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AGGIORNAMENTO AL 30.03.2009 |
ã |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
G.U. 23.03.2009 n. 68 "Ordinanza
contingibile ed urgente concernente la
tutela dell’incolumità pubblica
dall’aggressione dei cani" (Ministero
del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali,
ordinanza
03.03.2009). |
ENTI LOCALI:
G.U. 21.03.2009 n. 67 "Fissazione della
misura del rimborso delle spese sostenute
dagli amministratori locali in occasione
delle missioni istituzionali" (D.M.
12.02.2009). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
La Corte conti Lombardia ha fatto
chiarezza sulla successione di norme in
materia di incentivi circa la progettazione
interna agli enti pubblici.
Progettisti pagati per competenza - Al 2% i
compensi per attività realizzate prima
dell’01/01/2009 (ItaliaOggi,
articolo 27.03.2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia, bollo solo in
caso d’uso per il progetto allegato.
Gli elaborati grafici e le relazioni
tecniche allegati alla domanda di
concessione edilizia e successivamente
restituiti insieme al provvedimento
abilitativo, scontano il bollo in caso d'uso
(0,52 euro per ogni foglio o esemplare). Non
rientrano, infatti, fra gli atti soggetti al
bollo fin dall'origine (14,62 euro ogni 100
righe ovvero 4 facciate), previsti
dall'articolo 4 della tariffa, parte prima,
allegata al Dpr 642/1972 (Agenzia delle
Entrate,
risoluzione 23.03.2009 n. 74/E -
link a www.nuovofiscooggi.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA: Avv. P. Mantegazza,
Brevi note
sull''autorizzazione paesaggistica e sulla
Commissione per il Paesaggio (D.Lgs.
22.01.2004 n. 42 "Codice dei beni culturali
e del paesaggio")
(relazione convegno 11.03.2009 tenutosi a
Como ed organizzato dall'Ordine degli
Architetti).
Si ringrazia il relatore per averci fornito
il documento da pubblicare. |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Medugno,
Scarichi industriali oltre i limiti
tabellari: profili problematici
(link a www.tuttoambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Sanna,
Procedure semplificate ed emissioni
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
M. Rizzuto,
D.L. 29.11.2008 n. 185 nuove modifiche alla
disciplina delle terre e rocce scavo
(link a www.lexambiente.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Gara d'appalto - Criterio offerta
economicamente più vantaggiosa - Criteri
motivazionali - Disciplina ex art. 83, c. 4,
dlgs. 163/2006 - Anteriore alla modifica
dlgs. 152/2008 - Fissazione criteri
motivazionali - Limiti.
Ritenuto in diritto :
La disciplina dell’offerta economicamente
più vantaggiosa è contenuta nell’art. 83,
comma 4, del Codice dei contratti che, come
noto, recentemente è stato modificato dal
D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, (cd. terzo
decreto correttivo) il quale ha reso più
ristretti gli ambiti di libertà valutativa
delle offerte, imponendo alle stazioni
appaltanti di stabilire e prevedere, fin
dalla formulazione della documentazione di
gara, tutti i criteri di valutazione
dell’offerta, precisando, ove necessario,
anche i sub criteri e la ponderazione e cioè
il valore o la rilevanza relativa attribuita
a ciascuno di essi.
E’ stato, pertanto, eliminato, così, ogni
margine di discrezionalità in capo alla
Commissione giudicatrice la quale, secondo
la normativa previgente, poteva fissare,
prima dell’apertura delle buste contenenti
le offerte, i criteri motivazionali cui si
sarebbe attenuta per attribuire a ciascun
criterio e subcriterio di valutazione il
punteggio.
Nel caso di specie, si rileva che il bando
di gara, essendo stato pubblicato in data
12.05.2008 e, pertanto, in data antecedente
all’entrata in vigore della modifica
introdotta dal terzo decreto correttivo,
ricade sotto la previgente disciplina
dettata dall’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n.
163/2006.
Il bando di gara prevede al punto IV.2.1)
che il criterio di aggiudicazione è quello
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
il cui punteggio è così suddiviso: vengono
previsti dei criteri discrezionali cui viene
data una ponderazione di 65 punti su 100
(qualità dei materiali 20/100; migliorie
tecniche offerte 40/100; migliorie offerte
in relazione alla segnaletica 5/100);
vengono altresì previsti dei criteri
vincolati con una ponderazione di 35 punti
su 100 (prezzo 20/100; tempo di esecuzione
5/100; durata manutenzione 10/100). Il
disciplinare di gara, nella parte seconda
“procedura di aggiudicazione”, prevede sotto
il paragrafo “criterio di aggiudicazione”
quanto segue: “la valutazione
dell’offerta tecnica avviene distintamente
per ciascuno degli elementi a valutazione di
tipo qualitativo e discrezionale dei quali è
composta a) in base alla documentazione che
costituisce l’offerta tecnica contenuta
nella busta Offerta tecnica di cui alla
prima parte, capo 3.1., è attribuito un
coefficiente variabile tra zero e uno, da
ciascun commissario sulla base della propria
discrezionalità tecnica; per ciascun
elemento è calcolata la media dei
coefficienti attribuiti da ciascun
commissario”.
Da quanto sopra riportato emerge come la
documentazione di gara avesse previsto dei
sottocriteri e i relativi sottopunteggi. Ciò
che non viene predeterminato è la modalità
con cui vengono attribuiti i singoli
punteggi, nonché le finalità perseguite
nell’assegnazione degli stessi. Tale lacuna,
tuttavia, può essere dall’amministrazione
agevolmente superata dal momento che sarà la
commissione di gara, prima di addivenire
all’apertura delle buste, che potrà, in
seduta pubblica, indicare i criteri
motivazionali che saranno adottati e con
quale modalità verrà attribuito il punteggio
e sottopunteggio. Tale possibilità potrà
essere esercitata dalla stazione appaltante
in quanto, come già detto, il bando di gara
è stato pubblicato prima dell’intervento
normativo introdotto con il terzo
correttivo.
E’ opportuno precisare che la commissione di
gara potrà stabilire i criteri
motivazionali, avendo però cura, in adesione
con l’orientamento giurisprudenziale
comunitario e con quanto espresso da questa
Autorità in altre occasioni, di non
modificare i criteri di aggiudicazione
dell’appalto definiti nel bando e nel
disciplinare di gara e di non introdurre
nuovi elementi che, se fossero stati noti al
momento della preparazione delle offerte,
avrebbero modificato l’offerta stessa, nel
rispetto dei principi di parità di
trattamento e di trasparenza (si vedano i
pareri dell’Autorità n. 119 del 22.11.2007;
n. 183 del 12.06.2008).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la
documentazione della gara in esame risulta
essere conforme alla normativa che vigeva al
momento della pubblicazione del bando di
gara
(parere
26.02.2009 n. 27 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto - Offerte - Errore
materiale - Caratteri - Possibilità di
ricostruire la volontà del concorrente con
semplice calcolo matematico - Non implicante
sostituzione nelle scelte compiute
dall'impresa - Esclusione - Illegittimità -
Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che, nelle
procedure ad evidenza pubblica l’offerta
costituisce una manifestazione di volontà
del concorrente, volta alla costituzione del
rapporto giuridico con la pubblica
amministrazione, e che la rilevanza di tale
funzione giustifica la specifica disciplina
dettata in materia di contenuto e forma
delle offerte, finalizzata proprio a
garantire la chiarezza della proposta del
concorrente.
L’esigenza di una corretta e chiara
ricostruzione da parte della stazione
appaltante della proposta formulata dal
concorrente in sede di offerta deve,
tuttavia, essere controbilanciata con i
principi di economicità ed efficacia
dell’agire amministrativo, con specifico
riferimento all’ipotesi in cui il
concorrente, nel formulare la propria
offerta, abbia commesso un errore materiale.
In tale circostanza, infatti, procedere
all’esclusione del concorrente dalla
procedura rappresenta una sanzione
sproporzionata rispetto all’irregolarità
commessa, essendo possibile per la stazione
appaltante ricostruire la volontà
dell’offerente, senza integrare una
violazione della par condicio, principio
che, in caso di errore materiale,
risulterebbe recessivo rispetto al principio
del favor partecipationis.
Per errore materiale si intende propriamente
un’inesattezza accidentale, rilevabile, con
riguardo allo specifico contesto
dell’offerta ed al contegno delle parti,
prima facie e senza necessità di
verifiche, accertamenti o interpretazioni
del dato presunto erroneo. Tale errore
materiale può consistere in un errore di
calcolo riconoscibile quando, fermi i dati
da computare e il criterio aritmetico da
seguire, si incorre per inesperienza o per
disattenzione, in un errore materiale di
cifra che si riverbera sul risultato finale
e che si possa evincere ictu oculi
(in tal senso, TAR Lazio, Roma, sez. III-bis,
sentenza n. 7288 del 23.07.2004).
Al riguardo, la giurisprudenza
amministrativa ha precisato che laddove
l’offerta sia affetta da mero errore
materiale e l’amministrazione sia comunque
in grado di ricostruire la volontà
dell’impresa, con un semplice calcolo
matematico non implicante alcuna
sostituzione alle scelte dalla stessa
compiute, attraverso la modificazione o
l’integrazione delle volontà dell’offerente,
si realizza la sostanziale riconducibilità
all’impresa dell’offerta presentata, che
risulta così completa. A ciò consegue
l’incongruità, alla luce del principio del
favor partecipationis e dei canoni
ermeneutici civilistici in sede di
interpretazione della volontà dei
contraenti, della sanzione dell’esclusione
rispetto ad una mera irregolarità formale
non influente sui termini sostanziali e
sulla completezza dell’offerta (in tal
senso, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza
n. 5931 del 02.12.2008 e sentenza n. 5690
del 31.10.2001).
Premesso quanto sopra, nel caso di specie
l’offerta è stata presentata secondo il
modello C allegato alla documentazione di
gara, che contiene una tabella in cui viene
distinto il premio lordo annuo e il premio
lordo complessivo.
Nella compilazione della menzionata tabella
il raggruppamento concorrente ha indicato il
valore del premio annuo offerto, incorrendo,
tuttavia, nell’errore di ripetere lo stesso
valore del premio annuo anche nella casella
relativa al premio complessivo, nella quale
invece andava indicato il premio annuo
moltiplicato per la durata del contratto,
ovvero due anni e tre mesi.
L’errore in questione, peraltro evidenziato
alla stazione appaltante in sede di gara, è
riconducibile alla specie dell’errore
materiale, in quanto non solo riconoscibile,
ma anche tale da permettere
all’amministrazione di ricostruire
integralmente la volontà del concorrente con
un semplice calcolo matematico, non
implicante alcuna sostituzione nella scelta
dallo stesso compiuta, avendo a disposizione
i relativi dati (il premio annuo offerto e
la durata contrattuale di due anni e tre
mesi).
Appare, dunque, non corretto l’operato del
Comune di Andria che, nonostante la
segnalazione ricevuta dal raggruppamento
LLOYD ITALICO - INA Assitalia S.p.A. in sede
di gara, non ha provveduto a correggere
l’errore materiale in cui il concorrente
medesimo è incorso, impegnandolo, invece,
alla sottoscrizione del contratto ad un
importo indicato per errore e, perciò, non
conveniente, tanto da determinare la sua
rinuncia all’aggiudicazione del servizio.
Per quanto concerne, infine, la successiva
decisione della stazione appaltante di
procedere all’escussione della cauzione
provvisoria a fronte di detta rinuncia
all’aggiudicazione del servizio formulata
dal raggruppamento concorrente, si precisa
che, indubbiamente, ai sensi dell’articolo
75 del D.Lgs. n. 163/2006, la ratio della
cauzione provvisoria è quella di garantire
la stazione appaltante dalla mancata
sottoscrizione del contratto da parte
dell’aggiudicatario, assicurando alla
medesima l’affidabilità e la serietà
dell’offerta presentata.
Tuttavia, nel caso di specie non sembra
rinvenibile nel comportamento posto in
essere dal raggruppamento LLOYD ITALICO -
INA Assitalia S.p.A. un pregiudizio
all’affidabilità e alla serietà
dell’offerta, tale da giustificare
l’escussione della cauzione provvisoria,
essendo la rinuncia all’aggiudicazione del
servizio stata indotta dalla stessa stazione
appaltante, che avrebbe dovuto procedere
alla correzione dell’errore materiale in cui
è incorso il raggruppamento concorrente.
In tali circostanze, pertanto, l’escussione
della cauzione provvisoria risulterebbe una
sanzione sproporzionata rispetto alla
irregolarità commessa.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la decisione del
Comune di Andria di non provvedere alla
correzione dell’errore materiale in cui sono
incorse le compagnie assicuratrici LLOYD
ITALICO e INA Assitalia S.p.A. e di
procedere, successivamente, alla escussione
della cauzione provvisoria versata dalle
stesse, in quanto rinunciatarie
all’aggiudicazione del servizio, non è
conforme alla normativa in materia di
contratti pubblici
(parere
26.02.2009 n. 24 - link a
massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Sottoprodotti di origine
animale.
Gli scarti di origine animale sono sottratti
alla applicazione della normativa in materia
di rifiuti ed esclusivamente soggetti al
Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono
effettivamente qualificabili come
sottoprodotti, ai sensi dell’ad. 183, comma
primo, lett. n), del D. Lgs n. 152/2006,
mentre in ogni altro caso in cui il
produttore se ne sia disfatto per destinarli
allo smaltimento restano soggetti alla
disciplina del Testo Unico in materia
ambientale.
Ciò trova applicazione sia con riferimento
al testo originario dell’art. 185 del D.
L.gs. n. 152/2006, che alla nuova
formulazione dell’articolo introdotta
dall’art. 22 del D.Lgs 16.01.2008 n. 4,
dovendo essere privilegiata quella
interpretazione delle norme nazionali che
sia conforme al diritto comunitario e
trovando, peraltro, detta interpretazione,
in relazione al secondo comma dell’articolo
185, nella formulazione previgente, un
puntuale riscontro testuale, stante il
riferimento della norma all’ambito di
applicazione ivi indicato” (dal Regolamento
CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo
sanitario e di polizia sanitaria
disciplinato da detto Regolamento.
La recente Direttiva del Parlamento Europeo
e del Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE
non risulta avere affatto modificato gli
enunciati principi di diritto che regolano
il concorso tra la disciplina sanitaria
della gestione dei sottoprodotti di origine
animale e la normativa in materia di
rifiuti, in quanto la esclusione del
principio di specialità trova puntuale
riscontro proprio nelle disposizioni in essa
contenute (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 24.03.2009 n. 12844 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Manufatti interrati (piscina).
Costituiscono lavori edilizi necessitanti il
preventivo rilascio del permesso di
costruire non solo quelli per la
realizzazione di manufatti che si elevano al
di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto
o in parte interrati e che trasformano in
modo durevole l'area impegnata dai lavori
stessi, come nel caso di edificazione di una
piscina (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 20.03.2009 n. 12478 -
link a www.lexambiente.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Il
trasferimento di un dipendente pubblico, per
incompatibilità ambientale, presuppone la
preliminare comunicazione di avvio del
procedimento amministrativo e consegue ad
una valutazione ampiamente discrezionale dei
fatti che possono sconsigliare la permanenza
in una determinata sede, senza per ciò
assumere carattere sanzionatorio.
E' necessaria, ai sensi dell'art. 7 l.
07.08.1990 n. 241, la comunicazione di avvio
del procedimento volto all'adozione di un
provvedimento di trasferimento per
incompatibilità ambientale di un pubblico
dipendente (Consiglio Stato, sez. VI,
30.12.2005, n. 7579).
Tale orientamento appare al Collegio
maggiormente garantistico con riferimento
alla posizione del dipendente –attinto
comunque da una misura che, ancorché
distinta dal procedimento sanzionatorio
disciplinare, possiede comunque
caratteristiche invasive ed afflittive-;
rispettoso del fine deflattivo del
contenzioso sotteso alla disposizione
normativa di cui all’art. 7 della legge n.
241/1990; coerente con l’esigenza che il
destinatario del procedimento, anche a meri
fini collaborativi, metta a parte
l’amministrazione di ogni utile elemento
connesso ai fatti che questa si trova a
dovere valutare.
Il trasferimento per incompatibilità
ambientale consegue ad una valutazione
ampiamente discrezionale dei fatti che
possono sconsigliare la permanenza in una
determinata sede, senza per ciò assumere
carattere sanzionatorio, sì che la sua
adozione non presuppone né una valutazione
comparativa dell'amministrazione in ordine
alle esigenze organizzative dei propri
uffici né l'espressa menzione dei criteri in
base ai quali vengono determinati i limiti
geografici dell'incompatibilità ai fini
dell'individuazione della sede più
opportuna, né può essere condizionata dalle
situazioni personali e familiari del
dipendente, che ovviamente recedono di
fronte all'interesse pubblico alla tutela
del buon funzionamento degli uffici e del
prestigio dell'amministrazione stessa
(Consiglio Stato, sez. IV, 10.07.2007, n.
3892).
E’ peraltro jus receptum quello
secondo il quale “l'amministrazione deve
tener conto, nel disporre il trasferimento,
anche della situazione di famiglia del
dipendente, onde essa non può esimersi
dall'obbligo di una puntuale motivazione
circa le ragioni per le quali individui una
determinata sede anziché altre, in ipotesi,
meno disagevoli per l'interessato”
(Consiglio Stato, sez. VI, 06.09.2005, n.
4531, ma anche Consiglio Stato, sez. IV,
27.02.1996, n. 187) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 17.03.2009 n. 1577 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
risarcimento del danno nel caso di ritardato
rilascio della concessione edilizia.
Nel nostro diritto positivo non è previsto,
allo stato attuale della legislazione, un
meccanismo riparatore dei danni causati dal
ritardo procedimentale in sé e per sé
considerato. A questo proposito, la
giurisprudenza amministrativa ha precisato
che in presenza del mancato tempestivo
soddisfacimento dell’obbligo dell’Autorità
amministrativa di assolvere adempimenti
pubblicistici, aventi ad oggetto lo
svolgimento di funzioni amministrative, si è
al cospetto di interessi legittimi
pretensivi del privato, la cui tutela
ricade, per loro intrinseca natura, nella
giurisdizione del giudice amministrativo (e,
trattandosi della materia
urbanistica-edilizia, nella sua
giurisdizione esclusiva); come tali esulano
dai meri “comportamenti” della P.A. invasivi
dei diritti soggettivi del privato ed
espunti dalla giurisdizione amministrativa
in seguito alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 204 del 2004 (cfr. Cons.
Stato, Ad. Plenaria, n. 7 del 15.09.2005;
Tar Lazio, Roma, sez. III-quater,
31.03.2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I,
20.11.2008, n. 2901).
Il danno da ritardo, secondo l’orientamento
giurisprudenziale, non ha un’autonomia
strutturale rispetto alla fattispecie
procedimentale da cui scaturisce ed è legato
inscindibilmente alla positiva
finalizzazione di quest’ultima (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 02.03.2009, n. 1162);
infatti, secondo la richiamata decisione
dell’Ad. Plen. n. 7/2005, non è risarcibile
il danno da ritardo “puro” quando è
disancorato dalla dimostrazione giudiziale
della meritevolezza di tutela dell’interesse
pretensivo fatto valere (e quando
l’Amministrazione abbia adottato con
notevole ritardo, un provvedimento negativo
rimasto inoppugnato).
A queste premesse, va aggiunto che l’azione
di risarcimento da ritardo della P.A., pur
ammessa in astratto e rientrante nell’alveo
del danno da lesione di interessi legittimi,
in applicazione del principio dell’atipicità
dell’illecito civile, deve essere ricondotta
nell’ambito dell’art. 2043 cod. civ., per
l’identificazione degli elementi costitutivi
dell’illecito, e a quello del successivo
art. 2236 cod.civ., per delineare i confini
della responsabilità.
E quindi, detta azione di risarcibilità del
danno, inquadrandosi nella sua natura
“extracontrattuale”, comporta che il bene
della vita conseguito in modo differito sia
avvenuto per il fatto altrui, quanto meno
colpevole. E’ pacifico, per giurisprudenza
ormai costante, che non è sufficiente la
illegittimità (del provvedimento o)
dell’inerzia amministrativa per ritenere
integrata una fattispecie di responsabilità
aquiliana della P.A., essendo essenziale ad
integrare la fattispecie il giudizio di
imputabilità soggettiva, quantomeno a titolo
di colpa dell’apparato amministrativo
procedente (cfr. da ultimo, Cons. Stato,
sez. V, 08.09.2008, n. 4242; idem,
02.03.2009, n. 1162).
Ne deriva che, per riconoscere la fondatezza
della domanda così avanzata è necessario che
il difettoso funzionamento dell’apparato
pubblico sia riconducibile ad un
comportamento negligente o ad una volontà di
nuocere o si ponga in contrasto con le
prescrizioni di legalità, imparzialità e
buon andamento di cui all’art. 97 della
Cost., non essendo riconducibile il
superamento dei termini di conclusione del
procedimento in violazione dell’art. 4 della
Legge n. 493 del 1993, attesa la natura
acceleratoria degli stessi (cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 30.12.2005, n. 7623; Tar
Lombardia, Milano, sez. III, 17.01.2007, n.
71; Tar Lazio, Roma, sez. III-quater,
31.03.2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I,
cit. n. 2901/2008).
Tale azione di risarcimento del danno,
inquadrandosi nella sua natura
extracontrattuale, richiede la prova della
quantificazione dello stesso con riferimento
sia al danno emergente che al lucro
cessante, in quanto elementi costitutivi
della relativa domanda, ai sensi dell’art.
2697 (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I,
26.06.2008, n. 1555; Tar Lazio, Roma, cit.
n. 2704/2008).
Per di più, non va sottaciuto che nel caso
specifico di domanda di risarcimento dei
danni per il ritardo nel rilascio della
concessione edilizia, il danno è da farsi
conseguire, comunque, alla concreta
esecuzione dell’opera, non essendo di per sé
sufficiente il riconoscimento tardivo del
titolo di legittimazione edificatoria, (cfr.
Tar Sicilia, Catania, sez. I, 03.07.2007, n.
1158).
Ed invero, nella specie, l’assetto completo
degli interessi non appare definito al
momento dell’adozione del tardivo titolo,
per cui mancano i presupposti del
risarcimento con riguardo al quantum (tale
accertamento va determinato dopo
l’edificazione, con il calcolo delle
differenze tra il costo della costruzione
ottenuta e quello rapportato ai prezzi
dell’epoca in cui l’Amministrazione avrebbe
dovuto emanare il provvedimento finale),
nonché l’effettiva potenzialità reddituale
di quanto realizzato. Ciò in quanto la
configurabilità del danno emergente (maggior
costo di costruzione) e del lucro cessante
(mancata produzione del reddito a seguito
dello sfruttamento dell’immobile) necessita
di un termine di paragone essenziale
costituito dalla realizzazione dell’opera e,
in sua mancanza, viene meno la base del
calcolo su cui liquidare il danno
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 16.03.2009 n. 2694 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti pilotati, mini sanzioni.
Condanne meno severe per gli appalti
pilotati. Infatti i giri di mazzette
avvenuti prima della pubblicazione del bando
di gara non integrano il reato di turbata
libertà degli incanti.
Il reato di
turbata libertà degli incanti non si
configura, neanche nella forma del
tentativo, prima che la procedura sia
iniziata ossia prima che il bando relativo
sia stato pubblicato
(Corte di Cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 12.03.2009 n.
11005). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Gli atti conclusivi delle
procedure di V.I.A. sono immediatamente
impugnabili dai soggetti interessati alla
protezione dei valori ambientali siano essi
associazioni di tutela ambientale o
cittadini residenti in loco.
La procedura di V.I.A. pur inserendosi
sempre all'interno del più ampio
procedimento di realizzazione di un opera o
di un intervento, è stata considerata da
dottrina e giurisprudenza prevalenti come
dotata di autonomia, in quanto destinata a
tutelare un interesse specifico (quello alla
tutela dell'ambiente), e ad esprimere al
riguardo, specie in ipotesi di esito
negativo, una valutazione definitiva, già di
per sé potenzialmente lesiva dei valori
ambientali; di conseguenza, gli atti
conclusivi delle procedure di valutazione di
impatto ambientale (V.I.A.) sono
immediatamente impugnabili dai soggetti
interessati alla protezione di quei valori
siano essi associazioni di tutela ambientale
ovvero, come nel caso di specie, cittadini
residenti in loco (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 03.03.2009 n. 1213 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Informative prefettizie
antimafia: l'amministrazione è esonerata
dall'obbligo di comunicazione di cui
all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241
Sull'inapplicabilità dell'art. 12 del DPR
252/1998 agli appalti di servizi e di
forniture.
L'amministrazione è esonerata dall'obbligo
di comunicazione di cui all'art. 7, l.
07.08.1990 n. 241, relativamente
all'informativa antimafia ed al successivo
provvedimento di revoca un'aggiudicazione
rilasciata, atteso che si tratta di
procedimento in materia di tutela antimafia,
come tale intrinsecamente caratterizzato da
profili di urgenza
La scelta normativa di non estendere l'art.
12 del DPR 252/1998 anche agli appalti di
servizi, pur se opinabile, non risulta
irragionevole alla luce delle più cospicue
garanzie ratione temporis predisposte
in tema di appalti di lavori (si pensi
all'albo costruttori e, quindi, all'Autorità
per la vigilanza sui lavori pubblici ed al
sistema di qualificazione SOA), idonee a
garantire un controllo sull'affidabilità
delle imprese operanti in questo settore,
più penetrante rispetto al campo degli
appalti di servizi e di forniture (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.03.2009 n. 1148 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA:
Industrie insalubri.
La funzione urbanistica delle norme tecniche
di attuazione del piano regolatore non
esclude affatto che nelle stesse non possano
trovare riscontro esigenze di carattere
sanitario o comunque di correttezza dei
diversi insediamenti, proprio a ciò essendo
rivolta la funzione della zonizzazione ed
anzi è legittima la norma di regolamento
comunale che, nel disciplinare gli
insediamenti delle imprese insalubri, fissi
un parametro più rigoroso di quello
dell’art. 216, t.u. sanitario nel senso di
vietarli nell’ambito delle aree collocate
nel “centro edificato” del territorio
comunale; è altresì “legittimo che in
sede di pianificazione urbanistica venga
esclusa, in via generale e preventiva, la
realizzabilità in una determinata zona di
industrie insalubri”, purché la scelta
pianificatoria sia giustificata in termini
di ragionevolezza dal tessuto territoriale
esistente (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez.
I,
sentenza 27.02.2009 n. 103 - link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Installazione container.
L'installazione di un container richiede il
permesso di costruire in caso di uso non
precario. il requisito della precarietà deve
essere ricavato dalla destinazione del
manufatto e non dalla struttura e dalla
tipologia dei materiali costruttivi (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 26.02.2009 n. 404 - link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'annullamento di una clausola
di un bando di gara per l'affidamento del
servizio di refezione scolastica per
restrizione della concorrenza fra le imprese
del settore.
Deve essere annullata la clausola di un
bando di gara per l'affidamento del servizio
di refezione scolastica, nella parte in cui
esso prescrive, fra i requisiti di
ammissione alla gara, il possesso della
certificazione UNI EN ISO 9001:2000 anche
per il settore EA03 (oltre che per il
settore EA30) in quanto la previsione del
suddetto requisito di capacità tecnica
restringe eccessivamente la concorrenza fra
le imprese del settore (senza arrecare
particolare beneficio alla stazione
appaltante), il che è contrario alla
normativa sugli appalti pubblici. Difatti,
sebbene il servizio in questione (destinato
ad un'utenza "sensibile", ossia gli alunni
delle scuole dell'infanzia) deve essere
svolto da imprese che diano la massima
garanzia circa il rispetto delle norme
igienico-sanitarie, cionondimeno il
requisito richiesto dal bando appare
esorbitante rispetto all'obiettivo
perseguito dal Comune (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 45 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Mancata aggiudicazione e
quantificazione dell’utile di impresa.
L’utile
economico che sarebbe derivato
dall’esecuzione dell’appalto, che sarebbe
spettato sicuramente all’impresa ricorrente
e che la giurisprudenza riconosce nella
misura del 10%, è applicabile solo nel caso
in cui l’impresa possa documentare di non
aver potuto utilizzare le maestranze ed i
mezzi, lasciati disponibili, per
l’espletamento di altri servizi. Nel caso in
cui, invece, tale dimostrazione non sia
offerta è da ritenere che l’impresa possa
aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e
manodopera per lo svolgimento di altri
analoghi lavori o di servizi o di forniture,
così vedendo in parte ridotta la propria
perdita di utilità; in tale ipotesi il
risarcimento può essere ridotto in via
equitativa, in misura pari al 5%
dell’offerta dell’impresa
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2009 n. 23 - link
a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 23.03.2009 |
ã |
NOVITA' NEL SITO |
E' stato
integrato l'archivio dei DOSSIER con
quest'altri:
-
DOSSIER certificazione energetica;
-
DOSSIER definizioni interventi edilizi;
-
DOSSIER incentivo progettazione interna;
-
DOSSIER sagoma edificio;
-
DOSSIER vincolo cimiteriale. |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Piano casa: lo schema di decreto-legge
recante "Misure urgenti per il rilancio
dell'economia attraverso la ripresa delle
attività imprenditoriali edili" (bozza
del 19.03.2009). |
EDILIZIA PRIVATA:
Piano casa, allarme Soprintendenze
(Repubblica,
articolo 22.03.2009 - link a
http://rassegnastampa.formez.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Si potrà allargare la casa fino al 40%
(anche in centro) (Il Sole 24 Ore,
articolo 21.03.2009 - link a
http://rassegnastampa.formez.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Lombardia, legge regionale n. 5/2009 di
modificazione/integrazione alla l.r. n.
12/2005 (link a
www.regione.lombardia.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Lombardia, Aree agricole nello stato di
fatto: modalità segnalazione modifiche
(link a www.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI:
RIEPILOGO DELLA DISCIPLINA E DEGLI ASPETTI
FISCALI E GESTIONALI DELLE ASSOCIAZIONI
TEMPORANEE DI IMPRESE (23.02.2009
- link a www.ancebrescia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
LE OPERE A SCOMPUTO DEGLI ONERI DEVONO
ESSERE APPALTATE A TERZI CON PROCEDURA
PUBBLICA (26.01.2009 - link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI: PUBBLICITA’
E TERMINI PER GLI APPALTI PUBBLICI
(26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un'utilissima
tabella riepilogativa relativamente alle tre
tipologie di appalti: forniture, servizi,
lavori pubblici. |
APPALTI:
LA NORMATIVA ANTIMAFIA NEGLI APPALTI
PUBBLICI (26.01.2009 - link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
LA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO
(26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nuova disciplina delle opere realizzate a
scomputo degli oneri di urbanizzazione a
seguito dell’entrata in vigore del terzo
decreto correttivo del codice degli appalti
- ADEMPIMENTI PER LE OPERE REALIZZATE
DALL’IMPRESA (03.12.2008 - link a
www.ancebrescia.it).
All'interno un utilissimo
“manuale” esplicativo contenente una serie
di indicazioni relative alla possibilità per
l’operatore e per l’Amministrazione Comunale
di realizzare opere di urbanizzazione a
scomputo. |
LAVORI PUBBLICI:
V. Latorraca e M. Luraghi,
Dal progetto esecutivo alla cantierizzazione
(link a www.lavatellilatorraca.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
M. Lavatelli,
Comuni: la portata del parere di regolarità
tecnico-amministrativa per resistere in
giudizio (link a
www.lavatellilatorraca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Lavatelli,
Sportello unico per le attività produttive
(link a www.lavatellilatorraca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Gualandi,
OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO E CODICE
DEI CONTRATTI - Il dito e la luna. Ovvero
della discutibile “appaltizzazione”
dell’urbanistica (link a
www.lexitalia.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al
n. 11 del 19.03.2009, "Modalità per
l'attuazione dell'anagrafe dell'utenza e del
patrimonio E.R.P. di cui all'art. 4 del
regolamento regionale del 10.02.2004 n. 1 e
art. 11, l.r. n. 27 dell'08.11.2007 -
Aggiornamento delle modalità tecniche per la
raccolta e la trasmissione dei dati per
l'anno 2009" (circolare
regionale 10.03.2009 n. 2 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del
12.01.2009, "Linee guida per la
maggiorazione del contributo di costruzione
per il finanziamento di interventi estensivi
delle superfici forestali (art. 43, comma
2-bis, l.r. n. 12/2005)" (deliberazione
G.R. 22.12.2008 n. 8757 - link a
www.infopoint.it). |
CORTE DEI CONTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Presidente della
Provincia di Campobasso
sulla "individuazione delle componenti di
base della quota percentuale del fondo
incentivante da ripartire a favore degli
interessati alla progettazione interna di
opere e lavori ai sensi dell'art. 18 della
legge 11.02.1994 n. 109"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Molise,
parere
24.02.2009 n. 6
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Carpinone (IS) sulla
"restituzione del canone di depurazione a
seguito della declaratoria di parziale
illegittimità dell'art. 14, comma 1, della
legge n. 36 del 1994 e dell'art. 155, comma
1, del d.lgs. n. 152 del 2006"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Molise,
parere 27.01.2009 n. 3
- link a www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
PUBBLICO IMPIEGO:
Non è licenziabile chi dica al
capo: "Chi ti credi di essere?"
Non si può licenziare il lavoratore che,
nell’ambito di un litigio, dica al suo
superiore “Chi cazzo ti credi di essere?”
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 18.03.2009 n. 6569 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Stazioni radio nei terreni
agricoli.
Le stazioni radio per i telefoni cellulari
possono essere installate anche sui terreni
agricoli. E se il comune si oppone
tardivamente alla comunicazione di inizio
attività, ciò non preclude la formazione del
silenzio-accoglimento.
L’art. 87 del decreto legislativo
01.08.2003, n. 259, prevede un particolare
procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione comunale per la
realizzazione delle opere relative alle
infrastrutture di comunicazione elettronica
per impianti radioelettrici, caratterizzata,
per quel che qui interessa, da due termini,
che il giudice di primo grado qualifica
correttamente come perentori.
Il primo (comma 5) di 15 giorni decorrenti
dalla data di ricezione dell'istanza, entro
i quali il responsabile del procedimento può
richiedere, per una sola volta, “il
rilascio di dichiarazioni e l'integrazione
della documentazione prodotta”.
Il secondo (comma 9) di 90 giorni dalla
presentazione del progetto e della relativa
domanda, decorsi i quali, qualora non sia
stato comunicato un provvedimento di
diniego, “le istanze di autorizzazione e
le denunce di attività di cui al presente
articolo, nonché quelle relative alla
modifica delle caratteristiche di emissione
degli impianti già esistenti, si intendono
accolte”.
Ora, l’unico effetto giuridico, che può
essere ricollegato all’accoglimento da parte
del Tar della domanda di adozione di misure
cautelari, nei riguardi del provvedimento di
diniego dell’autorizzazione in questione, è
l’obbligo per l’Amministrazione di riaprire,
sia pur interinalmente, il procedimento che
la stessa riteneva essere stato concluso con
il provvedimento impugnato. Ragionando
diversamente, infatti, la domanda cautelare
non poteva essere accolta ma avrebbe dovuto
essere dichiarata inammissibile per difetto
di interesse all’adozione di una misura
giurisdizionale priva di effetti
sostanziali.
D’altronde la stessa Amministrazione ha
ragionato in questi sensi, perché, in
effetti, a seguito dell’ordinanza del Tar,
con nota in data 07.09.2006, ha proceduto
alla nomina dei responsabili del
procedimento, pur avvertendo che, a suo
avviso, “i tempi di cui all’art. 87
D.Lgs. n. 259/2003 decorrono dalla data del
25.08.2006, data in cui la Civica
Amministrazione è venuta a conoscenza della
sopracitata ordinanza.” Limitandosi,
poi, a chiedere, con nota in data
08.09.2006, alla ricorrente di integrare
l’istanza con ulteriori documenti.
Sennonché, la richiesta è stata prima
sospesa, con ordinanza cautelare, e poi
annullata dal Tar, che l’ha ritenuta
palesemente tardiva, con un capo della
sentenza di cui in epigrafe che non ha
formato oggetto di appello ed è quindi
passato in giudicato.
Pertanto, in mancanza di ulteriori
provvedimenti adottati dall'Amministrazione
comunale, non può che concludersi nel senso
che si sia formata sull'istanza il silenzio
accoglimento, dapprima con efficacia
interinale, ma successivamente consolidatosi
con l'annullamento definitivo della
richiesta ulteriore documentazione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.03.2009 n. 1578 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Criterio del prezzo più basso -
Calcolo della soglia di anomalia - Art. 86
d.lgs. n. 163/2006 - Stazione appaltante -
Det. 26.10.1999 dell’Autorità per la
Vigilanza sui Lavori Pubblici - Sequenza di
calcolo.
Quando il criterio di aggiudicazione
dell’appalto è quello del prezzo più basso,
il calcolo della soglia di anomalia è dato
dal “ribasso pari o superiore alla media
aritmetica dei ribassi percentuali di tutte
le offerte ammesse, con esclusione del dieci
per cento, arrotondato all’unità superiore,
rispettivamente delle offerte di maggior
ribasso e di quelle di minor ribasso,
incrementata dello scarto medio aritmetico
dei ribassi percentuali che superano la
predetta media” (art. 86 del DLgs n.
163/2006).
Sul punto, con determinazione 26.10.1999
l’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici ha precisato analiticamente la
sequenza da rispettare a cura della stazione
appaltante:
1) si forma l’elenco delle offerte ammesse
disponendole in ordine crescente di ribasso;
2) si calcola il 10% del numero delle
offerte ammesse e lo si arrotonda all’unità
superiore;
3) si escludono fittiziamente dall’elenco un
numero di offerte di minor ribasso pari al
numero di cui al punto 2), nonché un numero
di offerte di maggior ribasso di cui al
punto 2) (c.d. taglio delle ali);
4) si calcola la media aritmetica dei
ribassi delle offerte che restano dopo
l’operazione di esclusione fittizia di cui
al punto 3);
5) si calcola -sempre con riguardo alle
offerte che rimangono dopo l’operazione di
esclusione fittizia di cui al punto 3)- lo
scarto dei ribassi superiori alla media di
cui al punto 4), e, cioè, la differenza tra
tali ribassi (superiori alla media) e la
suddetta media;
6) si calcola la media aritmetica degli
scarti e cioè la media delle differenze;
7) si somma la media di cui sub 4) con la
media di cui sub 6): tale somma costituisce
la soglia di anomalia (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 13.03.2009 n. 602 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'art. 13 del D.L. n. 223/2006
(c.d. decreto Bersani): ratio legis.
Sull'applicabilità dell'art. 13 del D.L. n.
223/2006 anche alle Camere di Commercio.
La ratio legis indicata dall'art. 13
del D.L. n. 223/2006 nel suo incipit
-evitare alterazioni o distorsioni della
concorrenza e assicurare la parità tra gli
operatori- trova la sua principale
esplicazione nella precisa delimitazione del
ruolo delle società costituite o comunque
partecipate dagli enti locali per la
produzione in house di beni e servizi
strumentali alla loro attività,
delimitazione realizzata attraverso la
imposizione di una corrispondenza soggettiva
tra enti pubblici titolari del capitale
sociale, ed esercitanti il c.d. "controllo
analogo", ed enti beneficiari delle
prestazioni delle società. In breve il
significato precipuo della normativa è
questo: è ben possibile che gli enti
pubblici possono costituire società in house
per lo svolgimento di attività strumentale,
e nel far questo possono sottrarsi alle
procedure di gara, però poi le società che
ne derivano dovranno operare solo per gli
enti che le hanno generate, non potendo
utilizzare il vantaggio che deriva loro da
quella particolare origine, e dallo
svolgimento privilegiato delle attività per
conto degli enti costituenti, per
partecipare a procedure di affidamento da
parte di altri soggetti pubblici in
condizione di solo apparente concorrenza con
gli altri operatori economici.
L'art. 13 del c.d. decreto Bersani
rappresenta una specificazione e
applicazione dei principi comunitari in
quanto l'apertura delle direttive
comunitarie verso la partecipazione alle
gare dei soggetti anche di matrice pubblica
presuppone una loro posizione paritaria, e
non può riferirsi alle società appositamente
costituite dalle pubbliche amministrazioni
per l'autoproduzione di beni e servizi, cui
è indirizzato l'art. 13 del D.L. 223/2006.
D'altra parte in tale direzione si muove
anche il quarto considerando della direttiva
2004/18/CE che ammonisce gli Stati ad
adottare normative di regolamentazione
dell'accesso al mercato degli appalti di
organismi partecipati da enti pubblici che
possano quindi distorcere la concorrenza.
Dunque l'art. 13 cit. non risulta essere
norma in contrasto con il diritto
comunitario, bensì di attuazione
comunitaria.
L'art. 13 del D.L. n. 223/2006 è applicabile
anche alle Camere di Commercio. Il generico
riferimento alle "Amministrazioni pubbliche
locali", non può essere letto
restrittivamente come riferito ai soli enti
territoriale, ma deve viceversa essere
interpretato come avente riguardo a tutte le
pubbliche Amministrazioni che perseguano il
soddisfacimento di interessi pubblici locali
entro un determinato ambito territoriale
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 13.03.2009 n. 417 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo paesaggistico - Autorità
preposta alla tutela del vincolo - Controllo
- Integrazione documentale - Documentazione
allegata alla pratica già esaminata dal
Comune.
Come la Sezione ha già rilevato
(cfr. sentenza 04/08/2008 n. 847), il
controllo che compete all’autorità statale
ad estrema difesa del vincolo paesaggistico
investe la legittimità del procedimento
autorizzatorio, e si concentra
principalmente sull’esaustività della
documentazione allegata alla pratica già
esaminata e vagliata dal Comune, che ha poi
emesso il provvedimento favorevole. Le
integrazioni afferiscono dunque ad eventuali
carenze od omissioni riscontrate in sede di
trasmissione delle planimetrie e degli
elaborati alla Soprintendenza, mentre non
possono riguardare documenti che il Comune
non ha mai provveduto ad acquisire.
Il Collegio ha
recentemente evidenziato che, sotto un
profilo d’ordine generale (cfr. Consiglio di
Stato, adunanza plenaria - 14/12/2001 n. 9),
l’autorità che esamina una domanda di
autorizzazione paesistica deve manifestare
la piena consapevolezza delle conseguenze
derivanti dalla realizzazione delle opere
nonché della visibilità dell’intervento
progettato nel più vasto contesto
ambientale, e non può fondarsi su
affermazioni apodittiche, da cui non si
evincano le specifiche caratteristiche dei
luoghi e del progetto; in secondo luogo deve
verificare se la realizzazione del progetto
comporti una compromissione dell’area
protetta, accertando in concreto la
compatibilità dell’intervento col
mantenimento e l’integrità dei valori dei
luoghi (cfr. sentenze Sezione 25/02/2008 n.
153; 06/05/2008 n. 483; 04/08/2008 n. 847).
In relazione ai poteri al riguardo spettanti
al Ministero, le pronunce richiamate hanno
sottolineato che il potere esercitato
dall’amministrazione statale
sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata
dall’autorità regionale (o dalle autorità
subdelegate) va definito in termini di
“cogestione dei valori paesistici”,
espressione di amministrazione attiva,
nell’ambito di un unitario procedimento
complesso all’interno del quale l’autorità
statale può annullare l’autorizzazione
paesistica (oltre che per il vizio di
violazione di legge in senso stretto e per
quello di incompetenza) anche quando risulti
un profilo di eccesso di potere (per
sviamento, insufficiente motivazione,
difetto di istruttoria, illogicità
manifesta); la medesima autorità non può,
viceversa, annullare l’autorizzazione
paesistica sulla base di proprie
considerazioni tecnico-discrezionali,
contrarie a quelle effettuate dalla Regione
o dall’Ente subdelegato
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 12.03.2009 n. 623 -
(link a www.ambientediritto.it). |
ENTI LOCALI:
In tema di responsabilità per
illegittimo conferimento di incarichi di
consulenza (la Sezione, nella fattispecie,
non ha ritenuto legittimo il conferimento da
parte di amministratori comunali di un
incarico quinquennale di responsabile
dell'ufficio di ragioneria).
Per quel che
riguarda invece la posizione della
giurisprudenza, va evidenziato come il
conferimento di incarichi di consulenza a
soggetti esterni all'amministrazione abbia
costituito, e costituisca tuttora, una
fattispecie ricorrente in tema di
responsabilità amministrativa. Orbene, nei
casi in cui sia risultato che ai compiti
affidati agli esperti esterni era
obiettivamente possibile far fronte con le
risorse interne dell'ente, è spesso accaduto
che la relativa spesa sia stata ritenuta un
danno patrimoniale per l'ente pubblico
(inutilità della spesa stessa), con
conseguente condanna al risarcimento a
carico degli amministratori, o dirigenti,
che tale spesa deliberarono.
E’ possibile cogliere, nella giurisprudenza
della Corte dei conti, princìpi e criteri
direttivi in grado di orientare utilmente
l'interprete e l'operatore, pur nella
varietà e complessità delle situazioni
concrete.
I su detti principi e criteri da seguire, in
ordine all’attribuzione di incarichi, sono,
in linea di massima:
a) il conferimento dell'incarico deve essere
legato a problemi che richiedono conoscenze
ed esperienze eccedenti le normali
competenze;
b) l'incarico deve caratterizzarsi in quanto
non implicante svolgimento di attività
continuativa ma anzi la soluzione di
specifiche problematiche già individuate al
momento del conferimento dell'incarico del
quale debbono costituire l'oggetto;
c) l'incarico deve presentare le
caratteristiche della specificità e della
temporaneità;
d) l'incarico non deve rappresentare uno
strumento per ampliare fittiziamente compiti
istituzionali e ruoli organici dell'ente;
e) il compenso connesso all'incarico deve
essere proporzionale all'attività svolta e
non liquidato in maniera forfetaria;
f) la delibera di conferimento deve essere
adeguatamente motivata;
g) l'incarico non deve essere generico od
indeterminato;
h) i criteri di conferimento non debbono
essere generici; ne consegue l'illegittimità
e la sussistenza di un danno erariale a
fronte di un incarico assolutamente generico
e non motivato.
Si possono citare in proposito, ex multis,
Corte dei conti, Sez. I, 02.09.2008, n. 393,
17.09.2007, n. 248 e 31.05.2005, n. 187;
Sez. II, 11.06.2001, n. 208; Sez. III,
06.02.2006, n. 74 e 13.04.2005 n. 183; Sez.
sic. appello, 02.04.2002, n. 46 e
01.08.2000, n. 100; Sez. riun. 12.06.1998,
n. 27. Anche la Sezione controllo enti di
questa Corte, già nella deliberazione
22.07.1994, n. 33, aveva rappresentato la
necessità di evitare che l’affidamento di
incarichi a terzi si traducesse in forme
atipiche di assunzione, con la conseguente
elusione delle disposizioni sul reclutamento
e delle norme in materia di contenimento
della spesa
(Corte dei Conti, Sez. I giurisdiz.
centrale,
sentenza 10.03.2009 n. 145 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Anche se, in generale, è
sufficiente l’affermazione dell’abusività
dell’opera, ricorre comunque un onere di
congrua motivazione quando, per il lungo
lasso di tempo trascorso dalla commissione
dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia
dell’Amministrazione preposta alla
vigilanza, si sia ingenerata una posizione
di affidamento nel privato.
Occorre oramai prendere atto del
consolidarsi di un diverso indirizzo
imperniato sul principio per cui, se anche è
in generale sufficiente l’affermazione
dell’abusività dell’opera, ricorre comunque
un onere di congrua motivazione quando, per
il lungo lasso di tempo trascorso dalla
commissione dell’abuso e per il protrarsi
dell’inerzia dell’Amministrazione preposta
alla vigilanza, si sia ingenerata una
posizione di affidamento nel privato, sì da
richiedere che, avuto riguardo anche
all’entità ed alla tipologia dell’abuso,
venga specificato il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello al
ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
interesse privato (v., tra le altre, Cons.
Stato, Sez. V, 04.03.2008 n. 883; Sez. IV,
06.06.2008 n. 2705; e, da ultimo, TAR
Liguria, Sez. I, 15.01.2009 n. 63).
Nella fattispecie, in particolare, l’abuso
risale alla seconda metà degli anni
Settanta, onde sarebbe stato necessario
tenere conto di tale circostanza e
verificare l’interesse pubblico attuale alla
rimozione del fabbricato non demolito in
coincidenza con l’esecuzione dei lavori
oggetto della licenza edilizia del 1974; il
provvedimento comunale, al contrario, si è
limitato ad accertare la permanenza “in
loco” dell’immobile e il suo contrasto con
il titolo abilitativo allora rilasciato
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 10.03.2009 n. 64 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In relazione alla distanza dei
manufatti dal ciglio stradale, relativamente
alle opere costruite su aree sottoposte a
vincolo di rispetto dalle strade, il
rilascio della concessione o
dell'autorizzazione in sanatoria è
subordinato al parere favorevole
dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo stesso.
Va innanzitutto confermata la legittimità
del provvedimento (di diniego di sanatoria
edilizia) per la violazione del manufatto
abusivo delle distanze stabilite dal codice
della strada per non creare pericoli alla
circolazione.
La circostanza pacifica, della distanza
minore dei 5 metri prescritti, esonera il
comune da qualunque altra indagine, avendo
ritenuto il legislatore che, al di sotto di
quella distanza, vi è un pericolo potenziale
per la circolazione stradale.
Nessuna prova, né dimostrazione contraria a
questo assunto, è contenuta nel ricorso.
Quanto sopra detto comunque, trova conferma
nella giurisprudenza amministrativa, che ha
affermato, in relazione alla distanza dei
manufatti dal ciglio stradale, che “In
base al comma 2, lett. c), dell'art. 32 l.
28.02.1985 n. 47, relativamente alle opere
costruite su aree sottoposte a vincolo di
rispetto dalle strade, il rilascio della
concessione o dell'autorizzazione in
sanatoria è subordinato al parere favorevole
dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo stesso e, in via generale, sono
suscettibili di sanatoria le opere che "non
costituiscono minaccia alla sicurezza del
traffico" (TAR Abruzzo-Pescara,
06.03.2003, n. 312) (TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 09.03.2009 n. 296 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul principio dell'invariabilità
soggettiva del concorrente ad una gara
d'appalto.
In materia di appalti pubblici vige il
principio dell'invariabilità soggettiva del
concorrente, in quanto il bando di gara
prevede la verifica dei requisiti dei
partecipanti, con conseguente impossibilità
di variazioni soggettive nelle varie fasi
della gara, fatta salva la previsione
(eccezionale) di cui all'art. 51 del D.L.vo.
n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici)
che, peraltro, fa salvo l'accertamento dei
requisiti di ammissione e partecipazione in
capo al cessionario. Conseguentemente, la
giurisprudenza sul punto ritiene che, in
caso di cessione del ramo d'azienda,
l'ammissione del subentrante è subordinata a
due condizioni: che gli atti di cessione
siano comunicati alla stazione appaltante e
che questa abbia verificato l'idoneità
soggettiva ed oggettiva del subentrante.
Nel caso di specie mancando la
comunicazione, da parte della società
cedente, della nuova situazione alla
stazione appaltante, il procedimento
necessario per rendere efficace la
variazione soggettiva del concorrente nei
confronti della stazione appaltante,
disciplinato dall'art. 51 del codice dei
contratti pubblici non si è potuto
perfezionare, pertanto la nuova società, non
avendo partecipato alla gara, non può
comunque risultare aggiudicataria (TAR
Emilia-Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 06.03.2009 n. 228 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Non
può essere considerato "volume tecnico" non
soltanto le soffitte, gli stenditori chiusi
e quelli «di sgombero» ma anche il piano di
copertura, impropriamente definito
sottotetto, quando sia dotato di rilevante
altezza media rispetto al piano di gronda.
In merito alla nozione di “volumi tecnici” è
noto che possono essere ritenuti tali solo
quelli destinati esclusivamente agli
impianti necessari per l'utilizzo
dell'abitazione, che non possono essere
ubicati al suo interno; pertanto non sono
tali –e sono quindi sono computabili ai fini
della volumetria consentita– non soltanto le
soffitte, gli stenditori chiusi e quelli «di
sgombero» ma anche il piano di copertura,
impropriamente definito sottotetto, quando
sia dotato di rilevante altezza media
rispetto al piano di gronda (Consiglio
Stato, sez. V, 04.03.2008, n. 918)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 04.03.2009 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'ordine
di demolizione di opere edilizie abusive
costituisce un atto dovuto, senza necessità
di preventiva comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio.
L'ordine di demolizione di opere edilizie
abusive -il cui presupposto è rappresentato
solamente dalla constatata esecuzione di
opere edilizie in assenza del titolo
abilitativo– costituisce un atto dovuto, con
la conseguenza che nella fattispecie (omessa
comunicazione dell’avvio del procedimento
sanzionatorio) troverebbe comunque
applicazione l'art. 21-octies della stessa
legge, introdotto dall'art. 14, l. n. 15 del
2005, che statuisce la non annullabilità del
provvedimento adottato in violazione delle
norme sul procedimento, qualora, per la sua
natura vincolata, sia palese che il suo
contenuto non avrebbe potuto essere diverso
da quello concretamente adottato (TAR
Campania-Napoli, sez. III, 16.04.2008, n.
2207)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 04.03.2009 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'imposizione del vincolo su una
bellezza d'assieme, ai sensi della l.
29.06.1939 n. 1497, art. 2, si perfeziona
nel momento in cui l'elenco delle località
assoggettate a vincolo, predisposto dalla
commissione provinciale per la protezione
delle bellezze naturali, è pubblicato
sull'albo dei comuni interessati.
La giurisprudenza amministrativa,
nell’interpretare l’art. 7 della legge
1497/1939, ha precisato che l'imposizione
del vincolo su una bellezza d'assieme, ai
sensi della l. 29.06.1939 n. 1497 art. 2, si
perfeziona nel momento in cui l'elenco delle
località assoggettate a vincolo, predisposto
dalla commissione provinciale per la
protezione delle bellezze naturali, è
pubblicato sull'albo dei comuni interessati.
Da tale data decorrono gli obblighi di
conservazione dei beni a carico dei relativi
proprietari (cfr: Consiglio Stato, sez. VI,
01.03.1995, n. 212; idem VI, 03.10.1994 n.
1473; idem, VI, 25.01.1990 n. 139).
Tale orientamento è stato successivamente
condiviso e confermato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 262 del
23.07.1997, precisandosi sul punto che “Dal
momento della pubblicazione dell'elenco sono
esperibili dai soggetti interessati rimedi
giuridici, quali le opposizioni e le
osservazioni secondo la originaria
previsione dell'art. 7; inoltre, a seguito
dell'abolizione del presupposto processuale
della definitività dell'atto impugnabile, è
possibile avvalersi della tutela
giurisdizionale avanti al giudice
amministrativo, pur in carenza di puntuali
atti applicativi del vincolo (diniego di
autorizzazione, ex art. 7; provvedimenti
inibitori, ex art. 8 o prescrizioni, ex art.
11 della legge citata), attesa la immediata
operatività della protezione delle bellezze
di insieme”, e che “Il vincolo,
inizialmente provvisorio, è destinato a
trasformarsi in definitivo allorché viene
concluso l'iter procedimentale con il
provvedimento finale…” (TAR Sardegna,
Sez. II,
sentenza 04.03.2009 n. 292 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
potere di annullamento dell’autorizzazione
paesistica attribuito alla Soprintendenza
non può comportare un riesame complessivo
delle valutazioni tecnico-discrezionali
compiute dall’Ente locale ma si estrinseca
in un mero controllo di mera legittimità.
In punto di diritto, si deve convenire con
il ricorrente quando sostiene che il potere
di annullamento dell’autorizzazione
paesistica attribuito alla Soprintendenza
non può comportare un riesame complessivo
delle valutazioni tecnico-discrezionali
compiute dall’Ente locale, tale da
consentire la sovrapposizione o la
sostituzione di una nuova valutazione di
merito a quella compiuta in sede di rilascio
dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un
mero controllo di mera legittimità. Infatti,
secondo una consolidata giurisprudenza,
anche di questa Sezione (TAR Campania,
Napoli, Sez. VII, 16.10.2008, n. 16426), il
potere riconosciuto al Ministero per i beni
Culturali ai sensi dell’articolo 82 del
D.P.R. n. 616/1977 -ora articolo 159 del
decreto legislativo n. 42/2004- è da
intendersi quale espressione non già di un
generale riesame nel merito della
valutazione dell’Ente delegato, bensì di un
potere di annullamento per motivi di
legittimità, riconducibile al più generale
potere di vigilanza, che il legislatore ha
voluto riconoscere allo Stato nei confronti
dell’esercizio delle funzioni delegate alle
Regioni ed ai Comuni in materia di gestione
del vincolo, fermo restando che il controllo
di legittimità può riguardare anche tutti i
possibili profili dell’eccesso di potere (da
ultimo, Corte Cost., 07.11.2007, n. 367).
In punto di fatto, si deve altresì
evidenziare che -tenuto conto della
relazione paesaggistica allegata alla
richiesta di permesso di costruire
presentata dal ricorrente, nonché della
documentazione fotografica dallo stesso
prodotta in giudizio- non emergono dagli
atti di causa elementi che inducano a
dubitare della legittimità del giudizio di
compatibilità paesistica espresso dalla
Commissione edilizia integrata e recepito
nell’autorizzazione paesistica. Infatti,
premesso che secondo la C.E.C.I. “l’intervento
oggetto di esame si inserisce nel contesto
circostante non alterando in modo
significativo il preesistente stato dei
luoghi; esso risulta conforme alle
prescrizioni contenute nel piano
paesaggistico per ciò che concerne i
materiali da utilizzare”, il Collegio
osserva che il giudizio espresso
dall’Amministrazione comunale appare
sufficientemente motivato e trova riscontro
nei vari passaggi della suddetta relazione
paesaggistica
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 03.03.2009 n. 1215 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
La progressione verticale trova
la sua ratio nella valorizzazione delle
professionalità acquisite all'interno
dell'ente sicché è preclusa tale possibilità
a quei soggetti che l’esperienza in
questione l’hanno maturata in altro ente.
Ai sensi
dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 (nel
testo modificato dalla legge n. 246 del
2005) la mobilità è una cessione del
contratto di lavoro. Le disposizioni citate
prevedono una conservazione della anzianità
di qualifica e il trattamento in godimento
ma ciò non interferisce con la disciplina
della progressione verticale che prevede
anche la deroga al titolo di studio in caso
di esperienza maturata all’interno
dell’ente.
Orbene, il Collegio ritiene che
l’espressione “all’interno dell’ente” non
possa in alcun modo essere intesa nel senso
di estendere la possibilità di accedere a
tale procedura a quei soggetti che
l’esperienza in questione l’hanno maturata
in altro ente se ciò non sia previsto
esplicitamente nel regolamento che il Comune
ha adottato per disciplinare le progressioni
verticali.
Quindi, se è vero che con la mobilità si
concretizza una cessione del contratto di
lavoro con consenso del contraente ceduto ed
una sostanziale continuità del rapporto di
lavoro, il requisito dell’esperienza deve
essere considerato e valutato all’interno
del singolo ente e, tale requisito, deve
essere disciplinato da ogni regolamento (sia
in ordine alle modalità con cui tale
esperienza deve essere maturata, sia in
ordine al periodo di tempo da considerare)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 26.02.2009 n. 413 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
La comunicazione di avvio del
procedimento, di cui all’art. 7 della legge
n. 241/90, non è applicabile ai procedimenti
avviati ad istanza di parte.
Per quanto riguarda la mancata applicazione
degli articoli 7 e 8 l. n. 241/1990, il
Collegio osserva che vi è stata una
esplicita istanza di parte che ha dato avvio
al procedimento e, in tal senso, è
applicabile la conclusione
giurisprudenziale, da cui non si rinvengono
elementi per discostarsi in assenza di
elementi specifici forniti dal ricorrente,
secondo cui tale istituto non è applicabile
ai procedimenti avviati ad istanza di parte,
come appunto quello in esame (Cons. Stato,
Sez. VI, 08.02.2008, n. 415 e TAR Toscana,
Sez. I, 17.07.2008, n. 1761).
In più il Collegio richiama anche
l’ulteriore riflessione giurisprudenziale,
secondo cui l’obbligo della comunicazione di
avvio del procedimento amministrativo
sussiste solo quando la comunicazione stessa
apporti una qualche utilità all’azione
amministrativa, perché l’obbligo è sancito
in funzione dell’arricchimento che deriva
all’azione amministrativa, sul piano del
merito e della legittimità, della
partecipazione del destinatario del
provvedimento; pertanto, in mancanza di tale
utilità, la comunicazione d’avvio del
procedimento è da ritenersi superflua, in
particolare quando l’eventuale annullamento
del provvedimento finale, per accertata
violazione solo dell’obbligo formale di
comunicazione, non priverebbe
l’Amministrazione del potere (o del dovere)
di adottare un nuovo provvedimento di
identico contenuto (TAR Campania, Sa, Sez.
I, 27.09.2008, n.2333).
E’ infatti da ritenersi inammissibile il
motivo di ricorso finalizzato a denunciare
il mancato avviso dell’inizio del
procedimento amministrativo se il ricorrente
non indichi gli elementi conoscitivi che
avrebbe introdotto nel procedimento ove
avesse ricevuto la detta comunicazione,
giacché solo in questo caso
l’Amministrazione deve ritenersi gravata dal
più consistente onere di dimostrare che,
anche se quegli elementi fossero stati
forniti, il contenuto dispositivo del
provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso (Cons. Stato, Sez. VI, 29.07.2008,
n. 3786 e TAR Campania, Na, Sez. II,
17.07.2008, n. 8869).
Come già precisato da questo Tribunale,
l’obbligo di comunicare l’avvio del
procedimento non deve essere applicato in
modo acritico e formalistico, dovendo essere
letto alla luce dei criteri generali che
governano l’azione amministrativa e
individuano i contenuti essenziali del
rapporto tra esercizio del pubblico potere e
tutela della posizione del privato,
soprattutto nell’ipotesi –come realizzatasi
nel caso di specie– in cui quest’ultimo
abbia potuto sufficientemente partecipare
all’”iter” istruttorio, allegando
documentazione idonea a orientare il
giudizio dell’Amministrazione (TAR Piemonte,
Sez. II, 31.07.2008, n. 1802).
Tale conclusione, a maggior ragione e in
presenza di esplicita previsione legislativa
di cui all’art. 21-octies, comma 2, l. n.
241/1990, deve applicarsi per la lamentata
violazione dell’art. 10-bis l. cit., in
quanto l’identità della funzione tra l’art.
7 (in relazione all’avvio del procedimento)
e l’art. 10-bis (in relazione alla
conclusione del procedimento) della legge n.
241/1990 deve considerare in concreto la
presenza di una carenza istruttoria, che non
può ritenersi verificata quando vi siano
state modalità di informazione equivalenti
fornite “aliunde” dall’interessato (TAR
Lombardia, Bs, Sez. I, 20.08.2008, n. 862)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 29.01.2009 n. 230 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Un
edificio posto su due piani fuori terra,
oltre ad un piano seminterrato ed uno
interrato, non soggiace all’obbligo di
essere dotato del servoscala ma è tenuto
soltanto ad avere gli spazi idonei alla
installazione di meccanismi di accesso ai
piani superiori.
Il Collegio rileva che l’edificio in
questione risulta “posto su due piani
fuori terra oltre ad un piano seminterrato
ed uno interrato”.
Orbene, l’art. 3.2, seconda parte, del D.M.
n. 236 del 14/06/1989, prevede che “negli
edifici residenziali con non più di tre
livelli fuori terra è consentita la deroga
all’installazione di meccanismi per
l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i
servoscala, purché sia assicurata la
possibilità della loro installazione in un
tempo successivo”. Al riguardo la norma
non distingue tra parti comuni e spazi
esterni dell’unità immobiliare, prevedendo
sempre la regola della adattabilità, anziché
quella della accessibilità, qualora dette
porzioni accedano ad edifici posti a non più
di tre livelli fuori terra.
Pertanto la ricorrente non soggiace
all’obbligo di dotare l’immobile del
servoscala, ma è tenuta soltanto a rendere
gli spazi idonei alla installazione di
meccanismi di accesso ai piani superiori.
Né potrebbe rilevare a fondamento della
contestata determinazione l’esistenza di
eventuale impegno contrattuale ad installare
il servoscala, assunto dalla ricorrente nei
confronti dei cessionari delle unità
abitative, in quanto in tale evenienza si
configurerebbe un’inadempienza contrattuale
attinente a vicenda privatistica, come tale
estranea all’ambito del possibile intervento
dell’Ente pubblico
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 29.01.2009 n. 116 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il concetto di ristrutturazione
edilizia comprende anche la demolizione
seguita dalla “fedele” ricostruzione del
manufatto ma alla precisa condizione che la
riedificazione assicuri la piena conformità
di sagoma, volume e superficie tra il
vecchio e il nuovo manufatto.
Come ripetutamente chiarito dalla
giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
formatasi in vigenza della stessa norma,
condivisa ancor oggi dalla Sezione, se è ben
vero che il concetto di ristrutturazione
edilizia comprende anche la demolizione
seguita dalla “fedele” ricostruzione del
manufatto, è altrettanto vero che tanto può
ritenersi consentito alla precisa condizione
che la riedificazione assicuri la piena
conformità di sagoma, volume e superficie
tra il vecchio e il nuovo manufatto.
In altri termini, è possibile pervenire in
tal modo ad un organismo edilizio in tutto o
in parte diverso dal precedente, purché la
diversità sia dovuta ad interventi
comprendenti il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi
dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti,
e non già la realizzazione di nuovi volumi o
una diversa ubicazione. Ciò in quanto,
diversamente opinando, sarebbe sufficiente
la preesistenza di un edificio per definire
ristrutturazione qualsiasi nuova
realizzazione eseguita in luogo o sul luogo
di quella preesistente (cfr. in tal senso,
tra le più recenti, Cons. St., Sez. V,
30.08.2006 n. 5061, 16.03.2005 n. 1062 e
15.04.2004 n. 2142; Sez. IV, 22.03.2007 n.
1388 e 31.10.2006 n. 6464).
Ne consegue che, nel mancato rispetto delle
elencate puntuali caratteristiche
preesistenti, ossia quando non vi sia piena
“fedeltà” per tali aspetti dell’intervento
progettato (appunto anche di demolizione e
ricostruzione) al vecchio fabbricato, non
può parlarsi di “ristrutturazione”, bensì il
medesimo intervento deve essere qualificato
come di “nuova costruzione” e, in quanto
tale, resta assoggettato alle limitazioni
imposte dalle norme urbanistiche dettate in
proposito (cfr., sul punto, Cons. St., Sez.
V, 03.03.2004 n. 1022)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.03.2008 n. 918 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
I volumi tecnici sono quelli
destinati esclusivamente agli impianti
necessari per l’utilizzo dell’abitazione e
che non possono essere ubicati al suo
interno.
E’ ormai da
tempo ben noto, infatti, che i volumi
tecnici sono quelli destinati esclusivamente
agli impianti necessari per l’utilizzo
dell’abitazione e che non possono essere
ubicati al suo interno; pertanto non sono
tali -quindi sono computabili ai fini della
volumetria consentita- le soffitte, gli
stenditori chiusi e quelli “di sgombero”,
nonché il piano di copertura, impropriamente
definito sottotetto, ma costituente in
realtà, come nella specie, una mansarda in
quanto dotato di rilevante altezza media
rispetto al piano di gronda (cfr. Cons. St.,
Sez. V, 13.05.1997 n. 483).
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.03.2008 n. 918 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 18.03.2009 |
ã |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
F. Giampietro e L. Giampietro,
Utilizzo a fini energetici delle risorse
naturali: procedure di VAS e VIA (parte
prima) (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
S. Deliperi,
Speculazioni edilizie ''travestite'' da
alberghi.
Interessante sentenza del TAR Toscana in
materia di abusivismo edilizio in un ambito
particolarmente delicato e, purtroppo, con
riscontri sempre maggiori nella casistica
concreta, la modifica di destinazione d’uso
di strutture autorizzate quali esercizi
ricettivi, il loro frazionamento ed utilizzo
singulatim (link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Paone,
Non c’è pace per le cd. «ecopiazzole»
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Rapicavoli,
INDIRIZZI PER LA GESTIONE DEGLI SCARTI
VEGETALI (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Sanna,
Disciplina del conferimento dei reflui nei
depuratori urbani (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Rizzuto,
Il trasporto dei rifiuti derivanti da
attività agricole e agro-industriali
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Berto,
Distanze tra le costruzioni e principio
della prevenzione (link a
www.altalex.com). |
CORTE DEI CONTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Motta Visconti (MI) sulla
corresponsione degli incentivi per la
progettazione ai sensi dell'art. 92, co. 5,
del d.lgs. 12/04/2006 n. 163, Codice degli
appalti pubblici
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 05.03.2009 n. 50
- link a www.corteconti.it).
I compensi erogati a decorrere dal 1°
gennaio 2009, ma relativi ad attività
realizzate prima di tale data, debbano
essere assoggettati alla previgente
disciplina. Ciò anche in considerazione che
le relative risorse fanno carico a fondi
costituiti secondo la legislazione vigente
in data anteriore e che pertanto non sono
compresi nel disposto legislativo. |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Cologno al Serio (BG) in
ordine alla corresponsione degli incentivi
per la progettazione ai sensi dell'art. 92,
comma 5, del decreto legislativo 12.04.2006
n. 163, Codice degli appalti pubblici
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 24.02.2009 n. 40
- link a www.corteconti.it).
Il divieto di retroattività della legge
costituisce un principio generale
dell’ordinamento e la giurisprudenza
costituzionale ha ribadito che, secondo gli
ordinari canoni ermeneutici, il dato
normativo precettivo della retroattività
deve essere chiaramente esplicitato dalla
disposizione che lo introduce. Di contro,
nell’art. 61 comma 8, della legge n.
113/2008 non vi sono disposizioni a
carattere retroattivo relative alla
riduzione dell’incentivo alla progettazione
degli uffici tecnici interni ed una
interpretazione in tal senso finirebbe per
incidere su un diritto soggettivo vantato
dai dipendenti degli stessi uffici, i quali
hanno maturato il diritto al pagamento in
busta paga dei corrispettivi previsti dalla
normativa applicabile al momento in cui le
prestazioni sono state svolte.
Né a tale interpretazione può essere di
ostacolo un’altra linea ermeneutica, pur
fondata su autorevoli pareri.
Conclusivamente si ritiene che i compensi
erogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, ma
relativi ad attività realizzate prima di
tale data, vadano assoggettati alla
previgente disciplina. Ciò anche in
considerazione che le relative risorse fanno
carico a fondi costituiti secondo la
legislazione vigente in data anteriore e che
pertanto non sono compresi nel disposto
legislativo. |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Norme regolamentari in materia di
conferimento incarichi di collaborazione, di
studio e di ricerca nonché di consulenza a
soggetti estranei all'amministrazione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
deliberazione 11.02.2009 n. 37
- link a www.corteconti.it).
1) La disciplina dettata
dall’art. 3, commi da 54 a 57 della legge
244/2007 stabilisce l’obbligo di normazione
regolamentare dei limiti, criteri modalità
di affidamento degli incarichi di
collaborazione, studio e ricerca nonché di
consulenza a soggetti estranei
all’amministrazione.
La competenza ad adottare regolamenti degli
uffici e dei servizi appartiene alla Giunta
nel rispetto dei criteri generali stabiliti
dal Consiglio (art. 48, terzo comma, ed art.
42, secondo comma lett. A del T.U.E.L.).
2) L’art. 46 del D.L. n. 112/2008
convertito nella legge n. 133/2008 unifica
gli incarichi di collaborazione ad alto
contenuto professionale e gli incarichi di
studio e consulenza, riconducendoli
all’interno della tipologia generale di
collaborazione autonoma (da conferire perciò
con contratti di lavoro autonomo) tutti
caratterizzati dal grado di professionalità
richiesta. Questo tipo di collaborazione è
diverso dalle collaborazioni “normali” il
cui uso è vietato per lo svolgimento delle
funzioni ordinarie dell’ente.
3) Quanto alla locuzione “particolare
e comprovata specializzazione universitaria”
questa Sezione, ha già chiarito (del.
28/pareri 2008) che con essa si intende il
possesso di conoscenze specialistiche
equiparabile a quello che si otterrebbe con
un percorso formativo di tipo universitario
basato, peraltro, su conoscenze specifiche
inerenti al tipo di attività professionale
oggetto dell’incarico .
Inoltre la specializzazione richiesta, per
essere “comprovata” deve essere oggetto di
accertamento in concreto condotto sull’esame
di documentati curricula.
Il mero possesso formale di titoli non
sempre è necessario o sufficiente a
comprovare l’acquisizione delle richieste
capacità professionali.
4) Il nuova testo dell’art. 7 del
D.L. n. 165/2001, introdotto con l’art. 46
del D.L. n. 112/2008 convertito nella l. n.
133/2008, qualifica poi come presupposti di
legittimità tutti i requisiti già ritenuti
dalla giurisprudenza contabile necessari per
il ricorso ad incarichi di collaborazione o
di studio.
In particolare il requisito della
corrispondenza della prestazione alla
competenza attribuita dall’ordinamento
all’amministrazione conferente è determinato
dal poter ricorrere a contratti di
collaborazione autonoma solo con riferimento
alle attività istituzionali stabilite dalla
legge o previste dal programma approvate dal
Consiglio dell’ente locale ai sensi
dell’art. 42 del D.lvo 267/2000.
5) Il comma 3 dell’art. 46 del D.L.
112/2008, unificando ai fini
dell’inserimento nel regolamento di cui
all’art. 89 del D.lvo 267/2000 tutti gli
incarichi di collaborazione autonoma, ha
eliminato l’obbligo di individuare nel
regolamento il livello massimo di spesa
sostenibile per taluni di essi, prevedendo
invece la fissazione del limite massimo
annuale nel bilancio preventivo degli enti
territoriali.
E’, pertanto, necessario accertare in sede
di degli incarichi l’esistenza di un
apposito stanziamento di spesa ed il
rispetto del suo limite.
6) Quanto all’oggetto si richiamano
le considerazioni contenute nel punto 6
della deliberazione di questa Sezione n.
37/2008 del 04.03.2008 sull’inapplicabilità
della nuova disciplina a materia già
autonomamente regolamentata e sulla
distinzione tra incarico professionale ed
appalto di servizi.
7) Il conferimento dell’incarico deve
essere preceduto da procedure selettive di
natura concorsuale ed adeguatamente
pubblicizzata.
Si è posto il problema del se ed in quali
limiti sia consentito l’affidamento diretto
dell’incarico senza ricorrere a procedure
concorsuali, in taluni casi facendo
riferimento ai limiti previsti nel codice
degli appalti pubblici. Come già detto la
materia è del tutto estranea a quella degli
appalti di lavori, di beni o servizi,
pertanto non può farsi ricorso neppure per
analogia a detti criteri.
Deve invece affermarsi che il ricorso a
procedure concorsuali deve essere
generalizzato e che da esse può prescindersi
solo in circostanze del tutto particolari, e
cioè:
- procedura concorsuale andata deserta;
- unicità della prestazione sotto il profilo
soggettivo;
- assoluta urgenza determinata dalla
imprevedibile necessità della consulenza in
relazione ad un termine prefissato o ad un
evento eccezionale.
8) L’atto di incarico deve contenere
tutti gli elementi costitutivi ed
identificativi previsti per i contratti
della Pubblica Amministrazione ed in
particolare oggetto della prestazione,
durata dell’incarico, modalità di
determinazione del corrispettivo e del suo
pagamento, ipotesi di recesso, verifiche del
raggiungimento del risultato. Quest’ultima
verifica è peraltro indispensabile in
ipotesi di proroga o rinnovo dell’incarico.
9) In ogni caso tutti i presupposti
che legittimano il ricorso alla
collaborazione debbono trovare adeguata
motivazione nelle delibere di incarico.
10) Nel regolamento deve essere
espressamente precisato che le società in
house debbono osservare i principi e gli
obblighi fissati in materia per gli enti cui
appartengono nonché criteri per il controllo
dell’Ente locale sull’osservanza delle
regole da parte delle Società partecipate.
11) In ipotesi di difformità del
regolamento dai criteri soprannunciati
ovvero all’insorgere di particolari problemi
interpretativi i magistrati istruttori
deferiranno la questione all’esame della
Sezione. Negli altri casi procederanno
all’archiviazione degli atti regolamentari
con annotazioni del loro avvenuto esame. |
NEWS |
VARI:
Cani, nuove regole a tutela dell'incolumità
pubblica.
Il ministero del Lavoro, salute e politiche
sociali ha emanato un'ordinanza urgente in
cui indica le misure a cui devono attenersi
i proprietari e detentori di cani a tutela
dell'incolumità pubblica. Il principio
espresso in via preliminare è che "il
proprietario di un cane è sempre
responsabile del benessere, del controllo e
della conduzione dell'animale e risponde,
sia civilmente che penalmente, dei danni o
lesioni a persone, animali e cose provocati
dall'animale stesso".
Viene precisato, inoltre, che non è
possibile stabilire il rischio di una
maggiore aggressività di un cane sulla base
dell'appartenenza ad una razza o ai suoi
incroci, pertanto non ha più validità
l'elenco delle razze canine a rischio di
aggressività, contenuto nell'ordinanza del
gennaio 2008, sostituita dalla presente.
In base all'ordinanza, che entra in vigore
il giorno della pubblicazione in Gazzetta,
proprietario o detentore del cane devono:
utilizzare sempre il guinzaglio ad una
misura non superiore a mt. 1,50 durante la
conduzione dell'animale nelle aree urbane e
nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve
le aree per cani individuate dai comuni;
portare con sé una museruola, rigida o
morbida, da applicare al cane in caso di
rischio per l'incolumità di persone o
animali o su richiesta delle Autorità
competenti; affidare il cane a persone in
grado di gestirlo correttamente; acquisire
un cane assumendo informazioni sulle sue
caratteristiche fisiche ed etologiche nonché
sulle norme in vigore; assicurare che il
cane abbia un comportamento adeguato alle
specifiche esigenze di convivenza con
persone e animali rispetto al contesto in
cui vive; raccoglierne le feci e avere con
sé strumenti idonei alla raccolta delle
stesse, quando conducono l'animale in ambito
urbano.
Vengono istituiti percorsi formativi per i
proprietari di cani con rilascio di
patentino; i percorsi, le cui spese sono a
carico dei proprietari stessi, saranno
organizzati dai comuni, che, sulla base
dell'Anagrafe canina ed in collaborazione
con il Servizio Veterinario, decideranno in
quali casi il percorso formativo è da
ritenersi obbligatorio. Le linee guida per
la programmazione dei corsi formativi
saranno dettate con decreto del Ministero
entro sessanta giorni dall'entrata in vigore
dell'ordinanza (link a www.governo.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Varianti edilizie.
Non tutte le modifiche alla progettazione
originaria possono definirsi varianti e che
queste si configurano solo allorquando il
progetto già approvato non risulti
sostanzialmente e radicalmente mutato dal
nuovo elaborato (come accade, ad esempio,
nelle ipotesi di: sensibile spostamento
della localizzazione del manufatto, aumento
del numero dei piani, creazione di un piano
seminterrato, modifica del prospetto esterno
etc.).
La nozione di "variante", pertanto, deve
ricollegarsi a modificazioni qualitative o
quantitative di non rilevante consistenza
rispetto all'originario progetto e gli
elementi da prendere in considerazione, al
fine di discriminare un nuovo permesso di
costruire dalla variante ad altro
preesistente, riguardano la superficie
coperta, il perimetro, la volumetria, le
distanze dalle proprietà viciniori, nonché
le caratteristiche funzionali e strutturali,
interne ed esterne, del fabbricato (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9922 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Modifica della destinazione
d’uso.
La destinazione di un immobile non si
identifica con l'uso che in concreto ne fa
il soggetto che lo utilizza, ma con quella
impressa dal titolo abilitativo assentito
(ovviamente quando tale titolo sussista e
sia determinato sul punto). Ciò significa
che il concetto di uso urbanisticamente
rilevante è ancorato alla tipologia
strutturale dell'immobile, quale individuata
nell'atto di concessione, senza che esso
possa essere influenzato da utilizzazioni
difformi rispetto al contenuto degli atti
autorizzatori e/o pianificatori.
Quanto al mutamento di destinazione di uso
di un immobile attuato attraverso la
realizzazione di opere edilizie, deve
ricordarsi che, qualora esso venga
realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato
e durante la sua esistenza, si configura in
ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione
edilizia (secondo la definizione fornita
dall'art. 3. l° comma, lett. d), del T.U. n.
380/2001), in quanto l'esecuzione dei
lavori, anche se di entità modesta, porta
pur sempre alla creazione di "un
organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente". L'intervento
rimane assoggettato, pertanto, al previo
rilascio del permesso di costruire con
pagamento del contributo di costruzione
dovuto per la diversa destinazione.
Un'interpretazione coerente della
disposizione di cui all'art. 10, l° comma,
lett. c), del T.U. n. 380/2001 può aversi
soltanto allorché si ritenga che in essa il
legislatore si è riferito alle "destinazioni
d'uso compatibili" già considerate dall'art
3, l° comma, lett. c) dello stesso T.U.
(nella descrizione della tipologia del
restauro e risanamento conservativo).
Soltanto un'interpretazione siffatta
consente di mantenere coerenza al sistema.
Una diversa conclusione, nel senso della
generalizzata esclusione, fuori dei centri
storici, del limite dell'immodificabilità
delle destinazioni d'uso, si porrebbe
infatti in incoerente contrasto con tutta la
disciplina degli interventi specificati
dall'art. 3 del T.U. n. 380/2001 (ove
finanche la manutenzione straordinaria, non
può comportare "modifiche della
destinazione d'uso") (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9894 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Impianto di demolizione
autovetture.
L'impianto di demolizione non è il luogo di
produzione dei rifiuti costituiti da
carcasse di auto, sicché il deposito delle
stesse deve formare oggetto di apposita
autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 04.03.2009 n. 9848 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Scarico abusivo e
responsabilità del gestore dell’impianto.
Il reato di effettuazione di scarichi senza
autorizzazione si configura non solo a
carico del titolare dell'insediamento, ma
altresì nei confronti del gestore
dell'impianto, atteso che su quest'ultimo
grava l'onere di controllo che l'impianto da
lui gestito sia dotato di autorizzazione,
configurando tale autorizzazione il
presupposto della legittimità della gestione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.03.2009 n. 9497 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Acquisizione immobile abusivo e
sequestro.
La mera presenza del sequestro penale non
determina, di per sé, la sospensione del
termine dei novanta giorni per
l'acquisizione dell'immobile al patrimonio
del Comune (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 02.03.2009 n. 9186 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Illegittimità titolo abilitativo.
Il giudice penale, allorquando accerta
profili di illegittimità sostanziale del
titolo abilitativo edilizio, procede ad
un'identificazione in concreto della
fattispecie sanzionata e non pone in essere
alcuna "disapplicazione" riconducibile
all'enunciato della L. 20.03.1865, n. 2248,
allegato E, art. 5, né incide, con indebita
ingerenza, sulla sfera riservata alla
Pubblica Amministrazione, poiché esercita un
potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione
normativa incriminatrice; la "macroscopica
illegittimità" del provvedimento
amministrativo non è condizione essenziale
per la configurabilità di un'ipotesi di
reato D.P.R. 06.06.2001, n. 380, ex art. 44;
mentre (a prescindere da eventuali
collusioni dolose con organi
dell'amministrazione) l'accertata esistenza
di profili assolutamente eclatanti di
illegalità costituisce un significativo
indice di riscontro dell'elemento soggettivo
della contravvenzione contestata anche
riguardo all'apprezzamento della colpa;
spetta in ogni caso al giudice del merito, e
non certo a quello del riesame di
provvedimenti di sequestro, la
individuazione, in concreto, di eventuali
situazioni di buonafede e di affidamento
incolpevole (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 02.03.2009 n. 9177 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Modifica destinazione d’uso
mediante opere.
In ordine al mutamento di destinazione d'uso
di un immobile attraverso la realizzazione
di opere edilizie si configura in ogni caso
un'ipotesi di ristrutturazione edilizia
(secondo la definizione fornita dall'art. 3,
comma 1, lett. d) del T.U. n.380/2001), in
quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di
modesta entità, porta pur sempre alla
creazione di un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente.
L'intervento rimane assoggettato, pertanto,
al previo rilascio del permesso di costruire
con pagamento del contributo di costruzione
dovuto per la diversa destinazione.
Non ha rilievo l'entità delle opere
eseguite, allorché si consideri che la
necessità del permesso di costruire permane
per gli interventi:
- di manutenzione straordinaria, qualora
comportino modifiche delle destinazioni
d'uso (art. 3, comma l, lett. b) T.U.
380/2001);
- di restauro e risanamento conservativo,
qualora comportino il mutamento degli
"elementi tipologici" dell'edificio, cioè di
quei caratteri non soltanto architettonici
ma anche funzionali che ne consentano la
qualificazione in base alle tipologie
edilizie (art. 3, comma l, lett. c), T.U. n.
380/2001).
Gli interventi anzidetti, invero, devono
considerarsi "di nuova costruzione" ai sensi
dell'art. 3 comma l, lett. e) del T.U. n.
380/2001. Ove il necessario permesso di
costruire non sia stato rilasciato, sono
applicabili le sanzioni amministrative di
cui all'art. 31 del T.U. n. 380/2001 e
quella penale di cui all'art. 44, lett. b)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.02.2009 n. 8847 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fascia di rispetto del vincolo
cimiteriale.
Nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie la
locuzione "per dare esecuzione ad
un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico" deve essere
interpretata nel senso che gli interventi
urbanistici ai quali il legislatore ha
inteso fare riferimento sono solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza
pubblica e destinati a soddisfare interessi
pubblicistici di rilevanza almeno pari a
quelli posti a base della fascia di rispetto
dei 200 metri (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 26.02.2009 n. 8626 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul silenzio serbato dal comune a
fronte della presentazione di una DIA.
I terzi, che si assumano lesi dal silenzio
serbato dall'Amministrazione a fronte della
presentazione della D.I.A., sono legittimati
a impugnare, nelle forme dell'ordinario
giudizio, il titolo che, formatosi e
consolidatosi per effetto del decorso del
termine, si configura in definitiva come
fattispecie provvedimentale a formazione
implicita (ex multis, Consiglio Stato, sez.
IV, 25.11.2008, n. 5811).
Inoltre, l'Amministrazione non perde i
propri poteri di autotutela, né nel senso di
poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel
senso di poteri espressione dell'esercizio
di una attività di secondo grado
estrinsecantesi nell'annullamento d'ufficio
e nella révoca, che ben possono essere
sollecitati da parte del terzo medesimo
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 25.02.2009 n. 2006 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ultimazione opere e condono
edilizio.
Si deve escludere la esecuzione del rustico,
e quindi la ultimazione dell'immobile ai
fini del condono, quando manchino ancora le
tamponature ed esistano soltanto chiusure
provvisorie finalizzate a proteggere
l'immobile da incursioni estranee, oppure
strutture predisposte per eseguire una
futura tamponatura (come casseri, pannelli
da armatura e simili).
In casi simili, infatti, le strutture
provvisorie di delimitazione perimetrale
rispondono a scopi del tutto diversi da
quello di definire la volumetria completa
dell'immobile, e comunque non assicurano
appunto -per il loro carattere provvisorio-
la delimitazione definitiva della
volumetria, che è il criterio fondamentale
al quale si è ispirato il legislatore quando
ha definito la ultimazione dei lavori ai
fini del condono come esecuzione del rustico
e completamento della copertura (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.02.2009 n. 8064 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inammissibilità sanatoria
parziale o condizionata.
E’ illegittimo il permesso in sanatoria
rilasciato (in contrasto con l'art. 36 DPR
380/2001 -in assenza della doppia conformità-)
perché subordinato alla demolizione della
parte della nuova costruzione eccedente il
limite volumetrico consentito. Non è
consentito, invero, il rilascio di un
permesso in sanatoria parziale o subordinato
all'esecuzione di opere: l'accertamento
della doppia conformità presuppone infatti
che le opere siano state già realizzate e
che esse siano integralmente corrispondenti
alla disciplina urbanistica vigente (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.02.2009 n. 6910 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Demolizione non
equivale a ripristino.
In linea di diritto, la demolizione del
manufatto abusivo non equivale al ripristino
dello stato dei luoghi, giacché questo viene
alterato non solo dalla realizzazione di
fabbricati, ma anche da sbancamenti,
estirpazione di piante, o da opere
infrastrutturali che comunque modifichino
l'assetto del territorio e del paesaggio. Ne
consegue che la mera demolizione del
fabbricato abusivo, ove sussistano anche
altri interventi che alterano l'assetto del
territorio, non perfeziona quella riduzione
in pristino dello stato dei luoghi che il
legislatore ha imposto come sanzione
accessoria di tipo amministrativo ogni qual
volta intervenga una condanna per reato
paesaggistico (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.02.2009 n. 6902 -
link a www.lexambiente.it). |
AGGIORNAMENTO AL 16.03.2009 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
La Giunta Regionale del Veneto ha emanato la
d.G.R. 24.02.2009 n. 436 recante:
"Indirizzi interpretativi per
l'applicazione delle disposizioni in materia
di opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione dopo il terzo decreto
correttivo del Codice dei contratti (D.Lgs.
163/2006, art. 32, comma 1, lett. g, e art.
122, comma 8)" (link a
http://venetoius.myblog.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 10
del 13.03.2009, "Disposizioni in materia
di territorio e opere pubbliche - Collegato
ordinamentale"
(L.R.
10.03.2009 n. 5 - link
a www.infopoint.it).
Modificazioni/integrazioni alla L.R. n.
12/2005. |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al
n. 10 del 12.03.2009, "Schema di
convenzione tipo per la realizzazione
e gestione di interventi destinati a Servizi
Abitativi a Canone Convenzionato (art. 2,
comma 2, l.r. n. 14/2007) - Modifiche alla
d.g.r. n. 8456/2008"
(deliberazione
G.R. 04.03.2009 n. 9060 - link
a www.infopoint.it). |
ESPROPRIAZIONE:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n.
9 del 06.03.2009, "Norme regionali in
materia di espropriazione per pubblica
utilità"
(L.R.
04.03.2009 n. 3 - link
a www.infopoint.it). |
APPALTI:
G.U. 02.03.2009 n. 50 "Determinazione per
il periodo 01.01.2008-31.12.2008, della
misura del tasso di interesse di mora da
applicare ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 133 del codice dei contratti
pubblici di lavori, servizi, forniture"
(D.M. 19.02.2009). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
A. Gurrieri,
Il Responsabile del procedimento negli
appalti di beni e servizi (link a
www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
M. Greco,
L’affidamento in house del servizio di
raccolta dei rifiuti (link a www.diritto.it). |
APPALTI:
IL CONTRATTO DI AVVALIMENTO (link
a www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI:
A. Serravezza,
La finanza di progetto dopo il terzo decreto
correttivo del Codice degli Appalti
(link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
R. Greco,
LA NATURA GIURIDICA DELLE PROCEDURE DI PROJECT FINANCING DOPO IL TERZO DECRETO
CORRETTIVO AL CODICE DEGLI APPALTI
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
R. Giovagnoli,
LA RESPONSABILITÀ DELLA STAZIONE APPALTANTE
PER LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA
PUBBLICA: IL PROBLEMA DELLA QUANTIFICAZIONE
DEL DANNO E LA POSSIBILITÀ PER L'IMPRESA
PRETERMESSA DI SUBENTRARE NEL RAPPORTO
CONTRATTUALE
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Comune di Terralba
sulla legittimità della restituzione
dei canoni relativi al servizio di
depurazione nei casi in cui la fognatura sia
sprovvista di impianti centralizzati di
depurazione o questi siano temporaneamente
inattivi
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Sardegna,
parere 06.03.2009 n. 8
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Comune di Treviso (TV) - Servizio di
depurazione, pronuncia di incostituzionalità
(sentenza C.Cost. n. 335/2008) dell'art. 14,
co. 1, L. 36/1994 e dell'art. 155, co. 1,
primo periodo, L. 152/1999 in materia di
tariffa del servizio idrico integrato.
Parere in merito al diritto
da parte degli interessati ad ottenere il
rimborso della quota di corrispettivo
riferita al servizio di depurazione non
effettivamente fornito. Decorrenza
prescrizione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere 13.02.2009 n. 17
- link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Comune di Brugine (PD) - Parere
in merito alla trasformazione in
rapporto di lavoro a tempo pieno la
posizione di un dipendente assunto in
part-time, alla luce di quanto disposto
dalla vigente normativa (art. 1, co. 557, L.
296/2006, come modificato dall'art. 3, co.
120, L. n. 244/2007; art. 76, co. 5, D.L. n.
112/2008)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere
13.02.2009 n. 16 - link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Comune di Selargius - Spese
non preventivamente impegnate rispetto al
momento in cui sorge l'obbligo di pagare
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Sardegna,
parere 21.01.2009 n. 2
- link a www.corteconti.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI SERVIZI: Soggetti
ammessi a partecipare alla gara -
Associazioni di volontariato ex l. 266/1991
- Inammissibilità - Ragioni.
Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla possibilità
per una associazione di volontariato di
partecipare a procedure di gara, questa
Autorità si è già espressa in precedenti
occasioni (si vedano i pareri n. 29 del
31.01.2008; n. 266 del 17.12.2008),
evidenziando come, in accordo al costante
orientamento giurisprudenziale, sia da
considerare illegittima la partecipazione a
gare di appalti pubblici delle associazioni
di volontariato, in quanto l’espletamento di
una procedura di selezione del contraente,
fondata sulla comparazione delle offerte con
criteri concorrenziali di convenienza
tecnica - economica, risulta essere
inconciliabile con il riconoscimento alle
associazioni di volontariato, ex art. 5
della L. n. 266/1991 (legge quadro sul
volontariato), della possibilità di
usufruire di proventi costituiti
esclusivamente da rimborsi derivanti da
convenzioni che prescindono dalle regole di
concorrenza.
La sentenza della Corte di Giustizia citata
dall’istante a sostegno della possibilità
per le associazioni di volontariato, nella
propria qualità di imprese che esercitano
una attività economica, di prendere parte a
procedure di gara, in realtà è intervenuta a
chiarire un aspetto differente. In
particolare, infatti, l’oggetto del giudizio
instaurato dalla Commissione europea
dinnanzi alla Corte riguardava la
possibilità di affidare direttamente le
attività di trasporto in esame mediante un
accordo quadro stipulato con la Croce Rossa
Italiana senza esperire alcuna procedura ad
evidenza pubblica. In altre parole, la
questione era quella di stabilire se tale
accordo quadro presentasse o meno le
caratteristiche di un appalto pubblico, ai
sensi della normativa comunitaria sui
servizi, e cioè se esso fosse un contratto a
titolo oneroso, stipulato in forma scritta,
tra un prestatore di servizi e
un’amministrazione aggiudicatrice.
Nell’affrontare tale questione la Corte ha
constatato che l’assenza di fini di lucro e
il perseguimento di fini di solidarietà
sociale da parte di un’associazione,
ancorché i suoi collaboratori agiscano a
titolo volontario, non esclude che la stessa
possa esercitare un’attività economica in
concorrenza e costituisca impresa ai sensi
delle disposizioni del Trattato, ed ha
altresì ricordato che entità come le
organizzazioni sanitarie che garantiscono la
fornitura di servizi di trasporto d’urgenza
e di trasporto malati devono essere
qualificate imprese ai sensi delle norme di
concorrenza previste dal citato Trattato.
Il Giudice comunitario, tuttavia, proprio in
considerazione dell’oggetto del giudizio, ha
focalizzato la propria attenzione sulla
natura dell’attività svolta in virtù
dell’affidamento dell’accordo quadro, senza
entrare nel merito della specifica
qualificazione giuridica che una siffatta
associazione riceva nel proprio ordinamento
nazionale, né si è pronunciato sulla
compatibilità comunitaria della particolare
disciplina italiana in materia di
associazioni di volontariato (legge n.
266/1991), anche perché nel caso esaminato
il soggetto affidatario dell’accordo quadro
censurato non era un’associazione di
volontariato ai sensi della legge n.
266/1991, come sono, invece, la Sogit di
Udine e la Croce Verde Gradiscano di
Gradisca di Isonzo, bensì la Croce Rossa
Italiana che, come si evince dal suo
Statuto, è soggetto dotato di personalità
giuridica di diritto pubblico.
Sulla peculiare disciplina dettata dal
legislatore nazionale in materia di
associazioni di volontariato occorre
osservare come l’art. 2, co. 1 e 2, della
legge n. 266/1991 preveda che per attività
di volontariato deve intendersi quella
prestata in modo personale, spontaneo e
gratuito, tramite l’organizzazione di cui il
volontario fa parte, senza fini di lucro,
anche indiretto ed esclusivamente per fini
di solidarietà e, inoltre che: l’attività
del volontario non può essere retribuita in
alcun modo nemmeno dal beneficiario; al
volontario possono essere soltanto
rimborsate dall’organizzazione di
appartenenza le spese effettivamente
sostenute per l’attività prestata, entro
limiti preventivamente stabiliti dalle
organizzazioni stesse. Il comma 3 dell’art.
2 cit. stabilisce, inoltre,
l’incompatibilità della qualità di
volontario con qualsiasi forma di rapporto
di lavoro subordinato o autonomo e con ogni
altro rapporto di contenuto patrimoniale con
l’organizzazione di cui fa parte.
La caratteristica precipua dell’attività di
volontariato consiste, dunque, nella sua
gratuità, che comporta come corollario
inevitabile l’impossibilità di retribuire la
medesima, anche da parte del beneficiario.
Risulta evidente, pertanto, che la
stipulazione di un contratto a titolo
oneroso, quale un appalto pubblico di
servizi, si pone come incompatibile,
rispetto a tale fondamentale aspetto del
volontariato. L’onerosità implica, dunque,
che l’Amministrazione - per conseguire il
vantaggio rappresentato dall’espletamento
del servizio dedotto in appalto -
corrisponda il correlativo prezzo,
evidentemente comprensivo della retribuzione
dei lavoratori impiegati per svolgerlo. Di
conseguenza, sussiste una evidente
incompatibilità tra l’espletamento di una
gara finalizzata all’aggiudicazione di un
pubblico servizio e la partecipazione, alla
medesima, di associazioni di volontariato
(in questo senso TAR Campania, sez. I,
02/04/2007 n. 3021).
Inoltre la stessa legge n. 266/1991 all’art.
5 prevede che le organizzazioni di
volontariato traggono le risorse economiche
per il loro funzionamento e per lo
svolgimento della propria attività da: a)
contributi degli aderenti; b) contributi di
privati; c) contributi dello Stato, di enti
o di istituzioni pubbliche finalizzati
esclusivamente al sostegno di specifiche e
documentate attività o progetti; d)
contributi di organismi internazionali; e)
donazioni e lasciti testamentari; f)
rimborsi derivanti da convenzioni; g)
entrate derivanti da attività commerciali e
produttive marginali.
Pertanto, il dettato normativo ha escluso
che le associazioni di volontariato possano,
di regola, espletare attività commerciali,
ammettendo solo quelle qualificabili come
“marginali”. Con D.M. del 25.05.1995 sono
stati individuati i criteri per stabilire
quali attività sono da intendersi
commerciali e produttive “marginali” svolte
dalle organizzazioni di volontariato e tra
le attività ivi elencate non figura la
partecipazione a procedure di selezione
concorrenziale, anzi il citato D.M. precisa
che tali attività devono essere svolte “senza
l’impiego di mezzi organizzati
professionalmente per fini di
concorrenzialità sul mercato”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la Sogit di Udine e
la Croce Verde Gradiscano di Gradisca di
Isonzo, non possono partecipare a procedure
di gara per l’affidamento di appalti di
servizi di trasporto infermi e pronto
soccorso stradale, in considerazione della
loro natura giuridica di associazioni di
volontariato ai sensi della legge n.
266/1991
(parere
26.02.2009 n. 26 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Requisiti generali - Regolarità fiscale e
contributiva - Deve sussistere al momento
della domanda di partecipazione alla gara -
Rilevanza benefici della rateizzazione -
Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
La disposizione che assume rilievo nella
presente controversia è l’art. 38, comma 1,
lett. g), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., ai
sensi del quale sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti: “…
che hanno commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse, secondo la legislazione italiana o
quella dello Stato in cui sono stabiliti”.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo
stabilisce, altresì, che il possesso del
requisito generale di regolarità fiscale,
indispensabile per la partecipazione alle
procedure di gara, può essere attestato
mediante una dichiarazione sostitutiva
redatta in conformità al D.P.R. n. 445/2000.
In ordine alla citata disposizione e a
quella di cui alla lett. i) del medesimo
art. 38 -relativa alle violazioni gravi,
definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi previdenziali e
assistenziali- che risultano assimilabili
per i profili interpretativi ed applicativi
in esame nel presente procedimento, si sono
pronunciati in epoca recente sia il Giudice
Comunitario (Corte di Giustizia C.E., Sez.
I, sentenza 09.02.2006, C-226/04 e C-228/04)
sia il Giudice Amministrativo (TAR Puglia,
Bari, Sez. I, sentenza 12.06.2008, n. 1479,
TAR Puglia, Lecce, Sez. II, sentenza
30.12.2006, n. 6104), fornendo
argomentazioni che contribuiscono a definire
con chiarezza la problematica in oggetto.
Resta fermo l’orientamento costante secondo
il quale l’impresa deve essere in regola con
gli obblighi in materia di imposte e tasse,
nonché di contributi previdenziali e
assistenziali, fin dal momento della
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara ovvero di
presentazione dell’offerta in caso di
procedura aperta, essendo irrilevanti
eventuali adempimenti tardivi.
E’ stato, peraltro, chiarito dalla Corte di
Giustizia con la richiamata sentenza del
09.02.2006 e sancito dai giudici
amministrativi nazionali con le sentenze
citate, che laddove l’impresa si sia avvalsa
di ricorsi giurisdizionali o amministrativi
avverso atti di accertamento del debito o
abbia usufruito di condono fiscale o
previdenziale o, infine, abbia ottenuto una
rateizzazione o riduzione del debito, la
stessa deve essere considerata in regola con
gli obblighi contribuitivi, a condizione che
provi di aver presentato ricorso o di aver
beneficiato di tali misure, entro il
suddetto termine di scadenza per la
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara ovvero di
presentazione dell’offerta.
Ai fini della regolarità contributiva,
quindi, non rileva esclusivamente la
dimostrazione di un regolarità fiscale o
previdenziale “interamente in essere”
al momento della presentazione della domanda
di partecipazione o dell’offerta, ma
acquisisce pari rilievo la prova di aver
beneficiato, entro tale termine, di misure
variamente “premiali” ovvero
variamente “sananti” e/o “condonative”,
i cui pagamenti, dilazionati nell’arco
temporale ex lege eventualmente
consentito, siano in corso di adempimento,
ferma restando la necessità di rispettare,
entro i puntuali termini di scadenza
previsti, l’esatto pagamento dei ratei.
Ne discende, con specifico riguardo al caso
di specie, che assume preminente rilevanza
l’attività di valutazione della veridicità
della dichiarazione di regolarità fiscale
resa in sede di gara dalla ditta individuale
Francesco Lanzetta, che la stazione
appaltante deve effettuare, anche in
contraddittorio con l’impresa, accertando il
momento esatto in cui sarebbe avvenuto
l’accoglimento della richiesta di
rateizzazione del debito tributario da parte
del competente agente della riscossione (Equitalia
Terni S.p.A.) e tenendo, altresì, presente
che il bando di gara indicava il giorno
17.09.2008 quale la data di scadenza del
termine di presentazione delle offerte.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la stazione
appaltante deve verificare, anche in
contraddittorio con l’impresa, se
l’accoglimento della richiesta di
rateizzazione del debito tributario da parte
del competente agente della riscossione sia
effettivamente avvenuta entro il termine di
scadenza per la presentazione dell’offerta,
nel qual caso l’impresa concorrente deve
essere considerata in regola con gli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e delle tasse
(parere
12.02.2009 n. 23 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
1. Gara d'appalto -
Criterio offerta economicamente più
vantaggiosa - Criteri motivazionali di
attribuzione dei punteggi - Dopo la modifica
ex dlgs. 152/2008 - Vanno indicati nel bando
di gara
2. Gara d'appalto - Criterio offerta
economicamente più vantaggiosa - Punteggio
numerico - Presuppone predeterminazione
specifica e puntuale criteri di valutazione
- Fondamento
3. Gara d'appalto - Criterio offerta
economicamente più vantaggiosa - Criteri
motivazionali di attribuzione dei punteggi -
Anteriormente alla modifica ex dlgs.
152/2008 - Definizione anteriore
all'apertura delle offerte - Necessità.
Ritenuto in diritto:
La disciplina dell’offerta economicamente
più vantaggiosa è contenuta nell’art. 83,
comma 4, del Codice dei contratti che, come
noto, recentemente è stato modificato dal
D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, (cd. terzo
decreto correttivo) che ha reso più
ristretti gli ambiti di libertà valutativa
delle offerte, imponendo alle stazioni
appaltanti di stabilire e prevedere, fin
dalla formulazione della documentazione di
gara, tutti i criteri di valutazione
dell’offerta, precisando, ove necessario,
anche i sub-criteri e la ponderazione e cioè
il valore o la rilevanza relativa attribuita
a ciascuno di essi.
E’ stato, pertanto, eliminato così ogni
margine di discrezionalità in capo alla
Commissione giudicatrice la quale, secondo
la normativa previgente, poteva fissare,
prima dell’apertura delle buste contenenti
le offerte, i criteri motivazionali cui si
sarebbe attenuta per attribuire a ciascun
criterio e sub-criterio di valutazione il
punteggio.
Nel caso di specie, si rileva che il bando
di gara, essendo stato pubblicato in data
25.08.2008 e, pertanto, in data antecedente
all’entrata in vigore della modifica
introdotta dal terzo decreto correttivo,
ricade sotto la previgente disciplina
dettata dall’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n.
163/2006.
La procedura di gara indetta dalla stazione
appaltante si basa sul criterio di
aggiudicazione dell’offerta economicamente
più vantaggiosa, secondo le modalità
descritte nell’Allegato E al Disciplinare di
gara, in accordo alle quali viene attribuito
un peso pari al 50% all’offerta economica ed
il restante 50% è suddiviso in: “prestazioni
accessorie e servizi aggiuntivi” che
l’appaltatore può proporre in sede di
offerta aggiuntiva, senza oneri per il
Committente, il cui peso è pari al 12%;
qualità dell’offerta tecnica, il cui peso è
pari al 14%; formula di benchmark, con
percentuale pari al 12%; tempi, con un peso
nella valutazione complessiva pari al 12%.
L’Allegato E ha individuato per i criteri “offerta
tecnica” e “tempi” alcuni
sottocriteri valutativi, in relazione ai
quali ha fissato dei pesi parziali indicati
con una percentuale rispetto alla
valutazione complessiva. A titolo
esemplificativo per il criterio qualità
dell’offerta tecnica il peso 14% è stato
suddiviso in quattro sottocriteri con
sottopesi ricompresi tra 5% e 1,5%
(descrizione dettagliata del sistema di
monitoraggio e del servizio relativo,con
particolare riferimento al numero di rilievi
per ciascun locale, alla mappatura del
rilievo della temperatura esterna e alle
modalità di gestione e diagnostica con peso
5%; descrizione integrativa, a quanto già
previsto nel capitolato d’appalto, delle
modalità di gestione della manutenzione
degli impianti con particolare riferimento
al numero di persone preposte alla
manutenzione degli impianti stessi con peso
5%; descrizione dettagliata sulle modalità
di certificazione energetica degli edifici
con peso 2,5%; qualità e completezza della
reportistica con peso 1,5%).
La documentazione di gara non sembra aver
previsto né nel disciplinare di gara, né
negli Allegati la modalità applicativa di
detti sottocriteri e, in particolare, le
motivazioni sulla base delle quali il
punteggio dei sottocriteri viene attribuito.
Al riguardo, la giurisprudenza
amministrativa ha evidenziato che il
punteggio numerico può essere considerato
sufficiente a motivare gli elementi
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
soltanto nell’ipotesi in cui il bando di
gara abbia espressamente predefinito
specifici, obiettivi e puntuali criteri di
valutazione, visto che tale criterio di
aggiudicazione svincola l’amministrazione da
una valutazione meccanica, attribuendole un
potere fortemente discrezionale. Tale
esigenza risponde al principio di
correttezza dell’azione amministrativa, a
garanzia dell’imparziale svolgimento di tali
procedimenti ed al fine di consentire la
verifica dell’operato dell’Amministrazione
sia da parte del privato interessato, che
del Giudice Amministrativo, al quale deve
essere permesso di poter ricostruire l’iter
logico seguito dalla stazione appaltante
(cfr. Cons. di Stato, sez. V, 31.08.2007, n.
4543; Cons. Stato, Sez. V, 28.05.2004, n.
3471).
Di conseguenza, posto che nella
documentazione di gara non erano state
specificate le modalità di attribuzione dei
sub-punteggi relativi ai sub criteri e le
motivazioni ad essi riconducibili, la
Commissione di gara, avrebbe potuto, in
applicazione dell’art. 83, comma 4, del
D.Lgs. n. 163/2006, nella versione non
modificata dal decreto correttivo, fissare i
criteri motivazionali e comunicarli prima
dell’apertura delle buste, per una più
esatta valutazione delle offerte medesime.
Dai verbali depositati, viceversa, non è
possibile ricavare le modalità con cui la
Commissione di gara ha assegnato i sub
punteggi. In particolare, nel verbale n. 2
della seduta riservata del 04.12.2008, si
legge che la “Commissione procede quindi
all’apertura delle buste “B” e alle analisi
delle offerte tecniche in esse contenute
seguendo l’ordine di presentazione delle
stesse”. Nel successivo verbale relativo
alla seduta riservata del 12.12.2008, viene
indicato che: “Preliminarmente la
Commissione definisce una griglia per la
comparazione degli aspetti qualitativi delle
offerte tecniche offerte per quanto riguarda
le prestazioni accessorie e servizi, la
qualità dell’offerta tecnica e la
formalizzazione della Formula di Benchmark,
nonché una griglia per la valutazione sia
qualitativa che quantitativa delle quattro
tempistiche di realizzazione del servizio di
monitoraggi, di consegna dei report di audit
energetico, di consegna degli attestati di
qualificazione energetica e di interventi
caratteristici di manutenzione. La
Commissione decide di esprimere la
valutazione quantitativa su base cento, in
modo che il punteggio massimo assegnabile ad
ogni voce sia pari al peso della voce
stessa. Sulla base di quanto sopra si
procede all’attribuzione dei punteggi
relativi alle due offerte tecniche ritenute
rispondenti ai requisiti del bando e come
tali valutabili, con i seguenti risultati”.
Segue nel verbale una griglia nella quale
sono inseriti i punteggi attribuiti alle due
società rimaste in gara. Non è dato capire
dalla griglia con che modalità detti punti
sono stati attribuiti, e quali criteri o
finalità hanno ispirato la Commissione
giudicatrice dato che, peraltro, non risulta
allegata la “griglia per la valutazione
sia qualitativa che quantitativa”.
Deve, altresì, essere evidenziato che, non
solo non risulta che la Commissione di gara
abbia formalmente esplicitato nei verbali i
criteri motivazionali per l’attribuzione dei
sub punteggi, ma non risulta nemmeno che la
stessa abbia provveduto a renderli pubblici
prima dell’apertura delle buste così come
prescritto dall’art. 83, comma 4, del D.Lgs.
n. 163/2006.
La sopradescritta censura è da considerarsi
assorbente nei confronti delle altre
rilevate dall’istante, in quanto idonea ad
invalidare l’intera procedura. Si evidenzia,
altresì che, stante la novella contenuta
nell’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n.
163/2006, nel bandire una nuova procedura
per l’affidamento del servizio in oggetto,
la stazione appaltante dovrà aver cura di
prevedere, fin dalla formulazione della
documentazione di gara, tutti i criteri di
valutazione dell’offerta, precisando anche
le modalità con cui verranno attribuiti
tutti i punteggi stabiliti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’operato della
Commissione di gara non è conforme alla
normativa in vigore alla data della
pubblicazione del bando di gara
(parere
12.02.2009 n. 22 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Autocertificazione - Schema predisposto
dalla s.a. - Difforme dal disciplinare di
gara - Tutela dell'affidamento - Correttezza
e buona fede dell'azione amministrativa -
Condotta colposa dell'amministrazione -
Esclusione dalla gara - Inammissibilità -
Integrazione documentale - Va disposta.
... viste le deliberazioni n. 68/2006, n.
98/2006, n. 166/2007 e n. 257/2008 con le
quali questa Autorità ha sostenuto che la
predisposizione di uno schema di domanda di
partecipazione difforme dalle prescrizioni
del disciplinare di gara costituisce un
comportamento equivoco della stazione
appaltante, idoneo a generare convincimenti
non esatti e a dare indicazioni o avvertenze
fuorvianti, per cui l’Autorità medesima ha
considerato non legittima l’esclusione dalla
gara del concorrente in tal modo indotto in
errore ed ha ritenuto necessaria la
richiesta di un’integrazione documentale;
- visti altresì i pareri n. 1/2007, n.
52/2008, n. 164/2008, n. 229/2008, n.
235/2008, n. 257/2008, nonché il costante
orientamento giurisprudenziale (da ultimo,
Consiglio di Stato, sez. V, sentenze n. 3384
del 21.06.2007 e n. 6190 del 17.10.2006) che
cristallizzano il principio secondo cui la
tutela dell’affidamento e la correttezza
dell’azione amministrativa impediscono che
le conseguenze di una condotta colposa della
stazione appaltante possano essere traslate
a carico del soggetto partecipante con la
comminatoria dell’esclusione dalla gara
il Consiglio ritiene nei limiti di
cui in motivazione, che il Comune di
Monticiano non possa procedere ad escludere
la Cooperativa Montemaggio e debba invece
richiedere alla medesima un’integrazione
documentale
(parere
12.02.2009 n. 21 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Contributo all'autorità di vigilanza -
Disciplina ex art. 1, comma 67, l.
23.12.2005 n. 266 - Mancata comunicazione
del compiuto versamento - Esclusione -
Illegittimità.
Ritenuto in diritto:
La deliberazione dell’Autorità del
28.01.2008, all’articolo 3, prevede
espressamente che gli operatori economici “sono
tenuti a dimostrare, al momento di
presentazione dell’offerta, di avere versato
la somma dovuta a titolo di contribuzione”,
nonché chiarisce che “la mancata
dimostrazione dell’avvenuto versamento di
tale somma è causa di esclusione dalla
procedura di gara”.
Ne consegue, come peraltro più volte
chiarito dall’Autorità, che il versamento
del contributo costituisce condizione di
ammissibilità ai fini della partecipazione
alle gare.
Nelle “Istruzioni relative alle
contribuzioni dovute, ai sensi dell’articolo
1, comma 67, della legge 23.12.2005 n. 266,
di soggetti pubblici e privati”,
pubblicate sul sito dell’Autorità, sono
indicate le modalità di pagamento della
contribuzione (versamento on-line e sul
conto corrente postale) ed è previsto che,
qualora il versamento non venga effettuato
attraverso il Servizio di riscossione
contributi, gli estremi del versamento
devono essere comunicati collegandosi al
“Servizio riscossione contributi”,
disponibile sul sito dell’Autorità, e che la
stazione appaltante è tenuta, ai fini
dell’esclusione del partecipante, al
controllo, anche tramite l’accesso al SIMOG,
dell’avvenuto pagamento, dell’esattezza
dell’importo e della rispondenza del CIG
riportato sulla ricevuta del versamento con
quello assegnato alla procedura in corso.
Tra le “Risposte ai quesiti frequenti”
pubblicate sul sito dell’Autorità, alla
domanda D26 si prospetta l’ipotesi in cui il
concorrente abbia provveduto ad effettuare
il versamento del contributo presso gli
uffici postali, senza comunicarne gli
estremi al Servizio riscossione contributi.
Al riguardo, nella risposta R26, sebbene
venga ribadito l’invito agli operatori
economici ad autocertificare il pagamento
del bollettino postale al Servizio
riscossione contributi, si chiarisce che la
mancata comunicazione degli estremi del
versamento al Servizio riscossione
contributi non può costituire motivo di
esclusione delle imprese concorrenti.
Nel caso di specie, il Comune di Rotondella
ha correttamente riportato nella lex
specialis il contenuto delle istruzioni
operative concernenti il versamento del
contributo all’Autorità, prevedendo altresì
la necessaria comunicazione degli estremi
del versamento effettuato presso gli uffici
postali.
Tuttavia non avrebbe dovuto procedere alla
esclusione delle imprese che non hanno
provveduto a comunicare gli estremi del
versamento al sistema on-line, non
costituendo la detta comunicazione causa di
esclusione dalle procedure di gara, come si
evince dai menzionati chiarimenti che
l’Autorità stessa ha fornito al riguardo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il provvedimento di
esclusione adottato dal Comune di Rotondella
nei confronti degli operatori economici, che
non hanno provveduto a comunicare al
Servizio riscossione contributi il
versamento effettuato presso gli uffici
postali, non è conforme alla normativa di
settore e alle istruzioni al riguardo
fornite dall’Autorità
(parere
12.02.2009 n. 20 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI: Vizi
inerenti la procedura di gara -
Provvedimenti in autotutela - Presupposti di
legittimità - Individuazione.
Ritenuto in diritto:
Da quanto emerge in fatto, la stazione
appaltante, Ufficio scolastico regionale per
la Sicilia, ha ritenuto opportuno sottoporre
all’attenzione di questa Autorità una serie
di irregolarità presenti nella
documentazione di gara e nella procedura per
l’affidamento del servizio di pulizia in
oggetto, sulla cui sussistenza né la
stazione appaltante né la commissione di
gara sembrano nutrire dubbi.
L’istanza di parere presentata dall’Ufficio
scolastico regionale per la Sicilia non
attiene, dunque, all’individuazione da parte
dell’Autorità di vizi ovvero di
illegittimità eventualmente presenti in
questioni insorte durante lo svolgimento di
gara, al fine di proporre ipotesi di
soluzione, così come dispone l’art. 6, comma
7, lettera n), del D.Lgs. n. 163/2006).
Il precontenzioso in esame ha, in realtà, ad
oggetto la richiesta della stazione
appaltante in merito a quale sia il
comportamento più opportuno da adottare da
parte della stessa, a fronte delle succitate
irregolarità, ed in particolare, se sia
preferibile annullare in autotutela la
documentazione di gara, ovvero proseguire la
gara superando le censure mosse.
Al riguardo si evidenzia che tale tipo di
valutazione in ordine al possibile
annullamento in autotutela di una procedura
di gara rientra nella esclusiva potestà
discrezionale della stazione appaltante, che
è chiamata a decidere, secondo gli ordinari
canoni della autotutela, laddove sussistano
ragioni di opportunità e di interesse
pubblico attuale e concreto. La potestà di
agire in autotutela per revocare o annullare
la documentazione di gara, infatti, come è
noto, risiede nel principio costituzionale
di buon andamento che impegna
l’amministrazione ad adottare atti per la
migliore realizzazione del fine pubblico
perseguito, nell’esigenza che l’azione
amministrativa si adegui all’interesse
pubblico, allorquando questo muti o vi sia
una sua diversa valutazione.
E’ appena il caso, dunque, di evidenziare
che l’amministrazione, qualora decidesse di
adottare un provvedimento in autotutela, lo
dovrà fare fondando il proprio giudizio, non
sulla mera esigenza di ripristino della
legalità, ma dando conto, nella motivazione,
della sussistenza di un interesse pubblico
concreto ed attuale alla rimozione
dell’atto.
Sulla questione, peraltro, questa Autorità
era intervenuta con un atto di
determinazione n. 17 del 10.07.2002, nel
quale aveva evidenziato come la
giurisprudenza avesse ritenuto che la
illegittimità della procedura di gara
giustifica l’esercizio del potere di
autotutela nel caso in cui l’aggiudicazione
sia stata determinata sulla base di vizi
inerenti la procedura che doveva essere
espletata assicurando il puntuale rispetto
della concorrenza tra imprese e la par
condicio delle stesse, occorrendo peraltro
che vengano individuati da parte della
stazione appaltante tutti gli interessi
pubblici attuali, distinti dal mero
interesse al ripristino della situazione di
legittimità che giustifica la rimozione
dell'atto viziato.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’Ufficio
scolastico regionale per la Sicilia è
chiamato a scegliere quale sia il
provvedimento più opportuno da adottare,
contemperando, da una parte, tutti gli
interessi pubblici coinvolti, che per quanto
rappresentato a questa Autorità non sembrano
ostativi all’eventuale emanazione di
provvedimenti in autotutela, e, dall’altra,
la garanzia della par condicio degli
operatori che hanno partecipato alla
procedura di gara
(parere
12.02.2009 n. 19 - link a
massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Collaudo
- Applicazione art. 120 d.lgs 163/2006 -
Insussistenza del divieto di cui all'art.
188, comma 12, dpr 554/1999 - Obbligo di
mantenimento del requisito in fase di
stipula del contratto ed in fase esecutiva.
Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che la
disciplina del collaudo di lavori pubblici è
rinvenibile agli articoli 120 e 141 del
Codice dei contratti pubblici, laddove, da
un lato, si demanda al regolamento ex
articolo 5 la definizione di una disciplina
coerente con le norme del Codice, con
l’effetto che risultano attualmente
applicabili le disposizioni del D.P.R. n.
554/1999, in quanto compatibili, dall’altro,
si prevedono alcune delle modalità
applicative dell’istituto.
Peraltro, con specifico riferimento
all’articolo 120, si evidenza che il
medesimo è stato innovato dal D.lgs. n.
152/2008, mediante l’introduzione di un
comma 2-bis, alla stregua del quale, poiché
l’attività di collaudo o di verifica di
conformità è attività propria delle stazioni
appaltanti, l’affidamento dei relativi
incarichi (salvo i casi di carenza di
organico, nei quali si procede
all’affidamento dell’incarico secondo le
procedure e con le modalità previste per
l’affidamento dei servizi) è conferito ai
propri dipendenti o ai dipendenti di
amministrazioni aggiudicatrici, con elevata
e specifica qualificazione in riferimento
all’oggetto del contratto, alla complessità
e all’importo delle prestazioni, sulla base
di criteri da fissare preventivamente, nel
rispetto dei principi di rotazione e
trasparenza.
Alla tutela dei medesimi principi è volta
anche la disposizione di cui all’articolo
188, comma 12, del D.P.R. n. 554/1999, che,
relativamente ai collaudatori non
appartenenti all’organico delle stazioni
appaltanti, stabilisce che il soggetto
incaricato di un collaudo in corso d’opera
da una stazione appaltante non può essere
incaricato dalla medesima di un nuovo
collaudo, se non sono trascorsi almeno sei
mesi dalla chiusura delle operazioni del
precedente collaudo; lo stesso divieto, in
caso di collaudi non in corso d’opera, è
stabilito per un anno.
Con tale disposizione si è, dunque, voluto
evitare che gli incarichi di collaudo siano
affidati sempre agli stessi collaudatori
esterni al fine di favorirne la rotazione.
Premesso quanto sopra, nel caso di specie,
il Comune di Foligno ha provveduto ad
inserire, in entrambi i bandi di gara per
l’affidamento dei servizi di collaudo in
oggetto, l’insussistenza del divieto di cui
all’articolo 188, comma 12, del D.P.R. n.
554/1999 tra i requisiti di partecipazione
di natura economico-finanziaria e
tecnico-professionale.
Conseguentemente, i concorrenti alle due
procedure di gara in questione erano
obbligati a dichiarare l’insussistenza del
menzionato divieto in sede di
partecipazione, quindi a dimostrarla,
successivamente all’aggiudicazione
provvisoria, in fase di controllo dei
requisiti di ordine speciale ai fini
dell’aggiudicazione definitiva, nonché a
mantenere quel requisito anche in sede di
stipulazione del contratto e di sua
esecuzione.
Tuttavia, avendo la stazione appaltante
bandito contemporaneamente le due gare per
l’affidamento dei suddetti servizi, alle
quali ha partecipato un unico concorrente
risultato aggiudicatario provvisorio di
entrambe, si è creata la condizione per cui,
nel momento in cui verrà aggiudicata in via
definitiva a tale unico vincitore la gara
svolta per prima e, soprattutto, verrà
stipulato il relativo contratto, tale
soggetto si troverà, con riguardo alla
seconda procedura ancora in corso di
verifica dei requisiti ai fini
dell’aggiudicazione definitiva e della
conseguente stipula del contratto, nella
condizione di divieto di cui all’articolo
188, comma 12, essendo già stato incaricato
di collaudo da parte della medesima stazione
appaltante, senza che siano trascorsi sei
mesi dalla sua conclusione.
Diversamente opinando, si integrerebbe una
violazione della normativa in materia dei
contratti pubblici, contravvenendo alla
ratio legis dell’intero sistema che mira a
scongiurare il rischio che la pubblica
amministrazione aggiudichi in via definitiva
e, conseguentemente, stipuli contratti con
soggetti privi dei requisiti prescritti
dalla lex specialis, ovvero che abbiano
perso la titolarità di quei requisiti, pur
posseduti in sede di accesso alla procedura
selettiva, nelle fasi successive
all’aggiudicazione provvisoria.
Ne consegue che, nel caso di specie, il
Comune di Foligno dovrà aggiudicare in via
definitiva al raggruppamento temporaneo di
professionisti, risultato unico vincitore di
entrambe le procedure, la gara svolta per
prima (Ambito 1), stipulando il relativo
contratto, mentre non potrà successivamente
procedere all’aggiudicazione definitiva
della seconda procedura di gara (Ambito 2) e
alla stipula del relativo contratto con il
medesimo soggetto, che, in quel momento, si
troverà nella condizione di divieto di cui
all’articolo 188, comma 12, del D.P.R. n.
554/1999.
Pertanto, in assenza di altri concorrenti,
per l’affidamento della parte del servizio
di cui alla procedura Ambito 2, la stazione
appaltante dovrà indire una nuova procedura
di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il Comune di Foligno
dovrà aggiudicare in via definitiva al
raggruppamento temporaneo di professionisti,
risultato unico vincitore delle due
procedure indette, la gara svolta per prima
(Ambito 1), stipulando il relativo
contratto, mentre, in assenza di altri
concorrenti, dovrà procedere all’indizione
di una nuova gara per l’affidamento della
parte del servizio relativa all’Ambito 2
(parere
12.02.2009 n. 18 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI: Requisiti
di partecipazione - Appalto complesso -
Mancato possesso iscrizione c.c.i.a.a.
comprensiva di tutte le differenti tipologie
qualitative del servizio - Esclusione -
Legittimità
Anomalia dell'offerta - Natura discrezionale
del giudizio della s.a. - Rispetto principi
logicità, proporzionalità e ragionevolezza.
Ritenuto in diritto:
Va rilevato, preliminarmente, che l’istanza
di parere presentata dalla Enel Sole S.r.l.,
avendo ad oggetto la presunta illegittimità
di un provvedimento di aggiudicazione
provvisoria, non può considerarsi
inammissibile, essendo tale, secondo quanto
disposto dall’art. 3 del Regolamento
dell’Autorità sul procedimento per la
soluzione delle controversie, solo quella
presentata “su una questione riguardante
la fase successiva al provvedimento di
aggiudicazione definitiva”.
Fatta tale precisazione, occorre,
preliminarmente, soffermarci sulla censura
relativa alla mancata iscrizione
dell’impresa aggiudicataria nel Registro
delle Imprese della C.C.I.A.A. per “un’attività
corrispondente a quella del presente appalto”;
iscrizione richiesta, quale requisito di
partecipazione alla gara di carattere
speciale, dall’art. 10 lett. B1 del bando.
Al riguardo si evidenzia che dal bando di
gara ed in particolare dal C.S.A. si evince
che l’appalto in questione ha per oggetto
non solo l’attività di manutenzione
ordinaria dell’impianto di pubblica
illuminazione per la durata di anni tre, ma
anche il servizio di censimento informatico
completo della rete di illuminazione, così
come meglio specificato nell’art. 12 del
suddetto Capitolato, nonché il servizio di
pronto intervento per riparazione guasti con
attivazione di un numero verde per ricevere
le segnalazioni dei cittadini.
Nel caso in cui l’appalto preveda una
pluralità di prestazioni tipologicamente
differenti, l’Autorità ha più volte
affermato -in linea con l’orientamento
giurisprudenziale (TAR Sicilia, Palermo n.
1469/2006)- che è da considerarsi legittima
l’esclusione dell’impresa che non possiede
un’iscrizione alla Camera di Commercio
comprensiva di tutte le differenti tipologie
qualitative del servizio (Deliberazione n.
88/2006 e Deliberazione n. 6/2007).
Nella fattispecie in esame le attività
indicate nell’oggetto sociale del
Certificato della C.C.I.A.A. di Firenze,
prodotto dall’impresa Montelupo Luce S.r.l.,
non ricomprendono tutte le diverse
prestazioni richieste dalla S.A. ed oggetto
del bando di gara, ed in particolare,
l’attività relativa alla “installazione e
manutenzione di impianti elettrici …. in
genere”, sulla quale richiamano
l’attenzione sia la S.A. che la società
provvisoria aggiudicataria, non risulta
essere pertinente né con il servizio di
attivazione del numero verde di segnalazione
guasti né tantomeno con quello relativo al
censimento informatico della rete elettrica
che, così come indicato nell’art. 1 e
nell’art. 12 del C.S.A., richiede specifiche
competenze in materia di cartografia e
catalogazione informatica.
Quanto alla problematica relativa alla
valutazione dell’anomalia dell’offerta,
l’Autorità ha avuto già modo di esprimersi,
sostenendo che è l’Amministrazione che può e
deve svolgere il giudizio tecnico sulla
congruità, serietà, sostenibilità e
realizzabilità dell’offerta.
Infatti, gli apprezzamenti compiuti
dall’Amministrazione in sede di riscontro
dell’anomalia delle offerte costituiscono
espressione di un potere di natura
tecnico-discrezionale, improntato a criteri
di ragionevolezza, logicità e
proporzionalità, che rientra tra le
prerogative della stazione appaltante e, in
particolare della commissione giudicatrice
(si vedano i pareri n. 169/2008 e n.
213/2008), salvo non emergano evidenti vizi
di ricostruzione dell’iter
logico-argomentativo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che:
- l’oggetto sociale, descritto dal
Certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. di
Firenze prodotto dalla Montelupo Luce
S.r.l., non risulta essere comprensivo di
tutte le prestazioni tipologicamente
differenti previste dall’appalto;
- la S.A. è il soggetto legittimato a
svolgere il giudizio tecnico sulla
congruità, serietà, sostenibilità e
realizzabilità dell’offerta, che rientra tra
le sue prerogative, salvo non emergano
evidenti vizi di ricostruzione dell’iter
logico-argomentativo
(parere
12.02.2009 n. 17 - link a
massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Bando di gara -
Indicazione categoria prevalente e categorie
generali e specializzate di cui si compone
l'opera con relativi importi - Art. 73 commi
2 e 3 dpr 554/1999 - Obbligo specificare
ulteriori sottoinsiemi delle lavorazioni se
l'importo supera il 10% dell'appalto
complessivo o se superiore a 150.000 euro -
Sussistenza.
Ritenuto in diritto:
Per quanto attiene alle presunte
inammissibilità dell’istanza di parere,
sollevate dalla SIMAR Appalti, si osserva
che nell’ambito delle “questioni insorte
durante lo svolgimento della procedura di
gara”, di cui all’art. 6, comma 7, del
D.Lgs. n. 163/2006 ed all’art. 2 del
Regolamento dell’Autorità sul procedimento
per la soluzione delle controversie,
rientrano anche le contestazioni relative
alla legittimità di alcune previsioni del
bando di gara, ove le stesse determinino
l’impossibilità per un operatore economico
di partecipare alla gara ovvero si pongano
in violazione dei principi che regolano
l’accesso alle procedure selettive.
Inoltre, l’istanza può essere presentata
anche successivamente alla data di apertura
delle offerte economiche, secondo quanto,
peraltro, si desume dall’art. 3 del
Regolamento suddetto, il quale dispone che
sono inammissibili le istanze presentate “su
una questione riguardante la fase successiva
al provvedimento di aggiudicazione
definitiva”.
Entrando nel merito della questione si
rileva, innanzitutto, che l’Autorità ha più
volte evidenziato che la corretta
individuazione delle categorie generali o
speciali di cui si compone l’appalto rientra
nelle specifiche competenze ed attribuzioni
del progettista. Successivamente, la S.A.
riporta nel bando di gara le categorie di
lavori e le relative classifiche individuate
dal progettista, alle quali si deve fare
esclusivamente riferimento ai fini della
partecipazione all’appalto ed alla relativa
qualificazione (si vedano i pareri
dell’Autorità n. 197/2008 e n. 74/2008).
Premesso quanto sopra, atteso che l’impresa
istante non ha indicato nella documentazione
prodotta nel presente procedimento le
lavorazioni dell’opera che ritiene doversi
imputare alla categoria OS24 e tenuto conto
che, secondo quanto rappresentato in sede di
contraddittorio dal Comune di Formia, anche
se alcune lavorazioni dell’opera fossero da
imputarsi alla categoria OS24 il loro
importo ammonterebbe a circa 15.000 euro,
pari al 7% dell’importo complessivo
dell’appalto, il bando di gara sarebbe,
comunque, conforme alla vigente normativa di
settore nonché alle indicazioni fornite
dall’Autorità.
Infatti, l’art. 73, commi 2 e 3, del D.P.R.
n. 554/1999, dispone che nel bando di gara
deve essere indicata la categoria
prevalente, nonché tutte le parti,
appartenenti alle categorie generali o
specializzate di cui si compone l’opera, con
i relativi importi e categorie, nel caso in
cui dette parti siano di importo superiore
al 10% dell’importo complessivo dell’appalto
o di importo superiore a 150.000,00 euro.
La stessa Autorità nella determinazione n.
25/2001 (si veda, a tal proposito, anche il
parere n. 184/2008) ha, inoltre, evidenziato
che il bando di gara deve indicare non
soltanto l’importo complessivo
dell’intervento nonché la categoria
prevalente ed il suo specifico importo, ma
anche tutti gli eventuali sottoinsiemi
costituenti l’intervento medesimo diversi da
quelli appartenenti alla categoria
prevalente (cioè le categorie scorporabili),
specificando, per ogni sottoinsieme,
categoria ed importo, soltanto, però, se
tali sottoinsiemi di lavorazioni
costituiscano un lavoro autonomo e siano di
importo superiore al 10% dell’importo
complessivo dell’appalto oppure di importo
superiore a 150.000 euro.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il bando di gara
pubblicato dal Comune di Formia è conforme
alla normativa di settore
(parere
12.02.2009 n. 16 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Modalità di presentazione delle offerte -
Lex specialis - Esclusivamente a mezzo posta
- Limitazione principio partecipazione dei
concorrenti - Non sussiste - Esclusione del
concorrente che ha utilizzato modalità di
recapito non consentite dal disciplinare -
Legittimità.
Ritenuto in diritto
Il bando di gara in questione all’art. 14
prevede un rinvio al disciplinare di gara in
ordine alle modalità con cui, a pena di
esclusione, l’offerta deve essere
presentata. L’art. 7 del disciplinare
stabilisce che “i prestatori di servizi …
dovranno far pervenire, esclusivamente a
mezzo posta, un unico plico al seguente
indirizzo”. Dal citato articolo risulta
chiaro che la modalità scelta dalla stazione
appaltante per l’invio delle offerte è
esclusivamente il mezzo postale.
La previsione della sola posta quale mezzo
di presentazione delle offerte non può
considerarsi una limitazione al principio di
partecipazione dei concorrenti, in quanto
non è specificato il tipo di spedizione che
i partecipanti devono obbligatoriamente
utilizzare. Il servizio postale non può,
d’altra parte, considerarsi un servizio
gravoso per gli operatori economici in
quanto è di facile utilizzazione (in questo
senso il parere dell’Autorità 08.11.2007 n.
99). Potrebbe, al contrario, configurarsi
onerosità allorché l’amministrazione non
stabilisca un termine congruo per la
presentazione delle offerte. Nel caso di
specie, il bando GURI è stato pubblicato in
data 27.03.2008 ed è stato fissato come
termine per la presentazione delle offerte
il 07.05.2008. Il lasso temporale previsto
per presentare l’offerta attraverso il mezzo
postale risulta, pertanto, essere congruo e
non oneroso per gli operatori economici
partecipanti alla gara.
In ordine alla eccepita confusione presente
nel bando di gara, deve rilevarsi come in
merito alla modalità di presentazione
dell’offerta, l’unica previsione
riscontrabile è quella contenuta nel sopra
citato art. 7 del disciplinare di gara, dove
chiaramente è disposto che i plichi devono
pervenire “esclusivamente a mezzo posta”.
Detta disposizione non sembra dare adito a
dubbi interpretativi e, pertanto, deve
essere semplicemente applicata dalla
commissione di gara dal momento che, ove
fossero accettati plichi pervenuti con
modalità diverse da quelle indicate dal
bando di gara, verrebbe a determinarsi una
modificazione e una disapplicazione della
lex specialis di gara da parte della
commissione di gara, con conseguente
violazione della par condicio degli
operatori economici.
Pertanto, correttamente la commissione di
gara, in attuazione di quanto prescritto dal
disciplinare, ha proceduto all’esclusione
del concorrente che ha utilizzato una
modalità di recapito diversa da quelle
consentite.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione dell’istante dalla gara è
conforme alla lex specialis di gara
(parere
29.01.2009 n. 15 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Requisiti speciali - verifica ex art . 48
dlgs 163/2006 - Obbligo di adempiere entro
il termine perentorio di gg. 10 -
Legittimità - Conseguenze dell'omessa o
ritardata comprova dei richiesti requisiti -
Esclusione del concorrente dalla gara,
escussione cauzione - Segnalazione
all'autorità di vigilanza - Obbligatorietà.
Ritenuto in diritto:
Al fine di fornire una risposta ai due
quesiti posti dalla ASL n. 4 di Matera,
occorre prioritariamente definire
l’inquadramento giuridico della disposizione
di cui all’articolo 48 e precisarne la
ratio.
L’articolo 48, comma 1, del Codice prevede
che la stazione appaltante, prima di
procedere all’apertura delle buste delle
offerte presentate, richieda ad un numero di
offerenti non inferiore al 10 per cento,
scelti con sorteggio pubblico, di
comprovare, entro dieci giorni dalla data
della richiesta, il possesso dei requisiti
di capacità economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa. In caso di ritardata
od omessa comprova, la stazione appaltante
esclude il concorrente dalla gara,
procedendo, altresì, all’escussione della
cauzione provvisoria e alla segnalazione
all’Autorità ai fini dell’irrogazione delle
sanzioni di cui all’articolo 6, comma 11,
del Codice e dell’eventuale sospensione
dalla partecipazione alle gare.
La disposizione, come più volte evidenziato
dall’Autorità (cfr. deliberazione n. 139 del
09.05.2007, pareri n. 107 del 15.11.2007 e
n. 112 del 09.04.2008, determinazione n. 1
del 10.01.2008) mira ad evitare che lo
svolgimento della gara, in presenza di
dichiarazioni mendaci ovvero in caso di
mancata prova dell’effettivo possesso dei
requisiti, possa essere falsato dalla
partecipazione di soggetti che non siano in
possesso dei requisiti minimi richiesti per
concorrere e, partecipando, rischierebbero
di alterare l’esito della gara medesima.
Ne consegue che la norma assolve la funzione
di garantire sia l’affidabilità
dell’offerta, il cui primo indice è
rappresentato proprio dalla correttezza e
dalla serietà del comportamento del
concorrente in ordine agli obblighi
derivanti dalla disciplina della gara, sia
la speditezza del procedimento, consentendo
alle stazioni appaltanti l’immediata
esclusione dalle gare di quei partecipanti
privi dei requisiti di ordine speciale, che,
con offerte inappropriate, potrebbero
influenzare la determinazione della soglia
di anomalia.
Così inquadrata la ratio legis della
disposizione di cui all’articolo 48 del
Codice è possibile delineare i profili
interpretativi posti all’attenzione
dell’Autorità.
In relazione al primo quesito proposto,
concernente la natura del termine di dieci
giorni prescritto dall’articolo 48 entro il
quale gli offerenti sorteggiati devono
comprovare il possesso dei requisiti
economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, esso va considerato
un termine perentorio.
La natura perentoria del termine sarebbe
rinvenibile non solo nella specifica
finalità che l’articolo 48 persegue, ma
anche dall’espressa comminatoria di
decadenza prevista dalla disposizione stessa
e dalle sanzioni a carico del concorrente
che non abbia comprovato i requisiti nel
termine previsto.
Peraltro, sulla perentorietà di tale termine
anche la giurisprudenza amministrativa ha
assunto una posizione consolidata,
sostenendo che se fosse possibile presentare
i documenti richiesti oltre quel termine e
non fosse previsto alcun momento finale,
l’amministrazione sarebbe costretta a tenere
in piedi sine die la struttura
organizzativa predisposta per la gara, per
esaminare la necessaria documentazione, con
l'impossibilità di chiudere definitivamente
l'attività di verifica dei requisiti e di
poter procedere successivamente alla
apertura delle offerte. Ciò contrasterebbe,
peraltro, con il principio di economicità
del procedimento di cui all’articolo 1 della
legge n. 241/1990 e all’articolo 2 del
Codice medesimo.
Attesa la natura perentoria del termine,
l’eventuale documentazione presentata dopo
il suo inutile decorso deve essere
considerata come non prodotta, in quanto in
presenza di un termine perentorio il mero
ritardo è equiparato all’inadempimento
definitivo (in tal senso cfr. TAR Campania,
Napoli, sez. VIII sentenza n. 20241 del 27
novembre; Consiglio di Stato sez. IV
sentenza n. 4098 del 20.07.2007; TAR Lazio,
Roma, sez. III sentenza n. 5338 del
30.05.2008).
Quanto al secondo quesito proposto,
concernente l’obbligatorietà, a seguito del
procedimento di verifica effettuato, della
comunicazione all’Autorità dell’avvenuto
provvedimento di esclusione nei confronti
dei concorrenti che non siano in possesso
dei requisiti di ordine speciale, la sua
soluzione è rinvenibile nell’atto di
regolazione che l’Autorità ha emesso con
determinazione n. 1 del 10.01.2008.
In esso l’Autorità ha sancito
l’obbligatorietà dell’attivazione del
procedimento di verifica ex articolo 48 e la
sua applicabilità ai soli requisiti
economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, non essendo
rinvenibile nella scelta del legislatore la
volontà di lasciare alla stazione appaltante
margini discrezionali in ordine alla
realizzazione del controllo e alla
comunicazione dell’eventuale esito negativo
all’Autorità medesima.
Conseguentemente, sussiste in capo alle
stazioni appaltanti l’obbligo di comunicare
all’Autorità i provvedimenti di esclusione
emessi ai sensi dell’articolo 48 del Codice,
entro dieci giorni dall’avvenuta esclusione.
La mancata comunicazione ovvero il ritardo
della stessa saranno sanzionati ai sensi
dell’articolo 6, comma 11, del Codice,
mentre nei confronti dell’operatore
economico escluso verrà instaurato un
procedimento in contraddittorio al termine
del quale saranno eventualmente comminate
dall’Autorità la sanzione pecuniaria e la
sospensione dalla partecipazione dalle gare,
graduata a seconda della gravità da un
minimo di un mese ad un massimo di dodici
mesi, previsto nelle ipotesi di
dichiarazione scientemente falsa.
La medesima determinazione esclude dalla
comunicazione le sole irregolarità meramente
formali, che risultano dallo svolgimento del
procedimento di gara e che comportano un
provvedimento di non ammissione più che di
esclusione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’articolo 48, comma
, vada interpretato nei seguenti termini:
- il termine di dieci giorni previsto nella
disposizione ha natura perentoria;
- l’attivazione del procedimento di verifica
dei requisiti ex articolo 48, comma 1, è
obbligatoria e si applica ai soli requisiti
di carattere economico-finanziario e
tecnico-organizzativo;
- sussiste in capo alle stazione appaltanti,
al termine del sub-procedimento di verifica
dei requisiti di ordine speciale, l’obbligo
di comunicare all’Autorità i provvedimenti
di esclusione emessi nei confronti dei
partecipanti che non abbiano comprovato i
requisiti richiesti
(parere
29.01.2009 n. 14 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizi di pulizia -
Requisiti di capacità economico finanziaria
- Possibilità di attestare il requisito
attraverso dichiarazione sostitutiva di
certificazione o attraverso dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà -
Produzione c.c.i.a.a attestante il requisito
richiesto - Legittimità.
Servizi di pulizia - Requisiti speciali -
Verifica permanenza requisiti - Competenza -
momento della verifica - Individuazione.
Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare di gara, all’art. 2-B punto
4), richiamato dalla S.A. nell’istanza di
parere, richiede che il requisito di
capacità economico-finanziaria, relativo
all’iscrizione dell’impresa nella fascia di
classificazione di cui all’art. 3 c. 1 del
D.M. n. 274/1997 sia attestato mediante una
“DICHIARAZIONE, resa dal legale
rappresentante della società ai sensi degli
art. 46 e 47 del DPR 445/2000, con firma non
autenticata e accompagnata da fotocopia del
documento di identità, in corso di validità
del firmatario”.
Dall’esame di tale clausola emerge, dunque,
che la S.A. ha concesso alle imprese
concorrenti la possibilità di attestare il
suddetto requisito ricorrendo,
alternativamente, ad una dichiarazione
sostitutiva di certificazione, di cui
all’art. 46 del DPR n. 445/2000, ovvero ad
una dichiarazione sostitutiva dell’atto di
notorietà, ai sensi del successivo art. 47.
Si evidenzia, altresì, che l’art. 19 del
D.P.R. citato prevede che la dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà, di cui
all’art. 47, può riguardare anche il fatto
che la copia di un atto o di un documento
rilasciato da una pubblica amministrazione
sono conformi all’originale.
Ne discende pertanto che la società Vivaldi
& Cardino S.p.A., allegando all’offerta una
copia conforme all’originale, ai sensi degli
artt. 47 e 19 del D.P.R. n. 445/2000, del
certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. di
Milano, dal quale risulta il possesso del
requisito richiesto dal bando, ossia
l’iscrizione nella fascia di classificazione
“L” di cui all’art. 3, comma 1, del D.M. n.
274/1997, ha in effetti utilizzato una
dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà per attestare il possesso del
suddetto requisito, ottenendo peraltro per
questa via il più ampio effetto di produrre
in gara direttamente il documento
(certificato C.C.I.A.A. di Milano in copia
conforme all’originale) che attesta il
requisito da dichiarare, per cui l’interesse
pubblico perseguito dalla clausola del bando
di gara in esame può ritenersi integralmente
soddisfatto.
Quanto al problema dell’attualità del
requisito richiesto in capo al concorrente,
sollevato dalla S.A., si evidenzia che,
secondo il disposto dell’art. 4, comma 3,
del D.M. n. 274/1997, spetta agli Uffici del
registro o alle Commissioni provinciali per
l’artigianato effettuare la verifica del
permanere in capo alle imprese di pulizia
dei requisiti di cui all’art. 3 del D.M.
suddetto, necessari per l’iscrizione in una
delle fasce di classificazione, verifica che
può essere compiuta in qualsiasi momento ed
anche su segnalazione delle amministrazioni
competenti, degli organismi di interessi
diffusi o su denuncia di singoli
interessati.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in
motivazione, che la Vivaldi & Cardino S.p.A.
ha adempiuto alle prescrizioni della lex
specialis di gara
(parere
29.01.2009 n. 13 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Requisiti di partecipazione alla gara -
Adeguatezza e proporzionalità - Vanno
valutate con riguardo non al mero importo
dell'appalto, ma all'oggetto ed alle sue
specifiche peculiarità - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, è necessario esprimersi
sull’eccezione di inammissibilità, sollevata
dalla S.A. in merito all’istanza formulata
dalla GE.DI.S, relativamente alla mancata
partecipazione di quest’ultima alla
procedura di gara.
Al riguardo si evidenzia che l’istanza è da
ritenersi ammissibile, in quanto l’oggetto
del parere richiesto verte sulla valutazione
dei requisiti di partecipazione, al fine di
stabilire se gli stessi siano o meno
ostativi all’accesso alla procedura
selettiva descritta in oggetto.
Venendo al merito della questione si rileva
che l’Autorità ha più volte affrontato la
problematica in esame, rilevando che la
ragionevolezza dei requisiti richiesti dalla
stazione appaltante per la partecipazione ad
una procedura di gara non deve essere
valutata in astratto, ma in correlazione
alle caratteristiche specifiche dell’appalto
in questione.
Detto principio, peraltro, è stato ribadito
anche dalla giurisprudenza, la quale ha
sostenuto non solo che l’adeguatezza e la
proporzionalità dei requisiti richiesti va
valutata con riguardo all’oggetto concreto
dell’appalto ed alle sue specifiche
peculiarità, ma anche che la richiesta di un
determinato requisito va commisurata al
concreto interesse della stazione appaltante
a una certa affidabilità del proprio
interlocutore contrattuale, avuto riguardo
alle prestazioni oggetto dell’affidamento
(Cons. Stato n. 1860/2008).
Nel caso di specie, l’oggetto del servizio
in appalto consiste nella gestione integrata
(Global Service), pulizia ed igiene
ambientale della sede centrale e delle sede
periferiche dell’azienda, ed in particolare
-come assunto dalla stazione appaltante-
nell’attività di manutenzione programmata,
di pronto intervento ed evolutiva di tutto
il complesso immobiliare, di gestione e
conduzione di tutti gli impianti, di
svolgimento dei servizi di disinfestazione,
di raccolta e smaltimento rifiuti e di
accoglienza.
Considerate le prestazioni oggetto
dell’appalto di cui trattasi, la richiesta,
da parte della S.A., di una dotazione
stabile di attrezzature e mezzi d’opera del
valore medio annuo non inferiore ad euro
500.000,00 appare rispettosa dei principi di
proporzionalità ed adeguatezza, sia perché
tale importo è comunque inferiore
all’importo annuale a base d’asta (euro
537.500,00), in conformità al disposto di
cui all’art. 42, comma 3, del D.Lgs. n.
163/2006, sia perché detta richiesta appare
commisurata al concreto interesse della S.A.
ad individuare un contraente che sia dotato
di attrezzature e mezzi d’opera adeguati per
lo svolgimento delle attività oggetto
dell’appalto e, pertanto, affidabile ed
efficiente nello svolgimento del servizio da
affidare.
Ne consegue, pertanto, che il requisito di
capacità tecnica richiesto dalla S.A. nel
bando di gara in esame non appare né
illogico, né sproporzionato, né
irragionevole.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti
di cui in motivazione, che il requisito di
capacità tecnica richiesto nel bando di gara
pubblicato dall’ARSIAL è conforme alla
normativa di settore
(parere
29.01.2009 n. 12 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto - Bando
di gara - Cauzione provvisoria -
Prescrizione relativa a durata di 360 gg. -
Presentazione di fidejussione con durata
inferiore - Esclusione - Va disposta -
Integrazione ex art. 46 dlgs 163/2006 -
Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare di gara al punto 12 pag. 11
lett. C) – Garanzia costituita ai sensi e
per gli effetti dell’art. 75 del Codice,
prevede espressamente che “la garanzia
dovrà avere validità per un periodo minimo
di 360 giorni dalla data di presentazione
dell’offerta, pena l’esclusione”.
L’Autorità ha già evidenziato, al riguardo,
che il comma 5 dell’art. 75 del Decreto
Legislativo del 12.04.2006, n. 163, nel
prevedere che la garanzia deve avere
validità per almeno centottanta giorni dalla
data di presentazione dell’offerta dà la
possibilità alla stazione appaltante di
“richiedere una garanzia con termine di
validità maggiore o minore…”, ed ha ribadito
il principio secondo il quale la portata
vincolante delle prescrizioni contenute nel
disciplinare di gara esige che alle stesse
sia data puntuale esecuzione nel corso della
procedura, con la conseguenza che, qualora
sia comminata espressamente l’esclusione in
conseguenza della violazione di talune
univoche prescrizioni, l’Amministrazione è
tenuta a darne precisa ed incondizionata
esecuzione e può esimersi dal garantire la
loro applicazione solo in presenza di
prescrizioni ambigue, suscettibili di
svariate possibili ed ugualmente plausibili
interpretazioni, o non rispondenti al comune
canone di ragionevolezza (parere n. 85 del
20.03.2008).
Da tale principio, discende la conformità al
bando di gara dell’esclusione disposta nei
confronti della EDIL G.A.R. S.r.l..
Infatti, dall’esame della cauzione
provvisoria presentata in sede di gara dalla
EDIL G.A.R. S.r.l. risulta che la stessa ha
una validità pari a 180 giorni dalla data di
presentazione dell’offerta, così come
indicato nell’art. 2 lett. b) dello Schema
Tipo a cui rimanda la allegata scheda
tecnica, con l’eventuale aggiunta di un
ulteriore periodo di 90 giorni per il quale
la compagnia assicuratrice si impegnava a
rinnovare la garanzia, nel caso in cui alla
scadenza di validità della stessa non fosse
ancora intervenuta l’aggiudicazione della
gara (all. 3 – Condizioni particolari della
polizza).
Né sussistono, nel caso di specie, i
presupposti per una regolarizzazione
documentale, ai sensi dell’art. 46 del
D.Lgs. n. 163/2006, la quale, ove applicata,
si risolverebbe in una palese violazione
della par condicio nei confronti di quei
concorrenti, che abbiano, invece,
puntualmente rispettato la disciplina
prevista dalla lex specialis di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione
disposta dalla Commissione di gara nei
confronti della EDIL G.A.R. S.r.l. è
conforme alla lex specialis di gara
(parere
29.01.2009 n. 11 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Autocertificazione - Mancato richiamo
sanzioni penali - Non determina invalidità
dichiarazione.
Ritenuto in diritto:
Il caso in esame ha ad oggetto la disamina
dei motivi posti a fondamento della disposta
esclusione della società istante. Tra le
cause che hanno determinato la non
ammissione al prosieguo delle fasi di gara
della società Editec di Di Caro Giuseppe vi
è, come rappresentato in fatto, il mancato
riferimento nella autodichiarazione
sottoscritta dal legale rappresentante delle
previsioni normative di cui agli artt. 75 e
76 del D.P.R. n. 445/2000.
Sul punto, deve osservarsi come la
autodichiarazione in questione presenti
tutti i presupposti sostanziali idonei a
considerarla una autodichiarazione valida.
In particolare, infatti, il legale
rappresentante e titolare della società ha
dichiarato, sotto la propria responsabilità,
la sussistenza dei requisiti di
partecipazione fissati nel bando. Pertanto,
sebbene non vi sia una espressa citazione
della normativa, laddove la dichiarazione
dovesse risultare mendace, si applicherebbe
in ogni caso la normativa penale di cui
all’art. 76 del DPR n. 445/2000 e del codice
penale, seppur non richiamata. Tale
orientamento, peraltro, si pone nel senso di
favorire la più ampia partecipazione delle
ditte, superando eccessivi formalismi che
limiterebbero la concorrenza.
Per quanto concerne gli ulteriori motivi di
esclusione, essi non possono altrettanto
essere considerati accoglibili. Più
specificamente, in ordine alla mancata
presenza del bollo sulla domanda, si
evidenzia che tale adempimento è richiesto
relativamente alla sola offerta e non anche
alla domanda di partecipazione. La dizione
“Veicoli in genere e per usi speciali”
sembra idonea a consentire alla commissione
di gara l’individuazione dell’attività
svolta dalla ditta. Infine per quanto
attiene alla mancata produzione di
documentazione relativa all’art. 17 L. n.
68/1999, la stessa non doveva essere
necessariamente fornita dalla ditta, poiché
non prevista dalla lex specialis di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione dell’istante dalla gara non è
conforme alla normativa vigente di settore
(parere
29.01.2009 n. 10 - link a
massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Muri di cinta tra fondi a
dislivello - Modifica dello stato naturale
dei luoghi - Idoneità a creare intercapedini
nocive con le altrui costruzioni - Distanze
legali - Equiparazione ai muri di fabbrica -
Necessità di verifica di ciascuna concreta
fattispecie.
I muri di cinta tra fondi a dislivello che,
oltre ad essere destinati alla delimitazione
e alla difesa del fondo, assolvono anche
all’ulteriore funzione di contenere e
sostenere la scarpata o il terrapieno, e che
danno luogo al dislivello tra i due fondi
limitrofi non rientrano, come accade
normalmente per i muri di cinta, nella
categoria dei muri isolati o liberi da
entrambe le facce.
Essi, pertanto, facendo corpo con il terreno
che contengono e modificando, in
particolare, attraverso l’opera dell’uomo,
lo stato naturale dei luoghi con la
costruzione di un manufatto, sono idonei a
creare intercapedini nocive con l’altrui
costruzione, con conseguente necessità di
verificare in ciascuna concreta fattispecie
se, avuto riguardo allo loro particolari
caratteristiche strutturali e dimensioni,
siano da considerare o meno alla stregua di
un muro di fabbrica agli effetti delle
distanze legali (Cass. 15.10.1983, n. 6060)
(TAR Abruzzo-L’Aquila, Sez. I,
sentenza 10.03.2009 n. 140 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimazione a ricorrere
delle imprese del settore nel caso in cui
una p.a. decida di procedere alla
stipulazione di un contratto con un
determinato imprenditore a seguito di
trattativa privata.
Qualora una p.a. decida di procedere alla
stipulazione di un contratto con un
determinato imprenditore a seguito di
trattativa privata, va riconosciuta la
legittimazione a ricorrere, avverso la
decisione suddetta, agli altri operatori
economici del settore, poiché titolari di un
interesse strumentale alla effettuazione
della gara, in quanto aspiranti partecipanti
alla stessa. Pertanto, nel caso di specie,
la società ricorrente era legittimata ad
impugnare l'indizione della trattativa
privata in quanto indetta in palese
contrasto con l'art. 6 del D.lgvo n.
157/1995, essendo l'appalto in questione di
importo superiore a 200.000 ECU, e pertanto
lo stesso doveva essere affidato, non
mediante trattativa privata, bensì per
pubblico incanto o mediante licitazione
privata (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 09.03.2009 n. 2369 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sul requisito del controllo
analogo nel caso di società partecipate da
più enti pubblici.
Nel caso di società partecipate da più enti
pubblici il controllo della mano pubblica
sull'ente affidatario deve essere effettivo,
ancorché esercitato congiuntamente e,
deliberando a maggioranza, dai singoli enti
pubblici associati. Il requisito del
controllo analogo necessario per ritenere
legittimo l'affidamento in house di
servizi pubblici ad una società di società
partecipate da più enti pubblici non
sottende una logica "dominicale", rivelando
piuttosto una dimensione "funzionale":
affinché il controllo sussista anche nel
caso di una pluralità di soggetti pubblici
partecipanti al capitale della società
affidataria non è infatti indispensabile che
ad esso corrisponda simmetricamente un
"controllo" della governance societaria. In
particolare, nel caso di specie, attraverso
l'istituzione di un organo, denominato
Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si sono
riservati, oltre a rafforzati poteri di
controllo sulla gestione, il potere, ad
esercizio necessariamente congiunto (stante
il metodo di voto all'unanimità), di
approvare in via preventiva tutti gli atti
più rilevanti della società, ovverosia, tra
le altre, tutte le deliberazioni da
sottoporre all'assemblea straordinaria,
quelle in materia di acquisti e cessioni di
beni e partecipazioni, quelle relative alle
modifiche dei contratti di servizio, quelle
in tema di nomina degli organi e quelle in
ordine al piano industriale.
E' evidente che, in questo quadro, la
mancata considerazione della sola gestione
ordinaria non esclude la sussistenza di un
controllo analogo concreto e reale, posto
che gli atti di ordinaria amministrazione
non potranno discostarsi dalle
determinazioni preventivamente assunte
dall'Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte
le questioni più rilevanti (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 09.03.2009 n. 1365 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso - Istanza - Legale
dell’interessato - Sottoscrizione congiunta
o procura speciale - Allegazione - Necessità
- Imputabilità della richiesta di accesso -
Verifica dell’interesse concreto.
La domanda di accesso deve essere avanzata
dalla parte che vi ha interesse; può anche
essere presentata da un suo legale, ma, in
tale caso, deve essere accompagnata, per
asseverare l’effettiva provenienza della
richiesta da parte del soggetto interessato,
da copia di apposito mandato od incarico
professionale, ovvero dalla sottoscrizione
congiunta dell’interessato stesso (in
termini Cons. Stato, Sez. V 05/09/2006, n.
5116).
Tali requisiti formali costituiscono
elementi di certezza essenziali ai fini
dell’imputabilità della richiesta di accesso
ed assunzione delle eventuali relative
responsabilità (sia da parte del
richiedente, che del funzionario chiamato
all’ostensione di quanto richiesto), nonché
ai fini della verifica della sussistenza di
un concreto interesse alla richiesta
medesima. In assenza di una sottoscrizione
congiunta o di una procura speciale,
l’istanza di accesso è irrituale e non fa
sorgere in capo all’Amministrazione ed ai
soggetti alla stessa equiparati un obbligo
di provvedere (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 09.03.2009 n. 1331 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Art. 38, lett. i), d.lgs. n.
163/2006 - Requisiti di regolarità
contributiva - Violazioni di carattere
meramente formale - Soglia della gravità.
La disciplina generale in materia di
pubblici appalti non permette di addivenire
a rilievi di carattere puramente formale in
ordine ai requisiti di regolarità
contributiva, in quanto l’art. 38, comma 1,
lett. i), del Codice Appalti richiede che le
violazioni alle norme in materia di
contributi previdenziali e assistenziali
raggiungano la soglia della gravità, che non
consente di attribuire carica ostativa alla
partecipazione alla gara alle violazioni di
carattere meramente formale, laddove
sussistenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 06.03.2009 n. 836 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità di
modificazione soggettiva nelle gare
d'appalto ex art. 51 del d.lgs. 23.04.2006,
n. 165 e sulla regolarità contributiva.
L'art. 51 del c.d. nuovo codice degli
appalti (d.lgs. 23.04.2006, n. 165), in
riconoscimento dell'autonomia organizzativa
degli operatori economici che concorrono
alla gara, ha consentito, per ogni tipo di
appalto, la modificazione soggettiva degli
stessi, sia con riferimento alla fase
dell'offerta, che a quella
dell'aggiudicazione e della stipulazione del
contratto, con conseguente vincolo per la
stazione appaltante di ammettere alle
distinte fasi della procedura concorsuale i
soggetti subentranti, previo accertamento in
capo a essi dei requisiti previsti per la
partecipazione alla gara. Il superamento in
subiecta materia del "dogma" della
immodificabilità soggettiva risponde
all'esigenza, già avvertita dalla
giurisprudenza prima dell'avvento
codicistico, di garantire la libertà
contrattuale dell'impresa (valore
costituzionalmente garantito ex art. 41
Cost.), nel senso che questa deve poter
procedere alla riorganizzazione aziendale
senza che possa esserle di pregiudizio lo
svolgimento delle gare alle quali abbia
partecipato. E' però estraneo alle
disposizioni dell'art. 51 del codice
l'intento di limitare la fase accertativa
del possesso dei requisiti di partecipazione
alla gara nei riguardi della sola impresa
subentrante (nel caso di specie: società
beneficiaria della scissione) e di escludere
la necessità di operare la medesima verifica
nei riguardi dell'impresa, soggetta a
vicenda modificativa (nella specie: società
scissa).
In proposito va evidenziato che la
codificazione, ad opera dell'art. 51 del
Codice, dell'opponibilità alla stazione
appaltante del nuovo soggetto subentrante
(nelle distinte fasi e vicende modificative
enumerate dalla norma) non può essere
considerato come una deroga alle regole
proprie dell'evidenza pubblica, che esigono
la permanenza comunque, in capo alle imprese
partecipanti alla gara, dei requisiti di
ordine generale e speciale necessari per
l'ammissione alla procedura concorsuale.
La regolarità contributiva e fiscale per la
partecipazione alle selezione per
l'aggiudicazione di un appalto pubblico è
richiesta come requisito indispensabile per
la partecipazione alla gara, con le
conseguenti e connesse puntualizzazioni che
non può riconoscersi alcuna valenza alla
regolarizzazione spontanea del relativo
debito, intervenuta successivamente alla
data di autodichiarazione di correttezza
contributiva e che costituisce ex se motivo
di esclusione dalla gara il fatto che
l'autodichiarazione presentata dall'impresa,
al fine della dimostrazione della posizione
di regolarità contributiva, sia risultata
non veritiera (TAR Lazio, Sez. III-bis,
sentenza 05.03.2009 n. 2279 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Presentazione dell’offerta -
Utilizzo del nastro adesivo al posto della
ceralacca - Equivalenza - Esclusione.
La mancata presentazione dell’offerta in una
busta sigillata con ceralacca e
controfirmata sui lembi di chiusura,
prevista a pena di esclusione, va sanzionata
con l’esclusione dalla gara del partecipante
(cfr. Consiglio di Stato, V, 08.07.2008, n.
3400; 22.12.2005, n. 7330). Il mancato
rispetto di tale prescrizione non può essere
surrogato dall’utilizzo di una modalità
ritenuta, dall’interessato, equipollente
rispetto a quella espressamente richiesta.
Infatti, in mancanza di una clausola di
equivalenza contenuta nel bando, oppure di
un previsione normativa che provveda -sulla
base di caratteristiche tecniche
generalmente riconosciute- ad equiparare i
sistemi di chiusura delle buste al fine di
evitare la manomissione del loro contenuto,
non sarebbe consentito all’interprete
procedere ad una (arbitraria) equiparazione
dei diversi sistemi esistenti (fattispecie
relativa alla chiusura con nastro adesivo
trasparente: modalità che consente, a
giudizio del TAR, la manomissione della
busta) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 04.03.2009 n. 460 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza
contingibile e urgente di sospensione delle
emissioni acustiche emessa al di fuori dei
presupposti di cui all’art. 9 della L. n.
447/1995 - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessità - Diritto al
contraddittorio verso gli accertamenti
tecnici.
L’ordinanza contingibile e urgente con la
quale è disposta la sospensione immediata
delle emissioni acustiche, al di fuori delle
condizioni richieste dall’art. 9 della legge
n. 447/1995, vale a dire al di fuori di una
situazione di eccezionale ed urgente
necessità di tutela della salute pubblica o
dell'ambiente, necessità di comunicazione di
avvio del procedimento, la quale non può in
alcun modo pregiudicare la funzionalità ed
efficacia di un procedimento cui sono
estranei specifici motivi di celerità. Ciò
in ragione della necessità di tutelare le
prerogative procedimentali del responsabile
delle emissioni, con particolare riguardo
all’esercizio del diritto al contraddittorio
verso gli accertamenti eseguiti dai tecnici
dell’A.R.P.A.T. (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 04.03.2009 n. 399 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - PUBBLICITA'
SEDUTE DI GARA - INDEROGABILITA' PER LE FASI
DI VERIFICA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA -
FASE VALUTAZIONE TECNICO-QUALITATIVA OFFERTE
- VA EFFETTUATA IN SEDUTA RISERVATA.
Il principio generale di pubblicità delle
sedute di gara deve ritenersi inderogabile,
in ogni tipo di gara, almeno per quanto
concerne le fasi di verifica dell'integrità
dei plichi contenenti la documentazione
amministrativa e di apertura dei plichi
medesimi a differenza della differente fase
inerente alla valutazione
tecnico-qualitativa dell'offerta che non può
che essere svolta in seduta riservata al
fine di evitare possibili influenze sui
componenti della commissione giudicatrice
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 27.02.2009 n. 2104 -
link a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Laghi - Art. 142, c. 1, lett. b), d.lgs. n.
42/2004 - Estensione della tutela - Laghi
artificiali - Rientrano - Origine geologica
o umana - Irrilevanza - Preventiva verifica
dell’esistenza di un lago - Stagni e laghi
effimeri.
La tutela dell’interesse paesaggistico ex
art. 142, c. 1, lett. b), del d.lgs. n.
42/2004 è stato ricondotta dal Legislatore
non solo ai “laghi naturali” ma a tutte
quelle realtà geografiche le quali, secondo
la letteratura scientifica, siano
qualificabili come “laghi”, quindi anche a
quelli artificiali. Con il che deve
escludersi che una classificazione
rapportata all’evento, geologico o meno,
responsabile della formazione possa di per
sé introdurre una diversificazione quanto ad
insorgenza del vincolo, ben potendo
quest’ultimo interessare anche un “lago
artificiale” quale prodotto dell’attività
umana di modifica del territorio (nella
specie: riempimento di una cava dismessa).
Una simile ricostruzione tuttavia presuppone
in ogni caso il preliminare riscontro
dell’esistenza di un “lago”: aspetto questo
ancor più rilevante in tema di possibile
configurabilità di un “lago artificiale”
suscettivo di essere oggetto del vincolo
diversamente da quanto potrà avvenire, ad
esempio, per uno stagno o per un cd. “lago
effimero”, riconducibili geograficamente a
modeste depressioni territoriali di scarsa
profondità, costituite da acque meteoriche
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 27.02.2009 n. 1139 -
link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
INQUINAMENTO - Pianificazione
urbanistica comunale - Industrie insalubri
ex art. 216 T.U.LL.SS. - Divieto di
realizzazione in determinate aree -
Legittimità - Esigenze di carattere
sanitario-ambientale - Limiti.
Nulla vieta che in sede di pianificazione
urbanistica venga esclusa, in via generale,
la realizzabilità in una determinata zona di
industrie insalubri di cui all’art. 216 del
T.U.LL.SS (Cfr., ex multis, C.d.S., IV,
30.06.2004, n. 4804; TAR Lombardia, Brescia
12.01.2001 n. 2; TAR Emilia-Romagna, sez.
staccata di Parma, 09.02.2001, n. 60; TAR
Veneto, Sez. III, 23.03.2005, n. 1117).
La funzione urbanistica delle norme tecniche
di attuazione del piano regolatore non
esclude infatti che nelle stesse possano
trovare riscontro esigenze di carattere
sanitario o comunque di correttezza dei
diversi insediamenti, proprio a ciò essendo
rivolta la funzione della zonizzazione
(Cfr., C.d.S., IV, 24.10.1994, n. 825), ed
anzi è “legittima la norma di regolamento
comunale che, nel disciplinare gli
insediamenti delle imprese insalubri, fissi
un parametro più rigoroso di quello
dell’art. 216, t.u. sanitario (r.d.
27.07.1934 n. 1265) nel senso di vietarli
nell’ambito delle aree collocate nel “centro
edificato” del territorio comunale"
(Cfr., C.d.S., V, 01.04.1996, n. 338).
Ciò che conta al fine di evitare che questa
possibilità sconfini nell'arbitrio, è che
esista un parametro normativo preesistente
al quale fare riferimento onde verificare se
un determinato tipo di insediamento
industriale possa considerarsi insalubre e
che la scelta pianificatoria trovi adeguata
giustificazione anche nel tessuto
territoriale esistente (TAR Friuli Venezia
Giulia, Sez. I,
sentenza 27.02.2009 n. 103 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Attività di trasformazione del
territorio - Assenza di opere in muratura -
Perdurante modifica dello stato dei luoghi -
Titolo abilitativo - Fattispecie.
Presuppone il titolo abilitativo ogni
attività che comporti la trasformazione del
territorio attraverso l’esecuzione di opere
comunque attinenti agli aspetti urbanistici
ed edilizi, ove il mutamento e l’alterazione
abbiano un qualche rilievo ambientale,
estetico o funzionale ed anche quando si
intenda realizzare un intervento sul
territorio che, pur non richiedendo opere in
muratura, comporti la perdurante modifica
dello stato dei luoghi. Pertanto, in
conformità a tali principi è necessaria la
concessione edilizia per interventi di
realizzazione di piazzali ad uso industriale
mediante spianamento del suolo e
collocazione di brecciame e nel caso di
trasformazione di un’area a destinazione
agricola in parcheggio (TAR Veneto,
03.04.2003 n. 2267) (TAR Puglia-Bari, Sez.
III,
sentenza 26.02.2009 n. 404 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità dell'operato
di una commissione di gara che prima
dichiara di volere specificare e precisare i
criteri di valutazione delle offerte e che
poi, invece, ometta tale adempimento.
Sull'esclusione di un concorrente da una
gara qualora la busta contenente l'offerta
sia stata aperta, sia pure per errore,
dall'ufficio protocollo, prima di essere
consegnata alla commissione di gara.
A prescindere dalle soggettive valutazioni
circa la necessità, o meno, di un intervento
integrativo di una commissione di gara per
predeterminare o specificare i criteri da
seguire in sede di valutazione delle
offerte, è illegittima la condotta di una
commissione che prima dichiara di volere
specificare e precisare i criteri di
valutazione delle offerte e che poi, invece,
ometta tale adempimento.
Deve essere esclusa da una procedura di gara
la concorrente la cui domanda di
partecipazione contenente l'offerta sia
stata aperta, sia pure per errore,
dall'ufficio protocollo, prima di essere
consegnata alla commissione di gara. È
sufficiente, infatti, il mero fatto
oggettivo dell'apertura di una domanda di
partecipazione prima del momento in cui la
commissione debba avere cognizione dei
relativi contenuti, perché tale offerta vada
definitivamente esclusa dal seguito della
gara; essendo invece del tutto irrilevante,
quand'anche pienamente comprovata e
verbalizzata, la circostanza che la
commissione non abbia mai preso cognizione
del relativo contenuto (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 25.02.2009 n. 1134 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Istruttoria per il rilascio di un
titolo abilitativo - Valutazione degli
aspetti privatistici - Esempi - Art. 11, c.
1, d.P.R. n. 380/2001 - Titolarità
dell’immobile - Innovazioni - Disciplina
condominiale - Immissioni e normale
tollerabilità - Giurisdizione civile.
In materia urbanistico-edilizia (dove, per
stessa previsione del vigente Codice civile,
i profili privatistici si intersecano con
quelli pubblicistici), il Comune, in sede di
istruttoria attivata sull’istanza di
rilascio di un titolo abilitativo, è
certamente chiamato ad occuparsi -incidenter
tantum- dei profili privatistici,
limitatamente a quelli che siano percepibili
icto oculi e con esclusione di quelli che
attengono solo ed unicamente alla sfera
privatistica.
Ad esempio, in forza dell’art. 11, comma 1,
del DPR n. 380/2001, il Comune deve solo
verificare se il richiedente il titolo
edilizio risulti, per tabulas, titolare di
una posizione giuridica che a ciò lo
abiliti, senza quindi essere tenuto a
verificare l’esistenza di controversie sulla
proprietà dell’immobile. Ancora, per quanto
riguarda la disciplina condominiale, il
Comune è tenuto a verificare se, trattandosi
di innovazioni (artt. 1108 e 1120 c.c.), il
richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione
dell’assemblea, ma non anche le questioni
relative, ad esempio, alle immissioni, salvo
che non vengano in evidenza questioni
relative alla salute pubblica o alla statica
degli edifici.
Con riferimento alle immissioni derivanti da
un’attività di panificazione, il Comune e
l’ASL devono certamente verificare gli
aspetti legati alle emissioni di fumi ,
odori e rumori notturni provenienti dal
forno, ma sempre nei limiti degli
adempimenti burocratici previsti dalla legge
ai fini dell’autorizzazione all’esercizio
dell’attività. La verifica della normale
tollerabilità ex art. 844 c.c., in assenza
di pericoli per la salute pubblica, attiene
invece ad aspetti privatistici, a tutela dei
quali l’interessato deve proporre azione
davanti al Giudice Civile (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III,
sentenza 21.02.2009 n. 254 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla disapplicazione dell'art. 23, c.
1, del D.L. n. 273/2005 che prevede
l'ulteriore prolungamento del periodo
transitorio del servizio di distribuzione di
gas naturale.
In tema di servizio di distribuzione di gas
naturale la disposizione di cui all'art. 23,
c. 1, del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito
con modificazioni nella L. 23/02/2006 n. 51,
deve essere disapplicata, nel caso di
specie, in quanto in contrasto con il
diritto comunitario. La suddetta
disposizione produce, infatti, una
compressione ulteriore, sia pur
temporalmente circoscritta, alla libera
prestazione di servizi e alla libertà di
stabilimento, in quanto non permette alle
imprese interessate - stabilite in altri
Stati membri - l'accesso alle concessioni
affidate o rinnovate.
Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato
dalla L. 239/2004, contempera in modo
equilibrato le esigenze dei concessionari
con l'obiettivo di attivare i meccanismi
competitivi, l'ulteriore prolungamento del
periodo transitorio non è sorretto da
imperiose ragioni di interesse pubblico: in
particolare non risulta rispettato il
principio di stretta proporzionalità che
deve assistere le deroghe in materia, poiché
il legislatore ha ulteriormente ritardato la
piena apertura al mercato malgrado le
ragioni delle Società concessionarie fossero
già state congruamente apprezzate e
valorizzate con i precedenti provvedimenti
legislativi.
Nel caso di specie, inoltre, non è possibile
riconoscere una posizione di affidamento
qualificato in capo all'impresa
concessionaria in quanto il rinnovo della
concessione è stato disposto nel 1995,
quando il quadro normativo nazionale e
comunitario era assolutamente univoco
nell'indicare la procedura ad evidenza
pubblica quale sistema ordinario di
aggiudicazione dei contratti delle
amministrazioni (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 20.02.2009 n. 322 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Necessita
della concessione edilizia la costruzione di
una recinzione costituita da muratura, sasso
e cancellate in ferro.
Il Collegio osserva che, non trattandosi di
semplice recinzione in rete metallica
sorretta da paletti in ferro infissi in un
cordolo di cemento, ma di manufatto di
considerevoli dimensioni, che è stato
realizzato in parte in muratura e sasso ed
in parte in acciaio (cancellate), l’opera
debba necessariamente essere qualificata
quale “costruzione” la cui realizzazione
comporta modifica dell’assetto
urbanistico–edilizio del territorio, con
conseguente necessità di previo rilascio
della concessione edilizia (v. TAR Lazio–RM-
sez. II^, 03/07/2007, n. 5968; TAR Abruzzo–PE-
30/05/2006 n. 334; TAR Basilicata, 19/09/2003
n. 897).
E’ pertanto evidente che il manufatto in
questione, in quanto realizzato in parte su
area di proprietà del Comune ed in assenza
del necessario titolo edilizio, si ponga in
contrasto con la disciplina urbanistica del
centro storico, con conseguente legittimità
della sanzione della demolizione irrogata
dall’Amministrazione Comunale
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 19.02.2009 n. 44 - link a www.diritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso in sanatoria rilasciato
in contrasto con l'art. 36 DPR 380/2001 -
Inammissibilità sanatoria parziale o
condizionata - C.d. doppia conformità -
Fattispecie.
E’ illegittimo il permesso in sanatoria
rilasciato (in contrasto con l'art. 36 DPR
380/01 - in assenza della doppia conformità)
perché subordinato alla demolizione della
parte della nuova costruzione eccedente il
limite volumetrico consentito. Sicché, non è
consentito il rilascio di un permesso in
sanatoria parziale o subordinato
all'esecuzione di opere: l'accertamento
della doppia conformità presuppone infatti
che le opere siano state già realizzate e
che esse siano integralmente corrispondenti
alla disciplina urbanistica vigente. Nella
specie, il Tribunale, accertata
l’illegittimità del rilasciato permesso in
sanatoria (ha trasmesso gli atti alla
Procura della Repubblica, potendo essere
integrati gli estremi del reato di cui
all'art. 323 c.p.), lo disapplica,
rigettando la richiesta di sospensione a
revoca dell'ordine di demolizione.
Permesso in sanatoria -
Condizioni ed effetti - Giudice
dell'esecuzione - Poteri di disapplicazione
del titolo sanante - Legittimità sostanziale
del titolo - Verifica - Necessità.
Il permesso in sanatoria, purché legittimo,
valido ed efficace esclude l'applicazione
dell'ordine di demolizione o di riduzione in
pristino, eliminando esso ogni "vulnus". Ne
discende ulteriormente che tale ordine deve
intendersi emesso allo stato degli atti,
tanto che anche il giudice dell'esecuzione
deve verificare il permanere della
incompatibilità degli ordini in questione
con atti amministrativi. Nondimeno, il
rilascio del permesso in sanatoria non
determina automaticamente la revoca
dell'ordine di demolizione o di riduzione in
pristino, dovendo il giudice, comunque,
accertare la legittimità sostanziale del
titolo sotto il profilo della sua conformità
alla legge ed eventualmente disapplicarlo
ove siano insussistenti i presupposti per la
sua emanazione (Cass. pen. sez. 3 n. 144 del
30.01.2003 - P.M. c/o Ciavarella) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.02.2009 n. 6910 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La demolizione del manufatto
abusivo non equivale a ripristino dello
stato dei luoghi.
In linea di diritto, la demolizione del
manufatto abusivo non equivale al ripristino
dello stato dei luoghi, giacché questo viene
alterato non solo dalla realizzazione di
fabbricati, ma anche da sbancamenti,
estirpazione di piante, o da opere
infrastrutturali che comunque modifichino
l'assetto del territorio e del paesaggio. Ne
consegue che la mera demolizione del
fabbricato abusivo, ove sussistano anche
altri interventi che alterano l'assetto del
territorio, non perfeziona quella riduzione
in pristino dello stato dei luoghi che il
legislatore ha imposto come sanzione
accessoria di tipo amministrativo ogni qual
volta intervenga una condanna per reato
paesaggistico. Nella specie, il giudice
dell’esecuzione ha ritenuto che lo stato dei
luoghi non era stato ripristinato attraverso
la semplice demolizione del manufatto
abusivo (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.02.2009 n. 6902 -
link a www.ambientediritto.it). |
ENTI LOCALI: I
componenti di un organo collegiale non sono
legittimati ad impugnare atti assunti
dall'organo a cui appartengono.
Secondo costante giurisprudenza, "i
componenti di un organo collegiale non sono
legittimati ad impugnare atti assunti
dall'organo a cui appartengono, salvo che
non vengano dedotte violazioni che hanno
compromesso il diritto del singolo (o del
gruppo consiliare) a poter esercitare con
pienezza il mandato (ad esempio, la mancata
tempestiva ostensione degli atti presupposti
ad una deliberazione o il mancato tempestivo
avviso della data della seduta del
consiglio, etc.) oppure la lesione di un
interesse individuale del consigliere"
(da ultimo: TAR Puglia, Lecce, sez. III,
11.03.2008 n. 767)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 18.02.2009 n. 351 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti
di interesse nazionale - Competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi -
Art. 15 D.M. 471/1999 - Art. 252 d.lgs. n.
152/2006.
Gli atti del procedimento di bonifica dei
siti di interesse nazionale, compresi quelli
conclusivi, rientrano nella competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi
(dirigenti) poiché non contengono elementi
di indirizzo politico-amministrativo che
possono attrarre detta competenza nella
sfera riservata agli organi di governo (i
quali ultimi definiscono solo gli obiettivi
e programmi da attuare, verificandone i
risultati, il cui raggiungimento è riservato
alla responsabilità dirigenziale). Ciò in
forza del generale principio di distinzione
tra attività di governo e attività di
gestione che presiede l’organizzazione e il
funzionamento delle amministrazioni
pubbliche. Detta conclusione è valida sia
con riguardo allo schema procedimentale di
cui all’art. 15 del DM 471/1999 (precedente
al D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura
legislativa), ancorché stabilisca che il
progetto definitivo della bonifica venga
approvato dal Ministro dell'Ambiente (di
concerto con i Ministri dell'Industria, del
Commercio e dell'Artigianato e della
Sanità), sia nello schema procedimentale di
cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che
attribuisce genericamente la competenza per
la procedura di bonifica al Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio
(sentito il Ministero delle Attività
produttive).
INQUINAMENTO - Bonifica
- Pareri o intese di cui agli artt. 252, c.
4, d.lgs. n. 152/2006 e 15, c. 4 D.M.
471/1999 - Acquisizione nell’ambito della
conferenza di servizi - Obbligo
motivazionale.
Nel modulo procedimentale della conferenza
di servizi i pareri o le intese di cui agli
artt. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006 e
15, comma 4, del D.M. 471/1999 ben possono
essere acquisiti all’interno della
conferenza stessa, senza che in sede di
adozione del provvedimento finale si debba
procedere ad una nuova acquisizione. Del
resto lo scopo del modulo procedimentale in
esame è proprio quello di concentrare in un
unico momento l’acquisizione di tutti gli
atti di assenso, comunque denominati, delle
amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe
tuttavia essere adeguatamente dato atto
nello stesso provvedimento, adempiendo così
all’obbligo motivazionale di cui all’art.
14-ter, c. 6-bis della L. n. 241/1990, in
combinato disposto con l’art. 252, c. 6,
d.lgs. n. 152/2006 (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.02.2009 n. 317 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
regolari se la DIA non è contestata.
Illegittimo il comportamento del Comune che,
senza contestare la DIA e suggerire
soluzioni alternative, ordina la rimozione
di opere già eseguite.
Il Tar di Napoli ha accolto il ricorso
presentato dalla Asl contro l'ente locale
che a distanza di dieci anni
dall'installazione di impianti tecnologici
per l'aria condizionata sul terrazzo della
struttura sanitaria ne ha ordinato lo
spostamento.
I giudici, in particolare, bocciano la
mancanza di un necessario contraddittorio
con la parte al fine di individuare le
soluzioni più adatte a contemperare il
rilevante interesse pubblico della azienda
sanitaria a dotarsi di un moderno impianto
di condizionamento -senza sacrificare uno
spazio consistente all'interno della
struttura pubblica destinata ai fini
assistenziali- e l'interesse (pure pubblico)
al rispetto delle norme edilizie e a quelle
sui limiti di rumorosità degli impianti
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 17.02.2009 n. 840 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Anche
ove fosse ipotizzabile la volontà del
dirigente di far effettuare al dipendente
prestazioni di lavoro straordinario in
eccedenza ai limiti sostanziali e formali
imposti dalle norme, da ciò non deriverebbe
affatto il diritto alla relativa
retribuzione.
Pacifica giurisprudenza ha precisato come:
1.
nell'ambito del rapporto di pubblico
impiego, la circostanza che il dipendente
abbia effettuato prestazioni eccedenti
l'orario d'obbligo, non è da sola
sufficiente a radicare il suo diritto alla
relativa retribuzione (e l'obbligo
dell'amministrazione di corrisponderla),
atteso che, altrimenti, si determinerebbe
quoad effectum l'equiparazione del
lavoro straordinario autorizzato rispetto a
quello per il quale non è intervenuto alcun
provvedimento autorizzativo, compensando
attività lavorative svolte in via di fatto
non rispondenti ad alcuna concreta necessità
(C.d.S., sez. V, 07.09.2007, n. 4702);
2.
la retribuibilità del lavoro straordinario,
in via di principio, è condizionata
all'esistenza di una formale autorizzazione:
detta autorizzazione svolge una pluralità di
funzioni, tutte riferibili alla concreta
attuazione dei principi di legalità,
imparzialità e buon andamento, cui, ai sensi
dell'articolo 97 della Costituzione, deve
essere improntata l'azione della pubblica
amministrazione (C.d.S., sez. IV,
24.12.2003, n. 8522; sez. V, 10.02.2004, n.
472, 27.06.2001, n. 3503; 08.03.2001, n.
1352; sez. VI, 14.03.2002, n. 1531);
3.
la formale preventiva autorizzazione al
lavoro straordinario deve costituire per
l'amministrazione anche lo strumento per
l'opportuna ed adeguata valutazione delle
concrete esigenze dei propri uffici (quanto
al loro concreto funzionamento, alla loro
effettiva capacità di perseguire i compiti
ed espletare le funzioni attribuite dalla
legge, nonché alla organizzazione delle
risorse umane ed alla loro adeguatezza),
onde evitare che il sistematico ed
indiscriminato ricorso alle prestazioni
straordinarie costituisca elemento di
programmazione dell'ordinario lavoro di
ufficio;
4.
la preventiva autorizzazione allo
svolgimento di prestazioni lavorative
straordinarie costituisce assunzione di
responsabilità, gestionale e contabile, per
il dirigente che la emette; e ciò sia nel
caso che per tale svolgimento sia
preventivamente stabilita l'erogazione del
relativo compenso, sia nel caso che lo
stesso dia luogo, per il lavoratore, ad un
"credito" in termini di riposo compensativo,
in entrambi i casi l'autorizzazione de qua
incide sul buon andamento del servizio e
sulla economica ed efficiente gestione delle
risorse umane, facente capo al dirigente.
Ne consegue che, anche ove fosse
ipotizzabile la volontà del dirigente di far
effettuare al dipendente prestazioni di
lavoro straordinario in eccedenza ai limiti
sostanziali e formali imposti dalle norme,
da ciò non deriverebbe affatto il diritto
alla relativa retribuzione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 16.02.2009 n. 844 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - CRITERI DI
VALUTAZIONE DELLE OFFERTE - ESPERIENZE
PREGRESSE - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI -
PREPONDERANZA DEL PUNTEGGIO NELLA
VALUTAZIONE DELL'OFFERTA TECNICA -
ILLEGITTIMITA' - FATTISPECIE.
La giurisprudenza che ammette la facoltà
della stazione appaltante di prevedere nel
bando di gara anche elementi di valutazione
dell'offerta tecnica di tipo soggettivo
concernenti, cioè, la specifica attitudine
del concorrente - anche sulla base di
analoghe esperienze pregresse -a realizzare
lo specifico progetto oggetto di gara, è
ferma nel ritenere “ciò legittimo, nella
misura in cui aspetti dell'attività
dell'impresa possano illuminare la qualità
dell'offerta“ (Consiglio Stato, sez. VI,
09.06.2008, n. 2770).
E, di certo, non è questo il caso, laddove
il fatturato degli ultimi tre esercizi,
anche se accompagnato da certificati di
buona esecuzione, ha un peso predominante
nell’attribuzione del punteggio all’offerta
tecnica (20 punti, su 50 complessivi) e
perché la prestazione ( somministrazione di
lavoro temporaneo) non evidenzia un servizio
connotato da particolari conoscenze tecniche
od organizzative nelle quali possa aver
giocato un ruolo determinante la pregressa
esperienza professionale (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.02.2009 n. 837 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sul divieto di partecipazione a
gara da parte di imprese collegate.
La
correttezza e la trasparenza della gara
vengono pregiudicate dalla presentazione di
offerte che, seppure provenienti da imprese
diverse, siano riconducibili ad un medesimo
centro di interessi. Ciò anche alla luce
della disciplina comunitaria, secondo cui il
sistema delle gare pubbliche può funzionare
solo se le imprese partecipanti si trovino
in posizione di reciproca ed effettiva
concorrenza .
Orbene, anche prima dell’entrata in vigore
del Codice dei contratti pubblici, ed anche
in assenza di specifiche previsioni nella
lex specialis, la stazione appaltante
deve disporre l’esclusione di offerte in
ipotesi di "collegamento sostanziale" tra
imprese, diverse e ulteriori rispetto a
quelle espressamente indicate all’art. 10,
comma 1-bis, l. n. 109 del 1994, in caso di
sussistenza di indizi di una concordata
modalità di presentazione e formulazione,
ovvero della provenienza delle offerte da un
unico centro decisionale.
Difatti, in considerazione della peculiarità
della materia e degli interessi pubblici
tutelati, sarebbe irragionevole e
contraddittorio richiedere nel bando la
tipizzazione del fatto del collegamento o
del controllo societario diverso da quello
di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento
che tale previsione farebbe refluire il
perseguimento dell’interesse pubblico alla
scelta del “giusto” contraente nel mero
controllo della regolarità formale del
procedimento, esponendo l’interesse protetto
al pericolo di situazioni concrete di
fenomeni di effettivo controllo o di altre
situazioni societari capaci di alterare la
gara, non facilmente prevedibili o
ipotizzabili.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di
esclusione dalla gara di due imprese nel
caso in cui, sulla scorta degli elementi
raccolti nel corso dell’istruttoria
procedimentale, siano emersi univoci
elementi indiziari che dimostrano un
collegamento sostanziale tra le imprese
stesse, ostativo alla presentazione di
offerte distinte nella medesima gara
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.02.2009 n. 1100 -
link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Fattispecie di piena conoscenza
degli atti amministrativi ed impugnabilità.
La pubblicità
di un atto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana non è idonea ad
assolvere il requisito della conoscenza
legale del provvedimento, perché non
prevista da norme di legge, che vi
ricolleghino tale effetto.
Le ripetute indicazioni contenute negli atti
giudiziari indicati in un ricorso e il
notevole lasso di tempo decorso
dall’adozione del provvedimento e dalla sua
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
integrano quelle presunzioni gravi, precise
e concordanti che, ai sensi dell’art. 2729
c.c., consentono di provare il fatto ignoto
attraverso fatti noti.
La circostanza che gli atti giudiziari
fossero direttamente conosciuti dal solo
difensore processuale non rileva al fine di
escludere la validità dell’inferenza (posto
che, se così non fosse stato –nel senso che
gli atti fossero stati direttamente portati
a conoscenza della parte–, il problema
neppure si poneva). Non vale, dunque,
richiamare l’orientamento giurisprudenziale
che nega l’esistenza di un onere di
conoscenza della parte rappresentata degli
atti comunicati al suo difensore o di cui
questi abbia conoscenza, giacché il punto è
un’altro: la presunzione risiede proprio nel
fatto che, secondo regole di comune
esperienza, il difensore dialoga con la
parte che rappresenta processualmente sulle
questioni rilevanti per la controversia, a
maggior ragione dopo che la stessa si sia
già conclusa con sentenza
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 12.01.2009 n. 38 - link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Strumenti legittimi per la tutela
delle strade ad uso pubblico.
In caso di
realizzazione di una recinzione che
ostruisce il pubblico uso di un percorso, è
legittimo l’esercizio del potere sindacale
contemplato dall’art. 378 della legge
20.03.1865 n. 2248 all. F, il quale
configura, non già un provvedimento
repressivo in materia edilizia, bensì una
ipotesi di autotutela possessoria iuris
publici in tema di strade sottoposte
all’uso pubblico, che, in quanto tale, trova
il suo unico presupposto nella necessità di
ripristinare l’uso pubblico della strada
senza necessità di ulteriori motivazioni
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2009 n. 25 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI: 1. Annullamento dell'aggiudicazione di un
appalto dopo la stipula del contratto -
Sussistenza dei presupposti per il ricorso
all'autotutela.
2. Annullamento dell'aggiudicazione in via
di autotutela - Giurisdizione G.A.
3. Accertamento dell'anomalia dell'offerta -
Anche in via di autotutela - Valutazione
degli elementi costitutivi "originari" della
proposta contrattuale formulata in sede di
partecipazione alla gara.
1. La giurisprudenza amministrativa,
infatti, riconosce pacificamente alla p.a.
il potere di annullare l'aggiudicazione di
un appalto pubblico anche dopo la
stipulazione del contratto qualora
sussistano i presupposti del ricorso alla
cd. "autotutela", comunemente ravvisati
nella illegittimità dell'atto annullato e
nella sussistenza di un interesse pubblico
da compararsi con quello del privato che
abbia riposto un legittimo affidamento sulla
stabilità dei suoi effetti (Cons. Stato, IV,
21/10/2006 n. 6456; TAR Puglia, Bari,
29/03/2007 n. 944; discorso diverso andrebbe
fatto con riguardo alla revoca della
aggiudicazione per motivi di opportunità e
convenienza la quale, qualora intervenga
dopo la costituzione del rapporto
contrattuale, pare difficilmente
distinguibile dal recesso). Tale regola vale
anche con riguardo all'accertamento relativo
alla anomalia delle offerte, che, qualora
viziato da profili di illegittimità, può
essere rivisto in un momento successivo alla
stipulazione del contratto, posto che, anche
dopo tale momento (e specie se l'appalto è
ancora nella fase iniziale) la p.a conserva
il proprio interesse ad evitare che
l'eccessivo ribasso del corrispettivo
offerto influisca negativamente sulla
corretta esecuzione del servizio.
2. La giurisdizione sull'annullamento in
autotutela della aggiudicazione spetta al GA
in quanto si tratta di un provvedimento che
la p.a. adotta nell'esercizio di poteri di
supremazia relativi alla fase della scelta
del contraente e non nell'ambito della
gestione paritetica del rapporto
contrattuale (Cons. Stato; V, 05/05/1998 n.
677 ma si veda sul punto anche Cass. S.U.
28/08/2008 n. 21928).
3.
L'accertamento della anomalia dell'offerta,
ancorché possa essere effettuato in via di
autotutela anche dopo la stipulazione del
contratto, deve comunque avere esclusivo
riguardo agli elementi costitutivi
"originari" della proposta contrattuale
formulata in sede di partecipazione alla
gara, e giammai può tenere in considerazione
elementi di fatto successivi attinenti la
fase di esecuzione del contratto (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
29.12.2008 n.
6171 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Installazione mezzi pubblicitari -
Provvedimento concessorio.
L'installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di
concessione dell'uso del medesimo, non
bastando a tale scopo il solo provvedimento
autorizzatorio. Infatti, l'autorizzazione
all'esposizione dei mezzi pubblicitari e la
concessione dell'uso del suolo pubblico
presuppongono valutazioni differenti,
essendo attinenti alla tutela di interessi
pubblici diversi: il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra
menzionato giudizio di "non incompatibilità"
dell'attività privata con l'interesse
pubblico, mentre è solamente con il
procedimento concessorio che ha luogo la
valutazione della conformità di tale
attività con il pubblico interesse (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
29.12.2008 n.
6167 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1. Art. 113, d.lgs. n. 267/2000 -
Deliberazioni di costituzione della società
affidataria o di acquisto di partecipazione
di essa - Opzione del modulo gestorio -
Successivo atto di conferimento - Esecuzione
alla presupposta scelta organizzativa -
Lesione interessi imprese aspiranti alla
gestione del servizio - Risale all'adozione
delle predette deliberazioni di
costituzione.
2. Art. 113, d.lgs. n. 267/2000 - Controllo
analogo - Verifica della sussistenza -
Criteri.
1. La giurisprudenza -con ragionamento
svolto in relazione ad una società mista, ma
che sembra estensibile anche alla società a
capitale interamente pubblico- ha
considerato direttamente lesivi gli atti che
definiscono conclusivamente l'opzione del
Comune per il peculiare modello
dell'affidamento diretto ex art. 113 del
d.lgs. n. 267/2000, sottraendo al confronto
concorrenziale l'attribuzione del servizio e
precludendo, in tal modo, alle imprese
interessate di accedere alla relativa
contrattazione (TAR Lombardia, Milano,
Sez. III, 12.05.2004, n. 1685; C.d.S.
Sez. V, 30.08.2005, n. 4428,
confermativa della precedente). In
quest'ottica, si è ritenuto che l'atto di
costituzione della società affidataria o di
successiva acquisizione in essa di una
partecipazione, ad opera di altro Ente
locale, siano i provvedimenti idonei
concretamente a sottrarre dal mercato di
riferimento la possibilità di accesso alla
contrattazione con l'Amministrazione che ha
optato per quella peculiare forma di
gestione diretta del servizio, essendo il
conferimento di quest'ultimo mero atto
consequenziale e, per certi versi,
automatico e vincolato in relazione alla
presupposta scelta del modulo in questione
(cfr. C.d.S., Sez. V, 30.06.2003, n.
3864). Infatti, è proprio con le
deliberazioni di costituzione della società
affidataria, o di acquisto della
partecipazione in essa, che l'Ente manifesta
e cristallizza l'opzione del modulo gestorio
considerato, mentre con il successivo atto
di conferimento si limita a dare esecuzione
necessitata alla presupposta scelta
organizzativa, con il corollario che la
lesione effettiva ed immediata degli
interessi delle imprese che aspirano alla
gestione del servizio risale all'adozione
delle predette deliberazioni, tenuto conto
del carattere conclusivo della
determinazione organizzatoria che esse
implicano (TAR Lombardia, Milano, n.
1685/2004, cit.).
2. La recente giurisprudenza (TAR Lazio,
Roma, n. 9988/2007, cit.) ha affermato che
la verifica della sussistenza del controllo
analogo va condotta secondo un criterio
comunque coerente con le peculiarità della
forma societaria, con esclusione di criteri,
quale quello della sovraordinazione
gerarchica tra controllante e controllato,
inconfigurabili nei confronti degli
organismi di tipo societario. Inoltre, il
controllo da parte dell'Ente pubblico non si
può configurare quale diretto controllo
sulle operazioni di gestione del servizio,
di cui l'Ente locale controllante possa
direttamente disporre ogni minima
regolamentazione.
La verifica del controllo analogo non può
che effettuarsi sul piano dell'esistenza di
previsioni che conferiscano, agli Enti
aventi una partecipazione esigua alla
società affidataria, dei poteri di controllo
nell'ambito in cui si esplica l'attività
decisionale della società tramite gli organi
di questa: poteri che si esplichino non solo
in forma propulsiva, sub specie di proposte
da portare all'ordine del giorno di detti
organi, ma anche -e principalmente- di
poteri di inibizione di iniziative o
decisioni che contrastino con gli interessi
dell'Ente locale nel cui territorio si
esplica il servizio, quali rappresentati
dall'Ente stesso con le suindicate proposte.
Occorre, inoltre, che i predetti poteri
inibitivi siano esercitabili dall'Ente
pubblico come tale, a prescindere dalla
misura della partecipazione di esso al
capitale della società affidataria, ma per
il semplice fatto che l'Ente, nel cui
territorio si svolge il servizio, consideri
le deliberazioni o le attività societarie
contrastanti con i propri interessi ed abbia
per tal ragione il potere di paralizzare le
suddette deliberazioni e attività.
La giurisprudenza ha in particolare
rinvenuto l'esistenza del controllo analogo
in presenza di clausole, contenute nello
statuto societario e nel contratto di
servizio, attributive all'Ente locale
affidante delle seguenti prerogative, che
l'Ente stesso può esercitare, ai fini del
controllo sul servizio, indipendentemente
dalla quota di capitale posseduta (TARLazio, Roma, n. 9988/2007, cit.):
- potere dell'Ente di effettuare nei
confronti dell'organo amministrativo
proposte di iniziative attuative del
contratto di servizio;
- diritto di veto sulle deliberazioni
assunte in modo difforme dal contenuto delle
proposte;
- diritto di recesso dalla società, con
revoca dell'affidamento del servizio,
qualora il Comune abbia diritto di far
valere la risoluzione o comunque lo
scioglimento del contratto di servizio,
nonché nel caso di violazione delle
competenze assembleari, quando cioè l'organo
amministrativo assuma iniziative rientranti
nelle competenze dell'assemblea senza
l'autorizzazione di questa.
A ciò si sono poi aggiunte la riserva
all'assemblea ordinaria del potere di
trattare argomenti inerenti a pretese o
diritti delle società sugli Enti locali
nascenti dal contratto di servizio e il
diritto di veto di ogni Ente locale
interessato sulle relative determinazioni.
Affinché si possa parlare di un "controllo
analogo", infatti, ad avviso del Collegio
tale prescrizione deve intendersi nel senso
che il veto comunale abbia un valore analogo
a quello di un parere vincolante: il
consiglio di amministrazione dovrà, in ogni
caso, uniformare le sue determinazioni
all'avviso espresso dal Comune e non potrà
discostarsene limitandosi ad indicare, a
propria volta, i motivi per cui ritiene di
non condividere le affermazioni del Comune (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
10.12.2008 nn.
5758 - 5759 - 5760 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Installazione di impianto pubblicitario
su suolo pubblico - Provvedimento concessorio - E' necessario.
Qualora l'installazione dell'impianto
pubblicitario debba avvenire su suolo
pubblico, si rende necessario un esplicito
provvedimento concessorio (cfr. TAR,
Lombardia, Milano, Sez. IV, 06.10.2008 n.
4709) della legalità (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
05.12.2008 n.
5718 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Comunicazione
di avvio del procedimento - Atti volti ad
accertare situazioni di fatto - Non è
dovuta.
La comunicazione di avvio del procedimento
non è dovuta nel caso di atti volti ad
accertare una situazione di fatto non
conforme alla disciplina vigente, quale la
constatazione di un abusivo posizionamento
di mezzi pubblicitari. Tali provvedimenti
sono esplicazione, infatti, di un'attività
dovuta, priva di discrezionalità e rispetto
dell'esercizio della quale nessuna utilità
potrebbe avere la partecipazione al
procedimento del destinatario del
provvedimento sanzionatorio e preordinato al
ripristino della legalità (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
05.12.2008 n.
5718 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il procedimento di autotutela
richiede la comunicazione di avvio.
La preventiva
comunicazione di avvio del procedimento, di
cui all’art. 7, L. 241/1990, costituisce un
principio generale dell’azione
amministrativa soprattutto quando
l’amministrazione esercita il potere di
autotutela, espressione della propria
discrezionalità, in cui occorre dare
adeguatamente conto della sussistenza di un
interesse pubblico concreto ed attuale alla
rimozione dell’atto o alla cessazione dei
suoi effetti
(TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 27.11.2008 n. 10810 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Concessione
edilizia, permesso di costruire, DIA -
Impugnazione - Termine - Decorrenza - Dal
completamento dei lavori - Dall'effettiva
conoscenza del provvedimento.
Il termine per l'impugnazione
giurisdizionale delle concessioni edilizie
va al più tardi fatto decorrere dal
completamento dei lavori di costruzione
dell'immobile contestato, e ciò sempre che
non ricorrano elementi che consentano di
reputare l'atto censurato effettivamente
conosciuto dal terzo già in epoca anteriore (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
27.11.2008 n.
1710 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Oneri di
costruzione - Asilo-nido - Opera di
urbanizzazione secondaria - Esenzione - Non
sussistenza.
Non appare condivisibile la tesi che
valorizzando la qualificazione
dell'asilo-nido come opera di urbanizzazione
secondaria (art. 16, co. 8, DPR 380/2001; art.
44, co. 4, LR 12/2005) ne pretende l'esenzione
totale dal contributo di costruzione (art.
17, co. 3, lett. c), DPR 380/2001) ovvero lo
scomputo della quota del contributo di
costruzione relativa agli oneri di
urbanizzazione (art. 16, co. 2, DPR 380/2001;
art. 45 LR 12/2005).
Nell'ipotesi relativa
all'esenzione totale, infatti, il privato
realizza un'opera espressamente qualificata
di interesse pubblico nello strumento
urbanistico generale o nei piani attuativi,
l'utilità per l'amministrazione deriva
direttamente dalla realizzazione dell'opera
e pertanto l'esenzione è automatica. Non
ricorre tuttavia questa fattispecie quando
lo strumento urbanistico si limita ad
autorizzare una destinazione d'uso
implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni.
L'ammissibilità di queste
opere in una certa zona del territorio non
equivale al riconoscimento del loro
interesse pubblico ma è soltanto una regola
che disciplina l'interesse economico dei
privati.
Quanto alle norme riguardanti lo
scomputo parziale o totale degli oneri di
urbanizzazione, se l'opera di urbanizzazione
per cui si chiede lo scomputo è la stessa
opera oggetto del permesso di costruire si
ricade nella fattispecie di esenzione,
mentre, normalmente, lo scomputo riguarda
opere aggiuntive rispetto a quella di
interesse dei privati. Si tratta però di
opere che una volta realizzate non rimangono
nella disponibilità dei privati ma vengono
acquisite al patrimonio indisponibile del
comune (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
27.11.2008 n.
1704 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: PGT - Destinazioni
specifiche - Realizzabili ad iniziativa
privata o promiscua - Destinazione ad
edilizia popolare - Vincolo Espropriativo -
Non sussistenza.
Non vanno considerati espropriativi i
vincoli che importano destinazioni, anche di
contenuto specifico, realizzabili ad
iniziativa privata o promiscua, ovvero sia
pubblica sia privata, e non postulino di
necessità espropriazione o interventi ad
esclusiva iniziativa pubblica; a ben vedere,
infatti, detti vincoli non privano il
contenuto del diritto di proprietà ma si
limitano a imporre al titolare intenzionato
a trarne le relative utilità di seguire una
data procedura: tale è da ritenere il caso
di vincolo imposto dall'amministrazione
comunale su terreni classificati ATR3 e
destinati in tal modo ad edilizia popolare (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
26.11.2008 n.
1699 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Oneri di
costruzione - Ripetizione - Ammissibilità -
Riserva di ripetizione - Non necessità.
2. Oneri di
costruzione - Asilo-nido - Qualificazione -
Attività socio-assitenziale - Sussistenza.
1. Il semplice fatto di avere in origine
corrisposto gli oneri richiesti senza
riserva alcuna di ripetizione, come del
resto è normale per qualunque cittadino, non
vale implicita rinuncia a ripeterli ove non
dovuti, per il noto principio secondo il
quale una rinuncia al proprio diritto deve
essere formulata in modo espresso e non si
presume.
2. Ai fini della determinazione degli oneri
di costruzione, l'asilo nido, anche se
gestito da privati, va considerato una
attività socio-assistenziale e non
un'attività commerciale, a nulla rilevando
il fatto che risulti avere dimensioni
significative (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
26.11.2008 n.
1698 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Procedimento
- Apposizione del vincolo urbanistico -
Presupposto imprescindibile.
Relativamente al progetto preliminare e
quello definitivo (contenente dichiarazione
di p.u.) per la realizzazione di una pista
ciclabile il cui tracciato interessava anche
l'area di proprietà del ricorrente, il
Collegio ritiene fondato ed assorbente il
primo motivo di ricorso: a norma dell'art. 8
del D.P.R. 327/2001 il procedimento di
espropriazione per p.u. deve avere inizio
con la apposizione del vincolo urbanistico a
tal fin preordinato, il quale costituisce
presupposto imprescindibile affinché l'area
possa essere espropriata (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
19.11.2008 n.
5453 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Procedura
evidenza pubblica - Nuova procedura - Revoca
precedente gara.
Nelle procedure ad evidenza pubblica il
venir meno dell'aggiudicazione, per
decisione giurisdizionale o in via di
autotutela, restituisce all'amministrazione
la piena potestà di diritto pubblico di
determinarsi nel modo che ravvisa più
opportuno per la cura del pubblico interesse
e, pertanto, anche di non avvalersi degli
atti legittimi della procedura espletata e
di revocare gli atti che vi hanno dato
luogo; di conseguenza, è legittimo il
provvedimento con cui l'amministrazione, a
seguito della revoca della precedente gara,
abbia ritenuto opportuno rinnovare
integralmente la procedura ricorrendo a un
diverso criterio di scelta del contraente (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza
19.11.2008 n.
5450 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Giustizia amministrativa - Legittimazione
ad impugnare - Esistenza di un interesse
attuale e concreto - Necessità - Generica
aspirazione alla legittimità dell'azione
amministrativa - Inammissibilità.
La legittimazione ad impugnare un
provvedimento amministrativo deve essere
direttamente correlata alla situazione
giuridica sostanziale che si assume lesa, e
postula l'esistenza di un interesse attuale
e concreto, mentre non è tutelabile la
generica aspirazione all'oggettiva
legittimità dell'azione amministrativa, con
conseguente ampliamento della legittimazione
attiva al di fuori dei casi espressamente
previsti dalla legge, in insanabile
contrasto con il carattere di giurisdizione
soggettiva che la normativa legislativa e
quella costituzionale hanno attribuito al
vigente sistema di giustizia amministrativa (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza
14.11.2008 n.
1636). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Comune e Provincia - Consigliere - Atti
del Consiglio - Legittimazione ad impugnare -
Non sussistenza.
I componenti di un organo collegiale, nella
specie un Consigliere comunale non sono
legittimati ad impugnare atti assunti dal
consesso a cui appartengono, salva la
sussistenza di violazioni che hanno
compromesso il diritto del singolo a poter
esercitare con pienezza il mandato, oppure
che hanno provocato la lesione di un
interesse individuale attinente alla carica (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza
14.11.2008 n.
1636). |
LAVORI PUBBLICI: Appalto
di lavoro - Somministrazione di manodopera -
Nozione e differenze - Mancanza di
conferimento dei mezzi - Ammissibilità.
Può sussistere appalto di lavoro per i
servizi ai sensi dell'art. 29 comma 1 del Dlgs. 276/2003 anche in mancanza di
conferimento di mezzi: l'appalto di lavoro
si caratterizza, in effetti, per
l'organizzazione dei mezzi necessari da
parte dell'appaltatore, che può anche
risultare, in relazione alle esigenze
dell'opera o del servizio dedotti in
contratto, dall'esercizio del potere
organizzativo e direttivo nei confronti dei
lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché
per la assunzione, da parte del medesimo
appaltatore, del rischio d'impresa. Gli
elementi necessari perché vi sia appalto di
lavoro sono quindi l'organizzazione dei
mezzi e l'assunzione del rischio di impresa.
L'organizzazione dei mezzi non coincide con
il diretto e personale conferimento delle
attrezzature destinate al servizio ma
principalmente con l'assunzione e la
direzione degli operatori impiegati (in base
al comma 3-bis dell'art. 29 del Dlgs.
276/2003 qualora vi fosse interposizione
fittizia i lavoratori interessati potrebbero
chiedere al giudice ordinario la
costituzione di un rapporto di lavoro alle
dipendenze al soggetto che ha effettivamente
utilizzato la prestazione lavorativa).
I
mezzi materiali possono essere perciò
forniti anche dal soggetto che riceve il
servizio, purché la responsabilità del loro
utilizzo rimanga in capo all'appaltatore e
purché attraverso la fornitura di tali mezzi
non sia invertito il rischio di impresa, che
deve in ogni caso gravare sull'appaltato (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
13.11.2008 n.
1627 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Viabilità agro-silvo-pastorale - Strada
vicinale - Manutenzione - Oneri a carico dei
Comuni - Soggezione a pubblico transito -
Soggezione a uso pubblico - Differenze.
La misura della partecipazione dei comuni
agli oneri di manutenzione ordinaria e
straordinaria delle strade vicinali va
definita sulla base dell'art. 3 del DLLgt.
1446/1918, il quale prevede una misura
variabile da 1/5 fino a metà della spesa a
seconda dell'importanza delle strade.
Condizione essenziale perché possa sorgere
l'obbligo di contribuzione è che le vicinali
siano soggette a pubblico transito. Se una
strada vicinale può essere percorsa
indistintamente da tutti i cittadini per una
molteplicità di usi e con una pluralità di
mezzi, non può essere negata la presenza del
pubblico transito solo perché materialmente
la strada si presenta disagevole in alcuni
tratti e poco frequentata nel complesso.
L'uso pubblico, assimilabile a una servitù
collettiva, legittima i comuni a introdurre
alcune limitazioni al traffico, ad esempio
vietando l'uso di alcuni mezzi (specie di
quelli molto impattanti) in modo
continuativo o in particolari periodi, come
per il resto della viabilità comunale ma
l'apposizione di limiti e divieti non fa
venire meno la caratteristica del pubblico
transito e quindi non esime i comuni
dall'obbligo di contribuire alla
manutenzione.
L’esistenza dell’obbligo in capo ai comuni è
indipendente dalla formazione di un
consorzio tra gli utenti, sia nella forma
facoltativa di cui all’art. 2 del DLLgt.
1446/1918 sia nella forma obbligatoria di
cui all’art. 14 della legge 12.02.1958 n.
126. La costituzione del consorzio è
necessaria per imporre la ripartizione delle
spese tra i privati, mentre nei confronti
del comune competente per territorio
l’obbligo di finanziamento è una conseguenza
automatica del diritto di uso pubblico
secondo il principio generale dell’art. 1069
cc. in materia di opere necessarie per la
conservazione della servitù. Poiché l’uso
pubblico è il risultato di un insieme di
comportamenti omogenei ripetuti nel tempo,
il contenuto del diritto ha un’estensione
mediana e riflette l’utilità collettiva e
non quella di ogni singolo utente. Pertanto
i comuni non sono tenuti a introdurre nelle
strade vicinali caratteristiche tecniche
idonee a soddisfare speciali esigenze di
transito di alcuni utenti.
Tuttavia la manutenzione deve tenere conto
degli interessi pubblici collegati alla
viabilità, e in particolare
dell’utilizzazione della strada per il
servizio antincendio, le emergenze sanitarie
e gli interventi di protezione civile.
Queste considerazioni riassumono i criteri
con cui deve avvenire il riparto della spesa
tra i comuni e i privati.
Un ulteriore criterio è costituito dalla
presenza di un “consumo notevole” della
strada da parte di un singolo utente o un
gruppo ristretto ai sensi dell’art. 9 del
DLLgt. 1446/1918. In effetti se vi è uno
squilibrio nell’utilizzazione, nel senso che
la strada è di fatto al servizio di pochi
anziché della collettività, l’onere
economico deve gravare in misura
proporzionale su questi ultimi, a
prescindere dalla formale istituzione di un
consorzio (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
11.11.2008 n.
1602 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Barriere
architettoniche - Nozione - Negativa -
Ammissibilità.
La definizione di barriera architettonica
codificata dall'art. 1 comma 2 del DPR
503/1996, a cui rinvia l'art. 78, comma 1, del
DPR 380/2001, non comprende soltanto gli
ostacoli fisici che impediscono l'uso
normale degli spazi pubblici e quindi, per
effetto del richiamo, anche di quelli
privati: le norme citate non fanno, infatti,
riferimento a una condizione normale di
fruizione degli spazi edificati rispetto
alla quale la barriera architettonica si
configurerebbe quale addizione rimovibile,
come se la normalità fosse conseguibile per
rimozione dell'ostacolo.
La legislazione
sulle barriere architettoniche, a partire
dall'art. 27 L. 1187/1971, è invece
focalizzata sulla qualità della vita di
relazione del soggetto disabile, che deve
essere facilitata tenendo presenti le
condizioni mediche individuali e le esigenze
terapeutiche, lavorative e familiari. Non
può esservi quindi una definizione di
barriera valida per tutti e soprattutto
occorre riconoscere che la nozione di
barriera può essere anche negativa, ossia
può consistere nella mancanza di strutture
idonee a facilitare le attività e i
comportamenti che i soggetti disabili
potrebbero comunque eseguire ma con impegno
e rischi superiori. Lo stesso elenco di cui
all'art. 1, comma 2, del DPR 503/1996
qualifica come barriera ogni impedimento
alla "comoda e sicura utilizzazione" di
spazi e attrezzature (lett. b) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
11.11.2008 n.
1601 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra
pareti finestrate - Portico aperto su tre
lati - Non si applicano.
Non ricorrono i presupposti per applicare
la distanza minima di 10 metri verso pareti
finestrate prevista dall'art. 9, comma 1, n. 2,
DM 02.04.1968 n. 1444, in caso di
realizzazione di un portico, destinato a
rimanere aperto su tre lati, e quindi è
inidoneo a costituire le strette
intercapedini vietate sotto il profilo
igienico-sanitario dalla suddetta norma (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
11.11.2008 n.
1601 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: I
componenti di un organo collegiale non sono
legittimati ad impugnare atti assunti
dall’organo a cui appartengono, salvo che
non vengano dedotte violazioni che hanno
compromesso il diritto del singolo (o del
gruppo consiliare) a poter esercitare con
pienezza il mandato.
La Sezione deve richiamare un recente
arresto del Tribunale (sez. II, 24.12.2007,
n. 4447), anch’esso relativo alla vexata
quaestio dei limiti della legittimazione
che si deve riconoscere ai membri di organi
collegiali elettivi o amministrativi ad
impugnare i provvedimenti adottati
dall’organo di cui essi fanno parte.
Nella sentenza n. 4447/2007, il TAR ha
statuito che “….Tra le regole altrettanto
consolidate del giudizio amministrativo vi è
anche quella secondo cui i componenti di un
organo collegiale non sono legittimati ad
impugnare atti assunti dall’organo a cui
appartengono, salvo che non vengano dedotte
violazioni che hanno compromesso il diritto
del singolo (o del gruppo consiliare) a
poter esercitare con pienezza il mandato (ad
esempio, la mancata tempestiva ostensione
degli atti presupposti ad una deliberazione
o il mancato tempestivo avviso della data
della seduta del consiglio, etc.) oppure,
naturalmente, la lesione di un interesse
individuale del consigliere [….].
L'interesse al rispetto di tali norme è da
intestare, ovviamente, ai titolari delle
posizioni giuridiche incise dall’atto.
Fra costoro non possono essere ricompresi i
componenti del Collegio dissenzienti.
La volontà espressa nella deliberazione
collegiale è ascritta al Collegio nel suo
insieme, non alla componente che ha votato a
favore della determinazione interessata; non
è logico che al singolo componente del
Collegio venga riconosciuto un interesse
oppositivo a tutela di una situazione che
non è riferibile a lui in via esclusiva
(quale è l’interesse, ad esempio, ad essere
informato nei tempi e nei modi dovuti), ma è
riferibile ad ogni componente del Collegio
ed è come tale indifferenziata.
In altre parole, il componente elettivo di
un organo collegiale, una volta esclusa la
vincolatività del mandato ricevuto dagli
elettori e cioè la rappresentatività da
parte degli eletti di una certa parte degli
elettori, è portatore dell’interesse
collettivo al pari di ogni altro soggetto
eletto; la posizione dell’uno è pari a
quella dell’altro, l’una è indifferenziata
rispetto all’altra. Né si può ritenere che
l’abolizione dei controlli abbia creato un
vuoto nei mezzi di tutela della legittimità,
vuoto da riempire con l’ampliamento
dell’ammissione alla tutela giurisdizionale.
Tale esigenza (se esistente) non può essere
soddisfatta a scapito dei principi che
regolano l’accesso in questione, fra i quali
è da annoverare il carattere differenziato
dell’interesse….”
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 11.03.2008 n. 767 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 09.03.2009 |
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GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Lombardia,
LEGGE
CONSIGLIO REGIONALE N. 121/2009.
"Disposizioni in materia di territorio e
opere pubbliche – collegato ordinamentale"
approvata dal Consiglio Regionale nella
seduta del 03.03.2009 in attesa di
pubblicazione sul B.U.R.L..
Posticipa di 1 anno (entro il 31.03.2010) il
termine entro cui dotarsi del PGT con
modificazioni/integrazioni varie alla L.R.
n. 12/2005. |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 9
del 06.03.2009, "Valori agricoli medi
validi per l'anno 2009 dei terreni,
considerati liberi da vincoli di contratti
agrari, secondo i tipi di coltura
effettivamente praticati, determinati
nell'ambito delle singole regioni agrarie
lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del
d.P.R. 08.06.2001, n. 327 e successive
modificazioni ed integrazioni" (comunicato
regionale 25.02.2009 n. 28 - link
a www.infopoint.it). |
QUESITI & PARERI |
URBANISTICA: Validità
convenzione edilizia residenziale pubblica.
Il Comune XXX chiede un chiarimento in
merito alla perdurante validità delle
clausole di una convenzione disciplinante un
intervento di edilizia residenziale pubblica
stipulata in epoca anteriore alla data di
entrata in vigore della L. 179/1992 e della
L. 85/1994 che, come noto, hanno apportato
rilevanti modifiche nella materia in
questione.
Più precisamente, i termini della vicenda
sono i seguenti:
= codesto Comune, in data 29.09.1987, ha
stipulato con la società Co.RE.C.E.P. s.r.l.
una convenzione ai sensi dell’art. 35 L.
865/1971 per la cessione in proprietà di
aree P.E.E.P. su cui realizzare interventi
di edilizia residenziale pubblica;
= nello specifico, l’intervento prevedeva la
costruzione di sei alloggi di “edilizia
agevolata” finanziati ai sensi della L.
457/1978 e di altrettanti alloggi di
“edilizia convenzionata” da realizzarsi
secondo i criteri di cui alla medesima L.
457/1978;
= la convenzione disciplinava:
- i criteri e le modalità di prima
assegnazione degli alloggi (art. 10);
- il prezzo massimo per le cessioni
successive (art. 11);
- i criteri e le modalità per la vendita e
la locazione degli alloggi che, comunque,
restavano riservati ai soggetti in possesso
dei requisiti stabiliti per gli alloggi
E.R.P. e presupponevano il consenso del
Comune agli atti dispositivi (art. 13);
- il diritto di prelazione del Comune per le
cessioni successive alla prima a pena di
nullità degli atti di vendita (art. 16);
- l’estinzione del diritto di proprietà
vantato dai concessionari per l’ipotesi di
cessazione della convenzione, con
acquisizione della proprietà dell’edificio e
dei
singoli alloggi in capo al Comune (art. 20).
Il Comune si chiede ora se le modifiche
introdotte dalla L. 179/1992 e dalla L.
85/1994 abbiano inciso sui contenuti della
convenzione predetta ed, in particolare,
chiede allo scrivente Servizio di Consulenza
di fornire chiarimenti su tre precisi
aspetti:
- la durata da attribuire alla convenzione,
non essendo tale durata convenuta nel testo
sottoscritto dal Comune e dalla Co.RE.C.E.P.
s.r.l.;
- le condizioni a cui sono attualmente
subordinate le vendite degli alloggi di
“edilizia agevolata” e di “edilizia
convenzionata”;
- il termine di validità delle varie
condizioni previste nella convenzione (Regione Piemonte,
parere n.
116/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Problematiche
manufatti abusivi.
Il Comune XXX pone due quesiti in merito
alla realizzazione di alcuni manufatti,
definiti “altane”, abusivamente realizzati
nel territorio comunale, in area boscata e,
più precisamente, nella “riserva dove si
esercita l’attività dell’Azienda
Agrituristico Venatoria denominata XXX.
Precisa il Comune che le predette “altane”
sono state realizzate in legno grezzo e
presentano una “tipologia comunemente
utilizzata per l’esercizio dell’attività
venatoria di prelievo selettivo di ungulati,
di avvistamento e censimento”, essendo
usualmente utilizzate “per l’esercizio
dell’attività venatoria in sicurezza,
costituendo dei piccoli ripari atti ad
ospitare una persona, rialzati dal suolo,
sfruttando l’appoggio ad un tronco d’albero
e sostenuti da pali in legno infissi nel
terreno”.
I manufatti realizzati nel caso concreto
presentano dimensioni di circa mt. 1,50 x
1,50 e un’altezza di circa mt. 5,00: gli
stessi risultano essere stati sottoposti a
sequestro giudiziario, come segnalato al
Comune dal Corpo Forestale dello Stato.
Segnala il Comune che né le Norme Tecniche
del P.R.G.C. vigente né il Regolamento
Edilizio “danno indicazioni in merito alla
costruzione di altane per la caccia”, e che
con nota prot. n. 7298/13.4 del 6.9.2006, la
Regione Piemonte Settore Caccia e Pesca ha
stabilito che “le cosiddette altane non
possono essere considerate come appostamenti
fissi ai sensi della L. 157/1992, in quanto
non sono considerati fissi ai sensi e per
gli effetti di cui all’art. 12 comma 5, gli
appostamenti per la caccia degli ungulati”.
Ciò premesso, il Comune XXX chiede:
1. se le altane sopra descritte siano da
considerarsi manufatto di tipo edilizio per
il quale sia prescritto il rilascio del
permesso a costruire;
2. se per le altane di cui sopra, che
ricadono in zona boscata, sia necessaria
l’autorizzazione paesaggistica ai sensi del
decreto legislativo n. 42/2004 in tema di
beni culturali (Regione Piemonte,
parere n.
115/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Competenze
progettuali geometri.
Il Comune XXX richiede parere in merito alla
questione della competenza dei geometri
nella progettazione di strutture in cemento
armato.
Il caso proposto riguarda la competenza di
un geometra a progettare e a dirigere i
lavori di ricostruzione di un solaio di
circa 40 mq., realizzato in conglomerato
cementizio armato normale, precompresso e a
struttura metallica. L’intervento edilizio
riguarda un fabbricato a destinazione
commerciale e residenziale.
Il professionista, a sostegno della propria
competenza a progettare opere in cemento
armato, ha evidenziato la modesta entità
delle stesse e ha richiamato atti e sedi nei
quali sarebbe confermata la competenza
medesima (Regione Piemonte,
parere n.
113/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Approvate le modifiche alla legge
urbanistica lombarda n. 12/2005
(comunicato stampa 03.03.2009 - link a
www.consiglio.regione.lombardia.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Pareri legali riservati. I
consiglieri non possono accedere agli atti
relativi a controversie in corso.
OSSERVATORIO VIMINALE - Può essere chiesto
da un consigliere l'accesso a un parere
legale?
L'accesso dei consiglieri comunali e
provinciali agli atti amministrativi
dell'ente locale, disciplinato dall'art. 43,
comma 2. del Tuel n. 267/2000, si configura
come un istituto giuridico posto al fine di
consentire al consigliere comunale di poter
esercitare il proprio mandato, verificando e
controllando il comportamento degli organi
istituzionali decisionali del comune.
Secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza da tale finalizzazione
consegue che «i consiglieri comunali hanno
diritto di accesso a tutti gli atti che
possano essere d'utilità all'espletamento
del loro mandato, senza alcuna limitazione»
in quanto «qualsiasi limitazione verrebbe a
restringere la possibilità di intervento,
sia in senso critico sia in senso
costruttivo, incidendo negativamente sulla
possibilità d'integrale espletamento del
mandato ricevuto». Al consigliere comunale
(o provinciale) non può, pertanto, essere
opposto alcun diniego (salvo i pochi casi
eccezionali e contingenti, da motivare
puntualmente e adeguatamente, e salvo il
caso -da dimostrare- che lo stesso agisca
per interesse personale), determinandosi
altrimenti un illegittimo ostacolo al
concreto esercizio della sua funzione, che è
quella di verificare che il sindaco e la
giunta municipale esercitino correttamente
la loro funzione. Il Consiglio di stato ha
tuttavia affermato che il consigliere
comunale è soggetto al rispetto di alcune
forme e modalità quali, ad esempio,
l'obbligo «di formulare istanze in maniera
specifica e dettagliata recando l'esatta
indicazione degli estremi identificativi
degli atti e dei documenti o, qualora siano
ignoti tali estremi, almeno degli elementi
che consentano l'individuazione dell'oggetto
dell'accesso». L'adempimento, infatti, non
può risultare eccessivamente gravoso per
l'ente locale e intralciare lo svolgimento
dell'attività amministrativa con riflessi
negativi sul regolare funzionamento degli
uffici comunali. Per quanto riguarda la
problematica relativa all'accesso ad un
parere legale, il Consiglio di stato ha
affermato, in linea generale, che
l'innovazione legislativa apportata dalla
citata legge 241/1990, «per quanto radicale,
non travolge le diverse ipotesi di segreti,
previsti dall'ordinamento, finalizzati a
tutelare interessi specifici, diversi da
quello preordinato alla mera protezione
dell'esercizio della funzione
amministrativa» (Cds sez. IV, 13.10.2003, n.
6200). L'Alto consesso ha osservato che il
segreto professionale «gode di una tutela
qualificata, dimostrata dalla specifica
previsione degli articoli 622 del codice
penale e 200 del codice di procedura penale»
ed ha indicato varie ipotesi di consulenza
legale tra le quali quella di consulenza
legale che «interviene in una fase
intermedia, successiva alla definizione del
rapporto amministrativo all'esito del
procedimento, ma precedente l'instaurazione
di un giudizio o l'avvio dell'eventuale
procedimento precontenzioso». Ha, quindi,
identificato tre diverse fattispecie di
parere legale, a seconda del contesto in cui
lo stesso viene richiesto che influisce
sulla disciplina dell'accesso ai documenti.
In primo luogo, è stata analizzata l'ipotesi
dei pareri e delle consulenze, richiesti
nell'ambito di un'istruttoria volta
all'adozione di un atto finale nel quale
viene anche citato per motivarne l'adozione.
Si tratta quindi, di pareri legali con
funzione endoprocedimentale che, pur traendo
origine da un rapporto privatistico,
caratterizzato dalla riservatezza della
relazione tra professionista e cliente,
risultano assoggettati all'accesso, in
quanto oggettivamente correlati ad un
procedimento amministrativo.
Altra ipotesi è quella in cui il ricorso
alla consulenza avvenga a seguito di un
procedimento contenzioso (giudiziario,
arbitrario o amministrativo) oppure dopo
l'avvio di attività precontenziose tipiche
(tentativo obbligatorio di conciliazione) e
sia, pertanto, finalizzato alla definizione
di una strategia difensiva. Infine, è stata
evidenziata una terza ipotesi in cui si
profila la possibilità che la richiesta di
parere legale avvenga in una fase
intermedia, successiva alla definizione del
rapporto amministrativo all'esito del
procedimento ma precedente l'instaurazione
di un giudizio o l'avvio dell'eventuale
procedimento contenzioso, in modo da
consentire all' amministrazione di
articolare una linea difensiva in ordine ad
una potenziale lite. In queste due ultime
ipotesi, l'orientamento del Consiglio di
stato è che tali pareri legali, chiesti a
fini difensivi, siano sottratti all'accesso
e restino, pertanto, tutelati dal segreto» (vedasi
Cds, sez. V, 26.09.2000, n. 5105 ed anche
Cds, sez. V, 02.04.2001, n. 1893). Anche la
Commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi con parere deliberato in data
20 aprile 2004, ha sostenuto che «sono
sottratti all'accesso i pareri legali
relativi a controversie in atto o in potenza
e relativa corrispondenza, in quanto
ineriscono all'attività di consulenza legale
che esula dall'attività amministrativa vera
e propria ed appartiene alla sfera di
riserbo che caratterizza i rapporti tra
l'avvocato ed il suo assistito e, quindi,
sono tutelati dalla legge attraverso il
segreto professionale». (articolo
06.03.2009 tratto da ItaliaOggi,
Numero 055, pag. 17 - link a
http://rassegnastampa.formez.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Note e commenti al Decreto del Ministero
dello Sviluppo economico 22.01.2008, n. 37
"Regolamento recante riordino delle
disposizioni in materia di attività di
installazione degli impianti all'interno
degli edifici".
Con il D.M. del 22.01.2008 n. 37 (pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 61 del
12.03.2008) il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, ha riorganizzato la disciplina
relativa alle “attività di installazione
degli impianti all’interno degli edifici”.
Il testo ne analizza il contenuto e ne
evidenzia le criticità (link a
www.centrostudicni.it). |
APPALTI:
D. Zonno,
ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL
CONTRATTO: LE NUOVE FRONTIERE DELLA “TUTELA
REALE” DINANZI A GIUDICE AMMINISTRATIVO
(nota a TAR Molise 24.09.2008 n. 719)
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Gara
d'appalto - Offerte - Criterio per
formulazione ribassi percentuali - Numero
massimo cifre decimali - Previsto nella lex
specialis - Va osservato per tutte le
offerte.
Gara d'appalto - Per formulazione ribassi
percentuali - Numero massimo cifre decimali
- Previsto nella lex specialis - Non trova
automatica applicazione per la
determinazione della soglia di anomalia.
Gara d'appalto - Determinazione della soglia
di anomalia - Utilizzo numero decimali
omogeneo e sufficientemente ampio -
Legittimità.
Ritenuto in diritto:
Nella presente fattispecie si pone il
problema dell’individuazione del numero di
cifre decimali dopo la virgola, da
considerare al fine sia della determinazione
dei ribassi offerti dai concorrenti sia del
calcolo delle medie e della soglia di
anomalia.
Nel caso di specie, la S.A. ha dettato una
specifica regola per la formulazione delle
percentuali di ribasso in calce al modello
fornito della lista delle categorie di
lavoro e forniture, limitandole
espressamente alla seconda cifra decimale
dopo la virgola. Tale modello doveva essere
utilizzato a pena di esclusione dalle
imprese partecipanti, secondo quanto
prescritto al punto 11 del disciplinare di
gara; questa indicazione, tuttavia, è stata
osservata solo da tre delle sei imprese in
gara.
Ne segue che ragioni di parità di
trattamento e di coerenza sistematica
impongono di ricorrere, per tutte le offerte
presentate, all’unico criterio espressamente
previsto dalla S.A. in ordine al numero di
cifre decimali ammesse nella formulazione
dell’offerta, vale a dire con due cifre
decimali, con conseguente troncamento dei
ribassi formulati con tre cifre decimali.
Risolta la prima questione, si pone ora il
problema di stabilire come determinare il
numero di cifre decimali da considerare per
le operazioni aritmetiche successive,
relative al calcolo delle medie e della
soglia di anomalia.
Pare opportuno partire dalle indicazioni
fornite dall’Autorità con la deliberazione
n. 114/2002, richiamata dalle parti della
presente controversia, nella quale è stata
evidenziata la necessità che i bandi di gara
contengano esplicite disposizioni sulle
modalità di calcolo delle medie, stabilendo
espressamente il numero di cifre decimali da
prendere in considerazione per tale calcolo
e le modalità di arrotondamento. L’Autorità
ha altresì affermato che, nei soli casi di
mancanza di una esplicita disciplina da
parte della lex specialis, il calcolo delle
medie deve essere effettuato con un numero
di cifre decimali pari al maggior numero di
cifre proposto dai concorrenti.
Conseguentemente, in base a tali
indicazioni, si potrebbe essere indotti a
ritenere che la S.A. avrebbe dovuto
effettuare il calcolo delle medie
utilizzando tre cifre decimali, pari al
maggior numero di cifre proposto dagli
offerenti.
Tuttavia, come chiarito anche dalla
giurisprudenza (Consiglio di Stato,
1277/2003), quest’ultimo criterio dettato
dall’Autorità (con riguardo al calcolo delle
medie con un numero di cifre decimali pari
al maggior numero di cifre proposto dai
concorrenti in assenza una specifica
apposita disciplina del bando) opera solo
nell’ipotesi in cui le offerte dei
concorrenti non siano espresse in modo
omogeneo, il che si verifica quando non sia
stato chiarito nel bando di gara il numero
di cifre decimali utilizzabili dalle imprese
per l’indicazione dei ribassi.
Nella presente fattispecie, invece, la S.A.
ha espressamente determinato il numero di
cifre decimali da utilizzare per le
percentuali di ribasso, regola che, come
sopra osservato, deve essere applicata in
modo da ricondurre ad uniformità le
percentuali di ribasso di tutti i
concorrenti, considerando un numero di due
cifre decimali per tutti i ribassi.
Ne segue che i criteri suggeriti
dall’Autorità con la deliberazione n.114 del
2002, appena analizzata, non possono trovare
applicazione nella vicenda in esame.
Occorre, allora, considerare se sia
giuridicamente possibile procedere alla
determinazione delle medie e della soglia di
anomalia, effettuando il relativo calcolo
con il medesimo criterio previsto dalla S.A.
per le percentuali di ribasso o, in altri
termini, si deve verificare se l’indicazione
contenuta nel bando relativa al numero di
cifre decimali ammesse per la formulazione
dei ribassi assurga a criterio vincolante
per la S.A. anche per la determinazione
della soglia di anomalia e della migliore
offerta.
Depone a favore della soluzione negativa, in
primo luogo, la considerazione che, per
pacifica giurisprudenza, in assenza di
un’espressa specifica previsione della lex
specialis della gara, non è consentito alla
P.A. procedere ad arrotondamenti nel calcolo
delle medie e nella determinazione della
soglia di anomalia, costituendo ogni
arrotondamento non previsto dalla lex
specialis della gara una deviazione dalle
regole matematiche da applicare in via
automatica.
In secondo luogo, la giurisprudenza
(Consiglio di Stato, sentenza n. 6561 del
2006) ha altresì chiarito che, quand'anche
la S.A. abbia previsto un criterio per la
formulazione dei ribassi percentuali, detta
regola -nel silenzio del bando- non
necessariamente deve applicarsi in modo
automatico anche alla determinazione della
soglia di anomalia, che è un momento
differente e per il quale non vale
obbligatoriamente il medesimo modus
operandi. Infatti, mentre l’arrotondamento
dei ribassi offerti ha il solo scopo di
assicurare la loro omogeneità, diversa è la
realtà dei calcoli successivi, che
contengono quozienti e che quindi possono
comportare un numero di decimali anche
elevato. Secondo il Supremo Consesso «non
è dato […] intravedere alcun rigido
collegamento tra la formulazione dei ribassi
di offerta e i calcoli successivi per la
determinazione della soglia di anomalia […]»,
potendo semmai la Commissione «per motivi
di convenienza o per comodità di calcolo,
[…]procedere ad un troncamento o ad un
arrotondamento della soglia di anomalia, ma
alla condizione (imprescindibile) di
conservare un numero di decimali sufficiente
ad evitare di falsare il risultato del
calcolo e quindi di danneggiare alcuno dei
concorrenti».
Conseguentemente la S.A., non essendo
autovincolata ad utilizzare nella
determinazione della soglia di anomalia, con
riferimento al numero di cifre decimali
ammesse, lo stesso criterio espressamente
stabilito per la formulazione dei ribassi
(limitazione a due cifre decimali), può
discrezionalmente utilizzare nella
determinazione di detta soglia un numero di
decimali più ampio ed omogeneo, tale da non
falsare il risultato del calcolo e da non
avvantaggiare alcun concorrente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che:
- quando la S.A. individua negli atti di
gara un criterio per la formulazione dei
ribassi percentuali delle offerte,
stabilendo il numero massimo delle cifre
decimali ammesse dopo la virgola, detto
criterio deve essere osservato per le
offerte di tutti i partecipanti alla gara;
- in mancanza di un’apposita previsione
della lex specialis della gara, il metodo
previsto per la formulazione dei ribassi
percentuali delle offerte non trova
necessariamente applicazione anche al
calcolo della soglia di anomalia;
- la S.A. non viola i principi di parità di
trattamento e di proporzionalità se nella
determinazione della soglia di anomalia
utilizza un numero di decimali omogeneo e
sufficientemente ampio
(parere 15.01.2009 n.
8 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Offerte - Sigillatura con
ceralacca - Funzione - Individuazione -
Omessa contestuale controfirma sui lembi di
chiusura - Irrilevanza in presenza di
apposizione sigillo con iniziali offerente.
Ritenuto in diritto:
Il paragrafo 1 del disciplinare di gara
“Modalità di presentazione e criteri di
ammissibilità delle offerte”, dispone, nel
secondo periodo, che “I plichi devono essere
idoneamente chiusi con ceralacca,
controfirmati sui lembi di chiusura”. Il
paragrafo prescrive, altresì, che “I
plichi devono contenere al loro interno,
pena l’esclusione, quattro buste, a loro
volta chiuse con ceralacca e controfirmate
sui lembi di chiusura, recanti
l’intestazione del mittente e la dicitura,
rispettivamente “A - Documentazione” e “B -
Offerta tecnica", “C – Offerta economica" e
"D Giustificazioni”.
La lex specialis di gara, pertanto, ai fini
del regolare confezionamento dei plichi
contenenti le offerte, ha previsto la doppia
garanzia, costituita dalla controfirma su
lembi di chiusura e la sigillatura con
ceralacca, adempimento la cui inosservanza
viene sanzionato a pena di esclusione.
Per costante giurisprudenza amministrativa
si osserva come la sigillatura con ceralacca
della busta contenente l’offerta è posta per
garantire la segretezza dell’offerta, la
parità di trattamento dei partecipanti, la
trasparenza ed imparzialità dell’azione
amministrativa per cui, in caso di espressa
previsione del bando, la sua mancanza va
sanzionata con l’esclusione dalla gara
(Consiglio di Stato Sezione VI 20.04.2006 n.
2200; Consiglio di Stato Sezione V
22.12.2005 n. 7330). La sigillatura con
ceralacca assolve, pertanto, alla duplice
funzione di garantire l’integrità del plico
mediante un sistema di chiusura estremamente
affidabile, oltre alla paternità dello
stesso attraverso l’apposizione del sigillo;
ciò rende irrilevante, degradandola a mera
irregolarità, l’eventuale assenza della
controfirma sul lembi di chiusura, seppur
prevista dalla disciplina di gara (Consiglio
di Stato Sezione V, 21.09.2005 n. 4941).
Nel caso di specie, secondo quanto emerso
dall’istruttoria, l’istante non si era
limitato a chiudere il plico con ceralacca,
ma aveva altresì apposto il sigillo recante
le iniziali del presentatore Pasquale Caprio
“P.C.”. Tale specifica formalità permette
indubbiamente alla stazione appaltante di
avere certezza della paternità del plico,
dal momento che il sigillo è un elemento
idoneo ad individuare precisamente il
mittente.
Di conseguenza è possibile, in questo caso,
ritenere assolta la formalità prescritta
dalla lex specialis attraverso la
sigillatura, la quale rende subordinata la
mancata apposizione della firma a scavalco,
nel rispetto del principio della par
condicio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la disposta
esclusione non è conforme alla normativa
vigente di settore
(parere 15.01.2009 n.
7 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Servizi
tecnici - Funzioni di coordinatore per
l'esecuzione dei lavori previsto dalla
normativa sulla sicurezza nei cantieri -
Debbono essere svolte dal direttore dei
lavori, se in possesso dei requisiti -
Necessità di pubblicazione unico bando
entrambe prestazioni - Affidamento diretto -
Artificioso frazionamento - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Quanto alla prima censura mossa dalla
società istante, l’Autorità ha già avuto
modo di pronunciarsi su una questione
analoga alla presente, sostenendo che le
funzioni di Coordinatore per l’esecuzione
dei lavori previsto dalla normativa sulla
sicurezza nei cantieri debbano essere svolte
dal Direttore dei lavori, se in possesso dei
requisiti previsti dalla suddetta normativa,
secondo quanto disposto dall’art. 127, comma
1, del D.P.R. n. 554/1999, la cui ratio è
quella di concentrare l’adozione degli atti
di competenza del direttore dei lavori in
capo ad un unico soggetto, ai fini della
certezza e celerità dell’azione
amministrativa (Deliberazione n. 243/2007).
La S.A., pertanto, nel caso di specie,
avrebbe dovuto pubblicare un unico bando per
l’affidamento ad un unico professionista
dell’incarico di direzione lavori e di
coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione dei lavori, adottando la
procedura di affidamento prevista dall’art.
91, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, essendo
la somma dei compensi stabiliti per gli
specifici incarichi posti a gara di importo
superiore a 100.000,00 euro.
Ne consegue che, in tal modo, la S.A.
avrebbe evitato anche di incorrere nel
divieto di frazionamento artificioso degli
incarichi, posto al fine di eludere
l’applicazione delle norme che troverebbero
applicazione se il frazionamento non ci
fosse stato, divieto sancito dall’art. 29,
comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006.
Fermo restando quanto suddetto, da ritenersi
assorbente rispetto a tutte le altre censure
rilevate dall’istante, rispetto ad esse, in
ogni caso, si richiama la Determinazione
dell’Autorità n. 4/2007, rubricata “Indicazioni
sull’affidamento dei servizi di ingegneria
ed architettura a seguito dell’entrata in
vigore del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 e della
legge 04.08.2006, n. 248”, che rinvia,
per ciò che concerne i servizi tecnici di
importo inferiore a 100.000,00, alle
istruzioni formulate con la precedente
Determinazione n. 1/2006.
In particolare, quest’ultima determinazione
precisa che nell’avviso di selezione
dovranno essere indicati i requisiti minimi,
richiesti dalla S.A., che consentano al
professionista –tramite il curriculum– la
dimostrazione del possesso di una esperienza
adeguata rapportata alla tipologia ed
all’importo dell’incarico e che, la
valutazione del merito tecnico, nella fase
di ammissione alla selezione, deve essere
effettuata sulla base di elementi meramente
quantitativi, consistenti nell’accertamento
dell’importo dei lavori appartenenti alle
stesse classi e categorie dell’opera oggetto
dell’incarico, eseguiti in periodo anteriore
alla data del bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che gli avvisi di
affidamento non sono conformi alla normativa
di settore degli incarichi in questione
(parere 15.01.2009 n.
6 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Requisiti morali - Soggetti
obbligatoriamente chiamati a dimostrarne la
sussistenza ex art. 38 dlgs 163/2006 -
Amministratori muniti di poteri di
rappresentanza anche se con funzione vicaria
- Obbligo di dimostrare i requisiti morali -
Omessa dichiarazione - comporta violazione
del bando di gara - Obbligo di esclusione -
Sussiste -integrazione documentale
successiva - Non ammessa.
Ritenuto in diritto:
L’esclusione dalla gara della costituenda
ATI Ma-Fra S.r.l. e Research Consorzio
Stabile a r.l. è stata motivata dalla S.A.
principalmente con riferimento alla mancata
produzione, nella domanda di partecipazione
alla gara del Consorzio Stabile Research a
r.l., associando al raggruppamento istante,
della dichiarazione sostitutiva relativa al
Vice Presidente sig. Forte Antonello, così
come richiesto a pena di esclusione dal
punto 3, pag. 6 del disciplinare di gara e
dall’art.38, comma 1, lettere b) e c) del d.
lgs. 163/2006 e s.m.
In riferimento alla questione in oggetto, si
osserva che l’art.38 del D. Lgs. n. 163/2006
e s.m. indica in modo preciso i soggetti
chiamati obbligatoriamente a dimostrare la
sussistenza di requisiti morali richiesti,
annoverando fra questi «[…] gli
amministratori muniti di poteri di
rappresentanza».
Come riconosciuto già con la sentenza del
Consiglio di Stato n. 4856 del 2005, il
criterio interpretativo da seguire al fine
di individuare la persona fisica tenuta alla
dichiarazione sostitutiva richiesta, e
rispetto alla quale assume quindi rilievo la
causa di esclusione, consiste nel ricercare
nello statuto della persona giuridica quali
siano i soggetti dotati di poteri di
rappresentanza. Né può assumere rilievo
contrario la circostanza che i poteri di
rappresentanza possano essere esercitati
soltanto in funzione vicaria: conta,
infatti, la titolarità del potere,
considerato che lo statuto abilita il
soggetto a sostituire, in qualsiasi momento
e per qualsiasi atto, il titolare principale
della rappresentanza, senza intermediazione
di autorizzazione o di investitura
ulteriore.
Qualora, invece, si ritenesse che l’obbligo
di presentare le dichiarazioni sostitutive
relative alla mancanza delle condizioni
ostative di cui all’art. 38 del Codice dei
contratti non valga con riguardo agli
amministratori che svolgono le funzioni in
via vicaria, si consentirebbe a soggetti,
che possono svolgere in concreto poteri di
rappresentanza, seppur solo in caso di
assenza o di impedimento del titolare, di
non certificare i diversi status richiesti
dalla legge in ragione della titolarità e
del potenziale esercizio dei detti poteri
(Consiglio di Stato, sez. V, 15.01.2008, n.
36; Consiglio di Stato, sez. VI, 14.04.2008,
n. 1585, quest’ultima con specifico
riferimento a un Consorzio che aveva omesso
di produrre detto certificato con
riferimento al Vice Presidente).
In particolare, si legge nella sentenza n.
36/2008 che «non si può sfuggire
all’obbligo imposto dalla norma di rendere,
con riguardo al Vice Presidente, la
dichiarazione, in forza della vicarietà
della funzione, in quanto ciò implicherebbe
il superamento della volontà normativa […] e
negoziale […], espresse nella formula
letterale che punta alla titolarità e non
anche al suo esercizio. L’esattezza
dell’interpretazione trova conferma nella
riflessione che, stante l’immediatezza della
titolarità del potere conferito al Vice
Presidente con la funzione, il suo esercizio
(condizionato alla mera assenza o
impedimento) può aversi in qualsiasi momento
della vita sociale, solo che si verifichi il
presupposto […] e può esservi stato,
pertanto, in momenti che l’ordinamento
considera particolarmente significativi (il
triennio anteriore alla pubblicazione del
bando) ai fini del possesso dei requisiti
generali di partecipazione della
rappresentata. Cosicché è contrario ad una
corretta e ragionevole esegesi il ritenere
che la dichiarazione non dovesse essere resa
per il soggetto in questione».
Di recente, inoltre, è stato ribadito, che
nel caso di rilascio delle dichiarazioni di
cui all’art. 38 del Codice dei contratti
soltanto da parte di alcuni dei soggetti
muniti del potere di rappresentanza (in
specifico mancava quella dei Vice Presidenti
di un consorzio), «tali omissioni
comportano la violazione del bando di gara
[…], nonché la violazione dell’art. 38 […]
del d.lgs. 163/2006», con la conseguente
doverosa esclusione dalla gara del consorzio
(Tar Piemonte, sentenza n. 2936 del
21.11.2008).
Occorre infine considerare che il Consorzio
Stabile Research ha provveduto,
successivamente alla richiesta di
chiarimenti da parte della S.A, ad inviare
la dichiarazione sostitutiva relativa al
Vice Presidente sig. Forte, ma in siffatta
ipotesi l’integrazione documentale non è
ammissibile e non vale, pertanto, ad
impedire l’esclusione del Consorzio
concorrente.
Infatti, per consolidata giurisprudenza, la
regolarizzazione della documentazione
prodotta in sede di gara non può riferirsi
alla carenza di dichiarazioni o documenti
richiesti a pena di esclusione (in materia,
ex plurimis: TAR Lazio, 09.07.2008 n. 6518;
TAR Campania, 06.08.2008 n. 9861; TAR
Lomardia, 17.10.2006 n. 2011; Cons. Stato,
19.06.2006 n. 3660) e la dichiarazione
richiesta relativa al Vice Presidente
costituisce parte integrante della domanda
di partecipazione alla gara, che in concreto
è risultata priva di un elemento essenziale
con conseguente inammissibilità della
regolarizzazione postuma.
Stante il carattere assorbente del motivo
sopra esaminato, si rende superfluo l’esame
della fondatezza delle altre censure
contenute nell’istanza in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione della
costituenda ATI Ma-Fra S.r.l. – Research
Consorzio Stabile a r.l., dalla gara in
oggetto è conforme alla normativa vigente di
settore
(parere 15.01.2009 n.
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APPALTI: Gara
d'appalto - Requisiti di carattere generale
- Requisiti di cui al comma 1, lett. b) e c),
art. 38 in caso di sas - Obbligo di
dichiarazione individuale del socio e del
direttore tecnico - Dichiarazione incompleta
- Possibilità di integrazione - Non
sussiste - Violazione par condicio.
Ritenuto in diritto:
L’articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici disciplina i requisiti di carattere
generale, escludendo dalla partecipazione
alle procedure di affidamento alcune
categorie di soggetti e prevedendo che il
concorrente attesti il possesso dei
requisiti mediante dichiarazione sostitutiva
ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.
In particolare, relativamente ai requisiti
di cui al comma 1, lettere b) e c),
dell’articolo 38, la citata disposizione
precisa che l’esclusione e il divieto di
stipulare i contratti, in caso di società in
accomandita semplice, operano se la pendenza
del procedimento di cui alla lett. b),
(ossia di un procedimento per l’applicazione
di una delle misure di prevenzione di cui
all’articolo 3 della legge n. 1423/1956 o di
una delle cause ostative di cui all’articolo
10 della legge n. 575/1965) e le sentenze o
il decreto penale di condanna di cui alla
lett. c) riguardano i soci o il direttore
tecnico.
In ossequio a tale disposizione, il
disciplinare di gara, nel richiamare la
dimostrazione dei requisiti di cui
all’articolo 38, prescrive l’obbligo, a pena
di esclusione, di allegare la dichiarazione
sostitutiva con la quale il rappresentante
legale del concorrente, per la parte che
riguarda l’impresa, attesti l’insussistenza
delle condizioni di cui all’articolo 38,
comma 1 e dispone altresì che le
dichiarazioni di cui alle lettere b) e c)
dell’articolo stesso vadano rese
individualmente anche dai soci e dal
direttore tecnico in caso di società in
accomandita semplice.
Anche il modello di domanda di ammissione
alla gara e dichiarazione a corredo della
domanda e dell’offerta, predisposto dalla
stazione appaltante, nella parte relativa
alle dichiarazioni che l’impresa concorrente
deve fornire, riporta il contenuto
dell’articolo 38, precisando, per quanto
riguarda i requisiti di cui alle lettere b)
e c) della medesima disposizione, che “la
domanda e la dichiarazione di cui ai punti
b), c), d) ed f) [del modello stesso] devono
essere rese anche dai soggetti previsti
dall’articolo 75, commi 1, lettere b) e c)
del D.P.R. n. 554/1999”.
Dalla documentazione prodotta si evince che
la società CO.DEM. s.a.s. ha allegato alla
propria domanda di partecipazione una
dichiarazione sostitutiva, datata 1° aprile
2008, in cui il legale rappresentante
dell’impresa dichiarava sia che, nel
triennio antecedente la data di
pubblicazione del bando, né il legale
rappresentante stesso né il direttore
tecnico erano stati sostituiti o erano
cessati dalla carica, sia che, né nei propri
confronti né nei confronti del direttore
tecnico, era stata pronunciata sentenza
passata in giudicato o emesso decreto penale
di condanna divenuto irrevocabile oppure
sentenza di applicazione della pena su
richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.
per reati gravi in danno dello Stato o della
Comunità che incidono sulla moralità
professionale.
La dichiarazione in questione è tuttavia
incompleta, perché priva di qualsiasi
riferimento al requisito di cui alla lettera
b) dell’articolo 38, ovvero alla pendenza di
un procedimento per l’applicazione di una
delle misure di prevenzione di cui
all’articolo 3 della legge n. 1423/1956 o di
una delle cause ostative di cui all’articolo
10 della legge n. 575/1965.
Inoltre, la dichiarazione medesima non
appare conforme alle prescrizioni della lex
specialis, la quale in merito prescrive, in
modo chiaro e non equivoco, che con la
dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. n.
445/2000 il rappresentante legale
dell’impresa concorrente attesti, per la
parte che riguarda l’impresa che
rappresenta, l’insussistenza delle cause di
esclusione ex articolo 38 del Codice e
dispone specificatamente che le
dichiarazioni di cui alle lettere b) e c)
dell’articolo 38 vengano rese
individualmente dal socio accomandatario o
dal direttore tecnico.
Stante le menzionate prescrizioni della
disciplina di gara, non appare conferente il
richiamo operato dall’istante all’articolo
47, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 445/2000, alla
stregua dei quali “L'atto di notorietà
concernente stati, qualità personali o fatti
che siano a diretta conoscenza
dell'interessato è sostituito da
dichiarazione resa e sottoscritta dal
medesimo con la osservanza delle modalità di
cui all'articolo 38. La dichiarazione resa
nell'interesse proprio del dichiarante può
riguardare anche stati, qualità personali e
fatti relativi ad altri soggetti di cui egli
abbia diretta conoscenza”.
L’istante, in sede di contraddittorio
documentale, ha prodotto, oltre alla copia
della domanda di ammissione, altresì una
dichiarazione sostitutiva con la quale il
direttore tecnico attestava per se stesso
l’insussistenza delle clausole di esclusione
di cui alle lettere b) e c) dell’articolo
38.
Tuttavia, poiché la dichiarazione medesima
non è né firmata dal dichiarante né datata,
la stessa non è utilmente valutabile nel
presente procedimento ex articolo 6, comma
7, lettera n) del Codice.
Né la stazione appaltante, di fronte ad una
tale carenza documentale, avrebbe potuto
richiedere un’integrazione delle
dichiarazioni previste dall’articolo 38,
comma 1, lettere b) e c) del Codice,
prescritte dalla lex specialis, senza
incorrere in una violazione della normativa
di settore, nonché del principio di par
condicio dei concorrenti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara della società istante è conforme alla
normativa di settore
(parere 15.01.2009 n.
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APPALTI:
Gara d'appalto - Disciplinare di
gara - Modalità di presentazione delle
giustificazioni a pena di esclusione -
Mancata presentazione giustificazioni -
Causa esclusione - Necessità - Possibilità
di regolarizzazione ex art. 46 dlgs 163/2006
- Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, è necessario esprimersi
sulla presunta carenza di legittimazione
dell’ANCE di Firenze alla richiesta di
parere in esame.
Al riguardo si evidenzia che l’asserita
impossibilità di qualificare, nel caso di
specie,
la suddetta associazione di categoria come
soggetto portatore di un interesse diffuso,
ex art. 2, comma 2, del Regolamento sul
procedimento per la soluzione delle
controversie ai sensi dell’art. 6, comma 7,
lettera n), del decreto legislativo
12.04.2006 n. 163, si fonda sul presupposto
che tale richiesta di parere sia intervenuta
a conclusione della fase di gara, con
provvedimento di aggiudicazione definitiva
già adottato.
Al contrario, risulta in atti che l’istanza
di cui trattasi è stata presentata dall’ANCE
di Firenze il 14.04.2008, mentre i lavori in
oggetto sono stati aggiudicati dalla S.A.
con determina dirigenziale n. 777 in data
18.04.2008.
Venendo al merito della questione, si
rileva, innanzitutto, che la clausola del
disciplinare di gara censurata nel presente
procedimento, vale a dire il punto 16.2,
lett. B), n. 2, stabiliva, in modo chiaro e
non equivoco, gli adempimenti richiesti al
concorrente, prevedendo che “Per
l’ammissione alla gara il plico dell’offerta
economica dovrà contenere…le giustificazioni
dei prezzi unitari, a pena di esclusione,
debitamente firmate dal legale
rappresentante. Ai sensi dell’art. 86, comma
5, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. dovranno
essere contenute le giustificazioni relative
alle voci di prezzo che concorrono a formare
l’importo complessivo posto a base di gara,
secondo le modalità indicate nel modello
“Allegato 5” al presente disciplinare”.
Dalla richiamata prescrizione discende,
innanzitutto, che erroneamente l’ANCE di
Firenze ha ritenuto che le giustificazioni
dei prezzi unitari dovessero essere
contenute nella busta “Documentazione
Amministrativa”, con conseguente venir meno
dell’argomento principale posto a fondamento
delle censure mosse dalla suddetta
Associazione.
Si evidenzia, inoltre, che la S.A. ha
correttamente applicato il citato art. 86,
comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006, precisando
chiaramente ed inequivocabilmente nel
disciplinare di gara la documentazione
minima (analisi prezzi - Allegato 5)
richiesta a pena di esclusione e le modalità
di presentazione delle giustificazioni
stesse.
Tale onere di “allegazione” costituiva,
dunque, un requisito che tutti gli offerenti
indistintamente dovevano soddisfare e che la
S.A. era tenuta a verificare, non
diversamente da una ordinaria verifica circa
la sussistenza di documentazione prescritta
a pena di esclusione.
Tenuto conto che il plico dell’offerta
economica presentato dall’ATI Baldini
Costruzioni s.r.l., Cosimo Pancani S.p.A. e
Tecno Trade International s.r.l., come
risulta dal verbale della seduta pubblica
del 30.03.2008, conteneva “soltanto tre
schede generiche con indicazione delle
categorie delle lavorazioni (OG2, OS6 e
OS28-OS30) in luogo dei prezzi unitari,
indicando genericamente solo le percentuali
delle «spese generali» e degli «utili di
impresa»” e che, pertanto, quanto offerto
non può ritenersi corretto adempimento
dell’onere di corredare l’offerta delle
giustificazioni relative alle voci di prezzo
che concorrono a formare l’importo
complessivo posto a base di gara, come
richiesto a pena di esclusione, la S.A. era
tenuta ad escludere tale offerta, per
assicurare in tal modo la par condicio tra i
concorrenti, senza possibilità di richiedere
la regolarizzazione documentale (ex art. 46
del D.Lgs. n. 163/2006) al fine di favorire
la più ampia partecipazione alla gara, in
quanto non si trattava, nella specie, di
“fornire chiarimenti”, ma di mancata
presentazione della documentazione (analisi
prezzi) richiesta a pena di esclusione dalla
gara (parere dell’Autorità n. 89 del
20.03.2008).
La S.A., infine, non ha compiuto alcuna
violazione del principio di matrice
comunitaria del contraddittorio, in quanto
la totale assenza delle giustificazioni a
corredo dell’offerta, qualora richiesta a
pena di esclusione dalla lex specialis, come
nel caso in esame, non consente alcun esame
nel merito della congruità dell’offerta da
svolgersi in contraddittorio con
l’offerente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione dalla
gara dell’ATI Baldini Costruzioni s.r.l.,
Cosimo Pancani S.p.A. e Tecno Trade
International s.r.l. è conforme alla
normativa di settore
(parere 15.01.2009 n.
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APPALTI: Gara
d'appalto - Requisiti speciali - Richiesta
requisiti di qualificazione più rigorosi e
restrittivi - Ammissibilità - Rispetto
limite ragionevolezza e proporzionalità -
Obbligo - Preclusione accesso procedura di
gara - Violazione principi comunitari.
Ritenuto in diritto:
E’ principio noto in giurisprudenza quello
per cui le amministrazioni possono
richiedere alle imprese requisiti di
partecipazione ad una gara di appalto e di
qualificazione più rigorosi e restrittivi di
quelli minimi stabiliti dalla legge, purché,
tuttavia, tali prescrizioni si rivelino
rispettose dei principi di proporzionalità e
ragionevolezza, non limitino indebitamente
l’accesso alla procedura di gara e siano
giustificate da specifiche esigenze imposte
dal peculiare oggetto dell’appalto (Cons.
Stato n. 2304/2007 e n. 5377/2006).
Alla luce di tale principio, innanzitutto,
continua ad apparire irragionevole ed
ingiustificata, anche dopo le modifiche
apportate al bando dalla S.A., la richiesta
del possesso della certificazione SOA nella
categoria OS22 per la classifica terza (pari
ad euro 1.032.913,00) in relazione
all’oggetto ed al valore dell’appalto pari
ad euro 170.588,00, per il quale la
categoria OS22 corrispondente risulta essere
la I (fino a euro 258.228,00).
Parimenti ingiustificato risulta l’operato
della S.A. che, nel richiedere ai
concorrenti, quale requisito di
partecipazione, un numero medio annuo di
dipendenti negli ultimi tre anni, in
applicazione dell’art. 42, comma 1, lett. g)
del D.Lgs. n. 163/2006, non si è limita a
stabilire con precisione il numero richiesto
(non inferiore a 5), ma ha prescritto,
altresì, che gli stessi dovessero essere
stati assunti esclusivamente con contratto
collettivo AUSITRA, con ciò impedendo la
partecipazione alla gara ad imprese che
avessero applicato nel triennio altre
tipologie contrattuali, anche se le stesse
fossero risultate migliorative rispetto al
previsto contratto AUSITRA.
Quanto al requisito relativo alla necessità
“di avere alle proprie dipendenze, da
almeno sei mesi dalla data del presente
bando, non meno di due tecnici laureati uno
in Ingegneria per l’ambiente ed il
territorio ed uno in biologia ed entrambi
iscritti da almeno dieci anni ai rispettivi
ordini professionali”, occorre rilevare
che, se esso può considerarsi ragionevole in
virtù del consolidato principio
giurisprudenziale secondo il quale sussiste
l’interesse da parte della S.A., nel fissare
i requisiti di partecipazione, ad una certa
affidabilità del proprio interlocutore
contrattuale, avuto riguardo alle
prestazioni oggetto di affidamento (da
ultimo: Cons. Stato n. 1860/2008), il
requisito medesimo appare, tuttavia,
indebitamente limitativo dell’accesso alla
procedura di gara nella parte in cui
richiede che tali figure professionali siano
alle dipendenze dell’impresa concorrente da
almeno sei mesi dalla data del bando.
Infine, in relazione al requisito relativo
alla “disponibilità, da almeno sei mesi
di un laboratorio nella Provincia di Roma
opportunamente attrezzato …”, non
risultando chiaro il nesso tra presenza sul
territorio provinciale di detto laboratorio
ed affidabilità del futuro contraente in
termini di capacità tecnica, si ritiene che
detto requisito finisca per avvantaggiare le
imprese locali che operano sul territorio
della Provincia di Roma, ponendosi in
contrasto con i principi di par condicio e
libera concorrenza, nonché con gli artt. 58
e 59 del Trattato UE che prescrivono il
divieto alle restrizioni di importazione, di
stabilimento ed alla libera prestazione di
servizi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il bando di gara
pubblicato dal Comune di Morlupo, nonostante
le modifiche successivamente apportate dalla
S.A., non è conforme alla normativa di
settore
(parere 15.01.2009 n.
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LAVORI PUBBLICI:
Appalti di ll.pp. -
Qualificazione - Categorie a qualificazione
non obbligatoria - Importo superiore al 15%
importo complessivo appalto -
Inapplicabilità divieto subappalto - Obbligo
di qualificazione per l'aggiudicatario -
Necessità.
... viste la determinazione n. 25/2001, la
deliberazione n. 70/2007 e il parere n.
121/2007, con i quali questa Autorità ha
sostenuto che alle categorie a
qualificazione obbligatoria, non rientranti
nell’elenco delle categorie altamente
specializzate ed indicate nei bandi di gara
come scorporabili, anche se di importo
superiore al 15 per cento dell’importo
complessivo dell’appalto, non si applica mai
lo speciale divieto di subappalto, mentre si
applica sempre la disposizione che ne
permette l’esecuzione da parte
dell’aggiudicatario soltanto se in possesso
della relativa qualificazione
il Consiglio ritiene nei limiti di
cui in motivazione, che è conforme alla
normativa vigente di settore il bando di
gara pubblicato dalla Provincia di
Caltanissetta, che non pone alcun limite
percentuale alla facoltà concessa
all’aggiudicatario di subappaltare le
lavorazioni di cui alla categoria a
qualificazione obbligatoria OS12, non
compresa nell’elenco delle categorie
altamente specializzate e prevista dal bando
come scorporabile
(parere 15.01.2009 n.
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APPALTI: Contratti
della p.a. - Soggetti partecipanti alle gare
- Organizzazioni di volontariato - Natura e
caratteri - Partecipazione alle gara
d'appalto - Inammissibilità - Ragioni
Gara d'appalto - Criteri di valutazione
delle offerte - Attribuzione punteggio per
l'impiego di personale volontario -
Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla possibilità
per una associazione di volontariato di
partecipare a procedure di gara, questa
Autorità si è già espressa in un precedente
parere (n. 29 del 31.01.2008), nel quale ha
evidenziato come, in accordo al costante
orientamento giurisprudenziale, sia da
considerare illegittima la partecipazione a
gare di appalti pubblici delle associazioni
di volontariato, in quanto l’espletamento di
una procedura di selezione del contraente,
fondata sulla comparazione delle offerte con
criteri concorrenziali di convenienza
tecnico–economica, risulta essere
inconciliabile con il riconoscimento alle
associazioni di volontariato, ex art. 5
della L. n. 266/1991 (legge quadro sul
volontariato), della possibilità di
usufruire di proventi costituiti
esclusivamente da rimborsi derivanti da
convenzioni che prescindono dalle regole di
concorrenza.
In particolare, infatti, l’art. 2, co. 1 e
2, della legge n. 266/1991 prevede che per
attività di volontariato deve intendersi
quella prestata in modo personale, spontaneo
e gratuito, tramite l’organizzazione di cui
il volontario fa parte, senza fini di lucro
anche indiretto ed esclusivamente per fini
di solidarietà e, inoltre che:
- l’attività del volontario non può essere
retribuita in alcun modo nemmeno dal
beneficiario; al volontario possono essere
soltanto rimborsate dall’organizzazione di
appartenenza le spese effettivamente
sostenute per l’attività prestata, entro
limiti preventivamente stabiliti dalle
organizzazioni stesse. Il comma 3 dell’art.
2 cit. stabilisce, inoltre,
l’incompatibilità della qualità di
volontario con qualsiasi forma di rapporto
di lavoro subordinato o autonomo e con ogni
altro rapporto di contenuto patrimoniale con
l’organizzazione di cui fa parte.
La caratteristica precipua dell’attività di
volontariato consiste dunque nella sua
gratuità, che comporta come corollario
inevitabile l’impossibilità di retribuire la
medesima, anche da parte del beneficiario.
Risulta evidente, pertanto, che la
stipulazione di un contratto a titolo
oneroso, quale un appalto pubblico di
servizi, si pone come incompatibile,
rispetto a tale fondamentale aspetto del
volontariato. L’onerosità implica, dunque,
che l’Amministrazione –per conseguire il
vantaggio rappresentato dall’espletamento
del servizio dedotto in appalto– corrisponda
il correlativo prezzo, evidentemente
comprensivo della retribuzione dei
lavoratori impiegati per svolgerlo. Di
conseguenza, sussiste una evidente
incompatibilità tra l’espletamento di una
gara finalizzata all’aggiudicazione di un
pubblico servizio e la partecipazione, alla
medesima, di associazioni di volontariato
(in questo senso TAR Campania, sez. I,
02/04/2007 n. 3021).
Inoltre la stessa legge n. 266/1991 all’art.
5 prevede che le organizzazioni di
volontariato traggono le risorse economiche
per il loro funzionamento e per lo
svolgimento della propria attività da: a)
contributi degli aderenti; b) contributi di
privati; c) contributi dello Stato, di enti
o di istituzioni pubbliche finalizzati
esclusivamente al sostegno di specifiche e
documentate attività o progetti; d)
contributi di organismi internazionali; e)
donazioni e lasciti testamentari; f)
rimborsi derivanti da convenzioni; g)
entrate derivanti da attività commerciali e
produttive marginali. Pertanto il dettato
normativo ha escluso che le associazioni di
volontariato possano espletare attività
commerciali, purché tuttavia esse siano
“marginali”. Con D.M. del 25.05.1995 sono
stati individuati i criteri per stabilire
quali attività sono da intendersi
commerciali e produttive “marginali” svolte
dalle organizzazioni di volontariato, tra le
quali, tuttavia, non figura la
partecipazione a procedure di selezione
concorrenziale.
Nel caso di specie il criterio di
aggiudicazione prescelto è l’offerta
economicamente più vantaggiosa, ai sensi
dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163/2006, in cui
il punteggio per l’offerta economica è pari
massimo a punti 70 e quello per l’offerta
tecnica è pari massimo a punti 30. Questi 30
punti, secondo quanto disposto dall’art. 7
del disciplinare di gara, sono suddivisi in
due sottopunteggi: massimo 15 punti per
materiali e attrezzature utilizzate per
l’espletamento del servizio; massimo 15
punti per le proposte migliorative. Secondo
quanto è emerso nel corso della presente
istruttoria, la ditta Consorzio Sol Calatino
in sede di verifica dell’anomalia
dell’offerta ha rappresentato di intendere
realizzare le proposte migliorative
attraverso l’utilizzo di volontari. Ai sensi
della normativa sopra menzionata, tale
possibilità non è percorribile da parte
dell’operatore economico, non essendo
possibile, come evidenziato, per i volontari
ovvero per le organizzazioni di volontariato
prendere parte a procedure di gara anche
indirettamente. La ditta giustifica
l’utilizzo dei volontari sulla base
dell’argomentazione che l’attività
esercitata è marginale e solo di supporto
rispetto a quella eseguita dai responsabili
delle varie attività, che sono figure
professionali interne al Consorzio.
Tale giustificazione deve essere
dettagliatamente verificata dalla stazione
appaltante, la quale è chiamata ad accertare
se l’attività compiuta dal Consorzio per
elaborare proposte migliorative sia
effettivamente realizzata autonomamente dal
personale interno al Consorzio stesso.
L’eventuale utilizzo di volontari deve
essere di solo supporto e non deve
costituire un’attività che concorre a
formare il punteggio tecnico, il quale,
peraltro, non essendo marginale (massimo
punti 15), è idoneo a determinare una
considerevole differenza sulla graduatoria
finale.
Infine, si rende necessario precisare che il
Consorzio, laddove realizzi parte
dell’appalto attraverso una propria
consorziata, ha l’obbligo di specificare le
parti del servizio eseguite direttamente dal
proprio consorziato, secondo quanto disposto
dall’art. 37, comma 4, del D.Lgs. n.
163/2006 ai sensi del quale “nel caso di
forniture o servizi nell’offerta devono
essere specificate le parti del servizio o
della fornitura che saranno eseguite dai
singoli operatori economici riuniti o
consorziati”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che non è
conforme alla normativa vigente di settore
l’utilizzazione di volontari, laddove
l’attività da questi esercitata sia utile al
conseguimento del punteggio tecnico, non
essendo possibile per le associazioni di
volontariato prendere parte a procedure
concorrenziali (parere
17.12.2008 n. 266 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Contributo all'autorità di
vigilanza - Versamento - Dimostrazione -
Autocertificazione e copia bollettino
pagamento - Ammissibilità - Condizioni -
Indicazioni specifiche modalità di
dimostrazione versamento nella lex specialis.
Ritenuto in diritto
La Deliberazione dell’Autorità del
28.01.2008, all’art. 3, prevede
espressamente che gli operatori economici “sono
tenuti a dimostrare, al momento di
presentazione dell’offerta, di avere versato
la somma dovuta a titolo di contribuzione.
La mancata dimostrazione dell’avvenuto
versamento di tale somma è causa di
esclusione dalla procedura di gara”.
Pertanto, secondo la citata previsione, il
momento determinante ai fini della
dimostrazione dell’avvenuto versamento del
contributo, è la presentazione dell’offerta,
oltre il quale non è più possibile porre
rimedio a eventuali inesattezze, ovvero
provvedere a integrazioni di importo. Tale
principio, d’altra parte, è anche ribadito
nella risposta n. 25 delle risposte ai
quesiti frequenti, pubblicati sul portale
dell’Autorità, dove è riportato quanto
segue: “D25. È ammessa per gli operatori
economici l'integrazione dell'importo del
versamento successivamente all'invio
dell'offerta? R25. Se i termini per l’invio
dell’offerta non sono ancora decorsi,
l’operatore economico può eseguire un nuovo
versamento per l’intera somma dell’importo
corretto dandone evidenza alla stazione
appaltante e, successivamente, richiedere il
rimborso dell’importo inferiore erroneamente
versato. Laddove, invece, i termini per la
presentazione dell’offerta siano già
decorsi, l’operatore economico non è ammesso
alla gara e non ha diritto a rimborso”.
In ordine alla possibilità di dimostrare
l’avvenuto pagamento del contributo da parte
degli operatori economici attraverso
autocertificazione e la copia del bollettino
di pagamento e del documento di
riconoscimento, occorre nuovamente fare
riferimento alle risposte ai quesiti
frequenti, pubblicati sul portale
dell’Autorità, dove alla risposta n. 24
viene indicato quanto segue: “È possibile
ammettere tale forma di dimostrazione di
pagamento, fermo restando la facoltà da
parte della Commissione di gara di prendere
visione dell'originale del versamento: è,
comunque, opportuno che le stazioni
appaltanti nel bando di gara o nelle lettere
di invito, oltre a richiamare l'obbligo di
provvedere al versamento, pena l'esclusione
dalla gara, chiariscano le modalità
attraverso le quali gli operatori economici
debbano dimostrare di aver provveduto al
pagamento del contributo”.
Applicando i principi sopra richiamati al
caso di specie, si osserva che la
commissione di gara ha agito correttamente
nel riammettere l’operatore economico alla
gara, una volta verificato che lo stesso
aveva provveduto a versare un importo,
addirittura in eccesso, entro il limite di
presentazione dell’offerta.
Sul punto, occorre precisare che, qualora
l’istante voglia avere la prova
dell’avvenuto versamento del contributo da
parte di altro operatore economico, può, in
ogni caso, esercitare il diritto di accesso
presso questa Autorità nei limiti previsti
dalla legge.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la
decisione della Commissione di gara di
riammettere l’operatore economico alla gara,
risulta essere conforme alla normativa
vigente di settore
(parere
17.12.2008 n. 265 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Appalti
ll.pp. - Requisiti tecnico organizzativi -
Attestazione SOA - Requisito necessario e
sufficiente per la dimostrazione dei
requisiti speciali.
... viste le deliberazioni n. 103/2007,
112/2007 e il parere n. 71/2007, con i quali
questa Autorità ha sostenuto che il possesso
della qualificazione attestata dalla
certificazione SOA costituisce condizione
necessaria e sufficiente ad assolvere ogni
onere documentale circa la dimostrazione
dell’esistenza dei requisiti di capacità
tecnica e finanziaria ai fini
dell’affidamento dei lavori pubblici, in
considerazione del combinato disposto
dell’articolo 1, comma 3 e 4 del D.P.R. n.
34/2000 il Consiglio
ritiene, nei limiti di cui in motivazione,
non conforme alla normativa vigente di
settore richiedere, ai fini dell’affidamento
di lavori pubblici, ulteriori oneri
probatori alla società CO.GE.DI. S.r.l.,
titolare di attestazione SOA e corretta la
successiva scelta della stazione appaltante,
accortasi dell’errore commesso, di ammettere
la società medesima alla procedura di gara (parere
17.12.2008 n. 264 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Autocertificazioni - Produzione
copia documento di identità scaduto - Non
comporta inesistenza dichiarazione ma mera
irregolarità - Regolarizzazione -
Ammissibilità.
... visti i pareri n. 56/2008 e n. 72/2008,
con i quali questa Autorità, anche
richiamando il consolidato orientamento
giurisprudenziale al riguardo, ha sostenuto
che sebbene la produzione della fotocopia
del documento di identità del dichiarante
sia elemento costitutivo della dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà e
dell’autocertificazione e sia prevista quale
requisito ad substantiam dal D.P.R. n.
445/2000, tuttavia l’eventuale allegazione
di una copia fotostatica di un documento di
identità scaduto non comporta l’inesistenza
della dichiarazione, ma semplicemente la sua
irregolarità, suscettibile di essere sanata
e regolarizzata da parte della Commissione
di gara il Consiglio
ritiene, nei limiti di cui in motivazione,
non corretta la scelta operata dalla
Commissione di gara di escludere la società
Edilduemila S.r.l. e, altresì, necessaria la
richiesta di regolarizzazione documentale da
parte della stessa
(parere
17.12.2008 n. 263 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Lex specialis - Clausole
previste a pena di esclusione - Applicazione
vincolata - Natura vincolante per tutti i
concorrenti e per la s.a..
Ritenuto in diritto:
Il disciplinare di gara prevede all’art.1,
punto 7), che tra i documenti che devono
essere contenuti nella busta “A -
Documentazione”, a pena di esclusione dalla
gara, rientra anche l’attestato di presa
visione del progetto.
Il punto 7) prevede altresì che «nel caso di
concorrenti costituiti da imprese associate
o da associarsi, l’attestato deve essere
acquisito da ciascun concorrente che
costituisce o che costituirà l’associazione
o il consorzio o il GEIE». Il disciplinare,
dopo il punto 9), prosegue specificando che
la domanda, le dichiarazioni, la
documentazione indicata nei punti precedenti
«a pena di esclusione, devono contenere
quanto previsto nei predetti punti».
Inoltre, nelle prescrizioni finali del
medesimo capitolo del disciplinare di gara
relativo alle modalità di presentazione e ai
criteri di ammissibilità delle offerte è
ulteriormente ribadito che «nel caso di
consorzi di cui all’art. 24 della L.R. della
Campania 27.02.2007, n. 3, tutte le
dichiarazioni devono essere rese, pena
l’esclusione, anche da parte dei consorziati
per i quali il consorzio concorre”.
E, in deroga a queste previsioni,
l’Amministrazione ha espressamente previsto
che soltanto la documentazione di cui ai
punti 5) e 6) del disciplinare (cauzione
provvisoria e contributo all’Autorità) deve
essere unica, indipendentemente dalla forma
giuridica del concorrente.
La clausola del bando impone, quindi, in
modo chiaro ai partecipanti alla gara
l’adempimento relativo all’acquisizione
dell’attestato di presa visione del progetto
per ciascuno dei componenti l’associazione,
il consorzio o il GEIE, inequivocabilmente
sanzionando l’inosservanza della
prescrizione con l’esclusione dalla gara.
Secondo il principio del formalismo negli
atti di gara, la portata vincolante delle
prescrizioni contenute nel regolamento di
gara esige che alle stesse sia data puntuale
esecuzione nel corso della procedura, senza
che in capo all’organo amministrativo, cui
compete l’attuazione delle regole stabilite
nel bando, residui alcun margine di
discrezionalità in ordine al rispetto della
disciplina del procedimento. E quindi,
qualora il bando commini espressamente -come
nel caso di specie- l’esclusione dalla gara
in conseguenza di determinate prescrizioni,
l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed
incondizionata esecuzione a dette
prescrizioni, restando precluso
all’interprete ogni valutazione circa la
rilevanza dell’inadempimento, la sua
incidenza sulla regolarità della procedura
selettiva e la congruità della sanzione
contemplata nella lex specialis, alla cui
osservanza la stessa Amministrazione si è
autovincolata al momento del bando.
Inoltre, la prescrizione imposta dalla S.A.
in merito all’obbligo per ciascuno dei
componenti il consorzio, l’associazione o il
GEIE di acquisire e allegare l’originale
dell’attestato di presa visione del progetto
risponde ad una precisa esigenza,
appalesandosi pertanto logica e ragionevole.
Infatti, la S.A. nel dettare il reticolo di
disposizioni prima esposte, riguardanti
l’effettiva conoscenza degli elaborati
progettuali, ha inteso, evidentemente,
garantirsi la predisposizione di un’offerta
seria da parte di qualunque soggetto
imprenditoriale interessato sia se operante
come singolo sia se operante riunito con
altri, ritenendo che soltanto la conoscenza
dell’effettiva entità dei lavori da eseguire
deponga in favore di tale possibilità.
Invero, un’offerta per la partecipazione ad
una gara in tanto può essere ritenuta seria
in quanto è espressione di una valutazione
consapevole e piena da parte
dell’imprenditore che la formula, il quale
non può che predisporla nel senso ora detto
dopo aver conosciuto il suo impegno e
valutato la sua possibile convenienza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’operato della
Comunità montana del Partenio risulta essere
conforme alla normativa vigente di settore
(parere
17.12.2008 n. 262 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Gara
d'appalto - Requisiti di partecipazione -
Possesso abilitazione tecnico competente
acustica ambientale - L. 26.10.1995 n. 447
art. 2 - Proporzionalità del requisito -
Sussistenza.
Ritenuto in diritto:
La problematica in esame ha ad oggetto la
valutazione se il possesso dell’abilitazione
di tecnico competente in acustica ambientale
da almeno cinque anni, sia da considerarsi
un requisito di partecipazione proporzionato
alla gara in questione, avente ad oggetto
l’affidamento del servizio sulla sicurezza e
la salute dei lavoratori sui luoghi di
lavoro.
Preliminarmente, occorre compiere una
disamina normativa della figura del tecnico
competente in acustica ambientale, la cui
disciplina è contenuta nella legge quadro
sull’inquinamento acustico, L. 26.10.1995,
n. 447 e che, all’art. 2, definisce il
tecnico quale una “figura professionale
idonea ad effettuare le misurazioni,
verificare l'ottemperanza ai valori definiti
dalle vigenti norme, redigere i piani di
risanamento acustico, svolgere le relative
attività di controllo”. Il medesimo
articolo, inoltre, dispone che, in ordine
alla dimostrazione dell’esperienza, possono
essere svolte le attività di tecnico
competente da coloro che, a prescindere dal
titolo di studio, siano in grado di
dimostrare di avere svolto per almeno cinque
anni, attività nel campo dell’acustica
ambientale in modo non occasionale. L’art.
8, comma 3, della medesima legge ha
disposto, infine, l’obbligatorietà
dell’esecuzione di una valutazione
previsionale del clima acustico delle aree
interessate alla realizzazione delle
seguenti tipologie di insediamenti: a)
scuole e asili nido; b) ospedali; c) case di
cura e di riposo; d) parchi pubblici urbani
ed extraurbani; e) nuovi insediamenti
residenziali prossimi alle opere di cui al
comma 2.
Alla luce della sopramenzionata
ricostruzione normativa, deve osservarsi che
il capitolato tecnico della gara in esame,
all’art. 5 prevede, in aggiunta ai requisiti
disposti dall’art. 8-bis del D.Lgs. n.
626/1994, che possono partecipare alla gara
soggetti che hanno le abilitazioni, tra cui
il tecnico competente in acustica ex L.
447/1995. L’Allegato A alla documentazione
di gara, tra i siti elencati all’interno dei
quali operano dipendenti comunali elenca,
tra gli altri, l’asilo nido, scuole materne,
elementari e medie. Di conseguenza, sembra
ragionevole la scelta operata dalla stazione
appaltante la quale, dovendo indire un’unica
gara destinata a più siti gestiti dal
Comune, necessariamente ha dovuto prevedere
anche una qualificazione per procedere alla
valutazione del rischio rumore negli
ambienti di lavoro e nei cantieri temporanei
e mobili del Comune. Il numero di anni di
esperienza (cinque) richiesto in qualità di
tecnico competente in acustica ambientale,
fissato nel bando di gara, corrisponde a
quello previsto dalla normativa e, pertanto,
l’amministrazione si è attenuta a quanto
espressamente disciplinato dal legislatore.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che il
requisito di partecipazione contestato è
conforme alla normativa vigente di settore
(parere
17.12.2008 n. 261 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Gara
d'appalto - Collegamento sostanziale -
Accertamento in concreto - Va condotto in
modo rigoroso - Controllo esterno o
contrattuale - Collegamento economico -
Funzionale tra imprese gestite da società
del medesimo gruppo - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Si ritiene opportuno precisare,
preliminarmente, i termini della questione
giuridica posta all’attenzione di questa
Autorità.
Fermo restando che la S.A., svolti gli
approfondimenti di sua competenza, ritiene
che le offerte dei diversi concorrenti non
siano riconducibili ad uno stesso centro
decisionale, il thema decidendum consiste
nello stabilire se possa configurarsi
un’ipotesi di controllo esterno o
contrattuale, atta ad alterare la regolarità
della procedura, in presenza di un rapporto
negoziale tra la società L’ECOLOGICA
TARANTINA Srl, mandante dell’ATI MANUTENCOOP
S.p.A. - L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, e l’ATI
concorrente nella medesima gara, COOPSERVICE
- RA.ME.CO., consistente nel rilascio da
parte della società L’ECOLOGICA TARANTINA
Srl, proprietaria di un impianto di
smaltimento rifiuti, di autorizzazione
all’accettazione dello smaltimento degli
stessi, richiesta dal disciplinare di gara a
pena di esclusione.
Ciò in base all’assunto, formulato dalla
S.A., che un siffatto rapporto negoziale
concretizzi una situazione atta ad alterare
i risultati della procedura, potendo
condizionare l’offerta dell’ATI COOPSERVICE
- RA.ME.CO. in ordine alla quota parte del
prezzo relativa alla voce “smaltimento”, con
conseguente violazione dei principi della
par condicio, della serietà, concorsualità e
segretezza delle offerte, nonché
dell’interesse pubblico alla scelta del
giusto contraente.
Il quadro normativo di riferimento al
riguardo è costituito dall’art. 34, comma 2,
del D.Lgs. n. 163/2006, il quale dispone che
“non possono partecipare alla medesima
gara concorrenti che si trovino fra di loro
in una delle situazioni di controllo di cui
all’articolo 2359 del codice civile. Le
stazioni appaltanti escludono altresì dalla
gara i concorrenti per i quali accertano che
le relative offerte sono imputabili ad unico
centro decisionale, sulla base di univoci
elementi”.
In particolare, nel caso di specie occorre
valutare se il rapporto negoziale
intercorrente tra la società L’ECOLOGICA
TARANTINA Srl, mandante dell’ATI MANUTENCOOP
S.p.A. - L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, e l’ATI
concorrente nella medesima gara, COOPSERVICE
- RA.ME.CO., rientri nella specifica ipotesi
di controllo c.d. esterno (o contrattuale)
di cui al comma 2 dell’art. 2359 del codice
civile, che considera controllate“le società
che sono sotto l’influenza dominante di
un’altra società in virtù di particolari
vincoli contrattuali con essa”.
Va, a tal proposito, osservato -come,
peraltro, chiarito anche dall’Autorità con
l’Atto di Regolazione n. 27/2000- che il
controllo cd. esterno (o contrattuale) si
configura nei casi in cui esiste tra due
società un rapporto negoziale con vincolo di
esclusiva (es. contratti di franchising),
ovvero un rapporto negoziale mediante il
quale l’attività della controllata è
economicamente subordinata dalle volontà o
dalle decisioni della controllante,
realizzandosi, in tale ultima fattispecie,
una oggettiva dipendenza economica sicché la
sopravvivenza della controllata è
condizionata dalla volontà della
controllante.
Atteso quanto sopra, risulta evidente che il
rapporto negoziale intercorrente, nella
specie, tra L’ECOLOGICA TARANTINA Srl e
l’ATI COOPSERVICE - RA.ME.CO. non presenta
le caratteristiche del controllo esterno (o
contrattuale), in quanto non pone alcun
vincolo di esclusiva, avendo l’ATI suddetta
indicato per l’esecuzione del servizio, come
prassi, oltre all’impianto di proprietà
della società L’ECOLOGICA TARANTINA Srl
altri due impianti di smaltimento, né
tantomeno realizza una situazione di
dipendenza economica.
Conseguentemente, la S.A. non può
legittimamente escludere dalla gara le due
ATI concorrenti con la motivazione che il
rapporto negoziale in questione configura
un’ipotesi di controllo esterno (o
contrattuale).
Né è ipotizzabile, nella specie,
l’esclusione dei suddetti concorrenti con la
motivazione che le relative offerte sono
riconducibili ad un unico centro
decisionale, sulla base di univoci elementi,
in quanto la stessa S.A. nell’istanza ha
esplicitamente negato il ricorrere di tale
circostanza, alla luce degli accertamenti
dalla essa condotti e di sua esclusiva
competenza. E nemmeno risulta presente nel
disciplinare di gara una clausola che
preveda espressamente, in aggiunta alle
ipotesi normativamente previste dal citato
art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006,
l’esclusione dalla gara dei concorrenti che
si siano in qualunque modo e fine accordati
con altri partecipanti, ponendo in essere
situazioni oggettive potenzialmente lesive
della par condicio tra i concorrenti o della
segretezza dell’offerta, come avviene in
taluni bandi di gara in recepimento di
protocolli volti a rafforzare le condizioni
di legalità e sicurezza nella gestione degli
appalti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che il rapporto
negoziale intercorrente tra L’ECOLOGICA
TARANTINA Srl e l’ATI COOPSERVICE - RA.ME.CO.
non legittima l’esclusione dalla gara delle
ATI concorrenti, non sussistendo un’ipotesi
di controllo esterno (o contrattuale)
(parere
17.12.2008 n. 260 - link a massimario.avlp.it). |
dossier ATTI AMMINISTRATIVI |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Conferenza di
servizi - Natura - Non rappresenta organo
separato dai singoli partecipanti - Parere
negativo di un partecipante recepito e
addotto come ragione ostativa
all'accoglimento della domanda - Contrasto
con l'art. 14-ter, L. n. 241/1990 - Non
sussiste.
2. Conferenza di
servizi - Art. 14-quater, L. n. 241/1990 -
Dissenso nella conferenza di servizi - Si
riferisce alla tipologia progettuale e non
alla collocazione dell'insediamento su
quell'area.
3. Conferenza di
servizi - Procedimento - Art. 10-bis, L. n.
241/1990 - Non si applica.
1. La conferenza di servizi è un modulo
organizzativo volto al'acquisizione
dell'avviso di tutte le amministrazioni
preposte alla cura dei diversi interessi
rilevanti, finalizzato all'accelerazione dei
tempi procedurali, ma non si identifica con
un nuovo organo separato dai singoli
partecipanti. Pertanto, la circostanza che
il parere negativo di uno di questi sia
stato recepito dalla Conferenza e addotto
come ragione ostativa all'accoglimento della
domanda non contrasta con la disciplina
procedimentale della Conferenza di servizi
che, ai sensi del'art. 14-ter della L. n.
241/1990 deve adottare il provvedimento
conclusivo valutando le specifiche
risultanze.
2. L'art. 14-quater, L. n. 241/1990, laddove
prevede l'obbligo di "specifiche indicazioni
delle modifiche progettuali necessarie ai
fini dell'assenso", si riferisce all'ipotesi
in cui una Amministrazione esprima il
dissenso nella conferenza di servizi
rispetto alla tipologia progettuale, con
indicazione delle possibili alternative
progettuali, e non in relazione alla
collocazione dell'insediamento su
quell'area.
3. La conferenza di servizi è disciplinata
da un procedimento ad hoc, in cui la
partecipazione è garantita con la stessa
presenza dell'interessato, che ha ampia
possibilità di interloquire con i soggetti
pubblici, in funzione sia collaborativa sia
difensiva, onde non deve trovare
applicazione la norma dell'art. 10-bis, L.
n. 241/1990 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.12.2008 n.
6161 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Motivazione
del preavviso di rigetto ex art. 10-bis
della L. n. 241/1990 e motivazione del
provvedimento definitivo - Obbligo di
corrispondenza- Sussiste.
La ratio del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 va individuata
nella esigenza di porre il destinatario
nella condizione di conoscere
preventivamente le ragioni della reiezione,
al fine di poter controdedurre
anticipatamente, prima del provvedimento
definitivo, è logico e funzionale che vi sia
corrispondenza tra i due atti, nel senso che
le motivazioni poste nell'atto finale siano
le medesime di quelle indicate nel
preavviso. Infatti nel caso in cui
l'Amministrazione ritenga di introdurre nel
provvedimento negativo finale nuove ragioni
di reiezione di una istanza, dovrà reiterare
l'avviso di rigetto, al fine di garantire la
completezza del contraddittorio (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 10.12.2008 n. 5754). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Nuovo provvedimento
non recante nuova acquisizione di elementi
di fatto, né nuova valutazione - Natura
confermativa di un provvedimento precedente
- Sussiste - Ratio.
2. Atto meramente
confermativo - Procedibilità - Non sussiste.
1. Il provvedimento amministrativo ha natura
confermativa quando, senza acquisizione di
nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova
valutazione, tiene ferme le statuizioni in
precedenza adottate; se, invece, viene
condotta un'ulteriore istruttoria, anche per
la sola verifica dei fatti o con un nuovo
apprezzamento di essi, il mantenimento
dell'assetto degli interessi già disposto ha
carattere di nuovo provvedimento, poiché
esprime un diverso esercizio del medesimo
potere. È, dunque, necessario, affinché
possa escludersi che un atto venga
considerato meramente confermativo del
precedente, che la sua formulazione sia
preceduta da un riesame della situazione che
aveva condotto al precedente provvedimento.
Giacché, solo l'esperimento di un ulteriore
adempimento istruttorio, sia pure attraverso
la rivalutazione degli interessi in gioco ed
un nuovo esame degli elementi di fatto e
diritto che caratterizzano la fattispecie
considerata, può dar luogo ad un atto
propriamente confermativo in grado, come
tale, di dar vita ad un provvedimento
diverso dal precedente e, quindi,
suscettibile di autonoma impugnazione (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 797/2008).
2. Senza una rinnovata istruttoria ed in
presenza, pertanto, di un provvedimento che
si limita a richiamare il precedente
provvedimento e a confermarlo integralmente
senza alcun nuovo esame degli elementi di
fatto e di diritto già considerati, il
ricorso contro detto provvedimento è
inammissibile poiché proposto contro un atto
privo di reale ed autonoma capacità lesiva
(cfr. TAR Basilicata, sent. n. 257/2008);
l'atto meramente confermativo, infatti, non
riapre i termini per impugnare, poiché esso
non rappresenta un'autonoma determinazione
della P.A., sia pure identica nel contenuto
alla precedente, ma solo la manifestazione
della decisione della stessa di non
ritornare sulle scelte già effettuate (cfr.
TAR Catania, sent. n. 489/2008) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
responsabile del procedimento non può
legittimamente adottare provvedimenti
finali, al posto del dirigente. L'incarico
di responsabile del procedimento, infatti,
non equivale a delega di funzioni
dirigenziali, né ha il valore di assegnare a
funzionari privi della qualifica
dirigenziale competenze che la legge riserva
ai dirigenti, in quanto organi dell'ente
locale.
Nell'ordinamento delle amministrazioni
pubbliche il titolare di posizione
organizzativa non è organo avente competenza
propria con rilevanza esterna, in quanto
tale attribuzione spetta ai soli organi di
governo e ai dirigenti.
Per quanto riguarda gli enti locali l'art.
107 del Dlgs. n. 267 del 2000 dispone
infatti che "spettano ai dirigenti tutti i
compiti, compresa l'adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, non
ricompresi espressamente dalla legge o dallo
statuto tra le funzioni di indirizzo e
controllo politico-amministrativo degli
organi di governo dell'ente o non rientranti
tra le funzioni del segretario o del
direttore generale".
In base all'art. 109 del Dlgs. n. 267 del
2000, solo nei comuni privi di personale di
qualifica dirigenziale le funzioni di cui
all'art. 107, possono essere attribuite ai
responsabili degli uffici o dei servizi
indipendentemente dalla loro qualifica
funzionale.
La tesi secondo cui nel caso di specie gli
atti impugnati potevano essere emanati dal
funzionario titolare di posizione
organizzativa perché nominato responsabile
del procedimento e quindi implicitamente
destinatario della delega di funzioni
dirigenziali, ammissibile ai sensi dell'art.
17, comma 1-bis, del Dlgs. 30.03.2001, n.
165, introdotto con legge 15.07.2002, n.
145, non è condivisibile.
E' vero che l'art. 5 della legge n. 241 del
1990 dispone che il dirigente assegni sé o
ad altro dipendente la responsabilità
dell'istruttoria nonché, eventualmente,
dell'adozione del provvedimento finale.
Tuttavia tale disposizione, posta in essere
in un momento storico nel quale il principio
di separazione tra politica ed
amministrazione era parziale (infatti
enunciato dalla legge 142 del 1990 per gli
enti locali, sarà applicato alle
amministrazioni dello Stato solo a partire
dal Dlgs. n. 29 del 1993) e limitato
(significative correzioni ed integrazioni
sul punto sono state apportate per gli enti
locali dalla legge 15.05.1997, n. 127, e
dalla legge 03.08.1999, n. 265, e per le
amministrazioni dello Stato dal Dlgs. 31.03.1998, n. 80 e 20.10.1998, n. 387)
non sembra idonea a disporre in via generale
una deroga implicita alla competenza
esclusiva dei dirigenti stabilita dall'art.
51 della antecedente legge 142 del 1990, cui
osterebbe peraltro la c.d. clausola di
resistenza di cui all'art. 1, comma 3, della
medesima legge.
La norma deve pertanto essere intesa nel
senso che il responsabile del procedimento
può emanare il provvedimento finale avente
rilevanza esterna solo se questo rientra tra
quelli di propria competenza.
Negli altri casi deve limitarsi alla
formazione del medesimo e alla sua
trasmissione all'organo competente
all'emanazione, ovvero al dirigente o agli
organi di governo (in tal senso, in modo
univoco, dispone l'art. 6, comma 1, lett. e,
della legge n. 241 del 1990).
Per quanto concerne l'art. 17, comma 1-bis, del Dlgs. 30.03.2001, n. 165,
introdotto con legge 15.07.2002, n. 145,
invocato dal Comune, tale norma dispone che
i dirigenti, per specifiche e comprovate
ragioni di servizio, possano delegare per un
periodo di tempo determinato, con atto
scritto e motivato, alcune competenze ai
dipendenti con posizione funzionale più
elevata.
Contrariamente a quanto dedotto tuttavia, la
sua applicazione agli enti locali non è
diretta, ma mediata dalle disposizioni dello
Statuto o del regolamento del personale
(cfr. la circolare del Ministero
dell'Interno - Dipartimento per gli affari
interni e territoriali del 23.10.2002,
n. 4/2002 avente ad oggetto "Limiti di
estensibilità delle disposizioni della legge
15.07.2002, n. 145, al personale degli
enti locali").
Infatti l’art. 88 del Dlgs. n. 267 del 2000
prevede che all’ordinamento degli uffici e
del personale degli enti locali, ivi
compresi i dirigenti, si applichino le
disposizioni del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29, e successive
modificazioni e integrazioni, ma l'art. 111
dello stesso, dispone che “gli enti locali,
tenendo conto delle proprie peculiarità,
nell’esercizio della propria potestà
statutaria e regolamentare, adeguano lo
statuto ed il regolamento ai principi" tra
l'altro, del capo II (recante le norme sulla
dirigenza) del Dlgs. 03.02.1993, n. 29.
Nel caso di specie ostano all'applicazione
dell'istituto della delega delle funzioni
dirigenziali le disposizioni dell'art. 77
dello Statuto e degli artt. 8 e 22 del
regolamento del personale, che affidano il
compito di adottare atti con efficacia
esterna ai soli dirigenti, e in ogni caso la
nomina a responsabile del procedimento o il
conferimento dell'incarico di posizione
organizzativa non contengono tutti i
requisiti prescritti dal menzionato art. 17,
comma 1-bis, del Dlgs. n. 165 del 2001 (il
quale richiede un atto scritto e motivato
nel quale siano indicate le specifiche e
comprovate ragioni di servizio per le quali,
per un periodo di tempo determinato, sono
delegate le funzioni).
Pertanto devono essere annullati in parte
qua per violazione dell'art. 107 del Dlgs.
18.08.2000, n. 267, dell'art. 77 dello
Statuto del Comune nonché degli artt. 8 e 22
del regolamento del personale, gli atti con
i quali al funzionario amministrativo che ha
emanato i provvedimenti impugnati con i
motivi aggiunti notificati il 28.02.2007, privo di qualifica dirigenziale, è
stato attribuito anche il potere di emanare
provvedimenti con rilevanza esterna, nonché
i provvedimenti che hanno ingiunto la
chiusura dell'impianto per incompetenza (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 28.04.2008 n. 1136 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Qualora
il ricorso alla consulenza legale esterna si
inserisce nell’ambito di un’apposita
istruttoria procedimentale, nel senso che il
parere è richiesto al professionista con
l’espressa indicazione della sua funzione
endoprocedimentale ed è poi richiamato nella
motivazione dell’atto finale, la consulenza
legale è soggetta all’accesso perché
oggettivamente correlato ad un procedimento
amministrativo.
Viceversa, allorché la consulenza si
manifesta dopo l’avvio di un procedimento
contenzioso (giudiziario, arbitrale, od
anche meramente amministrativo), oppure dopo
l’inizio di tipiche attività precontenziose,
quali la richiesta di conciliazione
obbligatoria che precede il giudizio in
materia di rapporto di lavoro, e
l’amministrazione si rivolge ad un
professionista di fiducia, al fine di
definire la propria strategia difensiva
(accoglimento della pretesa, resistenza in
giudizio, adozione di eventuali
provvedimenti di autotutela, ecc.), il
parere del legale non è affatto destinato a
sfociare in una determinazione
amministrativa finale, ma mira a fornire
all’ente pubblico tutti gli elementi
tecnico–giuridici utili per tutelare i
propri interessi: in questo caso, le
consulenze legali restano caratterizzate
dalla riservatezza.
Come questo Consiglio di Stato ha avuto modo
di precisare anche di recente (cfr., C.d.S.,
Sez. V, 02.04.2001, n. 1893 richiamata sia
dal TRGA sia dalla società, sia pure a
sostegno delle rispettive tesi; 26.09.2000,
n. 5105), la normativa di rango statale di
cui all’art. 7 della legge 08.06.1990 n. 142
e agli articoli 22 e seguenti della legge
07.08.1990 n. 241, pur affermando l’ampia
portata della regola dell’accesso, la quale
rappresenta la coerente applicazione del
principio di trasparenza, che governa i
rapporti tra amministrazione e cittadini,
introduce alcune limitazioni di carattere
oggettivo, definendo le ipotesi in cui
determinate categorie di documenti sono
sottratte all’accesso, in ragione del loro
particolare collegamento con interessi e
valori giuridici protetti dall’ordinamento
in modo differenziato.
Il principio è espresso dall’art. 24 della
legge n. 241/1990, il quale stabilisce che
il diritto di accesso “è escluso per i
documenti coperti da segreto di Stato ai
sensi dell'articolo 12 della legge
24.10.1977, n. 801, nonché nei casi di
segreto o di divieto di divulgazione
altrimenti previsti dall'ordinamento”:
disposizione che sta a testimoniare come
l’innovazione legislativa introdotta con la
legge n. 241/1990, se ridimensiona la
portata sistematica del segreto
amministrativo, non travolge le diverse
ipotesi di segreti, previsti
dall’ordinamento, finalizzati a tutelare
interessi specifici, diversi da quello,
riconducibile, secondo l’impostazione più
tradizionale, alla mera protezione
dell’esercizio della funzione
amministrativa.
In tali eventualità, i documenti, seppure
formati o detenuti dall’amministrazione, non
sono suscettibili di divulgazione, perché il
principio di trasparenza cede (o, quanto
meno, viene circoscritto sul piano oggettivo
o temporale) a fronte dell’esigenza di
salvaguardare l’interesse protetto dalla
normativa speciale sul segreto.
Secondo l’indicato orientamento, i due
criteri direttivi che devono orientare
l’interprete per l’esatta delimitazione
delle discipline sul segreto non travolte
dalla nuova normativa in materia di accesso
ai documenti, vanno individuati, da un lato,
nel fatto che il “segreto” preclusivo
dell’accesso ai documenti non deve
costituire la mera riaffermazione del
tramontato principio di assoluta
riservatezza dell’azione amministrativa e,
dall’altro lato, nella circostanza che il
segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990
deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in
cui esso mira a salvaguardare interessi di
natura e consistenza diversa da quelli
genericamente amministrativi.
In tale contesto, si è affermato che,
nell’ambito dei segreti sottratti
all’accesso ai documenti, rientrano gli atti
redatti dai legali e dai professionisti in
relazione a specifici rapporti di consulenza
con l’amministrazione, trattandosi di un
segreto che gode di una tutela qualificata,
dimostrata dalla specifica previsione degli
articoli 622 del codice penale e 200 del
codice di procedura penale.
Sotto il profilo più specifico, si è
precisato che la previsione contenuta
nell’articolo 2 del decreto del Presidente
del Consiglio 26.01.1996, n. 200
(regolamento recante norme per la disciplina
di categorie di documenti dell’Avvocatura
dello Stato sottratti al diritto di
accesso), mira proprio a definire con
chiarezza il rapporto tra accesso e segreto
professionale, fissando una regola che
appare sostanzialmente ricognitiva dei
principi applicabili in questa materia,
anche al di fuori dell’ambito della difesa
erariale.
La disposizione, rubricata “categorie di
documenti inaccessibili nei casi di segreto
o di divieto di divulgazione previsti
dall’ordinamento”, stabilisce che, “ai
sensi dell’art. 24, comma 1, della legge
07.08.1990, n. 241, in virtù del segreto
professionale già previsto dall’ordinamento,
al fine di salvaguardare la riservatezza nei
rapporti tra difensore e difeso, sono
sottratti all’accesso i seguenti documenti:
a) pareri resi in relazione a lite in
potenza o in atto e la inerente
corrispondenza;
b) atti defensionali;
c) corrispondenza inerente agli affari di
cui ai punti a) e b)”.
La medesima giurisprudenza ha chiarito che
detta regola ha una portata generale,
codificando il principio, valevole per tutti
gli avvocati, siano essi del libero foro o
appartenenti ad uffici legali di enti
pubblici, secondo cui, essendo il segreto
professionale specificamente tutelato
dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso
gli scritti defensionali (Cons. Stato, IV,
27.08.1998, n. 1137), rispondendo il
principio in parola ad elementari
considerazioni di salvaguardia della
strategia processuale della parte, che non è
tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto
meno, al proprio contraddittore, attuale o
potenziale, gli argomenti in base ai quali
intende confutare le pretese avversarie.
Quanto alle consulenze legali esterne, alle
quali l’amministrazione può ricorrere in
diverse forme ed in diversi momenti
dell’attività amministrativa di sua
competenza, si è avuto modo di precisare
che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla
consulenza legale esterna si inserisce
nell’ambito di un’apposita istruttoria
procedimentale, nel senso che il parere è
richiesto al professionista con l’espressa
indicazione della sua funzione
endoprocedimentale ed è poi richiamato nella
motivazione dell’atto finale, la consulenza
legale, pur traendo origine da un rapporto
privatistico, normalmente caratterizzato
dalla riservatezza della relazione tra
professionista e cliente, è soggetto
all’accesso, perché oggettivamente correlato
ad un procedimento amministrativo.
Viceversa, allorché la consulenza si
manifesta dopo l’avvio di un procedimento
contenzioso (giudiziario, arbitrale, od
anche meramente amministrativo), oppure dopo
l’inizio di tipiche attività precontenziose,
quali la richiesta di conciliazione
obbligatoria che precede il giudizio in
materia di rapporto di lavoro, e
l’amministrazione si rivolge ad un
professionista di fiducia, al fine di
definire la propria strategia difensiva
(accoglimento della pretesa, resistenza in
giudizio, adozione di eventuali
provvedimenti di autotutela, ecc.), il
parere del legale non è affatto destinato a
sfociare in una determinazione
amministrativa finale, ma mira a fornire
all’ente pubblico tutti gli elementi
tecnico–giuridici utili per tutelare i
propri interessi: in questo caso, le
consulenze legali restano caratterizzate
dalla riservatezza, che mira a tutelare non
solo l’opera intellettuale del legale, ma
anche la stessa posizione
dell’amministrazione, la quale, esercitando
il proprio diritto di difesa, protetto
costituzionalmente, deve poter fruire di una
tutela non inferiore a quella di qualsiasi
altro soggetto dell’ordinamento.
Il principio della riservatezza della
consulenza legale si manifesta anche nelle
ipotesi in cui la richiesta del parere
interviene in una fase intermedia,
successiva alla definizione del rapporto
amministrativo all’esito del procedimento,
ma precedente l’instaurazione di un giudizio
o l’avvio dell’eventuale procedimento
precontenzioso, perché, pure in tali casi,
il ricorso alla consulenza legale persegue
lo scopo di consentire all’amministrazione
di articolare le proprie strategie
difensive, in ordine ad un lite che, pur non
essendo ancora in atto, può considerarsi
quanto meno potenziale. Ciò avviene, in
particolare, quando il soggetto interessato
chiede all’amministrazione l’adempimento di
una obbligazione, o quando, in linea più
generale, la parte interessata domanda
all’amministrazione l’adozione di
comportamenti materiali, giuridici o
provvedimentali, intesi a porre rimedio ad
una situazione che si assume illegittima od
illecita (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 13.10.2003 n. 6200 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier SCOMPUTO OO.UU. |
EDILIZIA PRIVATA:
Se le opere di urbanizzazione
restano al privato niente gara.
Un intervento edilizio attuato da
un soggetto privato nell’ambito di un piano
particolareggiato su un’area di sua
proprietà, consistente nella realizzazione
di insediamenti da destinare a servizi
pubblici o collettivi, non costituisce opera
di urbanizzazione. Conseguentemente a tale
intervento non si applicano le disposizioni
dettate dal Dlgs. 163/2006 in materia di
opere di urbanizzazione primaria e
secondaria.
Osserva il Collegio che l’art. 32, comma 1,
lettera g), annovera tra i contratti
soggetti alle regole dell’evidenza pubblica
i “lavori pubblici da realizzarsi da
parte dei soggetti privati titolari di
permesso di costruire, che assumono in via
diretta l’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del
permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2 del
d.p.r. 06.06.2001, n. 380 e dell’art. 28,
comma 5, l. 17.08.1942, n. 1150….”.
Va rammentato che secondo principi
affermatasi in materia urbanistica nel
settore delle lottizzazioni e
successivamente trasfusi in norme di legge,
il titolare del permesso di costruire è
tenuto a corrispondere al Comune la quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione all'atto del rilascio del
permesso di costruire; in alternativa, può
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
della quota dovuta (art. 2 del d.p.r. 380
del 2001 e art. 28, comma 5 della legge 1150
del 1942, come modificato e integrato dalla
l. 765 del 1967).
La ratio delle disposizioni è quella
di soddisfare l’esigenza primaria
dell’amministrazione comunale di urbanizzare
le aree di espansione contestualmente
all’edificazione, sicché il privato agisce
nell’interesse ed in luogo della pubblica
amministrazione e le opere, seppure
realizzate dal privato –con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune-, vengono
acquisite al patrimonio indisponibile del
comune.
Questo sistema della assunzione diretta
delle urbanizzazioni da parte del privato a
scomputo degli oneri è stato oggetto di
rivisitazione del legislatore dopo la
sentenza della Corte Europea del 12.07.2001,
con la quale si è affermato il principio
dell’affidamento mediante gara pubblica
dell’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo quando il valore
superi la soglia fissata dalla norma
comunitaria.
Da ciò la previsione dell’art. 2, comma 5
della legge n. 109 del 1994 (c.d. legge
Merloni), sostituita dall’art. 32, primo
comma, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006,
di recente novellata dall’art. 2, comma 1,
lett. f), d.lgs. n. 113 del 2007 che ha
riportato nell’ambito dell’evidenza pubblica
e delle sue regole la realizzazione delle
opere pubbliche di urbanizzazione che,
attraverso convenzioni accessive ai piani
urbanistici attuativi di iniziativa privata,
finivano con l’essere realizzate
direttamente dal privato, con elusione delle
regole dei contratti pubblici.
Nel caso in questione, tuttavia, non si
discute di opere di urbanizzazione a
scomputo degli oneri di urbanizzazione ma di
un intervento edilizio destinato a servizi
collettivi da realizzarsi direttamente dal
privato proprietario dell’area e che rimane
nella proprietà del privato, che è tenuto
solo a mantenerne la destinazione ad uso
collettivo in conformità alle disposizioni
del piano particolareggiato che disciplina
l’area.
La fattispecie è, quindi, diversa da quella
di cui al più volte citato art. 32, comma 1,
lettera g), del d.lgs. 163 del 2006 (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 30.01.2009 n. 157 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier VOLUMI TECNICI |
EDILIZIA PRIVATA: Volume tecnico
- Definizione e caratteristiche.
La nozione di volume tecnico presuppone,
secondo quanto chiarito da giurisprudenza, che
volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal
calcolo della volumetria ammissibile, devono
intendersi i locali completamente privi di
autonomia funzionale, anche potenziale, in
quanto destinati a contenere impianti
serventi di una costruzione principale, per
esigenze tecnico-funzionali della
costruzione stessa (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. I, sentenza 09.07.2007, n. 1749; TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza
04.04.2002 n. 1337) e, in particolare, quei
volumi strettamente necessari a contenere ed
a
consentire l'accesso a quegli impianti
tecnici indispensabili per assicurare il
comfort degli edifici, che non possano, per
esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti, essere inglobati entro il corpo
della costruzione realizzabile nei limiti
imposti dalle norme urbanistiche (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 15.01.2005
n. 143; TAR Puglia-Bari, sentenza n.
2843/2004).
Per l'identificazione della nozione di
volume tecnico va fatto riferimento a tre
ordini di parametri: il primo,
positivo, di tipo funzionale, dovendo avere
un rapporto di strumentalità necessaria con
l'utilizzo della costruzione; il secondo
ed il terzo negativi, ricollegati: 1)
all'impossibilità di soluzioni progettuali
diverse, nel senso che tali volumi non
possono essere ubicati all'interno della
parte abitativa; 2) ad un rapporto di
necessaria proporzionalità che deve
sussistere tra i volumi e le esigenze
edilizie completamente prive di una propria
autonomia funzionale, anche potenziale, in
quanto destinate a contenere gli impianti
serventi della costruzione principale (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza
09.07.2007).
In virtù di tale impostazione si è
riconosciuto in giurisprudenza che i volumi
tecnici degli edifici sono esclusi dal
calcolo della volumetria a condizione che
non assumano le caratteristiche di vano
chiuso, utilizzabile e suscettibile di
abitabilità (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 15.01.2005 n. 143; TAR Puglia-Bari,
sentenza n. 2843/2004).
Nel caso in cui un intervento edilizio sia
di altezza e volume tale da poter essere
destinato a locale abitabile, ancorché
designato in progetto come volume tecnico,
deve essere computato ad ogni effetto, sia
ai fini della cubatura autorizzabile, sia i
fini del calcolo dell'altezza e delle
distanza ragguagliate all'altezza (TAR
Puglia-Bari, sentenza n. 2843/2004).
Sempre secondo giurisprudenza, non possono
essere considerati volumi tecnici i
sottotetti degli edifici, quando sono di
altezza tale da poter essere suscettibili
d'abitazione o d'assolvere a funzioni
complementari, quale quella ad esempio di
deposito di materiali (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III, sentenza 15.01.2005 n. 143), le
soffitte, gli stenditoi chiusi e quelli "di
sgombero", nonché il piano copertura,
impropriamente definito sottotetto, ma
costituente in realtà, come nella specie,
una mansarda in quanto dotato di rilevante
altezza media rispetto al piano di gronda
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
04.03.2008 n. 918).
Allo stesso modo non può considerarsi un
volume tecnico un locale sottotetto che
abbia una rilevante altezza media rispetto
al piano di gronda che sia collegato agli
altri locali mediante una scala interna,
dotato di una ampia finestra di aerazione e
di una ulteriore apertura per accedere ad un
terrazzo calpestabile (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. I, sentenza 09.07.2007 n. 1749) e
locali complementari all'abitazione, tra cui
la mansarda (nonché la soffitta, gli
stenditoi chiusi o di sgombero, ecc.)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
13.05.1997 n. 483) (TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5731). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
L'apertura di porte-finestre e
finestre è da considerarsi opera di
ristrutturazione edilizia.
Per pacifica giurisprudenza, l’apertura di
porte e finestre, determinando
un'alterazione del prospetto dell'intero
fabbricato, rientra tra gli interventi di
ristrutturazione edilizia, di cui alla
lettera c), comma primo, dell'articolo 10
D.P.R. n. 380/2001 (cfr., sul punto, TAR
Campania Napoli, sez. IV, n. 20564/2008; TAR
Liguria, n. 1516/2004) (TAR Campania-Napoli,
Sez. IV,
sentenza 19.02.2009 n. 895 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: Documenti
amministrativi – Diritto di accesso – Casi
di esclusione e di differimento –
Apprezzamento discrezionale della P.A. –
Limiti.
La partecipazione ad una gara d'appalto
comporta che l'offerta tecnico-progettuale
presentata fuoriesce dalla sfera di dominio
riservato dell'impresa per porsi sul piano
della valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con
la conseguenza che la società non
aggiudicataria ha interesse ad accedere alla
documentazione afferente le offerte
presentate in vista della tutela dei propri
interessi giuridici.
Com’è noto l’art. 25 della legge 07.08.1990 nr.
241 ha introdotto una nuova ipotesi di
giurisdizione esclusiva del G.A., con uno
speciale rito abbreviato, per la tutela del
diritto di accesso ai documenti
amministrativi il quale, anche a seguito
delle recenti modifiche introdotte al testo
originario della L. n. 241/1990 (L. n.
15/2005 e L. n. 80/2005), è esercitabile con
le seguenti modalità:
- nel caso in cui l’accesso riguardi
documenti contenenti dati sensibili riferiti
a soggetti terzi, questi ultimi devono
essere evocati in giudizio e l’accesso può
essere negato laddove si ritenga prevalente
il diritto alla riservatezza (art. 24, comma
6, lett. d) della L. n. 241/1990);
- l’accesso, però, deve essere in ogni caso
consentito (con opportune cautele) quando la
visione della documentazione è necessaria
per curare o per difendere i propri
interessi giuridici (art. 24, comma 7, della
L. n. 241/1990);
- quando, infine, non sussiste alcun
problema di segretezza della documentazione
e/o di tutela della riservatezza, l’accesso
deve essere sempre consentito.
In ogni caso, la puntuale disciplina
normativa dei presupposti di esercizio della
posizione giuridica e dei casi di esclusione
e di differimento escludono, con ogni
evidenza, che l’Amministrazione disponga di
una qualsivoglia sfera di apprezzamento
discrezionale, dovendo quest’ultima
limitarsi a consentire l’esame del documento
e l’estrazione di copia purché l’interessato
lo giustifichi in relazione alla
prospettazione di un interesse conoscitivo
personale specifico e concreto e salva la
sussistenza dei presupposti oggettivi che
escludono l’accesso (art. 24 comma secondo
lett. a), b) e c) legge nr. 241/1990 e art.
8 commi secondo e quinto lett. a), b), c),
d) D.P.R. nr. 352/1992) o ne consentono il
differimento.
Con particolare riferimento alla natura del
documento oggetto dell’istanza estensiva
(offerta tecnica) il Consiglio di Stato ha
evidenziato che la partecipazione ad una
gara comporta, tra l'altro, che l'offerta
tecnico progettuale presentata fuoriesca
dalla sfera di dominio riservato
dell'impresa per porsi sul piano della
valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con
la conseguenza che la società non
aggiudicataria ha interesse ad accedere alla
documentazione afferente le offerte
presentate in vista della tutela dei propri
interessi giuridici (Cons. Stato, IV, n.
4078/2002).
In altri termini, in presenza di una offerta
vincente, non può negarsi ad altra impresa
partecipante l'accesso agli atti necessari
alle finalità di controllo dei requisiti
tecnici e di tutte le altre caratteristiche
del prodotto, oggetto della fornitura,
minuziosamente contemplati nel relativo
bando di gara (per l'affermazione del
principio in relazione ad una procedura di
appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n.
518/1999).
Pertanto, l'impresa partecipante ad una
procedura concorsuale per l'aggiudicazione
di un appalto pubblico può accedere nella
forma più ampia agli atti del procedimento
di gara (ancorché ufficiosa), ivi compresa
l'offerta presentata dalla impresa risultata
aggiudicataria, senza che possano essere
opposti motivi di riservatezza, sia perché
una volta conclusasi la procedura
concorsuale i documenti prodotti dalle ditte
partecipanti assumono rilevanza esterna, sia
in quanto la documentazione prodotta ai fini
della partecipazione ad una gara di appalto
indetta dalla Pubblica Amministrazione esce
dalla sfera esclusiva delle imprese per
formare oggetto di valutazione comparativa
essendo versata in un procedimento
caratterizzato dai principi di concorsualità
e trasparenza (ex multis: Consiglio di
Stato, VI Sezione, 07.06.2006 n. 3418; TAR
Lazio Roma, III Sezione, 04.04.2006 n. 2212;
TAR Puglia Bari, II Sezione, 06.03.2003 n.
1086; TAR Campania Napoli, V Sezione,
27.03.2003 n. 3032) (TAR Puglia-Lecce, Sez.
II,
sentenza 31.01.2009 n. 166 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
La responsabilità dei dirigenti
per riconoscimento di debito fuori bilancio.
Che rilevanza ha il parere di legittimità
dato alla delibera consiliare?
I responsabili dell’area tecnica e dell’area
economico finanziaria esprimono il proprio
parere sulla delibera di riconoscimento di
debito fuori bilancio secondo la
delimitazione che a detti pareri sono
conferiti dalla legge; tali limitazioni
vanno individuate da un lato, nella verifica
di legittimità, in linea tecnica, che la
materia in deliberazione rientri nella
effettiva competenza dell’organo deliberante
e che sul piano della regolarità
tecnico-amministrativa sussistono i
presupposti di fatto che legittimano il
ricorso ad una tale deliberazione a
prescindere da ogni valutazione e sindacato
nel merito degli atti prodromici che hanno
resa necessaria l’assunzione della
deliberazione.
I pareri espressi dai responsabili
dell’aerea tecnica e del servizio
finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle
deliberazioni per le quali i pareri sono
richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto
alla validità formale della medesime
deliberazioni operano quale presupposto di
diritto, ma non possono interferire
sull’autonomo e corretto esercizio dei
poteri spettanti all’organo deliberante; a
questi spetta la ponderazione concreta e
corretta dei pubblici interessi, al di là
della mera relazione funzionale dei pareri
stessi che sono resi "ex ante" sulla
proposta di deliberazione e costituiscono il
presupposto al corretto esercizio dei poteri
amministrativi dell’organo deliberante,
senza intervenire sulla volontà di questo
nei casi in cui, come nella specie, la
competenza a provvedere spetta allo stesso
Consiglio comunale e non già ad altri uffici
tecnici o amministrativi
dell’amministrazione comunale (Corte dei
Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Sicilia,
sentenza 01.01.2009 n. 1 - link a
www.giuedanella.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Richiesta
di sanatoria di opera abusiva - Onere della
prova della sanabilità dell'opera grava su
richiedente - Sussiste.
Spetta al richiedente la sanatoria, fornire
adeguata documentazione volta a comprovare
le caratteristiche dell'opera abusiva, al
fine di dimostrare la sanabilità della
stessa (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 30.12.2008 n.
6191). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Sanzione pecuniaria alternativa alla
demolizione ai sensi dell'art. 33 DPR
380/2001 - Intervento edilizio in difformità
al titolo edilizio ed in contrasto alla
disciplina urbanistica - Calcolo della
sanzione in base alla destinazione d'uso
normativamente consentita e non a quella
realizzata - Legittimità.
2. Sanzione pecuniaria alternativa alla
demolizione ai sensi dell'art. 33 DPR
380/2001 - Istanza di condono edilizio -
Obbligo di quantificare la sanzione
pecuniaria con deduzione di quanto versato
con l'istanza di condono - Non sussiste.
1.
Nel caso in cui l'intervento edilizio sia
stato realizzato in difformità dal titolo
edilizio ed anche il contrasto con la
disciplina urbanistica, è legittima la
determinazione comunale che, accertata
l'impossibilità di ripristinare lo stato dei
luoghi, ha calcolato la sanzione pecuniaria
ai sensi dell'art. 33 D.P.R. 380/2001 in
base alla destinazione d'uso consentita
normativamente al momento della
realizzazione delle opere, non potendo, al
contrario, essere utilizzata la destinazione
d'uso realizzata in quanto quest'ultima
configura la situazione da sanare (Nella
fattispecie, essendo stato realizzato un
immobile residenziale in zona industriale, è
stato ritenuto legittimo utilizzare come
parametro la destinazione consentita, quella
industriale, per calcolare la sanzione
alternativa alla demolizione).
2.
Le somme versate ai fini del condono
edilizio ex L. 326/2003, cui la società
ricorrente ha rinunciato, e la sanzione
pecuniaria alternativa alla demolizione di
cui all'art. 380/2001 richiesta dal Comune
attengono a procedimenti autonomi
rispondenti, nel primo caso ad estinguere i
reati contravvenzionali, e nel secondo caso,
a risarcire il Comune del danno conseguente
alla permanenza di un'opera abusiva.
Pertanto l'Amministrazione nel quantificare
la sanzione pecuniaria alternativa alla
demolizione di cui all'art. 380/2001 non ha
alcun onere di detrazione delle somme
versate con la domanda di condono edilizio,
per le quali eventualmente, in presenza dei
presupposti, potrà essere attivata la
procedura di rimborso (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 30.12.2008 n.
6190). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 -
Ambito di applicazione - Si riferisce non
solo al caso di completa assenza di opere di
urbanizzazione, ma anche di insufficienza
delle stesse.
2. Permesso di costruire - Procedimento -
Intervenuta scadenza del termine di
conclusione del procedimento - Potere di
provvedere sulla domanda - Sussiste -
Possibilità di richiedere l'intervento
sostitutivo dell'Ente locale di livello
superiore - Sussiste.
3. Strade - Inscrivibilità in curva dei
veicoli - Artt. 61, comma 5°, Codice della
strada e 217 Reg. Codice della Strada -
Obbligo delle amministrazioni titolari della
gestione delle strade di applicare le norme
sulla materia anche alle strade già
realizzate - Sussiste - Obbligo
generalizzato di rettificare tutte le
situazioni preesistenti - Non sussiste.
1.
La norma dell'art. 12, comma 2°, D.P.R. n.
380/2001 deve essere applicata non solo nel
caso di completa assenza di opere di
urbanizzazione, ma anche nel caso di
asserita insufficienza delle stesse, in
quanto una diversa interpretazione, oltre
che non corretta sul piano sistematico,
frustrerebbe la finalità della norma che è
quella di garantire uno sviluppo del
territorio corretto e sostenibile.
2.
La scadenza del termine di conclusione del
procedimento non priva l'Amministrazione del
potere di provvedere sulla domanda
presentata dal privato, ma comporta soltanto
la possibilità per il soggetto che ha
chiesto il rilascio del permesso di
costruire di invocare l'intervento
sostitutivo dell'Ente locale di livello
superiore.
3.
La questione dell'inscrivibilità in curva
dei veicoli di cui agli artt. 61, comma 5°,
Codice della strada e 217 Reg. Codice della
Strada attiene non al tipo di strade, ma ai
veicoli ammessi a circolare sul territorio
nazionale. Una volta dettate le norme sulla
materia, in presenza di nuove richieste di
edificazione le Amministrazioni titolari
della gestione delle strade hanno l'obbligo
di rispettarle non solo nelle strade di
nuova costruzione, ma anche per quelle già
realizzate, pur senza un obbligo
generalizzato di rettificare tutte le
situazioni preesistenti che non garantiscono
la inscrivibilità in curva dei veicoli che
hanno le caratteristiche per essere ammessi
a circolare sul territorio nazionale (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6189 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Volumetria
edificabile - Volume virtuale - Deve essere
ricollegato a quello fisico in modo da non
alterare sensibilmente il dato reale.
La volumetria edificabile è un dato che ha a
che fare non solo col peso insediativo (cioè
con il carico urbanistico indotto da un
nuovo insediamento) ma anche con la
morfologia del territorio e con l'ingombro
fisico ritenuto compatibile con la
fisionomia e l'assetto di una determinata
zona. Se è vero che il calcolo della
volumetria può essere orientato da criteri
regolamentari volti a stabilire quali spazi
non siano computabili (spazi accessori non
abitabili, volumi tecnici, vani di servizio
etc.), il volume virtuale non può essere
sganciato da quello fisico fino al punto da
alterare sensibilmente il dato reale (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6188 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 -
Ambito di applicazione - Si riferisce non
solo al caso di completa assenza di opere di
urbanizzazione, ma anche di insufficienza
delle stesse.
2. Eccesso di potere - Disparità di
trattamento - Applicabilità della figura
sintomatica - Non sussiste.
1.
La norma dell'art. 12, comma 2°, D.P.R. n.
380/2001 deve essere applicata non solo nel
caso di completa assenza di opere di
urbanizzazione, ma anche nel caso di
asserita insufficienza delle stesse, in
quanto una diversa interpretazione, oltre
che non corretta sul piano sistematico,
frustrerebbe la finalità della norma che è
quella di garantire uno sviluppo del
territorio corretto e sostenibile.
2.
Nella specifica materia urbanistico-edilizia
la figura sintomatica della disparità di
trattamento non ha concrete possibilità di
applicazione, perché il parametro di
riferimento della applicazione della norma
alla fattispecie concreta viene ad essere
necessariamente un'area diversa da quella
oggetto di esame, dotata di proprie
caratteristiche, proprie esigenze e proprie
criticità, rispetto a cui, pertanto, non è
concepibile una questione di parità di
trattamento (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6187 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Rilascio del titolo abilitativo edilizio
- Verifica da parte del Comune della
disponibilità civilistica dell'intervento -
Necessità - Limiti.
2. Giustizia amministrativa - Obbligo di
rimessione in pristino - Forma di
risarcimento in forma specifica - Non
sussiste - Risarcimento in forma specifica -
Reintegrazione nello status quo ante a
seguito di accoglimento della domanda
principale - Non sussiste.
1.
Se per regola generale gli obblighi
civilistici non incidono sui titoli
abilitativi degli interventi edilizi che,
per definizione, sono rilasciati sempre
salvo i diritti dei terzi, il Comune è
tenuto a verificare comunque la
disponibilità civilistica dell'intervento da
parte del richiedente quando ciò possa
essere controverso per notizia agli atti
dell'amministrazione comunale stessa.
2.
L'obbligo di rimessione in pristino non può
essere considerato una forma di accoglimento
in forma specifica della domanda
risarcitoria, perché esso costituisce
l'effetto della pronuncia di annullamento
del provvedimento impugnato, e non l'oggetto
della autonoma domanda risarcitoria. Il
risarcimento in forma specifica deve
costituire pur sempre una soddisfazione
succedanea dell'interesse leso, e non è
ipotizzabile quando all'accoglimento della
domanda principale consegue la
reintegrazione nello status quo antecedente
alla proposizione della domanda (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6186 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1.
Giustizia amministrativa - Contenzioso
insorto tra proprietari di aree edificate -
Violazione obbligo di convenzione -
Interesse a ricorrere in capo a tutti i
proprietari convenzionati - Sussiste.
2. Termine massimo di validità della
convenzione di lottizzazione - Applicazione
termine di 10 anni previsto per i piani
particolareggiati ex art. 16 L. n. 1150/1942
- Limiti.
3. Natura delle convenzioni di
lottizzazione - Accordi sostitutivi del
provvedimento - Modifica della convenzione -
Obbligo di coinvolgimento di tutti i
soggetti firmatari - Sussiste - Possibilità
per la P.A. di modificare la destinazione
dell'area oggetto di lottizzazione in caso
di superiore interesse pubblico - Sussiste.
1.
In caso di contenzioso insorto tra i
proprietari di aree edificate nel contesto
della medesima lottizzazione, in caso di
violazione degli obblighi della convenzione,
sussiste l'interesse a ricorrere di tutti i
proprietari convenzionati, sul presupposto
che la convenzione stessa definisce un
assetto organico e unitario della zona
interessata.
2.
Alle convenzioni di lottizzazione, in
assenza di una specifica disposizione che
regoli il termine massimo di validità, si
applica in via analogica il termine massimo
di dieci anni dettato per i piani
particolareggiati dall'art. 16 L. n.
1150/1942, applicabile, però, solo alle
disposizioni di contenuto espropriativi e
non anche alle prescrizioni urbanistiche che
rimangono pienamente operanti e vincolanti
senza limiti di tempo.
3.
Le convenzioni di lottizzazione, nelle quali
oltre all'aspetto della regolamentazione
urbanistica, vi è anche l'aspetto dei
rapporti interni, di debito/credito, tra
lottizzanti, hanno natura di accordi
sostitutivi del provvedimento e come tali
non possono essere modificate senza il
coinvolgimento di tutti gli originari
firmatari. Ciò non significa che la
convenzione può essere variata solo e
unicamente con l'unanimità dei consensi dei
firmatari; tuttavia, è necessario il loro
previo coinvolgimento, e l'ordinamento
predispone gli strumenti per comporre o
superare gli eventuali dissensi, fermo
restando, in ogni caso, il superiore
interesse pubblico di dare all'area oggetto
di lottizzazione una sistemazione
urbanistica differente rispetto a quella
della convenzione di lottizzazione,
interesse attuato dalla Amministrazione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6186 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Autorizzazione paesaggistica - Obbligo di
motivare la compatibilità del vincolo con
l'attività edilizia - Sussiste - Parere
paesaggistico - Obbligo di congrua
motivazione circa i criteri e le regole per
il ritenere o meno la compatibilità al
vincolo dell'opera - Sussiste.
2. Autorizzazione paesaggistica -
Espressione sia discrezionale che tecnico
discrezionale - Sussiste - Art. 21-octies
della L. n. 241/1990 - Inapplicabilità.
3. Annullamento autorizzazione paesaggistica
- Atto presupposto del titolo edilizio -
Sussiste - Conseguente annullamento del
titolo abilitativo edilizio - Sussiste.
1.
Il provvedimento con cui viene rilasciata
l'autorizzazione paesaggistica non può
limitarsi ad assentire l'intervento
edilizio, ma deve specificatamente spiegare
i motivi che rendono compatibile con il
vincolo l'attività edilizia richiesta. Il
parere paesaggistico deve essere rilasciato
unitamente ad una congrua motivazione che
descriva i criteri e le regole seguite per
ritenere o meno la compatibilità dell'opera
con il vincolo imposto sull'area.
2.
L'autorizzazione paesaggistica è espressione
di un giudizio sia discrezionale che
tecnico-discrezionale che impedisce
l'applicazione di una norma quale quella
dell'art. 21-octies della L. n. 241/1990 che
è riservata ai provvedimenti espressione di
attività vincolata.
3.
L'annullamento dell'autorizzazione
paesaggistica travolge anche il titolo
abilitativo edilizio, in quanto atto
presupposto di quest'ultimo e non più, alla
luce della disciplina del codice Urbani,
atto integrativo dell'efficacia (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.12.2008 n.
6186 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: 1. Espropriazione per pubblica utilità -
Istanza di retrocessione di fondi -
Distinzione tra retrocessione parziale e
retrocessione totale - Qualificazione
dell'istanza come retrocessione parziale -
Giurisdizione del G.A. - Sussiste.
2. Espropriazione per pubblica utilità -
Istanza di retrocessione di fondi -
Distinzione tra retrocessione parziale e
retrocessione totale - Qualificazione
dell'istanza come retrocessione parziale -
Eccezione di prescrizione del diritto -
Interesse legittimo pretensivo - Rigetto.
3. Espropriazione per pubblica utilità -
Rigetto dell'istanza di retrocessione di
fondi - Diversa destinazione dei beni
espropriati - Non sussiste - Valutazione
discrezionale del persistente interesse
pubblico - Legittimità.
1. In considerazione della distinzione
delineata dalla L. 2359/1865 tra la
retrocessione totale di cui all'art. 63 e la
retrocessione parziale prevista dagli artt.
60 e 61, per verificare in concreto se
l'opera pubblica non è stata realizzata
oppure se è stata realizzata solo in parte
occorre considerare l'ampiezza della
dichiarazione di pubblica utilità e del
decreto di esproprio e verificare se almeno
una parte dei fondi espropriati sulla base
di essi hanno ricevuto la destinazione
pubblica prevista, con la conseguenza che
nel caso in cui tutte le aree espropriate ad
un soggetto siano rimaste inutilizzate, ma
l'espropriazione sia avvenuta sulla base di
un provvedimento ablativo che comprende aree
di diversi proprietari, una parte dei quali
è stata effettivamente interessata dalla
realizzazione dell'opera pubblica, si ha
retrocessione parziale. Così è avvenuto nel
caso di specie dovendosi pertanto
qualificare l'istanza presentata dalla parte
come retrocessione parziale, subordinata
all'adozione di un provvedimento di
inservibilità del bene, in relazione alla
quale sussiste la giurisdizione del G.A.
2. La qualificazione come retrocessione
parziale dell'istanza formulata dalla
ricorrente comporta il rigetto
dell'eccezione di prescrizione del diritto
sollevata dalla controinteressata per aver
richiesto la dichiarazione di inservibilità
del bene quando era ormai decorso il termine
prescrizionale, in quanto il diritto a
chiedere l'emanazione di un provvedimento di
inservibilità è, in realtà, un interesse
legittimo di tipo pretensivo all'esercizio
del potere pubblico e, pertanto, come tutti
gli interessi legittimi non è suscettibile
di prescrizione ma solo soggetto alla
decadenza.
3.
Premesso che nella retrocessione parziale
rispetto a beni non ancora utilizzati la
pubblica amministrazione esercita scelte
discrezionali circa la persistenza
dell'interesse pubblico all'utilizzo delle
aree già espropriate, nel caso in cui il
diniego dell'istanza di retrocessione sia
motivato dalla persistente necessità di
realizzare interventi di accessibilità
all'aeroporto e di compensazione ambientale
dello stesso, ovvero per intereventi non
diversi da quello di ampliamento
dell'aeroporto cha ha fondato la precedente
procedura ablativa, non si può ritenere che
i beni espropriati siano destinati a scopi
di pubblica utilità diversi da quelli per
cui è stata pronunciata l'espropriazione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.12.2008 n.
6165 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Lottizzazione
abusiva ex art. 30 D.P.R. n. 380/2001 -
Comunicazione di avvio del procedimento -
Necessità - Sussiste.
2. Lottizzazione
abusiva - Provvedimento di sospensione dei
lavori previsti dall'art. 30 del D.P.R. n.
380/2001 - Costituisce accertamento
definitivo dell'intervenuta lottizzazione
abusiva ed il presupposto per il successivo
provvedimento di acquisizione gratuita delle
aree lottizzate al patrimonio disponibile.
1. Anche in tema di lottizzazione abusiva è
necessario l'avviso di avvio del
procedimento in considerazione della
molteplicità degli elementi che
caratterizzano la fattispecie, la cui
verifica implica un procedimento complesso.
2. Gli effetti del provvedimento di
sospensione dei lavori previsto dall'art.
18, comma 7 L. n. 47/1985 e ora dall'art. 30
del D.P.R. n. 380/2001 in relazione ai fatti
di abusiva lottizzazione, non possono
considerarsi semplicemente interinali o
cautelari, contenendo il provvedimento un
accertamento definitivo circa l'intervenuta
lottizzazione abusiva di terreni e
svolgendo, quindi, una funzione di
qualificazione giuridica della situazione di
fatto che, salvo non intervenga una sua
revoca entro i successivi novanta giorni,
costituisce il presupposto logico-giuridico
del successivo provvedimento di acquisizione
delle aree lottizzate al patrimonio
disponibile (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.12.2008 n.
6164 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Convenzione
urbanistica - Termine di validità - È lo
stesso del piano, salvo che per quelle
prescrizioni aventi natura urbanistica che
rimangono vincolanti ed operanti senza
limiti di tempo, fino ad una nuova
determinazione.
La convenzione, quale atto accessorio al
piano, ha quale termine di validità lo
stesso del piano, salvo che per quelle
prescrizioni aventi natura urbanistica, che
rimangono vincolanti ed operanti senza
limiti di tempo, fino ad una nuova
determinazione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.12.2008 n.
6163 - link a
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URBANISTICA: 1. Motivazione
delle scelte urbanistiche - Deve essere
puntuale nei casi in cui siano sorte
qualificate aspettative ovvero in caso di
emanazione di un contrarius actus.
2. Motivazione
delle scelte urbanistiche - Tutela del
paesaggio - Non richiede una diffusa analisi
argomentativa.
1. La motivazione delle scelte urbanistiche
deve essere puntuale nei casi in cui siano
sorte qualificate aspettative sulla base di
preesistenti accordi di lottizzazione, di
giudicati di annullamento, di dinieghi di
concessioni edilizie e di situazioni di
analoga qualificazione, ovvero in caso di
emanazione di un contrarius actus con cui
l'Amministrazione disvuole ciò che prima ha
statuito.
2. Stante l'indiscusso valore costituzionale
fondamentale della tutela del paesaggio, la
destinazione urbanistica che persegue tale
finalità non richiede una diffusa analisi
argomentativa (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.12.2008 n.
6162 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Intervento di
recupero abitativo di sottotetto -
Inibizione dell'esecuzione per violazione
dell'art. 2 L.R. 15/1996 c.m. dall'art. 6 L.R.
22/1999 - Rispetto dei limiti di altezza
massima degli edifici prescritti dallo
strumento urbanistico - Legittimità.
Poiché l'art. 2 L.R. 15/1996 c.m. dall'art. 6 L.R. 22/1999 consente le modificazioni delle
altezze di colmo e di gronda e delle linee
di pendenza delle falde solo nei limiti di
altezza massimi degli edifici posti dagli
strumenti urbanistici generali vigenti, si
deve ritenere legittimo il provvedimento che
ha inibito l'esecuzione di un intervento di
recupero abitativo di sottotetto adottato
dal Comune in quanto programmato su un
edificio preesistente di altezza già
superiore al limite massimo previsto dal PRG
per la zona in cui l'immobile insiste,
risultando, al contrario, irrilevante il
fatto che il sopralzo previsto nel recupero
del sottotetto non determinerebbe
un'ulteriore innalzamento dell'altezza
dell'edificio preesistente (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 23.12.2008 n.
6148). |
EDILIZIA PRIVATA: Intervento di
recupero abitativo di sottotetto
- Incompletezza della DIA - Inibizione
dell'esecuzione - Legittimità.
La DIA deve riportare gli elementi che
consentono di individuare con completezza
l'intervento di recupero abitativo del
sottotetto da realizzare, in quanto
l'Amministrazione non ha l'obbligo di
colmare le eventuali carenze di tali dati in
via deduttiva arguendoli da elementi
estranei all'intervento denunciato ed, in
particolare, sulla base di quanto previsto
nei progetti precedentemente assentiti. Di
conseguenza, in carenza della specificazione
in sede di DIA di diversi elementi relativi
all'intervento di recupero abitativo del
sottotetto progettato, risulta legittimo il
provvedimento di inibizione dell'intervento
adottato dal Comune (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 23.12.2008 n.
6148). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Art. 907 c.c. -
Integrazione delle norme urbanistiche -
Sussiste - Immediata applicazione nei
rapporti di diritto pubblico - Sussiste.
2. Pubblicazione
sul sito internet comunale di dato
divergente dall'esito del provvedimento
impugnato - Vizio del provvedimento
impugnato - Non sussiste.
1. L'art. 907 c.c., al pari di altre norme
del codice civile, in tema di norme sulle
distanze tra le costruzioni, detta una
disciplina integrativa delle prescrizioni
urbanistiche che trova immediata
applicazione anche nei rapporti
pubblicistici, ove non diversamente regolato
dalla pianificatore locale.
2. La pubblicazione sul sito internet
comunale dello sportello unico dell'edilizia
di un dato divergente rispetto all'esito
finale di una pratica di sanatoria, per
quanto possa ingenerare una aspettativa del
privato alla positiva conclusione
dell'istanza di sanatoria non è di per sé
elemento viziante del provvedimento di
diniego (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 23.12.2008 n.
6125). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Accertamento di
conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001
e accertamento di compatibilità
paesaggistica di cui al D.Lgs. n. 42/2004 -
Differenze.
2. Accertamento postumo di
compatibilità paesaggistica ex art. 181
comma 1-quater D.Lgs. n. 42/2004 - Rilascio
- Presupposti previsti nell'art. 181, comma 1-ter, del D.Lgs. n. 42/2004 - Necessità -
Sussiste.
1. Mentre la sanatoria edilizia (rectius:
accertamento di conformità) deve essere
rilasciata in ogni caso in cui le opere
realizzate siano conformi con gli strumenti
di piano esistenti sia alla data di
realizzazione dell'opera abusiva che a
quella di presentazione della domanda, la
sanatoria paesaggistica può essere
rilasciata non in tutti i casi in cui
l'opera sarebbe stata autorizzabile ex ante,
ma solo in alcuni specifici casi
tassativamente determinati dalla stessa
normazione primaria.
2. L'art. 181, comma 1-quater, del D.Lgs. n.
42/2004 e s.m.i. consente di presentare
domanda di accertamento postumo di
compatibilità paesaggistica soltanto per gli
interventi previsti nel precedente comma 1-ter e, segnatamente, per quelli che, in
assenza di autorizzazione paesaggistica non
abbiano determinato la creazione di
superfici utili o volumi oppure aumento di
quelli legittimamente realizzati, l'impiego
di materiali in difformità
dall'autorizzazione paesaggistica e che i
lavori siano configurabili come interventi
di manutenzione ordinaria o straordinaria ai
sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.12.2008 n. 5937 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Provvedimento
di diffida ad iniziare i lavori a seguito di
DIA - Qualificazione dell'intervento
edilizio - Intervento di manutenzione
straordinaria e non di ristrutturazione
edilizia - Illegittimità della diffida.
L'intervento edilizio illustrato nella DIA
deve essere qualificato come semplice
manutenzione straordinaria anche sulla base
degli elementi individuati dal Comune che
sono riconducibili alla categoria della
manutenzione straordinaria di cui dall'art.
3 DPR 380/2001 lett. b), in quanto non
essendo prevista nella fattispecie una
modifica dei volumi e delle superfici
dell'unità immobiliare interessata né una
modifica di destinazione d'uso, non si può
configurare la più pregnante categoria
dell'intervento di ristrutturazione
edilizia. Conseguentemente la diffida di non
iniziare i lavori perché erroneamente
ritenuti ristrutturazione edilizia, non
ammessa per l'edificio in questione dalle
NTA del vigente p.r.g., è illegittima (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 16.12.2008 n. 5795). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Approvazione
variante al P.R.G. - Interesse proprio o di
un prossimo congiunto del sindaco -
Violazione obbligo di astensione da parte
degli amministratori di cui all'art. 78, c.
2, T.U. 267/2000 - Sussiste.
L'interesse della suocera del Sindaco
all'approvazione di una variante che elimina
la capacità edificatoria di un'area posta di
fronte a quella di proprietà è un interesse
giuridicamente rilevante, in presenza del
quale, sussistendo un rapporto di affinità
in linea retta, il Sindaco avrebbe dovuto
astenersi dalla partecipazione al
procedimento amministrativo di approvazione
della variante stessa in ossequio a quanto
stabilito dell'art. 78 T.U. 267/2000 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.12.2008 n. 5781 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Approvazione
variante al PRG incidente solo su due aree
edificabili - Penetrante onere motivazionale
- Illogicità delle scelte pianificatorie -
Irragionevole esercizio della
discrezionalità - Sussiste.
2. Approvazione
variante al PRG - Istanza risarcimento del
danno da ritardo nell'edificazione -
Interesse pretensivo - Incerta la spettanza
del bene della vita in capo alla ricorrente
- Non sussiste.
1. In caso di variante puntuale che incide
in senso sfavorevole su due sole proprietà
l'Amministrazione è onerata di un penetrante
onere motivazionale, con un conseguente
maggior sindacato giurisdizionale della
discrezionalità propria del Comune nel
modificare le previsioni urbanistiche, che
risulta, nel caso di specie, esercitata in
modo irragionevole stante la notevole
sproporzione tra l'obbiettivo di
riequilibrare e contenere le spinte
abitative nel territorio e lo strumento
limitatissimo scelto per realizzarlo che
impedisce la realizzazione di una cubatura
minimale in relazione al territorio
comunale.
2. In relazione alla richiesta di
risarcimento del danno per la lesione
dell'interesse legittimo all'edificazione in
concreto dell'area causato dall'illegittima
approvazione della variante al p.r.g. che ha
privato l'area stessa della sua capacità
edificatoria, la posizione giuridica vantata
dal ricorrente ha la consistenza di un
interesse pretensivo in quanto la concreta
edificazione dell'area non dipende soltanto
dalla previsione urbanistica di piano, ma
anche dal rilascio di un successivo titolo
abilitativo all'attività edilizia.
Conseguentemente il risarcimento di tale
interesse legittimo pretensivo dipende da un
giudizio prognostico sulla meritevolezza di
protezione dell'interesse sostanziale
vantato che, nel caso di specie, da esito
negativo in quanto non è mai stato chiesto
il rilascio del titolo abilitativo ed in
quanto il rilascio dello stesso, consistente
nell'approvazione di un piano attuativo di
lottizzazione, è un atto dotato di ampi
margini di discrezionalità (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.12.2008 n. 5781 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Decreto di imposizione di vincolo di
interesse storico su un immobile -
Competenza del Soprintendente ex art. 14
d.lgs. 42/2004 - Incompetenza dell'organo
emanante (Direzione Regionale) - Non
sussiste.
2. Decreto di imposizione di vincolo di
interesse storico su un immobile - Carenza
e/o illogicità della motivazione - Giudizio
di discrezionalità tecnica - Interessi
pubblici sottesi all'emanazione del
provvedimento - Non sussiste.
1.
Ai sensi dell'art. 14 d. lgs 42/2004 la
competenza ad adottare un provvedimento di
imposizione di vincolo storico artistico su
un immobile spetta all'ufficio del
Soprintendente regionale. Poiché
quest'ultimo è inserito nella Direzione
Regionale (come organizzazione di uffici)
nel caso di adozione del provvedimento di
imposizione da parte di quest'ultima non si
configura un'ipotesi di incompetenza
dell'organo che ha emesso l'atto in quanto
si versa in tale ipotesi solo quando l'atto
provenga da organo amministrativo diverso da
quello cui appartiene il potere.
2.
Posto che l'ampiezza del sindacato
giurisdizionale sulla motivazione di
imposizione del vincolo storico-artistico è
particolarmente ristretta, in quanto il
riconoscimento del valore storico artistico
presuppone un giudizio di discrezionalità
tecnica ed in quanto non è prevista la
comparazione tra l'interesse indicato dalla
L. 1089/1939 e quello del privato
proprietario, in presenza di profili di
interesse storico non vi è alcuno spazio per
un giudizio di illogicità della scelta
amministrativa, che si rivela, al contrario,
adeguata rispetto agli interessi pubblici
sottesi all'emanazione del provvedimento di
vincolo (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 12.12.2008 n. 5780 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Richiesta di
sanatoria - Onere della prova circa la
sussistenza dei presupposti della sanatoria
grava sul richiedente - Sussiste - Allegazione
sostitutiva di atto notorio - Prova per i
requisiti della sanatoria - Insufficienza.
L'onere della prova sulla sussistenza degli
elementi per la sanatoria, ed in particolare
sulla data di ultimazione dei lavori, grava
su colui che richiede la sanatoria, a pena
di rigetto della domanda, potendo
quest'ultimo fornire qualunque
documentazione da cui possa desumersi che
l'abuso sia stato effettivamente realizzato
entro la data predetta, mentre non è
sufficiente a trasferire il suddetto onere
in capo all'amministrazione la sola
allegazione della dichiarazione sostitutiva
di atto notorio (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 10.12.2008 n. 5753). |
EDILIZIA PRIVATA: Ordine
di demolizione di opere realizzate con DIA
non inibita nei 30 giorni non preceduto da
provvedimento di autotutela della DIA -
Illegittimità.
E' illegittimo l'ordine di demolizione di
opere realizzate in forza di DIA non inibita
nei 30 giorni decorrenti dalla sua
presentazione, qualora tale ordine non sia
preceduto da specifico provvedimento di
annullamento in autotutela della DIA (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5752 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Convenzione per
la realizzazione del programma di edilizia
residenziale popolare economica ex lege n.
865/1971 - Contratto di natura pubblicistica
ex artt. 11 e 15 della L. n. 241/1990 -
Sussiste.
La convenzione stipulata per la
realizzazione del programma di edilizia
residenziale popolare economica ai sensi
della L. n. 865 del 1971 integra un
contratto di natura pubblicistica, ovvero
connotato da poteri autoritativi, rientrante
nell'ambito delle previsioni di cui agli
artt. 11 e 15 della L. n. 241 del 1990 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5751 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: Esercizio delle
funzioni pubblicistiche imputabili a più
Amministrazioni mediante il modello
convenzionale - Vincolo a continuare a
regolare gli interessi pubblici mediante
l'utilizzo del modulo organizzativo
consensuale - Sussiste - Recesso
dall'accordo da parte di una delle
Amministrazioni - Modalità.
L'accordo tra amministrazioni pubbliche
non modifica l'ordine delle attribuzioni
della funzione amministrativa, perché non è
altro che un modulo organizzativo
dell'azione amministrativa che sostituisce
la sequenza procedimentale, destinata a
sfociare nell'accordo, alla pluralità di
procedimenti condotti in modo autonomo dalle
diverse amministrazioni e destinati a
sfociare in provvedimenti diversi ma tra
loro strettamente collegati.
L'inscindibilità degli interessi pubblici
sottesi all'azione consensuale delle
pubbliche amministrazioni, se non muta
l'ordine delle competenze delle stesse,
preclude, però, che una singola
amministrazione possa decidere
unilateralmente di tornare al modello della
amministrazione per singoli provvedimenti e
finisce per imporre, pertanto, alle stesse un
vincolo a continuare a regolare gli
interessi pubblici disciplinati dall'accordo
mediante l'utilizzo del modulo organizzativo
consensuale. In tale circostanza l'istanza
di recesso all'accordo di una delle
amministrazione dovrà essere volta a
sollecitare le altre amministrazioni
contraenti ad una rivisitazione dell'accordo (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5751 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Annullamento
in autotutela della concessione edilizia -
Specifica comparazione tra interesse
pubblico e privato - Limiti.
Occorre una specifica comparazione fra
l'interesse pubblico e quello privato solo
nel caso in cui l'annullamento in via di
autotutela della concessione edilizia
discenda da errori di valutazione dovuti
all'Amministrazione pubblica; detta
comparazione non occorre invece quando
l'annullamento sia derivato da comportamenti
del soggetto privato che hanno indotto
l'Amministrazione ad emanare un atto
risultato, poi, illegittimo (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5749 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Inserimento di
aree in un piano per gli insediamenti
produttivi da parte della P.A. -
Discrezionalità - Limiti.
2. Superamento
interesse privato con interesse pubblico -
Interesse privato qualificato - Obbligo
motivazione - Sussiste.
3. Previsione da
parte della PA di aree da destinare a
standard in quantità superiore a quella
minima prevista dalla normativa - Esercizio
di discrezionalità - Sussiste.
4. Procedura
transitoria di variante urbanistica ex art.
25 della L.R. n. 12/2005 - Variante recante
la localizzazione di opere pubbliche di
competenza comunale - Legittimità.
5. Reiezione delle
osservazioni presentate in sede di
formazione del PRG - Particolare obbligo di
motivazione - Non sussiste.
6. Termine per
l'approvazione di un PRG - Natura
perentoria- Non sussiste - Quomodo
dell'esercizio del potere di pianificazione
urbanistica - Discrezionalità - Sussiste.
1. L'ente locale, relativamente
all'individuazione delle aree da inserire in
un piano per gli insediamenti produttivi
nonché alla sua adozione ed approvazione,
gode della più ampia discrezionalità, con
l'unico limite dell'adeguata motivazione e
della non irragionevolezza o arbitrarietà
della scelta stessa, essendo necessario che
essa si fondi sull'idoneità del piano stesso
ad apportare ricchezza per l'intero sistema
economico.
2. Nel bilanciamento tra interesse pubblico
e privato, soltanto in caso di superamento
di un interesse privato qualificato
l'amministrazione ha l'obbligo di motivare
in modo specifico sul superamento dello
stesso.
3. La previsione normativa di una dotazione
minima di aree da destinare a standard non
preclude all'amministrazione di individuare,
nell'esercizio della propria discrezionalità pianificatoria, aree ulteriori per
equilibrare il forte carico urbanistico
della zona.
4. L'art. 25 della L.R. n. 12/2005 ammette
nel regime transitorio che connota la fase
di elaborazione dei PGT, la possibilità di
varianti a procedura semplificata, con le
modalità e nei casi previsti dalla L.R. n.
23/1997, la quale contempla tra l'altro la
localizzazione di opere pubbliche di
competenza comunale.
5. La reiezione delle osservazioni dei
privati in sede di formazione del PRG non
richiede un particolare onere di
motivazione, essendo essi apporti
collaborativi dati dai cittadini alla
formazione dello strumento urbanistico ed
essendo, pertanto, sufficiente, che esse
siano state esaminate e ritenute in
contrasto con gli interessi e le
considerazioni generali poste alla base
della formazione del piano.
6. Con riferimento al termine di durata del
procedimento di approvazione di un piano
regolatore, occorre considerare che, in
mancanza di specifiche disposizioni di legge
che appongano termini di natura perentoria,
deve escludersi la configurabilità di un
obbligo di provvedere entro un tempo
determinato, laddove l'esercizio del potere
di pianificazione urbanistica, certamente,
obbligatorio nell'an resta largamente
discrezionale nel quomodo (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5748 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Approvazione
variante generale piano regolatore - Nuovi
limiti edilizi - Obbligo di ripubblicazione
- Accoglimento parziale delle osservazioni -
Disciplina più favorevole - Non sussiste.
2. Variante
generale P.R.G. - Introduzione vincoli di
edificabilità ai fini della protezione
dell'ambiente - Valore fondamentale del
paesaggio di cui all'art. 9 Cost. -
Legittimità.
3. Variante
generale PRG - Introduzione vincoli di
edificabilità ai fini della protezione
dell'ambiente - Contrasto con la disciplina
agricola di cui alla L.R. n. 93/1980 - Non
sussiste.
1. Il Comune non è in generale obbligato a
ripubblicare la variante generale al piano
regolatore in seguito all'accoglimento in
tutto o in parte delle osservazioni se non
vengono introdotte modifiche sostanziali
tali da alterare i caratteri generali o i
criteri di impostazione della variante
generale al piano regolatore adottata. Nella
specie non sussiste poi tale obbligo di
ripubblicazione quando, proprio per
l'accoglimento delle osservazioni dei
ricorrenti, venga approvata una disciplina
più favorevole rispetto a quella stabilita
inizialmente (in sede di adozione), perché,
non essendo così stati introdotti limiti o
vincoli edilizi maggiori rispetto a quelli
su cui i ricorrenti hanno interloquito, gli
stessi non possono lamentare una mancata
partecipazione al procedimento.
2. Poiché i poteri in materia urbanistica
possono essere esercitati dai Comuni per la
salvaguardia di tutti i valori che attengono
all'uso del territorio, compresa la
protezione ambientale, in sede di
pianificazione urbanistica il Comune può
introdurre autonomi vincoli ambientali e
paesaggistici, motivandoli, anche senza
necessità di diffuse analisi argomentative,
con riguardo al valore fondamentale del
paesaggio di cui all'art. 9 Cost.
3. In ragione della valenza paesaggistica
delle aree deve ritenersi giustificata
l'introduzione di vincoli di edificabilità
anche se così si comprimo le possibilità di
sfruttamento agricolo dei terreni
indistintamente ammesse e tutelate dalla L.R. 93/1980. Pur prevedendo l'art. 4 L.R.
93/1980 che la disciplina agricola prevalga
sulle contrarie disposizioni degli strumenti
urbanistici locali, tale prevalenza non ha
carattere assoluto e non può,
conseguentemente, operare per le aree
agricole gravate da divieti di edificabilità
a tutela di specifici valori ambientali (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5747 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Provvedimento
negativo non preceduto dalla comunicazione
ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 -
Illegittimità - Sussiste.
La mancata comunicazione dei motivi ostativi
all'accoglimento dell'istanza e la
conseguente adozione del provvedimento
negativo senza il previo contraddittorio
procedimentale, è omissione idonea ad
inficiare di illegittimità l'atto impugnato (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 10.12.2008 n. 5746 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Definizione di
nuove costruzioni ex lege regionale n.
33/2007 - Interventi non ancora ultimati
alla data di entrata in vigore della detta
legge - Sussiste.
2. La non
intervenuta scadenza del triennio di
efficacia delle DIA, la mancata
presentazione della domanda per il rilascio
del certificato di agibilità, il non
intervenuto deposito della dichiarazione di
ultimazione lavori e dell'attestazione di
conformità del Direttore Lavori - Elementi
presuntivi concordanti circa la non
ultimazione dei lavori - Sussiste.
3. Atti privati di
compravendita di singole unità immobiliari -
Prova dell'ultimazione dei lavori afferenti
al costruendo edificio - Non sussiste.
4. Disciplina
premiale ex lege regionale n. 33/2007 -
Preesistenza, rispetto all'entrata in vigore
della L.R. n. 33/2007, degli elementi
costruttivi richiesti dalla legge -
Applicazione.
1. Ai fini dell'applicazione della L.R. n.
33/2007 che ha modificato la L.R. n.
26/1995, per nuove costruzioni debbono
essere intese anche quelle in corso di
realizzazione e non ancora ultimate al
momento dell'entrata in vigore dell'art. 12
della L.R. n. 33/2007, ovverosia alla data
del 01/01/2008.
2. La non intervenuta scadenza del triennio
di efficacia delle DIA, la mancata
presentazione della domanda per il rilascio
del certificato di agibilità, il non
intervenuto deposito della dichiarazione di
ultimazione lavori e dell'attestazione di
conformità del Direttore Lavori, sono
circostanze che, seppure qualora prese
singolarmente non risultino decisive ai fini
della prova della non ultimazione dei
lavori, se congiuntamente valutate possono
fondare tale convincimento, presentandosi
quali elementi presuntivi concordanti.
3. Gli atti privati di compravendita di
singole unità immobiliari site in un
costruendo complesso immobiliare, non sono
sufficienti a comprovare la ultimazione dei
lavori relativi al detto costruendo
complesso.
4. Alla luce della
ratio premiale della L.R. n. 33/2007,
è irrilevante che i requisiti costruttivi
previsti nella nuova disciplina siano
introdotti nel costruendo edificio con
variante in corso d'opera successiva
all'entrata in vigore della legge o siano
già preesistenti. Difatti ciò che rileva ai
fini dell'applicazione della detta
disciplina è che l'edificio non ancora
completato presenti le caratteristiche
costruttive necessarie per l'applicazione
della disciplina premiale, anche se per
conformarsi a tali requisiti non sia
necessaria alcuna successiva modifica
progettuale (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 09.12.2008 n. 5736). |
ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Giustizia amministrativa - Nozione di
controinteressato.
2. Giustizia amministrativa - Domanda di
risarcimento del danno - Accoglibilità -
Occorre la prova dell'an e del quantum del
danno lamentato.
1. Nel giudizio amministrativo assume la
veste di controinteressato quel soggetto che
risulti titolare di un interesse alla
conservazione dell'atto impugnato uguale e
contrario a quello fatto valere dal
ricorrente e che sia espressamente
menzionato nell'atto medesimo on sia
altrimenti individuabile in base ad esso.
2. La domanda di risarcimento del danno, ai
fini del suo accoglimento, deve essere deve
contenere la prova dell'an dell'esistenza di
un danno e, conseguentemente, del quantum
sia in termini di danno emergente che di
lucro cessante (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 09.12.2008 n. 5735). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Impugnazione
permesso di costruire in sanatoria - Periodo
di sospensione dei termini feriali - Si
applica - Tardività del ricorso - Non
sussiste.
2. Permesso di
costruire in sanatoria ai sensi della L.
724/1994 - Pagamento degli oneri concessori -
Riqualificazione dell'illecito indicato
nella domanda di condono - Legittimità.
2. Permesso di
costruire in sanatoria ai sensi della L.
724/1994 - Pagamento degli oneri concessori -
Formazione del silenzio assenso sull'istanza
di sanatoria - Prescrizione del diritto a
percepire gli oneri concessori - Non
sussiste.
1. L'eccezione di tardività del ricorso
sollevata da parte resistente per
l'inapplicabilità del periodo di sospensione
dei termini processuali è infondata in
quanto l'art. 5 L. 742/1969 nell'indicare che
la sospensione dei termini processuali nel
periodo feriale non si applica nel
procedimento per la sospensione
dell'esecuzione del provvedimento impugnato,
è volto a permettere alla parte ricorrente
di fare istanza per un provvedimento
cautelare in pendenza del periodo di
sospensione dei termini feriali ma, allo
stesso tempo, consente al ricorrente di
avvalersi della suddetta sospensione dei
termini per radicare l'impugnazione senza
incorrere in alcuna decadenza.
2. E' legittima la riqualificazione
dell'illecito operata dal Comune, rispetto a
quanto indicato dal ricorrente nella domanda
di sanatoria, ai fini della quantificazione
degli oneri concessori, in quanto le opere
realizzate (una tettoia a collegamento di
due capannoni industriali) non hanno
carattere pertinenziale, ma risultano
valutabili in termini di aumento di
superficie con conseguente incidenza sul
carico urbanistico.
3. In relazione alla richiesta di pagamento
di oneri concessori per il rilascio del
permesso di costruire in sanatoria è
irrilevante l'eventuale formazione del
silenzio-assenso in relazione all'istanza di
condono perché i termini di prescrizione del
diritto agli oneri concessori decorrono dal
rilascio del permesso di costruire in
sanatoria. In ogni caso, anche a voler
ritenere che il provvedimento di sanatoria
viene ad esistenza alla data di formazione
del silenzio assenso sulla relativa domanda,
si deve rilevare come, nel caso di specie,
la richiesta da parte del Comune di
pagamento degli oneri concessori non risulti
prescritto in rapporto alla data di
formazione del silenzio-assenso, non essendo
decorso il termine decennale di prescrizione
del diritto (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 09.12.2008 n. 5733). |
URBANISTICA: 1. Convenzione per
l'attuazione di un progetto integrato d'area
ai sensi della L.R. 12/1989 - Accertamento
dell'inadempimento alla convenzione da parte
della società contraente - Obiettivo di
sviluppo economico del territorio - Obbligo
di realizzare tutti gli interventi previsti
- Non sussiste - Istanza di risarcimento del
danno - Respinta.
2. Convenzione per
l'attuazione di un progetto integrato d'area
ai sensi della L.R. 12/1989 - Atto di diffida
e messa in mora da parte del Comune -
Individuazione del soggetto obbligato -
Vincolo di solidarietà - Non sussiste.
3. Convenzione per
l'attuazione di un progetto integrato d'area
ai sensi della L.R. 12/1989 - Atto di diffida
e messa in mora da parte del Comune -
Trascrizione nei registri immobiliari ai
sensi dell'art. 20 L. 1150/1942 - Istanza di
risarcimento del danno per pregiudizio delle
trattative in corso per la cessione delle
aree - Assenza di colpevolezza -
Infondatezza della domanda risarcitoria.
1. Poiché il progetto integrato d'area,
ancorché funzionale ad obiettivi di sviluppo
economico del territorio di riferimento,
costituisce pur sempre un piano attuativo,
si deve ritenere che la convenzione
stipulata ai sensi della L.R. 12/98 per
l'attuazione del progetto d'area, che pur
con obiettivi di politica economica delinea
le linee di sviluppo urbanistico dell'area,
non attribuisce ai privati contraenti
l'obbligo specifico di realizzare la
totalità degli interventi previsti, bensì la
facoltà di farlo con le modalità (oneri)
specificate nella convenzione. Di
conseguenza restando integra, anche in
presenza di un piano attuativo
convenzionato, la facoltà dell'operatore
privato di non procedere all'edificazione
nel caso in cui, per eventi che riguardino
la singola società o per le mutate
condizioni di mercato, vengano meno le
condizioni che rendano praticabile opportuna
o conveniente la realizzazione di ulteriori
edificazioni in un determinato territorio,
non sussiste un inadempimento alla
convenzione da parte dell'operatore privato
e non vi è spazio per pretese risarcitorie
nel caso di incompiuta realizzazione del
progetto integrato d'area.
2. In relazione alla convenzione per
l'attuazione di un progetto integrato d'area
si deve ritenere, in base agli artt. 1292 e
1294 c.c., che non sussiste un vincolo di
solidarietà delle società contraenti posto
che la convenzione stessa individua un
soggetto operatore, a cui pone in carico
esclusivo l'iniziativa di eseguire gli
intereventi edilizi, mentre obbliga le altre
contraenti a porre soltanto a disposizione
le aree di proprietà. Pertanto l'atto di
diffida e messa in mora adottato dal Comune
per l'adempimento della convenzione di
attuazione di un progetto integrato d'area
nei confronti della società contraente, che
è soltanto proprietaria delle aree coinvolte
nel progetto, ma non obbligata a nessuna
specifica obbligazione, ed in particolare
estranea alle obbligazioni di facere che il
Comune assume inadempiute, è illegittimo.
3.
Il Comune, legittimamente assimilando le
fattispecie di inadempimento dei piani
attuativi, ha posto in essere la
trascrizione nei registri immobiliari
dell'atto di diffida e messa in mora per
l'inadempimento alla convenzione per
l'attuazione di un programma d'area
ritenendo di assolvere ad un dovere imposto
dalla legge, in particolare dall'art. 20 L.
1150/1942 che impone tale trascrizione nel
caso di inadempimento di piani
particolareggiati. Ciò priva la condotta del
Comune di quel connotato di colpevolezza
indispensabile per configurare una
responsabilità risarcitoria a suo carico,
risultando conseguentemente infondata la
domanda risarcitoria proposta dalla società
ricorrente (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.12.2008 n. 5732 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Proprietario di
aree comprese all'interno di un Piano di
Recupero - Notifica del provvedimento di
approvazione del Piano - Necessità -
Sussiste.
2. Proprietario di
aree comprese all'interno di un Piano di
Recupero -Partecipazione al procedimento di
adozione del Piano - Onere del proprietario
di rispetto all'approvazione finale del
Piano - Non sussiste.
3. Eccezione volta
a far rilevare la mancata verifica della
sussistenza della titolarità e disponibilità
giuridica di aree prima dell'approvazione di
un piano di recupero - Attiene alla verifica
della correttezza dell'esercizio del potere
amministrativo e alla legittimità dei
provvedimenti emessi - Giurisdizione G.A. -
Sussiste.
4. Adozione di un
Piano di Recupero - Applicazione degli
strumenti partecipativi di cui agli artt. 7
e ss. della L. n. 241/1990 - Non sussiste -
Applicazione di norme speciali - Sussiste.
5. Adozione Piano
di Recupero - Verifica dei titoli di
disponibilità dei terreni da parte del
soggetto interessato - Va limitata alla
verifica formale dei titoli di proprietà o
disponibilità delle aree.
1. Al proprietario di una porzione di
terreno direttamente interessata da un Piano
di Recupero va notificato il provvedimento
di approvazione del piano, in forza
dell'art. 28 della L. n. 457/1978 che
prevede che ai piani di recupero si
applichino le disposizioni previste per i
piani particolareggiati e dall'art. 16 della
L. n. 1150/1942 secondo cui il piano
particolareggiato deve essere notificato
nelle forme delle citazioni a ciascun
proprietario degli immobili del piano stesso
nonché del principio generale per cui vanno
notificati al proprietario quei
provvedimenti che riguardano in modo
specifico il suo immobile, a nulla rilevando
il fatto che la normativa regionale ed in
particolare la L.R. n. 23/1997 non riporti
espressamente la necessità della notifica
individuale nel procedimento di adozione dei
piani attuativi.
2. La circostanza di aver partecipato al
procedimento di adozione del piano,
presentando osservazioni, non grava il
proprietario di porzioni di aree comprese in
un Piano di Recupero di alcuno specifico
onere di informarsi rispetto
all'approvazione finale del Piano, avendo il
predetto proprietario titolo alla notifica
individuale del provvedimento finale.
3. L'eccezione volta a far rilevare la
mancata corretta considerazione, da parte
dell'amministrazione, dell'esistenza della
titolarità e della disponibilità giuridica
delle aree nell'ambito della valutazione dei
presupposti necessari per l'approvazione del
Piano di recupero, attiene esclusivamente
alla sussistenza dei presupposti previsti
dalla legge per il corretto esercizio del
potere amministrativo e per l'emissione di
un legittimo provvedimento autoritativo su
cui è indubbia la giurisdizione del giudice
amministrativo.
4. Il procedimento di adozione del piano di
recupero è disciplinato, per i suoi
caratteri peculiari di strumento urbanistico
di attuazione, da procedure specificamente
previste dalla legge che presuppongono, per
quanto riguarda gli strumenti partecipativi,
l'applicazione di norme speciali rispetto a
quelle dettate dagli artt. 7 e ss. della L.
n. 241/1990.
5. In sede di verifica dei presupposti per
l'adozione di un Piano di recupero,
l'Amministrazione, per quanto riguarda i
titoli di disponibilità dei terreni da parte
del soggetto interessato, deve limitarsi
alla verifica formale dei titoli di
proprietà o disponibilità dell'area senza
essere senza essere tenuta a svolgere
complesse ricognizioni giuridico-documentali
sui medesimi titoli (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5731). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Ristrutturazione urbanistica - Definizione.
2. Nozione di
ristrutturazione edilizia ai sensi degli
artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 -
Comprende anche gli interventi di
ristrutturazione edilizia "pesante" che
modificano volume, sagoma, prospetti e
superficie purché si tratti di modifiche
quantitativamente contenute.
3. Interventi di
demolizione e ricostruzione di un edificio
preesistente - Rientrano nell'ambito della
ristrutturazione edilizia se in sede di
ricostruzione viene mantenuta la stessa
volumetria e sagoma dell'edificio
preesistente.
1. La nozione di ristrutturazione urbanistica
prevista dall'art. 3, comma 1, lett. f), del
D.P.R. n. 380/2001 è compatibile con un
intervento di demolizione e ricostruzione di
un edificio anche se quest'ultimo presenta
modifiche anche notevoli rispetto al
preesistente, dal momento che tale tipologia
di intervento edilizio consente ampi
interventi sul tessuto urbanistico-edilizio
anche di nuova costruzione.
2. Ai sensi del combinato disposto degli
artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 sono
qualificabili interventi di ristrutturazione
anche quegli interventi di ristrutturazione
"pesante" che modificano il volume, la
sagoma, i prospetti o la superficie del
preesistente, salvo l'imprescindibile
limite, connaturato alla ristrutturazione,
della finalità volta al recupero dello
spazio attraverso la realizzazione di un
organismo in tutto o in parte nuovo. Tali
modifiche e, in particolare il volume,
devono essere quantitativamente contenute
poiché, in caso di sostanziale ampliamento
dell'edificio, si trasmoderebbe nell'ambito
della nuova costruzione.
3. Gli interventi edilizi di demolizione e
ricostruzione di un edificio preesistente
affinché possano rientrare nell'ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia è
necessario che in sede di ricostruzione
venga mantenuta la stessa volumetria e
sagoma dell'edificio preesistente mentre, in
difetto, l'intervento edilizio deve
considerarsi di nuova costruzione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5731). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Impugnazione di
ordinanza di demolizione di opere eseguite
con DIA - Vendita del terreno su cui
insistono le opere - Difetto di
legittimazione attiva delle ricorrenti -
Carenza di interesse - Non sussiste.
2. Sospensione dei
lavori autorizzati con DIA - Ordinanza di
demolizione di opere eseguite con DIA -
Violazione dell'art. 27 c. 1 e 3 D.P.R.
380/2001 - Conservazione dei poteri
sanzionatori e di controllo da parte
dell'Amministrazione - Legittimità.
1. L'eccezione preliminare di difetto di
legittimazione attiva sollevata dal Comune,
poiché, in particolare, sarebbe venuto meno
l'interesse di una delle società ricorrenti
per avere venduto, prima dell'intentato
ricorso, il terreno su cui insistono le
opere, ad altro privato e non vanterebbe a
maggior ragione interesse l'altra società
ricorrente, in quanto mera esecutrice dei
lavori per conto della prima, è infondata in
quanto entrambe le società ricorrenti
risultano dirette destinatarie dell'ordine
di demolizione e, per questo solo,
interessate alla rimozione dell'ordine
medesimo.
2. L'ordinanza di demolizione di opere
adottata dal Comune, in violazione dell'art.
27, c. 3, DPR 380/2001, secondo cui in caso
di sospensione lavori gli ulteriori
provvedimenti definitivi devono intervenire
entro 45 giorni, deve essere ritenuta
legittima in quanto l'inutile decorso del
termine di 45 giorni fa perdere
automaticamente efficacia all'ordinanza di
sospensione lavori ma non consuma il potere
dell'amministrazione di emettere eventuali
successivi provvedimenti sanzionatori
dell'illecito riscontrato. Similmente
risulta infondata l'eccezione di
illegittimità dell'ordinanza di demolizione
per essere emessa trascorso il termine di 30
giorni dalla presentazione della DIA, in
quanto, anche una volta che sia decorso il
temine di 30 giorni di cui all'art. 23, c.
1, D.P.R. 380/2001, per l'esercizio dei
poteri inibitori, l'Amministrazione può
sempre esercitare il suo generale potere di
controllo sulle attività di trasformazioni
edilizie ed agire in via sanzionatoria (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 05.12.2008 n. 5730). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Realizzazione
di parcheggi pertinenziali - Applicabilità
delle deroghe previste dall'art. 9 della L.
n. 122/1989 anche agli interventi di
ampliamento ed adeguamento dell'esistente -
Sussiste.
2. Previsione
contenuta nelle NTA al PRG che non introduca
uno specifico vincolo ambientale -
Possibilità di deroga dalle previsioni
dell'art. 9 L. n. 122/1989 - Sussiste.
1. Ai sensi dell'art. 9 del L. n. 122/1989
(come modificato dall'art. 37 L. n.
472/1999) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata, fatti
salvi i vincoli previsti dalla legislazione
in materia paesaggistica ed ambientale,
anche in deroga agli strumenti urbanistici e
ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le
distanze previste dal p.r.g. o da altre
fonti normative, trovando applicazione anche
per gli interventi di ampliamento e
adeguamento dell'esistente.
2. Una previsione contenuta nelle NTA al PRG
che non introduca uno specifico vincolo
ambientale ma solo una finalità astratta di
tutela ambientale può essere derogata dalle
previsioni contenute nell'art. 9 della L. n.
122/1989 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5729). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Delibera C.C.
di esclusione dell'applicazione della legge
regionale in materia di recupero abitativo
dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R.
15/2005 - Procedura d'approvazione - Mancato
avvio del procedimento - Legittimità.
2. Delibera C.C.
di esclusione dell'applicazione della legge
regionale in materia di recupero abitativo
dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R.
15/2005 - Incidenza su un intervento in
corso di esecuzione - Legittimo affidamento
- Carenza di istruttoria - Non sussiste.
3. Delibera C.C.
di esclusione di determinate parti del
territorio dalla legge regionale in materia
di recupero abitativo dei sottotetti ai
sensi dell'art. 65 L.R. 15/2005 - Esclusione
degli edifici plurifamiliari - Eccesso di
potere per illogicità manifesta - Ampia
discrezionalità - Ratio della legge sul
recupero abitativo dei sottotetti - Non
sussiste.
4. Intervento di
recupero abitativo dei sottotetti -
Sospensione dei lavori da parte del Comune -
Titolo edilizio fondato su un provvedimento
cautelare del TAR - Necessità di una
sospensione in autotutela del titolo
edilizio - Non sussiste.
1. Per introdurre una deroga
all'applicazione della normativa sul
recupero abitativo dei sottotetti ai sensi
dell'art. 65 L.R. 15/2005 è sufficiente una
deliberazione del Consiglio Comunale, così
come espressamente prevede il comma 1 di
tale norma, mentre non è richiesta
l'approvazione della delibera in doppia
lettura anche perché tale previsione non è
assimilabile alle varianti generali al piano
regolatore. Poiché la deliberazione adottata
esclude dall'applicazione della normativa
sul recupero abitativo dei sottotetti tutti
gli edifici plurifamigliari, la stessa
rappresenta un atto amministrativo generale
per il quale, ai sensi dell'art. 13 L.
241/1990, non è necessario dare comunicazione
di avvio del procedimento.
2. La delibera comunale impugnata non è
viziata per la mancata ponderazione
dell'affidamento del privato alla
realizzazione di un intervento di recupero
sottotetti in quanto non sussiste un
affidamento giuridicamente rilevante se il
privato, pur avendo progettato tale
intervento nell'ambito di un più massiccio
intervento edilizio in corso, non ha
presentato alcun tipo di domanda prima
dell'entrata in vigore della delibera
comunale che ha escluso la fattibilità di
tale recupero abitativo dei sottotetti.
3. L'art. 65 L.R. 15/2005 consente al Comune
di escludere taluni interventi
dall'applicazione della normativa sul
recupero abitativo dei sottotetti con ampia
discrezionalità e senza una motivazione
particolare in quanto atto di pianificazione
urbanistica a contenuto generale. Pertanto
la delibera comunale che non consente il
recupero abitativo dei sottotetti nei soli
edifici plurifamiliari, limita il recupero
agli interventi che determinano un impatto
minimo sui carichi urbanistici, mentre
esclude gli interventi più strutturati in
cui l'applicazione della normativa sul
recupero abitativo dei sottotetti
risulterebbe utilizzata non per sopperire
alle esigenze abitative ma per fini
speculativi Di conseguenza, la delibera
contiene una motivazione logica e
rispondente alla ratio della normativa sul
recupero abitativo dei sottotetti.
4. Il titolo edilizio che ha sorretto
l'intervento di recupero abitativo dei
sottotetti, essendo fondato su un
provvedimento cautelare del TAR che aveva
sospeso l'applicazione della norma ostativa
alla realizzabilità dell'intervento edilizio
progettato, è destinato ad avere effetti
interinali che vengono meno, ipso iure e
senza la necessità di alcun provvedimento
amministrativo di annullamento in
autotutela, in ipotesi di rigetto del
ricorso nel merito (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5711). |
URBANISTICA: 1. Delibera di
adozione della variante generale al PRG - Nella parte in cui definisce il regime
delle singole aree - Lesività - Sussiste -
Impugnabilità immediata - Sussiste.
2. Variante
generale al PRG - Delibera di
controdeduzioni alle osservazioni dei
privati - Atto infraprocedimentale -
Impugnabilità con il provvedimento regionale
che approva il PRG - Sussiste.
3. Redazione nuovo PRG o sua variante generale - Motivazione
degli azzonamenti di singole aree - Non
sussiste - Superamento degli standard minimi
di cui al D.M. n. 1444/1968 - Necessità
apposita motivazione - Sussiste.
1. La delibera di adozione di una variante
generale al P.R.G., nella parte in cui
definisce il regime delle singole aree, è
immediatamente lesiva e suscettibile di
impugnazione immediata.
2. La delibera comunale di controdeduzione
alle osservazioni dei privati ha natura di
atto infraprocedimentale impugnabile solo
con il provvedimento regionale che approva
il piano.
3.
Sebbene gli azzonamenti di singole aree non
richiedano un'apposita motivazione oltre
quella implicita nelle scelte
tecnico-urbanistiche effettuate in sede di
redazione del Piano Regolatore o di una sua
variante generale, una più incisiva
motivazione si impone in talune ipotesi, tra
cui quella del superamento degli standard
minimi di cui al D.M. 02.04.1968 n. 1444 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 03.12.2008 n. 5695 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Permesso
di costruire - Termine inizio lavori -
Decorrenza - Emanazione titolo - Eventuale
ritiro o notifica in un momento successivo -
Non rileva.
La decorrenza del termine di inizio lavori
va ancorata alla data di notifica
dell'avviso di emanazione del permesso di
costruire, secondo un'interpretazione
conforme all'art. 15 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (TU edilizia), ove il termine
"rilascio" va inteso come "emanazione", e
non come ritiro materiale del documento (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.11.2008 n. 5540 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Denuncia
di inizio attività - Provvedimento comunale
di inibitoria - Termine - Perentorietà -
Sussistenza - Potere di vigilanza e
repressione - Permane.
Il termine di 30 giorni, previsto ai
fini dell'adozione del provvedimento
comunale di inibitoria a seguito della
ricezione della denuncia di inizio attività
per l'esecuzione di lavori edilizi, ha
carattere perentorio. Decorso tale termine,
permane il potere dell'Amministrazione
comunale di potere e vigilanza e controllo
sull'attività edilizia che non deve però più
svolgersi nelle forme dell'intervento
inibitorio, ma in quelle della procedura di
autotutela di cui agli articoli 21-quinquies
e 21-nonies legge 241/1990 e s.m.i. e quindi
seguendo differenti presupposti (in tema di
motivazione sull'interesse pubblico) e
procedure (comunicazioni ex artt. 7 e 10-bis
l. 241/1990) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 24.11.2008 n. 5539). |
URBANISTICA: Vincolo
espropriativo - Reiterazione - Motivazione -
Necessità.
La reiterazione dei vincoli di
espropriazione non può prescindere dalla
presenza di una congrua e specifica
motivazione sulla permanenza e l'attualità
dell'interesse pubblico all'acquisizione
coattiva dell'area, specie se la
reiterazione del vincolo interessi un'area
specifica e ciò per evitare che tale
operazione realizzi in modo surrettizio il
mero prolungamento dei termini di efficacia
previsti dalla legge (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.11.2008 n. 5536 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Permesso
di costruire - Diniego - Illegittimità -
Fattispecie.
Laddove l'obbligo di pianificazione
attuativa non sia affermato dallo strumento
urbanistico, non sono sufficienti
affermazioni generiche relative allo stato
di urbanizzazione della zona per
giustificare il diniego del permesso di
costruire dovendo il Comune procedere ad una
seria indagine circa la presenza delle
urbanizzazioni nell'area in questione (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II, sentenza 21.11.2008 n. 5482). |
URBANISTICA: Lottizzazione
abusiva - Deposito frazionamento in Comune -
Diniego - Illegittimità.
L'art. 30 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380,
relativo alla lottizzazione abusiva, prevede
che i frazionamenti catastali dei terreni
non possono essere approvati dall'agenzia
del territorio se non è allegata copia del
tipo dal quale risulti, per attestazione
degli uffici comunali, che il tipo medesimo
è stato depositato presso il comune. La
norma assegna al Comune una mera funzione certificativa,
il compito cioè di attestare il deposito del
tipo di frazionamento, senza alcun potere di
sindacare i contenuti dell'elaborato o
denegare l'attestazione del deposito, ferma
restando ovviamente la possibilità di
valutare la correttezza intrinseca o
l'idoneità del frazionamento in sede di
esame del progetto in funzione del quale è
stato eseguito (il TAR ha dichiarato
illegittimo il provvedimento di diniego di
attestazione deposito frazionamento con il
quale il Comune aveva sindacato nel merito
il contenuto del frazionamento) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5311 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Impianto di
telecomunicazione - Regolamentazione
urbanistica - Competenza Statale - Deroghe.
2. Impianto di
telecomunicazione - Regolamentazione
urbanistica - Competenza Comunale - Limiti.
3. Impianto di
telecomunicazione - Localizzazione -
Competenza Regionale e competenza Comunale -
Portata.
1. La tutela sanitaria della popolazione
dalle emissioni elettromagnetiche esula
dalle competenze dei comuni, essendo
affidata dalla Legge-quadro 36/2001 al
legislatore statale, il quale ha prescelto
un criterio basato esclusivamente sui limiti
di immissione delle irradiazioni nei luoghi
particolarmente protetti (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 7274/2002). Si discostano da
tale criterio sia i divieti di
localizzazione e di installazione connessi
alla mera destinazione urbanistica delle
aree, sia le prescrizioni di distanze minime
fisse, tra impianti e abitazioni, diverse
dalle distanze ordinarie previste per gli
edifici (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
277/2002; TAR Veneto, sent. n. 347/2002;
TAR Lazio, sent. n. 8170/2001).
2. Ex art. 8, comma 6, Legge 36/2001 n. 36 i
Comuni possono adottare un regolamento per
assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l'esposizione della popolazione
ai campi elettromagnetici. Tale potestà
regolamentare, da un lato, può tradursi
nell'introduzione, sotto il profilo
urbanistico, di regole a tutela di zone e
beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o
storico-artistico, ovvero, per quanto
riguarda la minimizzazione dell'esposizione
ai campi elettromagnetici,
nell'individuazione di siti che per
destinazione d'uso e qualità degli utenti
possano essere considerati sensibili alle
immissioni radioelettriche (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 1017/2007); ma, dall'altro,
non consente ai Comuni di introdurre
limitazioni e divieti generalizzati riferiti
alle zone territoriali omogenee, né consente
l'introduzione di distanze fisse, da
osservare rispetto alle abitazioni e ai
luoghi destinati alla permanenza prolungata
delle persone o al centro cittadino, quando
tale potere sia rivolto a disciplinare la
compatibilità dei detti impianti con la
tutela della salute umana al fine di
prevenire i rischi derivanti
dall'esposizione della popolazione a campi
elettromagnetici, anziché a controllare
soltanto il rispetto dei limiti delle
radiofrequenze fissati dalla normativa
statale e a disciplinare profili tipicamente
urbanistici (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
450/2005).
3. Ex art. 8, primo comma, lett. a) Legge-quadro n. 36/2001 è di competenza
delle Regioni l'esercizio delle funzioni
relative all'individuazione dei siti di
trasmissione e degli impianti per telefonia
mobile: compete cioè alle Regioni stabilire
i criteri di localizzazione degli impianti e
affidare ai comuni il compito di definire,
nel P.R.G. o nelle sue varianti, i siti dove
localizzare o delocalizzare le antenne per
la telefonia mobile, nel rispetto dei
criteri di funzionamento della rete e dei
servizi (cfr. Corte Cost., sent. n.
103/2006) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5305 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Recupero
sottotetti - Art. 64 L.R. 12/2005 - Limiti.
In tema di recupero dei sottotetti, esso
trova un limite di carattere generale
nell'art. 64, primo comma, della Legge
Regionale Lombarda 11.03.2005 n. 11
(legge per il governo del territorio),
secondo cui tali interventi sono ammissibili
nei limiti di altezza massima degli edifici
posti dallo strumento urbanistico (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5303 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Atto amministrativo - Annullamento
d'ufficio - Art. 21-nonies L. 241/1990 -
Permesso di costruire - Annullamento -
Condizioni - Violazione delle N.T.A. - Non è
condizione sufficiente.
In tema di recupero dei sottotetti,
qualora l'altezza dell'edificio superi
quella prevista dalle n.t.a., tale
circostanza non è sufficiente, da sola, a
giustificare l'annullamento del permesso già
rilasciato: ai sensi dell'art. 21-nonies L.
241/1990, occorre infatti che la P.A., da un
lato, individui un interesse pubblico
specifico all'annullamento dell'atto,
diverso dal mero ripristino della legalità
violata, e, dall'altro, valuti il
contrapposto interesse del privato alla
conservazione dell'atto a lui favorevole,
ponderando gli interessi -pubblico e
privato- in conflitto. Pertanto,
l'annullamento del permesso di costruire può
essere giustificato solo attraverso
l'individuazione e la prova di un vulnus
-rilevante e specifico- inferto dalla
realizzazione del progetto ai valori
urbanistici e paesaggistici che la normativa
sul recupero dei sottotetti intende tutelare (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5303 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordinanza di
demolizione opere abusive - Procedimento di
sanatoria/condono o di accertamento di
conformità - Improcedibilità.
2. Ordinanza di
demolizione opere abusive - Procedimento di
sanatoria o di accertamento di conformità -
Sopravvenuta carenza di interesse -
Improcedibilità - Ratio.
1. Qualora, nelle more della fissazione del
merito del giudizio, le opere oggetto di
ordine di demolizione siano state oggetto di
procedure amministrative finalizzate alla
regolarizzazione dei relativi abusi tramite
presentazione di richiesta di sanatoria e/o
istanze di condono, il ricorso originario
avverso l'ordine di demolizione diviene improcedibile.
2. La presentazione dell'istanza di
sanatoria o condono in epoca successiva
all'adozione dell'ordinanza di demolizione
produce l'effetto di rendere improcedibile
l'impugnazione contro l'atto sanzionatorio
per sopravvenuta carenza di interesse, posto
che il riesame dell'abusività dell'opera,
provocato dall'istanza, sia pure al fine di
verificarne l'eventuale sanabilità, comporta
la necessaria formazione di un nuovo
provvedimento, esplicito o implicito (di
accoglimento o di rigetto), che vale
comunque a superare il provvedimento
sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr.
TAR Milano, sent. n. 255/2008 e sent, n.
545/2008; Cons. di Stato, sent. n.
7884/2006) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: 1. Piano
Territoriale di Coordinamento - Variante -
Natura - Atto infraprocedimentale -
Impugnabilità - Quando sussiste - Ratio.
2. Piano
Territoriale di Coordinamento - Variante -
Misure di salvaguardia - Ambito di
applicabilità - Requisiti.
1. La proposta di variante di Piano
Territoriale di Coordinamento ex L.R. 86/83
presentata dal Parco Nord di Milano, pur
essendo indubbiamente un atto
infraprocedimentale, può essere
autonomamente impugnata qualora dalla sua
approvazione discendano effetti lesivi
immediati, individuabili -alla stregua dei
principi già applicati dalla giurisprudenza
per il piano regolatore adottato, ma non
ancora approvato- nelle misure di
salvaguardia eventualmente conseguenti
all'approvazione della proposta di piano da
parte dell'Ente Parco (cfr. TAR Milano,
sent. n. 2202/1999, secondo cui: "anche se
il progetto di variante al P.T.C.
costituisce una proposta di piano
territoriale che ai sensi dell'art. 19 della
L.R. 86/1983 deve essere approvata con
legge, sussistono in detta fase effetti
esterni amministrativi, connessi alle misure
di salvaguardia e che automaticamente
conseguono alla mera adozione della proposta
stessa, le cui disposizioni, che impediscono
difformi iniziative sul territorio, sono
impugnabili immediatamente davanti al
giudice amministrativo").
2. Le misure di salvaguardia intervengono
quando la proposta di variante al P.T.C. ha
effetti peggiorativi della situazione
dell'area in esame, perché in tal caso,
nelle more dell'approvazione definitiva del
piano, si comincia già ad inibire l'attività
edilizia che sarà vietata dal piano in corso
di approvazione. Quando, invece, la proposta
di variante non ha effetti peggiorativi non
scatta alcuna misura di salvaguardia e
nell'area in esame si continuano ad
applicare le vecchie norme di piano, non
impugnate a suo tempo; in tal caso la
proposta di approvazione del piano, non
modificando la situazione preesistente
dell'area, non è immediatamente lesiva degli
interessi dei ricorrenti, i quali non sono
pertanto legittimati a ricorrere ed il
ricorso in esame deve essere dichiarato
inammissibile per carenza d'interesse (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Condono
edilizio - Artt. 32 e 33 della L. n. 47/1985
- Condonabilità - Quando sussiste.
In base al combinato disposto degli artt. 32
e 33 Legge 47/1985, in area vincolata:
(i) non possono essere sanate opere non
conformi agli strumenti urbanistici;
(ii) possono essere condonate soltanto le
opere realizzate prima dell'imposizione del
vincolo oppure le opere che siano conformi
agli strumenti urbanistici (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.11.2008 n. 5300 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Abusi - Sanzioni - Soggetti passivi -
Esclusione del proprietario - Quando
ricorre.
2. Abusi - Sanzioni - Soggetti passivi -
Esclusione del proprietario - Motivi
meramente formali - Non eslcudono la
responsabilità.
1.
Se da un lato le norme sanzionatorie degli
abusi edilizi prevedono che sia sanzionato
il responsabile dell'abuso, dall'altro, la
procedura sanzionatoria è però destinata a
concludersi attraverso l'acquisizione
coattiva dell'area su cui sorge l'abuso, che
è sanzione che riguarda il proprietario, il
quale è il soggetto che viene a perdere la
proprietà del fondo. Per armonizzare queste
due disposizioni, il sistema delle sanzioni
per gli abusi edilizi deve essere
interpretato nel senso che la procedura
sanzionatoria debba essere rivolta anche nei
confronti del proprietario, salvo quando
risulti, in modo inequivocabile, la sua
completa estraneità al compimento dell'opera
abusiva o che, essendone egli venuto a
conoscenza, si sia adoperato per impedirlo
con gli strumenti offertigli
dall'ordinamento (cfr. Corte Cost., sent. n.
345/1991).
2.
Nel caso vi sia aperta controversia sul
soggetto che ha concretamente eseguito le
opere abusive, il mero riferimento alle
pattuizioni contrattuali intercorse tra le
parti -che riservino al locatario la facoltà
di apportare ai locali eventuali migliorie
funzionali all'esercizio dell'attività
economica per cui è affittato l'immobile-
non è motivazione sufficiente ad escludere
il proprietario dall'applicazione delle
sanzioni, essendo tale esclusione fondata su
un motivo meramente formale, che nulla dice
sul comportamento oggettivo e
sull'atteggiamento soggettivo tenuto dal
proprietario (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.11.2008 n. 5295 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Art. 10-bis
Legge 241/1990 - Denuncia di inizio attività
ex art. 42 L.R. n. 12/2005 - Provvedimento
negativo - Obbligo di preavviso - Non
sussiste - Ratio.
2. Art. 10-bis
Legge 241/1990 - Denuncia di inizio attività
ex art. 42 L.R. n. 12/2005 - Inapplicabilità
- Ratio.
1. In caso di D.I.A. non sussiste l'obbligo
dell'amministrazione di inviare
all'interessato il c.d. preavviso di
provvedimento negativo: ciò, in quanto, da
un lato, in presenza di tale titolo
abilitativo la diffida a non eseguire le
opere non corrisponde ad un atto di diniego
dell'istanza ed in considerazione,
dall'altro, della speciale disciplina "della
notifica all'interessato" dell'"ordine
motivato di non effettuare il previsto
intervento", contenuta nel comma 6, articolo
23 T.U. edilizia in cui già è prevista la
motivazione dell'ordine inibitorio e dove
viene assicurata una forma di confronto e di
tutela del privato, a favore del quale viene
comunque fatta "salva la facoltà di
ripresentare la denuncia di inizio attività,
con le modifiche o le integrazioni
necessarie per renderla conforme alla
normativa urbanistica ed edilizia".
2. L'art. 10-bis L. 241/1990 è inapplicabile
alla D.I.A. per il fatto che, in tale
fattispecie, l'atto di diffida è negativo ma
non è -a rigore- un rigetto della istanza
(cfr. TAR Milano, sent. n. 6542/2007);
inoltre, il preavviso per l'ordine di non
eseguire costituirebbe una non giustificata
duplicazione del medesimo, incompatibile con
il termine ristretto entro il quale la P.A.
deve provvedere, non essendo fra l'altro
previste parentesi procedimentali produttive
di sospensione del termine stesso (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.11.2008 n. 5245 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Restauro e
risanamento conservativo - Nozione.
2. Restauro e
risanamento conservativo - Ristrutturazione
edilizia - Differenze.
1. Possono qualificarsi come interventi di
restauro e risanamento conservativo solo
quegli interventi sistematici i quali, pur
con rinnovo di elementi costitutivi
dell'edificio preesistente, ne conservano
tipologia, forma e struttura. Infatti, la
finalità specifica degli interventi di
risanamento e restauro -che è appunto
quella di rinnovare l'edificio in modo
sistematico e globale- va perseguita nel
rispetto dei suoi elementi essenziali dal
punto di vista tipologico, formale e
strutturale (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
2981/2008).
2.
Gli interventi di restauro si caratterizzano
per essere attuati con una serie di opere
che non comportano l'alterazione delle
caratteristiche edilizie dell'immobile da
restaurare e rispettano gli elementi formali
e strutturali dell'immobile; viceversa, gli
interventi di ristrutturazione edilizia sono
caratterizzati dalla loro idoneità a
introdurre un quid novi rispetto al
precedente assetto dell'edificio (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.11.2008 n. 5245 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La creazione di due nuove cucine
e di altrettanti servizi igienici nei piani
ove mancavano e di pareti divisorie dal vano
scala, la trasformazione dell’unica
preesistente unità immobiliare articolata su
tre livelli in tre distinte ed autonome
unità abitative (una per ciascun livello),
con conseguente alterazione del volume e
della superficie dell’originaria unità
immobiliare, è da intendersi quale
intervento di ristrutturazione edilizia.
A norma dell’art. 31, I comma, lett. b)
della legge n. 457/1978, sono “interventi
di manutenzione straordinaria, le opere e le
modifiche necessarie per rinnovare e
sostituire parti anche strutturali degli
edifici, nonché per realizzare ed integrare
i servizi igienico-sanitari e tecnologici,
sempre che non alterino i volumi e le
superfici delle singole unità immobiliari e
non comportino modifiche delle destinazioni
d’uso”.
Ciò posto, dalla semplice lettura della
riportata definizione emerge in tutta
evidenza che le opere poste in essere dai
ricorrenti non possono ascriversi ad un
intervento di manutenzione straordinaria,
ove si consideri che le stesse –che pur
prese singolarmente potrebbero rientrare nel
concetto di “manutenzione straordinaria”-
hanno comportato, con la creazione di due
nuove cucine e di altrettanti servizi
igienici nei piani ove mancavano (talché ora
ciascun piano risulta dotato di cucina e
servizio igienico) e di pareti divisorie dal
vano scala, la trasformazione dell’unica,
preesistente unità immobiliare articolata su
tre livelli in tre distinte ed autonome
unità abitative (una per ciascun livello),
con conseguente alterazione, non consentita
nell’ambito di un intervento di
manutenzione, del volume e della superficie
dell’originaria unità immobiliare.
Ciò, dunque, è sufficiente per escludere che
l’intervento di cui è causa possa
configurarsi quale manutenzione
straordinaria.
Appare, invece, più rispondente al vero
riferire le opere realizzate ad un
intervento edilizio che si è risolto in una
vera e propria trasformazione degli elementi
costitutivi dell’edificio, al punto da
condurre ad un organismo edilizio in parte
diverso dal precedente.
Siamo, quindi, piuttosto nella fattispecie
della “ristrutturazione edilizia” di cui
all’art. 31, I comma, lett. d) della legge
n. 457/1978, la quale, analogamente alla
“nuova costruzione”, esige il rilascio della
concessione e comporta, in assenza del
titolo abilitativo, l’irrogazione della
prioritaria sanzione della demolizione e del
ripristino dei luoghi nello stato
antecedente (artt. 9 e 7 della legge n.
47/1985).
Correttamente, dunque, l’Amministrazione ha
irrogato la misura repressiva qui
contestata, unitamente all’ordine di
riduzione in pristino dello stato dei luoghi (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 25.07.2007 n. 2592 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Denunzia di inizio dell'attività
- Ristrutturazione edilizia - Sdoppiamento
della categoria - Integrazioni funzionali e
strutturali dell'edificio esistente -
Modifiche del "volume" - Incrementi limitati
di superficie e di volume - Limiti - T.U. n.
380/2001 e s.m. D.Lgs. n. 301/2002.
Ai sensi dell’art. 22, 3° comma - lett. a),
del T.U. n. 380/2001, come modificato dal
D.Lgs. n. 301/2002, sono sempre realizzabili
previa mera denunzia di inizio dell'attività
le ristrutturazioni edilizie di portata
minore: quelle, cioè, che determinano una
semplice modifica dell'ordine in cui sono
disposte le diverse parti che compongono la
costruzione, in modo che, pur risultando
complessivamente innovata, questa conserva
la sua iniziale consistenza urbanistica
(diverse da quelle descritte nell'art. 10,
1° comma - lett. c, T.U. n. 380/2001 e s.m.
che possono incidere sul carico
urbanistico).
Sicché, il T.U. n. 380/2001 ha
introdotto, uno sdoppiamento della categoria
delle ristrutturazioni edilizie come
disciplinata, in precedenza, dall'art. 31,
10 comma - lett. d), della legge n.
457/1978, riconducendo ad essa anche
interventi che ammettono integrazioni
funzionali e strutturali dell'edificio
esistente, pure con incrementi limitati di
superficie e di volume.
Deve ritenersi,
però, che le modifiche del "volume", ora
previste dall'art. 10 del T.U., possono
consistere in diminuzioni o traslazioni dei
volumi preesistenti ed in incrementi
volumetrici modesti, poiché, qualora si
ammettesse la possibilità di un sostanziale
ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la
linea di distinzione tra "ristrutturazione
edilizia" e "nuova costrizione".
Ristrutturazione edilizia -
Manutenzione straordinaria - Restauro e
risanamento conservativo - Definizione -
Variazioni d'uso "compatibili" - Connessione
finalistica delle opere eseguite - T.U. n
380/2001 come mod. dal D L.gs n. 301/2002.
Ai sensi dell'art. 3, 1° comma - lett. d),
del T.U. n 380/2001 - come modificato dal D
L.gs 27.12.2002. n. 301, la ristrutturazione
edilizia non è vincolata, al rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali
dell'edificio esistente e differisce sia
dalla manutenzione straordinaria (che non
può comportare aumento della superficie
utile o del numero delle unità immobiliari,
né modifica della sagoma o mutamento della
destinazione d'uso) sia dal restauro e
risanamento conservativo (che non può
modificare in modo sostanziale l'assetto
edilizio preesistente e consente soltanto
variazioni d'uso "compatibili" con
l'edificio conservato).
La stessa attività
di ristrutturazione, può attuarsi attraverso
una serie di interventi che, singolarmente
considerati, ben potrebbero ricondursi agli
altri tipi dianzi enunciati. L'elemento
caratterizzante, però, e la connessione
finalistica delle opere eseguite, che non
devono essere riguardate partitamente ma
valutate nel loro complesso al fine di
individuare se esse siano o meno rivolte al
recupero edilizio dello spazio attraverso la
realizzazione di un edificio in tutto o in
parte nuovo.
D.I.A. - Realizzazione di un
piano ammezzato non ricompreso nel progetto
- Sequestro preventivo all'intera struttura
- Legittimità - Fondamento.
La realizzazione di un piano ammezzato non
ricompreso nel progetto allegato alla
D.I.A., rende legittima l'estensione della
misura, del sequestro preventivo, all'intera
struttura per l'oggettiva rilevanza di detta
opera nel contesto complessivo di quelle
eseguite (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 23.01.2007 n. 1893 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sostituzione del manto di
copertura - Carattere di manutenzione
ordinaria - Condizioni - Individuazione -
Manutenzione straordinaria - D.i.a..
In materia edilizia, la sostituzione del
manto di copertura del tetto rientra tra gli
interventi di manutenzione ordinaria a
condizione che non vi sia alcuna alterazione
dell'aspetto o delle caratteristiche
originarie, diversamente si configura una
ipotesi di manutenzione straordinaria, per
la quale è richiesta la denuncia di inizio
attività, se non di nuova costruzione con
permesso di costruire alternativo alla
d.i.a. (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 25.01.2006 n. 2935 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione di un balcone è
da considerarsi opera di ristrutturazione
edilizia.
Secondo la giurisprudenza già espressa da
questo Tribunale, la realizzazione di un
balcone non può essere considerato
intervento di risanamento conservativo così
come previsto dall'art. 31, lett. c), l.
05.12.1978 n. 457 e costituisce opera di
ristrutturazione edilizia esterna dal
momento che realizza un'oggettiva
trasformazione della facciata del palazzo
mediante la sostituzione e l'inserimento di
elementi, nonché la modifica di altri (cfr.
ad es. TAR Liguria, sez. I, 24.01.2002, n.
63 e 21.04.1990, n. 297) (TAR Liguria,
sentenza 04.11.2004 n. 1516 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 02.03.2009 |
ã |
AVVISO |
Segnaliamo che
da 30 gg. a questa parte la posta
elettronica del sito non funziona a causa di
un guasto tecnico in centrale Telecom
(ancora oggi non risolto).
Pertanto, abbiamo dovuto sostituire
l'indirizzo di posta elettronica con uno
nuovo ossia:
info.ptpl@tiscali.it.
Coloro che ci avessero scritto negli ultimi
30 gg. sono pregati di inviare nuovamente la
mail al nuovo indirizzo sopra indicato.
Grazie e tante scuse per il disservizio.
LA SEGRETERIA PTPL. |
QUESITI & PARERI |
EDILIZIA PRIVATA: Problematiche
difformità progetto edilizio.
La richiesta di parere formulata dal Comune
XXX riguarda un complesso residenziale
composto da due edifici, realizzato in
seguito al rilascio della licenza di
costruire del 1° luglio 1972 e terminato nel
1975. Entrambi gli immobili sono stati
considerati conformi alle norme
igienico-sanitarie vigenti e sono pertanto
stati rilasciati i certificati di
abitabilità in data 31.01.1975.
Recentemente il Comune ha appurato che il
complesso è parzialmente difforme dal
progetto assentito nel lontano 1972; in
particolare, un edificio ha subito una
diminuzione della superficie di circa 40 mq.
e l’altro un aumento pari a 90 mq. E’ stata
inoltre parzialmente modificata la
distribuzione interna dei locali.
I quesiti posti dal Comune attengono a:
1) la rilevanza urbanistica del certificato
di abitabilità;
2) i limiti temporali dell’azione repressiva
da parte del Comune e le sanzioni
applicabili;
3) i soggetti passivi a cui contestare gli
abusi edilizi;
4) eventuali obblighi in capo al Comune per
quanto concerne i rogiti notarili stipulati (Regione Piemonte,
parere n.
108/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Problematiche realizzazione bassi
fabbricati
Il Comune XXX pone due quesiti che
riguardano la realizzazione di bassi
fabbricati sul confine di proprietà.
In particolare, il Comune espone che
nell’anno 2003 è stato rilasciato un
permesso di costruire per la realizzazione
di un’autorimessa a confine con una strada
comunale, in area pertinenziale ad un
preesistente fabbricato di civile
abitazione, e che il proprietario di tale
autorimessa –in parte interrata rispetto al
livello stradale– richiede ora di poter
realizzare sulla sua sommità una tettoia
aperta, in muratura, di altezza pari a mt.
3.
Precisa il Comune che sussiste un forte
dislivello, pari a circa mt. 2,40-2,50, tra
il piano di campagna del lato est del
fabbricato di civile abitazione, nonché
dell’autorimessa –coincidente con il livello
della confinante via comunale– rispetto al
piano di campagna del lato sud ed ovest di
tale fabbricato.
In particolare, il Comune XXX, “tenuto
conto che tutta la proprietà risulta avere
rispetto alla strada comunale una quota di
più mt. 2,50, verificato che, dato il
dislivello del terreno rispetto alla strada
comunale, l’ingresso dell’autorimessa si
trova alla stessa quota della strada
comunale” chiede:
- “se l’autorimessa costruita, ai sensi
della legge 122/89, nel sottosuolo del
terreno di proprietà ma prospiciente alla
strada comunale si configura come basso
fabbricato (si trova alla stessa quota della
strada) o come fabbricato interrato;
- se sopra detta autorimessa è possibile
costruire una terrazza coperta (richiesta
come basso fabbricato) avente un’altezza
fuori terra di mt. 3,00 rispetto alla quota
del piano di campagna della proprietà e di
mt. 5,40 rispetto alla quota della strada” (Regione Piemonte,
parere n.
98/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Occupazione
abusiva di terreni demaniali di uso civico.
Rispondendo ai quesiti posti, si riferisce
in merito ai rimedi giuridici cui il Comune
XXX può ricorrere per far cessare
occupazioni abusive di terreni demaniali di
uso civico.
Da quanto enunciato nella richiesta di
parere, codesto Comune ha recentemente
provveduto al riordino delle assegnazioni
dei terreni di uso civico, attribuendo
alcuni lotti a soggetti diversi dai
precedenti assegnatari. In particolare, non
è più stato confermato nel godimento un
coltivatore che aveva in precedenza la
disponibilità di numerosi terreni, ancora di
recente utilizzati per la semina. Temendo
che possano sorgere controversie sia in
ordine al rilascio dei detti terreni che
alla proprietà del futuro raccolto,
l’Amministrazione vuole conoscere attraverso
quali azioni può impedire al precedente
assegnatario di permanere sine titulo
nel possesso dei fondi, ottenendo
l’immediato rilascio degli immobili. Ciò,
anche per cautelarsi da eventuali richieste
risarcitorie dei nuovi assegnatari a cui
fosse impedita l’immediata immissione nel
possesso (Regione Piemonte,
parere n.
97/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nomina
Commissione edilizia.
Il sindaco del Comune XXX chiede quali siano
i riferimenti normativi per la nomina della
commissione edilizia e, conseguentemente,
quale sia la procedura per la suddetta
nomina.
Sollecita, inoltre, il parere del consulente
sulla necessità di modificare il regolamento
edilizio, che prevede la nomina della
commissione da parte del consiglio comunale,
stante che il segretario dell’ente ritiene
la costituzione della commissione
facoltativa e, pertanto, a suo avviso,
attratta alla competenza sindacale (Regione Piemonte,
parere n.
95/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Problematiche
P.A.I..
Il Comune XXX chiede di conoscere l’opinione
del Servizio regionale di consulenza in
ordine alla legittimità, o meno, di atti
comunali che consentano la realizzazione di
un campo da golf all’interno di fasce di
tipo A e B del P.A.I. (“piano stralcio per
l’assetto idrogeologico”, adottato con
deliberazione 26.04.2001, n. 18, del
Comitato Istituzionale dell’Autorità di
bacino del fiume Po, ed approvato con
decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
dell’08.08.2001); la richiesta deriva dal
fatto che del golf in questione è prevista
la realizzazione ad opera di una società
privata, sulla base peraltro di una
convenzione stipulata con il Comune, il
quale mette a disposizione a tal fine un
terreno di proprietà comunale; ed altresì
dalla circostanza che le norme di attuazione
del P.A.I. consentono la realizzazione
–nelle fasce A e B– di alcune "opere
pubbliche o di interesse pubblico”.
Conseguentemente, il Comune si chiede se
l’impianto golfistico di cui dianzi sia in
concreto qualificabile come ““opera pubblica
o di interesse pubblico”” la cui
realizzazione è ammessa nelle fasce predette (Regione Piemonte,
parere n.
94/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Modalità
aggiornamento oneri di urbanizzazione.
Il Comune XXX ha proposto al Servizio di
consulenza regionale alcuni quesiti
attinenti alle procedure ed alle modalità di
aggiornamento degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria da parte del Comune,
aggiornamento previsto dall’art. 16, c. VI,
D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (T.U. Edilizia).
In particolare i quesiti riguardano:
- l’individuazione dell’organo comunale
deputato all’aggiornamento quinquennale
degli oneri di urbanizzazione;
- la possibilità di introdurre riduzioni
degli oneri di urbanizzazioni oltre ai casi
espressamente contemplati dalle leggi
statali;
- l’eventuale possibilità, per il Comune, di
dotarsi di regolamento disciplinante il
contributo di costruzione.
Inoltre, il Comune XXX chiede chiarimenti in
merito alla procedura per la modifica del
regolamento edilizio imposta dalla D.C.R. 11
gennaio 2007 n. 98-1247, punto 1.3.
dell’"allegato” (Regione Piemonte,
parere n.
76/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione
passo carraio.
Il Comune XXX ha formulato al Servizio di
consulenza regionale un quesito attinente
alla possibilità di autorizzare l’apertura
di un passo carraio caratterizzato dalla
particolarità data dal fatto che il passo
carraio medesimo consente l’accesso non già
direttamente su di una strada o piazza
pubblica, bensì su di un’area di proprietà
di terzi asservita all’uso pubblico, e più
specificatamente a parcheggio pubblico (Regione Piemonte,
parere n.
69/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Accertamento
di conformità alla licenza edilizia.
Il Comune XXX pone un quesito avente ad
oggetto il metodo ed i parametri attraverso
i quali può essere quantificata l’oblazione
prevista dall’art. 37, comma IV, D.P.R.
380/2001 per il caso in cui venga rilasciato
l’accertamento di conformità relativamente
ad interventi eseguiti in assenza o in
difformità dalla denuncia di inizio attività (Regione Piemonte,
parere n.
65/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Rilascio
permesso edilizio e titolarità a
richiederlo.
Il Comune XXX pone un quesito in merito ad
una proposta di P.E.C. presentata al Comune
e da questo accolta.
La particolarità del caso deriva dal fatto
che la società proponente il P.E.C. non è
proprietaria del terreno oggetto di
intervento, ma è l’utilizzatrice del fondo
in forza di un contratto di locazione
finanziaria (c.d. leasing immobiliare).
La società di leasing, nel contratto
stipulato con l’utilizzatore, ha
espressamente trasferito a quest’ultimo il
diritto ad edificare l’immobile costituente
la proposta di Strumento Urbanistico
Esecutivo.
In virtù di tale clausola, la società
utilizzatrice ha quindi presentato la
proposta di PEC al Comune.
Il Sindaco ha accolto la proposta ed il
Consiglio Comunale ha successivamente
approvato il P.E.C. e l’unito schema di
convenzione.
Sorgono oggi problemi in ordine alla stipula
della convenzione, poiché il notaio
interpellato per il rogito ha eccepito
l’impossibilità di rogare l’atto senza la
partecipazione della società di leasing,
proprietaria del lotto.
Ritiene, evidentemente, il notaio che
l’utilizzatore non sia il soggetto titolato
all’assunzione degli obblighi derivanti
dalla convenzione di PEC.
Il Comune richiede, dunque, parere in ordine
a tale eccezione, la cui eventuale
fondatezza potrebbe determinare conseguenze
anche sulla legittimità dell’iter di
approvazione del P.E.C. già concluso (Regione Piemonte,
parere n.
63/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Richiesta
autorizzazione ANAS per lavoro pubblico
comunale.
Il Comune XXX chiede se un ente locale, con
popolazione inferiore a 10.000 abitanti,
debba o meno, nel caso abbia necessità di
costruire un impianto semaforico o una
rotatoria lungo una strada statale
attraversante il proprio territorio,
richiedere preventiva autorizzazione
all’A.N.A.S. (Regione Piemonte,
parere n.
60/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ampliamento
delimitazioni proprietà private presso riva
torrente comunale.
Il Comune XXX intende conoscere se i
proprietari di immobili latistanti la riva
sinistra del torrente XXX possano ampliare
la delimitazione delle singole proprietà
ricomprendendovi anche la superficie di
terreno che si estende al di sopra del muro
dell’argine. In sostanza, l’intervento su
cui si discute consisterebbe nello
sbarramento della superficie del muro
dell’argine che verrebbe ad essere inglobata
nella proprietà individuale dei richiedenti.
Detta richiesta nasce dall’esigenza,
palesata dagli abitanti della zona, di
garantire la sicurezza delle abitazioni e,
soprattutto, di tutelare la privacy dei
proprietari delle villette, oggi disturbata
dal transito di passanti nel tratto compreso
tra le proprietà individuali e l’area
immediatamente a ridosso dell’argine del
fiume.
Il Comune si interroga sulla legittimità
della richiesta che potrebbe contrastare con
le esigenze di sicurezza pubblica e con
l’opportunità che l’area latistante il corso
del fiume rimanga libera e transitabile (Regione Piemonte,
parere n.
59/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sanatoria
abuso e titolo abilitativo edilizio.
Il Comune XXX ha avanzato richiesta di
parere in merito alla legittimità di un
titolo abilitativo edilizio costituito da
una DIA in sanatoria per opere, soggette
appunto a DIA, realizzate su di un fondo
soggetto a regime di comunione della
proprietà, perché “corte comune”.
Nel caso di specie la DIA in sanatoria
sarebbe presentata dal solo comproprietario
che aveva abusivamente eseguito le opere nel
fondo comune, e si deve prevedere l’assenza
del consenso degli altri comproprietari alla
realizzazione delle opere.
Il Comune chiede altresì quale sanzione
debba essere applicata nel caso in cui non
sia accettabile la predetta DIA in mancanza
del consenso dei comproprietari (Regione Piemonte,
parere n.
58/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sanzioni pecuniarie conseguenti
ad abusi paesaggistici.
Il Comune XXX pone quattro puntuali quesiti,
tre dei quali in materia di sanzioni
pecuniarie conseguenti all’accertamento di
abusi paesaggistici.
Si risponde a tali quesiti secondo l’ordine
in cui il Comune li ha formulati.
1) Le sanzioni amministrative pecuniarie
previste dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 e
s.m.i. sostituiscono o sono integrative di
quelle previste dall’art. 16 della L.R.
20/1989 e s.m.i.?
2) Le sanzioni
amministrative pecuniarie previste dall’art.
167 del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. sono
comminate dal Comune a proprio favore?
(Regione Piemonte,
parere n.
57/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Richiesta
concessione edilizia in sanatoria.
Il Comune XXX richiede parere in ordine alla
seguente situazione.
Nel corso del 1998, l’Ufficio Tecnico
accertava alcune irregolarità edilizie
riguardanti un edificio sito in frazione XXX:
in particolare, detto fabbricato era stato
realizzato in difformità dalla concessione
edilizia a suo tempo rilasciata ed insisteva
in parte (per una modesta superficie: circa
4 mq) su terreno appartenente al demanio
comunale. In sede di istruttoria, emergeva
che l’abuso non era stato commesso dal
proprietario dell’epoca, bensì da quello
precedente, nel corso del 1986.
Il Comune, a seguito del predetto
accertamento, notificava al proprietario
ordinanza di demolizione ai sensi degli
artt. 12 e 14 L. 47/1985 (oggi artt. 34 e 35
D.P.R. 380/2001).
Il provvedimento era impugnato avanti al TAR
del Piemonte, che, tuttavia (con sentenza n.
1137/2005), respingeva il ricorso,
confermando la legittimità e la validità
dell’ordinanza di rimessione in pristino.
Il proprietario dell’immobile non ha a
tutt’oggi provveduto alla demolizione,
manifestando peraltro al Comune la propria
intenzione –ove possibile– di chiedere la
“sanatoria” dell’abuso o, quantomeno, la
“fiscalizzazione” dello stesso (cioè
l’applicazione di una sanzione pecuniaria in
luogo di quella demolitoria) (Regione Piemonte,
parere n.
55/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Mutamento
destinazione d’uso immobile privato.
Il Comune XXX intende conoscere se sia
possibile subordinare l’accoglimento
dell’istanza con cui un privato domanda di
mutare la destinazione d’uso di parte di un
proprio immobile alla stipula di una
convenzione che vincoli il richiedente a
mantenere nella restante parte dell’immobile
l’attuale destinazione d’uso per un
determinato periodo di tempo.
Più in specifico, secondo quanto enunciato
da codesta Amministrazione, i termini della
questione sono i seguenti:
- il privato è proprietario di un immobile
sito in area classificata dal vigente PRGC
come rurale di antico impianto, attualmente
con destinazione produttiva per attrezzature
ricettive - alberghiere;
- detto privato ha presentato istanza per
variare la destinazione d’uso di una parte
dell’immobile, adibendola a fini
residenziali;
- ciò sarebbe consentito dall’art. 5.3 delle
N.T.A. del PRGC, che prevede: “nel caso
in cui l’attività ricettivo-alberghiera
venga a cessare, il Consiglio comunale può
consentire il cambio di destinazione d’uso a
residenza”;
- il Comune ritiene non vi siano preclusioni
ad autorizzare l’intervento;
- però, come si è detto, l’amministrazione
vorrebbe premunirsi da eventuali future
richieste di mutamento di destinazione d’uso
anche della rimanente parte del fabbricato.
Pertanto ipotizza di subordinare
l’accoglimento della domanda alla condizione
che il privato si impegni, mediante
convenzione scritta, a mantenere nella
restante parte del fabbricato l’attuale
destinazione ricettivo–alberghiero per un
determinato numero di anni (Regione Piemonte,
parere n.
54/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Applicazione
normativa distanze passi carrabili dalle
intersezioni stradali.
Il Comune XXX ha richiesto un parere al
Servizio scrivente in ordine alla distanza
che deve intercorrere tra i passi carrabili
ubicati nei centri abitati, in particolare
nei centri storici, e le intersezioni
stradali. Il problema deriva dalla tendenza,
consolidatasi negli ultimi anni (non solo
nel Comune richiedente ma in numerose altre
località), alla frammentazione delle
proprietà, correlata anche con il recupero
di fabbricati esistenti per destinazioni
diverse da quella agricola originaria,
frammentazione alla quale si è accompagnato
un aumento considerevole delle richieste di
accesso alla sede stradale mediante
l’apertura di passi carrabili. Accade
frequentemente che i proprietari di immobili
a ridosso degli incroci stradali chiedano
l’autorizzazione per nuovi passi carrabili
inframmezzati a quelli da sempre esistenti.
Osserva il Comune che -realizzandosi ”lotti
e cortili di dimensioni ridotte”- si tende
ad aprire passi carrabili a servizio di
ciascun lotto e di ciascun cortile, peraltro
in presenza di norme che impongono almeno
dodici metri di distanza tra il passo
carrabile e l’intersezione stradale più
prossima; le intersezioni medesime sono,
ovviamente, frequenti nei centri abitati ed
in particolare nei centri storici.
Chiede allora il Comune stesso se siano
praticabili deroghe alle norme anzidette nei
centri storici caratterizzati da proprietà
molto frammentate (Regione Piemonte,
parere n.
51/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione
urbanistica terreno.
Il Comune XXX chiede parere del Servizio
scrivente in ordine ad una vicenda che vede
contrapposte persone e posizioni
relativamente all’avvenuto deposito di
materiale vario su terreni che rientrano
nell’area di Piano regolatore generale
“agricola produttiva con impianto
originario, a campi chiusi”; invero, le
fotografie prodotte evidenziano attrezzi,
assi in legno, alcune carriole, pezzi di
elementi metallici, una betoniera, che
sembrano residui dell’attività di
ristrutturazione di un fabbricato esistente
in loco (ristrutturazione a cui fa cenno la
didascalia della pagina 13 “scaricata” dagli
atti del Comune); il tutto, insieme ad
attrezzature agricole, a scorte morte
(legna) di prodotti agricoli, nonché a
materiale vario (quali alcuni bancali
accanto ad un carrettino senza ruote), in un
complessivo disordine che non presenta
tuttavia i connotati dell’abbandono tipico
dei rifiuti di cui taluno voglia disfarsi
... (Regione Piemonte,
parere n.
39/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opera
chiusura di fondi.
La questione posta dal Comune XXX riguarda
la realizzazione di un cancello per
passaggio carraio su strada privata senza
uscita, strada nella quale sono già presenti
due accessi delimitati anch’essi da cancelli
perpendicolari alla nuova opera di chiusura
da realizzare (Regione Piemonte,
parere n.
38/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Requisiti
abitabilità fabbricato comunale.
Il sig. Sindaco del Comune XXX chiede
consulenza “per chiarire alcune situazioni
createsi nel Comune e riguardanti la
concessione della residenza anagrafica e i
relativi obblighi relativi all’abitabilità
degli immobili”.
Nello specifico il quesito riguarda la
seguente fattispecie:
L’Ufficio Anagrafe riceve richiesta di
residenza in fabbricato di nuova costruzione
inserito in un Piano Esecutivo Convenzionato
(P.E.C.);
Effettuata la verifica d’ufficio, per quanto
di competenza, sull’effettiva dimora
abituale del nucleo familiare (che nel
contempo si è di fatto trasferito dal
precedente indirizzo ove già dimora un’altra
famiglia), l’Ufficio Anagrafe procede al
rilascio della relativa iscrizione
anagrafica nel registro della popolazione
residente;
L’Ufficio Tecnico, ricevuta la comunicazione
interna, eccepisce che il fabbricato
occupato quale dimora abituale dal nucleo
familiare in argomento è sprovvisto di
certificato di abitabilità in quanto ancora
privo di urbanizzazioni quali fognatura,
acquedotto, ecc. e paventa l’adozione di
ordinanza di sgombero ... (Regione Piemonte,
parere n.
29/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Installazione
impianti termici per produzione energia
elettrica.
Il Comune XXX pone due diversi quesiti in
merito all’applicazione delle norme
contenute, rispettivamente, nei commi 12 e
13 dell’allegato I del D.Lgs. n. 192/2005
come modificato dal D.Lgs. n. 311/2006. In
particolare, i quesiti attengono
all’eventuale sussistenza dell’obbligo, alla
data attuale:
1) dell’utilizzo delle fonti energetiche
rinnovabili per la produzione di acqua calda
sanitaria nel caso di edifici di nuova
costruzione o nel caso di nuova
installazione di impianti termici o di
ristrutturazione di impianti termici
esistenti;
2) dell’utilizzo di impianti fotovoltaici
per la produzione di energia elettrica nel
caso di edifici di nuova costruzione,
pubblici e privati, o di ristrutturazione
degli stessi e, in caso affermativo, del
rispetto del limite di 0,2 kW per ogni unità
abitativa come previsto dalla legge n.
296/2006 (Legge Finanziaria 2007) (Regione Piemonte,
parere n.
26/2007 +
parere aggiuntivo - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Condono
edilizio.
Il Comune XXX pone un quesito in merito
all’applicazione della normativa sul condono
edilizio di cui al decreto legge n.
269/2003, convertito nella legge n.
326/2003, nel caso di intervento abusivo
consistente nel cambio di destinazione
d’uso, con opere edilizie, in fascia di
rispetto cimiteriale, di un manufatto da
deposito attrezzi e prodotti agricoli a
fabbricato di civile abitazione (Regione Piemonte,
parere n.
23/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Compatibilità
piano regolatore comunale su richiesta di
opera edilizia di azienda privata.
Secondo quanto enunciato nella richiesta di
parere del Comune XXX, i termini della
questione sono i seguenti:
- un’azienda ha richiesto al Comune parere
preventivo in ordine alla possibilità di
destinare un’area sita in zona agricola a
deposito temporaneo di materiali
terrosi/pietrosi non costituenti rifiuti;
- la Commissione Edilizia, interpellata sul
punto, ha espresso parere contrario,
ritenendo che siffatta attività non sia
riconducibile ad alcuno degli interventi
consentiti dal Piano Regolatore nelle zone
destinate ad usi agricoli;
- sono però insorti dubbi in merito alla
possibilità di ricondurre nel novero degli
“interventi di trasformazione urbanistica o
edilizia” la creazione di un deposito
temporaneo di materiali, poiché tale fatto
non pare produrre alcuna significativa
trasformazione del territorio rilevante
(appunto) a livello urbanistico e/o
edilizio.
Dovendo comunque il Comune fornire univoca
risposta all’azienda, si domanda quale sia
l’esatta natura dell’opera, ossia se essa
concreti una trasformazione
urbanistico–edilizia del territorio
subordinata alla verifica di compatibilità
con le previsioni del PRGC e soggetta
all’obbligo di un titolo abilitativo
edilizio (Regione Piemonte,
parere n.
20/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Procedimenti
valutazione impatto ambientale.
Il Comune XXX pone un triplice quesito
attinente all’applicazione della normativa
in materia di procedimenti di valutazione di
impatto ambientale (V.I.A.) (Regione Piemonte,
parere n.
15/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI - EDILIZIA PRIVATA: G.U.
28.02.2009 n. 49, suppl. ord. n. 28/L,
"Legge
27.02.2009 n. 14 - Testo del decreto-legge
30.12.2008, n. 207, coordinato con la legge
di conversione 27.02.2009, n. 14,
recante: «Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative e disposizioni
finanziarie urgenti»". |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - ENTI
LOCALI: G.U.
28.02.2009 n. 49
"Testo
del decreto-legge 30.12.2008, n. 208 (in
Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31.12.2008),
coordinato con la legge di conversione
27.02.2009, n. 13 recante: «Misure
straordinarie in materia di risorse idriche
e di protezione dell’ambiente»". |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 26.02.2009 n. 47, suppl. ord. n. 27, "Istruzioni
per l’applicazione delle «Nuove norme
tecniche per le costruzioni» di cui al
decreto ministeriale 14.01.2008"
(Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
circolare
02.02.2009 n. 617 C.S.LL.PP.). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 8 del
26.02.2009, "Modalità per la valutazione
ambientale dei Piani comprensoriali di
tutela del territorio rurale e di riordino
irriguo (art. 4, l.r. n. 12/2005; d.c.r. n.
351/2007)"
(deliberazione
G.R. 11.02.2009 n. 8950 - link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 8 del
23.02.2009, "Utilizzo agronomico di
letami, liquami, fanghi, acque reflue e
fertilizzanti azotati diversi dagli
affluenti di allevamento, ai sensi della
d.g.r. n. 8/5868 del 21.11.2007"
(decreto
D.G. 19.02.2009 n. 1638 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 8 del
23.02.2009, "Determinazioni in merito
alla verifica della sussistenza dei
requisiti di organizzazione e di competenza
tecnico-scientifica per l'esercizio delle
funzioni paesaggistiche (art. 146, comma 6
del d.lgs. n. 42/2004) - Proroga dei termini
stabiliti dalla d.g.r. n. 7497/2008 a
seguito del decreto legge n. 207 del
30.12.2008"
(deliberazione
G.R. 11.02.2009 n. 8952 - link a www.infopoint.it). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Lodi (Lo) sugli effetti
derivanti dalla sentenza n. 335/2008 della
Corte Costituzionale che ha dichiarato
l'illegittimità dell'art. 155 del Decr.
leg.vo 152/2006 e delle norme previgenti,
nella parte in cui viene stabilito che la
quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione è dovuta dagli utenti anche nel
caso in cui manchino gli impianti di
depurazione o questi siano temporaneamente
inattivi
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 10.02.2009 n. 25
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Grandate sulla possibilità
di destinare l'importo di 500.000 euro,
derivante dalla monetizzazione dello
"standard qualitativo" di un Programma
integrato di intervento, per la
ristrutturazione e l'ampliamento di un
immobile di proprietà della Fondazione
Scuole Infanzia "A. Brioschi" (Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 06.02.2009 n. 24
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Palosco (BG) sulle
assunzioni mediante mobilità volontaria e
specialmente se possono essere considerate
accessi dall'esterno, e quindi rientrare nel
computo di cui alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 194/2002
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
28.01.2009 n. 11
- link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Cassano Magnago (VA) sulla
possibilità di comprendere all'interno della
nozione "atto di pianificazione" contenuta
nell'art. 92, co.6 del d. l.vo 163/2006
anche il piano cimiteriale e il piano di
localizzazione delle edicole previsti
rispettivamente dall'art. 54 del DPR
285/1990 e dall'art. 6, co.2 del d. leg.vo
170/2001
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 27.01.2009 n. 9
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parer richiesto dal Sindaco del Comune di
Samarate (Va) sulla nozione
di "spese varie d'ufficio", poste a carico
delle Provincie e dei Comuni, e se fra
queste sia ricompresa la strumentazione
informatica in uso presso gli uffici di
segreteria delle scuole (personal computer,
stampanti, scanner, spese di installazione e
configurazione rete, linea ADSL)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 23.01.2009 n. 8
- link a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Malnate (VA) circa
l'interpretazione ed applicazione della
disciplina relativa ai compensi accessori
spettanti ai dipendenti ai sensi dell'art.
92, co. 5 del Codice di contratti pubblici
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere
22.01.2009 n. 5
- link a www.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Parere richiesto dal sindaco del comune di
Castello D'Agogna (PV)
circa la corretta applicazione dell'art. 1
co. 557 della legge finanziaria per anno
2005. In particolare se consente di
prescindere dal requisito del possesso della
specializzazione universitaria per incarichi
di lavoro autonomo conferiti da comuni con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, a
dipendenti a tempo pieno di altre
amministrazioni locali
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 22.01.2009 n. 3
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Calolziocorte su come si
debba intendere il co. 15 dell'art. 61 del
d.l. n. 112, convertito in l. n. 133/2008
che esclude l'applicazione in via diretta
agli enti locali della limitazione della
spesa, prevista dal co. 6 dello stesso
articolo, che le amministrazioni pubbliche
possono destinare nel 2009 a
"sponsorizzazioni"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 22.01.2009 n. 2
- link a www.corteconti.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Commissioni paesaggio:
trasmissione documentazione entro il
17.04.2009 (link a
www.regione.lombardia.it). |
LAVORI PUBBLICI:
DURC riferito al singolo cantiere
o opera
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – contratto di
appalto e Documento Unico di Regolarità
Contributiva (DURC) nei lavori pubblici
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche Sociali,
interpello 20.02.2009 n. 15). |
APPALTI:
Obbligo di richiesta del DURC,
senza alcuna eccezione, per ogni contratto
pubblico, compresi gli acquisti in economia
o di modesta entità.
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – obbligo di
presentazione del DURC da parte dei
fornitori di beni, servizi e lavori in
economia (Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali,
interpello 20.02.2009
n. 10). |
APPALTI:
L'obbligo di presentazione del
DURC alla stazione appaltante riguarda sia i
soggetti privati che quelli pubblici.
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – Università
partecipante a procedure di evidenza
pubblica – obbligo di presentazione e
rilascio del DURC (Ministero del Lavoro,
della Salute e delle Politiche Sociali,
interpello 20.02.2009
n. 9). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
A. Pierobon,
TERRE E ROCCE DA SCAVO: ULTERIORI
(RECENTISSIME) NOVITA’ CONTENUTE NELLE
MISURE VOLTE AL SOSTEGNO DELL’ECONOMIA:
MODIFICHE AL D.LG.152/2006 SS.MM. ED INT. O
RECEPIMENTO DELLA NUOVA DIRETTIVA QUADRO SUI
RIFIUTI 2008/98/CE? (link a
www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
L. Marzano,
E’ LEGITTIMA L’ADOZIONE DI UN P.I.P.
MOTIVATA CON L’APPORTO DI RICCHEZZA PER IL
SISTEMA ECONOMICO-SOCIALE (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
VARI:
A. M. Occasione,
Possesso immemore di fondi il cui
proprietario sia scomparso - Procedura da
adottare al fine di pervenire alla
regolarizzazione fiscale della proprietà
(link a www.filodiritto.com). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: L'affidamento
degli incarichi di collaudo di lavori
pubblici a seguito dell'entrata in vigore
del Decreto Legislativo 11.09.2008, n. 152
(determinazione
25.02.2009 n. 2 - link a massimario.avlp.it).
Il Consiglio ritiene che:
- il collaudo relativo ad un contratto
pubblico di lavori, servizi e forniture va
affidato in via prioritaria al personale
interno della stazione appaltante, in
possesso dei requisiti fissati
preventivamente in relazione alla
complessità della prestazione. L’affidamento
deve essere motivato dalla esperienza e
competenza dell’interessato, nel rispetto
dei principi della proporzionalità, della
trasparenza e della rotazione, assicurando
anche una adeguata pubblicità degli
incarichi affidati. Al personale dipendente
della stazione appaltante incaricato del
collaudo spetta un incentivo per l’attività
svolta, come già stabilito dall’articolo 92,
comma 5, del Codice;
- in caso di carenza di organico, la
stazione appaltante deve verificare la
possibilità di affidare il collaudo a
dipendenti di un’altra amministrazione. Gli
eventuali affidamenti esterni dell’incarico
di collaudo, invece, devono avvenire
mediante procedure ad evidenza pubblica, nel
rispetto delle disposizioni che riguardano
l’affidamento di servizi di architettura e
ingegneria. I dipendenti pubblici non
possono partecipare alle gare, ad eccezione
dei casi in cui è consentito lo svolgimento
della libera professione dalla norme sul
pubblico impiego;
- il collaudo deve comprendere ogni attività
di verifica tecnica e, ove necessario, il
collaudo statico. Le società di ingegneria
possono partecipare alle procedure
concorsuali, ma devono indicare il
responsabile della prestazione, in analogia
con quanto previsto per gli incarichi di
progettazione. Per favorire la più ampia
partecipazione dei soggetti interessati alle
gare, i requisiti dovranno essere
proporzionati alla prestazione richiesta e
comprendere anche le altre prestazioni
professionali (progettazione e direzione
lavori).
Si veda in merito anche il
comunicato stampa 27.02.2009. |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
L’articolo 89, comma 3, del Codice dei
contratti stabilisce che nella
predisposizione delle gare di appalto le
stazioni appaltanti sono tenute a valutare
che il valore economico sia adeguato e
sufficiente rispetto al costo del lavoro
come determinato ai sensi dell’articolo 87,
comma 2, lettera g), ovvero come determinato
periodicamente in apposite tabelle dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, sulla base dei valori economici
previsti dalla contrattazione collettiva
stipulata dai sindacati comparativamente più
rappresentativi, delle norme in materia di
previdenza e assistenza, dei diversi settori
merceologici e delle differenti aree
territoriali.
Appare al riguardo evidente l’intenzione del
Legislatore di implementare il necessario
rispetto della regolarità dell’impiego,
della tutela della salute e della sicurezza
sul lavoro, fin dal momento della
determinazione dell’importo contrattuale
posto a base di gara, parametro fondamentale
per la definizione delle offerte economiche
da parte degli operatori economici.
Allo stesso tempo, la scelta legislativa
mira a tutelare la par condicio dei
concorrenti, atteso che la garanzia del
rispetto del costo del lavoro determinato
dalla contrattazione collettiva di
categoria, ovvero delle imprese che
esercitano l’attività dedotta in gara e che
sono potenziali partecipanti alla medesima,
non consente a ciascun operatore di
individuare liberamente il contratto
collettivo da applicare, ma rappresenta un
unico criterio di riferimento per tutti i
concorrenti.
In relazione alla necessità che le stazioni
appaltanti facciano riferimento, per la
determinazione dell’importo a base d’asta,
al costo del lavoro di cui ai contratti
collettivi nazionali di lavoro dei soggetti
ammessi alla gara, si è più volte
pronunciata anche la giurisprudenza
amministrativa, da ultimo nelle sentenze TAR
Piemonte, sez. I, 27.10.2008 n. 2687 e TAR
Lombardia, Milano, Sez. III, 06.11.2006, n.
2102.
Considerata dunque la necessità che la
stazione appaltante operi in tal senso e
tenuto conto che l’oggetto dell’istanza
attiene specificamente alla contestazione
del mancato rispetto delle tabelle
ministeriali sul costo del lavoro, è
rilevante precisare quale sia il valore
giuridico di tali tabelle.
Al riguardo, la giurisprudenza
amministrativa ha ripetutamente affermato
che tali tabelle ministeriali pongono delle
regole di azione della PA ai fini della
corretta predisposizione dei bandi di gara,
nonché della valutazione delle soglie di
anomalia delle offerte dei partecipanti a
gare d’appalto, e non si propongono, invece,
di determinare una misura del costo del
lavoro rilevante agli effetti degli appalti
pubblici in via autoritativa, quale
intervento regolatorio sui prezzi a fini
amministrativi (in tal senso, Consiglio di
Stato, sez. VI, sentenza 21.11.2002 n. 6415,
TAR Lombardia, Brescia, sentenza 23.10.2007
n. 915, TRGA Trentino Alto Adige, Trento
sentenza 23.06.2008 n. 154).
Conseguentemente, al decreto ministeriale di
determinazione periodica del costo del
lavoro non può che attribuirsi un valore
meramente ricognitivo del costo del lavoro
formatosi in un certo settore merceologico
sulla base dei valori economici previsti
dalla contrattazione collettiva, non potendo
peraltro, mediante l’imposizione di
determinati parametri nella formulazione
delle offerte, eventualmente pregiudicare la
partecipazione alle procedure di gara di
operatori economici che, per particolari
ragioni giuridico-economiche, valutate dalla
stazione appaltante in sede di accertamento
della congruità dell’offerta, possano
presentare offerte più vantaggiose.
Alla luce di tali considerazioni, atteso che
nel caso di specie il Comune di
Villanovaforru ha ritenuto che il valore
economico previsto per l’appalto fosse
adeguato e sufficiente rispetto al costo del
lavoro “per le lavoratrici e i lavoratori
delle cooperative sociali del settore
socio-sanitario-assistenziale-educativo e di
inserimento lavorativo -cooperative sociali”,
di cui al CCNL 25.05.2004, ancora in vigore,
e considerato che le tabelle medesime hanno
mero valore ricognitivo del costo del lavoro
nel settore in questione, l’operato della
stazione appaltante nella determinazione
dell’importo del contratto appare conforme
ai principi in materia di contratti
pubblici.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, corretto l’operato della
stazione appaltante nella determinazione
dell’importo a base di gara
(parere
17.12.2008 n. 259 - link a massimario.avlp.it). |
INCARICHI PROGETTUALI: Ritenuto
in diritto:
Al fine del corretto inquadramento giuridico
della questione sottoposta a questa
Autorità, risulta necessario evidenziare,
preliminarmente, che il RTI provvisorio
aggiudicatario, composto da Sud Progetti
S.r.l. e Med Ingegneria S.r.l., ha inteso
ricoprire con liberi professionisti,
indicati genericamente quali “risorse
esterne”, quattro delle sei figure
professionali che, a pena di esclusione,
dovevano costituire la struttura operativa
minima richiesta dal bando di gara, in
particolare quelle di: un
ingegnere/architetto capo progetto, persona
fisica, incaricato dell’integrazione tra le
prestazioni specialistiche; un ingegnere
esperto nel settore dei consolidamenti di
rocce sciolte; un ingegnere esperto nel
consolidamento di rocce lapidee; un geologo
con esperienza nelle indagini e studi
geologici.
In quanto “risorse esterne”, tali
professionisti alla data di presentazione
dell’offerta non erano né soci, né direttori
tecnici, né facevano parte dell’organico di
una delle due società componenti il
raggruppamento in qualità di dipendenti o di
collaboratori coordinati e continuativi
delle stesse e nemmeno partecipavano al
raggruppamento medesimo in virtù di un
vincolo associativo, costituito o
costituendo.
Conseguentemente non sussisteva tra i detti
liberi professionisti ed il RTI, poi
risultato provvisorio aggiudicatario del
complessivo incarico di progettazione in
oggetto, un rapporto giuridico formalmente
idoneo ad incardinarli organicamente
all’interno della struttura del
raggruppamento medesimo e, quindi, atto a
consentire loro di fornire legittimamente a
siffatto concorrente i propri requisiti,
necessari ai fini della qualificazione, e di
svolgere la parte di servizio loro
assegnata.
Né può essere ritenuto idoneo a tali fini un
contratto di consulenza “ad hoc” tra il RTI
partecipante alla gara e i predetti
professionisti.
Al riguardo, con specifico riferimento alla
figura professionale del geologo, che
rientra tra quelle ricoperte nel caso di
specie con il ricorso a liberi
professionisti, al quale sarebbe spettato di
redigere la relazione geologica, prevista
dalla lex specialis fra la documentazione
progettuale, si ricorda che la
determinazione di questa Autorità n. 3/2002
ha precisato la natura del rapporto
giuridico che deve intercorrere tra il
geologo, tenuto alla redazione della
relazione geologica, per la quale vige il
divieto di subappalto, ed il soggetto
affidatario del servizio di progettazione.
A tal fine l’Autorità ha chiarito che,
dall’esame coordinato dell’art. 17, comma
14-quinquies e dell’art. 17, comma 8, della
legge 109/1994 e s.m., ora rispettivamente
trasfusi nell’art. 91, comma 3, e nell’art.
90, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006, si
evince che lo status giuridico
caratterizzante il rapporto tra il geologo
ed il soggetto affidatario possa essere sia
di natura indipendente, sotto forma di
associazione temporanea, sia di natura
subordinata, in qualità di dipendente, sia
di natura parasubordinata, attraverso forme
di collaborazione coordinata o continuativa
(in tal senso anche Cons. Stato, sez. V,
16.03.2005, n. 1075).
Rimangono, pertanto, esclusi dalle
previsioni normative i rapporti di
consulenza professionale “ad hoc”, che
possono configurarsi nello specifico come
forma di subappalto, esplicitamente vietata
dalle norme per la prestazione di redazione
della relazione geologica, in particolare
qualora tale rapporto non risulti dichiarato
e quindi formalizzato prima dell’affidamento
dell’incarico.
Le medesime considerazioni si possono
estendere anche alle altre figure
professionali della struttura operativa
minima ricoperte, nel caso di specie, con il
ricorso a liberi professionisti, ossia
ingegnere, capo progetto, incaricato
dell’integrazione tra le prestazioni
specialistiche, nonché esperto nel settore
dei consolidamenti di rocce sciolte ed
esperto nel consolidamento di rocce lapidee,
poiché anch’essi incaricati di attività per
le quali, ai sensi del richiamato art. 91,
comma 3, vige il divieto di subappalto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’aggiudicazione
provvisoria disposta dal Comune di Niscemi
in favore del RTI costituito dalle società
di ingegneria Sud Progetti S.r.l. e Med
Ingegneria S.r.l. non è conforme alla
normativa di settore
(parere
10.12.2008 n. 258 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Secondo l’allegato A al D.P.R. 25.01.2000,
n. 34 e s.m., la categoria di opere generali
OG 11, “impianti tecnologici”, riguarda la
fornitura, il montaggio e la manutenzione o
la ristrutturazione di un insieme coordinato
di impianti di riscaldamento, di
ventilazione e condizionamento del clima, di
impianti idrico sanitari, di cucine, di
lavanderie, del gas ed antincendio, di
impianti pneumatici, di impianti
antintrusione, di impianti elettrici,
telefonici, radiotelefonici, televisivi
nonché di reti di trasmissione dati e
simili, completi di ogni connessa opera
muraria, complementare o accessoria, da
realizzarsi congiuntamente in interventi
appartenenti alle categorie generali che
siano stati già realizzati o siano in corso
di costruzione.
La categoria specializzata OS 28, “impianti
termici e di condizionamento”, riguarda la
fornitura, il montaggio e la manutenzione o
ristrutturazione di impianti termici e di
impianti per il condizionamento del clima,
qualsiasi sia il loro grado di importanza,
completi di ogni connessa opera muraria,
complementare o accessoria, da realizzarsi,
separatamente dalla esecuzione di altri
impianti, in opere generali che siano state
già realizzate o siano in corso di
costruzione.
Questa Autorità ha già chiarito con il
parere del 06.03.2008, n. 74 -conformemente
alla precedente determinazione n. 8/2002-
che la categoria OG11 si riferisce ad un
insieme coordinato di impianti da
realizzarsi congiuntamente e che può
ritenersi come una sommatoria di categorie
specializzate, il cui contenuto
specialistico e tecnologico è strettamente
legato alle scelte del progettista.
Pertanto, se il livello di complessità delle
lavorazioni riferite alle categorie
specializzate rimane su valori medi, la
qualificazione nella categoria OG11 può
assorbire le qualificazioni nelle specifiche
categorie specializzate.
Ne consegue che, nel caso in cui il progetto
comprende un insieme coordinato di impianti
ma non lavorazioni altamente specialistiche,
come risulta nel caso di specie dal progetto
esecutivo in atti, è corretta l’impostazione
del bando di gara che individua la categoria
OG11 quale categoria prevalente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che è correttamente
individuata la categoria prevalente OG11,
quando il livello di complessità delle
lavorazioni riferite alle categorie
specializzate rimane su valori medi e si
devono eseguire lavorazioni afferenti ad un
insieme coordinato di impianti da
realizzarsi congiuntamente
(parere
10.12.2008 n. 256 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La problematica in esame attiene alla
possibilità per gli operatori economici di
utilizzare l’istituto dell’avvalimento, di
cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006,
anche con riferimento alle certificazioni di
qualità.
Il primo comma del citato art. 49 prevede
testualmente che “Il concorrente, singolo
o consorziato o raggruppato ai sensi
dell’articolo 34, in relazione ad una
specifica gara di lavori, servizi, forniture
può soddisfare la richiesta relativa al
possesso dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico,
organizzativo, ovvero di attestazione della
certificazione SOA avvalendosi dei requisiti
di un altro soggetto o dell’attestazione SOA
di altro soggetto”.
Secondo quanto espressamente disposto dalla
normativa, pertanto, l’avvalimento è stato
previsto limitatamente ai casi di ricorso ai
requisiti di carattere economico,
finanziario, tecnico, organizzativo ovvero
della attestazione della certificazione SOA.
Nulla è stato disposto, dunque, dal
legislatore in merito alla possibilità di
avvalersi da parte di un operatore economico
dei requisiti soggettivi tra i quali,
secondo un orientamento consolidato della
giurisprudenza, rientrano anche le
certificazioni di qualità.
In particolare la giurisprudenza
amministrativa considera le certificazioni
di qualità requisito soggettivo e, come
tale, non oggetto di avvalimento, poiché le
stesse sono volte ad assicurare che
l’impresa svolga il servizio secondo un
livello minimo di prestazioni, accertato da
un organismo qualificato. Nei raggruppamenti
è stato ritenuto che il requisito soggettivo
sia posseduto da tutte le imprese chiamate a
svolgere prestazioni tra loro fungibili (si
veda Cons. Stato 22.03.2004, n. 1459;
15.06.2001 n. 3188; 18.10.2001 n. 5517).
Nel caso di specie la commissione di gara ha
operato correttamente nel ritenere non
possibile per l’istante dimostrare il
possesso del certificato di cui alla lettera
b) del punto III.2.3) del bando, relativo
alle attività per servizi di “analisi
chimico–fisiche e microbiologiche su
alimenti e bevande” attraverso
l’istituto dell’avvalimento in quanto lo
stesso, come sopra evidenziato, è limitato
ai casi tassativamente previsti dalla
normativa.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’operato
della commissione di gara risulta conforme
alla normativa vigente di settore
(parere
10.12.2008 n. 254 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Non ha carattere perentorio il
termine concesso dall'amministrazione ai
partecipanti ad una gara per i chiarimenti
ai fini del giudizio di anomalia.
Il termine concesso dall'amministrazione ai
soggetti che partecipano alla gara al fine
di fornire i chiarimenti ai fini del
giudizio di anomalia, non ha carattere
oggettivamente perentorio.
Pertanto, in assenza di specifica
comminatoria in tal senso in seno alla legge
ed alla lex specialis,
l'amministrazione ha il potere discrezionale
di prorogare il termine originariamente
concesso ovvero di chiedere ulteriori
approfondimenti.
Come chiarito dallo stesso art. 88 del
codice dei contratti pubblici, la
concessione all'aggiudicataria di un termine
ulteriore costituisce facoltà
dell'amministrazione che non integra in sé
violazione dei principi che informano lo
svolgimento della procedura di evidenza
pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.02.2009 n. 1018 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
In tema di responsabilità
contabile per l'affidamento a professionista
esterno dell'incarico di redazione di un
progetto per la realizzazione di un'opera
pubblica in carenza di profili di
complessità o di straordinaria urgenza.
E’ principio generale dell'ordinamento che
le P.A. hanno l'obbligo di far fronte alle
ordinarie competenze istituzionali col
migliore o più produttivo impiego delle
risorse umane e professionali di cui
dispongono (cfr. Sez. Giur. Abruzzo, sent.
n. 40 del 12/01/2007; Sez. Giur. Lazio,
sent. n. 736 del 17/05/2007) sicché,
l’eventuale conferimento all’esterno, deve
essere preceduto da idonea e preventiva
valutazione circa la sussistenza dei
presupposti necessari (cfr. Sez. Giur.
Lazio, sent. n. 1805 del 17/12/2007). In
quest’ottica, oltre a quella citata dal P.R.
(Corte Conti, sez. III, 08.01.2003, n. 9 e
09.09.2002, n. 277; SS.RR., 12.063.1998, n.
27/A) è orientata, da tempo, l’ampia
giurisprudenza della Corte dei Conti: ex
multis, tra le più recenti, si fa
riferimento alle pronunce della Sez. Giur.
Sicilia, sent. n. 499 del 14/02/2008; Sez.
Veneto, sent. n. 637 del 26/06/2007 e n. 303
del 03/04/2007; Sez. Friuli-Venezia G., sentt. n. 41 del 28/01/2008 e n. 334 del
28/05/2007; Sez. Emilia-Romagna, sent. n.
214 del 23/03/2007; Sez. Lombardia, sent. n.
141 del 05/03/2007; Sez. III centrale di
appello, 05.04.2006, n. 173 e 06.02.2006, n.
74 ; Sez. II, 20.03.2006, n. 122 e
16.02.2006, n. 107; Sez. I, 04.10.2005, n.
304 e 08.08.2005, n. 259, ecc.) inclusi, in
proposito, taluni precedenti di questa
stessa Sezione (sentenze n. 30 del
17.05.2007 e n. 55 del 19.12.2007).
Un panorama, dunque, consolidato tranne che,
dagli atti, non siano comprovate una
preesistente situazione di carenza di
organico -sia dal punto di vista
quantitativo sia, soprattutto, per
l’insussistenza di personale dotato di
idonea formazione specialistica (Sez. III
centrale di appello, sent. n. 370 del
30/10/2007)- e/o l’assoluta eccezionalità e
peculiarità dell'attività richiesta al
professionista (Sez. III centrale di
appello, sent. n. 177 del 26/06/2007) ovvero
la complessità e straordinarietà delle
esigenze da soddisfare o dei problemi da
risolvere anche sotto il profilo, non meno
pregnante, dell'urgenza e inderogabilità
dell'attività da svolgere (Sez. Giur.
Umbria, sent. n. 11 del 15/01/2007).
Detto diversamente, la facoltà di ricorrere
ad altrui collaborazioni va collocata nel
contesto normativo ordinamentale e deve
conformarsi ai criteri di efficacia ed
economicità dell’azione amministrativa il
cui rispetto è incompatibile con incarichi
ad estranei, ingiustificati e/o inutili e/o
superflui: e ciò, anche nei casi in cui il
conferimento dell’incarico stesso sia
formalmente legittimo.
Solo per completezza è il caso di aggiungere
che la menzionata giurisprudenza
(riguardante incarichi e/o consulenze
esterne) non può ex se ritenersi irrilevante
-come vorrebbe la difesa- se applicata alla
redazione di un frazionamento; questo
ragionamento offre, infatti, il fianco alla
critica poiché, pur ammesso che il
frazionamento stesso si concretizzi in
attività materiale connessa al progetto
dell'opera pubblica, è in discussione, in
questo giudizio, la modalità di conferimento
dell’incarico (all’ing. D.) e non il
contenuto di esso. Sotto questo profilo,
peraltro, non appaiono fuori luogo le
affermazioni rese dall’ing. B. alla Guardia
di Finanza in data 19.07.2006, in sede di
audizione personale, nell’indagine delegata
dalla Procura Regionale - che “dal 2000,
anno di attuazione della separazione delle
competenze tra gli amministratori comunali
ed i dirigenti, fin da subito
l’Amministrazione comunale dispose di
affidare le attività di progettazione e
direzione lavori, fino ad allora trattate
dall’ufficio tecnico comunale, a
professionisti esterni alla Pubblica
Amministrazione. L’Ufficio Tecnico comunale
è quindi stato completamente esonerato
dall’effettuare tali attività, troncando
addirittura attività che erano già in essere
(…)”.
Se il
frazionamento catastale possa rientrare
nella normale competenza dell’Ufficio
Tecnico comunale piuttosto che di un
professionista esterno giova rammentare che
quest’ultima (astratta) possibilità è stata
circoscritta dal legislatore a presupposti
e/o condizioni molto rigorosi che la
giurisprudenza ha, ripetutamente,
evidenziato unitamente all’obbligo di
puntuale e completa motivazione circa la
sussistenza ad hoc delle ragioni oggettive
indicate dalle norme. E’, dunque, da
convenire con la Procura Regionale che la
determinazione n. 163/2003 del Segretario
Generale difetta di motivazione poiché, nel
suo contenuto succinto e laconico, non offre
indicatori certi, analizzabili (e, dunque,
verificabili) tanto più che, trattandosi di
atti di gestione -la cui adozione è
disciplinata quasi nel dettaglio dalla
legge- il margine di discrezionalità é
limitato in modo direttamente proporzionale.
L’unica motivazione consiste, infatti, solo
nel dare atto che “i progetti esecutivi
(..) prevedono l’espropriazione di suoli
privati (…) conseguendosi necessariamente la
predisposizione dei relativi tipi di
frazionamento” e che l’ing. D. “si
dichiara disponibile alla redazione dei tipi
di frazionamento in questione (…) dietro
corrispettivo (…)” come dalla lettera,
agli atti, del 10.02.2003 -inviata alla c.a.
della dott.ssa L.- a cui, “in vista di un
eventuale incarico”, il professionista
aveva contestualmente allegato anche i
preventivi di parcella: a dir poco, quasi un
“auto-conferimento” che avrebbe (o,
meglio, ha) ottenuto l’avallo del L..
Ciò posto, ritiene il Collegio che il
frazionamento poteva ben essere eseguito
dall’U.T.C. di Baselga di Pinè sia non
esistendo rapporti di consequenzialità
logica con la precedente progettazione
(affidata e) svolta dall’ing. D., sia
trattandosi di mera attività senza
particolari difficoltà tecniche per la
struttura, sia perché “di routine”
considerato il normale carico lavorativo
dell’Ufficio: tale, dunque, da non esigere
l’opera di un qualificato professionista
esterno.
Sul punto è esatta l’osservazione del
Requirente che la redazione dei tipi di
frazionamento è un adempimento prodromico
alle espropriazioni per pubblica utilità e
qualsiasi geometra è in grado di
effettuarlo: specialmente un Ufficio tecnico
come quello del Comune di Baselga di Piné
che, all’epoca -se non si vuol dubitare
delle indagini espletate dalla Guardia di
Finanza-, poteva avvalersi di un discreto
apparato interno costituito da diverse
figure professionali (funzionari tecnici
abilitati professionalmente, alcuni
geometri, un disegnatore tecnico, ecc.) in
grado di svolgere l’attività di settore.
In conclusione, nonostante la sentenza Corte
di Appello di Trento n. 29/2008 (pag. 15)
abbia affermato che “l'organizzazione e
il funzionamento dell'ufficio tecnico di
Baselga non erano ottimali (…)”, è
difficile ritenere che un semplice “frazionamento”
non fosse alla sua portata e che
rappresentasse un’esigenza straordinaria
tale da compromettere l'ordinaria gestione:
al di là di generiche prospettazioni, la pur
agguerrita difesa non è riuscita, in verità,
a fornire adeguata prova contraria in
proposito
(Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Trentino
Alto Adige-Trento,
sentenza 19.02.2009 n. 6/2009 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Sul
riconoscimento del rilievo economico delle
mansioni superiori svolte.
Il riconoscimento del rilievo economico
delle mansioni superiori svolte è da
ritenere ormai limitato alle ipotesi di
sostituzione non vicaria di impiegato di
posizione funzionale apicale limitatamente
ai settori nei quali esso sia espressamente
previsto. Solo una volta che il posto si è
reso vacante, lo svolgimento delle mansioni
primariali, o figura equiparata, da parte di
chi si trovi in posizione funzionale
intermedia comporta, secondo ormai costante
orientamento di questa Sezione (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1640;
20.10.2004, n. 6784; 16.09.2004, n. 6009;
02.09.2004, n. 5740; 12.05.2003, n. 2507;
05.11.2002, n. 6017; 20.10.2000, n. 5650;
18.08.1998, n. 1270), il riconoscimento del
relativo trattamento economico,
indipendentemente da ogni atto organizzativo
da parte dell’Amministrazione, in quanto non
è raffigurabile l’ipotesi di una struttura
che rimanga priva dell’organo di vertice
responsabile dell’attività esercitata nel
suo ambito.
Non può invece riconoscersi rilievo alcuno,
nemmeno economico, allo svolgimento di
mansioni correlate a posizioni funzionali
intermedie (cfr., Cons. Stato, Sez. V,
17.05.1997, n. 515, 30.04.1997, n. 429 e
24.03.1997, n. 290), poiché la loro
rilevanza deve intendersi circoscritta allo
“…svolgimento di attività in particolari
strutture, con presupposti e
responsabilità…del tutto peculiari”
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18.9.1998, n.
1308).
Va, poi, osservato che il legislatore, al
tempo della privatizzazione del pubblico
impiego, aveva enunciato nell’art. 56 del
d.lgs. n. 29/1993 il principio (in deroga
alla disciplina privatistica) della
irrilevanza delle superiori mansioni svolte;
nel tempo, tuttavia, la portata del medesimo
-sotto la spinta soprattutto della
giurisprudenza costituzionale- si è andata
progressivamente stemperando.
La prima breccia al riguardo è stata aperta
dal d.lgs. n. 80/1998 (art. 25) che ha
reintrodotto, in sostanza, la rilevanza
delle mansioni superiori sia agli effetti
economici sia di carriera, rinviandone però
l’operatività all’entrata in vigore della
nuova disciplina dettata dai contratti
collettivi. Poco dopo, il d.lgs. n. 387/1998
(art. 15) -rimanipolando la precedente
disciplina- ha fatto cadere il “rinvio” del
predetto art. 25, limitatamente alle
“differenze retributive”. In dipendenza di
tali interventi normativi, le decisioni del
Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28/01/2000,
n. 10 e 23/02/2000, n. 11 hanno statuito che
a decorrere dall’entrata in vigore dell’art.
15 del d.lgs. n. 387/1998 va riconosciuto
con carattere di generalità il diritto alle
differenze retributive a favore del
dipendente pubblico che abbia svolto le
funzioni relative alla qualifica
immediatamente superiore; detta nuova
disciplina riguarda, però, solo il periodo
successivo all'entrata in vigore del d.lgs.
n. 387/1998 (cfr. altresì, Cons. Stato, sez.
IV, 30/06/2003, n. 3920; Cons. Stato, sez.
VI, 19/05/2003, n. 2690; Cons. Stato, sez.
VI, 15/01/2002, n. 188; Cons. Stato, sez. V,
22/11/2001, n. 5924).
Non ignora il Collegio l’esistenza di un
orientamento secondo il quale nel pubblico
impiego privatizzato il divieto di
corresponsione della retribuzione
corrispondente alle mansioni superiori,
stabilito dal sesto comma dell'art. 56 del
d.lgs. n. 29 del 1993 come modificato
dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998, è
stato soppresso dall'art. 15 del d.lgs. n.
387 del 1998 con efficacia retroattiva,
atteso che la modifica del comma sesto,
ultimo periodo, disposta dalla nuova norma è
una disposizione di carattere transitorio,
non essendo formulata in termini atemporali,
come avviene per le norme ordinarie, ma con
riferimento alla data ultima di applicazione
della norma stessa e quindi in modo idoneo a
incidere sulla regolamentazione applicabile
all'intero periodo transitorio. Secondo tale
impostazione, la portata retroattiva della
disposizione risulta peraltro conforme alla
giurisprudenza della Corte Costituzionale,
che ha ritenuto l'applicabilità anche nel
pubblico impiego dell'articolo 36 della
Costituzione, nella parte in cui attribuisce
al lavoratore il diritto a una retribuzione
proporzionale alla quantità e qualità del
lavoro prestato, nonché alla conseguente
intenzione del legislatore di rimuovere con
la disposizione correttiva una norma in
contrasto con i principi costituzionali
(cfr. Cass. Civ., sez. lav., 08.01.2004, n.
91).
Tuttavia, per la consolidata giurisprudenza
amministrativa (alla quale il Collegio
aderisce), il diritto alla retribuzione
delle mansioni superiori va riconosciuto,
con carattere di generalità, a decorrere
dall'entrata in vigore del d.lgs. n.
387/1998, che, atteso il suo evidente
carattere innovativo, non riverbera in alcun
modo la propria efficacia su situazioni
pregresse e non può trovare applicazione nei
confronti dell’impiegato che abbia cessato
di svolgere mansioni superiori
anteriormente, senza che possano
configurarsi sospetti di incostituzionalità
della norma, con riferimento all'art. 3
Cost., a causa della (pretesa)
disuguaglianza, sotto il profilo temporale,
della disciplina dello svolgimento di
mansioni superiori, non remunerabile per il
passato.
Nel cessato regime e prima della novella del
1998, nel rapporto di impiego con le
pubbliche amministrazioni, in linea
generale, è la qualifica e non le mansioni
il parametro al quale la retribuzione è
inderogabilmente riferita, considerato anche
l'assetto rigido della Pubblica
amministrazione sotto il profilo
organizzativo, collegato anch'esso, secondo
il paradigma dell'art. 97 Cost., ad esigenze
primarie di controllo e contenimento della
spesa pubblica (cfr. Cons. Stato, sez. VI,
16/10/2002, n. 5620); ne discende che
nessuna implicazione può avere il prefato
intervento normativo sulla fattispecie che
ci occupa. Merita di essere osservato,
inoltre, che la pretesa di chi venga adibito
a mansioni superiori ad una retribuzione più
elevata rispetto a quella stabilita dalla
normativa di settore non può trovare
fondamento nell'art. 36 della Costituzione.
In tal senso, la Corte costituzionale con
sentenza del 27/05/1992 n. 236, ha precisato
che l’art. 36 Cost. non deve trovare
incondizionata applicazione ogni volta che
il pubblico impiegato venga adibito a
mansioni superiori: invero, <<l’art. 98,
comma 1, Cost. vieta che la valutazione del
rapporto di pubblico impiego sia ridotta
alla pura logica del rapporto di scambio>>.
Di tale orientamento si è resa interprete la
giurisprudenza amministrativa, nella sua più
autorevole espressione (Cons. Stato, Ad.
Plen., 18/11/1999, n. 22), che ha condiviso
il necessario coordinamento del principio di
corrispondenza della retribuzione alla
quantità ed alla qualità del lavoro prestato
con altri principi di pari rilevanza
costituzionale. In particolare, è stato
affermato che l'art. 36 Cost., che sancisce
il principio di corrispondenza della
retribuzione dei lavoratori alla qualità e
quantità del lavoro prestato, non può
trovare incondizionata applicazione nel
rapporto di pubblico impiego, concorrendo in
detto ambito altri principi di pari
rilevanza costituzionale, quali quelli
previsti dall'art. 98 Cost. (che vieta, come
detto sopra, che la valutazione del rapporto
di pubblico impiego sia ridotta alla pura
logica del rapporto di scambio) e quali
quelli previsti dall'art. 97 Cost.,
contrastando l'esercizio di mansioni
superiori rispetto alla qualifica rivestita
con il buon andamento e l'imparzialità
dell'amministrazione, nonché con la rigida
determinazione delle sfere di competenza,
attribuzioni e responsabilità proprie dei
funzionari.
Inoltre, i canoni dell’imparzialità e del
buon andamento risulterebbero violati se la
mansione svolta dall’ impiegato con
qualifica inferiore fosse equiparabile a
tutti gli effetti a quella da normalmente
attribuita al personale specificamente
selezionato a tal fine con apposite
procedure concorsuali, secondo la regola
prescritta dal comma 3 della detta
disposizione, anche in considerazione del
fatto che gli interessi pubblici coinvolti
hanno natura indisponibile e, quindi,
l'attribuzione all’impiegato di mansioni ed
il conferimento del relativo trattamento
economico non possono costituire oggetto di
libere determinazioni dei funzionari
amministrativi.
Va precisato, infine, che secondo la
giurisprudenza prevalente l’impiegato
adibito a mansioni superiori non può
avanzare richiesta di riconoscimento
dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. atteso che
l’esercizio di mansioni superiori alla
qualifica rivestita, svolto durante
l’ordinaria prestazione lavorativa, non reca
alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in
danno del medesimo impiegato -il c.d.
depauperamento- che dell’azione ex art. 2041
c.c. è requisito essenziale (cfr., ex multis,
Cons. Stato, sez. IV, 21/11/2003, n. 7530;
Cons. Stato, sez. IV, 30/06/2003, n. 3920;
Cons. Stato, sez. V, 28/02/2001, n. 1092;
Cons. Stato, sez. V, 26/06/2000, n. 3626;
Cons. Stato, Ad. Plen., 23/02/2000, n. 12;
Cons. Stato, Ad. Plen., 23/02/2000, n. 11;
Cons. Stato, sez. V, 14/04/1997, n. 356).
Il fondamento, inoltre, non può essere
ravvisato nell'art. 2126 c.c., il quale,
oltre a non dare rilievo alle mansioni
svolte in difformità dal titolo invalido,
riguarda un fenomeno del tutto diverso (lo
svolgimento di attività lavorativa da parte
di chi non è qualificabile pubblico
impiegato) e afferma la retribuibilità del
lavoro prestato sulla base di un titolo
nullo o annullato; pertanto, esso non incide
in alcun modo sui provvedimenti che
individuano il trattamento giuridico ed
economico degli impiegati pubblici, non
consente di disapplicare gli atti di nomina
o di inquadramento e l'amministrazione è
tenuta ad erogare la retribuzione
corrispondente alle mansioni superiori solo
quando una norma speciale consente tale
assegnazione e la maggiorazione retributiva
(ex multis, Cons. Stato, sez. IV,
21/11/2003, n. 7530; Cons. Stato, sez. V,
30/09/2002, n. 5053; Cons. Stato, sez. V,
18/09/2002, n. 4743; Cons. Stato, sez. VI,
12/12/2002, n. 6798); risultano, inoltre,
inapplicabili al pubblico impiego le
previsioni dell'art. 13 l. 20.05.1970, n.
300, che sostituisce l'art. 2103 c.c. (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 23/01/2001, n. 195 e
Cons. Stato, sez. V, 11/09/2000, n. 4805)
nella parte in cui si prevede, nel concorso
di determinate circostanze, il definitivo
conferimento al lavoratore della qualifica
propria delle superiori mansioni svolte,
atteso che nel settore del pubblico impiego
l'accesso alle varie qualifiche, la
progressione nelle stesse e il passaggio
dall'una all'altra sono regolati da norme
specifiche che, prescrivendo a tal fine un
determinato modus procedendi, mirano a
tutelare l'interesse non solo
dell'amministrazione ad affidare le mansioni
di maggiore responsabilità ai soggetti più
meritevoli, ma anche dei personale
dipendente a che nella scelta dei soggetti
da promuovere si proceda assumendo come
criterio guida il merito, e non l'arbitrio
(per il rilievo secondo cui l'obbligo di
adeguare il trattamento economico alle
mansioni esercitate si applica al settore
del pubblico impiego solo nei limiti
previsti da norme speciali cfr. Cons. Stato,
sez. IV, 30/06/2003, n. 3920; Cons. Stato,
Sez. V, 17/01/2000, n. 286 e Cons. Stato,
Ad. Plen., 18/11/1999, n. 22)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2009 n. 751 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio.
Il comma ottavo dell'art. 35, va
interpretato in coordinamento con l'art. 31,
comma 1, legge 47/1985 (entrambi richiamati
dall'art. 32, comma 25, del D.L. 269/2003),
che prevede un termine di ultimazione dei
lavori come condizione imprescindibile per
la sanatoria straordinaria. Ciò significa
che solo l'immobile ultimato (al rustico e
nella copertura) entro il termine prescritto
può accedere al c.d. condono edilizio; e
che, solo nel caso in cui l'immobile
condonabile era costruito in violazione
delle norme tecniche antisismiche, il
contravventore ha tempo tre anni dalla
presentazione della istanza di sanatori a
per eseguire i lavori di adeguamento alle
medesime norme antisismiche (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.02.2009 n. 5498 -
link a www.lexambiente.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Diritto di accesso: niente
riservatezza sulle dichiarazioni dei redditi
(purché vi sia un interesse giuridicamente
rilevante).
Va riconosciuto il diritto di accesso di un
professionista alle dichiarazioni dei
redditi presentate da un altro
professionista, allorché tale documentazione
sia necessaria (o comunque utile) al primo
per calcolare con la maggior precisione
possibile l'entità del suo credito nei
confronti del secondo (TAR Lazio-Roma, Sez.
II,
sentenza 03.02.2009 n. 1021 -
link a www.eius.it). |
ENTI LOCALI:
Enti locali: legittimo il
provvedimento comunale che affida ad
un'apposita società la distribuzione delle
merci all'interno del centro abitato.
E' legittimo il provvedimento col quale il
Comune affida ad una sola società,
appositamente costituita, il compito di
gestire la raccolta e la successiva
distribuzione delle merci all'interno del
centro abitato (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 03.02.2009 n. 596 - link
a www.eius.it). |
APPALTI SERVIZI:
L'eventuale annullamento di un
affidamento di un servizio pubblico locale
non obbliga la p.a. a bandire una gara in
quanto sussiste la possibilità di sottoporre
al parere delle Autorità indipendenti a ciò
preposte l'ipotesi dello svolgimento in
house del servizio stesso.
Sulla possibilità di disporre l'affidamento
in house solo nel caso in cui il soggetto
affidatario ha l'effettiva possibilità,
all'interno del proprio contesto
organizzativo, di svolgere con le proprie
risorse il servizio oggetto dell'affidamento
medesimo.
L'art. 23-bis del D.L. 25.06.2008,
convertito con modificazioni in L.
06.08.2008 n. 133, dispone, con disciplina
che espressamente si applica a tutti i
servizi pubblici locali e prevale sulle
norme degli ordinamenti di settore con esse
incompatibili (quindi, anche
sull'ordinamento relativo ai rifiuti di cui
allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che "in
deroga alle modalità di affidamento
ordinario … a favore di imprenditori o di
società in qualunque forma costituite
individuati mediante procedure competitive
ad evidenza pubblica", i servizi
pubblici locali possono anche essere
diversamente affidati, "per situazioni
che, a causa di peculiari caratteristiche
economiche, sociali, ambientali e
geomorfologiche del contesto territoriale di
riferimento, non permettono un efficace e
utile ricorso al mercato", previa "adeguata
pubblicità" a tale scelta, motivandola
in base ad un'analisi del mercato con
contestuale trasmissione "di una
relazione contenente gli esiti della
predetta verifica all'Autorità garante della
concorrenza e del mercato e alle autorità di
regolazione del settore, ove costituite, per
l'espressione di un parere sui profili di
competenza da rendere entro sessanta giorni
dalla ricezione della predetta relazione".
Pertanto, nel caso di specie, dall'eventuale
annullamento dell'affidamento del servizio
pubblico di gestione dei rifiuti ad una
società strumentale discenderebbe, per il
comune titolare, non già l'obbligo di
bandire in ogni caso una gara al fine di
reperire il nuovo soggetto gestore del
servizio, ma la possibilità per
l'Amministrazione a ciò competente di
sottoporre al parere delle Autorità
indipendenti a ciò preposte l'ipotesi dello
svolgimento in house del servizio stesso.
L'affidamento in house deve essere disposto
allorquando il soggetto affidatario ha
l'effettiva possibilità, all'interno del
proprio contesto organizzativo, di svolgere
con le proprie risorse il servizio oggetto
dell'affidamento medesimo o, comunque, una
sua parte significativamente consistente.
Se, per contro, l'affidatario in house deve
a sua volta rivolgersi a soggetti esterni
-sia pure nelle necessarie forme
dell'evidenza pubblica quale "organismo di
diritto pubblico" a' sensi dell'art. 2,
comma 26, del D.L.vo 12.04.2006 n. 163- per
reperire risorse non marginali al fine
dell'espletamento del servizio reso oggetto
di affidamento, risulta ben evidente che
l'Amministrazione affidante realizza nei
propri confronti non già un vantaggio
economico, ma una vera e propria
diseconomia, non solo finanziaria in quanto
il costo dello svolgimento del servizio
stesso sarà intuitivamente aggravato
dall'intermediazione dell'affidatario c.d.
"in house", ma anche -per così dire-
"funzionale" sotto il profilo dell'efficacia
e dell'economicità dell'azione
amministrativa, all'evidenza appesantita
dall'ingresso di un soggetto che funge da
mero tramite tra l'Amministrazione affidante
e l'imprenditore che materialmente svolge il
servizio (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 02.02.2009 n. 236 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla verifica della congruità
dell'offerta e del margine di utile (gara
affidamento servizio igiene urbana).
La prevalente giurisprudenza, in tema di
congruità dell'offerta, ha ritenuto che la
stessa, oltre che nei suoi singoli elementi,
deve essere valutata globalmente, al fine di
apprezzarne l'attendibilità complessiva, non
essendo fondamentale la tenuità dell'utile
che il concorrente si prefigge di
conseguire, sempre che ci sia un margine di
utile, dal momento che elementi rilevanti
sono, sia la certezza che l'offerta sia
seria, nel senso che il concorrente non
abbia intenzione di trarre lucro dal futuro
inadempimento delle obbligazioni
contrattuali, sia i vantaggi indiretti che
l'appalto può procurare in termini di
prestigio, di entità del fatturato e di
prequalificazione per i successivi appalti.
In relazione a ciò, la motivazione della
Commissione, che si è limitata a definire
“non congrua” l'offerta della ricorrente,
risulta affetta da carenza di motivazione
che si riflette anche sul secondo motivo di
appello, atteso che la marginalità
dell'utile di impresa, pur se risultando da
meri calcoli matematici, deve, pur sempre,
essere esplicitamente contestata, in
espressa applicazione dei criteri sopra
evidenziati, al fine di poter verificare le
eventuali giustificazioni, che potrebbero
dimostrare il bilanciamento tra l'utile
esiguo e i vantaggi derivanti, all'impresa,
dall’aggiudicazione e dallo svolgimento del
servizio (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.01.2009 n. 466 - link
a www.giurdanella.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: l'esiguità
dell'utile d'impresa non giustifica
automaticamente l'esclusione dalla gara.
Nelle procedure di gara per l'aggiudicazione
di contratti pubblici, ai fini della
valutazione della congruità (e, quindi,
dell'attendibilità) dell'offerta, è
necessario che quest'ultima venga apprezzata
non soltanto nei suoi singoli elementi, ma
anche globalmente, non essendo determinante
la tenuità dell'utile che il concorrente si
prefigge di conseguire (sempreché un utile
vi sia), dal momento che elementi rilevanti
sono sia la certezza che l'offerta risulti
seria, nel senso che il concorrente non
abbia intenzione di trarre lucro dal futuro
inadempimento delle obbligazioni
contrattuali, sia i vantaggi indiretti che
l'appalto può procurare in termini di
prestigio, di entità del fatturato e di
prequalificazione per i successivi appalti;
con la conseguenza che la marginalità
dell'utile, pur risultando da meri calcoli
matematici, dev'essere sempre esplicitamente
contestata all'impresa concorrente, allo
scopo di consentire alla stessa di fornire
giustificazioni che potrebbero dimostrare il
bilanciamento tra l'utile esiguo e i
vantaggi derivanti dall'aggiudicazione e
dallo svolgimento del servizio (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 28.01.2009 n. 466 - link
a www.eius.it). |
VARI:
Responsabilità civile: il
parcheggiatore privato risponde del furto
dell'automobile (anche se ha affisso un
cartello in cui afferma il contrario).
Il parcheggio di un'auto in un piazzale
gestito da una ditta privata dà luogo ad un
contratto atipico cui trovano applicazione
le norme sul contratto di deposito, con
conseguente responsabilità del gestore nel
caso di furto del veicolo, la quale non è
esclusa dall'esposizione di un cartello
affisso all'ingresso del parcheggio, con cui
la ditta rappresenta di non rispondere del
furto totale o parziale delle auto,
trattandosi di clausola di esclusione della
responsabilità di carattere vessatorio, la
quale è inefficace ove non sia stata
approvata specificamente per iscritto (Corte
di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 27.01.2009 n. 1957 -
link a www.eius.it). |
ENTI LOCALI:
Per la revoca dell'assessore
comunale non occorre la comunicazione di
avvio del procedimento.
In considerazione della specifica disciplina
normativa vigente in materia, il
provvedimento col quale il Sindaco dispone
la revoca dell'incarico di assessore
comunale non è subordinato alla previa
comunicazione dell'avvio del procedimento,
atteso che le prerogative della
partecipazione possono essere invocate
quando l'ordinamento prende in qualche modo
in considerazione gli interessi privati in
quanto ritenuti idonei ad incidere
sull'esito finale per il migliore
perseguimento dell'interesse pubblico,
mentre tale partecipazione diventa
indifferente in un contesto normativo nel
quale la valutazione degli interessi
coinvolti è rimessa in modo esclusivo al
Sindaco, cui compete in via autonoma la
scelta e la responsabilità della compagine
di cui avvalersi per l'amministrazione del
Comune nell'interesse della comunità locale,
con sottoposizione del merito del relativo
operato unicamente alla valutazione del
consiglio comunale (fattispecie relativa
alla revoca di Vittorio Sgarbi dalla carica
di assessore del Comune di Milano)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.01.2009 n. 280 - link
a www.eius.it). |
APPALTI:
Non aggiudicazione ed
annullamento della gara: occorre la previa
comunicazione.
Posto che
l’amministrazione ha annullato in autotutela
la gara dopo che erano state espletate le
formalità di apertura delle offerte e la
committente aveva avuto conoscenza delle
ditte partecipanti alla procedura, con la
presentazione della domanda di
partecipazione e, ancor più, con la
predisposizione e l’inoltro dell’offerta, i
soggetti concorrenti assumono una posizione
differenziata e qualificata che giustifica
la posizione di controinteressati ai quali è
necessario comunicare l’avviso di avvio del
procedimento ai sensi della legge sulla
trasparenza amministrativa al fine di
consentire la difesa del bene della vita
dato dalla chance di aggiudicazione. Detti
principi sono aderenti alla fattispecie in
parola, posto che l’amministrazione ha
annullato in autotutela la gara dopo che
erano state espletate le formalità di
apertura delle offerte e la committente
aveva avuto conoscenza delle ditte
partecipanti alla procedura.
E’ illegittimo il provvedimento di
annullamento che richiama la sussistenza di
errori e discrepanze senza evidenziarle in
modo puntuale e, soprattutto, senza motivare
in modo idoneo in merito alla loro incidenza
negativa sul corretto dispiegarsi della
procedura di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.01.2009 n. 17 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Gara pubblica - Esclusione
dell'offerta contenente indicazioni
contrastanti - Legittimità anche in assenza
di espressa comminatoria nel bando - Divieto
dell'amministrazione di scegliere fra le
varie interpretazioni - Violazione della par
condicio.
L'obbligo di esclusione di un'offerta
contenente una pluralità di indicazioni
contrastanti deve essere disposto, anche in
assenza di comminatoria di esclusione da
parte della lex specialis in tal
senso, atteso il generale divieto per
l'amministrazione di scegliere una delle
varie opzioni astrattamente possibili
nell'offerta. Nel caso di specie è di tutta
evidenza l'incertezza contenuta nell'offerta
economica, nella parte relativa ai tempi di
esecuzione, come dimostrato dalla
circostanza che la stazione appaltante è
intervenuta per ben tre volte sulla
questione, adottando determinazioni
differenti, proprio in considerazione delle
potenziali pluralità di letture cui la
stessa dava luogo. Oltre alle ragioni
sottese all'interesse pubblico, depongono
anche aspetti legati alla tutela della par
condicio, quanto meno nei casi in cui tali
operazioni interpretative vengono effettuate
a buste aperte, con l'astratta possibilità
di favorire, mediante l'adozione di un certo
canone ermeneutica, un determinato
concorrente (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.12.2008 n. 5680). |
APPALTI SERVIZI:
1. Servizi pubblici locali - Gara
pubblica per l'affidamento del servizio -
Ricorso al modello dell'in house -
Eccezione.
2. Nomina del commissario ad acta -
Caratteri dell'indipendenza e della terzietà
- Natura di organo paragiurisdizionale.
3. Commissario ad acta - Fraintendimento del
suo incarico - Diretta e immediata
esecuzione del giudicato - Obbligo.
1.
In tema di affidamento di servizi pubblici
locali, il ricorso alla gara pubblica
-ovvero l'integrale ricorso al mercato da
parte dell'amministrazione nell'affidamento
del servizio- deve essere la regola e di
contro l'utilizzo di altri modelli di
gestione (per quanto riguarda nel caso in
esame, quello dell'in house) deve essere
l'eccezione.
2.
L'imparzialità dell'amministrazione,
affermata sul piano generale dall'art. 97
della Cost., assume peraltro, nell'ipotesi
di specie del commissario ad acta nominato
dal giudice dell'ottemperanza, i crismi di
una vera e propria terzietà ed indipendenza.
Entrambi questi caratteri sono infatti
mutuati dall'autorità che procede alla
nomina e sono un portato della natura di
organo paragiurisdizionale, ausiliario del
giudice e non dell'amministrazione
inadempiente, generalmente riconosciuta al
commissario).
3.
Il Commissario che, anziché provvedere
personalmente e tempestivamente a compiere
tutti gli atti necessari all'espletamento di
una procedura ad evidenza pubblica, abbia
invece delegato tale compito
all'amministrazione soccombente e già sul
punto inadempiente, ha frainteso il suo
incarico, tanto nel metodo, quanto nel
merito. Nel metodo, poiché , anziché dare
immediata e diretta esecuzione al giudicato
(o in via meramente subordinata, fornire
prescrizioni puntuali e circostanziate), ha
lasciato che tale compito fosse assolto
dall'amministrazione comunale con assoluta
libertà di manovra e secondo i suoi
originali intendimenti; nel merito, perché
l'incarico aveva ad oggetto l'esecuzione
della sentenza secondo le indicazioni
provenienti dalla stessa senza che fosse
richiesta o consentita una propria
interpretazione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.12.2008 n. 5676). |
APPALTI:
1. Aggiudicazione provvisoria -
Mancata aggiudicazione definiva e revoca
dell'aggiudicazione provvisoria - Domanda
risarcitoria - Giurisdizione del giudice
amministrativo.
2. Aggiudicazione provvisoria - Mancata
aggiudicazione definiva e revoca
dell'aggiudicazione provvisoria - Improvvisa
e immotivata interruzione delle trattative
negoziali - Diritto al risarcimento del
danno.
1.
Ha giurisdizione esclusiva il giudice
amministrativo in ipotesi - come nella
fattispecie in esame - in cui il ricorrente
abbia proposto una domanda risarcitoria in
conseguenza dalla revoca dell'aggiudicazione
provvisoria e della mancata aggiudicazione
definiva in virtù dell'intrecciarsi di
posizioni di diritto soggettivo e di
interesse legittimo (cfr. Cons. Stato, Ad.
Plen., 15.09.2005, n. 6).
2.
L'amministrazione al pari di ogni soggetto
privato, nello svolgimento della sua
attività di ricerca del contraente, è tenuta
a rispettare non soltanto le norme dettate a
tutela dell'interesse pubblico (la cui
violazione implica l'annullamento o la
revoca dell'attività autoritativa) ma anche
le norme di correttezza di cui all'art. 1337
c.c. prescritte dal diritto comune (nel
fattispecie il Collegio ha quindi condannato
l'amministrazione al risarcimento del danno
per responsabilità precontrattuale avendo
ingiustificatamente interrotto le trattative
negoziali senza alcun preavviso) (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 20.11.2008 n. 5481). |
APPALTI:
Dichiarazioni asseritamente non
veritiere - Esclusione - Mancata
impugnazione nei termini - Inammissibilità
del successivo ricorso contenente domanda di
risarcimento e di cancellazione
dell'iscrizione della causa di esclusione
presso il casellario informatico.
L'omessa impugnazione nei termini di legge
del provvedimento di esclusione di
un'impresa dalla procedura di gara per aver
reso dichiarazioni non veritiere determina
l'impossibilità per il giudice
amministrativo, in sede di successivo
ricorso tardivo, di disapplicare il
provvedimento di esclusione che ha
costituito motivo di iscrizione della causa
di esclusione nel casellario informatico. La
mancata impugnazione tempestiva ha infatti
comportato la sostanziale acquiescenza nei
confronti del provvedimento di esclusione;
per tale ragione anche la domanda
risarcitoria, del pari di quella di
disapplicazione del provvedimento di
esclusione, è dunque inammissibile (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 19.11.2008 n. 5474). |
APPALTI:
1. Offerta economicamente più
vantaggiosa - Art. 10 co. 2 L.R. lombardia
n. 14/1997 - Interpretazione.
2. Bando di gara - Interesse
all'impugnazione - Ove le disposizioni
precludano la partecipazione o la
formulazione di un'offerta in termini
ragionevoli e logici.
1.
In tema di aggiudicazione di pubblici
appalti con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, l'art. 10 co.
2 della L.R. Lombardia n. 14/1997, laddove
prevede che all'elemento prezzo deve "di
norma" attribuirsi un peso non inferiore al
50% del punteggio, deve essere interpretato
nel senso che compete all'amministrazione
aggiudicatrice, di volta in volta, stabilire
il peso di ciascuna componente dell'offerta
e, dunque, il relativo punteggio per il
prezzo e gli elementi qualitativi (cfr.
Cons. Stato, sez. VI, 04.09.2006, n. 5100).
2.
Secondo giurisprudenza consolidata, sussiste
l'interesse all'impugnazione del bando di
gara e/o della lettera d'invito soltanto ove
questi ultimi contengano prescrizioni tali
da precludere la partecipazione alla
procedura selettiva di scelta del pubblico
contraente, ovvero non consentano ai
potenziali concorrenti di formulare
un'offerta in termini ragionevoli e logici,
per tal via ingenerando scarso interesse
alla partecipazione alla gara (cfr. ex
multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 29.01.2003,
n. 1 e TAR Lombardia, Milano, sez. I,
13.11.2006, n. 2168) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.11.2008 n. 5472). |
APPALTI:
1. Lex specialis del bando -
Impugnabilità delle clausole che non
consentono una valida formulazione
dell'offerta - Impossibilità di determinare
l'offerta su elementi certi - Illegittimità
del bando - Violazione del principio di
concorrenzialità.
2. Bando di gara - Possibilità di introdurre
migliorie al progetto - Attribuzione di un
punteggio aggiuntivo per le soluzioni
migliorative.
1.
Devono ritenersi immediatamente impugnabili
le clausole di un bando illegittime che
costringono il partecipante a formulare un
offerta di contenuto diversa rispetto a
quella che avrebbe potuto formulare in base
ad una lex specialis legittima. Le
valutazioni dell'offerente in ordine alla
formulazione dell'offerta, infatti, sono
influenzate in modo specifico e determinante
dalle clausole della lex specialis, sicché
l'illegittimità di tale disciplina comporta
anche una violazione del principio di
concorrenzialità, poiché è evidente che,
sulla base della disciplina di gara,
l'impresa esegue valutazioni tecniche ed
economiche tese alla formulazione di
un'offerta concorrenziale potenzialmente in
grado di garantire l'aggiudicazione (Tar
Lombardia, sez. III, 12.05.2004, n. 1684).
L'immediata impugnazione delle clausole del
bando deve ritenersi consentita quando le
stesse clausole sono irragionevoli, tali da
non consentire una valida formulazione
dell'offerta, per essere da esse reso
impossibile quel calcolo di convenienza
economica che ogni impresa deve essere in
grado di poter effettuare all'atto di
valutare se partecipare o meno ad una gara
pubblica. In tale ipotesi, l'onere di
immediata impugnazione entro il termine
decadenziale decorrente dalla loro
conoscenza viene giustificato per
l'obiettivo ostacolo che una clausola di tal
genere pone alla formulazione dell'offerta
sulla base di elementi prevedibili e non
assolutamente aleatori (Tar Lazio, sez. II,
24.07.2006, n. 6295).
2.
Nel caso in cui l'amministrazione abbia
stimolato l'introduzione di varianti al
progetto elaborato dal comune, deve
ritenersi quanto mai opportuna, al fine di
assicurare un criterio logico di
comparazione dei vari progetti offerta
presentati, la determinazione di procedere
al confronto delle offerte con riferimento
alla lista delle lavorazioni previste dal
progetto comunale, attribuendo un punteggio
aggiuntivo per le soluzioni migliorative
ritenute effettivamente tali ed ammissibili
dalla commissione, senza, correlativamente,
penalizzare gli aumenti di prezzo che la
realizzazione di tali migliorie avrebbe
potuto comportare, essenzialmente in
considerazione del carattere meramente
eventuale e non attuale e necessario delle
medesime soluzioni migliorative e dei
relativi costi (CdS, 07.04.1995, n. 536)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 19.11.2008 n. 5471). |
LAVORI PUBBLICI:
Project financing - Procedura ex
art. 37-bis l. 109/1994 - Possibilità per la
stazione appaltante di chiedere alcune
precisazioni su elementi oggetto della
proposta - Sussiste.
E' legittimo l'operato della stazione
appaltante che in una procedura di
valutazione della proposta di project
financing richieda al soggetto offerente una
serie di precisazioni su elementi già
presenti nella documentazione che ha formato
oggetto della proposta.
Tale interpretazione, fedele al dettato
letterale dell'art. 37-bis co. 2-ter della
l. n. 109/1994, è fatta propria dalla
giurisprudenza maggioritaria che
espressamente riconosce l'esercizio di tale
facoltà con una certa ampiezza (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 10.11.2005, n. 6287 e
Autorità lavori pubblici, determinazione del
04.10.2001, n. 20) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.11.2008 n. 5468). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione torrino in muratura
a copertura della cassa scale.
In tema di reati edilizi, l'abusiva
realizzazione di una copertura ad una cassa
scale non integra il reato di cui all'art.
44, lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380, in
quanto si tratta di un intervento di
manutenzione straordinaria non subordinato a
permesso di costruire ma assentibile in base
a semplice d.i.a., attesa la sua natura
pertinenziale o di volume tecnico ai sensi
dell'art. 3, comma primo, lett. b), del
d.P.R. citato (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.11.2008 n. 42897 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere di urbanizzazione
secondaria o infrastrutturali.
In tema di reati edilizi, integra il reato
previsto dall'art. 44, lett. b), d.P.R.
06.06.2001, n. 380, la pavimentazione di una
vasta area con tappeto bituminoso in assenza
di permesso di costruire, in quanto tale
attività edilizia rientra tra gli interventi
di urbanizzazione secondaria ovvero
infrastrutturali considerati come di "nuova
costruzione" dall'art. 3, comma primo,
lettere e.2) ed e.3), del d.P.R. citato
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.11.2008 n. 42896 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Immobile abusivo demolito ed
estinzione del reato per sanatoria.
In tema di tutela penale del territorio, ai
fini di ottenere l'estinzione del reato
edilizio per sanatoria ai sensi dell'art. 45
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, l'imputato che
abbia provveduto alla demolizione del
manufatto abusivamente realizzato ha l'onere
di provare documentalmente che l'opera fosse
conforme agli strumenti urbanistici vigenti
all'epoca della sua realizzazione (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.11.2008 n. 42895 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione terrazzo a tasca.
In tema di reati edilizi, integra il reato
di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R.
06.06.2001, n. 380 la realizzazione di un
terrazzo a tasca in assenza del permesso di
costruire, in quanto si tratta di un
intervento di ristrutturazione edilizia che
comporta una modificazione della sagoma e
delle superfici utili dell'edificio ai sensi
dell'art. 10, comma primo, lett. c) d.P.R.
citato (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.11.2008 n. 42892 -
link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
Ricorso di un consigliere
comunale avverso il provvedimento di nomina
di assessori esterni - Inammissibilità del
ricorso.
Non sono legittimati ad agire contro
l'amministrazione di appartenenza i
componenti di un organo collegiale ove, come
nel caso di specie, il giudizio
amministrativo sarebbe destinato a risolvere
controversie tra organi o componenti di
organi di uno stesso ente. Ne discende
dunque che un ricorso dei consiglieri contro
l'amministrazione di appartenenza potrebbe
ipotizzarsi soltanto allorché vengano in
rilievo atti incidenti sul diritto
all'ufficio dei medesimi.
La legittimazione dei componenti di un
organo collegiale di un ente locale nei
confronti dello stesso ente non può essere
negata in ipotesi in cui vengano dedotti
vizi del processo di deliberazione che si
concretano in violazioni procedurali (es.
irritualità della convocazione, violazione
dell'ordine del giorno) direttamente lesive
del munus rivestito dal componente
dell'organo, per cui si realizza la
violazione dello jus ad officum
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 13.11.2008 n. 5432). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Condono
paesaggistico.
In tema di tutela penale del paesaggio,
l'accertamento di compatibilità
paesaggistica al cui esito favorevole l'art.
181, comma 1-ter, D.Lgs. 22.01.2004, n. 42
condiziona l'inapplicabilità delle sanzioni
penali previste per il reato di esecuzione
di lavori di qualsiasi genere su beni
paesaggistici in difformità ovvero in
assenza dell'autorizzazione, non ha natura
di condono ed è inapplicabile in fase
esecutiva, in quanto per la sua operatività
è necessario che non sia ancora intervenuta
una pronuncia di condanna nei confronti
dell'autore della violazione (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.11.2008 n. 41333 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Condono
paesaggistico.
In tema di reati edilizi e paesaggistici, il
rilascio del cosiddetto condono ambientale
(L. 15.12.2004, n. 308) per interventi
edilizi eseguiti in assenza di permesso di
costruire, in totale difformità o con
variazioni essenziali, pur non esplicando
alcun effetto estintivo del reato edilizio,
comporta l'inapplicabilità dell'ordine di
demolizione delle opere abusive previsto
dall'art. 31, comma nono, d.P.R. 06.06.2001,
n. 380, in quanto un coordinamento tra la
disciplina edilizia e quella paesaggistica
impone di ritenere non necessari interventi
ripristinatori in presenza di una sanatoria
paesaggistica (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 31.10.2008 n. 40639 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Intervento edilizio di
demolizione e ricostruzione in difformità
dal titolo abilitativo.
In materia edilizia, è configurabile il
reato di cui all'art. 44, comma primo, lett.
a), d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (inosservanza
delle norme, prescrizioni e modalità
esecutive previste dal Tit. IV nonché dai
regolamenti edilizi, dagli strumenti
urbanistici e dal permesso di costruire) in
caso d'intervento edilizio di demolizione e
ricostruzione in difformità da un progetto
assentito con permesso di costruire, in
quanto tale intervento non è eseguibile in
base a semplice D.I.A. ai sensi del
combinato disposto degli artt. 4, comma
settimo, L. 04.12.1993, n. 493 e 1, comma
sesto, lett. e) L. 21.12.2001, n. 443,
atteso che dette norme si riferiscono ad
interventi autonomi e non ad interventi in
difformità dal titolo (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 06.10.2009 n. 38028 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Pertinenza urbanistica
(presupposti).
In materia edilizia, affinché un manufatto
presenti il carattere di pertinenza si
richiede che esso acceda ad un edificio
preesistente legittimamente edificato, che
abbia ridotte dimensioni, che sia
insuscettibile di destinazione autonoma e
che non si ponga in contrasto con gli
strumenti urbanistici vigenti (nella specie,
la Corte ha escluso la natura pertinenziale
di una piscina posta al servizio esclusivo
di una residenza privata) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37257 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di un campo da
tennis e sufficienza della DIA..
Per la realizzazione di un campo da tennis,
che non comporta la creazione di nuovi
volumi, è sufficiente la denuncia di inizio
di attività, la cui mancanza non ha
rilevanza penale (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 24.09.2008 n. 36560 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Condono e opere in cemento
armato.
La disciplina del condono edilizio di cui
all'art. 32, comma 25, D.L. n. 269 del 2003
si estende anche alle contravvenzioni in
tema di violazione delle disposizioni
relative alle opere in conglomerato
cementizio armato (art. 71 e 72, d.P.R. n.
380 del 2001, già artt. 13 e 14 L. n. 1086
del 1971) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 24.09.2008 n. 36558 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Con la D.I.A. è al 30° giorno -dalla
data di presentazione- che va verificata la
conformità edilizio-urbanistica
dell'intervento edilizio che si vuole
attuare.
Nei rapporti tra denunciante e Pa, la D.i.a.
si pone come atto di parte, che, pur in
assenza di un quadro normativo di vera e
propria liberalizzazione dell'attività,
consente al privato di intraprendere
un'attività in correlazione all'inutile
decorso di un termine, cui è legato, a pena
di decadenza, il potere dell'amministrazione
di inibire l'attività (Cons. St., V,
22.07.2005, n. 3916) e che rappresenta
altresì il “momento storico”, con
riferimento al quale delle opere contemplate
nella denuncia di inizio di attività va
verificata la conformità alle norme vigenti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
ordinanza 13.01.2006
n. 23). |
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