della
concessione edilizia, oggi permesso di
costruire, da parte di terzi che assumano di
aver subito pregiudizio dalla costruzione
assentita, decorre dalla piena ed effettiva
conoscenza del provvedimento, intendendosi
tale conoscenza come un fatto, la cui prova
rigorosa incombe alla parte che eccepisce la
tardività (cfr. TAR Ancona, sent. n.
1574/2007; TAR Salerno, sent. n.
860/2007).
2. Al fine della decorrenza del termine per
l'impugnazione di una concessione edilizia
rilasciata a terzi, l'effettiva conoscenza
dell'atto si verifica quando la costruzione
realizzata rivela in modo certo ed univoco
le essenziali caratteristiche dell'opera e
l'eventuale non conformità della stessa al
titolo o alla disciplina urbanistica: ne
consegue, che in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine
decorre non con il mero inizio dei lavori,
ma con il loro completamento, a meno che
venga provata una conoscenza anticipata o si
deducano censure di assoluta inedificabilità
dell'area o analoghe censure, nel qual caso
risulta sufficiente la conoscenza
dell'iniziativa in corso (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 6342/2007; sent. n.
3849/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1326). |
EDILIZIA PRIVATA:
D.I.A. - Atto
di iniziativa meramente privata -
Impugnabilità avanti al G.A. - Non sussiste.
La D.I.A. non è atto impugnabile avanti
al giudice amministrativo in quanto essa
continua ad avere natura di mero atto del
privato e di strumento di liberalizzazione
delle attività anche dopo le modifiche
apportate all'art. 19 della Legge 241/1990 e
dall'art. 3 del D.L. 35/2005, convertito con
Legge 80/2005 e, per la D.I.A. in materia
edilizia, dall'art. 38 del D.P.R. 380/2001 e
dal D.Lgs. 301/2002 (orientamento costante
della Sezione) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1326). |
EDILIZIA PRIVATA:
D.I.A. - Atto
di iniziativa meramente privata -
Impugnabilità avanti al G.A. - Non sussiste
- Conseguenze - Eccezione di tardività
nell'impugnazione - Inammissibilità.
Avendo la D.I.A. natura di atto privato,
essa non è direttamente impugnabile da parte
di controinteressati: pertanto, in caso di
ricorso di questi ultimi avverso
provvedimento con cui il Comune ha
affermato, a seguito di verifica delle opere
in corso, l'insussistenza dei presupposti
per l'adozione di provvedimenti inibitori o
sanzionatori, è inammissibile l'eccezione di
tardività, sollevata dal Comune, per mancata
impugnativa della D.I.A.: ciò, dal momento
che non si tratta di un'impugnazione di un
titolo edilizio, per il quale va considerato
il termine decadenziale di legge dalla piena
conoscenza, bensì dell'impugnazione di un
atto del Comune, per il quale il termine
decorre dalla data di ricevimento del
provvedimento stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1322 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia -
Demolizione e ricostruzione - Rispetto
forma, volume ed altezza edificio
preesistente - Necessità.
In base alla disciplina del D.P.R. 380/2001
gli interventi di ristrutturazione edilizia
con demolizione e ricostruzione possono
comportare la realizzazione di un organismo
in tutto o in parte diverso dal precedente,
purché il complesso edilizio sul quale si
operano gli interventi rimanga alla fine
sostanzialmente il medesimo per forma,
volume ed altezza (nel caso di specie il TAR
ha disapplicato la disposizione del
regolamento edilizio del Comune di Milano
che per gli interventi di ristrutturazione
con demolizione e ricostruzione non richiede
anche il mantenimento della sagoma) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 1322 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Atto amministrativo - Comunicazione di
avvio - Espropriazione per pubblica utilità
- Variante al P.R.G. per realizzazione di
singola opera pubblica - Occorre
comunicazione.
2. Atto amministrativo - Comunicazione di
avvio - Espropriazione per pubblica utilità
- Variante parziale al P.R.G. per riassetto
urbanistico generale - Non occorre
comunicazione.
3. Piano regolatore - Contenuto - Scelte
urbanistiche - Effetti indiretti su Comune
contermine - Pareri preventivi e intese -
Non occorrono - Art. 12 Legge 1150/1942 -
Inapplicabilità.
1. Ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs.
327/2001, qualora l'adozione di una variante
al piano regolatore sia finalizzata alla
realizzazione di una singola opera pubblica,
deve essere dato avviso di avvio del
procedimento al proprietario del bene sul
quale si intende apporre il vincolo
preordinato all'esproprio.
2. Qualora l'adozione di una variante al
piano regolatore -pur atteggiandosi
rispetto allo strumento urbanistico come
variante parziale (e non generale), in
quanto riguardi una frazione del territorio
comunale- presenti un contenuto articolato
volto al riassetto urbanistico di una
porzione di territorio comunale (riassetto
sistema viario e infrastrutturale,
realizzazione attrezzature pubbliche, verde
e parcheggi pubblici, incremento di
volumetria edificabile dei lotti), essa è
soggetta alle modalità di pubblicazione
proprie degli strumenti urbanistici e non
alla comunicazione individuale ai singoli
proprietari interessati da previsioni di
carattere espropriativo: pertanto, tale
variante deve essere impugnata entro il
termine di sessanta giorni dalla sua
pubblicazione.
3.
Qualora le scelte urbanistiche comunali non
contemplino previsioni tali da incidere in
via diretta sul territorio del Comune
contermine, bensì possano determinarvi solo
ripercussioni, cioè effetti indiretti, ciò
non comporta la necessità di pareri
preventivi o intese con detto Comune
confinante, il quale, peraltro, è l'unico
legittimato a dolersi di eventuali mancanze
al riguardo; né è pertinente il richiamo
all'art. 12 Legge 1150/1942, in quanto tale
norma disciplina la formazione di piani
regolatori intercomunali a richiesta delle
Amministrazioni interessate o di iniziativa
del Ministero, quando per le caratteristiche
di sviluppo degli aggregati edilizi di due o
più Comuni contermini si riconosca opportuno
il coordinamento delle direttive riguardanti
l'assetto urbanistico dei Comuni stessi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.02.2009 n. 1317 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Opere di
trasformazione del territorio - Interesse
all'impugnazione - Legittimazione attiva -
Criteri - Necessità di dimostrare un
pregiudizio effettivo o potenziale per il
ricorrente - Sussiste.
2. Opere di
trasformazione del territorio - Interesse
all'impugnazione - Atti sopravvenuti della
P.A. modificatori dell'atto impugnato -
Mancata proposizione di motivi aggiunti -
Interesse al ricorso - Non sussiste.
1. L'interesse all'impugnazione di atti di
pianificazione non può essere provato solo
con la situazione dello stabile collegamento
con la zona interessata dalle opere, bensì
attraverso la dimostrazione del pregiudizio
effettivo o anche potenziale, ma
direttamente connesso all'adozione degli
atti gravati (cfr. TAR Milano, sent. n.
1551/2008).
2. A fronte dell'approvazione, nelle more
del giudizio, da parte della P.A. di atti
che vadano a modificare il contenuto
dell'atto originariamente impugnato,
sussiste in capo al ricorrente l'onere di
proporre motivi aggiunti, verificando
altresì la sussistenza dell'effettivo danno
provocato dal nuovo progetto e quindi
dell'interesse al ricorso: pertanto, in
assenza di impugnazione degli atti
sopravvenuti manca l'attualità
dell'interesse e quindi il ricorso va
dichiarato inammissibile (nel caso di specie
il TAR ha dichiarato inammissibile il
ricorso proposto da alcuni cittadini
residenti nelle immediate vicinanze delle
aree site in Milano, Isola De Castillia e
Via Confalonieri oggetto di programma
integrato d'intervento in quanto l'eventuale
lesione alla qualità della vita dei
residenti derivante dall'esecuzione delle
opere previste nell'atto di pianificazione
attuativa, non discendeva più dal piano
approvato con la delibera impugnata, ma dai
nuovi atti, non impugnati, che hanno
configurato in modo differente la zona) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.02.2009 n. 1314 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: Per
rilasciare la procura alle liti -al
difensore- il sindaco non ha bisogno della
preventiva autorizzazione della giunta
comunale.
Dagli articoli 36 e 35 della legge 142/1990,
poi trasfusi negli artt. 48, comma 2, e 50,
commi 2 e 3, del t.u. sugli ordinamenti
degli enti locali, approvato con d.lgs.
267/2000, si evince il principio secondo cui
competente a conferire al difensore del
Comune la procura alle liti è il Sindaco,
non essendo più necessaria l'autorizzazione
della Giunta municipale, atteso che al
Sindaco è attribuita la rappresentanza
dell'Ente (cfr. Cass. Civ., Sez. Un.,
10.05.2001, n. 186; 10.12.2002, n. 17550).
La decisione di agire e resistere in
giudizio e il conseguente conferimento del
mandato alle liti competono quindi, in via
ordinaria e salva deroga statutaria, al
rappresentante legale dell'ente senza
bisogno di autorizzazione della giunta o del
dirigente ratione materiae competente
(Cons. Stato, sez. V, 07.09.2007, n. 4721)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.02.2009 n. 848 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Le tariffe per i progettisti
incaricati dalla P.A. sono stabilite dal DM
04.04.2001.
Sussiste il
carattere recettizio del rinvio dell’art.
17, comma 12-ter, della legge n. 109/1994,
come introdotto dalla legge n. 166/2002 al
D.M. 04.04.2001, con conseguente
legificazione della fonte originariamente
secondaria e sua insensibilità alle vicende
giudiziarie che hanno interessato la
disciplina regolamentare, stante che, sul
piano letterale, la formulazione normativa,
nella parte in cui stabilisce che continua
ad applicarsi “quanto previsto” nel D.M. in
esame, evoca il richiamo del contenuto
sostanziale più che del contenitore
normativo.
La tesi del rinvio recettizio è l’unica
capace di attribuire all’art. 17, comma
12-ter, cit. un significato utile, non
essendo revocabile in dubbio che, in base ai
principi generali in tema di successione
delle norme e di continuità delle fonti il
decreto ministeriale, ove non annullato,
avrebbe comunque continuato a trovare
applicazione nelle more dell’intervento
della nuova disciplina regolamentare
prefigurato dalla prima parte della norma in
esame;
Non è dubitabile, alla luce della lettera e
della ratio della disciplina in
esame, che le disposizioni ultravigenti del
D.M. 04.04.2001 continuino ad operare alla
stregua di normativa che fissa un minimo
inderogabile in tema di compensi
professionale
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2009 n. 710 - link
a www.altalex.com). |
URBANISTICA:
Piano regolatore - Contenuto - Scelte
urbanistiche - Tutela dell'ambiente -
Criteri di proporzionalità distributiva di
oneri e vincoli - Rispetto - Non necessita.
La scelta amministrativa sottesa
all'esercizio del potere di pianificazione
di settore deve obbedire solo al superiore
criterio di razionalità nella definizione
delle linee dell'assetto territoriale -nell'interesse pubblico alla sicurezza delle
persone e dell'ambiente- e non anche ai
criteri di proporzionalità distributiva
degli oneri e dei vincoli, con la
conseguenza che in relazione ad essa non può
prospettarsi una disparità di trattamento
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3358/2008 e
sent. n. 2837/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Comune e Provincia - Attribuzioni
- Tutela del paesaggio - Competenza della
Provincia - Fattispecie.
Nel sistema di organizzazione delle
competenze delineato dalla legge statale a
tutela del paesaggio, la competenza in
materia è attribuita specificamente agli
enti territoriali sovraordinati e non può
essere derogata facendo scorrere verso il
basso tale livello di competenze mediante
l'attribuzione al Comune in via esclusiva
della decisione sulla pianificazione delle
aree di rilievo paesistico (cfr. Corte
Costituzionale, sent. n. 182/2006): nel caso
si specie il Collegio ha ritenuto che la
Provincia abbia, in sede di espressione del
parere di compatibilità con il PTCP, fatto
corretta applicazione dei principi sulle
interferenze tra le competenze degli enti
locali esistenti nel nostro ordinamento,
quando essa ha ritenuto di dover
interloquire, per la tutela di interessi
attinenti alla bellezza d'insieme dell'area
in esame -interessi che per loro natura
sono di rilievo sovracomunale- sulla
decisione del Comune di rendere edificabile
il terreno del ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1158 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: La
rappresentanza in giudizio del comune spetta
in via generale al sindaco senza necessità
di preventiva autorizzazione della giunta,
ma lo statuto del comune o anche i
regolamenti municipali possono affidarla ai
dirigenti, nell’ambito dei rispettivi
settori di competenza, od anche, con
riguardo all’intero contenzioso, al
dirigente dell’ufficio legale, e possono
altresì prevedere detta autorizzazione
(della giunta o del competente dirigente),
altrimenti non necessaria.
E’ sufficiente richiamare al riguardo una
recente decisione di questo Consiglio, sez.
VI, n. 337/2007, che a sua volta condivide
l’orientamento più recente espresso dalla
Cassazione, secondo cui la decisione di
agire e resistere in giudizio e il
conseguente conferimento del mandato alle
liti non necessariamente competono al
rappresentante legale dell’ente, ben potendo
essere attribuiti a un dirigente (Cass.,
sez. un., 27.06.2005, n. 13710: <<La
rappresentanza in giudizio del comune spetta
in via generale al sindaco senza necessità
di preventiva autorizzazione della giunta,
ma lo statuto del comune (atto a contenuto
normativo, rientrante nella diretta
conoscenza del giudice) o anche i
regolamenti municipali, nei limiti in cui ad
essi espressamente rinvii lo stesso statuto,
possono affidarla ai dirigenti, nell’ambito
dei rispettivi settori di competenza, od
anche, con riguardo all’intero contenzioso,
al dirigente dell’ufficio legale, e possono
altresì prevedere detta autorizzazione
(della giunta o del competente dirigente),
altrimenti non necessaria>>; Cass. [ord.],
sez. un., 17.03.2004, n. 5463: <<Il
sindaco può conferire ad un dirigente
comunale la rappresentanza processuale del
comune con facoltà di rilasciare procura
alle liti al difensore tecnico, in ordine a
tutte le controversie riguardanti gli affari
di competenza del settore cui sia preposto
il dirigente stesso; ciò in quanto il
dirigente è titolare dei poteri di
rappresentanza sostanziale in base all’art.
107 d.leg. 18.08.2000 n. 267; e si deve
escludere sia che sussistano elementi di
indeterminatezza della delega sindacale, sia
che si realizzi una surrettizia sostituzione
del legale rappresentante dell’ente>>).
Nella specie l’art. 76 dello Statuto della
Provincia di Verona prevede che “un
Dirigente può essere incaricato dal
Presidente per rappresentare la Provincia in
giudizio e nei procedimenti contenziosi
amministrativi”, come poi avvenuto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.09.2007 n. 4721 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'11.05.2009 |
ã |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Partecipazione in ATI.
Impugnazione di atti della procedura di
gara. Legittimazione ad impugnare di ogni
singola impresa del raggruppamento
costituito o costituendo. Sussiste.
Qualora sia necessario impugnare gli atti di
una procedura di selezione del contraente
(nel caso di specie, l'esclusione dalla
gara), sussiste la legittimazione attiva di
ciascuna delle imprese partecipanti in ATI,
sia che il raggruppamento risulti già
costituito al momento della presentazione
dell'offerta, sia che questo debba
costituirsi all'esito della eventuale
aggiudicazione del contratto di appalto
(cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 30.08.2004, n. 5646 e Cons. Stato, sez. V,
15.04.2004, n. 2148, TAR Lombardia,
Milano, sez. III, 13.12.2006, n. 4958) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.02.2009 n. 1242). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento -
Mancata indicazione termine per proporre
ricorso - Irrilevanza sulla legittimità
dell'atto terminale - Rimessione in termini
- Possibilità - Limiti.
La mancata indicazione nel provvedimento
impugnato del termine per proporre ricorso
integra mera irregolarità e non
illegittimità del provvedimento ed al più
può comportare la rimessione in termini
soltanto se sussistano circostanze che
determinino la configurabilità dell'errore
scusabile, quali incertezze e difficoltà
obiettive di interpretazione della norma,
novità della questione ovvero oscillazione
della giurisprudenza, circostanze tutte che
devono essere accertate prudentemente
dall'interprete attraverso l'attento esame
della sequenza temporale degli atti
impugnati al fine di verificare la diligenza
del ricorrente nel prendere conoscenza di
questi ultimi (cfr. TAR Latina, sent. n.
979/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1157 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione di costruzione -
Criteri e principi generali - Verifica
legittimazione del richiedente - Onere del
Comune - Sussiste - Limiti.
L'Amministrazione Comunale, nel corso
dell'istruttoria sul rilascio della
concessione edilizia, deve verificare che
esista il titolo per intervenire
sull'immobile per il quale è chiesta la
concessione edilizia -anche se questa è
sempre rilasciata facendo salvi i diritti
dei terzi- e se il titolo non viene provato
è legittimo che il rilascio della
concessione venga negato. Tale principio è
desumibile dall'art. 4, comma 1, Legge
10/1977, secondo cui la concessione è data
dal sindaco al proprietario dell'area o a
chi abbia titolo per richiederla, come
confermato dall'art. 11, comma 1, D.P.R. n.
380/2001, in base al quale il permesso di
costruire è rilasciato al proprietario
dell'immobile o a chi abbia titolo per
richiederlo. Pertanto, la verifica del
possesso del titolo a costruire costituisce
un presupposto la cui mancanza impedisce
alla P.A. di procedere oltre nell'esame del
progetto, anche se deve escludersi un
obbligo del Comune di effettuare complessi
accertamenti diretti a ricostruire tutte le
vicende riguardanti l'immobile in oggetto,
con particolare riferimento all'inesistenza
di servitù o di altri vincoli reali che
potrebbero limitare l'attività edificatoria
dell'immobile (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
4703/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.02.2009 n. 1157 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Permesso di
costruire - Termine per l'impugnazione -
Conoscenza piena - Quando si realizza -
Impugnazione da parte dei terzi - Dies a quo
- Onere della prova - Incombe alla parte che
eccepisce la tardività.
2. Controinteressato - In tema di edilizia
ed urbanistica - Abusi - Legittimazione
attiva - Presupposti.
3. Permesso di
costruire convenzionato - Applicazione in
alternativa alla pianificazione attuativa -
Possibilità - Condizione - Previsione negli
strumenti urbanistici.
1. Al fine di determinare la tardività
dell'impugnazione da parte dei terzi del
titolo edilizio, il termine decorre dalla
piena conoscenza ovvero dalla consapevolezza
del contenuto specifico del progetto
edilizio. La prova della piena ed effettiva
conoscenza del titolo rilasciato ad un terzo
-da dimostrarsi in modo rigoroso da chi
eccepisce la tardività della impugnazione-
deve intendersi soddisfatta, in assenza di inequivoci elementi di segno contrario, non
con il mero inizio dei lavori, ma solo con
la loro ultimazione o, almeno, quando i
lavori stessi siano giunti ad uno stato di
avanzamento tale che non possa più aversi
alcun dubbio in ordine alla consistenza,
alla entità e alla reale portata
dell'intervento edilizio assentito (cfr.
TAR Milano, sent. n. 4039/2008; TAR
Brescia, sent. n. 489/2008; Cons. di Stato,
sent. n. 6342/2007).
2. In caso di mancato rispetto di distanze,
limiti di altezza e vincoli d'uso di una
costruzione eccepiti da parte controinteressata, affinché in capo a
quest'ultima possa configurarsi la
legittimazione ad agire è necessario che,
oltre al requisito della vicinitas, si
realizzi una rilevante e pregiudizievole
alterazione del preesistente assetto
urbanistico ed edilizio per effetto della
realizzazione dell'intervento controverso
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1548/2008).
3. Il ricorso all'istituto del permesso di
costruire convenzionato in alternativa alla
pianificazione attuativa è riconosciuto
dalla normativa della Regione Lombardia, la
quale lo pone come teorica alternativa alla
pianificazione attuativa ove ciò sia
previsto negli strumenti urbanistici: in
mancanza di una sua previsione nel PRG -ed
ora nel Piano delle Regole- la sua adozione
non risulta, pertanto, legittima (cfr. Cons . di Stato, sent.
n. 1013/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.02.2009 n. 1147). |
URBANISTICA:
Piano Regolatore Generale -
Pianificazione attuativa - In zone già
urbanizzate - Necessità - Non sussiste -
Stato di sufficiente urbanizzazione -
Nozione.
La pianificazione attuativa non è
necessaria nelle ipotesi in cui l'area
interessata risulti essere già urbanizzata;
a tal riguardo, sussiste lo stato di
sufficiente urbanizzazione solo quando la
P.A. abbia accertato che l'area edificabile
di proprietà del richiedente è l'unica a non
essere stata ancora edificata e si trova in
una zona interamente interessata da
costruzioni e dotata di opere di
urbanizzazione (cfr. Cons . di Stato, sent.
n. 1013/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.02.2009 n. 1147). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Motivazione - In pendenza di
giudizio - Introduzione ex novo -
Inammissibilità - Integrazione successiva -
Ammissibilità.
La P.A. non può introdurre nelle more del
processo la motivazione di un provvedimento
che ne è privo: può tuttavia portare la
prova degli elementi che lo giustificano,
dimostrando i presupposti di fatto su cui
esso si fonda (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
7324/2004 e sent. n. 1088/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.02.2009 n. 1146 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Termine per
impugnare il PRG - Decorrenza dalla scadenza
del termine di pubblicazione dell'avviso di
deposito del PRG presso l'albo pretorio e
non dalla pubblicazione nel bollettino
regionale - Sussiste.
2. Delibera di
approvazione di PRG - Atto complesso -
Sussiste-Impugnazione della delibera di
approvazione PRG - Deduzione di vizi
riferibili anche ad altri atti, quali
adozione PRG e controdeduzioni -
Ammissibilità-Impugnazione di provvedimento
di adozione PRG - Facoltà e non onere -
Sussiste.
3. Decorso del
termine cd. "perentorio"- Potere-dovere
dell'Amministrazione di provvedere -
Sussiste.
4. Formalità
pubblicitarie ex art. 3, comma 14 lett. a)
della L.R. n. 1/2001 - Riferite
esclusivamente alla fase preliminare di
redazione PRG - Sussiste.
5. Applicazione
del combinato disposto dei commi 2 e 3
dell'art. 22 della L.R. n. 51/1975 come
modificato dall'art. 7 della L.R. n. 1/2001
- Redazione piano dei servizi da parte della
Amministrazione - Facoltà e non onere -
Sussiste - Adozione variante PRG priva del
piano dei servizi - Legittimità.
6. Vincoli
espropriativi - Indennizzabilità - Sussiste-
Vincoli conformativi - Non sussiste.
7. Piano
finanziario ex art. 30 L. n. 1150/1942 -
Applicazione alle ipotesi di cui all'art. 18
della medesima legge - Sussiste.
8. Piano
finanziario ex art. 30 L. n. 1150/1942 -
Elemento essenziale di PRG - Non sussiste.
1. La pubblicazione nel bollettino regionale
non esaurisce gli adempimenti formali di
pubblicità del piano regolatore, occorrendo
a tal fine anche la pubblicazione
dell'avviso di deposito del piano presso gli
uffici comunali che è formalità essenziale
per assicurare la conoscibilità di atti, i
cui allegati non possono essere agevolmente
riprodotti in un bollettino. Ne consegue che
il termine per l'impugnativa del piano
regolatore decorre dalla scadenza del
termine di pubblicazione dell'avviso di
deposito effettuata presso la segreteria del
Comune o nell'albo pretorio.
2. Il piano regolatore costituisce atto
complesso e, nella sequenza procedimentale
di formazione del piano, tutti i vizi, anche
quelli riferibili ad atti iniziali
(adozione) o intermedi (controdeduzioni),
possono essere dedotti in sede di
impugnativa del provvedimento finale di
approvazione, mentre l'impugnazione
immediata dell'atto di adozione costituisce
una facoltà e non un onere dell'interessato.
3. L'eventuale decorso del termine, ancorché
qualificato come "perentorio" non priva
l'Amministrazione del potere-dovere di
provvedere, rilevando eventualmente ai soli
fini della formazione del
silenzio-inadempimento.
4. Le formalità pubblicitarie previste
dall'art. 3, comma 14 lett. a) della L.R. n.
1/2000 si collocano nella fase preliminare
di redazione del PRG, anzi precedono l'avvio
del procedimento di formazione dello
strumento urbanistico, si tratta dunque di
adempimenti che non possono pretendersi
laddove questa fase sia già esaurita.
5. Non è illegittima la delibera di adozione
della variante di PRG priva del piano dei
servizi, in quanto dal combinato disposto
dei commi 2 e 3 dell'art. 22 della L.R. n.
51/1975 come modificato dall'art. 7 della
L.R. n. 1/2001, se alla data di adozione
della detta variante, la Giunta regionale
non ha ancora dettato i criteri per la
redazione del piano dei servizi, per la
redazione di quest'ultimo non sussiste in
capo all'Amministrazione comunale un
obbligo, ma una facoltà.
6. Sono indennizzabili soltanto i vincoli
urbanistici preordinati all'esproprio o di
carattere sostanzialmente espropriativo, in
quanto implicanti uno svuotamento incisivo
della proprietà; mentre non lo sono i
vincoli di destinazione imposti dal PRG per
attrezzature e servizi realizzabili anche ad
iniziativa privata o promiscua, in regime di
economia di mercato, anche se accompagnati
da strumenti di convenzionamento.
7. Il piano finanziario di cui all'art. 30
della L. n. 1150/1942 non deve riferirsi
indiscriminatamente a tutte le
espropriazioni, bensì solo a quelle fondate
sull'art. 18 della medesima legge, come
modificato dall'art. n. 865/1971, cioè agli
immobili da espropriare "entro le zone di
espansione dell'aggregato urbano".
8. Il piano finanziario di cui all'art. 30
della L. n. 1150/1942 non costituisce
elemento essenziale del PRG potendo
sopravvenire in un momento successivo,
allorché il Comune deliberi l'espropriazione
delle aree private interessate dal vincolo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.01.2009 n. 989 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Vincoli di in
edificabilità imposti da delibera istitutiva
di parco sovracomunale -
Legittimità - Espressione potere
amministrativo connaturato al principio di
legalità - Sussiste.
Dai principi derivanti dalla legge n. 326
del 2003 che richiama gli artt. 32 e 33
della legge n. 47/1985 e dall'art. 3 della L.R. Lombardia n. 31/2004, i vincoli di inedificabilità posti da una delibera
istitutiva di un parco di interesse sovracomunale (PLIS) e le relative varianti
degli strumenti urbanistici, seppure non
derivanti in via diretta da norma di legge,
sono comunque a quest'ultima riconducibili,
in quanto il potere amministrativo è
connaturato al principio di legalità ed è la
legge stessa che conferisce
all'amministrazione il potere di disporre
tali vincoli (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.01.2009 n. 987). |
URBANISTICA:
1. Approvazione di
variante al P.R.G. - Modifica destinazione
urbanistica delle aree - Disparità di
trattamento - Non sussiste.
2. Approvazione di
variante al P.R.G. - Rigetto osservazioni
dei privati - Inadeguata risposta da parte
della Regione - Non sussiste.
1. Non è possibile censurare la destinazione
urbanistica attribuita dal Comune alle aree
dei ricorrenti con la variante al P.R.G.
impugnata per disparità di trattamento con
chi è riuscito ad edificare nella medesima
area prima che scattassero le misure di
salvaguardia in quanto la scelta
amministrativa sottesa all'esercizio del
potere di pianificazione di settore deve
obbedire solo al superiore criterio di
razionalità nella definizione delle linee
dell'assetto territoriale, nell'interesse
pubblico alla sicurezza delle persone e
dell'ambiente, e non anche ai criteri di
proporzionalità distributiva degli oneri e
dei vincoli. Peraltro la creazione di
precedenti carichi urbanistici, ben può
giustificare la decisione
dell'Amministrazione di modificare la
destinazione di piano per impedire
l'ulteriore sfruttamento del territorio.
2. La mancata introduzione da parte della
Regione delle modifiche d'ufficio alla
variante al P.R.G. adottata dal Comune,
richieste dai ricorrenti con le
osservazioni, non configura una risposta
inadeguata in quanto le osservazioni dei
privati sono un mero apporto collaborativo
alla formazione degli strumenti urbanistici
e non danno luogo a peculiari aspettative,
con la conseguenza che il loro rigetto non
richiede una specifica motivazione, essendo
sufficiente che esse siano state esaminate e
ritenute in contrasto con gli interessi
posti a base della formazione del piano (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.01.2009 n. 199 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Piano per gli
insediamenti produttivi - Individuazione
delle aree da inserire nel Piano - Adozione
ed approvazione del piano - Discrezionalità
dell'Ente - Sussiste, con il limite
dell'adeguata motivazione e della non
irragionevolezza o arbitrarietà della
scelta.
2. Pianificazione
di settore - Obbligo di rispettare il
criterio di razionalità - Sussiste - Obbligo
di rispettare criteri di proporzionalità
distributiva degli oneri e dei vincoli - Non
sussiste - Configurabilità del vizio di
disparità di trattamento - Non sussiste.
3. Creazione di
carichi urbanistici in carenza di
valutazione dello stato di urbanizzazione
del territorio - Insufficienza delle opere
di urbanizzazione - Legittimità della scelta
di impedire ulteriori edificazioni -
Sussiste.
1. L'ente locale, relativamente
all'individuazione delle aree da inserire in
un piano per gli insediamenti produttivi
nonché alla sua adozione ed approvazione,
gode della più ampia discrezionalità, con
l'unico limite dell'adeguata motivazione e
della non irragionevolezza o arbitrarietà
della scelta stessa, essendo necessario che
essa si fondi sull'idoneità del piano stesso
ad apportare ricchezza per l'intero sistema
economico.
2. La scelta amministrativa sottesa
all'esercizio del potere di pianificazione
di settore deve obbedire solo al superiore
criterio di razionalità nella definizione
delle linee dell'assetto territoriale,
nell'interesse pubblico alla sicurezza delle
persone e dell'ambiente, e non anche ai
criteri di proporzionalità distributiva
degli oneri e dei vincoli, con la
conseguenza che in relazione ad essa non può
prospettarsi una disparità di trattamento.
3.
Non può essere censurata in sede
giurisdizionale la decisione
dell'Amministrazione comunale di impedire
l'edificazione in un'area oggetto di
parziale edificazione, in quanto la
creazione di precedenti carichi urbanistici,
effettuata senza tener conto dello stato di
urbanizzazione della porzione di territorio
circostante a quello dell'interessato, ben
può giustificare un diverso atteggiamento
della p.a. procedente, a causa della
sopravvenuta insufficienza delle opere di
urbanizzazione finora esistenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.01.2009 n. 198 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Procedimento
approvazione strumento urbanistico comunale -
Modifiche d'ufficio da parte ente
territoriale sovraordinato - Profili di
discrezionalità - Sussistono.
2. Procedimento
approvazione strumento urbanistico comunale
- Potere dell'Amministrazione comunale di
discostarsi dalle modifiche d'ufficio
dell'ente sovraordinato - Limiti -
Legittimità.
3. Procedimento
approvazione strumento urbanistico comunale
- Modifiche d'ufficio introdotte
dall'Amministrazione regionale - Obbligo di
ripubblicazione dello strumento urbanistico
- Modifiche d'ufficio "facoltative" o
"concordate" recanti superamento del limite
di rispetto dei canoni guida dello strumento
adottato - Sussiste - Modifiche d'ufficio
"obbligatorie" - Non sussiste.
4. Esercizio del
potere di pianificazione di settore -
Obbligo di uniformarsi ai criteri di
proporzionalità distributiva degli oneri e
dei vincoli - Non sussiste.
5. Osservazioni al PRG - Espressione di apporto collaborativo -
Obbligo di motivazione del rigetto - Non
sussiste.
6. Casi in cui il
privato può vantare un interesse qualificato
nei confronti del potere di pianificazione -
Obbligo di motivazione specifica da parte
dell'Amministrazione in caso di superamento
- Sussiste.
1. Nell'ambito del procedimento di
approvazione dello strumento urbanistico
comunale, le modifiche d'ufficio richieste
dall'ente territoriale sovraordinato non
costituiscono un mero controllo formale di
legittimità delle scelte amministrative
effettuate dal Comune, ma contengono profili
di discrezionalità, anche di tipo tecnico,
di cui gode l'ente territoriale
sovraordinato nel richiedere le modifiche
d'ufficio allo strumento urbanistico.
2. Legittimamente l'Amministrazione comunale
può discostarsi, seppur soltanto in maniera
più restrittiva, dalle modifiche d'ufficio
allo strumento urbanistico, dettate
dall'ente territoriale sovraordinato, e ciò
in ragione delle peculiari esigenze
territoriali.
3. A seguito delle modifiche d'ufficio
introdotte dall'Amministrazione regionale
allo strumento urbanistico,
l'Amministrazione comunale è tenuta alla
ripubblicazione del detto strumento solo nel
caso in cui le modifiche siano "facoltative"
o "concordate" e superino il limite di
rispetto dei canoni guida dello strumento
adottato, diversamente nel caso di modifiche
"obbligatorie", poiché proprio il carattere
dovuto dell'intervento regionale rende
superfluo l'apporto collaborativo del
privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e
comunale.
4. La scelta amministrativa sottesa
all'esercizio del potere di pianificazione
di settore deve obbedire solo al superiore
criterio di razionalità nella definizione
delle linee dell'assetto territoriale,
nell'interesse pubblico alla sicurezza delle
persone e dell'ambiente, e non anche ai
criteri di proporzionalità distributiva
degli oneri e dei vincoli, con la
conseguenza che in relazione ad essa non può
prospettarsi una disparità di trattamento.
5. Le osservazioni dei privati sui progetti
sono un mero apporto collaborativo alla
formazione degli strumenti urbanistici e non
danno luogo a peculiari aspettative, con la
conseguenza che il loro rigetto non richiede
una specifica motivazione, essendo
sufficiente che esse siano state esaminate e
ritenute in contrasto con gli interessi e le
considerazioni generali poste a base della
formazione del piano.
6. La stipula di una convenzione di
lottizzazione, l'annullamento con sentenza
passata in giudicato di diniego di
concessione edilizia, reiterazione di un
vincolo preordinato all'esproprio
rappresentano i casi in cui il privato può
vantare un affidamento qualificato nei
confronti della potestà pianificatoria
dell'Amministrazione, superabile da
quest'ultima solo previa motivazione
specifica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.01.2009 n. 197 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Azzonamento -
Determinazione degli indici di
fabbricabilità - Rappresentano scelte
urbanistiche discrezionali - Sindacabilità
nel giudizio di legittimità - Non sussiste,
se non per profili di illogicità,
contraddittorietà e per errori di fatto.
Le scelte urbanistiche, comprese quelle che
più sacrificano le posizioni dei privati,
come l'azzonamento o la determinazione degli
indici di fabbricabilità, costituiscono
espressione di discrezionalità, come tali
non sindacabili nel giudizio di legittimità
se non per profili di illogicità,
contraddittorietà e per errori di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.01.2009 n. 175). |
URBANISTICA:
PTCP atto di
coordinamento e di indirizzo - Potere
conformativo della pianificazione comunale -
Sussiste.
Poiché il piano territoriale di
coordinamento provinciale ha natura di atto
di coordinamento e di indirizzo tipico della
programmazione intermedia, il potere conformativo
della pianificazione comunale che si esprime
nel giudizio di compatibilità previsto dalla
normativa regionale lombarda può esprimersi
non solo nell'imporre con forza innovativa e
cogente prescrizioni e vincoli dotati di
specifica causale legislativa, ma anche di
impartire raccomandazioni in merito alle
modalità di tutela dei beni riferibili ad
un'attribuzione riservata della Provincia.
In tal caso sussiste un preciso obbligo del
Comune di farsi carico, in sede di
approvazione del piano, delle valutazioni
richieste e di decidere in merito con
provvedimento motivato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.01.2009 n. 174 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Esclusione per aver reso
dichiarazioni asseritamente non veritiere -
Mancata impugnazione nei termini -
L'asserito mendacio assume la dimensione di
un fatto storico non più sindacabile.
La mancata impugnazione del provvedimento di
esclusione da una procedura selettiva
determina la legittimità sia della
segnalazione all'Autorità di Vigilanza sui
contratti pubblici che l'incameramento della
cauzione provvisoria in conseguenza delle
dichiarazioni non veritiere rese in sede di
presentazione dell'offerta. Per tale ragione
la definitività dell'esclusione inibisce
ogni ulteriore accertamento sul fondamento
del relativo impianto motivazionale
conferendo al mendacio la dimensione di un
fatto storico non più sindacabile (cfr. TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 19.11.2008, n.
5474) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 16.01.2009 n. 159). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordine di non
effettuare le opere oggetto di D.I.A. -
Giurisdizione esclusiva del G.A. -
Accertamento dell'assentibilità delle opere
- Sussiste.
In materia di D.I.A. il G.A. ha
giurisdizione esclusiva, ai sensi dell'art.
19, c. 5, L. 241/1990, con un sindacato esteso
all'accertamento del rapporto che consente
di scrutinare e di stabilire se la
ristrutturazione oggetto della D.I.A.
presentata dai ricorrenti avrebbe potuto
essere comunque assentita, anche al di là
dei motivi di diniego contenuti nel
provvedimento impugnato
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.01.2009 n. 153 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Norme
regolamentari - Illegittimità - Interesse ad
agire insorgente con l'atto applicativo -
Necessità di impugnare congiuntamente
regolamento e atto applicativo - Sussiste.
Lo stato attuale della giurisprudenza sui
mezzi per far valere l'illegittimità delle
norme regolamentari impone, quando
l'interesse ad agire sorga non già con
l'emanazione della norma regolamentare, ma
soltanto con l'atto applicativo,
l'impugnazione congiunta di regolamento e
atto applicativo (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 92 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire convenzionato - Sostituisce il
piano attuativo e ne assume il contenuto di
discrezionalità.
Il permesso di costruire convenzionato
riprende dal piano attuativo, che
sostituisce il contenuto di discrezionalità
delle scelte amministrative; difatti,
l'approvazione di un piano di livello
attuativo non è atto dovuto, pur se conforme
al piano regolatore generale, ma costituisce
sempre espressione di potere discrezionale
dell'autorità chiamata a valutare
l'opportunità di dare attuazione alle
previsioni dello strumento urbanistico
generale (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 92 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Decorso del
termine di 30 giorni per inibire la DIA -
Potere in capo all'Amministrazione comunale
di esercitare l'autotutela - Sussiste.
2. Terzo asseritamente leso dalla DIA - Potere di
indurre l'Amministrazione comunale
all'esercizio del potere di autotutela -
Sussiste.
1. La perdita del potere di inibire il
perfezionamento della DIA di cui all'art.
42, comma 9 della L.R. n. 12/2005 non
impedisce al Comune ex art. 19 L. n.
241/1990 e succ. mod. ed int. di annullare
la DIA in autotutela.
2. Il terzo asseritamente leso da una DIA
può sollecitare l'esercizio dei poteri di
autotutela di cui il Comune dispone ex art.
19 L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 91 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Accordo di
programma - Mancato rispetto del termine di
cui all'art. 34 d.lgs. 267/2000 da parte del
Consiglio Comunale - Adesione del Comune -
Non incide - Annullamento accordo di
programma - Illegittimità.
2. Art. 15 L.
241/1990 - Possibilità di recedere - Revoca
accordo di programma - Illegittimità -
Interessi sopravvenuti - Nuova
determinazione di tutti gli Enti contraenti.
1. E' illegittimo l'annullamento adottato da
un Comune di un accordo di programma siglato
con altre due Amministrazioni, la Provincia
ed altro Comune, sul presupposto
dell'illegittimità della propria adesione a
tale accordo per avere il Consiglio Comunale
ratificato l'operato del Sindaco oltre il
termine di 30 giorni di cui all'art. 34
d.lgs. 267/2000 in quanto la scadenza di
tale termine non comporta il venire meno del
potere di aderire all'accordo di programma,
ma soltanto la decadenza delle misure di
salvaguardia urbanistiche interinalmente
insorte in seguito alla stipula dell'accordo
da parte del Sindaco. Con la conseguenza che
il mancato rispetto del termine di 30 giorni
non incide sulla legittimità dell'atto di
adesione del Consiglio Comunale all'accordo
di programma, risultando, al contrario,
illegittimo il successivo atto di
annullamento dell'accordo posto in essere
dal Comune per tale motivo.
2. L'art. 15 L. 241/1990 non prevedendo
(diversamente da quanto dispone l'art. 11
della stessa legge) la possibilità di
recedere dall'accordo da parte delle
Amministrazioni contraenti deve essere
interpretato conciliando l'inesauribilità
della funzione amministrativa propria di
ogni ente, che non tollera vincoli al
riesame dell'assetto di interessi concordato
alla luce di sopravvenuti interessi
pubblici, e la non disponibilità da parte di
una singola Amministrazione degli interessi
pubblici sottesi all'azione amministrativa
esercitata in forma consensuale. Pertanto si
deve ritenere che, salvo il caso in cui le
stesse parti abbiano previsto il diritto di
recesso nell'accordo di programma, il
contenuto dell'accordo sia modificabile solo
mediante una nuova determinazione espressa
da tutte le Amministrazioni contraenti che
giungono ad una sistemazione concordata
dell'assetto degli interessi sottostanti
all'azione amministrativa, risultando
conseguentemente illegittimo il
provvedimento di revoca adottato
unilateralmente dal Comune che, in presenza
di nuovi interessi pubblici sopravvenuti, è
in tal caso comunque vincolato a regolare
gli stessi mediante l'utilizzo del modulo
organizzativo consensuale tra
Amministrazioni già prescelto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 90 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Silenzio della pubblica
amministrazione - Illegittimità - Obbligo di
provvedere - Sussiste se il provvedimento
amministrativo richiesto dall'interessato è
previsto dalla legge come atto nominato.
La verifica dell'illegittimità del silenzio
della pubblica amministrazione postula
l'accertamento di due elementi: a) la
sussistenza in capo all'amministrazione di
un obbligo di provvedere; b) il successivo
accertamento della sua inosservanza.
L'obbligo di provvedere, necessario ai fini
della formazione del silenzio-rifiuto, si
verifica quando il provvedimento
amministrativo richiesto dall'interessato
sia previsto dalla legge come atto nominato
e, cioè, ove l'istanza sia idonea ad
attivare una sequenza procedimentale che
deve ineluttabilmente definirsi con
l'adozione di quest'ultimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Diniego di
intervento da parte della P.A. - Necessità
di impugnare la D.I.A. - Inammissibilità -
Non sussiste.
La D.I.A. edilizia, avendo natura di mero
atto del privato e di strumento di
liberalizzazione delle attività, non
configura un provvedimento tacito di assenso
all'edificazione impugnabile, con la
conseguenza che la tutela del terzo che si
oppone all'intervento attuato tramite D.I.A.
si realizza rivolgendo all'Amministrazione
formale istanza per l'esercizio della
potestà repressiva attribuitale dalla legge
ed impugnando il diniego esplicito di
intervento da parte della P.A. (nel caso di
specie tale scelta procedimentale del
ricorrente risulta inoltre essere stata
necessitata in quanto lo stesso G.A. adito
aveva già ritenuto inammissibile
l'impugnazione diretta della D.I.A. proposta
precedentemente dal ricorrente) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 77). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego di
intervento interdittivo da parte della P.A.
- Distanze tra i fabbricati previste
dall'art. 9 D.M. 1444/1968 - Sopraelevazione
per recupero abitativo di sottotetto -
Applicabilità - Illegittimità.
2. Diniego di
intervento interdittivo da parte della P.A.
- Risarcimento del danno - Mancanza di prova
di colpa dell'amministrazione e del danno
sofferto - Non sussiste.
1. L'art. 9 D.M. 1444/1968, pur riferendosi
ai nuovi edifici, è applicabile anche agli
interventi di sopraelevazione e dunque anche
alle ristrutturazioni che -volte al recupero
del sottotetto- comportano un incremento
dell'altezza non trascurabile del
fabbricato. La possibilità di realizzare ai
sensi della L.R. 15/1996 volumetrie aggiuntive
da destinarsi al recupero dei sottotetti in
deroga agli strumenti urbanistici non opera
in relazione alle previsioni dello strumento
urbanistico che riproducono disposizioni
normative di rango superiore, quale la
disciplina delle distanze tra fabbricati del
D.M. 1444/1968 che ha carattere inderogabile
in quanto materia inerente all'ordinamento
civile, che risponde ad esigenze
pubblicistiche sovrastanti gli interessi dei
singoli, e rientrante nella competenza
legislativa esclusiva dello Stato. Pertanto,
il provvedimento comunale che motiva la
mancata adozione di un provvedimento interdittivo delle opere oggetto di D.I.A.
per non essere il recupero abitativo di
sottotetto realizzato soggetto alle
prescrizioni dell'art. 9 D.M. 1444/1968, è
illegittimo.
2. Non è accoglibile la richiesta avanzata
dal ricorrente di risarcimento del danno
patito per il mancato intervento
interdittivo del Comune in quanto
l'imputabilità della responsabilità
all'Amministrazione non consegue al mero
dato obiettivo dell'illegittimità
dell'azione amministrativa, ma richiede
l'accertamento in concreto della colpa
dell'Amministrazione che, nel caso specie,
non è stata provata dal ricorrente (che non
ha provato neppure il danno sofferto), né
risulta aliunde (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 77). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Giustizia amministrativa - Nozione di
controinteressato - Necessità di un
requisito formale e di uno sostanziale per
assumere tale veste.
2. Giustizia amministrativa - Nozione di
controinteressato - Non sussistente in capo
all'autore di un esposto o di una denuncia
sebbene noto alla parte ricorrente.
3. Giustizia amministrativa - Censure che
contengano ulteriori aspetti dell'atto
impugnato e che allargano il giudizio -
Possibilità di farle valere mediante un atto
di intervento ad opponendum - Non sussiste.
1.
Nel giudizio amministrativo per assumere la
veste di controinteressato è necessario
il possesso di due requisiti: uno
sostanziale ed uno formale. Con riguardo al
primo (requisito sostanziale), occorre che
il soggetto risulti titolare di un interesse
alla conservazione dell'atto impugnato
uguale e contrario a quello fatto valere dal
ricorrente e, altresì, che sia espressamente
menzionato nell'atto medesimo o sia
altrimenti individuabile in base ad esso
(requisito formale).
2. L'essere autore di un esposto o denuncia
non comporta l'assunzione della qualifica di controinteressato nel giudizio contro il
conseguente provvedimento amministrativo e,
neppure nel caso di impugnativa di
un'ordinanza di demolizione, all'autore
della segnalazione di un abuso, spetta la
qualifica di controinteressato, sebbene
questi sia noto al ricorrente.
3. Le censure che allargano il giudizio ad
aspetti ulteriori di illegittimità
dell'atto, ancorché per ragioni contrarie
all'interesse di parte ricorrente, non
possono essere fatte valere mediante un
semplice atto di intervento ad opponendum (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 76). |
EDILIZIA PRIVATA:
Atto di deroga in
sanatoria relativamente a lavori oggetto di
D.I.A. - Eliminazione barriere
architettoniche - Incompetenza del dirigente
- Artt. 40 L.R. 11.03.2005 n. 12 e 19 L.R.
20.02.1989 n. 6 - Sussiste.
L'art. 40, c. 1, L.R. 12/2005, laddove prevede
la previa deliberazione del Consiglio
Comunale per il rilascio di provvedimenti in
deroga agli strumenti di pianificazione,
detta una regola procedimentale generale,
applicabile anche alla fattispecie di deroga
ai fini dell'abbattimento delle barriere
architettoniche di cui al terzo comma della
stessa legge, poiché, in entrambi i casi,
vengono esercitati, con il rilascio della
concessione in deroga, poteri discrezionali
in ordine all'opportunità di accordare o
meno il titolo richiesto che comporta un
mutamento dell'assetto urbanistico edilizio
previsto con gli strumenti di
pianificazione, mutamento per il quale è
necessaria l'approvazione dell'organo cui
compete la funzione pianificatoria.
La
stessa regola procedimentale si ricava
dall'art. 19 L.R. n. 6/1989, richiamato
dall'art. 40, c. 3, L.R. 12/2005, che rimanda
al procedimento di cui all'art. 41-quater
L.U. che contempla il parere del Consiglio
Comunale. Conseguentemente anche il
provvedimento di deroga in sanatoria
finalizzato all'abbattimento di barriere
architettoniche necessita di un
pronunciamento del Consiglio Comunale,
risultando illegittimo l'atto che è stato
adottato solo dal Dirigente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 72 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizi pubblici - Concessione del servizio
di distribuzione gas - Riscatto anticipato
da parte del Comune - Termini per
l'esercizio.
In materia di riscatto anticipato del
servizio di distribuzione del gas, è da
condividere l'orientamento più volte
espresso dal Consiglio di Stato (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 14.12.2006, n. 7437;
Cons. Stato, sez. V, 07.07.2005, n. 3748)
secondo il quale la regola generale fissata
dall'art. 24, r.d. 15.10.1925, n. 2578
è che il diritto al riscatto da parte del
Comune sorge quando sia decorso un terzo
della durata complessiva della concessione e
comunque almeno un quinquennio e così, in
seguito, di cinque in cinque anni.
A questa, non si sovrappone la regola
sussidiaria, prevista dall'art. 24, comma 1,
r.d. 15.10.1925, n. 2578, secondo la
quale il Comune ha sempre diritto al
riscatto quando siano trascorsi venti anni
dall'effettivo inizio del servizio; ma in
ogni caso il Comune non può esercitarlo
prima che ne siano passati dieci (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 19). |
APPALTI:
1. Bando di gara - Esclusione.
Interpretazione univoca delle clausole del
bando - Inapplicabilità del principio del
favor partecipationis - Par condicio tra i
partecipanti alla procedura concorsuale.
2. Appalto pubblico - Prescrizioni del bando
relative alle modalità di presentazione
dell'offerta - Mancata osservanza -
Esclusione.
3. Contratti della P.A. - Immediata lesività
di clausole del bando - Impugnazione del
bando di gara - Necessità.
1.
Secondo l'orientamento costante della
giurisprudenza, è inapplicabile il principio
del favor partecipationis nelle ipotesi in
cui la lex specialis di gara risulti di
univoca interpretazione, nel rispetto della
par condicio fra i partecipanti alla
procedura concorsuale.
2. La mancata osservanza, da parte di un
concorrente, delle prescrizioni del bando o
della lettera d'invito, attinenti alle
modalità di presentazione dell'offerta,
comporta l'esclusione dalla gara, nel caso
in cui tale provvedimento sia stabilito
espressamente dalla lex specialis; in tal
caso, invero, l'Amministrazione deve dare
precisa e incondizionata esecuzione alla
clausola, senza margini di valutazione
discrezionale in merito alla rilevanza
dell'inadempimento del concorrente e, solo
ove la clausola sia formulata in maniera
equivoca, può adottarsi un'interpretazione
idonea a consentire il favor partecipationis
degli aspiranti alla gara.
3.
L'onere di immediata impugnazione del bando
di gara sussiste nel caso in cui questo
arrechi un'immediata lesione per i contenuti
concernenti i requisiti di partecipazione,
che siano tali da precludere ex ante la
proposizione, con esito favorevole, della
domanda di ammissione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 17). |
AGGIORNAMENTO AL 04.05.2009 |
ã |
NOVITA' NEL SITO |
E' stato integrato l'archivio
dei DOSSIER con quest'altri:
-
DOSSIER
abusi edilizi.
-
DOSSIER
appalti.
-
DOSSIER competenze
gestionali.
-
DOSSIER contributo di costruzione. |
NEWS |
APPALTI: Tutto
sul D.U.R.C. (link a
www.lavoro.gov.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE
DELLA COMMISSIONE del 30.04.2009
che integra i requisiti tecnici per la
caratterizzazione dei rifiuti di cui alla
direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio relativa alla gestione dei
rifiuti delle industrie estrattive"
[notificata con il numero C(2009) 3013]
(2009/360/CE) (link a http://eur-lex.europa.eu). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE
DELLA COMMISSIONE del 30.04.2009
che integra la definizione di rifiuto inerte
ai fini dell’applicazione dell’articolo 22,
paragrafo 1, lettera f), della direttiva
2006/21/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti
delle industrie estrattive" [notificata
con il numero C(2009) 3012] (2009/359/CE)
(link a http://eur-lex.europa.eu). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U.U.E. 01.05.2009 n. L 110 "DECISIONE
DELLA COMMISSIONE del 29.04.2009
sull’armonizzazione e l’invio regolare delle
informazioni e sul questionario di cui
all’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), e
all’articolo 18 della direttiva 2006/21/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa alla gestione dei rifiuti delle
industrie estrattive" [notificata con il
numero C(2009) 3011] (2009/358/CE) (link a
http://eur-lex.europa.eu). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 17 del
30.04.2009 "Attuazione del Programma
Regionale per l'Edilizia Residenziale
Pubblica 2007-2009: Programma Regionale
Emergenza Casa - Approvazione dell'invito a
presentare proposte"
(decreto
D.S. 21.04.209 n. 3846 - link a
www.infopoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
R. Bardelle,
Il diritto di accesso agli atti delle
società partecipate dall'ente locale
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
COMPETENZE GESTIONALI:
S. Bianca,
Separazione tra funzioni di indirizzo
politico amministrativo e attività
gestionale nella legge delega "Brunetta". Il
nodo del conferimento degli incarichi
dirigenziali (link a
www.lexitalia.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
N. Pignatelli,
L’illegittimità “comunitaria” dell’atto
amministrativo (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
QUESITI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Autorizzazione prestazioni a
"scavalco" dipendente di altro Comune.
Il Comune (omissis), ente inferiore ai 5.000
abitanti, si avvale, alla luce dell’art. 1,
comma 557, della legge n. 311/2004, delle
prestazioni a “scavalco” di un dipendente di
altro Comune, debitamente autorizzato al di
fuori dal normale orario di lavoro,
funzionario cui è stata conferita, altresì,
la responsabilità del servizio tecnico. In
merito chiede parere sulla legittimità
dell’operato del Comune (Regione Piemonte,
parere
15/2009 - link a www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: PARERE
IN MERITO ALLA RICOSTRUZIONE DI RUDERI.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune
di SERRUNGARINA con nota prot. n. 2233 del
13.04.2005, che qui di seguito si riporta:
“1- se ritenga possibile l’intervento di
ricostruzione di un fabbricato di cui
restano poche preesistenze, qualora tale
richiesta venga accompagnata sia da
fotografie che da documenti che ne attestino
le volumetrie e qualora, in seguito a
sopralluogo, sia possibile accertare che
dell’edificio rimangono i soli muri
perimetrali con altezza variabile compresa
tra i cinquanta e i settanta centimetri ma
che allo stesso tempo permettono comunque di
leggerne sia la collocazione planimetrica
(riscontro con planimetrie catastali) che le
caratteristiche dei materiali utilizzati per
l’edificazione del paramento murario;
2- se ritenga possibile la ricostruzione,
ferme restando le condizioni fisiche sopra
espresse, qualora la preesistenza abbia
distanza dalla strada inferiore a quella
prevista dalle norme di P.R.G. e ricada
nell’ambito di rispetto di un “percorso
panoramico” così identificato dal P.P.A.R” (Provincia
di Pesaro-Urbino,
parere
22.07.2005 n. 55943 di prot. - link a www.provincia.ps.it). |
EDILIZIA PRIVATA: PARERE
IN MERITO QUESITO RELATIVO ALL’AMBITO DI
APPLICAZIONE DEI LIMITI DI DENSITA’
FONDIARIA DI CUI ALL’ART. 7 DEL D.M.
1444/1968.
Quesito posto dal Comune di PESARO a questa
Provincia con nota prot. 14581 del
18.03.2005, che qui di seguito si riporta:
“Con la presente si richiede, per quanto di
vostra competenza, un parere sulla
interpretazione delle Normative Nazionali e
Regionali in merito ai quesiti di seguito
esposti:
1. Se, in un’area libera, all’interno delle
zone omogenee A e B, l’edificazione di un
volume destinato a servizi pubblici concorre
al calcolo dei carichi insediativi come
definito all’Art. 7 del D.I. 1444/68,
considerato che all’Art. 3 dello stesso
Decreto vengono definiti i “...rapporti
massimi tra gli spazi destinati agli
insediamenti residenziali e gli spazi
pubblici...” intendendo questi ultimi come
compensazione del carico insediativo
urbanistico.
Si evidenzia inoltre che al punto b) del
comma 1, dell’Art. 18, L.R. 34/1992, nel
definire ciò che il piano regolatore
generale deve prevedere “...i limiti minimi
e massimi di densità edilizia territoriale e
le distanze minime tra le costruzioni, dalle
strade o dai manufatti pubblici o di uso
pubblico...” si intende, a nostro parere,
distinguere le densità edilizie dei
manufatti pubblici di uso pubblico.
2. Se, in un edificio residenziale
esistente, all’interno delle zone omogenee A
e B, l’incremento di volume destinato a
servizi pubblici concorre al calcolo dei
carichi insediativi come definito all’Art. 7
del D.I. 1444/1968, sempre in considerazione
dei succitati Art. 3 del D.I. 1444/1968,
Art. 18 della L.R. 34/1992.
3. Se la variante al P.R.G. di cui al punto
2, è da considerarsi sostanziale ai sensi
del comma 5, dell’Art. 15 della L.R. 34 del
05.08.1992” (Provincia di Pesaro-Urbino,
parere
01.06.2005 n. 43350 di prot. - link a www.provincia.ps.it). |
URBANISTICA: PARERE
IN MERITO QUESITO RELATIVO AL REGIME
URBANISTICO DELLE AREE RICOMPRESE IN PIANI
DI LOTTIZZAZIONE DECADUTI PER DECORSO DEL
TERMINE DECENNALE DI VALIDITA’.
Dal quesito evince una problematica
interpretativa di carattere generale che
sostanzialmente attiene alla questione
dell’individuazione del regime urbanistico
delle aree ricomprese in piani di
lottizzazione decaduti per decorso del
termine decennale di validità (Provincia
di Pesaro-Urbino,
parere
08.04.2004 - link a www.provincia.ps.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Parere
in merito effetti inottemperanza a
prescrizione afferente ad una concessione
edilizia in sanatoria.
Il Comune di Frontone con nota prot. 4046
del 25.09.2003, richiede, in ordine alla
“mancata ottemperanza all’esecuzione lavori
come prescritti in concessione edilizia in
sanatoria, (prescrizione consistente in
esecuzione di intonacatura e tinteggiatura)”
“se a seguito della successiva richiesta di
esecuzione lavori si possa dar luogo a
titoli autorizzativi con processi
sanzionatori o la mancata ottemperanza
implichi la decadenza della stessa pratica
di condono edilizio” (Provincia di
Pesaro-Urbino,
parere
15.03.2004 - link a www.provincia.ps.it). |
EDILIZIA PRIVATA: PARERE
IN MERITO POSSIBILITA' DI RICOSTRUZIONE DI
PARTI CROLLATE DI UN EDIFICIO UBICATO IN
ZONA AGRICOLA.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune
di PERGOLA con nota prot. n. 4019 del
05.04.2003, che qui di seguito si riporta:
"Premesso che:
- In data 03.07.2001 con prot. n.. 6826 è
pervenuta a questo Ente richiesta di "parere
preliminare relativamente al ripristino di
preesistenze - edificio rurale e accessori"
in zona agricola, proposto da un soggetto
mancante dal requisito di imprenditorialità
agricola;
- A seguito della domanda di cui sopra, la
C.E.C.I. visti gli elaborati grafici e la
documentazione fotografica ha deciso di
effettuare un sopralluogo al fine di
verificare la possibilità di ricostruire di
alcune parti dell'edificio principale e
degli accessori pertinenziali il tutto
attraverso l'accertamento dell'originaria
consistenza e forma;
- Eseguito il sopralluogo in data
29.08.2001, nella stessa giornata la
Commissione Edilizia C.le Integrata n. 10 si
è riunita presso la sede C.le esprimendo
parere sfavorevole all'ipotesi di ripristino
di alcune "preesistenze" (verbale n. 148/01,
allegato per brevità in copia alla
presente);
- Della unanime decisione della C.E.C.I., è
stata data successivamente comunicazione
alla ditta richiedente con nota prot. n.
6828 del 04.09.01;
- In data 04.12.2002 prot. n. 12968,
successivamente integrata come pratica
S.U.A.P. in data 28.01.2003 prot. n. 952, è
stata presentata istanza per "i lavori di
ristrutturazione edilizia di edificio
rurale" richiesto nel contempo da soggetto
avente i requisiti di imprenditore agricolo,
il tutto ovviamente riferito all'immobile
oggetto di richiesta di "parere
preliminare";
- La C.E.C.I. nella seduta n.4 del
19.02.2003 chiamata ad esaminare il progetto
di ristrutturazione edilizia, vista la
documentazione tecnica allegata comprensiva
anche di ulteriore documentazione
fotografica riferita ad una ripresa aerea
del '73, reperita presso l'Ufficio
cartografico della Provincia di Pesaro e
Urbino, in cui viene evidenziata la
situazione riferita al '73, comprensiva di
quei volumi che la stessa C.E.C.I. nel 2001
aveva stabilito in parte non definiti e
visto anche che la richiesta è formulata da
soggetto avente caratteristiche di
imprenditore agricolo, la Commissione
suddetta all'unanimità stabilisce di
sospendere la pratica rinviando ogni
decisione all'acquisizione di un parere
legale - urbanistico - edilizio di Codesto
Spettabile Ufficio, ponendo il seguente
quesito:
"E' possibile il rilascio di una concessione
edilizia per intervento di ristrutturazione
comprensiva anche della ricostruzione di
alcune parti crollate negli anni passati
dietro la presentazione di una
documentazione fotografica aerea riferita a
circa 30 anni orsono considerato che
esistono tracce di fondamenta, bucature
tamponate facenti pensare all'esistenza di
volumetrie attigue, ma non di chiare tracce
di agganci murari" (Provincia
di Pesaro-Urbino,
parere
10.05.2003 - link a www.provincia.ps.it). |
EDILIZIA PRIVATA: PARERE
IN MERITO QUESITO RELATIVO AL TAMPONAMENTO
DI PORTICATI.
Quesito posto a questa Provincia dal Comune
di MONDOLFO con nota prot. 25519 del
23.12.2002 che qui di seguito si riporta:
“Nel dicembre 1975 è stata acquisita
l'istanza per la costruzione di un
fabbricato di civile abitazione in Marotta,
[OMISSIS], sull'area di mq 1242 [OMISSIS]
che, secondo le previsioni del Programma di
Fabbricazione vigente, era azzonata
"Completamento Residenziale" con J= mc.
2,5/mq. e sulla quale era ammissibile un
volume di mc. 3105.
Il fabbricato progettato (costituito da:
Piano interrato destinato a garage e locali
di sgombero; Piano terra destinato a
porticato privato; Piani 1°, 2°, 3°, 4°,
destinati ad abitazione) prevedeva una
volumetria di mc. 3084, conforme al vigente
strumento urbanistico;
per le norme vigenti all'epoca i porticati
privati non costituivano volume e, pertanto,
anche il porticato del fabbricato in
fattispecie non è stato incluso nel computo
volumetrico.
All'istanza, esaminata favorevolmente dalla
C.C.E., ha fatto seguito nel gennaio 1976 il
rilascio della relativa Licenza Edilizia;
l'ultimazione dei lavori è avvenuta nel
marzo 1977 e l'Autorizzazione di Abitabilità
è stata rilasciata nell'aprile 1977.
Nel Comune di Mondolfo dall'11.09.1987 è
vigente il Piano Regolatore Generale ( le
cui N.t.a. consentono nelle zone di
"Completamento residenziale", come quella in
fattispecie, una edificazione pari a mc.
1,6/mq.) e con procedimenti iniziati
nell'ottobre 2000 e terminati nel luglio
2002 è stata adottata la Variante Generale
del Piano Regolatore Generale in adeguamento
al P.P.A.R. (le cui N.t.a. consentono nella
zona di "Completamento Residenziale B1",
come quella in fattispecie, una S.U.L. di mq
0,6/mq.; parametro equivalente, all'incirca,
a mc. 1,8/mq.).
Per quanto sopra, per la contemporaneità
dello strumento urbanistico "vigente" ed
"adottato", debbono applicarsi le norme di
salvaguardia; in ogni caso ove si
applicassero gli indici sopraindicati, le
potenzialità edificabili del lotto
sopradescritto risultano saturate dalla
stato di fatto.
Recentemente è stata assunta l'istanza
tendente ad effettuare nel fabbricato in
narrativa lavori di "Risanamento
conservativo e cambio di destinazione d'uso
di una parte del porticato" che, in realtà,
si sostanziano nel tamponamento del
porticato privato per la realizzazione di n°
4 appartamenti.
A detta del Progettista, la legittimità
dell'intervento afferisce dall'applicazione
della normativa del R.E.T. emanato dalla
Regione Marche (che i Comuni, compreso
quello di Mondolfo, hanno dovuto
obbligatoriamente far proprio) secondo cui,
giusto l'art. 13, punto c., tra gli elementi
che costituiscono la S.U.L. , e di
conseguenza volume, sono compresi i
porticati di uso privato.
A parere dello scrivente la norma suddetta
applicata alle nuove costruzioni (a quelle
cioè successive alla data dell'entrata in
vigore del R.E.C. adeguato al R.E.T.) è del
tutto legittima, pur si ritiene, altresì,
che non sussistono problematiche di sorta
per il tamponamento dei porticati privati
ove, dalle verifiche istruttorie, risulti
che l'area edificabile, in funzione dei
parametri previsti dagli strumenti
urbanistici, esprime potenzialità
volumetriche residue, (situazione, per
altro, in cui la fattispecie non rientra).
La norma, sempre a parere dello scrivente,
risulta improponibile (e deleteria) ove
questa venga applicata sui fabbricati
costruiti antecedentemente al termine
sopraccitato atteso che la retroattività
(per la quale si nutrono dubbi di
legittimità) comporterebbe il passaggio da
volumi virtuali ed impalpabili ad incrementi
volumetrici reali al di fuori di ogni logica
di pianificazione.
Tutto ciò esposto e significato si chiede a
Codesto spettabile Servizio di voler
esprimere il proprio competente parere
circa:
a) la possibilità, a mente delle
disposizioni richiamate, di tamponare i
porticati privati degli edifici esistenti
antecedentemente all'entrato in vigore della
norma dettata dal R.E.C. adeguato al R.E.T.
ed, in caso affermativo, in quale
percentuale (100% o 50%).
b) a quale categoria di lavori (rifacendosi,
salvo altro, ai disposti dell'art. 31 della
Legge n. 457/1978) deve in ogni modo, essere
collocato il tamponamento dei porticati.” (Provincia
di Pesaro-Urbino,
parere
09.05.2003 - link a www.provincia.ps.it). |
EDILIZIA PRIVATA: PARERE
IN MERITO QUESITI RELATIVI AL RISPETTO DELLE
DISTANZE NELLA EDIFICAZIONE IN AREA
ASSOGGETTATA A PIANO DI LOTTIZZAZIONE E ALL'AMMISSIBILITA'
DELLA RICOSTRUZIONE DI FABBRICATI
PARZIALMENTE DEMOLITI.
Quesiti posti a questa Provincia dal Comune
di SANT’AGATA FELTRIA con nota prot. n. 3094
del 23.05.2002, che qui di seguito si
riporta:
"Quesito n. 1:
Il Comune di Sant'Agata Feltria ha ricevuto
una richiesta di concessione edilizia per la
costruzione di un fabbricato artigianale
all'interno di una zona artigianale di tipo
"D" soggetta a redazione di piano di
lottizzazione.
Il richiedente, proprietario di n. 2 lotti
contigui, intende costruire il fabbricato di
cui sopra a confine dei lotti seppure il
piano di lottizzazione preveda una distanza
dai confini di ml. 5,00 e l'art. 13, comma
1, lett. p) del R.E.C. precisa che si
intende come confine anche la linea di
separazione che definisce i diversi lotti.
Si precisa che all'interno dell'area sono
stati ricavati n. 10 lotti di cui 7 lotti di
proprietà del Comune di Sant'Agata Feltria,
poi alienati, e 4 lotti di proprietà
privata.
Inoltre la convenzione del piano di
lottizzazione prevede che questa possa
essere realizzata per successivi stralci
funzionali dove l'attuale stralcio abbia per
oggetto i lotti di proprietà comunale;
mentre i proprietari privati nel caso in cui
procedessero all'esecuzione dei successivi
stralci si obbligano a riconoscere al Comune
di Sant'Agata Feltria la quota parte delle
spese sostenute per la realizzazione delle
opere di urbanizzazione.
Il richiedente intende realizzare il
fabbricato sul lotto facente parte del primo
stralcio a confine con il lotto che dovrà
fare parte degli stralci successivi.
Considerato quanto sopra, si invita
l'ufficio competente dell'Amministrazione
Provinciale di esprimere un proprio parere
sulla questione.
Quesito n. 2:
Il Comune di Sant'Agata Feltria ha ricevuto
richiesta per la ricostruzione di 2
fabbricati rurali ora parzialmente demoliti
dei quali rimane in un caso le murature per
l'altezza di circa ml. 1,00 (ricadente in
zona edilizia C6 di espansione non
lottizzata) mentre nell'altro caso sono
presenti porzioni di muratura esterna che in
alcune parti di presume abbiano un'altezza
fino alla gronda ( ricadente in zona
agricola). Si richiede:
- Se i proprietari abbiano comunque diritto
di ricostruire il fabbricato ora
parzialmente demolito;
- Quale documentazione eventualmente può
essere inoltrata a comprovare la consistenza
del fabbricato (documentazione fotografica,
planimetrie catastali, vecchi progetti
edilizi…..).
Considerato quanto sopra, si invita
l'ufficio competente dell'Amministrazione
Provinciale di esprimere un proprio parere
sulla questione." (Provincia
di Pesaro-Urbino,
parere
05.12.2002 - link a www.provincia.ps.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Gara
d'appalto - Obbligo di sopralluogo - Lex
specialis - Previsione del rilascio della
relativa attestazione al legale
rappresentante al procuratore o al direttore
tecnico - In caso di rti non costituito -
Obbligo del sopralluogo - Incombe su tutte
le imprese del raggruppamento - Clausola ad
applicazione vincolata - Dichiarazione di
sopralluogo resa dalla mera capogruppo -
Violazione principio par condicio -
Esclusione - Va disposta.
Ritenuto in diritto:
In relazione al quesito posto dal Comune di
Venosa, concernente la legittimità della
scelta di escludere il costituendo
raggruppamento concorrente per non aver
prodotto l’attestazione di avvenuto
sopralluogo nelle modalità prescritte dalla
disciplina di gara, si precisa quanto segue.
E’ principio ormai consolidato, sia nelle
pronunce dell’Autorità sia nelle sentenze
del Giudice Amministrativo, quello per cui,
nel rispetto del formalismo negli atti di
gara, la portata vincolante delle
prescrizioni contenute nella disciplina di
gara ne esige la puntuale esecuzione nel
corso della procedura medesima. Ne consegue
che qualora il bando di gara prescriva
specifici adempimenti in capo ai concorrenti
ai fini della partecipazione alla procedura
e commini espressamente l’esclusione dalla
gara in conseguenza della violazione di
quelle medesime prescrizioni,
l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed
incondizionata esecuzione ad esse, restando
preclusa all’interprete ogni valutazione
circa la rilevanza dell’inadempimento, la
sua incidenza sulla regolarità della
procedura selettiva e la congruità della
sanzione contemplata nella lex specialis,
alla cui osservanza la stessa
Amministrazione si è autovincolata al
momento del bando (pareri n. 215 del
17.09.2008 e n. 262 del 17.12.2008).
Nel caso di specie, la lex specialis
nel dettare le “Norme per la
partecipazione alla procedura di gara”
ha definito, tra l’altro, il contenuto
necessario della Busta A, relativa alla
documentazione amministrativa, prevedendo un
elenco di documenti che i concorrenti devono
allegare a pena di esclusione. Nel novero di
tali documenti, al punto 7) si legge: “Dichiarazione
(obbligatoria a pena di esclusione) di presa
visione dei luoghi dove devono essere
eseguiti i lavori, redatta esclusivamente
secondo il modello denominato Allegato A3 –
dichiarazione di presa visione dei luoghi –
di seguito allegato quale parte integrante.
La dichiarazione deve essere resa
esclusivamente dal titolare, dal legale
rappresentante, da un direttore tecnico
della ditta concorrente o da una persona
munita di apposita procura con la quale la
stessa viene abilitata ad effettuare la
presa visione dei luoghi o ad impegnare
l’impresa nei modi e nelle forme di legge.
In tal caso va esibita la relativa procura
[…] In caso di partecipazione di un
raggruppamento temporaneo, la visita dei
luoghi e quindi la relativa dichiarazione,
deve essere effettuata da uno dei soggetti
sopra indicati della sola impresa mandatario
capogruppo, se tale raggruppamento è già
formalmente costituito, al contrario da uno
dei soggetti indicati di tutte le imprese
che costituiranno formalmente il
raggruppamento se lo stesso non è ancora
formalmente costituito.”
Le prescrizioni contenute nella lettera
d’invito sono pertanto chiare e puntuali
nello stabilire che in caso di
raggruppamento temporaneo non costituito la
visita dei luoghi e la relativa
dichiarazione debba essere effettuata dal
titolare, dal legale rappresentante, da un
direttore tecnico della ditta concorrente o
da una persona munita di apposita procura,
con la quale la stessa viene abilitata ad
effettuare la presa visione dei luoghi o ad
impegnare l’impresa nei modi e nelle forme
di legge, di tutte le imprese che
costituiranno formalmente il raggruppamento.
Pertanto, la stazione appaltante, di fronte
ad una attestazione di sopralluogo
presentata, in violazione delle prescrizioni
della disciplina di gara, esclusivamente dal
sig. Di Domenico, in proprio e in qualità di
impresa capogruppo del costituendo
raggruppamento, e non anche da parte dei
soggetti legittimati dalla disciplina di
gara in rappresentanza dell’impresa mandante
del raggruppamento, è tenuta ad escludere il
costituendo raggruppamento temporaneo Di
Domenico – CO.BIT. S.r.l.
Diversamente opinando, si incorrerebbe,
peraltro, nella violazione del principio di
par condicio, oltre che del principio dell’autovincolo.
Solo qualora la disciplina di gara non
avesse puntualmente prescritto a ciascuna
impresa da associare la presentazione delle
singole attestazioni relative alla presa
visione dei luoghi, il provvedimento di
esclusione sarebbe stato illegittimo (in tal
senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. V,
sentenza del 09.12.2008 n. 6057).
Appare, peraltro, inconferente la
contestazione alla legittimità della
clausola di cui al menzionato punto 7) della
lettera di invito mossa dal raggruppamento
temporaneo escluso rispetto al principio di
favor partecipationis ed al divieto
di aggravamento del procedimento di cui
all’articolo 1, comma 2, della legge n.
241/1990.
Infatti, considerata la particolare
importanza del sopralluogo in relazione alla
formulazione dell’offerta, in quanto volto
proprio a rafforzare il coinvolgimento del
futuro appaltatore nella valutazione della
prestazione richiesta e della situazione dei
luoghi, al fine di prevenire eccezioni,
riserve o ulteriori ostacoli nel corso
dell’esecuzione contrattuale (in tal senso,
cfr. Autorità, parere n. 2 del 16.01.2008,
deliberazione n. 206 del 21.06.2007; TAR
Lazio, Roma, sez. III- quater, sentenza n.
11075 del 08.11.2007 e Consiglio di Stato,
sez. V, sentenza n. 3729 del 07.07.2005),
con la previsione di una siffatta clausola,
lungi dall’aggravare il procedimento e dal
violare il principio di favor
partecipationis – che peraltro risulta
in tal caso recessivo rispetto al principio
di par condicio – la stazione appaltante ha
inteso garantirsi la predisposizione di
un’offerta seria da parte dei concorrenti e
dunque ha voluto tutelare, in ogni caso, un
superiore e specifico interesse pubblico.
In base a quanto sopra considerato
il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione
disposta dal Comune di Venosa nei confronti
del costituendo raggruppamento temporaneo Di
Domenico – CO.BIT. S.r.l. è conforme alla
disciplina in materia di contratti pubblici
(parere 02.04.2009 n.
46 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Requisiti generali - Soggetti
obbligatoriamente chiamati a dimostrarne la
sussistenza ex art. 38 d.lgs. 163/2006 -
Amministratori muniti di poteri di
rappresentanza e direttori tecnici -
Dichiarazioni sostitutive ex art. 38 d.lgs.
163/2006 - Regolare sottoscrizione e
allegazione di copia fotostatica di
documento di identità del dichiarante -
Omissione - Esclusione - Legittimità.
Ritenuto in diritto:
Il quesito sottoposto all’Autorità attiene
alla problematica concernente i soggetti
obbligati a presentare le dichiarazioni di
cui all’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006.
Al riguardo, l’Autorità ha avuto più volte
occasione di precisare (cfr.: pareri n. 164
del 21.05.2008, n. 193 del 10.07.2008 e n. 5
del 15.01.2009) che la disposizione di cui
all’articolo 38 indica in modo preciso i
soggetti chiamati a dimostrare la
sussistenza dei requisiti morali,
individuandoli, per la fattispecie che
rileva ai fini del presente parere, ovvero
in caso di società per azioni, negli
amministratori muniti del potere di
rappresentanza e nel direttore tecnico.
La ratio della norma consiste,
dunque, nella volontà che le dichiarazioni
siano rese dagli interessati dal momento che
il genere di dichiarazioni richieste
costituisce frutto di informazioni su
qualità personali e sulle relative vicende
professionali e/o individuali dei soggetti
muniti di poteri di rappresentanza o dei
direttori tecnici che, non necessariamente,
possono essere a conoscenza del
rappresentante legale dell’impresa,
trattandosi di eventi (specie quelli
connessi a procedimenti penali) che esulano
da fattori rientranti nella organizzazione
aziendale, in relazione ai quali, quindi,
non può costituirsi un onere di conoscenza
in capo al legale rappresentante della
stessa.
Tanto premesso, occorre considerare la
peculiarità della fattispecie prospettata
dall’istante, che vede la dichiarazione ai
sensi del menzionato articolo 38
sottoscritta esclusivamente dal Commissario
Giudiziale e dal Presidente del Consiglio di
Amministrazione, in ossequio al
provvedimento emesso dal Tribunale di
Perugia, in data 15.07.2008, alla stregua
del quale “ai commissari sono stati
conferiti i poteri di ordinaria
amministrazione, nonché di straordinaria
amministrazione da esercitarsi su espressa
autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria.
[…] E’ quindi il commissario che viene ad
assumere, dal momento della notifica
dell’ordinanza e pertanto dal momento della
sua esecuzione, i poteri di amministrazione
così come individuati nell’ordinanza
medesima e conseguentemente i poteri di
rappresentanza assumendo la responsabilità
della gestione. […] Nell’ambito della
problematica riguardante la prosecuzione di
atti di gestione intrapresi dall’organo
amministrativo prima dell’applicazione della
misura cautelare in oggetto rientra la
partecipazione a gare ed appalti, nonché
l’esecuzione di gare e appalti già vinti. In
riferimento a tale aspetto, […] è utile
prevedere la doppia firma del Legale
Rappresentante della società, in carica
prima dell’applicazione della misura
cautelare, e del Commissario unico soggetto
in questo momento abilitato a rappresentare
la società per tutti gli atti legati
all’esecuzione di attività sorte
precedentemente alla nomina del Commissario
stesso.”
Dai richiamati contenuti del provvedimento
giudiziale consegue che, ai fini della
presentazione della dichiarazione ai sensi
dell’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006, il
Commissario Giudiziale ha il potere di
rappresentanza ed è, dunque, legittimato a
sottoscrivere la dichiarazione sostitutiva
di cui al modello Allegato 2B, insieme al
Presidente del Consiglio di Amministrazione,
in qualità di legale rappresentante della
società prima dell’emissione del
provvedimento cautelare, trattandosi di
attività sorta precedentemente alla nomina
del Commissario.
Tuttavia, tale documento costituisce
dichiarazione sostituiva esclusivamente per
i profili concernenti il possesso dei
requisiti generali in capo al Commissario
Giudiziale e al Legale Rappresentante, unici
sottoscrittori dell’atto, ai quali,
pertanto, può essere imputata la
dichiarazione medesima. Tale dichiarazione,
invece,
non può estendersi anche ai profili
concernenti il possesso dei requisiti
generali dei direttori tecnici e del
consigliere delegato, i quali, pur avendo
dichiarato il possesso dei requisiti ex
articolo 38, comma 1, lettere b) e c), non
hanno sottoscritto la relativa
dichiarazione.
Infatti, ai sensi dell’articolo 38 del
D.P.R. n. 445/2000 le dichiarazioni
sostitutive per essere valide devono essere
sottoscritte dall’interessato in presenza
del dipendente addetto, ovvero sottoscritte
e presentate unitamente alla copia
fotostatica del documento di identità del
sottoscrittore.
Entrambi gli elementi, sottoscrizione e
copia fotostatica del documento di identità,
sono volti a comprovare l’imprescindibile
nesso di imputabilità della dichiarazione ai
soggetti che la sottoscrivono. Ne consegue
che una dichiarazione, come quella prodotta
nel caso di specie, priva di uno di tali
elementi necessari prescritti
dall’ordinamento non è conforme alla
normativa in materia di documentazione
amministrativa, con l’effetto che il
concorrente che l’ha prodotta deve essere
escluso dalla procedura di gara.
Né la peculiarità del caso di specie e gli
specifici contenuti del provvedimento emesso
dal Tribunale di Perugia possono
giustificare una deroga al richiamato
principio generale in materia di contratti
pubblici per cui tutti i soggetti indicati
nell’articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006 sono
obbligati a rendere le dichiarazioni
relative al possesso dei requisiti di ordine
generale.
Ferme restando tali considerazioni, non può
non tenersi conto del fatto che, nelle more
del presente procedimento, il Tribunale di
Perugia ha emesso nei confronti della
società un provvedimento di divieto di
contrattare con la pubblica amministrazione
per un periodo di otto mesi. Tale
circostanza impedisce, in ogni caso, che la
società S.E.A.S. S.p.A. possa essere ammessa
alle successive fasi della procedura di
gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la dichiarazione
sostitutiva presentata dalla società
S.E.A.S. S.p.A., ai sensi dell’articolo 38,
comma 1, lettere b) e c) del D.Lgs. n.
163/2006, non è conforme alla normativa in
materia di contratti pubblici
(parere 02.04.2009 n.
44 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Appalti
di ll.pp. qualificazione - Rti di tipo
orizzontale costituito da due imprese -
Applicazione in combinato disposto art. 37
comma 13 d.lgs. 163/2006, art. 93 comma 4,
art. 95 dpr 554/1999 e art 3 del dpr n.
34/2000 - Obbligo di possesso maggioritario
dei requisiti da parte della mandataria -
Indicazione in sede di gara delle rispettive
quote di partecipazione - Onere del rti -
Vale anche in assenza di espressa previsione
nel bando - Eterointegrazione automatica ex
art. 37 c. 3 e 13 dlgs 163/2006.
Ritenuto in diritto:
In relazione alla prima questione
controversa sottoposta a questa Autorità,
concernente la presunta illegittimità del
provvedimento di esclusione disposto
dall’Autorità Portuale di Palermo nei
confronti del raggruppamento temporaneo di
imprese Electron Italia S.r.l. – Global
Security Systems per il mancato possesso dei
requisiti di partecipazione nella misura
prescritta dal bando di gara, si precisa che
la questione attiene al possesso dei
requisiti di partecipazione nella
particolare ipotesi di un raggruppamento di
tipo orizzontale costituito esclusivamente
da due imprese.
Al riguardo occorre premettere quanto segue,
al fine di individuare la specificità della
fattispecie in questione.
E’ principio consolidato in giurisprudenza
in materia di requisiti di partecipazione
delle associazioni temporanee di imprese
quello per cui sussiste una sostanziale
coincidenza tra quote di qualificazione,
quote di partecipazione al raggruppamento e
percentuale di ripartizione nella esecuzione
dei lavori, in ossequio al combinato
disposto dell’articolo 37, comma 13, del
D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m., e
dell’articolo 95 del D.P.R. 21.12.1999, n.
554 e s.m.
Con specifico riferimento ai raggruppamenti
di tipo orizzontale, l’articolo 95, comma 2,
del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. prevede che i
requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi richiesti dal bando
per le imprese singole devono essere
posseduti dalla mandataria nelle misure
minime del 40% e che la restante percentuale
è posseduta cumulativamente dalle mandanti
ciascuna nella misura minima del 10% di
quanto richiesto all’intero raggruppamento;
è inoltre necessario che l’impresa
mandataria in ogni caso possieda i requisiti
in misura maggioritaria.
Proprio con specifico riguardo al possesso
maggioritario dei requisiti da parte della
mandataria, il citato ultimo periodo
dell’articolo 95, comma 2, come precisato
nel parere n. 236 del 05.11.2008, deve
essere inteso con riferimento ai requisiti
minimi richiesti per la partecipazione allo
specifico appalto, in relazione alla
classifica posseduta risultante
dall’attestazione SOA e spesa ai fini
dell’esecuzione dei lavori e non in
assoluto. Non è pertanto consentito che, al
fine di dimostrare da parte
dell’associazione temporanea il possesso del
100% dei requisiti minimi, una mandante
abbia una quota di importo superiore o
uguale a quello della mandataria,
rinvenendosi la ratio della norma
nell’esigenza di assicurare che la
mandataria sia effettivamente e non
astrattamente il soggetto più qualificato in
rapporto all’importo dei lavori a base
d’asta.
In particolare, il criterio di verifica
della misura maggioritaria non si identifica
nel contributo potenziale della capogruppo
alla copertura del requisito (cioè nella
capacità della mandataria di assumere una
quota dei lavori appaltati, da valutare
sulla scorta delle qualificazioni da esse
possedute), bensì occorre valorizzare il
principio di corrispondenza sostanziale tra
quota di qualificazione, quota di
partecipazione e quella di esecuzione dei
lavori desumibile dal combinato disposto
dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 163/2006,
degli articoli 93, comma 4 e 95 del D.P.R.
n. 554/1999 e dell’articolo 3 del D.P.R. n.
34/2000.
In altri termini, per la verifica
dell’osservanza dell’articolo 95, comma 2,
D.P.R. n. 554/1999 occorre unicamente fare
riferimento alla misura della classifica di
qualificazione concretamente spesa dalle
imprese raggruppate ai fini del
raggiungimento dei requisiti minimi di
ammissione alla gara e tale misura è
esattamente segnata dalle rispettive quote
di partecipazione.
Ne deriva che, qualora al raggruppamento
temporaneo partecipano due sole imprese,
l’aggettivo maggioritario –che connota la
percentuale del possesso dei requisiti della
capogruppo– indica che la mandataria deve
spendere nella specifica gara una qualifica
superiore al 50% dell’importo dei lavori e,
quindi, maggiore dell’altra associata,
perché solo in tal modo essa potrà possedere
anche una qualifica superiore a quella del
suo unico associato: la capogruppo deve così
partecipare nella misura almeno del 50% più
uno dell’importo dei lavori (in tal senso,
cfr. anche CGA, sez. giur., sentenza n. 306
dell’11.04.2008; TAR Sardegna, sez. I,
sentenza n. 1181 dell’11.06.2008).
Nel caso di specie, pertanto, il costituendo
raggruppamento temporaneo, avendo dichiarato
che le quote di attività erano ripartite al
50% tra le parti e, conseguentemente,
riportato per entrambe le società
l’attribuzione ed il possesso al 50% delle
categorie richieste, per le ragioni sopra
esposte non può ritenersi qualificato per la
partecipazione alla gara. In tal modo,
infatti, il suddetto raggruppamento viola la
citata disposizione del Regolamento, che
impone alla mandataria il possesso
maggioritario dei requisiti minimi
prescritti dalla lex specialis, non
raggiungendo il 50% più uno, previsto
dall’ordinamento.
Ne consegue che la violazione della
richiamata normativa generale in materia di
raggruppamenti orizzontali rappresenta, di
per sé, motivo di esclusione del
raggruppamento concorrente, a prescindere
dalla specifica motivazione indicata a
supporto del provvedimento di esclusione
dalla stazione appaltante durante le
operazioni di gara.
In relazione alla seconda questione
controversa sottoposta a questa Autorità,
concernente la legittimità della mancata
indicazione delle quote di partecipazione di
un raggruppamento temporaneo di imprese in
sede di partecipazione alla procedura di
gara, si precisa quanto segue.
L’Autorità ha più volte avuto modo di
chiarire che è onere dell’associazione
temporanea di imprese indicare nella domanda
di partecipazione, ovvero nella
dichiarazione nella quale le imprese
rappresentano all’Amministrazione
l’intendimento a costituire un’associazione
temporanea di imprese, le relative quote di
partecipazione, precisando altresì che tale
adempimento sussiste anche qualora non vi
sia un’esplicita indicazione in tal senso
nel bando di gara, che deve intendersi
integrato dalla inderogabile previsione di
cui all’articolo 37, commi 3 e 13, del
D.Lgs. n. 163/2006 (in tal senso, cfr.
parere n. 124 del 22 novembre 2007).
Considerato che per la verifica
dell’osservanza del possesso in capo
all’associazione temporanea dei requisiti
minimi di partecipazione occorre fare
riferimento alla misura della classifica di
qualificazione concretamente spesa dalle
imprese raggruppate ai fini del
raggiungimento dei requisiti minimi di
ammissione alla gara e che tale misura è
esattamente segnata dalle rispettive quote
di partecipazione al raggruppamento, la
verifica dei suddetti requisiti in relazione
alle singole quote di partecipazione deve
effettuarsi in fase di controllo
dell’ammissibilità delle offerte. Dal
momento che i plichi contenenti le offerte
economiche vengono aperti successivamente
alle verifiche sopra indicate, è onere
dell’associazione temporanea di imprese
indicare nella domanda di partecipazione,
ovvero nella dichiarazione nella quale
rappresentano all’Amministrazione
l’intendimento di costituire un
raggruppamento temporaneo, le rispettive
quote di partecipazione (in tal senso, cfr.
parere n. 52 del 17.10.2007, nonché
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5260
del 09.10.2007, sentenza n. 3873 del
20.08.2008; sez. VI, sentenza n. 416
dell’08.02.2008).
Fermo restando, dunque, che è principio
consolidato in materia di contratti pubblici
-e, pertanto, suscettibile di applicazione
anche al caso di specie- la sussistenza
dell’onere in capo alle imprese che
costituiscono un raggruppamento temporaneo
di indicare nella domanda di partecipazione
le relative quote di partecipazione, si
rileva, altresì, che nella fattispecie in
questione è proprio la lex specialis
a prevedere una specifica prescrizione al
riguardo, corredandola espressamente della
sanzione dell’esclusione.
Infatti, al cui punto “4.1.) del bando
“Situazione personale degli operatori,
requisiti di partecipazione e condizioni
minime di carattere tecnico-economico” si
legge: “Per le associazioni temporanee di
imprese e per i consorzi di tipo orizzontale
i requisiti economico finanziari e tecnico
organizzativi richiesti nel presente bando
devono essere posseduti, nella misura di cui
all’articolo 95, comma 2, del D.P.R. n.
554/1999 e nella misura di cui all’articolo
95, comma 3, del medesimo D.P.R. per A.T.I.
e consorzi di tipo verticale. L’impegno di
costituire A.T.I. o il raggruppamento, al
fine di garantirne l’immodificabilità ai
sensi dell’articolo 37, comma 9, del D.Lgs.
n. 163/2006, deve specificare il modello, se
orizzontale, verticale, misto ed anche se vi
sono imprese cooptate, nonché le parti
dell’opera secondo le categorie del presente
bando che verranno eseguite da ciascuna
associata ai sensi del’articolo 95, comma 4,
del D.P.R. n. 554/1999. La mancata
indicazione dei suddetti elementi relativi
alle forme di associazione, salvo che questi
possano essere ricavati con immediatezza e
senza incertezze dalla qualificazione delle
imprese associate, costituisce motivo di
esclusione dalla gara.”
Ne consegue che, vista la chiarezza e
puntualità delle prescrizioni contenute nel
bando e considerato che è principio ormai
consolidato, sia nelle pronunce
dell’Autorità sia nelle sentenze del Giudice
Amministrativo, quello per cui, nel rispetto
del formalismo negli atti di gara, la
portata vincolante delle prescrizioni
contenute nella disciplina di gara ne esige
la puntuale ed incondizionata esecuzione nel
corso della procedura medesima (pareri n.
215 del 17.09.2008 e n. 262 del 17.12.2008),
l’Autorità Portuale di Palermo ha
correttamente disposto l’esclusione del
raggruppamento I & SI – Ingegneria &
Software Industriale S.p.A. in esecuzione
delle disposizioni di gara cui si era
autovincolata.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che:
- il costituendo raggruppamento temporaneo
Electron Italia S.r.l. – Global Security
Systems non può essere ammesso alle
successive fasi del procedimento di gara,
perché privo dei requisiti minimi prescritti
dal bando;
- l’esclusione disposta dalla stazione
appaltante nei confronti del raggruppamento
I & SI – Ingegneria & Software Industriale
S.p.A. è conforme alla normativa di settore
(parere
02.04.2009 n. 43 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto - Bando di gara -
Lex specialis - Applicazione formale e
vincolata.
Appalti di servizi - Requisiti di
partecipazione - Capacità
tecnico-organizzativa - Requisiti limitativi
della partecipazione alla gara -
Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Per la definizione della questione oggetto
della controversia in esame, occorre,
preliminarmente, rilevare che l’avviso di
gara per l’affidamento del servizio di
informatizzazione di cui trattasi, all’art.
6. lett. d.1), con specifico riguardo ai “Requisiti
di capacità tecnica e professionale”, ha
espressamente richiesto “consolidata
esperienza nelle materie oggetto della gara
-e delle problematiche ad esse relative-
nell’ambito della Pubblica Amministrazione
Locale. In particolare, il concorrente dovrà
aver effettuato, nell’ultimo triennio
prestazioni e forniture analoghe a quelle
richieste dal C.S.A. in favore di almeno una
Provincia o Comune (o entità amministrative
simili per i paesi europei) di almeno
150.000 abitanti ovvero almeno tre Comuni di
cui, almeno uno, con più di 75.000 abitanti”.
La clausola dell’avviso descrive, dunque, in
modo chiaro ai partecipanti alla gara gli
enti in favore dei quali il concorrente
dovrà aver effettuato, nell’ultimo triennio,
le prestazioni e forniture analoghe a quelle
richieste dal Capitolato Speciale d’Appalto,
individuando l’ambito della Pubblica
Amministrazione Locale, in modo preciso e
tassativo, nella Provincia o in uno o più
Comuni con un determinato numero di abitanti
o in entità amministrative simili per i
paesi europei.
Inoltre, il mancato possesso dei requisiti
minimi di partecipazione prescritti è
inequivocabilmente sanzionato dall’avviso
con l’esclusione dalla gara, pertanto la
Commissione, escludendo il raggruppamento
istante, ha correttamente applicato la
lex specialis, non consentendo la
partecipazione alla procedura in oggetto di
concorrenti che abbiano effettuato
prestazioni analoghe in favore di enti
diversi da quelli chiaramente indicati
dall’avviso stesso.
Infatti, secondo il principio del formalismo
negli atti di gara, la portata vincolante
delle prescrizioni contenute nel regolamento
di gara esige che alle stesse sia data
puntuale esecuzione nel corso della
procedura, senza che in capo all’organo
amministrativo, cui compete l’attuazione
delle regole stabilite nel bando, residui
alcun margine di discrezionalità in ordine
al rispetto della disciplina del
procedimento. E quindi, qualora il bando
commini espressamente -come nel caso di
specie- l’esclusione dalla gara in
conseguenza di determinate prescrizioni,
l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed
incondizionata esecuzione a dette
prescrizioni, restando preclusa
all’interprete ogni valutazione circa la
rilevanza dell’inadempimento, la sua
incidenza sulla regolarità della procedura
selettiva e la congruità della sanzione
contemplata nella lex specialis, alla
cui osservanza la stessa Amministrazione si
è autovincolata al momento del bando.
Si rileva, tuttavia, che, a prescindere
dalla correttezza formale dell’operato della
Commissione, la clausola dell’avviso di cui
si controverte, appare indebitamente
limitativa dell’accesso alla procedura di
gara di cui trattasi, nella misura in cui
crea un nesso imprescindibile tra
l’affidabilità del futuro contraente in
termini di capacità tecnica e la peculiare
natura giuridica dei destinatari di
prestazioni analoghe a quella richiesta dal
Capitolato Speciale di Appalto, impedendo in
questo modo la partecipazione a soggetti
che, come il costituendo raggruppamento
istante, abbiano effettuato prestazioni
analoghe in favore di enti diversi da quelli
puntualmente indicati dall’avviso di gara
(Comune e Provincia).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara del costituendo raggruppamento tra
l’impresa DELTADATOR S.p.A. (capogruppo) e
le imprese SINCON s.r.l. e SVIM SERVICE
S.p.A (mandanti) è conforme alla lex
specialis, ma la clausola dell’avviso di cui
si controverte, causa dell’esclusione,
appare indebitamente limitativa dell’accesso
alla procedura di gara
(parere 02.04.2009 n.
42 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Contratti
della p.a. - Affidamento servizi
parascolastici a cooperative sociali -
Cooperativa affidataria - Deve risultare
iscritto all'albo regionale - Omessa
dimostrazione requisito - Esclusione -
Legittimità.
Ritenuto in diritto:
Ai fini della risoluzione della questione
oggetto della controversia, occorre
evidenziare che il bando di gara, nell’art.
4, lett. a) “Documenti richiesti per
l’ammissione alla gara”, al punto 2)
richiedeva espressamente una “Dichiarazione
resa dal Legale Rappresentante ai sensi del
D.P.R. n. 445 del 2000, in cui la ditta
attesta…b) l’iscrizione all’Albo Regionale
delle Cooperative Sociali di cui alla L.R.
85/1994 alla sezione A o B, in caso di
partecipazione di CONSORZI TRA COOPERATIVE,
iscrizione alla sezione C”.
Proprio in considerazione di tale clausola
del bando, la cooperativa sociale istante
Eurotrend Assistenza s.c. a r.l., come
riferito in atti, ha dichiarato nell’istanza
di partecipazione alla gara di essere in
possesso del suddetto requisito, chiaramente
prescritto dal bando ai fini dell’ammissione
alla gara in oggetto, ma poi non ha fornito,
in sede di verifica del possesso del
requisito autocertificato, le necessarie
prove della dichiarata iscrizione all’Albo
Regionale di cui alla L.R. dell’Abruzzo n.
85/1994. Né può ritenersi idonea a tal fine
l’esibizione del certificato di iscrizione
ad un Albo Regionale diverso da quello
dichiarato in sede di gara ai sensi degli
artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000.
La Commissione giudicatrice, pertanto, ha
correttamente disposto l’esclusione della
cooperativa sociale Eurotrend Assistenza
s.c. a r.l., ritenendo la stessa priva di un
requisito di partecipazione espressamente
richiesto dalla lex specialis, in
modo chiaro e non equivoco, al fine
dell’ammissione alla gara.
Si rileva, altresì, che anche il Consiglio
di Stato, in una recente pronuncia, ha
ritenuto legittima l’esclusione da un
procedura per l’affidamento di un appalto di
servizi sociali, di una cooperativa sociale
che non abbia fornito indicazioni e prove
circa l’effettiva iscrizione all’Albo
Regionale delle Cooperative Sociali,
tassativamente richiesto dalla normativa di
gara, quale requisito minimo di
partecipazione, ritenendo, pertanto, non
lesiva dei principi vigenti in materia la
richiesta, da parte di una stazione
appaltante, dell’iscrizione ad uno specifico
Albo Regionale ai fini della partecipazione
alla gara (cfr.: Cons. Stato, sez. V,
02.02.2009, n. 558, con specifico riguardo
alla mancata comprova del prescritto “requisito
dell’iscrizione all’Albo Regionale delle
Cooperative Sociali di cui all’art. 2, comma
2, lettera a) sezione A della L.R. Piemonte
09.06.1994, n. 18”).
Stante il carattere assorbente del motivo
sopra esaminato, si rende superfluo l’esame
della fondatezza delle altre censure
contenute nell’istanza in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara della cooperativa sociale Eurotrend
Assistenza s.c. a r.l. è conforme alla
lex specialis della gara nonché alla
normativa di settore
(parere 02.04.2009 n.
40 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Requisiti di partecipazione -
Fissazione da parte della s.a. - Rispetto
principi proporzionalità, ragionevolezza,
logicità par condicio fra i concorrenti -
Necessità - Fissazione di un requisito di
capacità tecnica che prevede l'onere di
dimostrare una percentuale non inferiore al
30%, 40%, 50% della base d'asta per uno, due
o tre servizi della stessa tipologia -
Carattere non incongruo né sproporzionato.
Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità
evidenziato, alla stregua della
giurisprudenza amministrativa, che la
stazione appaltante può fissare
discrezionalmente i requisiti di
partecipazione, anche superiori rispetto a
quelli previsti dalla legge, purché essi non
siano manifestamente irragionevoli,
irrazionali, sproporzionati, illogici,
nonché lesivi della concorrenza (cfr. per
tutti Parere dell’Autorità 19.06.2008 n.
188).
La ragionevolezza dei requisiti non deve
essere valutata in astratto, ma in
correlazione al valore dell’appalto ed alle
specifiche peculiarità dell’oggetto della
gara.
Il caso in esame riguarda l’affidamento del
servizio di pubblicazione di avvisi legali
su testate di quotidiani nazionali e locali
il cui importo a base d’asta è pari a euro
2.400.000,00 con una durata di anni due. La
fissazione di un requisito di capacità
tecnica così come descritto in fatto e che
prevede in capo all’impresa la dimostrazione
di aver eseguito la percentuale non
inferiore al 30%, 40% e 50% dell’importo a
base d’asta per uno, due o tre di servizi
della stesa tipologia, non risulta essere
requisito sproporzionato, o irragionevole.
Peraltro, come correttamente osservato dalla
stazione appaltante, il requisito di cui si
discute, è previsto dall’art. 18 del D.P.R.
n. 34/2000, che lo ha previsto quale
requisito di ordine speciale nei lavori, per
dimostrare nel settore dei lavori pubblici
la capacità di natura tecnica.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il requisito di
capacità tecnica previsto nella
documentazione della gara in esame risulta
essere conforme alla normativa vigente di
settore
(parere 02.04.2009 n.
39 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: Il
silenzio serbato su un'istanza di sanatoria
edilizia integra la violazione di un preciso
dovere giuridico sanzionabile in sede
giurisdizionale con l'accertamento
dell'obbligo dell'Amministrazione di
concludere con provvedimento esplicito la
richiesta del privato.
Osserva il Collegio che, pur essendo a
conoscenza di diversi orientamenti
giurisprudenziali (cfr. TAR Campania Napoli
sez. VI 16.09.2008 n. 10221), che
qualificano il silenzio serbato a seguito
dell’istanza ex art. 36, d.P.R. n. 380 del
2001, quale provvedimento negativo, che deve
essere, pertanto, censurato attraverso un
giudizio impugnatorio negli stretti termini
decadenziali tipici del ricorso dinanzi al
giudice amministrativo, non vi sono motivi
per discostarsi dall’orientamento già
espresso dalla Sezione in materia (cfr., “ex
plurimis”, TAR Lazio Roma, sez. II,
03.01.2008, n. 8), atteso che, per
giurisprudenza consolidata della stessa, il
silenzio serbato –come nella fattispecie in
esame- integra la violazione di un preciso
dovere giuridico sanzionabile in sede
giurisdizionale con l'accertamento
dell'obbligo dell'Amministrazione di
concludere con provvedimento esplicito la
richiesta del privato. Infatti, il rifiuto
di provvedere, senza alcuna giustificazione,
si risolve in una grave limitazione del
diritto di difesa del cittadino
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 24.04.2009 n. 4087 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Art. 45 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo
indiretto - Imposizione - Discrezionalità
amministrativa - Limiti - Motivazione.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi
dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004, volto a
proteggere la “cornice” del bene culturale,
che non di rado è parte integrante del suo
fascino e della sua bellezza, può assumere
il più vario concreto contenuto, dato che
può prescrivere, in base alla lettera della
legge, “distanze”, “misure” ed “altre
norme”, fra le quali pacificamente si
comprende l’inedificabilità di certe aree o
le altezze massime dei fabbricati da
realizzare in prossimità del bene tutelato.
Data la potenziale indeterminatezza dei
concetti coinvolti di “prospettiva”, “luce”,
“ambiente” e “decoro”, che potrebbe assumere
ampiezza ed intensità notevoli, tali da
sacrificare in modo particolarmente intenso
la posizione di privati, la discrezionalità
amministrativa nell’imposizione del vincolo
soggiace ai limiti della logicità,
ragionevolezza e proporzionalità; il
provvedimento impositivo deve inoltre essere
sorretto da una motivazione particolarmente
congrua e dettagliata, sì da rendere
conoscibili le valutazioni fatte
dall’Amministrazione e nel contempo dia
contezza delle ragioni del sacrificio delle
posizioni dei privati coinvolti nella
definizione del rapporto in questione (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 24.04.2009 n. 2161 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Raggruppamento temporaneo di
imprese - Mandato collettivo speciale -
Dichiarazione indefettibile a pena di
esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n.
163/2006.
L’art. 37, comma 8 del D.Lgs. n. 163 del
2006 impone un preciso impegno, da assumere
in sede di offerta, per i soggetti di cui
all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del
medesimo decreto: quello di rilasciare un
mandato collettivo speciale con
rappresentanza ad una componente del
Raggruppamento per il caso di
aggiudicazione: trattasi di un requisito
generale (ed indefettibile) per la
partecipazione alle gare dei raggruppamenti
(Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n.
623/2004), che non richiede una espressa
menzione negli atti inditivi delle gare (in
questi termini, da ultimo, TAR Lazio,
III-quater, n. 106/2009).
Questo impegno deve formare oggetto di una
espressa dichiarazione, non sostituibile con
altre dichiarazioni, e pertanto non
desumibile aliunde dalla documentazione dei
concorrenti: una dichiarazione, cioè,
indefettibile a pena di esclusione, non
passibile di integrazione, pena la
violazione del principio della par condicio
(TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 24.04.2009 n. 284 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Provvedimento di
localizzazione di una discarica - Comune
interessato - Legittimazione
all’impugnazione - Presupposti - Pregiudizio
effettivo.
In materia di smaltimento di rifiuti la
legittimazione all'impugnazione del
provvedimento di localizzazione di una
discarica viene normalmente riconosciuta ai
Comuni nel cui territorio l'impianto
dovrebbe essere collocato subordinatamente
alla dimostrazione di un effettivo
pregiudizio che detta discarica sarebbe in
grado di arrecare nell’ambito territoriale
di rispettiva competenza (cfr. Cons. St.,
Sez. V, 02.10.2006 n. 5713 e Cons. St., V,
14.04.2008, n. 1725). A maggior ragione,
anche i Comuni viciniori devono fornire
elementi concreti atti a dare prova della
idoneità della discarica a produrre disagi e
conseguenze negative sulla salute della
popolazione (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez.
I,
sentenza 24.04.2009 n. 280
(link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Avvalimento - Art. 49, c. 2,
lett. a) d.lgs. n. 163/2006 - Controllo sul
possesso dei requisiti di partecipazione -
Specificazione dettagliata di tutti i
requisiti di cui l’impresa ausiliata intende
avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2 lett. a), del D.Lgs. n.
163/2006 deve essere interpretato
coerentemente con la ratio, sottesa
alla normativa in tema di controllo sul
possesso dei requisiti di partecipazione
(art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della
agevole verificazione, da parte della
stazione appaltante, di quanto dichiarato in
sede di gara, soprattutto quando i requisiti
di carattere economico, finanziario, tecnico
ed organizzativo risultino distribuiti tra
impresa concorrente ed impresa ausiliaria.
Ne discende che la specificazione dei
requisiti, contenuta nella dichiarazione di
avvalimento, non può essere resa per il
tramite di un generico rinvio a tutti i
requisiti “economico finanziari e tecnico
organizzativi necessari per la
partecipazione alla gara”, ma deve indicare,
in maniera dettagliata, i singoli requisiti
(fatturato globale, fatturato specifico,
risorse organizzative ed umane) di cui
l’impresa ausiliata intende avvalersi; ciò
al fine di consentire un efficace controllo
incrociato sul possesso dei requisiti nei
confronti sia della ditta concorrente sia di
quella ausiliaria (cfr. in tal senso TAR
Piemonte, Sez. II, 17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai
partecipanti - Istituto della
regolarizzazione postuma - Applicabilità -
Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma
degli atti prodotti dai partecipanti alla
gara è attivabile solo nelle ipotesi di
dichiarazioni, documenti e certificati non
chiari o di dubbio contenuto, ma che siano
pur sempre stati presentati, e non anche
laddove si sia in presenza di documentazione
del tutto mancante o fisicamente incompleta,
risolvendosi in caso contrario in una palese
violazione della par condicio rispetto alle
imprese concorrenti che abbiano invece
puntualmente rispettato la disciplina
prevista dalla lex specialis (cfr.
TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n.
846; TAR Trentino Alto Adige Trento,
04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro,
Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 23.04.2009 n. 2148 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
AREE PROTETTE - Protezioni degli
habitat naturali - Zone speciali di
conservazione (ZSC) - Procedimento di
classificazione - Rete ecologica denominata
«Natura 2000» - Obiettivi di conservazione -
Soggetti interessati dalla decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat»,
disciplina un procedimento di
classificazione dei siti naturali in zone
speciali di conservazione (ZSC),
procedimento che deve tra altro consentire,
come risulta dall'art. 3, n. 2, della
medesima direttiva, la realizzazione di una
rete ecologica europea coerente di ZSC,
denominata «Natura 2000», che è formata da
siti in cui si trovano tipi di habitat
naturali e habitat delle specie figuranti
nell'allegato I e rispettivamente
nell'allegato II della detta direttiva e che
deve garantire il mantenimento ovvero,
all'occorrenza, il ripristino, in uno stato
di conservazione soddisfacente, dei tipi di
habitat naturali e degli habitat delle
specie interessati nella loro area di
ripartizione naturale (v., in questo senso,
sentenza 7/11/2000, causa C-371/98, First
Corporate Shipping). Sicché, la decisione
controversa, la quale contempla una serie di
territori classificati come siti di
importanza comunitaria al fine di consentire
la realizzazione della detta rete «Natura
2000», ha, nei confronti di ogni
interessato, una portata generale in quanto
si applica a tutti gli operatori che, a
qualsivoglia titolo, esercitano o possono
esercitare, sui territori considerati,
attività che possono mettere a repentaglio
gli obiettivi di conservazione perseguiti
dalla direttiva habitat.
Si deve tuttavia ricordare che il fatto che
una disposizione abbia, per natura e
portata, un carattere generale, in quanto
applicabile alla totalità degli operatori
economici interessati, non esclude che essa
possa tuttavia interessare individualmente
taluni di essi (v., in tal senso, sentenze
18/05/1994, causa C-309/89, Codorniu, nonché
22/06/2006, cause riunite C-182/03 e
C-217/03, Belgique et Forum
187/Commissione). Pertanto, qualora la
decisione riguardi un gruppo di soggetti
individuati o individuabili, nel momento in
cui l'atto è stato adottato, in base a
criteri tipici dei membri di tale gruppo,
tali soggetti possono essere individualmente
interessati da tale atto, in quanto facenti
parte di un gruppo ristretto di operatori
economici (v. sentenza 13/03/2008, causa
C-125/06 P, Commissione/Infront WM).
AREE PROTETTE - Elenco
dei siti di importanza comunitaria per la
regione biogeografica boreale adottato con
decisione della Commissione - Obiettivi di
conservazione - Soggetti interessati dalla
decisione.
L'art. 4 della direttiva «habitat»,
disciplina il procedimento di
classificazione dei siti naturali in zone
speciali di conservazione (ZSC), tuttavia,
la possibilità di determinare, con maggiore
o minore precisione, il numero o anche
l'identità dei soggetti di diritto ai quali
si applica il provvedimento non comporta
affatto che questi soggetti debbano essere
considerati individualmente interessati da
questo provvedimento, purché sia assodato,
come nel caso di specie, che tale
applicazione viene effettuata in virtù di
una situazione obiettiva di diritto o di
fatto definita dall'atto in esame (sentenza
22/11/2001, causa C-451/98, Antillean Rice
Mills/Consiglio, nonché ordinanza
25/04/2002, causa C-96/01 P, Galileo e
Galileo International/Consiglio -
08/04/2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain
Glass Deutschland/Commissione) (Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, Sez. II,
sentenza 23.04.2009 causa C-362/06 P
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se una costruzione, la cui area
di sedime coincide con il mappale su cui
insiste, per essere stata censita nel 1858
possa essere considerata costruzione
preesistente, la cui volumetria debba essere
computata in quella assentibile secondo
l’indice di densità fondiaria in vigore.
La densità
territoriale è riferita a ciascuna zona
omogenea e definisce il complessivo carico
di edificazione che può gravare sulla
stessa, con la conseguenza che il relativo
indice è rapportato sia all’intera
superficie sottoposta alla medesima
vocazione urbanistica sia alla concreta
insistenza di costruzioni.
Perché il computo rispecchi la realtà
effettuale non rileva certo la sussistenza o
meno del prescritto titolo autorizzatorio o
abilitativo all’intervento edilizio, ma la
reale situazione dei luoghi con il carico di
edificazione in concreto accertato.
Non può d’altronde dubitarsi che qualsiasi
costruzione, anche se eretta senza il
prescritto titolo, concorra al computo
complessivo della densità territoriale
(C.d.S., IV, 26.09.2008, n. 4647; IV,
29.07.2008, n. 3766; IV, 12.05.2008, n.
2177; IV, 11.12.2007, n. 6346; V,
27.06.2006, n. 4117; V, 12.07.2005, n. 3777:
V, 12.07.2004, n. 5039; IV, 06.09.1999, n.
1402).
La determinazione della volumetria
consentita in un’area deve pur sempre tener
conto del dato reale, di come, cioè, gli
immobili si trovano e delle relazioni che
intrattengono con l’ambiente circostante in
virtù del complesso di effetti riconducibili
ad atti di soggetti pubblici e privati
nonché a fatti della più varia natura, ma
idonei, in ogni caso, ad incidere
sull’edificabilità.
(Consiglio di Stato, adunanza plenaria,
sentenza 23.04.2009 n. 3 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Se
alla D.I.A. si applichi l’istituto della
decadenza previsto per il permesso di
costruire dall’art. 15, comma 4, del D.P.R.
n. 380 del 2001, in base al quale “Il
permesso decade con l'entrata in vigore di
contrastanti previsioni urbanistiche, salvo
che i lavori siano già iniziati e vengano
completati entro il termine di tre anni
dalla data di inizio”.
In base ad una analisi logico sistematica
del D.P.R. n. 380 del 2001, in assenza di
una specifica previsione normativa, deve
ritenersi possibile anche alla D.I.A.
l’applicazione degli istituti previsti per
il permesso di costruire, in quanto entrambi
gli istituti hanno in comune la natura di “titoli
edilizi” e secondariamente alla luce dei
poteri che il legislatore ha previsto in
capo alle Amministrazioni deputate al
controllo degli interventi posti in essere
con la D.I.A..
Il Collegio premette che, al fine di
decidere la fattispecie oggetto di gravame,
non è necessario assumere posizione in
ordine alla natura giuridica della D.I.A (provvedimentale
o dichiarazione del privato), considerato
che tale vexata quaestio non incide
sull’esercizio del potere inibitorio che
l’Amministrazione può esercitare nel corso
dei 30 giorni dalla denuncia, né sui poteri
di autotutela che è legittimata ad
esercitare una volta spirato il suddetto
termine.
Il Collegio ritiene di aderire
all’orientamento di quella parte della
giurisprudenza alla luce del quale,
nonostante il richiamo specifico dell’art.
19, comma 3, della legge n. 241 del 1990,
agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, che
disciplinano la revoca e l’annullamento
d’ufficio, il potere dell’Amministrazione di
assumere determinazioni in via di autotutela
che la suddetta norma fa salvo, non si
esaurisce nell’utilizzazione dei suddetti
istituti, ma deve intendersi comprensivo di
tutte le iniziative che l’Amministrazione è
legittimata ad assumere per ristabilire, nel
pubblico interesse, la legalità violata,
compresa, quindi, la decadenza, come
sostenuto da parte resistente.
La giurisprudenza ha, d’altro canto, già
ritenuto applicabile alla D.I.A. edilizia
l’art. 31, comma 11 della legge n. 1150 del
1942, avente lo stesso contenuto del citato
art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380 del
2001, in quanto espressione dei permanenti
poteri di vigilanza che, nel pubblico
interesse, sono attribuiti
all’Amministrazione in ordine all’esecuzione
dell’opera autorizzata ed ai sensi dell’art.
4, comma 10 del D.L. 05-10-1993 n. 398,
convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, L. 04.12.1993, n. 493
che recita: “L'esecuzione delle opere per
cui sia esercitata la facoltà di denuncia di
attività ai sensi del comma 7 è subordinata
alla medesima disciplina definita dalle
norme nazionali e regionali vigenti per le
corrispondenti opere eseguite su rilascio di
concessione edilizia” (TAR Lombardia,
Brescia, ord. n. 27/2003, giurisprudenza
alla quale il Collegio non ritiene di
doversi discostare)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 983 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 15 d.p.r. n. 380/2001 -
Decadenza del permesso di costruire -
Ipotesi - Limiti tassativi - Disciplina
civilistica - Assimilabilità al vizio
funzionale della causa.
La decadenza del permesso di costruire è
regolata dall’art. 15 del D.P.R. n. 380 del
2001 che prevede due ipotesi: un primo caso
per il decorso dei termini indicati nel
titolo assentito; una seconda specie per il
sopravvenire di previsioni urbanistiche
contrastanti con il permesso di costruire.
L’opinione interpretativa prevalente tende,
quindi, a ritenere che il legislatore abbia
voluto consentire la decadenza solo nei due
casi sopra indicati, da intendersi come
limiti tassativi di applicabilità
dell’istituto.
La decadenza postula, quindi un titolo
valido ab inizio ed una sopravvenienza che
incide sul rapporto. Tale fattispecie può
assimilarsi al vizio funzionale della causa
del negozio giuridico nella disciplina
civilistica, che si differenzia dal vizio
genetico della causa che ricorre quando
l’atto nasce viziato ab origine (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 981 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi su beni vincolati - Condono - Artt. 32
e 33 L. n. 47/1985 - Art. 32 D.L. n.
269/2003 - Coordinamento - Vincolo di inedificabilità relativa o assoluta.
Le disposizioni degli artt. 32 e 33 della
legge n.47 del 1985, da un lato, e dell’art.
32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del
2003, dall’altro, devono essere correlate
tenendo presente che gli uni contemplano le
condizioni che consentono il condono di un
abuso, l’altro contempla invece condizioni
nelle quali l’abuso non può essere
condonato.
Il combinato disposto dell’art. 32 della
legge n. 47 del 1985 e dell’art. 32, comma
27, lett. D), del d.l. n. 269 del 2003
comporta quindi che un abuso commesso su un
bene vincolato può essere condonato, a meno
che non ricorrano, insieme, l’imposizione
del vincolo di inedificabilità relativa
prima della esecuzione delle opere, la
realizzazione delle stesse in assenza o
difformità dal titolo edilizio, la non
conformità alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici. Se
una di tali condizioni non ricorre (ad
esempio la difformità dalle norme
urbanistiche o dalle prescrizioni degli
strumenti urbanistici), l’abuso realizzato
su un immobile soggetto ad un vincolo di
inedificabilità relativa sfuggirà alla
disciplina dell’eccezione regolata dall’art.
32, comma 27, lett. D), citato (cioè alla
non condonabilità) e sarà invece
assoggettato alla disciplina generale
dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985,
sicché sarà condonabile anche (ad esempio)
l’abuso realizzato dopo la imposizione del
vincolo (sempre in presenza delle condizioni
previste dal citato art. 32 della legge n.
47 del 1985).
Più semplice è il coordinamento fra l’art.
33 della legge n. 47 del 1985 e l’art. 32,
comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del
2003, dato che la realizzazione di un abuso
in area sottoposta a vincolo di
inedificabilità assoluta, dopo l’imposizione
del vincolo stesso, importa la non
condonabilità dello stesso, ai sensi
dell’art. 33. E’ pertanto irrilevante la
sussistenza o meno delle altre condizioni
contemplate dall’art. 32, comma 27, lett. D)
citato (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 22.04.2009 n. 738 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Procedimento di
bonifica - Provvedimento conclusivo - natura
- Atto di indirizzo politico - Esclusione -
Atto di natura gestionale - Competenza
dirigenziale.
Il procedimento di bonifica, per sua natura,
è attività di contenuto
“tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al
solo fine di ricondurre la situazione
ambientale nell'ambito di parametri di
sicurezza prefissati dal legislatore, per
cui deve escludersi che la stessa possa
essere influenzata da valutazioni che
involgano “l'indirizzo politico” (cfr. TAR
Lombardia, Brescia, 11.10.2007, n. 1278). Ne
consegue che il provvedimento di
approvazione della conferenza di servizi
deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di
natura gestionale, la cui competenza è
attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art.
4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione
procedente non può infatti che basare le
proprie valutazioni (discrezionali sì, ma
non certamente politiche) alle risultanze e
valutazioni tecniche della conferenza di
servizi.
INQUINAMENTO - Messa in
sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n.
152/2006 - Allegato III al Titolo V -
Protocolli operativi - Previsioni normative
funzionali - Obiettivo - Isolamento delle
sorgenti di inquinamento dagli obiettivi
sensibili - Misure da adottare -
Discrezionalità amministrativa.
L’attività di messa in sicurezza permanente
trova definizione all’art. 240, lett. 0),
del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi
contenuti nell’Allegato III al Titolo V
dello stesso d.lgs., ove sono contenute
tanto indicazioni di carattere generale
quanto modalità operative specificamente
relative alla messa in sicurezza permanente.
Tali previsioni normative, a prescindere da
un’analisi di dettaglio, definiscono la
messa in sicurezza permanente in chiave
sostanzialmente funzionale, nel senso che
descrivono solo in generale le modalità
operative, per concentrarsi essenzialmente
sugli obiettivi che la misura deve
perseguire. Il legislatore richiede, in
particolare, che, all’esito della messa in
sicurezza permanente, le sorgenti di
possibile inquinamento risultino
effettivamente isolate rispetto ai
potenziali obiettivi sensibili. Deve, quindi
ritenersi che tale disciplina lasci
all’Amministrazione ampia discrezionalità
nell’individuazione delle misure ritenute
necessarie alla luce delle caratteristiche
del sito e delle aree circostanti, e la
vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo
di una effettiva e completa messa in
sicurezza degli stessi.
INQUINAMENTO - Messa in
sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n.
152/2006 - Scansione procedimentale -
Mancata approvazione dell’analisi di rischio
- Prescrizioni per la messa in sicurezza -
Possibilità.
Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006
prevede una scansione procedimentale che si
articola nelle procedure di
caratterizzazione, elaborazione dell’analisi
di rischio e predisposizione del progetto di
messa in sicurezza permanente del sito, ciò
non significa che quest’ultimo non possa
essere disposto prima di una formale
elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei
casi, come quello in esame, ove abbia
esaminato il relativo documento e non
l’abbia condiviso nei suoi contenuti,
l’Amministrazione ben potrà formulare,
comunque, le proprie prescrizioni per la
messa in sicurezza permanente del sito,
tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che
risulta dal documento di analisi che ha
esaminato e non approvato. Ciò che rileva è,
in definitiva, che le misure di messa in
sicurezza permanente siano ricollegate ad un
obiettivo stato di inquinamento,
puntualmente accertato.
INQUINAMENTO - RIFIUTI -
Acque di falda emunte nel corso del
procedimento di bonifica - Natura di rifiuto
liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e
scarico - Differenza - Disciplina
comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto
- Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime
derogatorio - Inconfigurabilità.
Secondo l’insegnamento tradizionale della
giurisprudenza amministrativa e penale, la
presenza di uno iato -materiale e temporale-
tra la fase di emungimento e quella di
trattamento già di per sé depone per la
qualificabilità delle acque in termini di
“rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa
nozione di “scarico” ontologicamente implica
la sussistenza di una continuità tra la fase
di “generazione” del refluo e quella della
sua “immissione” nel corpo recettore, mentre
l’esistenza di una fase intermedia, in cui
le acque sono stoccate in attesa della loro
destinazione finale, richiama direttamente i
noti concetti di “trattamento” e
“smaltimento”, tipici della disciplina dei
rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste
considerazioni di ordine generale, le acque
emunte da una falda inquinata rientrano a
buon diritto nella nozione comunitaria e
nazionale di “rifiuto liquido”. Detta
nozione è, infatti, elastica e comprensiva
di qualunque sostanza, non più direttamente
utilizzabile, idonea ad arrecare un danno
all’ambiente, come si evince, in primo
luogo, dal tenore della disciplina
comunitaria vigente, dettata da ultimo
dall’art. 1, lett. a), della Direttiva
2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della
Corte di Giustizia CE, 07.09.2004, in causa
C-103 Van de Walle e a.).
Tale impostazione trova ulteriore riscontro
nella definizione di bonifica recata
dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m.
471/1999 (ribadita dalla successiva
normativa di settore): tale definizione
conferma che i limiti di soglia individuati
dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle
acque di falda emunte in sede di bonifica,
come dimostra l’espresso riferimento
normativo alle “acque sotterranee”. Né la
tesi trova smentita nella nuova disciplina
introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui
lettura complessiva depone per il
sostanziale favor del legislatore nazionale
-sulla falsariga delle indicazioni
provenienti dall’ordinamento comunitario- ad
una notevole estensione del concetto di
“rifiuto liquido”, quanto meno laddove
sussistano i “requisiti sostanziali” della
non riutilizzabilità e della potenzialità
inquinante.
Ed è sulla base di queste premesse
sistematiche che devono leggersi le
disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs.
152/2006: non è condivisibile quindi, per le
ragioni esposte ed anche in base al generale
principio di prevenzione e cautela, la tesi
secondo cui tale disposizione avrebbe
introdotto, per le acque di falda emunte per
finalità di disinquinamento, un regime
derogatorio rispetto alla normale disciplina
dei rifiuti liquidi. Una simile
interpretazione, infatti, non tiene conto
della particolare natura delle stesse,
certamente contaminate e normalmente
destinate allo smaltimento senza riutilizzo;
per di più non direttamente derivanti da
ordinari cicli produttivi, il che ne rende
ancor più insostenibile l’omologazione ai
reflui industriali, come definiti
chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art.
74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione,
infine, che ove accolta comporterebbe il
contrasto della normativa nazionale con la
vigente disciplina comunitaria, con
inevitabile disapplicazione della prima (TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 21.04.2009 n. 549 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Normativa antisismica.
Le disposizioni della normativa antisismica
si applicano a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica
incolumità, a nulla rilevando la natura dei
materiali usati e delle strutture
realizzate- a differenza della disciplina
relativa alle opere in conglomerato
cementizio armato- in quanto l'esigenza di
maggior rigore nelle zone dichiarate
sismiche rende ancor più necessari i
controlli e le cautele prescritte, quando si
impiegano elementi strutturali meno solidi e
duraturi del cemento armato. Tali
disposizioni, infatti, pur riguardando
l'attività edificatoria sono diverse, sotto
il profilo della ratio e degli
obiettivi perseguiti, da quelle in materia
urbanistica (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 17.04.2009 n. 16299 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
ex art. 9 L. n. 447/95 - Segnalazione di una
sola famiglia - Sufficienza - Intervento a
tutela della salute pubblica - Potestà
regolatoria comunale.
L’esercizio del potere di ordinanza di cui
all’art. 9 della l. n. 447/1995 è legittimo
anche allorché l’ordinanza sia adottata a
seguito delle segnalazioni e degli esposti
di una sola famiglia (TAR Milano, Sez. IV,
27.12.2007, n. 6819). Ed invero, la tutela
della salute pubblica non presuppone
necessariamente che la situazione di
pericolo involga l’intera collettività, ben
potendo richiedersi tutela alla P.A. anche
laddove sia in discussione la salute di una
singola famiglia, o anche di una sola
persona (TAR Puglia, Lecce, Sez. I,
08.06.2006, n. 3340). Infatti, l’accertata
presenza di un fenomeno di inquinamento
acustico, pur se non coinvolgente l’intera
collettività, basta a concretare
l’eccezionale ed urgente necessità di
intervenire a tutela della salute pubblica
con lo strumento previsto dall’art. 9 della
l. n. 447/1995: strumento che costituisce
espressione della potestà regolatoria,
spettante ai Comuni, di conformare
l’attività privata al rispetto dei limiti di
emissione acustica nell’ambito del
territorio comunale (TAR Lombardia, Milano,
Sez. IV, n. 715/2008, cit.).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Ordinanza ex art. 9 L. n. 447/95 - Rimedio
ordinario in materia di inquinamento
acustico - Facoltà ex art. 844 c.c. - Natura
di strumento ordinario di intervento sul
piano amministrativo - Inconfigurabilità.
Lo strumento che la legislazione di settore
mette a disposizione per reprimere le
violazioni della disciplina
sull’inquinamento acustico è specificamente
-nonché unicamente- il potere di ordinanza
ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio
ordinario in materia di inquinamento
acustico, non attribuendo la citata legge
speciale altri strumenti alle
Amministrazioni comunali. Non può peraltro
essere reputato ordinario strumento di
intervento -sul piano amministrativo- la
facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al
privato di adire il G.O. per far cessare le
immissioni dannose eccedenti la normale
tollerabilità (TAR Puglia, Lecce, Sez. I,
24.01.2006, n. 488; id., n. 3340/2006,
cit.).
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Attività di intrattenimento musicale -
Rilascio dei titoli abilitativi - Art. 9 L.
n. 447/95 - Obbligo di riduzione dei limiti
di emissione acustica - Contraddittorietà -
Esclusione.
Il rilascio, da parte dell’amministrazione
comunale, dei titoli abilitativi per lo
svolgimento dell’attività di intrattenimento
musicale e per l’occupazione del suolo
pubblico antistante il locale, in nessun
modo può precludere all’Amministrazione
stessa l’esercizio di quella potestà di
conformare l’attività privata al rispetto
dei limiti di emissione acustica nell’ambito
del territorio comunale, di cui il potere di
adottare le ordinanze ex art. 9 della l. n.
447 cit. costituisce espressione.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Immissioni acustiche - Operazioni di
misurazione - Accertamento a sorpresa -
Avviso di avvio del procedimento - Necessità
- Esclusione.
Le operazioni di misurazione delle
immissioni acustiche integrano un tipico
esempio di accertamento a sorpresa, per il
quale trova applicazione l’indirizzo
giurisprudenziale, secondo cui è del tutto
legittimo non far precedere un simile tipo
di accertamenti dal previo avviso di avvio
del procedimento, per non rischiare di
comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI,
18.05.2004, n. 3190; TAR Lombardia, Milano,
Sez. III, 10.06.2008, n. 1961) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 670 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica
- Art. 17 d.lgs. n. 22/1997 - Responsabilità
del proprietario dell’area inquinata -
Limiti - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006.
L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997
impone l'obbligo di adottare le misure, sia
urgenti che definitive, idonee a
fronteggiare la situazione di inquinamento
solamente a carico di colui che di tale
situazione sia responsabile, per avervi dato
causa. La norma individua, perciò, dal punto
di vista soggettivo nella responsabilità
dell'autore dell'inquinamento, a titolo di
dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a
provvedere alla messa in sicurezza e
all'eventuale bonifica del sito inquinato.
Ne consegue che l'amministrazione non può
imporre ai privati che non hanno alcuna
responsabilità diretta sull'origine del
fenomeno contestato, ma che vengono
individuati solo in quanto proprietari del
bene, lo svolgimento di attività di recupero
e di risanamento (TAR Veneto, sez. III,
02.02.2002, n. 320).
Tale impostazione è
confermata e specificata dagli artt. 240 e
ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono
l'esecuzione di interventi di recupero
ambientale, anche di natura emergenziale, al
responsabile dell'inquinamento che può non
coincidere con il proprietario. A carico di
quest'ultimo, invero, non incombe alcun
obbligo di porre in essere gli interventi
ambientali in argomento, ma solo la facoltà
di eseguirli al fine di evitare
l'espropriazione del terreno interessato
gravato da onere reale, al pari delle spese
sostenute per gli interventi di recupero
ambientale assistite anche da privilegio
speciale immobiliare. La normativa citata
prevede, infatti, che, in caso di mancata
esecuzione degli interventi da parte del
responsabile dell'inquinamento ovvero in
caso di mancata individuazione del predetto,
le opere di recupero ambientale vanno
eseguite dall'amministrazione competente la
quale potrà rivalersi sul soggetto
responsabile, nei limiti del valore
dell'area bonificata, anche esercitando, nel
caso in cui la rivalsa non vada a buon fine,
le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei
suddetti interventi (TAR Lombardia, Brescia,
16.03.2006, n. 291; TAR Lombardia Milano,
sez. II, 10.07.2007, n. 5355).
INQUINAMENTO - Bonifica
- Obblighi di messa in sicurezza d’emergenza
e di predisposizione del piano di
caratterizzazione - Soggetto responsabile -
Presupposti - Superamento delle CSC.
Secondo gli artt. 142, c. 3, e 244 del
d.lgs. n. 152/2006, gli obblighi di messa in
sicurezza d'emergenza e quelli relativi alla
predisposizione del piano di
caratterizzazione sono imposti in capo al
soggetto responsabile “qualora l'indagine
preliminare di cui al comma 2 accerti
l'avvenuto superamento delle CSC
(concentrazione soglia di contaminazione)
anche per un solo parametro” con riferimento
ai suoli, alle acque superficiali e alle
acque sotterranee, in relazione alla
specifica destinazione d'uso dei siti, come
specificato dall'allegato 5 al titolo V,
parte IV, del decreto legislativo n.
152/2006 (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 665 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono - Art. 14
d.lgs. n. 22/1997 - Art. 192 d.lgs. n.
152/2006 - Curatela fallimentare -
Imputabilità dell’obbligo di messa in
sicurezza e bonifica - Esclusione -
Amministrazione comunale - Esecuzione
d’ufficio - Insinuazione del credito al
passivo fallimentare.
L’obbligo di messa in sicurezza e bonifica
di terreni inquinati di proprietà di persone
fisiche o giuridiche per le quali è stato
dichiarato il fallimento non è imputabile
alla curatela fallimentare (cfr. TAR Toscana
n. 1318/2001, confermata da Cons. Stato n.
4328/2003). Applicando infatti alla
posizione del curatore i principi di cui
all’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 (oggi art.
192 d.lgs. n. 152/2006), nonché dell’art.
130/R del Trattato dell'Unione Europea,
volto a sancire il noto principio per cui “chi
inquina, paga”, segnatamente per quanto
concerne la legittimazione passiva rispetto
all'impartito ordine di smaltimento, va
osservato come i rifiuti prodotti
dall'imprenditore fallito non costituiscono
"beni" da acquisire alla procedura
fallimentare (e, quindi non formano oggetto
di apprensione da parte del curatore),
sicché, in assenza dell’individuazione di
un’univoca, autonoma e chiara responsabilità
del curatore stesso sull'abbandono dei
rifiuti, nessun ordine di ripristino può
essere imposto dal Comune alla curatela
fallimentare.
Il potere di disporre dei beni fallimentari
non comporta del resto necessariamente il
dovere di adottare particolari comportamenti
attivi, finalizzati alla tutela sanitaria
degli immobili destinati alla bonifica da
fattori inquinanti. L'Amministrazione
comunale, in assenza dell’ascrivibilità
soggettiva della condotta preordinata allo
scarico abusivo dei rifiuti, può, alla
stregua di quanto stabilito dall'ultima
parte del III comma dell'art. 14 del D.Lgs.
05.02.1997 n. 22, procedere all'esecuzione
d'ufficio "in danno dei soggetti
obbligati ed al recupero delle somme
anticipate", insinuando eventualmente il
relativo credito nel passivo fallimentare in
caso di comprovata responsabilità nella
gestione dell’attività condotta dal
responsabile dell’abbandono (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 17.04.2009 n. 663 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Interventi edilizi - Proprietario
dell’area confinante - Accesso alla
documentazione amministrativa -
Provvedimenti abilitativi - Diritto -
Sussistenza.
Il proprietario di un terreno confinante con
un’area oggetto di interventi edilizi ha il
diritto di accedere ai corrispondenti
documenti amministrativi al fine di
conoscere gli estremi dei provvedimenti
abilitativi per l’esecuzione delle opere,
sia ai sensi dell’art. 25, l. 07.08.1990 n.
241 sia ai sensi dell’art. 31, l. 06.08.1967
n. 765, che proprio tutelando l’interesse
del terzo, prevede la possibilità per
“chiunque” di prendere visione presso gli
uffici comunali della concessione edilizia e
dei relativi atti di progetto e di ricorrere
contro il rilascio della concessione
edilizia stessa in quanto in contrasto con
le disposizioni di legge o dei regolamenti o
con le prescrizioni di piano regolatore
generale e dei piani particolareggiati di
esecuzione” (TAR Campania Napoli, sez. V,
05.09.2008, n. 10048) (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 15.04.2009 n. 1465
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio - Conguaglio
dell’oblazione - Diritto di credito -
Decorrenza - Silenzio assenso.
Il diritto di credito dell'Amministrazione
Comunale al pagamento del conguaglio
dell'oblazione e degli oneri di
urbanizzazione per condono edilizio ai sensi
della l. 28.02.1985 n. 47, il cui esercizio
è correlato al rilascio della concessione
edilizia in sanatoria -atto, questo, nella
disponibilità esclusiva del creditore-
decorre dalla formazione del silenzio
assenso, significato che, ai sensi dell'art.
35, comma 18, l. n. 47, cit., assume «
l'inerzia dell'amministrazione protrattasi
per 24 mesi dalla presentazione della
istanza di condono » (da ultimo TAR Lazio
Latina, sez. I, 20.05.2008, n. 579) (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 15.04.2009 n. 1463 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Riconoscimento di facoltà
edificatorie in cambio di cessione gratuita
di aree destinate alla fruizione collettiva
- Edificazioni singole al di fuori di un
piano attuativo - Art. 9, c. 3 LR Lombardia
n. 12/2005.
La perequazione urbanistica nella forma del
riconoscimento di facoltà edificatorie in
cambio della cessione gratuita di aree da
destinare alla fruizione collettiva può
essere esercitata anche in collegamento con
edificazioni singole al di fuori di un piano
attuativo. Questo perché anche le
edificazioni singole devono concorrere, al
pari di quelle di maggiore complessità, al
raggiungimento del livello minimo di
dotazioni infrastrutturali previsto dal
piano dei servizi. In proposito dispone
l’art. 9, comma 3, della LR Lombardia
12/2005, il quale estende ai piani attuativi
la stessa dotazione minima di aree per
attrezzature pubbliche e di interesse
generale prevista dal piano dei servizi per
le altre parti del territorio, con questo
implicando che tutti i proprietari,
all’interno e all’esterno dei piani
attuativi, sono assoggettati all’obbligo di
contribuire al reperimento delle aree
destinate a standard pubblico (v. TAR
Brescia 13.07.2005 n. 749; TAR Brescia
16.05.2006 n. 567).
Regione Lombardia -
Attività accessorie - Attività alberghiera e
attività di ristorazione - Vincolo di
accessorietà - Individuazione.
Nel modulo procedimentale della conferenza
di servizi i pareri o le intese di cui agli
artt. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006 e
15, comma 4, del D.M. 471/1999 ben possono
essere acquisiti all’interno della
conferenza stessa, senza che in sede di
adozione del provvedimento finale si debba
procedere ad una nuova acquisizione. Del
resto lo scopo del modulo procedimentale in
esame è proprio quello di concentrare in un
unico momento l’acquisizione di tutti gli
atti di assenso, comunque denominati, delle
amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe
tuttavia essere adeguatamente dato atto
nello stesso provvedimento, adempiendo così
all’obbligo motivazionale di cui all’art.
14-ter, c. 6-bis della L. n. 241/1990, in
combinato disposto con l’art. 252, c. 6
d.lgs. n. 152/2006 (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 859 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Regione Lombardia - Art.
48, cc. 1 e 2 L.R. n. 12/2005 - Costo di
costruzione - Natura - Costo standard ed
omogeneo - Rapporto con i costi
effettivamente sostenuti - Esclusione.
In base all’art. 48 commi 1 e 2 della LR
Lombardia n. 12/2005 il costo di costruzione
per i nuovi edifici non corrisponde alla
spesa effettiva ma è definito dalla Regione
con riferimento ai costi massimi ammissibili
per l'edilizia agevolata ed è adeguato
autonomamente dai comuni sulla base della
variazione accertata dall'ISTAT. In tale
contesto il concetto di “costo documentato
di costruzione” previsto dal successivo
comma 4 per gli interventi con destinazione
commerciale e
turistico-alberghiero-ricettiva non è
rappresentato dal costo che i privati
ritengono di dover sostenere per effetto dei
propri rapporti con gli appaltatori o con i
fornitori ma costituisce un costo standard,
omogeneo sul territorio comunale, e definito
secondo criteri certi.
L’esigenza di uniformare il costo di
costruzione deriva dalla natura di questa
prestazione patrimoniale, che deve essere
ascritta alla categoria dei tributi locali
(v. CS Sez. V 15.12.2005 n. 7140; Tar
Brescia 03.12.2007 n. 1268). Il prelievo non
si basa infatti, come nel caso degli oneri
di urbanizzazione, sui costi collettivi
derivanti dall’insediamento di un nuovo
edificio ma sull’aumento di ricchezza
determinato dall’intervento edilizio. Tale
aumento si misura in modo oggettivo in
relazione al risultato e non a partire
dall’incidenza sul patrimonio dei privati:
il costo di costruzione è quindi la misura
della ricchezza prodotta, non della spesa di
chi ha effettuato l’intervento. Diversamente
si creerebbero disparità tra i cittadini in
conseguenza delle condizioni soggettive di
ciascuno (a vantaggio dei soggetti che
disponendo di un’organizzazione aziendale o
di rapporti particolari con altri soggetti
sono in grado di eliminare o ridurre alcune
spese) (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 859 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Tecnologia fotovoltaica - "Favor
legis" - Art. 4, c. 1-bis DPR n. 380/2001 -
Amministrazione - Diniego - Precisa
individuazione di interessi pubblici
prevalenti - Necessità - Valutazione di
assoluta incongruenza delle opere rispetto
alla peculiarità del paesaggio.
La tecnologia fotovoltaica è oggetto di un
particolare favore legislativo (v. art. 4
comma 1-bis del DPR 06.06.2001 n. 380) e
dunque il diniego dell’amministrazione deve
essere basato sulla precisa individuazione
di interessi pubblici prevalenti. La
presenza di pannelli sulla copertura degli
edifici, pur innovando la tipologia e la
morfologia della copertura, non deve essere
percepita esclusivamente come un fattore di
disturbo visivo.
Prima di negare l’installazione di un
impianto fotovoltaico, in mancanza di
alternative tecnologiche disponibili sul
mercato, deve quindi essere data prova
dell’assoluta incongruenza delle opere
rispetto alle peculiarità del paesaggio (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 859 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo concessorio -
Artificioso frazionamento delle opere a fini
elusori - Illegittimità.
E’ inammissibile l’artificioso frazionamento
delle opere edili al fine di eludere la
disciplina del contributo concessorio (TAR
Marche, Sez. I,
sentenza 15.04.2009 n. 224 - link
a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
principio di cui all'art. 24, comma 7, della
Legge n. 241/1990, è quello secondo cui “deve
comunque essere garantito ai richiedenti
l'accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici”.
Tale disposizione non prevede un momento
preciso in cui il diritto di accesso deve
essere esercitato, essendo sufficiente per
il giudice accertare che la conoscenza della
documentazione amministrativa richiesta è
potenzialmente utilizzabile a fini di
difesa, giudiziale o stragiudiziale, di
interessi giuridicamente rilevanti.
Il fine primario della normativa
sull'accesso agli atti amministrativi va
individuato proprio nella necessità di
assicurare la trasparenza amministrativa e
di favorire lo svolgimento imparziale
dell'azione pubblica; non si può ignorare la
portata innovativa della Legge n. 241/90
nella parte in cui essa fonda e dà facoltà
di azione e di difesa ad una libertà certo
presupposta fra i diritti della persona, ma
al tempo stesso priva di pretese di
godimento in assenza di una puntuale
disciplina a livello costituzionale.
La normativa in materia di accesso, anche a
seguito delle modifiche del 2005, è ispirata
al valore funzionale dell’informazione,
avuto riguardo ad una qualificazione
soggettiva non generalizzata, ma nei
confronti di soggetti privati, compresi
quelli portatori di interessi diffusi, che
abbiano un interesse diretto, concreto e
attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l’accesso.
Le disposizioni della Legge n. 241/1990,
come modificate dalla Legge n. 15/2005,
affermano che l’accesso ai documenti
amministrativi costituisce principio
generale dell’attività amministrativa al
fine di favorire la partecipazione e di
assicurarne l’imparzialità e la trasparenza,
attenendo ai livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto
il territorio nazionale. Mentre
originariamente la locuzione “diritto di
accesso” sollevava dubbi sulla
qualificazione come diritto soggettivo o
interesse legittimo, ora si parla di “diritto
degli interessati di prendere visione ed
estrarre copia di documenti amministrativi”,
nel senso che l’esame e l’estrazione di
copia del documento sono modalità congiunte
dell’esercizio del diritto, senza deroghe o
eccezioni di sorta. L’obiettivo è di
assicurare la trasparenza dell’attività
amministrativa e di favorirne lo svolgimento
imparziale, mentre l’art. 10 della Legge 241
rimasto immutato dopo le recenti modifiche
ha riguardo ad un accesso partecipativo, con
l’obiettivo di assicurare la pienezza del
contraddittorio e della partecipazione a
quanti sono coinvolti in un procedimento
amministrativo che li riguarda (TAR Lazio,
Roma, I, 15.12.2000, n. 12144).
Anche la configurazione introdotta dalla
Legge n. 205/2000 non ha modificato la
originaria natura di istituto mirato al
conseguimento della conoscibilità della
documentazione, indipendentemente
dall’esistenza attuale o eventuale di un
processo in cui tale documentazione possa
essere funzionalizzata ai fini della sua
decisione e quindi come istituto non diretto
ad acquisire soltanto gli atti
strumentalmente preordinati alla decisione
nel merito del ricorso principale (ord.za
TAR Lazio, Roma, II, 10.03.2001, n. 1834).
Considerato che anche il DPR n. 184 del
12/04/2006, recante disciplina in materia di
accesso ai documenti amministrativi,
ricostruisce l’accesso come situazione di
diritto soggettivo in ragione sia della
mancanza di discrezionalità per le
Amministrazioni, verificati i presupposti
per l’accesso, nell’adempiere alla pretesa
del soggetto privato di prendere visione ed
estrarre copia dei documenti amministrativi,
sia della non necessità che il documento
amministrativo sia relativo ad uno specifico
procedimento, ed atteso che il diritto del
cittadino all'informazione si connota
certamente come interesse personale e
concreto, serio e non emulativo né
riducibile a mera curiosità, deve ritenersi
che nella fattispecie sussista il
presupposto soggettivo legittimante
l’azione, derivante dall’aver interesse ad
ottenere copia dei verbali di gara e delle
offerte tecniche di coloro che sono meglio
classificati in un appalto pubblico, a nulla
rilevando la posizione in cui la parte si
sia graduata nella procedura oggetto di
controversia.
Il principio di cui all'art. 24, comma 7,
della Legge n. 241/1990, è quello secondo
cui “deve comunque essere garantito ai
richiedenti l'accesso ai documenti
amministrativi la cui conoscenza sia
necessaria per curare o per difendere i
propri interessi giuridici”. Tale
disposizione non prevede un momento preciso
in cui il diritto di accesso deve essere
esercitato, essendo sufficiente per il
giudice accertare che la conoscenza della
documentazione amministrativa richiesta è
potenzialmente utilizzabile a fini di
difesa, giudiziale o stragiudiziale, di
interessi giuridicamente rilevanti. Né
tantomeno rileva il fatto che l'interessato
non dia poi corso all'azione giudiziale; si
deve ritenere, infatti, che l'anticipazione
del momento della conoscenza degli atti è
funzionale anche ad una riduzione del
contenzioso, in quanto, a seguito della
visione dei documenti, l’odierna parte
ricorrente potrebbe convincersi della
correttezza dell'operato della P.A. e
rinunciare all'azione giurisdizionale,
laddove un differimento nel tempo
dell'accesso può indurre l'interessato a
proporre l’azione giurisdizionale, anche “al
buio”, per timore di incorrere nella
decadenza
(TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 14.04.2009 n. 1968 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Un comune non è legittimato a
costituire alcuna società a cui affidare,
con gara o meno, la gestione del servizio
idrico, il quale è totalmente di competenza
dell'Autorità di Ambito.
L'Autorità d'Ambito è competente ad
individuare le formule gestorie del servizio
idrico, conformemente all'at. 113 del TUEL,
solo qualora un Comune aderisca alla
gestione unica d'ambito.
Il Comune non è più competente e legittimato
a costituire alcuna società a cui affidare,
con gara o meno, la gestione del servizio
idrico, il quale è totalmente di competenza
dell'Autorità di Ambito. Pertanto, nel caso
di specie, la costituzione, in concorrenza
con l'Autorità, di una società ad hoc da
parte dei Comuni, quantunque a totale
partecipazione pubblica locale, integra un
vulnus del dettato legislativo di
riferimento (l. n. 36/94 c.d. l. Galli).
L'art. 148 del d.lgs. n. 152/2006 (c.d.
codice ambiente) autorizza i Comuni a non
aderire alla gestione unica d'ambito, se
possiedono i predetti presupposti: siano
inseriti in una comunità montana e abbiano
una popolazione residente non superiore alle
1.000 unità, a condizione che il comune
gestisca direttamente il servizio idrico o
in affidamento a società a capitale
interamente pubblico soggetta al suo
controllo. Non prevede la norma de qua che
la decisione se gestire il servizio in via
diretta o affidarlo invece alla predetta
società pubblica sia di competenza
dell'autorità d'Ambito. In altri termini,
l'Autorità d'Ambito è competente ad
individuare le formule gestorie del
servizio, conformemente all'at. 113 del TUEL,
solo qualora un Comune aderisca alla
gestione unica d'ambito. Ove invece non
intenda aderirvi, non v'è ragione fattuale e
giuridica per incardinare in capo
all'Autorità d'ambito la competenza a
decidere circa le modalità di gestione del
servizio, il quale rimane nella titolarità
del Comune, che può provvedervi in
amministrazione diretta o in affidamento a
società in house. Ma tale decisione in tal
caso compete unicamente al Comune (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 10.04.2009 n. 1019 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fasce di rispetto autostradali -
Artt. 16, 17 e 18 d.lgs. n. 285/2002 -
Disciplina ex art. 6 L.R. Campania n.
19/2001 - Applicabilità - Esclusione.
L’esistenza di limiti di edificazione da
rispettare con riferimento al nastro di
autostrade e strade, tanto fuori del centro
abitato che nell’ambito di quest’ultimo,
deriva direttamente dalla normativa del
Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo
285/2002) e del suo Regolamento di
attuazione), nonché per le sole autostrade
dall’art. 9 della l. 729/1961.
Il divieto in oggetto è finalizzato a
mantenere una fascia di rispetto,
utilizzabile per l’esecuzione di lavori,
l’impianto di cantieri, l’eventuale
allargamento della sede stradale, nonché per
evitare possibili pregiudizi alla
percorribilità della via di comunicazione;
per cui le relative distanze vanno
rispettate anche con riferimento ad opere
che non superino il livello della sede
stradale (cfr. Cass. n. 6118
dell’01.06.1995; Cons. Stato, IV, n.
7275/2002, n. 5716/2002, n. 3731/2000; TAR
Calabria, Catanzaro, n. 130/2003; TAR
Campania, Napoli, n. 5226/2001).
Alla luce di quanto sopra deve allora
escludersi che, con riferimento alla fascia
di rispetto autostradale, possa trovare
applicazione la speciale disciplina
regionale dettata dall’art. 6 della L.R.
Campania n. 19/2001, atteso che il comma 8
ne contempla la prevalenza rispetto alle
sole disposizioni dei regolamenti edilizi
comunali, ma non può imporsi rispetto a
previsioni che promanino direttamente da
norme primarie anch’esse speciali (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 09.04.2009 n. 1383 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Elettrosmog. Divieto
generalizzato di istallazione di impianti
radio base nell’intero centro abitato.
Nell'installazione di stazioni radio base se
i criteri distanziali generici ed eterogenei
sono da ritenersi limiti alla localizzazione
non consentiti, a maggior ragione tale dovrà
essere considerato il divieto generalizzato
di istallazione nell’intero centro abitato
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 03.04.2009 n. 1721 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Associazione costituita in vista
dell’adozione di una variante urbanistica -
Mancanza del connotato della stabilità -
Associazione cd. “di comodo” -
Legittimazione ad agire ex lege -
Esclusione.
L’associazione costituita in vista
dell’adozione di una contestata variante da
parte del Consiglio Comunale, non può
rientrare tra quelle a carattere nazionale
rivolte alla protezione ambientale e perciò
riconosciute e legittimate ad agire ex
lege, ma deve considerarsi quale
associazione non riconosciuta, costituita al
solo scopo di contrastare l'adozione e
l'approvazione della variante sopra
menzionata.
La mancanza del connotato della stabilità,
nel senso dello svolgimento all'esterno in
via continuativa della propria attività a
tutela dell'interesse che si intende
proteggere, peraltro, non permette di
dimostrare che essa agisca a tutela di un
interesse collettivo, con la conseguenza che
la suddetta associazione può farsi rientrare
tra le cosiddette associazioni di comodo, la
cui attività non riflette effettive esigenze
collettive (cfr. Cons. Stato - Sez. VI - n.
3507 dell'11.07.2008) (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 30.03.2009 n. 990 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
La revoca del bando di gara prima
dell’aggiudicazione non comporta indennizzo.
La revoca in
autotutela di un bando di gara, prima
dell’aggiudicazione, non comporta alcun
indennizzo.
Il GA ritiene che all’organo di vertice di
un ente pubblico sia consentito:
- prendere atto dei contenziosi pendenti e
della relativa connessa prospettiva di
incertezza, nonché dei possibili oneri
futuri che risultano dalla comune
esperienza;
- effettuare una ponderazione dell’interesse
pubblico perseguito, avuto riguardo anche al
fattore temporale, nonché ad ulteriori
vicende sopravvenute.
Sicché, l’organo di vertice di una PA può
legittimamente determinarsi nel senso di
preferire il ritiro degli atti di una gara
pubblica ad altre possibili strategie
operative
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-bis,
sentenza 24.03.2009 n. 3036 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condominio - Opere strettamente
pertinenziali all’unità immobiliare del
singolo condomino - Concessione edilizia -
Consenso degli altri partecipanti alla
comunione - Necessità - esclusione.
Il singolo condomino, in virtù del combinato
disposto degli artt. 1102 c.c. (facoltà del
comunista di servirsi delle cose comuni),
1105 c.c. (concorso di tutti i condomini
alla cosa comune) e 1122 c.c. (divieto al
condomino di realizzare opere che danneggino
le cose comuni), può ottenere a proprio nome
la concessione edilizia per un'opera da
realizzare sulle parti comuni di un edificio
senza chiedere il consenso degli altri
condomini, sempre che le opere siano
strettamente pertinenziali all'unità
immobiliare. Pertanto in tali casi il
condòmino può apportare al muro perimetrale,
senza bisogno del consenso degli altri
partecipanti alla comunione, tutte le
modificazioni che consentano di trarre dal
bene comune una particolare utilità
aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli
altri condòmini, ivi compreso l’inserimento
nel muro di elementi ad esso estranei e
posti al servizio esclusivo della sua
porzione, purché non impedisca agli altri
condòmini l’uso del muro comune e non ne
àlteri la normale destinazione con
interventi di eccessiva vastità (TAR
Abruzzo-L’Aquila, Sez. I,
sentenza 24.03.2009 n. 221 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
ex art. 9, L. n. 447/95 - Presupposto -
Esposto di una sola famiglia - Sufficienza.
L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del
1995, sull’inquinamento acustico, può essere
adottata anche a seguito dell’esposto di una
sola famiglia, costituendo la predetta
ordinanza l’ordinario rimedio in tema di
inquinamento acustico (TAR Lombardia,
Milano, Sez. IV, 27.12.2007, n. 6819 e
02.04.2008 n. 715) (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 23.03.2009 n. 143 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Accertamenti fonometrici.
In caso di accertamento fonometrico il
soggetto cui si riferisce l’attività di
accertamento deve essere posto in grado di
partecipare all’attività stessa, al fine di
presentare le proprie osservazioni anche in
ordine alla correttezza delle metodologie di
rilevazione usate ed all’attendibilità dei
valori rilevati (TAR Calabria-Catanzaro,
Sez. I,
sentenza 04.03.2009 n. 242 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio.
In tema di reati edilizi, l'omesso
adempimento, nel termine perentorio di tre
mesi, alla richiesta dell'amministrazione
comunale di integrazione sostanziale della
documentazione di una istanza di condono,
rende detta istanza improcedibile, ai sensi
dell'art. 39, comma quarto, l. 23.12.1994 n.
724 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.01.2009 n. 3583 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Rimessione in
pristino stato dei luoghi.
In tema di tutela penale del paesaggio, ai
fini dell'emissione dell'ordine di
rimessione in pristino dello stato dei
luoghi non rilevano eventuali difformi
valutazioni espresse da parte dell'autorità
preposta alla tutela del vincolo circa
l'idoneità offensiva dell'opera abusivamente
realizzata, in quanto l'obbligo di
ripristino si pone su un piano diverso ed
autonomo rispetto a quello dei poteri e
delle valutazioni della P.A. (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.01.2009 n. 3195 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Mutamento di destinazione d'uso.
In tema di reati edilizi, integra il reato
di costruzione edilizia in assenza di
permesso di costruire il mutamento di
destinazione d'uso di un immobile mediante
realizzazione d'opere edilizie, in quanto
l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta
entità, determina la creazione di un
organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente (fattispecie relativa
a modifica della destinazione d'uso di una
serra in un deposito adibito a rimessa di
velivoli) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 22.01.2009 n. 2877 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzione abusiva non sanata ed
esecuzione di ulteriori lavori
assoggettabili a DIA.
In tema di edilizia, il regime di denuncia
di inizio attività (DIA) non è applicabile a
lavori da eseguirsi su manufatti
originariamente abusivi che non risultino
oggetto di condono edilizio o di sanatoria,
atteso che gli interventi ulteriori su
immobili abusivi ripetono le caratteristiche
di illegittimità dall'opera principale alla
quale ineriscono strutturalmente (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.01.2009 n. 1810 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Apertura di una porta al posto di
una preesistente finestra.
In tema di reati edilizi, l'apertura di una
porta al posto di una preesistente finestra
necessita del preventivo rilascio del
permesso di costruire, non essendo
sufficiente la mera denuncia d'inizio
attività poiché si tratta d'intervento
edilizio comportante una modifica dei
prospetti, in quanto tale non qualificabile
come ristrutturazione edilizia "minore"
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.01.2009 n. 834 - link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Sottoprodotti.
In tema di gestione dei rifiuti, l'attività
di recupero di materiale lapideo che
soddisfi i criteri, i requisiti e le
condizioni previste dall'art. 183, comma
primo, lett. p) del D.Lgs. 03.04.2006, n.
152, come modificato dal D.Lgs. 16.01.2008,
n. 4, rientra nel campo di applicazione
della disciplina dei sottoprodotti
(fattispecie nella quale è stato annullato,
per difetto del "fumus" del reato di
gestione non autorizzata di rifiuti non
pericolosi, il sequestro preventivo di un
impianto per la frantumazione ed il lavaggio
di materiali composto da sfridi, cocciame
costituente scarto di lavorazione e peloni,
cioè testate inutilizzabili derivanti dalla
segatura dei blocchi di marmo) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.12.2008 n. 48037 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Fasce di rispetto stradale.
In tema di reati edilizi, tra i vincoli che
comportano l'inedificabilità delle aree
rientrano le fasce di rispetto di cui al
Codice della strada, essendo previsto per
legge, nell'ipotesi di violazione di dette
fasce, l'obbligo di ripristino dei luoghi
(fattispecie in tema di condono) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.12.2008 n. 47106 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio. Oblazione
(versamento insufficiente).
In tema di condono edilizio, la mancata
corrispondenza tra l'importo versato a
titolo d'oblazione e quello effettivamente
dovuto non determina la decadenza dal
diritto ad ottenere la definizione
dell'illecito edilizio ai sensi del
combinato disposto dei commi 32 e 36
dell'art. 32, D.L. 30.09.2003, n. 269 (conv.
con mod. nella L. 24.11.2003, n. 326), salva
l'ipotesi in cui quanto versato sia
irrisorio al punto da potersi ritenere il
pagamento inesistente (in motivazione la
Corte, nell'enunciare il predetto principio,
ha ulteriormente precisato che il termine di
decadenza indicato dalla normativa sul
condono edilizio si riferisce sia alla
presentazione della domanda di condono che
al pagamento della somma dovuta a titolo
d'anticipazione dell'oblazione) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.12.2008 n. 46384 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Costruzioni in zona agricola e
qualifica d'imprenditore agricolo.
In tema di reati edilizi, non è sufficiente
il possesso temporaneo di fatto della
qualifica d'imprenditore agricolo
professionale (art. 1, comma 5-ter, D.Lgs.
29.03.2004, n. 99) ai fini del rilascio del
permesso di costruire in zona agricola, in
quanto i requisiti soggettivi per il
rilascio di tale permesso devono esistere al
momento della richiesta ed al momento del
rilascio del titolo abilitativo (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.12.2008 n. 46085 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Violazione della normativa per il
conglomerato cementizio armato.
In tema di reati edilizi, ai fini della
configurabilità delle contravvenzioni
previste dagli artt. 71 e 95, d.P.R.
06.06.2001, n. 380, è irrilevante la natura
dei lavori (ovvero che si tratti
d'interventi di manutenzione ordinaria o
straordinaria ovvero d'interventi di nuova
costruzione), in quanto la violazione delle
norme antisismiche e sul cemento armato
presuppone soltanto l'esecuzione di lavori
edilizi in zona sismica ovvero che
comportino l'utilizzo del cemento armato
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.12.2008 n. 46081 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA: Allorché
sia scaduto il termine di attuazione del
piano particolareggiato ”questo diventa
inefficace…rimanendo soltanto fermo a tempo
indeterminato l’obbligo di osservare nella
costruzione di nuovi edifici e nella
modificazione di quelli esistenti gli
allineamenti e le prescrizioni di zona
stabiliti nel piano stesso.
In ordine alla destinazione urbanistica
attuale va rilevato che, essendo trascorso
il termine “non maggiore di anni dieci”
entro il quale il predetto Piano
Particolareggiato doveva essere attuato ai
sensi dell’art. 16, c. 5, L. n. 1150/1942,
l’attività edificatoria non è disciplinata
dall’art. 4, u.c., della legge n. 10/1977
(applicabile nei “comuni sprovvisti degli
strumenti urbanistici generali” nonché
nei casi in cui perdono efficacia, per il
decorso del quinquennio di cui all’art. 2
della L. 19.11.1968 n. 1187, le indicazioni
di piano regolatore generale che
assoggettano i beni a vincoli preordinati
all’espropriazione: cfr., per quest’ultimo
profilo, C.S., Ad. Pl. 02.04.1984, n. 7),
atteso che continua a trovare applicazione
l’art. 17 della cit. L. n. 1150/1942 (C.S.,
V, 09.12.1996, n. 1491).
Secondo tale disposizione, allorché sia
scaduto il termine di attuazione del piano
particolareggiato ”questo diventa
inefficace…rimanendo soltanto fermo a tempo
indeterminato l’obbligo di osservare nella
costruzione di nuovi edifici e nella
modificazione di quelli esistenti gli
allineamenti e le prescrizioni di zona
stabiliti nel piano stesso”.
Ciò significa che il termine decennale di
decadenza si applica solo alle disposizioni
a contenuto espropriativo e non anche alle
prescrizioni urbanistiche di piano, che
rimangono pienamente operanti e vincolanti
senza limiti di tempo, fino alla eventuale
approvazione di un nuovo piano attuativo
(Cfr. sul punto C.S., IV, 02.06.2000, n.
3172, che illustra i criteri normativi
previsti per i piani particolareggiati,
facendo presente che i criteri stessi sono
estensibili, per analogia, alle
lottizzazioni convenzionate)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 27.03.2003 n. 2721 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Il piano di lottizzazione perde
efficacia alla scadenza del termine massimo
di 10 anni o nel minor termine previsto per
la sua attuazione.
La questione concernente la durata massima
del piano di lottizzazione è stata risolta
dalla giurisprudenza nel senso che esso
perde efficacia alla scadenza del termine
massimo di dieci anni o nel minor termine
previsto per la sua attuazione (da ultimo,
Cons. Stato, sez. IV, 16.03.1999, n. 286;
13.11.1998, n. 1412), così come avviene per
il piano particolareggiato, essendo
indifferente, a tali fini, che si tratti di
uno strumento attuativo di iniziativa
privata o di iniziativa pubblica (da ultimo,
Cons. Stato, sez. IV, 25.07.2001, n. 4074)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.03.2003 n. 1315 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ai
fini della legittimazione al ricorso contro
il rilascio di una concessione edilizia
occorre sempre un criterio di stabile
collegamento tra il ricorrente e la zona
interessata all’attività edilizia assentita
con la concessione che si impugna.
La norma dell’art. 31, comma 9, della legge
17.08.1942, n. 1150, come novellato dalla
legge 06.08.1967, n. 765, secondo cui la
possibilità di ricorrere contro le
concessioni edilizie è riconosciuta a
“chiunque”, deve essere interpretata nel
senso che ai fini della legittimazione al
ricorso occorre sempre un criterio di
stabile collegamento tra il ricorrente e la
zona interessata all’attività edilizia
assentita con la concessione che si impugna
(collegamento che può derivare dal residenza
nella zona interessata, dalla proprietà e
dal possesso o dalla detenzione di immobili
in detta zona o da altro titolo di
frequentazione di quest’ultima)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 20.01.2003 n. 200 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Le
lottizzazioni approvate vanno considerate
inefficaci dopo il decorso decennale
previsto per la loro attuazione, sicché per
produrre ulteriori effetti esse debbono
essere nuovamente adottate
dall’Amministrazione comunale attraverso uno
strumento attuativo, previa eventuale
valutazione, se necessaria, della situazione
dei terzi interessati al rispetto degli
obblighi derivanti dalla preesistente
convenzione.
Per
effetto degli artt. 16 e 17 della legge
17.08.1942 le lottizzazioni approvate vanno
considerate inefficaci dopo il decorso
decennale previsto per la loro attuazione,
sicché per produrre ulteriori effetti esse
debbono essere nuovamente adottate
dall’Amministrazione comunale attraverso uno
strumento attuativo, previa eventuale
valutazione, se necessaria, della situazione
dei terzi interessati al rispetto degli
obblighi derivanti dalla preesistente
convenzione.
Infatti, l’art. 28 della predetta legge n.
1150/1942, così come modificato dall’art. 8
L. 06.08.1967, n. 765, avendo dato un
particolare rilievo al ruolo dei piani di
lottizzazione (che costituiscono ormai
strumenti urbanistici specifici preordinati
e normalmente alternativi rispetto ai piani
particolareggiati), deve essere applicato in
via analogica ai piani di lottizzazione
medesimi, con la conseguenza che va
riconosciuta anche ad essi l’applicabilità
del termine massimo di validità decennale
entro il quale devono essere attuati (art.
16, comma 5, L. n. 1150/1942) e decorso il
quale divengono inefficaci per la parte
inattuata (art. 17, comma 1, della stessa
legge), salvi gli allineamenti e le
prescrizioni di zona nel rispetto sia
dell’interesse pubblico per l’esecuzione
delle opere di urbanizzazione (cui si
riferisce l’art. 28 cit.) che per quello
volto alla edificazione dei lotti (cfr.
Cons. St., Sez.IV, 03.11.1998, n. 1412;
25.07.2001, n. 4073) (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 20.01.2003 n. 200 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Le convenzioni urbanistiche
debbono sempre considerarsi rebus sic
stantibus, e che legittimamente
l’Amministrazione, in presenza di un
interesse pubblico sopravvenuto, ha la
facoltà di introdurre nuove previsioni.
Anche al piano di lottizzazione deve
ritenersi applicabile il termine di validità
decennale previsto con specifico riferimento
ai piani particolareggiati.
L’evolversi delle situazioni e la dinamicità
degli interessi incidono in modo particolare
sull’assetto urbanistico, di cui non può
certo impedirsi l’adeguamento alle nuove
esigenze che vengano a manifestarsi.
Costituisce, in effetti, ius receptum
in giurisprudenza l’indirizzo secondo cui le
convenzioni urbanistiche debbono sempre
considerarsi rebus sic stantibus, e
che legittimamente l’Amministrazione, in
presenza di un interesse pubblico
sopravvenuto, ha la facoltà di introdurre
nuove previsioni, con il solo onere di
motivare le esigenze che le determinano. La
giurisprudenza ha affermato, più in
particolare, che in presenza di nuove
esigenze non sussiste preclusione a nuovi
interventi, atteso che lo ius variandi
relativo alle prescrizioni di piano
regolatore generale include anche un ius
poenitendi relativo ai vincoli
precedentemente assunti, rispetto ai quali
il Comune non può ritenersi permanentemente
vincolato nemmeno da una preesistente
convenzione di lottizzazione (Cons. St., IV,
n. 711 del 13.07.1993).
Come affermato dalla giurisprudenza
amministrativa, anche al piano di
lottizzazione deve ritenersi applicabile,
nel silenzio della legge -in relazione alla
regola che esige l’applicazione di una
medesima disciplina per casi analoghi- il
termine di validità decennale previsto con
specifico riferimento ai piani
particolareggiati (TAR Puglia, Lecce, n. 490
del 09.10.1997; TAR Abruzzo, L’Aquila, n.
1014 del 30.12.1994)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 25.07.2001 n. 4073 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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