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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di FEBBRAIO 2009

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aggiornamento al 23.02.2009

aggiornamento al 16.02.2009

aggiornamento al 12.02.2009

aggiornamento al 09.02.2009

aggiornamento al 05.02.2009

aggiornamento al 02.02.2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 23.02.2009

QUESITI & PARERI

APPALTI SERVIZIContratto gestione Casa di Riposo.
Il Comune XXX chiede se è ancora possibile prorogare di altri 3 anni un contratto per la gestione della casa di riposo comunale, tenuto conto della soppressione dell’art. 6, comma 2, della legge n. 537/1993, già sostituito con l’art. 44 della legge n. 724/1994, ad opera dell’art. 23 della legge 18.04.2005, n. 62 – Comunitaria 2004.
Nella richiesta di parere si puntualizza che il contratto era stato rogato il X XX XXX, mentre il bando (si suppone) era stato pubblicato prima dell’intervento demolitorio operato dalla legge comunitaria 2004.
In alternativa il Comune chiede se sia possibile applicare al caso concreto l’art. 57, comma 5, lettera b) del Codice dei contratti pubblici e, in caso di risposta affermativa, cosa si intenda per “procedura negoziata senza bando, consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale” e cosa si intenda per “importo complessivo stimato dei servizi successivi, computato per la determinazione del valore globale del contratto, ai fini delle soglie di cui all’art. 28” (Regione Piemonte, parere n. 106/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGOProcedura copertura posti.
Il Comune XXX, in merito all’utilizzo dell’istituto delle progressioni verticali, chiede di sapere se la proporzione tra posti banditi mediante concorso esterno e posti banditi mediante procedura selettiva interna, in enti di ridotte dimensioni di organico, possa essere garantita non per qualifica/categoria ma a livello di dotazione organica complessiva, nel rispetto del principio di bilanciamento tra assunzioni esterne e progressioni verticali sancito anche all’art. 35 del decreto legislativo n. 165/2001, e ribadito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 373/2002, nella quale si pone in evidenza che le progressioni verticali non possono superare il 50% delle assunzioni o, se possibile, contenute in una quota inferiore (Regione Piemonte, parere n. 92/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGOApplicazione progressioni verticali.
Il Comune XXX chiede di sapere se può applicare l’istituto delle progressioni verticali, anche in presenza dei seguenti limiti di legge:
- obbligo di creare nuovi posti in dotazione (e di occuparli con concorso pubblico);
- obbligo di uniformarsi al principio della compressione degli andamenti occupazionali e retributivi;
- violazione del disposto del citato comma 562 Legge finanziaria 2007.
Prima di passare all’espressione del parere in merito ai quesiti rivolti dal Comune, si rende necessario, fare un excursus sulle posizioni giuridiche espresse dagli organi giurisdizionali in materia (Regione Piemonte, parere n. 89/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI SERVIZIServizi cimiteriali.
Il Comune XXX richiede un parere su tre articoli di un capitolato di appalto per servizi cimiteriali (Regione Piemonte, parere n. 86/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIScelta del contraente per alienazione bene patrimoniale comunale.
A seguito di un primo parere sulla necessità di procedere ad asta pubblica (rectius: procedura aperta) per la vendita di beni del patrimonio disponibile del Comune, il Sindaco XXX formula tre ulteriori quesiti:
a) se è applicabile nella procedura aperta l’art. 1471 del Codice civile, anche per i parenti dei soggetti interessati alla norma;
b) se sussistono divieti per altri eventuali compratori;
c) cosa significa “per interposta persona” (Regione Piemonte, parere n. 81/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIProcedura affidamento opere e lavori pubblici.
La prima riflessione da proporre in ordine al quesito del Comune XXX è l’invito ad interpretare le norme nel loro contesto e non mediante estrapolazione dei singoli commi, che letti separatamente inducono a conclusioni sbagliate.
L’art. 2 del Codice appalti recita:
L’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”.
L’art. 27 ribadisce per i contratti esclusi che:
L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di  economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto” ... (Regione Piemonte, parere n. 80/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGORequisiti accesso profilo professionale del tecnico comunale (categoria D).
Requisiti per l’accesso dall’esterno a profilo tecnico di categoria professionale D - Titolo di studio (Regione Piemonte, parere n. 77/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIProvvedimento di sdemanializzazione.
Il Sindaco del Comune XXX chiede di conoscere la procedura inerente la pubblicazione sia di un provvedimento di sdemanializzazione, sia di un bando di asta pubblica per l’alienazione di un bene rientrante nel patrimonio dell’ente (Regione Piemonte, parere n. 74/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIRichiesta contributi impianto sportivo di proprietà comunale.
Il Comune XXX chiede se sia possibile erogare un contributo ad una società sportiva, per un importo presunto pari a 100.000,00 euro, per la realizzazione su impianto sportivo di proprietà comunale, di nuove recinzioni, di nuove tribune e per il potenziamento dell’impianto di illuminazione pubblica, per un importo complessivo dei lavori stimato in circa 400.000,00 euro (Regione Piemonte, parere n. 37/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

COMPETENZE GESTIONALIAffidamento agli amministratori di responsabilità gestionali dell'ente.
Il Presidente dell’Unione XXX chiede se è possibile affidare agli amministratori dell’ente responsabilità gestionali, ai sensi dell’art. 53 –comma 23– della Legge 23.12.2000, n. 388, come modificato dall’art. 24 della Legge 28.12.2001, n. 488 (Regione Piemonte, parere n. 36/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

INCARICHI PROFESSIONALIContenimento spesa pubblica appalto servizi consulenza.
Il sindaco del Comune XXX chiede se l’affidamento di incarico a professionisti esterni per progettazione e direzione lavori rientri tra quelli inseriti nell’anagrafe delle prestazioni, istituita a fini di contenimento della spesa pubblica, presso il Dipartimento della funzione pubblica, per incarichi di studio, ricerca e consulenza, con l’art. 24 della Legge 30.12.1991, n. 412 (Regione Piemonte, parere n. 35/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIControversia richiesta di interessi moratori in ambito appalto lavori pubblici. Possibilità di transazione. Pagamento somme A.T.C. per annualità pregresse relativo alla gestione alloggi comunali.
Quesito proposto concernente la possibilità di procedere mediante transazione alla definizione di una controversia avente per oggetto la richiesta di interessi moratori nell’ambito di un appalto di lavori pubblici (Regione Piemonte, parere n. 9/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIProcedura contrattazione sindacale decentrata.
Il Comune XXX ha la necessità di conoscere la corretta procedura da seguire nella contrattazione sindacale decentrata, in presenza di un solo dipendente non iscritto ad alcuna organizzazione sindacale.
Al fine di poter rispondere al quesito è necessario inserire la problematica nel quadro generale della contrattazione decentrata (Regione Piemonte, parere n. 8/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

CONSIGLIERI COMUNALIDiritto di accesso degli Amministratori Locali dei dati trattati dalla P.A..
Il quesito verte essenzialmente sul rapporto fra:
􀀹 esigenze di tutela della riservatezza, di protezione dei dati personali, con particolare riferimento ai dati “sensibili” (ed aggiungerei anche “giudiziari”) trattati per compiti d’istituto dal Consorzio, stante la peculiarità dei servizi sociali essenzialmente rivolti a fasce di popolazione in condizioni di debolezza e/o fragilità sociale,
􀀹 e l’esercizio del diritto di accesso a notizie ed informazioni concernenti i suddetti dati da parte degli Amministratori del Consorzio stesso nell’ambito dell’espletamento del proprio mandato (Regione Piemonte, parere n. 3/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALICorretta procedura da seguire nella contrattazione decentrata per gli istituti contrattuali.
L’ente richiedente (COMUNE DI XXX) ha la necessità di conoscere la corretta procedura da seguire nella contrattazione sindacale decentrata di fronte al rifiuto verbale della R.S.U. di siglare il contratto decentrato, per presunti errori di calcolo nella costituzione del fondo risorse decentrato (Regione Piemonte, parere n. 2/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTISoglia di anomalia offerte per aggiudicazione appalti.
L’art. 124, comma 8, del D. Lgs. 12.04.2006, n. 163 prevede che la stazione appaltante, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, può prevedere nel bando di gara l’esclusione automatica delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia, individuata ai sensi dell’art. 86 del sopra citato decreto.
Non c’è dubbio, pertanto, che qualora si voglia ancora applicare, per gli appalti sotto soglia, la procedura di esclusione automatica, tale facoltà deve essere esplicitamente prevista nel bando di gara ... (Regione Piemonte, parere n. 1/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 20.02.2009 n. 42, suppl. ord. n. 25/L, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22.12.2008, n. 200, recante misure urgenti in materia di semplificazione normativa.
Testo del decreto-legge 22.12.2008, n. 200, coordinato con la legge di conversione 18.02.2009, n. 9, recante: «Misure urgenti in materia di semplificazione normativa»
" (L. 18.02.2009 n. 9).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Quali norme per le architetture rurali? (AL n. 10/2008).

LAVORI PUBBLICI: S. Glinianski, Le nuove forme di partenariato pubblico privato: la locazione finanziaria di opera pubblica leasing in costruendo (link a www.lexitalia.it).

ENTI LOCALI: R. Nobile, Le ordinanze del Sindaco in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana (link a www.lexitalia.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 rubricato “Norme applicabili” opera una dettagliata ricognizione delle norme del Codice dei contratti applicabili ai settori speciali, nell’ambito delle quali non trova menzione la disciplina relativa alle garanzie fideiussorie di cui agli artt. 75, 40 e 113. Detto mancato riferimento espresso comporta la conseguenza che la normativa sulle garanzie fideiussorie non è applicabile anche ai settori speciali, dal momento che l’art. 206 è di stretta interpretazione.
Pertanto, l’unica fonte di disciplina è da ricondursi alla lex specialis di gara, attraverso la quale la stazione appaltante può discrezionalmente stabilire se recepire o meno la normativa sulle fideiussioni prevista per i soli settori classici.
Nel caso di specie, la lex specialis all’art. 5.1 lett. b) della lettera di invito ha previsto che “il calcolo della somma a garanzia debba essere pari al 2% dell’importo posto a base di gara per i lotti di maggiore importo aggiudicabili” che, pertanto, rappresenta l’unica norma di riferimento. Inoltre, come riferito in istruttoria da Poste Italiane S.p.A., l’impossibilità di ridurre l’importo della cauzione ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006 era già stata comunicata in sede di risposte ai chiarimenti e pubblicata sul sito Poste Italiane S.p.A.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene di comunicare alle Parti interessate che l’esclusione dell’istante dalla gara è conforme alla lex specialis di gara (parere 10.12.2008 n. 253 -  link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Come più volte evidenziato da questa Autorità in precedenti pareri, ciò che rileva ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006 è il concetto di immoralità professionale, per cui occorre che il reato ascritto sia idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione con i principi deontologici della professione (Cons. Stato, sez. V, n. 349/2006; Cons. Stato, sez. V, n. 1145/2003).
Non essendo indicati dalla norma i reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale delle imprese partecipanti alle gare di appalto, secondo una costante giurisprudenza spetta all’amministrazione stabilire, motivatamente, se il reato per il quale il soggetto è stato condannato provoca, secondo il comune e ragionevole convincimento, una obiettiva incisione sull’affidabilità del condannato, sia sul piano morale sia sul piano professionale, tale da determinare l’esclusione dalla gara (per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 22.02.2007 n. 945).
Tale orientamento era stato, peraltro, già assunto da questa Autorità con determinazione n. 13/2003, nella quale veniva evidenziato come le amministrazioni dovessero, nel valutare l’affidabilità morale e professionale del contraente, considerare tutti gli elementi che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali ad esempio l’elemento psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive.
La mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa lasciano un ampio spazio di valutazione discrezionale alla stazione appaltante, che consente alla stessa margini di flessibilità operativa al fine di un apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale.
Conseguentemente, è la stazione appaltante a dover valutare discrezionalmente l’incidenza di una condanna sulla moralità professionale dell’appaltatore, con riferimento al tipo di reato commesso, fornendo altresì, in relazione alla decisione adottata, adeguata e congrua motivazione.
Pertanto, i margini di insindacabilità attribuiti all’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione non consentono alla stazione appaltante di prescindere dal dare contezza di aver effettuato una concreta valutazione dell’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario, mediante una accurata indagine della rispondenza della fattispecie di reato a tutti gli elementi che delineano l’ipotesi di esclusione individuata dall’articolo 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006.
Con specifico riguardo all’esclusione dell’impresa Azzurra s.r.l. ai sensi del citato art. 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006 (già oggetto di pronuncia di questa Autorità con riferimento ad altra procedura di gara: parere n. 162 del 21.05.2008), si ritiene che la copiosità dei provvedimenti penali e la tipologia dei reati ascritti a carico del Direttore Tecnico, la reiterazione delle stesse fattispecie nel corso degli anni, nonché la mancanza del provvedimento di estinzione dei reati, consentano di sostenere che la Commissione di gara abbia effettuato la propria valutazione su elementi tali da ritenere sussistente “l’immoralità professionale” del concorrente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dell’impresa Azzurra s.r.l. dalla procedura di gara in oggetto è conforme all’articolo 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006 (parere 20.11.2008 n. 250 -  link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
La prima censura mossa dall’impresa istante al provvedimento di aggiudicazione provvisoria concerne la presunta violazione del punto 1 del disciplinare di gara, recante “Modalità di presentazione e criteri di ammissibilità delle offerte”, il quale dispone, nel primo periodo, che “I plichi contenenti l’offerta e le documentazioni, pena l’esclusione dalla gara, devono pervenire…… entro il termine perentorio ed all’indirizzo di cui al punto 6 del bando di gara all’ufficio della stazione appaltante ….” e prescrive, altresì, nell’ultimo periodo, che “I plichi devono contenere al loro interno due buste, a loro volta sigillate con ceralacca e controfirmate sui lembi di chiusura, recanti l’intestazione del mittente e la dicitura, rispettivamente “A - Documentazione” e “B - Offerta economica””.
Il thema decidendum consiste nello stabilire se le suddette modalità di presentazione delle offerte prescrivano o meno tutti gli adempimenti ivi previsti “a pena di esclusione”, compreso quello di controfirmare sui lembi di chiusura le buste contenenti la documentazione e l’offerta economica.
Al riguardo, valutazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che, se da un lato la previsione della misura sanzionatoria dell’esclusione è esplicitamente contenuta solo nel primo periodo del punto 1 del disciplinare di gara, la stessa, tuttavia, debba necessariamente esser comminata per qualsiasi adempimento obbligatorio contemplato negli altri periodi del medesimo punto (in questi termini, per identica fattispecie: TAR Lazio, Sez II-Bis, sentenza n. 2818/2008).
In ogni caso, anche a voler dare risalto alla circostanza che il disciplinare di gara in esame non sanzionava esplicitamente con l’esclusione la produzione delle buste contenenti l’offerta economica e la documentazione senza la dovuta controfirma sui lembi di chiusura, non si può non tenere conto di un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, nn. 7835 del 2003 e 226 del 2002), che ha ripetutamente segnalato che l’esclusione da una gara può essere disposta anche in assenza di una esplicita previsione nella lex specialis, qualora, in applicazione del principio teleologico, emerga che non è stata osservata una clausola da ritenersi essenziale, in quanto rispondente ad un particolare interesse della P.A..
Nel caso dell’apposizione della controfirma (mancante nella specie) sui lembi di chiusura della busta A e della busta B, prodotte in gara, il particolare interesse pubblico è ravvisabile non solo nell’esigenza di evitare la manomissione da parte di terzi dei due plichi in questione, ma anche nella necessità di attestare la provenienza dei plichi stessi dall’offerente e, quindi, nel rispetto del principio dell’imputabilità dell’offerta che, unitamente a quello dell’integrità della stessa, governa la materia delle gare pubbliche.
Quanto all’ulteriore contestazione attinente alla irregolarità del DURC presentato dall’impresa Capraro Carmelo Impianti, si richiama il Decreto dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici della Regione Sicilia del 24.02.2006, recante le modalità attuative dell’art. 19, comma 12-bis della legge n. 109/1994, come vigente in Sicilia, relativo alla dimostrazione della regolarità contributiva dei concorrenti in sede di gara.
In particolare l’art. 2 del predetto Decreto, così come integrato dall’art. 1 del Decreto dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici del 15.01.2008, dispone -per quel che interessa in questa sede- che “Non sono considerati validi, ai fini della partecipazione alle gare, i certificati D.U.R.C. rilasciati per stati di avanzamento lavori, stati finali e verifica di autocertificazione”.
Nel caso di specie, l’impresa provvisoria aggiudicataria ha prodotto in sede di gara un certificato DURC che risulta essere stato rilasciato “per verifica autodichiarazione per appalto di lavori pubblici alla data del 30/09/2007”, quindi non un documento valido ai fini della partecipazione dell’impresa concorrente a gare pubbliche, ma più semplicemente un’attestazione diretta a riscontrare le dichiarazioni prodotte in altre selezioni.
Vi è più, il DURC presentato attesta la regolarità dell’impresa alla data del 30/09/2007, quasi sette mesi prima del previsto termine di presentazione delle offerte (21.04.2008), in stridente contrasto con il punto 7 del disciplinare di gara, recante la prescrizione di DURC “di data non anteriore a tre mesi dalla presentazione dell’offerta”.
Si tratta, dunque, di un documento che non soddisfa né le disposizioni regionali vigenti in materia né le previsioni della lex specialis e che, pertanto, avrebbe dovuto condurre la Commissione di gara ad escludere l’impresa Capraro Carmelo Impianti.
Inconferente, infine, appare il richiamo, da parte del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, alla necessità di avviare, nel caso di specie, il procedimento di verifica che la S.A. deve disporre nei casi in cui risulti la irregolarità contributiva dell’impresa partecipante alla gara.
Al contrario, dal certificato prodotto nella gara in oggetto dall’impresa Capraro Carmelo Impianti risultava la regolarità contributiva dell’impresa stessa, poi divenuta aggiudicataria.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’aggiudicazione provvisoria disposta dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento in favore dell’impresa Capraro Carmelo Impianti non è conforme alla normativa di settore (parere 20.11.2008 n. 249 -  link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 38 del Codice dei contratti pubblici disciplina i c.d. requisiti di ordine generale, il cui mancato possesso comporta l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, omogeneizzando, a livello di fonte primaria, la disciplina precedentemente racchiusa nell’art. 75 del D.P.R. 554/1999 per gli appalti di lavori, nell’art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995 per gli appalti di servizi e nell’art. 11 del D.Lgs. n. 158/1995 per gli appalti di forniture.
Da ultimo, il D.Lgs. 31.07.2007 n. 113, ha aggiunto nel primo comma dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, a decorrere dall'01.08.2007, la lettera m-bis) («Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: […] m-bis) nei cui confronti sia stata applicata la sospensione o la decadenza dell'attestazione SOA per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci, risultanti dal casellario informatico»), la cui ratio si ravvisa nell’esigenza di precludere la partecipazione alle gare degli operatori economici responsabili di false dichiarazioni o false informazioni, rese ai fini del conseguimento della qualificazione e a causa delle quali l’attestazione Soa sia stata sospesa o revocata.
Il dato normativo richiamato ha un assoluto nitore precettivo nel disporre che i concorrenti sono esclusi dalle gare per l’affidamento di concessioni o appalti, siano essi di lavori, forniture o servizi, se incorrono in una delle condizioni ostative elencate nell’art. 38, comma 1, lettere da a) a m-bis), del Codice dei contratti pubblici.
Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo stabilisce, in un’ottica di celerità e di semplificazione nello svolgimento delle gare, che il singolo partecipante deve attestare con una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000 e s.m. il possesso dei requisiti di ordine generale previsti al comma 1.
Ne consegue chiaramente l’obbligo di rendere detta autodichiarazione per tutte le cause ostative elencate dal suddetto art. 38 e per tutte le gare, ivi comprese quelle per l’affidamento di servizi.
Non appare, quindi, condivisibile l’assunto dell’impresa istante, secondo cui la stessa non era tenuta a rendere la dichiarazione relativa al requisito di cui alla lettera m-bis del citato art. 38, perché, se è pacifico che non occorre l’attestazione di qualificazione per partecipare alle gare per l’affidamento di servizi, è comunque esigenza primaria del sistema garantire che l’aspirante contraente della PA per l’affidamento di un appalto di servizi sia un soggetto moralmente affidabile, che non abbia mai reso dichiarazioni false che hanno condotto alla sospensione o alla revoca dell’attestazione Soa, ben potendo verificarsi l’ipotesi che il prestatore di servizi sia in possesso di un attestato di qualificazione Soa.
Si evidenzia, altresì, che le dichiarazioni richieste dalla documentazione di gara ai sensi dell’art. 38 sopra richiamato, per costante orientamento di questa Autorità e della giurisprudenza amministrativa devono essere rese anche se di tenore negativo.
Peraltro, la disposizione dell’art. 38, comma 1, lettera m-bis), del Codice dei contratti pubblici è chiaramente richiamata nella clausola del bando della gara in oggetto che richiede, espressamente a pena di esclusione, l’autocertificazione anche con riferimento al requisito della mancata revoca o sospensione dell’attestazione Soa per falso («Unitamente alla domanda […] deve essere fornita, pena nullità della stessa, la sottonotata documentazione: […] autocertificazione […] ai sensi dell’art.38 […]»).
La S.A., pertanto, riscontrata l’assenza della dichiarazione sostituiva richiesta, ha legittimamente escluso l’impresa concorrente. È, infatti, principio generale che la lex specialis, quando impone a carico delle imprese concorrenti adempimenti formali a pena di esclusione, deve essere applicata in modo rigoroso, atteso che il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara risponde ad esigenze pratiche di certezza e di celerità e alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti.
Si evidenzia, inoltre, che la dichiarazione resa dall’istante ai sensi dell’art.38, comma 1, lettera h), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. non può, contrariamente a quanto asserito dall’impresa istante, ritenersi equipollente alla dichiarazione omessa in relazione al requisito di cui alla lettera m-bis). È differente, infatti, l’ambito applicativo delle due disposizioni, giacché la lettera h) riguarda le false dichiarazioni rese nell’anno antecedente la gara in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, mentre la lettera m-bis) non ha un riferimento temporale circoscritto all’anno, valendo per tutti i casi di applicazione in ogni tempo della misura della sospensione o della revoca dell’attestazione Soa per avere prodotto falsa documentazione o reso dichiarazioni mendaci.
Non può, pertanto, ritenersi che la dichiarazione sostitutiva resa dal concorrente con riguardo all’art. 38, comma 1, lettera h), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. possa surrogare l’omessa autocertificazione relativa all’art. 38, comma 1, lettera m-bis). Né la S.A. avrebbe potuto invitare l’impresa ad integrare la documentazione carente, giacché non è consentita l’integrazione postuma dei requisiti richiesti a pena di esclusione, se, come nel caso in esame, la documentazione è del tutto mancante e la sanzione dell’esclusione è espressamente comminata da una disposizione del bando di gara.
Fermo restando quanto appena esposto sul rispetto del principio del formalismo in tema di gare, si osserva altresì che nella presente fattispecie la S.A. è incorsa nella violazione del principio della par condicio dei concorrenti. Infatti, l’invio dell’autocertificazione sul requisito di cui all’art.38, comma 1, lettera m-bis), del Codice dei contratti pubblici, previsto solo dal secondo bando e non anche dal primo, non è stato richiesto alle imprese che erano state invitate alla prima gara, annullata in autotutela, ed espressamente esonerate dalla S.A. a presentare una nuova domanda di partecipazione.
La mancata previsione nel primo bando dell’autocertificazione sul requisito di cui all’art. 38, comma 1, lettera m-bis) del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. si giustifica tenendo in debito conto che la novella legislativa che ha aggiunto la lettera m-bis) all’art. 38 è entrata in vigore il 1° agosto 2007, ossia il giorno stesso della pubblicazione del primo bando.
In ogni caso, tuttavia, la S.A. è tenuta a garantire la parità di trattamento a tutti i concorrenti, disponendo una riapertura dei termini in favore delle sole imprese già invitate alla prima procedura di gara, che per scelta discrezionale della S.A. stessa non avevano inviato la domanda di partecipazione alla seconda gara, invitandole a presentare istanza di partecipazione alla gara da ultimo indetta nel rispetto delle previsioni contenute nel relativo bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- l’esclusione dalla gara dell’impresa istante è conforme alla normativa vigente di settore;
- la S.A. è tenuta a garantire la parità di trattamento a tutti i concorrenti, disponendo la riapertura dei termini per le sole imprese partecipanti alla prima procedura di gara, invitandole a presentare istanza di partecipazione alla gara da ultimo indetta con modalità conformi al relativo bando
(parere 20.11.2008 n. 248 -  link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che, per gli appalti il cui corrispettivo è calcolato a corpo ovvero parte a corpo e parte a misura, l’articolo 53, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (nel testo vigente al momento della pubblicazione del bando di gara) dispone che, per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione. Per le prestazioni a misura, invece, il prezzo convenuto può variare, in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva della prestazione.
Inoltre, l’articolo 90, comma 1, del D.P.R. n. 554/1999 specifica che, in caso di aggiudicazione al prezzo più basso con il metodo dell’offerta a prezzi unitari, è predisposta la lista delle lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dell’opera o dei lavori, composta da sette colonne ove sono riportati, per ogni lavorazione e fornitura, nella prima colonna il numero di riferimento dell’elenco delle descrizioni delle varie lavorazioni e forniture individuate in progetto, nella seconda colonna la descrizione sintetica delle varie lavorazioni e forniture, nella terza colonna le unità di misura, nella quarta colonna il quantitativo previsto in progetto per ogni voce.
L’articolo 90, comma 2, del citato Regolamento stabilisce, altresì, che nella quinta e nella sesta colonna siano riportati i prezzi unitari offerti per ogni lavorazione e fornitura espressi, rispettivamente, in cifre e in lettere e nella settima colonna i prodotti dei quantitativi risultanti dalla quarta colonna per i prezzi indicati nella sesta. Il prezzo complessivo offerto, rappresentato dalla somma di tali prodotti, è indicato dal concorrente in calce al modulo stesso, unitamente al conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara, da indicare in cifre ed in lettere.
Precisato il quadro normativo di riferimento, per quanto attiene al caso di specie si rileva che la “lista delle lavorazioni per offerta a prezzi unitari” relativa al “Progetto esecutivo variante 2° lotto funzionale”, così come descritta nel disciplinare di gara (punto b) tra i documenti che devono essere contenuti, a pena di esclusione, nella busta “B-Offerta economica”, appare conforme nelle linee generali alle suddette prescrizioni.
In particolare si ritiene che la previsione contenuta nel disciplinare, secondo cui “in calce all’ultima pagina della lista è indicato il prezzo globale offerto, rappresentato dalla somma dei prodotti riportati nella settima colonna ed il conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo posto a base di gara. Il prezzo globale ed il ribasso sono espressi in cifre ed in lettere e vengono riportati nella dichiarazione” sia tale da determinare la legittimità delle offerte presentate.
Si ritiene opportuno, tuttavia, richiamare la stazione appaltante, in primo luogo, ad una maggiore attenzione nella qualificazione delle lavorazioni come “a corpo” o “a misura”, ferma restando la discrezionalità tecnica e la conseguente responsabilità del progettista. Nello specifico, sarebbe risultata più opportuna, in relazione alle “Barre lineare a led”, l’indicazione “a misura” piuttosto che “a corpo” (Articolo NPE-23 e 24); mentre nel caso del “Quadro elettrico di distribuzione per impianti”, indicato “a misura” nella lista delle lavorazioni, sarebbe risultata più consona l’indicazione “a corpo” (Articolo NPE-01).
In secondo luogo, si ritiene di richiamare la stazione appaltante ad una più corretta distinzione delle lavorazioni a corpo da quelle a misura anche da un punto di vista strettamente formale, da attuare mediante una netta separazione grafica all’interno della lista delle lavorazioni.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti di cui in motivazione, l’aggiudicazione provvisoria disposta in favore dell’impresa Chianese s.r.l. è conforme alla normativa di settore (parere 20.11.2008 n. 247 -  link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
La questione oggetto del presente procedimento risulta poco chiara in punto di fatto, pertanto, al fine di stabilire se la disposta esclusione sia conforme o meno alla normativa vigente, occorre, in via preliminare, ricostruire la vicenda in ordine temporale e le relative discipline che si sono succedute.
Il bando di gara, come rappresentato è stato pubblicato in data 16.01.2008, e dunque sotto la vigenza della Deliberazione dell’Autorità del 10.01.2007. Ai sensi di detta Deliberazione il contributo alle gare doveva essere versato a partire da un importo posto a base di gara fissato in euro 150.00,00. Nelle istruzioni presenti nelle risposte ai quesiti frequenti pubblicate sul sito internet dell’Autorità era previsto che “nel caso in cui con un’unica gara si intenda assegnare contemporaneamente più lotti, sia la stazione appaltante che le imprese versano il contributo in base all’importo complessivo di gara anche se partecipano per l’aggiudicazione di alcuni lotti; ove la fornitura o il servizio vengano acquisiti per lotti successivi e per ogni lotto si abbia una gara diversa, la stazione appaltante e le imprese eseguono il versamento in ragione dell’importo di quella specifica gara”. Pertanto, sulla base di tali istruzioni, gli operatori economici che partecipavano a procedure di gara per l’affidamento di servizi e forniture, pur presentando l’offerta relativamente ad alcuni lotti, erano tenuti a versare il contributo per l’importo totale della gara. Il Disciplinare della gara predisposto dall’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio di Agrigento, si discosta da tali istruzioni, prevedendo il versamento del contributo sulla base del valore dei lotti cui l’impresa partecipa e disponendo all’art. 8 quanto segue “l’importo di euro 30.00 nel caso in cui la ditta partecipante presenti offerta per più lotti i cui importi complessivamente superano la somma di euro 150.000,00; in caso contrario non è dovuto alcun versamento”.
Successivamente, secondo quanto rappresentato, la stazione appaltante ha rettificato l’importo da versare in euro 20,00. Tale rettifica ha indotto la Novico S.p.A. a ritenere che fosse applicabile la nuova Deliberazione dell’Autorità del 24.01.2008 in vigore dal 1° febbraio 2008 e pertanto a non versare affatto il contributo.
Sul punto occorre chiarire che il mancato versamento del contributo da parte della Novico S.p.A. è giustificabile non sulla base della nuova Deliberazione dell’Autorità, che nulla ha disposto in merito al versamento in relazione ai singoli lotti (bisognerà aspettare infatti la successiva Deliberazione 30.07.2008 che ha previsto che “gli operatori economici che partecipano a uno o più lotti devono versare il contributo per ogni singolo lotto in ragione del relativo importo”), ma sulla lex specialis di gara che aveva introdotto un canone interpretativo diverso da quello dettato dall’Autorità.
In particolare, da quanto emerge dall’istruttoria, la Novico S.p.A. ha presentato offerta relativamente a quei lotti il cui ammontare totale è inferiore a 150.000,00 euro. In particolare, secondo quanto risulta dai verbali di gara la società ha presentato l’offerta per i lotti 1 – 2 – 7 – 8 i cui corrispondenti importi triennali, secondo quanto previsto dall’art. 1 del disciplinare di gara, sono: lotto 1: euro 4.050,00; lotto 2: euro 9.900,00; lotto 7: euro 122.165,10; lotto 8: euro 9.090,00. Essendo la somma degli importi dei lotti cui la società istante ha presentato l’offerta inferiore a euro 150.000,00, ai sensi del sopracitato art. 8 del disciplinare di gara, la Novico S.p.A. non era tenuta a versare il contributo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione dell’istante dalla gara non è conforme alla lex specialis di gara (parere 20.11.2008 n. 246 -  link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Nel caso in esame il bando di gara prevede, tra i requisiti di partecipazione, al punto III.2.1.1. c), che non è ammessa la partecipazione alla gara dei concorrenti per i quali sussiste “l’esistenza dei piani individuali di emersione di cui all’art. 1-bis, comma 14 della legge n. 383/2001”. Il punto IV.3.1) del bando di gara dispone che il disciplinare di gara deve dettare le norme integrative “in ordine alle modalità di partecipazione alla gara, alle modalità di compilazione e presentazione dell’offerta, ai documenti da presentare a corredo della stessa ed alle procedure di aggiudicazione dell’appalto, nonché i documenti tecnico-amministrativi”. Il punto 7 del disciplinare di gara relativo alla documentazione amministrativa, oltre ad indicare quali documenti devono essere presentati nella Busta A (domanda di partecipazione, dichiarazioni sostitutive ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 e attestazione del sopralluogo), descrive nel dettaglio, in applicazione del succitato punto IV.3.1) del bando di gara, il contenuto che detti documenti devono avere.
In particolare, con riferimento alla dichiarazione sostitutiva descritta al punto 2, il disciplinare elenca tutte le situazioni soggettive, che numera con lettere dalla a) alla z), che il partecipante alla gara è obbligato a dichiarare. Nell’ambito di tali situazioni, sono ricompresi anche tutti i requisiti di partecipazione indicati al punto III.2.1.1) del bando di gara, fatta eccezione per uno solo, costituito proprio dalla dichiarazione di cui alla lettera c) riferita all’esistenza dei piani individuali di emersione di cui all’art. 1-bis, comma 14, della legge n. 383/2001 la cui omissione è contestata alla S.I.C.E. S.r.l..
Dalle sopradescritte previsioni della documentazione di gara, risulta evidente che si è in presenza di un mancato coordinamento tra le disposizioni del bando e quelle del disciplinare di gara, il quale non ha riportato tutte le prescrizioni del bando. Tale omissione del disciplinare risulta grave, in quanto è idonea ad indurre in errore i partecipanti di gara.
Alla luce di quanto sopra, la richiesta di regolarizzazione documentale decisa dalla commissione di gara è da ritenersi corretta e conforme ai principi di favor partecipationis, e non si risolve in una violazione della par condicio nei confronti di quelle imprese concorrenti, che abbiano, invece, rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis di gara data l’equivocità della documentazione di gara.
E’ principio noto, infatti, che le stazioni appaltanti, nel predisporre gli atti di una gara d’appalto, hanno l’onere di indicare con estrema chiarezza i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, onde evitare che il principio di massima concorrenza tra le stesse imprese, cui si correla l’interesse pubblico all’individuazione della migliore offerta, possa essere in concreto vanificato da clausole equivoche non chiaramente percepibili dai soggetti partecipanti. Pertanto, le disposizioni con le quali siano prescritti particolari adempimenti per l’ammissione alla gara, ove indichino in modo equivoco taluni dei detti adempimenti, vanno interpretate nel senso più favorevole all’ammissione degli aspiranti, corrispondendo all’interesse pubblico di assicurare un ambito più vasto di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione alle condizioni migliori possibili (cfr. per tutti Pareri dell’Autorità 21.05.2008 n. 167; 23.04.2008 n. 126 e Cons. Stato, VI, 12.06.1992, n. 481).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’operato della commissione di gara risulta conforme al principio del favor partecipationis, stante la poca chiarezza della documentazione di gara (parere 20.11.2008 n. 245 -  link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare della gara in oggetto prescrive al paragrafo 4.1 che «unitamente all’offerta […] devono essere prodotte, a pena di esclusione, le seguenti dichiarazioni rese anche congiuntamente [...] attestanti quanto segue: […] 2. l’inesistenza delle cause di esclusione di cui all’art.38 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e cioè: a) […]; m-bis)» e il bando, al paragrafo VI.3, sanziona con l’esclusione dalla procedura di gara «la mancata presentazione anche di una sola delle dichiarazioni di cui ai paragrafi […] 4.1 […] del Disciplinare di gara».
Ora, l’impresa I.C.E.I. Srl ha presentato una parziale dichiarazione sostitutiva relativa ai requisiti di cui all’art. 38, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., indicando l’assenza solo delle cause di esclusione dalla lettera a) alla lettera m), omettendo la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art.38, comma 1, lettera m-bis).
L’art. 38 del Codice dei contratti pubblici disciplina i c.d. requisiti di ordine generale, il cui mancato possesso comporta l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi. La disposizione in esame è stata novellata ad opera del D.Lgs. 31.07.2007 n. 113, che ha aggiunto nel primo comma dell’art. 38 del Codice la lettera m-bis), secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, né possono essere affidatari di subappalti, né possono stipulare i relativi contratti i soggetti «nei cui confronti sia stata applicata la sospensione o la decadenza dell'attestazione SOA per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci, risultanti dal casellario informatico».
La ratio della norma si ravvisa nell’esigenza di precludere la partecipazione alle gare degli operatori economici che si siano resi responsabili di false dichiarazioni o false informazioni ai fini del conseguimento della qualificazione, con la conseguente adozione della misura della sospensione o della revoca dell’attestazione Soa.
Inoltre, la disposizione dell’art. 38, comma 1, lettera m-bis), del Codice dei contratti pubblici è chiaramente richiamata nella clausola del disciplinare della gara in oggetto che richiede, espressamente a pena di esclusione, l’autocertificazione anche con riferimento al requisito della mancata revoca o sospensione dell’attestazione Soa per falso.
E non si può ritenere che la dichiarazione resa dall’impresa circa l’assenza di variazioni dell’attestazione Soa sia equipollente alla omessa dichiarazione relativa al requisito di cui alla lettera m-bis). Invero, le variazioni attengono a modifiche, ad esempio, delle categorie o delle classifiche di uno specifico attestato di qualificazione singolarmente individuato, mentre la lettera m-bis) si riferisce a tutti i casi di applicazione nei confronti dell’operatore economico della misura “sanzionatoria” della sospensione o della revoca di un’attestazione Soa, per avere prodotto falsa documentazione o reso dichiarazioni mendaci.
Né appare corretto, come invece vorrebbe argomentare l’impresa, ritenere esigibile una verifica da parte della S.A. circa l’eventuale adozione della misura della sospensione o della revoca delle attestazioni Soa presentate dai concorrenti. A tale lettura osta, oltre al chiaro dettato normativo, anche il principio generale secondo cui, quando la normativa di gara impone a carico delle imprese concorrenti adempimenti formali previsti a pena di esclusione, la lex specialis deve essere applicata dall’amministrazione in modo pedissequo ed uniforme, essendo inibito alla stessa di valutare, dal punto di vista sostanziale, la necessità di ulteriori adempimenti. Infatti, in conformità alla consolidata giurisprudenza amministrativa, il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara risponde ad esigenze pratiche di certezza e celerità, oltre che alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti.
La S.A., pertanto, riscontrata l’assenza della dichiarazione sostituiva da rendere a pena di esclusione con l’indicazione di tutte le fattispecie tassativamente individuate dall’art. 38, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., così come richiesto inequivocabilmente dagli atti di gara, ha legittimamente escluso l’impresa I.C.E.I. Srl.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti di cui in motivazione, l’operato della S.A. risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 20.11.2008 n. 244 -  link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica.
Sull'inammissibilità di una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.
In merito alla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica, la risposta deve essere differenziata, occorrendo distinguere l'ipotesi di costituzione di una società mista per una specifica missione, sulla base di una gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio che l'affidamento della specifica missione, e l'ipotesi in cui si intendano affidare ulteriori appalti ad una società mista già costituita. Con riferimento al primo caso, a seguito di una complessa evoluzione, la giurisprudenza nazionale (cfr. da ultimo Cons. St., ad.plen., 03.03.2008, n. 1; sez. V, 23.10.2007, n. 5587; sez. II, 18.04.2007, n. 456/2007) e comunitaria (cfr. Corte giust. CE, sez. I, 11.01.2005, n. C-26/03) è pervenuta alla conclusione che, nel rispetto di precisi paletti, è sufficiente una unica gara. Nel secondo caso (che caratterizza il caso di specie), invece, occorre una gara per l'affidamento degli appalti ulteriori e successivi rispetto all'originaria missione.
Prima del d.lgs. n. 163 del 2006, si preferiva la soluzione secondo cui, limitatamente ai lavori e servizi specifici e originari, per i quali fosse stata costituita una società mista, fosse sufficiente una sola procedura di evidenza pubblica, e dunque bastasse quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare alla società. Tale soluzione è stata sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163 del 2006 c.d. codice dei contratti pubblici. Dispone infatti l'art. 32, co. 3, del d.lgs. n. 163 cit., che le società miste non sono tenute ad applicare le disposizioni del medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a seguire procedure di evidenza pubblica), limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni specificamente indicate dalla norma. Ne discende che la società mista opera nei limiti dell'affidamento iniziale e non può ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano già previste nel bando originario. Con riferimento alla materia degli appalti e delle concessioni in caso di partenariato pubblico-privato, anche la Commissione europea, con la comunicazione 05.02.2008, si è mossa lungo la medesima traiettoria argomentativa, affermando che sia sufficiente una sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all'affidamento della missione originaria, il ché si verifica quando la scelta di quest'ultimo è accompagnata sia dalla costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (id est attraverso la costituzione di società mista), sia dall'affidamento della missione al socio operativo.
Non è dunque ammissibile una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.02.2009 n. 824 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: In merito al difetto di motivazione del parere negativo della Commissione per la qualità architettonica ed il paesaggio e sulla conseguente illegittimità del provvedimento finale che a quel parere ha fatto rinvio.
Come la giurisprudenza ha avuto occasione di rilevare (v. TAR Campania, Salerno, Sez. II, 10.10.2006 n. 1635), l’insufficiente motivazione di un parere si risolve in una carenza procedimentale cui l’Amministrazione è tenuta a rimediare con la richiesta di una pronuncia integrativa dell’organo consultivo o, se questo non è possibile, provvedendo in sede di determinazione finale a chiarire le ragioni del rigetto dell’istanza, onde rendere comprensibile al privato l’iter logico seguito, in ottemperanza alla regola generale di cui all’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 11.02.2009 n. 36 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il concorrente ad una gara d'appalto che intende avvalersi dei requisiti di un altro soggetto deve produrre il contratto di avvalimento.
Ai sensi dell'art. 49 D.L.vo n. 163/2006, l'avvalimento di altro soggetto è subordinato, tra l'altro, alla produzione del contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto, per cui se non è necessaria una particolare forma del contratto di avvalimento comunque occorre che un contratto del genere sia accertabile e veritiero. Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione di un concorrente dalla gara, che si avvaleva dei requisiti di un altro soggetto, per non aver prodotto un contratto del genere, atteso che il disciplinare di gara, in conformità a quanto previsto dal citato art. 49 del d.L.vo n. 163/2006, stabilisce che il concorrente può avvalersi dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo di altro soggetto, ma in tal caso è tenuto ad allegare alla propria domanda di partecipazione, tra l'altro, in originale o copia autentica, il contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2009 n. 743 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il potere regolamentare -in materia di ubicazione delle antenne per la telefonia mobile- non può spingersi fino ad impedire –o a rendere eccessivamente onerosa– la possibilità di installare impianti di telefonia sul territorio comunale.
In base alla L. 22.02.2001 n. 36 si ammette che i Comuni adottino misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare l’esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio (cfr. Cons. St., sez. VI, 03.06.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.02.2003, n. 673; 26.08.2003, n. 4841).
Al riguardo, la giurisprudenza ha tuttavia chiarito che il potere regolamentare in questione non può spingersi fino ad impedire –o a rendere eccessivamente onerosa– la possibilità di installare impianti di telefonia sul territorio comunale
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2009 n. 733 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALINon è ammesso alcun sindacato dei Consiglieri comunali sulla nomina degli assessori comunali.
È noto come la giurisprudenza abbia circoscritto la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare gli atti dell’organo di cui fanno parte entro limiti ben precisi, connaturati alla posizione dagli stessi rivestita ed alla natura del giudizio amministrativo.
In particolare, atteso che il giudizio amministrativo non è nella normalità dei casi deputato a risolvere controversie tra organi appartenenti ad uno stesso ente ovvero tra i componenti di uno stesso organo, un ricorso di singoli consiglieri contro l’amministrazione di appartenenza può ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e quindi sul diritto spettante alla persona fisica investita della carica di consigliere (C.S., sez. V 15.12.2005 n. 7122, TAR Toscana sez. I 28.06.2006 n. 2961, TAR Lombardia, Milano 17.10.2006 n. 2014). Pertanto, la legittimazione dei componenti di un organo collegiale dell’ente locale deve essere ammessa in quelle ipotesi in cui vengono dedotti vizi propri del subprocedimento di deliberazione che si concretano in violazioni procedurali direttamente lesive del munus rivestito dal componente dell’organo, quali irritualità della convocazione, violazione dell’ordine del giorno, difetto di costituzione del collegio, ipotesi in cui si sostanzia la violazione dello ius ad officium (TAR Toscana sez. I, 28.06.2004 n. 23000, TAR Lombardia Brescia, 14.05.2002 n. 857, TAR, Umbria 22.11.2002 n. 847).
Deve rilevarsi come la riforma degli enti locali abbia attribuito al Sindaco la nomina e la revoca degli assessori comunali, di talché la Giunta comunale, organo distinto e separato dal Consiglio comunale (art. 36 d.lgs. 267/2000), costituisce emanazione del Sindaco stesso e non già del Consiglio comunale come avveniva precedentemente.
Con queste premesse, nel decreto di nomina di un assessore non si ravvisa alcuna violazione delle prerogative, dello status e dello ius ad officium del consiglieri comunali.
La nomina di un assessore, infatti, quand’anche assunta in spregio delle norme di legge o statutarie che la disciplinano non interferisce in alcun modo con lo ius od officium del Consigliere comunale che potrà esercitare le proprie prerogative, proponendo ad esempio una mozione di sfiducia, per contrastare le scelte del Sindaco.
Ammettere, quindi, un sindacato dei Consiglieri comunali sulla nomina degli assessori configurerebbe in capo a questi una sorta di azione popolare inammissibile nel nostro ordinamento in assenza di una specifica norma legislativa che tale possibilità consenta (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.02.2009 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’individuazione delle opere e dell’area di pertinenza della res abusiva non deve necessariamente compiersi al momento dell’emanazione dell’ingiunzione di demolizione, bensì in quello successivo in cui viene accertata la inottemperanza e si procede all’acquisizione del bene al patrimonio del Comune.
I
provvedimenti che ordinano la demolizione di manufatti abusivi sono sufficientemente motivati con riferimento all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere e all’assoggettabilità di queste al regime concessorio, non essendo necessario alcun obbligo motivazionale con riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico.
Un costante, preciso orientamento giurisprudenziale, cui la Sezione ancora una volta ritiene di dover aderire, ha chiarito che “l’individuazione delle opere e del’area di pertinenza della res abusiva non deve necessariamente compiersi al momento dell’emanazione dell’ingiunzione di demolizione, bensì in quello successivo in cui viene accertata la inottemperanza e si procede all’acquisizione del bene al patrimonio del Comune” (cfr. questa Sezione 22/02/1996 n. 159; idem 04/02/1995 n.3; TAR Campania Sez. IV 21/09/2002 n. 5429; TAR Puglia Lecce Sez. III 04/06/2004 n. 3371).
Come più volte sancito in giurisprudenza i provvedimenti che ordinano la demolizione di manufatti abusivi sono sufficientemente motivati con riferimento all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere e all’assoggettabilità di queste al regime concessorio, non essendo necessario alcun obbligo motivazionale con riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico (cfr. TAR Campania Sez. VI 10/11/2005). In particolare, poi, è stato statuito che la natura vincolata dell’ordine di demolizione e il carattere di illecito permanente dell’abuso fanno sì che non si rende necessario esternare una motivazione in ordine all’interesse pubblico anche quando la sanzione è adottata a distanza di anni dalla realizzazione delle opere (vedi TAR Campania Sez. IV 24/09/2002 n. 5556) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 06.02.2009 n. 218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Formalità della comunicazione sulle modifiche di un bando di un concorso in atto.
Le eventuali modifiche o integrazioni apportate ad un concorso pubblico dopo l’emanazione del bando originario, ai fini della legittimità della procedura, non devono essere comunicate personalmente ai partecipanti, ma è sufficiente la pubblicazione, nelle stesse forme previste per la comunicazione dell’originario bando di concorso (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 05.02.2009 n. 638 - link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: Non è legittima l'elargizione del compenso incentivante per la produttività in modo indistinto e sulla base della sola presenza in servizio del personale.
L’art. 30 del d.P.R. n. 347 del 1983 stabilisce che i compensi incentivanti in favore degli impiegati siano erogati sulla base della preventiva formulazione di specifici programmi di attività delle singole unità organiche e della successiva attività di valutazione del risultato globale realizzato da ciascuna di esse, nonché dell’apporto individuale di ogni impiegato al raggiungimento del risultato stesso; non è legittima, dunque, l’elargizione dell’erogazione in modo indistinto e sulla base della sola presenza in servizio del personale (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 23.10.1998, n. 626); ciò è, del resto, conforme alla ratio dell’istituto dell’incentivazione, che -mirando a conseguire l’efficienza dei servizi e ad elevare il livello di produttività- mal tollererebbe una distribuzione “a pioggia” di emolumenti.
Va osservato, altresì, che l’art. 8 del d.P.R. n. 333 del 1990 esclude expressis verbis la possibilità di erogazione generalizzata dei compensi incentivanti collegata solo alla presenza, ribadendo anzi la necessità di correlare la misura degli incentivi ad una valutazione delle singole prestazioni da effettuare (in mancanza di specifici parametri) tenendo conto dei risultati conseguiti rispetto ai programmi ed ai progetti-obiettivo predisposti
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 05.02.2009 n. 617 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di un affidamento diretto di un servizio pubblico a favore di una società il cui capitale è interamente pubblico, in quanto lo statuto di quest'ultima non garantisce in via certa e permanente l'incedibilità a privati delle azioni.
E' illegittimo l'affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale a favore di una società il cui capitale sociale è interamente posseduto dallo stesso Comune, in quanto lo statuto di quest'ultima non garantisce, infatti, in via certa e permanente l'incedibilità a privati delle azioni.
Nel caso in cui, infatti, nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell'affidatario (con l'ingresso anche minoritario di privati) ciò comporta la vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.
Pertanto, la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni posto ad opera dello statuto.
Il possesso dell'intero capitale sociale da parte dell'ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualità se lo statuto della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.02.2009 n. 591 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell'offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico tale da giustificare il diniego di approvazione dell'aggiudicazione definitiva.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie; circostanza, questa, già idonea di per sé ad integrare una motivazione congrua e sufficiente alla stregua dei principi fondamentali del corretto svolgimento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura finanziaria di contabilità pubblica di ogni provvedimento comportante una spesa, riconducibile all’art. 81 Cost. (cfr., Cons. St., sez. IV, 31.05.2007 n. 2838, nonché cit. Cons. St., sez. IV, n. 1457/2003) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 526 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIL’accertata illegittimità del provvedimento amministrativo non integra di per sé gli estremi della condotta colposa, cui ricollegare automaticamente l’obbligo risarcitorio.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’accertata illegittimità del provvedimento amministrativo non integra di per sé gli estremi della condotta colposa, cui ricollegare automaticamente l’obbligo risarcitorio, dovendosi prendere in considerazione, a tal fine, il comportamento complessivo degli organi che sono intervenuti nel procedimento, il quadro delle norme rilevanti ai fini dell’adozione della statuizione finale, la presenza di possibili incertezze interpretative in relazione al contenuto prescrittivo delle disposizioni medesime (cfr. da ultimo: Cons. Stato, Sez. IV, 24.12.2008 n. 6538) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.01.2009 n. 516 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIIl consigliere comunale ha diritto di accedere alle registrazioni audio delle sedute consiliari.
Il Collegio osserva che il ricorrente, in quanto consigliere comunale, ha un diritto di accesso più esteso e più tutelato di quello spettante alla generalità dei cittadini.
Viene in considerazione l’art. 43, comma 2, del t.u. n. 267/2000, a norma del quale «i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato».
L’accesso dei consiglieri comunali, dunque, non è strettamente limitato agli atti qualificabili come “documento amministrativo” in senso stretto.
E’ vero che la registrazione audio non è richiesta dalla legge e neppure dal regolamento consiliare, ma se di fatto gli uffici comunali vi provvedono, non si vede per quale ragione le registrazioni non debbano essere messe a disposizione dei membri del consiglio.
Non si può certo dire che si tratti di materiale segreto o comunque riservato, giacché le discussioni del consiglio comunale di norma sono pubbliche. Ma, anche in quei casi particolari in cui esse si svolgono a porte chiuse il segreto, per ovvie ragioni, non è opponibile ai membri del consiglio (i quali semmai saranno essi stessi tenuti al segreto verso i terzi, come previsto dall’art. 43, cit.).
Non si può neppure negare che i consiglieri comunali abbiano un apprezzabile interesse ad avere accesso alle registrazioni, se non altro per poter verificare la correttezza della verbalizzazione ufficiale, prima di approvarla; ma anche, e più in generale, per poter disporre di una documentazione più completa ed accurata.
Si può dunque concludere, sul punto, che il Comune dovrà consentire al ricorrente l’ascolto delle registrazioni, all’interno della sede comunale – salvo il dovere dell’interessato di osservare il segreto d’ufficio ove ne sia il caso.
Tuttavia il ricorrente chiede di avere la «traduzione cartacea e/o digitale» delle registrazioni.
Per questa parte, il ricorso non può essere accolto, perché la “traduzione” (rectius, trascrizione) è un’attività ulteriore, complessa e dispendiosa, che il Comune non è tenuto ad effettuare. Potrà, semmai, chiedere che gli venga consentito provvedervi a propria cura e spese.
Resta nella disponibilità e nella discrezionalità del consiglio comunale disporre che si proceda regolarmente a tali trascrizioni, ed eventualmente che esse vengano rilasciate in copia ai consiglieri (TAR Umbria, sentenza 30.01.2009 n. 21 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Al fine di escludere la necessità della concessione edilizia la precarietà della costruzione va desunta dalla funzione assolta dal manufatto e non dalla struttura o dalla qualità dei materiali usati.
Per costante giurisprudenza, al fine di escludere la necessità della concessione edilizia –ora permesso di costruire–, la precarietà della costruzione va desunta dalla funzione assolta dal manufatto, non dalla struttura o dalla qualità dei materiali usati, essendo in ogni caso subordinata al previo titolo abilitativo l’opera destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 28.03.2008 n. 1354).
Non è dunque significativo che il manufatto sia solo aderente al suolo e non anche infisso allo stesso, se alteri tuttavia in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, e cioè non si traduca in un uso oggettivamente preordinato a soddisfare esigenze del tutto contingenti e transitorie (v., tra le altre, TAR Emilia-Romagna, Parma, 19.02.2008 n. 102)
(TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 27.01.2009 n. 22 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La nozione urbanistica di pertinenza è assai più ristretta di quella prevista dall’art. 817 cod.civ., essendo configurabile solo quando l’opera non abbia un consistente ed autonomo impatto sul territorio.
Nel caso di costruzione, senza previo titolo abilitativo, di un capanno per ricovero attrezzi e di due tettoie per la copertura di auto e per la conservazione di legna (strutture in legno obiettivamente idonee a determinare una duratura e rilevante, ancorché non irreversibile, modificazione dello stato dei luoghi) non si può parlare di opere pertinenziali, in quanto la nozione urbanistica di pertinenza è assai più ristretta di quella prevista dall’art. 817 cod.civ., essendo configurabile solo quando l’opera non abbia un consistente ed autonomo impatto sul territorio (v., tra le altre, TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 11.10.2007 n. 2286); e, in effetti, le dimensioni dei manufatti oggetto della controversia ne evidenziano la capacità di alterare in modo significativo l’assetto del territorio (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 27.01.2009 n. 22 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla necessità o meno di motivazione sottesa all'ordine di demolizione di opere abusive.
L’ingiunzione a demolire ex art. 7 della legge n. 47 del 1985 si configura come atto dovuto, per il quale non esiste uno specifico obbligo di motivazione oltre la descrizione dell’abuso commesso e la sua identificazione oggettiva, salvi i casi eccezionali di lunghissimo lasso di tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e l’adozione dell’ordine demolitorio (v. Cons. Stato, Sez. IV, 06.06.2008 n. 2705) (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 27.01.2009 n. 22 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGOSulla decadenza dall'impiego di un pubblico dipendente che si assenta dal lavoro, senza la preventiva autorizzazione dell'Ente di appartenenza, per svolgere la propria attività di rappresentante sindacale.
Il dipendente (pubblico) con qualifica di rappresentante sindacale può assentarsi dall’ufficio per svolgere la relativa attività soltanto ed unicamente a seguito di espressa autorizzazione, come da tempo precisato dalla giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. VI, 03.07.1981, n. 349).
E' legittimo, quindi, il provvedimento di decadenza dell'impiego per assenza arbitraria da parte del rappresentante sindacale che, avendo usufruito dei permessi concessi in dipendenza dello svolgimento della sua attività di rappresentante, non abbia ripreso servizio nonostante i ripetuti inviti dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.01.2009 n. 386 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Insidia: il Comune è responsabile anche se appalta la manutenzione delle strade.
L'affidamento della manutenzione stradale in appalto ad imprese esterne non vale ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade a titolo di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 23.01.2009 n. 1691 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAIl termine di 30 giorni entro il quale l’amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla denuncia di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi perentorio.
E' ius receptum che la DIA prevista dal testo unico edilizia (TUEd) rappresenti autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento: in merito ad essa la PA svolge una eventuale attività di controllo –nel termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA stessa– che è prodromica e funzionale al formarsi (a seguito del mero decorso del tempo) del titolo legittimante l’inizio dei lavori.
Ora, il termine di 30 giorni entro il quale l’amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla denuncia di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi perentorio, sia per la certezza dei rapporti giuridici, sia perché la norma introduce nella peculiare fattispecie normativa (realizzazione di impianti di energia rinnovabile) una duplice limitazione temporanea: da un lato, allo jus aedificandi, che è facoltà attinente al diritto di proprietà; dall’altro lato, alla libera iniziativa privata in materia di attività energetica (art. 1, comma 2, legge n. 239 del 2004). Pertanto, detta limitazione temporanea non può che avere carattere perentorio, non potendo lasciarsi al mero arbitrio dell’amministrazione la disponibilità dei diritti sopra indicati, costituzionalmente garantito. Ove, pertanto, dopo la presentazione della denuncia di inizio attività decorra infruttuosamente il termine di 30 giorni previsto, la conseguenza che da ciò deriva è la formazione dell’autorizzazione edilizia implicita (cfr., in termini, TAR Abruzzo L'Aquila, 08.06.2005, n. 433).
Prima la giurisprudenza e poi il legislatore (legge n. 80 del 2005) hanno inoltre stabilito che, una volta decorsi i termini previsti dall’art. 23 TUED, all’amministrazione residua unicamente l’attivazione del procedimento di autotutela secondo i criteri ed i parametri stabiliti al riguardo dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Secondo lo schema delineato dall’art. 23 TUED non è consentita la inibitoria dell’intervento che si intende realizzare se non per la riscontrata assenza di una o più delle condizioni stabilite dalla normativa vigente al momento della scadenza dei termini previsti per la formazione del titolo edilizio, senza poter mai invocare al medesimo fine atti regolamentari che allo stato risultano solo in corso di predisposizione
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 15.01.2009 n. 59 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl favor legislativo per le fonti rinnovabili si riverbera sulla possibilità di installare gli impianti fotovoltaici anche in zona agricola.
E’ infondata la censura relativa all’assenza, in capo al Comune, del potere di disciplinare la realizzazione e, più in particolare, l’ubicazione degli impianti di energia rinnovabile.
Il favor legislativo per le fonti rinnovabili, che si riverbera tra l’altro sulla possibilità di installare gli impianti suddetti anche in zona agricola, non è infatti senza limiti.
Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, i Comuni possono certamente prevedere, nell’esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente destinate o meno a tal fine. La disposizione citata sottintende proprio tale potere, laddove prevede che “nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” (cfr. TAR Umbria, 15.06.2007, n. 518).
Emerge dunque come le amministrazioni comunali, nel favorire l’installazione di impianti di energia pulita, conservino in ogni caso un certo potere discrezionale teso a disciplinare –se del caso anche mediante atti regolamentari a carattere generale, come nella specie– il corretto inserimento di tali strutture nel rispetto dei fondamentali valori della tradizione agroalimentare locale e del paesaggio rurale
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 15.01.2009 n. 59 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl carattere di precarietà di una costruzione, ai fini edilizi, non va desunto dalla eventualmente facile e rapida rimovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere, poi, prontamente rimossa.
Nemmeno è sufficiente ad attribuire il carattere di precarietà ai fini dell’esenzione dalla concessione edilizia, il fatto che si tratti di manufatto smontabile e non fisso al suolo.

Il carattere di precarietà di una costruzione, ai fini edilizi, non va desunto dalla eventualmente facile e rapida rimovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere, poi, prontamente rimossa (TAR Campania, Napoli, sez. IV 01.08.2008 n. 9710; TAR Pescara, Abruzzo, 04.06.2008 n. 558), a nulla rilevando la circostanza che l’impiego del bene sia circoscritto ad una parte sola dell’anno (TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I 19.02.2008 n. 102; 22.01.2008 n. 35; TAR Basilicata, Potenza, sez. I 27.06.2008 n. 337; TAR Lombardia, Milano, sez. II 04.12.2007 n. 6544; 23.11.2006 n. 2834; TAR Sicilia, Palermo, sez. I 08.07.2002 n. 1936).
Nemmeno è sufficiente ad attribuire il carattere di precarietà ai fini dell’esenzione dalla concessione edilizia, il fatto che si tratti di manufatto smontabile e non fisso al suolo (cfr. TAR Umbria, 21.08.2003 n. 692), così come il carattere stagionale non implica precarietà dell’opera ben potendo essere la stessa destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile (cfr. Cass. Penale sez. III 19.02.2004 n. 11880) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 19 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAGli atti di repressione degli abusi edilizi non devono necessariamente essere preceduti da una comunicazione di avvio del relativo procedimento.
Nel caso di un abuso edilizio
sussiste a carico del proprietario dell'immobile una presunzione di responsabilità dell'abuso edilizio accertato, cui egli può sottrarsi solo dimostrando la sua estraneità all’abuso commesso da altri.
Gli atti di repressione degli abusi edilizi non devono necessariamente essere preceduti da una comunicazione di avvio del relativo procedimento (cfr. ex multis: TAR Lazio, Latina, 29.08.2008 n. 1004; C. di Stato sez. VI  07.07.2008 n. 3351; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 18.04.2008 n. 2344; 01.08.2008 n. 9710; 08.07.2008 n.7798; TAR Basilicata, Potenza, sez I 19.01.2008 n. 11, TAR Toscana, Firenze , sez. III 07.07.2004 n. 2417; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II n. 75/2001; n. 1060/2000 e n. 541/2000), che è oggetto di una specifica ed esaustiva disciplina normativa.
Peraltro, quando lo scopo partecipativo sia stato in qualsiasi modo raggiunto, una comunicazione formale all’avvio del procedimento è superflua e la sua omissione non rende mai illegittimo il provvedimento (cfr. C. Stato sez. V 26.09.1995 n. 1364).
La giurisprudenza amministrativa è prevalente nell’affermare che, a norma degli artt. 6 e 7 L. 47/1985 sussiste, a carico del proprietario, una presunzione di responsabilità degli abusi edilizi accertati, cui egli può sottrarsi solo dimostrando la sua estraneità all’abuso commesso da altri (cfr. ex multis: TAR Toscana, Firenze, sez. III 07.07.2004 n. 2421; TAR Campania, Napoli, 04.02.2003 n. 614; TAR Piemonte, 13.11.2002 n. 1843; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez II n. 75/2001; TAR Abruzzo, l’Aquila, 30.12.1994 n. 1026; Cons. Stato, sez. V, n. 308/1993).
Ciò in quanto il proprietario trae comunque beneficio dalla commissione dell’illecito urbanistico anche se la costruzione è stata realizzata da diverso soggetto (cfr. TAR Toscana, 21.11.2000 n. 2345, TAR Abruzzo, Pescara, 01.07.2000 n. 542; TAR Liguria, sez. I, 18.01.1993 n. 10)
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 14.01.2009 n. 19 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: E' legittimo un affidamento in house anche nel caso di una partecipazione esigua di un comune al capitale sociale di una società affidataria di un servizio pubblico.
Sulla verifica della sussistenza del controllo analogo.

L'esiguità della partecipazione al capitale di una società affidataria di un servizio pubblico da parte di un comune non è di per sé indice dell'impossibilità, per il comune, di esercitare sulla predetta società il cd. controllo analogo. Ed invero, nel caso di specie, essendo statutariamente imposto che società affidataria indirizzi la parte più rilevante della propria attività alla collettività degli Enti locali soci, è in tal maniera soddisfatto uno dei due requisiti che la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia CE richiede perché si possa ammettere la configurazione di un affidamento in house.
La verifica del controllo analogo non può che effettuarsi sul piano dell'esistenza di previsioni che conferiscano, agli Enti aventi una partecipazione esigua alla società affidataria, dei poteri di controllo nell'ambito in cui si esplica l'attività decisionale della società tramite gli organi di questa: poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all'ordine del giorno di detti organi, ma anche e principalmente di poteri di inibizione di iniziative o decisioni che contrastino con gli interessi dell'Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali rappresentati dall'Ente stesso con le suindicate proposte. Occorre, inoltre, che i predetti poteri inibitivi siano esercitabili dall'Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della partecipazione di esso al capitale della società affidataria, ma per il semplice fatto che l'Ente, nel cui territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attività societarie contrastanti con i propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attività.
La giurisprudenza ha in particolare rinvenuto l'esistenza del controllo analogo in presenza di clausole, contenute nello statuto societario e nel contratto di servizio, attributive all'Ente locale affidante delle seguenti prerogative, che l'Ente stesso può esercitare, ai fini del controllo sul servizio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta:
- potere dell'Ente di effettuare nei confronti dell'organo amministrativo proposte di iniziative attuative del contratto di servizio;
- diritto di veto sulle deliberazioni assunte in modo difforme dal contenuto delle proposte;
- diritto di recesso dalla società, con revoca dell'affidamento del servizio, qualora il Comune abbia diritto di far valere la risoluzione o comunque lo scioglimento del contratto di servizio, nonché nel caso di violazione delle competenze assembleari, quando cioè l'organo amministrativo assuma iniziative rientranti nelle competenze dell'assemblea senza l'autorizzazione di questa.
A ciò si sono poi aggiunte la riserva all'assemblea ordinaria del potere di trattare argomenti inerenti a pretese o diritti delle società sugli Enti locali nascenti dal contratto di servizio e il diritto di veto di ogni Ente locale interessato sulle relative determinazioni. Nel caso di specie, sussistono un complesso di elementi sufficiente, per quantità ed importanza, a configurare il cd. controllo analogo e, per l'effetto, a far rientrare la fattispecie stessa nell'in house providing, essendo fuori discussione l'altro requisito prescritto (cioè lo svolgimento, da parte della società, della parte più importante della propria attività con l'Ente o gli Enti pubblici che ne detengono il capitale: Corte di Giustizia CE, 17.07.2008, in C-371/05) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.12.2008 n. 5759 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICASulla natura espropriativa o meno del vincolo di PRG che destina un terreno ad edilizia popolare.
In termini generali, è noto che non vanno considerati espropriativi i vincoli che importano destinazioni, anche di contenuto specifico, realizzabili ad iniziativa privata o promiscua, ovvero sia pubblica sia privata, e non postulino di necessità espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica; a ben vedere, infatti, detti vincoli non privano il contenuto del diritto di proprietà ma si limitano a imporre al titolare intenzionato a trarne le relative utilità di seguire una data procedura (così nella giurisprudenza di questo Tribunale la sentenza 11.06.2007 n. 507; sul principio in generale si vedano poi C.d.S. sez. IV 25.05.2005 n. 2718 e sez. V 06.10.2000 n. 5327)
(TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.11.2008 n. 1699 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASul concetto di pianificazione urbanistica perequativa.
Com’è noto, in termini generali, si definisce pianificazione urbanistica perequativa la pianificazione la quale in primo luogo conferisce un indice edificatorio a tutti i suoli dell’area da essa interessata, e quindi conferisce diritti edificatori a tutti i proprietari di essi; in secondo luogo prevede la autonoma trasferibilità di detti diritti; da ultimo, impone di edificare solo su determinate aree, individuate per lo più nel corso della fase attuativa, concentrando solo su di esse i diritti generati da tutti gli altri suoli. In tali termini, i proprietari che non possono sfruttare in via diretta i diritti relativi ai loro terreni, perché su di essi non possono intervenire di loro iniziativa, li possono cedere a terzi, incassando il valore relativo.
Ciò posto, allora, un problema di perequazione si pone solo assumendo appunto che su una data area il proprietario, in virtù di un vincolo preordinato all’esproprio, non possa intervenire. Tale premessa è stata però esclusa, poiché si è affermato che nell’ambito ATR3 di cui si tratta è possibile procedere anche per mezzo di piano di iniziativa privata
(TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.11.2008 n. 1699 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Un parere interlocutorio non esclude la configurabilità del silenzio della p.a..
Il Comune che ha dato inizio ad un procedimento, con la convocazione anche di una apposita conferenza di servizi, e che non è giunto alla sua conclusione con l’adozione di un provvedimento espresso, viola l’obbligo di cui all’articolo 2 della l. n. 241/1990.
Non vale ad escludere l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune il fatto che nel procedimento attivato dall’ente si riscontri la presenza di un parere negativo, dal momento che, se esso ha carattere interlocutorio, non può surrogare il necessario provvedimento finale, come dispone l’articolo 2 della l. n. 241/1990
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 05.09.2008 n. 8118 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: Silenzio della p.a.: nessun potere del giudice sull’istanza di esercizio di potere discrezionale.
La possibilità di pronunziarsi sulla fondatezza dell’istanza ai sensi dell’art. 2 co. 5 L. 241/1990 non è obbligatoria («il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza») e deve ritenersi limitata ai casi in cui venga in rilievo un'attività interamente vincolata della P.A. che non postuli accertamenti valutativi complessi e sempre che non sia prevalente il profilo afferente alla sussistenza dell’obbligo dell’amministrazione di emettere una pronuncia esplicita sulla domanda del privato.
Se si riconoscesse al giudice amministrativo il potere di pronunciarsi in ogni caso sulla fondatezza della pretesa fatta valere, quindi anche nei casi di esercizio della potestà discrezionale o nei casi in cui l'attività vincolata comporti valutazioni complesse, si finirebbe per ammettere una completa sostituzione del giudice all'Amministrazione, in contrasto sia con i principi generali riguardanti i poteri del giudice amministrativo, sia con la natura semplificata del giudizio sul silenzio e della decisione che deve definirlo e che deve essere “succintamente motivata”, così come prescrive il legislatore
(TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 11.08.2008 n. 1960 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Non è precaria una struttura saldamente ancorata al terreno e che non è destinata a soddisfare una necessità contingente.
Come affermato in fattispecie analoga da questa Sezione (cfr. 22.03.2007, n. 2725), deve escludersi per la realizzazione di una struttura, saldamente ancorata al terreno, di rilevanti dimensioni, avente una propria autonomia funzionale (struttura in tubolari di ferro e plastica che ricopre un’area di mq. 50 circa ed alta mt. 5 circa, … ancorata al suolo mediante bullonatura; per tale condizione e visto l’ingombro ha caratteristica di inamovibilità e destinata al gioco per bambini) il carattere della precarietà del manufatto, sia per il sistema fisso di ancoraggio al suolo, sia –soprattutto- per il fatto che la costruzione non è destinata a soddisfare una necessità contingente (per essere, poi, prontamente rimossa), ma durevole nel tempo.
Deve altresì escludersi la prospettata natura pertinenziale (rispetto al locale di ristorazione), trattandosi di struttura chiaramente suscettibile di utilizzazione autonoma e separata (cfr. questa Sezione, 08.06.2007, n. 6038); in definitiva, più che un “intervento di ristrutturazione edilizia”, appare configurabile, nel caso di specie, un “intervento di nuova costruzione”, in quanto non si è proceduto alla trasformazione di un organismo edilizio preesistente, ma alla costruzione ex novo di un manufatto fuori terra, non pertinenziale, ancorché avente carattere “leggero” (cfr. art. 3, comma 1°, lett. e.5), D.P.R. n. 380/2001); si tratta comunque, in ogni caso, di un intervento sempre subordinato a permesso di costruire (come stabilito, in relazione ad entrambe le ipotesi, dal successivo art. 10, comma 1°, lett. a-c), con conseguente applicabilità, in caso di assenza di titolo edilizio, della disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 33 dello stesso D.P.R. (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.08.2008 n. 9710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non necessita di congrua motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso il provvedimento che ordina la demolizione di manufatti abusivi.
Il provvedimento che ordina la demolizione di manufatti abusivi è atto dovuto in presenza di opere realizzate senza alcun titolo abilitativo (fra le tante, C.d.S., VI, 28.06.2004, n. 4743) e, dunque, non necessita di congrua motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso, il quale è in re ipsa, consistendo nell’esigenza del ripristino dell’assetto urbanistico violato (T.A.R. Campania, sez. IV, 04.07.2001, n. 3071; 13.06.2002, n. 3485; 04.02.2003, n. 617; 20.10.2003, n. 12962); (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.08.2008 n. 9710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera.
Qualora sia trascorso molto tempo dalla commissione dell’abuso, sicché nel privato si sia ingenerata una posizione d’affidamento, l’atto sanzionatorio deve essere sorretto da una congrua motivazione che indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato.

L’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è, in via generale, sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, salva l’ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione d’affidamento nel privato; in tale ipotesi l’atto sanzionatorio deve essere sorretto da una congrua motivazione che, avuto riguardo anche all’entità e alla tipologia dell’abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (Cons. St., sez. IV, 14.05.2007 , n. 2441).
Pur tuttavia, va anche ricordato che, diversamente alla ipotesi sopra indicata, la sanzione demolitoria costituisce l’ordinaria e legittima reazione ordinamentale all’accertata abusività di un’opera in un territorio comunale sottoposto, nella sua interezza, al vincolo paesaggistico (TAR Campania, sede Napoli, sez. VI, 14.01.2008 , n. 173).
Per cui il Tribunale è dell’avviso che nell’ipotesi di realizzazione di un’opera edilizia in area sottoposta ad un vincolo paesaggistico l’atto sanzionatorio di un manufatto abusivo, sia pur realizzato da tempo, è adeguatamente motivato con il solo riferimento alla esistenza del predetto vincolo, specie ove tale vincolo era preesistente alla realizzazione dell’opera (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 04.06.2008 n. 558 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 16.02.2009

QUESITI & PARERI

APPALTIPartecipazione impresa ad appalto pubblico.
Il Sindaco del Comune di XXX chiede se, in presenza di contenzioso con una impresa in materia di abusi edilizi e di lavori pubblici, sia legittimo non ammettere a gara l’impresa con cui si contende, pur avendo quest’ultima i requisiti di legge per partecipare ad appalti pubblici di lavori (Regione Piemonte, parere n. 191/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIConflitto di interessi.
Il sindaco del Comune di XXX riferisce che si è proceduto ad aggiudicare con asta pubblica un bene del patrimonio disponibile e che l’aggiudicatario è figlia di consigliere comunale dell’ente.
Tale circostanza ha indotto l’amministrazione a ritenere provvisoria l’aggiudicazione, in attesa di approfondire il divieto posto dall’art. 1471 C.C. e la sua applicabilità a prossimi congiunti, come si desumerebbe dal parere n. 81/2007, espresso da questo consulente (Regione Piemonte, parere n. 183/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIConflitto di interessi.
Il sindaco del Comune di XXX, riferisce che ad un asta pubblica per la vendita di terreno comunale ha partecipato, aggiudicandosi il bene, una S.p.A., che annovera tra gli amministratori della società, con poteri di rappresentanza, un consigliere comunale.
Il sindaco chiede se nel caso in ispecie ricorra la disciplina di cui all’art. 1471 C.C. in tema di nullità dell’atto di vendita del terreno comunale ed in caso di risposta affermativa quali soluzioni possono legittimamente suggerirsi (Regione Piemonte, parere n. 180/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIRecesso contrattuale.
Il sindaco del Comune di XXX pone una serie di questioni connesse al recesso contrattuale.
In particolare, per un secondo lotto di lavori relativi a rifacimento pavimentazione di strade, piazze e arredo urbano nel borgo storico, la popolazione ha testimoniato forte opposizione per l’eccessiva rumorosità al passaggio di autoveicoli, per le difficoltà di movimento per le carrozzelle di disabili e per le carrozzine degli infanti, per le difficoltà di deambulazione degli anziani.
Il sindaco chiede:
a) se le motivazioni espresse dalla popolazione siano sufficienti per motivare l’atto di recesso;
b) in caso di responsabilità contabile, chi debba risponderne;
c) se eventuale referendum tra la popolazione possa essere motivo di esimente dalla responsabilità;
d) se una variante in corso d’opera, superiore al 50% dell’importo contrattuale, per sostituire la pietra di luserna con altre tipologie di pavimentazione, sia legittima o se, in ogni caso, bisogna prima recedere dal contratto originario (Regione Piemonte, parere n. 178/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI SERVIZIPossibilità gestione in economia di servizio appaltato.
Il sindaco del Comune di XXX, in riferimento al servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani, chiede se sia possibile espletare per un ente consorziato autonoma gara d’appalto per l’affidamento della gestione del servizio a terzi.
Il sindaco lamenta che il Consorzio di bacino che opera nel territorio comunale ha affidato, senza gara, a società pubblica, la gestione del servizio e che, operando la suddetta società in regime di monopolio, senza un confronto concorrenziale, i costi subiscono incrementi anomali non verificati dal mercato, su semplice richiesta del soggetto gestore.
Stante l’attuale crisi finanziaria degli enti, il sindaco chiede se sia possibile gestire autonomamente il servizio in oggetto (Regione Piemonte, parere n. 135/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALIApplicabilità art. 3, comma 59, legge finanziaria 24.12.2007.
Il Comune di XXX, con nota telematica del 19.05.2008, ha proposto un quesito a proposito della applicabilità dell’art. 3, comma 59, della legge finanziaria 24.12.2007, n. 244 (nullità dei contratti di assicurazione con i quali un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile) anche al caso di polizza assicurativa stipulata dal Comune che copra anche tali responsabilità, ma che addebiti la quota di premio ascrivibile a tale rischio ai singoli soggetti beneficiari (Regione Piemonte, parere n. 89/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTICodice contratti pubblici (valore dell’appalto).
Il sindaco della città XXX chiede chiarimenti sull’art. 29 –comma 10– del D.Lgs. n. 163/2006 –Codice dei contratti pubblici– ed in particolare interroga sulle modalità di calcolo per stimare il valore dell’appalto (Regione Piemonte, parere n. 71/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIGestione area proprietà comunale.
Il sindaco del Comune XXX segnala che una ditta privata ha richiesto la disponibilità di una area di proprietà comunale al fine di realizzare, mantenere e gestire un parco eolico.
Il sindaco chiede se è necessario predisporre bando di gara per verificare l’interessamento di altre ditte al terreno o se è possibile procedere con affidamento diretto, negoziando con la ditta interessata le condizioni contrattuali.
Nel quesito non vengono chiariti né i profili urbanistici dell’operazione (destinazione del terreno compatibile con l’uso per il quale viene richiesto), né la tipologia di contratto da assumere per trasferire nella disponibilità del privato l’area di proprietà comunale (Regione Piemonte, parere n. 60/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICI: Incarico progettazione opere pubbliche.
Il Sindaco del Comune XXX richiama l’art. 3, commi da 53 a 56 della legge 24.12.2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008) e chiede se tali disposizioni siano da applicare agli incarichi di progettazione di opere pubbliche e a quelli di redazione di piani regolatori (Regione Piemonte, parere n. 27/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGOIncentivo alla progettazione interna.
Il Sindaco del Comune XXX chiede se sia legittimo riconoscere l’incentivo per la progettazione, disciplinato dall’art. 92 del Codice appalti, anche in assenza totale di prestazioni che rientrino nell’attività di progettazione, nelle sue diverse fasi, del piano di sicurezza, della direzione lavori e del collaudo (Regione Piemonte, parere n. 11/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 6 del 13.02.2009, "Linee guida per la progettazione paesaggistica delle infrastrutture della mobilità in aggiornamento dei Piani di Sistema del Piano Territoriale Paesistico Regionale (art. 102-bis, l.r. n. 12/2005)" (deliberazione G.R. 30.12.2008 n. 8837 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 6 del 12.02.2009, "Direzione Centrale Programmazione Integrata - Approvazione degli schemi di dichiarazione e dei relativi allegati in attuazione della d.g.r. del 03.12.2008 n. 8547 «Semplificazione amministrativa in attuazione della l.r. 02.02.2007, n. 1, art. 5 - Semplificazione dei procedimenti per l'avvio di attività economiche - 3° provvedimento»" (decreto D.C. 02.02.2009 n. 790 - link a www.infopoint.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 10.02.2009 n. 33 "Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, le autonomie locali sugli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» (4.13/2008/19 CU). (Repertorio atti n. 7/CU del 28 gennaio 2009)" (Conferenza Unificata Stato-Regioni, provvedimento 28.01.2009).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Chiarimenti tecnici in riferimento all'interpretazione della definizione di “strati superficiali del sottosuolo” (C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, nota 13.06.2005 n. 2976 di prot. - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Applicazione dei divieti di scarico di acque reflue sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo - Richiesta parere applicazione decreto legislativo 152/1999 e successive modifiche ed integrazioni (Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, parere 07.08.2002 n. 6983/TAI/DI/PRO di prot. - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. L. Vergine, Nuovi orizzonti del diritto penale ambientale? (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Fanizzi, LE NOZIONI DI SUOLO E STRATI SUPERFICIALI DEL SOTTOSUOLO AI FINI DEL DISPOSTO DI CUI ALL’ART. 103 DEL TUA (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: R. Felici, “Autodemolizione” di manufatto abusivo: via di fuga o inutile pentimento? (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: L. Magnani, ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO: PROCEDIMENTO DI PERIMETRAZIONE E COMPETENZE AMMINISTRATIVE (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. G. Zamburlin, Il concetto di zone boscate ai fini del vincolo paesaggistico (http://venetoius.myblog.it).

APPALTITRASMISSIONE DEI DATI RELATIVI AI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE NEI SETTORI ORDINARI E SPECIALI DI IMPORTO SUPERIORE AI 150.000,00 € (link a www.mediagraphic.it).

INCARICHI PROGETTUALIAffidamento incarichi professionali - Modalità per importi inferiori a 100.000,00 € (link a www.mediagraphic.it).

ENTI LOCALI: B. Spatola, Le sponsorizzazioni nella P.A. (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: G. Lentini, Silenzio della pubblica amministrazione e tutela dei cittadini (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: C. Ferro, Il principio di buona fede nell’azione amministrativa (link a www.diritto.it).

APPALTI: S. Lazzini, Sul DURC richiesto dalla P.A. (link a www.diritto.it).

VARI: N. Fabiano, PEC (Posta Elettronica Certificata): il legislatore italiano la rende obbligatoria per professionisti ed imprese (link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: L. Bragoli, Il potere disciplinare nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato (link a www.filodiritto.com).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Comune di Lendinara (RO) - Parere in tema di risorse finanziarie destinate alla contrattazione decentrata integrativa, anche alla luce delle novità introdotte dal D.L. 112/2008, come convertito con L. 133/2008, in relazione al limite di cui all'art. 1, comma 557 della L.F. 2007 (incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti) (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 29.01.2009 n. 8 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Mercato Saraceno (FC) riguardante "l'interpretazione della norma di cui all'art. 3, comma 59, della legge 24.12.2007 (legge finanziaria 2008), nella quale viene disposta la nullità dei contratti con i quali un ente pubblico assicura i propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali, connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici, oltre alla responsabilità contabile" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Emilia Romagna, parere 27.01.2009 n. 3 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Presidente della Regione Emilia Romagna riguardante "l'applicazione dell'art. 76, comma 4 del D.L. 25.06.2008 n. 112, convertito con modificazioni nella legge 06.08.2008, n 133, laddove si dispone che in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell'esercizio precedente è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Emilia Romagna, parere 27.01.2009 n. 2 - link a www.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: Comune di Marcon (TV) - Parere in tema di conferimento di incarichi esterni da parte degli enti locali (in particolare di rappresentanza e difesa in giudizio), alla luce delle novità introdotte dall'art. 46 del DL. 25.06.2008, n. 112, convertito nella legge 06.08.2008, n. 133 (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 21.01.2009 n. 7 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Comune di Rossano Veneto (VI) - Parere in merito alla differibilità o meno del rientro a tempo pieno del dipendente in part-time ai fini del rispetto dei limiti di spesa per il personale (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 15.01.2009 n. 2 - link a www.corteconti.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Per quanto riguarda l’omessa allegazione del documento attinente alla cantierizzazione, occorre preliminarmente puntualizzare che con la Determinazione n. 4 del 2001 l’Autorità ha chiarito che la “cantierizzazione”, ove richiesta, è attività posta a carico dell’appaltatore e consiste nella redazione degli eventuali documenti di interfaccia tra il progetto e l’esecuzione, consentendo di coniugare le esigenze progettuali con quelle di realizzazione delle opere, nel rispetto dell’autonomia imprenditoriale dell’esecutore. In altri termini, la stessa costituisce l’insieme di quelle attività e relativi documenti (piani operativi, piani di approvvigionamento e calcoli e grafici delle opere provvisionali) che l’art. 35 del D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e s.m. non prevede facciano parte del progetto esecutivo. La cantierizzazione non è, quindi, una componente del progetto esecutivo e si traduce nella produzione della documentazione che l’appaltatore elabora per tradurre le indicazioni e le scelte contenute nel progetto in istruzioni e piani operativi.
Ora, il bando di gara in oggetto individuava specificamente, in modo chiaro ed inequivoco, il contenuto dell’offerta tecnica, prescrivendo, nel punto 2) “BUSTA B - Offerta Tecnica, che la stessa “dovrà contenere: documentazione descrittiva, grafica, fotografica (a scelta del concorrente) atta ad illustrare le varianti migliorative proposte, con riferimento ai materiali e alle corrispondenti caratteristiche, ai sistemi, ai componenti, agli impianti tecnologici, alla organizzazione del cantiere”, richiedendo inoltre la redazione della indicata documentazione per ciascuno degli elementi di cui è composta l’offerta tecnica (iniziative promozionali in tema di risparmio energetico; migliorie tecnologiche ed impiantistiche sotto il profilo del fabbisogno energetico dell’edificio; interventi aggiuntivi o migliorativi in ambito di risparmio e recupero di risorse ambientali).
È di tutta evidenza che la S.A. ha individuato in modo puntuale e vincolante con una clausola della lex specialis, benché non corredata dalla locuzione “a pena di esclusione”, gli elaborati che costituiscono contenuto obbligato dell’offerta tecnica e, quindi, oggetto di valutazione da parte della Commissione sulla base dei criteri tecnici individuati nel bando ed è noto che tutte le clausole del bando, ivi compresa quella relativa alla documentazione dell’offerta tecnica, devono valere (per il principio della par condicio) in modo uniforme per tutti i concorrenti, che possono così contare su regole stabili valide per tutti, a garanzia di una cornice di certezza e di trasparenza competitiva nell'applicazione delle clausole di gara.
Ne segue che, nel caso in esame, l’incompletezza dell’offerta tecnica costituisce una difformità rispetto al bando di gara e, quindi, un vizio dell’offerta che non consentiva alla stazione appaltante di ammettere al procedimento di gara l’offerente, a prescindere dal fatto che l’organizzazione del cantiere fosse o meno oggetto di attribuzione in senso stretto di un punteggio.
Né può rilevare, in senso contrario, il fatto che il bando non sanzioni esplicitamente con l’esclusione la sopra descritta incompletezza dell’offerta, giacché la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. V, nn. 7835 del 2003 e 226 del 2002) ha ripetutamente segnalato che l’esclusione da una gara può essere disposta anche in assenza di una esplicita previsione nella lex specialis, qualora, in applicazione del principio teleologico, emerga che non è stata osservata una clausola da ritenersi essenziale in quanto rispondente ad un particolare interesse della P.A., ravvisabile nel caso di specie nella necessità di “contestualizzare” le varianti migliorative proposte e di avallarne la fattibilità tecnica.
Per quanto concerne, poi, la censura relativa alla mancata sottoscrizione di un importo nella lista delle categorie di lavorazioni, si è accertato -attraverso l’esame dei documenti inviati- che la lista dell’ATI aggiudicataria presenta, a pag. 23, una correzione relativamente ad una somma parziale da riportare, cifra poi correttamente riportata ad inizio colonna della pagina successiva.
Occorre evidenziare che la ratio della richiesta del bando di gara, sotto pena di esclusione, della sottoscrizione in ciascun foglio e della conferma e sottoscrizione di ciascuna correzione -in applicazione del terzo comma dell’art. 90 del D.P.R. n. 554/1999 e s.m.- si ravvisa nell’esigenza di individuare l’offerta con certezza (come documento effettivamente imputabile al soggetto indicato come dichiarante) e con chiarezza quanto al contenuto, in modo da fugare perplessità ed equivoci e da prevenire contestazioni circa l’effettiva volontà della parte privata sul prezzo ed il ribasso offerti, nell’ottica della certezza e della trasparenza delle operazioni di affidamento degli appalti.
Nel caso di specie, la correzione ha interessato solo una somma da riportare nella pagina successiva e la sottoscrizione della pagina con la correzione doveva ritenersi già di per sé significativa e confermativa, oltre che delle singole voci, anche della correzione ivi apportata, senza possibilità di equivoci sugli importi indicati dall’ATI.
In conclusione, alla luce del principio di conservazione delle offerte sotteso alla disposizione di cui all’art. 90 citato del Regolamento (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 11.07.2003, n. 4145), la singola omissione della sottoscrizione specifica della correzione del riporto non incide sulla regolarità dell’offerta.
Infine, dal verbale delle operazioni di gara si evince che la Commissione non ha considerato la parte dell’offerta tecnica dell’impresa istante, relativamente alla “classificazione energetica” prodotta dall’impresa con riferimento al criterio “Iniziative promozionali in tema di risparmio energetico e tecnologie ecosostenibili”, che risulta invece espressamente indicato ai fini della valutazione dell’offerta presentata da un altro concorrente (C.M.E. Cons. imprendit. Edili soc. coop. Modena), con evidente violazione del principio della par condicio dei partecipanti alla gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti di cui in motivazione, l’operato del Comune di Guastalla non risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 12.11.2008 n. 243 -
 link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Con la legge 03.08.2007, n.123 è stato introdotto l’obbligo di redigere, tra i documenti a corredo dell’appalto, un “documento unico di valutazione dei rischi da interferenze” (di seguito DUVRI) che indichi le misure adottate per l’eliminazione delle “interferenze” ed è stato modificato l’art. 86 del Codice degli appalti relativo al “criteri di valutazione delle offerte anormalmente basse” soprattutto con riguardo all’esclusione di ribassi d’asta per il costo relativo alla sicurezza. Come è stato precisato nella Determinazione di questa Autorità n. 3/2008, si parla di interferenza nella circostanza in cui si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti.
In linea di principio, secondo quanto indicato dall’Autorità, devono essere messi in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il servizio o la fornitura, con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto e non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nella Determinazione viene evidenziato, inoltre, come la valutazione dei rischi da interferenza, deve essere eseguita con riferimento, non solo al personale interno ed ai lavoratori delle imprese appaltatrici, ma anche agli utenti che, a vario titolo, possono essere presenti presso la struttura stessa quali i degenti, gli alunni ed anche il pubblico esterno in particolare negli edifici quali, a titolo esemplificativo, ospedali e scuole.
Nel caso in esame l’appalto riguarda l’affidamento del servizio di pulizia e attività ad esso complementari dei Presidi Ospedalieri e dei Presidi Territoriali dell’Azienda Sanitaria Locale per un importo complessivo massimo presunto del valore di euro 44.272.760. Secondo quanto definito dall’art. 1 del Capitolato speciale, l’oggetto dell’appalto ricomprende le seguenti attività: la pulizia, sanificazione e disinfezione degli immobili aziendali; il trasporto dai reparti ai diversi laboratori/servizi e viceversa di materiali vari; fornitura e distribuzione dei prodotti per l’igiene; distribuzione ai reparti/servizi dei beni sanitari e non sanitari nel P.O. SS Trinità; Presidio giornaliero delle aree critiche nel P.O. SS Trinità. Le caratteristiche delle dette attività, secondo quanto nel dettaglio previsto dal Capitolato speciale, lasciano ragionevolmente presumere che possano sussistere interferenze che, come evidenziato, nelle strutture sanitarie sono frequentemente presenti. A mero titolo esemplificativo, come indicato nella Determinazione n. 3/2008, devono essere considerati come interferenti i seguenti rischi: derivanti da sovrapposizioni di più attività svolte da operatori di appaltatori diversi; immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni dell’appaltatore; esistenti nel luogo di lavoro del committente, ove è previsto che debba operare l’appaltatore, ulteriori rispetto a quelli specifici dell’attività propria dell’appaltatore; derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste esplicitamente dal committente (che comportino pericoli aggiuntivi rispetto a quelli specifici dell’attività appaltata). Tutto quanto posto, la stazione appaltante avrebbe dovuto predisporre il DUVRI, a corredo della documentazione, nel quale indicare le misure da adottare per l’eliminazione delle eventuali interferenze.
Per quanto attiene alla eccezione sollevata relativamente al requisito di capacità economica e finanziaria, si rileva che l’importo richiesto del patrimonio netto pari ad almeno euro 1.000.000,00 risulta essere ben al di sotto dell’importo a base d’asta e, pertanto, non rappresenta un requisito sproporzionato. Inoltre, come è stato specificato dall’amministrazione, è possibile per i partecipanti alla gara dimostrare il possesso di tali requisiti attraverso l’istituto dell’avvalimento.
In ordine alla censura relativa al divieto di rinnovo dei contratti, si rileva che l’art. 23 della legge comunitaria n. 62/2005 ha soppresso la disposizione della legge n. 537/1993 che prevedeva la facoltà di rinnovare i contratti di fornitura di beni e servizi (art. 6 comma 2, come modificato dall’art. 44 della legge 724/1994). Tale abrogazione secondo un recente orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez. IV 31/10/2006 n. 6458) deve essere interpretata come un divieto generalizzato di rinnovo dei contratti operante per tutti gli appalti di forniture e servizi. Nonostante, tuttavia, la caducazione dell’art. 6, 2° comma della legge 537/93, residuano margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e par condicio alla base dell’evidenza pubblica. In particolare, l’art. 57, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 163/2007 ripristina indirettamente la possibilità di ricorrere al rinnovo dei contratti, ammettendo la ripetizione dei servizi analoghi, purché il rinnovo sia stato espressamente previsto e stimato nel bando e rientri in determinati limiti temporali. Questo sembra essere il caso di specie, dove è stata indicata, sin dalla pubblicazione del bando, la possibilità per la stazione appaltante di rinnovare il contratto per una durata di ulteriori tre anni, attraverso la forma della ripetizione di servizi analoghi.
Infine anche la censura relativa alla mancata indicazione dei criteri di attribuzione dei punteggi, non sembra essere condivisibile dal momento che gli stessi sono chiaramente presenti all’art. 10.2 del capitolato speciale d’appalto, dove sono contenuti i criteri di valutazione degli elementi qualitativi e la relativa ponderazione, nonché in dettaglio i sub-criteri e i sub-punteggi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- in considerazione delle caratteristiche dell’attività oggetto dell’appalto la stazione appaltante dovrà valutare sulla base di quanto sopra individuato, relativamente al costo della sicurezza afferente il rischio da interferenza, se ricorrano i presupposti per un annullamento in via di autotutela della documentazione di gara;
- i requisiti di capacità economica finanziaria risultano essere proporzionati rispetto all’importo posto a base di gara;
- non si configurano i caratteri di un rinnovo, dal momento che, come rappresentato dalla stazione appaltante, è stata prevista nel bando la possibilità di ripetere servizi analoghi ai sensi dell’art. 57, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 163/2007;
- i criteri di valutazione e i rispettivi sub–criteri e sub-punteggi sono stati correttamente indicati
(parere 12.11.2008 n. 242 -
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APPALTI: Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità evidenziato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, come la stazione appaltante possa fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza (cfr. parere dell’Autorità 19.06.2008 n. 188; nonché Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081). Come è stato sottolineato, la ragionevolezza dei requisiti non deve essere valutata in astratto, ma in correlazione all’oggetto del contratto, ovvero sia all’importo dell’appalto, sia alle caratteristiche peculiari della relativa prestazione contrattuale.
Nel caso di specie il Comune di Verona ha ritenuto, come descritto in fatto, necessario, al fine di assicurarsi la partecipazione di imprese con una consolidata esperienza nel settore, non limitarsi a richiedere tra i requisiti di partecipazione la sola iscrizione delle imprese ad una determinata fascia di classificazione ma, in aggiunta, che la detta iscrizione fosse posseduta per un periodo di tempo minimo (cinque anni).
Tale scelta compiuta dalla stazione appaltante, considerate le informazioni fornite in istruttoria, in accordo alle quali avrebbero superato la fase di preselezione ben ventidue imprese, sembra aver raggiunto l’obiettivo prefissatosi dall’amministrazione di garantire, da una parte, la serietà delle imprese partecipanti e, allo stesso tempo, dall’altra, il rispetto del principio di concorrenza tra gli operatori.
Pertanto, alla luce di quanto sopra evidenziato il principio di ragionevolezza richiamato, cui si deve informare ogni attività dell’amministrazione ed ogni scelta discrezionale della stessa, in particolare nella fissazione di requisiti di partecipazione ulteriori e più stringenti di quelli previsti dalla legge, nel caso in esame può dirsi senza dubbio rispettato, posto che l’anzianità di iscrizione alla classificazione richiesta non ha determinato un anomalo svolgimento della gara.
Di conseguenza, l’istante avrebbe dovuto possedere, per poter partecipare legittimamente alla procedura di gara de quo, l’anzianità di iscrizione richiesta dal bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione dell’istante dalla gara è conforme alla lex specialis di gara (parere 05.11.2008 n. 241 -
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APPALTI: Ritenuto in diritto:
La questione sottoposta a questa Autorità ha ad oggetto l’esame dell’offerta aggiudicata provvisoriamente dal Ministero della Giustizia al fine di valutarne, sulla base dei documenti forniti nella presente istruttoria, la legittimità e la completezza in relazione al Capitolato di gara e con riferimento ai requisiti dubbi descritti in narrativa.
Preliminarmente occorre tenere presente che, come emerge dagli atti forniti dall’Amministrazione nel corso dell’istruttoria, l’offerta della Subaru Italia S.p.A., si compone di una relazione tecnica del prodotto offerto, cui sono allegati una serie di documenti che costituiscono parte integrante l’offerta quali: la scheda tecnica della vettura; i certificati; il libretto di garanzia e servizio e programma di manutenzione contrattualizzata etc. Pertanto, al fine di valutare compiutamente la corrispondenza dell’offerta ai requisiti prescritti dalla lex specialis di gara, occorrerà esaminare la stessa nella sua completezza, verificando la conformità dei documenti di cui si compone alla documentazione di gara.
Per quanto attiene ai centri di assistenza, il bando di gara al punto III.2.1) e l’art. 4.7 del Capitolato tecnico richiedono, a pena di esclusione, che l’offerta deve contenere “l’elenco dei punti di assistenza come indicati nel successivo punto 5.1, anche non esclusivi, presenti sul territorio nazionale, ovvero, in assenza, la disponibilità alla riparazione del veicolo, a propria cura o spese, presso l’officina più vicina e sempre nel rispetto delle tempistiche indicate nel punto 5.3 o quelli migliorativi offerti (…). I punti di assistenza di cui sopra dovranno essere in numero non inferiore a 110 e dislocati sul territorio nazionale”. Il suddetto requisito sembra essere rispettato dall’offerta, laddove nel libretto di garanzia e servizio e programma di manutenzione contrattualizzata è stato previsto un elenco di tutti i punti di assistenza Subaru il cui numero risulta essere notevolmente superiore a 110.
Altra clausola, oggetto di valutazione del presente procedimento, riguarda quanto contenuto all’art. 4.1.13 del Capitolato tecnico “Garanzia e assistenza”, che prevede la presenza “di una garanzia totale, anche per gli accessori, e prestata per 3 anni o 100.000 Km. L’offerente dovrà fornire una garanzia per la verniciatura per tre anni e di sei anni sulla corrosione passante”. Anche tale requisito sembra essere soddisfatto dalla società in quanto, nel libretto di garanzia e servizio e programma di manutenzione contrattualizzata, al punto 2, è prevista la produzione di una garanzia generale per i Paesi europei di durata pari ad anni tre.
Infine, l’ultimo requisito posto in discussione attiene a quanto previsto dall’art. 4.4. del Capitolato tecnico ai sensi del quale “la società dovrà garantire la fornitura delle parti di ricambio del veicolo per un periodo di almeno 10 anni dalla consegna dell’ultimo veicolo. Tali ricambi dovranno essere mantenuti a listino almeno per la durata suddetta”. Tale condizione sembra essere rispettata, dal momento che il punto 2 del supplemento per la manutenzione programmata contrattualizzata dispone che “tutti gli interventi siano eseguiti presso la rete assistenziale Subaru e che siano rispettate le scadenze programmate”. Dette scadenze programmate sono elencate in appositi moduli, attraverso cui è possibile certificare l’avvenuta effettuazione degli interventi di manutenzione periodica previsti dal Libretto di Garanzia e Servizio. Nell’ambito di tale attività di manutenzione, è ricompresa la garanzia in capo alla società di fornire pezzi di ricambio la cui durata è pari a dieci anni, dal momento che è stata prevista l’obbligatorietà della manutenzione fino al 120° mese successivo all’acquisto. Tale attività, indicata nel supplemento per la manutenzione programmata contrattualizzata, permette di considerare anche il terzo requisito posto in discussione conforme a quanto richiesto dalla documentazione di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’offerta aggiudicata in via provvisoria risulta essere conforme alla lex specialis di gara (parere 05.11.2008 n. 240 -
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APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 38, comma 1, lett. m), del D.Lgs. n. 163/2006, così come modificato dal D.Lgs n. 113/2007, prevede quale causa ostativa alla partecipazione alle procedure di gara l’esistenza in capo al concorrente, tra l’altro, di “provvedimenti interdittivi di cui all’art. 36-bis, comma 1, del decreto-legge 04.07.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 04.08.2006, n. 248”.
Tali provvedimenti interdittivi alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche vengono adottati, così come previsto dall’art. 36-bis richiamato (ora trasfuso, con modificazioni, nell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008), dai competenti uffici del Ministero delle Infrastrutture, successivamente alla comunicazione da parte del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del provvedimento di sospensione dei lavori, disposto dal proprio personale ispettivo nei casi in cui, nel cantiere edile soggetto a verifica, venga riscontrato l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere, ovvero reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale.
Dal tenore della richiamata normativa si evince che, affinché possa determinarsi l’esclusione dalla procedura di gara, non è sufficiente la pendenza del procedimento di cui all’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006, convertito in Legge n. 248/2006, ma è necessario che vi sia stata l’adozione, nei confronti del concorrente, di un provvedimento interdittivo da parte del Ministero delle Infrastrutture.
Nel caso di specie, dalla documentazione in atti risulta che nessun provvedimento interdittivo è stato ancora adottato nei confronti della Termoclima s.r.l., e si ritiene, pertanto, che nulla osta -sotto tale profilo- all’aggiudicazione definitiva e alla stipula del relativo contratto di appalto.
Tuttavia, si evidenzia che l’infrazione commessa dalla Termoclima s.r.l., che ha condotto al provvedimento di sospensione dei lavori da parte dell’Ispettorato del Lavoro di Asti, successivamente revocato e oggetto di impugnazione dinanzi al giudice amministrativo, può costituire causa ostativa all’aggiudicazione definitiva in relazione all’ipotesi di esclusione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 163/2006, che si riferisce agli operatori economici “che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio”.
L’Autorità si è più volte soffermata su tale requisito di partecipazione -si vedano le determinazioni n. 13/2003 e n. 4/2006- precisando che compete alla stazione appaltante l’accertamento, di natura discrezionale e comportante l’obbligo di motivazione, della esistenza e della gravità della violazione commessa e sostenendo che l’espressione “debitamente accertate” non può essere letta nel senso di “definitivamente accertate”, ma sta ad indicare che dell’infrazione deve esservi stato accertamento nelle forme previste dalla normativa di settore e che la “gravità” vada desunta dalla specifica tipologia dell’infrazione commessa, sulla base del tipo di sanzione (arresto o ammenda) per essa irrogata, dell’eventuale reiterazione della condotta, del grado di colpevolezza e delle ulteriori conseguenze dannose che ne sono derivate (es. infortunio sul lavoro). Si precisa, altresì, come rilevato nel parere n. 138/2008, che la stazione appaltante è legittimata ad effettuare le suddette valutazioni anche in presenza di un ricorso giurisdizionale o amministrativo avverso gli accertamenti effettuati dagli Organi agli stessi deputati.
Il Comune di Cellarengo dovrà, pertanto, verificare -sulla base di un apprezzamento di natura discrezionale- se l’infrazione commessa dalla società Termoclima s.r.l. presenti i requisiti che il suddetto art. 38, comma 1, lett. e), richiede, al fine di stabilire se, nel caso di specie, sia configurabile l’ipotesi ostativa alla conclusione del contratto di appalto ivi contemplata.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- la causa di esclusione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. m,) del D.Lgs. n. 163/2006 si configura solo in presenza di un provvedimento interdittivo, adottato dal Ministero delle Infrastrutture, ai sensi dell’art. 36-bis, comma 1, del D.M. 04.07.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 04.08.2006, n. 248;
- spetta alla S.A. verificare se l’infrazione commessa dalla società Termoclima s.r.l., che ha condotto alla sospensione dei lavori, ai sensi dell’art. 36-bis del D.M. n. 223/2006, si configuri quale causa ostativa, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. e), del D. Lgs. n. 163/2006
(parere 05.11.2008 n. 239 -
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che questa Autorità -con la Determinazione n. 25/2001- ha ammesso la possibilità per le imprese qualificate di avvalersi della facoltà di subappaltare, nei limiti del 30%, le lavorazioni altamente specializzate di importo superiore al 15% del valore dell’appalto, per le quali, fino all’entrata in vigore del terzo correttivo al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 11.09.2008, n. 152 - S.O. 02.10.2008, n. 231), era previsto il divieto di subappalto.
Al riguardo l’Autorità ha sostenuto che i concorrenti, in fase di gara, hanno l’obbligo di dimostrare di essere in possesso delle specifiche qualificazioni in tutte le categorie scorporabili per le quali era previsto il divieto di subappalto e che l’aggiudicatario, in fase esecutiva, avrebbe potuto subappaltare, a soggetti in possesso delle specifiche qualificazioni, fino al 30% dei loro singoli importi, le lavorazioni delle categorie scorporabili non subappaltabili.
Tale orientamento, peraltro, è stato confermato da questa Autorità con la successiva determinazione n. 31 del 18.12.2002, secondo la quale “in ordine al problema del divieto di subappalto si può affermare che i sottoinsiemi delle lavorazioni qualora: c) siano di importo superiori al 15% dell’importo complessivo dell’appalto e siano appartenenti ad una categoria generale o alle categorie di cui all’art. 72, comma 4, del D.P.R. n. 554/1999 non sono subappaltabili, con la conseguenza che l’aggiudicatario deve eseguirle direttamente (nella misura non inferiore al settanta per cento secondo l’avviso espresso nella determinazione n. 25/2001) e, quindi, essere qualificato oltre che nella categoria prevalente anche con riferimento alle stesse”.
Ne consegue, pertanto, che, nel caso di specie, a cui si applica ratione temporis la previsione normativa del divieto di subappalto, tenuto conto della richiamata interpretazione fornita dall’Autorità, la dichiarazione di subappalto, nei limiti del 30%, delle lavorazioni di cui alla categoria OS21, resa dall’impresa istante, che ha comprovato in sede di gara di essere in possesso della relativa qualificazione, non poteva condurre all’esclusione della stessa dalla procedura di affidamento.
Peraltro, il provvedimento di esclusione non avrebbe potuto essere disposto dalla RFI S.p.A. neppure a voler considerare tale dichiarazione resa in violazione della lex specialis e dell’art. 37, comma 11, del D.Lgs. n. 163/2006, contenenti il suddetto divieto di subappalto, proprio perché la COSBAU S.p.A. ha dimostrato, in sede di gara, di possedere la qualificazione per la categoria scorporabile OS21.
Difatti, secondo principio consolidato in giurisprudenza, la dichiarazione di subappalto, resa all’atto di presentazione dell’offerta, non è di per sé un requisito di partecipazione alle procedure di gara, con la conseguenza che la sua mancanza, la sua irregolarità o la sua incompletezza non costituiscono causa di esclusione dalla gara ma semplicemente preclude a chi ne sia risultato aggiudicatario la possibilità, in fase di esecuzione dei lavori, di fare ricorso al subappalto. In altre parole, non si tratta di un vizio che inficia la validità o l’ammissibilità dell’offerta, a meno che non venga in rilievo il diverso profilo del difetto in capo alla ditta concorrente della qualificazione necessaria per poter svolgere quei lavori (Consiglio Stato n. 557/2004; TAR Lazio Latina n. 499/2008; TAR Campania Napoli n. 3968/2006; TAR Sardegna n. 1764/2007; CGA Sicilia n. 30/2007).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che non è conforme alla normativa di settore il provvedimento di esclusione adottato dalla Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nei confronti della COSBAU S.p.A. (parere 05.11.2008 n. 238 -
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APPALTI: Ritenuto in diritto:
La questione oggetto del caso di specie e, in particolare, il motivo di esclusione del raggruppamento temporaneo con mandataria la Cooperativa Sette Rue a r.l., non deve fondarsi, come sostenuto da quest’ultima, su una errata interpretazione dell’articolo 38, comma 1, lettera f), del d. Lgs. n. 163/2006 da parte della stazione appaltante, nella misura in cui la stessa avrebbe dovuto eseguire una verifica prima di disporre l’esclusione.
La problematica riguarda, piuttosto, l’obbligo o meno in capo alle società partecipanti di rilasciare dichiarazioni, anche se di tenore negativo, relativamente alle situazioni soggettive che la documentazione di gara ha stabilito debbano essere auto dichiarate. Sul punto questa Autorità si è già pronunciata in una situazione analoga (si veda parere n. 11 del 20.09.2007), relativamente ad una contestazione di una esclusione dalla gara da parte di un’impresa che aveva omesso di produrre in sede di gara la dichiarazione del direttore tecnico di cui all’articolo 38, comma 1, lettera c), del d.Lgs. n. 163/2006, chiarendo che la dichiarazione in questione deve essere rilasciata anche se di tenore negativo, nel caso in cui il direttore tecnico non abbia subito condanne.
Il bando della gara in esame, all’art. 15, punto 1, lett. d), ha espressamente previsto, in conformità a quanto disposto dall’art. 38, commi 1 e 2, pena l’esclusione, l’obbligo dell’impresa partecipante “di dichiarare che l’impresa non versa nelle condizioni di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 163/2006. Tali condizioni dovranno essere indicate specificatamente”.
Pertanto, a prescindere dalla disamina in ordine al corretto significato da dare alla norma invocato dall’istante e approfondito, relativamente ad alcuni aspetti, da questa Autorità nella propria determinazione n. 8/2004, il rilievo in questa sede pertinente e dirimente alla soluzione del quesito posto, deve limitarsi all’esclusiva mancata presentazione da parte del raggruppamento escluso della autodichiarazione che, secondo quanto sostenuto dall’istante, sarebbe stata in senso negativo, la cui assenza era prevista a pena di esclusione dal bando di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione disposta dalla stazione appaltante risulta conforme alla lex specialis di gara (parere 05.11.2008 n. 237 -
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Appare preliminarmente opportuno chiarire che l’A.T.I. istante, qualificatasi nella domanda di partecipazione alla gara come A.T.I. di tipo orizzontale, sembra configurarsi piuttosto come un’A.T.I. di tipo misto.
È infatti noto che, quando sono previste anche opere scorporabili sono ammissibili tre modelli di A.T.I.: orizzontale (con una distribuzione meramente quantitativa del lavoro appaltato); verticale (quando un’impresa assume i lavori della categoria prevalente e una o più imprese mandanti assumono le opere scorporabili); mista (cioè orizzontale per i lavori prevalenti e verticale per quelli scorporabili).
Come risulta dalla narrativa in fatto e dalle attestazioni di qualificazione delle due imprese, l’impresa capogruppo I.CO.G.I. Spa è qualificata solo nella categoria prevalente OG1, mentre la mandante C.E.C.I.M.S. Srl è in possesso della qualificazione sia nella categoria prevalente OG1 sia nella categoria scorporabile OG 11, assumendo da sola i lavori riconducibili alla suddetta categoria scorporabile. Ne discende che le due imprese hanno creato un’A.T.I. di tipo misto, con la combinazione di una subassociazione orizzontale (costituita ai fini della qualificazione nella categoria prevalente) e di un’associazione verticale (costituita ai fini della qualificazione nella categoria scorporabile).
Così chiarita la natura dell’A.T.I. istante, occorre passare alla verifica della sussistenza in capo alla stessa dei requisiti minimi di qualificazione separatamente per le due categorie oggetto dell’appalto.
Cominciando l’analisi dalla categoria scorporabile, si rappresenta che -come chiarito dall’Autorità con determinazione n. 25/2001- nelle A.T.I. di tipo misto la mandante che assume lavori nella categoria scorporabile deve possedere la qualificazione nella categoria scorporabile stessa per il relativo importo. Nel caso di specie, la mandante C.E.C.I.M.S. Srl è in possesso della qualificazione nella categoria OG 11, classifica II (€ 516.457), mentre nel bando di gara la categoria scorporabile è la OG 11, classifica III, per un importo di € 644.214,73: è evidente che, anche con l’incremento di un quinto, ex articolo 3, comma 2, del D.P.R. 25.01.2000, n. 34 e s.m., si arriva ad un importo di € 619.748,40, inferiore all’importo richiesto nel bando per la categoria scorporabile e, di conseguenza, la mandante non possiede la qualificazione per assumere le lavorazioni scorporabili.
Anche con riferimento alla categoria prevalente, correttamente la S.A. ha escluso l’A.T.I. istante dalla procedura di gara. Infatti, le due imprese hanno dichiarato di partecipare al raggruppamento nella misura del 50% ciascuna, il che è stato ritenuto dalla S.A. in contrasto con quanto previsto dall’art. 95, comma 2, ultimo alinea del D.P.R. n. 554/1999 e s.m.
Il thema decidendum consiste nella verifica del possesso maggioritario da parte della mandataria dei requisiti, secondo quanto richiede l’art. 95, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 554/1999 e s.m., peraltro precisando che il requisito del possesso maggioritario, nel caso di specie, non è riferito all’importo complessivo dei lavori, bensì all’importo della categoria prevalente, giacché «in un appalto […] le categorie scorporabili determinano, concettualmente, una sorta di suddivisione della prestazione» (CGA, sez. giurisdizionale, 11.04.2008, n. 306).
L’Autorità ha già affrontato la problematica in esame con la determinazione n. 25/2001 e con il parere n. 54 del 22.02.2007, osservando che il periodo «l'impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura maggioritaria» deve essere inteso con riferimento ai requisiti minimi richiesti per la partecipazione allo specifico appalto, in relazione alla classifica posseduta risultante dall'attestazione SOA e spesa ai fini dell’esecuzione dei lavori e non in assoluto. Non è, pertanto, consentito che, al fine di dimostrare da parte della associazione temporanea il possesso del 100% dei requisiti minimi, una mandante abbia una quota di importo superiore o uguale a quella della mandataria, rinvenendosi la ratio della norma nell’esigenza di assicurare che la mandataria sia effettivamente e non astrattamente il soggetto più qualificato in rapporto all’importo dei lavori a base d’asta o, come nella presente fattispecie, della categoria prevalente.
In particolare, il criterio di verifica della «misura maggioritaria» non si identifica nel "contributo potenziale" della capogruppo alla copertura del requisito (cioè nella capacità della mandataria di assumere una quota dei lavori appaltati, da valutare sulla scorta delle qualificazioni da essa possedute), bensì occorre valorizzare il principio di corrispondenza sostanziale tra la quota di qualificazione, la quota di partecipazione all'associazione e quella di esecuzione dei lavori, desumibile dal combinato disposto dell’art. 37 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 e s.m., degli artt. 93, comma 4, e 95 del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. e dell’art. 3 del D.P.R. n. 34/2000 e s.m.
In altri termini, per la verifica dell'osservanza dell'art. 95, comma 2, del D.P.R. n. 554/1999, occorre unicamente far riferimento alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese raggruppate ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara e tale misura è esattamente segnata dalle rispettive quote di partecipazione al raggruppamento.
In ragione delle osservazioni appena esposte, quando all’A.T.I. partecipano due sole imprese, l’aggettivo maggioritario -che connota la percentuale del possesso dei requisiti da parte della capogruppo- indica che la mandataria deve spendere nella specifica gara una qualifica superiore al 50 per cento dell’importo dei lavori e, quindi, maggiore dell’altra associata, perché solo in tal modo essa potrà possedere anche una qualifica superiore a quella del suo unico associato: la capogruppo deve così partecipare nella misura almeno del 50 per cento più uno dell’importo dei lavori (cfr. CGA, sez. giurisdizionale, n. 306 del 2008 cit.).
Ne segue che, nel caso di specie, l’A.T.I. I.CO.G.I. SpA - C.E.C.I.M.S. S.r.l. non può ritenersi qualificata né nella categoria scorporabile per le ragioni prima esposte né nella categoria prevalente, con riguardo alla quale la mandataria avrebbe dovuto eseguire lavorazioni per almeno il 51 per cento.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti di cui in motivazione, l’operato del Comune di Roma risulta essere conforme alla normativa vigente di settore (parere 05.11.2008 n. 236 -
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GIURISPRUDENZA

APPALTISulla discrezionalità della stazione appaltante nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa discrezionalità nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge. Perciò, l’Amministrazione è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d’appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza. Inoltre, la relativa scelta può essere sindacata dal giudice amministrativo in sede di legittimità solo in quanto sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica o contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 525 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: Difformità totale e parziale.
A norma dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001, devono ritenersi eseguite in totale difformità dal permesso di costruire quelle opere "che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile".
La difformità totale si verifica, dunque, allorché si costruisca "aliud pro alio" e ciò è riscontrabile allorché i lavori eseguiti tendano a realizzare opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una toro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale.
Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.01.2009 n. 3593 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria. Autorizzazioni ambientali e sospensione attività.
La sentenza fissa un principio di infungibilità delle autorizzazioni ambientali già affermato dalla cassazione penale (per cui l'autorizzazione ex art. 27 e 28 d.lgs. 22/1997 non sostituisce di per sé quella alle emissioni in atmosfera).
Conferma che la sospensione dell'attività di un impianto è assoggettata a due condizioni: la prima che sia stata violata una diffida (atto pregiudiziale necessario), la seconda che oltre a non eseguire le prescrizioni sussista un pericolo per la salute e l'ambiente, che deve essere attestato.
Infine, afferma la responsabilità dell'amministrazione per risarcimento del danno provocato da reiterate illegittimità (in particolare sulle modalità di campionamento, effettuate in contrasto con la normativa tecnica ed i richiami dell'Arpa) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 16.01.2009 n. 97 - link a www.lexambiente.it).

APPALTISul giudizio di congruità dell'offerta e sul termine per la presentazione delle offerte nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006, attribuisce alla stazione appaltante la possibilità "in ogni caso", ovvero al di fuori dei casi previsti ai precedenti commi 1 e 2, in cui, invece, tale verifica è senz'altro obbligata, di valutare la congruità "di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa". Ne consegue che, è legittimo nel caso di specie, il sub procedimento volto a verificare la congruità dell'offerta, sebbene non previsto dalla lex specialis di gara, in quanto la P.A. ha attivato il sub procedimento volto ad accertare l'effettiva consistenza dell'offerta risultata essere la migliore in relazione ai parametri indicati nel bando di gara, ma non sufficientemente credibile quanto a remunerabilità, al fine di soddisfare l'ineludibile esigenza di acquisire, previa verifica istruttoria degli elementi giustificativi dei ribassi offerti, una sufficiente, quanto soddisfacente dimostrazione dei dati sui quali la società ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d. lgs. n. 163 del 2006, prevede: "Nelle procedure ristrette, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a quaranta giorni dalla data di invio dell'invito a presentare le offerte." La prescrizione di un intervallo minimo da lasciare ai concorrenti per la presentazione delle offerte risponde all'esigenza di consentire agli stessi di approntare la documentazione che il bando richiede ai fini della qualificazione alla gara e di formulare un'offerta sufficientemente ponderata ed idonea a conseguire l'aggiudicazione.
Ne deriva che, qualora non ricorrano le condizioni di urgenza che possono consentire la riduzione del termine ordinario, come nel caso di specie, la stazione appaltante deve consentire un margine di tempo non inferiore a quello normativamente previsto -nella specie di 40 giorni- per permettere ai concorrenti la presentazione di un'offerta, non solo valida ed adeguatamente documentata, ma anche potenzialmente suscettibile di conseguire l'aggiudicazione in quanto "economicamente più vantaggiosa". La violazione del suddetto limite temporale, posto a presidio non solo dell'interesse delle partecipanti ai pubblici appalti, ma anche dell'interesse pubblico dell'Amministrazione a ricevere offerte adeguatamente soppesate in relazione alle esigenze rappresentate con le norme concorsuali, incrina inesorabilmente i detti principi, a nulla rilevando eventuali considerazioni in fatto, spendibili solo ex post, circa l'irrilevanza nel caso concreto della abbreviazione dei termini (TAR Lazio-Roma, Sez. I-bis, sentenza 15.01.2009 n. 196 - link a www.mediagraphic.it).

ESPROPRIAZIONESul dies a quo di commissione dell’illecito in caso di occupazioni sine titulo.
L'omissione dei termini di inizio e fine dei lavori non determina la nullità ma soltanto l'annullabilità della dichiarazione di pubblica utilità, il che ne impone l’impugnazione nei termini decadenziali di cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971 (cfr. Cons. St., Ad. Plenaria, n. 4/2003 e, più di recente, TAR Lazio, sez. II, n. 6377/2008).
Va altresì specificato che mentre la distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa (quella realizzata in assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità) ha perso di significato sia con riferimento alla giurisdizione (nel senso che residuano al giudice ordinario le sole ipotesi in cui ab origine manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera) che alla decorrenza del termine di prescrizione trattandosi nei due casi di un illecito permanente come affermato dalla più recente giurisprudenza amministrativa (aderendo alle argomentazioni svolte in più occasioni dalla Corte Europea dei diritti umani e dalle previsioni contenute nell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 - di recente, cit. Cons. St., sez. IV, 27.06.2007 n. 3752, 16.11.2007, n. 5830 e 30.11.2007, n. 6124), l’unico elemento di differenziazione ancora esistente riguarda invero l’individuazione del dies a quo di commissione dell’illecito posto che, in caso di occupazione usurpativa, esso va fatto decorrere dal momento dell’immissione in possesso da parte dell’amministrazione mentre, in caso di occupazione appropriativa, dalla scadenza del termine di occupazione legittima del terreno (ciò rileva al fine di individuare il momento in cui misurare il valore venale ai fini della quantificazione del risarcimento del danno)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 14.01.2009 n. 162 - link a www.altalex.com).

URBANISTICA: Le “innovazioni sostanziali” a un PRG devono investire l'ossatura del piano e/o variante, modificandola "in radice” attraverso una “rielaborazione complessiva”, ovvero portare ad un ridisegno dell'assetto urbanistico del territorio.
La questione centrale del gravame è sul carattere di innovazione sostanziale o meno della limitazione delle modalità attuative del piano di recupero (solo pubblica e non più privata) e, quindi, sulla necessità della ripubblicazione per consentire la “partecipazione” degli abitanti e proprietari interessati, che confidavano sulla “adozione” del 2004.
L’art. 10 della L. n. 1150/1942 prevede, in sede di approvazione, la possibilità di modifiche al PRG, distinguendo tra innovazioni sostanziali e non , definendo le prime come quelle che sono “tali .. da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione”; le modifiche possono conseguire all’accoglimento delle osservazioni presentate, oppure s’impongono come “indispensabili” per il rispetto di piani territoriali sovraordinati, per realizzare opere d’interesse dello Stato, per la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici. Tale norma è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che, se le modificazioni sono tassative, obbligatorie, necessitate o vincolate, non danno luogo ad alcuna ripubblicazione, essendo superfluo ogni apporto collaborativo del cittadino (C., IV, n.n. 1197 e 4980/2003; IV, n. 2297/2006); per le innovazioni facoltative si pone il distinguo della natura “sostanziale o meno”.
L’art. 10 cit. definisce innovazioni sostanziali quelle che mutano le “caratteristiche essenziali del piano ed i suoi criteri di impostazione”; la prima deduzione è che esse devono investire l’ossatura del piano e/o variante, modificandola “in radice” attraverso una “rielaborazione complessiva” (C.S., IV, n. 5492/2004), ovvero portare ad un ridisegno dell’assetto urbanistico del territorio comunale (C.S., IV, n. 2297/2006).
Quelli che sono modifiche minori o non essenziali non possono avere un valore incidente in base alla sola considerazione che siano configurabili particolari aspettative di tutela degli interessi privatistici, coinvolti dalla pianificazione urbanistica (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 12.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVINon sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo.
L’art. 22, comma 4, della L. n. 241/90 e ss.mm.ii., stabilisce che non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo
La ratio dell’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi è quella di consentire, a chi sia titolare di un interesse legittimante, la conoscenza di documenti fisicamente individuati o individuabili ed esistenti presso l’Amministrazione che li ha formati o li detiene, e non già ad imporre ad essa un’attività di elaborazione di dati e documenti, allo scopo di rispondere alle esigenze conoscitive del richiedente.
In proposito, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito in più occasioni che la tutela riconosciuta con la normativa sull’accesso non può dilatarsi al punto tale da imporre alla PA un vero e proprio facere specifico; ciò, invero, esula completamente dal concetto di accesso configurato dalla legge, consistente solo nel lasciare prendere visione –quindi in un pati– o, tutt’al più, in un facere strumentale, cioè una semplice attività materiale di estrazione dei documenti richiesti, al fine di metterli a disposizione del richiedente (Consiglio di Stato, Sez. V, 27.09.2004, n. 6326; Sez. V, 24.05.2004, n. 3364; in senso conforme: TAR Toscana, Sez. I, 06.12.2007, n. 4694) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 12.01.2009 n. 37 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: La destinazione di un’area a “verde pubblico - verde urbano” non costituisce un vincolo soggetto a decadenza ai sensi dell’art. 2 della L. 19.11.1968, n. 1187, bensì espressione della potestà conformativa dell’Amministrazione comunale, con validità a tempo indeterminato.
Le scelte effettuate dalla Amministrazione in sede di variante ad uno strumento urbanistico non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali -di ordine tecnico discrezionale- seguiti per l’impostazione del piano stesso.
L
e scelte effettuate dall’Amministrazione all’atto dell’approvazione del piano regolatore generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità.
La reiterazione di un vincolo preordinato all’espropriazione, adottata in sede di formazione del piano regolatore generale, è legittima anche se non è accompagnata da una motivazione specifica, essendo sufficiente per la prova della persistenza e attualità delle esigenze urbanistiche sottese alla reiterazione la motivazione evincibile dalle linee guida generali che hanno ispirato l’attività pianificatoria.
La reiterazione dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo non richiede, in via generale, una motivazione specifica in relazione alla destinazione di zona delle singole aree, essendo sufficiente che venga evidenziata la sussistenza dell'attualità e della persistenza delle esigenze urbanistiche ovvero i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione del piano.
L’atto di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio può ritenersi in via generale adeguatamente motivato se da esso emergono con chiarezza e precisione gli accertamenti effettuati e le finalità di interesse pubblico concretamente perseguite.

La destinazione di un’area a “verde pubblico - verde urbano” non costituisce un vincolo soggetto a decadenza ai sensi dell’art. 2 della L. 19.11.1968, n. 1187, bensì espressione della potestà conformativa dell’Amministrazione comunale, con validità a tempo indeterminato, laddove sia consentita, anche ad iniziativa del proprietario (come nel caso di specie), la realizzazione di opere e strutture intese all’effettivo godimento del bene, circostanza questa che esclude la configurabilità di uno svuotamento incisivo del contenuto del diritto di proprietà, permanendo, comunque, la utilizzabilità dell’area rispetto alla sua destinazione naturale (così, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12.05.2008, n. 2159, e 31.05.2007, n. 2797).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, le scelte effettuate dalla Amministrazione in sede di variante ad uno strumento urbanistico non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali -di ordine tecnico discrezionale- seguiti per l’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al P.R.G., salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni. Cioè nell’emanare nuove previsioni urbanistiche, l’Amministrazione ha l’onere di fornire una specifica motivazione sulla destinazione di singole zone solo quando tale destinazione incida, in senso peggiorativo, su situazioni meritevoli di particolari considerazioni o per la singolarità del sacrificio imposto al privato o per la preesistenza di legittime aspettative in quest’ultimo ingenerate (cfr. per tutti e da ultimo, Cons. St., sez. IV, 30.09.2008, n. 4712).
Deve, inoltre, ricordarsi che la stessa giurisprudenza ha anche costantemente affermato che le scelte effettuate dall’Amministrazione all’atto dell’approvazione del piano regolatore generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Poiché, infatti, l’Amministrazione comunale fruisce di un’ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio, le scelte effettuate non sono sindacabili da questo Giudice, salvo che risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o siano manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio.
Secondo un costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, la reiterazione di un vincolo preordinato all’espropriazione, adottata in sede di formazione del piano regolatore generale, è legittima anche se non è accompagnata da una motivazione specifica, essendo sufficiente per la prova della persistenza e attualità delle esigenze urbanistiche sottese alla reiterazione la motivazione evincibile dalle linee guida generali che hanno ispirato l’attività pianificatoria (cfr., per tutti, Cons. St., sez. IV, 08.06.2007, n. 2999).
In particolare -come questa stessa Sezione ha già più volte precisato (da ultimo con sentenza 31.07.2008, n. 720, in adesione a quanto autorevolmente precisato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con decisione 24.05.2007, n. 7- in caso di reiterazione di vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione, l’adeguatezza della motivazione va valutata tenendo conto, fra l’altro, delle seguenti circostanze:
a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, o comunque una consistente parte del territorio comunale;
b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non sia disposta la reiterazione perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard;
c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull'area.
In definitiva, la reiterazione dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo non richiede, in via generale, una motivazione specifica in relazione alla destinazione di zona delle singole aree, essendo sufficiente che venga evidenziata la sussistenza dell'attualità e della persistenza delle esigenze urbanistiche ovvero i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione del piano; mentre tale motivazione è necessaria solo nel caso di superamento degli standard minimi di cui al D.M. 02.04.1968 (con riferimento alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree), di lesione dell’affidamento qualificato del privato (derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune ed i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizia o di silenzio rifiuto su domanda di concessione) e di modifica in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.
Conclusivamente, l’atto di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio può ritenersi in via generale adeguatamente motivato se da esso emergono con chiarezza e precisione gli accertamenti effettuati e le finalità di interesse pubblico concretamente perseguite (Cons. St., sez. IV, 26.02.2008, n. 683)
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 12.01.2009 n. 35 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISull'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa la necessità di stabilire ulteriori sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve essere valutata di volta in volta in relazione all'analiticità dei criteri principali, all'idoneità di questi ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza e ai poteri integrativi riconosciuti alla Commissione giudicatrice. A detta Commissione è quindi inibito integrare i criteri di valutazione dell'offerta tecnica (individuando sub-criteri e sub-punteggi, che devono invece essere indicati nel capitolato d'oneri); l'importanza relativa delle sottovoci deve, infatti, essere rese nota ai potenziali concorrenti già al momento della produzione delle loro offerte, alfine di evitare il pericolo che la Commissione possa orientare a proprio piacimento ed a posteriori l'attribuzione di tale determinante punteggio e, quindi, all'esito della gara dopo averne conosciuto gli effettivi concorrenti. La violazione di detta regola innovativa posta dall'art. 83 del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163 del 2006) può infatti astrattamente contrastare con il principio della par condicio, nella misura in cui altera gli elementi di valutazione in relazione ai quali tutti i concorrenti hanno potuto predisporre la propria offerta tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi, nell'ipotesi che la loro fissazione sia necessaria o prevista dalla normativa di gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 09.01.2009 n. 82 - link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICILa mera trasformazione di un bene, seppur finalizzata al suo uso pubblico, non ne comporta la sua acquisizione al patrimonio dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne può divenire proprietario solo ove esperisca il particolare procedimento previsto dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001.
Il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “L'istituto giurisprudenziale dell'occupazione espropriativa -secondo il quale, anche in assenza di un atto di natura ablatoria, l'amministrazione acquisirebbe a titolo originario la proprietà dell'area altrui, quando su di essa ha realizzato in tutto o in parte un'opera pubblica, in attuazione della dichiarazione della pubblica utilità, con conseguente decorso, dalla data in cui si verifica tale acquisto, del termine quinquennale per il risarcimento del danno- non può ritenersi vigente, sia in quanto non è conforme ai principi della convenzione europea del diritti dell'uomo e del diritto comunitario, che precludono di ravvisare un'espropriazione "indiretta" o "sostanziale" in assenza di un idoneo titolo legale, sia in quanto è incompatibile con l'art. 43 d.P.R. 327/2001, che attribuisce all'amministrazione il potere discrezionale di acquisire in sanatoria, con atto ablativo formale, la proprietà delle aree occupate nell'interesse pubblico in carenza di titolo, escludendo così che una simile acquisizione possa avvenire in via di mero fatto” (Consiglio Stato, sez. IV, 21.05.2007, n. 2582).
Conseguentemente la mera trasformazione di un bene, seppur finalizzata al suo uso pubblico, non ne comporta la sua acquisizione al patrimonio dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne può divenire proprietario solo ove esperisca il particolare procedimento previsto dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001 (Cons. di Stato. A.P. n. 2/2005; Cons. di Stato, IV, 16.11.2007 n. 5830 e Cons. di Stato, IV, 27.06.2007 n. 3752) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 08.01.2009 n. 10 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGOConcorsi pubblici: l'uso di penne colorate è motivo valido per l'esclusione?
In un concorso pubblico, l’utilizzo di due penne di diverso colore (blu e nera) per la stesura della prova scritta non può essere di per sé qualificato oggettivo “segno di riconoscimento” impeditivo alla correzione, con la conseguenza dell’esclusione per non valutabilità (TAR Sardegna-Cagliari, Sez. I, sentenza 11.12.2008 n. 5108 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Anche dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell’esercizio di una attività di secondo grado (estrinsecantisi nell’annullamento d’ufficio e nella révoca); mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio prestato dall’Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., si graveranno legittimamente non avverso il silenzio stesso, ma, nelle forme dell’ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo, che, formatosi e consolidatosi nei modi di cui sopra, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita.
In relazione all’istituto della D.I.A., previsto in via generale dall’art. 19 della legge n. 241/1990 (che ad ogni modo fa salve le discipline di settore: cfr. il comma 4), il moltiplicarsi della normativa in materia ha portato ad una vera e propria frantumazione dell'istituto in parola in una pluralità di istituti diversi, ciascuno dei quali assoggettato ad un regime più o meno peculiare (v., sul punto, Cons. St., sez. IV, 22.07.2005, n. 3916).
Sulla base dell'interpretazione tradizionale, che della denuncia d'inizio attività hanno dato sia ampi settori della giurisprudenza (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 04.09.2002, n. 4453), sia parte della dottrina, va escluso che dalla D.I.A. possa nascere un atto amministrativo, perché si tratterebbe di atto soggettivamente e oggettivamente privato, che ha soltanto il valore di una comunicazione fatta dal privato alla Pubblica Amministrazione circa la propria intenzione di realizzare un'attività direttamente conformata dalla legge e non necessita di titoli provvedimentali (sulla natura di mera informativa della D.I.A. v. anche Cass. civ., Sez. I, 24.07.2003, n. 11478); sì che, si conclude sulla base di tali premesse, la domanda di annullamento della D.I.A. è inammissibile, in quanto la D.I.A. è e rimane un mero atto di iniziativa privata, per ciò solo non impugnabile davanti al Giudice Amministrativo.
Da una tale ricostruzione dell'istituto sorgono tuttavia rilevanti problemi sostanziali e processuali.
Si è posto in particolare l’articolato problema dell'esatta natura giuridica del silenzio eventualmente mantenuto dall'amministrazione nei venti giorni successivi alla presentazione di una denuncia di inizio attività (nello specifico modulo delineato in materia edilizia dalla legge n. 662/1996), dei rimedi giurisdizionali di cui il terzo dispone per opporsi all'esecuzione dei lavori intrapresi in base alla semplice denuncia del loro inizio da parte dell'interessato (in particolare nel caso che l'Amministrazione non adotti un formale provvedimento inibitorio nel termine dei venti giorni prescritti dalla norma, prima che l'attività denunciata possa essere intrapresa dall'interessato) e, dunque, se il comportamento silente in questione sia giuridicamente qualificabile come "inadempimento" e come tale sia quindi giustiziabile (solo) secondo il rito speciale di cui all'art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 (tesi appunto sostenuta qui dall’appellante principale).
Alla risoluzione del problema concorrono, sottolinea il Collegio, una serie di elementi logico-normativi.
Occorre premettere che l'art. 2, comma 60, della legge 23.12.1996, n. 662 e successive modificazioni (sostituendo il testo dell'art. 4 del decreto legge 05.10.1993, n. 398, convertito nella legge 04.12.1993, n. 493) ha introdotto nel nostro ordinamento la facoltà di eseguire taluni specifici interventi edilizi previa mera Denuncia di Inizio di Attività, ai sensi e per gli effetti dell'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241 (nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 24.12.1993, n. 537), per cui in tali casi l'atto di consenso dell’Amministrazione si intende sostituito dalla D.I.A. (c.d. "deregulation").
Il comma undicesimo dell'art. 4 della citata legge 04.12.1993 n. 493 e ss. mm. statuiva, in particolare, che: "Nei casi di cui al comma 7°, venti giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, l'interessato deve presentare la denuncia di inizio dell'attività, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato, nonché dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti ...".
Disponeva, poi, il comma quindicesimo del medesimo art. 4 che: "Nei casi di cui al comma 7°, il Sindaco, ove entro il termine indicato al comma 11°, sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica agli interessati l'ordine motivato di non effettuare le previste trasformazioni e, nei casi di false attestazioni dei professionisti abilitati, ne dà contestuale notizia all'autorità giudiziaria ed al consiglio dell'ordine di appartenenza".
Insomma, alla stregua di dette norme, spettava all'Autorità Comunale, nel termine di venti giorni dalla presentazione della denuncia (periodo che doveva essere lasciato libero prima di iniziare i lavori), verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti della procedura ed il rispetto delle prescrizioni di legge; qualora venisse riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, spettava al dirigente del competente ufficio comunale (in virtù dello spostamento di competenze gestorie operato dall'art. 45 del decreto legislativo 31.03.1998, n. 80) ordinare agli interessati, con provvedimento motivato da notificarsi entro il termine anzidetto, di non effettuare le previste trasformazioni.
A disciplinare siffatta D.I.A. è poi sopravvenuto il T.U. in materia edilizia 06.06.2001, n. 380.
Esso, nell’abrogare il ridetto art. 4 del decreto legge 05.10.1993, n. 398, convertito nella legge 04.12.1993, n. 493 (art. 136, comma 1, lett. g)), ha modificato il veduto assetto normativo.
In particolare, l'art 23 (R) [ la cui rubrica reca: - (L comma 3 e 4 - R comma 1, 2, 5, 6 e 7) (Disciplina della denuncia di inizio attività) - (legge 24.12.1993, n. 537, art. 2, comma 10, che sostituisce l'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241; decreto-legge 05.10.1993, n. 398, art. 4, commi 8-bis, 9, 10, 11, 14, e 15, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge 23.12.1996, n. 662, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 10 del decreto-legge 31.12.1996, n. 669) ] prescrive che:
- comma 1: "il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia ...";
- comma 5: “la sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari”;
- comma 6: "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento ... ".
Il T.U. per l'edilizia ha, quindi, espressamente collocato allo scadere del trentesimo giorno dalla notificazione della D.I.A. il termine dopo il quale l'interessato può iniziare i lavori ed il termine ultimo entro il quale la P.A. può inibire l'inizio delle opere; in altre parole, ha unificato i due termini in questione, ampliando quello relativo all'inizio dei lavori e dimezzando quello relativo all'adozione di eventuali misure inibitorie preventive (Cons. St., V, 29.01.2004, n. 308).
Ciò premesso, va poi ricordato che la D.I.A. edilizia costituisce species (la cui disciplina prevale sui quella generale) di un particolare tipo di procedimento semplificato ed accelerato, introdotto, come s’è già detto, in via generale dall'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241, riguardante, appunto, la c.d. denuncia di inizio di attività, il cui aspetto contenutistico e sostanziale va oggi valutato alla luce delle modificazioni apportate all’istituto dalla legge 14.05.2005, n. 80.
Si tratta invero di un istituto del tutto peculiare (che consente oggi al privato l’esercizio di una certa attività comunque rilevante per l’ordinamento, già subordinato a qualsivoglia forma di autorizzazione -il cui rilascio dipendesse esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti fissati dalla legge o da atto amministrativo generale- a prescindere dalla emanazione di un espresso provvedimento amministrativo), comunque assimilabile ad una istanza autorizzatòria, che, con il decorso del términe di legge, provoca la formazione di un “titolo”, che rende lecito l’esercizio dell’attività e cioè di un provvedimento tacito di accoglimento di una siffatta istanza.
Si prevede a tal fine una doppia comunicazione da parte del privato.
La prima consiste in una dichiarazione dell’interessato, “corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste”.
Con la seconda, il soggetto comunica che ad una certa data (non anteriore ai trenta giorni dalla presentazione della anzidetta dichiarazione) inizierà una certa attività (di solito produttiva) e, se entro un termine stabilito decorrente da tale comunicazione (trenta giorni, il cui computo inizia dal momento in cui la stessa sia stata ricevuta al protocollo generale dell’ente) l'Amministrazione non ne inibisce la prosecuzione (con un atto che ha natura di accertamento dei motivi giuridico-fattuali ostativi allo svolgimento dell’attività e dunque del tutto analogo ad un provvedimento di diniego di un atto autorizzatòrio dell’attività medesima, sì che deve ritenersi in tal caso applicabile il disposto dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 e che invece, verificandosi in tale ipotesi una sorta di inversione procedimentale, non necessita di previa comunicazione dell’avvio del procedimento: Consiglio Stato, sez. VI, 23.12.2005, n. 7359), il titolo si consolida, salvo, naturalmente, l'intervento successivo di interdizione dell'attività, che può intervenire in tutti i casi di accertamento della mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti, al cui possesso l’ordinamento di settore subordini l’espletamento dell’attività medesima (Cons. St., IV, 26.07.2004, n. 5323).
L’atto di comunicazione dell’avvio dell'attività, a differenza di quanto accade nel caso del c.d. silenzio-assenso, disciplinato dall'articolo 20 della stessa legge n. 241/1990, non è una domanda, ma una informativa, cui è subordinato l'esercizio del diritto.
E il provvedimento, rispetto al quale l'amministrazione potrà esercitare poteri di autotutela (non solo vincolati a carattere repressivo, ma anche discrezionali di secondo grado, come oggi espressamente previsto dal secondo periodo del comma 3 del nuovo art. 19), si forma con l’esperimento di un ben delineato mòdulo procedimentale, all’interno del quale la D.I.A. costituisce pur sempre una autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento, sulla quale la pubblica amministrazione svolge una attività eventuale di controllo, al tempo stesso prodromica e funzionale al formarsi, a séguito del mero decorso di detto periodo di tempo (e non, dunque, dell’effettivo svolgimento della attività medesima), del titolo necessario per il lecito dispiegarsi della attività del privato.
Quanto al decorso del termine di trenta giorni, sembra ormai chiaro:
- che il consolidamento del titolo non possa comportare la possibilità che l'attività del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e, dunque, possa andare esente dalle sanzioni previste dall’ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi;
- che il titolo stesso, in tal caso, possa esser fatto oggetto, alle condizioni previste in via generale dall’ordinamento, di interventi di annullamento d’ufficio o révoca da parte dell’Amministrazione.
In proposito, sembra decisivo:
- il fatto che l'art. 21 della legge n. 241 del 1990 stabilisce che le sanzioni già previste per le attività svolte senza la prescritta autorizzazione siano applicate quando una attività, pur dopo la comunicazione all'amministrazione, venga iniziata in mancanza dei requisiti richiesti o comunque in contrasto con le disposizioni di legge (comma 2) e che lo stesso art. 21, al comma 2-bis, configura l’inizio della attività “ai sensi degli articoli 19 e 20” non preclusivo dell’esercizio delle “attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti”;
- che la veduta odierna previsione espressa del potere dell’Amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela (v. il comma 3 del nuovo art. 19) presuppone un provvedimento, o comunque un titolo, su cui intervenire;
- che, con specifico riferimento alla D.I.A. edilizia, il comma 2-bis dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 prevede la possibilità di “accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo”, detta ipotesi equiparando ai casi di “permesso annullato”;
- che l’esercizio dei poteri di vigilanza e repressivi rappresenta, in via generale, una delle imprescindibili modalità di cura dell’interesse pubblico affidato all’una od all’altra branca dell’Amministrazione ed è espressione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.;
- che, nella specifica materia dell’attività urbanistico-edilizia, un potere specifico di vigilanza (esercitabile, per la sua stessa natura, anche mediante provvedimenti innominati), vòlto ad “assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”, è affidato dalla legge al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale (art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001).
Pertanto, anche dopo il decorso del termine di trenta giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell’esercizio di una attività di secondo grado (estrinsecantisi nell’annullamento d’ufficio e nella révoca, a proposito dei quali va peraltro rilevato che, nell'ipotesi in cui la legittimità dell'opera edilizia dipenda da valutazioni discrezionali e di merito tecnico che possono mutare nel tempo, il potere di autotutela, esercitabile con riferimento ad una d.i.a. anche quando sia ormai decorso il termine di decadenza per l'esercizio dei poteri inibitori ex art. 23, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001, deve essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa); mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio prestato dall’Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., si graveranno legittimamente non avverso il silenzio stesso, ma, nelle forme dell’ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo, che, formatosi e consolidatosi nei modi di cui sopra, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita.
Né alla opposta tesi, di cui si fa in questa sede portatore l’appellante principale, può aderirsi nemmeno in relazione al periodo, che viene appunto qui in considerazione in relazione alla data di formazione del titolo oggetto del giudizio, anteriore alle modifiche apportate all’istituto dalla legge n. 80/2005, atteso che la veduta introduzione, ad opera di detta legge, di poteri di autotutela in capo all’amministrazione, pur certamente significativa ai fini della ricostruzione dell’istituto come sopra operata, non sembra tuttavia decisiva, ed autonomamente rilevante, ai fini della stessa e della risultante qualificazione dell’istituto stesso; la quale, legata, come s’è visto a ben più ampi e diversificati presupposti e riscontri di carattere logico e normativo, non può che essere riferita anche ai provvedimenti formatisi anteriormente alla novellazione della legge n. 241/1990 operata dal legislatore del 2005, rilevando in particolare, per quanto specificamente attiene alla D.I.A. edilizia, l'art. 38, comma 2-bis e dall'art. 39, comma 5-bis, del D.P.R. n. 380/2001, in forza dei quali risultano estese agli interventi realizzati con D.I.A. sia la disciplina degli interventi eseguiti in base a permesso annullato (il che presuppone evidentemente che la D.I.A. costituisca un titolo suscettibile di annullamento), sia la possibilità di annullamento straordinario da parte della Regione
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 25.11.2008 n. 5811 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sul diritto di accesso o meno agli atti amministrativi detenuti da soggetti di diritto pubblico e da soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse.
Sono tenuti a consentire l’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi detenuti tutti i soggetti di diritto pubblico ed i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, compresi i gestori di pubblici servizi (art. 22, comma 1, lett. e, ed art. 23 L. 07.08.1990 n. 241 e successive modificazioni).
Inoltre, hanno titolo all’accesso tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
Invece, l’acquisizione di documenti amministrativo da parte dei soggetti pubblici, salva l’ipotesi di cui all’art. 43, comma 2, D.P.R. 28.12.2000 n. 445 (consultazione diretta da parte di una pubblica amministrazione o gestore di servizio pubblico degli archivi dell’amministrazione certificante per l’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovvero di dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini), è regolamentata dal principio di leale collaborazione istituzionale (art. 22, comma 1, lett. b, e comma 5, L. n. 241/1990 e successive modificazioni), per cui la relativa esigenza deve trovare soluzione in rapporti di tipo interorganico o intersoggetivo, avvalendosi a seconda dei casi di soluzioni di coordinamento, vigilanza, direzione o semplice collaborazione. Ciò non esclude che possa configurarsi in concreto la fattispecie di una pubblica amministrazione che si trovi in posizione di soggetto amministrato rispetto al altra pubblica amministrazione (ad es. in materia di sovvenzioni o contributi oppure in materia tributaria) ed in quanto tale avente titolo all’accesso alla stessa stregua di un soggetto privato, come del resto confermato dall’art. 3, comma 4, D.P.R. 27.06.1992 n. 354 (cfr. parere del Consiglio di Stato- commissione speciale, n. 1137/1995 del 03.02.1997).
Il giudizio in materia di accesso di cui all’art. 25 L. n. 241/1990 e successive modificazioni, anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l’atto di diniego o avverso il silenzio diniego formatosi sulla relativa istanza ed il ricorso è da esperire nel termine perentorio di 30 giorni (V. le decisioni di questo Consiglio, A.P., 24.06.1999 n. 16 e 18.04.2006 n. 6), è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’Amministrazione per giustificarne il diniego (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. V, 11.05.2004 n. 2966 e , sez. VI , 09.05.2002 n. 2542). Tanto è vero che, anche nel caso di censure avverso il silenzio diniego sull’accesso, l’Amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all’interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all’esibizione (ai sensi dell’ultimo comma del menzionato art. 25), si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni (V., in materia di silenzio diniego su istanza di accesso, la decisione di questo Consiglio, sez. IV, 02.07.2002 n. 3620)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.11.2008 n. 5573 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICILa responsabilità della p.a. ex art. 2051 cod. civ..
La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha natura oggettiva e la P.A. (custode) ne risponde ex art. 2051 cod. civ..
La vicenda riguarda il caso di un pedone che ha evocato in giudizio il Comune di ... per sentirlo dichiarare responsabile dell’evento dannoso occorsogli e, per l’effetto, condannare al risarcimento di tutti i danni subiti, a seguito della caduta avvenuta in strada per la presenza di buche, non visibili, perché colme d’acqua piovana e, comunque, non distinguibili perché non segnalate. Nel caso di specie la buca (e la pericolosa insidia che essa rappresentava per qualsiasi utente) non poteva essere scorta, atteso che nell’occorso (in un giorno di pioggia) il manto stradale si presentava uniformemente lucido e allagato. Di talché, per l’istante non è stato possibile prevedere che in quel punto l’acqua era più profonda perché celava un avallamento ...
(Tribunale di Trani, Sez. civile, sentenza 07.11.2008 n. 1241 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 41-sexies della legge 1150 del 1942 si applica solamente alle nuove costruzioni e non anche alle ristrutturazioni edilizie.
La dotazione minima di parcheggi privati dettata dall’art. 2 della L. 122 del 1989 non si applica a qualunque intervento edilizio, bensì esclusivamente a quelli rientranti nella nozione di “nuova costruzione” nella quale, pertanto, non possono farsi rientrare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’art. 31 della L. 457 del 1978, come vorrebbe parte appellante, trattandosi di ristrutturazioni edilizie di immobile ricadente in un ambito territoriale assoggettato a piano di recupero (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.11.2008 n. 5503 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALIAffidamento della locazione di un immobile della p.a.: le regole da osservare.
E' principio generale quello secondo cui anche in assenza di specifica disposizione normativa che imponga l'adozione di procedure concorrenziali per la selezione del contraente privato l'Amministrazione deve osservare i fondamentali canoni della trasparenza, dell'imparzialità e della par condicio.
Onde passare all'affidamento della locazione dell'immobile di sua proprietà, il Comune doveva osservare le regole di trasparenza e non discriminazione e procedere alla preliminare pubblicazione di un avviso, solo mediante l'esperimento di idonea procedura concorrenziale, che consentisse a tutti i potenziali aspiranti di parteciparvi ed esprimere la propria offerta. È conseguentemente illegittimo l'affidamento del contratto de quo in via diretta, in violazione delle descritte elementari e minime regole di trasparenza.
E’ nullo per caducazione automatica il contratto di locazione la cui aggiudicazione sia stata annullata
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 05.11.2008 n. 878 - link a www.altalex.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: La nozione di bosco deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste, ma anche, per identità di ratio, a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto forestale.
Osserva il Collegio che l'art. 2, comma 3, lettera b, del D.Lgs. n. 227/2001 assimila a bosco i terreni temporaneamente privi di vegetazione arborea o forestale per via di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o incendi, allo scopo di evitare che l’opera dell’uomo –ceduazione– o eventi accidentali possano distrarre dalla disciplina e dal regime formale del bosco, terreni che invece presentano ordinariamente caratteri tali da farli ascrivere al concetto di bosco.
Vuole la norma anche, a parere del Collegio, che l’opera dell’uomo non sottragga dei terreni a fini strumentali alla disciplina delle aree boschive, semplicemente effettuandone la ceduazione.
Invero il Collegio richiama l’orientamento della Sezione, secondo il quale “la nozione di bosco deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste, ma anche, per identità di ratio, a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto forestale” (TAR Piemonte, Sez. I, 10.03.2007, n. 1174).
La riportata decisione è quindi in linea con il dettato di cui all’art. 2, comma 3, lett. b), del D.Lgs. n. 227/2001, secondo il quale se il coefficiente minimo della natura boscata di un’area è la sua caratteristica di area parzialmente boscata sempre che inserita in un contesto forestale (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.10.2008 n. 2722 -
 link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASulle superfici da computare per la determinazione del costo di costruzione.
Quanto al mancato calcolo delle superfici non residenziali destinate a servizi comuni ed accessori, osserva il comune che gli immobili in questione sono privi di cantinole, soffitte, lavatoi comuni, cabine idriche, centrali termiche, astrattamente utili ai fini del computo ex art. 2 d.m. ll.pp. 801/1977, e che i cd. androni, in concreto, sono costituiti da spazi assai esigui di consistenza irrisoria ai fini dell’incremento del costo di costruzione e costituenti un tutt’uno con i vani scala.
A quest’ultimo proposito, appunto, le scale sono escluse dal computo delle superfici non residenziali per servizi ed accessori computabili per la determinazione del costo di costruzione (cfr. TAR Lombardia, 21/01/1984 n. 84); di conseguenza, sono prive di incidenza sul costo di costruzione dell’edificio (cfr. Mod. 7-bis allegato all’art. 11 del d.m. ll.pp. 801/1977)
(TAR Basilicata, sentenza 29.10.2008 n. 721 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTUALIIncarichi di progettazione al professionista: norme applicabili e regime tariffario.
L’Autorità per i Lavori Pubblici, oggi Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, ha il compito di vigilare affinché fosse assicurata l’economicità di esecuzione dei lavori pubblici e sull’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia verificando, anche con indagine campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento dei medesimi; tali compiti costituiscono per l’Autorità un obbligo, non una mera facoltà e l’adempimento al suddetto obbligo non è condizionato dall’iniziativa di terzi, per cui palesemente l’Autorità è legittimata ad agire d’ufficio.
I poteri dell’Autorità attengono all’affidamento ed esecuzione dei lavori pubblici e comprendono le problematiche relative all’affidamento ed esecuzione degli incarichi di progettazione e direzione lavori, dal momento che i meccanismi di assegnazione dei relativi incarichi soggiacciono agli stessi principi che presiedono all’assegnazione dei contratti di appalto.
Nel caso in cui il Comune abbia affidato un incarico ad un professionista, incardinato nella propria struttura, un incarico professionale che poi ha retribuito secondo il regime proprio dei rapporti con i professionisti esterni alla struttura, confonde i due regimi, giungendo ad affidare contratti di rilevanza esterna con la libertà di scelta che gli è propria nell’ambito delle decisioni interne alla gestione della propria struttura; la suddetta confusione di procedimenti ha quindi portato a conferire incarichi esterni sulla base di un mero intuitus personae. Di modo che l’affidamento di incarichi di progettazione e direzione nei confronti del suddetto professionista deve avvenire nel rispetto della normativa dettata per l’affidamento dei suddetti incarichi a dipendenti dell’ente e gli stessi devono essere retribuiti secondo il sistema normativo proprio dei dipendenti
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.10.2008 n. 5175  - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 12.02.2009

QUESITI & PARERI

PUBBLICO IMPIEGO: Permessi brevi.
Il Comune richiedente osserva che nell'ambito di taluni contratti decentrati era stata introdotta la possibilità di richiedere dei permessi brevi senza obbligo di recupero per effettuare le visite specialistiche o gli esami diagnostici presso le strutture sanitarie pubbliche. Ciò premesso, chiede:
se è legittima la concessione di tali permessi brevi al di fuori della disciplina dell'art. 15 del D.P.R 268/1987;
in caso di risposta affermativa come ci si debba regolare alla luce della nuova
normativa introdotta con la legge n. 133/2008;
se tali permessi debbano essere assoggettati alla stessa disciplina delle assenze per malattia (Regione Piemonte, parere n. 189/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Rapporti di lavoro autonomo aventi carattere occasionale.
La fattispecie delineata nel quesito posto dal Comune XXX riguarda i rapporti di lavoro autonomo aventi carattere occasionale.
Per rispondere adeguatamente, si ritiene utile sviluppare la tematica sotto i diversi profili normativi che la caratterizzano (Regione Piemonte, parere n. 188/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Trasformazione posto in dotazione organica da categoria D a categoria C.
Il Comune di XXX chiede se sia possibile, a seguito di mobilità volontaria dipendente di categoria D, trasformare il posto lasciato vacante in posto di categoria C, con lo stesso profilo (Regione Piemonte, parere n. 140/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Competenze Istruttore tecnico - geometra.
Il Comune di XXX dispone alle proprie dipendenze di n. 1 unità di personale, assunta con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato stipulato il 14.12.2007 nel profilo professionale di "ISTRUTTORE TECNICO", categoria C., assegnata al Servizio Urbanistica–Edilizia Privata, attualmente non iscritta all’Ordine degli Ingegneri ed in possesso dei seguenti titoli di studio:
- diploma di Geometra;
- diploma di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio.
Il Comune chiede, ai sensi dell’art. 79 della L.R. 05/12/1977, n. 56:
1) se detto personale possa progettare per il Comune gli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, relative revisioni, varianti (strutturali, parziali) e loro modifiche, come contemplati dalla vigente Legge Regionale Urbanistica;
2) se per lo svolgimento di dette o talune di dette prestazioni il dipendente debba necessariamente essere iscritto all’Albo degli Ingegneri;
3) quali siano gli elaborati, previsti dall’art. 14 comma 1 della Legge Regionale 56/1977 e s.m.i., che eventualmente detto lavoratore NON è legittimato a formare (Regione Piemonte, parere n. 137/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Progressione verticale del personale.
Premesso che nel biennio 2006-2007, il Comune richiedente (con circa 7.500 abitanti e n. 36 dipendenti a tempo indeterminato) ha assunto mediante concorso pubblico a copertura di posti vacanti nella vigente dotazione organica, nell’ambito rispettivamente della Programmazione dei fabbisogni di personale per il triennio 2006-2008 e per il triennio 2007-2009, le seguenti due unità di personale a tempo pieno ed indeterminato:
- n. 1 Agente di P.M. – cat. C (nel 2006);
- n. 1 Istruttore tecnico – cat. C (nel 2007).
L’attuale programmazione, relativa al triennio 2008-2010, non prevede nuove assunzioni dall’esterno.
Il Comune chiede parere circa la legittimità di una eventuale modifica alla suddetta programmazione, prevedendo una variazione della vigente dotazione organica e la contestuale copertura di n. 2 nuovi posti mediante procedura selettiva interna (progressione verticale) (Regione Piemonte, parere n. 121/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICI: Requisiti direttore lavori.
Il sindaco del Comune di XXX chiede se un dipendente dell’ente, con la laurea in architettura, può assumere il ruolo di direttore di lavori relativi alla costruzione di una strada comunale (Regione Piemonte, parere n. 120/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Procedura richiesta part-time.
Nel Comune di XXX con una dotazione organica di 5 unità di cui 2 in categoria D il dipendente Istruttore Direttivo Area Contabile ha richiesto la trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Poiché, come si evince dalla dotazione organica, all'interno della categoria D, vi è già un part-time nell'area tecnica (rapporto che era anche a tempo pieno e trasformato in data 1/10/1998 in tempo parziale al 50%), il Comune chiede, quindi, se sia possibile concedere, anche solo temporaneamente, un altro part-time cat. D nell'area contabile (art 4 comma 2 delle "Code contrattuali" in data 14/09/2000) (Regione Piemonte, parere n. 110/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Sicurezza sul lavoro. 
Il Comune istante pone il seguente articolato quesito:
In riferimento all’entrata in vigore il 15/05/2008 del D.Lgs. 09/04/2008, n. 81 in materia di "Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, si richiede cortesemente di conoscere l'interpretazione in merito ai commi 9 e 10 dell'art. 90 del citato D.Lgs., in quanto il nuovo testo, contrariamente a quanto indicato dal comma 8 - art. 3 del D.Lgs. 494/1996 ora abrogato, prevede una differenziazione degli Enti coinvolti e più precisamente:
- al punto c) del comma 9 viene prescritta la trasmissione della documentazione "all'Amministrazione competente";
- al comma 10 viene invece indicato che le inadempienze devono essere comunicate "all'Amministrazione concedente".
Dall'esame di quanto sopra si ritiene che il legislatore abbia voluto inequivocabilmente differenziare/diversificare le competenze degli Enti preposti all'applicazione del citato art. 90.
In merito questo Ufficio rileva che con la vecchia norma venivano allegati soltanto alcuni documenti di facile controllo (iscrizione C.C.I.A.A., organico medio annuo, contratto collettivo dei dipendenti, D.U.R.C.), invece ora la nuova norma prevede tra i vari documenti da presentarsi anche una autocertificazione dell'idoneità tecnico-professionale (come da Allegato XVII), per la quale il relativo controllo presuppone delle specifiche competenze che si ritiene non siano in capo ai Comuni, ma all’A.S.L. ed in particolare al relativo Servizio sugli ambienti di lavoro (S.PRE.S.A.L.) (Regione Piemonte, parere n. 104/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Progressioni verticali.
 Il Comune di XXX, di entità demografica minima (molto inferiore ai 1.000 abitanti), chiede parere circa la possibilità di effettuare progressione verticale (dalla categoria C alla categoria professionale D) dei propri due (soli) dipendenti già incaricati di posizione organizzativa (l’uno responsabile dei servizi tecnici, l’altro responsabile dei servizi demografici e di ragioneria). Aggiunge che i medesimi non sono laureati e prestano servizio parziale presso altri enti pubblici nell’ambito di gestioni convenzionate (Regione Piemonte, parere n. 86/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Incarico geometra.
Il Comune XXX chiede al servizio di consulenza regionale se potrà continuare la gestione del servizio urbanistico mediante affidamento a geometra delle seguenti funzioni:
- istruttoria delle pratiche edilizie presentate, con eventuale predisposizione di richieste integrative;
- sopraluoghi, contatti con l’utenza, ecc.;
- consulenza in materia tecnico–urbanistica agli uffici comunali, al segretario comunale e agli amministratori;
- eventuale predisposizione di studi di fattibilità (Regione Piemonte, parere n. 43/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

APPALTI: Lo schema di "Regolamento di esecuzione del Codice dei Contratti Pubblici" (articolo 5 decreto legislativo 163/2006) nel testo ricevuto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (link a www.giurdanella.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 09.02.2009, "D.g.r. 01.10.2008, n. 8/8139 «Modifiche ed integrazioni alla d.g.r. n. 7977/2008 "Determinazioni in merito alla verifica della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica per l'esercizio delle funzioni paesaggistiche"(art. 146, comma 6 d.lgs. n. 42/2004)», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 42 Serie Ordinaria del 13.10.2008" (errata-corrige n. 6/01-Se.O. 2008 - link a www.infopoint.it).

NEWS

ENTI LOCALI: La Cassazione conferma: circolari, atti interni all'Amministrazione.
I giudici tornano sulla valenza dei documenti di prassi, illustrando una serie di principi di carattere generale
Natura ed effetti delle circolari. Potrebbe così intitolarsi la sentenza n. 237, depositata il 09.01.2009, con cui la Cassazione, riprendendo il noto precedente rappresentato dalla pronuncia n. 23031 del 09.10.2007, è tornata nuovamente sul tema della valenza dei documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria, illustrando, quasi didatticamente, una serie di principi generali relativi al ruolo delle circolari rispetto alla gerarchia delle fonti e alla portata che esse possono assumere tanto nei confronti della stessa Amministrazione emanante, globalmente considerata, quanto nei confronti dei contribuenti solo "impropriamente" destinatari delle medesime
(link a www.nuovofiscooggi.it).

CORTE DEI CONTI

EDILIZIA PRIVATA: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Samarate (Va) in merito "alla corretta interpretazione e conseguente applicazione dell'articolo 32 comma 1, lettera g), del codice dei contratti pubblici anche ai sensi dell'art. 253, comma 1, del codice degli appalti, come dalla nota prot. 26734 del 23.10.2008 dell'Ente stesso".
Il quesito posto dal Comune di Samarate si inserisce nella complessa evoluzione del quadro normativo riguardante il Codice dei Contratti pubblici che, anche con riferimento all’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi contributi, ha come obiettivo fondamentale l’applicazione dei principi generali di trasparenza, libera concorrenza e parità di trattamento nella realizzazione dei lavori pubblici, compresi quelli di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Il Sindaco chiede, in particolare, il parere della Sezione in merito alla nuova formulazione dell’art. 32, comma 1, lettera g), introdotta dal decreto legislativo 152/2008 quando “la convenzione tra amministrazione comunale e lottizzante risulti già essere stata sottoscritta in data antecedente il 17.10.2008 ma non sia stato ancora rilasciato il permesso a costruire al lottizzante”.
La Sezione osserva, in primo luogo, che il disegno del legislatore è quello di evitare che attraverso l’affidamento diretto al privato titolare del permesso di costruire della realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo venga elusa la necessità del ricorso alle procedure ad evidenza pubblica.
Ed infatti l’art. 32, comma 1, lettera g), sia nell’attuale formulazione che in quella previgente, ha previsto per tali opere di importo superiore alla soglia comunitaria una serie di adempimenti che hanno come scopo principale quello dell’esperimento della gara di appalto.
Poiché dal quesito risulta che la convenzione fra amministrazione comunale e lottizzante sia già stata sottoscritta, ma non sia stato ancora rilasciato il permesso di costruire, si ritiene che il Comune non si possa sottrarre all’obbligo, di rispettare, al momento del rilascio del permesso di costruire, gli adempimenti fissati dall’art. 32, comma 1, lettera g).
Il permesso di costruzione costituisce, in altre parole, il presupposto per l’adozione delle procedure di gara previste dalla legge.
Va rilevato peraltro che la nuova formulazione dello stesso articolo disposta dal decreto legislativo 11.09.2008 n. 152 (c.d. terzo decreto correttivo) ha rafforzato i principi richiamati, avendo soppresso l’eventualità che i titolari del permesso di costruzione potessero agire in veste di promotori e che potessero avvalersi del diritto di prelazione successivamente alla conclusione della gara.
Si deve ritenere inoltre coerente con i criteri generali prima citati anche l’abolizione dell’obbligo di trasmissione degli atti alla competente Procura regionale della Corte dei Conti disposta con la modifica dell’art. 122, comma 8, del Codice dei contratti, così come sostituito dall’art. 1 del decreto leg.vo 152/2008 in conseguenza dell’estensione alle opere di urbanizzazione a scomputo sotto soglia di una procedura negoziata secondo le modalità di cui all’art. 57, comma 6 dello stesso codice.
Occorre infine segnalare che per la natura transitoria della disciplina di cui all’art. 253 Codice dei contratti pubblici, le disposizioni in esso contenute non possono essere riferite a fattispecie intervenute con la recente modifica apportata al codice. Il legislatore avrebbe potuto espressamente dettare norme di diritto transitorio che, al contrario, non si rinvengono nel testo del decreto legislativo n. 152/2008 e questo conferma l'applicabilità dei principi generali in caso di successione delle leggi nel tempo ai rapporti giu­ridici pendenti (cioè già sorti sotto il vigore della legge precedente ma non ancora esauriti nel momento in cui entra in vigore quella nuova) (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 26.11.2008 n. 95 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA Anche in Lombardia la ristrutturazione edilizia, intesa come demolizione/ricostruzione di fabbricato esistente, deve rispettare, oltre al volume della costruzione preesistente, anche la sagoma.
Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico (DPR 380/2001).

L’art. 27, c. 1, lett. d), della L.R. 11.03.2005, n. 12 prevede che “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”. La norma tace in particolare in merito al profilo della sagoma lasciando il dubbio in merito alla sorte di questo elemento. In considerazione del fatto che l’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001 stabilisce che nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione purché mantengano la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.

Occorre chiarire quindi se in caso di demolizione e ricostruzione il rispetto della sagoma previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001 costituisca espressione di un principio generale che orienti anche l’interpretazione della legislazione regionale. In primo luogo occorre chiarire che all’utilizzo a tale scopo dell’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001 non osta la sua disapplicazione ad opera dell’art. 103 della legge regionale 11.03.2005, n. 12, in quanto la norma in questione è sicuramente, in tutto o in parte, norma di principi in quanto contiene le definizioni degli interventi edilizi, che costituiscono l’architrave di tutto l’impianto normativo del D.P.R. 380/2001 (vedi TAR Abruzzo, Pescara 14.04.2005 n. 185; TAR Abruzzo, Pescara, 20.12.2002, n. 1182; TAR Abruzzo, L’Aquila, 22.09.2008 n. 1114 in materia di ristrutturazione edilizia).

Tali principi prevalgono sulla normativa regionale, così come previsto dal comma 1 dell’art. 2 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, secondo il quale "le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico" (vedi in merito Cons. Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 07.04.2008 n. 2).

Il D.P.R. 380/2001 ha “positivizzato” la distinzione degli interventi di ristrutturazione edilizia in due tipologie principali, sottoposte a differente disciplina:

a) le ristrutturazioni che non comportino demolizione e ricostruzione, per le quali sono ammesse anche modifiche di volumetria e di sagoma (c.d. intervento conservativo);

b) le ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione, soggette al vincolo del rispetto delle precedenti volumetria e sagoma (c.d. intervento ricostruttivo).

In questo secondo caso il rispetto della sagoma è richiesto perché, eliminati tutti gli elementi materiali dell’edificio preesistente, la sagoma è il solo elemento fisico che permette di individuare quel collegamento con l’edificio abbattuto che costituisce la ratio della qualificazione di un intervento come di ristrutturazione edilizia.

In secondo luogo il suo ampliamento oltre i limiti del volume e della sagoma comporterebbe il venir meno della finalità della normativa statale e regionale, che è quello del recupero del patrimonio esistente mediante la liberalizzazione degli interventi sul patrimonio immobiliare, al fine di migliorare e ammodernare i fabbricati più vecchi e malridotti. Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, l’art. 3 del D.P.R. 380/2001, c. 1, lett. d), così come modificato dall'art. 1, D.Lgs. 27.12.2002, n. 301, “è norma di principio ………, in base alla sua logica ………… che è quella di fornire uno strumento per il recupero del patrimonio esistente: abbandonando il limite della sagoma preesistente, tale obiettivo non verrebbe più raggiunto, nel senso che si realizzerebbe un nuovo edificio di volume identico al preesistente, che certo ne mantiene il carico urbanistico, ma non ne conserva necessariamente alcuno dei valori estetici e funzionali. Appare allora incongruo che tale esigenza possa venire accantonata senz’altro dalla legislazione regionale” (TAR Lombardia, Brescia, 13.05.2008 n. 504).

Ulteriori perplessità in ordine all’ampliamento del concetto di ristrutturazione fino a comprendervi anche le modifiche di sagoma, deriva dal regime giuridico connesso agli interventi di ristrutturazione. Infatti è opinione comune della giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 12.06.2001, n. 7909; TAR Calabria, Reggio Calabria, 24.01.2001, n. 36; Cons. Stato, sez. V, 14.11.1996, n. 1359; Puglia, Bari, sez. III, 22.07.2004 n. 3210) che per la ristrutturazione edilizia, anche mediante ricostruzione dell'edificio demolito, restano ferme le norme urbanistiche vigenti al tempo in cui venne rilasciato l’originario titolo edilizio, con la conseguenza che non sono applicabili le prescrizioni ed i vincoli imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti.

La ratio di questa disciplina tipica della ristrutturazione edilizia è quello di favorire l’attuazione di tutti quegli interventi migliorativi del patrimonio edilizio esistente che lasciano inalterato il tessuto urbanistico ed architettonico preesistente, ancorché difformi dalle nuove norme che regolano l’attività di trasformazione del territorio.
La modifica senza alcun limite della sagoma delle costruzioni è chiaramente elemento che modifica fortemente il tessuto urbano e dà vita ad una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio che, secondo la legislazione statale (art. 3, c. 1, lett. e), D.P.R. 380/2001) e regionale (art. 27, c. 1, lett. e), L.R. 12/2005), è effetto tipico delle nuove costruzioni e richiede che sia disciplinato dalla normativa urbanistica ed edilizia vigente.

E’ il caso, come quello in decisione, nel quale si verifica un aumento del carico urbanistico. Infatti nel progetto presentato dalla ricorrente il volume che costituiva piano interrato doveva essere utilizzato per creare un nuovo piano fuori terra, con conseguente aumento del carico urbanistico. In tal caso l’aumento del peso insediativo creato dall’immobile richiede la necessaria valutazione dei servizi da realizzare e dell’impatto sul tessuto urbanistico esistente, di competenza degli strumenti di pianificazione comunale.

In quest’ottica, inoltre, il superamento delle prescrizioni e dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti, costituisce un vulnus della competenza comunale in materia urbanistica che dev’essere interpretato restrittivamente, giustificando così, anche sotto questo aspetto, un’interpretazione della nozione di ristrutturazione dettata in sede regionale in senso conforme a quella nazionale.

Deve quindi ritenersi condivisibile la considerazione fatta in giurisprudenza (TAR Lombardia, Brescia, 13.05.2008 n. 504) secondo la quale “il concetto di ristrutturazione previa demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell’edificio preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, sì che è poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intento (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.01.2009 n. 153).

EDILIZIA PRIVATA: Anche in Lombardia, dopo la l.r. n. 12/2005, la demolizione/ricostruzione di un fabbricato (intesa come ristrutturazione edilizia) deve rispettare la sagoma esistente.
L'art. 103 della l.r. lombarda n. 12/2005 non può disapplicare l'art. 3 del T.U. dell'edilizia per cui le disposizioni dell’art. 27 della l.r. prevarrebbero sull’art. 3 del T.U. nazionale: la legge regionale, pur dopo la riforma del titolo V parte II della Costituzione, incontra pur sempre una serie di limiti rispetto alla legge statale, e non può derogarvi a piacimento. Il concetto di ristrutturazione delimitato dalla legge nazionale è una norma di principio ai sensi dell’art. 117 Cost..
Il Collegio è dell’avviso che di norma di principio si debba parlare, in base alla sua logica come sopra ricostruita, che è quella di fornire uno strumento per il recupero del patrimonio esistente: abbandonando il limite della sagoma preesistente, tale obiettivo non verrebbe più raggiunto, nel senso che si realizzerebbe un nuovo edificio di volume identico al preesistente, che certo ne mantiene il carico urbanistico, ma non ne conserva necessariamente alcuno dei valori estetici e funzionali. Appare allora incongruo che tale esigenza possa venire accantonata senz’altro dalla legislazione regionale. In tali termini, seguendo il costante insegnamento della Corte costituzionale, per cui sin quando possibile una legge ordinaria va interpretata in modo conforme a Costituzione, si deve concludere che il limite della sagoma, attinente ad un principio, nella norma lombarda che non lo prevede espressamente, vada ricavato per via di interpretazione logica e sistematica
Nella normativa nazionale, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono definiti dall’art. 3, comma 1, lettera d), del T.U. 06.06.2001 n. 380, come “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti”. La norma poi prosegue affermando che “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.”
La norma in questione, peraltro di per sé non oscura, è interpretata dalla giurisprudenza costante nel senso che per aversi la ristrutturazione contemplata dalla sua seconda parte, ovvero sia la ristrutturazione che passa per la previa demolizione dell’esistente, non si possa prescindere dal rispetto, nella successiva ricostruzione del manufatto, sia della volumetria sia della sagoma dell’edificio preesistente, osservandosi che in caso contrario la distinzione fra ristrutturazione e costruzione nuova svanirebbe di fatto, potendosi altrimenti definire ristrutturazione qualsiasi edificio nuovo sorto là dove preesisteva qualunque altro edificio con lo stesso volume (C.d.S. sez. IV 22.03.2007 n. 1388 e 16.03.2007 n. 1276, nonché C.d.S. sez. V 19.02.2007 n. 827, per non citare che le più recenti).
La ragione ultima di tale scelta legislativa è spiegata, in termini che il Collegio condivide, nell’ampia motivazione di C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061, ove si ricorda che antecedente storico dell’art. 3 citato è l’art. 31 della l. 457/1978, volta a disciplinare nel loro complesso gli “interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente”: in tale contesto, la demolizione rappresenta un caso limite, quello in cui per recuperare un dato edificio, compromesso in modo serio, è necessario abbatterlo e rifarlo dalle fondamenta; è quindi intesa come uno strumento, se pure riservato a casi particolari, per raggiungere il fine di riportare l’esistente alla primitiva condizione, il che ovviamente non si avrebbe se il nuovo edificio avesse una sagoma diversa.
Per completezza si osserva come l’art. 3 citato preveda alla lettera d) due distinte ipotesi di ristrutturazione: quella appena descritta, per la quale si demolisce, e quella prevista dalla prima parte della norma, che può comportare anche l’inserimento di nuovi volumi, ed anche modifiche della sagoma che ad essi possono ben conseguire, ma dall’esistente non prescinde, perché lo altera senza distruggerlo. Ciò posto, è ben comprensibile come il successivo art. 10 del T.U. distingua, prevedendo per taluni interventi di ristrutturazione, fra i quali appunto quelli che modificano il volume, il più oneroso titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire. Ciò tuttavia, come correttamente osservato dalla difesa del Comune, non comporta una contraddizione in termini definitori, ma solo una diversa disciplina dei titoli abilitativi all’interno di una stessa categoria, che ad altri fini, tra i quali la stessa possibilità di procedervi a norma del Piano che qui rileva, rimane unitaria.
In tale contesto, l’art. 27, comma 1, della l.r. Lombardia 11.03.2005 n. 12 definisce, così come fa l’art. 3 del T.U. nazionale, i vari interventi edilizi, con norme che, ai sensi del successivo art. 103, si dichiarano prevalenti sulla normativa nazionale, e alla lettera d) considera interventi di ristrutturazione edilizia “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.”
La lettera della norma differisce da quella dell’art. 3 perché nella seconda parte, sempre relativa alla ristrutturazione che passa per la demolizione, di rispetto della sagoma non si parla. Si tratta allora di stabilire se il limite in parola sia scomparso, e la ristrutturazione previa demolizione in Lombardia sia tale sol che sia rispettato il volume preesistente, come sostiene il ricorrente, ovvero se il limite rimanga implicito, e vada desunto in via interpretativa, come ritiene il Comune.
Il Collegio è per la seconda alternativa. Si osserva preliminarmente, in termini generali, che il concetto di ristrutturazione previa demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell’edificio preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, sì che è poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intento.
Va poi osservato che non è decisivo sul punto l’art. 103 citato della stessa l.r., per cui le disposizioni dell’art. 27 prevarrebbero sull’art. 3 del T.U. nazionale, comportandone la disapplicazione: la legge regionale, pur dopo la riforma del titolo V parte II della Costituzione, incontra pur sempre una serie di limiti rispetto alla legge statale, e non può derogarvi a piacimento. Occorre pertanto chiedersi se una deroga consimile sia o non sia consentita dalla Costituzione, ovvero in termini più espliciti se il concetto di ristrutturazione delimitato dalla legge nazionale sia o non sia una norma di principio ai sensi dell’art. 117 Cost.
Il Collegio è dell’avviso che di norma di principio si debba parlare, in base alla sua logica come sopra ricostruita, che è quella di fornire uno strumento per il recupero del patrimonio esistente: abbandonando il limite della sagoma preesistente, tale obiettivo non verrebbe più raggiunto, nel senso che si realizzerebbe un nuovo edificio di volume identico al preesistente, che certo ne mantiene il carico urbanistico, ma non ne conserva necessariamente alcuno dei valori estetici e funzionali. Appare allora incongruo che tale esigenza possa venire accantonata senz’altro dalla legislazione regionale. In tali termini, seguendo il costante insegnamento della Corte costituzionale, per cui sin quando possibile una legge ordinaria va interpretata in modo conforme a Costituzione, si deve concludere che il limite della sagoma, attinente ad un principio, nella norma lombarda che non lo prevede espressamente, vada ricavato per via di interpretazione logica e sistematica (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 13.05.2008 n. 504 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 09.02.2009

QUESITI & PARERI

ENTI LOCALI: Non sono incompatibili le cariche di consigliere comunale e di assessore in due comuni della stessa Regione.
Lo afferma il Consiglio di Stato in un parere su un quesito rivolto dalla Direzione centrale per le autonomie del Ministero dell'Interno (Consiglio di Stato, Sez. I, parere 22.10.2008 n. 3376 - link a www.interno.it).

EDILIZIA PRIVATA: Categoria destinazione d’uso “Pensione per cani”.
Viene chiesto quale sia la categoria di destinazioni d’uso in cui rientra una “pensione” per cani; conseguentemente, in quali ambiti urbanistici essa sia localizzabile (Regione Piemonte, parere n. 204/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Acquisizione fabbricato rurale.
Viene chiesto un parere in merito alla possibilità, per il Comune XXX, di acquisire un fabbricato rurale abbandonato ed in precarie condizioni strutturali, costituente pericolo per l’incolumità pubblica; subordinatamente, si chiede quale procedura risulti applicabile, al caso di specie, al fine di provvedere alla messa in sicurezza dell’immobile; infine, se il Comune XXX possa autorizzare il proprietario dell’edificio adiacente ad accedere al fabbricato in questione per eseguire, a proprie spese, le opere di ripristino, alle quali è anch’egli interessato (Regione Piemonte, parere n. 199/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Piano di recupero.
Si chiede parere in merito ad un Piano di Recupero, comportante la demolizione e la successiva fedele ricostruzione di un edificio a tre piani fuori terra, il cui termine decennale di efficacia risulta ormai scaduto (Regione Piemonte, parere n. 186/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Compatibilità lavoro pubblico e libera professione.
Il quesito è del seguente tenore:
“Si vorrebbe conoscere se un geometra che ricopra nella pianta organica comunale il posto di istruttore tecnico categoria "C1" (part-time), può esercitare previa autorizzazione dell'Amministrazione la libera professione.
Si è a conoscenza che tale possibilità esiste se il part-time è svolto per un massimo di 18 ore settimanali.
Si vorrebbe conoscere se esiste la possibilità di derogare tale limite con un massimo di 25 ore settimanali”
(Regione Piemonte, parere n. 42/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Utilizzo personale proveniente da altro Comune.
Il Comune XXX ha intenzione di utilizzare un istruttore dipendente di ruolo a tempo pieno di altro Comune vicino, ai sensi dell'art. 1, comma 557 della legge 311/2004.
Il servizio sarà prestato a scavalco in orario non coincidente con quello svolto presso il Comune di provenienza che potrà operare al di fuori del proprio normale orario, nei modi previsti dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001.
L’interessato sarà assunto con un rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato ed a part-time, con una prestazione settimanale non superiore a 12 ore settimanali, regolarmente retribuito direttamente dal Comune utilizzatore, in base alla categoria contrattuale di appartenenza previa autorizzazione dell’Amministrazione di provenienza.
Si richiede di conoscere se la procedura come sopra esposta, in base alla normativa vigente, è corretta
(Regione Piemonte, parere n. 40/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Affidamento incarichi esterni a personale dipendente.
Il quesito è del seguente tenore:
“Alla luce della Finanziaria 2008 –e premettendo che si tratta di Enti sotto i 5.000 abitanti– è ancora possibile che il Comune A autorizzi un proprio dipendente a svolgere servizio presso il Comune B al di fuori dell’orario di lavoro (cosiddetto “scavalco” di dipendente ai sensi dell’art. 1 comma 557 della legge n. 311/2004) per un tempo medio/lungo (oltre l’anno) per sopperire a carenze organiche fisiologiche (non si tratta di maternità o di aspettativa) del Comune B?
Questo tipo di incarico esula dall’applicazione della normativa relativa agli incarichi per consulenze/studio/ricerche di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001?”
(Regione Piemonte, parere n. 32/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Possibilità di trasformare a tempo pieno posto coperto a tempo parziale.
Il Comune XXX chiede se, in base alle disposizioni della legge finanziaria 2008, è possibile in un Comune inferiore a 2000 abitanti, trasformare un posto, già coperto a tempo parziale (32 ore settimanali), in un posto a tempo pieno (36 ore settimanali) e a quali condizioni? (Regione Piemonte, parere n. 31/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Comune privo di Ufficio Tecnico.
Il quesito è del seguente tenore:
“Questo Comune, che ha soli 350 abitanti, è privo di un ufficio tecnico e non ha un posto vacante in pianta organica per l’assunzione, anche solo a tempo parziale, di un tecnico comunale. Le funzioni di responsabile del servizio tecnico sono svolte dal sindaco ma, nonostante ciò, esiste la reale necessità di ricorrere alla prestazioni di un tecnico per le principali incombenze relative all’edilizia, all’urbanistica ed ai lavori pubblici.
In Comuni vicini la sezione regionale della Corte dei Conti ha censurato il ricorso a contratti di lavoro autonomo con liberi professionisti considerandolo un illegittimo rapporto di consulenza.
Come si può legittimamente risolvere tale problema?
Il segretario comunale ci ha suggerito di convenzionarci con altri Comuni delle nostre dimensioni per risolvere in modo organico il problema.
Può lo strumento della convenzione rappresentare una soluzione valida?
Può, altrimenti, conferirsi un incarico di lavoro autonomo anche se, di fatto, si tratta dello svolgimento di mansioni tipiche del lavoro subordinato?
Nel caso si venisse a concretare anche secondo codesto servizio di consulenza un rapporto di consulenza di importo superiore a € 5.000,00 esiste l’obbligo di segnalazione alla Corte dei Conti?
Esiste tale obbligo anche in caso di incarico conferito per un compenso di importo inferiore a tale cifra?” (Regione Piemonte, parere n. 13/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Mobilità tra diversi profili professionali.
Il Comune XXX, ente non soggetto al patto di stabilità, chiede:
1) Se è possibile attivare l'assunzione di un nuovo Agente di polizia municipale, mediante l'istituto della mobilità tra Enti, alla luce dell'entrata in vigore dell'attuale Legge Finanziaria 2008.
2) Se è possibile attivare la mobilità di un dipendente ARPA - "C3 Assistente Tecnico" per coprire un posto di "Agente di Polizia Municipale" presso questo Comune - cat. C1
(Regione Piemonte, parere n. 12/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

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AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. n. 5 del 06.02.2009, "Approvazione degli allegati tecnici relativi alle autorizzazioni in via generale per attività in deroga ex art. 272, comma 2, del d.lgs. - Attuazione della d.g.r. n. 8/8832 del 30.12.2008" (decreto D.S. 26.01.2009 n. 532 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 5 del 06.02.2009, "Modifiche e integrazioni alla legge regionale 16.07.2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo) - Disposizioni sulle strutture alpinistiche" (L.R. 03.02.2009 n. 2 - link a www.infopoint.it).

NEWS

ENTI LOCALI: Ministero Finanze: saggio interessi per ritardo nei pagamenti.
Il Ministero delle finanze ha comunicato, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del Decreto Legislativo 09.10.2002, n. 231, che il saggio d'interesse applicabile per i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, al netto della maggiorazione ivi prevista (7 o 9 punti percentuali a seconda dei beni oggetto di transazione), è pari al 2,50% per il semestre 1° gennaio-30 giugno 2009. Ciò significa che il saggio di interesse a favore del creditore nei casi di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali sarà del 9,50%.
Ricordiamo che il decreto (e pertanto la disciplina sugli interessi di mora) è applicabile ai contratti stipulati successivamente all'08.08.2002. La successione degli interessi da tale data è la seguente:
08.08.2002 - 31.12.2002 tasso applicabile del 10,35 %;
01.01.2003 - 30.06.2003 tasso applicabile del 9.85 %;
01.07.2003 - 31.12.2003 tasso applicabile del 9,10 %;
01.01.2004 - 30.06.2004 tasso applicabile del 9,02 %;
01.07.2004 - 31.12.2004 tasso applicabile del 9,01 %;
01.01.2005 - 30.06.2005 tasso applicabile del 9,09 %;
01.07.2005 - 31.12.2005 tasso applicabile del 9.05 %;
01.01.2006 - 30.06.2006 tasso applicabile del 9,25 %;
01.07.2006 - 31.12.2006 tasso applicabile del 9,83 %;
01.01.2007 - 30.06.2007 tasso applicabile del 10,58%;
01.07.2007 - 31.12.2007 tasso applicabile del 11,07%;
01.01.2008 - 30.06.2008 tasso applicabile del 11,20%;
01.07.2008 - 31.12.2008 tasso applicabile del 11,10%;
01.01.2009 - 30.06.2009 tasso applicabile del 9,50%.
(Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comunicato: Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 02.02.2009, n. 26) (tratto da www.filodiritto.com).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: S. Civitarese Matteucci, Note sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione nell'ambito dei comparti edilizi e dei "programmi complessi" sulla base della disciplina del codice dei contratti pubblici (link a www.pausania.it).

APPALTI: S. Lazzini, Dossier sull’impegno ad emettere la cauzione definitiva abbinato alla cauzione provvisoria e le clausole di cui al dm 123/2004 (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: D. A. Modaffari, Il delitto di peculato e il rapporto con il reato di abuso di ufficio (link a www.diritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, Impianti radioelettrici già realizzati e silenzio-assenso ex art. 87 D.lgs. n. 259 del 2003 (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Ianni, VINCOLO PAESAGGISTICO E INTERESSE ARCHEOLOGICO: LA COMPETENZA DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI AD ESPRIMERE IL PARERE DI CUI ALL'ART. 2, COMMA 78, L. N. 662 DEL 1996 (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. di Rubbo, NATURA DELL'ORDINANZA CHE DISPONE LA RIMOZIONE DEI CARTELLI PUBBLICITARI A SEGUITO DI INDEBITA AFFISSIONE E GIURISDIZIONE DEI GIUDICI ORDINARI (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: C. Russo, I TITOLI ABILITATIVI DEGLI INTERVENTI EDILIZI (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Finazzi, CRITERI GENERALI PER L’ASSIMILAZIONE DELLE ACQUE REFLUE ALLE ACQUE REFLUE DOMESTICHE (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Rizzuto, Vigilanza e controllo (in materia ambientale) (link a www.industrieambiente.it).

ENTI LOCALI: Rassegna della giurisprudenza amministrativa e delle sezioni consultive del Consiglio di Stato – ANNO 2008 (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: P. de Lise, Effettività della tutela e processo sui contratti pubblici (link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: G. Penzo Doria, Siamo tutti pubblici ufficiali? (link a www.lexitalia.it).

PUBBLICO IMPIEGO: A. Bruno, Gli obblighi di fare infungibili (fungibili) nel pubblico impiego privatizzato (link a www.lexitalia.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Nel caso di specie trova applicazione la disciplina prevista dalla deliberazione dell’Autorità del 10.01.2007, concernente l’ammontare delle contribuzioni dovute ai sensi dell’art. 1, commi 65 e 67, della legge n. 266/2005, poiché il bando di gara in questione è stato pubblicato sulla G.U.R.I. in data 25.01.2008.
Nel documento “Istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1 comma 67, della legge 23.12.2005, n. 266, da soggetti pubblici e privati”, pubblicato sul sito internet istituzionale al punto concernente le “modalità e termini di versamento della contribuzione”, si stabilisce che le stazioni appaltanti che intendono avviare una procedura di affidamento devono connettersi al Sistema Informativo di Monitoraggio delle Gare (SIMOG) sul sito dell’Autorità, il quale attribuisce alla procedura un codice identificativo gara, denominato CIG e determina, sulla base delle informazioni fornite dalla stazione appaltante, l’importo delle contribuzioni a carico delle stazioni appaltanti e dei partecipanti, nonché il termine di scadenza dei pagamenti.
Si fa inoltre presente che, nelle medesime Istruzioni, l’Autorità ha chiarito che “…nel caso di appalti di lavori pubblici, l’importo a base di gara, da considerare ai fini della individuazione delle soglie di contribuzione, deve intendersi comprensivo degli oneri di sicurezza”.
Ne consegue, pertanto, che avendo la stazione appaltante comunicato al SIMOG un erroneo importo, ossia € 966.774,29, e non l’importo complessivo di € 1.025.973,60, comprensivo degli oneri di sicurezza pari a € 59.199,31, il Sistema ha determinato il contributo da versare all’Autorità nella misura di € 50,00, facendo riferimento al secondo scaglione (da 500 fino ad un importo inferiore a 1.000 in migliaia di euro) della tabella di cui all’art. 2 della deliberazione succitata; viceversa l’appalto era di importo complessivo rientrante nel terzo scaglione (da 1.000 fino ad un importo inferiore a 5.000 in migliaia di euro), pertanto il contributo da versare doveva essere pari a €80,00.
Deve osservarsi, tuttavia, che il punto 12) del bando di gara, relativo all’obbligo del versamento in favore dell’Autorità, risulta alquanto generico, non riportando l’importo del contributo da versare e rimandando alle istruzioni operative presenti sul sito dell’Autorità.
Conseguentemente, come l’Autorità ha più volte espresso (anche con parere n. 34 del 31.01.2008), l’adempimento richiesto non può considerarsi sufficientemente chiaro.
In particolare, la stazione appaltante avrebbe dovuto considerare che la mancata indicazione dell’esatto importo del contributo da versare avrebbe potuto, come si è verificato nel caso in questione, indurre in errore le imprese e che, pertanto, sarebbe stato, senza dubbio, più agevole per i concorrenti veder riportato direttamente sulla documentazione di gara l’importo da pagare.
In considerazione di quanto sopra evidenziato, correttamente il Comune di Scorrano, a fronte di un importo inesatto del contributo, non ha disposto l’esclusione delle imprese in errore, non potendosi consentire che il comportamento negligente dell’Amministrazione si risolva in un danno per il partecipante alla procedura di affidamento (pareri n. 164/2008 e n. 1/2007).
Tuttavia, una volta accortasi dell’errore la stazione appaltante avrebbe dovuto quanto meno rettificare -mediante richiesta all’Osservatorio dei contratti pubblici- l’importo del contributo da versare e richiedere una integrazione dell’importo corrisposto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che, nel caso di specie, l’inesattezza dell’importo pagato a titolo di contributo non può comportare l’esclusione delle ditte che lo hanno versato, dovendosi consentire ai partecipanti alla gara di provvedere alla relativa integrazione (parere 05.11.2008 n. 235 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Nella presente fattispecie, le disposizioni da applicare alle dichiarazioni rese in sede di gara sono due: l’art. 38 del D.Lgs. 12.04.2006 n.163 e s.m. e l’art. 75 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 e s.m.
L’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., sui requisiti di ordine generale, prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento dei pubblici appalti e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti nei cui confronti, ai sensi della lettera c), è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale. E ai sensi del successivo comma 2, «il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva […] in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione», prescrizione ripetuta anche nel Disciplinare di gara.
Invero, poiché il certificato del Casellario giudiziale rilasciato all’interessato, ai sensi del D.P.R. 14.12.2002 n. 313, non riporta tutte le condanne emesse a suo carico, essendo escluse, tra le altre, quelle per le quali è stato concesso il beneficio della non menzione, il legislatore, al fine della prova del requisito dell'assenza di reati incidenti sulla idoneità morale e professionale (ai sensi del disposto dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. e del previgente art. 75, comma 1, lett. c), del D.P.R. 21.12.1999 n.554 e s.m.) pone in capo ai concorrenti l’onere di produrre una autodichiarazione relativa in modo specifico all’assenza delle condanne penali con beneficio della non menzione, al fine di consentire all’amministrazione di valutare integralmente la condotta passata dei rappresentanti legali delle ditte concorrenti, indipendentemente dal contenuto del Casellario Giudiziale “non integrale”.
Nel caso in cui la dichiarazione resa e richiesta ai sensi dell’art. 38, comma 2, citato risulti non veritiera, trova applicazione l’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000 e s.m., secondo cui, fermo restando quanto previsto relativamente alle sanzioni penali, qualora dal controllo effettuato dall’amministrazione sulle dichiarazioni sostitutive rese dai singoli sotto la loro responsabilità emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
Di qui la legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria da parte della S.A. a seguito della constatata difformità tra quanto autocertificato dall’impresa in sede di gara e quanto emerso dal Casellario giudiziale , atteso che nella specie il “beneficio conseguito”, in funzione del quale la falsa dichiarazione è stata resa, è propriamente costituito dall’aver partecipato alla gara e dall’aver ottenuto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto.
Giova, peraltro, puntualizzare che esula dalla presente fattispecie la natura del reato non dichiarato dall’istante, ossia la sua incidenza sulla moralità e affidabilità dell'impresa, essendo assorbente la considerazione della falsità commessa in sede di dichiarazione sui requisiti di gara.
Si evidenzia, infine, l’irrilevanza della tardiva dichiarazione di estinzione del reato ascritto all’istante. Infatti, l’estinzione non opera ipso iure, ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione, secondo quanto prescritto dall’art. 676, commi 1 e 3, c.p.p. (Tar Piemonte n. 2627/2005; TAR Veneto n. 1221/2007; TAR Parma n. 23/2005). Nel caso di specie, la pronuncia giudiziale è intervenuta solo nel mese di febbraio 2008 e, quindi, in epoca successiva sia alla data di presentazione della domanda sia alla data dell’aggiudicazione provvisoria.
Dalle suesposte considerazioni discende che la Stazione appaltante correttamente ha ritenuto sussistente una falsa dichiarazione sulle condizioni rilevanti per l’ammissione all’appalto e, per l’effetto di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000 e s.m., ha legittimamente annullato l’aggiudicazione provvisoria nei confronti dell’Impresa Individuale Luchetta Domenico.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria nei confronti dell’Impresa Individuale Luchetta Domenico è conforme alla normativa di settore (parere 23.10.2008 n. 234 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Come sostenuto dall’Autorità con la Determinazione n. 13/2003, nonostante l’art. 75, del D.P.R. n. 554/1999, non menzioni, nella lett. c), le condanne inflitte con decreto penale, facendo esplicito riferimento solo a quelle riportate con sentenza di condanna passata in giudicato e di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p, il concorrente, tuttavia ha l’obbligo di dichiarare, in sede di offerta, anche le condanne riportate con decreto penale.
Difatti, assume l’Autorità in conformità all’indirizzo giurisprudenziale, “le condanne che incidono sull’affidabilità morale e professionale, indipendentemente dalla modalità di irrogazione della sanzione, stante la formula generica adoperata dall’art. 75, consentono all’Amministrazione una lata valutazione discrezionale del caso concreto per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale, ancorché questa sia estranea alla qualità dell’imprenditore. Dal che consegue l’obbligo per il partecipante alle gare di dichiarare anche i decreti penali di condanna”.
Tale orientamento trova conferma nella stessa giurisprudenza, la quale ha, altresì, sostenuto che “le conseguenze a cui il partecipante si espone con il suo atteggiamento omissivo (ossia la mancata menzione del decreto penale di condanna) non possono essere evitate con argomenti formali -sia pure apprezzabili- che doveva essere il bando a prevedere fra le cause di esclusione l’esistenza del decreto penale di condanna perché non espressamente contemplato dall’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. n. 554/1999. La norma è sufficientemente chiara per far percepire agli interessati l’obbligo di dichiarare i provvedimenti che incidono sull’affidabilità morale e professionale e le conseguenze del loro comportamento omissivo” (Cons. Stato, Sez. V, n. 7195/2006).
Ne discende che, nel caso di specie, l’impresa istante avrebbe dovuto indicare nella dichiarazione a corredo dell’offerta la sussistenza a carico del legale rappresentante di un decreto penale di condanna, incorrendo pertanto, in ragione della propria condotta omissiva, in una dichiarazione mendace.
Nel caso in cui la dichiarazione richiesta e resa ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. risulti non veritiera trova applicazione, innanzitutto, l’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000, secondo il quale, fermo restando quanto previsto relativamente alle sanzioni penali, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. Di qui la legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria da parte della S.A., dato che nella specie il “beneficio conseguito”, in funzione del quale la falsa dichiarazione è stata resa, è propriamente costituito dall’aver partecipato alla gara e dall’aver ottenuto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto.
Inoltre, trattandosi di dichiarazione mendace, sussiste anche l’obbligo di segnalazione a questa Autorità, ai sensi dell’art. 10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, nel testo coordinato con la Legge Regionale della Sicilia n. 7/2002 e s.m.
Né può essere utilmente richiamato dall’istante il parere dell’Autorità n. 52 del 05.03.2008, il quale considera, al fine di escludere la mendacità della dichiarazione, la particolare circostanza, che non risulta ricorrere nella fattispecie in esame, in cui il testo della dichiarazione omissiva del riferimento alla sussistenza di decreti penali di condanna in capo al legale rappresentante sia stato formulato dalla stessa Amministrazione in apposito modulo, che i concorrenti sono tenuti a completare nelle parti bianche, timbrare e firmare.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria nei confronti dell’Impresa LANERI Costruzioni è conforme alla normativa di settore (parere 23.10.2008 n. 233 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
La fattispecie rappresentata sottende un duplice ordine di problematiche giuridiche.
La prima questione consiste nella valutazione di legittimità dell’avviso per la costituzione dell’elenco di soggetti qualificati ad assumere incarichi ex art. 91 D.Lgs. n. 163/2006, nonché incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale dei lavori pubblici relativi a prestazioni di importo superiore a 20.000 € ed inferiore a 100.000,00 €.
Al riguardo è opportuno preliminarmente richiamare il quadro normativo di riferimento, costituito dal combinato disposto dell’art. 91, comma 2, e dell’art. 57, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.
La prima disposizione riguarda in modo specifico l’affidamento degli incarichi di progettazione di importo inferiore a 100.000 € e stabilisce che detti incarichi possono essere affidati “nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall’articolo 57, comma 6; l’invito è rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei".
L’art. 57, comma 6, invece, ha carattere generale e stabilisce che “ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei".
Occorre peraltro evidenziare che, già prima dell’entrata in vigore delle citate disposizioni normative di rango primario, questa Autorità, con specifico riguardo all’ipotesi in cui l’Amministrazione compia la scelta di istituire un elenco di professionisti, ha fornito, con propria determinazione n. 1 del 19.01.2006, una serie di indicazioni operative che, in quanto volte ad assicurare la corretta applicazione degli stessi principi comunitari richiamati nelle disposizioni normative attualmente in vigore, già recepiti dalla disciplina legislativa allora vigente (art. 17, comma 12, legge n. 109/1994 come modificata dalla legge n. 62/2005) sono da ritenersi tuttora un valido riferimento operativo per le Stazioni Appaltanti.
In particolare, nella citata determinazione l’Autorità ha esplicitato i suddetti principi, prevedendo criteri e requisiti per la formazione dell’elenco dei professionisti, quali, a titolo esemplificativo:
1) adozione di idonei meccanismi riguardanti l’aggiornamento periodico dell’elenco, anche semestrale;
2) divieto di partecipazione del professionista singolarmente e come componente di un raggruppamento di professionisti, nonché divieto di contemporanea partecipazione a più di un raggruppamento;
3) principio della rotazione nella scelta dei nominativi inseriti nell’albo ai quali rivolgere la richiesta di offerta;
4) divieto del cumulo di incarichi, che può concretizzarsi nell’affidamento di non più di un incarico all’anno allo stesso professionista;
5) correlazione effettiva dell’esperienza pregressa richiesta al professionista alle tipologie progettuali delle quali necessita l’Amministrazione, così che le professionalità richieste rispondano concretamente alle classi e categorie cui si riferiscono i servizi da affidare.
Passando all’esame dei singoli punti dell’avviso contestato, alla luce delle indicazioni operative contenute nella determinazione richiamata e nelle more dell’adozione del nuovo regolamento di esecuzione e di attuazione ex art. 5 del D.Lgs. n. 163/2006 si osserva, in particolare in ordine al principio di rotazione degli incarichi, che l’aleatorietà tipica dell’operazione di sorteggio e l’imprevedibilità degli esiti dello stesso potrebbero non garantire in maniera adeguata la rotazione prescritta dall’art. 57, comma 6, del Codice.
Quanto alla previsione relativa ai requisiti di capacità tecnica e professionale (Capo II - Clausole e specificazioni sui servizi e sulle modalità di partecipazione delle selezioni- punto C3), -“aver espletato nei tre anni antecedenti al momento in cui si chiede l’iscrizione in elenco almeno n. 4 incarichi di ciascuna categoria di cui si chiede l’iscrizione”- la stessa non risulta conforme:
1) ai criteri quantitativi che debbono informare l’accertamento degli incarichi espletati, in quanto non viene operato alcun riferimento all’importo dei lavori appartenenti alle stesse classi e categorie dell’opera oggetto dell’incarico, laddove il tuttora vigente art. 63, comma 1, lett. o) del D.P.R. n. 554/1999 -per l’affidamento di servizi di importo inferiore a 200.000 DSP- prescrive che tali importi devono essere stabiliti tra tre e cinque volte l’importo globale stimato dell’intervento;
2) ad un criterio di ragionevolezza in ordine all’indicazione del periodo utile per l’avvenuto svolgimento degli incarichi, stante la vigente previsione regolamentare di dieci e cinque anni, nonché l’indicazione contenuta nella circolare ministeriale di cinque anni.
Inoltre, si ritiene non conforme l’avviso di selezione in esame con riferimento alla mancata previsione della presentazione dei singoli curricula degli offerenti in ordine alla valutazione dei requisiti minimi di professionalità, così come previsto dalla citata determinazione n. 1/2006.
In merito alla seconda questione sollevata dall’istante, concernente la “precettività” delle disposizioni della circolare del Ministero delle infrastrutture, n. 24734 del 16.11. 2007, anche nei confronti di stazioni appaltanti diverse dai Provveditorati regionali ed interregionali alle opere pubbliche, strutture periferiche del predetto Dicastero, si osserva che, come rilevato dalla stessa Associazione di categoria controinteressata, la stessa non può che costituire un modello operativo di riferimento di “best practises”.
Si ritiene, infine, opportuno distinguere le attività di progettazione, di cui all’art. 91 del D.Lgs. n. 163/2006, dalle attività di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento, previste nel medesimo avviso; in merito, si rinvia ai principi fissati dalla determinazione n. 3/2004, su “Appalti di progettazione e di supporto alla progettazione”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’avviso relativo alla procedura di selezione per la costituzione di un elenco di soggetti qualificati ad assumere incarichi ex art. 91 D.Lgs. n. 163/2006, nonché di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale dei lavori pubblici relativi a prestazioni di importo superiore a 20.000 € ed inferiore a 100.000,00 € non è conforme alla normativa vigente (parere 23.10.2008 n. 232 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sulla insussistenza dell’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento in caso di mancata approvazione di una aggiudicazione provvisoria.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva.

Non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, in caso di mancata approvazione di una aggiudicazione provvisoria, giacché il procedimento è già stato avviato con l’atto di indizione della gara; procedimento al cui interno si colloca, appunto, l’aggiudicazione provvisoria e che è destinato a concludersi positivamente, con l’aggiudicazione definitiva, ovvero –com’è accaduto sostanzialmente nel caso di specie– negativamente, con il diniego di aggiudicazione definitiva .
Inoltre, non si applica l’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 (nel testo di cui all’art. 14, co. 1, della legge 11.02.2005 n. 15, all’epoca vigente nel caso di specie) in quanto non vi era ancora il "provvedimento amministrativo ad efficacia durevole", richiesto da tale norma per l’insorgenza dell’obbligo dell’amministrazione di corrispondere l’indennizzo al privato direttamente interessato.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie; circostanza, questa, già idonea di per sé ad integrare una motivazione congrua e sufficiente alla stregua dei principi fondamentali del corretto svolgimento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura finanziaria di contabilità pubblica di ogni provvedimento comportante una spesa, riconducibile all’art. 81 Cost. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 526 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla discrezionalità della stazione appaltante nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa discrezionalità nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge. Perciò, l’Amministrazione è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d’appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza . Inoltre, la relativa scelta può essere sindacata dal giudice amministrativo in sede di legittimità solo in quanto sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica o contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 525 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Volumi tecnici.
"Volumi tecnici" sono i volumi -non utilizzabili né adattabili ad uso abitativo- strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.01.2009 n. 3590 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono (efficacia verso terzi).
Nessuna efficacia può riconoscersi alla procedura di condono edilizio instaurata dal committente dei lavori abusivi nei confronti dell’esecutore dei lavori poiché qualora la domanda di oblazione ed il versamento della somma dovuta siano effettuate da persona diversa dall'imputato, quest'ultimo non può trarre vantaggio dall'iniziativa di altro soggetto (salvo che si tratti di comproprietario e tale qualità venga dimostrata in maniera incontrovertibile), sia per il carattere personale della causa estintiva (art. 182 cod. pen.) sia per l'espresso disposto dell'art. 38, 5° comma, della legge n. 47/1985 (la cui perdurante applicabilità discende dalla previsione dell'art. 32, comma 28 della legge n. 326/2003), che ha ribadito il principio codicistico, quanto ai limiti personali del beneficio della oblazione, prevedendo un'unica eccezione per il solo comproprietario, con una disposizione che è di stretta interpretazione proprio perché derogatoria della regola generale. Tale interpretazione è avvalorata dalle caratteristiche "fiscali" della sanatoria edilizia e dalla possibilità di fruire di sconti e dilazioni collegati a qualità o condizioni personali dell'istante (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 27.01.2009 n. 3584 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva.
Il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata. per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione; ma anche allorquando detto intervento non potrebbe essere in nessun caso realizzato, poiché per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, che non possono esser modificati da piani urbanistici attuativi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.01.2009 n. 3481 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione abusiva - Inottemperanza all'ordine di demolizione - Archiviazione e restituzione immobile all’amministrazione comunale - Sequenza amministrativa - Notifica all'interessato - Effetti - Art. 7 L. n. 47/1985 e ora dall'art. 31, D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia).
La procedura disciplinata prima dall'art. 7 della legge 28.02.1985 n. 47 e ora dall'art. 31 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (testo unico in materia edilizia), prevede questa sequenza amministrativa:
a) l'autorità comunale, accertato l'abuso edilizio, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la demolizione dell'immobile abusivo;
b) se il responsabile non provvede alla demolizione nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, l'immobile è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio comunale;
c) l'autorità comunale accerta formalmente l'inottemperanza all'ordine di demolizione e notifica detto accertamento all'interessato;
d) la notifica dell'accertamento costituisce titolo per l'immissione nel possesso da parte del comune e per la trascrizione nei registri immobiliari.
Pertanto, la ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione di una costruzione abusiva, emesso dall'autorità comunale, comporta l'automatica acquisizione dell'immobile, indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale della inottemperanza (Cass. sent. n. 35785 del 09.06.2004, PG e Di Meglio; Cass. sent. n. 14638 del 16.02.2005, P.G. in proc. Di Giacomo; Cass. sent. n. 16283 del 16.03.2005, Greco; Cass. sent. n. 4962 del 28.11.2007, P.G. in proc. Manicni e altri).
Ordine di demolizione - Inottemperanza - Effetti - Rapporti con i terzi - D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia) - Art. 2644 cod. civ..
L'effetto ablatorio si verifica "ope legis" alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari (art. 31 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (testo unico in materia edilizia). Sicché, è la scadenza del termine per ottemperare a configurare il presupposto per l'applicazione automatica della sanzione amministrativa, che consiste nel trasferimento coattivo all'ente comunale della proprietà sull'immobile non demolito. Scopo evidente di questa sanzione è quello di consentire all'ente pubblico di provvedere d'ufficio alla demolizione dell'immobile a spese del responsabile dell'abuso, salvo che si accerti in concreto un prevalente interesse pubblico alla conservazione dell'immobile stesso (comma 5 dell'art. 31 D.P.R. 06.06.2001 n. 380). Per quanto invece riguarda i rapporti con i terzi, la predetta notifica dell'accertamento di inottemperanza consente all'ente comunale di trascrivere il trasferimento della proprietà nei registri immobiliari al fine di poter opporre ai sensi dell'art. 2644 cod. civ. il trasferimento stesso ai terzi che abbiano acquistato diritti sull'immobile.
PROCEDURE - Dissequestro dell'immobile abusivo - Avente diritto alla restituzione - Individuazione - Poteri del giudice - Artt. 2643 ss. Cod - Trascrizione immobiliare - Funzione.
Il giudice penale che decide sul dissequestro dell'immobile abusivo resta estraneo al regime di pubblicità dichiarativa della trascrizione immobiliare, che è disciplinato dagli artt. 2643 ss. cod. civ. al solo fine di dirimere eventuali conflitti tra più soggetti aventi causa da un medesimo dante causa. In altri termini, il provvedimento giudiziale sulla restituzione dell'immobile abusivo non ha nulla a che vedere con le esigenze di certezza nella circolazione dei beni nel mercato, che ispirano l'istituto della trascrizione. Per individuare l'avente diritto alla restituzione, non è sufficiente il "favor possessionis", occorrendo invece la prova positiva dello "jus possidendi", che non compete più al privato inottemperante (Corte di cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.01.2009 n. 1819 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: D.i.a. (denuncia di inizio attività) - Asseverazione “falsa” del progettista - Responsabilità del professionista "abilitato" - Art. 481 c.p. - Configurabilità - Art. 359 c.p. - Artt. 23 e 29 D.P.R. n. 380/2001, (l'art. 23 succ. sost. d.lgs. n. 301/2002).
La decisione del committente e del suo professionista di non sollecitare mediante richiesta di permesso di costruire il preventivo controllo dell'ente pubblico, e di procedere piuttosto con D.i.a. porta con sé una particolare assunzione di responsabilità del progettista stesso. Per questo motivo, le disposizione contenute negli artt. 23 e 29 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (l'art. 23 sostituito dal d.lgs. n. 301 del 2002) non lasciano dubbi, nel loro significato letterale, oltre che, nella loro "ratio", che il professionista "abilitato" abbia un duplice obbligo:
a) formare una relazione preventiva in cui si assume l'onere di "asseverare": la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati e la mancanza di contrasto con quelli adottati e con i regolamenti edilizi, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;
b) rilasciare al termine dei lavori (ove non lo faccia altro tecnico che se ne assume la responsabilità) un certificato di collaudo circa la conformità di quanto realizzato al progetto iniziale.
Di conseguenza, la disciplina prevista dal comma terzo dell'art. 29 non può, non essere letta in coerenza con l'art. 23 sopra ricordato e che in tale contesto assume valore decisivo la circostanza che al progettista abilitato venga attribuita la qualità di "persona esercente un servizio di pubblica necessità", ai sensi degli artt. 359 e 481 c.p. e relative responsabilità.
D.i.a. (denuncia di inizio attività) - Rilevanza pubblicistica del professionista abilitato - Responsabilità penale - Sussistenza - Fondamento - Segnalazione di reato all'autorità giudiziaria da parte dell’Ente - Obbligo - Artt. 23 e 29 D.P.R. n. 380/2001, (l'art. 23 succ. sost. d.lgs. n. 301/2002).
La condotta del professionista abilitato assume una specifica rilevanza pubblicistica (art. 29, comma terzo d.P.R. 06.06.2001, n. 380) muovendo da quell'affidamento, che incide sulle previsioni dei commi primo e sesto dell'art. 23 (poi sostituito dal d.lgs. n. 301 del 2002). In particolare, il sesto comma dell'art. 23, dispone in caso di "falsa attestazione" del professionista l'obbligo per l'ente territoriale di inoltrare segnalazione di reato all'autorità giudiziaria anche con riferimento alle disposizioni contenute nel comma settimo dell'art. 23 e nel comma secondo dell'art. 29, in quanto la responsabilità del direttore dei lavori per la difformità delle opere edificate rispetto a quelle contenute nel progetto iniziale allegato alla D.i.a. rafforza il valore della relazione del progettista, che integra la dichiarazione stessa di inizio attività, come atto dotato di piena autonomia e di valore pubblicistico: solo un atto definitivo e in sé compiuto può originare la responsabilità penale per chi esegue in difformità. In altri termini, la costruzione della D.i.a. come atto a controllo successivo rafforza concetto di delega di potestà pubblica al soggetto qualificato, con dichiarazione del progettista che assume valore sostitutivo e quindi "certificativo".
D.i.a - Falsa attestazione posta in essere dal progettista - Tempestivo controllo dell'ente amministrativo - Effetti - Art. 481 c.p..
In materia di D.i.a., l'intervento dell'ente amministrativo che prevenga l'effettuazione dei lavori mediante un tempestivo controllo seguito da immediato ordine di non procedere non esclude la rilevanza penale della condotta di falsa attestazione posta in essere dal progettista.
Permesso di costruire e Dia - Valore ed effetti delle certificazioni dei documenti e delle attestazioni.
In materia edilizia, non hanno valore di certificazione i documenti e le attestazioni allegate alla domanda di concessione, che non assume efficacia se non dopo il vaglio positivo dell'ente pubblico, mentre a diverse conclusioni deve giungersi per la domanda di inizio attività, dotata di autonoma efficacia (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.01.2009 n. 1818 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO ACUSTICO - Mancata approvazione del piano di zonizzazione acustica - Applicabilità del criterio differenziale - Zone non esclusivamente industriali - Zonizzazione urbanistica operata tramite PRG - Equiparazione - Esclusione - Circostanze di fatto.
La mancata approvazione del piano di zonizzazione acustica comporta, ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 DPCM 14/11/1997, la sopravvivenza dei limiti di emissioni previsti dall’art. 6 DPCM 01/03/1991, limiti che prevedono (art. 6 comma 2 DPCM 01/03/1991) il rispetto del c.d. “criterio differenziale” per tutte le zone “non esclusivamente industriali”. La natura non esclusivamente industriale non va desunta tramite mera equiparazione tra la zonizzazione effettuata dal PRG con la zonizzazione che il Comune deve effettuare ai sensi dell’art. 2 DPCM 01/03/1991: in mancanza del piano di zonizzazione acustica di competenza comunale, infatti, la classificazione di una zona va effettuata in base alle circostanze di fatto.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Impianti a ciclo continuo - Criterio differenziale - Applicabilità in caso di superamento dei limiti assoluti.
Il criterio differenziale viene applicato agli impianti “a ciclo continuo” solo quando la attività da essi svolta dia luogo a superamento dei limiti assoluti: ne deriva l’illegittimità della prescrizione che impone comunque il rispetto del criterio differenziale, salvo che non ricorrano le cause di esclusione di cui all’art. 4 DPCM 14/11/1997 (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 14.01.2009 n. 47 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Ordinanza di rimozione e smaltimento.
È legittima l’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti, adottata dal Sindaco ai sensi dell’art. 192 del D.lgs. 03.04.2006, n. 152, considerato che in disparte la considerazione per la quale l’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e quello cronologico sul disposto dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 25.08.2008, n. 4061), il provvedimento impugnato riproduce testualmente ampi stralci della relazione tecnica pervenuta all’Amministrazione comunale, da cui risultava un “forte, concreto e immediato rischio di propagazione degli inquinanti nell’ambiente circostante, sia tramite perdite liquide che in forma areale, con grave pericolo per la salute pubblica e l’ambiente”, in ragione del cattivo stato di conservazione dei contenitori dei rifiuti e il rischio di sviluppo di reazioni chimiche tra rifiuti differenti con emissioni tossiche in atmosfera.
Risultano pertanto senz’altro sussistenti quelle situazioni di carattere eccezionale e impreviste costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità richieste dalla norma per l’esercizio del potere di urgenza da parte del Sindaco, e in tale contesto il carattere eccezionale ed imprevedibile della minaccia non può dirsi insussistente perché l’abbandono dei rifiuti nel sito costituiva una situazione temporalmente preesistente. Infatti il ritardo ulteriore nell'agire da parte del Sindaco rispetto alle circostanze emerse per la prima volta nella relazione tecnica avrebbe comportato un aggravamento della situazione, e il ricorrente non allega alcun elemento idoneo ad inficiare la descrizione dello stato dei luoghi compiuta dal tecnico (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 14.01.2009 n. 40  - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Sulla responsabilità del produttore e del detentore per la corretta gestione dei rifiuti.
Ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. n. 152/2006, recante norme in materia ambientale, la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava, su tutti i soggetti che sono coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento. Di conseguenza, anche il produttore e il detentore sono investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento. Per quanto riguarda più in particolare il produttore o detentore di rifiuti speciali, gli obblighi sono assolti solo qualora siano stati conferiti ad un soggetto autorizzato allo smaltimento e il produttore sia in grado di esibire il formulario di identificazione dei rifiuti datato e controfirmato dal destinatario. In caso contrario il produttore e il detentore rispondono del non corretto recupero o smaltimento dei rifiuti.
Peraltro, a causa dell’estensione della suddetta posizione di garanzia che si fonda sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato), la consegna dei rifiuti a degli intermediari muniti di autorizzazione non vale a trasferire su di loro la responsabilità per il corretto smaltimento e non autorizza pertanto il produttore a disinteressarsi della destinazione finale dei rifiuti. Poiché inoltre, i formulari di identificazione dei rifiuti recano l’indicazione dell’impianto di destinazione e del nome e indirizzo del destinatario (art. 193, coma 1, lett. c ed e del Dlgs. n. 152 del 2006), la verifica ed il controllo del possesso delle necessarie autorizzazioni in capo al destinatario rientra senz’altro tra gli obblighi di diligenza esigibili dal produttore o detentore dei rifiuti (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 14.01.2009 n. 40 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: I pareri espressi dai responsabili dell’area tecnica e del servizio finanziario dei comuni costituiscono atti preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni operano quale presupposto di diritto, ma non possono interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante.
Nella specie sia il responsabile dell’area tecnica che il responsabile dell’area economico finanziaria hanno espresso i pareri dovuti sulla delibera di riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge.
E tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo deliberante e che sul piano della regolarità tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della deliberazione, nella specie, di riconoscimento di debito fuori bilancio. Merito e ragioni le cui valutazioni appartengono esclusivamente all’organo deliberante, libero di determinarsi in ordine alle stesse, non essendo il parere predetto vincolante per l’organo deliberante medesimo. A maggior ragione deve ritenersi non pertinente la pretesa di attribuire al responsabile dell’area economico-finanziaria valutazioni di legittimità generale, al quale, invece, spettano valutazioni solo riferite alla regolarità contabile, qualora, come nella specie, la deliberazione proposta comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata.
Il richiamato parere di legittimità contenuto nell’art. 58, comma 4, lett. A) del regolamento sull’ordinamento del comune di Calatafimi Segesta, nello stabilire che il parere in questione riguardi anche “la legalità della spesa”, va inteso nei termini sopradetti e, quindi solo con riferimento agli aspetti puramente contabili e finanziari e di validità formale.
La giurisprudenza, peraltro, è concorde nel ritenere che i pareri espressi dai responsabili dell’area tecnica e del servizio finanziario dei comuni costituiscono atti preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni operano quale presupposto di diritto, ma non possono interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o amministrativi dell’amministrazione comunale (cfr. C. Conti Marche, sez. giurisdiz., 22/02/1994, n. 1)
Poiché nel caso specifico la competenza ad adottare la delibera approvativa del debito fuori bilancio è di esclusiva pertinenza del Consiglio comunale, e che il parere del responsabile dell’area tecnica e del responsabile dell’area economico finanziaria si sono correttamente ispirati, nei confini delle valutazioni tecniche e contabili attribuiti dall’ordinamento, alla verifica della positiva sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione della delibera n. 65 del 12.09.2001, il Collegio ritiene che, come espressamente intendono con la domanda gli appellanti, nessun nesso causale corre nella specie tra i pareri espressi nell’ambito della loro competenza dai signori De Gaetano e Morsellino Giovanni ed il dedotto danno erariale, che, pertanto, non è riconducibile alla loro responsabilità
(Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. d'Appello per la Sicilia, sentenza 13.01.2009 n. 1 - link a www.corteconti.it).

APPALTI SERVIZI: Sull’inapplicabilità del divieto di cui all’art. 13 D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) per le forme di partecipazione societaria indiretta o mediata.
Il divieto di cui all’art. 13 D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) di svolgere prestazioni a favore di soggetti diversi dagli enti pubblici costituenti, partecipanti o affidanti non si estende alle forme di partecipazione indiretta o mediata. Tale divieto è riferito solo per le società "a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali": infatti, il riferimento al capitale sociale ed alla figura della costituzione e della partecipazione evoca chiaramente la necessità che l’ente locale sia socio, come tale titolare di una partecipazione al capitale sociale. A sostegno di tale interpretazione si sottolinea che il legislatore, diversamente da altri casi in cui parimenti si trattava di vietare la partecipazione alle gare di determinate società a tutela dei valori della par condicio e della concorrenza (cfr., per esempio, l’art. 34 c. 2 e 90 c. 8 del D. Lgs. n. 163/2006), non ha fatto alcun riferimento alle figure del controllo e del collegamento societario ex art. 2359 c.c., idonee a ricomprendere nello specchio applicativo della norma anche le società di terza generazione (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.01.2009 n. 39 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Indennità ex art. 167, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 - Natura - Sanzione amministrativa.
L’indennità ex art. 15, comma 1, R.D. n. 1497/1939 (cfr. ora art. 167, comma 1, D.Lg.vo n. 42/2004) va qualificata come una sanzione amministrativa e non come una forma di risarcimento del danno per le seguenti ragioni:
1) dal tenore letterale del citato art. 15, comma 1, R.D. n. 1497/1939 si desume che la sanzione pecuniaria è alternativa alla sanzione della demolizione e va applicata non solo per le violazioni di carattere sostanziale, ma anche per le violazioni meramente formali che non hanno provocato alcun danno ambientale come per es. la sola inottemperanza all’obbligo previsto dalla legge di chiedere ed ottenere prima dell’inizio dei lavori il nulla osta paesistico, per cui tale sanzione pecuniaria ha una funzione deterrente, in quanto prescinde dalla sussistenza di un danno all’ambiente;
2) il danno arrecato all’ambiente è previsto dalla norma in commento solo come un criterio di quantificazione alternativo al profitto conseguito, cioè solo in sede di quantum debeatur e non di an debeatur;
3) inoltre, l’ordinamento giuridico prevede lo specifico strumento dell’azione di risarcimento del danno ambientale ex art. 18 L. n. 349/1986, “promossa dallo Stato, nonché dagli Enti territoriali sui quali incidono i beni ambientali oggetto del fatto lesivo” e dalle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell’art. 13 della medesima L. n. 349/1986 (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 17.12.2008 n. 3875 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Cd. opere precarie, funzionali - Disciplina - Artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001, è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Tanto, però, deve ritenersi necessario solo in riferimento alle ipotesi di trasformazioni potenzialmente durevoli e non già nel caso di costruzioni provvisorie. Restano, invece, sottratte al regime autorizzatorio le opere cd. precarie, funzionali cioè ad esigenze contingenti e temporalmente circoscritte, cessate le quali sono destinate ad essere rimosse.
P.R.G. - Deroga allo strumento urbanistico - Clausola di “precarieta” di un’opera - Esclusione - Profilo cd. Funzionale - Oggettiva destinazione impressa al manufatto - Permesso di costruire.
E’ escluso dall’ordinamento la possibilità di apporre una clausola di “precarieta” ad un titolo autorizzatorio operante in deroga allo strumento urbanistico vigente ed alle sue previsioni. Diversamente opinando, anche la realizzazione di un consistente fabbricato potrebbe paradossalmente ottenere la qualificazione di opera precaria per il solo fatto che il relativo titolo di legittimazione venga rilasciato sotto l’irrituale condizione di un successivo riesame da condurre alla stregua dell’esito (peraltro del tutto incerto) del procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico in itinere. Sicché, neppure valgono, a reggere il permesso di costruire oggetto di gravame le prescrizioni -ancorché favorevoli- del P.R.G. in itinere.
Opere precarie - Requisito della temporaneità - Criterio oggettivo - Fini specifici e cronologicamente delimitabili - Giurisprudenza.
In tema di opere precarie, il requisito della temporaneità va apprezzato con criterio oggettivo avuto riguardo all’oggetto della costruzione nei suoi obiettivi dati tecnici e deve, dunque, ricollegarsi alla sua destinazione materiale, che ne evidenzi un uso realmente precario o temporaneo, per fini specifici e cronologicamente delimitabili (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24.02.2003, n. 986; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5828 del 30.10.2000; Consiglio Stato, sez. V, 24.02.1996, n. 226; CdS Sez. V 23.01.1995; Cass. Sez. III 28.01.1997; Cass. Sez. III 04.10.1996) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 23.04.2007 n. 4217 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Iter PRG - Adozione del piano regolatore - Natura - Fattispecie complessa - Approvazione regionale - Efficacia - Cd. misure di salvaguardia - Termini.
La delibera di adozione del piano regolatore si atteggia come elemento di una fattispecie complessa che si perfeziona solo con l'atto di approvazione regionale, cui consegue la piena efficacia delle prescrizioni urbanistiche volte a disciplinare l’uso del territorio. (cfr. Tar Campania, Seconda Sezione n. 713 del 25.01.2007). E’ evidente, dunque, che eventuali prescrizioni favorevoli compendiate nella delibera di adozione del P.R.G., in quanto radicalmente prive di efficacia, non potrebbero giammai reggere determinazioni volitive dell’Amministrazione ad esse conformi. Prima di tale momento, è possibile assegnare alla delibera di adozione del P.R.G. una ridotta efficacia imperativa diretta e propria, che si risolve (in una prospettiva radicalmente diversa) nell’impedire interventi edilizi ed urbanistici contrastanti con esso. Ciò avviene per effetto dell’obbligatoria applicazione delle cd. misure di salvaguardia la cui efficacia, sotto il profilo temporale, resta circoscritta ad un periodo di tre anni elevabile a cinque anni per i piani tempestivamente inoltrati per l'approvazione (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 23.04.2007 n. 4217 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rilascio di un titolo autorizzatorio di natura edilizia - Posizione legittimante all’impugnativa - Elementi.
In materia edilizia, a seguito del rilascio di un titolo autorizzatorio di natura edilizia, la posizione legittimante all’impugnativa sussiste in capo a coloro che si trovino in una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato e che facciano valere un interesse giuridicamente protetto di natura urbanistica, quale è quello della osservanza delle prescrizioni regolatrici dell'edificazione. Pertanto, non occorre procedere ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione; infatti l'esistenza della posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche che assume violate, a prescindere da qualsivoglia esame sul tipo di lesione che i lavori in concreto potrebbero arrecare (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. V, 18.09.1998, n. 1289, Tar Campania, Seconda Sezione n. 713 del 25.01.2007) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 23.04.2007 n. 4217 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rilascio del permesso di costruire - Assenza della preventiva autorizzazione paesaggistico-ambientale, ex art. 146 del d. lgs. 42/2004 - Illegittimità - Interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo - Esenzione - Art. 149 c. 1 lett. A) d. lgs. 42/2004 - Limite di applicabilità.
E’ illegittimo il rilascio del permesso di costruire quando non risulta preceduto dall’acquisizione della indispensabile autorizzazione paesaggistico-ambientale, ex art. 146 del d. lgs. 42/2004, che conferisce all'autorizzazione la dignità giuridica di atto autonomo e presupposto di legittimità del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio. Né è possibile invocare l’esenzione di cui all’art. 149, comma 1, lett. A) del suindicato testo normativo, nella parte in cui prevede che non è comunque richiesta l'autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, quando le opere per natura, tipologia, forme e dimensioni, comportano un’apprezzabile e durevole trasformazione dello stato dei luoghi e, come tali, risultano manifestamente incompatibili con la suindicata deroga (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 23.04.2007 n. 4217 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Natura del provvedimento relativo alla concessione edilizia e quello relativo al nulla osta ambientale - il nulla osta regionale costituisce un mero requisito di efficacia (e non, dunque, un presupposto di legittimità) della concessione edilizia - la legittima esecuzione dell’attività edilizia è condizionata dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
E’ stato affermato, con orientamento qui condiviso, che il provvedimento relativo alla concessione edilizia e quello relativo al nulla osta ambientale sono tra loro autonomi ed indipendenti, realizzando interessi distinti e fondandosi su presupposti diversi, e che, quindi, il rilascio della prima non risulta condizionato dalla previa emanazione del secondo (Cons. Stato, Sez. VI, 19.06.2001, n. 3242). Si è, inoltre, chiarito, in coerenza con il predetto principio, che il nulla osta regionale costituisce un mero requisito di efficacia (e non, dunque, un presupposto di legittimità) della concessione edilizia, nel senso che solo la realizzazione dell’opera assentita con quest’ultima, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, postula il previo conseguimento dell’assenso ambientale (Cons. Stato, Sez. VI, 20.11.2000, n. 6193). E’ solo la legittima esecuzione dell’attività edilizia ad essere condizionata dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e non anche l’adozione della concessione. Diversamente opinando, peraltro, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di giudicare illegittima una concessione edilizia espressamente condizionata al conseguimento del nulla osta regionale, quando questo è stato rilasciato prima dell’inizio dei lavori assentiti.
Appare, in definitiva, chiaro che, nella situazione appena descritta, risultano compiutamente soddisfatti tutti gli interessi pubblici sottesi alla normativa edilizia ed ambientale di riferimento, puntualmente valutati dagli organi rispettivamente competenti e ritenuti compatibili con l’intervento assentito, e che solo un eventuale diniego di autorizzazione paesaggistica avrebbe potuto fondare un giudizio di inefficacia (non di illegittimità) della concessione edilizia in questione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.01.2003 n. 87 - link a www.ambientediritto.it).

AGGIORNAMENTO AL 05.02.2009

QUESITI

EDILIZIA PRIVATALombardia, l'interpretazione autentica della l.r. n. 12/2005 circa il versamento degli oneri di urbanizzazione sia nel caso di permesso di costruire sia nel caso di d.i.a. (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 29.01.2009 n. 1983 di prot.).

NEWS

APPALTINota ANCI sulle novità introdotte dal decreto n. 152/2008.
Una nota elaborata dall’ANCI contiene tutte le novità introdotte dal decreto legislativo n. 152/2008. Il decreto in questione, entrato in vigore il 17.10.2008 (è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 231 del 02.10.2008), proseguendo la graduale revisione del Codice dei Contratti (decreto legislativo n. 163/2006) consentita dalla legge delega n. 62/2005, lo integra e modifica in modo sostanziale.
In particolare, la nota ANCI evidenzia tutte le novità più significative per le amministrazioni comunali, soffermando l’attenzione su quelle disposizioni dove si sono riscontrate maggiori criticità di attuazione
(link a www.anci.it).

ENTI LOCALI - VARI803 001: risponde Linea Amica.
Un numero verde (803.001), un sito web (www.lineaamica.it): nasce Linea Amica, la rete multicanale dei centri di contatto della P.A. italiana.
Questa la definizione usata dal Ministro Renato Brunetta, per presentare il nuovo progetto del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione. Sono sempre di più i cittadini che hanno bisogno di mettersi in contatto con le amministrazioni pubbliche per richiedere informazioni o lamentarsi di un servizio. Gli URP (Uffici di Relazione con il Pubblico) e i contact center sono nati per rispondere all'esigenza che hanno le amministrazioni pubbliche di creare servizi di risposta al cittadino. Ogni giorno, infatti, i circa 5000 centri di contatto del sistema P.A., ricevono e rispondono a oltre 500.000 richieste di informazioni e servizi via telefono o web, evitando ai propri utenti un dispendioso pellegrinaggio tra gli uffici amministrativi. Tali strutture però non sono tutte allo stesso livello: accanto a servizi con standard qualitativi vicini all'eccellenza ci sono realtà i cui risultati sono insufficienti per diversi fattori, quali ad esempio l'utilizzo di tecnologe obsolete, risorse finanziarie scarse, risorse umane scarsamente formate. Tale frammentazione fa sì che non si abbia una reale percezione della customer satisfaction.
"Linea amica" si colloca in questo scenario come struttura di raccordo per favorire la percezione unitaria del servizio presso gli utenti. Il cittadino che contatterà "Linea amica" attraverso telefono, e-mail, sms o fax, sarà dirottato dagli operatori verso l'amministrazione competente a risolvere il problema e, nel caso di richieste più articolate, fungerà da URP di ultima istanza. Da prossimo mese di marzo, inoltre, chi non ha padronanza delle nuove tecnologie, potrà utilizzare un assistente virtuale come guida per usufruire dei servizi della P.A.; mentre dal mese di aprile saranno integrati nuovi servizi di assistenza ai disabili. Parallelamente, partirà un piano di formazione per diffondere a tutti gli operatori del network le stesse informazioni (link a www.governo.it).

LAVORI PUBBLICIUn Piano per l'edilizia scolastica.
È stata raggiunta con regioni, province e comuni un'intesa sull'edilizia scolastica.
"Con l'intesa raggiunta ci sono tutte le condizioni per acquisire i dati necessari e verificare il grado di sicurezza del patrimonio edilizio delle nostre scuole", ha affermato il Ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Palazzo Chigi il 29 gennaio scorso dopo l'accordo sottoscritto in sede di conferenza unificata il 28.01.2009. È così possibile superare la frammentazione delle competenze, creare un tavolo di lavoro che si dà tempi certi e obiettivi precisi. La messa in sicurezza del patrimonio edilizio riguarda 9 milioni di persone (alunni, docenti e personale amministrativo) e 45 mila scuole.
Il Ministero dell'Istruzione ha promosso un grosso sforzo organizzativo per prevenire eventuali situazioni di rischio presenti nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, convocando tavoli di confronto con gli enti locali e chiedendo alle Regioni un impegno vincolante per stilare l'anagrafe strutturale e non strutturale delle scuole italiane (link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

PUBBLICO IMPIEGO: A. Barbiero, Riduzione dell’incentivo per la progettazione percepibile dai progettisti interni alle Amministrazioni appaltanti (art. 18, comma 4-sexies legge 2/2009) (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA: A. Di Feo, Denuncia d’inizio di attività: natura giuridica e tutela dei terzi controinteressati  (link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: S. Gennai, Potere organizzativo del datore di lavoro pubblico e azione sindacale nei luoghi di lavoro (link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: G. Dalla Pria, Restituzione degli oneri concessori e decorrenza degli interessi legali nel diniego di sanatoria dell’illecito urbanistico (link a www.lexitalia.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: C. Ferro, Il principio di buona fede nell’azione amministrativa (link a www.lexitalia.it).

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, La "tolleranza zero" e il paesaggio (AL n. 12/2008).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI FORNITURE: Ritenuto in diritto:
In via generale, deve evidenziarsi come l’articolo 68 del D.Lgs. n. 163/2006, nel dettare la disciplina relativa alle specifiche tecniche, precisi, al comma 2, che esse devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura dei contratti pubblici alla concorrenza. La ratio legis sottesa alla disposizione in commento consiste, dunque, nell’evitare che la definizione delle specifiche tecniche determini un ostacolo alla libera circolazione delle merci, nonché una limitata partecipazione delle imprese, mediante l’imposizione di particolari caratteristiche dei prodotti o dei servizi.
L’Autorità si è occupata in passato spesso di problematiche afferenti al divieto di apposizione nella documentazione di gara di riferimenti a una determinata fabbricazione o provenienza o ad un marchio, ad un brevetto o ad un’origine o produzione specifica, evidenziando, ove non fosse possibile altrimenti individuare in modo preciso l’oggetto della prestazione, il dettato di cui all’art. 68, comma 13, del D.Lgs. n. 163/2006, che prevede l’obbligo comunque di indicare l’espressione “o equivalente” (si vedano i pareri n. 48 del 9.10.2007; n. 51 del 10.10.2007 n. 64 del 10.10.2007; n. 96 dell'08.11.2007; n. 97 del 09.04.2008).
Nella propria determinazione n. 2 del 29.03.2007 questa Autorità ha, inoltre, sottolineato la rilevanza dell’introduzione dell’obbligo espresso di citare l’espressione “o equivalente” (ultimo periodo della lettera a), comma 3, art. 68 citato). Conseguenza rilevante di tale disposizione è da un lato l’onere in capo all’offerente di dimostrare con ogni mezzo ritenuto soddisfacente dall’amministrazione aggiudicatrice l’equivalenza del prodotto (comma 4) e dall’altro il potere/dovere dell’amministrazione aggiudicatrice di valutare l’idoneità delle alternative, respingendo l’offerta qualora la prova fornita non sia ritenuta adeguata.
Nel caso di specie l’art. 6 del Capitolato tecnico presenta un elenco contenente le caratteristiche minime che i parcometri devono obbligatoriamente avere. In tale elenco si rileva come non sia stato riportato il termine “o equivalente”, in quanto i requisiti minimi descritti appaiono formulati in termini generali e non indicano riferimenti a una determinata fabbricazione o provenienza o ad un marchio, ad un brevetto o ad un’origine o produzione specifica.
Le caratteristiche elencate nel suddetto articolo 6 del Capitolato rappresentano i requisiti minimi che l’amministrazione ha predeterminato ed individuano, inequivocabilmente, il prodotto di cui la stazione appaltante ha bisogno, nonché concorrono alla garanzia di una esauriente esecuzione del contratto. Tali requisiti, costituiscono le caratteristiche essenziali della fornitura richiesta e non consentono l’ammissibilità di prodotti con qualità specifiche di grado diverso e minore rispetto a quanto prescritto nel Capitolato.
In sede di verifica delle offerte, pertanto, la commissione di gara è tenuta ad escludere quei concorrenti che non presentino i requisiti fissati nel Capitolato, non risultando, viceversa, legittimo l’operato della commissione di gara che, a seguito della rilevata divergenza di caratteristiche, invitasse l’impresa a fornire dei campioni delle apparecchiature, onde verificare la loro corrispondenza alle caratteristiche tecniche stabilite in capitolato. Infatti, in questo modo, sarebbe oggettivamente consentito ad un soggetto che andava immediatamente escluso dalla gara di sostituire i prodotti originariamente offerti con altri emendati dalle carenze riscontrate, con evidente conseguente violazione del generale principio della par condicio dei concorrenti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione dell’istante dalla gara è conforme alla lex specialis di gara (parere 29.10.2008 n. 231 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163/2006, sono esclusi dalla partecipazione agli appalti i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti.
L’Autorità con precedenti pareri (si vedano le deliberazione n. 89 del 28.11.2006; n. 28 del 06.02.2007; parere 08.11.2007 n. 102) ha evidenziato come sulla base della normativa di settore e della giurisprudenza amministrativa, l’impresa che partecipa ad una gara d’appalto deve dimostrare la sussistenza e la persistenza del possesso del requisito di regolarità contributiva fin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione, essendo irrilevanti eventuali adempimenti tardivi. L’Autorità ha, altresì, espresso l’avviso, con deliberazione n. 28 del 06.02.2007 che, tenuto conto che l’articolo 38, comma 1, lettera i), richiede la sussistenza di “violazioni gravi”, abbia preminente rilevanza l’attività di verifica che l’amministrazione deve effettuare per valutare, sia la gravità dell’inadempimento, sia la definitività e che, pertanto, l’impresa potesse non essere esclusa solo in quanto risultata non in regola.
Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta nel corso dell’istruttoria, risulta che la stazione appaltante ha eseguito un approfondimento istruttorio, in contraddittorio con la Holiday s.a.s., al fine di verificare l’entità ed i motivi dell’inadempimento, nonché l’eventuale gravità dello stesso. Nel provvedimento di esclusione viene evidenziato dal Comune di Bari che le giustificazioni rese dall’impresa non sono considerate “esaustive a superare l’irregolarità acclarata dall’INAIL”, tenuto conto che l’adempimento volto a sanare l’omissione è intervenuto tardivamente. La stazione appaltante, inoltre, ha ritenuto che la violazione commessa vada considerata grave, sulla base di quanto disposto dall’art. 8, co.3, del Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 24.10.2007, ai sensi del quale “non si considera grave lo scostamento inferiore ad euro 100,00”. Su tale punto si rende opportuna una precisazione.
In data 30.12.2007 è entrato in vigore il Decreto del 24.10.2007 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale sul Documento unico di regolarità contributiva (“DURC”) che, tra le novità, ha introdotto dei parametri di valutazione della gravità dell’inadempimento fornendo, così, un fondamento oggettivo di valutazione e, limitando, di fatto, la possibile discrezionalità delle stazioni appaltanti in ordine alla verifica di tale requisito. In particolare, l’art. 8 del Decreto individua, quali cause non ostative al rilascio del DURC, due parametri:
- uno scostamento “inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione”;
- o, comunque, “uno scostamento inferiore ad Euro 100,00”, fermo restando un obbligo di pagamento di tali importi entro 30 giorni dal rilascio del DURC.
I suddetti parametri devono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti in via cumulativa, secondo anche quanto specificato dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 5/2008.
Nel caso in esame si rileva che la stazione appaltante, sembra aver fondato il giudizio di gravità sulla sola verifica del superamento della soglia di Euro 100,00, con la conseguenza che la stessa dovrà integrare l’istruttoria già condotta in contraddittorio con la società, per appurare se lo scostamento contestato alla Holiday s.a.s. sia pari o superiore al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione. Tale dato, infatti, non è desumibile dal DURC e risulta essere dirimente al fine di una completa ed esaustiva valutazione della gravità della violazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la stazione appaltante è tenuta ad integrare l’istruttoria nel rispetto della normativa vigente di settore (parere 23.10.2008 n. 230 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: L'alterazione della par condicio dei concorrenti si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengono da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dalle partecipanti.
L'esclusione dalla gara d'appalto per collegamento sostanziale può configurarsi solo previo accertamento della presenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti univocamente volti a configurare il presupposto applicativo della esclusione. Tali indici rivelatori (Tar Lazio, III, 08.05.2007, n. 4096; Tar Lombardia, Milano, III, 04.04.2006, n. 896), alla stregua dell'insegnamento giurisprudenziale, devono essere tali "da ingenerare il più che ragionevole sospetto che l'accordo tra le partecipanti possa pregiudicare l'imparzialità e la regolarità della gara" (CdS, IV, 15.02.2002, n. 949).
In particolare, quanto all'individuazione degli elementi univoci indicatori della riconducibilità delle offerte a un unico centro decisionale, la giurisprudenza ha desunto la sussistenza del collegamento da una serie di elementi indiziari, ritenuti espressivi della comunanza delle imprese interessate, sulla base di una nutrita esemplificazione cui ha fatto peraltro puntualmente riferimento lo stesso ricorrente (indicazione nelle stesse buste spedite dalle imprese dalla medesima sede amministrativa; spedizione degli stessi plichi dal medesimo ufficio postale, nello stesso giorno e con le stesse modalità; rilascio delle polizze fideiussorie, presentate come cauzione, da parte della stessa compagnia e agenzia di assicurazioni, nella medesima data e con numero progressivo successivo; coincidenza del numero di fax e dell'indirizzo di posta elettronica; rapporti di parentela tra gli amministratori unici di suddette società e gli intrecci azionari esistenti e facenti capo agli stessi soggetti; ecc.).
L'alterazione della par condicio dei concorrenti e la violazione dei principi di concorrenza e di segretezza dell'offerta possono ritenersi provate qualora ricorrano elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi, precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'id quod pleriumque accidit, il venir meno della correttezza della gara. Ciò si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengono da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dalle partecipanti (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 14.01.2009 n. 99 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La d.i.a. costituisce un’autorizzazione implicita di natura provvedimentale.
Il Collegio ritiene, in presenza di una serie di differenziate ricostruzioni dell’istituto della d.i.a., preferibile il più recente insegnamento espresso al riguardo dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. St. Sez VI, 05.04.2007 n. 1550, Sez. IV 29.07.2008 n. 3742, v. ora anche Sez. IV 25.11.2008 n. 5811) con il quale è stato rilevato che "il terzo che si oppone ai lavori edilizi intrapresi tramite d.i.a., non deve chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti in genere per gli abusi edilizi, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio-rifiuto; né deve agire innanzi al giudice per chiedere l’adempimento delle prestazioni che la p.a. avrebbe omesso di svolgere, ovvero chiedere l’annullamento della determinazione formatasi in forma tacita, o comunque contestare la realizzabilità dell’intervento. Né, ancora, il terzo è tenuto, entro il termine di decadenza, ad instaurare un giudizio di cognizione, tendente ad ottenere l’accertamento della insussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge, per la legittima intrapresa dei lavori a seguito di d.i.a." (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 10.01.2009 n. 15 - link a www.altalex.com):

ESPROPRIAZIONENon sussiste un obbligo, per la amministrazione che procede alla realizzazione di un’opera pubblica, di depositare, già al momento in cui sottopone il progetto per la approvazione definitiva e per la dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione temporanea finalizzata alla corretta esecuzione dei terreni.
Il piano particellare delle aree soggette ad occupazione temporanea non è elemento necessario per la valida approvazione del progetto definitivo e non sussiste l’obbligo di comunicare, ai proprietari delle aree medesime, l’avvio del procedimento finalizzato alla approvazione dell’opera pubblica o la avvenuta approvazione del progetto definitivo.

Allo stato attuale della legislazione, non si può affermare che sussista un obbligo, per la amministrazione che procede alla realizzazione di un’opera pubblica, di depositare, già al momento in cui sottopone il progetto per la approvazione definitiva e per la dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione temporanea finalizzata alla corretta esecuzione dei terreni.
Infatti, l’art. 16 d.p.r. 327/2001 statuisce che l’autorità espropriante, al fine di promuovere la adozione della dichiarazione di pubblica utilità, deve depositare, oltre agli elaborati progettuali, tutti gli atti utili e necessari a descrivere la natura e lo scopo delle opere da eseguire e “in ogni caso lo schema dell’atto di approvazione del progetto deve richiamare gli elaborati contenenti la descrizione dei terreni e degli edifici di cui é prevista l’espropriazione, con l’indicazione dell’estensione e dei confini, nonché possibilmente dei dati identificativi catastali e con il nome e cognome dei proprietari iscritti nei registri catastali” (art. 16 comma 2 d.p.r. 327/2001). Dalla norma citata si evince, dunque, che solo relativamente alle aree soggette a esproprio vi é l’obbligo di depositare l’elencazione dei terreni.
Tale impostazione trova conferma nell’art. l’art. 13 dell’allegato tecnico al codice dei contratti pubblici, approvato con D. L.vo 163/2006, il quale statuisce oggi, a differenza dell’art. 33 D.P.R. 554/1999, che “1. Il piano particellare degli espropri, degli asservimenti e delle interferenze con i servizi é redatto in base alle mappe catastali aggiornate, e comprende anche le espropriazioni e gli asservimenti necessari per gli attraversamenti e le deviazioni di strade e corsi d’acqua e le altre interferenze che richiedono espropriazioni. 2…….3. Il piano é corredato dall’elenco delle ditte che in catasto risultano proprietarie dell’immobile da espropriare e asservire, ed é corredato dalla indicazione di tutti i dati castali nonché delle superfici interessate”. Come si vede, dalla norma confluita nell’allegato tecnico al codice dei contratti pubblici, é stato espunto ogni riferimento alle aree soggette ad occupazione temporanea.
Si evidenzia, dunque, una chiara tendenza del legislatore ad alleggerire gli oneri a carico delle autorità esproprianti, tra l’altro anche mediante il venir meno degli obblighi correlati alla immediata individuazione delle c.d. aree di cantiere. Tale considerazione conferma che l’art. 16 d.p.r. 327/01 deve essere letto esattamente nel senso che impone, al fine della approvazione del progetto definitivo, solo il deposito del piano particellare delle aree ad espropriare, e non anche delle aree soggette ad occupazione temporanea.
Allo stesso modo gli artt. 16 e 17 d.p.r. 327/01 prevedono l’obbligo di dare comunicazione, rispettivamente dell’avvio del procedimento e della avvenuta approvazione del progetto definitivo, al “proprietario dell’area ove é prevista la realizzazione dell’opera”, locuzione questa che può ragionevolmente riferirsi solo al proprietario di aree da espropriare: ciò si desume chiaramente dagli artt. 16 comma 11 e 17 comma 3, i quali sottendono entrambi la qualità di soggetto ad espropriazione nel “proprietario dell’area “: nel primo caso, infatti, la norma facoltizza tale soggetto a “chiedere che l’espropriazione riguardi anche le frazioni residue dei suoi beni”, mentre nel secondo caso gli conferisce la possibilità di interloquire sul valore dell’area ai fini della determinazione della indennità di esproprio.
Si deve pertanto ritenere che il piano particellare delle aree soggette ad occupazione temporanea non sia elemento necessario per la valida approvazione del progetto definitivo e che, correlativamente non sussista l’obbligo di comunicare, ai proprietari delle aree medesime, l’avvio del procedimento finalizzato alla approvazione dell’opera pubblica o la avvenuta approvazione del progetto definitivo.
Peraltro, l’art. 49 d.p.r. 327/2001 statuisce che l’autorità espropriante può disporre l’occupazione temporanea di aree non soggette al procedimento espropriativo “se ciò risulta necessario per la corretta esecuzione dei lavori previsti”.
La norma limita quindi la discrezionalità della amministrazione procedente, statuendo che alla occupazione temporanea di aree si possa far luogo solo in caso di bisogno effettivo della cui ricorrenza l’Amministrazione procedente deve evidentemente –onde evitare che la disposizione in esame venga sistematicamente disapplicata- dare conto nella motivazione del provvedimento che dispone la occupazione temporanea. Si noti che l’art. 49, comma 1, d.p.r. 327/2001 legittima l’occupazione temporanea non in relazione ad una necessità qualsiasi, ma solo in relazione alla necessità di eseguire correttamente le opere. Si deve quindi ritenere, ad esempio, che un’area privata possa essere occupata temporaneamente per la necessità di collocarvi ponteggi o altri macchinari necessari per dar corso a opere collocate in prossimità del confine, ma non anche per disporre, in prossimità di un cantiere, di un deposito di materiali facilmente trasportabili. L’Amministrazione, in altre parole, deve organizzare i cantieri in modo da non arrecare alcun disturbo quantomeno a chi non sia soggetto ad espropriazione, e quindi il decreto che dispone l’occupazione temporanea deve essere motivato specificamente a dimostrazione della sussistenza delle ragioni che la legittimano.
Va preliminarmente rilevato che l’occupazione temporanea priva il proprietario, sia pur transitoriamente, del godimento dell’area, e quindi incide fortemente nella di lui sfera giuridica. E’ quindi essenziale, onde assicurare un effettivo ed equo contemperamento tra l’interesse pubblico e quello del privato che deve subìre l’occupazione temporanea, che tale indennizzo venga offerto, e quindi quantificato, contestualmente al decreto che dispone l’occupazione temporanea, allo stesso modo in cui l’indennità di esproprio deve essere offerta e quantificata con il decreto che dispone l’espropriazione o l’occupazione anticipata preordinata all’esproprio: in altre parole, il privato ha diritto a conoscere da subito l’esatto ammontare che gli viene offerto a titolo di indennizzo, onde essere messo in grado di valutare quali azioni intraprendere a tutela dei propri diritti (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 17.12.2008 n. 2891 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Licenza di abitabilità presuppone la conformità urbanistico edilizia dell'edificio.
La licenza di abitabilità di un edificio, pur avendo una funzione diversa da quella della concessione edilizia, presuppone che il manufatto sia conforme alla disciplina urbanistica.
Non può essere rilasciata l’autorizzazione sanitaria che renderebbe i locali agibili, qualora gli stessi risultino non conformi alla disciplina urbanistico-edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.12.2008 n. 6174 - link a www.altalex.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Schiamazzi notturni, ordinanza sindacale di necessità, presupposti, legittimità.
Gli schiamazzi notturni degli avventori di un esercizio pubblico possono essere un elemento in base al quale il Sindaco adotta un’ordinanza di necessità, allorché il disagio provocato agli abitanti del posto raggiunge un grado di intollerabilità, oggettivamente accertato, tale da assurgere a una forma di vero e proprio inquinamento acustico con danno alla salute delle persone.
La mancata comunicazione di avvio del procedimento nel caso di ordinanza di necessità non rileva laddove, rammentata la finalità a base dell’art. 7 della legge 241 del 1990 di rendere edotto l’interessato dell’esistenza di un procedimento, essa risulta raggiunta in sede di accertamenti compiuti dai vigili urbani, i quali a tale compito –nella fattispecie– assolvono
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.09.2008 n. 4041 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 02.02.2009

UTILITA'

ENTI LOCALIDossier TESTO UNICO SULLA SICUREZZA (link a www.consulentidellavoro.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA - VARI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 4 del 30.01.2009, "Modifiche alle disposizioni generali del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 12.12.2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo  e di risorse idriche»" (L.R. 29.01.2009 n. 1 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI - LAVORI PUBBLICI - VARI: G.U. 28.01.2009 n. 22, suppl. ord. n. 14/L, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29.11.2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
Testo del decreto-legge 29.11.2008, n. 185, coordinato con la legge di conversione 28.01.2009, n. 2, recante: «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale»
".
N.B.: l'art. 18, comma 4-sexies, riporta l'incentivo alla progettazione interna agli uffici pubblici (con decorrenza 01.01.2009) nella misura dello 0,5%.

AMBIENTE-ECOLOGIA - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 4 del 27.01.2009, "Determinazioni in merito alla gestione organizzativa e funzionale del sistema di allerta per i rischi naturali ai fini di protezione civile" (deliberazione G.R. 22.12.2008 n. 8753 - link a www.infopoint.it).

NEWS

ENTI LOCALI - VARI: Alza la cornetta, l’amministrazione pubblica è un’amica che ti aspetta.
Presentato oggi il contact center del ministero per la Pa e l’Innovazione che risponde ai cittadini (link a www.nuovofiscooggi.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: A. Giordano, IL DIVIETO DI RINNOVO DEI CONTRATTI PUBBLICI DI APPALTO (link a www.neldirittoeditore.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA:  B. Albertazzi, IL SUPERAMENTO DEI VALORI LIMITE PER GLI SCARICHI DI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI E’ SEMPRE SANZIONATO PENALMENTE (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Falleni, Processi naturali di trattamento delle acque e aspetti dimensionali (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Sanna, Rifiuti, miscelare non è recuperare (link a www.lexambiente.it).

ENTI LOCALI: A. Lisi, Tra le rassicuranti novità in materia di digitalizzazione documentale, che fine fa la PEC? (link a www.ergaomnes.net).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Le istruzioni relative alla Deliberazione dell’Autorità del 24.01.2008 al punto B), concernente le “modalità e termini di versamento della contribuzione”, stabiliscono che le S.A. che intendono avviare una procedura di affidamento devono connettersi al Sistema Informativo di Monitoraggio delle Gare (SIMOG) sul sito dell’Autorità, il quale attribuisce alla procedura un codice identificativo gara, denominato CIG e, determina, sulla base delle informazioni fornite dalla S.A., l’importo delle contribuzioni a carico delle S.A. e dei partecipanti, nonché il termine di scadenza dei pagamenti.
Tale termine di scadenza deve, almeno, coincidere con quello di presentazione delle offerte, al fine di consentire ai partecipanti di usufruire della modalità di versamento on line della contribuzione, collegandosi al “Servizio riscossione contributi” del sito dell’Autorità, fino alla data di scadenza del bando di gara.
Nel caso di specie, l’Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, nel richiedere, in data 15 gennaio 2008, al SIMOG il CIG relativo alla procedura di affidamento in oggetto, ha indicato quale data di scadenza dei pagamenti quella del 18.03.2008, fissando, successivamente, il termine di presentazione delle offerte al 10.04.2008, poiché, per difficoltà interne all’amministrazione, aveva provveduto a pubblicare in ritardo il bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
La S.A. avrebbe dovuto, pertanto, rettificare –mediante richiesta all’Osservatorio dei contratti pubblici– la data di scadenza dei pagamenti, consentendo, in tal modo, ai partecipanti di utilizzare il sistema di versamento on line fino alla data di presentazione delle offerte.
Ne consegue, pertanto, che l’utilizzo della modalità di riscossione on line –che determina automaticamente l’importo del versamento– avrebbe consentito alla società istante, che ha dovuto poi effettuare il pagamento tramite bollettino postale, di versare l’importo esatto del contributo e di non incorrere nell’errore commesso.
Come più volte ribadito dalla stessa Autorità (parere n. 164/2008 e n. 1/2007) non può consentirsi che il comportamento negligente dell’Amministrazione si risolva in un danno per il partecipante alla procedura di affidamento.
Ciò, peraltro, viene confermato dalla stessa giurisprudenza, la quale afferma che l’applicazione dei principi di tutela dell’affidamento e di correttezza dell’azione amministrativa, in correlazione con la clausola generale di buona fede che informa l’azione amministrativa nel suo complesso, impedisce che le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla procedura (Cons. Stato n. 3384/2007; Cons. Stato n. 6190/2006).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione disposta dalla stazione appaltante non è conforme al principio del favor partecipationis, in quanto la stessa avrebbe dovuto richiedere alla soc. SIEME S.r.l. una integrazione dell’importo del contributo (parere 23.10.2008 n. 229 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. 12.04.2006 n.163 e s.m., il computo metrico fa parte del progetto, il quale a sua volta costituisce l’oggetto del contratto di appalto e, quindi, la prestazione dedotta nell’obbligazione assunta dall’appaltatore.
In particolare, il computo metrico, in quanto specifica dettagliata dei lavori da eseguirsi, con determinazione ed elencazione della quantità, qualità e prezzi, si configura quale indispensabile strumento di raffronto unitario e parametro soggettivo di una valida verifica di congruità dell'offerta ed è, peraltro, inserito (come nel caso di specie) tra gli elaborati contenuti nel disciplinare di gara, che costituisce parte integrante del bando.
La centralità del computo metrico si evince anche dal fatto che lo stesso deve essere posto in visione dei partecipanti nei casi di aggiudicazione al prezzo più basso, senza possibilità di negarne l’ostensione, come tra l’altro chiarito da questa Autorità con la Deliberazione n. 78 del 2004.
Con specifico riguardo all’aggiudicazione al prezzo più basso mediante offerta a prezzi unitari l’art. 90, comma 5, del D.P.R. 21.12.1999, n.554 e s.m. prevede che «[…]prima della formulazione dell’offerta, il concorrente ha l’obbligo di controllare le voci riportate nella lista attraverso l’esame degli elaborati progettuali, comprendenti anche il computo metrico» e, a tal fine, l’art. 71, comma 2, stabilisce che «l’offerta da presentare deve essere accompagnata da una dichiarazione con la quale i concorrenti attestano di aver esaminato gli elaborati progettuali, compreso il computo metrico».
Di analogo tenore è, poi, l’art.36 dell’Allegato XXI del D. Lgs. 163/2006, secondo cui «l'offerta da presentare per l'affidamento degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici è accompagnata dalla dichiarazione con la quale i concorrenti attestano di avere esaminato gli elaborati progettuali, compreso il computo metrico».
Dalla suesposte considerazioni discende che il computo metrico ha una sua pregnante valenza, prevalente rispetto alla lista delle categorie che i concorrenti devono compilare. Con la conseguenza che in caso di divergenza tra le indicazioni contenute nel computo metrico e quelle presenti nelle corrispondenti voci della lista delle categorie, prevalgono le indicazioni contenute nel computo metrico.
Nel caso di specie, si deve altresì considerare che l’errore nel quale è incorsa l’impresa aggiudicataria è stato determinato dal refuso della Stazione appaltante nella predisposizione del modello della lista delle categorie delle lavorazioni e che anche altre imprese, oltre alla aggiudicataria, hanno calcolato il ribasso con le stesse erronee modalità. Si pone, quindi, un problema di tutela dell’affidamento della buona fede dei concorrenti alla gara d’appalto e di contemperamento di questa esigenza con la tutela della par condicio, principio cardine in materia di appalti pubblici.
Ed invero, l’applicazione dei principi di tutela dell’affidamento e di correttezza dell’azione amministrativa, in correlazione con la generale clausola di buona fede che informa l’azione amministrativa nel suo complesso, impedisce che le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla procedura (Cons. Stato, Sez. VI, n. 6190/2006), salvaguardando così l’ammissibilità delle offerte e consentendo la maggiore partecipazione di offerenti, attesa la duplice necessità di tutelare sia l'affidamento ingenerato nelle imprese partecipanti, sia l'interesse pubblico al più ampio possibile confronto concorrenziale.
Al contempo, però, l’esigenza di garantire la par condicio dei concorrenti impone di considerare che altre imprese partecipanti hanno formulato correttamente le loro offerte, provvedendo -dopo essersi avviste dell’errore materiale della S.A.- secondo quanto stabilito dal disciplinare di gara che, a pag 10, precisa che «il concorrente ha l’obbligo di controllare le voci riportate nella lista suddetta relativamente alla parte a corpo, previo accurato esame degli elaborati progettuali comprendenti il computo metrico […] in esito a tale verifica il concorrente è tenuto ad integrare o ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive […]rispetto a quanto previsto negli elaborati grafici e nel capitolato speciale, nonché negli altri documenti che è previsto facciano parte del contratto».
Si ritiene, pertanto, opportuno che la S.A. effettui una prova di resistenza, verificando se, anche a seguito della rideterminazione dei ribassi offerti, correttamente calcolati sulla base della quantità indicata nel computo metrico, si giunga ad individuare lo stesso aggiudicatario.
In caso affermativo, si confermerà la precedente aggiudicazione; in caso negativo, si procederà ad una nuova aggiudicazione, con annullamento della precedente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, quando un’impresa partecipante ad una gara d’appalto compila la lista delle categorie delle lavorazioni in difformità dalle indicazioni contenute nel computo metrico, a causa di un errore materiale commesso dalla Stazione Appaltante, alla stregua dell’esigenza di tutela dell’affidamento delle parti in bilanciamento con il principio di garanzia della par condicio dei concorrenti, è opportuno che l’amministrazione effettui una prova di resistenza per verificare se, a seguito del rinnovo dei calcoli delle offerte e dei ribassi, sia possibile confermare l’aggiudicazione provvisoria medio tempore disposta (parere 09.10.2008 n. 228 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 15, comma 5, del d.P.R. 25.01.2000, n. 34 e s.m., la durata dell'efficacia dell'attestato di qualificazione è pari a cinque anni con verifica triennale del mantenimento dei requisiti di ordine generale, nonché dei requisiti di capacità strutturale di cui all'articolo 15-bis. Almeno tre mesi prima della scadenza del termine, l'impresa che intende conseguire il rinnovo dell'attestazione deve stipulare un nuovo contratto con la medesima SOA o con un'altra autorizzata.
Come l’Autorità ha già affermato con la Determinazione del 21.04.2004, n. 6, (successiva alle modifiche introdotte dal d.P.R. 10.03.2004, n. 93), se un’impresa si sottopone a verifica dopo la data di scadenza del triennio di validità dell’attestazione, ai sensi dell’art. 15-bis del d.P.R. 34/2000 e s.m., l’impresa non può partecipare alle gare nel periodo compreso tra la data di scadenza del triennio e la data di effettuazione della verifica con esito positivo. Infatti, il rinnovo dell’attestazione avviene, ai sensi del comma 7 dell’art. 15 citato, alle stesse condizioni e con le stesse modalità previste per il rilascio dell’attestazione, dovendo la Soa effettuare un’attività istruttoria tesa ad accertare il permanere in capo al richiedente dei requisiti di qualificazione.
Ma il punto principale e dirimente delle questioni sollevate è che la revisione triennale, considerate le sue finalità e le relative modalità di svolgimento, ha natura costitutiva, non potendo attribuirsi ad essa un mero valore ricognitivo. Ne segue che, decorso inutiliter il termine per la revisione triennale, l’attestazione non è più efficace e il concorrente resta privo del requisito della qualificazione.
La perdita del predetto titolo di partecipazione inficia la legittimità della partecipazione alla gara e, di conseguenza, la regolarità della procedura, giacché -come chiarito anche con la Deliberazione n. 234/2007- il requisito della qualificazione deve sussistere al momento della scadenza per la presentazione delle offerte, permanere per tutta la durata del procedimento di gara e, in caso l’impresa risulti aggiudicataria, per tutta la durata dell’appalto.
Anche la giurisprudenza condivide l’orientamento dell’Autorità, ritenendo che l’impresa ha l’onere di sottoporsi alla verifica nell’imminenza della scadenza del triennio e che, in caso di verifica tardiva con esito positivo, i relativi effetti decorrono ex nunc dalla data della comunicazione all’impresa, avendo la verifica un valore costitutivo e non meramente ricognitivo (Tar Campania, n. 111/2007; Tar Molise n. 496/2006; Tar Sicilia-Catania n. 353/2006, n. 539/2006. n. 831/2006).
Nel caso di specie, considerata l’evidenziata natura costitutiva e non dichiarativa della verifica triennale, risulta non corretto l’operato della S.A. sia con riferimento all’impresa provvisoria aggiudicataria, che è rimasta priva di qualificazione Soa nel periodo intercorso tra l’11.10.2007 e il 04.12.2007, sia con riferimento alla società 3R Costruzioni che era priva di attestazione Soa alla data di scadenza per la presentazione delle offerte (04.10.2007), essendo del tutto irrilevante la dichiarazione della Soa circa la conclusione dell’istruttoria per la revisione dell’attestazione.
Per quanto concerne, poi, la posizione delle altre due imprese segnalate dall’istante, si rappresenta che, ove il bando richieda un documento specificandone le caratteristiche formali (originale o copia autenticata, identificazione dell’ufficio che lo rilascia), la S.A. si autovincola e deve rispettare e imporre a tutti i partecipanti alla procedura l’osservanza delle regole della lex specialis. Di conseguenza, secondo un costante orientamento della giurisprudenza, la S.A. è tenuta ad escludere il partecipante per documentazione non conforme al bando qualora, come nel caso di specie, l'adempimento formale sia richiesto a pena di esclusione.
Passando infine all’esame dell’ultima censura relativa alla partecipazione della Ediltrivellazioni di Piccoli Giovanni & C., si rappresenta che l’art. 49, comma 6, del Codice dispone che il concorrente “può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria”, formula legislativa che deve essere interpretata -contrariamente a quanto ritenuto dall’istante- nel senso che non è possibile per una medesima categoria avvalersi di più di un’impresa e non nel senso che sia precluso avvalersi di una stessa impresa per più categorie o requisiti. È sufficiente in tal senso, infatti, leggere il secondo periodo della norma considerata nella parte in cui prevede, come eccezione alla regola, che il bando di gara può ammettere, tranne per i lavori con riferimento ad una stessa categoria, il cumulo tra attestazioni di qualificazione SOA di più imprese ausiliarie in ragione dell'importo dell'appalto o della peculiarità delle prestazioni. Inoltre, lo stesso Disciplinare di gara, al punto 10), lettera d), stabilisce che il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria.
In merito infine alla censura relativa al requisito della qualità di cui all’art. 4 del DPR 34/2000, si evidenzia che, per quanto risulta in atti, l’impresa ausiliaria Parrella Pellegrino s.r.l. ha presentato un’attestazione SOA con certificazione di qualità scaduta.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della Stazione Appaltante non appare conforme alla normativa di settore (parere 09.10.2008 n. 227 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Dalla descrizione dei servizi oggetto del presente appalto, come elencati dall’art. 1 del Capitolato speciale, emerge che non è stato indicato il servizio di bonifica siti, attività ben distinta dagli ordinari servizi di igiene urbana costituiti da servizi quali la raccolta differenziata, svuotamento cassonetti, lavaggio strade, pulizia e manutenzione del verde e altri servizi complementari. Pertanto, la previsione dell’iscrizione alla categoria 9, classe E, quale requisito di partecipazione non sembra essere pertinente all’oggetto della gara.
Inoltre l’Autorità in precedenza (si vedano deliberazioni nn. 93/2007, 95/2007 e 96/2007), ha già avuto modo di evidenziare come il requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali è requisito di esecuzione e non di partecipazione ad un appalto e, pertanto, i bandi di gara devono prevedere specifica clausola in base alla quale non si procederà alla stipulazione del contratto in caso di mancato possesso della relativa iscrizione.
In merito alla errata indicazione del CIG si ribadisce, che l’Autorità ha osservato già in altre occasioni, come il CIG valga ad identificare univocamente la gara alla quale si riferisce il contributo. La stazione appaltante può, in caso di errore, provvedere a rettificare lo stesso attraverso il sistema SIMOG.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la previsione dell’iscrizione alla categoria 9, classe E, quale requisito di partecipazione non è pertinente all’oggetto del bando di gara, né alla normativa vigente di settore (parere 09.10.2008 n. 226 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’articolo 19, comma 12-bis, della legge n. 109 del 1994, nel testo coordinato con le norme delle leggi della Regione Sicilia 29.11.2005, n. 16 e 21.08.2007, dispone che: “Relativamente ai soli lavori pubblici di valore inferiore alla soglia comunitaria, per la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni, i concorrenti unitamente alla documentazione prevista dalle vigenti leggi, dimostrano la regolarità contributiva mediante la produzione di certificazione rilasciata dall’INPS, dall’INAIL e dalla Cassa edile. In difetto di tale produzione i concorrenti sono esclusi dalla partecipazione a dette procedure e non possono stipulare i relativi contratti. Ai soli fini della detta partecipazione, le certificazioni hanno validità per tre mesi dal rilascio.”.
Con decreto dell’Assessorato regionale lavori pubblici n. 26/Gab del 24.02.2006 sono state dettate le modalità attuative della predetta disposizione. Nello specifico, all’art. 2 è previsto che “La regolarità contributiva è certificabile e/o attestabile anche attraverso la produzione del DURC. Ai fini dell’art. 19, comma 12-bis, della legge 11.02.1994, n. 109, non sono valide le attestazioni rilasciate dalle casse edili se riferite a uno o più cantieri, dovendo le casse attestare la regolarità contributiva senza limitazione a singoli appalti.”.
Il disciplinare di gara indica nella documentazione da allegare a pena di esclusione al punto n. 3) “Documentazione dimostrante il possesso del requisito di capacità contributiva, ai sensi dell’art. 19, comma 12-bis, del testo coordinato, secondo le modalità attuative contenute nel decreto dell’Assessore regionale per i lavori pubblici n. 26/Gab del 24.02.2006; ai soli fini della partecipazione le certificazioni hanno validità tre mesi dal rilascio.”.
Nel caso di specie, poiché il DURC relativo all’impresa risultata aggiudicataria è stato rilasciato in data 28.11.2007, il bando di gara è stato pubblicato il 07.12.2007 e la procedura si è conclusa con l’aggiudicazione provvisoria il 17.01.2008, Il DURC medesimo risulta conforme alle previsioni di legge, attuative e del bando di gara in ordine alla validità temporale dello stesso.
Il predetto documento risulta, altresì, conforme alle prescrizioni delle norme di attuazione, in quanto nel citato decreto assessoriale n. 26 del 2006 nulla è prescritto in merito a specifiche diciture da apporre sul certificato DURC in caso di partecipazione a gare di appalto pubbliche.
Il DURC prodotto dall’impresa aggiudicataria è conforme al quadro normativo vigente anche per l’ulteriore profilo contestato, in quanto risulta attestata la regolarità contributiva della società senza limitazione a singoli appalti o riferimenti a uno o più cantieri.
Il Consiglio dell’Autorità si è già espresso in senso conforme in ordine ad analoga fattispecie nel parere n. 7 del 27.09.2007.
Si evidenzia, infine, che non risulta applicabile al caso di specie, in virtù del principio “tempus regit actum” il successivo decreto dell’Assessorato dei lavori pubblici 15.01.2008, recante “Modifiche al decreto 24.02.2006, concernente modalità attuative della disposizione di cui al comma 12-bis dell’art. 19 della legge 11.02.1994, n. 109”, in quanto il bando di gara è stato emanato in data antecedente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’aggiudicazione provvisoria disposta dal Comune di Raffadali in favore della C.E.V.I.G. s.r.l. è conforme alla normativa di settore (parere 09.10.2008 n. 225 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Per quanto concerne il primo motivo di censura relativo al termine di presentazione delle offerte, si rileva come l’appalto di servizi in esame abbia un valore che si pone al di sotto della soglia comunitaria, essendo l’importo a basa d’asta pari a euro 90.000,00. Pertanto, essendo la procedura scelta di tipo aperto, l’appalto va a ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 124, comma 6, lett. a), il quale espressamente prevede che “nelle procedure aperte, il termine per la ricezione delle offerte, decorrente dalla pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non può essere inferiore a quindici giorni”. Alla luce del succitato dettato, il termine previsto dall’amministrazione comunale risulta essere conforme alla normativa di settore.
In ordine all’indicazione dei criteri motivazionali, si rileva come l’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006 disponga che “il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi. Ove la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l’incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara. La commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, fissa in via generale i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio e sub-criterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando".
Nel caso di specie l’allegato 2 al bando di gara ha correttamente previsto i criteri di valutazione, fissando per ognuno, così come previsto dalla citata disposizione del Codice, un punteggio massimo e minimo. In ordine alla censurata mancata fissazione dei criteri motivazionali, si rileva che essi, secondo quanto disposto dall’art. 83, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, devono essere fissati, prima dell’apertura delle buste, dalla commissione di gara. Nel caso di specie, sulla base dei verbali di gara trasmessi nel corso dell’istruttoria, non è possibile verificare se la commissione ha operato correttamente nel senso previsto dalla norma.
Per quanto attiene, infine, alla composizione della commissione di gara, deve essere evidenziato che l’art. 84, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006 dispone che “I commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante”. Ai sensi della citata previsione, dunque, i commissari devono essere scelti, in via prioritaria, nell’ambito della stazione appaltante. Solo ove ricorrano particolari condizioni e, nei casi tassativamente previsti, in caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, è possibile nominare commissari esterni. Tale scelta del legislatore è giustificata dalla finalità di contenimento dei costi, che impone un criterio di sussidiarietà nella nomina di consulenti esterni. Ricade, pertanto, nell’ambito discrezionale della stazione appaltante verificare se, al proprio interno, vi siano competenze adeguate al tipo di appalto, al fine di evitare di ricorrere ad ausili esterni. Nel caso di specie, l’amministrazione comunale rappresenta di aver condotto detta verifica e, posto che il P.E.G. non prevedeva la possibilità di rivolgersi a professionalità esterne “non avendo stanziato per altro alcuna somma a tal fine”, ha provveduto a nominare una commissione composta da tre membri, presieduta da un ingegnere, responsabile del procedimento, che ha ritenuto possedere le competenze necessarie per gestire la procedura di appalto in esame. Pertanto sulla base di quanto rappresentato dal Comune di Albanella, non disponendo questa Autorità di informazioni o documenti (ad esempio i curricula) atti a dimostrare le effettive competenze dei componenti della Commissione, la commissione di gara così composta, sembra essere conforme alla normativa vigente di settore.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- il termine previsto dall’amministrazione comunale per la presentazione delle offerte è conforme alla normativa di settore;
- sono presenti nell’allegato 2 al bando di gara i criteri di valutazione, contenenti per ognuno, così come previsto dalla normativa, un punteggio massimo e minimo.
- la valutazione delle professionalità dei funzionari interni alla stazione appaltante è di esclusiva competenza di quest’ultima. Sulla base di quanto dal Comune rappresentato, la composizione della Commissione di gara sembra essere conforme alla normativa vigente di settore
(parere 09.10.2008 n. 224 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Preliminarmente è necessario affrontare la questione attinente la composizione della commissione di gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006 impone la scelta dei commissari diversi dal Presidente tra i funzionari della stazione appaltante. Solo in caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità (oltre che negli altri casi previsti dal regolamento), questi sono scelti tra funzionari di altre amministrazioni aggiudicatrici, ovvero con un criterio di rotazione, tra gli appartenenti alle diverse categorie dei professionisti con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali e dei professori universitari di ruolo, nell'ambito di elenchi, formati sulla base di rose di candidati fornite dagli stessi ordini professionali e dalle facoltà di appartenenza.
L’obiettivo del legislatore, ispirato all’esigenza di contenimento dei costi, è quello di privilegiare, nella scelta dei componenti delle commissioni giudicatrici, gli “interni”, essendo consentito il ricorso a commissari “esterni” solamente in caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, ovvero negli altri casi previsti dal regolamento, e dunque come criterio sussidiario, e non già alternativo (TAR Lazio Roma sez. III-ter 04/02/2008 n. 905).
Nel caso di specie, i componenti della Commissione giudicatrice, diversi dal Presidente, sono due geometri “convenzionati” presso l’Ente da 6 anni l’uno e da 14 anni l’altro, in possesso di conoscenze e competenze per le mansioni svolte all’interno del Comune, per i quali, tuttavia, la sola S.A. potrà verificare l’effettiva ascrivibilità nelle categorie di soggetti di cui al comma 8 dell’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, alla luce delle specifiche caratteristiche della convenzione con essi stipulata.
Infatti, laddove i suddetti commissari non fossero qualificabili come funzionari della stazione appaltante, ma meri collaboratori esterni, non facenti parte dell’organico, non si rientrerebbe nella citata previsione normativa e, pertanto, la loro nomina non sarebbe avvenuta in conformità dell’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006.
Per quanto attiene la valutazione dell’offerta dell’impresa aggiudicataria, si fa rilevare che il bando prevede come criterio di aggiudicazione l’offerta economicamente più vantaggiosa. La stazione appaltante, come si evince dagli atti di gara, ha ritenuto opportuno, in relazione al contratto da stipulare, attribuire un certo punteggio anche alla qualità estetico funzionale dei miglioramenti (max 20), specificando che le varianti migliorative dovranno contenere soluzioni migliorative e/o finalizzate alla ulteriore mitigazione ambientale delle opere di cui al progetto posto a base di gara, in modo da garantire un ottimale e più efficace ripristino delle caratteristiche ambientali e naturalistiche delle aree interessate.
La determinazione del fattore d'incidenza dei singoli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in relazione alle caratteristiche del contratto dal stipulare, rientra nel potere discrezionale dell'Amministrazione, suscettibile di sindacato da parte del giudice amministrativo solo se si riveli manifestamente irrazionale o costituisca sintomo di sviamento di potere, in quanto palesemente volto a porre in condizioni di vantaggio taluni concorrenti rispetto ad altri (Cons.St., Sez.VI, 23.02.1999, n.  194).
Gli apprezzamenti compiuti poi, in sede di valutazione delle offerte, dalla commissione giudicatrice, che ha ritenuto la proposta formulata dall’impresa aggiudicataria particolarmente vantaggiosa per l’Amministrazione, in relazione ad una serie di elementi tecnici quali la lavorazione, il trattamento, la messa in opera del materiale vegetale, l’impiego di materiali vegetali, aspetti migliorativi intrinseci allo sviluppo dei materiali vegetali e materiali inerti, non sono sindacabili da parte dell’Autorità, costituendo espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale della commissione, che può e deve svolgere il giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta, senza alcuna possibilità di una sostituzione/supplenza nell’esercizio di tale potere di valutazione da parte dell’Autorità.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che non si rilevano profili di non conformità nell’operato della Commissione giudicatrice, fermo restando che la S.A. dovrà verificare l’effettiva qualificabilità come funzionari in organico dei commissari “convenzionati” (parere 09.10.2008 n. 223 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Modifica della destinazione d’uso.
Per quanto concerne la modifica della destinazione d'uso, a parte il potere attribuito alle regioni di stabilire quali mutamenti debbano essere sottoposti al permesso di costruire e quali alla denuncia d'inizio attività, è comunque richiesto il permesso di costruire allorché il mutamento si riferisce ad immobili compresi nelle zone omogenee A) o comunque allorché comportino interventi che modifichino la sagoma o il volume del manufatto preesistente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.01.2009 n. 3445 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Estensione ordine di demolizione ad altri manufatti.
L'estensione di un ordine di demolizione, disposto con una sentenza passata in giudicato, ad altri manufatti è consentito a condizione che questi ultimi siano stati realizzati successivamente e, per la loro accessorietà all'opera abusiva, rendano ineseguibile l'ordine medesimo. Non può, invero, consentirsi che un qualunque intervento additivo, abusivamente realizzato, possa in qualche modo ostacolare l'integrale attuazione dell'ordine giudiziale di demolizione dell'opera cui accede e, quindi, impedire la completa restitutio in integrum dello stato dei luoghi disposta dal giudice con sentenza definitiva. Se così non fosse si finirebbe per incentivare le più diverse forme di abusivismo, funzionali ad impedire o a ritardare a tempo indefinito la demolizione di opere in precedenza ed illegalmente realizzate (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.01.2009 n. 2872 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. e manufatti abusivi.
Non è applicabile il regime della D.I.A. a lavori edilizi che interessino manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, in quanto gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.01.2009 n. 2112 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI: Contratti pubblici: il principio di pubblicità delle sedute vale per qualunque tipo di gara.
Il principio di pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è inderogabile per tutti i tipi di gara (ivi comprese quelle di carattere informale), almeno per quanto riguarda la fase di verifica dell'integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e di apertura dei plichi stessi, a pena di invalidità dell'intera procedura selettiva, compreso il provvedimento terminale di aggiudicazione, anche ove non sia comprovata l'effettiva lesione sofferta dai concorrenti, poiché il ridetto adempimento è predisposto a tutela non solo della "par condicio" ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza e all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 82 - link a www.eius.it).

VARI: Circolazione stradale: gli ausiliari del traffico non possono multare i motorini parcheggiati sul marciapiede.
Gli ausiliari del traffico in tanto sono legittimati ad accertare e contestare violazioni a norme del codice della strada, in quanto dette violazioni concernano disposizioni in materia strettamente connessa all'attività svolta dall'impresa -di gestione dei posteggi pubblici o di trasporto pubblico delle persone- dalla quale dipendono, ove l'ordinato e corretto esercizio di tale attività impediscano od in qualsiasi modo ostacolino o limitino; laddove, invece, le violazioni consistano in condotte diverse -quale, nella specie, il posteggio su di un marciapiedi non funzionale al posteggio od alla manovra in un'area in concessione e neppure alla circolazione in corsie riservate ai mezzi pubblici- l'accertamento può essere compiuto esclusivamente dagli agenti di cui all'art. 12 c.d.s. e non anche dagli ausiliari del traffico (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 13.01.2009 n. 551 - link a www.eius.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso: non può essere negato l'accesso del cittadino al ruolo di riscossione su cui si fonda la cartella esattoriale.
In base ad una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 24 della l. 241/1990 (come sostituito dall'art. 16, comma 1, della l. 11.02.2005, n. 15), deve ritenersi che l'inaccessibilità agli atti del procedimento tributario, colà prevista, sia temporalmente limitata alla sola fase di pendenza del procedimento stesso, non rilevandosi esigenze di "segretezza" nella fase successiva, e cioè quella che concerne l'adozione dell'atto d'accertamento definitivo o di riscossione dei tributi da parte del Fisco (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 07.01.2009 n. 22 - link a www.eius.it).

ATTI AMMINISTRATIVI Processo amministrativo: la "sospensiva" di un provvedimento di carattere negativo obbliga l'Amministrazione a riesaminare la situazione controversa secondo il "dictum" del giudice.
La pronuncia giurisdizionale che sospende in via cautelare un atto amministrativo di carattere negativo fa sorgere in capo alla Pubblica Amministrazione l'obbligo di riesaminare (c.d. "remand") la situazione controversa, regolandola nuovamente (sia pure a titolo provvisorio) in conformità al "dictum" del giudice, e cioè concedendo al ricorrente il richiesto provvedimento ampliativo, ovvero negandolo qualora sussistano altre legittime ragioni ostative non evidenziate in precedenza (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 07.01.2009 n. 10 - link a www.eius.it).

EDILIZIA PRIVATAE' illegittimo il provvedimento amministrativo che non limita la dichiarazione di inagibilità ai soli fabbricati costruiti in assenza dei permessi prescritti dalla legge e al blocco dei servizi ubicato sotto la “piscina ad onde”, sprovvisto di certificazione di agibilità, ma la estende all’intera struttura (nella fattispecie, parco acquatico).
L'adozione di provvedimenti quali quello oggetto del presente giudizio deve essere supportata da adeguati ed idonei pareri di organi tecnici, in modo da conciliare i primari e fondamentali interessi pubblici alla sicurezza, alla igiene e alla salubrità con l’interesse del privato all’esercizio della propria attività imprenditoriale nel rispetto del principio della libertà di iniziativa economica.

In particolare dalla relazione tecnica redatta in data 13.08.2007, a seguito della richiesta del certificato di agibilità da parte della Stefania a r.l., emerge che “…gli accessi sotto la piscina ad onde erano chiusi, ed a lato degli stessi erano presenti alcuni telai per porte, pronti per il montaggio; all’interno del blocco servizi nord c’è una scala che scende ai servizi, completamente bagnata dall’acqua che filtra abbondantemente dal soffitto e che rende scivolosi i gradini; mancano alcune porte interne; mancano le protezioni dei tubi di condotta dell’acqua calda; mancano le scatole di protezione elettrica e ci sono fili non protetti. Tale circostanza risulta particolarmente grave in quanto le infiltrazioni d’acqua dal soffitto interferiscono con il passaggio delle derivazioni elettriche. La messa in funzione della corrente potrebbe generare il rischio di folgorazione: sulla parete opposta alle porte di ingresso ai servizi è stato ricavato uno spazio aggiuntivo, rispetto a quello descritto dalle planimetrie catastali allegate all’istanza di agibilità…”.
Orbene l’amministrazione comunale, preso atto della presenza all’interno del parco di alcuni fabbricati costruiti senza i prescritti permessi edilizi e soprattutto dell’assenza delle certificazioni di agibilità relativamente al blocco servizi ubicato al di sotto della “piscina ad onde” con conseguente inefficacia della quantificazione della capacità ricettiva di 2500 persone dell’impianto sportivo, come individuata dalla Commissione Provinciale Pubblici Spettacoli il 04.07.2000, dichiarava inagibile il “Parco Acquatico – Sporting Club Villabella”, disponendo altresì la comunicazione del provvedimento agli enti fornitori di servizi affinché provvedessero ad interrompere l’erogazione degli stessi.
Il Collegio ritiene di dover confermare nel merito quanto già statuito in sede cautelare e, quindi, di dover dichiarare illegittimo il provvedimento gravato nella parte in cui non limita la dichiarazione di inagibilità ai soli fabbricati costruiti in assenza dei permessi prescritti dalla legge e al blocco dei servizi ubicato sotto la “piscina ad onde”, sprovvisto di certificazione di agibilità, ma la estende all’intera struttura denominata “Parco Acquatico – Sporting Club Villabella”.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa dal quale il Collegio non ravvisa valide ragioni per discostarsi, l’autorità procedente, anche qualora eserciti un potere di natura ampiamente discrezionale, nell’emanare il provvedimento, per quanto attiene al suo contenuto intrinseco, è sempre vincolata al rispetto dei principi di utilità e di congruità del mezzo prescelto con riferimento allo scopo dichiarato, nonché ai principi di proporzionalità e coerenza tra le circostanze di fatto e il contenuto dell'atto e a quello del minor sacrificio possibile per i privati destinatari del provvedimento idoneo ad incidere negativamente sulla loro sfera giuridica (cfr. Cons. Stato, 23.08.2000, n. 4568).
Per questi motivi, in linea di massima, l'adozione di provvedimenti quali quello oggetto del presente giudizio deve essere supportata da adeguati ed idonei pareri di organi tecnici, in modo da conciliare i primari e fondamentali interessi pubblici alla sicurezza, alla igiene e alla salubrità con l’interesse del privato all’esercizio della propria attività imprenditoriale nel rispetto del principio della libertà di iniziativa economica (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 02.01.2009 n. 6 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Sulla reiterazione dei vincoli espropriativi.
L’atto di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio deve essere adeguatamente giustificato sulla base di una idonea istruttoria e di una adeguata motivazione, da cui possano evincersi con chiarezza e precisione non solo le finalità di interesse pubblico che l’ente intende concretamente perseguire ma anche la loro perdurante attualità; attualità che, tuttavia, può legittimamente evincersi dalle linee guida che hanno ispirato l’attività pianificatoria.
Il Collegio ritiene che l’oggetto e l’idoneità della motivazione di un provvedimento di reiterazione di vincoli espropriativi debbano essere correlati al contenuto del provvedimento stesso, con la conseguenza che l’Amministrazione interessata è tenuta ad indicare espressamente le ragioni che giustificano la predetta reiterazione in riferimento alle seguenti situazioni:
mancanza di aree più idonee della stessa zona destinate ad uso pubblico;
perdurante conformità all’interesse pubblico della originaria destinazione, alle esigenze della collettività che richiedono la realizzazione dell’opera ed alla prevalenza delle stesse sull’interesse del privato proprietario del bene.
Sicché, non inficia la legittimità del provvedimento di reiterazione di un vincolo espropriativo l’omessa previsione dell’indennizzo
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.12.2008 n. 6605 - link a www.altalex.com).

APPALTI SERVIZI: Sull'"interpretazione comunitaria” dei requisiti dell’in house.
Il meccanismo dell'affidamento diretto a soggetti in house deve essere strutturato in modo da evitare che esso possa risolversi in una ingiustificata compromissione dei principi che presiedono al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione delle prescrizioni contenute nel Trattato CE a tutela della concorrenza.
Nella prospettiva comunitaria, pertanto, da un lato, è necessario che gli Stati membri attivino ampi processi di liberalizzazione finalizzati ad abbattere progressivamente le barriere all'entrata, mediante, tra l'altro, l'eliminazione di diritti speciali ed esclusivi a favore delle imprese, ed attuare la concorrenza "nel mercato"; dall'altro, si impone alle pubbliche amministrazioni di osservare, nella scelta del gestore del servizio, adeguate procedure di evidenza pubblica finalizzate a garantire il rispetto della concorrenza "per il mercato" (cfr. Corte cost. sent. 401/2007)
Secondo la Corte di giustizia europea affinché possa parlarsi di gestione in house (con deroga alle regole della concorrenza) sono necessari ed indefettibili due requisiti:
- l'ente pubblico deve svolgere sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
- il soggetto affidatario deve realizzare la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti che la controllano
(Corte Costituzionale, sentenza 23.12.2008 n. 43 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, La facoltà delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara requisiti di partecipazione e di qualificazione ulteriori rispetto a quelli espressamente stabiliti dalla legge rientra nella piena discrezionalità dell’amministrazione con l’unico limite della propor-zionalità e della ragionevolezza.
In tema di dimostrazione dei requisiti speciali per un appalto di lavori inferiore ai 150.000 euro in assenza di certificazione SOA.
In ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del DPR 34/2000 va detto che, in effetti, l'articolo 28 del d.P.R. sulla qualificazione, invocato dalla ricorrente (relativo ai requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro), esso si limita a richiedere -quale requisito tecnico-organizzativo- l'aver eseguito lavori nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando per un importo non inferiore a quello del contratto da stipulare, senza richiedere che tali pregressi lavori appartengano alla categoria o alle categorie di lavori oggetto di appalto, invece la previsione generale, di cui all’art. 18, del citato DPR, si esprime in modo da rendere di norma necessaria tale corrispondenza di categoria (v. art. 18 comma 5: “La adeguata idoneità tecnica è dimostrata: . . .b) dall'esecuzione di lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 90% di quello della classifica richiesta; l'importo è determinato secondo quanto previsto dall'articolo 22; c) dall'esecuzione di un singolo lavoro, in ogni singola categoria oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 40% dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al 55% dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo, non inferiore al 65% dell'importo della qualificazione richiesta; gli importi sono determinati secondo quanto previsto dall'articolo 22").
Ritiene, inoltre, il Collegio che la previsione di cui all’art. 28 dpr 34/2000 non si traduca in un divieto per le stazioni appaltanti di prevedere requisiti più specificamente miranti alla verifica della idoneità dell'impresa a svolgere i lavori oggetto dell'appalto e che, nella fattispecie, la previsione di cui al punto 11 del bando (che estende in sostanza la previsione generale di cui al citato articolo 18) non si ponga in termini di illogicità o palese sproporzione, dovendosi sotto tale profilo giudicare esente dalle censure di eccesso di potere in proposito sollevate (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 05.12.2008 n. 1618 - link a www.diritto.it).

URBANISTICA: L'impugnazione delle previsioni e delle prescrizioni di un piano urbanistico può provenire solo da coloro che si trovino in posizione legittimante rispetto a specifici beni e che perciò possano trarre un'effettiva utilità -ristoratrice della loro posizione incisa- dal concreto provvedimento chiesto al giudice.
La disciplina dettata con lo strumento urbanistico è costituita essenzialmente da un insieme di prescrizioni valevoli per le singole zone omogenee del territorio comunale o per singole aree o fabbricati; ciò importa che dette prescrizioni devono essere considerate scindibili ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizione e di conseguenza l’annullamento medesimo deve essere circoscritto alle aree o ai lotti interessati dalle prescrizioni giudicate illegittime (in termini: cfr. Cons. Stato sez. IV, 17.04.2003 n. 2017).
Ove si ammettesse la legittimazione attiva dei cittadini residenti (nel senso prima indicato) per il mero fatto che una qualche prescrizione dello strumento urbanistico generale possa contenere degli aspetti lesivi, si avrebbe una deroga ingiustificata al pacifico principio sulla (normale) scindibilità delle prescrizioni dettate in sede di pianificazione generale. Infatti, se si consentisse a qualunque cittadino residente di proporre ricorso giurisdizionale avverso lo strumento urbanistico, senza che vi sia alcuna incidenza delle prescrizioni censurate su un suo peculiare interesse, i vizi eventualmente riscontrati dovrebbero comportare l’annullamento dell’intero piano, al fine di far conseguire al ricorrente una qualche e solo asserita utilità strumentale.
Una simile soluzione si pone tuttavia in evidente contrasto con diversi principi generali: il principio costituzionale di buona amministrazione, il principio generale sull’interesse al ricorso di cui all’art. 100 del c.p.c. e i principi elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina in materia di interessi legittimi. Si avrebbe, quanto al primo aspetto, la caducazione di un intero piano per la tutela di un asserito e solo ipotetico (perché non dimostrato) interesse del ricorrente, a discapito di quell’interesse pubblico che la disciplina urbanistica é fisiologicamente destinata a perseguire. Quanto al secondo aspetto si introdurrebbe un ricorso giurisdizionale per la tutela di un generico interesse, mentre ai sensi dell’art. 100 del C.P.C. per proporre un’azione in sede giurisdizionale occorre avere un interesse specifico, inteso quale concreta utilità (bene della vita) che il ricorrente si prefigge di conseguire con l’annullamento (totale o parziale) dell’atto amministrativo ritenuto illegittimo (cfr. Cass. Civile, sez, lavoro, 22.08.2006 n. 18273; Cons. Stato, sez. V, 01.03.2003 n. 1161; TAR Sardegna, sez. I, 12.04.2006 n. 609).
La giurisprudenza ha ulteriormente chiarito che l'impugnazione delle previsioni e delle prescrizioni di un piano urbanistico, non vertendosi in tema di azione popolare, può provenire solo da coloro che si trovino in posizione legittimante rispetto a specifici beni (per esempio dal proprietario che veda annullate o gravemente compromesse le facoltà di disposizione e/o di godimento degli stessi) e che perciò possano trarre un'effettiva utilità -ristoratrice della loro posizione incisa- dal concreto provvedimento chiesto al giudice: ciò esclude che il vizio da cui siano asseritamente affette le previsioni e le prescrizioni del piano possano, come prima rilevato, comportare, in linea generale, l'annullamento dell'intero strumento urbanistico (cfr. Cons. Stato, 2017/2003 cit.).
Infine, deve rilevarsi che l’ordinamento attribuisce tutela giurisdizionale amministrativa a quelle posizioni giuridiche soggettive -dette “interessi legittimi”- che risultino differenziate e qualificate: ciò che, nel caso di specie, il Collegio non rileva, avendo il ricorrente una posizione giuridica del tutto indifferenziata rispetto alla generalità dei cittadini (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: L’obbligo di astensione per i Consiglieri comunale che hanno un interesse, anche solo potenziale, nella deliberazione da assumere, comporta non solo il divieto di partecipare alla discussione ed alla votazione finale, ma anche l’obbligo di allontanamento dalla seduta prima della discussione e dell'approvazione della relativa proposta di deliberazione.
La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che è regola generale dell'ordinamento giuridico quella che vuole che i soggetti interessati (o comun-que parenti ed affini entro il quarto grado di soggetti interessati) si astengano dalla partecipazione alla discussione e all'approvazione di provvedimenti che possano produrre effetti nella loro sfera giuridica.
L'obbligo di astensione, fondato sui principi di legalità, imparzialità e trasparenza che debbono caratterizzare l'azione amministrativa ai sensi dell'art. 97 Cost., non ammette deroghe, neppure con riferimento alle realtà di piccoli comuni, nei quali al più, si ammette la possibilità di fare luogo a votazioni frazionate su singole componenti del piano, di volta in volta senza la presenza di quei consiglieri che possano astrattamente ritenersi interessati, in modo da conciliare l'obbligo di astensione con l'esigenza -improntata al rispetto del principio di democraticità- di evitare il ricorso sistematico al commissario ad acta (Cons. Stato, sez. IV, 16.10.2006 n. 6172 e 26.05.2003 n. 2826; TAR Liguria, sez. I, 19.10. 2007, n. 1773).
L’obbligo di astensione per i Consiglieri comunale che hanno un interesse, anche solo potenziale, nella deliberazione da assumere, comporta non solo il divieto di partecipare alla discussione ed alla votazione finale, ma anche l’obbligo di allontanamento dalla seduta prima della discussione e dell'approvazione della relativa proposta di deliberazione, in quanto la presenza in aula del Consigliere interessato è potenzialmente idonea a incidere negativamente sulla serenità dei colleghi Consiglieri comunali sia nella fase della discussione e sia nella fase della votazione finale. In dette fasi, nelle quali deve essere salvaguardata l'assoluta imparzialità e serenità di giudizio dei componenti l’organo deliberante, la mera presenza di tale soggetto non può che essere presuntivamente considerata quale fonte di perturbazione del processo logico-valutativo che è alla base del provvedimento collegiale; da ciò consegue l’irrilevanza della c.d. prova di resistenza ai fini della legittimità della delibera collegiale assunta con la presenza alla seduta del soggetto in situazione di incompatibilità (in termini: Consiglio Stato, sez. IV, 03.09.2001, n. 4622; TAR Lombardia Brescia, 30.05.2006, n. 648; TAR Abruzzo Pescara, 13.02.2004, n. 208; TAR Umbria Perugia, 19.07.2002, n. 546)
 (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il consigliere comunale è legittimato ad impugnare gli atti adottati dall’organo collegiale di cui è componente solo ove deduca vizi procedurali direttamente lesivi del munus di cui è investito.
La Sezione ritiene di non doversi discostare dal prevalente indirizzo giurisprudenziale per il quale il consigliere comunale è legittimato ad impugnare gli atti adottati dall’organo collegiale di cui è componente solo ove deduca vizi procedurali direttamente lesivi del munus di cui è investito, interferenti sul corretto esercizio del mandato conferitogli dagli elettori, quali irritualità della convocazione dell'organo collegiale, violazione dell'ordine del giorno e difetti di costituzione del collegio, dovendosi invece svolgere nell'aula consiliare eventuali contestazioni sul contenuto dei deliberati (Tar Molise Campobasso, sez. I, 21.11.2007, n. 817).
Anche il Tar Trento, Sez. II, con la sentenza n. 797 - 11.04.2006, condivisa dal Collegio, ha avuto modo di ribadire il principio su indicato, precisando che il consigliere comunale “non è legittimato ad agire contro l’Amministrazione di appartenenza, in quanto il processo amministrativo è finalizzato alla risoluzione di controversie intersoggettive e non è, di regola, aperto anche a quelle tra organi o componenti di organi dello stesso Ente; peraltro, deve ammettersi il ricorso di un organo o di singoli componenti dello stesso contro l’Ente di appartenenza allorquando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di Sindaco (o consigliere o assessore), interferenti come tali sul corretto esercizio del mandato” (in termini, Tar Trento, 16.01.2008 n. 3; TAR Veneto, Sez. I, 25.06.2007 n. 2033)
(TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Il titolare di un pubblico ufficio deve astersi dal procedimento di adozione di atti nei quali sia interessato egli stesso od un suo prossimo congiunto.
L'obbligo di astensione del titolare di un pubblico ufficio dal procedimento di adozione di atti nei quali sia interessato egli stesso od un suo prossimo congiunto sussiste per il solo fatto che risulti portatore di interessi personali, che possano trovarsi in conflitto, o anche solo in posizione di divergenza, con quello generale affidato alle cure dell'organo di cui fa parte, ed opera a prescindere dall'applicazione della cosiddetta prova di resistenza (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla consistenza dei lavori edilizi iniziati tali da reputarsi idonei da integrare di per sé un valido inizio dei lavori.
Sulla proroga termine di inizio e fine lavori.

Secondo la consolidata giurisprudenza, la parziale recinzione del fondo e finanche lo sbancamento del terreno e l’esecuzione dei lavori di scavo non sono idonei ad integrare di per sé un valido inizio dei lavori (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sezione II, 08.03.2007 n. 372; TAR Campania, Napoli, Sezione IV, 05.01.2006 n. 59; TAR Lazio, Roma, Sezione II, 28.06.2005 n. 5370; Consiglio di Stato, Sezione IV, 03.10.2000, n. 5242). Facendo applicazione dei richiamati criteri al caso in trattazione, il Collegio ritiene, dunque, che le modeste attività intraprese, non accompagnate dalla compiuta organizzazione del cantiere, sono state legittimamente considerate come non sufficienti a dimostrare l’effettivo intendimento del titolare del permesso di realizzare la costruzione assentita.
In merito alla proroga del termine di inizio dei lavori, va osservato che, ai sensi dell'art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, i termini per l'inizio e per il compimento dei lavori "possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso". Dunque, per il legislatore, tali "fatti sopravvenuti" (che possono consistere nel factum principis o in altri casi di forza maggiore) non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa solo quando l'interessato proponga una domanda di proroga, il cui accoglimento è indefettibile perché non vi sia la pronuncia di decadenza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 10.08.2007 n. 4423) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 25.09.2008 n. 10890 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, offerta economica e tecnica.
Anche ammettendo che l’art. 83, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle stazioni appaltanti di stabilire il criterio di valutazione dell’offerta economica, in conformità con quanto previsto dal considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va rilevato che in una gara in cui il prezzo a base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro) risulta più ragionevole un metodo di calcolo del punteggio per l’offerta economica che non comporti una posizione eccessivamente recessiva della valutazione del progetto tecnico.
Come dimostrato dagli esempi illustrati dalla ricorrente di primo grado, il metodo utilizzato dalla commissione comporta rilevanti differenze di punteggio a fronte di non rilevanti differenze di prezzo ed, in presenza di una disposizione di non chiara lettura, è preferibile optare per una interpretazione che conduce ad un criterio di valutazione più ragionevole e maggiormente conforme alle richiamate norme di legge, oltre che al dato testuale del punto 1 del citato art. 7
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.09.2008 n. 4348 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Divieto di collegamento fra imprese, effetti, potere di accertamento.
E’ pacifico che, anche qualora nel bando di gara non sia inserita un’apposita clausola, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che attestino la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale deve procedersi all’esclusione delle imprese interessate dal collegamento perché è ragionevole presumere che si sia potuta verificare l’alterazione della par condicio dei concorrenti. A maggior ragione, ciò è ancor più vero laddove bando di gara prescriva, a pena di esclusione, che nella domanda di partecipazione le imprese dichiarino, fra l'altro, l'inesistenza di forme di controllo con altre imprese concorrenti ai sensi dell’art. 2359 c.c..
E’ costante l’indirizzo giurisprudenziale che afferma che il divieto di partecipare alle gare per gli appalti pubblici per le imprese che siano tra loro in condizioni di collegamento opera indipendentemente dall’accertamento che la stazione appaltante abbia condotto sul punto o dal non essere la stessa stata posta in condizioni di effettuarlo; resta, in ogni caso, fermo che spetta al giudice e non all’amministrazione “conoscere della doglianza” con la quale viene dedotta la violazione di detto divieto.
E’ lasciata alla stazione appaltante (od, in suo difetto, al giudice amministrativo) di valutare anche senza la previa tipizzazione di fatti e situazioni, i vari fenomeni di collegamento suscettibili comunque di intaccare i principi che presiedono allo svolgimento delle gare pubbliche tra i quali la segretezza delle offerte e la par condicio dei concorrenti
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.05.2008 n. 2087 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, In tema di appalti pubblici, l’art. 10 della legge 11.02.1994, n. 109 (ora articolo 48 del codice di contratti), in caso di mancata prova del possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla gara, non distingue tra inadempimento formale (per errore ed altro) ed inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti per partecipare alla gara), con la conseguenza che non solo l’esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’Autorità di vigilanza conseguono automaticamente.
Legittima escussione della cauzione provvisoria di un’impresa per aver partecipato alla gara in due diverse AA.TT.II., pur avendo dichiarato di non partecipare alla gara in più di una ATI o Consorzio.
Poiché la ricorrente ha falsamente dichiarato di non partecipare alla gara in più di una ATI o Consorzio, e tenuto conto che tale dichiarazione rifluisce, almeno indirettamente, sugli elementi relativi al possesso, in capo alle due AA.TT.II. dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando di gara; risulta corretta l’esclusione e l’escussione della cauzione provvisoria in quanto è pur vero che l’art. 10 comma 1-quater (ora articolo 48 del codice dei contratti), prevede una disciplina sanzionatoria con riferimento specifico alla seconda fase della gara, ossia dopo che sono state operate le esclusioni e le ammissioni dei partecipanti, e cioè quando, prima di procedere all’apertura delle buste, l’Ente richiede “ad un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate … di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti …” ma è altrettanto vero che sul piano logico non si vede ragione per escludere una medesima potestà in capo ella Amministrazione ove la erroneità delle dichiarazioni sia verificabile a priori senza dovere procedere alla verifica ex lege (CGARS, sentenza 29.01.2007 n. 8 - link a www.diritto.it).

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