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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di MARZO 2009

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aggiornamento al 30.03.2009

aggiornamento al 23.03.2009

aggiornamento al 18.03.2009

aggiornamento al 16.03.2009

aggiornamento al 09.03.2009

aggiornamento al 02.03.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 30.03.2009

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GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 23.03.2009 n. 68 "Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani" (Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ordinanza 03.03.2009).

ENTI LOCALI: G.U. 21.03.2009 n. 67 "Fissazione della misura del rimborso delle spese sostenute dagli amministratori locali in occasione delle missioni istituzionali" (D.M. 12.02.2009).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: La Corte conti Lombardia ha fatto chiarezza sulla successione di norme in materia di incentivi circa la progettazione interna agli enti pubblici.
Progettisti pagati per competenza - Al 2% i compensi per attività realizzate prima dell’01/01/2009 (ItaliaOggi, articolo 27.03.2009).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia, bollo solo in caso d’uso per il progetto allegato.
Gli elaborati grafici e le relazioni tecniche allegati alla domanda di concessione edilizia e successivamente restituiti insieme al provvedimento abilitativo, scontano il bollo in caso d'uso (0,52 euro per ogni foglio o esemplare). Non rientrano, infatti, fra gli atti soggetti al bollo fin dall'origine (14,62 euro ogni 100 righe ovvero 4 facciate), previsti dall'articolo 4 della tariffa, parte prima, allegata al Dpr 642/1972 (Agenzia delle Entrate, risoluzione 23.03.2009 n. 74/E - link a www.nuovofiscooggi.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: Avv. P. Mantegazza, Brevi note sull''autorizzazione paesaggistica e sulla Commissione per il Paesaggio (D.Lgs. 22.01.2004 n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio") (relazione convegno 11.03.2009 tenutosi a Como ed organizzato dall'Ordine degli Architetti).
Si ringrazia il relatore per averci fornito il documento da pubblicare.

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Medugno, Scarichi industriali oltre i limiti tabellari: profili problematici (link a www.tuttoambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Sanna, Procedure semplificate ed emissioni (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: M. Rizzuto, D.L. 29.11.2008 n. 185 nuove modifiche alla disciplina delle terre e rocce scavo (link a www.lexambiente.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Gara d'appalto - Criterio offerta economicamente più vantaggiosa - Criteri motivazionali - Disciplina ex art. 83, c. 4, dlgs. 163/2006 - Anteriore alla modifica dlgs. 152/2008 - Fissazione criteri motivazionali - Limiti.
Ritenuto in diritto :
La disciplina dell’offerta economicamente più vantaggiosa è contenuta nell’art. 83, comma 4, del Codice dei contratti che, come noto, recentemente è stato modificato dal D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, (cd. terzo decreto correttivo) il quale ha reso più ristretti gli ambiti di libertà valutativa delle offerte, imponendo alle stazioni appaltanti di stabilire e prevedere, fin dalla formulazione della documentazione di gara, tutti i criteri di valutazione dell’offerta, precisando, ove necessario, anche i sub criteri e la ponderazione e cioè il valore o la rilevanza relativa attribuita a ciascuno di essi.
E’ stato, pertanto, eliminato, così, ogni margine di discrezionalità in capo alla Commissione giudicatrice la quale, secondo la normativa previgente, poteva fissare, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali cui si sarebbe attenuta per attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio.
Nel caso di specie, si rileva che il bando di gara, essendo stato pubblicato in data 12.05.2008 e, pertanto, in data antecedente all’entrata in vigore della modifica introdotta dal terzo decreto correttivo, ricade sotto la previgente disciplina dettata dall’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006.
Il bando di gara prevede al punto IV.2.1) che il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa il cui punteggio è così suddiviso: vengono previsti dei criteri discrezionali cui viene data una ponderazione di 65 punti su 100 (qualità dei materiali 20/100; migliorie tecniche offerte 40/100; migliorie offerte in relazione alla segnaletica 5/100); vengono altresì previsti dei criteri vincolati con una ponderazione di 35 punti su 100 (prezzo 20/100; tempo di esecuzione 5/100; durata manutenzione 10/100). Il disciplinare di gara, nella parte seconda “procedura di aggiudicazione”, prevede sotto il paragrafo “criterio di aggiudicazione” quanto segue: “la valutazione dell’offerta tecnica avviene distintamente per ciascuno degli elementi a valutazione di tipo qualitativo e discrezionale dei quali è composta a) in base alla documentazione che costituisce l’offerta tecnica contenuta nella busta Offerta tecnica di cui alla prima parte, capo 3.1., è attribuito un coefficiente variabile tra zero e uno, da ciascun commissario sulla base della propria discrezionalità tecnica; per ciascun elemento è calcolata la media dei coefficienti attribuiti da ciascun commissario”.
Da quanto sopra riportato emerge come la documentazione di gara avesse previsto dei sottocriteri e i relativi sottopunteggi. Ciò che non viene predeterminato è la modalità con cui vengono attribuiti i singoli punteggi, nonché le finalità perseguite nell’assegnazione degli stessi. Tale lacuna, tuttavia, può essere dall’amministrazione agevolmente superata dal momento che sarà la commissione di gara, prima di addivenire all’apertura delle buste, che potrà, in seduta pubblica, indicare i criteri motivazionali che saranno adottati e con quale modalità verrà attribuito il punteggio e sottopunteggio. Tale possibilità potrà essere esercitata dalla stazione appaltante in quanto, come già detto, il bando di gara è stato pubblicato prima dell’intervento normativo introdotto con il terzo correttivo.
E’ opportuno precisare che la commissione di gara potrà stabilire i criteri motivazionali, avendo però cura, in adesione con l’orientamento giurisprudenziale comunitario e con quanto espresso da questa Autorità in altre occasioni, di non modificare i criteri di aggiudicazione dell’appalto definiti nel bando e nel disciplinare di gara e di non introdurre nuovi elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero modificato l’offerta stessa, nel rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza (si vedano i pareri dell’Autorità n. 119 del 22.11.2007; n. 183 del 12.06.2008).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la documentazione della gara in esame risulta essere conforme alla normativa che vigeva al momento della pubblicazione del bando di gara (parere 26.02.2009 n. 27 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Offerte - Errore materiale - Caratteri - Possibilità di ricostruire la volontà del concorrente con semplice calcolo matematico - Non implicante sostituzione nelle scelte compiute dall'impresa - Esclusione - Illegittimità - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che, nelle procedure ad evidenza pubblica l’offerta costituisce una manifestazione di volontà del concorrente, volta alla costituzione del rapporto giuridico con la pubblica amministrazione, e che la rilevanza di tale funzione giustifica la specifica disciplina dettata in materia di contenuto e forma delle offerte, finalizzata proprio a garantire la chiarezza della proposta del concorrente.
L’esigenza di una corretta e chiara ricostruzione da parte della stazione appaltante della proposta formulata dal concorrente in sede di offerta deve, tuttavia, essere controbilanciata con i principi di economicità ed efficacia dell’agire amministrativo, con specifico riferimento all’ipotesi in cui il concorrente, nel formulare la propria offerta, abbia commesso un errore materiale.
In tale circostanza, infatti, procedere all’esclusione del concorrente dalla procedura rappresenta una sanzione sproporzionata rispetto all’irregolarità commessa, essendo possibile per la stazione appaltante ricostruire la volontà dell’offerente, senza integrare una violazione della par condicio, principio che, in caso di errore materiale, risulterebbe recessivo rispetto al principio del favor partecipationis.
Per errore materiale si intende propriamente un’inesattezza accidentale, rilevabile, con riguardo allo specifico contesto dell’offerta ed al contegno delle parti, prima facie e senza necessità di verifiche, accertamenti o interpretazioni del dato presunto erroneo. Tale errore materiale può consistere in un errore di calcolo riconoscibile quando, fermi i dati da computare e il criterio aritmetico da seguire, si incorre per inesperienza o per disattenzione, in un errore materiale di cifra che si riverbera sul risultato finale e che si possa evincere ictu oculi (in tal senso, TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, sentenza n. 7288 del 23.07.2004).
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che laddove l’offerta sia affetta da mero errore materiale e l’amministrazione sia comunque in grado di ricostruire la volontà dell’impresa, con un semplice calcolo matematico non implicante alcuna sostituzione alle scelte dalla stessa compiute, attraverso la modificazione o l’integrazione delle volontà dell’offerente, si realizza la sostanziale riconducibilità all’impresa dell’offerta presentata, che risulta così completa. A ciò consegue l’incongruità, alla luce del principio del favor partecipationis e dei canoni ermeneutici civilistici in sede di interpretazione della volontà dei contraenti, della sanzione dell’esclusione rispetto ad una mera irregolarità formale non influente sui termini sostanziali e sulla completezza dell’offerta (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5931 del 02.12.2008 e sentenza n. 5690 del 31.10.2001).
Premesso quanto sopra, nel caso di specie l’offerta è stata presentata secondo il modello C allegato alla documentazione di gara, che contiene una tabella in cui viene distinto il premio lordo annuo e il premio lordo complessivo.
Nella compilazione della menzionata tabella il raggruppamento concorrente ha indicato il valore del premio annuo offerto, incorrendo, tuttavia, nell’errore di ripetere lo stesso valore del premio annuo anche nella casella relativa al premio complessivo, nella quale invece andava indicato il premio annuo moltiplicato per la durata del contratto, ovvero due anni e tre mesi.
L’errore in questione, peraltro evidenziato alla stazione appaltante in sede di gara, è riconducibile alla specie dell’errore materiale, in quanto non solo riconoscibile, ma anche tale da permettere all’amministrazione di ricostruire integralmente la volontà del concorrente con un semplice calcolo matematico, non implicante alcuna sostituzione nella scelta dallo stesso compiuta, avendo a disposizione i relativi dati (il premio annuo offerto e la durata contrattuale di due anni e tre mesi).
Appare, dunque, non corretto l’operato del Comune di Andria che, nonostante la segnalazione ricevuta dal raggruppamento LLOYD ITALICO - INA Assitalia S.p.A. in sede di gara, non ha provveduto a correggere l’errore materiale in cui il concorrente medesimo è incorso, impegnandolo, invece, alla sottoscrizione del contratto ad un importo indicato per errore e, perciò, non conveniente, tanto da determinare la sua rinuncia all’aggiudicazione del servizio.
Per quanto concerne, infine, la successiva decisione della stazione appaltante di procedere all’escussione della cauzione provvisoria a fronte di detta rinuncia all’aggiudicazione del servizio formulata dal raggruppamento concorrente, si precisa che, indubbiamente, ai sensi dell’articolo 75 del D.Lgs. n. 163/2006, la ratio della cauzione provvisoria è quella di garantire la stazione appaltante dalla mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario, assicurando alla medesima l’affidabilità e la serietà dell’offerta presentata.
Tuttavia, nel caso di specie non sembra rinvenibile nel comportamento posto in essere dal raggruppamento LLOYD ITALICO - INA Assitalia S.p.A. un pregiudizio all’affidabilità e alla serietà dell’offerta, tale da giustificare l’escussione della cauzione provvisoria, essendo la rinuncia all’aggiudicazione del servizio stata indotta dalla stessa stazione appaltante, che avrebbe dovuto procedere alla correzione dell’errore materiale in cui è incorso il raggruppamento concorrente.
In tali circostanze, pertanto, l’escussione della cauzione provvisoria risulterebbe una sanzione sproporzionata rispetto alla irregolarità commessa.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la decisione del Comune di Andria di non provvedere alla correzione dell’errore materiale in cui sono incorse le compagnie assicuratrici LLOYD ITALICO e INA Assitalia S.p.A. e di procedere, successivamente, alla escussione della cauzione provvisoria versata dalle stesse, in quanto rinunciatarie all’aggiudicazione del servizio, non è conforme alla normativa in materia di contratti pubblici (parere 26.02.2009 n. 24 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Sottoprodotti di origine animale.
Gli scarti di origine animale sono sottratti alla applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi dell’ad. 183, comma primo, lett. n), del D. Lgs n. 152/2006, mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale.
Ciò trova applicazione sia con riferimento al testo originario dell’art. 185 del D. L.gs. n. 152/2006, che alla nuova formulazione dell’articolo introdotta dall’art. 22 del D.Lgs 16.01.2008 n. 4, dovendo essere privilegiata quella interpretazione delle norme nazionali che sia conforme al diritto comunitario e trovando, peraltro, detta interpretazione, in relazione al secondo comma dell’articolo 185, nella formulazione previgente, un puntuale riscontro testuale, stante il riferimento della norma all’ambito di applicazione ivi indicato” (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo sanitario e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento.
La recente Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE non risulta avere affatto modificato gli enunciati principi di diritto che regolano il concorso tra la disciplina sanitaria della gestione dei sottoprodotti di origine animale e la normativa in materia di rifiuti, in quanto la esclusione del principio di specialità trova puntuale riscontro proprio nelle disposizioni in essa contenute (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.03.2009 n. 12844 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Manufatti interrati (piscina).
Costituiscono lavori edilizi necessitanti il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso di edificazione di una piscina (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.03.2009 n. 12478 - link a www.lexambiente.it).

PUBBLICO IMPIEGOIl trasferimento di un dipendente pubblico, per incompatibilità ambientale, presuppone la preliminare comunicazione di avvio del procedimento amministrativo e consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza per ciò assumere carattere sanzionatorio.
E' necessaria, ai sensi dell'art. 7 l. 07.08.1990 n. 241, la comunicazione di avvio del procedimento volto all'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente (Consiglio Stato, sez. VI, 30.12.2005, n. 7579).
Tale orientamento appare al Collegio maggiormente garantistico con riferimento alla posizione del dipendente –attinto comunque da una misura che, ancorché distinta dal procedimento sanzionatorio disciplinare, possiede comunque caratteristiche invasive ed afflittive-; rispettoso del fine deflattivo del contenzioso sotteso alla disposizione normativa di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990; coerente con l’esigenza che il destinatario del procedimento, anche a meri fini collaborativi, metta a parte l’amministrazione di ogni utile elemento connesso ai fatti che questa si trova a dovere valutare.
Il trasferimento per incompatibilità ambientale consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza per ciò assumere carattere sanzionatorio, sì che la sua adozione non presuppone né una valutazione comparativa dell'amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici né l'espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici dell'incompatibilità ai fini dell'individuazione della sede più opportuna, né può essere condizionata dalle situazioni personali e familiari del dipendente, che ovviamente recedono di fronte all'interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'amministrazione stessa (Consiglio Stato, sez. IV, 10.07.2007, n. 3892).
E’ peraltro jus receptum quello secondo il quale “l'amministrazione deve tener conto, nel disporre il trasferimento, anche della situazione di famiglia del dipendente, onde essa non può esimersi dall'obbligo di una puntuale motivazione circa le ragioni per le quali individui una determinata sede anziché altre, in ipotesi, meno disagevoli per l'interessato” (Consiglio Stato, sez. VI, 06.09.2005, n. 4531, ma anche Consiglio Stato, sez. IV, 27.02.1996, n. 187) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.03.2009 n. 1577 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASul risarcimento del danno nel caso di ritardato rilascio della concessione edilizia.
Nel nostro diritto positivo non è previsto, allo stato attuale della legislazione, un meccanismo riparatore dei danni causati dal ritardo procedimentale in sé e per sé considerato. A questo proposito, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che in presenza del mancato tempestivo soddisfacimento dell’obbligo dell’Autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative, si è al cospetto di interessi legittimi pretensivi del privato, la cui tutela ricade, per loro intrinseca natura, nella giurisdizione del giudice amministrativo (e, trattandosi della materia urbanistica-edilizia, nella sua giurisdizione esclusiva); come tali esulano dai meri “comportamenti” della P.A. invasivi dei diritti soggettivi del privato ed espunti dalla giurisdizione amministrativa in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 (cfr. Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 7 del 15.09.2005; Tar Lazio, Roma, sez. III-quater, 31.03.2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I, 20.11.2008, n. 2901).
Il danno da ritardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale, non ha un’autonomia strutturale rispetto alla fattispecie procedimentale da cui scaturisce ed è legato inscindibilmente alla positiva finalizzazione di quest’ultima (cfr. Cons. Stato, sez. V, 02.03.2009, n. 1162); infatti, secondo la richiamata decisione dell’Ad. Plen. n. 7/2005, non è risarcibile il danno da ritardo “puro” quando è disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza di tutela dell’interesse pretensivo fatto valere (e quando l’Amministrazione abbia adottato con notevole ritardo, un provvedimento negativo rimasto inoppugnato).
A queste premesse, va aggiunto che l’azione di risarcimento da ritardo della P.A., pur ammessa in astratto e rientrante nell’alveo del danno da lesione di interessi legittimi, in applicazione del principio dell’atipicità dell’illecito civile, deve essere ricondotta nell’ambito dell’art. 2043 cod. civ., per l’identificazione degli elementi costitutivi dell’illecito, e a quello del successivo art. 2236 cod.civ., per delineare i confini della responsabilità.
E quindi, detta azione di risarcibilità del danno, inquadrandosi nella sua natura “extracontrattuale”, comporta che il bene della vita conseguito in modo differito sia avvenuto per il fatto altrui, quanto meno colpevole. E’ pacifico, per giurisprudenza ormai costante, che non è sufficiente la illegittimità (del provvedimento o) dell’inerzia amministrativa per ritenere integrata una fattispecie di responsabilità aquiliana della P.A., essendo essenziale ad integrare la fattispecie il giudizio di imputabilità soggettiva, quantomeno a titolo di colpa dell’apparato amministrativo procedente (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 08.09.2008, n. 4242; idem, 02.03.2009, n. 1162).
Ne deriva che, per riconoscere la fondatezza della domanda così avanzata è necessario che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento negligente o ad una volontà di nuocere o si ponga in contrasto con le prescrizioni di legalità, imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Cost., non essendo riconducibile il superamento dei termini di conclusione del procedimento in violazione dell’art. 4 della Legge n. 493 del 1993, attesa la natura acceleratoria degli stessi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30.12.2005, n. 7623; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 17.01.2007, n. 71; Tar Lazio, Roma, sez. III-quater, 31.03.2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I, cit. n. 2901/2008).
Tale azione di risarcimento del danno, inquadrandosi nella sua natura extracontrattuale, richiede la prova della quantificazione dello stesso con riferimento sia al danno emergente che al lucro cessante, in quanto elementi costitutivi della relativa domanda, ai sensi dell’art. 2697 (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, 26.06.2008, n. 1555; Tar Lazio, Roma, cit. n. 2704/2008).
Per di più, non va sottaciuto che nel caso specifico di domanda di risarcimento dei danni per il ritardo nel rilascio della concessione edilizia, il danno è da farsi conseguire, comunque, alla concreta esecuzione dell’opera, non essendo di per sé sufficiente il riconoscimento tardivo del titolo di legittimazione edificatoria, (cfr. Tar Sicilia, Catania, sez. I, 03.07.2007, n. 1158).
Ed invero, nella specie, l’assetto completo degli interessi non appare definito al momento dell’adozione del tardivo titolo, per cui mancano i presupposti del risarcimento con riguardo al quantum (tale accertamento va determinato dopo l’edificazione, con il calcolo delle differenze tra il costo della costruzione ottenuta e quello rapportato ai prezzi dell’epoca in cui l’Amministrazione avrebbe dovuto emanare il provvedimento finale), nonché l’effettiva potenzialità reddituale di quanto realizzato. Ciò in quanto la configurabilità del danno emergente (maggior costo di costruzione) e del lucro cessante (mancata produzione del reddito a seguito dello sfruttamento dell’immobile) necessita di un termine di paragone essenziale costituito dalla realizzazione dell’opera e, in sua mancanza, viene meno la base del calcolo su cui liquidare il danno (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 16.03.2009 n. 2694 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti pilotati, mini sanzioni.
Condanne meno severe per gli appalti pilotati. Infatti i giri di mazzette avvenuti prima della pubblicazione del bando di gara non integrano il reato di turbata libertà degli incanti.
Il reato di turbata libertà degli incanti non si configura, neanche nella forma del tentativo, prima che la procedura sia iniziata ossia prima che il bando relativo sia stato pubblicato (Corte di Cassazione, Sez. VI penale, sentenza 12.03.2009 n. 11005).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Gli atti conclusivi delle procedure di V.I.A. sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione dei valori ambientali siano essi associazioni di tutela ambientale o cittadini residenti in loco.
La procedura di V.I.A. pur inserendosi sempre all'interno del più ampio procedimento di realizzazione di un opera o di un intervento, è stata considerata da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotata di autonomia, in quanto destinata a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell'ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali; di conseguenza, gli atti conclusivi delle procedure di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori siano essi associazioni di tutela ambientale ovvero, come nel caso di specie, cittadini residenti in loco (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 03.03.2009 n. 1213 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Informative prefettizie antimafia: l'amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241
Sull'inapplicabilità dell'art. 12 del DPR 252/1998 agli appalti di servizi e di forniture.

L'amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241, relativamente all'informativa antimafia ed al successivo provvedimento di revoca un'aggiudicazione rilasciata, atteso che si tratta di procedimento in materia di tutela antimafia, come tale intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza
La scelta normativa di non estendere l'art. 12 del DPR 252/1998 anche agli appalti di servizi, pur se opinabile, non risulta irragionevole alla luce delle più cospicue garanzie ratione temporis predisposte in tema di appalti di lavori (si pensi all'albo costruttori e, quindi, all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ed al sistema di qualificazione SOA), idonee a garantire un controllo sull'affidabilità delle imprese operanti in questo settore, più penetrante rispetto al campo degli appalti di servizi e di forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2009 n. 1148 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: Industrie insalubri.
La funzione urbanistica delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore non esclude affatto che nelle stesse non possano trovare riscontro esigenze di carattere sanitario o comunque di correttezza dei diversi insediamenti, proprio a ciò essendo rivolta la funzione della zonizzazione ed anzi è legittima la norma di regolamento comunale che, nel disciplinare gli insediamenti delle imprese insalubri, fissi un parametro più rigoroso di quello dell’art. 216, t.u. sanitario nel senso di vietarli nell’ambito delle aree collocate nel “centro edificato” del territorio comunale; è altresì “legittimo che in sede di pianificazione urbanistica venga esclusa, in via generale e preventiva, la realizzabilità in una determinata zona di industrie insalubri”, purché la scelta pianificatoria sia giustificata in termini di ragionevolezza dal tessuto territoriale esistente (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 27.02.2009 n. 103 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Installazione container.
L'installazione di un container richiede il permesso di costruire in caso di uso non precario. il requisito della precarietà deve essere ricavato dalla destinazione del manufatto e non dalla struttura e dalla tipologia dei materiali costruttivi (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 26.02.2009 n. 404 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'annullamento di una clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica per restrizione della concorrenza fra le imprese del settore.
Deve essere annullata la clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica, nella parte in cui esso prescrive, fra i requisiti di ammissione alla gara, il possesso della certificazione UNI EN ISO 9001:2000 anche per il settore EA03 (oltre che per il settore EA30) in quanto la previsione del suddetto requisito di capacità tecnica restringe eccessivamente la concorrenza fra le imprese del settore (senza arrecare particolare beneficio alla stazione appaltante), il che è contrario alla normativa sugli appalti pubblici. Difatti, sebbene il servizio in questione (destinato ad un'utenza "sensibile", ossia gli alunni delle scuole dell'infanzia) deve essere svolto da imprese che diano la massima garanzia circa il rispetto delle norme igienico-sanitarie, cionondimeno il requisito richiesto dal bando appare esorbitante rispetto all'obiettivo perseguito dal Comune (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 14.01.2009 n. 45 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Mancata aggiudicazione e quantificazione dell’utile di impresa.
L’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto, che sarebbe spettato sicuramente all’impresa ricorrente e che la giurisprudenza riconosce nella misura del 10%, è applicabile solo nel caso in cui l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi. Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.01.2009 n. 23 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 23.03.2009

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NOVITA' NEL SITO

E' stato integrato l'archivio dei DOSSIER con quest'altri:
- DOSSIER certificazione energetica;
- DOSSIER definizioni interventi edilizi;
- DOSSIER incentivo progettazione interna;
- DOSSIER sagoma edificio;
- DOSSIER vincolo cimiteriale.

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Piano casa: lo schema di decreto-legge recante "Misure urgenti per il rilancio dell'economia attraverso la ripresa delle attività imprenditoriali edili" (bozza del 19.03.2009).

EDILIZIA PRIVATA: Piano casa, allarme Soprintendenze (Repubblica, articolo 22.03.2009 - link a http://rassegnastampa.formez.it).

EDILIZIA PRIVATA: Si potrà allargare la casa fino al 40% (anche in centro) (Il Sole 24 Ore, articolo 21.03.2009 - link a http://rassegnastampa.formez.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lombardia, legge regionale n. 5/2009 di modificazione/integrazione alla l.r. n. 12/2005 (link a www.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lombardia, Aree agricole nello stato di fatto: modalità segnalazione modifiche (link a www.regione.lombardia.it).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

APPALTI: RIEPILOGO DELLA DISCIPLINA E DEGLI ASPETTI FISCALI E GESTIONALI DELLE ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE (23.02.2009 - link a www.ancebrescia.it).

EDILIZIA PRIVATA: LE OPERE A SCOMPUTO DEGLI ONERI DEVONO ESSERE APPALTATE A TERZI CON PROCEDURA PUBBLICA (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

APPALTIPUBBLICITA’ E TERMINI PER GLI APPALTI PUBBLICI (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un'utilissima tabella riepilogativa relativamente alle tre tipologie di appalti: forniture, servizi, lavori pubblici.

APPALTI: LA NORMATIVA ANTIMAFIA NEGLI APPALTI PUBBLICI (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: LA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nuova disciplina delle opere realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione a seguito dell’entrata in vigore del terzo decreto correttivo del codice degli appalti - ADEMPIMENTI PER LE OPERE REALIZZATE DALL’IMPRESA (03.12.2008 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un utilissimo “manuale” esplicativo contenente una serie di indicazioni relative alla possibilità per l’operatore e per l’Amministrazione Comunale di realizzare opere di urbanizzazione a scomputo.

LAVORI PUBBLICI: V. Latorraca e M. Luraghi, Dal progetto esecutivo alla cantierizzazione (link a www.lavatellilatorraca.it).

PUBBLICO IMPIEGO: M. Lavatelli, Comuni: la portata del parere di regolarità tecnico-amministrativa per resistere in giudizio (link a www.lavatellilatorraca.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Lavatelli, Sportello unico per le attività produttive (link a www.lavatellilatorraca.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Gualandi, OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO E CODICE DEI CONTRATTI - Il dito e la luna. Ovvero della discutibile “appaltizzazione” dell’urbanistica (link a www.lexitalia.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 11 del 19.03.2009, "Modalità per l'attuazione dell'anagrafe dell'utenza e del patrimonio E.R.P. di cui all'art. 4 del regolamento regionale del 10.02.2004 n. 1 e art. 11, l.r. n. 27 dell'08.11.2007 - Aggiornamento delle modalità tecniche per la raccolta e la trasmissione dei dati per l'anno 2009" (circolare regionale 10.03.2009 n. 2 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del 12.01.2009, "Linee guida per la maggiorazione del contributo di costruzione per il finanziamento di interventi estensivi delle superfici forestali (art. 43, comma 2-bis, l.r. n. 12/2005)" (deliberazione G.R. 22.12.2008 n. 8757 - link a www.infopoint.it).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Presidente della Provincia di Campobasso sulla "individuazione delle componenti di base della quota percentuale del fondo incentivante da ripartire a favore degli interessati alla progettazione interna di opere e lavori ai sensi dell'art. 18 della legge 11.02.1994 n. 109" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Molise, parere 24.02.2009 n. 6 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Carpinone (IS) sulla "restituzione del canone di depurazione a seguito della declaratoria di parziale illegittimità dell'art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994 e dell'art. 155, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Molise, parere 27.01.2009 n. 3 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

PUBBLICO IMPIEGO Non è licenziabile chi dica al capo: "Chi ti credi di essere?"
Non si può licenziare il lavoratore che, nell’ambito di un litigio, dica al suo superiore “Chi cazzo ti credi di essere?” (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 18.03.2009 n. 6569 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

EDILIZIA PRIVATA: Stazioni radio nei terreni agricoli.
Le stazioni radio per i telefoni cellulari possono essere installate anche sui terreni agricoli. E se il comune si oppone tardivamente alla comunicazione di inizio attività, ciò non preclude la formazione del silenzio-accoglimento.

L’art. 87 del decreto legislativo 01.08.2003, n. 259, prevede un particolare procedimento per il rilascio dell’autorizzazione comunale per la realizzazione delle opere relative alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, caratterizzata, per quel che qui interessa, da due termini, che il giudice di primo grado qualifica correttamente come perentori.
Il primo (comma 5) di 15 giorni decorrenti dalla data di ricezione dell'istanza, entro i quali il responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, “il rilascio di dichiarazioni e l'integrazione della documentazione prodotta”.
Il secondo (comma 9) di 90 giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, decorsi i quali, qualora non sia stato comunicato un provvedimento di diniego, “le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte”.
Ora, l’unico effetto giuridico, che può essere ricollegato all’accoglimento da parte del Tar della domanda di adozione di misure cautelari, nei riguardi del provvedimento di diniego dell’autorizzazione in questione, è l’obbligo per l’Amministrazione di riaprire, sia pur interinalmente, il procedimento che la stessa riteneva essere stato concluso con il provvedimento impugnato. Ragionando diversamente, infatti, la domanda cautelare non poteva essere accolta ma avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di interesse all’adozione di una misura giurisdizionale priva di effetti sostanziali.
D’altronde la stessa Amministrazione ha ragionato in questi sensi, perché, in effetti, a seguito dell’ordinanza del Tar, con nota in data 07.09.2006, ha proceduto alla nomina dei responsabili del procedimento, pur avvertendo che, a suo avviso, “i tempi di cui all’art. 87 D.Lgs. n. 259/2003 decorrono dalla data del 25.08.2006, data in cui la Civica Amministrazione è venuta a conoscenza della sopracitata ordinanza.” Limitandosi, poi, a chiedere, con nota in data 08.09.2006, alla ricorrente di integrare l’istanza con ulteriori documenti. Sennonché, la richiesta è stata prima sospesa, con ordinanza cautelare, e poi annullata dal Tar, che l’ha ritenuta palesemente tardiva, con un capo della sentenza di cui in epigrafe che non ha formato oggetto di appello ed è quindi passato in giudicato.
Pertanto, in mancanza di ulteriori provvedimenti adottati dall'Amministrazione comunale, non può che concludersi nel senso che si sia formata sull'istanza il silenzio accoglimento, dapprima con efficacia interinale, ma successivamente consolidatosi con l'annullamento definitivo della richiesta ulteriore documentazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.03.2009 n. 1578 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Criterio del prezzo più basso - Calcolo della soglia di anomalia - Art. 86 d.lgs. n. 163/2006 - Stazione appaltante - Det. 26.10.1999 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici - Sequenza di calcolo.
Quando il criterio di aggiudicazione dell’appalto è quello del prezzo più basso, il calcolo della soglia di anomalia è dato dal “ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media” (art. 86 del DLgs n. 163/2006).
Sul punto, con determinazione 26.10.1999 l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha precisato analiticamente la sequenza da rispettare a cura della stazione appaltante:
1) si forma l’elenco delle offerte ammesse disponendole in ordine crescente di ribasso;
2) si calcola il 10% del numero delle offerte ammesse e lo si arrotonda all’unità superiore;
3) si escludono fittiziamente dall’elenco un numero di offerte di minor ribasso pari al numero di cui al punto 2), nonché un numero di offerte di maggior ribasso di cui al punto 2) (c.d. taglio delle ali);
4) si calcola la media aritmetica dei ribassi delle offerte che restano dopo l’operazione di esclusione fittizia di cui al punto 3);
5) si calcola -sempre con riguardo alle offerte che rimangono dopo l’operazione di esclusione fittizia di cui al punto 3)- lo scarto dei ribassi superiori alla media di cui al punto 4), e, cioè, la differenza tra tali ribassi (superiori alla media) e la suddetta media;
6) si calcola la media aritmetica degli scarti e cioè la media delle differenze;
7) si somma la media di cui sub 4) con la media di cui sub 6): tale somma costituisce la soglia di anomalia (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 13.03.2009 n. 602 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'art. 13 del D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani): ratio legis.
Sull'applicabilità dell'art. 13 del D.L. n. 223/2006 anche alle Camere di Commercio.

La ratio legis indicata dall'art. 13 del D.L. n. 223/2006 nel suo incipit -evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori- trova la sua principale esplicazione nella precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale sociale, ed esercitanti il c.d. "controllo analogo", ed enti beneficiari delle prestazioni delle società. In breve il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici possono costituire società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo apparente concorrenza con gli altri operatori economici.
L'art. 13 del c.d. decreto Bersani rappresenta una specificazione e applicazione dei principi comunitari in quanto l'apertura delle direttive comunitarie verso la partecipazione alle gare dei soggetti anche di matrice pubblica presuppone una loro posizione paritaria, e non può riferirsi alle società appositamente costituite dalle pubbliche amministrazioni per l'autoproduzione di beni e servizi, cui è indirizzato l'art. 13 del D.L. 223/2006. D'altra parte in tale direzione si muove anche il quarto considerando della direttiva 2004/18/CE che ammonisce gli Stati ad adottare normative di regolamentazione dell'accesso al mercato degli appalti di organismi partecipati da enti pubblici che possano quindi distorcere la concorrenza. Dunque l'art. 13 cit. non risulta essere norma in contrasto con il diritto comunitario, bensì di attuazione comunitaria.
L'art. 13 del D.L. n. 223/2006 è applicabile anche alle Camere di Commercio. Il generico riferimento alle "Amministrazioni pubbliche locali", non può essere letto restrittivamente come riferito ai soli enti territoriale, ma deve viceversa essere interpretato come avente riguardo a tutte le pubbliche Amministrazioni che perseguano il soddisfacimento di interessi pubblici locali entro un determinato ambito territoriale (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 13.03.2009 n. 417 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo paesaggistico - Autorità preposta alla tutela del vincolo - Controllo - Integrazione documentale - Documentazione allegata alla pratica già esaminata dal Comune.
C
ome la Sezione ha già rilevato (cfr. sentenza 04/08/2008 n. 847), il controllo che compete all’autorità statale ad estrema difesa del vincolo paesaggistico investe la legittimità del procedimento autorizzatorio, e si concentra principalmente sull’esaustività della documentazione allegata alla pratica già esaminata e vagliata dal Comune, che ha poi emesso il provvedimento favorevole. Le integrazioni afferiscono dunque ad eventuali carenze od omissioni riscontrate in sede di trasmissione delle planimetrie e degli elaborati alla Soprintendenza, mentre non possono riguardare documenti che il Comune non ha mai provveduto ad acquisire.
Il Collegio ha recentemente evidenziato che, sotto un profilo d’ordine generale (cfr. Consiglio di Stato, adunanza plenaria - 14/12/2001 n. 9), l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesistica deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale, e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto; in secondo luogo deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento col mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (cfr. sentenze Sezione 25/02/2008 n. 153; 06/05/2008 n. 483; 04/08/2008 n. 847).
In relazione ai poteri al riguardo spettanti al Ministero, le pronunce richiamate hanno sottolineato che il potere esercitato dall’amministrazione statale sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità regionale (o dalle autorità subdelegate) va definito in termini di “cogestione dei valori paesistici”, espressione di amministrazione attiva, nell’ambito di un unitario procedimento complesso all’interno del quale l’autorità statale può annullare l’autorizzazione paesistica (oltre che per il vizio di violazione di legge in senso stretto e per quello di incompetenza) anche quando risulti un profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta); la medesima autorità non può, viceversa, annullare l’autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnico-discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall’Ente subdelegato
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 12.03.2009 n. 623 - (link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALI: In tema di responsabilità per illegittimo conferimento di incarichi di consulenza (la Sezione, nella fattispecie, non ha ritenuto legittimo il conferimento da parte di amministratori comunali di un incarico quinquennale di responsabile dell'ufficio di ragioneria).
Per quel che riguarda invece la posizione della giurisprudenza, va evidenziato come il conferimento di incarichi di consulenza a soggetti esterni all'amministrazione abbia costituito, e costituisca tuttora, una fattispecie ricorrente in tema di responsabilità amministrativa. Orbene, nei casi in cui sia risultato che ai compiti affidati agli esperti esterni era obiettivamente possibile far fronte con le risorse interne dell'ente, è spesso accaduto che la relativa spesa sia stata ritenuta un danno patrimoniale per l'ente pubblico (inutilità della spesa stessa), con conseguente condanna al risarcimento a carico degli amministratori, o dirigenti, che tale spesa deliberarono.
E’ possibile cogliere, nella giurisprudenza della Corte dei conti, princìpi e criteri direttivi in grado di orientare utilmente l'interprete e l'operatore, pur nella varietà e complessità delle situazioni concrete.
I su detti principi e criteri da seguire, in ordine all’attribuzione di incarichi, sono, in linea di massima:
a) il conferimento dell'incarico deve essere legato a problemi che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze;
b) l'incarico deve caratterizzarsi in quanto non implicante svolgimento di attività continuativa ma anzi la soluzione di specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell'incarico del quale debbono costituire l'oggetto;
c) l'incarico deve presentare le caratteristiche della specificità e della temporaneità;
d) l'incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare fittiziamente compiti istituzionali e ruoli organici dell'ente;
e) il compenso connesso all'incarico deve essere proporzionale all'attività svolta e non liquidato in maniera forfetaria;
f) la delibera di conferimento deve essere adeguatamente motivata;
g) l'incarico non deve essere generico od indeterminato;
h) i criteri di conferimento non debbono essere generici; ne consegue l'illegittimità e la sussistenza di un danno erariale a fronte di un incarico assolutamente generico e non motivato.
Si possono citare in proposito, ex multis, Corte dei conti, Sez. I, 02.09.2008, n. 393, 17.09.2007, n. 248 e 31.05.2005, n. 187; Sez. II, 11.06.2001, n. 208; Sez. III, 06.02.2006, n. 74 e 13.04.2005 n. 183; Sez. sic. appello, 02.04.2002, n. 46 e 01.08.2000, n. 100; Sez. riun. 12.06.1998, n. 27. Anche la Sezione controllo enti di questa Corte, già nella deliberazione 22.07.1994, n. 33, aveva rappresentato la necessità di evitare che l’affidamento di incarichi a terzi si traducesse in forme atipiche di assunzione, con la conseguente elusione delle disposizioni sul reclutamento e delle norme in materia di contenimento della spesa
(Corte dei Conti, Sez. I giurisdiz. centrale, sentenza 10.03.2009 n. 145 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Anche se, in generale, è sufficiente l’affermazione dell’abusività dell’opera, ricorre comunque un onere di congrua motivazione quando, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato.
Occorre oramai prendere atto del consolidarsi di un diverso indirizzo imperniato sul principio per cui, se anche è in generale sufficiente l’affermazione dell’abusività dell’opera, ricorre comunque un onere di congrua motivazione quando, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, sì da richiedere che, avuto riguardo anche all’entità ed alla tipologia dell’abuso, venga specificato il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 04.03.2008 n. 883; Sez. IV, 06.06.2008 n. 2705; e, da ultimo, TAR Liguria, Sez. I, 15.01.2009 n. 63).
Nella fattispecie, in particolare, l’abuso risale alla seconda metà degli anni Settanta, onde sarebbe stato necessario tenere conto di tale circostanza e verificare l’interesse pubblico attuale alla rimozione del fabbricato non demolito in coincidenza con l’esecuzione dei lavori oggetto della licenza edilizia del 1974; il provvedimento comunale, al contrario, si è limitato ad accertare la permanenza “in loco” dell’immobile e il suo contrasto con il titolo abilitativo allora rilasciato (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 10.03.2009 n. 64 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In relazione alla distanza dei manufatti dal ciglio stradale, relativamente alle opere costruite su aree sottoposte a vincolo di rispetto dalle strade, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato al parere favorevole dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso.
Va innanzitutto confermata la legittimità del provvedimento (di diniego di sanatoria edilizia) per la violazione del manufatto abusivo delle distanze stabilite dal codice della strada per non creare pericoli alla circolazione.
La circostanza pacifica, della distanza minore dei 5 metri prescritti, esonera il comune da qualunque altra indagine, avendo ritenuto il legislatore che, al di sotto di quella distanza, vi è un pericolo potenziale per la circolazione stradale.
Nessuna prova, né dimostrazione contraria a questo assunto, è contenuta nel ricorso.
Quanto sopra detto comunque, trova conferma nella giurisprudenza amministrativa, che ha affermato, in relazione alla distanza dei manufatti dal ciglio stradale, che “In base al comma 2, lett. c), dell'art. 32 l. 28.02.1985 n. 47, relativamente alle opere costruite su aree sottoposte a vincolo di rispetto dalle strade, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato al parere favorevole dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso e, in via generale, sono suscettibili di sanatoria le opere che "non costituiscono minaccia alla sicurezza del traffico" (TAR Abruzzo-Pescara, 06.03.2003, n. 312) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 09.03.2009 n. 296 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul principio dell'invariabilità soggettiva del concorrente ad una gara d'appalto.
In materia di appalti pubblici vige il principio dell'invariabilità soggettiva del concorrente, in quanto il bando di gara prevede la verifica dei requisiti dei partecipanti, con conseguente impossibilità di variazioni soggettive nelle varie fasi della gara, fatta salva la previsione (eccezionale) di cui all'art. 51 del D.L.vo. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) che, peraltro, fa salvo l'accertamento dei requisiti di ammissione e partecipazione in capo al cessionario. Conseguentemente, la giurisprudenza sul punto ritiene che, in caso di cessione del ramo d'azienda, l'ammissione del subentrante è subordinata a due condizioni: che gli atti di cessione siano comunicati alla stazione appaltante e che questa abbia verificato l'idoneità soggettiva ed oggettiva del subentrante.
Nel caso di specie mancando la comunicazione, da parte della società cedente, della nuova situazione alla stazione appaltante, il procedimento necessario per rendere efficace la variazione soggettiva del concorrente nei confronti della stazione appaltante, disciplinato dall'art. 51 del codice dei contratti pubblici non si è potuto perfezionare, pertanto la nuova società, non avendo partecipato alla gara, non può comunque risultare aggiudicataria (TAR Emilia-Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 06.03.2009 n. 228 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATANon può essere considerato "volume tecnico" non soltanto le soffitte, gli stenditori chiusi e quelli «di sgombero» ma anche il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, quando sia dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda.
In merito alla nozione di “volumi tecnici” è noto che possono essere ritenuti tali solo quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione, che non possono essere ubicati al suo interno; pertanto non sono tali –e sono quindi sono computabili ai fini della volumetria consentita– non soltanto le soffitte, gli stenditori chiusi e quelli «di sgombero» ma anche il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, quando sia dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda (Consiglio Stato, sez. V, 04.03.2008, n. 918) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 04.03.2009 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'ordine di demolizione di opere edilizie abusive costituisce un atto dovuto, senza necessità di preventiva comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio.
L'ordine di demolizione di opere edilizie abusive -il cui presupposto è rappresentato solamente dalla constatata esecuzione di opere edilizie in assenza del titolo abilitativo– costituisce un atto dovuto, con la conseguenza che nella fattispecie (omessa comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio) troverebbe comunque applicazione l'art. 21-octies della stessa legge, introdotto dall'art. 14, l. n. 15 del 2005, che statuisce la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato (TAR Campania-Napoli, sez. III, 16.04.2008, n. 2207) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 04.03.2009 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'imposizione del vincolo su una bellezza d'assieme, ai sensi della l. 29.06.1939 n. 1497, art. 2, si perfeziona nel momento in cui l'elenco delle località assoggettate a vincolo, predisposto dalla commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali, è pubblicato sull'albo dei comuni interessati.
La giurisprudenza amministrativa, nell’interpretare l’art. 7 della legge 1497/1939, ha precisato che l'imposizione del vincolo su una bellezza d'assieme, ai sensi della l. 29.06.1939 n. 1497 art. 2, si perfeziona nel momento in cui l'elenco delle località assoggettate a vincolo, predisposto dalla commissione provinciale per la protezione delle bellezze naturali, è pubblicato sull'albo dei comuni interessati. Da tale data decorrono gli obblighi di conservazione dei beni a carico dei relativi proprietari (cfr: Consiglio Stato, sez. VI, 01.03.1995, n. 212; idem VI, 03.10.1994 n. 1473; idem, VI, 25.01.1990 n. 139).
Tale orientamento è stato successivamente condiviso e confermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 262 del 23.07.1997, precisandosi sul punto che “Dal momento della pubblicazione dell'elenco sono esperibili dai soggetti interessati rimedi giuridici, quali le opposizioni e le osservazioni secondo la originaria previsione dell'art. 7; inoltre, a seguito dell'abolizione del presupposto processuale della definitività dell'atto impugnabile, è possibile avvalersi della tutela giurisdizionale avanti al giudice amministrativo, pur in carenza di puntuali atti applicativi del vincolo (diniego di autorizzazione, ex art. 7; provvedimenti inibitori, ex art. 8 o prescrizioni, ex art. 11 della legge citata), attesa la immediata operatività della protezione delle bellezze di insieme”, e che “Il vincolo, inizialmente provvisorio, è destinato a trasformarsi in definitivo allorché viene concluso l'iter procedimentale con il provvedimento finale…” (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 04.03.2009 n. 292 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl potere di annullamento dell’autorizzazione paesistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità.
In punto di diritto, si deve convenire con il ricorrente quando sostiene che il potere di annullamento dell’autorizzazione paesistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità. Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, anche di questa Sezione (TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 16.10.2008, n. 16426), il potere riconosciuto al Ministero per i beni Culturali ai sensi dell’articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977 -ora articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004- è da intendersi quale espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’Ente delegato, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni in materia di gestione del vincolo, fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (da ultimo, Corte Cost., 07.11.2007, n. 367).
In punto di fatto, si deve altresì evidenziare che -tenuto conto della relazione paesaggistica allegata alla richiesta di permesso di costruire presentata dal ricorrente, nonché della documentazione fotografica dallo stesso prodotta in giudizio- non emergono dagli atti di causa elementi che inducano a dubitare della legittimità del giudizio di compatibilità paesistica espresso dalla Commissione edilizia integrata e recepito nell’autorizzazione paesistica. Infatti, premesso che secondo la C.E.C.I. “l’intervento oggetto di esame si inserisce nel contesto circostante non alterando in modo significativo il preesistente stato dei luoghi; esso risulta conforme alle prescrizioni contenute nel piano paesaggistico per ciò che concerne i materiali da utilizzare”, il Collegio osserva che il giudizio espresso dall’Amministrazione comunale appare sufficientemente motivato e trova riscontro nei vari passaggi della suddetta relazione paesaggistica (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 03.03.2009 n. 1215 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: La progressione verticale trova la sua ratio nella valorizzazione delle professionalità acquisite all'interno dell'ente sicché è preclusa tale possibilità a quei soggetti che l’esperienza in questione l’hanno maturata in altro ente.
Ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 (nel testo modificato dalla legge n. 246 del 2005) la mobilità è una cessione del contratto di lavoro. Le disposizioni citate prevedono una conservazione della anzianità di qualifica e il trattamento in godimento ma ciò non interferisce con la disciplina della progressione verticale che prevede anche la deroga al titolo di studio in caso di esperienza maturata all’interno dell’ente.
Orbene, il Collegio ritiene che l’espressione “all’interno dell’ente” non possa in alcun modo essere intesa nel senso di estendere la possibilità di accedere a tale procedura a quei soggetti che l’esperienza in questione l’hanno maturata in altro ente se ciò non sia previsto esplicitamente nel regolamento che il Comune ha adottato per disciplinare le progressioni verticali.
Quindi, se è vero che con la mobilità si concretizza una cessione del contratto di lavoro con consenso del contraente ceduto ed una sostanziale continuità del rapporto di lavoro, il requisito dell’esperienza deve essere considerato e valutato all’interno del singolo ente e, tale requisito, deve essere disciplinato da ogni regolamento (sia in ordine alle modalità con cui tale esperienza deve essere maturata, sia in ordine al periodo di tempo da considerare)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 26.02.2009 n. 413 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: La comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7 della legge n. 241/90, non è applicabile ai procedimenti avviati ad istanza di parte.
Per quanto riguarda la mancata applicazione degli articoli 7 e 8 l. n. 241/1990, il Collegio osserva che vi è stata una esplicita istanza di parte che ha dato avvio al procedimento e, in tal senso, è applicabile la conclusione giurisprudenziale, da cui non si rinvengono elementi per discostarsi in assenza di elementi specifici forniti dal ricorrente, secondo cui tale istituto non è applicabile ai procedimenti avviati ad istanza di parte, come appunto quello in esame (Cons. Stato, Sez. VI, 08.02.2008, n. 415 e TAR Toscana, Sez. I, 17.07.2008, n. 1761).
In più il Collegio richiama anche l’ulteriore riflessione giurisprudenziale, secondo cui l’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo sussiste solo quando la comunicazione stessa apporti una qualche utilità all’azione amministrativa, perché l’obbligo è sancito in funzione dell’arricchimento che deriva all’azione amministrativa, sul piano del merito e della legittimità, della partecipazione del destinatario del provvedimento; pertanto, in mancanza di tale utilità, la comunicazione d’avvio del procedimento è da ritenersi superflua, in particolare quando l’eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione solo dell’obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l’Amministrazione del potere (o del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (TAR Campania, Sa, Sez. I, 27.09.2008, n.2333).
E’ infatti da ritenersi inammissibile il motivo di ricorso finalizzato a denunciare il mancato avviso dell’inizio del procedimento amministrativo se il ricorrente non indichi gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la detta comunicazione, giacché solo in questo caso l’Amministrazione deve ritenersi gravata dal più consistente onere di dimostrare che, anche se quegli elementi fossero stati forniti, il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (Cons. Stato, Sez. VI, 29.07.2008, n. 3786 e TAR Campania, Na, Sez. II, 17.07.2008, n. 8869).
Come già precisato da questo Tribunale, l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento non deve essere applicato in modo acritico e formalistico, dovendo essere letto alla luce dei criteri generali che governano l’azione amministrativa e individuano i contenuti essenziali del rapporto tra esercizio del pubblico potere e tutela della posizione del privato, soprattutto nell’ipotesi –come realizzatasi nel caso di specie– in cui quest’ultimo abbia potuto sufficientemente partecipare all’”iter” istruttorio, allegando documentazione idonea a orientare il giudizio dell’Amministrazione (TAR Piemonte, Sez. II, 31.07.2008, n. 1802).
Tale conclusione, a maggior ragione e in presenza di esplicita previsione legislativa di cui all’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, deve applicarsi per la lamentata violazione dell’art. 10-bis l. cit., in quanto l’identità della funzione tra l’art. 7 (in relazione all’avvio del procedimento) e l’art. 10-bis (in relazione alla conclusione del procedimento) della legge n. 241/1990 deve considerare in concreto la presenza di una carenza istruttoria, che non può ritenersi verificata quando vi siano state modalità di informazione equivalenti fornite “aliunde” dall’interessato (TAR Lombardia, Bs, Sez. I, 20.08.2008, n. 862) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 29.01.2009 n. 230 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUn edificio posto su due piani fuori terra, oltre ad un piano seminterrato ed uno interrato, non soggiace all’obbligo di essere dotato del servoscala ma è tenuto soltanto ad avere gli spazi idonei alla installazione di meccanismi di accesso ai piani superiori.
Il Collegio rileva che l’edificio in questione risulta “posto su due piani fuori terra oltre ad un piano seminterrato ed uno interrato”.
Orbene, l’art. 3.2, seconda parte, del D.M. n. 236 del 14/06/1989, prevede che “negli edifici residenziali con non più di tre livelli fuori terra è consentita la deroga all’installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala, purché sia assicurata la possibilità della loro installazione in un tempo successivo”. Al riguardo la norma non distingue tra parti comuni e spazi esterni dell’unità immobiliare, prevedendo sempre la regola della adattabilità, anziché quella della accessibilità, qualora dette porzioni accedano ad edifici posti a non più di tre livelli fuori terra.
Pertanto la ricorrente non soggiace all’obbligo di dotare l’immobile del servoscala, ma è tenuta soltanto a rendere gli spazi idonei alla installazione di meccanismi di accesso ai piani superiori.
Né potrebbe rilevare a fondamento della contestata determinazione l’esistenza di eventuale impegno contrattuale ad installare il servoscala, assunto dalla ricorrente nei confronti dei cessionari delle unità abitative, in quanto in tale evenienza si configurerebbe un’inadempienza contrattuale attinente a vicenda privatistica, come tale estranea all’ambito del possibile intervento dell’Ente pubblico (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 29.01.2009 n. 116 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il concetto di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione seguita dalla “fedele” ricostruzione del manufatto ma alla precisa condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto.
Come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato formatasi in vigenza della stessa norma, condivisa ancor oggi dalla Sezione, se è ben vero che il concetto di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione seguita dalla “fedele” ricostruzione del manufatto, è altrettanto vero che tanto può ritenersi consentito alla precisa condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto.
In altri termini, è possibile pervenire in tal modo ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, purché la diversità sia dovuta ad interventi comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, e non già la realizzazione di nuovi volumi o una diversa ubicazione. Ciò in quanto, diversamente opinando, sarebbe sufficiente la preesistenza di un edificio per definire ristrutturazione qualsiasi nuova realizzazione eseguita in luogo o sul luogo di quella preesistente (cfr. in tal senso, tra le più recenti, Cons. St., Sez. V, 30.08.2006 n. 5061, 16.03.2005 n. 1062 e 15.04.2004 n. 2142; Sez. IV, 22.03.2007 n. 1388 e 31.10.2006 n. 6464).
Ne consegue che, nel mancato rispetto delle elencate puntuali caratteristiche preesistenti, ossia quando non vi sia piena “fedeltà” per tali aspetti dell’intervento progettato (appunto anche di demolizione e ricostruzione) al vecchio fabbricato, non può parlarsi di “ristrutturazione”, bensì il medesimo intervento deve essere qualificato come di “nuova costruzione” e, in quanto tale, resta assoggettato alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche dettate in proposito (cfr., sul punto, Cons. St., Sez. V, 03.03.2004 n. 1022)  (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2008 n. 918 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: I volumi tecnici sono quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno.
E’ ormai da tempo ben noto, infatti, che i volumi tecnici sono quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno; pertanto non sono tali -quindi sono computabili ai fini della volumetria consentita- le soffitte, gli stenditori chiusi e quelli “di sgombero”, nonché il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà, come nella specie, una mansarda in quanto dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda (cfr. Cons. St., Sez. V, 13.05.1997 n. 483). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2008 n. 918 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 18.03.2009

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DOTTRINA  E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: F. Giampietro e L. Giampietro, Utilizzo a fini energetici delle risorse naturali: procedure di VAS e VIA (parte prima) (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: S. Deliperi, Speculazioni edilizie ''travestite'' da alberghi.
Interessante sentenza del TAR Toscana in materia di abusivismo edilizio in un ambito particolarmente delicato e, purtroppo, con riscontri sempre maggiori nella casistica concreta, la modifica di destinazione d’uso di strutture autorizzate quali esercizi ricettivi, il loro frazionamento ed utilizzo singulatim (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Paone, Non c’è pace per le cd. «ecopiazzole» (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Rapicavoli, INDIRIZZI PER LA GESTIONE DEGLI SCARTI VEGETALI (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Sanna, Disciplina del conferimento dei reflui nei depuratori urbani (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Rizzuto, Il trasporto dei rifiuti derivanti da attività agricole e agro-industriali (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. Berto, Distanze tra le costruzioni e principio della prevenzione (link a www.altalex.com).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Motta Visconti (MI) sulla corresponsione degli incentivi per la progettazione ai sensi dell'art. 92, co. 5, del d.lgs. 12/04/2006 n. 163, Codice degli appalti pubblici (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 05.03.2009 n. 50 - link a www.corteconti.it).
I compensi erogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, debbano essere assoggettati alla previgente disciplina. Ciò anche in considerazione che le relative risorse fanno carico a fondi costituiti secondo la legislazione vigente in data anteriore e che pertanto non sono compresi nel disposto legislativo.

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Cologno al Serio (BG) in ordine alla corresponsione degli incentivi per la progettazione ai sensi dell'art. 92, comma 5, del decreto legislativo 12.04.2006 n. 163, Codice degli appalti pubblici (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 24.02.2009 n. 40 - link a www.corteconti.it).
Il divieto di retroattività della legge costituisce un principio generale dell’ordinamento e la giurisprudenza costituzionale ha ribadito che, secondo gli ordinari canoni ermeneutici, il dato normativo precettivo della retroattività deve essere chiaramente esplicitato dalla disposizione che lo introduce. Di contro, nell’art. 61 comma 8, della legge n. 113/2008 non vi sono disposizioni a carattere retroattivo relative alla riduzione dell’incentivo alla progettazione degli uffici tecnici interni ed una interpretazione in tal senso finirebbe per incidere su un diritto soggettivo vantato dai dipendenti degli stessi uffici, i quali hanno maturato il diritto al pagamento in busta paga dei corrispettivi previsti dalla normativa applicabile al momento in cui le prestazioni sono state svolte.
Né a tale interpretazione può essere di ostacolo un’altra linea ermeneutica, pur fondata su autorevoli pareri.
Conclusivamente si ritiene che i compensi erogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, ma relativi ad attività realizzate prima di tale data, vadano assoggettati alla previgente disciplina. Ciò anche in considerazione che le relative risorse fanno carico a fondi costituiti secondo la legislazione vigente in data anteriore e che pertanto non sono compresi nel disposto legislativo.

INCARICHI PROFESSIONALI: Norme regolamentari in materia di conferimento incarichi di collaborazione, di studio e di ricerca nonché di consulenza a soggetti estranei all'amministrazione (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, deliberazione 11.02.2009 n. 37 - link a www.corteconti.it).
1) La disciplina dettata dall’art. 3, commi da 54 a 57 della legge 244/2007 stabilisce l’obbligo di normazione regolamentare dei limiti, criteri modalità di affidamento degli incarichi di collaborazione, studio e ricerca nonché di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione.
La competenza ad adottare regolamenti degli uffici e dei servizi appartiene alla Giunta nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio (art. 48, terzo comma, ed art. 42, secondo comma lett. A del T.U.E.L.).
2) L’art. 46 del D.L. n. 112/2008 convertito nella legge n. 133/2008 unifica gli incarichi di collaborazione ad alto contenuto professionale e gli incarichi di studio e consulenza, riconducendoli all’interno della tipologia generale di collaborazione autonoma (da conferire perciò con contratti di lavoro autonomo) tutti caratterizzati dal grado di professionalità richiesta. Questo tipo di collaborazione è diverso dalle collaborazioni “normali” il cui uso è vietato per lo svolgimento delle funzioni ordinarie dell’ente.
3) Quanto alla locuzione “particolare e comprovata specializzazione universitaria” questa Sezione, ha già chiarito (del. 28/pareri 2008) che con essa si intende il possesso di conoscenze specialistiche equiparabile a quello che si otterrebbe con un percorso formativo di tipo universitario basato, peraltro, su conoscenze specifiche inerenti al tipo di attività professionale oggetto dell’incarico .
Inoltre la specializzazione richiesta, per essere “comprovata” deve essere oggetto di accertamento in concreto condotto sull’esame di documentati curricula.
Il mero possesso formale di titoli non sempre è necessario o sufficiente a comprovare l’acquisizione delle richieste capacità professionali.
4) Il nuova testo dell’art. 7 del D.L. n. 165/2001, introdotto con l’art. 46 del D.L. n. 112/2008 convertito nella l. n. 133/2008, qualifica poi come presupposti di legittimità tutti i requisiti già ritenuti dalla giurisprudenza contabile necessari per il ricorso ad incarichi di collaborazione o di studio.
In particolare il requisito della corrispondenza della prestazione alla competenza attribuita dall’ordinamento all’amministrazione conferente è determinato dal poter ricorrere a contratti di collaborazione autonoma solo con riferimento alle attività istituzionali stabilite dalla legge o previste dal programma approvate dal Consiglio dell’ente locale ai sensi dell’art. 42 del D.lvo 267/2000.
5) Il comma 3 dell’art. 46 del D.L. 112/2008, unificando ai fini dell’inserimento nel regolamento di cui all’art. 89 del D.lvo 267/2000 tutti gli incarichi di collaborazione autonoma, ha eliminato l’obbligo di individuare nel regolamento il livello massimo di spesa sostenibile per taluni di essi, prevedendo invece la fissazione del limite massimo annuale nel bilancio preventivo degli enti territoriali.
E’, pertanto, necessario accertare in sede di degli incarichi l’esistenza di un apposito stanziamento di spesa ed il rispetto del suo limite.
6) Quanto all’oggetto si richiamano le considerazioni contenute nel punto 6 della deliberazione di questa Sezione n. 37/2008 del 04.03.2008 sull’inapplicabilità della nuova disciplina a materia già autonomamente regolamentata e sulla distinzione tra incarico professionale ed appalto di servizi.
7) Il conferimento dell’incarico deve essere preceduto da procedure selettive di natura concorsuale ed adeguatamente pubblicizzata.
Si è posto il problema del se ed in quali limiti sia consentito l’affidamento diretto dell’incarico senza ricorrere a procedure concorsuali, in taluni casi facendo riferimento ai limiti previsti nel codice degli appalti pubblici. Come già detto la materia è del tutto estranea a quella degli appalti di lavori, di beni o servizi, pertanto non può farsi ricorso neppure per analogia a detti criteri.
Deve invece affermarsi che il ricorso a procedure concorsuali deve essere generalizzato e che da esse può prescindersi solo in circostanze del tutto particolari, e cioè:
- procedura concorsuale andata deserta;
- unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo;
- assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione ad un termine prefissato o ad un evento eccezionale.
8) L’atto di incarico deve contenere tutti gli elementi costitutivi ed identificativi previsti per i contratti della Pubblica Amministrazione ed in particolare oggetto della prestazione, durata dell’incarico, modalità di determinazione del corrispettivo e del suo pagamento, ipotesi di recesso, verifiche del raggiungimento del risultato. Quest’ultima verifica è peraltro indispensabile in ipotesi di proroga o rinnovo dell’incarico.
9) In ogni caso tutti i presupposti che legittimano il ricorso alla collaborazione debbono trovare adeguata motivazione nelle delibere di incarico.
10) Nel regolamento deve essere espressamente precisato che le società in house debbono osservare i principi e gli obblighi fissati in materia per gli enti cui appartengono nonché criteri per il controllo dell’Ente locale sull’osservanza delle regole da parte delle Società partecipate.
11) In ipotesi di difformità del regolamento dai criteri soprannunciati ovvero all’insorgere di particolari problemi interpretativi i magistrati istruttori deferiranno la questione all’esame della Sezione. Negli altri casi procederanno all’archiviazione degli atti regolamentari con annotazioni del loro avvenuto esame.

NEWS

VARI: Cani, nuove regole a tutela dell'incolumità pubblica.
Il ministero del Lavoro, salute e politiche sociali ha emanato un'ordinanza urgente in cui indica le misure a cui devono attenersi i proprietari e detentori di cani a tutela dell'incolumità pubblica. Il principio espresso in via preliminare è che "il proprietario di un cane è sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell'animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali e cose provocati dall'animale stesso".
Viene precisato, inoltre, che non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività di un cane sulla base dell'appartenenza ad una razza o ai suoi incroci, pertanto non ha più validità l'elenco delle razze canine a rischio di aggressività, contenuto nell'ordinanza del gennaio 2008, sostituita dalla presente.
In base all'ordinanza, che entra in vigore il giorno della pubblicazione in Gazzetta, proprietario o detentore del cane devono: utilizzare sempre il guinzaglio ad una misura non superiore a mt. 1,50 durante la conduzione dell'animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni; portare con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio per l'incolumità di persone o animali o su richiesta delle Autorità competenti; affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente; acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonché sulle norme in vigore; assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive; raccoglierne le feci e avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle stesse, quando conducono l'animale in ambito urbano.
Vengono istituiti percorsi formativi per i proprietari di cani con rilascio di patentino; i percorsi, le cui spese sono a carico dei proprietari stessi, saranno organizzati dai comuni, che, sulla base dell'Anagrafe canina ed in collaborazione con il Servizio Veterinario, decideranno in quali casi il percorso formativo è da ritenersi obbligatorio. Le linee guida per la programmazione dei corsi formativi saranno dettate con decreto del Ministero entro sessanta giorni dall'entrata in vigore dell'ordinanza (link a www.governo.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Varianti edilizie.
Non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato (come accade, ad esempio, nelle ipotesi di: sensibile spostamento della localizzazione del manufatto, aumento del numero dei piani, creazione di un piano seminterrato, modifica del prospetto esterno etc.).
La nozione di "variante", pertanto, deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso di costruire dalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.03.2009 n. 9922 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Modifica della destinazione d’uso.
La destinazione di un immobile non si identifica con l'uso che in concreto ne fa il soggetto che lo utilizza, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito (ovviamente quando tale titolo sussista e sia determinato sul punto). Ciò significa che il concetto di uso urbanisticamente rilevante è ancorato alla tipologia strutturale dell'immobile, quale individuata nell'atto di concessione, senza che esso possa essere influenzato da utilizzazioni difformi rispetto al contenuto degli atti autorizzatori e/o pianificatori.
Quanto al mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che, qualora esso venga realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall'art. 3. l° comma, lett. d), del T.U. n. 380/2001), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.
Un'interpretazione coerente della disposizione di cui all'art. 10, l° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001 può aversi soltanto allorché si ritenga che in essa il legislatore si è riferito alle "destinazioni d'uso compatibili" già considerate dall'art 3, l° comma, lett. c) dello stesso T.U. (nella descrizione della tipologia del restauro e risanamento conservativo). Soltanto un'interpretazione siffatta consente di mantenere coerenza al sistema. Una diversa conclusione, nel senso della generalizzata esclusione, fuori dei centri storici, del limite dell'immodificabilità delle destinazioni d'uso, si porrebbe infatti in incoerente contrasto con tutta la disciplina degli interventi specificati dall'art. 3 del T.U. n. 380/2001 (ove finanche la manutenzione straordinaria, non può comportare "modifiche della destinazione d'uso") (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.03.2009 n. 9894 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA Rifiuti. Impianto di demolizione autovetture.
L'impianto di demolizione non è il luogo di produzione dei rifiuti costituiti da carcasse di auto, sicché il deposito delle stesse deve formare oggetto di apposita autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2009 n. 9848 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Scarico abusivo e responsabilità del gestore dell’impianto.
Il reato di effettuazione di scarichi senza autorizzazione si configura non solo a carico del titolare dell'insediamento, ma altresì nei confronti del gestore dell'impianto, atteso che su quest'ultimo grava l'onere di controllo che l'impianto da lui gestito sia dotato di autorizzazione, configurando tale autorizzazione il presupposto della legittimità della gestione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.03.2009 n. 9497 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Acquisizione immobile abusivo e sequestro.
La mera presenza del sequestro penale non determina, di per sé, la sospensione del termine dei novanta giorni per l'acquisizione dell'immobile al patrimonio del Comune (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.03.2009 n. 9186 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Illegittimità titolo abilitativo.
Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all'enunciato della L. 20.03.1865, n. 2248, allegato E, art. 5, né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice; la "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è condizione essenziale per la configurabilità di un'ipotesi di reato D.P.R. 06.06.2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni dolose con organi dell'amministrazione) l'accertata esistenza di profili assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di riscontro dell'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche riguardo all'apprezzamento della colpa; spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buonafede e di affidamento incolpevole (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.03.2009 n. 9177 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Modifica destinazione d’uso mediante opere.
In ordine al mutamento di destinazione d'uso di un immobile attraverso la realizzazione di opere edilizie si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall'art. 3, comma 1, lett. d) del T.U. n.380/2001), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.
Non ha rilievo l'entità delle opere eseguite, allorché si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi:
- di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d'uso (art. 3, comma l, lett. b) T.U. 380/2001);
- di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell'edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie (art. 3, comma l, lett. c), T.U. n. 380/2001).
Gli interventi anzidetti, invero, devono considerarsi "di nuova costruzione" ai sensi dell'art. 3 comma l, lett. e) del T.U. n. 380/2001. Ove il necessario permesso di costruire non sia stato rilasciato, sono applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 31 del T.U. n. 380/2001 e quella penale di cui all'art. 44, lett. b) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.02.2009 n. 8847 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale.
Nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei 200 metri (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.02.2009 n. 8626 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul silenzio serbato dal comune a fronte della presentazione di una DIA.
I terzi, che si assumano lesi dal silenzio serbato dall'Amministrazione a fronte della presentazione della D.I.A., sono legittimati a impugnare, nelle forme dell'ordinario giudizio, il titolo che, formatosi e consolidatosi per effetto del decorso del termine, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita (ex multis, Consiglio Stato, sez. IV, 25.11.2008, n. 5811).
Inoltre, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell'esercizio di una attività di secondo grado estrinsecantesi nell'annullamento d'ufficio e nella révoca, che ben possono essere sollecitati da parte del terzo medesimo (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 25.02.2009 n. 2006 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ultimazione opere e condono edilizio.
Si deve escludere la esecuzione del rustico, e quindi la ultimazione dell'immobile ai fini del condono, quando manchino ancora le tamponature ed esistano soltanto chiusure provvisorie finalizzate a proteggere l'immobile da incursioni estranee, oppure strutture predisposte per eseguire una futura tamponatura (come casseri, pannelli da armatura e simili).
In casi simili, infatti, le strutture provvisorie di delimitazione perimetrale rispondono a scopi del tutto diversi da quello di definire la volumetria completa dell'immobile, e comunque non assicurano appunto -per il loro carattere provvisorio- la delimitazione definitiva della volumetria, che è il criterio fondamentale al quale si è ispirato il legislatore quando ha definito la ultimazione dei lavori ai fini del condono come esecuzione del rustico e completamento della copertura (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.02.2009 n. 8064 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inammissibilità sanatoria parziale o condizionata.
E’ illegittimo il permesso in sanatoria rilasciato (in contrasto con l'art. 36 DPR 380/2001 -in assenza della doppia conformità-) perché subordinato alla demolizione della parte della nuova costruzione eccedente il limite volumetrico consentito. Non è consentito, invero, il rilascio di un permesso in sanatoria parziale o subordinato all'esecuzione di opere: l'accertamento della doppia conformità presuppone infatti che le opere siano state già realizzate e che esse siano integralmente corrispondenti alla disciplina urbanistica vigente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.02.2009 n. 6910 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Demolizione non equivale a ripristino.
In linea di diritto, la demolizione del manufatto abusivo non equivale al ripristino dello stato dei luoghi, giacché questo viene alterato non solo dalla realizzazione di fabbricati, ma anche da sbancamenti, estirpazione di piante, o da opere infrastrutturali che comunque modifichino l'assetto del territorio e del paesaggio. Ne consegue che la mera demolizione del fabbricato abusivo, ove sussistano anche altri interventi che alterano l'assetto del territorio, non perfeziona quella riduzione in pristino dello stato dei luoghi che il legislatore ha imposto come sanzione accessoria di tipo amministrativo ogni qual volta intervenga una condanna per reato paesaggistico (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.02.2009 n. 6902 - link a www.lexambiente.it).

AGGIORNAMENTO AL 16.03.2009

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: La Giunta Regionale del Veneto ha emanato la d.G.R. 24.02.2009 n. 436 recante: "Indirizzi interpretativi per l'applicazione delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei contratti (D.Lgs. 163/2006, art. 32, comma 1, lett. g, e art. 122, comma 8)" (link a http://venetoius.myblog.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 10 del 13.03.2009, "Disposizioni in materia di territorio e opere pubbliche - Collegato ordinamentale" (L.R. 10.03.2009 n. 5 - link a www.infopoint.it).
Modificazioni/integrazioni alla L.R. n. 12/2005.

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 10 del 12.03.2009, "Schema di convenzione tipo per la realizzazione  e gestione di interventi destinati a Servizi Abitativi a Canone Convenzionato (art. 2, comma 2, l.r. n. 14/2007) - Modifiche alla d.g.r. n. 8456/2008" (deliberazione G.R. 04.03.2009 n. 9060 - link a www.infopoint.it).

ESPROPRIAZIONE: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del 06.03.2009, "Norme regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità" (L.R. 04.03.2009 n. 3 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: G.U. 02.03.2009 n. 50 "Determinazione per il periodo 01.01.2008-31.12.2008, della misura del tasso di interesse di mora da applicare ai sensi e per gli effetti dell’articolo 133 del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture" (D.M. 19.02.2009).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: A. Gurrieri, Il Responsabile del procedimento negli appalti di beni e servizi (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: M. Greco, L’affidamento in house del servizio di raccolta dei rifiuti (link a www.diritto.it).

APPALTI: IL CONTRATTO DI AVVALIMENTO (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Serravezza, La finanza di progetto dopo il terzo decreto correttivo del Codice degli Appalti (link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: R. Greco, LA NATURA GIURIDICA DELLE PROCEDURE DI PROJECT FINANCING DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO AL CODICE DEGLI APPALTI (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: R. Giovagnoli, LA RESPONSABILITÀ DELLA STAZIONE APPALTANTE PER LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA: IL PROBLEMA DELLA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO E LA POSSIBILITÀ PER L'IMPRESA PRETERMESSA DI SUBENTRARE NEL RAPPORTO CONTRATTUALE (link a www.giustizia-amministrativa.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Comune di Terralba sulla legittimità della restituzione dei canoni relativi al servizio di depurazione nei casi in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Sardegna, parere 06.03.2009 n. 8 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Comune di Treviso (TV) - Servizio di depurazione, pronuncia di incostituzionalità (sentenza C.Cost. n. 335/2008) dell'art. 14, co. 1, L. 36/1994 e dell'art. 155, co. 1, primo periodo, L. 152/1999 in materia di tariffa del servizio idrico integrato. Parere in merito al diritto da parte degli interessati ad ottenere il rimborso della quota di corrispettivo riferita al servizio di depurazione non effettivamente fornito. Decorrenza prescrizione (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 13.02.2009 n. 17 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Comune di Brugine (PD) - Parere in merito alla trasformazione in rapporto di lavoro a tempo pieno la posizione di un dipendente assunto in part-time, alla luce di quanto disposto dalla vigente normativa (art. 1, co. 557, L. 296/2006, come modificato dall'art. 3, co. 120, L. n. 244/2007; art. 76, co. 5, D.L. n. 112/2008) (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 13.02.2009 n. 16 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Comune di Selargius - Spese non preventivamente impegnate rispetto al momento in cui sorge l'obbligo di pagare (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Sardegna, parere 21.01.2009 n. 2 - link a www.corteconti.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI SERVIZISoggetti ammessi a partecipare alla gara - Associazioni di volontariato ex l. 266/1991 - Inammissibilità - Ragioni.
Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla possibilità per una associazione di volontariato di partecipare a procedure di gara, questa Autorità si è già espressa in precedenti occasioni (si vedano i pareri n. 29 del 31.01.2008; n. 266 del 17.12.2008), evidenziando come, in accordo al costante orientamento giurisprudenziale, sia da considerare illegittima la partecipazione a gare di appalti pubblici delle associazioni di volontariato, in quanto l’espletamento di una procedura di selezione del contraente, fondata sulla comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di convenienza tecnica - economica, risulta essere inconciliabile con il riconoscimento alle associazioni di volontariato, ex art. 5 della L. n. 266/1991 (legge quadro sul volontariato), della possibilità di usufruire di proventi costituiti esclusivamente da rimborsi derivanti da convenzioni che prescindono dalle regole di concorrenza.
La sentenza della Corte di Giustizia citata dall’istante a sostegno della possibilità per le associazioni di volontariato, nella propria qualità di imprese che esercitano una attività economica, di prendere parte a procedure di gara, in realtà è intervenuta a chiarire un aspetto differente. In particolare, infatti, l’oggetto del giudizio instaurato dalla Commissione europea dinnanzi alla Corte riguardava la possibilità di affidare direttamente le attività di trasporto in esame mediante un accordo quadro stipulato con la Croce Rossa Italiana senza esperire alcuna procedura ad evidenza pubblica. In altre parole, la questione era quella di stabilire se tale accordo quadro presentasse o meno le caratteristiche di un appalto pubblico, ai sensi della normativa comunitaria sui servizi, e cioè se esso fosse un contratto a titolo oneroso, stipulato in forma scritta, tra un prestatore di servizi e un’amministrazione aggiudicatrice.
Nell’affrontare tale questione la Corte ha constatato che l’assenza di fini di lucro e il perseguimento di fini di solidarietà sociale da parte di un’associazione, ancorché i suoi collaboratori agiscano a titolo volontario, non esclude che la stessa possa esercitare un’attività economica in concorrenza e costituisca impresa ai sensi delle disposizioni del Trattato, ed ha altresì ricordato che entità come le organizzazioni sanitarie che garantiscono la fornitura di servizi di trasporto d’urgenza e di trasporto malati devono essere qualificate imprese ai sensi delle norme di concorrenza previste dal citato Trattato.
Il Giudice comunitario, tuttavia, proprio in considerazione dell’oggetto del giudizio, ha focalizzato la propria attenzione sulla natura dell’attività svolta in virtù dell’affidamento dell’accordo quadro, senza entrare nel merito della specifica qualificazione giuridica che una siffatta associazione riceva nel proprio ordinamento nazionale, né si è pronunciato sulla compatibilità comunitaria della particolare disciplina italiana in materia di associazioni di volontariato (legge n. 266/1991), anche perché nel caso esaminato il soggetto affidatario dell’accordo quadro censurato non era un’associazione di volontariato ai sensi della legge n. 266/1991, come sono, invece, la Sogit di Udine e la Croce Verde Gradiscano di Gradisca di Isonzo, bensì la Croce Rossa Italiana che, come si evince dal suo Statuto, è soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico.
Sulla peculiare disciplina dettata dal legislatore nazionale in materia di associazioni di volontariato occorre osservare come l’art. 2, co. 1 e 2, della legge n. 266/1991 preveda che per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro, anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà e, inoltre che: l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. Il comma 3 dell’art. 2 cit. stabilisce, inoltre, l’incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.
La caratteristica precipua dell’attività di volontariato consiste, dunque, nella sua gratuità, che comporta come corollario inevitabile l’impossibilità di retribuire la medesima, anche da parte del beneficiario. Risulta evidente, pertanto, che la stipulazione di un contratto a titolo oneroso, quale un appalto pubblico di servizi, si pone come incompatibile, rispetto a tale fondamentale aspetto del volontariato. L’onerosità implica, dunque, che l’Amministrazione - per conseguire il vantaggio rappresentato dall’espletamento del servizio dedotto in appalto - corrisponda il correlativo prezzo, evidentemente comprensivo della retribuzione dei lavoratori impiegati per svolgerlo. Di conseguenza, sussiste una evidente incompatibilità tra l’espletamento di una gara finalizzata all’aggiudicazione di un pubblico servizio e la partecipazione, alla medesima, di associazioni di volontariato (in questo senso TAR Campania, sez. I, 02/04/2007 n. 3021).
Inoltre la stessa legge n. 266/1991 all’art. 5 prevede che le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da: a) contributi degli aderenti; b) contributi di privati; c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti; d) contributi di organismi internazionali; e) donazioni e lasciti testamentari; f) rimborsi derivanti da convenzioni; g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.
Pertanto, il dettato normativo ha escluso che le associazioni di volontariato possano, di regola, espletare attività commerciali, ammettendo solo quelle qualificabili come “marginali”. Con D.M. del 25.05.1995 sono stati individuati i criteri per stabilire quali attività sono da intendersi commerciali e produttive “marginali” svolte dalle organizzazioni di volontariato e tra le attività ivi elencate non figura la partecipazione a procedure di selezione concorrenziale, anzi il citato D.M. precisa che tali attività devono essere svolte “senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la Sogit di Udine e la Croce Verde Gradiscano di Gradisca di Isonzo, non possono partecipare a procedure di gara per l’affidamento di appalti di servizi di trasporto infermi e pronto soccorso stradale, in considerazione della loro natura giuridica di associazioni di volontariato ai sensi della legge n. 266/1991 (parere 26.02.2009 n. 26 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Requisiti generali - Regolarità fiscale e contributiva - Deve sussistere al momento della domanda di partecipazione alla gara - Rilevanza benefici della rateizzazione - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
La disposizione che assume rilievo nella presente controversia è l’art. 38, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., ai sensi del quale sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: “… che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo stabilisce, altresì, che il possesso del requisito generale di regolarità fiscale, indispensabile per la partecipazione alle procedure di gara, può essere attestato mediante una dichiarazione sostitutiva redatta in conformità al D.P.R. n. 445/2000.
In ordine alla citata disposizione e a quella di cui alla lett. i) del medesimo art. 38 -relativa alle violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali- che risultano assimilabili per i profili interpretativi ed applicativi in esame nel presente procedimento, si sono pronunciati in epoca recente sia il Giudice Comunitario (Corte di Giustizia C.E., Sez. I, sentenza 09.02.2006, C-226/04 e C-228/04) sia il Giudice Amministrativo (TAR Puglia, Bari, Sez. I, sentenza 12.06.2008, n. 1479, TAR Puglia, Lecce, Sez. II, sentenza 30.12.2006, n. 6104), fornendo argomentazioni che contribuiscono a definire con chiarezza la problematica in oggetto.
Resta fermo l’orientamento costante secondo il quale l’impresa deve essere in regola con gli obblighi in materia di imposte e tasse, nonché di contributi previdenziali e assistenziali, fin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara ovvero di presentazione dell’offerta in caso di procedura aperta, essendo irrilevanti eventuali adempimenti tardivi.
E’ stato, peraltro, chiarito dalla Corte di Giustizia con la richiamata sentenza del 09.02.2006 e sancito dai giudici amministrativi nazionali con le sentenze citate, che laddove l’impresa si sia avvalsa di ricorsi giurisdizionali o amministrativi avverso atti di accertamento del debito o abbia usufruito di condono fiscale o previdenziale o, infine, abbia ottenuto una rateizzazione o riduzione del debito, la stessa deve essere considerata in regola con gli obblighi contribuitivi, a condizione che provi di aver presentato ricorso o di aver beneficiato di tali misure, entro il suddetto termine di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara ovvero di presentazione dell’offerta.
Ai fini della regolarità contributiva, quindi, non rileva esclusivamente la dimostrazione di un regolarità fiscale o previdenziale “interamente in essere” al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, ma acquisisce pari rilievo la prova di aver beneficiato, entro tale termine, di misure variamente “premiali” ovvero variamente “sananti” e/o “condonative”, i cui pagamenti, dilazionati nell’arco temporale ex lege eventualmente consentito, siano in corso di adempimento, ferma restando la necessità di rispettare, entro i puntuali termini di scadenza previsti, l’esatto pagamento dei ratei.
Ne discende, con specifico riguardo al caso di specie, che assume preminente rilevanza l’attività di valutazione della veridicità della dichiarazione di regolarità fiscale resa in sede di gara dalla ditta individuale Francesco Lanzetta, che la stazione appaltante deve effettuare, anche in contraddittorio con l’impresa, accertando il momento esatto in cui sarebbe avvenuto l’accoglimento della richiesta di rateizzazione del debito tributario da parte del competente agente della riscossione (Equitalia Terni S.p.A.) e tenendo, altresì, presente che il bando di gara indicava il giorno 17.09.2008 quale la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la stazione appaltante deve verificare, anche in contraddittorio con l’impresa, se l’accoglimento della richiesta di rateizzazione del debito tributario da parte del competente agente della riscossione sia effettivamente avvenuta entro il termine di scadenza per la presentazione dell’offerta, nel qual caso l’impresa concorrente deve essere considerata in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse (parere 12.02.2009 n. 23 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: 1. Gara d'appalto - Criterio offerta economicamente più vantaggiosa - Criteri motivazionali di attribuzione dei punteggi - Dopo la modifica ex dlgs. 152/2008 - Vanno indicati nel bando di gara
2. Gara d'appalto - Criterio offerta economicamente più vantaggiosa - Punteggio numerico - Presuppone predeterminazione specifica e puntuale criteri di valutazione - Fondamento
3. Gara d'appalto - Criterio offerta economicamente più vantaggiosa - Criteri motivazionali di attribuzione dei punteggi - Anteriormente alla modifica ex dlgs. 152/2008 - Definizione anteriore all'apertura delle offerte - Necessità.
Ritenuto in diritto:
La disciplina dell’offerta economicamente più vantaggiosa è contenuta nell’art. 83, comma 4, del Codice dei contratti che, come noto, recentemente è stato modificato dal D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, (cd. terzo decreto correttivo) che ha reso più ristretti gli ambiti di libertà valutativa delle offerte, imponendo alle stazioni appaltanti di stabilire e prevedere, fin dalla formulazione della documentazione di gara, tutti i criteri di valutazione dell’offerta, precisando, ove necessario, anche i sub-criteri e la ponderazione e cioè il valore o la rilevanza relativa attribuita a ciascuno di essi.
E’ stato, pertanto, eliminato così ogni margine di discrezionalità in capo alla Commissione giudicatrice la quale, secondo la normativa previgente, poteva fissare, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali cui si sarebbe attenuta per attribuire a ciascun criterio e sub-criterio di valutazione il punteggio.
Nel caso di specie, si rileva che il bando di gara, essendo stato pubblicato in data 25.08.2008 e, pertanto, in data antecedente all’entrata in vigore della modifica introdotta dal terzo decreto correttivo, ricade sotto la previgente disciplina dettata dall’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006.
La procedura di gara indetta dalla stazione appaltante si basa sul criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo le modalità descritte nell’Allegato E al Disciplinare di gara, in accordo alle quali viene attribuito un peso pari al 50% all’offerta economica ed il restante 50% è suddiviso in: “prestazioni accessorie e servizi aggiuntivi” che l’appaltatore può proporre in sede di offerta aggiuntiva, senza oneri per il Committente, il cui peso è pari al 12%; qualità dell’offerta tecnica, il cui peso è pari al 14%; formula di benchmark, con percentuale pari al 12%; tempi, con un peso nella valutazione complessiva pari al 12%.
L’Allegato E ha individuato per i criteri “offerta tecnica” e “tempi” alcuni sottocriteri valutativi, in relazione ai quali ha fissato dei pesi parziali indicati con una percentuale rispetto alla valutazione complessiva. A titolo esemplificativo per il criterio qualità dell’offerta tecnica il peso 14% è stato suddiviso in quattro sottocriteri con sottopesi ricompresi tra 5% e 1,5% (descrizione dettagliata del sistema di monitoraggio e del servizio relativo,con particolare riferimento al numero di rilievi per ciascun locale, alla mappatura del rilievo della temperatura esterna e alle modalità di gestione e diagnostica con peso 5%; descrizione integrativa, a quanto già previsto nel capitolato d’appalto, delle modalità di gestione della manutenzione degli impianti con particolare riferimento al numero di persone preposte alla manutenzione degli impianti stessi con peso 5%; descrizione dettagliata sulle modalità di certificazione energetica degli edifici con peso 2,5%; qualità e completezza della reportistica con peso 1,5%).
La documentazione di gara non sembra aver previsto né nel disciplinare di gara, né negli Allegati la modalità applicativa di detti sottocriteri e, in particolare, le motivazioni sulla base delle quali il punteggio dei sottocriteri viene attribuito.
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che il punteggio numerico può essere considerato sufficiente a motivare gli elementi dell’offerta economicamente più vantaggiosa soltanto nell’ipotesi in cui il bando di gara abbia espressamente predefinito specifici, obiettivi e puntuali criteri di valutazione, visto che tale criterio di aggiudicazione svincola l’amministrazione da una valutazione meccanica, attribuendole un potere fortemente discrezionale. Tale esigenza risponde al principio di correttezza dell’azione amministrativa, a garanzia dell’imparziale svolgimento di tali procedimenti ed al fine di consentire la verifica dell’operato dell’Amministrazione sia da parte del privato interessato, che del Giudice Amministrativo, al quale deve essere permesso di poter ricostruire l’iter logico seguito dalla stazione appaltante (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 31.08.2007, n. 4543; Cons. Stato, Sez. V, 28.05.2004, n. 3471).
Di conseguenza, posto che nella documentazione di gara non erano state specificate le modalità di attribuzione dei sub-punteggi relativi ai sub criteri e le motivazioni ad essi riconducibili, la Commissione di gara, avrebbe potuto, in applicazione dell’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, nella versione non modificata dal decreto correttivo, fissare i criteri motivazionali e comunicarli prima dell’apertura delle buste, per una più esatta valutazione delle offerte medesime.
Dai verbali depositati, viceversa, non è possibile ricavare le modalità con cui la Commissione di gara ha assegnato i sub punteggi. In particolare, nel verbale n. 2 della seduta riservata del 04.12.2008, si legge che la “Commissione procede quindi all’apertura delle buste “B” e alle analisi delle offerte tecniche in esse contenute seguendo l’ordine di presentazione delle stesse”. Nel successivo verbale relativo alla seduta riservata del 12.12.2008, viene indicato che: “Preliminarmente la Commissione definisce una griglia per la comparazione degli aspetti qualitativi delle offerte tecniche offerte per quanto riguarda le prestazioni accessorie e servizi, la qualità dell’offerta tecnica e la formalizzazione della Formula di Benchmark, nonché una griglia per la valutazione sia qualitativa che quantitativa delle quattro tempistiche di realizzazione del servizio di monitoraggi, di consegna dei report di audit energetico, di consegna degli attestati di qualificazione energetica e di interventi caratteristici di manutenzione. La Commissione decide di esprimere la valutazione quantitativa su base cento, in modo che il punteggio massimo assegnabile ad ogni voce sia pari al peso della voce stessa. Sulla base di quanto sopra si procede all’attribuzione dei punteggi relativi alle due offerte tecniche ritenute rispondenti ai requisiti del bando e come tali valutabili, con i seguenti risultati”. Segue nel verbale una griglia nella quale sono inseriti i punteggi attribuiti alle due società rimaste in gara. Non è dato capire dalla griglia con che modalità detti punti sono stati attribuiti, e quali criteri o finalità hanno ispirato la Commissione giudicatrice dato che, peraltro, non risulta allegata la “griglia per la valutazione sia qualitativa che quantitativa”.
Deve, altresì, essere evidenziato che, non solo non risulta che la Commissione di gara abbia formalmente esplicitato nei verbali i criteri motivazionali per l’attribuzione dei sub punteggi, ma non risulta nemmeno che la stessa abbia provveduto a renderli pubblici prima dell’apertura delle buste così come prescritto dall’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006.
La sopradescritta censura è da considerarsi assorbente nei confronti delle altre rilevate dall’istante, in quanto idonea ad invalidare l’intera procedura. Si evidenzia, altresì che, stante la novella contenuta nell’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, nel bandire una nuova procedura per l’affidamento del servizio in oggetto, la stazione appaltante dovrà aver cura di prevedere, fin dalla formulazione della documentazione di gara, tutti i criteri di valutazione dell’offerta, precisando anche le modalità con cui verranno attribuiti tutti i punteggi stabiliti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della Commissione di gara non è conforme alla normativa in vigore alla data della pubblicazione del bando di gara (parere 12.02.2009 n. 22 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Autocertificazione - Schema predisposto dalla s.a. - Difforme dal disciplinare di gara - Tutela dell'affidamento - Correttezza e buona fede dell'azione amministrativa - Condotta colposa dell'amministrazione - Esclusione dalla gara - Inammissibilità - Integrazione documentale - Va disposta.
... viste le deliberazioni n. 68/2006, n. 98/2006, n. 166/2007 e n. 257/2008 con le quali questa Autorità ha sostenuto che la predisposizione di uno schema di domanda di partecipazione difforme dalle prescrizioni del disciplinare di gara costituisce un comportamento equivoco della stazione appaltante, idoneo a generare convincimenti non esatti e a dare indicazioni o avvertenze fuorvianti, per cui l’Autorità medesima ha considerato non legittima l’esclusione dalla gara del concorrente in tal modo indotto in errore ed ha ritenuto necessaria la richiesta di un’integrazione documentale;
- visti altresì i pareri n. 1/2007, n. 52/2008, n. 164/2008, n. 229/2008, n. 235/2008, n. 257/2008, nonché il costante orientamento giurisprudenziale (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, sentenze n. 3384 del 21.06.2007 e n. 6190 del 17.10.2006) che cristallizzano il principio secondo cui la tutela dell’affidamento e la correttezza dell’azione amministrativa impediscono che le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla gara
il Consiglio ritiene nei limiti di cui in motivazione, che il Comune di Monticiano non possa procedere ad escludere la Cooperativa Montemaggio e debba invece richiedere alla medesima un’integrazione documentale (parere 12.02.2009 n. 21 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Contributo all'autorità di vigilanza - Disciplina ex art. 1, comma 67, l. 23.12.2005 n. 266 - Mancata comunicazione del compiuto versamento - Esclusione - Illegittimità.
Ritenuto in diritto:
La deliberazione dell’Autorità del 28.01.2008, all’articolo 3, prevede espressamente che gli operatori economici “sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione”, nonché chiarisce che “la mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla procedura di gara”.
Ne consegue, come peraltro più volte chiarito dall’Autorità, che il versamento del contributo costituisce condizione di ammissibilità ai fini della partecipazione alle gare.
Nelle “Istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell’articolo 1, comma 67, della legge 23.12.2005 n. 266, di soggetti pubblici e privati”, pubblicate sul sito dell’Autorità, sono indicate le modalità di pagamento della contribuzione (versamento on-line e sul conto corrente postale) ed è previsto che, qualora il versamento non venga effettuato attraverso il Servizio di riscossione contributi, gli estremi del versamento devono essere comunicati collegandosi al “Servizio riscossione contributi”, disponibile sul sito dell’Autorità, e che la stazione appaltante è tenuta, ai fini dell’esclusione del partecipante, al controllo, anche tramite l’accesso al SIMOG, dell’avvenuto pagamento, dell’esattezza dell’importo e della rispondenza del CIG riportato sulla ricevuta del versamento con quello assegnato alla procedura in corso.
Tra le “Risposte ai quesiti frequenti” pubblicate sul sito dell’Autorità, alla domanda D26 si prospetta l’ipotesi in cui il concorrente abbia provveduto ad effettuare il versamento del contributo presso gli uffici postali, senza comunicarne gli estremi al Servizio riscossione contributi.
Al riguardo, nella risposta R26, sebbene venga ribadito l’invito agli operatori economici ad autocertificare il pagamento del bollettino postale al Servizio riscossione contributi, si chiarisce che la mancata comunicazione degli estremi del versamento al Servizio riscossione contributi non può costituire motivo di esclusione delle imprese concorrenti.
Nel caso di specie, il Comune di Rotondella ha correttamente riportato nella lex specialis il contenuto delle istruzioni operative concernenti il versamento del contributo all’Autorità, prevedendo altresì la necessaria comunicazione degli estremi del versamento effettuato presso gli uffici postali.
Tuttavia non avrebbe dovuto procedere alla esclusione delle imprese che non hanno provveduto a comunicare gli estremi del versamento al sistema on-line, non costituendo la detta comunicazione causa di esclusione dalle procedure di gara, come si evince dai menzionati chiarimenti che l’Autorità stessa ha fornito al riguardo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il provvedimento di esclusione adottato dal Comune di Rotondella nei confronti degli operatori economici, che non hanno provveduto a comunicare al Servizio riscossione contributi il versamento effettuato presso gli uffici postali, non è conforme alla normativa di settore e alle istruzioni al riguardo fornite dall’Autorità (parere 12.02.2009 n. 20 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIVizi inerenti la procedura di gara - Provvedimenti in autotutela - Presupposti di legittimità - Individuazione.
Ritenuto in diritto:
Da quanto emerge in fatto, la stazione appaltante, Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, ha ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione di questa Autorità una serie di irregolarità presenti nella documentazione di gara e nella procedura per l’affidamento del servizio di pulizia in oggetto, sulla cui sussistenza né la stazione appaltante né la commissione di gara sembrano nutrire dubbi.
L’istanza di parere presentata dall’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia non attiene, dunque, all’individuazione da parte dell’Autorità di vizi ovvero di illegittimità eventualmente presenti in questioni insorte durante lo svolgimento di gara, al fine di proporre ipotesi di soluzione, così come dispone l’art. 6, comma 7, lettera n), del D.Lgs. n. 163/2006).
Il precontenzioso in esame ha, in realtà, ad oggetto la richiesta della stazione appaltante in merito a quale sia il comportamento più opportuno da adottare da parte della stessa, a fronte delle succitate irregolarità, ed in particolare, se sia preferibile annullare in autotutela la documentazione di gara, ovvero proseguire la gara superando le censure mosse.
Al riguardo si evidenzia che tale tipo di valutazione in ordine al possibile annullamento in autotutela di una procedura di gara rientra nella esclusiva potestà discrezionale della stazione appaltante, che è chiamata a decidere, secondo gli ordinari canoni della autotutela, laddove sussistano ragioni di opportunità e di interesse pubblico attuale e concreto. La potestà di agire in autotutela per revocare o annullare la documentazione di gara, infatti, come è noto, risiede nel principio costituzionale di buon andamento che impegna l’amministrazione ad adottare atti per la migliore realizzazione del fine pubblico perseguito, nell’esigenza che l’azione amministrativa si adegui all’interesse pubblico, allorquando questo muti o vi sia una sua diversa valutazione.
E’ appena il caso, dunque, di evidenziare che l’amministrazione, qualora decidesse di adottare un provvedimento in autotutela, lo dovrà fare fondando il proprio giudizio, non sulla mera esigenza di ripristino della legalità, ma dando conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto.
Sulla questione, peraltro, questa Autorità era intervenuta con un atto di determinazione n. 17 del 10.07.2002, nel quale aveva evidenziato come la giurisprudenza avesse ritenuto che la illegittimità della procedura di gara giustifica l’esercizio del potere di autotutela nel caso in cui l’aggiudicazione sia stata determinata sulla base di vizi inerenti la procedura che doveva essere espletata assicurando il puntuale rispetto della concorrenza tra imprese e la par condicio delle stesse, occorrendo peraltro che vengano individuati da parte della stazione appaltante tutti gli interessi pubblici attuali, distinti dal mero interesse al ripristino della situazione di legittimità che giustifica la rimozione dell'atto viziato.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia è chiamato a scegliere quale sia il provvedimento più opportuno da adottare, contemperando, da una parte, tutti gli interessi pubblici coinvolti, che per quanto rappresentato a questa Autorità non sembrano ostativi all’eventuale emanazione di provvedimenti in autotutela, e, dall’altra, la garanzia della par condicio degli operatori che hanno partecipato alla procedura di gara (parere 12.02.2009 n. 19 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICICollaudo - Applicazione art. 120 d.lgs 163/2006 - Insussistenza del divieto di cui all'art. 188, comma 12, dpr 554/1999 - Obbligo di mantenimento del requisito in fase di stipula del contratto ed in fase esecutiva.
Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che la disciplina del collaudo di lavori pubblici è rinvenibile agli articoli 120 e 141 del Codice dei contratti pubblici, laddove, da un lato, si demanda al regolamento ex articolo 5 la definizione di una disciplina coerente con le norme del Codice, con l’effetto che risultano attualmente applicabili le disposizioni del D.P.R. n. 554/1999, in quanto compatibili, dall’altro, si prevedono alcune delle modalità applicative dell’istituto.
Peraltro, con specifico riferimento all’articolo 120, si evidenza che il medesimo è stato innovato dal D.lgs. n. 152/2008, mediante l’introduzione di un comma 2-bis, alla stregua del quale, poiché l’attività di collaudo o di verifica di conformità è attività propria delle stazioni appaltanti, l’affidamento dei relativi incarichi (salvo i casi di carenza di organico, nei quali si procede all’affidamento dell’incarico secondo le procedure e con le modalità previste per l’affidamento dei servizi) è conferito ai propri dipendenti o ai dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici, con elevata e specifica qualificazione in riferimento all’oggetto del contratto, alla complessità e all’importo delle prestazioni, sulla base di criteri da fissare preventivamente, nel rispetto dei principi di rotazione e trasparenza.
Alla tutela dei medesimi principi è volta anche la disposizione di cui all’articolo 188, comma 12, del D.P.R. n. 554/1999, che, relativamente ai collaudatori non appartenenti all’organico delle stazioni appaltanti, stabilisce che il soggetto incaricato di un collaudo in corso d’opera da una stazione appaltante non può essere incaricato dalla medesima di un nuovo collaudo, se non sono trascorsi almeno sei mesi dalla chiusura delle operazioni del precedente collaudo; lo stesso divieto, in caso di collaudi non in corso d’opera, è stabilito per un anno.
Con tale disposizione si è, dunque, voluto evitare che gli incarichi di collaudo siano affidati sempre agli stessi collaudatori esterni al fine di favorirne la rotazione.
Premesso quanto sopra, nel caso di specie, il Comune di Foligno ha provveduto ad inserire, in entrambi i bandi di gara per l’affidamento dei servizi di collaudo in oggetto, l’insussistenza del divieto di cui all’articolo 188, comma 12, del D.P.R. n. 554/1999 tra i requisiti di partecipazione di natura economico-finanziaria e tecnico-professionale.
Conseguentemente, i concorrenti alle due procedure di gara in questione erano obbligati a dichiarare l’insussistenza del menzionato divieto in sede di partecipazione, quindi a dimostrarla, successivamente all’aggiudicazione provvisoria, in fase di controllo dei requisiti di ordine speciale ai fini dell’aggiudicazione definitiva, nonché a mantenere quel requisito anche in sede di stipulazione del contratto e di sua esecuzione.
Tuttavia, avendo la stazione appaltante bandito contemporaneamente le due gare per l’affidamento dei suddetti servizi, alle quali ha partecipato un unico concorrente risultato aggiudicatario provvisorio di entrambe, si è creata la condizione per cui, nel momento in cui verrà aggiudicata in via definitiva a tale unico vincitore la gara svolta per prima e, soprattutto, verrà stipulato il relativo contratto, tale soggetto si troverà, con riguardo alla seconda procedura ancora in corso di verifica dei requisiti ai fini dell’aggiudicazione definitiva e della conseguente stipula del contratto, nella condizione di divieto di cui all’articolo 188, comma 12, essendo già stato incaricato di collaudo da parte della medesima stazione appaltante, senza che siano trascorsi sei mesi dalla sua conclusione.
Diversamente opinando, si integrerebbe una violazione della normativa in materia dei contratti pubblici, contravvenendo alla ratio legis dell’intero sistema che mira a scongiurare il rischio che la pubblica amministrazione aggiudichi in via definitiva e, conseguentemente, stipuli contratti con soggetti privi dei requisiti prescritti dalla lex specialis, ovvero che abbiano perso la titolarità di quei requisiti, pur posseduti in sede di accesso alla procedura selettiva, nelle fasi successive all’aggiudicazione provvisoria.
Ne consegue che, nel caso di specie, il Comune di Foligno dovrà aggiudicare in via definitiva al raggruppamento temporaneo di professionisti, risultato unico vincitore di entrambe le procedure, la gara svolta per prima (Ambito 1), stipulando il relativo contratto, mentre non potrà successivamente procedere all’aggiudicazione definitiva della seconda procedura di gara (Ambito 2) e alla stipula del relativo contratto con il medesimo soggetto, che, in quel momento, si troverà nella condizione di divieto di cui all’articolo 188, comma 12, del D.P.R. n. 554/1999.
Pertanto, in assenza di altri concorrenti, per l’affidamento della parte del servizio di cui alla procedura Ambito 2, la stazione appaltante dovrà indire una nuova procedura di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il Comune di Foligno dovrà aggiudicare in via definitiva al raggruppamento temporaneo di professionisti, risultato unico vincitore delle due procedure indette, la gara svolta per prima (Ambito 1), stipulando il relativo contratto, mentre, in assenza di altri concorrenti, dovrà procedere all’indizione di una nuova gara per l’affidamento della parte del servizio relativa all’Ambito 2 (parere 12.02.2009 n. 18 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIRequisiti di partecipazione - Appalto complesso - Mancato possesso iscrizione c.c.i.a.a. comprensiva di tutte le differenti tipologie qualitative del servizio - Esclusione - Legittimità
Anomalia dell'offerta - Natura discrezionale del giudizio della s.a. - Rispetto principi logicità, proporzionalità e ragionevolezza.

Ritenuto in diritto:
Va rilevato, preliminarmente, che l’istanza di parere presentata dalla Enel Sole S.r.l., avendo ad oggetto la presunta illegittimità di un provvedimento di aggiudicazione provvisoria, non può considerarsi inammissibile, essendo tale, secondo quanto disposto dall’art. 3 del Regolamento dell’Autorità sul procedimento per la soluzione delle controversie, solo quella presentata “su una questione riguardante la fase successiva al provvedimento di aggiudicazione definitiva”.
Fatta tale precisazione, occorre, preliminarmente, soffermarci sulla censura relativa alla mancata iscrizione dell’impresa aggiudicataria nel Registro delle Imprese della C.C.I.A.A. per “un’attività corrispondente a quella del presente appalto”; iscrizione richiesta, quale requisito di partecipazione alla gara di carattere speciale, dall’art. 10 lett. B1 del bando.
Al riguardo si evidenzia che dal bando di gara ed in particolare dal C.S.A. si evince che l’appalto in questione ha per oggetto non solo l’attività di manutenzione ordinaria dell’impianto di pubblica illuminazione per la durata di anni tre, ma anche il servizio di censimento informatico completo della rete di illuminazione, così come meglio specificato nell’art. 12 del suddetto Capitolato, nonché il servizio di pronto intervento per riparazione guasti con attivazione di un numero verde per ricevere le segnalazioni dei cittadini.
Nel caso in cui l’appalto preveda una pluralità di prestazioni tipologicamente differenti, l’Autorità ha più volte affermato -in linea con l’orientamento giurisprudenziale (TAR Sicilia, Palermo n. 1469/2006)- che è da considerarsi legittima l’esclusione dell’impresa che non possiede un’iscrizione alla Camera di Commercio comprensiva di tutte le differenti tipologie qualitative del servizio (Deliberazione n. 88/2006 e Deliberazione n. 6/2007).
Nella fattispecie in esame le attività indicate nell’oggetto sociale del Certificato della C.C.I.A.A. di Firenze, prodotto dall’impresa Montelupo Luce S.r.l., non ricomprendono tutte le diverse prestazioni richieste dalla S.A. ed oggetto del bando di gara, ed in particolare, l’attività relativa alla “installazione e manutenzione di impianti elettrici …. in genere”, sulla quale richiamano l’attenzione sia la S.A. che la società provvisoria aggiudicataria, non risulta essere pertinente né con il servizio di attivazione del numero verde di segnalazione guasti né tantomeno con quello relativo al censimento informatico della rete elettrica che, così come indicato nell’art. 1 e nell’art. 12 del C.S.A., richiede specifiche competenze in materia di cartografia e catalogazione informatica.
Quanto alla problematica relativa alla valutazione dell’anomalia dell’offerta, l’Autorità ha avuto già modo di esprimersi, sostenendo che è l’Amministrazione che può e deve svolgere il giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta.
Infatti, gli apprezzamenti compiuti dall’Amministrazione in sede di riscontro dell’anomalia delle offerte costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, improntato a criteri di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, che rientra tra le prerogative della stazione appaltante e, in particolare della commissione giudicatrice (si vedano i pareri n. 169/2008 e n. 213/2008), salvo non emergano evidenti vizi di ricostruzione dell’iter logico-argomentativo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- l’oggetto sociale, descritto dal Certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. di Firenze prodotto dalla Montelupo Luce S.r.l., non risulta essere comprensivo di tutte le prestazioni tipologicamente differenti previste dall’appalto;
- la S.A. è il soggetto legittimato a svolgere il giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta, che rientra tra le sue prerogative, salvo non emergano evidenti vizi di ricostruzione dell’iter logico-argomentativo
(parere 12.02.2009 n. 17 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Bando di gara - Indicazione categoria prevalente e categorie generali e specializzate di cui si compone l'opera con relativi importi - Art. 73 commi 2 e 3 dpr 554/1999 - Obbligo specificare ulteriori sottoinsiemi delle lavorazioni se l'importo supera il 10% dell'appalto complessivo o se superiore a 150.000 euro - Sussistenza.
Ritenuto in diritto:
Per quanto attiene alle presunte inammissibilità dell’istanza di parere, sollevate dalla SIMAR Appalti, si osserva che nell’ambito delle “questioni insorte durante lo svolgimento della procedura di gara”, di cui all’art. 6, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006 ed all’art. 2 del Regolamento dell’Autorità sul procedimento per la soluzione delle controversie, rientrano anche le contestazioni relative alla legittimità di alcune previsioni del bando di gara, ove le stesse determinino l’impossibilità per un operatore economico di partecipare alla gara ovvero si pongano in violazione dei principi che regolano l’accesso alle procedure selettive.
Inoltre, l’istanza può essere presentata anche successivamente alla data di apertura delle offerte economiche, secondo quanto, peraltro, si desume dall’art. 3 del Regolamento suddetto, il quale dispone che sono inammissibili le istanze presentate “su una questione riguardante la fase successiva al provvedimento di aggiudicazione definitiva”.
Entrando nel merito della questione si rileva, innanzitutto, che l’Autorità ha più volte evidenziato che la corretta individuazione delle categorie generali o speciali di cui si compone l’appalto rientra nelle specifiche competenze ed attribuzioni del progettista. Successivamente, la S.A. riporta nel bando di gara le categorie di lavori e le relative classifiche individuate dal progettista, alle quali si deve fare esclusivamente riferimento ai fini della partecipazione all’appalto ed alla relativa qualificazione (si vedano i pareri dell’Autorità n. 197/2008 e n. 74/2008).
Premesso quanto sopra, atteso che l’impresa istante non ha indicato nella documentazione prodotta nel presente procedimento le lavorazioni dell’opera che ritiene doversi imputare alla categoria OS24 e tenuto conto che, secondo quanto rappresentato in sede di contraddittorio dal Comune di Formia, anche se alcune lavorazioni dell’opera fossero da imputarsi alla categoria OS24 il loro importo ammonterebbe a circa 15.000 euro, pari al 7% dell’importo complessivo dell’appalto, il bando di gara sarebbe, comunque, conforme alla vigente normativa di settore nonché alle indicazioni fornite dall’Autorità.
Infatti, l’art. 73, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 554/1999, dispone che nel bando di gara deve essere indicata la categoria prevalente, nonché tutte le parti, appartenenti alle categorie generali o specializzate di cui si compone l’opera, con i relativi importi e categorie, nel caso in cui dette parti siano di importo superiore al 10% dell’importo complessivo dell’appalto o di importo superiore a 150.000,00 euro.
La stessa Autorità nella determinazione n. 25/2001 (si veda, a tal proposito, anche il parere n. 184/2008) ha, inoltre, evidenziato che il bando di gara deve indicare non soltanto l’importo complessivo dell’intervento nonché la categoria prevalente ed il suo specifico importo, ma anche tutti gli eventuali sottoinsiemi costituenti l’intervento medesimo diversi da quelli appartenenti alla categoria prevalente (cioè le categorie scorporabili), specificando, per ogni sottoinsieme, categoria ed importo, soltanto, però, se tali sottoinsiemi di lavorazioni costituiscano un lavoro autonomo e siano di importo superiore al 10% dell’importo complessivo dell’appalto oppure di importo superiore a 150.000 euro.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il bando di gara pubblicato dal Comune di Formia è conforme alla normativa di settore (parere 12.02.2009 n. 16 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Modalità di presentazione delle offerte - Lex specialis - Esclusivamente a mezzo posta - Limitazione principio partecipazione dei concorrenti - Non sussiste - Esclusione del concorrente che ha utilizzato modalità di recapito non consentite dal disciplinare - Legittimità.
Ritenuto in diritto
Il bando di gara in questione all’art. 14 prevede un rinvio al disciplinare di gara in ordine alle modalità con cui, a pena di esclusione, l’offerta deve essere presentata. L’art. 7 del disciplinare stabilisce che “i prestatori di servizi … dovranno far pervenire, esclusivamente a mezzo posta, un unico plico al seguente indirizzo”. Dal citato articolo risulta chiaro che la modalità scelta dalla stazione appaltante per l’invio delle offerte è esclusivamente il mezzo postale.
La previsione della sola posta quale mezzo di presentazione delle offerte non può considerarsi una limitazione al principio di partecipazione dei concorrenti, in quanto non è specificato il tipo di spedizione che i partecipanti devono obbligatoriamente utilizzare. Il servizio postale non può, d’altra parte, considerarsi un servizio gravoso per gli operatori economici in quanto è di facile utilizzazione (in questo senso il parere dell’Autorità 08.11.2007 n. 99). Potrebbe, al contrario, configurarsi onerosità allorché l’amministrazione non stabilisca un termine congruo per la presentazione delle offerte. Nel caso di specie, il bando GURI è stato pubblicato in data 27.03.2008 ed è stato fissato come termine per la presentazione delle offerte il 07.05.2008. Il lasso temporale previsto per presentare l’offerta attraverso il mezzo postale risulta, pertanto, essere congruo e non oneroso per gli operatori economici partecipanti alla gara.
In ordine alla eccepita confusione presente nel bando di gara, deve rilevarsi come in merito alla modalità di presentazione dell’offerta, l’unica previsione riscontrabile è quella contenuta nel sopra citato art. 7 del disciplinare di gara, dove chiaramente è disposto che i plichi devono pervenire “esclusivamente a mezzo posta”. Detta disposizione non sembra dare adito a dubbi interpretativi e, pertanto, deve essere semplicemente applicata dalla commissione di gara dal momento che, ove fossero accettati plichi pervenuti con modalità diverse da quelle indicate dal bando di gara, verrebbe a determinarsi una modificazione e una disapplicazione della lex specialis di gara da parte della commissione di gara, con conseguente violazione della par condicio degli operatori economici.
Pertanto, correttamente la commissione di gara, in attuazione di quanto prescritto dal disciplinare, ha proceduto all’esclusione del concorrente che ha utilizzato una modalità di recapito diversa da quelle consentite.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione dell’istante dalla gara è conforme alla lex specialis di gara (parere 29.01.2009 n. 15 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Requisiti speciali - verifica ex art . 48 dlgs 163/2006 - Obbligo di adempiere entro il termine perentorio di gg. 10 - Legittimità - Conseguenze dell'omessa o ritardata comprova dei richiesti requisiti - Esclusione del concorrente dalla gara, escussione cauzione - Segnalazione all'autorità di vigilanza - Obbligatorietà.
Ritenuto in diritto:
Al fine di fornire una risposta ai due quesiti posti dalla ASL n. 4 di Matera, occorre prioritariamente definire l’inquadramento giuridico della disposizione di cui all’articolo 48 e precisarne la ratio.
L’articolo 48, comma 1, del Codice prevede che la stazione appaltante, prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richieda ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa. In caso di ritardata od omessa comprova, la stazione appaltante esclude il concorrente dalla gara, procedendo, altresì, all’escussione della cauzione provvisoria e alla segnalazione all’Autorità ai fini dell’irrogazione delle sanzioni di cui all’articolo 6, comma 11, del Codice e dell’eventuale sospensione dalla partecipazione alle gare.
La disposizione, come più volte evidenziato dall’Autorità (cfr. deliberazione n. 139 del 09.05.2007, pareri n. 107 del 15.11.2007 e n. 112 del 09.04.2008, determinazione n. 1 del 10.01.2008) mira ad evitare che lo svolgimento della gara, in presenza di dichiarazioni mendaci ovvero in caso di mancata prova dell’effettivo possesso dei requisiti, possa essere falsato dalla partecipazione di soggetti che non siano in possesso dei requisiti minimi richiesti per concorrere e, partecipando, rischierebbero di alterare l’esito della gara medesima.
Ne consegue che la norma assolve la funzione di garantire sia l’affidabilità dell’offerta, il cui primo indice è rappresentato proprio dalla correttezza e dalla serietà del comportamento del concorrente in ordine agli obblighi derivanti dalla disciplina della gara, sia la speditezza del procedimento, consentendo alle stazioni appaltanti l’immediata esclusione dalle gare di quei partecipanti privi dei requisiti di ordine speciale, che, con offerte inappropriate, potrebbero influenzare la determinazione della soglia di anomalia.
Così inquadrata la ratio legis della disposizione di cui all’articolo 48 del Codice è possibile delineare i profili interpretativi posti all’attenzione dell’Autorità.
In relazione al primo quesito proposto, concernente la natura del termine di dieci giorni prescritto dall’articolo 48 entro il quale gli offerenti sorteggiati devono comprovare il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, esso va considerato un termine perentorio.
La natura perentoria del termine sarebbe rinvenibile non solo nella specifica finalità che l’articolo 48 persegue, ma anche dall’espressa comminatoria di decadenza prevista dalla disposizione stessa e dalle sanzioni a carico del concorrente che non abbia comprovato i requisiti nel termine previsto.
Peraltro, sulla perentorietà di tale termine anche la giurisprudenza amministrativa ha assunto una posizione consolidata, sostenendo che se fosse possibile presentare i documenti richiesti oltre quel termine e non fosse previsto alcun momento finale, l’amministrazione sarebbe costretta a tenere in piedi sine die la struttura organizzativa predisposta per la gara, per esaminare la necessaria documentazione, con l'impossibilità di chiudere definitivamente l'attività di verifica dei requisiti e di poter procedere successivamente alla apertura delle offerte. Ciò contrasterebbe, peraltro, con il principio di economicità del procedimento di cui all’articolo 1 della legge n. 241/1990 e all’articolo 2 del Codice medesimo.
Attesa la natura perentoria del termine, l’eventuale documentazione presentata dopo il suo inutile decorso deve essere considerata come non prodotta, in quanto in presenza di un termine perentorio il mero ritardo è equiparato all’inadempimento definitivo (in tal senso cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII sentenza n. 20241 del 27 novembre; Consiglio di Stato sez. IV sentenza n. 4098 del 20.07.2007; TAR Lazio, Roma, sez. III sentenza n. 5338 del 30.05.2008).
Quanto al secondo quesito proposto, concernente l’obbligatorietà, a seguito del procedimento di verifica effettuato, della comunicazione all’Autorità dell’avvenuto provvedimento di esclusione nei confronti dei concorrenti che non siano in possesso dei requisiti di ordine speciale, la sua soluzione è rinvenibile nell’atto di regolazione che l’Autorità ha emesso con determinazione n. 1 del 10.01.2008.
In esso l’Autorità ha sancito l’obbligatorietà dell’attivazione del procedimento di verifica ex articolo 48 e la sua applicabilità ai soli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, non essendo rinvenibile nella scelta del legislatore la volontà di lasciare alla stazione appaltante margini discrezionali in ordine alla realizzazione del controllo e alla comunicazione dell’eventuale esito negativo all’Autorità medesima.
Conseguentemente, sussiste in capo alle stazioni appaltanti l’obbligo di comunicare all’Autorità i provvedimenti di esclusione emessi ai sensi dell’articolo 48 del Codice, entro dieci giorni dall’avvenuta esclusione.
La mancata comunicazione ovvero il ritardo della stessa saranno sanzionati ai sensi dell’articolo 6, comma 11, del Codice, mentre nei confronti dell’operatore economico escluso verrà instaurato un procedimento in contraddittorio al termine del quale saranno eventualmente comminate dall’Autorità la sanzione pecuniaria e la sospensione dalla partecipazione dalle gare, graduata a seconda della gravità da un minimo di un mese ad un massimo di dodici mesi, previsto nelle ipotesi di dichiarazione scientemente falsa.
La medesima determinazione esclude dalla comunicazione le sole irregolarità meramente formali, che risultano dallo svolgimento del procedimento di gara e che comportano un provvedimento di non ammissione più che di esclusione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’articolo 48, comma , vada interpretato nei seguenti termini:
- il termine di dieci giorni previsto nella disposizione ha natura perentoria;
- l’attivazione del procedimento di verifica dei requisiti ex articolo 48, comma 1, è obbligatoria e si applica ai soli requisiti di carattere economico-finanziario e tecnico-organizzativo;
- sussiste in capo alle stazione appaltanti, al termine del sub-procedimento di verifica dei requisiti di ordine speciale, l’obbligo di comunicare all’Autorità i provvedimenti di esclusione emessi nei confronti dei partecipanti che non abbiano comprovato i requisiti richiesti
(parere 29.01.2009 n. 14 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Servizi di pulizia - Requisiti di capacità economico finanziaria - Possibilità di attestare il requisito attraverso dichiarazione sostitutiva di certificazione o attraverso dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà - Produzione c.c.i.a.a attestante il requisito richiesto - Legittimità.
Servizi di pulizia - Requisiti speciali - Verifica permanenza requisiti - Competenza - momento della verifica - Individuazione.
Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare di gara, all’art. 2-B punto 4), richiamato dalla S.A. nell’istanza di parere, richiede che il requisito di capacità economico-finanziaria, relativo all’iscrizione dell’impresa nella fascia di classificazione di cui all’art. 3 c. 1 del D.M. n. 274/1997 sia attestato mediante una “DICHIARAZIONE, resa dal legale rappresentante della società ai sensi degli art. 46 e 47 del DPR 445/2000, con firma non autenticata e accompagnata da fotocopia del documento di identità, in corso di validità del firmatario”.
Dall’esame di tale clausola emerge, dunque, che la S.A. ha concesso alle imprese concorrenti la possibilità di attestare il suddetto requisito ricorrendo, alternativamente, ad una dichiarazione sostitutiva di certificazione, di cui all’art. 46 del DPR n. 445/2000, ovvero ad una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi del successivo art. 47.
Si evidenzia, altresì, che l’art. 19 del D.P.R. citato prevede che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, di cui all’art. 47, può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento rilasciato da una pubblica amministrazione sono conformi all’originale.
Ne discende pertanto che la società Vivaldi & Cardino S.p.A., allegando all’offerta una copia conforme all’originale, ai sensi degli artt. 47 e 19 del D.P.R. n. 445/2000, del certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. di Milano, dal quale risulta il possesso del requisito richiesto dal bando, ossia l’iscrizione nella fascia di classificazione “L” di cui all’art. 3, comma 1, del D.M. n. 274/1997, ha in effetti utilizzato una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per attestare il possesso del suddetto requisito, ottenendo peraltro per questa via il più ampio effetto di produrre in gara direttamente il documento (certificato C.C.I.A.A. di Milano in copia conforme all’originale) che attesta il requisito da dichiarare, per cui l’interesse pubblico perseguito dalla clausola del bando di gara in esame può ritenersi integralmente soddisfatto.
Quanto al problema dell’attualità del requisito richiesto in capo al concorrente, sollevato dalla S.A., si evidenzia che, secondo il disposto dell’art. 4, comma 3, del D.M. n. 274/1997, spetta agli Uffici del registro o alle Commissioni provinciali per l’artigianato effettuare la verifica del permanere in capo alle imprese di pulizia dei requisiti di cui all’art. 3 del D.M. suddetto, necessari per l’iscrizione in una delle fasce di classificazione, verifica che può essere compiuta in qualsiasi momento ed anche su segnalazione delle amministrazioni competenti, degli organismi di interessi diffusi o su denuncia di singoli interessati.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la Vivaldi & Cardino S.p.A. ha adempiuto alle prescrizioni della lex specialis di gara (parere 29.01.2009 n. 13 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Requisiti di partecipazione alla gara - Adeguatezza e proporzionalità - Vanno valutate con riguardo non al mero importo dell'appalto, ma all'oggetto ed alle sue specifiche peculiarità - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, è necessario esprimersi sull’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla S.A. in merito all’istanza formulata dalla GE.DI.S, relativamente alla mancata partecipazione di quest’ultima alla procedura di gara.
Al riguardo si evidenzia che l’istanza è da ritenersi ammissibile, in quanto l’oggetto del parere richiesto verte sulla valutazione dei requisiti di partecipazione, al fine di stabilire se gli stessi siano o meno ostativi all’accesso alla procedura selettiva descritta in oggetto.
Venendo al merito della questione si rileva che l’Autorità ha più volte affrontato la problematica in esame, rilevando che la ragionevolezza dei requisiti richiesti dalla stazione appaltante per la partecipazione ad una procedura di gara non deve essere valutata in astratto, ma in correlazione alle caratteristiche specifiche dell’appalto in questione.
Detto principio, peraltro, è stato ribadito anche dalla giurisprudenza, la quale ha sostenuto non solo che l’adeguatezza e la proporzionalità dei requisiti richiesti va valutata con riguardo all’oggetto concreto dell’appalto ed alle sue specifiche peculiarità, ma anche che la richiesta di un determinato requisito va commisurata al concreto interesse della stazione appaltante a una certa affidabilità del proprio interlocutore contrattuale, avuto riguardo alle prestazioni oggetto dell’affidamento (Cons. Stato n. 1860/2008).
Nel caso di specie, l’oggetto del servizio in appalto consiste nella gestione integrata (Global Service), pulizia ed igiene ambientale della sede centrale e delle sede periferiche dell’azienda, ed in particolare -come assunto dalla stazione appaltante- nell’attività di manutenzione programmata, di pronto intervento ed evolutiva di tutto il complesso immobiliare, di gestione e conduzione di tutti gli impianti, di svolgimento dei servizi di disinfestazione, di raccolta e smaltimento rifiuti e di accoglienza.
Considerate le prestazioni oggetto dell’appalto di cui trattasi, la richiesta, da parte della S.A., di una dotazione stabile di attrezzature e mezzi d’opera del valore medio annuo non inferiore ad euro 500.000,00 appare rispettosa dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, sia perché tale importo è comunque inferiore all’importo annuale a base d’asta (euro 537.500,00), in conformità al disposto di cui all’art. 42, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, sia perché detta richiesta appare commisurata al concreto interesse della S.A. ad individuare un contraente che sia dotato di attrezzature e mezzi d’opera adeguati per lo svolgimento delle attività oggetto dell’appalto e, pertanto, affidabile ed efficiente nello svolgimento del servizio da affidare.
Ne consegue, pertanto, che il requisito di capacità tecnica richiesto dalla S.A. nel bando di gara in esame non appare né illogico, né sproporzionato, né irragionevole.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il requisito di capacità tecnica richiesto nel bando di gara pubblicato dall’ARSIAL è conforme alla normativa di settore (parere 29.01.2009 n. 12 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Bando di gara - Cauzione provvisoria - Prescrizione relativa a durata di 360 gg. - Presentazione di fidejussione con durata inferiore - Esclusione - Va disposta - Integrazione ex art. 46 dlgs 163/2006 - Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare di gara al punto 12 pag. 11 lett. C) – Garanzia costituita ai sensi e per gli effetti dell’art. 75 del Codice, prevede espressamente che “la garanzia dovrà avere validità per un periodo minimo di 360 giorni dalla data di presentazione dell’offerta, pena l’esclusione”.
L’Autorità ha già evidenziato, al riguardo, che il comma 5 dell’art. 75 del Decreto Legislativo del 12.04.2006, n. 163, nel prevedere che la garanzia deve avere validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta dà la possibilità alla stazione appaltante di “richiedere una garanzia con termine di validità maggiore o minore…”, ed ha ribadito il principio secondo il quale la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel disciplinare di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, con la conseguenza che, qualora sia comminata espressamente l’esclusione in conseguenza della violazione di talune univoche prescrizioni, l’Amministrazione è tenuta a darne precisa ed incondizionata esecuzione e può esimersi dal garantire la loro applicazione solo in presenza di prescrizioni ambigue, suscettibili di svariate possibili ed ugualmente plausibili interpretazioni, o non rispondenti al comune canone di ragionevolezza (parere n. 85 del 20.03.2008).
Da tale principio, discende la conformità al bando di gara dell’esclusione disposta nei confronti della EDIL G.A.R. S.r.l..
Infatti, dall’esame della cauzione provvisoria presentata in sede di gara dalla EDIL G.A.R. S.r.l. risulta che la stessa ha una validità pari a 180 giorni dalla data di presentazione dell’offerta, così come indicato nell’art. 2 lett. b) dello Schema Tipo a cui rimanda la allegata scheda tecnica, con l’eventuale aggiunta di un ulteriore periodo di 90 giorni per il quale la compagnia assicuratrice si impegnava a rinnovare la garanzia, nel caso in cui alla scadenza di validità della stessa non fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione della gara (all. 3 – Condizioni particolari della polizza).
Né sussistono, nel caso di specie, i presupposti per una regolarizzazione documentale, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, la quale, ove applicata, si risolverebbe in una palese violazione della par condicio nei confronti di quei concorrenti, che abbiano, invece, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione disposta dalla Commissione di gara nei confronti della EDIL G.A.R. S.r.l. è conforme alla lex specialis di gara (parere 29.01.2009 n. 11 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Autocertificazione - Mancato richiamo sanzioni penali - Non determina invalidità dichiarazione.
Ritenuto in diritto:
Il caso in esame ha ad oggetto la disamina dei motivi posti a fondamento della disposta esclusione della società istante. Tra le cause che hanno determinato la non ammissione al prosieguo delle fasi di gara della società Editec di Di Caro Giuseppe vi è, come rappresentato in fatto, il mancato riferimento nella autodichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante delle previsioni normative di cui agli artt. 75 e 76 del D.P.R. n. 445/2000.
Sul punto, deve osservarsi come la autodichiarazione in questione presenti tutti i presupposti sostanziali idonei a considerarla una autodichiarazione valida. In particolare, infatti, il legale rappresentante e titolare della società ha dichiarato, sotto la propria responsabilità, la sussistenza dei requisiti di partecipazione fissati nel bando. Pertanto, sebbene non vi sia una espressa citazione della normativa, laddove la dichiarazione dovesse risultare mendace, si applicherebbe in ogni caso la normativa penale di cui all’art. 76 del DPR n. 445/2000 e del codice penale, seppur non richiamata. Tale orientamento, peraltro, si pone nel senso di favorire la più ampia partecipazione delle ditte, superando eccessivi formalismi che limiterebbero la concorrenza.
Per quanto concerne gli ulteriori motivi di esclusione, essi non possono altrettanto essere considerati accoglibili. Più specificamente, in ordine alla mancata presenza del bollo sulla domanda, si evidenzia che tale adempimento è richiesto relativamente alla sola offerta e non anche alla domanda di partecipazione. La dizione “Veicoli in genere e per usi speciali” sembra idonea a consentire alla commissione di gara l’individuazione dell’attività svolta dalla ditta. Infine per quanto attiene alla mancata produzione di documentazione relativa all’art. 17 L. n. 68/1999, la stessa non doveva essere necessariamente fornita dalla ditta, poiché non prevista dalla lex specialis di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione dell’istante dalla gara non è conforme alla normativa vigente di settore (parere 29.01.2009 n. 10 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Muri di cinta tra fondi a dislivello - Modifica dello stato naturale dei luoghi - Idoneità a creare intercapedini nocive con le altrui costruzioni - Distanze legali - Equiparazione ai muri di fabbrica - Necessità di verifica di ciascuna concreta fattispecie.
I muri di cinta tra fondi a dislivello che, oltre ad essere destinati alla delimitazione e alla difesa del fondo, assolvono anche all’ulteriore funzione di contenere e sostenere la scarpata o il terrapieno, e che danno luogo al dislivello tra i due fondi limitrofi non rientrano, come accade normalmente per i muri di cinta, nella categoria dei muri isolati o liberi da entrambe le facce.
Essi, pertanto, facendo corpo con il terreno che contengono e modificando, in particolare, attraverso l’opera dell’uomo, lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto, sono idonei a creare intercapedini nocive con l’altrui costruzione, con conseguente necessità di verificare in ciascuna concreta fattispecie se, avuto riguardo allo loro particolari caratteristiche strutturali e dimensioni, siano da considerare o meno alla stregua di un muro di fabbrica agli effetti delle distanze legali (Cass. 15.10.1983, n. 6060) (TAR Abruzzo-L’Aquila, Sez. I, sentenza 10.03.2009 n. 140 - link a www.
ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimazione a ricorrere delle imprese del settore nel caso in cui una p.a. decida di procedere alla stipulazione di un contratto con un determinato imprenditore a seguito di trattativa privata.
Qualora una p.a. decida di procedere alla stipulazione di un contratto con un determinato imprenditore a seguito di trattativa privata, va riconosciuta la legittimazione a ricorrere, avverso la decisione suddetta, agli altri operatori economici del settore, poiché titolari di un interesse strumentale alla effettuazione della gara, in quanto aspiranti partecipanti alla stessa. Pertanto, nel caso di specie, la società ricorrente era legittimata ad impugnare l'indizione della trattativa privata in quanto indetta in palese contrasto con l'art. 6 del D.lgvo n. 157/1995, essendo l'appalto in questione di importo superiore a 200.000 ECU, e pertanto lo stesso doveva essere affidato, non mediante trattativa privata, bensì per pubblico incanto o mediante licitazione privata (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 09.03.2009 n. 2369 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sul requisito del controllo analogo nel caso di società partecipate da più enti pubblici.
Nel caso di società partecipate da più enti pubblici il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario deve essere effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati. Il requisito del controllo analogo necessario per ritenere legittimo l'affidamento in house di servizi pubblici ad una società di società partecipate da più enti pubblici non sottende una logica "dominicale", rivelando piuttosto una dimensione "funzionale": affinché il controllo sussista anche nel caso di una pluralità di soggetti pubblici partecipanti al capitale della società affidataria non è infatti indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un "controllo" della governance societaria. In particolare, nel caso di specie, attraverso l'istituzione di un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si sono riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto (stante il metodo di voto all'unanimità), di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società, ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all'assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale.
E' evidente che, in questo quadro, la mancata considerazione della sola gestione ordinaria non esclude la sussistenza di un controllo analogo concreto e reale, posto che gli atti di ordinaria amministrazione non potranno discostarsi dalle determinazioni preventivamente assunte dall'Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte le questioni più rilevanti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.03.2009 n. 1365 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso - Istanza - Legale dell’interessato - Sottoscrizione congiunta o procura speciale - Allegazione - Necessità - Imputabilità della richiesta di accesso - Verifica dell’interesse concreto.
La domanda di accesso deve essere avanzata dalla parte che vi ha interesse; può anche essere presentata da un suo legale, ma, in tale caso, deve essere accompagnata, per asseverare l’effettiva provenienza della richiesta da parte del soggetto interessato, da copia di apposito mandato od incarico professionale, ovvero dalla sottoscrizione congiunta dell’interessato stesso (in termini Cons. Stato, Sez. V 05/09/2006, n. 5116).
Tali requisiti formali costituiscono elementi di certezza essenziali ai fini dell’imputabilità della richiesta di accesso ed assunzione delle eventuali relative responsabilità (sia da parte del richiedente, che del funzionario chiamato all’ostensione di quanto richiesto), nonché ai fini della verifica della sussistenza di un concreto interesse alla richiesta medesima. In assenza di una sottoscrizione congiunta o di una procura speciale, l’istanza di accesso è irrituale e non fa sorgere in capo all’Amministrazione ed ai soggetti alla stessa equiparati un obbligo di provvedere (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 09.03.2009 n. 1331 - link a www.
ambientediritto.it).

APPALTI: Art. 38, lett. i), d.lgs. n. 163/2006 - Requisiti di regolarità contributiva - Violazioni di carattere meramente formale - Soglia della gravità.
La disciplina generale in materia di pubblici appalti non permette di addivenire a rilievi di carattere puramente formale in ordine ai requisiti di regolarità contributiva, in quanto l’art. 38, comma 1, lett. i), del Codice Appalti richiede che le violazioni alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali raggiungano la soglia della gravità, che non consente di attribuire carica ostativa alla partecipazione alla gara alle violazioni di carattere meramente formale, laddove sussistenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 06.03.2009 n. 836 - link a www.
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APPALTI: Sulla possibilità di modificazione soggettiva nelle gare d'appalto ex art. 51 del d.lgs. 23.04.2006, n. 165 e sulla regolarità contributiva.
L'art. 51 del c.d. nuovo codice degli appalti (d.lgs. 23.04.2006, n. 165), in riconoscimento dell'autonomia organizzativa degli operatori economici che concorrono alla gara, ha consentito, per ogni tipo di appalto, la modificazione soggettiva degli stessi, sia con riferimento alla fase dell'offerta, che a quella dell'aggiudicazione e della stipulazione del contratto, con conseguente vincolo per la stazione appaltante di ammettere alle distinte fasi della procedura concorsuale i soggetti subentranti, previo accertamento in capo a essi dei requisiti previsti per la partecipazione alla gara. Il superamento in subiecta materia del "dogma" della immodificabilità soggettiva risponde all'esigenza, già avvertita dalla giurisprudenza prima dell'avvento codicistico, di garantire la libertà contrattuale dell'impresa (valore costituzionalmente garantito ex art. 41 Cost.), nel senso che questa deve poter procedere alla riorganizzazione aziendale senza che possa esserle di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali abbia partecipato. E' però estraneo alle disposizioni dell'art. 51 del codice l'intento di limitare la fase accertativa del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara nei riguardi della sola impresa subentrante (nel caso di specie: società beneficiaria della scissione) e di escludere la necessità di operare la medesima verifica nei riguardi dell'impresa, soggetta a vicenda modificativa (nella specie: società scissa).
In proposito va evidenziato che la codificazione, ad opera dell'art. 51 del Codice, dell'opponibilità alla stazione appaltante del nuovo soggetto subentrante (nelle distinte fasi e vicende modificative enumerate dalla norma) non può essere considerato come una deroga alle regole proprie dell'evidenza pubblica, che esigono la permanenza comunque, in capo alle imprese partecipanti alla gara, dei requisiti di ordine generale e speciale necessari per l'ammissione alla procedura concorsuale.
La regolarità contributiva e fiscale per la partecipazione alle selezione per l'aggiudicazione di un appalto pubblico è richiesta come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, con le conseguenti e connesse puntualizzazioni che non può riconoscersi alcuna valenza alla regolarizzazione spontanea del relativo debito, intervenuta successivamente alla data di autodichiarazione di correttezza contributiva e che costituisce ex se motivo di esclusione dalla gara il fatto che l'autodichiarazione presentata dall'impresa, al fine della dimostrazione della posizione di regolarità contributiva, sia risultata non veritiera (TAR Lazio, Sez. III-bis, sentenza 05.03.2009 n. 2279 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Presentazione dell’offerta - Utilizzo del nastro adesivo al posto della ceralacca - Equivalenza - Esclusione.
La mancata presentazione dell’offerta in una busta sigillata con ceralacca e controfirmata sui lembi di chiusura, prevista a pena di esclusione, va sanzionata con l’esclusione dalla gara del partecipante (cfr. Consiglio di Stato, V, 08.07.2008, n. 3400; 22.12.2005, n. 7330). Il mancato rispetto di tale prescrizione non può essere surrogato dall’utilizzo di una modalità ritenuta, dall’interessato, equipollente rispetto a quella espressamente richiesta. Infatti, in mancanza di una clausola di equivalenza contenuta nel bando, oppure di un previsione normativa che provveda -sulla base di caratteristiche tecniche generalmente riconosciute- ad equiparare i sistemi di chiusura delle buste al fine di evitare la manomissione del loro contenuto, non sarebbe consentito all’interprete procedere ad una (arbitraria) equiparazione dei diversi sistemi esistenti (fattispecie relativa alla chiusura con nastro adesivo trasparente: modalità che consente, a giudizio del TAR, la manomissione della busta) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 04.03.2009 n. 460 - link a www.
ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e urgente di sospensione delle emissioni acustiche emessa al di fuori dei presupposti di cui all’art. 9 della L. n. 447/1995 - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Diritto al contraddittorio verso gli accertamenti tecnici.
L’ordinanza contingibile e urgente con la quale è disposta la sospensione immediata delle emissioni acustiche, al di fuori delle condizioni richieste dall’art. 9 della legge n. 447/1995, vale a dire al di fuori di una situazione di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, necessità di comunicazione di avvio del procedimento, la quale non può in alcun modo pregiudicare la funzionalità ed efficacia di un procedimento cui sono estranei specifici motivi di celerità. Ciò in ragione della necessità di tutelare le prerogative procedimentali del responsabile delle emissioni, con particolare riguardo all’esercizio del diritto al contraddittorio verso gli accertamenti eseguiti dai tecnici dell’A.R.P.A.T. (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 04.03.2009 n. 399 - link a www.
ambientediritto.it).

APPALTI: GARA D'APPALTO - PUBBLICITA' SEDUTE DI GARA - INDEROGABILITA' PER LE FASI DI VERIFICA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA - FASE VALUTAZIONE TECNICO-QUALITATIVA OFFERTE - VA EFFETTUATA IN SEDUTA RISERVATA.
Il principio generale di pubblicità delle sedute di gara deve ritenersi inderogabile, in ogni tipo di gara, almeno per quanto concerne le fasi di verifica dell'integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e di apertura dei plichi medesimi a differenza della differente fase inerente alla valutazione tecnico-qualitativa dell'offerta che non può che essere svolta in seduta riservata al fine di evitare possibili influenze sui componenti della commissione giudicatrice (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 27.02.2009 n. 2104 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Laghi - Art. 142, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 42/2004 - Estensione della tutela - Laghi artificiali - Rientrano - Origine geologica o umana - Irrilevanza - Preventiva verifica dell’esistenza di un lago - Stagni e laghi effimeri.
La tutela dell’interesse paesaggistico ex art. 142, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 42/2004 è stato ricondotta dal Legislatore non solo ai “laghi naturali” ma a tutte quelle realtà geografiche le quali, secondo la letteratura scientifica, siano qualificabili come “laghi”, quindi anche a quelli artificiali. Con il che deve escludersi che una classificazione rapportata all’evento, geologico o meno, responsabile della formazione possa di per sé introdurre una diversificazione quanto ad insorgenza del vincolo, ben potendo quest’ultimo interessare anche un “lago artificiale” quale prodotto dell’attività umana di modifica del territorio (nella specie: riempimento di una cava dismessa).
Una simile ricostruzione tuttavia presuppone in ogni caso il preliminare riscontro dell’esistenza di un “lago”: aspetto questo ancor più rilevante in tema di possibile configurabilità di un “lago artificiale” suscettivo di essere oggetto del vincolo diversamente da quanto potrà avvenire, ad esempio, per uno stagno o per un cd. “lago effimero”, riconducibili geograficamente a modeste depressioni territoriali di scarsa profondità, costituite da acque meteoriche (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 27.02.2009 n. 1139 - link a www.
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URBANISTICA: INQUINAMENTO - Pianificazione urbanistica comunale - Industrie insalubri ex art. 216 T.U.LL.SS. - Divieto di realizzazione in determinate aree - Legittimità - Esigenze di carattere sanitario-ambientale - Limiti.
Nulla vieta che in sede di pianificazione urbanistica venga esclusa, in via generale, la realizzabilità in una determinata zona di industrie insalubri di cui all’art. 216 del T.U.LL.SS (Cfr., ex multis, C.d.S., IV, 30.06.2004, n. 4804; TAR Lombardia, Brescia 12.01.2001 n. 2; TAR Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 09.02.2001, n. 60; TAR Veneto, Sez. III, 23.03.2005, n. 1117).
La funzione urbanistica delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore non esclude infatti che nelle stesse possano trovare riscontro esigenze di carattere sanitario o comunque di correttezza dei diversi insediamenti, proprio a ciò essendo rivolta la funzione della zonizzazione (Cfr., C.d.S., IV, 24.10.1994, n. 825), ed anzi è “legittima la norma di regolamento comunale che, nel disciplinare gli insediamenti delle imprese insalubri, fissi un parametro più rigoroso di quello dell’art. 216, t.u. sanitario (r.d. 27.07.1934 n. 1265) nel senso di vietarli nell’ambito delle aree collocate nel “centro edificato” del territorio comunale" (Cfr., C.d.S., V, 01.04.1996, n. 338).
Ciò che conta al fine di evitare che questa possibilità sconfini nell'arbitrio, è che esista un parametro normativo preesistente al quale fare riferimento onde verificare se un determinato tipo di insediamento industriale possa considerarsi insalubre e che la scelta pianificatoria trovi adeguata giustificazione anche nel tessuto territoriale esistente (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 27.02.2009 n. 103 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Attività di trasformazione del territorio - Assenza di opere in muratura - Perdurante modifica dello stato dei luoghi - Titolo abilitativo - Fattispecie.
Presuppone il titolo abilitativo ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l’esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l’alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale, estetico o funzionale ed anche quando si intenda realizzare un intervento sul territorio che, pur non richiedendo opere in muratura, comporti la perdurante modifica dello stato dei luoghi. Pertanto, in conformità a tali principi è necessaria la concessione edilizia per interventi di realizzazione di piazzali ad uso industriale mediante spianamento del suolo e collocazione di brecciame e nel caso di trasformazione di un’area a destinazione agricola in parcheggio (TAR Veneto, 03.04.2003 n. 2267) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 26.02.2009 n. 404 - link a www.
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APPALTI: Sull'illegittimità dell'operato di una commissione di gara che prima dichiara di volere specificare e precisare i criteri di valutazione delle offerte e che poi, invece, ometta tale adempimento.
Sull'esclusione di un concorrente da una gara qualora la busta contenente l'offerta sia stata aperta, sia pure per errore, dall'ufficio protocollo, prima di essere consegnata alla commissione di gara.

A prescindere dalle soggettive valutazioni circa la necessità, o meno, di un intervento integrativo di una commissione di gara per predeterminare o specificare i criteri da seguire in sede di valutazione delle offerte, è illegittima la condotta di una commissione che prima dichiara di volere specificare e precisare i criteri di valutazione delle offerte e che poi, invece, ometta tale adempimento.
Deve essere esclusa da una procedura di gara la concorrente la cui domanda di partecipazione contenente l'offerta sia stata aperta, sia pure per errore, dall'ufficio protocollo, prima di essere consegnata alla commissione di gara. È sufficiente, infatti, il mero fatto oggettivo dell'apertura di una domanda di partecipazione prima del momento in cui la commissione debba avere cognizione dei relativi contenuti, perché tale offerta vada definitivamente esclusa dal seguito della gara; essendo invece del tutto irrilevante, quand'anche pienamente comprovata e verbalizzata, la circostanza che la commissione non abbia mai preso cognizione del relativo contenuto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.02.2009 n. 1134 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Istruttoria per il rilascio di un titolo abilitativo - Valutazione degli aspetti privatistici - Esempi - Art. 11, c. 1, d.P.R. n. 380/2001 - Titolarità dell’immobile - Innovazioni - Disciplina condominiale - Immissioni e normale tollerabilità - Giurisdizione civile.
In materia urbanistico-edilizia (dove, per stessa previsione del vigente Codice civile, i profili privatistici si intersecano con quelli pubblicistici), il Comune, in sede di istruttoria attivata sull’istanza di rilascio di un titolo abilitativo, è certamente chiamato ad occuparsi -incidenter tantum- dei profili privatistici, limitatamente a quelli che siano percepibili icto oculi e con esclusione di quelli che attengono solo ed unicamente alla sfera privatistica.
Ad esempio, in forza dell’art. 11, comma 1, del DPR n. 380/2001, il Comune deve solo verificare se il richiedente il titolo edilizio risulti, per tabulas, titolare di una posizione giuridica che a ciò lo abiliti, senza quindi essere tenuto a verificare l’esistenza di controversie sulla proprietà dell’immobile. Ancora, per quanto riguarda la disciplina condominiale, il Comune è tenuto a verificare se, trattandosi di innovazioni (artt. 1108 e 1120 c.c.), il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione dell’assemblea, ma non anche le questioni relative, ad esempio, alle immissioni, salvo che non vengano in evidenza questioni relative alla salute pubblica o alla statica degli edifici.
Con riferimento alle immissioni derivanti da un’attività di panificazione, il Comune e l’ASL devono certamente verificare gli aspetti legati alle emissioni di fumi , odori e rumori notturni provenienti dal forno, ma sempre nei limiti degli adempimenti burocratici previsti dalla legge ai fini dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. La verifica della normale tollerabilità ex art. 844 c.c., in assenza di pericoli per la salute pubblica, attiene invece ad aspetti privatistici, a tutela dei quali l’interessato deve proporre azione davanti al Giudice Civile (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 21.02.2009 n. 254 - link a www.
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APPALTI SERVIZI: Sulla disapplicazione dell'art. 23, c. 1, del D.L. n. 273/2005 che prevede l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio del servizio di distribuzione di gas naturale.
In tema di servizio di distribuzione di gas naturale la disposizione di cui all'art. 23, c. 1, del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23/02/2006 n. 51, deve essere disapplicata, nel caso di specie, in quanto in contrasto con il diritto comunitario. La suddetta disposizione produce, infatti, una compressione ulteriore, sia pur temporalmente circoscritta, alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento, in quanto non permette alle imprese interessate - stabilite in altri Stati membri - l'accesso alle concessioni affidate o rinnovate.
Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato dalla L. 239/2004, contempera in modo equilibrato le esigenze dei concessionari con l'obiettivo di attivare i meccanismi competitivi, l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio non è sorretto da imperiose ragioni di interesse pubblico: in particolare non risulta rispettato il principio di stretta proporzionalità che deve assistere le deroghe in materia, poiché il legislatore ha ulteriormente ritardato la piena apertura al mercato malgrado le ragioni delle Società concessionarie fossero già state congruamente apprezzate e valorizzate con i precedenti provvedimenti legislativi.
Nel caso di specie, inoltre, non è possibile riconoscere una posizione di affidamento qualificato in capo all'impresa concessionaria in quanto il rinnovo della concessione è stato disposto nel 1995, quando il quadro normativo nazionale e comunitario era assolutamente univoco nell'indicare la procedura ad evidenza pubblica quale sistema ordinario di aggiudicazione dei contratti delle amministrazioni (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 20.02.2009 n. 322 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATANecessita della concessione edilizia la costruzione di una recinzione costituita da muratura, sasso e cancellate in ferro.
Il Collegio osserva che, non trattandosi di semplice recinzione in rete metallica sorretta da paletti in ferro infissi in un cordolo di cemento, ma di manufatto di considerevoli dimensioni, che è stato realizzato in parte in muratura e sasso ed in parte in acciaio (cancellate), l’opera debba necessariamente essere qualificata quale “costruzione” la cui realizzazione comporta modifica dell’assetto urbanistico–edilizio del territorio, con conseguente necessità di previo rilascio della concessione edilizia (v. TAR Lazio–RM- sez. II^, 03/07/2007, n. 5968; TAR Abruzzo–PE- 30/05/2006 n. 334; TAR Basilicata, 19/09/2003 n. 897).
E’ pertanto evidente che il manufatto in questione, in quanto realizzato in parte su area di proprietà del Comune ed in assenza del necessario titolo edilizio, si ponga in contrasto con la disciplina urbanistica del centro storico, con conseguente legittimità della sanzione della demolizione irrogata dall’Amministrazione Comunale (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 19.02.2009 n. 44 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: Permesso in sanatoria rilasciato in contrasto con l'art. 36 DPR 380/2001 - Inammissibilità sanatoria parziale o condizionata - C.d. doppia conformità - Fattispecie.
E’ illegittimo il permesso in sanatoria rilasciato (in contrasto con l'art. 36 DPR 380/01 - in assenza della doppia conformità) perché subordinato alla demolizione della parte della nuova costruzione eccedente il limite volumetrico consentito. Sicché, non è consentito il rilascio di un permesso in sanatoria parziale o subordinato all'esecuzione di opere: l'accertamento della doppia conformità presuppone infatti che le opere siano state già realizzate e che esse siano integralmente corrispondenti alla disciplina urbanistica vigente. Nella specie, il Tribunale, accertata l’illegittimità del rilasciato permesso in sanatoria (ha trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica, potendo essere integrati gli estremi del reato di cui all'art. 323 c.p.), lo disapplica, rigettando la richiesta di sospensione a revoca dell'ordine di demolizione.
Permesso in sanatoria - Condizioni ed effetti - Giudice dell'esecuzione - Poteri di disapplicazione del titolo sanante - Legittimità sostanziale del titolo - Verifica - Necessità.
Il permesso in sanatoria, purché legittimo, valido ed efficace esclude l'applicazione dell'ordine di demolizione o di riduzione in pristino, eliminando esso ogni "vulnus". Ne discende ulteriormente che tale ordine deve intendersi emesso allo stato degli atti, tanto che anche il giudice dell'esecuzione deve verificare il permanere della incompatibilità degli ordini in questione con atti amministrativi. Nondimeno, il rilascio del permesso in sanatoria non determina automaticamente la revoca dell'ordine di demolizione o di riduzione in pristino, dovendo il giudice, comunque, accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge ed eventualmente disapplicarlo ove siano insussistenti i presupposti per la sua emanazione (Cass. pen. sez. 3 n. 144 del 30.01.2003 - P.M. c/o Ciavarella) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.02.2009 n. 6910 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATA: La demolizione del manufatto abusivo non equivale a ripristino dello stato dei luoghi.
In linea di diritto, la demolizione del manufatto abusivo non equivale al ripristino dello stato dei luoghi, giacché questo viene alterato non solo dalla realizzazione di fabbricati, ma anche da sbancamenti, estirpazione di piante, o da opere infrastrutturali che comunque modifichino l'assetto del territorio e del paesaggio. Ne consegue che la mera demolizione del fabbricato abusivo, ove sussistano anche altri interventi che alterano l'assetto del territorio, non perfeziona quella riduzione in pristino dello stato dei luoghi che il legislatore ha imposto come sanzione accessoria di tipo amministrativo ogni qual volta intervenga una condanna per reato paesaggistico. Nella specie, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che lo stato dei luoghi non era stato ripristinato attraverso la semplice demolizione del manufatto abusivo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.02.2009 n. 6902 - link a www.
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ENTI LOCALII componenti di un organo collegiale non sono legittimati ad impugnare atti assunti dall'organo a cui appartengono.
Secondo costante giurisprudenza, "i componenti di un organo collegiale non sono legittimati ad impugnare atti assunti dall'organo a cui appartengono, salvo che non vengano dedotte violazioni che hanno compromesso il diritto del singolo (o del gruppo consiliare) a poter esercitare con pienezza il mandato (ad esempio, la mancata tempestiva ostensione degli atti presupposti ad una deliberazione o il mancato tempestivo avviso della data della seduta del consiglio, etc.) oppure la lesione di un interesse individuale del consigliere" (da ultimo: TAR Puglia, Lecce, sez. III, 11.03.2008 n. 767) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 18.02.2009 n. 351 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Bonifica dei siti di interesse nazionale - Competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi - Art. 15 D.M. 471/1999 - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006.
Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo (i quali ultimi definiscono solo gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento è riservato alla responsabilità dirigenziale). Ciò in forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Detta conclusione è valida sia con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del DM 471/1999 (precedente al D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura legislativa), ancorché stabilisca che il progetto definitivo della bonifica venga approvato dal Ministro dell'Ambiente (di concerto con i Ministri dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e della Sanità), sia nello schema procedimentale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive).
INQUINAMENTO - Bonifica - Pareri o intese di cui agli artt. 252, c. 4, d.lgs. n. 152/2006 e 15, c. 4 D.M. 471/1999 - Acquisizione nell’ambito della conferenza di servizi - Obbligo motivazionale.
Nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006 e 15, comma 4, del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. Del resto lo scopo del modulo procedimentale in esame è proprio quello di concentrare in un unico momento l’acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe tuttavia essere adeguatamente dato atto nello stesso provvedimento, adempiendo così all’obbligo motivazionale di cui all’art. 14-ter, c. 6-bis della L. n. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 252, c. 6, d.lgs. n. 152/2006 (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 18.02.2009 n. 317 - link a www.
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EDILIZIA PRIVATAOpere regolari se la DIA non è contestata.
Illegittimo il comportamento del Comune che, senza contestare la DIA e suggerire soluzioni alternative, ordina la rimozione di opere già eseguite.

Il Tar di Napoli ha accolto il ricorso presentato dalla Asl contro l'ente locale che a distanza di dieci anni dall'installazione di impianti tecnologici per l'aria condizionata sul terrazzo della struttura sanitaria ne ha ordinato lo spostamento.
I giudici, in particolare, bocciano la mancanza di un necessario contraddittorio con la parte al fine di individuare le soluzioni più adatte a contemperare il rilevante interesse pubblico della azienda sanitaria a dotarsi di un moderno impianto di condizionamento -senza sacrificare uno spazio consistente all'interno della struttura pubblica destinata ai fini assistenziali- e l'interesse (pure pubblico) al rispetto delle norme edilizie e a quelle sui limiti di rumorosità degli impianti (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 17.02.2009 n. 840 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGOAnche ove fosse ipotizzabile la volontà del dirigente di far effettuare al dipendente prestazioni di lavoro straordinario in eccedenza ai limiti sostanziali e formali imposti dalle norme, da ciò non deriverebbe affatto il diritto alla relativa retribuzione.
Pacifica giurisprudenza ha precisato come:
1. nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo, non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla relativa retribuzione (e l'obbligo dell'amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe quoad effectum l'equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto non rispondenti ad alcuna concreta necessità (C.d.S., sez. V, 07.09.2007, n. 4702);
2. la retribuibilità del lavoro straordinario, in via di principio, è condizionata all'esistenza di una formale autorizzazione: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, cui, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l'azione della pubblica amministrazione (C.d.S., sez. IV, 24.12.2003, n. 8522; sez. V, 10.02.2004, n. 472, 27.06.2001, n. 3503; 08.03.2001, n. 1352; sez. VI, 14.03.2002, n. 1531);
3. la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire per l'amministrazione anche lo strumento per l'opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché alla organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinarie costituisca elemento di programmazione dell'ordinario lavoro di ufficio;
4. la preventiva autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie costituisce assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette; e ciò sia nel caso che per tale svolgimento sia preventivamente stabilita l'erogazione del relativo compenso, sia nel caso che lo stesso dia luogo, per il lavoratore, ad un "credito" in termini di riposo compensativo, in entrambi i casi l'autorizzazione de qua incide sul buon andamento del servizio e sulla economica ed efficiente gestione delle risorse umane, facente capo al dirigente.
Ne consegue che, anche ove fosse ipotizzabile la volontà del dirigente di far effettuare al dipendente prestazioni di lavoro straordinario in eccedenza ai limiti sostanziali e formali imposti dalle norme, da ciò non deriverebbe affatto il diritto alla relativa retribuzione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.02.2009 n. 844 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: GARA D'APPALTO - CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE OFFERTE - ESPERIENZE PREGRESSE - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI - PREPONDERANZA DEL PUNTEGGIO NELLA VALUTAZIONE DELL'OFFERTA TECNICA - ILLEGITTIMITA' - FATTISPECIE.
La giurisprudenza che ammette la facoltà della stazione appaltante di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell'offerta tecnica di tipo soggettivo concernenti, cioè, la specifica attitudine del concorrente - anche sulla base di analoghe esperienze pregresse -a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara, è ferma nel ritenere “ciò legittimo, nella misura in cui aspetti dell'attività dell'impresa possano illuminare la qualità dell'offerta“ (Consiglio Stato, sez. VI, 09.06.2008, n. 2770).
E, di certo, non è questo il caso, laddove il fatturato degli ultimi tre esercizi, anche se accompagnato da certificati di buona esecuzione, ha un peso predominante nell’attribuzione del punteggio all’offerta tecnica (20 punti, su 50 complessivi) e perché la prestazione ( somministrazione di lavoro temporaneo) non evidenzia un servizio connotato da particolari conoscenze tecniche od organizzative nelle quali possa aver giocato un ruolo determinante la pregressa esperienza professionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2009 n. 837 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sul divieto di partecipazione a gara da parte di imprese collegate.
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a correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza .
Orbene, anche prima dell’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, ed anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte in ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all’art. 10, comma 1-bis, l. n. 109 del 1994, in caso di sussistenza di indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza delle offerte da un unico centro decisionale.
Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara di due imprese nel caso in cui, sulla scorta degli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria procedimentale, siano emersi univoci elementi indiziari che dimostrano un collegamento sostanziale tra le imprese stesse, ostativo alla presentazione di offerte distinte nella medesima gara
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 04.02.2009 n. 1100 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: Fattispecie di piena conoscenza degli atti amministrativi ed impugnabilità.
La pubblicità di un atto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana non è idonea ad assolvere il requisito della conoscenza legale del provvedimento, perché non prevista da norme di legge, che vi ricolleghino tale effetto.
Le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari indicati in un ricorso e il notevole lasso di tempo decorso dall’adozione del provvedimento e dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale integrano quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell’art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti.
La circostanza che gli atti giudiziari fossero direttamente conosciuti dal solo difensore processuale non rileva al fine di escludere la validità dell’inferenza (posto che, se così non fosse stato –nel senso che gli atti fossero stati direttamente portati a conoscenza della parte–, il problema neppure si poneva). Non vale, dunque, richiamare l’orientamento giurisprudenziale che nega l’esistenza di un onere di conoscenza della parte rappresentata degli atti comunicati al suo difensore o di cui questi abbia conoscenza, giacché il punto è un’altro: la presunzione risiede proprio nel fatto che, secondo regole di comune esperienza, il difensore dialoga con la parte che rappresenta processualmente sulle questioni rilevanti per la controversia, a maggior ragione dopo che la stessa si sia già conclusa con sentenza
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.01.2009 n. 38 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Strumenti legittimi per la tutela delle strade ad uso pubblico.
In caso di realizzazione di una recinzione che ostruisce il pubblico uso di un percorso, è legittimo l’esercizio del potere sindacale contemplato dall’art. 378 della legge 20.03.1865 n. 2248 all. F, il quale configura, non già un provvedimento repressivo in materia edilizia, bensì una ipotesi di autotutela possessoria iuris publici in tema di strade sottoposte all’uso pubblico, che, in quanto tale, trova il suo unico presupposto nella necessità di ripristinare l’uso pubblico della strada senza necessità di ulteriori motivazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.01.2009 n. 25 - link a www.altalex.com).

APPALTI1. Annullamento dell'aggiudicazione di un appalto dopo la stipula del contratto - Sussistenza dei presupposti per il ricorso all'autotutela.
2. Annullamento dell'aggiudicazione in via di autotutela - Giurisdizione G.A.
3. Accertamento dell'anomalia dell'offerta - Anche in via di autotutela - Valutazione degli elementi costitutivi "originari" della proposta contrattuale formulata in sede di partecipazione alla gara.

1. La giurisprudenza amministrativa, infatti, riconosce pacificamente alla p.a. il potere di annullare l'aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del contratto qualora sussistano i presupposti del ricorso alla cd. "autotutela", comunemente ravvisati nella illegittimità dell'atto annullato e nella sussistenza di un interesse pubblico da compararsi con quello del privato che abbia riposto un legittimo affidamento sulla stabilità dei suoi effetti (Cons. Stato, IV, 21/10/2006 n. 6456; TAR Puglia, Bari, 29/03/2007 n. 944; discorso diverso andrebbe fatto con riguardo alla revoca della aggiudicazione per motivi di opportunità e convenienza la quale, qualora intervenga dopo la costituzione del rapporto contrattuale, pare difficilmente distinguibile dal recesso). Tale regola vale anche con riguardo all'accertamento relativo alla anomalia delle offerte, che, qualora viziato da profili di illegittimità, può essere rivisto in un momento successivo alla stipulazione del contratto, posto che, anche dopo tale momento (e specie se l'appalto è ancora nella fase iniziale) la p.a conserva il proprio interesse ad evitare che l'eccessivo ribasso del corrispettivo offerto influisca negativamente sulla corretta esecuzione del servizio.
2. La giurisdizione sull'annullamento in autotutela della aggiudicazione spetta al GA in quanto si tratta di un provvedimento che la p.a. adotta nell'esercizio di poteri di supremazia relativi alla fase della scelta del contraente e non nell'ambito della gestione paritetica del rapporto contrattuale (Cons. Stato; V, 05/05/1998 n. 677 ma si veda sul punto anche Cass. S.U. 28/08/2008 n. 21928).
3. L'accertamento della anomalia dell'offerta, ancorché possa essere effettuato in via di autotutela anche dopo la stipulazione del contratto, deve comunque avere esclusivo riguardo agli elementi costitutivi "originari" della proposta contrattuale formulata in sede di partecipazione alla gara, e giammai può tenere in considerazione elementi di fatto successivi attinenti la fase di esecuzione del contratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2008 n. 6171 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAInstallazione mezzi pubblicitari - Provvedimento concessorio.
L'installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell'uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio. Infatti, l'autorizzazione all'esposizione dei mezzi pubblicitari e la concessione dell'uso del suolo pubblico presuppongono valutazioni differenti, essendo attinenti alla tutela di interessi pubblici diversi: il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell'attività privata con l'interesse pubblico, mentre è solamente con il procedimento concessorio che ha luogo la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2008 n. 6167 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Art. 113, d.lgs. n. 267/2000 - Deliberazioni di costituzione della società affidataria o di acquisto di partecipazione di essa - Opzione del modulo gestorio - Successivo atto di conferimento - Esecuzione alla presupposta scelta organizzativa - Lesione interessi imprese aspiranti alla gestione del servizio - Risale all'adozione delle predette deliberazioni di costituzione.
2. Art. 113, d.lgs. n. 267/2000 - Controllo analogo - Verifica della sussistenza - Criteri.

1. La giurisprudenza -con ragionamento svolto in relazione ad una società mista, ma che sembra estensibile anche alla società a capitale interamente pubblico- ha considerato direttamente lesivi gli atti che definiscono conclusivamente l'opzione del Comune per il peculiare modello dell'affidamento diretto ex art. 113 del d.lgs. n. 267/2000, sottraendo al confronto concorrenziale l'attribuzione del servizio e precludendo, in tal modo, alle imprese interessate di accedere alla relativa contrattazione (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 12.05.2004, n. 1685; C.d.S. Sez. V, 30.08.2005, n. 4428, confermativa della precedente). In quest'ottica, si è ritenuto che l'atto di costituzione della società affidataria o di successiva acquisizione in essa di una partecipazione, ad opera di altro Ente locale, siano i provvedimenti idonei concretamente a sottrarre dal mercato di riferimento la possibilità di accesso alla contrattazione con l'Amministrazione che ha optato per quella peculiare forma di gestione diretta del servizio, essendo il conferimento di quest'ultimo mero atto consequenziale e, per certi versi, automatico e vincolato in relazione alla presupposta scelta del modulo in questione (cfr. C.d.S., Sez. V, 30.06.2003, n. 3864). Infatti, è proprio con le deliberazioni di costituzione della società affidataria, o di acquisto della partecipazione in essa, che l'Ente manifesta e cristallizza l'opzione del modulo gestorio considerato, mentre con il successivo atto di conferimento si limita a dare esecuzione necessitata alla presupposta scelta organizzativa, con il corollario che la lesione effettiva ed immediata degli interessi delle imprese che aspirano alla gestione del servizio risale all'adozione delle predette deliberazioni, tenuto conto del carattere conclusivo della determinazione organizzatoria che esse implicano (TAR Lombardia, Milano, n. 1685/2004, cit.).
2. La recente giurisprudenza (TAR Lazio, Roma, n. 9988/2007, cit.) ha affermato che la verifica della sussistenza del controllo analogo va condotta secondo un criterio comunque coerente con le peculiarità della forma societaria, con esclusione di criteri, quale quello della sovraordinazione gerarchica tra controllante e controllato, inconfigurabili nei confronti degli organismi di tipo societario. Inoltre, il controllo da parte dell'Ente pubblico non si può configurare quale diretto controllo sulle operazioni di gestione del servizio, di cui l'Ente locale controllante possa direttamente disporre ogni minima regolamentazione.
La verifica del controllo analogo non può che effettuarsi sul piano dell'esistenza di previsioni che conferiscano, agli Enti aventi una partecipazione esigua alla società affidataria, dei poteri di controllo nell'ambito in cui si esplica l'attività decisionale della società tramite gli organi di questa: poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all'ordine del giorno di detti organi, ma anche -e principalmente- di poteri di inibizione di iniziative o decisioni che contrastino con gli interessi dell'Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali rappresentati dall'Ente stesso con le suindicate proposte.
Occorre, inoltre, che i predetti poteri inibitivi siano esercitabili dall'Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della partecipazione di esso al capitale della società affidataria, ma per il semplice fatto che l'Ente, nel cui territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attività societarie contrastanti con i propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attività.
La giurisprudenza ha in particolare rinvenuto l'esistenza del controllo analogo in presenza di clausole, contenute nello statuto societario e nel contratto di servizio, attributive all'Ente locale affidante delle seguenti prerogative, che l'Ente stesso può esercitare, ai fini del controllo sul servizio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta (TARLazio, Roma, n. 9988/2007, cit.):
- potere dell'Ente di effettuare nei confronti dell'organo amministrativo proposte di iniziative attuative del contratto di servizio;
- diritto di veto sulle deliberazioni assunte in modo difforme dal contenuto delle proposte;
- diritto di recesso dalla società, con revoca dell'affidamento del servizio, qualora il Comune abbia diritto di far valere la risoluzione o comunque lo scioglimento del contratto di servizio, nonché nel caso di violazione delle competenze assembleari, quando cioè l'organo amministrativo assuma iniziative rientranti nelle competenze dell'assemblea senza l'autorizzazione di questa.
A ciò si sono poi aggiunte la riserva all'assemblea ordinaria del potere di trattare argomenti inerenti a pretese o diritti delle società sugli Enti locali nascenti dal contratto di servizio e il diritto di veto di ogni Ente locale interessato sulle relative determinazioni.
Affinché si possa parlare di un "controllo analogo", infatti, ad avviso del Collegio tale prescrizione deve intendersi nel senso che il veto comunale abbia un valore analogo a quello di un parere vincolante: il consiglio di amministrazione dovrà, in ogni caso, uniformare le sue determinazioni all'avviso espresso dal Comune e non potrà discostarsene limitandosi ad indicare, a propria volta, i motivi per cui ritiene di non condividere le affermazioni del Comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.12.2008 nn. 5758 - 5759 - 5760 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAInstallazione di impianto pubblicitario su suolo pubblico - Provvedimento concessorio - E' necessario.
Qualora l'installazione dell'impianto pubblicitario debba avvenire su suolo pubblico, si rende necessario un esplicito provvedimento concessorio (cfr. TAR, Lombardia, Milano, Sez. IV, 06.10.2008 n. 4709) della legalità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 05.12.2008 n. 5718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIComunicazione di avvio del procedimento - Atti volti ad accertare situazioni di fatto - Non è dovuta.
La comunicazione di avvio del procedimento non è dovuta nel caso di atti volti ad accertare una situazione di fatto non conforme alla disciplina vigente, quale la constatazione di un abusivo posizionamento di mezzi pubblicitari. Tali provvedimenti sono esplicazione, infatti, di un'attività dovuta, priva di discrezionalità e rispetto dell'esercizio della quale nessuna utilità potrebbe avere la partecipazione al procedimento del destinatario del provvedimento sanzionatorio e preordinato al ripristino della legalità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 05.12.2008 n. 5718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il procedimento di autotutela richiede la comunicazione di avvio.
La preventiva comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7, L. 241/1990, costituisce un principio generale dell’azione amministrativa soprattutto quando l’amministrazione esercita il potere di autotutela, espressione della propria discrezionalità, in cui occorre dare adeguatamente conto della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto o alla cessazione dei suoi effetti (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 27.11.2008 n. 10810 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAConcessione edilizia, permesso di costruire, DIA - Impugnazione - Termine - Decorrenza - Dal completamento dei lavori - Dall'effettiva conoscenza del provvedimento.
Il termine per l'impugnazione giurisdizionale delle concessioni edilizie va al più tardi fatto decorrere dal completamento dei lavori di costruzione dell'immobile contestato, e ciò sempre che non ricorrano elementi che consentano di reputare l'atto censurato effettivamente conosciuto dal terzo già in epoca anteriore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.11.2008 n. 1710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAOneri di costruzione - Asilo-nido - Opera di urbanizzazione secondaria - Esenzione - Non sussistenza.
Non appare condivisibile la tesi che valorizzando la qualificazione dell'asilo-nido come opera di urbanizzazione secondaria (art. 16, co. 8, DPR 380/2001; art. 44, co. 4, LR 12/2005) ne pretende l'esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, co. 3, lett. c), DPR 380/2001) ovvero lo scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, co. 2, DPR 380/2001; art. 45 LR 12/2005).
Nell'ipotesi relativa all'esenzione totale, infatti, il privato realizza un'opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi, l'utilità per l'amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell'opera e pertanto l'esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d'uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni.
L'ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l'interesse economico dei privati.
Quanto alle norme riguardanti lo scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione, se l'opera di urbanizzazione per cui si chiede lo scomputo è la stessa opera oggetto del permesso di costruire si ricade nella fattispecie di esenzione, mentre, normalmente, lo scomputo riguarda opere aggiuntive rispetto a quella di interesse dei privati. Si tratta però di opere che una volta realizzate non rimangono nella disponibilità dei privati ma vengono acquisite al patrimonio indisponibile del comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.11.2008 n. 1704 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAPGT - Destinazioni specifiche - Realizzabili ad iniziativa privata o promiscua - Destinazione ad edilizia popolare - Vincolo Espropriativo - Non sussistenza.
Non vanno considerati espropriativi i vincoli che importano destinazioni, anche di contenuto specifico, realizzabili ad iniziativa privata o promiscua, ovvero sia pubblica sia privata, e non postulino di necessità espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica; a ben vedere, infatti, detti vincoli non privano il contenuto del diritto di proprietà ma si limitano a imporre al titolare intenzionato a trarne le relative utilità di seguire una data procedura: tale è da ritenere il caso di vincolo imposto dall'amministrazione comunale su terreni classificati ATR3 e destinati in tal modo ad edilizia popolare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.11.2008 n. 1699 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Oneri di costruzione - Ripetizione - Ammissibilità - Riserva di ripetizione - Non necessità.
2. Oneri di costruzione - Asilo-nido - Qualificazione - Attività socio-assitenziale - Sussistenza.

1. Il semplice fatto di avere in origine corrisposto gli oneri richiesti senza riserva alcuna di ripetizione, come del resto è normale per qualunque cittadino, non vale implicita rinuncia a ripeterli ove non dovuti, per il noto principio secondo il quale una rinuncia al proprio diritto deve essere formulata in modo espresso e non si presume.
2. Ai fini della determinazione degli oneri di costruzione, l'asilo nido, anche se gestito da privati, va considerato una attività socio-assistenziale e non un'attività commerciale, a nulla rilevando il fatto che risulti avere dimensioni significative (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.11.2008 n. 1698 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONEProcedimento - Apposizione del vincolo urbanistico - Presupposto imprescindibile.
Relativamente al progetto preliminare e quello definitivo (contenente dichiarazione di p.u.) per la realizzazione di una pista ciclabile il cui tracciato interessava anche l'area di proprietà del ricorrente, il Collegio ritiene fondato ed assorbente il primo motivo di ricorso: a norma dell'art. 8 del D.P.R. 327/2001 il procedimento di espropriazione per p.u. deve avere inizio con la apposizione del vincolo urbanistico a tal fin preordinato, il quale costituisce presupposto imprescindibile affinché l'area possa essere espropriata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 19.11.2008 n. 5453 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIProcedura evidenza pubblica - Nuova procedura - Revoca precedente gara.
Nelle procedure ad evidenza pubblica il venir meno dell'aggiudicazione, per decisione giurisdizionale o in via di autotutela, restituisce all'amministrazione la piena potestà di diritto pubblico di determinarsi nel modo che ravvisa più opportuno per la cura del pubblico interesse e, pertanto, anche di non avvalersi degli atti legittimi della procedura espletata e di revocare gli atti che vi hanno dato luogo; di conseguenza, è legittimo il provvedimento con cui l'amministrazione, a seguito della revoca della precedente gara, abbia ritenuto opportuno rinnovare integralmente la procedura ricorrendo a un diverso criterio di scelta del contraente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 19.11.2008 n. 5450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIGiustizia amministrativa - Legittimazione ad impugnare - Esistenza di un interesse attuale e concreto - Necessità - Generica aspirazione alla legittimità dell'azione amministrativa - Inammissibilità.
La legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa, e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto, mentre non è tutelabile la generica aspirazione all'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 14.11.2008 n. 1636).

CONSIGLIERI COMUNALIComune e Provincia - Consigliere - Atti del Consiglio - Legittimazione ad impugnare - Non sussistenza.
I componenti di un organo collegiale, nella specie un Consigliere comunale non sono legittimati ad impugnare atti assunti dal consesso a cui appartengono, salva la sussistenza di violazioni che hanno compromesso il diritto del singolo a poter esercitare con pienezza il mandato, oppure che hanno provocato la lesione di un interesse individuale attinente alla carica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 14.11.2008 n. 1636).

LAVORI PUBBLICIAppalto di lavoro - Somministrazione di manodopera - Nozione e differenze - Mancanza di conferimento dei mezzi - Ammissibilità.
Può sussistere appalto di lavoro per i servizi ai sensi dell'art. 29 comma 1 del Dlgs. 276/2003 anche in mancanza di conferimento di mezzi: l'appalto di lavoro si caratterizza, in effetti, per l'organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa. Gli elementi necessari perché vi sia appalto di lavoro sono quindi l'organizzazione dei mezzi e l'assunzione del rischio di impresa.
L'organizzazione dei mezzi non coincide con il diretto e personale conferimento delle attrezzature destinate al servizio ma principalmente con l'assunzione e la direzione degli operatori impiegati (in base al comma 3-bis dell'art. 29 del Dlgs. 276/2003 qualora vi fosse interposizione fittizia i lavoratori interessati potrebbero chiedere al giudice ordinario la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze al soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione lavorativa).
I mezzi materiali possono essere perciò forniti anche dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga in capo all'appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull'appaltato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 13.11.2008 n. 1627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIViabilità agro-silvo-pastorale - Strada vicinale - Manutenzione - Oneri a carico dei Comuni - Soggezione a pubblico transito - Soggezione a uso pubblico - Differenze.
La misura della partecipazione dei comuni agli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade vicinali va definita sulla base dell'art. 3 del DLLgt. 1446/1918, il quale prevede una misura variabile da 1/5 fino a metà della spesa a seconda dell'importanza delle strade.
Condizione essenziale perché possa sorgere l'obbligo di contribuzione è che le vicinali siano soggette a pubblico transito. Se una strada vicinale può essere percorsa indistintamente da tutti i cittadini per una molteplicità di usi e con una pluralità di mezzi, non può essere negata la presenza del pubblico transito solo perché materialmente la strada si presenta disagevole in alcuni tratti e poco frequentata nel complesso.
L'uso pubblico, assimilabile a una servitù collettiva, legittima i comuni a introdurre alcune limitazioni al traffico, ad esempio vietando l'uso di alcuni mezzi (specie di quelli molto impattanti) in modo continuativo o in particolari periodi, come per il resto della viabilità comunale ma l'apposizione di limiti e divieti non fa venire meno la caratteristica del pubblico transito e quindi non esime i comuni dall'obbligo di contribuire alla manutenzione.
L’esistenza dell’obbligo in capo ai comuni è indipendente dalla formazione di un consorzio tra gli utenti, sia nella forma facoltativa di cui all’art. 2 del DLLgt. 1446/1918 sia nella forma obbligatoria di cui all’art. 14 della legge 12.02.1958 n. 126. La costituzione del consorzio è necessaria per imporre la ripartizione delle spese tra i privati, mentre nei confronti del comune competente per territorio l’obbligo di finanziamento è una conseguenza automatica del diritto di uso pubblico secondo il principio generale dell’art. 1069 cc. in materia di opere necessarie per la conservazione della servitù. Poiché l’uso pubblico è il risultato di un insieme di comportamenti omogenei ripetuti nel tempo, il contenuto del diritto ha un’estensione mediana e riflette l’utilità collettiva e non quella di ogni singolo utente. Pertanto i comuni non sono tenuti a introdurre nelle strade vicinali caratteristiche tecniche idonee a soddisfare speciali esigenze di transito di alcuni utenti.
Tuttavia la manutenzione deve tenere conto degli interessi pubblici collegati alla viabilità, e in particolare dell’utilizzazione della strada per il servizio antincendio, le emergenze sanitarie e gli interventi di protezione civile. Queste considerazioni riassumono i criteri con cui deve avvenire il riparto della spesa tra i comuni e i privati.
Un ulteriore criterio è costituito dalla presenza di un “consumo notevole” della strada da parte di un singolo utente o un gruppo ristretto ai sensi dell’art. 9 del DLLgt. 1446/1918. In effetti se vi è uno squilibrio nell’utilizzazione, nel senso che la strada è di fatto al servizio di pochi anziché della collettività, l’onere economico deve gravare in misura proporzionale su questi ultimi, a prescindere dalla formale istituzione di un consorzio (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 11.11.2008 n. 1602 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATABarriere architettoniche - Nozione - Negativa - Ammissibilità.
La definizione di barriera architettonica codificata dall'art. 1 comma 2 del DPR 503/1996, a cui rinvia l'art. 78, comma 1, del DPR 380/2001, non comprende soltanto gli ostacoli fisici che impediscono l'uso normale degli spazi pubblici e quindi, per effetto del richiamo, anche di quelli privati: le norme citate non fanno, infatti, riferimento a una condizione normale di fruizione degli spazi edificati rispetto alla quale la barriera architettonica si configurerebbe quale addizione rimovibile, come se la normalità fosse conseguibile per rimozione dell'ostacolo.
La legislazione sulle barriere architettoniche, a partire dall'art. 27 L. 1187/1971, è invece focalizzata sulla qualità della vita di relazione del soggetto disabile, che deve essere facilitata tenendo presenti le condizioni mediche individuali e le esigenze terapeutiche, lavorative e familiari. Non può esservi quindi una definizione di barriera valida per tutti e soprattutto occorre riconoscere che la nozione di barriera può essere anche negativa, ossia può consistere nella mancanza di strutture idonee a facilitare le attività e i comportamenti che i soggetti disabili potrebbero comunque eseguire ma con impegno e rischi superiori. Lo stesso elenco di cui all'art. 1, comma 2, del DPR 503/1996 qualifica come barriera ogni impedimento alla "comoda e sicura utilizzazione" di spazi e attrezzature (lett. b) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 11.11.2008 n. 1601 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATADistanze tra pareti finestrate - Portico aperto su tre lati - Non si applicano.
Non ricorrono i presupposti per applicare la distanza minima di 10 metri verso pareti finestrate prevista dall'art. 9, comma 1, n. 2, DM 02.04.1968 n. 1444, in caso di realizzazione di un portico, destinato a rimanere aperto su tre lati, e quindi è inidoneo a costituire le strette intercapedini vietate sotto il profilo igienico-sanitario dalla suddetta norma (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 11.11.2008 n. 1601 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALII componenti di un organo collegiale non sono legittimati ad impugnare atti assunti dall’organo a cui appartengono, salvo che non vengano dedotte violazioni che hanno compromesso il diritto del singolo (o del gruppo consiliare) a poter esercitare con pienezza il mandato.
La Sezione deve richiamare un recente arresto del Tribunale (sez. II, 24.12.2007, n. 4447), anch’esso relativo alla vexata quaestio dei limiti della legittimazione che si deve riconoscere ai membri di organi collegiali elettivi o amministrativi ad impugnare i provvedimenti adottati dall’organo di cui essi fanno parte.
Nella sentenza n. 4447/2007, il TAR ha statuito che “….Tra le regole altrettanto consolidate del giudizio amministrativo vi è anche quella secondo cui i componenti di un organo collegiale non sono legittimati ad impugnare atti assunti dall’organo a cui appartengono, salvo che non vengano dedotte violazioni che hanno compromesso il diritto del singolo (o del gruppo consiliare) a poter esercitare con pienezza il mandato (ad esempio, la mancata tempestiva ostensione degli atti presupposti ad una deliberazione o il mancato tempestivo avviso della data della seduta del consiglio, etc.) oppure, naturalmente, la lesione di un interesse individuale del consigliere [….]. L'interesse al rispetto di tali norme è da intestare, ovviamente, ai titolari delle posizioni giuridiche incise dall’atto.
Fra costoro non possono essere ricompresi i componenti del Collegio dissenzienti.
La volontà espressa nella deliberazione collegiale è ascritta al Collegio nel suo insieme, non alla componente che ha votato a favore della determinazione interessata; non è logico che al singolo componente del Collegio venga riconosciuto un interesse oppositivo a tutela di una situazione che non è riferibile a lui in via esclusiva (quale è l’interesse, ad esempio, ad essere informato nei tempi e nei modi dovuti), ma è riferibile ad ogni componente del Collegio ed è come tale indifferenziata.
In altre parole, il componente elettivo di un organo collegiale, una volta esclusa la vincolatività del mandato ricevuto dagli elettori e cioè la rappresentatività da parte degli eletti di una certa parte degli elettori, è portatore dell’interesse collettivo al pari di ogni altro soggetto eletto; la posizione dell’uno è pari a quella dell’altro, l’una è indifferenziata rispetto all’altra. Né si può ritenere che l’abolizione dei controlli abbia creato un vuoto nei mezzi di tutela della legittimità, vuoto da riempire con l’ampliamento dell’ammissione alla tutela giurisdizionale. Tale esigenza (se esistente) non può essere soddisfatta a scapito dei principi che regolano l’accesso in questione, fra i quali è da annoverare il carattere differenziato dell’interesse….
” (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 11.03.2008 n. 767 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 09.03.2009

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GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lombardia, LEGGE CONSIGLIO REGIONALE N. 121/2009.
"Disposizioni in materia di territorio e opere pubbliche – collegato ordinamentale" approvata dal Consiglio Regionale nella seduta del 03.03.2009 in  attesa di pubblicazione sul B.U.R.L..
Posticipa di 1 anno (entro il 31.03.2010) il termine entro cui dotarsi del PGT con modificazioni/integrazioni varie alla L.R. n. 12/2005.

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 9 del 06.03.2009, "Valori agricoli medi validi per l'anno 2009 dei terreni, considerati liberi da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati, determinati nell'ambito delle singole regioni agrarie lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del d.P.R. 08.06.2001, n. 327 e successive modificazioni ed integrazioni" (comunicato regionale 25.02.2009 n. 28 - link a www.infopoint.it).

QUESITI & PARERI

URBANISTICAValidità convenzione edilizia residenziale pubblica.
Il Comune XXX chiede un chiarimento in merito alla perdurante validità delle clausole di una convenzione disciplinante un intervento di edilizia residenziale pubblica stipulata in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della L. 179/1992 e della L. 85/1994 che, come noto, hanno apportato rilevanti modifiche nella materia in questione.
Più precisamente, i termini della vicenda sono i seguenti:
= codesto Comune, in data 29.09.1987, ha stipulato con la società Co.RE.C.E.P. s.r.l. una convenzione ai sensi dell’art. 35 L. 865/1971 per la cessione in proprietà di aree P.E.E.P. su cui realizzare interventi di edilizia residenziale pubblica;
= nello specifico, l’intervento prevedeva la costruzione di sei alloggi di “edilizia agevolata” finanziati ai sensi della L. 457/1978 e di altrettanti alloggi di “edilizia convenzionata” da realizzarsi secondo i criteri di cui alla medesima L. 457/1978;
= la convenzione disciplinava:
- i criteri e le modalità di prima assegnazione degli alloggi (art. 10);
- il prezzo massimo per le cessioni successive (art. 11);
- i criteri e le modalità per la vendita e la locazione degli alloggi che, comunque, restavano riservati ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti per gli alloggi E.R.P. e presupponevano il consenso del Comune agli atti dispositivi (art. 13);
- il diritto di prelazione del Comune per le cessioni successive alla prima a pena di nullità degli atti di vendita (art. 16);
- l’estinzione del diritto di proprietà vantato dai concessionari per l’ipotesi di cessazione della convenzione, con acquisizione della proprietà dell’edificio e dei
singoli alloggi in capo al Comune (art. 20).
Il Comune si chiede ora se le modifiche introdotte dalla L. 179/1992 e dalla L. 85/1994 abbiano inciso sui contenuti della convenzione predetta ed, in particolare, chiede allo scrivente Servizio di Consulenza di fornire chiarimenti su tre precisi aspetti:
- la durata da attribuire alla convenzione, non essendo tale durata convenuta nel testo sottoscritto dal Comune e dalla Co.RE.C.E.P. s.r.l.;
- le condizioni a cui sono attualmente subordinate le vendite degli alloggi di “edilizia agevolata” e di “edilizia convenzionata”;
- il termine di validità delle varie condizioni previste nella convenzione (Regione Piemonte, parere n. 116/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAProblematiche manufatti abusivi.
Il Comune XXX pone due quesiti in merito alla realizzazione di alcuni manufatti, definiti “altane”, abusivamente realizzati nel territorio comunale, in area boscata e, più precisamente, nella “riserva dove si esercita l’attività dell’Azienda Agrituristico Venatoria denominata XXX.
Precisa il Comune che le predette “altane” sono state realizzate in legno grezzo e presentano una “tipologia comunemente utilizzata per l’esercizio dell’attività venatoria di prelievo selettivo di ungulati, di avvistamento e censimento”, essendo usualmente utilizzate “per l’esercizio dell’attività venatoria in sicurezza, costituendo dei piccoli ripari atti ad ospitare una persona, rialzati dal suolo, sfruttando l’appoggio ad un tronco d’albero e sostenuti da pali in legno infissi nel terreno”.
I manufatti realizzati nel caso concreto presentano dimensioni di circa mt. 1,50 x 1,50 e un’altezza di circa mt. 5,00: gli stessi risultano essere stati sottoposti a sequestro giudiziario, come segnalato al Comune dal Corpo Forestale dello Stato.
Segnala il Comune che né le Norme Tecniche del P.R.G.C. vigente né il Regolamento Edilizio “danno indicazioni in merito alla costruzione di altane per la caccia”, e che con nota prot. n. 7298/13.4 del 6.9.2006, la Regione Piemonte Settore Caccia e Pesca ha stabilito che “le cosiddette altane non possono essere considerate come appostamenti fissi ai sensi della L. 157/1992, in quanto non sono considerati fissi ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 12 comma 5, gli appostamenti per la caccia degli ungulati”.
Ciò premesso, il Comune XXX chiede:
1. se le altane sopra descritte siano da considerarsi manufatto di tipo edilizio per il quale sia prescritto il rilascio del permesso a costruire;
2. se per le altane di cui sopra, che ricadono in zona boscata, sia necessaria l’autorizzazione paesaggistica ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 in tema di beni culturali (Regione Piemonte, parere n. 115/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATACompetenze progettuali geometri.
Il Comune XXX richiede parere in merito alla questione della competenza dei geometri nella progettazione di strutture in cemento armato.
Il caso proposto riguarda la competenza di un geometra a progettare e a dirigere i lavori di ricostruzione di un solaio di circa 40 mq., realizzato in conglomerato cementizio armato normale, precompresso e a struttura metallica. L’intervento edilizio riguarda un fabbricato a destinazione commerciale e residenziale.
Il professionista, a sostegno della propria competenza a progettare opere in cemento armato, ha evidenziato la modesta entità delle stesse e ha richiamato atti e sedi nei quali sarebbe confermata la competenza medesima (Regione Piemonte, parere n. 113/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Approvate le modifiche alla legge urbanistica lombarda n. 12/2005 (comunicato stampa 03.03.2009 - link a www.consiglio.regione.lombardia.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Pareri legali riservati. I consiglieri non possono accedere agli atti relativi a controversie in corso.
OSSERVATORIO VIMINALE - Può essere chiesto da un consigliere l'accesso a un parere legale?
L'accesso dei consiglieri comunali e provinciali agli atti amministrativi dell'ente locale, disciplinato dall'art. 43, comma 2. del Tuel n. 267/2000, si configura come un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del comune. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza da tale finalizzazione consegue che «i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione» in quanto «qualsiasi limitazione verrebbe a restringere la possibilità di intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulla possibilità d'integrale espletamento del mandato ricevuto». Al consigliere comunale (o provinciale) non può, pertanto, essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso -da dimostrare- che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione. Il Consiglio di stato ha tuttavia affermato che il consigliere comunale è soggetto al rispetto di alcune forme e modalità quali, ad esempio, l'obbligo «di formulare istanze in maniera specifica e dettagliata recando l'esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l'individuazione dell'oggetto dell'accesso». L'adempimento, infatti, non può risultare eccessivamente gravoso per l'ente locale e intralciare lo svolgimento dell'attività amministrativa con riflessi negativi sul regolare funzionamento degli uffici comunali. Per quanto riguarda la problematica relativa all'accesso ad un parere legale, il Consiglio di stato ha affermato, in linea generale, che l'innovazione legislativa apportata dalla citata legge 241/1990, «per quanto radicale, non travolge le diverse ipotesi di segreti, previsti dall'ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello preordinato alla mera protezione dell'esercizio della funzione amministrativa» (Cds sez. IV, 13.10.2003, n. 6200). L'Alto consesso ha osservato che il segreto professionale «gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale» ed ha indicato varie ipotesi di consulenza legale tra le quali quella di consulenza legale che «interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso». Ha, quindi, identificato tre diverse fattispecie di parere legale, a seconda del contesto in cui lo stesso viene richiesto che influisce sulla disciplina dell'accesso ai documenti. In primo luogo, è stata analizzata l'ipotesi dei pareri e delle consulenze, richiesti nell'ambito di un'istruttoria volta all'adozione di un atto finale nel quale viene anche citato per motivarne l'adozione. Si tratta quindi, di pareri legali con funzione endoprocedimentale che, pur traendo origine da un rapporto privatistico, caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, risultano assoggettati all'accesso, in quanto oggettivamente correlati ad un procedimento amministrativo.
Altra ipotesi è quella in cui il ricorso alla consulenza avvenga a seguito di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrario o amministrativo) oppure dopo l'avvio di attività precontenziose tipiche (tentativo obbligatorio di conciliazione) e sia, pertanto, finalizzato alla definizione di una strategia difensiva. Infine, è stata evidenziata una terza ipotesi in cui si profila la possibilità che la richiesta di parere legale avvenga in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento contenzioso, in modo da consentire all' amministrazione di articolare una linea difensiva in ordine ad una potenziale lite. In queste due ultime ipotesi, l'orientamento del Consiglio di stato è che tali pareri legali, chiesti a fini difensivi, siano sottratti all'accesso e restino, pertanto, tutelati dal segreto» (vedasi Cds, sez. V, 26.09.2000, n. 5105 ed anche Cds, sez. V, 02.04.2001, n. 1893). Anche la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi con parere deliberato in data 20 aprile 2004, ha sostenuto che «sono sottratti all'accesso i pareri legali relativi a controversie in atto o in potenza e relativa corrispondenza, in quanto ineriscono all'attività di consulenza legale che esula dall'attività amministrativa vera e propria ed appartiene alla sfera di riserbo che caratterizza i rapporti tra l'avvocato ed il suo assistito e, quindi, sono tutelati dalla legge attraverso il segreto professionale». (articolo 06.03.2009 tratto da ItaliaOggi, Numero 055, pag. 17 - link a http://rassegnastampa.formez.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: Note e commenti al Decreto del Ministero dello Sviluppo economico 22.01.2008, n. 37 "Regolamento recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici".
Con il D.M. del 22.01.2008 n. 37 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12.03.2008) il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha riorganizzato la disciplina relativa alle “attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”. Il testo ne analizza il contenuto e ne evidenzia le criticità (link a www.centrostudicni.it).

APPALTI: D. Zonno, ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL CONTRATTO: LE NUOVE FRONTIERE DELLA “TUTELA REALE” DINANZI A GIUDICE AMMINISTRATIVO (nota a TAR Molise 24.09.2008 n. 719) (link a www.giustizia-amministrativa.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTIGara d'appalto - Offerte - Criterio per formulazione ribassi percentuali - Numero massimo cifre decimali - Previsto nella lex specialis - Va osservato per tutte le offerte.
Gara d'appalto - Per formulazione ribassi percentuali - Numero massimo cifre decimali - Previsto nella lex specialis - Non trova automatica applicazione per la determinazione della soglia di anomalia.
Gara d'appalto - Determinazione della soglia di anomalia - Utilizzo numero decimali omogeneo e sufficientemente ampio - Legittimità.

Ritenuto in diritto:
Nella presente fattispecie si pone il problema dell’individuazione del numero di cifre decimali dopo la virgola, da considerare al fine sia della determinazione dei ribassi offerti dai concorrenti sia del calcolo delle medie e della soglia di anomalia.
Nel caso di specie, la S.A. ha dettato una specifica regola per la formulazione delle percentuali di ribasso in calce al modello fornito della lista delle categorie di lavoro e forniture, limitandole espressamente alla seconda cifra decimale dopo la virgola. Tale modello doveva essere utilizzato a pena di esclusione dalle imprese partecipanti, secondo quanto prescritto al punto 11 del disciplinare di gara; questa indicazione, tuttavia, è stata osservata solo da tre delle sei imprese in gara.
Ne segue che ragioni di parità di trattamento e di coerenza sistematica impongono di ricorrere, per tutte le offerte presentate, all’unico criterio espressamente previsto dalla S.A. in ordine al numero di cifre decimali ammesse nella formulazione dell’offerta, vale a dire con due cifre decimali, con conseguente troncamento dei ribassi formulati con tre cifre decimali.
Risolta la prima questione, si pone ora il problema di stabilire come determinare il numero di cifre decimali da considerare per le operazioni aritmetiche successive, relative al calcolo delle medie e della soglia di anomalia.
Pare opportuno partire dalle indicazioni fornite dall’Autorità con la deliberazione n. 114/2002, richiamata dalle parti della presente controversia, nella quale è stata evidenziata la necessità che i bandi di gara contengano esplicite disposizioni sulle modalità di calcolo delle medie, stabilendo espressamente il numero di cifre decimali da prendere in considerazione per tale calcolo e le modalità di arrotondamento. L’Autorità ha altresì affermato che, nei soli casi di mancanza di una esplicita disciplina da parte della lex specialis, il calcolo delle medie deve essere effettuato con un numero di cifre decimali pari al maggior numero di cifre proposto dai concorrenti.
Conseguentemente, in base a tali indicazioni, si potrebbe essere indotti a ritenere che la S.A. avrebbe dovuto effettuare il calcolo delle medie utilizzando tre cifre decimali, pari al maggior numero di cifre proposto dagli offerenti.
Tuttavia, come chiarito anche dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, 1277/2003), quest’ultimo criterio dettato dall’Autorità (con riguardo al calcolo delle medie con un numero di cifre decimali pari al maggior numero di cifre proposto dai concorrenti in assenza una specifica apposita disciplina del bando) opera solo nell’ipotesi in cui le offerte dei concorrenti non siano espresse in modo omogeneo, il che si verifica quando non sia stato chiarito nel bando di gara il numero di cifre decimali utilizzabili dalle imprese per l’indicazione dei ribassi.
Nella presente fattispecie, invece, la S.A. ha espressamente determinato il numero di cifre decimali da utilizzare per le percentuali di ribasso, regola che, come sopra osservato, deve essere applicata in modo da ricondurre ad uniformità le percentuali di ribasso di tutti i concorrenti, considerando un numero di due cifre decimali per tutti i ribassi.
Ne segue che i criteri suggeriti dall’Autorità con la deliberazione n.114 del 2002, appena analizzata, non possono trovare applicazione nella vicenda in esame.
Occorre, allora, considerare se sia giuridicamente possibile procedere alla determinazione delle medie e della soglia di anomalia, effettuando il relativo calcolo con il medesimo criterio previsto dalla S.A. per le percentuali di ribasso o, in altri termini, si deve verificare se l’indicazione contenuta nel bando relativa al numero di cifre decimali ammesse per la formulazione dei ribassi assurga a criterio vincolante per la S.A. anche per la determinazione della soglia di anomalia e della migliore offerta.
Depone a favore della soluzione negativa, in primo luogo, la considerazione che, per pacifica giurisprudenza, in assenza di un’espressa specifica previsione della lex specialis della gara, non è consentito alla P.A. procedere ad arrotondamenti nel calcolo delle medie e nella determinazione della soglia di anomalia, costituendo ogni arrotondamento non previsto dalla lex specialis della gara una deviazione dalle regole matematiche da applicare in via automatica.
In secondo luogo, la giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza n. 6561 del 2006) ha altresì chiarito che, quand'anche la S.A. abbia previsto un criterio per la formulazione dei ribassi percentuali, detta regola -nel silenzio del bando- non necessariamente deve applicarsi in modo automatico anche alla determinazione della soglia di anomalia, che è un momento differente e per il quale non vale obbligatoriamente il medesimo modus operandi. Infatti, mentre l’arrotondamento dei ribassi offerti ha il solo scopo di assicurare la loro omogeneità, diversa è la realtà dei calcoli successivi, che contengono quozienti e che quindi possono comportare un numero di decimali anche elevato. Secondo il Supremo Consesso «non è dato […] intravedere alcun rigido collegamento tra la formulazione dei ribassi di offerta e i calcoli successivi per la determinazione della soglia di anomalia […]», potendo semmai la Commissione «per motivi di convenienza o per comodità di calcolo, […]procedere ad un troncamento o ad un arrotondamento della soglia di anomalia, ma alla condizione (imprescindibile) di conservare un numero di decimali sufficiente ad evitare di falsare il risultato del calcolo e quindi di danneggiare alcuno dei concorrenti».
Conseguentemente la S.A., non essendo autovincolata ad utilizzare nella determinazione della soglia di anomalia, con riferimento al numero di cifre decimali ammesse, lo stesso criterio espressamente stabilito per la formulazione dei ribassi (limitazione a due cifre decimali), può discrezionalmente utilizzare nella determinazione di detta soglia un numero di decimali più ampio ed omogeneo, tale da non falsare il risultato del calcolo e da non avvantaggiare alcun concorrente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- quando la S.A. individua negli atti di gara un criterio per la formulazione dei ribassi percentuali delle offerte, stabilendo il numero massimo delle cifre decimali ammesse dopo la virgola, detto criterio deve essere osservato per le offerte di tutti i partecipanti alla gara;
- in mancanza di un’apposita previsione della lex specialis della gara, il metodo previsto per la formulazione dei ribassi percentuali delle offerte non trova necessariamente applicazione anche al calcolo della soglia di anomalia;
- la S.A. non viola i principi di parità di trattamento e di proporzionalità se nella determinazione della soglia di anomalia utilizza un numero di decimali omogeneo e sufficientemente ampio
(parere 15.01.2009 n. 8 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Offerte - Sigillatura con ceralacca - Funzione - Individuazione - Omessa contestuale controfirma sui lembi di chiusura - Irrilevanza in presenza di apposizione sigillo con iniziali offerente.
Ritenuto in diritto:
Il paragrafo 1 del disciplinare di gara “Modalità di presentazione e criteri di ammissibilità delle offerte”, dispone, nel secondo periodo, che “I plichi devono essere idoneamente chiusi con ceralacca, controfirmati sui lembi di chiusura”. Il paragrafo prescrive, altresì, che “I plichi devono contenere al loro interno, pena l’esclusione, quattro buste, a loro volta chiuse con ceralacca e controfirmate sui lembi di chiusura, recanti l’intestazione del mittente e la dicitura, rispettivamente “A - Documentazione” e “B - Offerta tecnica", “C – Offerta economica" e "D Giustificazioni”.
La lex specialis di gara, pertanto, ai fini del regolare confezionamento dei plichi contenenti le offerte, ha previsto la doppia garanzia, costituita dalla controfirma su lembi di chiusura e la sigillatura con ceralacca, adempimento la cui inosservanza viene sanzionato a pena di esclusione.
Per costante giurisprudenza amministrativa si osserva come la sigillatura con ceralacca della busta contenente l’offerta è posta per garantire la segretezza dell’offerta, la parità di trattamento dei partecipanti, la trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa per cui, in caso di espressa previsione del bando, la sua mancanza va sanzionata con l’esclusione dalla gara (Consiglio di Stato Sezione VI 20.04.2006 n. 2200; Consiglio di Stato Sezione V 22.12.2005 n. 7330). La sigillatura con ceralacca assolve, pertanto, alla duplice funzione di garantire l’integrità del plico mediante un sistema di chiusura estremamente affidabile, oltre alla paternità dello stesso attraverso l’apposizione del sigillo; ciò rende irrilevante, degradandola a mera irregolarità, l’eventuale assenza della controfirma sul lembi di chiusura, seppur prevista dalla disciplina di gara (Consiglio di Stato Sezione V, 21.09.2005 n. 4941).
Nel caso di specie, secondo quanto emerso dall’istruttoria, l’istante non si era limitato a chiudere il plico con ceralacca, ma aveva altresì apposto il sigillo recante le iniziali del presentatore Pasquale Caprio “P.C.”. Tale specifica formalità permette indubbiamente alla stazione appaltante di avere certezza della paternità del plico, dal momento che il sigillo è un elemento idoneo ad individuare precisamente il mittente.
Di conseguenza è possibile, in questo caso, ritenere assolta la formalità prescritta dalla lex specialis attraverso la sigillatura, la quale rende subordinata la mancata apposizione della firma a scavalco, nel rispetto del principio della par condicio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la disposta esclusione non è conforme alla normativa vigente di settore (parere 15.01.2009 n. 7 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICIServizi tecnici - Funzioni di coordinatore per l'esecuzione dei lavori previsto dalla normativa sulla sicurezza nei cantieri - Debbono essere svolte dal direttore dei lavori, se in possesso dei requisiti - Necessità di pubblicazione unico bando entrambe prestazioni - Affidamento diretto - Artificioso frazionamento - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Quanto alla prima censura mossa dalla società istante, l’Autorità ha già avuto modo di pronunciarsi su una questione analoga alla presente, sostenendo che le funzioni di Coordinatore per l’esecuzione dei lavori previsto dalla normativa sulla sicurezza nei cantieri debbano essere svolte dal Direttore dei lavori, se in possesso dei requisiti previsti dalla suddetta normativa, secondo quanto disposto dall’art. 127, comma 1, del D.P.R. n. 554/1999, la cui ratio è quella di concentrare l’adozione degli atti di competenza del direttore dei lavori in capo ad un unico soggetto, ai fini della certezza e celerità dell’azione amministrativa (Deliberazione n. 243/2007).
La S.A., pertanto, nel caso di specie, avrebbe dovuto pubblicare un unico bando per l’affidamento ad un unico professionista dell’incarico di direzione lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori, adottando la procedura di affidamento prevista dall’art. 91, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, essendo la somma dei compensi stabiliti per gli specifici incarichi posti a gara di importo superiore a 100.000,00 euro.
Ne consegue che, in tal modo, la S.A. avrebbe evitato anche di incorrere nel divieto di frazionamento artificioso degli incarichi, posto al fine di eludere l’applicazione delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non ci fosse stato, divieto sancito dall’art. 29, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006.
Fermo restando quanto suddetto, da ritenersi assorbente rispetto a tutte le altre censure rilevate dall’istante, rispetto ad esse, in ogni caso, si richiama la Determinazione dell’Autorità n. 4/2007, rubricata “Indicazioni sull’affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 e della legge 04.08.2006, n. 248”, che rinvia, per ciò che concerne i servizi tecnici di importo inferiore a 100.000,00, alle istruzioni formulate con la precedente Determinazione n. 1/2006.
In particolare, quest’ultima determinazione precisa che nell’avviso di selezione dovranno essere indicati i requisiti minimi, richiesti dalla S.A., che consentano al professionista –tramite il curriculum– la dimostrazione del possesso di una esperienza adeguata rapportata alla tipologia ed all’importo dell’incarico e che, la valutazione del merito tecnico, nella fase di ammissione alla selezione, deve essere effettuata sulla base di elementi meramente quantitativi, consistenti nell’accertamento dell’importo dei lavori appartenenti alle stesse classi e categorie dell’opera oggetto dell’incarico, eseguiti in periodo anteriore alla data del bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che gli avvisi di affidamento non sono conformi alla normativa di settore degli incarichi in questione (parere 15.01.2009 n. 6 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Requisiti morali - Soggetti obbligatoriamente chiamati a dimostrarne la sussistenza ex art. 38 dlgs 163/2006 - Amministratori muniti di poteri di rappresentanza anche se con funzione vicaria - Obbligo di dimostrare i requisiti morali - Omessa dichiarazione - comporta violazione del bando di gara - Obbligo di esclusione - Sussiste -integrazione documentale successiva - Non ammessa.
Ritenuto in diritto:
L’esclusione dalla gara della costituenda ATI Ma-Fra S.r.l. e Research Consorzio Stabile a r.l. è stata motivata dalla S.A. principalmente con riferimento alla mancata produzione, nella domanda di partecipazione alla gara del Consorzio Stabile Research a r.l., associando al raggruppamento istante, della dichiarazione sostitutiva relativa al Vice Presidente sig. Forte Antonello, così come richiesto a pena di esclusione dal punto 3, pag. 6 del disciplinare di gara e dall’art.38, comma 1, lettere b) e c) del d. lgs. 163/2006 e s.m.
In riferimento alla questione in oggetto, si osserva che l’art.38 del D. Lgs. n. 163/2006 e s.m. indica in modo preciso i soggetti chiamati obbligatoriamente a dimostrare la sussistenza di requisiti morali richiesti, annoverando fra questi «[…] gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza».
Come riconosciuto già con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4856 del 2005, il criterio interpretativo da seguire al fine di individuare la persona fisica tenuta alla dichiarazione sostitutiva richiesta, e rispetto alla quale assume quindi rilievo la causa di esclusione, consiste nel ricercare nello statuto della persona giuridica quali siano i soggetti dotati di poteri di rappresentanza. Né può assumere rilievo contrario la circostanza che i poteri di rappresentanza possano essere esercitati soltanto in funzione vicaria: conta, infatti, la titolarità del potere, considerato che lo statuto abilita il soggetto a sostituire, in qualsiasi momento e per qualsiasi atto, il titolare principale della rappresentanza, senza intermediazione di autorizzazione o di investitura ulteriore.
Qualora, invece, si ritenesse che l’obbligo di presentare le dichiarazioni sostitutive relative alla mancanza delle condizioni ostative di cui all’art. 38 del Codice dei contratti non valga con riguardo agli amministratori che svolgono le funzioni in via vicaria, si consentirebbe a soggetti, che possono svolgere in concreto poteri di rappresentanza, seppur solo in caso di assenza o di impedimento del titolare, di non certificare i diversi status richiesti dalla legge in ragione della titolarità e del potenziale esercizio dei detti poteri (Consiglio di Stato, sez. V, 15.01.2008, n. 36; Consiglio di Stato, sez. VI, 14.04.2008, n. 1585, quest’ultima con specifico riferimento a un Consorzio che aveva omesso di produrre detto certificato con riferimento al Vice Presidente).
In particolare, si legge nella sentenza n. 36/2008 che «non si può sfuggire all’obbligo imposto dalla norma di rendere, con riguardo al Vice Presidente, la dichiarazione, in forza della vicarietà della funzione, in quanto ciò implicherebbe il superamento della volontà normativa […] e negoziale […], espresse nella formula letterale che punta alla titolarità e non anche al suo esercizio. L’esattezza dell’interpretazione trova conferma nella riflessione che, stante l’immediatezza della titolarità del potere conferito al Vice Presidente con la funzione, il suo esercizio (condizionato alla mera assenza o impedimento) può aversi in qualsiasi momento della vita sociale, solo che si verifichi il presupposto […] e può esservi stato, pertanto, in momenti che l’ordinamento considera particolarmente significativi (il triennio anteriore alla pubblicazione del bando) ai fini del possesso dei requisiti generali di partecipazione della rappresentata. Cosicché è contrario ad una corretta e ragionevole esegesi il ritenere che la dichiarazione non dovesse essere resa per il soggetto in questione».
Di recente, inoltre, è stato ribadito, che nel caso di rilascio delle dichiarazioni di cui all’art. 38 del Codice dei contratti soltanto da parte di alcuni dei soggetti muniti del potere di rappresentanza (in specifico mancava quella dei Vice Presidenti di un consorzio), «tali omissioni comportano la violazione del bando di gara […], nonché la violazione dell’art. 38 […] del d.lgs. 163/2006», con la conseguente doverosa esclusione dalla gara del consorzio (Tar Piemonte, sentenza n. 2936 del 21.11.2008).
Occorre infine considerare che il Consorzio Stabile Research ha provveduto, successivamente alla richiesta di chiarimenti da parte della S.A, ad inviare la dichiarazione sostitutiva relativa al Vice Presidente sig. Forte, ma in siffatta ipotesi l’integrazione documentale non è ammissibile e non vale, pertanto, ad impedire l’esclusione del Consorzio concorrente.
Infatti, per consolidata giurisprudenza, la regolarizzazione della documentazione prodotta in sede di gara non può riferirsi alla carenza di dichiarazioni o documenti richiesti a pena di esclusione (in materia, ex plurimis: TAR Lazio, 09.07.2008 n. 6518; TAR Campania, 06.08.2008 n. 9861; TAR Lomardia, 17.10.2006 n. 2011; Cons. Stato, 19.06.2006 n. 3660) e la dichiarazione richiesta relativa al Vice Presidente costituisce parte integrante della domanda di partecipazione alla gara, che in concreto è risultata priva di un elemento essenziale con conseguente inammissibilità della regolarizzazione postuma.
Stante il carattere assorbente del motivo sopra esaminato, si rende superfluo l’esame della fondatezza delle altre censure contenute nell’istanza in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione della costituenda ATI Ma-Fra S.r.l. – Research Consorzio Stabile a r.l., dalla gara in oggetto è conforme alla normativa vigente di settore (parere 15.01.2009 n. 5 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Requisiti di carattere generale - Requisiti di cui al comma 1, lett. b) e c), art. 38 in caso di sas - Obbligo di dichiarazione individuale del socio e del direttore tecnico - Dichiarazione incompleta - Possibilità di integrazione - Non sussiste - Violazione par condicio. 
Ritenuto in diritto:
L’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici disciplina i requisiti di carattere generale, escludendo dalla partecipazione alle procedure di affidamento alcune categorie di soggetti e prevedendo che il concorrente attesti il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.
In particolare, relativamente ai requisiti di cui al comma 1, lettere b) e c), dell’articolo 38, la citata disposizione precisa che l’esclusione e il divieto di stipulare i contratti, in caso di società in accomandita semplice, operano se la pendenza del procedimento di cui alla lett. b), (ossia di un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge n. 1423/1956 o di una delle cause ostative di cui all’articolo 10 della legge n. 575/1965) e le sentenze o il decreto penale di condanna di cui alla lett. c) riguardano i soci o il direttore tecnico.
In ossequio a tale disposizione, il disciplinare di gara, nel richiamare la dimostrazione dei requisiti di cui all’articolo 38, prescrive l’obbligo, a pena di esclusione, di allegare la dichiarazione sostitutiva con la quale il rappresentante legale del concorrente, per la parte che riguarda l’impresa, attesti l’insussistenza delle condizioni di cui all’articolo 38, comma 1 e dispone altresì che le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) dell’articolo stesso vadano rese individualmente anche dai soci e dal direttore tecnico in caso di società in accomandita semplice.
Anche il modello di domanda di ammissione alla gara e dichiarazione a corredo della domanda e dell’offerta, predisposto dalla stazione appaltante, nella parte relativa alle dichiarazioni che l’impresa concorrente deve fornire, riporta il contenuto dell’articolo 38, precisando, per quanto riguarda i requisiti di cui alle lettere b) e c) della medesima disposizione, che “la domanda e la dichiarazione di cui ai punti b), c), d) ed f) [del modello stesso] devono essere rese anche dai soggetti previsti dall’articolo 75, commi 1, lettere b) e c) del D.P.R. n. 554/1999”.
Dalla documentazione prodotta si evince che la società CO.DEM. s.a.s. ha allegato alla propria domanda di partecipazione una dichiarazione sostitutiva, datata 1° aprile 2008, in cui il legale rappresentante dell’impresa dichiarava sia che, nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, né il legale rappresentante stesso né il direttore tecnico erano stati sostituiti o erano cessati dalla carica, sia che, né nei propri confronti né nei confronti del direttore tecnico, era stata pronunciata sentenza passata in giudicato o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.
La dichiarazione in questione è tuttavia incompleta, perché priva di qualsiasi riferimento al requisito di cui alla lettera b) dell’articolo 38, ovvero alla pendenza di un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge n. 1423/1956 o di una delle cause ostative di cui all’articolo 10 della legge n. 575/1965.
Inoltre, la dichiarazione medesima non appare conforme alle prescrizioni della lex specialis, la quale in merito prescrive, in modo chiaro e non equivoco, che con la dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. n. 445/2000 il rappresentante legale dell’impresa concorrente attesti, per la parte che riguarda l’impresa che rappresenta, l’insussistenza delle cause di esclusione ex articolo 38 del Codice e dispone specificatamente che le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) dell’articolo 38 vengano rese individualmente dal socio accomandatario o dal direttore tecnico.
Stante le menzionate prescrizioni della disciplina di gara, non appare conferente il richiamo operato dall’istante all’articolo 47, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 445/2000, alla stregua dei quali “L'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all'articolo 38. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza”.
L’istante, in sede di contraddittorio documentale, ha prodotto, oltre alla copia della domanda di ammissione, altresì una dichiarazione sostitutiva con la quale il direttore tecnico attestava per se stesso l’insussistenza delle clausole di esclusione di cui alle lettere b) e c) dell’articolo 38.
Tuttavia, poiché la dichiarazione medesima non è né firmata dal dichiarante né datata, la stessa non è utilmente valutabile nel presente procedimento ex articolo 6, comma 7, lettera n) del Codice.
Né la stazione appaltante, di fronte ad una tale carenza documentale, avrebbe potuto richiedere un’integrazione delle dichiarazioni previste dall’articolo 38, comma 1, lettere b) e c) del Codice, prescritte dalla lex specialis, senza incorrere in una violazione della normativa di settore, nonché del principio di par condicio dei concorrenti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dalla gara della società istante è conforme alla normativa di settore (parere 15.01.2009 n. 4 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Gara d'appalto - Disciplinare di gara - Modalità di presentazione delle giustificazioni a pena di esclusione - Mancata presentazione giustificazioni - Causa esclusione - Necessità - Possibilità di regolarizzazione ex art. 46 dlgs 163/2006 - Inammissibilità.
Ritenuto in diritto:
In via preliminare, è necessario esprimersi sulla presunta carenza di legittimazione dell’ANCE di Firenze alla richiesta di parere in esame.
Al riguardo si evidenzia che l’asserita impossibilità di qualificare, nel caso di specie,
la suddetta associazione di categoria come soggetto portatore di un interesse diffuso, ex art. 2, comma 2, del Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie ai sensi dell’art. 6, comma 7, lettera n), del decreto legislativo 12.04.2006 n. 163, si fonda sul presupposto che tale richiesta di parere sia intervenuta a conclusione della fase di gara, con provvedimento di aggiudicazione definitiva già adottato.
Al contrario, risulta in atti che l’istanza di cui trattasi è stata presentata dall’ANCE di Firenze il 14.04.2008, mentre i lavori in oggetto sono stati aggiudicati dalla S.A. con determina dirigenziale n. 777 in data 18.04.2008.
Venendo al merito della questione, si rileva, innanzitutto, che la clausola del disciplinare di gara censurata nel presente procedimento, vale a dire il punto 16.2, lett. B), n. 2, stabiliva, in modo chiaro e non equivoco, gli adempimenti richiesti al concorrente, prevedendo che “Per l’ammissione alla gara il plico dell’offerta economica dovrà contenere…le giustificazioni dei prezzi unitari, a pena di esclusione, debitamente firmate dal legale rappresentante. Ai sensi dell’art. 86, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. dovranno essere contenute le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara, secondo le modalità indicate nel modello “Allegato 5” al presente disciplinare”.
Dalla richiamata prescrizione discende, innanzitutto, che erroneamente l’ANCE di Firenze ha ritenuto che le giustificazioni dei prezzi unitari dovessero essere contenute nella busta “Documentazione Amministrativa”, con conseguente venir meno dell’argomento principale posto a fondamento delle censure mosse dalla suddetta Associazione.
Si evidenzia, inoltre, che la S.A. ha correttamente applicato il citato art. 86, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006, precisando chiaramente ed inequivocabilmente nel disciplinare di gara la documentazione minima (analisi prezzi - Allegato 5) richiesta a pena di esclusione e le modalità di presentazione delle giustificazioni stesse.
Tale onere di “allegazione” costituiva, dunque, un requisito che tutti gli offerenti indistintamente dovevano soddisfare e che la S.A. era tenuta a verificare, non diversamente da una ordinaria verifica circa la sussistenza di documentazione prescritta a pena di esclusione.
Tenuto conto che il plico dell’offerta economica presentato dall’ATI Baldini Costruzioni s.r.l., Cosimo Pancani S.p.A. e Tecno Trade International s.r.l., come risulta dal verbale della seduta pubblica del 30.03.2008, conteneva “soltanto tre schede generiche con indicazione delle categorie delle lavorazioni (OG2, OS6 e OS28-OS30) in luogo dei prezzi unitari, indicando genericamente solo le percentuali delle «spese generali» e degli «utili di impresa»” e che, pertanto, quanto offerto non può ritenersi corretto adempimento dell’onere di corredare l’offerta delle giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara, come richiesto a pena di esclusione, la S.A. era tenuta ad escludere tale offerta, per assicurare in tal modo la par condicio tra i concorrenti, senza possibilità di richiedere la regolarizzazione documentale (ex art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006) al fine di favorire la più ampia partecipazione alla gara, in quanto non si trattava, nella specie, di “fornire chiarimenti”, ma di mancata presentazione della documentazione (analisi prezzi) richiesta a pena di esclusione dalla gara (parere dell’Autorità n. 89 del 20.03.2008).
La S.A., infine, non ha compiuto alcuna violazione del principio di matrice comunitaria del contraddittorio, in quanto la totale assenza delle giustificazioni a corredo dell’offerta, qualora richiesta a pena di esclusione dalla lex specialis, come nel caso in esame, non consente alcun esame nel merito della congruità dell’offerta da svolgersi in contraddittorio con l’offerente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dalla gara dell’ATI Baldini Costruzioni s.r.l., Cosimo Pancani S.p.A. e Tecno Trade International s.r.l. è conforme alla normativa di settore (parere 15.01.2009 n. 3 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Requisiti speciali - Richiesta requisiti di qualificazione più rigorosi e restrittivi - Ammissibilità - Rispetto limite ragionevolezza e proporzionalità - Obbligo - Preclusione accesso procedura di gara - Violazione principi comunitari.
 Ritenuto in diritto:
E’ principio noto in giurisprudenza quello per cui le amministrazioni possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione ad una gara di appalto e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché, tuttavia, tali prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura di gara e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto (Cons. Stato n. 2304/2007 e n. 5377/2006).
Alla luce di tale principio, innanzitutto, continua ad apparire irragionevole ed ingiustificata, anche dopo le modifiche apportate al bando dalla S.A., la richiesta del possesso della certificazione SOA nella categoria OS22 per la classifica terza (pari ad euro 1.032.913,00) in relazione all’oggetto ed al valore dell’appalto pari ad euro 170.588,00, per il quale la categoria OS22 corrispondente risulta essere la I (fino a euro 258.228,00).
Parimenti ingiustificato risulta l’operato della S.A. che, nel richiedere ai concorrenti, quale requisito di partecipazione, un numero medio annuo di dipendenti negli ultimi tre anni, in applicazione dell’art. 42, comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 163/2006, non si è limita a stabilire con precisione il numero richiesto (non inferiore a 5), ma ha prescritto, altresì, che gli stessi dovessero essere stati assunti esclusivamente con contratto collettivo AUSITRA, con ciò impedendo la partecipazione alla gara ad imprese che avessero applicato nel triennio altre tipologie contrattuali, anche se le stesse fossero risultate migliorative rispetto al previsto contratto AUSITRA.
Quanto al requisito relativo alla necessità “di avere alle proprie dipendenze, da almeno sei mesi dalla data del presente bando, non meno di due tecnici laureati uno in Ingegneria per l’ambiente ed il territorio ed uno in biologia ed entrambi iscritti da almeno dieci anni ai rispettivi ordini professionali”, occorre rilevare che, se esso può considerarsi ragionevole in virtù del consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale sussiste l’interesse da parte della S.A., nel fissare i requisiti di partecipazione, ad una certa affidabilità del proprio interlocutore contrattuale, avuto riguardo alle prestazioni oggetto di affidamento (da ultimo: Cons. Stato n. 1860/2008), il requisito medesimo appare, tuttavia, indebitamente limitativo dell’accesso alla procedura di gara nella parte in cui richiede che tali figure professionali siano alle dipendenze dell’impresa concorrente da almeno sei mesi dalla data del bando.
Infine, in relazione al requisito relativo alla “disponibilità, da almeno sei mesi di un laboratorio nella Provincia di Roma opportunamente attrezzato …”, non risultando chiaro il nesso tra presenza sul territorio provinciale di detto laboratorio ed affidabilità del futuro contraente in termini di capacità tecnica, si ritiene che detto requisito finisca per avvantaggiare le imprese locali che operano sul territorio della Provincia di Roma, ponendosi in contrasto con i principi di par condicio e libera concorrenza, nonché con gli artt. 58 e 59 del Trattato UE che prescrivono il divieto alle restrizioni di importazione, di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il bando di gara pubblicato dal Comune di Morlupo, nonostante le modifiche successivamente apportate dalla S.A., non è conforme alla normativa di settore (parere 15.01.2009 n. 2 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Appalti di ll.pp. - Qualificazione - Categorie a qualificazione non obbligatoria - Importo superiore al 15% importo complessivo appalto - Inapplicabilità divieto subappalto - Obbligo di qualificazione per l'aggiudicatario - Necessità.
... viste la determinazione n. 25/2001, la deliberazione n. 70/2007 e il parere n. 121/2007, con i quali questa Autorità ha sostenuto che alle categorie a qualificazione obbligatoria, non rientranti nell’elenco delle categorie altamente specializzate ed indicate nei bandi di gara come scorporabili, anche se di importo superiore al 15 per cento dell’importo complessivo dell’appalto, non si applica mai lo speciale divieto di subappalto, mentre si applica sempre la disposizione che ne permette l’esecuzione da parte dell’aggiudicatario soltanto se in possesso della relativa qualificazione
il Consiglio ritiene nei limiti di cui in motivazione, che è conforme alla normativa vigente di settore il bando di gara pubblicato dalla Provincia di Caltanissetta, che non pone alcun limite percentuale alla facoltà concessa all’aggiudicatario di subappaltare le lavorazioni di cui alla categoria a qualificazione obbligatoria OS12, non compresa nell’elenco delle categorie altamente specializzate e prevista dal bando come scorporabile (parere 15.01.2009 n. 1 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIContratti della p.a. - Soggetti partecipanti alle gare - Organizzazioni di volontariato - Natura e caratteri - Partecipazione alle gara d'appalto - Inammissibilità - Ragioni
Gara d'appalto - Criteri di valutazione delle offerte - Attribuzione punteggio per l'impiego di personale volontario - Inammissibilità.

Ritenuto in diritto:
Sulla problematica relativa alla possibilità per una associazione di volontariato di partecipare a procedure di gara, questa Autorità si è già espressa in un precedente parere (n. 29 del 31.01.2008), nel quale ha evidenziato come, in accordo al costante orientamento giurisprudenziale, sia da considerare illegittima la partecipazione a gare di appalti pubblici delle associazioni di volontariato, in quanto l’espletamento di una procedura di selezione del contraente, fondata sulla comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di convenienza tecnico–economica, risulta essere inconciliabile con il riconoscimento alle associazioni di volontariato, ex art. 5 della L. n. 266/1991 (legge quadro sul volontariato), della possibilità di usufruire di proventi costituiti esclusivamente da rimborsi derivanti da convenzioni che prescindono dalle regole di concorrenza.
In particolare, infatti, l’art. 2, co. 1 e 2, della legge n. 266/1991 prevede che per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà e, inoltre che:
- l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. Il comma 3 dell’art. 2 cit. stabilisce, inoltre, l’incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.
La caratteristica precipua dell’attività di volontariato consiste dunque nella sua gratuità, che comporta come corollario inevitabile l’impossibilità di retribuire la medesima, anche da parte del beneficiario. Risulta evidente, pertanto, che la stipulazione di un contratto a titolo oneroso, quale un appalto pubblico di servizi, si pone come incompatibile, rispetto a tale fondamentale aspetto del volontariato. L’onerosità implica, dunque, che l’Amministrazione –per conseguire il vantaggio rappresentato dall’espletamento del servizio dedotto in appalto– corrisponda il correlativo prezzo, evidentemente comprensivo della retribuzione dei lavoratori impiegati per svolgerlo. Di conseguenza, sussiste una evidente incompatibilità tra l’espletamento di una gara finalizzata all’aggiudicazione di un pubblico servizio e la partecipazione, alla medesima, di associazioni di volontariato (in questo senso TAR Campania, sez. I, 02/04/2007 n. 3021).
Inoltre la stessa legge n. 266/1991 all’art. 5 prevede che le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da: a) contributi degli aderenti; b) contributi di privati; c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti; d) contributi di organismi internazionali; e) donazioni e lasciti testamentari; f) rimborsi derivanti da convenzioni; g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali. Pertanto il dettato normativo ha escluso che le associazioni di volontariato possano espletare attività commerciali, purché tuttavia esse siano “marginali”. Con D.M. del 25.05.1995 sono stati individuati i criteri per stabilire quali attività sono da intendersi commerciali e produttive “marginali” svolte dalle organizzazioni di volontariato, tra le quali, tuttavia, non figura la partecipazione a procedure di selezione concorrenziale.
Nel caso di specie il criterio di aggiudicazione prescelto è l’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163/2006, in cui il punteggio per l’offerta economica è pari massimo a punti 70 e quello per l’offerta tecnica è pari massimo a punti 30. Questi 30 punti, secondo quanto disposto dall’art. 7 del disciplinare di gara, sono suddivisi in due sottopunteggi: massimo 15 punti per materiali e attrezzature utilizzate per l’espletamento del servizio; massimo 15 punti per le proposte migliorative. Secondo quanto è emerso nel corso della presente istruttoria, la ditta Consorzio Sol Calatino in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta ha rappresentato di intendere realizzare le proposte migliorative attraverso l’utilizzo di volontari. Ai sensi della normativa sopra menzionata, tale possibilità non è percorribile da parte dell’operatore economico, non essendo possibile, come evidenziato, per i volontari ovvero per le organizzazioni di volontariato prendere parte a procedure di gara anche indirettamente. La ditta giustifica l’utilizzo dei volontari sulla base dell’argomentazione che l’attività esercitata è marginale e solo di supporto rispetto a quella eseguita dai responsabili delle varie attività, che sono figure professionali interne al Consorzio.
Tale giustificazione deve essere dettagliatamente verificata dalla stazione appaltante, la quale è chiamata ad accertare se l’attività compiuta dal Consorzio per elaborare proposte migliorative sia effettivamente realizzata autonomamente dal personale interno al Consorzio stesso. L’eventuale utilizzo di volontari deve essere di solo supporto e non deve costituire un’attività che concorre a formare il punteggio tecnico, il quale, peraltro, non essendo marginale (massimo punti 15), è idoneo a determinare una considerevole differenza sulla graduatoria finale.
Infine, si rende necessario precisare che il Consorzio, laddove realizzi parte dell’appalto attraverso una propria consorziata, ha l’obbligo di specificare le parti del servizio eseguite direttamente dal proprio consorziato, secondo quanto disposto dall’art. 37, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006 ai sensi del quale “nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che non è conforme alla normativa vigente di settore l’utilizzazione di volontari, laddove l’attività da questi esercitata sia utile al conseguimento del punteggio tecnico, non essendo possibile per le associazioni di volontariato prendere parte a procedure concorrenziali (parere 17.12.2008 n. 266 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Contributo all'autorità di vigilanza - Versamento - Dimostrazione - Autocertificazione e copia bollettino pagamento - Ammissibilità - Condizioni - Indicazioni specifiche modalità di dimostrazione versamento nella lex specialis.
Ritenuto in diritto
La Deliberazione dell’Autorità del 28.01.2008, all’art. 3, prevede espressamente che gli operatori economici “sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione. La mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla procedura di gara”. Pertanto, secondo la citata previsione, il momento determinante ai fini della dimostrazione dell’avvenuto versamento del contributo, è la presentazione dell’offerta, oltre il quale non è più possibile porre rimedio a eventuali inesattezze, ovvero provvedere a integrazioni di importo. Tale principio, d’altra parte, è anche ribadito nella risposta n. 25 delle risposte ai quesiti frequenti, pubblicati sul portale dell’Autorità, dove è riportato quanto segue: “D25. È ammessa per gli operatori economici l'integrazione dell'importo del versamento successivamente all'invio dell'offerta? R25. Se i termini per l’invio dell’offerta non sono ancora decorsi, l’operatore economico può eseguire un nuovo versamento per l’intera somma dell’importo corretto dandone evidenza alla stazione appaltante e, successivamente, richiedere il rimborso dell’importo inferiore erroneamente versato. Laddove, invece, i termini per la presentazione dell’offerta siano già decorsi, l’operatore economico non è ammesso alla gara e non ha diritto a rimborso”.
In ordine alla possibilità di dimostrare l’avvenuto pagamento del contributo da parte degli operatori economici attraverso autocertificazione e la copia del bollettino di pagamento e del documento di riconoscimento, occorre nuovamente fare riferimento alle risposte ai quesiti frequenti, pubblicati sul portale dell’Autorità, dove alla risposta n. 24 viene indicato quanto segue: “È possibile ammettere tale forma di dimostrazione di pagamento, fermo restando la facoltà da parte della Commissione di gara di prendere visione dell'originale del versamento: è, comunque, opportuno che le stazioni appaltanti nel bando di gara o nelle lettere di invito, oltre a richiamare l'obbligo di provvedere al versamento, pena l'esclusione dalla gara, chiariscano le modalità attraverso le quali gli operatori economici debbano dimostrare di aver provveduto al pagamento del contributo”.
Applicando i principi sopra richiamati al caso di specie, si osserva che la commissione di gara ha agito correttamente nel riammettere l’operatore economico alla gara, una volta verificato che lo stesso aveva provveduto a versare un importo, addirittura in eccesso, entro il limite di presentazione dell’offerta.
Sul punto, occorre precisare che, qualora l’istante voglia avere la prova dell’avvenuto versamento del contributo da parte di altro operatore economico, può, in ogni caso, esercitare il diritto di accesso presso questa Autorità nei limiti previsti dalla legge.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la decisione della Commissione di gara di riammettere l’operatore economico alla gara, risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 17.12.2008 n. 265 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICIAppalti ll.pp. - Requisiti tecnico organizzativi - Attestazione SOA - Requisito necessario e sufficiente per la dimostrazione dei requisiti speciali.
... viste le deliberazioni n. 103/2007, 112/2007 e il parere n. 71/2007, con i quali questa Autorità ha sostenuto che il possesso della qualificazione attestata dalla certificazione SOA costituisce condizione necessaria e sufficiente ad assolvere ogni onere documentale circa la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento dei lavori pubblici, in considerazione del combinato disposto dell’articolo 1, comma 3 e 4 del D.P.R. n. 34/2000
il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, non conforme alla normativa vigente di settore richiedere, ai fini dell’affidamento di lavori pubblici, ulteriori oneri probatori alla società CO.GE.DI. S.r.l., titolare di attestazione SOA e corretta la successiva scelta della stazione appaltante, accortasi dell’errore commesso, di ammettere la società medesima alla procedura di gara (parere 17.12.2008 n. 264 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Autocertificazioni - Produzione copia documento di identità scaduto - Non comporta inesistenza dichiarazione ma mera irregolarità - Regolarizzazione - Ammissibilità.
... visti i pareri n. 56/2008 e n. 72/2008, con i quali questa Autorità, anche richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale al riguardo, ha sostenuto che sebbene la produzione della fotocopia del documento di identità del dichiarante sia elemento costitutivo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e dell’autocertificazione e sia prevista quale requisito ad substantiam dal D.P.R. n. 445/2000, tuttavia l’eventuale allegazione di una copia fotostatica di un documento di identità scaduto non comporta l’inesistenza della dichiarazione, ma semplicemente la sua irregolarità, suscettibile di essere sanata e regolarizzata da parte della Commissione di gara
il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, non corretta la scelta operata dalla Commissione di gara di escludere la società Edilduemila S.r.l. e, altresì, necessaria la richiesta di regolarizzazione documentale da parte della stessa (parere 17.12.2008 n. 263 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Lex specialis - Clausole previste a pena di esclusione - Applicazione vincolata - Natura vincolante per tutti i concorrenti e per la s.a..
Ritenuto in diritto:
Il disciplinare di gara prevede all’art.1, punto 7), che tra i documenti che devono essere contenuti nella busta “A - Documentazione”, a pena di esclusione dalla gara, rientra anche l’attestato di presa visione del progetto.
Il punto 7) prevede altresì che «nel caso di concorrenti costituiti da imprese associate o da associarsi, l’attestato deve essere acquisito da ciascun concorrente che costituisce o che costituirà l’associazione o il consorzio o il GEIE». Il disciplinare, dopo il punto 9), prosegue specificando che la domanda, le dichiarazioni, la documentazione indicata nei punti precedenti «a pena di esclusione, devono contenere quanto previsto nei predetti punti».
Inoltre, nelle prescrizioni finali del medesimo capitolo del disciplinare di gara relativo alle modalità di presentazione e ai criteri di ammissibilità delle offerte è ulteriormente ribadito che «nel caso di consorzi di cui all’art. 24 della L.R. della Campania 27.02.2007, n. 3, tutte le dichiarazioni devono essere rese, pena l’esclusione, anche da parte dei consorziati per i quali il consorzio concorre”.
E, in deroga a queste previsioni, l’Amministrazione ha espressamente previsto che soltanto la documentazione di cui ai punti 5) e 6) del disciplinare (cauzione provvisoria e contributo all’Autorità) deve essere unica, indipendentemente dalla forma giuridica del concorrente.
La clausola del bando impone, quindi, in modo chiaro ai partecipanti alla gara l’adempimento relativo all’acquisizione dell’attestato di presa visione del progetto per ciascuno dei componenti l’associazione, il consorzio o il GEIE, inequivocabilmente sanzionando l’inosservanza della prescrizione con l’esclusione dalla gara.
Secondo il principio del formalismo negli atti di gara, la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel regolamento di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo, cui compete l’attuazione delle regole stabilite nel bando, residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento. E quindi, qualora il bando commini espressamente -come nel caso di specie- l’esclusione dalla gara in conseguenza di determinate prescrizioni, l’Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a dette prescrizioni, restando precluso all’interprete ogni valutazione circa la rilevanza dell’inadempimento, la sua incidenza sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento del bando.
Inoltre, la prescrizione imposta dalla S.A. in merito all’obbligo per ciascuno dei componenti il consorzio, l’associazione o il GEIE di acquisire e allegare l’originale dell’attestato di presa visione del progetto risponde ad una precisa esigenza, appalesandosi pertanto logica e ragionevole.
Infatti, la S.A. nel dettare il reticolo di disposizioni prima esposte, riguardanti l’effettiva conoscenza degli elaborati progettuali, ha inteso, evidentemente, garantirsi la predisposizione di un’offerta seria da parte di qualunque soggetto imprenditoriale interessato sia se operante come singolo sia se operante riunito con altri, ritenendo che soltanto la conoscenza dell’effettiva entità dei lavori da eseguire deponga in favore di tale possibilità.
Invero, un’offerta per la partecipazione ad una gara in tanto può essere ritenuta seria in quanto è espressione di una valutazione consapevole e piena da parte dell’imprenditore che la formula, il quale non può che predisporla nel senso ora detto dopo aver conosciuto il suo impegno e valutato la sua possibile convenienza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della Comunità montana del Partenio risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 17.12.2008 n. 262 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZIGara d'appalto - Requisiti di partecipazione - Possesso abilitazione tecnico competente acustica ambientale - L. 26.10.1995 n. 447 art. 2 - Proporzionalità del requisito - Sussistenza.
 Ritenuto in diritto:
La problematica in esame ha ad oggetto la valutazione se il possesso dell’abilitazione di tecnico competente in acustica ambientale da almeno cinque anni, sia da considerarsi un requisito di partecipazione proporzionato alla gara in questione, avente ad oggetto l’affidamento del servizio sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
Preliminarmente, occorre compiere una disamina normativa della figura del tecnico competente in acustica ambientale, la cui disciplina è contenuta nella legge quadro sull’inquinamento acustico, L. 26.10.1995, n. 447 e che, all’art. 2, definisce il tecnico quale una “figura professionale idonea ad effettuare le misurazioni, verificare l'ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redigere i piani di risanamento acustico, svolgere le relative attività di controllo”. Il medesimo articolo, inoltre, dispone che, in ordine alla dimostrazione dell’esperienza, possono essere svolte le attività di tecnico competente da coloro che, a prescindere dal titolo di studio, siano in grado di dimostrare di avere svolto per almeno cinque anni, attività nel campo dell’acustica ambientale in modo non occasionale. L’art. 8, comma 3, della medesima legge ha disposto, infine, l’obbligatorietà dell’esecuzione di una valutazione previsionale del clima acustico delle aree interessate alla realizzazione delle seguenti tipologie di insediamenti: a) scuole e asili nido; b) ospedali; c) case di cura e di riposo; d) parchi pubblici urbani ed extraurbani; e) nuovi insediamenti residenziali prossimi alle opere di cui al comma 2.
Alla luce della sopramenzionata ricostruzione normativa, deve osservarsi che il capitolato tecnico della gara in esame, all’art. 5 prevede, in aggiunta ai requisiti disposti dall’art. 8-bis del D.Lgs. n. 626/1994, che possono partecipare alla gara soggetti che hanno le abilitazioni, tra cui il tecnico competente in acustica ex L. 447/1995. L’Allegato A alla documentazione di gara, tra i siti elencati all’interno dei quali operano dipendenti comunali elenca, tra gli altri, l’asilo nido, scuole materne, elementari e medie. Di conseguenza, sembra ragionevole la scelta operata dalla stazione appaltante la quale, dovendo indire un’unica gara destinata a più siti gestiti dal Comune, necessariamente ha dovuto prevedere anche una qualificazione per procedere alla valutazione del rischio rumore negli ambienti di lavoro e nei cantieri temporanei e mobili del Comune. Il numero di anni di esperienza (cinque) richiesto in qualità di tecnico competente in acustica ambientale, fissato nel bando di gara, corrisponde a quello previsto dalla normativa e, pertanto, l’amministrazione si è attenuta a quanto espressamente disciplinato dal legislatore.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che il requisito di partecipazione contestato è conforme alla normativa vigente di settore (parere 17.12.2008 n. 261 - link a massimario.avlp.it).

APPALTIGara d'appalto - Collegamento sostanziale - Accertamento in concreto - Va condotto in modo rigoroso - Controllo esterno o contrattuale - Collegamento economico - Funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo - Fattispecie.
Ritenuto in diritto:
Si ritiene opportuno precisare, preliminarmente, i termini della questione giuridica posta all’attenzione di questa Autorità.
Fermo restando che la S.A., svolti gli approfondimenti di sua competenza, ritiene che le offerte dei diversi concorrenti non siano riconducibili ad uno stesso centro decisionale, il thema decidendum consiste nello stabilire se possa configurarsi un’ipotesi di controllo esterno o contrattuale, atta ad alterare la regolarità della procedura, in presenza di un rapporto negoziale tra la società L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, mandante dell’ATI MANUTENCOOP S.p.A. - L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, e l’ATI concorrente nella medesima gara, COOPSERVICE - RA.ME.CO., consistente nel rilascio da parte della società L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, proprietaria di un impianto di smaltimento rifiuti, di autorizzazione all’accettazione dello smaltimento degli stessi, richiesta dal disciplinare di gara a pena di esclusione.
Ciò in base all’assunto, formulato dalla S.A., che un siffatto rapporto negoziale concretizzi una situazione atta ad alterare i risultati della procedura, potendo condizionare l’offerta dell’ATI COOPSERVICE - RA.ME.CO. in ordine alla quota parte del prezzo relativa alla voce “smaltimento”, con conseguente violazione dei principi della par condicio, della serietà, concorsualità e segretezza delle offerte, nonché dell’interesse pubblico alla scelta del giusto contraente.
Il quadro normativo di riferimento al riguardo è costituito dall’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, il quale dispone che “non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”.
In particolare, nel caso di specie occorre valutare se il rapporto negoziale intercorrente tra la società L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, mandante dell’ATI MANUTENCOOP S.p.A. - L’ECOLOGICA TARANTINA Srl, e l’ATI concorrente nella medesima gara, COOPSERVICE - RA.ME.CO., rientri nella specifica ipotesi di controllo c.d. esterno (o contrattuale) di cui al comma 2 dell’art. 2359 del codice civile, che considera controllate“le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”.
Va, a tal proposito, osservato -come, peraltro, chiarito anche dall’Autorità con l’Atto di Regolazione n. 27/2000- che il controllo cd. esterno (o contrattuale) si configura nei casi in cui esiste tra due società un rapporto negoziale con vincolo di esclusiva (es. contratti di franchising), ovvero un rapporto negoziale mediante il quale l’attività della controllata è economicamente subordinata dalle volontà o dalle decisioni della controllante, realizzandosi, in tale ultima fattispecie, una oggettiva dipendenza economica sicché la sopravvivenza della controllata è condizionata dalla volontà della controllante.
Atteso quanto sopra, risulta evidente che il rapporto negoziale intercorrente, nella specie, tra L’ECOLOGICA TARANTINA Srl e l’ATI COOPSERVICE - RA.ME.CO. non presenta le caratteristiche del controllo esterno (o contrattuale), in quanto non pone alcun vincolo di esclusiva, avendo l’ATI suddetta indicato per l’esecuzione del servizio, come prassi, oltre all’impianto di proprietà della società L’ECOLOGICA TARANTINA Srl altri due impianti di smaltimento, né tantomeno realizza una situazione di dipendenza economica.
Conseguentemente, la S.A. non può legittimamente escludere dalla gara le due ATI concorrenti con la motivazione che il rapporto negoziale in questione configura un’ipotesi di controllo esterno (o contrattuale).
Né è ipotizzabile, nella specie, l’esclusione dei suddetti concorrenti con la motivazione che le relative offerte sono riconducibili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi, in quanto la stessa S.A. nell’istanza ha esplicitamente negato il ricorrere di tale circostanza, alla luce degli accertamenti dalla essa condotti e di sua esclusiva competenza. E nemmeno risulta presente nel disciplinare di gara una clausola che preveda espressamente, in aggiunta alle ipotesi normativamente previste dal citato art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, l’esclusione dalla gara dei concorrenti che si siano in qualunque modo e fine accordati con altri partecipanti, ponendo in essere situazioni oggettive potenzialmente lesive della par condicio tra i concorrenti o della segretezza dell’offerta, come avviene in taluni bandi di gara in recepimento di protocolli volti a rafforzare le condizioni di legalità e sicurezza nella gestione degli appalti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il rapporto negoziale intercorrente tra L’ECOLOGICA TARANTINA Srl e l’ATI COOPSERVICE - RA.ME.CO. non legittima l’esclusione dalla gara delle ATI concorrenti, non sussistendo un’ipotesi di controllo esterno (o contrattuale) (parere 17.12.2008 n. 260 - link a massimario.avlp.it).

dossier ATTI AMMINISTRATIVI

ATTI AMMINISTRATIVI1. Conferenza di servizi - Natura - Non rappresenta organo separato dai singoli partecipanti - Parere negativo di un partecipante recepito e addotto come ragione ostativa all'accoglimento della domanda - Contrasto con l'art. 14-ter, L. n. 241/1990 - Non sussiste.
2. Conferenza di servizi - Art. 14-quater, L. n. 241/1990 - Dissenso nella conferenza di servizi - Si riferisce alla tipologia progettuale e non alla collocazione dell'insediamento su quell'area.
3. Conferenza di servizi - Procedimento - Art. 10-bis, L. n. 241/1990 - Non si applica.

1. La conferenza di servizi è un modulo organizzativo volto al'acquisizione dell'avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura dei diversi interessi rilevanti, finalizzato all'accelerazione dei tempi procedurali, ma non si identifica con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti. Pertanto, la circostanza che il parere negativo di uno di questi sia stato recepito dalla Conferenza e addotto come ragione ostativa all'accoglimento della domanda non contrasta con la disciplina procedimentale della Conferenza di servizi che, ai sensi del'art. 14-ter della L. n. 241/1990 deve adottare il provvedimento conclusivo valutando le specifiche risultanze.
2. L'art. 14-quater, L. n. 241/1990, laddove prevede l'obbligo di "specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso", si riferisce all'ipotesi in cui una Amministrazione esprima il dissenso nella conferenza di servizi rispetto alla tipologia progettuale, con indicazione delle possibili alternative progettuali, e non in relazione alla collocazione dell'insediamento su quell'area.
3. La conferenza di servizi è disciplinata da un procedimento ad hoc, in cui la partecipazione è garantita con la stessa presenza dell'interessato, che ha ampia possibilità di interloquire con i soggetti pubblici, in funzione sia collaborativa sia difensiva, onde non deve trovare applicazione la norma dell'art. 10-bis, L. n. 241/1990 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6161 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIProcedimento amministrativo - Motivazione del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 e motivazione del provvedimento definitivo - Obbligo di corrispondenza- Sussiste.
La ratio del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 va individuata nella esigenza di porre il destinatario nella condizione di conoscere preventivamente le ragioni della reiezione, al fine di poter controdedurre anticipatamente, prima del provvedimento definitivo, è logico e funzionale che vi sia corrispondenza tra i due atti, nel senso che le motivazioni poste nell'atto finale siano le medesime di quelle indicate nel preavviso. Infatti nel caso in cui l'Amministrazione ritenga di introdurre nel provvedimento negativo finale nuove ragioni di reiezione di una istanza, dovrà reiterare l'avviso di rigetto, al fine di garantire la completezza del contraddittorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5754).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Nuovo provvedimento non recante nuova acquisizione di elementi di fatto, né nuova valutazione - Natura confermativa di un provvedimento precedente - Sussiste - Ratio.
2. Atto meramente confermativo - Procedibilità - Non sussiste.
1. Il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate; se, invece, viene condotta un'ulteriore istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con un nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell'assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere. È, dunque, necessario, affinché possa escludersi che un atto venga considerato meramente confermativo del precedente, che la sua formulazione sia preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento. Giacché, solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure attraverso la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 797/2008).
2. Senza una rinnovata istruttoria ed in presenza, pertanto, di un provvedimento che si limita a richiamare il precedente provvedimento e a confermarlo integralmente senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati, il ricorso contro detto provvedimento è inammissibile poiché proposto contro un atto privo di reale ed autonoma capacità lesiva (cfr. TAR Basilicata, sent. n. 257/2008); l'atto meramente confermativo, infatti, non riapre i termini per impugnare, poiché esso non rappresenta un'autonoma determinazione della P.A., sia pure identica nel contenuto alla precedente, ma solo la manifestazione della decisione della stessa di non ritornare sulle scelte già effettuate (cfr. TAR Catania, sent. n. 489/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIIl responsabile del procedimento non può legittimamente adottare provvedimenti finali, al posto del dirigente. L'incarico di responsabile del procedimento, infatti, non equivale a delega di funzioni dirigenziali, né ha il valore di assegnare a funzionari privi della qualifica dirigenziale competenze che la legge riserva ai dirigenti, in quanto organi dell'ente locale.
Nell'ordinamento delle amministrazioni pubbliche il titolare di posizione organizzativa non è organo avente competenza propria con rilevanza esterna, in quanto tale attribuzione spetta ai soli organi di governo e ai dirigenti.
Per quanto riguarda gli enti locali l'art. 107 del Dlgs. n. 267 del 2000 dispone infatti che "spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale".
In base all'art. 109 del Dlgs. n. 267 del 2000, solo nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'art. 107, possono essere attribuite ai responsabili degli uffici o dei servizi indipendentemente dalla loro qualifica funzionale.
La tesi secondo cui nel caso di specie gli atti impugnati potevano essere emanati dal funzionario titolare di posizione organizzativa perché nominato responsabile del procedimento e quindi implicitamente destinatario della delega di funzioni dirigenziali, ammissibile ai sensi dell'art. 17, comma 1-bis, del Dlgs. 30.03.2001, n. 165, introdotto con legge 15.07.2002, n. 145, non è condivisibile.
E' vero che l'art. 5 della legge n. 241 del 1990 dispone che il dirigente assegni sé o ad altro dipendente la responsabilità dell'istruttoria nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.
Tuttavia tale disposizione, posta in essere in un momento storico nel quale il principio di separazione tra politica ed amministrazione era parziale (infatti enunciato dalla legge 142 del 1990 per gli enti locali, sarà applicato alle amministrazioni dello Stato solo a partire dal Dlgs. n. 29 del 1993) e limitato (significative correzioni ed integrazioni sul punto sono state apportate per gli enti locali dalla legge 15.05.1997, n. 127, e dalla legge 03.08.1999, n. 265, e per le amministrazioni dello Stato dal Dlgs. 31.03.1998, n. 80 e 20.10.1998, n. 387) non sembra idonea a disporre in via generale una deroga implicita alla competenza esclusiva dei dirigenti stabilita dall'art. 51 della antecedente legge 142 del 1990, cui osterebbe peraltro la c.d. clausola di resistenza di cui all'art. 1, comma 3, della medesima legge.
La norma deve pertanto essere intesa nel senso che il responsabile del procedimento può emanare il provvedimento finale avente rilevanza esterna solo se questo rientra tra quelli di propria competenza.
Negli altri casi deve limitarsi alla formazione del medesimo e alla sua trasmissione all'organo competente all'emanazione, ovvero al dirigente o agli organi di governo (in tal senso, in modo univoco, dispone l'art. 6, comma 1, lett. e, della legge n. 241 del 1990).
Per quanto concerne l'art. 17, comma 1-bis, del Dlgs. 30.03.2001, n. 165, introdotto con legge 15.07.2002, n. 145, invocato dal Comune, tale norma dispone che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possano delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune competenze ai dipendenti con posizione funzionale più elevata.
Contrariamente a quanto dedotto tuttavia, la sua applicazione agli enti locali non è diretta, ma mediata dalle disposizioni dello Statuto o del regolamento del personale (cfr. la circolare del Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali del 23.10.2002, n. 4/2002 avente ad oggetto "Limiti di estensibilità delle disposizioni della legge 15.07.2002, n. 145, al personale degli enti locali").
Infatti l’art. 88 del Dlgs. n. 267 del 2000 prevede che all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti, si applichino le disposizioni del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, ma l'art. 111 dello stesso, dispone che “gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi" tra l'altro, del capo II (recante le norme sulla dirigenza) del Dlgs. 03.02.1993, n. 29.
Nel caso di specie ostano all'applicazione dell'istituto della delega delle funzioni dirigenziali le disposizioni dell'art. 77 dello Statuto e degli artt. 8 e 22 del regolamento del personale, che affidano il compito di adottare atti con efficacia esterna ai soli dirigenti, e in ogni caso la nomina a responsabile del procedimento o il conferimento dell'incarico di posizione organizzativa non contengono tutti i requisiti prescritti dal menzionato art. 17, comma 1-bis, del Dlgs. n. 165 del 2001 (il quale richiede un atto scritto e motivato nel quale siano indicate le specifiche e comprovate ragioni di servizio per le quali, per un periodo di tempo determinato, sono delegate le funzioni).
Pertanto devono essere annullati in parte qua per violazione dell'art. 107 del Dlgs. 18.08.2000, n. 267, dell'art. 77 dello Statuto del Comune nonché degli artt. 8 e 22 del regolamento del personale, gli atti con i quali al funzionario amministrativo che ha emanato i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti notificati il 28.02.2007, privo di qualifica dirigenziale, è stato attribuito anche il potere di emanare provvedimenti con rilevanza esterna, nonché i provvedimenti che hanno ingiunto la chiusura dell'impianto per incompetenza (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 28.04.2008 n. 1136 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIQualora il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale, la consulenza legale è soggetta all’accesso perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo.
Viceversa, allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di rapporto di lavoro, e l’amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva (accoglimento della pretesa, resistenza in giudizio, adozione di eventuali provvedimenti di autotutela, ecc.), il parere del legale non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico–giuridici utili per tutelare i propri interessi: in questo caso, le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza.

Come questo Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare anche di recente (cfr., C.d.S., Sez. V, 02.04.2001, n. 1893 richiamata sia dal TRGA sia dalla società, sia pure a sostegno delle rispettive tesi; 26.09.2000, n. 5105), la normativa di rango statale di cui all’art. 7 della legge 08.06.1990 n. 142 e agli articoli 22 e seguenti della legge 07.08.1990 n. 241, pur affermando l’ampia portata della regola dell’accesso, la quale rappresenta la coerente applicazione del principio di trasparenza, che governa i rapporti tra amministrazione e cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all’accesso, in ragione del loro particolare collegamento con interessi e valori giuridici protetti dall’ordinamento in modo differenziato.
Il principio è espresso dall’art. 24 della legge n. 241/1990, il quale stabilisce che il diritto di accesso “è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24.10.1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento”: disposizione che sta a testimoniare come l’innovazione legislativa introdotta con la legge n. 241/1990, se ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, non travolge le diverse ipotesi di segreti, previsti dall’ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile, secondo l’impostazione più tradizionale, alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa.
In tali eventualità, i documenti, seppure formati o detenuti dall’amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il principio di trasparenza cede (o, quanto meno, viene circoscritto sul piano oggettivo o temporale) a fronte dell’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto.
Secondo l’indicato orientamento, i due criteri direttivi che devono orientare l’interprete per l’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti, vanno individuati, da un lato, nel fatto che il “segreto” preclusivo dell’accesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa e, dall’altro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi.
In tale contesto, si è affermato che, nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale.
Sotto il profilo più specifico, si è precisato che la previsione contenuta nell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio 26.01.1996, n. 200 (regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso), mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale.
La disposizione, rubricata “categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento”, stabilisce che, “ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge 07.08.1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall’ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti all’accesso i seguenti documenti:
a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza;
b) atti defensionali;
c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)
”.
La medesima giurisprudenza ha chiarito che detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso gli scritti defensionali (Cons. Stato, IV, 27.08.1998, n. 1137), rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie.
Quanto alle consulenze legali esterne, alle quali l’amministrazione può ricorrere in diverse forme ed in diversi momenti dell’attività amministrativa di sua competenza, si è avuto modo di precisare che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetto all’accesso, perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo.
Viceversa, allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di rapporto di lavoro, e l’amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva (accoglimento della pretesa, resistenza in giudizio, adozione di eventuali provvedimenti di autotutela, ecc.), il parere del legale non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico–giuridici utili per tutelare i propri interessi: in questo caso, le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non solo l’opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell’amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento.
Il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma precedente l’instaurazione di un giudizio o l’avvio dell’eventuale procedimento precontenzioso, perché, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire all’amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale. Ciò avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede all’amministrazione l’adempimento di una obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda all’amministrazione l’adozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.10.2003 n. 6200 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier SCOMPUTO OO.UU.

EDILIZIA PRIVATA: Se le opere di urbanizzazione restano al privato niente gara.
Un intervento edilizio attuato da un soggetto privato nell’ambito di un piano particolareggiato su un’area di sua proprietà, consistente nella realizzazione di insediamenti da destinare a servizi pubblici o collettivi, non costituisce opera di urbanizzazione. Conseguentemente a tale intervento non si applicano le disposizioni dettate dal Dlgs. 163/2006 in materia di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Osserva il Collegio che l’art. 32, comma 1, lettera g), annovera tra i contratti soggetti alle regole dell’evidenza pubblica i “lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 e dell’art. 28, comma 5, l. 17.08.1942, n. 1150….”.
Va rammentato che secondo principi affermatasi in materia urbanistica nel settore delle lottizzazioni e successivamente trasfusi in norme di legge, il titolare del permesso di costruire è tenuto a corrispondere al Comune la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione all'atto del rilascio del permesso di costruire; in alternativa, può realizzare direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale della quota dovuta (art. 2 del d.p.r. 380 del 2001 e art. 28, comma 5 della legge 1150 del 1942, come modificato e integrato dalla l. 765 del 1967).
La ratio delle disposizioni è quella di soddisfare l’esigenza primaria dell’amministrazione comunale di urbanizzare le aree di espansione contestualmente all’edificazione, sicché il privato agisce nell’interesse ed in luogo della pubblica amministrazione e le opere, seppure realizzate dal privato –con le modalità e le garanzie stabilite dal comune-, vengono acquisite al patrimonio indisponibile del comune.
Questo sistema della assunzione diretta delle urbanizzazioni da parte del privato a scomputo degli oneri è stato oggetto di rivisitazione del legislatore dopo la sentenza della Corte Europea del 12.07.2001, con la quale si è affermato il principio dell’affidamento mediante gara pubblica dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo quando il valore superi la soglia fissata dalla norma comunitaria.
Da ciò la previsione dell’art. 2, comma 5 della legge n. 109 del 1994 (c.d. legge Merloni), sostituita dall’art. 32, primo comma, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006, di recente novellata dall’art. 2, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 113 del 2007 che ha riportato nell’ambito dell’evidenza pubblica e delle sue regole la realizzazione delle opere pubbliche di urbanizzazione che, attraverso convenzioni accessive ai piani urbanistici attuativi di iniziativa privata, finivano con l’essere realizzate direttamente dal privato, con elusione delle regole dei contratti pubblici.
Nel caso in questione, tuttavia, non si discute di opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione ma di un intervento edilizio destinato a servizi collettivi da realizzarsi direttamente dal privato proprietario dell’area e che rimane nella proprietà del privato, che è tenuto solo a mantenerne la destinazione ad uso collettivo in conformità alle disposizioni del piano particolareggiato che disciplina l’area.
La fattispecie è, quindi, diversa da quella di cui al più volte citato art. 32, comma 1, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006 (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 30.01.2009 n. 157 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VOLUMI TECNICI

EDILIZIA PRIVATAVolume tecnico - Definizione e caratteristiche.
La nozione di volume tecnico presuppone, secondo quanto chiarito da giurisprudenza, che volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, devono intendersi i locali completamente privi di autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 09.07.2007, n. 1749; TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 04.04.2002 n. 1337) e, in particolare, quei volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 15.01.2005 n. 143; TAR Puglia-Bari, sentenza n. 2843/2004).
Per l'identificazione della nozione di volume tecnico va fatto riferimento a tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo avere un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo negativi, ricollegati: 1) all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali volumi non possono essere ubicati all'interno della parte abitativa; 2) ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere tra i volumi e le esigenze edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere gli impianti serventi della costruzione principale (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 09.07.2007).
In virtù di tale impostazione si è riconosciuto in giurisprudenza che i volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 15.01.2005 n. 143; TAR Puglia-Bari, sentenza n. 2843/2004).
Nel caso in cui un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato ad ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia i fini del calcolo dell'altezza e delle distanza ragguagliate all'altezza (TAR Puglia-Bari, sentenza  n. 2843/2004).
Sempre secondo giurisprudenza, non possono essere considerati volumi tecnici i sottotetti degli edifici, quando sono di altezza tale da poter essere suscettibili d'abitazione o d'assolvere a funzioni complementari, quale quella ad esempio di deposito di materiali (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 15.01.2005 n. 143), le soffitte, gli stenditoi chiusi e quelli "di sgombero", nonché il piano copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà, come nella specie, una mansarda in quanto dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2008 n. 918).
Allo stesso modo non può considerarsi un volume tecnico un locale sottotetto che abbia una rilevante altezza media rispetto al piano di gronda che sia collegato agli altri locali mediante una scala interna, dotato di una ampia finestra di aerazione e di una ulteriore apertura per accedere ad un terrazzo calpestabile (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 09.07.2007 n. 1749) e locali complementari all'abitazione, tra cui la mansarda (nonché la soffitta, gli stenditoi chiusi o di sgombero, ecc.) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.05.1997 n. 483) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5731).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: L'apertura di porte-finestre e finestre è da considerarsi opera di ristrutturazione edilizia.
Per pacifica giurisprudenza, l’apertura di porte e finestre, determinando un'alterazione del prospetto dell'intero fabbricato, rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c), comma primo, dell'articolo 10 D.P.R. n. 380/2001 (cfr., sul punto, TAR Campania Napoli, sez. IV, n. 20564/2008; TAR Liguria, n. 1516/2004) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 19.02.2009 n. 895 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTIDocumenti amministrativi – Diritto di accesso – Casi di esclusione e di differimento – Apprezzamento discrezionale della P.A. – Limiti.
La partecipazione ad una gara d'appalto comporta che l'offerta tecnico-progettuale presentata fuoriesce dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici.

Com’è noto l’art. 25 della legge 07.08.1990 nr. 241 ha introdotto una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A., con uno speciale rito abbreviato, per la tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi il quale, anche a seguito delle recenti modifiche introdotte al testo originario della L. n. 241/1990 (L. n. 15/2005 e L. n. 80/2005), è esercitabile con le seguenti modalità:
- nel caso in cui l’accesso riguardi documenti contenenti dati sensibili riferiti a soggetti terzi, questi ultimi devono essere evocati in giudizio e l’accesso può essere negato laddove si ritenga prevalente il diritto alla riservatezza (art. 24, comma 6, lett. d) della L. n. 241/1990);
- l’accesso, però, deve essere in ogni caso consentito (con opportune cautele) quando la visione della documentazione è necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990);
- quando, infine, non sussiste alcun problema di segretezza della documentazione e/o di tutela della riservatezza, l’accesso deve essere sempre consentito.
In ogni caso, la puntuale disciplina normativa dei presupposti di esercizio della posizione giuridica e dei casi di esclusione e di differimento escludono, con ogni evidenza, che l’Amministrazione disponga di una qualsivoglia sfera di apprezzamento discrezionale, dovendo quest’ultima limitarsi a consentire l’esame del documento e l’estrazione di copia purché l’interessato lo giustifichi in relazione alla prospettazione di un interesse conoscitivo personale specifico e concreto e salva la sussistenza dei presupposti oggettivi che escludono l’accesso (art. 24 comma secondo lett. a), b) e c) legge nr. 241/1990 e art. 8 commi secondo e quinto lett. a), b), c), d) D.P.R. nr. 352/1992) o ne consentono il differimento.
Con particolare riferimento alla natura del documento oggetto dell’istanza estensiva (offerta tecnica) il Consiglio di Stato ha evidenziato che la partecipazione ad una gara comporta, tra l'altro, che l'offerta tecnico progettuale presentata fuoriesca dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici (Cons. Stato, IV, n. 4078/2002).
In altri termini, in presenza di una offerta vincente, non può negarsi ad altra impresa partecipante l'accesso agli atti necessari alle finalità di controllo dei requisiti tecnici e di tutte le altre caratteristiche del prodotto, oggetto della fornitura, minuziosamente contemplati nel relativo bando di gara (per l'affermazione del principio in relazione ad una procedura di appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n. 518/1999).
Pertanto, l'impresa partecipante ad una procedura concorsuale per l'aggiudicazione di un appalto pubblico può accedere nella forma più ampia agli atti del procedimento di gara (ancorché ufficiosa), ivi compresa l'offerta presentata dalla impresa risultata aggiudicataria, senza che possano essere opposti motivi di riservatezza, sia perché una volta conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna, sia in quanto la documentazione prodotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto indetta dalla Pubblica Amministrazione esce dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza (ex multis: Consiglio di Stato, VI Sezione, 07.06.2006 n. 3418; TAR Lazio Roma, III Sezione, 04.04.2006 n. 2212; TAR Puglia Bari, II Sezione, 06.03.2003 n. 1086; TAR Campania Napoli, V Sezione, 27.03.2003 n. 3032) (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 31.01.2009 n. 166 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: La responsabilità dei dirigenti per riconoscimento di debito fuori bilancio. Che rilevanza ha il parere di legittimità dato alla delibera consiliare?
I responsabili dell’area tecnica e dell’area economico finanziaria esprimono il proprio parere sulla delibera di riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge; tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo deliberante e che sul piano della regolarità tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della deliberazione.
I pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del servizio finanziario dei comuni costituiscono atti preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni operano quale presupposto di diritto, ma non possono interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o amministrativi dell’amministrazione comunale (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Sicilia, sentenza 01.01.2009 n. 1 - link a www.giuedanella.it).

EDILIZIA PRIVATARichiesta di sanatoria di opera abusiva - Onere della prova della sanabilità dell'opera grava su richiedente - Sussiste.
Spetta al richiedente la sanatoria, fornire adeguata documentazione volta a comprovare le caratteristiche dell'opera abusiva, al fine di dimostrare la sanabilità della stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 30.12.2008 n. 6191).

EDILIZIA PRIVATA1. Sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione ai sensi dell'art. 33 DPR 380/2001 - Intervento edilizio in difformità al titolo edilizio ed in contrasto alla disciplina urbanistica - Calcolo della sanzione in base alla destinazione d'uso normativamente consentita e non a quella realizzata - Legittimità.
2. Sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione ai sensi dell'art. 33 DPR 380/2001 - Istanza di condono edilizio - Obbligo di quantificare la sanzione pecuniaria con deduzione di quanto versato con l'istanza di condono - Non sussiste.

1. Nel caso in cui l'intervento edilizio sia stato realizzato in difformità dal titolo edilizio ed anche il contrasto con la disciplina urbanistica, è legittima la determinazione comunale che, accertata l'impossibilità di ripristinare lo stato dei luoghi, ha calcolato la sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 33 D.P.R. 380/2001 in base alla destinazione d'uso consentita normativamente al momento della realizzazione delle opere, non potendo, al contrario, essere utilizzata la destinazione d'uso realizzata in quanto quest'ultima configura la situazione da sanare (Nella fattispecie, essendo stato realizzato un immobile residenziale in zona industriale, è stato ritenuto legittimo utilizzare come parametro la destinazione consentita, quella industriale, per calcolare la sanzione alternativa alla demolizione).
2. Le somme versate ai fini del condono edilizio ex L. 326/2003, cui la società ricorrente ha rinunciato, e la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione di cui all'art. 380/2001 richiesta dal Comune attengono a procedimenti autonomi rispondenti, nel primo caso ad estinguere i reati contravvenzionali, e nel secondo caso, a risarcire il Comune del danno conseguente alla permanenza di un'opera abusiva. Pertanto l'Amministrazione nel quantificare la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione di cui all'art. 380/2001 non ha alcun onere di detrazione delle somme versate con la domanda di condono edilizio, per le quali eventualmente, in presenza dei presupposti, potrà essere attivata la procedura di rimborso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 30.12.2008 n. 6190).

EDILIZIA PRIVATA1. Art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 - Ambito di applicazione - Si riferisce non solo al caso di completa assenza di opere di urbanizzazione, ma anche di insufficienza delle stesse.
2. Permesso di costruire - Procedimento - Intervenuta scadenza del termine di conclusione del procedimento - Potere di provvedere sulla domanda - Sussiste - Possibilità di richiedere l'intervento sostitutivo dell'Ente locale di livello superiore - Sussiste.
3. Strade - Inscrivibilità in curva dei veicoli - Artt. 61, comma 5°, Codice della strada e 217 Reg. Codice della Strada - Obbligo delle amministrazioni titolari della gestione delle strade di applicare le norme sulla materia anche alle strade già realizzate - Sussiste - Obbligo generalizzato di rettificare tutte le situazioni preesistenti - Non sussiste.

1. La norma dell'art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 deve essere applicata non solo nel caso di completa assenza di opere di urbanizzazione, ma anche nel caso di asserita insufficienza delle stesse, in quanto una diversa interpretazione, oltre che non corretta sul piano sistematico, frustrerebbe la finalità della norma che è quella di garantire uno sviluppo del territorio corretto e sostenibile.
2. La scadenza del termine di conclusione del procedimento non priva l'Amministrazione del potere di provvedere sulla domanda presentata dal privato, ma comporta soltanto la possibilità per il soggetto che ha chiesto il rilascio del permesso di costruire di invocare l'intervento sostitutivo dell'Ente locale di livello superiore.
3. La questione dell'inscrivibilità in curva dei veicoli di cui agli artt. 61, comma 5°, Codice della strada e 217 Reg. Codice della Strada attiene non al tipo di strade, ma ai veicoli ammessi a circolare sul territorio nazionale. Una volta dettate le norme sulla materia, in presenza di nuove richieste di edificazione le Amministrazioni titolari della gestione delle strade hanno l'obbligo di rispettarle non solo nelle strade di nuova costruzione, ma anche per quelle già realizzate, pur senza un obbligo generalizzato di rettificare tutte le situazioni preesistenti che non garantiscono la inscrivibilità in curva dei veicoli che hanno le caratteristiche per essere ammessi a circolare sul territorio nazionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6189 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAVolumetria edificabile - Volume virtuale - Deve essere ricollegato a quello fisico in modo da non alterare sensibilmente il dato reale.
La volumetria edificabile è un dato che ha a che fare non solo col peso insediativo (cioè con il carico urbanistico indotto da un nuovo insediamento) ma anche con la morfologia del territorio e con l'ingombro fisico ritenuto compatibile con la fisionomia e l'assetto di una determinata zona. Se è vero che il calcolo della volumetria può essere orientato da criteri regolamentari volti a stabilire quali spazi non siano computabili (spazi accessori non abitabili, volumi tecnici, vani di servizio etc.), il volume virtuale non può essere sganciato da quello fisico fino al punto da alterare sensibilmente il dato reale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 - Ambito di applicazione - Si riferisce non solo al caso di completa assenza di opere di urbanizzazione, ma anche di insufficienza delle stesse.
2. Eccesso di potere - Disparità di trattamento - Applicabilità della figura sintomatica - Non sussiste.

1. La norma dell'art. 12, comma 2°, D.P.R. n. 380/2001 deve essere applicata non solo nel caso di completa assenza di opere di urbanizzazione, ma anche nel caso di asserita insufficienza delle stesse, in quanto una diversa interpretazione, oltre che non corretta sul piano sistematico, frustrerebbe la finalità della norma che è quella di garantire uno sviluppo del territorio corretto e sostenibile.
2. Nella specifica materia urbanistico-edilizia la figura sintomatica della disparità di trattamento non ha concrete possibilità di applicazione, perché il parametro di riferimento della applicazione della norma alla fattispecie concreta viene ad essere necessariamente un'area diversa da quella oggetto di esame, dotata di proprie caratteristiche, proprie esigenze e proprie criticità, rispetto a cui, pertanto, non è concepibile una questione di parità di trattamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Rilascio del titolo abilitativo edilizio - Verifica da parte del Comune della disponibilità civilistica dell'intervento - Necessità - Limiti.
2. Giustizia amministrativa - Obbligo di rimessione in pristino - Forma di risarcimento in forma specifica - Non sussiste - Risarcimento in forma specifica - Reintegrazione nello status quo ante a seguito di accoglimento della domanda principale - Non sussiste.

1. Se per regola generale gli obblighi civilistici non incidono sui titoli abilitativi degli interventi edilizi che, per definizione, sono rilasciati sempre salvo i diritti dei terzi, il Comune è tenuto a verificare comunque la disponibilità civilistica dell'intervento da parte del richiedente quando ciò possa essere controverso per notizia agli atti dell'amministrazione comunale stessa.
2. L'obbligo di rimessione in pristino non può essere considerato una forma di accoglimento in forma specifica della domanda risarcitoria, perché esso costituisce l'effetto della pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato, e non l'oggetto della autonoma domanda risarcitoria. Il risarcimento in forma specifica deve costituire pur sempre una soddisfazione succedanea dell'interesse leso, e non è ipotizzabile quando all'accoglimento della domanda principale consegue la reintegrazione nello status quo antecedente alla proposizione della domanda (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Giustizia amministrativa - Contenzioso insorto tra proprietari di aree edificate - Violazione obbligo di convenzione - Interesse a ricorrere in capo a tutti i proprietari convenzionati - Sussiste.
2. Termine massimo di validità della convenzione di lottizzazione - Applicazione termine di 10 anni previsto per i piani particolareggiati ex art. 16 L. n. 1150/1942 - Limiti.
3. Natura delle convenzioni di lottizzazione - Accordi sostitutivi del provvedimento - Modifica della convenzione - Obbligo di coinvolgimento di tutti i soggetti firmatari - Sussiste - Possibilità per la P.A. di modificare la destinazione dell'area oggetto di lottizzazione in caso di superiore interesse pubblico - Sussiste.
1. In caso di contenzioso insorto tra i proprietari di aree edificate nel contesto della medesima lottizzazione, in caso di violazione degli obblighi della convenzione, sussiste l'interesse a ricorrere di tutti i proprietari convenzionati, sul presupposto che la convenzione stessa definisce un assetto organico e unitario della zona interessata.
2. Alle convenzioni di lottizzazione, in assenza di una specifica disposizione che regoli il termine massimo di validità, si applica in via analogica il termine massimo di dieci anni dettato per i piani particolareggiati dall'art. 16 L. n. 1150/1942, applicabile, però, solo alle disposizioni di contenuto espropriativi e non anche alle prescrizioni urbanistiche che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo.
3. Le convenzioni di lottizzazione, nelle quali oltre all'aspetto della regolamentazione urbanistica, vi è anche l'aspetto dei rapporti interni, di debito/credito, tra lottizzanti, hanno natura di accordi sostitutivi del provvedimento e come tali non possono essere modificate senza il coinvolgimento di tutti gli originari firmatari. Ciò non significa che la convenzione può essere variata solo e unicamente con l'unanimità dei consensi dei firmatari; tuttavia, è necessario il loro previo coinvolgimento, e l'ordinamento predispone gli strumenti per comporre o superare gli eventuali dissensi, fermo restando, in ogni caso, il superiore interesse pubblico di dare all'area oggetto di lottizzazione una sistemazione urbanistica differente rispetto a quella della convenzione di lottizzazione, interesse attuato dalla Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Autorizzazione paesaggistica - Obbligo di motivare la compatibilità del vincolo con l'attività edilizia - Sussiste - Parere paesaggistico - Obbligo di congrua motivazione circa i criteri e le regole per il ritenere o meno la compatibilità al vincolo dell'opera - Sussiste.
2. Autorizzazione paesaggistica - Espressione sia discrezionale che tecnico discrezionale - Sussiste - Art. 21-octies della L. n. 241/1990 - Inapplicabilità.
3. Annullamento autorizzazione paesaggistica - Atto presupposto del titolo edilizio - Sussiste - Conseguente annullamento del titolo abilitativo edilizio - Sussiste.
1. Il provvedimento con cui viene rilasciata l'autorizzazione paesaggistica non può limitarsi ad assentire l'intervento edilizio, ma deve specificatamente spiegare i motivi che rendono compatibile con il vincolo l'attività edilizia richiesta. Il parere paesaggistico deve essere rilasciato unitamente ad una congrua motivazione che descriva i criteri e le regole seguite per ritenere o meno la compatibilità dell'opera con il vincolo imposto sull'area.
2. L'autorizzazione paesaggistica è espressione di un giudizio sia discrezionale che tecnico-discrezionale che impedisce l'applicazione di una norma quale quella dell'art. 21-octies della L. n. 241/1990 che è riservata ai provvedimenti espressione di attività vincolata.
3. L'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica travolge anche il titolo abilitativo edilizio, in quanto atto presupposto di quest'ultimo e non più, alla luce della disciplina del codice Urbani, atto integrativo dell'efficacia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.12.2008 n. 6186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE1. Espropriazione per pubblica utilità - Istanza di retrocessione di fondi - Distinzione tra retrocessione parziale e retrocessione totale - Qualificazione dell'istanza come retrocessione parziale - Giurisdizione del G.A. - Sussiste.
2. Espropriazione per pubblica utilità - Istanza di retrocessione di fondi - Distinzione tra retrocessione parziale e retrocessione totale - Qualificazione dell'istanza come retrocessione parziale - Eccezione di prescrizione del diritto - Interesse legittimo pretensivo - Rigetto.
3. Espropriazione per pubblica utilità - Rigetto dell'istanza di retrocessione di fondi - Diversa destinazione dei beni espropriati - Non sussiste - Valutazione discrezionale del persistente interesse pubblico - Legittimità.

1. In considerazione della distinzione delineata dalla L. 2359/1865 tra la retrocessione totale di cui all'art. 63 e la retrocessione parziale prevista dagli artt. 60 e 61, per verificare in concreto se l'opera pubblica non è stata realizzata oppure se è stata realizzata solo in parte occorre considerare l'ampiezza della dichiarazione di pubblica utilità e del decreto di esproprio e verificare se almeno una parte dei fondi espropriati sulla base di essi hanno ricevuto la destinazione pubblica prevista, con la conseguenza che nel caso in cui tutte le aree espropriate ad un soggetto siano rimaste inutilizzate, ma l'espropriazione sia avvenuta sulla base di un provvedimento ablativo che comprende aree di diversi proprietari, una parte dei quali è stata effettivamente interessata dalla realizzazione dell'opera pubblica, si ha retrocessione parziale. Così è avvenuto nel caso di specie dovendosi pertanto qualificare l'istanza presentata dalla parte come retrocessione parziale, subordinata all'adozione di un provvedimento di inservibilità del bene, in relazione alla quale sussiste la giurisdizione del G.A.
2. La qualificazione come retrocessione parziale dell'istanza formulata dalla ricorrente comporta il rigetto dell'eccezione di prescrizione del diritto sollevata dalla controinteressata per aver richiesto la dichiarazione di inservibilità del bene quando era ormai decorso il termine prescrizionale, in quanto il diritto a chiedere l'emanazione di un provvedimento di inservibilità è, in realtà, un interesse legittimo di tipo pretensivo all'esercizio del potere pubblico e, pertanto, come tutti gli interessi legittimi non è suscettibile di prescrizione ma solo soggetto alla decadenza.
3. Premesso che nella retrocessione parziale rispetto a beni non ancora utilizzati la pubblica amministrazione esercita scelte discrezionali circa la persistenza dell'interesse pubblico all'utilizzo delle aree già espropriate, nel caso in cui il diniego dell'istanza di retrocessione sia motivato dalla persistente necessità di realizzare interventi di accessibilità all'aeroporto e di compensazione ambientale dello stesso, ovvero per intereventi non diversi da quello di ampliamento dell'aeroporto cha ha fondato la precedente procedura ablativa, non si può ritenere che i beni espropriati siano destinati a scopi di pubblica utilità diversi da quelli per cui è stata pronunciata l'espropriazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6165 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Lottizzazione abusiva ex art. 30 D.P.R. n. 380/2001 - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Sussiste.
2. Lottizzazione abusiva - Provvedimento di sospensione dei lavori previsti dall'art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 - Costituisce accertamento definitivo dell'intervenuta lottizzazione abusiva ed il presupposto per il successivo provvedimento di acquisizione gratuita delle aree lottizzate al patrimonio disponibile.

1. Anche in tema di lottizzazione abusiva è necessario l'avviso di avvio del procedimento in considerazione della molteplicità degli elementi che caratterizzano la fattispecie, la cui verifica implica un procedimento complesso.
2. Gli effetti del provvedimento di sospensione dei lavori previsto dall'art. 18, comma 7 L. n. 47/1985 e ora dall'art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 in relazione ai fatti di abusiva lottizzazione, non possono considerarsi semplicemente interinali o cautelari, contenendo il provvedimento un accertamento definitivo circa l'intervenuta lottizzazione abusiva di terreni e svolgendo, quindi, una funzione di qualificazione giuridica della situazione di fatto che, salvo non intervenga una sua revoca entro i successivi novanta giorni, costituisce il presupposto logico-giuridico del successivo provvedimento di acquisizione delle aree lottizzate al patrimonio disponibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6164 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAConvenzione urbanistica - Termine di validità - È lo stesso del piano, salvo che per quelle prescrizioni aventi natura urbanistica che rimangono vincolanti ed operanti senza limiti di tempo, fino ad una nuova determinazione.
La convenzione, quale atto accessorio al piano, ha quale termine di validità lo stesso del piano, salvo che per quelle prescrizioni aventi natura urbanistica, che rimangono vincolanti ed operanti senza limiti di tempo, fino ad una nuova determinazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6163 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA:  1. Motivazione delle scelte urbanistiche - Deve essere puntuale nei casi in cui siano sorte qualificate aspettative ovvero in caso di emanazione di un contrarius actus.
2. Motivazione delle scelte urbanistiche - Tutela del paesaggio - Non richiede una diffusa analisi argomentativa.

1. La motivazione delle scelte urbanistiche deve essere puntuale nei casi in cui siano sorte qualificate aspettative sulla base di preesistenti accordi di lottizzazione, di giudicati di annullamento, di dinieghi di concessioni edilizie e di situazioni di analoga qualificazione, ovvero in caso di emanazione di un contrarius actus con cui l'Amministrazione disvuole ciò che prima ha statuito.
2. Stante l'indiscusso valore costituzionale fondamentale della tutela del paesaggio, la destinazione urbanistica che persegue tale finalità non richiede una diffusa analisi argomentativa  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6162 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIntervento di recupero abitativo di sottotetto - Inibizione dell'esecuzione per violazione dell'art. 2 L.R. 15/1996 c.m. dall'art. 6 L.R. 22/1999 - Rispetto dei limiti di altezza massima degli edifici prescritti dallo strumento urbanistico - Legittimità.
Poiché l'art. 2 L.R. 15/1996 c.m. dall'art. 6 L.R. 22/1999 consente le modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde solo nei limiti di altezza massimi degli edifici posti dagli strumenti urbanistici generali vigenti, si deve ritenere legittimo il provvedimento che ha inibito l'esecuzione di un intervento di recupero abitativo di sottotetto adottato dal Comune in quanto programmato su un edificio preesistente di altezza già superiore al limite massimo previsto dal PRG per la zona in cui l'immobile insiste, risultando, al contrario, irrilevante il fatto che il sopralzo previsto nel recupero del sottotetto non determinerebbe un'ulteriore innalzamento dell'altezza dell'edificio preesistente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6148).

EDILIZIA PRIVATAIntervento di recupero abitativo di sottotetto - Incompletezza della DIA - Inibizione dell'esecuzione - Legittimità.
La DIA deve riportare gli elementi che consentono di individuare con completezza l'intervento di recupero abitativo del sottotetto da realizzare, in quanto l'Amministrazione non ha l'obbligo di colmare le eventuali carenze di tali dati in via deduttiva arguendoli da elementi estranei all'intervento denunciato ed, in particolare, sulla base di quanto previsto nei progetti precedentemente assentiti. Di conseguenza, in carenza della specificazione in sede di DIA di diversi elementi relativi all'intervento di recupero abitativo del sottotetto progettato, risulta legittimo il provvedimento di inibizione dell'intervento adottato dal Comune (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6148).

EDILIZIA PRIVATA1. Art. 907 c.c. - Integrazione delle norme urbanistiche - Sussiste - Immediata applicazione nei rapporti di diritto pubblico - Sussiste.
2. Pubblicazione sul sito internet comunale di dato divergente dall'esito del provvedimento impugnato - Vizio del provvedimento impugnato - Non sussiste.

1. L'art. 907 c.c., al pari di altre norme del codice civile, in tema di norme sulle distanze tra le costruzioni, detta una disciplina integrativa delle prescrizioni urbanistiche che trova immediata applicazione anche nei rapporti pubblicistici, ove non diversamente regolato dalla pianificatore locale.
2. La pubblicazione sul sito internet comunale dello sportello unico dell'edilizia di un dato divergente rispetto all'esito finale di una pratica di sanatoria, per quanto possa ingenerare una aspettativa del privato alla positiva conclusione dell'istanza di sanatoria non è di per sé elemento viziante del provvedimento di diniego (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2008 n. 6125).

EDILIZIA PRIVATA1. Accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e accertamento di compatibilità paesaggistica di cui al D.Lgs. n. 42/2004 - Differenze.
2. Accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ex art. 181 comma 1-quater D.Lgs. n. 42/2004 - Rilascio - Presupposti previsti nell'art. 181, comma 1-ter, del D.Lgs. n. 42/2004 - Necessità - Sussiste.

1. Mentre la sanatoria edilizia (rectius: accertamento di conformità) deve essere rilasciata in ogni caso in cui le opere realizzate siano conformi con gli strumenti di piano esistenti sia alla data di realizzazione dell'opera abusiva che a quella di presentazione della domanda, la sanatoria paesaggistica può essere rilasciata non in tutti i casi in cui l'opera sarebbe stata autorizzabile ex ante, ma solo in alcuni specifici casi tassativamente determinati dalla stessa normazione primaria.
2. L'art. 181, comma 1-quater, del D.Lgs. n. 42/2004 e s.m.i. consente di presentare domanda di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica soltanto per gli interventi previsti nel precedente comma 1-ter e, segnatamente, per quelli che, in assenza di autorizzazione paesaggistica non abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi oppure aumento di quelli legittimamente realizzati, l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica e che i lavori siano configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001   (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.12.2008 n. 5937 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAProvvedimento di diffida ad iniziare i lavori a seguito di DIA - Qualificazione dell'intervento edilizio - Intervento di manutenzione straordinaria e non di ristrutturazione edilizia - Illegittimità della diffida.
L'intervento edilizio illustrato nella DIA deve essere qualificato come semplice manutenzione straordinaria anche sulla base degli elementi individuati dal Comune che sono riconducibili alla categoria della manutenzione straordinaria di cui dall'art. 3 DPR 380/2001 lett. b), in quanto non essendo prevista nella fattispecie una modifica dei volumi e delle superfici dell'unità immobiliare interessata né una modifica di destinazione d'uso, non si può configurare la più pregnante categoria dell'intervento di ristrutturazione edilizia. Conseguentemente la diffida di non iniziare i lavori perché erroneamente ritenuti ristrutturazione edilizia, non ammessa per l'edificio in questione dalle NTA del vigente p.r.g., è illegittima (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.12.2008 n. 5795).

CONSIGLIERI COMUNALIApprovazione variante al P.R.G. - Interesse proprio o di un prossimo congiunto del sindaco - Violazione obbligo di astensione da parte degli amministratori di cui all'art. 78, c. 2, T.U. 267/2000 - Sussiste.
L'interesse della suocera del Sindaco all'approvazione di una variante che elimina la capacità edificatoria di un'area posta di fronte a quella di proprietà è un interesse giuridicamente rilevante, in presenza del quale, sussistendo un rapporto di affinità in linea retta, il Sindaco avrebbe dovuto astenersi dalla partecipazione al procedimento amministrativo di approvazione della variante stessa in ossequio a quanto stabilito dell'art. 78 T.U. 267/2000 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.12.2008 n. 5781 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Approvazione variante al PRG incidente solo su due aree edificabili - Penetrante onere motivazionale - Illogicità delle scelte pianificatorie - Irragionevole esercizio della discrezionalità - Sussiste.
2. Approvazione variante al PRG - Istanza risarcimento del danno da ritardo nell'edificazione - Interesse pretensivo - Incerta la spettanza del bene della vita in capo alla ricorrente - Non sussiste.

1. In caso di variante puntuale che incide in senso sfavorevole su due sole proprietà l'Amministrazione è onerata di un penetrante onere motivazionale, con un conseguente maggior sindacato giurisdizionale della discrezionalità propria del Comune nel modificare le previsioni urbanistiche, che risulta, nel caso di specie, esercitata in modo irragionevole stante la notevole sproporzione tra l'obbiettivo di riequilibrare e contenere le spinte abitative nel territorio e lo strumento limitatissimo scelto per realizzarlo che impedisce la realizzazione di una cubatura minimale in relazione al territorio comunale.
2. In relazione alla richiesta di risarcimento del danno per la lesione dell'interesse legittimo all'edificazione in concreto dell'area causato dall'illegittima approvazione della variante al p.r.g. che ha privato l'area stessa della sua capacità edificatoria, la posizione giuridica vantata dal ricorrente ha la consistenza di un interesse pretensivo in quanto la concreta edificazione dell'area non dipende soltanto dalla previsione urbanistica di piano, ma anche dal rilascio di un successivo titolo abilitativo all'attività edilizia. Conseguentemente il risarcimento di tale interesse legittimo pretensivo dipende da un giudizio prognostico sulla meritevolezza di protezione dell'interesse sostanziale vantato che, nel caso di specie, da esito negativo in quanto non è mai stato chiesto il rilascio del titolo abilitativo ed in quanto il rilascio dello stesso, consistente nell'approvazione di un piano attuativo di lottizzazione, è un atto dotato di ampi margini di discrezionalità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.12.2008 n. 5781 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Decreto di imposizione di vincolo di interesse storico su un immobile - Competenza del Soprintendente ex art. 14 d.lgs. 42/2004 - Incompetenza dell'organo emanante (Direzione Regionale) - Non sussiste.
2. Decreto di imposizione di vincolo di interesse storico su un immobile - Carenza e/o illogicità della motivazione - Giudizio di discrezionalità tecnica - Interessi pubblici sottesi all'emanazione del provvedimento - Non sussiste.

1. Ai sensi dell'art. 14 d. lgs 42/2004 la competenza ad adottare un provvedimento di imposizione di vincolo storico artistico su un immobile spetta all'ufficio del Soprintendente regionale. Poiché quest'ultimo è inserito nella Direzione Regionale (come organizzazione di uffici) nel caso di adozione del provvedimento di imposizione da parte di quest'ultima non si configura un'ipotesi di incompetenza dell'organo che ha emesso l'atto in quanto si versa in tale ipotesi solo quando l'atto provenga da organo amministrativo diverso da quello cui appartiene il potere.
2. Posto che l'ampiezza del sindacato giurisdizionale sulla motivazione di imposizione del vincolo storico-artistico è particolarmente ristretta, in quanto il riconoscimento del valore storico artistico presuppone un giudizio di discrezionalità tecnica ed in quanto non è prevista la comparazione tra l'interesse indicato dalla L. 1089/1939 e quello del privato proprietario, in presenza di profili di interesse storico non vi è alcuno spazio per un giudizio di illogicità della scelta amministrativa, che si rivela, al contrario, adeguata rispetto agli interessi pubblici sottesi all'emanazione del provvedimento di vincolo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.12.2008 n. 5780 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATARichiesta di sanatoria - Onere della prova circa la sussistenza dei presupposti della sanatoria grava sul richiedente - Sussiste - Allegazione sostitutiva di atto notorio - Prova per i requisiti della sanatoria - Insufficienza.
L'onere della prova sulla sussistenza degli elementi per la sanatoria, ed in particolare sulla data di ultimazione dei lavori, grava su colui che richiede la sanatoria, a pena di rigetto della domanda, potendo quest'ultimo fornire qualunque documentazione da cui possa desumersi che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta, mentre non è sufficiente a trasferire il suddetto onere in capo all'amministrazione la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5753).

EDILIZIA PRIVATAOrdine di demolizione di opere realizzate con DIA non inibita nei 30 giorni non preceduto da provvedimento di autotutela della DIA - Illegittimità.
E' illegittimo l'ordine di demolizione di opere realizzate in forza di DIA non inibita nei 30 giorni decorrenti dalla sua presentazione, qualora tale ordine non sia preceduto da specifico provvedimento di annullamento in autotutela della DIA (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5752 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAConvenzione per la realizzazione del programma di edilizia residenziale popolare economica ex lege n. 865/1971 - Contratto di natura pubblicistica ex artt. 11 e 15 della L. n. 241/1990 - Sussiste.
La convenzione stipulata per la realizzazione del programma di edilizia residenziale popolare economica ai sensi della L. n. 865 del 1971 integra un contratto di natura pubblicistica, ovvero connotato da poteri autoritativi, rientrante nell'ambito delle previsioni di cui agli artt. 11 e 15 della L. n. 241 del 1990 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALIEsercizio delle funzioni pubblicistiche imputabili a più Amministrazioni mediante il modello convenzionale - Vincolo a continuare a regolare gli interessi pubblici mediante l'utilizzo del modulo organizzativo consensuale - Sussiste - Recesso dall'accordo da parte di una delle Amministrazioni - Modalità.
L'accordo tra amministrazioni pubbliche non modifica l'ordine delle attribuzioni della funzione amministrativa, perché non è altro che un modulo organizzativo dell'azione amministrativa che sostituisce la sequenza procedimentale, destinata a sfociare nell'accordo, alla pluralità di procedimenti condotti in modo autonomo dalle diverse amministrazioni e destinati a sfociare in provvedimenti diversi ma tra loro strettamente collegati.
L'inscindibilità degli interessi pubblici sottesi all'azione consensuale delle pubbliche amministrazioni, se non muta l'ordine delle competenze delle stesse, preclude, però, che una singola amministrazione possa decidere unilateralmente di tornare al modello della amministrazione per singoli provvedimenti e finisce per imporre, pertanto, alle stesse un vincolo a continuare a regolare gli interessi pubblici disciplinati dall'accordo mediante l'utilizzo del modulo organizzativo consensuale. In tale circostanza l'istanza di recesso all'accordo di una delle amministrazione dovrà essere volta a sollecitare le altre amministrazioni contraenti ad una rivisitazione dell'accordo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAnnullamento in autotutela della concessione edilizia - Specifica comparazione tra interesse pubblico e privato - Limiti.
Occorre una specifica comparazione fra l'interesse pubblico e quello privato solo nel caso in cui l'annullamento in via di autotutela della concessione edilizia discenda da errori di valutazione dovuti all'Amministrazione pubblica; detta comparazione non occorre invece quando l'annullamento sia derivato da comportamenti del soggetto privato che hanno indotto l'Amministrazione ad emanare un atto risultato, poi, illegittimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5749 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Inserimento di aree in un piano per gli insediamenti produttivi da parte della P.A. - Discrezionalità - Limiti.
2. Superamento interesse privato con interesse pubblico - Interesse privato qualificato - Obbligo motivazione - Sussiste.
3. Previsione da parte della PA di aree da destinare a standard in quantità superiore a quella minima prevista dalla normativa - Esercizio di discrezionalità - Sussiste.
4. Procedura transitoria di variante urbanistica ex art. 25 della L.R. n. 12/2005 - Variante recante la localizzazione di opere pubbliche di competenza comunale - Legittimità.
5. Reiezione delle osservazioni presentate in sede di formazione del PRG - Particolare obbligo di motivazione - Non sussiste.
6. Termine per l'approvazione di un PRG - Natura perentoria- Non sussiste - Quomodo dell'esercizio del potere di pianificazione urbanistica - Discrezionalità - Sussiste.

1. L'ente locale, relativamente all'individuazione delle aree da inserire in un piano per gli insediamenti produttivi nonché alla sua adozione ed approvazione, gode della più ampia discrezionalità, con l'unico limite dell'adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull'idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l'intero sistema economico.
2. Nel bilanciamento tra interesse pubblico e privato, soltanto in caso di superamento di un interesse privato qualificato l'amministrazione ha l'obbligo di motivare in modo specifico sul superamento dello stesso.
3. La previsione normativa di una dotazione minima di aree da destinare a standard non preclude all'amministrazione di individuare, nell'esercizio della propria discrezionalità pianificatoria, aree ulteriori per equilibrare il forte carico urbanistico della zona.
4. L'art. 25 della L.R. n. 12/2005 ammette nel regime transitorio che connota la fase di elaborazione dei PGT, la possibilità di varianti a procedura semplificata, con le modalità e nei casi previsti dalla L.R. n. 23/1997, la quale contempla tra l'altro la localizzazione di opere pubbliche di competenza comunale.
5. La reiezione delle osservazioni dei privati in sede di formazione del PRG non richiede un particolare onere di motivazione, essendo essi apporti collaborativi dati dai cittadini alla formazione dello strumento urbanistico ed essendo, pertanto, sufficiente, che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste alla base della formazione del piano.
6. Con riferimento al termine di durata del procedimento di approvazione di un piano regolatore, occorre considerare che, in mancanza di specifiche disposizioni di legge che appongano termini di natura perentoria, deve escludersi la configurabilità di un obbligo di provvedere entro un tempo determinato, laddove l'esercizio del potere di pianificazione urbanistica, certamente, obbligatorio nell'an resta largamente discrezionale nel quomodo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5748 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Approvazione variante generale piano regolatore - Nuovi limiti edilizi - Obbligo di ripubblicazione - Accoglimento parziale delle osservazioni - Disciplina più favorevole - Non sussiste.
2. Variante generale P.R.G. - Introduzione vincoli di edificabilità ai fini della protezione dell'ambiente - Valore fondamentale del paesaggio di cui all'art. 9 Cost. - Legittimità.
3. Variante generale PRG - Introduzione vincoli di edificabilità ai fini della protezione dell'ambiente - Contrasto con la disciplina agricola di cui alla L.R. n. 93/1980 - Non sussiste.

1. Il Comune non è in generale obbligato a ripubblicare la variante generale al piano regolatore in seguito all'accoglimento in tutto o in parte delle osservazioni se non vengono introdotte modifiche sostanziali tali da alterare i caratteri generali o i criteri di impostazione della variante generale al piano regolatore adottata. Nella specie non sussiste poi tale obbligo di ripubblicazione quando, proprio per l'accoglimento delle osservazioni dei ricorrenti, venga approvata una disciplina più favorevole rispetto a quella stabilita inizialmente (in sede di adozione), perché, non essendo così stati introdotti limiti o vincoli edilizi maggiori rispetto a quelli su cui i ricorrenti hanno interloquito, gli stessi non possono lamentare una mancata partecipazione al procedimento.
2. Poiché i poteri in materia urbanistica possono essere esercitati dai Comuni per la salvaguardia di tutti i valori che attengono all'uso del territorio, compresa la protezione ambientale, in sede di pianificazione urbanistica il Comune può introdurre autonomi vincoli ambientali e paesaggistici, motivandoli, anche senza necessità di diffuse analisi argomentative, con riguardo al valore fondamentale del paesaggio di cui all'art. 9 Cost.
3. In ragione della valenza paesaggistica delle aree deve ritenersi giustificata l'introduzione di vincoli di edificabilità anche se così si comprimo le possibilità di sfruttamento agricolo dei terreni indistintamente ammesse e tutelate dalla L.R. 93/1980. Pur prevedendo l'art. 4 L.R. 93/1980 che la disciplina agricola prevalga sulle contrarie disposizioni degli strumenti urbanistici locali, tale prevalenza non ha carattere assoluto e non può, conseguentemente, operare per le aree agricole gravate da divieti di edificabilità a tutela di specifici valori ambientali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5747 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAProvvedimento negativo non preceduto dalla comunicazione ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 - Illegittimità - Sussiste.
La mancata comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza e la conseguente adozione del provvedimento negativo senza il previo contraddittorio procedimentale, è omissione idonea ad inficiare di illegittimità l'atto impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2008 n. 5746 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Definizione di nuove costruzioni ex lege regionale n. 33/2007 - Interventi non ancora ultimati alla data di entrata in vigore della detta legge - Sussiste.
2. La non intervenuta scadenza del triennio di efficacia delle DIA, la mancata presentazione della domanda per il rilascio del certificato di agibilità, il non intervenuto deposito della dichiarazione di ultimazione lavori e dell'attestazione di conformità del Direttore Lavori - Elementi presuntivi concordanti circa la non ultimazione dei lavori - Sussiste.
3. Atti privati di compravendita di singole unità immobiliari - Prova dell'ultimazione dei lavori afferenti al costruendo edificio - Non sussiste.
4. Disciplina premiale ex lege regionale n. 33/2007 - Preesistenza, rispetto all'entrata in vigore della L.R. n. 33/2007, degli elementi costruttivi richiesti dalla legge - Applicazione.

1. Ai fini dell'applicazione della L.R. n. 33/2007 che ha modificato la L.R. n. 26/1995, per nuove costruzioni debbono essere intese anche quelle in corso di realizzazione e non ancora ultimate al momento dell'entrata in vigore dell'art. 12 della L.R. n. 33/2007, ovverosia alla data del 01/01/2008.
2. La non intervenuta scadenza del triennio di efficacia delle DIA, la mancata presentazione della domanda per il rilascio del certificato di agibilità, il non intervenuto deposito della dichiarazione di ultimazione lavori e dell'attestazione di conformità del Direttore Lavori, sono circostanze che, seppure qualora prese singolarmente non risultino decisive ai fini della prova della non ultimazione dei lavori, se congiuntamente valutate possono fondare tale convincimento, presentandosi quali elementi presuntivi concordanti.
3. Gli atti privati di compravendita di singole unità immobiliari site in un costruendo complesso immobiliare, non sono sufficienti a comprovare la ultimazione dei lavori relativi al detto costruendo complesso.
4. Alla luce della ratio premiale della L.R. n. 33/2007, è irrilevante che i requisiti costruttivi previsti nella nuova disciplina siano introdotti nel costruendo edificio con variante in corso d'opera successiva all'entrata in vigore della legge o siano già preesistenti. Difatti ciò che rileva ai fini dell'applicazione della detta disciplina è che l'edificio non ancora completato presenti le caratteristiche costruttive necessarie per l'applicazione della disciplina premiale, anche se per conformarsi a tali requisiti non sia necessaria alcuna successiva modifica progettuale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2008 n. 5736).

ATTI AMMINISTRATIVI1. Giustizia amministrativa - Nozione di controinteressato.
2. Giustizia amministrativa - Domanda di risarcimento del danno - Accoglibilità - Occorre la prova dell'an e del quantum del danno lamentato.

1. Nel giudizio amministrativo assume la veste di controinteressato quel soggetto che risulti titolare di un interesse alla conservazione dell'atto impugnato uguale e contrario a quello fatto valere dal ricorrente e che sia espressamente menzionato nell'atto medesimo on sia altrimenti individuabile in base ad esso.
2. La domanda di risarcimento del danno, ai fini del suo accoglimento, deve essere deve contenere la prova dell'an dell'esistenza di un danno e, conseguentemente, del quantum sia in termini di danno emergente che di lucro cessante (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2008 n. 5735).

EDILIZIA PRIVATA1. Impugnazione permesso di costruire in sanatoria - Periodo di sospensione dei termini feriali - Si applica - Tardività del ricorso - Non sussiste.
2. Permesso di costruire in sanatoria ai sensi della L. 724/1994 - Pagamento degli oneri concessori - Riqualificazione dell'illecito indicato nella domanda di condono - Legittimità.
2. Permesso di costruire in sanatoria ai sensi della L. 724/1994 - Pagamento degli oneri concessori - Formazione del silenzio assenso sull'istanza di sanatoria - Prescrizione del diritto a percepire gli oneri concessori - Non sussiste.

1. L'eccezione di tardività del ricorso sollevata da parte resistente per l'inapplicabilità del periodo di sospensione dei termini processuali è infondata in quanto l'art. 5 L. 742/1969 nell'indicare che la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non si applica nel procedimento per la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, è volto a permettere alla parte ricorrente di fare istanza per un provvedimento cautelare in pendenza del periodo di sospensione dei termini feriali ma, allo stesso tempo, consente al ricorrente di avvalersi della suddetta sospensione dei termini per radicare l'impugnazione senza incorrere in alcuna decadenza.
2. E' legittima la riqualificazione dell'illecito operata dal Comune, rispetto a quanto indicato dal ricorrente nella domanda di sanatoria, ai fini della quantificazione degli oneri concessori, in quanto le opere realizzate (una tettoia a collegamento di due capannoni industriali) non hanno carattere pertinenziale, ma risultano valutabili in termini di aumento di superficie con conseguente incidenza sul carico urbanistico.
3. In relazione alla richiesta di pagamento di oneri concessori per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è irrilevante l'eventuale formazione del silenzio-assenso in relazione all'istanza di condono perché i termini di prescrizione del diritto agli oneri concessori decorrono dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria. In ogni caso, anche a voler ritenere che il provvedimento di sanatoria viene ad esistenza alla data di formazione del silenzio assenso sulla relativa domanda, si deve rilevare come, nel caso di specie, la richiesta da parte del Comune di pagamento degli oneri concessori non risulti prescritto in rapporto alla data di formazione del silenzio-assenso, non essendo decorso il termine decennale di prescrizione del diritto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2008 n. 5733).

URBANISTICA1. Convenzione per l'attuazione di un progetto integrato d'area ai sensi della L.R. 12/1989 - Accertamento dell'inadempimento alla convenzione da parte della società contraente - Obiettivo di sviluppo economico del territorio - Obbligo di realizzare tutti gli interventi previsti - Non sussiste - Istanza di risarcimento del danno - Respinta.
2. Convenzione per l'attuazione di un progetto integrato d'area ai sensi della L.R. 12/1989 - Atto di diffida e messa in mora da parte del Comune - Individuazione del soggetto obbligato - Vincolo di solidarietà - Non sussiste.
3. Convenzione per l'attuazione di un progetto integrato d'area ai sensi della L.R. 12/1989 - Atto di diffida e messa in mora da parte del Comune - Trascrizione nei registri immobiliari ai sensi dell'art. 20 L. 1150/1942 - Istanza di risarcimento del danno per pregiudizio delle trattative in corso per la cessione delle aree - Assenza di colpevolezza - Infondatezza della domanda risarcitoria.

1. Poiché il progetto integrato d'area, ancorché funzionale ad obiettivi di sviluppo economico del territorio di riferimento, costituisce pur sempre un piano attuativo, si deve ritenere che la convenzione stipulata ai sensi della L.R. 12/98 per l'attuazione del progetto d'area, che pur con obiettivi di politica economica delinea le linee di sviluppo urbanistico dell'area, non attribuisce ai privati contraenti l'obbligo specifico di realizzare la totalità degli interventi previsti, bensì la facoltà di farlo con le modalità (oneri) specificate nella convenzione. Di conseguenza restando integra, anche in presenza di un piano attuativo convenzionato, la facoltà dell'operatore privato di non procedere all'edificazione nel caso in cui, per eventi che riguardino la singola società o per le mutate condizioni di mercato, vengano meno le condizioni che rendano praticabile opportuna o conveniente la realizzazione di ulteriori edificazioni in un determinato territorio, non sussiste un inadempimento alla convenzione da parte dell'operatore privato e non vi è spazio per pretese risarcitorie nel caso di incompiuta realizzazione del progetto integrato d'area.
2. In relazione alla convenzione per l'attuazione di un progetto integrato d'area si deve ritenere, in base agli artt. 1292 e 1294 c.c., che non sussiste un vincolo di solidarietà delle società contraenti posto che la convenzione stessa individua un soggetto operatore, a cui pone in carico esclusivo l'iniziativa di eseguire gli intereventi edilizi, mentre obbliga le altre contraenti a porre soltanto a disposizione le aree di proprietà. Pertanto l'atto di diffida e messa in mora adottato dal Comune per l'adempimento della convenzione di attuazione di un progetto integrato d'area nei confronti della società contraente, che è soltanto proprietaria delle aree coinvolte nel progetto, ma non obbligata a nessuna specifica obbligazione, ed in particolare estranea alle obbligazioni di facere che il Comune assume inadempiute, è illegittimo.
3. Il Comune, legittimamente assimilando le fattispecie di inadempimento dei piani attuativi, ha posto in essere la trascrizione nei registri immobiliari dell'atto di diffida e messa in mora per l'inadempimento alla convenzione per l'attuazione di un programma d'area ritenendo di assolvere ad un dovere imposto dalla legge, in particolare dall'art. 20 L. 1150/1942 che impone tale trascrizione nel caso di inadempimento di piani particolareggiati. Ciò priva la condotta del Comune di quel connotato di colpevolezza indispensabile per configurare una responsabilità risarcitoria a suo carico, risultando conseguentemente infondata la domanda risarcitoria proposta dalla società ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2008 n. 5732 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Proprietario di aree comprese all'interno di un Piano di Recupero - Notifica del provvedimento di approvazione del Piano - Necessità - Sussiste.
2. Proprietario di aree comprese all'interno di un Piano di Recupero -Partecipazione al procedimento di adozione del Piano - Onere del proprietario di rispetto all'approvazione finale del Piano - Non sussiste.
3. Eccezione volta a far rilevare la mancata verifica della sussistenza della titolarità e disponibilità giuridica di aree prima dell'approvazione di un piano di recupero - Attiene alla verifica della correttezza dell'esercizio del potere amministrativo e alla legittimità dei provvedimenti emessi - Giurisdizione G.A. - Sussiste.
4. Adozione di un Piano di Recupero - Applicazione degli strumenti partecipativi di cui agli artt. 7 e ss. della L. n. 241/1990 - Non sussiste - Applicazione di norme speciali - Sussiste.
5. Adozione Piano di Recupero - Verifica dei titoli di disponibilità dei terreni da parte del soggetto interessato - Va limitata alla verifica formale dei titoli di proprietà o disponibilità delle aree.
1.
Al proprietario di una porzione di terreno direttamente interessata da un Piano di Recupero va notificato il provvedimento di approvazione del piano, in forza dell'art. 28 della L. n. 457/1978 che prevede che ai piani di recupero si applichino le disposizioni previste per i piani particolareggiati e dall'art. 16 della L. n. 1150/1942 secondo cui il piano particolareggiato deve essere notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili del piano stesso nonché del principio generale per cui vanno notificati al proprietario quei provvedimenti che riguardano in modo specifico il suo immobile, a nulla rilevando il fatto che la normativa regionale ed in particolare la L.R. n. 23/1997 non riporti espressamente la necessità della notifica individuale nel procedimento di adozione dei piani attuativi.
2. La circostanza di aver partecipato al procedimento di adozione del piano, presentando osservazioni, non grava il proprietario di porzioni di aree comprese in un Piano di Recupero di alcuno specifico onere di informarsi rispetto all'approvazione finale del Piano, avendo il predetto proprietario titolo alla notifica individuale del provvedimento finale.
3. L'eccezione volta a far rilevare la mancata corretta considerazione, da parte dell'amministrazione, dell'esistenza della titolarità e della disponibilità giuridica delle aree nell'ambito della valutazione dei presupposti necessari per l'approvazione del Piano di recupero, attiene esclusivamente alla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per il corretto esercizio del potere amministrativo e per l'emissione di un legittimo provvedimento autoritativo su cui è indubbia la giurisdizione del giudice amministrativo.
4. Il procedimento di adozione del piano di recupero è disciplinato, per i suoi caratteri peculiari di strumento urbanistico di attuazione, da procedure specificamente previste dalla legge che presuppongono, per quanto riguarda gli strumenti partecipativi, l'applicazione di norme speciali rispetto a quelle dettate dagli artt. 7 e ss. della L. n. 241/1990.
5. In sede di verifica dei presupposti per l'adozione di un Piano di recupero, l'Amministrazione, per quanto riguarda i titoli di disponibilità dei terreni da parte del soggetto interessato, deve limitarsi alla verifica formale dei titoli di proprietà o disponibilità dell'area senza essere senza essere tenuta a svolgere complesse ricognizioni giuridico-documentali sui medesimi titoli (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5731).

EDILIZIA PRIVATA1. Ristrutturazione urbanistica - Definizione.
2. Nozione di ristrutturazione edilizia ai sensi degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 - Comprende anche gli interventi di ristrutturazione edilizia "pesante" che modificano volume, sagoma, prospetti e superficie purché si tratti di modifiche quantitativamente contenute.
3. Interventi di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente - Rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia se in sede di ricostruzione viene mantenuta la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente.
1.
La nozione di ristrutturazione urbanistica prevista dall'art. 3, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 380/2001 è compatibile con un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio anche se quest'ultimo presenta modifiche anche notevoli rispetto al preesistente, dal momento che tale tipologia di intervento edilizio consente ampi interventi sul tessuto urbanistico-edilizio anche di nuova costruzione.
2. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 sono qualificabili interventi di ristrutturazione anche quegli interventi di ristrutturazione "pesante" che modificano il volume, la sagoma, i prospetti o la superficie del preesistente, salvo l'imprescindibile limite, connaturato alla ristrutturazione, della finalità volta al recupero dello spazio attraverso la realizzazione di un organismo in tutto o in parte nuovo. Tali modifiche e, in particolare il volume, devono essere quantitativamente contenute poiché, in caso di sostanziale ampliamento dell'edificio, si trasmoderebbe nell'ambito della nuova costruzione.
3. Gli interventi edilizi di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente affinché possano rientrare nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia è necessario che in sede di ricostruzione venga mantenuta la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente mentre, in difetto, l'intervento edilizio deve considerarsi di nuova costruzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5731).

EDILIZIA PRIVATA1. Impugnazione di ordinanza di demolizione di opere eseguite con DIA - Vendita del terreno su cui insistono le opere - Difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti - Carenza di interesse - Non sussiste.
2. Sospensione dei lavori autorizzati con DIA - Ordinanza di demolizione di opere eseguite con DIA - Violazione dell'art. 27 c. 1 e 3 D.P.R. 380/2001 - Conservazione dei poteri sanzionatori e di controllo da parte dell'Amministrazione - Legittimità.

1. L'eccezione preliminare di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Comune, poiché, in particolare, sarebbe venuto meno l'interesse di una delle società ricorrenti per avere venduto, prima dell'intentato ricorso, il terreno su cui insistono le opere, ad altro privato e non vanterebbe a maggior ragione interesse l'altra società ricorrente, in quanto mera esecutrice dei lavori per conto della prima, è infondata in quanto entrambe le società ricorrenti risultano dirette destinatarie dell'ordine di demolizione e, per questo solo, interessate alla rimozione dell'ordine medesimo.
2. L'ordinanza di demolizione di opere adottata dal Comune, in violazione dell'art. 27, c. 3, DPR 380/2001, secondo cui in caso di sospensione lavori gli ulteriori provvedimenti definitivi devono intervenire entro 45 giorni, deve essere ritenuta legittima in quanto l'inutile decorso del termine di 45 giorni fa perdere automaticamente efficacia all'ordinanza di sospensione lavori ma non consuma il potere dell'amministrazione di emettere eventuali successivi provvedimenti sanzionatori dell'illecito riscontrato. Similmente risulta infondata l'eccezione di illegittimità dell'ordinanza di demolizione per essere emessa trascorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA, in quanto, anche una volta che sia decorso il temine di 30 giorni di cui all'art. 23, c. 1, D.P.R. 380/2001, per l'esercizio dei poteri inibitori, l'Amministrazione può sempre esercitare il suo generale potere di controllo sulle attività di trasformazioni edilizie ed agire in via sanzionatoria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5730).

EDILIZIA PRIVATA1. Realizzazione di parcheggi pertinenziali - Applicabilità delle deroghe previste dall'art. 9 della L. n. 122/1989 anche agli interventi di ampliamento ed adeguamento dell'esistente - Sussiste.
2. Previsione contenuta nelle NTA al PRG che non introduca uno specifico vincolo ambientale - Possibilità di deroga dalle previsioni dell'art. 9 L. n. 122/1989 - Sussiste.

1. Ai sensi dell'art. 9 del L. n. 122/1989 (come modificato dall'art. 37 L. n. 472/1999) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata, fatti salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le distanze previste dal p.r.g. o da altre fonti normative, trovando applicazione anche per gli interventi di ampliamento e adeguamento dell'esistente.
2. Una previsione contenuta nelle NTA al PRG che non introduca uno specifico vincolo ambientale ma solo una finalità astratta di tutela ambientale può essere derogata dalle previsioni contenute nell'art. 9 della L. n. 122/1989 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5729).

EDILIZIA PRIVATA1. Delibera C.C. di esclusione dell'applicazione della legge regionale in materia di recupero abitativo dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R. 15/2005 - Procedura d'approvazione - Mancato avvio del procedimento - Legittimità.
2. Delibera C.C. di esclusione dell'applicazione della legge regionale in materia di recupero abitativo dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R. 15/2005 - Incidenza su un intervento in corso di esecuzione - Legittimo affidamento - Carenza di istruttoria - Non sussiste.
3. Delibera C.C. di esclusione di determinate parti del territorio dalla legge regionale in materia di recupero abitativo dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R. 15/2005 - Esclusione degli edifici plurifamiliari - Eccesso di potere per illogicità manifesta - Ampia discrezionalità - Ratio della legge sul recupero abitativo dei sottotetti - Non sussiste.
4. Intervento di recupero abitativo dei sottotetti - Sospensione dei lavori da parte del Comune - Titolo edilizio fondato su un provvedimento cautelare del TAR - Necessità di una sospensione in autotutela del titolo edilizio - Non sussiste.

1. Per introdurre una deroga all'applicazione della normativa sul recupero abitativo dei sottotetti ai sensi dell'art. 65 L.R. 15/2005 è sufficiente una deliberazione del Consiglio Comunale, così come espressamente prevede il comma 1 di tale norma, mentre non è richiesta l'approvazione della delibera in doppia lettura anche perché tale previsione non è assimilabile alle varianti generali al piano regolatore. Poiché la deliberazione adottata esclude dall'applicazione della normativa sul recupero abitativo dei sottotetti tutti gli edifici plurifamigliari, la stessa rappresenta un atto amministrativo generale per il quale, ai sensi dell'art. 13 L. 241/1990, non è necessario dare comunicazione di avvio del procedimento.
2. La delibera comunale impugnata non è viziata per la mancata ponderazione dell'affidamento del privato alla realizzazione di un intervento di recupero sottotetti in quanto non sussiste un affidamento giuridicamente rilevante se il privato, pur avendo progettato tale intervento nell'ambito di un più massiccio intervento edilizio in corso, non ha presentato alcun tipo di domanda prima dell'entrata in vigore della delibera comunale che ha escluso la fattibilità di tale recupero abitativo dei sottotetti.
3. L'art. 65 L.R. 15/2005 consente al Comune di escludere taluni interventi dall'applicazione della normativa sul recupero abitativo dei sottotetti con ampia discrezionalità e senza una motivazione particolare in quanto atto di pianificazione urbanistica a contenuto generale. Pertanto la delibera comunale che non consente il recupero abitativo dei sottotetti nei soli edifici plurifamiliari, limita il recupero agli interventi che determinano un impatto minimo sui carichi urbanistici, mentre esclude gli interventi più strutturati in cui l'applicazione della normativa sul recupero abitativo dei sottotetti risulterebbe utilizzata non per sopperire alle esigenze abitative ma per fini speculativi Di conseguenza, la delibera contiene una motivazione logica e rispondente alla ratio della normativa sul recupero abitativo dei sottotetti.
4. Il titolo edilizio che ha sorretto l'intervento di recupero abitativo dei sottotetti, essendo fondato su un provvedimento cautelare del TAR che aveva sospeso l'applicazione della norma ostativa alla realizzabilità dell'intervento edilizio progettato, è destinato ad avere effetti interinali che vengono meno, ipso iure e senza la necessità di alcun provvedimento amministrativo di annullamento in autotutela, in ipotesi di rigetto del ricorso nel merito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5711).

URBANISTICA1. Delibera di adozione della variante generale al PRG - Nella parte in cui definisce il regime delle singole aree - Lesività - Sussiste - Impugnabilità immediata - Sussiste.
2. Variante generale al PRG - Delibera di controdeduzioni alle osservazioni dei privati - Atto infraprocedimentale - Impugnabilità con il provvedimento regionale che approva il PRG - Sussiste.
3. Redazione nuovo PRG o sua variante generale - Motivazione degli azzonamenti di singole aree - Non sussiste - Superamento degli standard minimi di cui al D.M. n. 1444/1968 - Necessità apposita motivazione - Sussiste.

1. La delibera di adozione di una variante generale al P.R.G., nella parte in cui definisce il regime delle singole aree, è immediatamente lesiva e suscettibile di impugnazione immediata.
2. La delibera comunale di controdeduzione alle osservazioni dei privati ha natura di atto infraprocedimentale impugnabile solo con il provvedimento regionale che approva il piano.
3. Sebbene gli azzonamenti di singole aree non richiedano un'apposita motivazione oltre quella implicita nelle scelte tecnico-urbanistiche effettuate in sede di redazione del Piano Regolatore o di una sua variante generale, una più incisiva motivazione si impone in talune ipotesi, tra cui quella del superamento degli standard minimi di cui al D.M. 02.04.1968 n. 1444 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 03.12.2008 n. 5695 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPermesso di costruire - Termine inizio lavori - Decorrenza - Emanazione titolo - Eventuale ritiro o notifica in un momento successivo - Non rileva.
La decorrenza del termine di inizio lavori va ancorata alla data di notifica dell'avviso di emanazione del permesso di costruire, secondo un'interpretazione conforme all'art. 15 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (TU edilizia), ove il termine "rilascio" va inteso come "emanazione", e non come ritiro materiale del documento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.11.2008 n. 5540 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATADenuncia di inizio attività - Provvedimento comunale di inibitoria - Termine - Perentorietà - Sussistenza - Potere di vigilanza e repressione - Permane.
Il termine di 30 giorni, previsto ai fini dell'adozione del provvedimento comunale di inibitoria a seguito della ricezione della denuncia di inizio attività per l'esecuzione di lavori edilizi, ha carattere perentorio. Decorso tale termine, permane il potere dell'Amministrazione comunale di potere e vigilanza e controllo sull'attività edilizia che non deve però più svolgersi nelle forme dell'intervento inibitorio, ma in quelle della procedura di autotutela di cui agli articoli 21-quinquies e 21-nonies legge 241/1990 e s.m.i. e quindi seguendo differenti presupposti (in tema di motivazione sull'interesse pubblico) e procedure (comunicazioni ex artt. 7 e 10-bis l. 241/1990) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.11.2008 n. 5539).

URBANISTICAVincolo espropriativo - Reiterazione - Motivazione - Necessità.
La reiterazione dei vincoli di espropriazione non può prescindere dalla presenza di una congrua e specifica motivazione sulla permanenza e l'attualità dell'interesse pubblico all'acquisizione coattiva dell'area, specie se la reiterazione del vincolo interessi un'area specifica e ciò per evitare che tale operazione realizzi in modo surrettizio il mero prolungamento dei termini di efficacia previsti dalla legge    (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.11.2008 n. 5536 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPermesso di costruire - Diniego - Illegittimità - Fattispecie.
Laddove l'obbligo di pianificazione attuativa non sia affermato dallo strumento urbanistico, non sono sufficienti affermazioni generiche relative allo stato di urbanizzazione della zona per giustificare il diniego del permesso di costruire dovendo il Comune procedere ad una seria indagine circa la presenza delle urbanizzazioni nell'area in questione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.11.2008 n. 5482).

URBANISTICALottizzazione abusiva - Deposito frazionamento in Comune - Diniego - Illegittimità.
L'art. 30 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380, relativo alla lottizzazione abusiva, prevede che i frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati dall'agenzia del territorio se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il comune. La norma assegna al Comune una mera funzione certificativa, il compito cioè di attestare il deposito del tipo di frazionamento, senza alcun potere di sindacare i contenuti dell'elaborato o denegare l'attestazione del deposito, ferma restando ovviamente la possibilità di valutare la correttezza intrinseca o l'idoneità del frazionamento in sede di esame del progetto in funzione del quale è stato eseguito (il TAR ha dichiarato illegittimo il provvedimento di diniego di attestazione deposito frazionamento con il quale il Comune aveva sindacato nel merito il contenuto del frazionamento) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5311 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Impianto di telecomunicazione - Regolamentazione urbanistica - Competenza Statale - Deroghe.
2. Impianto di telecomunicazione - Regolamentazione urbanistica - Competenza Comunale - Limiti.
3. Impianto di telecomunicazione - Localizzazione - Competenza Regionale e competenza Comunale - Portata.

1. La tutela sanitaria della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche esula dalle competenze dei comuni, essendo affidata dalla Legge-quadro 36/2001 al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato esclusivamente sui limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 7274/2002). Si discostano da tale criterio sia i divieti di localizzazione e di installazione connessi alla mera destinazione urbanistica delle aree, sia le prescrizioni di distanze minime fisse, tra impianti e abitazioni, diverse dalle distanze ordinarie previste per gli edifici (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 277/2002; TAR Veneto, sent. n. 347/2002; TAR Lazio, sent. n. 8170/2001).
2. Ex art. 8, comma 6, Legge 36/2001 n. 36 i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Tale potestà regolamentare, da un lato, può tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1017/2007); ma, dall'altro, non consente ai Comuni di introdurre limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né consente l'introduzione di distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dall'esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 450/2005).
3. Ex art. 8, primo comma, lett. a) Legge-quadro n. 36/2001 è di competenza delle Regioni l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile: compete cioè alle Regioni stabilire i criteri di localizzazione degli impianti e affidare ai comuni il compito di definire, nel P.R.G. o nelle sue varianti, i siti dove localizzare o delocalizzare le antenne per la telefonia mobile, nel rispetto dei criteri di funzionamento della rete e dei servizi (cfr. Corte Cost., sent. n. 103/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5305 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATARecupero sottotetti - Art. 64 L.R. 12/2005 - Limiti.
In tema di recupero dei sottotetti, esso trova un limite di carattere generale nell'art. 64, primo comma, della Legge Regionale Lombarda 11.03.2005 n. 11 (legge per il governo del territorio), secondo cui tali interventi sono ammissibili nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5303 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAtto amministrativo - Annullamento d'ufficio - Art. 21-nonies L. 241/1990 - Permesso di costruire - Annullamento - Condizioni - Violazione delle N.T.A. - Non è condizione sufficiente.
In tema di recupero dei sottotetti, qualora l'altezza dell'edificio superi quella prevista dalle n.t.a., tale circostanza non è sufficiente, da sola, a giustificare l'annullamento del permesso già rilasciato: ai sensi dell'art. 21-nonies L. 241/1990, occorre infatti che la P.A., da un lato, individui un interesse pubblico specifico all'annullamento dell'atto, diverso dal mero ripristino della legalità violata, e, dall'altro, valuti il contrapposto interesse del privato alla conservazione dell'atto a lui favorevole, ponderando gli interessi -pubblico e privato- in conflitto. Pertanto, l'annullamento del permesso di costruire può essere giustificato solo attraverso l'individuazione e la prova di un vulnus -rilevante e specifico- inferto dalla realizzazione del progetto ai valori urbanistici e paesaggistici che la normativa sul recupero dei sottotetti intende tutelare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5303 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Ordinanza di demolizione opere abusive - Procedimento di sanatoria/condono o di accertamento di conformità - Improcedibilità.
2. Ordinanza di demolizione opere abusive - Procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità - Sopravvenuta carenza di interesse - Improcedibilità - Ratio.
1. Qualora, nelle more della fissazione del merito del giudizio, le opere oggetto di ordine di demolizione siano state oggetto di procedure amministrative finalizzate alla regolarizzazione dei relativi abusi tramite presentazione di richiesta di sanatoria e/o istanze di condono, il ricorso originario avverso l'ordine di demolizione diviene improcedibile.
2. La presentazione dell'istanza di sanatoria o condono in epoca successiva all'adozione dell'ordinanza di demolizione produce l'effetto di rendere improcedibile l'impugnazione contro l'atto sanzionatorio per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il riesame dell'abusività dell'opera, provocato dall'istanza, sia pure al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr. TAR Milano, sent. n. 255/2008 e sent, n. 545/2008; Cons. di Stato, sent. n. 7884/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA1. Piano Territoriale di Coordinamento - Variante - Natura - Atto infraprocedimentale - Impugnabilità - Quando sussiste - Ratio.
2. Piano Territoriale di Coordinamento - Variante - Misure di salvaguardia - Ambito di applicabilità - Requisiti.
1. La proposta di variante di Piano Territoriale di Coordinamento ex L.R. 86/83 presentata dal Parco Nord di Milano, pur essendo indubbiamente un atto infraprocedimentale, può essere autonomamente impugnata qualora dalla sua approvazione discendano effetti lesivi immediati, individuabili -alla stregua dei principi già applicati dalla giurisprudenza per il piano regolatore adottato, ma non ancora approvato- nelle misure di salvaguardia eventualmente conseguenti all'approvazione della proposta di piano da parte dell'Ente Parco (cfr. TAR Milano, sent. n. 2202/1999, secondo cui: "anche se il progetto di variante al P.T.C. costituisce una proposta di piano territoriale che ai sensi dell'art. 19 della L.R. 86/1983 deve essere approvata con legge, sussistono in detta fase effetti esterni amministrativi, connessi alle misure di salvaguardia e che automaticamente conseguono alla mera adozione della proposta stessa, le cui disposizioni, che impediscono difformi iniziative sul territorio, sono impugnabili immediatamente davanti al giudice amministrativo").
2. Le misure di salvaguardia intervengono quando la proposta di variante al P.T.C. ha effetti peggiorativi della situazione dell'area in esame, perché in tal caso, nelle more dell'approvazione definitiva del piano, si comincia già ad inibire l'attività edilizia che sarà vietata dal piano in corso di approvazione. Quando, invece, la proposta di variante non ha effetti peggiorativi non scatta alcuna misura di salvaguardia e nell'area in esame si continuano ad applicare le vecchie norme di piano, non impugnate a suo tempo; in tal caso la proposta di approvazione del piano, non modificando la situazione preesistente dell'area, non è immediatamente lesiva degli interessi dei ricorrenti, i quali non sono pertanto legittimati a ricorrere ed il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per carenza d'interesse (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACondono edilizio - Artt. 32 e 33 della L. n. 47/1985 - Condonabilità - Quando sussiste.
In base al combinato disposto degli artt. 32 e 33 Legge 47/1985, in area vincolata:
(i) non possono essere sanate opere non conformi agli strumenti urbanistici;
(ii) possono essere condonate soltanto le opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo oppure le opere che siano conformi agli strumenti urbanistici (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.11.2008 n. 5300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Abusi - Sanzioni - Soggetti passivi - Esclusione del proprietario - Quando ricorre.
2. Abusi - Sanzioni - Soggetti passivi - Esclusione del proprietario - Motivi meramente formali - Non eslcudono la responsabilità.

1. Se da un lato le norme sanzionatorie degli abusi edilizi prevedono che sia sanzionato il responsabile dell'abuso, dall'altro, la procedura sanzionatoria è però destinata a concludersi attraverso l'acquisizione coattiva dell'area su cui sorge l'abuso, che è sanzione che riguarda il proprietario, il quale è il soggetto che viene a perdere la proprietà del fondo. Per armonizzare queste due disposizioni, il sistema delle sanzioni per gli abusi edilizi deve essere interpretato nel senso che la procedura sanzionatoria debba essere rivolta anche nei confronti del proprietario, salvo quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento (cfr. Corte Cost., sent. n. 345/1991).
2. Nel caso vi sia aperta controversia sul soggetto che ha concretamente eseguito le opere abusive, il mero riferimento alle pattuizioni contrattuali intercorse tra le parti -che riservino al locatario la facoltà di apportare ai locali eventuali migliorie funzionali all'esercizio dell'attività economica per cui è affittato l'immobile- non è motivazione sufficiente ad escludere il proprietario dall'applicazione delle sanzioni, essendo tale esclusione fondata su un motivo meramente formale, che nulla dice sul comportamento oggettivo e sull'atteggiamento soggettivo tenuto dal proprietario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.11.2008 n. 5295 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Art. 10-bis Legge 241/1990 - Denuncia di inizio attività ex art. 42 L.R. n. 12/2005 - Provvedimento negativo - Obbligo di preavviso - Non sussiste - Ratio.
2. Art. 10-bis Legge 241/1990 - Denuncia di inizio attività ex art. 42 L.R. n. 12/2005 - Inapplicabilità - Ratio.
1. In caso di D.I.A. non sussiste l'obbligo dell'amministrazione di inviare all'interessato il c.d. preavviso di provvedimento negativo: ciò, in quanto, da un lato, in presenza di tale titolo abilitativo la diffida a non eseguire le opere non corrisponde ad un atto di diniego dell'istanza ed in considerazione, dall'altro, della speciale disciplina "della notifica all'interessato" dell'"ordine motivato di non effettuare il previsto intervento", contenuta nel comma 6, articolo 23 T.U. edilizia in cui già è prevista la motivazione dell'ordine inibitorio e dove viene assicurata una forma di confronto e di tutela del privato, a favore del quale viene comunque fatta "salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia".
2. L'art. 10-bis L. 241/1990 è inapplicabile alla D.I.A. per il fatto che, in tale fattispecie, l'atto di diffida è negativo ma non è -a rigore- un rigetto della istanza (cfr. TAR Milano, sent. n. 6542/2007); inoltre, il preavviso per l'ordine di non eseguire costituirebbe una non giustificata duplicazione del medesimo, incompatibile con il termine ristretto entro il quale la P.A. deve provvedere, non essendo fra l'altro previste parentesi procedimentali produttive di sospensione del termine stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.11.2008 n. 5245 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Restauro e risanamento conservativo - Nozione.
2. Restauro e risanamento conservativo - Ristrutturazione edilizia - Differenze.

1. Possono qualificarsi come interventi di restauro e risanamento conservativo solo quegli interventi sistematici i quali, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e struttura. Infatti, la finalità specifica degli interventi di risanamento e restauro -che è appunto quella di rinnovare l'edificio in modo sistematico e globale- va perseguita nel rispetto dei suoi elementi essenziali dal punto di vista tipologico, formale e strutturale (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2981/2008).
2. Gli interventi di restauro si caratterizzano per essere attuati con una serie di opere che non comportano l'alterazione delle caratteristiche edilizie dell'immobile da restaurare e rispettano gli elementi formali e strutturali dell'immobile; viceversa, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono caratterizzati dalla loro idoneità a introdurre un quid novi rispetto al precedente assetto dell'edificio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.11.2008 n. 5245 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La creazione di due nuove cucine e di altrettanti servizi igienici nei piani ove mancavano e di pareti divisorie dal vano scala, la trasformazione dell’unica preesistente unità immobiliare articolata su tre livelli in tre distinte ed autonome unità abitative (una per ciascun livello), con conseguente alterazione del volume e della superficie dell’originaria unità immobiliare, è da intendersi quale intervento di ristrutturazione edilizia.
A norma dell’art. 31, I comma, lett. b) della legge n. 457/1978, sono “interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso”.
Ciò posto, dalla semplice lettura della riportata definizione emerge in tutta evidenza che le opere poste in essere dai ricorrenti non possono ascriversi ad un intervento di manutenzione straordinaria, ove si consideri che le stesse –che pur prese singolarmente potrebbero rientrare nel concetto di “manutenzione straordinaria”- hanno comportato, con la creazione di due nuove cucine e di altrettanti servizi igienici nei piani ove mancavano (talché ora ciascun piano risulta dotato di cucina e servizio igienico) e di pareti divisorie dal vano scala, la trasformazione dell’unica, preesistente unità immobiliare articolata su tre livelli in tre distinte ed autonome unità abitative (una per ciascun livello), con conseguente alterazione, non consentita nell’ambito di un intervento di manutenzione, del volume e della superficie dell’originaria unità immobiliare.
Ciò, dunque, è sufficiente per escludere che l’intervento di cui è causa possa configurarsi quale manutenzione straordinaria.
Appare, invece, più rispondente al vero riferire le opere realizzate ad un intervento edilizio che si è risolto in una vera e propria trasformazione degli elementi costitutivi dell’edificio, al punto da condurre ad un organismo edilizio in parte diverso dal precedente.
Siamo, quindi, piuttosto nella fattispecie della “ristrutturazione edilizia” di cui all’art. 31, I comma, lett. d) della legge n. 457/1978, la quale, analogamente alla “nuova costruzione”, esige il rilascio della concessione e comporta, in assenza del titolo abilitativo, l’irrogazione della prioritaria sanzione della demolizione e del ripristino dei luoghi nello stato antecedente (artt. 9 e 7 della legge n. 47/1985).
Correttamente, dunque, l’Amministrazione ha irrogato la misura repressiva qui contestata, unitamente all’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 25.07.2007 n. 2592 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Denunzia di inizio dell'attività - Ristrutturazione edilizia - Sdoppiamento della categoria - Integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente - Modifiche del "volume" - Incrementi limitati di superficie e di volume - Limiti - T.U. n. 380/2001 e s.m. D.Lgs. n. 301/2002.
Ai sensi dell’art. 22, 3° comma - lett. a), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle descritte nell'art. 10, 1° comma - lett. c, T.U. n. 380/2001 e s.m. che possono incidere sul carico urbanistico).
Sicché, il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, 10 comma - lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.
Deve ritenersi, però, che le modifiche del "volume", ora previste dall'art. 10 del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costrizione".
Ristrutturazione edilizia - Manutenzione straordinaria - Restauro e risanamento conservativo - Definizione - Variazioni d'uso "compatibili" - Connessione finalistica delle opere eseguite - T.U. n 380/2001 come mod. dal D L.gs n. 301/2002.
Ai sensi dell'art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n 380/2001 - come modificato dal D L.gs 27.12.2002. n. 301, la ristrutturazione edilizia non è vincolata, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, e la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
D.I.A. - Realizzazione di un piano ammezzato non ricompreso nel progetto - Sequestro preventivo all'intera struttura - Legittimità - Fondamento.
La realizzazione di un piano ammezzato non ricompreso nel progetto allegato alla D.I.A., rende legittima l'estensione della misura, del sequestro preventivo, all'intera struttura per l'oggettiva rilevanza di detta opera nel contesto complessivo di quelle eseguite (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.01.2007 n. 1893 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sostituzione del manto di copertura - Carattere di manutenzione ordinaria - Condizioni - Individuazione - Manutenzione straordinaria - D.i.a..
In materia edilizia, la sostituzione del manto di copertura del tetto rientra tra gli interventi di manutenzione ordinaria a condizione che non vi sia alcuna alterazione dell'aspetto o delle caratteristiche originarie, diversamente si configura una ipotesi di manutenzione straordinaria, per la quale è richiesta la denuncia di inizio attività, se non di nuova costruzione con permesso di costruire alternativo alla d.i.a. (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.01.2006 n. 2935 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di un balcone è da considerarsi opera di ristrutturazione edilizia.
Secondo la giurisprudenza già espressa da questo Tribunale, la realizzazione di un balcone non può essere considerato intervento di risanamento conservativo così come previsto dall'art. 31, lett. c), l. 05.12.1978 n. 457 e costituisce opera di ristrutturazione edilizia esterna dal momento che realizza un'oggettiva trasformazione della facciata del palazzo mediante la sostituzione e l'inserimento di elementi, nonché la modifica di altri (cfr. ad es. TAR Liguria, sez. I, 24.01.2002, n. 63 e 21.04.1990, n. 297) (TAR Liguria, sentenza 04.11.2004 n. 1516 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 02.03.2009

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AVVISO

Segnaliamo che da 30 gg. a questa parte la posta elettronica del sito non funziona a causa di un guasto tecnico in centrale Telecom (ancora oggi non risolto).
Pertanto, abbiamo dovuto sostituire l'indirizzo di posta elettronica con uno nuovo ossia: info.ptpl@tiscali.it.
Coloro che ci avessero scritto negli ultimi 30 gg. sono pregati di inviare nuovamente la mail al nuovo indirizzo sopra indicato.
Grazie e tante scuse per il disservizio.
LA SEGRETERIA PTPL.

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATAProblematiche difformità progetto edilizio.
La richiesta di parere formulata dal Comune XXX riguarda un complesso residenziale composto da due edifici, realizzato in seguito al rilascio della licenza di costruire del 1° luglio 1972 e terminato nel 1975. Entrambi gli immobili sono stati considerati conformi alle norme igienico-sanitarie vigenti e sono pertanto stati rilasciati i certificati di abitabilità in data 31.01.1975.
Recentemente il Comune ha appurato che il complesso è parzialmente difforme dal progetto assentito nel lontano 1972; in particolare, un edificio ha subito una diminuzione della superficie di circa 40 mq. e l’altro un aumento pari a 90 mq. E’ stata inoltre parzialmente modificata la distribuzione interna dei locali.
I quesiti posti dal Comune attengono a:
1) la rilevanza urbanistica del certificato di abitabilità;
2) i limiti temporali dell’azione repressiva da parte del Comune e le sanzioni applicabili;
3) i soggetti passivi a cui contestare gli abusi edilizi;
4) eventuali obblighi in capo al Comune per quanto concerne i rogiti notarili stipulati (Regione Piemonte, parere n. 108/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Problematiche realizzazione bassi fabbricati
Il Comune XXX pone due quesiti che riguardano la realizzazione di bassi fabbricati sul confine di proprietà.
In particolare, il Comune espone che nell’anno 2003 è stato rilasciato un permesso di costruire per la realizzazione di un’autorimessa a confine con una strada comunale, in area pertinenziale ad un preesistente fabbricato di civile abitazione, e che il proprietario di tale autorimessa –in parte interrata rispetto al livello stradale– richiede ora di poter realizzare sulla sua sommità una tettoia aperta, in muratura, di altezza pari a mt. 3.
Precisa il Comune che sussiste un forte dislivello, pari a circa mt. 2,40-2,50, tra il piano di campagna del lato est del fabbricato di civile abitazione, nonché dell’autorimessa –coincidente con il livello della confinante via comunale– rispetto al piano di campagna del lato sud ed ovest di tale fabbricato.
In particolare, il Comune XXX, “tenuto conto che tutta la proprietà risulta avere rispetto alla strada comunale una quota di più mt. 2,50, verificato che, dato il dislivello del terreno rispetto alla strada comunale, l’ingresso dell’autorimessa si trova alla stessa quota della strada comunale” chiede:
- “se l’autorimessa costruita, ai sensi della legge 122/89, nel sottosuolo del terreno di proprietà ma prospiciente alla strada comunale si configura come basso fabbricato (si trova alla stessa quota della strada) o come fabbricato interrato;
- se sopra detta autorimessa è possibile costruire una terrazza coperta (richiesta come basso fabbricato) avente un’altezza fuori terra di mt. 3,00 rispetto alla quota del piano di campagna della proprietà e di mt. 5,40 rispetto alla quota della strada
” (Regione Piemonte, parere n. 98/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIOccupazione abusiva di terreni demaniali di uso civico.
Rispondendo ai quesiti posti, si riferisce in merito ai rimedi giuridici cui il Comune XXX può ricorrere per far cessare occupazioni abusive di terreni demaniali di uso civico.
Da quanto enunciato nella richiesta di parere, codesto Comune ha recentemente provveduto al riordino delle assegnazioni dei terreni di uso civico, attribuendo alcuni lotti a soggetti diversi dai precedenti assegnatari. In particolare, non è più stato confermato nel godimento un coltivatore che aveva in precedenza la disponibilità di numerosi terreni, ancora di recente utilizzati per la semina. Temendo che possano sorgere controversie sia in ordine al rilascio dei detti terreni che alla proprietà del futuro raccolto, l’Amministrazione vuole conoscere attraverso quali azioni può impedire al precedente assegnatario di permanere sine titulo nel possesso dei fondi, ottenendo l’immediato rilascio degli immobili. Ciò, anche per cautelarsi da eventuali richieste risarcitorie dei nuovi assegnatari a cui fosse impedita l’immediata immissione nel possesso (Regione Piemonte, parere n. 97/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATANomina Commissione edilizia.
Il sindaco del Comune XXX chiede quali siano i riferimenti normativi per la nomina della commissione edilizia e, conseguentemente, quale sia la procedura per la suddetta nomina.
Sollecita, inoltre, il parere del consulente sulla necessità di modificare il regolamento edilizio, che prevede la nomina della commissione da parte del consiglio comunale, stante che il segretario dell’ente ritiene la costituzione della commissione facoltativa e, pertanto, a suo avviso, attratta alla competenza sindacale (Regione Piemonte, parere n. 95/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Problematiche P.A.I..
Il Comune XXX chiede di conoscere l’opinione del Servizio regionale di consulenza in ordine alla legittimità, o meno, di atti comunali che consentano la realizzazione di un campo da golf all’interno di fasce di tipo A e B del P.A.I. (“piano stralcio per l’assetto idrogeologico”, adottato con deliberazione 26.04.2001, n. 18, del Comitato Istituzionale dell’Autorità di bacino del fiume Po, ed approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’08.08.2001); la richiesta deriva dal fatto che del golf in questione è prevista la realizzazione ad opera di una società privata, sulla base peraltro di una convenzione stipulata con il Comune, il quale mette a disposizione a tal fine un terreno di proprietà comunale; ed altresì dalla circostanza che le norme di attuazione del P.A.I. consentono la realizzazione –nelle fasce A e B– di alcune "opere pubbliche o di interesse pubblico”.
Conseguentemente, il Comune si chiede se l’impianto golfistico di cui dianzi sia in concreto qualificabile come ““opera pubblica o di interesse pubblico”” la cui realizzazione è ammessa nelle fasce predette (Regione Piemonte, parere n. 94/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAModalità aggiornamento oneri di urbanizzazione.
Il Comune XXX ha proposto al Servizio di consulenza regionale alcuni quesiti attinenti alle procedure ed alle modalità di aggiornamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria da parte del Comune, aggiornamento previsto dall’art. 16, c. VI, D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (T.U. Edilizia).
In particolare i quesiti riguardano:
- l’individuazione dell’organo comunale deputato all’aggiornamento quinquennale degli oneri di urbanizzazione;
- la possibilità di introdurre riduzioni degli oneri di urbanizzazioni oltre ai casi espressamente contemplati dalle leggi statali;
- l’eventuale possibilità, per il Comune, di dotarsi di regolamento disciplinante il contributo di costruzione.
Inoltre, il Comune XXX chiede chiarimenti in merito alla procedura per la modifica del regolamento edilizio imposta dalla D.C.R. 11 gennaio 2007 n. 98-1247, punto 1.3. dell’"allegato” (Regione Piemonte, parere n. 76/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione passo carraio.
Il Comune XXX ha formulato al Servizio di consulenza regionale un quesito attinente alla possibilità di autorizzare l’apertura di un passo carraio caratterizzato dalla particolarità data dal fatto che il passo carraio medesimo consente l’accesso non già direttamente su di una strada o piazza pubblica, bensì su di un’area di proprietà di terzi asservita all’uso pubblico, e più specificatamente a parcheggio pubblico (Regione Piemonte, parere n. 69/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAAccertamento di conformità alla licenza edilizia.
Il Comune XXX pone un quesito avente ad oggetto il metodo ed i parametri attraverso i quali può essere quantificata l’oblazione prevista dall’art. 37, comma IV, D.P.R. 380/2001 per il caso in cui venga rilasciato l’accertamento di conformità relativamente ad interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività (Regione Piemonte, parere n. 65/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATARilascio permesso edilizio e titolarità a richiederlo.
Il Comune XXX pone un quesito in merito ad una proposta di P.E.C. presentata al Comune e da questo accolta.
La particolarità del caso deriva dal fatto che la società proponente il P.E.C. non è proprietaria del terreno oggetto di intervento, ma è l’utilizzatrice del fondo in forza di un contratto di locazione finanziaria (c.d. leasing immobiliare).
La società di leasing, nel contratto stipulato con l’utilizzatore, ha espressamente trasferito a quest’ultimo il diritto ad edificare l’immobile costituente la proposta di Strumento Urbanistico Esecutivo.
In virtù di tale clausola, la società utilizzatrice ha quindi presentato la proposta di PEC al Comune.
Il Sindaco ha accolto la proposta ed il Consiglio Comunale ha successivamente approvato il P.E.C. e l’unito schema di convenzione.
Sorgono oggi problemi in ordine alla stipula della convenzione, poiché il notaio interpellato per il rogito ha eccepito l’impossibilità di rogare l’atto senza la partecipazione della società di leasing, proprietaria del lotto.
Ritiene, evidentemente, il notaio che l’utilizzatore non sia il soggetto titolato all’assunzione degli obblighi derivanti dalla convenzione di PEC.
Il Comune richiede, dunque, parere in ordine a tale eccezione, la cui eventuale fondatezza potrebbe determinare conseguenze anche sulla legittimità dell’iter di approvazione del P.E.C. già concluso (Regione Piemonte, parere n. 63/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIRichiesta autorizzazione ANAS per lavoro pubblico comunale.
Il Comune XXX chiede se un ente locale, con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, debba o meno, nel caso abbia necessità di costruire un impianto semaforico o una rotatoria lungo una strada statale attraversante il proprio territorio, richiedere preventiva autorizzazione all’A.N.A.S. (Regione Piemonte, parere n. 60/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAAmpliamento delimitazioni proprietà private presso riva torrente comunale.
Il Comune XXX intende conoscere se i proprietari di immobili latistanti la riva sinistra del torrente XXX possano ampliare la delimitazione delle singole proprietà ricomprendendovi anche la superficie di terreno che si estende al di sopra del muro dell’argine. In sostanza, l’intervento su cui si discute consisterebbe nello sbarramento della superficie del muro dell’argine che verrebbe ad essere inglobata nella proprietà individuale dei richiedenti.
Detta richiesta nasce dall’esigenza, palesata dagli abitanti della zona, di garantire la sicurezza delle abitazioni e, soprattutto, di tutelare la privacy dei proprietari delle villette, oggi disturbata dal transito di passanti nel tratto compreso tra le proprietà individuali e l’area immediatamente a ridosso dell’argine del fiume.
Il Comune si interroga sulla legittimità della richiesta che potrebbe contrastare con le esigenze di sicurezza pubblica e con l’opportunità che l’area latistante il corso del fiume rimanga libera e transitabile (Regione Piemonte, parere n. 59/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATASanatoria abuso e titolo abilitativo edilizio.
Il Comune XXX ha avanzato richiesta di parere in merito alla legittimità di un titolo abilitativo edilizio costituito da una DIA in sanatoria per opere, soggette appunto a DIA, realizzate su di un fondo soggetto a regime di comunione della proprietà, perché “corte comune”.
Nel caso di specie la DIA in sanatoria sarebbe presentata dal solo comproprietario che aveva abusivamente eseguito le opere nel fondo comune, e si deve prevedere l’assenza del consenso degli altri comproprietari alla realizzazione delle opere.
Il Comune chiede altresì quale sanzione debba essere applicata nel caso in cui non sia accettabile la predetta DIA in mancanza del consenso dei comproprietari (Regione Piemonte, parere n. 58/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sanzioni pecuniarie conseguenti ad abusi paesaggistici.
Il Comune XXX pone quattro puntuali quesiti, tre dei quali in materia di sanzioni pecuniarie conseguenti all’accertamento di abusi paesaggistici.
Si risponde a tali quesiti secondo l’ordine in cui il Comune li ha formulati.
1) Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. sostituiscono o sono integrative di quelle previste dall’art. 16 della L.R. 20/1989 e s.m.i.?
2) Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. sono comminate dal Comune a proprio favore? (Regione Piemonte, parere n. 57/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATARichiesta concessione edilizia in sanatoria.
Il Comune XXX richiede parere in ordine alla seguente situazione.
Nel corso del 1998, l’Ufficio Tecnico accertava alcune irregolarità edilizie riguardanti un edificio sito in frazione XXX: in particolare, detto fabbricato era stato realizzato in difformità dalla concessione edilizia a suo tempo rilasciata ed insisteva in parte (per una modesta superficie: circa 4 mq) su terreno appartenente al demanio comunale. In sede di istruttoria, emergeva che l’abuso non era stato commesso dal proprietario dell’epoca, bensì da quello precedente, nel corso del 1986.
Il Comune, a seguito del predetto accertamento, notificava al proprietario ordinanza di demolizione ai sensi degli artt. 12 e 14 L. 47/1985 (oggi artt. 34 e 35 D.P.R. 380/2001).
Il provvedimento era impugnato avanti al TAR del Piemonte, che, tuttavia (con sentenza n. 1137/2005), respingeva il ricorso, confermando la legittimità e la validità dell’ordinanza di rimessione in pristino.
Il proprietario dell’immobile non ha a tutt’oggi provveduto alla demolizione, manifestando peraltro al Comune la propria intenzione –ove possibile– di chiedere la “sanatoria” dell’abuso o, quantomeno, la “fiscalizzazione” dello stesso (cioè l’applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria) (Regione Piemonte, parere n. 55/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAMutamento destinazione d’uso immobile privato.
Il Comune XXX intende conoscere se sia possibile subordinare l’accoglimento dell’istanza con cui un privato domanda di mutare la destinazione d’uso di parte di un proprio immobile alla stipula di una convenzione che vincoli il richiedente a mantenere nella restante parte dell’immobile l’attuale destinazione d’uso per un determinato periodo di tempo.
Più in specifico, secondo quanto enunciato da codesta Amministrazione, i termini della questione sono i seguenti:
- il privato è proprietario di un immobile sito in area classificata dal vigente PRGC come rurale di antico impianto, attualmente con destinazione produttiva per attrezzature ricettive - alberghiere;
- detto privato ha presentato istanza per variare la destinazione d’uso di una parte dell’immobile, adibendola a fini residenziali;
- ciò sarebbe consentito dall’art. 5.3 delle N.T.A. del PRGC, che prevede: “nel caso in cui l’attività ricettivo-alberghiera venga a cessare, il Consiglio comunale può consentire il cambio di destinazione d’uso a residenza”;
- il Comune ritiene non vi siano preclusioni ad autorizzare l’intervento;
- però, come si è detto, l’amministrazione vorrebbe premunirsi da eventuali future richieste di mutamento di destinazione d’uso anche della rimanente parte del fabbricato. Pertanto ipotizza di subordinare l’accoglimento della domanda alla condizione che il privato si impegni, mediante convenzione scritta, a mantenere nella restante parte del fabbricato l’attuale destinazione ricettivo–alberghiero per un determinato numero di anni (Regione Piemonte, parere n. 54/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAApplicazione normativa distanze passi carrabili dalle intersezioni stradali.
Il Comune XXX ha richiesto un parere al Servizio scrivente in ordine alla distanza che deve intercorrere tra i passi carrabili ubicati nei centri abitati, in particolare nei centri storici, e le intersezioni stradali. Il problema deriva dalla tendenza, consolidatasi negli ultimi anni (non solo nel Comune richiedente ma in numerose altre località), alla frammentazione delle proprietà, correlata anche con il recupero di fabbricati esistenti per destinazioni diverse da quella agricola originaria, frammentazione alla quale si è accompagnato un aumento considerevole delle richieste di accesso alla sede stradale mediante l’apertura di passi carrabili. Accade frequentemente che i proprietari di immobili a ridosso degli incroci stradali chiedano l’autorizzazione per nuovi passi carrabili inframmezzati a quelli da sempre esistenti.
Osserva il Comune che -realizzandosi ”lotti e cortili di dimensioni ridotte”- si tende ad aprire passi carrabili a servizio di ciascun lotto e di ciascun cortile, peraltro in presenza di norme che impongono almeno dodici metri di distanza tra il passo carrabile e l’intersezione stradale più prossima; le intersezioni medesime sono, ovviamente, frequenti nei centri abitati ed in particolare nei centri storici.
Chiede allora il Comune stesso se siano praticabili deroghe alle norme anzidette nei centri storici caratterizzati da proprietà molto frammentate (Regione Piemonte, parere n. 51/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATATrasformazione urbanistica terreno.
Il Comune XXX chiede parere del Servizio scrivente in ordine ad una vicenda che vede contrapposte persone e posizioni relativamente all’avvenuto deposito di materiale vario su terreni che rientrano nell’area di Piano regolatore generale “agricola produttiva con impianto originario, a campi chiusi”; invero, le fotografie prodotte evidenziano attrezzi, assi in legno, alcune carriole, pezzi di elementi metallici, una betoniera, che sembrano residui dell’attività di ristrutturazione di un fabbricato esistente in loco (ristrutturazione a cui fa cenno la didascalia della pagina 13 “scaricata” dagli atti del Comune); il tutto, insieme ad attrezzature agricole, a scorte morte (legna) di prodotti agricoli, nonché a materiale vario (quali alcuni bancali accanto ad un carrettino senza ruote), in un complessivo disordine che non presenta tuttavia i connotati dell’abbandono tipico dei rifiuti di cui taluno voglia disfarsi ... (Regione Piemonte, parere n. 39/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAOpera chiusura di fondi.
La questione posta dal Comune XXX riguarda la realizzazione di un cancello per passaggio carraio su strada privata senza uscita, strada nella quale sono già presenti due accessi delimitati anch’essi da cancelli perpendicolari alla nuova opera di chiusura da realizzare (Regione Piemonte, parere n. 38/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATARequisiti abitabilità fabbricato comunale.
Il sig. Sindaco del Comune XXX chiede consulenza “per chiarire alcune situazioni createsi nel Comune e riguardanti la concessione della residenza anagrafica e i relativi obblighi relativi all’abitabilità degli immobili”.
Nello specifico il quesito riguarda la seguente fattispecie:
L’Ufficio Anagrafe riceve richiesta di residenza in fabbricato di nuova costruzione inserito in un Piano Esecutivo Convenzionato (P.E.C.);
Effettuata la verifica d’ufficio, per quanto di competenza, sull’effettiva dimora abituale del nucleo familiare (che nel contempo si è di fatto trasferito dal precedente indirizzo ove già dimora un’altra famiglia), l’Ufficio Anagrafe procede al rilascio della relativa iscrizione anagrafica nel registro della popolazione residente;
L’Ufficio Tecnico, ricevuta la comunicazione interna, eccepisce che il fabbricato occupato quale dimora abituale dal nucleo familiare in argomento è sprovvisto di certificato di abitabilità in quanto ancora privo di urbanizzazioni quali fognatura, acquedotto, ecc. e paventa l’adozione di ordinanza di sgombero ... (Regione Piemonte, parere n. 29/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAInstallazione impianti termici per produzione energia elettrica.
Il Comune XXX pone due diversi quesiti in merito all’applicazione delle norme contenute, rispettivamente, nei commi 12 e 13 dell’allegato I del D.Lgs. n. 192/2005 come modificato dal D.Lgs. n. 311/2006. In particolare, i quesiti attengono all’eventuale sussistenza dell’obbligo, alla data attuale:
1) dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di acqua calda sanitaria nel caso di edifici di nuova costruzione o nel caso di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione di impianti termici esistenti;
2) dell’utilizzo di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica nel caso di edifici di nuova costruzione, pubblici e privati, o di ristrutturazione degli stessi e, in caso affermativo, del rispetto del limite di 0,2 kW per ogni unità abitativa come previsto dalla legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007) (Regione Piemonte, parere n. 26/2007 + parere aggiuntivo - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATACondono edilizio.
Il Comune XXX pone un quesito in merito all’applicazione della normativa sul condono edilizio di cui al decreto legge n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, nel caso di intervento abusivo consistente nel cambio di destinazione d’uso, con opere edilizie, in fascia di rispetto cimiteriale, di un manufatto da deposito attrezzi e prodotti agricoli a fabbricato di civile abitazione (Regione Piemonte, parere n. 23/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATACompatibilità piano regolatore comunale su richiesta di opera edilizia di azienda privata.
Secondo quanto enunciato nella richiesta di parere del Comune XXX, i termini della questione sono i seguenti:
- un’azienda ha richiesto al Comune parere preventivo in ordine alla possibilità di destinare un’area sita in zona agricola a deposito temporaneo di materiali terrosi/pietrosi non costituenti rifiuti;
- la Commissione Edilizia, interpellata sul punto, ha espresso parere contrario, ritenendo che siffatta attività non sia riconducibile ad alcuno degli interventi consentiti dal Piano Regolatore nelle zone destinate ad usi agricoli;
- sono però insorti dubbi in merito alla possibilità di ricondurre nel novero degli “interventi di trasformazione urbanistica o edilizia” la creazione di un deposito temporaneo di materiali, poiché tale fatto non pare produrre alcuna significativa trasformazione del territorio rilevante (appunto) a livello urbanistico e/o edilizio.
Dovendo comunque il Comune fornire univoca risposta all’azienda, si domanda quale sia l’esatta natura dell’opera, ossia se essa concreti una trasformazione urbanistico–edilizia del territorio subordinata alla verifica di compatibilità con le previsioni del PRGC e soggetta all’obbligo di un titolo abilitativo edilizio (Regione Piemonte, parere n. 20/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAProcedimenti valutazione impatto ambientale.
Il Comune XXX pone un triplice quesito attinente all’applicazione della normativa in materia di procedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) (Regione Piemonte, parere n. 15/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI - EDILIZIA PRIVATA: G.U. 28.02.2009 n. 49, suppl. ord. n. 28/L, "Legge 27.02.2009 n. 14 - Testo del decreto-legge 30.12.2008, n. 207, coordinato con la legge di conversione 27.02.2009, n. 14, recante: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti»".

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI: G.U. 28.02.2009 n. 49 "Testo del decreto-legge 30.12.2008, n. 208 (in Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31.12.2008), coordinato con la legge di conversione 27.02.2009, n. 13 recante: «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente»".

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.02.2009 n. 47, suppl. ord. n. 27, "Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14.01.2008" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circolare 02.02.2009 n. 617 C.S.LL.PP.).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 8 del 26.02.2009, "Modalità per la valutazione ambientale dei Piani comprensoriali di tutela del territorio rurale e di riordino irriguo (art. 4, l.r. n. 12/2005; d.c.r. n. 351/2007)" (deliberazione G.R. 11.02.2009 n. 8950 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 8 del 23.02.2009, "Utilizzo agronomico di letami, liquami, fanghi, acque reflue e fertilizzanti azotati diversi dagli affluenti di allevamento, ai sensi della d.g.r. n. 8/5868 del 21.11.2007" (decreto D.G. 19.02.2009 n. 1638 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 8 del 23.02.2009, "Determinazioni in merito alla verifica della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica per l'esercizio delle funzioni paesaggistiche (art. 146, comma 6 del d.lgs. n. 42/2004) - Proroga dei termini stabiliti dalla d.g.r. n. 7497/2008 a seguito del decreto legge  n. 207 del 30.12.2008" (deliberazione G.R. 11.02.2009 n. 8952 - link a www.infopoint.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Lodi (Lo) sugli effetti derivanti dalla sentenza n. 335/2008 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 155 del Decr. leg.vo 152/2006 e delle norme previgenti, nella parte in cui viene stabilito che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 10.02.2009 n. 25 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Grandate sulla possibilità di destinare l'importo di 500.000 euro, derivante dalla monetizzazione dello "standard qualitativo" di un Programma integrato di intervento, per la ristrutturazione e l'ampliamento di un immobile di proprietà della Fondazione Scuole Infanzia "A. Brioschi" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 06.02.2009 n. 24 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Palosco (BG) sulle assunzioni mediante mobilità volontaria e specialmente se possono essere considerate accessi dall'esterno, e quindi rientrare nel computo di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2002 (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 28.01.2009 n. 11 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Cassano Magnago (VA) sulla possibilità di comprendere all'interno della nozione "atto di pianificazione" contenuta nell'art. 92, co.6 del d. l.vo 163/2006 anche il piano cimiteriale e il piano di localizzazione delle edicole previsti rispettivamente dall'art. 54 del DPR 285/1990 e dall'art. 6, co.2 del d. leg.vo 170/2001 (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 27.01.2009 n. 9 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parer richiesto dal Sindaco del Comune di Samarate (Va) sulla nozione di "spese varie d'ufficio", poste a carico delle Provincie e dei Comuni, e se fra queste sia ricompresa la strumentazione informatica in uso presso gli uffici di segreteria delle scuole (personal computer, stampanti, scanner, spese di installazione e configurazione rete, linea ADSL) (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 23.01.2009 n. 8 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Malnate (VA) circa l'interpretazione ed applicazione della disciplina relativa ai compensi accessori spettanti ai dipendenti ai sensi dell'art. 92, co. 5 del Codice di contratti pubblici (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 22.01.2009 n. 5 - link a www.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: Parere richiesto dal sindaco del comune di Castello D'Agogna (PV) circa la corretta applicazione dell'art. 1 co. 557 della legge finanziaria per anno 2005. In particolare se consente di prescindere dal requisito del possesso della specializzazione universitaria per incarichi di lavoro autonomo conferiti da comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, a dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 22.01.2009 n. 3 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Calolziocorte su come si debba intendere il co. 15 dell'art. 61 del d.l. n. 112, convertito in l. n. 133/2008 che esclude l'applicazione in via diretta agli enti locali della limitazione della spesa, prevista dal co. 6 dello stesso articolo, che le amministrazioni pubbliche possono destinare nel 2009 a "sponsorizzazioni" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 22.01.2009 n. 2 - link a www.corteconti.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Commissioni paesaggio: trasmissione documentazione entro il 17.04.2009 (link a www.regione.lombardia.it).

LAVORI PUBBLICI: DURC riferito al singolo cantiere o opera
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – contratto di appalto e Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) nei lavori pubblici
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpello 20.02.2009 n. 15).

APPALTI: Obbligo di richiesta del DURC, senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico, compresi gli acquisti in economia o di modesta entità.
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – obbligo di presentazione del DURC da parte dei fornitori di beni, servizi e lavori in economia
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpello 20.02.2009 n. 10).

APPALTI: L'obbligo di presentazione del DURC alla stazione appaltante riguarda sia i soggetti privati che quelli pubblici.
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – Università partecipante a procedure di evidenza pubblica – obbligo di presentazione e rilascio del DURC (Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpello 20.02.2009 n. 9).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: A. Pierobon, TERRE E ROCCE DA SCAVO: ULTERIORI (RECENTISSIME) NOVITA’ CONTENUTE NELLE MISURE VOLTE AL SOSTEGNO DELL’ECONOMIA: MODIFICHE AL D.LG.152/2006 SS.MM. ED INT. O RECEPIMENTO DELLA NUOVA DIRETTIVA QUADRO SUI RIFIUTI 2008/98/CE? (link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: L. Marzano, E’ LEGITTIMA L’ADOZIONE DI UN P.I.P. MOTIVATA CON L’APPORTO DI RICCHEZZA PER IL SISTEMA ECONOMICO-SOCIALE (link a www.giustizia-amministrativa.it).

VARI: A. M. Occasione, Possesso immemore di fondi il cui proprietario sia scomparso - Procedura da adottare al fine di pervenire alla regolarizzazione fiscale della proprietà (link a www.filodiritto.com).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTIL'affidamento degli incarichi di collaudo di lavori pubblici a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 11.09.2008, n. 152 (determinazione 25.02.2009 n. 2 - link a massimario.avlp.it).
Il Consiglio ritiene che:
- il collaudo relativo ad un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture va affidato in via prioritaria al personale interno della stazione appaltante, in possesso dei requisiti fissati preventivamente in relazione alla complessità della prestazione. L’affidamento deve essere motivato dalla esperienza e competenza dell’interessato, nel rispetto dei principi della proporzionalità, della trasparenza e della rotazione, assicurando anche una adeguata pubblicità degli incarichi affidati. Al personale dipendente della stazione appaltante incaricato del collaudo spetta un incentivo per l’attività svolta, come già stabilito dall’articolo 92, comma 5, del Codice;
- in caso di carenza di organico, la stazione appaltante deve verificare la possibilità di affidare il collaudo a dipendenti di un’altra amministrazione. Gli eventuali affidamenti esterni dell’incarico di collaudo, invece, devono avvenire mediante procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto delle disposizioni che riguardano l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria. I dipendenti pubblici non possono partecipare alle gare, ad eccezione dei casi in cui è consentito lo svolgimento della libera professione dalla norme sul pubblico impiego;
- il collaudo deve comprendere ogni attività di verifica tecnica e, ove necessario, il collaudo statico. Le società di ingegneria possono partecipare alle procedure concorsuali, ma devono indicare il responsabile della prestazione, in analogia con quanto previsto per gli incarichi di progettazione. Per favorire la più ampia partecipazione dei soggetti interessati alle gare, i requisiti dovranno essere proporzionati alla prestazione richiesta e comprendere anche le altre prestazioni professionali (progettazione e direzione lavori).
Si veda in merito anche il comunicato stampa 27.02.2009.

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’articolo 89, comma 3, del Codice dei contratti stabilisce che nella predisposizione delle gare di appalto le stazioni appaltanti sono tenute a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro come determinato ai sensi dell’articolo 87, comma 2, lettera g), ovvero come determinato periodicamente in apposite tabelle dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia di previdenza e assistenza, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
Appare al riguardo evidente l’intenzione del Legislatore di implementare il necessario rispetto della regolarità dell’impiego, della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, fin dal momento della determinazione dell’importo contrattuale posto a base di gara, parametro fondamentale per la definizione delle offerte economiche da parte degli operatori economici.
Allo stesso tempo, la scelta legislativa mira a tutelare la par condicio dei concorrenti, atteso che la garanzia del rispetto del costo del lavoro determinato dalla contrattazione collettiva di categoria, ovvero delle imprese che esercitano l’attività dedotta in gara e che sono potenziali partecipanti alla medesima, non consente a ciascun operatore di individuare liberamente il contratto collettivo da applicare, ma rappresenta un unico criterio di riferimento per tutti i concorrenti.
In relazione alla necessità che le stazioni appaltanti facciano riferimento, per la determinazione dell’importo a base d’asta, al costo del lavoro di cui ai contratti collettivi nazionali di lavoro dei soggetti ammessi alla gara, si è più volte pronunciata anche la giurisprudenza amministrativa, da ultimo nelle sentenze TAR Piemonte, sez. I, 27.10.2008 n. 2687 e TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 06.11.2006, n. 2102.
Considerata dunque la necessità che la stazione appaltante operi in tal senso e tenuto conto che l’oggetto dell’istanza attiene specificamente alla contestazione del mancato rispetto delle tabelle ministeriali sul costo del lavoro, è rilevante precisare quale sia il valore giuridico di tali tabelle.
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente affermato che tali tabelle ministeriali pongono delle regole di azione della PA ai fini della corretta predisposizione dei bandi di gara, nonché della valutazione delle soglie di anomalia delle offerte dei partecipanti a gare d’appalto, e non si propongono, invece, di determinare una misura del costo del lavoro rilevante agli effetti degli appalti pubblici in via autoritativa, quale intervento regolatorio sui prezzi a fini amministrativi (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 21.11.2002 n. 6415, TAR Lombardia, Brescia, sentenza 23.10.2007 n. 915, TRGA Trentino Alto Adige, Trento sentenza 23.06.2008 n. 154).
Conseguentemente, al decreto ministeriale di determinazione periodica del costo del lavoro non può che attribuirsi un valore meramente ricognitivo del costo del lavoro formatosi in un certo settore merceologico sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva, non potendo peraltro, mediante l’imposizione di determinati parametri nella formulazione delle offerte, eventualmente pregiudicare la partecipazione alle procedure di gara di operatori economici che, per particolari ragioni giuridico-economiche, valutate dalla stazione appaltante in sede di accertamento della congruità dell’offerta, possano presentare offerte più vantaggiose.
Alla luce di tali considerazioni, atteso che nel caso di specie il Comune di Villanovaforru ha ritenuto che il valore economico previsto per l’appalto fosse adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro “per le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative sociali del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo -cooperative sociali”, di cui al CCNL 25.05.2004, ancora in vigore, e considerato che le tabelle medesime hanno mero valore ricognitivo del costo del lavoro nel settore in questione, l’operato della stazione appaltante nella determinazione dell’importo del contratto appare conforme ai principi in materia di contratti pubblici.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, corretto l’operato della stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara (parere 17.12.2008 n. 259 - link a massimario.avlp.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Ritenuto in diritto:
Al fine del corretto inquadramento giuridico della questione sottoposta a questa Autorità, risulta necessario evidenziare, preliminarmente, che il RTI provvisorio aggiudicatario, composto da Sud Progetti S.r.l. e Med Ingegneria S.r.l., ha inteso ricoprire con liberi professionisti, indicati genericamente quali “risorse esterne”, quattro delle sei figure professionali che, a pena di esclusione, dovevano costituire la struttura operativa minima richiesta dal bando di gara, in particolare quelle di: un ingegnere/architetto capo progetto, persona fisica, incaricato dell’integrazione tra le prestazioni specialistiche; un ingegnere esperto nel settore dei consolidamenti di rocce sciolte; un ingegnere esperto nel consolidamento di rocce lapidee; un geologo con esperienza nelle indagini e studi geologici.
In quanto “risorse esterne”, tali professionisti alla data di presentazione dell’offerta non erano né soci, né direttori tecnici, né facevano parte dell’organico di una delle due società componenti il raggruppamento in qualità di dipendenti o di collaboratori coordinati e continuativi delle stesse e nemmeno partecipavano al raggruppamento medesimo in virtù di un vincolo associativo, costituito o costituendo.
Conseguentemente non sussisteva tra i detti liberi professionisti ed il RTI, poi risultato provvisorio aggiudicatario del complessivo incarico di progettazione in oggetto, un rapporto giuridico formalmente idoneo ad incardinarli organicamente all’interno della struttura del raggruppamento medesimo e, quindi, atto a consentire loro di fornire legittimamente a siffatto concorrente i propri requisiti, necessari ai fini della qualificazione, e di svolgere la parte di servizio loro assegnata.
Né può essere ritenuto idoneo a tali fini un contratto di consulenza “ad hoc” tra il RTI partecipante alla gara e i predetti professionisti.
Al riguardo, con specifico riferimento alla figura professionale del geologo, che rientra tra quelle ricoperte nel caso di specie con il ricorso a liberi professionisti, al quale sarebbe spettato di redigere la relazione geologica, prevista dalla lex specialis fra la documentazione progettuale, si ricorda che la determinazione di questa Autorità n. 3/2002 ha precisato la natura del rapporto giuridico che deve intercorrere tra il geologo, tenuto alla redazione della relazione geologica, per la quale vige il divieto di subappalto, ed il soggetto affidatario del servizio di progettazione.
A tal fine l’Autorità ha chiarito che, dall’esame coordinato dell’art. 17, comma 14-quinquies e dell’art. 17, comma 8, della legge 109/1994 e s.m., ora rispettivamente trasfusi nell’art. 91, comma 3, e nell’art. 90, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006, si evince che lo status giuridico caratterizzante il rapporto tra il geologo ed il soggetto affidatario possa essere sia di natura indipendente, sotto forma di associazione temporanea, sia di natura subordinata, in qualità di dipendente, sia di natura parasubordinata, attraverso forme di collaborazione coordinata o continuativa (in tal senso anche Cons. Stato, sez. V, 16.03.2005, n. 1075).
Rimangono, pertanto, esclusi dalle previsioni normative i rapporti di consulenza professionale “ad hoc”, che possono configurarsi nello specifico come forma di subappalto, esplicitamente vietata dalle norme per la prestazione di redazione della relazione geologica, in particolare qualora tale rapporto non risulti dichiarato e quindi formalizzato prima dell’affidamento dell’incarico.
Le medesime considerazioni si possono estendere anche alle altre figure professionali della struttura operativa minima ricoperte, nel caso di specie, con il ricorso a liberi professionisti, ossia ingegnere, capo progetto, incaricato dell’integrazione tra le prestazioni specialistiche, nonché esperto nel settore dei consolidamenti di rocce sciolte ed esperto nel consolidamento di rocce lapidee, poiché anch’essi incaricati di attività per le quali, ai sensi del richiamato art. 91, comma 3, vige il divieto di subappalto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’aggiudicazione provvisoria disposta dal Comune di Niscemi in favore del RTI costituito dalle società di ingegneria Sud Progetti S.r.l. e Med Ingegneria S.r.l. non è conforme alla normativa di settore (parere 10.12.2008 n. 258 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Secondo l’allegato A al D.P.R. 25.01.2000, n. 34 e s.m., la categoria di opere generali OG 11, “impianti tecnologici”, riguarda la fornitura, il montaggio e la manutenzione o la ristrutturazione di un insieme coordinato di impianti di riscaldamento, di ventilazione e condizionamento del clima, di impianti idrico sanitari, di cucine, di lavanderie, del gas ed antincendio, di impianti pneumatici, di impianti antintrusione, di impianti elettrici, telefonici, radiotelefonici, televisivi nonché di reti di trasmissione dati e simili, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, da realizzarsi congiuntamente in interventi appartenenti alle categorie generali che siano stati già realizzati o siano in corso di costruzione.
La categoria specializzata OS 28, “impianti termici e di condizionamento”, riguarda la fornitura, il montaggio e la manutenzione o ristrutturazione di impianti termici e di impianti per il condizionamento del clima, qualsiasi sia il loro grado di importanza, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, da realizzarsi, separatamente dalla esecuzione di altri impianti, in opere generali che siano state già realizzate o siano in corso di costruzione.
Questa Autorità ha già chiarito con il parere del 06.03.2008, n. 74 -conformemente alla precedente determinazione n. 8/2002- che la categoria OG11 si riferisce ad un insieme coordinato di impianti da realizzarsi congiuntamente e che può ritenersi come una sommatoria di categorie specializzate, il cui contenuto specialistico e tecnologico è strettamente legato alle scelte del progettista. Pertanto, se il livello di complessità delle lavorazioni riferite alle categorie specializzate rimane su valori medi, la qualificazione nella categoria OG11 può assorbire le qualificazioni nelle specifiche categorie specializzate.
Ne consegue che, nel caso in cui il progetto comprende un insieme coordinato di impianti ma non lavorazioni altamente specialistiche, come risulta nel caso di specie dal progetto esecutivo in atti, è corretta l’impostazione del bando di gara che individua la categoria OG11 quale categoria prevalente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che è correttamente individuata la categoria prevalente OG11, quando il livello di complessità delle lavorazioni riferite alle categorie specializzate rimane su valori medi e si devono eseguire lavorazioni afferenti ad un insieme coordinato di impianti da realizzarsi congiuntamente (parere 10.12.2008 n. 256 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
La problematica in esame attiene alla possibilità per gli operatori economici di utilizzare l’istituto dell’avvalimento, di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006, anche con riferimento alle certificazioni di qualità.
Il primo comma del citato art. 49 prevede testualmente che “Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto”.
Secondo quanto espressamente disposto dalla normativa, pertanto, l’avvalimento è stato previsto limitatamente ai casi di ricorso ai requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo ovvero della attestazione della certificazione SOA. Nulla è stato disposto, dunque, dal legislatore in merito alla possibilità di avvalersi da parte di un operatore economico dei requisiti soggettivi tra i quali, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza, rientrano anche le certificazioni di qualità.
In particolare la giurisprudenza amministrativa considera le certificazioni di qualità requisito soggettivo e, come tale, non oggetto di avvalimento, poiché le stesse sono volte ad assicurare che l’impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni, accertato da un organismo qualificato. Nei raggruppamenti è stato ritenuto che il requisito soggettivo sia posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili (si veda Cons. Stato 22.03.2004, n. 1459; 15.06.2001 n. 3188; 18.10.2001 n. 5517).
Nel caso di specie la commissione di gara ha operato correttamente nel ritenere non possibile per l’istante dimostrare il possesso del certificato di cui alla lettera b) del punto III.2.3) del bando, relativo alle attività per servizi di “analisi chimico–fisiche e microbiologiche su alimenti e bevande” attraverso l’istituto dell’avvalimento in quanto lo stesso, come sopra evidenziato, è limitato ai casi tassativamente previsti dalla normativa.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’operato della commissione di gara risulta conforme alla normativa vigente di settore (parere 10.12.2008 n. 254 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Non ha carattere perentorio il termine concesso dall'amministrazione ai partecipanti ad una gara per i chiarimenti ai fini del giudizio di anomalia.
Il termine concesso dall'amministrazione ai soggetti che partecipano alla gara al fine di fornire i chiarimenti ai fini del giudizio di anomalia, non ha carattere oggettivamente perentorio.
Pertanto, in assenza di specifica comminatoria in tal senso in seno alla legge ed alla lex specialis, l'amministrazione ha il potere discrezionale di prorogare il termine originariamente concesso ovvero di chiedere ulteriori approfondimenti.
Come chiarito dallo stesso art. 88 del codice dei contratti pubblici, la concessione all'aggiudicataria di un termine ulteriore costituisce facoltà dell'amministrazione che non integra in sé violazione dei principi che informano lo svolgimento della procedura di evidenza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.02.2009 n. 1018 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: In tema di responsabilità contabile per l'affidamento a professionista esterno dell'incarico di redazione di un progetto per la realizzazione di un'opera pubblica in carenza di profili di complessità o di straordinaria urgenza.
E’ principio generale dell'ordinamento che le P.A. hanno l'obbligo di far fronte alle ordinarie competenze istituzionali col migliore o più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui dispongono (cfr. Sez. Giur. Abruzzo, sent. n. 40 del 12/01/2007; Sez. Giur. Lazio, sent. n. 736 del 17/05/2007) sicché, l’eventuale conferimento all’esterno, deve essere preceduto da idonea e preventiva valutazione circa la sussistenza dei presupposti necessari (cfr. Sez. Giur. Lazio, sent. n. 1805 del 17/12/2007). In quest’ottica, oltre a quella citata dal P.R. (Corte Conti, sez. III, 08.01.2003, n. 9 e 09.09.2002, n. 277; SS.RR., 12.063.1998, n. 27/A) è orientata, da tempo, l’ampia giurisprudenza della Corte dei Conti: ex multis, tra le più recenti, si fa riferimento alle pronunce della Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 499 del 14/02/2008; Sez. Veneto, sent. n. 637 del 26/06/2007 e n. 303 del 03/04/2007; Sez. Friuli-Venezia G., sentt. n. 41 del 28/01/2008 e n. 334 del 28/05/2007; Sez. Emilia-Romagna, sent. n. 214 del 23/03/2007; Sez. Lombardia, sent. n. 141 del 05/03/2007; Sez. III centrale di appello, 05.04.2006, n. 173 e 06.02.2006, n. 74 ; Sez. II, 20.03.2006, n. 122 e 16.02.2006, n. 107; Sez. I, 04.10.2005, n. 304 e 08.08.2005, n. 259, ecc.) inclusi, in proposito, taluni precedenti di questa stessa Sezione (sentenze n. 30 del 17.05.2007 e n. 55 del 19.12.2007).
Un panorama, dunque, consolidato tranne che, dagli atti, non siano comprovate una preesistente situazione di carenza di organico -sia dal punto di vista quantitativo sia, soprattutto, per l’insussistenza di personale dotato di idonea formazione specialistica (Sez. III centrale di appello, sent. n. 370 del 30/10/2007)- e/o l’assoluta eccezionalità e peculiarità dell'attività richiesta al professionista (Sez. III centrale di appello, sent. n. 177 del 26/06/2007) ovvero la complessità e straordinarietà delle esigenze da soddisfare o dei problemi da risolvere anche sotto il profilo, non meno pregnante, dell'urgenza e inderogabilità dell'attività da svolgere (Sez. Giur. Umbria, sent. n. 11 del 15/01/2007).
Detto diversamente, la facoltà di ricorrere ad altrui collaborazioni va collocata nel contesto normativo ordinamentale e deve conformarsi ai criteri di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa il cui rispetto è incompatibile con incarichi ad estranei, ingiustificati e/o inutili e/o superflui: e ciò, anche nei casi in cui il conferimento dell’incarico stesso sia formalmente legittimo.
Solo per completezza è il caso di aggiungere che la menzionata giurisprudenza (riguardante incarichi e/o consulenze esterne) non può ex se ritenersi irrilevante -come vorrebbe la difesa- se applicata alla redazione di un frazionamento; questo ragionamento offre, infatti, il fianco alla critica poiché, pur ammesso che il frazionamento stesso si concretizzi in attività materiale connessa al progetto dell'opera pubblica, è in discussione, in questo giudizio, la modalità di conferimento dell’incarico (all’ing. D.) e non il contenuto di esso. Sotto questo profilo, peraltro, non appaiono fuori luogo le affermazioni rese dall’ing. B. alla Guardia di Finanza in data 19.07.2006, in sede di audizione personale, nell’indagine delegata dalla Procura Regionale - che “dal 2000, anno di attuazione della separazione delle competenze tra gli amministratori comunali ed i dirigenti, fin da subito l’Amministrazione comunale dispose di affidare le attività di progettazione e direzione lavori, fino ad allora trattate dall’ufficio tecnico comunale, a professionisti esterni alla Pubblica Amministrazione. L’Ufficio Tecnico comunale è quindi stato completamente esonerato dall’effettuare tali attività, troncando addirittura attività che erano già in essere (…)”.
Se il frazionamento catastale possa rientrare nella normale competenza dell’Ufficio Tecnico comunale piuttosto che di un professionista esterno giova rammentare che quest’ultima (astratta) possibilità è stata circoscritta dal legislatore a presupposti e/o condizioni molto rigorosi che la giurisprudenza ha, ripetutamente, evidenziato unitamente all’obbligo di puntuale e completa motivazione circa la sussistenza ad hoc delle ragioni oggettive indicate dalle norme. E’, dunque, da convenire con la Procura Regionale che la determinazione n. 163/2003 del Segretario Generale difetta di motivazione poiché, nel suo contenuto succinto e laconico, non offre indicatori certi, analizzabili (e, dunque, verificabili) tanto più che, trattandosi di atti di gestione -la cui adozione è disciplinata quasi nel dettaglio dalla legge- il margine di discrezionalità é limitato in modo direttamente proporzionale. L’unica motivazione consiste, infatti, solo nel dare atto che “i progetti esecutivi (..) prevedono l’espropriazione di suoli privati (…) conseguendosi necessariamente la predisposizione dei relativi tipi di frazionamento” e che l’ing. D. “si dichiara disponibile alla redazione dei tipi di frazionamento in questione (…) dietro corrispettivo (…)” come dalla lettera, agli atti, del 10.02.2003 -inviata alla c.a. della dott.ssa L.- a cui, “in vista di un eventuale incarico”, il professionista aveva contestualmente allegato anche i preventivi di parcella: a dir poco, quasi un “auto-conferimento” che avrebbe (o, meglio, ha) ottenuto l’avallo del L..
Ciò posto, ritiene il Collegio che il frazionamento poteva ben essere eseguito dall’U.T.C. di Baselga di Pinè sia non esistendo rapporti di consequenzialità logica con la precedente progettazione (affidata e) svolta dall’ing. D., sia trattandosi di mera attività senza particolari difficoltà tecniche per la struttura, sia perché “di routine” considerato il normale carico lavorativo dell’Ufficio: tale, dunque, da non esigere l’opera di un qualificato professionista esterno.
Sul punto è esatta l’osservazione del Requirente che la redazione dei tipi di frazionamento è un adempimento prodromico alle espropriazioni per pubblica utilità e qualsiasi geometra è in grado di effettuarlo: specialmente un Ufficio tecnico come quello del Comune di Baselga di Piné che, all’epoca -se non si vuol dubitare delle indagini espletate dalla Guardia di Finanza-, poteva avvalersi di un discreto apparato interno costituito da diverse figure professionali (funzionari tecnici abilitati professionalmente, alcuni geometri, un disegnatore tecnico, ecc.) in grado di svolgere l’attività di settore.
In conclusione, nonostante la sentenza Corte di Appello di Trento n. 29/2008 (pag. 15) abbia affermato che “l'organizzazione e il funzionamento dell'ufficio tecnico di Baselga non erano ottimali (…)”, è difficile ritenere che un semplice “frazionamento” non fosse alla sua portata e che rappresentasse un’esigenza straordinaria tale da compromettere l'ordinaria gestione: al di là di generiche prospettazioni, la pur agguerrita difesa non è riuscita, in verità, a fornire adeguata prova contraria in proposito
(Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 19.02.2009 n. 6/2009 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGOSul riconoscimento del rilievo economico delle mansioni superiori svolte.
Il riconoscimento del rilievo economico delle mansioni superiori svolte è da ritenere ormai limitato alle ipotesi di sostituzione non vicaria di impiegato di posizione funzionale apicale limitatamente ai settori nei quali esso sia espressamente previsto. Solo una volta che il posto si è reso vacante, lo svolgimento delle mansioni primariali, o figura equiparata, da parte di chi si trovi in posizione funzionale intermedia comporta, secondo ormai costante orientamento di questa Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1640; 20.10.2004, n. 6784; 16.09.2004, n. 6009; 02.09.2004, n. 5740; 12.05.2003, n. 2507; 05.11.2002, n. 6017; 20.10.2000, n. 5650; 18.08.1998, n. 1270), il riconoscimento del relativo trattamento economico, indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, in quanto non è raffigurabile l’ipotesi di una struttura che rimanga priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito.
Non può invece riconoscersi rilievo alcuno, nemmeno economico, allo svolgimento di mansioni correlate a posizioni funzionali intermedie (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 17.05.1997, n. 515, 30.04.1997, n. 429 e 24.03.1997, n. 290), poiché la loro rilevanza deve intendersi circoscritta allo “…svolgimento di attività in particolari strutture, con presupposti e responsabilità…del tutto peculiari” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18.9.1998, n. 1308).
Va, poi, osservato che il legislatore, al tempo della privatizzazione del pubblico impiego, aveva enunciato nell’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 il principio (in deroga alla disciplina privatistica) della irrilevanza delle superiori mansioni svolte; nel tempo, tuttavia, la portata del medesimo -sotto la spinta soprattutto della giurisprudenza costituzionale- si è andata progressivamente stemperando.
La prima breccia al riguardo è stata aperta dal d.lgs. n. 80/1998 (art. 25) che ha reintrodotto, in sostanza, la rilevanza delle mansioni superiori sia agli effetti economici sia di carriera, rinviandone però l’operatività all’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dai contratti collettivi. Poco dopo, il d.lgs. n. 387/1998 (art. 15) -rimanipolando la precedente disciplina- ha fatto cadere il “rinvio” del predetto art. 25, limitatamente alle “differenze retributive”. In dipendenza di tali interventi normativi, le decisioni del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28/01/2000, n. 10 e 23/02/2000, n. 11 hanno statuito che a decorrere dall’entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 va riconosciuto con carattere di generalità il diritto alle differenze retributive a favore del dipendente pubblico che abbia svolto le funzioni relative alla qualifica immediatamente superiore; detta nuova disciplina riguarda, però, solo il periodo successivo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 (cfr. altresì, Cons. Stato, sez. IV, 30/06/2003, n. 3920; Cons. Stato, sez. VI, 19/05/2003, n. 2690; Cons. Stato, sez. VI, 15/01/2002, n. 188; Cons. Stato, sez. V, 22/11/2001, n. 5924).
Non ignora il Collegio l’esistenza di un orientamento secondo il quale nel pubblico impiego privatizzato il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito dal sesto comma dell'art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993 come modificato dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998, è stato soppresso dall'art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998 con efficacia retroattiva, atteso che la modifica del comma sesto, ultimo periodo, disposta dalla nuova norma è una disposizione di carattere transitorio, non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa e quindi in modo idoneo a incidere sulla regolamentazione applicabile all'intero periodo transitorio. Secondo tale impostazione, la portata retroattiva della disposizione risulta peraltro conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto l'applicabilità anche nel pubblico impiego dell'articolo 36 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali (cfr. Cass. Civ., sez. lav., 08.01.2004, n. 91).
Tuttavia, per la consolidata giurisprudenza amministrativa (alla quale il Collegio aderisce), il diritto alla retribuzione delle mansioni superiori va riconosciuto, con carattere di generalità, a decorrere dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, che, atteso il suo evidente carattere innovativo, non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse e non può trovare applicazione nei confronti dell’impiegato che abbia cessato di svolgere mansioni superiori anteriormente, senza che possano configurarsi sospetti di incostituzionalità della norma, con riferimento all'art. 3 Cost., a causa della (pretesa) disuguaglianza, sotto il profilo temporale, della disciplina dello svolgimento di mansioni superiori, non remunerabile per il passato.
Nel cessato regime e prima della novella del 1998, nel rapporto di impiego con le pubbliche amministrazioni, in linea generale, è la qualifica e non le mansioni il parametro al quale la retribuzione è inderogabilmente riferita, considerato anche l'assetto rigido della Pubblica amministrazione sotto il profilo organizzativo, collegato anch'esso, secondo il paradigma dell'art. 97 Cost., ad esigenze primarie di controllo e contenimento della spesa pubblica (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16/10/2002, n. 5620); ne discende che nessuna implicazione può avere il prefato intervento normativo sulla fattispecie che ci occupa. Merita di essere osservato, inoltre, che la pretesa di chi venga adibito a mansioni superiori ad una retribuzione più elevata rispetto a quella stabilita dalla normativa di settore non può trovare fondamento nell'art. 36 della Costituzione.
In tal senso, la Corte costituzionale con sentenza del 27/05/1992 n. 236, ha precisato che l’art. 36 Cost. non deve trovare incondizionata applicazione ogni volta che il pubblico impiegato venga adibito a mansioni superiori: invero, <<l’art. 98, comma 1, Cost. vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio>>.
Di tale orientamento si è resa interprete la giurisprudenza amministrativa, nella sua più autorevole espressione (Cons. Stato, Ad. Plen., 18/11/1999, n. 22), che ha condiviso il necessario coordinamento del principio di corrispondenza della retribuzione alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato con altri principi di pari rilevanza costituzionale. In particolare, è stato affermato che l'art. 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall'art. 98 Cost. (che vieta, come detto sopra, che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e quali quelli previsti dall'art. 97 Cost., contrastando l'esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari.
Inoltre, i canoni dell’imparzialità e del buon andamento risulterebbero violati se la mansione svolta dall’ impiegato con qualifica inferiore fosse equiparabile a tutti gli effetti a quella da normalmente attribuita al personale specificamente selezionato a tal fine con apposite procedure concorsuali, secondo la regola prescritta dal comma 3 della detta disposizione, anche in considerazione del fatto che gli interessi pubblici coinvolti hanno natura indisponibile e, quindi, l'attribuzione all’impiegato di mansioni ed il conferimento del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi.
Va precisato, infine, che secondo la giurisprudenza prevalente l’impiegato adibito a mansioni superiori non può avanzare richiesta di riconoscimento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. atteso che l’esercizio di mansioni superiori alla qualifica rivestita, svolto durante l’ordinaria prestazione lavorativa, non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in danno del medesimo impiegato -il c.d. depauperamento- che dell’azione ex art. 2041 c.c. è requisito essenziale (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 21/11/2003, n. 7530; Cons. Stato, sez. IV, 30/06/2003, n. 3920; Cons. Stato, sez. V, 28/02/2001, n. 1092; Cons. Stato, sez. V, 26/06/2000, n. 3626; Cons. Stato, Ad. Plen., 23/02/2000, n. 12; Cons. Stato, Ad. Plen., 23/02/2000, n. 11; Cons. Stato, sez. V, 14/04/1997, n. 356).
Il fondamento, inoltre, non può essere ravvisato nell'art. 2126 c.c., il quale, oltre a non dare rilievo alle mansioni svolte in difformità dal titolo invalido, riguarda un fenomeno del tutto diverso (lo svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non è qualificabile pubblico impiegato) e afferma la retribuibilità del lavoro prestato sulla base di un titolo nullo o annullato; pertanto, esso non incide in alcun modo sui provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico degli impiegati pubblici, non consente di disapplicare gli atti di nomina o di inquadramento e l'amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consente tale assegnazione e la maggiorazione retributiva (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 21/11/2003, n. 7530; Cons. Stato, sez. V, 30/09/2002, n. 5053; Cons. Stato, sez. V, 18/09/2002, n. 4743; Cons. Stato, sez. VI, 12/12/2002, n. 6798); risultano, inoltre, inapplicabili al pubblico impiego le previsioni dell'art. 13 l. 20.05.1970, n. 300, che sostituisce l'art. 2103 c.c. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23/01/2001, n. 195 e Cons. Stato, sez. V, 11/09/2000, n. 4805) nella parte in cui si prevede, nel concorso di determinate circostanze, il definitivo conferimento al lavoratore della qualifica propria delle superiori mansioni svolte, atteso che nel settore del pubblico impiego l'accesso alle varie qualifiche, la progressione nelle stesse e il passaggio dall'una all'altra sono regolati da norme specifiche che, prescrivendo a tal fine un determinato modus procedendi, mirano a tutelare l'interesse non solo dell'amministrazione ad affidare le mansioni di maggiore responsabilità ai soggetti più meritevoli, ma anche dei personale dipendente a che nella scelta dei soggetti da promuovere si proceda assumendo come criterio guida il merito, e non l'arbitrio (per il rilievo secondo cui l'obbligo di adeguare il trattamento economico alle mansioni esercitate si applica al settore del pubblico impiego solo nei limiti previsti da norme speciali cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30/06/2003, n. 3920; Cons. Stato, Sez. V, 17/01/2000, n. 286 e Cons. Stato, Ad. Plen., 18/11/1999, n. 22) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2009 n. 751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio.
Il comma ottavo dell'art. 35, va interpretato in coordinamento con l'art. 31, comma 1, legge 47/1985 (entrambi richiamati dall'art. 32, comma 25, del D.L. 269/2003), che prevede un termine di ultimazione dei lavori come condizione imprescindibile per la sanatoria straordinaria. Ciò significa che solo l'immobile ultimato (al rustico e nella copertura) entro il termine prescritto può accedere al c.d. condono edilizio; e che, solo nel caso in cui l'immobile condonabile era costruito in violazione delle norme tecniche antisismiche, il contravventore ha tempo tre anni dalla presentazione della istanza di sanatori a per eseguire i lavori di adeguamento alle medesime norme antisismiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.02.2009 n. 5498 - link a www.lexambiente.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso: niente riservatezza sulle dichiarazioni dei redditi (purché vi sia un interesse giuridicamente rilevante).
Va riconosciuto il diritto di accesso di un professionista alle dichiarazioni dei redditi presentate da un altro professionista, allorché tale documentazione sia necessaria (o comunque utile) al primo per calcolare con la maggior precisione possibile l'entità del suo credito nei confronti del secondo (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 03.02.2009 n. 1021 - link a www.eius.it).

ENTI LOCALI Enti locali: legittimo il provvedimento comunale che affida ad un'apposita società la distribuzione delle merci all'interno del centro abitato.
E' legittimo il provvedimento col quale il Comune affida ad una sola società, appositamente costituita, il compito di gestire la raccolta e la successiva distribuzione delle merci all'interno del centro abitato (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.02.2009 n. 596 - link a www.eius.it).

APPALTI SERVIZI: L'eventuale annullamento di un affidamento di un servizio pubblico locale non obbliga la p.a. a bandire una gara in quanto sussiste la possibilità di sottoporre al parere delle Autorità indipendenti a ciò preposte l'ipotesi dello svolgimento in house del servizio stesso.
Sulla possibilità di disporre l'affidamento in house solo nel caso in cui il soggetto affidatario ha l'effettiva possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell'affidamento medesimo.

L'art. 23-bis del D.L. 25.06.2008, convertito con modificazioni in L. 06.08.2008 n. 133, dispone, con disciplina che espressamente si applica a tutti i servizi pubblici locali e prevale sulle norme degli ordinamenti di settore con esse incompatibili (quindi, anche sull'ordinamento relativo ai rifiuti di cui allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che "in deroga alle modalità di affidamento ordinario … a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica", i servizi pubblici locali possono anche essere diversamente affidati, "per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato", previa "adeguata pubblicità" a tale scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato con contestuale trasmissione "di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione".
Pertanto, nel caso di specie, dall'eventuale annullamento dell'affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti ad una società strumentale discenderebbe, per il comune titolare, non già l'obbligo di bandire in ogni caso una gara al fine di reperire il nuovo soggetto gestore del servizio, ma la possibilità per l'Amministrazione a ciò competente di sottoporre al parere delle Autorità indipendenti a ciò preposte l'ipotesi dello svolgimento in house del servizio stesso.
L'affidamento in house deve essere disposto allorquando il soggetto affidatario ha l'effettiva possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell'affidamento medesimo o, comunque, una sua parte significativamente consistente. Se, per contro, l'affidatario in house deve a sua volta rivolgersi a soggetti esterni -sia pure nelle necessarie forme dell'evidenza pubblica quale "organismo di diritto pubblico" a' sensi dell'art. 2, comma 26, del D.L.vo 12.04.2006 n. 163- per reperire risorse non marginali al fine dell'espletamento del servizio reso oggetto di affidamento, risulta ben evidente che l'Amministrazione affidante realizza nei propri confronti non già un vantaggio economico, ma una vera e propria diseconomia, non solo finanziaria in quanto il costo dello svolgimento del servizio stesso sarà intuitivamente aggravato dall'intermediazione dell'affidatario c.d. "in house", ma anche -per così dire- "funzionale" sotto il profilo dell'efficacia e dell'economicità dell'azione amministrativa, all'evidenza appesantita dall'ingresso di un soggetto che funge da mero tramite tra l'Amministrazione affidante e l'imprenditore che materialmente svolge il servizio (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 02.02.2009 n. 236 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI Sulla verifica della congruità dell'offerta e del margine di utile (gara affidamento servizio igiene urbana).
La prevalente giurisprudenza, in tema di congruità dell'offerta, ha ritenuto che la stessa, oltre che nei suoi singoli elementi, deve essere valutata globalmente, al fine di apprezzarne l'attendibilità complessiva, non essendo fondamentale la tenuità dell'utile che il concorrente si prefigge di conseguire, sempre che ci sia un margine di utile, dal momento che elementi rilevanti sono, sia la certezza che l'offerta sia seria, nel senso che il concorrente non abbia intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, sia i vantaggi indiretti che l'appalto può procurare in termini di prestigio, di entità del fatturato e di prequalificazione per i successivi appalti.
In relazione a ciò, la motivazione della Commissione, che si è limitata a definire “non congrua” l'offerta della ricorrente, risulta affetta da carenza di motivazione che si riflette anche sul secondo motivo di appello, atteso che la marginalità dell'utile di impresa, pur se risultando da meri calcoli matematici, deve, pur sempre, essere esplicitamente contestata, in espressa applicazione dei criteri sopra evidenziati, al fine di poter verificare le eventuali giustificazioni, che potrebbero dimostrare il bilanciamento tra l'utile esiguo e i vantaggi derivanti, all'impresa, dall’aggiudicazione e dallo svolgimento del servizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.01.2009 n. 466 - link a www.giurdanella.it).

APPALTI: Contratti pubblici: l'esiguità dell'utile d'impresa non giustifica automaticamente l'esclusione dalla gara.
Nelle procedure di gara per l'aggiudicazione di contratti pubblici, ai fini della valutazione della congruità (e, quindi, dell'attendibilità) dell'offerta, è necessario che quest'ultima venga apprezzata non soltanto nei suoi singoli elementi, ma anche globalmente, non essendo determinante la tenuità dell'utile che il concorrente si prefigge di conseguire (sempreché un utile vi sia), dal momento che elementi rilevanti sono sia la certezza che l'offerta risulti seria, nel senso che il concorrente non abbia intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, sia i vantaggi indiretti che l'appalto può procurare in termini di prestigio, di entità del fatturato e di prequalificazione per i successivi appalti; con la conseguenza che la marginalità dell'utile, pur risultando da meri calcoli matematici, dev'essere sempre esplicitamente contestata all'impresa concorrente, allo scopo di consentire alla stessa di fornire giustificazioni che potrebbero dimostrare il bilanciamento tra l'utile esiguo e i vantaggi derivanti dall'aggiudicazione e dallo svolgimento del servizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.01.2009 n. 466 - link a www.eius.it).

VARI: Responsabilità civile: il parcheggiatore privato risponde del furto dell'automobile (anche se ha affisso un cartello in cui afferma il contrario).
Il parcheggio di un'auto in un piazzale gestito da una ditta privata dà luogo ad un contratto atipico cui trovano applicazione le norme sul contratto di deposito, con conseguente responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo, la quale non è esclusa dall'esposizione di un cartello affisso all'ingresso del parcheggio, con cui la ditta rappresenta di non rispondere del furto totale o parziale delle auto, trattandosi di clausola di esclusione della responsabilità di carattere vessatorio, la quale è inefficace ove non sia stata approvata specificamente per iscritto (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 27.01.2009 n. 1957 - link a www.eius.it).

ENTI LOCALI: Per la revoca dell'assessore comunale non occorre la comunicazione di avvio del procedimento.
In considerazione della specifica disciplina normativa vigente in materia, il provvedimento col quale il Sindaco dispone la revoca dell'incarico di assessore comunale non è subordinato alla previa comunicazione dell'avvio del procedimento, atteso che le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l'ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull'esito finale per il migliore perseguimento dell'interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l'amministrazione del Comune nell'interesse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale (fattispecie relativa alla revoca di Vittorio Sgarbi dalla carica di assessore del Comune di Milano) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.01.2009 n. 280 - link a www.eius.it).

APPALTI: Non aggiudicazione ed annullamento della gara: occorre la previa comunicazione.
Posto che l’amministrazione ha annullato in autotutela la gara dopo che erano state espletate le formalità di apertura delle offerte e la committente aveva avuto conoscenza delle ditte partecipanti alla procedura, con la presentazione della domanda di partecipazione e, ancor più, con la predisposizione e l’inoltro dell’offerta, i soggetti concorrenti assumono una posizione differenziata e qualificata che giustifica la posizione di controinteressati ai quali è necessario comunicare l’avviso di avvio del procedimento ai sensi della legge sulla trasparenza amministrativa al fine di consentire la difesa del bene della vita dato dalla chance di aggiudicazione. Detti principi sono aderenti alla fattispecie in parola, posto che l’amministrazione ha annullato in autotutela la gara dopo che erano state espletate le formalità di apertura delle offerte e la committente aveva avuto conoscenza delle ditte partecipanti alla procedura.
E’ illegittimo il provvedimento di annullamento che richiama la sussistenza di errori e discrepanze senza evidenziarle in modo puntuale e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.01.2009 n. 17 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Gara pubblica - Esclusione dell'offerta contenente indicazioni contrastanti - Legittimità anche in assenza di espressa comminatoria nel bando - Divieto dell'amministrazione di scegliere fra le varie interpretazioni - Violazione della par condicio.
L'obbligo di esclusione di un'offerta contenente una pluralità di indicazioni contrastanti deve essere disposto, anche in assenza di comminatoria di esclusione da parte della lex specialis in tal senso, atteso il generale divieto per l'amministrazione di scegliere una delle varie opzioni astrattamente possibili nell'offerta. Nel caso di specie è di tutta evidenza l'incertezza contenuta nell'offerta economica, nella parte relativa ai tempi di esecuzione, come dimostrato dalla circostanza che la stazione appaltante è intervenuta per ben tre volte sulla questione, adottando determinazioni differenti, proprio in considerazione delle potenziali pluralità di letture cui la stessa dava luogo. Oltre alle ragioni sottese all'interesse pubblico, depongono anche aspetti legati alla tutela della par condicio, quanto meno nei casi in cui tali operazioni interpretative vengono effettuate a buste aperte, con l'astratta possibilità di favorire, mediante l'adozione di un certo canone ermeneutica, un determinato concorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.12.2008 n. 5680).

APPALTI SERVIZI: 1. Servizi pubblici locali - Gara pubblica per l'affidamento del servizio - Ricorso al modello dell'in house - Eccezione.
2. Nomina del commissario ad acta - Caratteri dell'indipendenza e della terzietà - Natura di organo paragiurisdizionale.
3. Commissario ad acta - Fraintendimento del suo incarico - Diretta e immediata esecuzione del giudicato - Obbligo.

1. In tema di affidamento di servizi pubblici locali, il ricorso alla gara pubblica -ovvero l'integrale ricorso al mercato da parte dell'amministrazione nell'affidamento del servizio- deve essere la regola e di contro l'utilizzo di altri modelli di gestione (per quanto riguarda nel caso in esame, quello dell'in house) deve essere l'eccezione.
2. L'imparzialità dell'amministrazione, affermata sul piano generale dall'art. 97 della Cost., assume peraltro, nell'ipotesi di specie del commissario ad acta nominato dal giudice dell'ottemperanza, i crismi di una vera e propria terzietà ed indipendenza. Entrambi questi caratteri sono infatti mutuati dall'autorità che procede alla nomina e sono un portato della natura di organo paragiurisdizionale, ausiliario del giudice e non dell'amministrazione inadempiente, generalmente riconosciuta al commissario).
3. Il Commissario che, anziché provvedere personalmente e tempestivamente a compiere tutti gli atti necessari all'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, abbia invece delegato tale compito all'amministrazione soccombente e già sul punto inadempiente, ha frainteso il suo incarico, tanto nel metodo, quanto nel merito. Nel metodo, poiché , anziché dare immediata e diretta esecuzione al giudicato (o in via meramente subordinata, fornire prescrizioni puntuali e circostanziate), ha lasciato che tale compito fosse assolto dall'amministrazione comunale con assoluta libertà di manovra e secondo i suoi originali intendimenti; nel merito, perché l'incarico aveva ad oggetto l'esecuzione della sentenza secondo le indicazioni provenienti dalla stessa senza che fosse richiesta o consentita una propria interpretazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.12.2008 n. 5676).

APPALTI: 1. Aggiudicazione provvisoria - Mancata aggiudicazione definiva e revoca dell'aggiudicazione provvisoria - Domanda risarcitoria - Giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Aggiudicazione provvisoria - Mancata aggiudicazione definiva e revoca dell'aggiudicazione provvisoria - Improvvisa e immotivata interruzione delle trattative negoziali - Diritto al risarcimento del danno.

1. Ha giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo in ipotesi - come nella fattispecie in esame - in cui il ricorrente abbia proposto una domanda risarcitoria in conseguenza dalla revoca dell'aggiudicazione provvisoria e della mancata aggiudicazione definiva in virtù dell'intrecciarsi di posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15.09.2005, n. 6).
2. L'amministrazione al pari di ogni soggetto privato, nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente, è tenuta a rispettare non soltanto le norme dettate a tutela dell'interesse pubblico (la cui violazione implica l'annullamento o la revoca dell'attività autoritativa) ma anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (nel fattispecie il Collegio ha quindi condannato l'amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale avendo ingiustificatamente interrotto le trattative negoziali senza alcun preavviso) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.11.2008 n. 5481).

APPALTI: Dichiarazioni asseritamente non veritiere - Esclusione - Mancata impugnazione nei termini - Inammissibilità del successivo ricorso contenente domanda di risarcimento e di cancellazione dell'iscrizione della causa di esclusione presso il casellario informatico.
L'omessa impugnazione nei termini di legge del provvedimento di esclusione di un'impresa dalla procedura di gara per aver reso dichiarazioni non veritiere determina l'impossibilità per il giudice amministrativo, in sede di successivo ricorso tardivo, di disapplicare il provvedimento di esclusione che ha costituito motivo di iscrizione della causa di esclusione nel casellario informatico. La mancata impugnazione tempestiva ha infatti comportato la sostanziale acquiescenza nei confronti del provvedimento di esclusione; per tale ragione anche la domanda risarcitoria, del pari di quella di disapplicazione del provvedimento di esclusione, è dunque inammissibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5474).

APPALTI: 1. Offerta economicamente più vantaggiosa - Art. 10 co. 2 L.R. lombardia n. 14/1997 - Interpretazione.
2. Bando di gara - Interesse all'impugnazione - Ove le disposizioni precludano la partecipazione o la formulazione di un'offerta in termini ragionevoli e logici.

1. In tema di aggiudicazione di pubblici appalti con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'art. 10 co. 2 della L.R. Lombardia n. 14/1997, laddove prevede che all'elemento prezzo deve "di norma" attribuirsi un peso non inferiore al 50% del punteggio, deve essere interpretato nel senso che compete all'amministrazione aggiudicatrice, di volta in volta, stabilire il peso di ciascuna componente dell'offerta e, dunque, il relativo punteggio per il prezzo e gli elementi qualitativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 04.09.2006, n. 5100).
2. Secondo giurisprudenza consolidata, sussiste l'interesse all'impugnazione del bando di gara e/o della lettera d'invito soltanto ove questi ultimi contengano prescrizioni tali da precludere la partecipazione alla procedura selettiva di scelta del pubblico contraente, ovvero non consentano ai potenziali concorrenti di formulare un'offerta in termini ragionevoli e logici, per tal via ingenerando scarso interesse alla partecipazione alla gara (cfr. ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 29.01.2003, n. 1 e TAR Lombardia, Milano, sez. I, 13.11.2006, n. 2168) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5472).

APPALTI: 1. Lex specialis del bando - Impugnabilità delle clausole che non consentono una valida formulazione dell'offerta - Impossibilità di determinare l'offerta su elementi certi - Illegittimità del bando - Violazione del principio di concorrenzialità.
2. Bando di gara - Possibilità di introdurre migliorie al progetto - Attribuzione di un punteggio aggiuntivo per le soluzioni migliorative.

1. Devono ritenersi immediatamente impugnabili le clausole di un bando illegittime che costringono il partecipante a formulare un offerta di contenuto diversa rispetto a quella che avrebbe potuto formulare in base ad una lex specialis legittima. Le valutazioni dell'offerente in ordine alla formulazione dell'offerta, infatti, sono influenzate in modo specifico e determinante dalle clausole della lex specialis, sicché l'illegittimità di tale disciplina comporta anche una violazione del principio di concorrenzialità, poiché è evidente che, sulla base della disciplina di gara, l'impresa esegue valutazioni tecniche ed economiche tese alla formulazione di un'offerta concorrenziale potenzialmente in grado di garantire l'aggiudicazione (Tar Lombardia, sez. III, 12.05.2004, n. 1684). L'immediata impugnazione delle clausole del bando deve ritenersi consentita quando le stesse clausole sono irragionevoli, tali da non consentire una valida formulazione dell'offerta, per essere da esse reso impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in grado di poter effettuare all'atto di valutare se partecipare o meno ad una gara pubblica. In tale ipotesi, l'onere di immediata impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro conoscenza viene giustificato per l'obiettivo ostacolo che una clausola di tal genere pone alla formulazione dell'offerta sulla base di elementi prevedibili e non assolutamente aleatori (Tar Lazio, sez. II, 24.07.2006, n. 6295).
2. Nel caso in cui l'amministrazione abbia stimolato l'introduzione di varianti al progetto elaborato dal comune, deve ritenersi quanto mai opportuna, al fine di assicurare un criterio logico di comparazione dei vari progetti offerta presentati, la determinazione di procedere al confronto delle offerte con riferimento alla lista delle lavorazioni previste dal progetto comunale, attribuendo un punteggio aggiuntivo per le soluzioni migliorative ritenute effettivamente tali ed ammissibili dalla commissione, senza, correlativamente, penalizzare gli aumenti di prezzo che la realizzazione di tali migliorie avrebbe potuto comportare, essenzialmente in considerazione del carattere meramente eventuale e non attuale e necessario delle medesime soluzioni migliorative e dei relativi costi (CdS, 07.04.1995, n. 536) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5471).

LAVORI PUBBLICI: Project financing - Procedura ex art. 37-bis l. 109/1994 - Possibilità per la stazione appaltante di chiedere alcune precisazioni su elementi oggetto della proposta - Sussiste.
E' legittimo l'operato della stazione appaltante che in una procedura di valutazione della proposta di project financing richieda al soggetto offerente una serie di precisazioni su elementi già presenti nella documentazione che ha formato oggetto della proposta.
Tale interpretazione, fedele al dettato letterale dell'art. 37-bis co. 2-ter della l. n. 109/1994, è fatta propria dalla giurisprudenza maggioritaria che espressamente riconosce l'esercizio di tale facoltà con una certa ampiezza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10.11.2005, n. 6287 e Autorità lavori pubblici, determinazione del 04.10.2001, n. 20) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5468).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione torrino in muratura a copertura della cassa scale.
In tema di reati edilizi, l'abusiva realizzazione di una copertura ad una cassa scale non integra il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380, in quanto si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria non subordinato a permesso di costruire ma assentibile in base a semplice d.i.a., attesa la sua natura pertinenziale o di volume tecnico ai sensi dell'art. 3, comma primo, lett. b), del d.P.R. citato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.11.2008 n. 42897 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di urbanizzazione secondaria o infrastrutturali.
In tema di reati edilizi, integra il reato previsto dall'art. 44, lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380, la pavimentazione di una vasta area con tappeto bituminoso in assenza di permesso di costruire, in quanto tale attività edilizia rientra tra gli interventi di urbanizzazione secondaria ovvero infrastrutturali considerati come di "nuova costruzione" dall'art. 3, comma primo, lettere e.2) ed e.3), del d.P.R. citato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.11.2008 n. 42896 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Immobile abusivo demolito ed estinzione del reato per sanatoria.
In tema di tutela penale del territorio, ai fini di ottenere l'estinzione del reato edilizio per sanatoria ai sensi dell'art. 45 d.P.R. 06.06.2001, n. 380, l'imputato che abbia provveduto alla demolizione del manufatto abusivamente realizzato ha l'onere di provare documentalmente che l'opera fosse conforme agli strumenti urbanistici vigenti all'epoca della sua realizzazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.11.2008 n. 42895 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione terrazzo a tasca.
In tema di reati edilizi, integra il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. 06.06.2001, n. 380 la realizzazione di un terrazzo a tasca in assenza del permesso di costruire, in quanto si tratta di un intervento di ristrutturazione edilizia che comporta una modificazione della sagoma e delle superfici utili dell'edificio ai sensi dell'art. 10, comma primo, lett. c) d.P.R. citato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.11.2008 n. 42892 - link a www.lexambiente.it).

ENTI LOCALI: Ricorso di un consigliere comunale avverso il provvedimento di nomina di assessori esterni - Inammissibilità del ricorso.
Non sono legittimati ad agire contro l'amministrazione di appartenenza i componenti di un organo collegiale ove, come nel caso di specie, il giudizio amministrativo sarebbe destinato a risolvere controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente. Ne discende dunque che un ricorso dei consiglieri contro l'amministrazione di appartenenza potrebbe ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti sul diritto all'ufficio dei medesimi.
La legittimazione dei componenti di un organo collegiale di un ente locale nei confronti dello stesso ente non può essere negata in ipotesi in cui vengano dedotti vizi del processo di deliberazione che si concretano in violazioni procedurali (es. irritualità della convocazione, violazione dell'ordine del giorno) direttamente lesive del munus rivestito dal componente dell'organo, per cui si realizza la violazione dello jus ad officum (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 13.11.2008 n. 5432).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Condono paesaggistico.
In tema di tutela penale del paesaggio, l'accertamento di compatibilità paesaggistica al cui esito favorevole l'art. 181, comma 1-ter, D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 condiziona l'inapplicabilità delle sanzioni penali previste per il reato di esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici in difformità ovvero in assenza dell'autorizzazione, non ha natura di condono ed è inapplicabile in fase esecutiva, in quanto per la sua operatività è necessario che non sia ancora intervenuta una pronuncia di condanna nei confronti dell'autore della violazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.11.2008 n. 41333 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Condono paesaggistico.
In tema di reati edilizi e paesaggistici, il rilascio del cosiddetto condono ambientale (L. 15.12.2004, n. 308) per interventi edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, pur non esplicando alcun effetto estintivo del reato edilizio, comporta l'inapplicabilità dell'ordine di demolizione delle opere abusive previsto dall'art. 31, comma nono, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, in quanto un coordinamento tra la disciplina edilizia e quella paesaggistica impone di ritenere non necessari interventi ripristinatori in presenza di una sanatoria paesaggistica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 31.10.2008 n. 40639 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Intervento edilizio di demolizione e ricostruzione in difformità dal titolo abilitativo.
In materia edilizia, è configurabile il reato di cui all'art. 44, comma primo, lett. a), d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal Tit. IV nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire) in caso d'intervento edilizio di demolizione e ricostruzione in difformità da un progetto assentito con permesso di costruire, in quanto tale intervento non è eseguibile in base a semplice D.I.A. ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, comma settimo, L. 04.12.1993, n. 493 e 1, comma sesto, lett. e) L. 21.12.2001, n. 443, atteso che dette norme si riferiscono ad interventi autonomi e non ad interventi in difformità dal titolo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.10.2009 n. 38028 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pertinenza urbanistica (presupposti).
In materia edilizia, affinché un manufatto presenti il carattere di pertinenza si richiede che esso acceda ad un edificio preesistente legittimamente edificato, che abbia ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti (nella specie, la Corte ha escluso la natura pertinenziale di una piscina posta al servizio esclusivo di una residenza privata) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37257 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di un campo da tennis e sufficienza della DIA..
Per la realizzazione di un campo da tennis, che non comporta la creazione di nuovi volumi, è sufficiente la denuncia di inizio di attività, la cui mancanza non ha rilevanza penale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2008 n. 36560 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono e opere in cemento armato.
La disciplina del condono edilizio di cui all'art. 32, comma 25, D.L. n. 269 del 2003 si estende anche alle contravvenzioni in tema di violazione delle disposizioni relative alle opere in conglomerato cementizio armato (art. 71 e 72, d.P.R. n. 380 del 2001, già artt. 13 e 14 L. n. 1086 del 1971) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2008 n. 36558 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Con la D.I.A. è al 30° giorno -dalla data di presentazione- che va verificata la conformità edilizio-urbanistica dell'intervento edilizio che si vuole attuare.
Nei rapporti tra denunciante e Pa, la D.i.a. si pone come atto di parte, che, pur in assenza di un quadro normativo di vera e propria liberalizzazione dell'attività, consente al privato di intraprendere un'attività in correlazione all'inutile decorso di un termine, cui è legato, a pena di decadenza, il potere dell'amministrazione di inibire l'attività (Cons. St., V, 22.07.2005, n. 3916) e che rappresenta altresì il “momento storico”, con riferimento al quale delle opere contemplate nella denuncia di inizio di attività va verificata la conformità alle norme vigenti (Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza 13.01.2006 n. 23).

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