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AGGIORNAMENTO AL 23.02.2009 |
QUESITI & PARERI |
APPALTI SERVIZI: Contratto
gestione Casa di Riposo.
Il Comune XXX chiede se è ancora possibile prorogare di altri 3 anni un
contratto per la gestione della casa di
riposo comunale, tenuto conto della
soppressione dell’art. 6, comma 2, della
legge n. 537/1993, già sostituito con l’art.
44 della legge n. 724/1994, ad opera
dell’art. 23 della legge 18.04.2005, n. 62 –
Comunitaria 2004.
Nella richiesta di parere si puntualizza che
il contratto era stato rogato il X XX XXX,
mentre il bando (si suppone) era stato
pubblicato prima dell’intervento demolitorio
operato dalla legge comunitaria 2004.
In alternativa il Comune chiede se sia
possibile applicare al caso concreto l’art.
57, comma 5, lettera b) del Codice dei
contratti pubblici e, in caso di risposta
affermativa, cosa si intenda per “procedura
negoziata senza bando, consentita solo nei
tre anni successivi alla stipulazione del
contratto iniziale” e cosa si intenda
per “importo complessivo stimato dei
servizi successivi, computato per la
determinazione del valore globale del
contratto, ai fini delle soglie di cui
all’art. 28”
(Regione Piemonte,
parere n.
106/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Procedura
copertura posti.
Il Comune XXX, in merito all’utilizzo
dell’istituto delle progressioni verticali,
chiede di sapere se la proporzione tra posti
banditi mediante concorso esterno e posti
banditi mediante procedura selettiva
interna, in enti di ridotte dimensioni di
organico, possa essere garantita non per
qualifica/categoria ma a livello di
dotazione organica complessiva, nel rispetto
del principio di bilanciamento tra
assunzioni esterne e progressioni verticali
sancito anche all’art. 35 del decreto
legislativo n. 165/2001, e ribadito dalla
Corte Costituzionale con la sentenza n.
373/2002, nella quale si pone in evidenza
che le progressioni verticali non possono
superare il 50% delle assunzioni o, se
possibile, contenute in una quota inferiore (Regione Piemonte,
parere n.
92/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Applicazione
progressioni verticali.
Il Comune XXX chiede di sapere se può
applicare l’istituto delle progressioni
verticali, anche in presenza dei seguenti
limiti di legge:
- obbligo di creare nuovi posti in dotazione
(e di occuparli con concorso pubblico);
- obbligo di uniformarsi al principio della
compressione degli andamenti occupazionali e
retributivi;
- violazione del disposto del citato comma
562 Legge finanziaria 2007.
Prima di passare all’espressione del parere
in merito ai quesiti rivolti dal Comune, si
rende necessario, fare un excursus sulle
posizioni giuridiche espresse dagli organi
giurisdizionali in materia
(Regione Piemonte,
parere n.
89/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI SERVIZI: Servizi
cimiteriali.
Il Comune XXX richiede un parere su tre
articoli di un capitolato di appalto per
servizi cimiteriali (Regione Piemonte,
parere n.
86/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Scelta
del contraente per alienazione bene
patrimoniale comunale.
A seguito di un primo parere sulla necessità
di procedere ad asta pubblica (rectius:
procedura aperta) per la vendita di beni del
patrimonio disponibile del Comune, il
Sindaco XXX formula tre ulteriori quesiti:
a) se è applicabile nella procedura aperta
l’art. 1471 del Codice civile, anche per i
parenti dei soggetti interessati alla norma;
b) se sussistono divieti per altri eventuali
compratori;
c) cosa significa “per interposta persona”
(Regione Piemonte,
parere n.
81/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Procedura
affidamento opere e lavori pubblici.
La prima riflessione da proporre in ordine
al quesito del Comune XXX è l’invito ad
interpretare le norme nel loro contesto e
non mediante estrapolazione dei singoli
commi, che letti separatamente inducono a
conclusioni sbagliate.
L’art. 2 del Codice appalti recita:
“L’affidamento e l’esecuzione di opere e
lavori pubblici, servizi e forniture, ai
sensi del presente codice, deve garantire la
qualità delle prestazioni e svolgersi nel
rispetto dei principi di economicità,
efficacia, tempestività e correttezza;
l’affidamento deve altresì rispettare i
principi di libera concorrenza, parità di
trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità, nonché quello
di pubblicità con le modalità indicate nel
presente codice”.
L’art. 27 ribadisce per i contratti esclusi
che:
“L’affidamento dei contratti pubblici
aventi ad oggetto lavori, servizi forniture,
esclusi, in tutto o in parte,
dall’applicazione del presente codice,
avviene nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, parità
di trattamento, trasparenza,
proporzionalità. L’affidamento deve essere
preceduto da invito ad almeno cinque
concorrenti, se compatibile con l’oggetto
del contratto” ... (Regione Piemonte,
parere n.
80/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Requisiti
accesso profilo professionale del tecnico
comunale (categoria D).
Requisiti per l’accesso dall’esterno a
profilo tecnico di categoria professionale D
- Titolo di studio
(Regione Piemonte,
parere n.
77/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Provvedimento
di sdemanializzazione.
Il Sindaco del Comune XXX chiede di
conoscere la procedura inerente la
pubblicazione sia di un provvedimento di
sdemanializzazione, sia di un bando di asta
pubblica per l’alienazione di un bene
rientrante nel patrimonio dell’ente
(Regione Piemonte,
parere n.
74/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Richiesta
contributi impianto sportivo di proprietà
comunale.
Il Comune XXX chiede se sia possibile
erogare un contributo ad una società
sportiva, per un importo presunto pari a
100.000,00 euro, per la realizzazione su
impianto sportivo di proprietà comunale, di
nuove recinzioni, di nuove tribune e per il
potenziamento dell’impianto di illuminazione
pubblica, per un importo complessivo dei
lavori stimato in circa 400.000,00 euro
(Regione Piemonte,
parere n.
37/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
COMPETENZE GESTIONALI: Affidamento
agli amministratori di responsabilità
gestionali dell'ente.
Il Presidente dell’Unione XXX chiede se è
possibile affidare agli amministratori
dell’ente responsabilità gestionali, ai
sensi dell’art. 53 –comma 23– della Legge
23.12.2000, n. 388, come modificato
dall’art. 24 della Legge 28.12.2001, n. 488
(Regione Piemonte,
parere n.
36/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI: Contenimento
spesa pubblica appalto servizi consulenza.
Il sindaco del Comune XXX chiede se
l’affidamento di incarico a professionisti
esterni per progettazione e direzione lavori
rientri tra quelli inseriti nell’anagrafe
delle prestazioni, istituita a fini di
contenimento della spesa pubblica, presso il
Dipartimento della funzione pubblica, per
incarichi di studio, ricerca e consulenza,
con l’art. 24 della Legge 30.12.1991, n. 412
(Regione Piemonte,
parere n.
35/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Controversia
richiesta di interessi moratori in ambito
appalto lavori pubblici. Possibilità di
transazione. Pagamento somme A.T.C. per
annualità pregresse relativo alla gestione
alloggi comunali.
Quesito proposto concernente la possibilità
di procedere mediante transazione alla
definizione di una controversia avente per
oggetto la richiesta di interessi moratori
nell’ambito di un appalto di lavori pubblici
(Regione Piemonte,
parere n.
9/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Procedura
contrattazione sindacale decentrata.
Il Comune XXX ha la necessità di conoscere
la corretta procedura da seguire nella
contrattazione sindacale decentrata, in
presenza di un solo dipendente non iscritto
ad alcuna organizzazione sindacale.
Al fine di poter rispondere al quesito è
necessario inserire la problematica nel
quadro generale della contrattazione
decentrata
(Regione Piemonte,
parere n.
8/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Diritto
di accesso degli Amministratori Locali dei
dati trattati dalla P.A..
Il quesito verte essenzialmente sul rapporto
fra:
esigenze di tutela della riservatezza, di
protezione dei dati personali, con
particolare riferimento ai dati “sensibili”
(ed aggiungerei anche “giudiziari”) trattati
per compiti d’istituto dal Consorzio, stante
la peculiarità dei servizi sociali
essenzialmente rivolti a fasce di
popolazione in condizioni di debolezza e/o
fragilità sociale,
e l’esercizio del diritto di accesso a
notizie ed informazioni concernenti i
suddetti dati da parte degli Amministratori
del Consorzio stesso nell’ambito
dell’espletamento del proprio mandato
(Regione Piemonte,
parere n.
3/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Corretta
procedura da seguire nella contrattazione
decentrata per gli istituti contrattuali.
L’ente richiedente (COMUNE DI XXX) ha la necessità di conoscere la
corretta procedura da seguire nella
contrattazione sindacale decentrata di
fronte al rifiuto verbale della R.S.U. di
siglare il contratto decentrato, per
presunti errori di calcolo nella
costituzione del fondo risorse decentrato
(Regione Piemonte,
parere n.
2/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: Soglia
di anomalia offerte per aggiudicazione
appalti.
L’art. 124, comma 8, del D. Lgs. 12.04.2006,
n. 163 prevede che la stazione appaltante,
quando il criterio di aggiudicazione è
quello del prezzo più basso, può prevedere
nel bando di gara l’esclusione automatica
delle offerte che presentano una percentuale
di ribasso pari o superiore alla soglia di
anomalia, individuata ai sensi dell’art. 86
del sopra citato decreto.
Non c’è dubbio, pertanto, che qualora si
voglia ancora applicare, per gli appalti
sotto soglia, la procedura di esclusione
automatica, tale facoltà deve essere
esplicitamente prevista nel bando di gara
...
(Regione Piemonte,
parere n.
1/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI:
G.U. 20.02.2009 n. 42, suppl. ord. n. 25/L,
"Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 22.12.2008, n. 200,
recante misure urgenti in materia di
semplificazione normativa.
Testo del decreto-legge 22.12.2008, n. 200,
coordinato con la legge di conversione
18.02.2009, n. 9, recante: «Misure urgenti
in materia di semplificazione normativa»"
(L. 18.02.2009 n. 9). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Quali
norme per le architetture rurali? (AL
n. 10/2008). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Glinianski,
Le nuove forme di partenariato pubblico
privato: la locazione finanziaria di opera
pubblica leasing in costruendo
(link a www.lexitalia.it). |
ENTI LOCALI:
R. Nobile,
Le ordinanze del Sindaco in materia di
incolumità pubblica e sicurezza urbana
(link a www.lexitalia.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 rubricato
“Norme applicabili” opera una dettagliata
ricognizione delle norme del Codice dei
contratti applicabili ai settori speciali,
nell’ambito delle quali non trova menzione
la disciplina relativa alle garanzie
fideiussorie di cui agli artt. 75, 40 e 113.
Detto mancato riferimento espresso comporta
la conseguenza che la normativa sulle
garanzie fideiussorie non è applicabile
anche ai settori speciali, dal momento che
l’art. 206 è di stretta interpretazione.
Pertanto, l’unica fonte di disciplina è da
ricondursi alla lex specialis di gara,
attraverso la quale la stazione appaltante
può discrezionalmente stabilire se recepire
o meno la normativa sulle fideiussioni
prevista per i soli settori classici.
Nel caso di specie, la lex specialis
all’art. 5.1 lett. b) della lettera di
invito ha previsto che “il calcolo della
somma a garanzia debba essere pari al 2%
dell’importo posto a base di gara per i
lotti di maggiore importo aggiudicabili”
che, pertanto, rappresenta l’unica norma di
riferimento. Inoltre, come riferito in
istruttoria da Poste Italiane S.p.A.,
l’impossibilità di ridurre l’importo della
cauzione ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. n.
163/2006 era già stata comunicata in sede di
risposte ai chiarimenti e pubblicata sul
sito Poste Italiane S.p.A.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene di comunicare
alle Parti interessate che l’esclusione
dell’istante dalla gara è conforme alla lex
specialis di gara
(parere
10.12.2008 n. 253 -
link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Come più volte evidenziato da questa
Autorità in precedenti pareri, ciò che
rileva ai fini dell’esclusione dalle
procedure di gara ai sensi dell’art. 38,
comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006 è
il concetto di immoralità professionale, per
cui occorre che il reato ascritto sia idoneo
a manifestare una radicale e sicura
contraddizione con i principi deontologici
della professione (Cons. Stato, sez. V, n.
349/2006; Cons. Stato, sez. V, n.
1145/2003).
Non essendo indicati dalla norma i reati che
incidono sull’affidabilità morale e
professionale delle imprese partecipanti
alle gare di appalto, secondo una costante
giurisprudenza spetta all’amministrazione
stabilire, motivatamente, se il reato per il
quale il soggetto è stato condannato
provoca, secondo il comune e ragionevole
convincimento, una obiettiva incisione
sull’affidabilità del condannato, sia sul
piano morale sia sul piano professionale,
tale da determinare l’esclusione dalla gara
(per tutte Consiglio di Stato, Sez. V,
22.02.2007 n. 945).
Tale orientamento era stato, peraltro, già
assunto da questa Autorità con
determinazione n. 13/2003, nella quale
veniva evidenziato come le amministrazioni
dovessero, nel valutare l’affidabilità
morale e professionale del contraente,
considerare tutti gli elementi che possono
incidere sulla fiducia contrattuale, quali
ad esempio l’elemento psicologico, la
gravità del fatto, il tempo trascorso dalla
condanna, le eventuali recidive.
La mancanza di parametri fissi e
predeterminati e la genericità della
prescrizione normativa lasciano un ampio
spazio di valutazione discrezionale alla
stazione appaltante, che consente alla
stessa margini di flessibilità operativa al
fine di un apprezzamento delle singole
concrete fattispecie, con considerazione di
tutti gli elementi delle stesse che possono
incidere sulla fiducia contrattuale.
Conseguentemente, è la stazione appaltante a
dover valutare discrezionalmente l’incidenza
di una condanna sulla moralità professionale
dell’appaltatore, con riferimento al tipo di
reato commesso, fornendo altresì, in
relazione alla decisione adottata, adeguata
e congrua motivazione.
Pertanto, i margini di insindacabilità
attribuiti all’esercizio del potere
discrezionale dell’Amministrazione non
consentono alla stazione appaltante di
prescindere dal dare contezza di aver
effettuato una concreta valutazione
dell’incidenza della condanna sul vincolo
fiduciario, mediante una accurata indagine
della rispondenza della fattispecie di reato
a tutti gli elementi che delineano l’ipotesi
di esclusione individuata dall’articolo 38,
comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006.
Con specifico riguardo all’esclusione
dell’impresa Azzurra s.r.l. ai sensi del
citato art. 38, comma 1, lettera c), del
D.Lgs. n. 163/2006 (già oggetto di pronuncia
di questa Autorità con riferimento ad altra
procedura di gara: parere n. 162 del
21.05.2008), si ritiene che la copiosità dei
provvedimenti penali e la tipologia dei
reati ascritti a carico del Direttore
Tecnico, la reiterazione delle stesse
fattispecie nel corso degli anni, nonché la
mancanza del provvedimento di estinzione dei
reati, consentano di sostenere che la
Commissione di gara abbia effettuato la
propria valutazione su elementi tali da
ritenere sussistente “l’immoralità
professionale” del concorrente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione
dell’impresa Azzurra s.r.l. dalla procedura
di gara in oggetto è conforme all’articolo
38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n.
163/2006
(parere
20.11.2008 n. 250 -
link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
La prima censura mossa dall’impresa istante
al provvedimento di aggiudicazione
provvisoria concerne la presunta violazione
del punto 1 del disciplinare di gara,
recante “Modalità di presentazione e
criteri di ammissibilità delle offerte”,
il quale dispone, nel primo periodo, che “I
plichi contenenti l’offerta e le
documentazioni, pena l’esclusione dalla
gara, devono pervenire…… entro il termine
perentorio ed all’indirizzo di cui al punto
6 del bando di gara all’ufficio della
stazione appaltante ….” e prescrive,
altresì, nell’ultimo periodo, che “I
plichi devono contenere al loro interno due
buste, a loro volta sigillate con ceralacca
e controfirmate sui lembi di chiusura,
recanti l’intestazione del mittente e la
dicitura, rispettivamente “A -
Documentazione” e “B - Offerta economica””.
Il thema decidendum consiste nello
stabilire se le suddette modalità di
presentazione delle offerte prescrivano o
meno tutti gli adempimenti ivi previsti “a
pena di esclusione”, compreso quello di
controfirmare sui lembi di chiusura le buste
contenenti la documentazione e l’offerta
economica.
Al riguardo, valutazioni di carattere
sistematico inducono a ritenere che, se da
un lato la previsione della misura
sanzionatoria dell’esclusione è
esplicitamente contenuta solo nel primo
periodo del punto 1 del disciplinare di
gara, la stessa, tuttavia, debba
necessariamente esser comminata per
qualsiasi adempimento obbligatorio
contemplato negli altri periodi del medesimo
punto (in questi termini, per identica
fattispecie: TAR Lazio, Sez II-Bis, sentenza
n. 2818/2008).
In ogni caso, anche a voler dare risalto
alla circostanza che il disciplinare di gara
in esame non sanzionava esplicitamente con
l’esclusione la produzione delle buste
contenenti l’offerta economica e la
documentazione senza la dovuta controfirma
sui lembi di chiusura, non si può non tenere
conto di un consolidato orientamento
giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, nn.
7835 del 2003 e 226 del 2002), che ha
ripetutamente segnalato che l’esclusione da
una gara può essere disposta anche in
assenza di una esplicita previsione nella
lex specialis, qualora, in applicazione del
principio teleologico, emerga che non è
stata osservata una clausola da ritenersi
essenziale, in quanto rispondente ad un
particolare interesse della P.A..
Nel caso dell’apposizione della controfirma
(mancante nella specie) sui lembi di
chiusura della busta A e della busta B,
prodotte in gara, il particolare interesse
pubblico è ravvisabile non solo
nell’esigenza di evitare la manomissione da
parte di terzi dei due plichi in questione,
ma anche nella necessità di attestare la
provenienza dei plichi stessi dall’offerente
e, quindi, nel rispetto del principio
dell’imputabilità dell’offerta che,
unitamente a quello dell’integrità della
stessa, governa la materia delle gare
pubbliche.
Quanto all’ulteriore contestazione attinente
alla irregolarità del DURC presentato
dall’impresa Capraro Carmelo Impianti, si
richiama il Decreto dell’Assessorato
regionale ai lavori pubblici della Regione
Sicilia del 24.02.2006, recante le modalità
attuative dell’art. 19, comma 12-bis della
legge n. 109/1994, come vigente in Sicilia,
relativo alla dimostrazione della regolarità
contributiva dei concorrenti in sede di
gara.
In particolare l’art. 2 del predetto
Decreto, così come integrato dall’art. 1 del
Decreto dell’Assessorato regionale ai lavori
pubblici del 15.01.2008, dispone -per quel
che interessa in questa sede- che “Non
sono considerati validi, ai fini della
partecipazione alle gare, i certificati
D.U.R.C. rilasciati per stati di avanzamento
lavori, stati finali e verifica di
autocertificazione”.
Nel caso di specie, l’impresa provvisoria
aggiudicataria ha prodotto in sede di gara
un certificato DURC che risulta essere stato
rilasciato “per verifica
autodichiarazione per appalto di lavori
pubblici alla data del 30/09/2007”,
quindi non un documento valido ai fini della
partecipazione dell’impresa concorrente a
gare pubbliche, ma più semplicemente
un’attestazione diretta a riscontrare le
dichiarazioni prodotte in altre selezioni.
Vi è più, il DURC presentato attesta la
regolarità dell’impresa alla data del
30/09/2007, quasi sette mesi prima del
previsto termine di presentazione delle
offerte (21.04.2008), in stridente contrasto
con il punto 7 del disciplinare di gara,
recante la prescrizione di DURC “di data
non anteriore a tre mesi dalla presentazione
dell’offerta”.
Si tratta, dunque, di un documento che non
soddisfa né le disposizioni regionali
vigenti in materia né le previsioni della
lex specialis e che, pertanto, avrebbe
dovuto condurre la Commissione di gara ad
escludere l’impresa Capraro Carmelo
Impianti.
Inconferente, infine, appare il richiamo, da
parte del Parco Archeologico e Paesaggistico
della Valle dei Templi di Agrigento, alla
necessità di avviare, nel caso di specie, il
procedimento di verifica che la S.A. deve
disporre nei casi in cui risulti la
irregolarità contributiva dell’impresa
partecipante alla gara.
Al contrario, dal certificato prodotto nella
gara in oggetto dall’impresa Capraro Carmelo
Impianti risultava la regolarità
contributiva dell’impresa stessa, poi
divenuta aggiudicataria.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’aggiudicazione
provvisoria disposta dal Parco Archeologico
e Paesaggistico della Valle dei Templi di
Agrigento in favore dell’impresa Capraro
Carmelo Impianti non è conforme alla
normativa di settore
(parere
20.11.2008 n. 249 -
link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
L’art. 38 del Codice dei contratti pubblici
disciplina i c.d. requisiti di ordine
generale, il cui mancato possesso comporta
l’esclusione dalla partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti di lavori, forniture e
servizi, omogeneizzando, a livello di fonte
primaria, la disciplina precedentemente
racchiusa nell’art. 75 del D.P.R. 554/1999
per gli appalti di lavori, nell’art. 12 del
D.Lgs. n. 157/1995 per gli appalti di
servizi e nell’art. 11 del D.Lgs. n.
158/1995 per gli appalti di forniture.
Da ultimo, il D.Lgs. 31.07.2007 n. 113, ha
aggiunto nel primo comma dell’art. 38 del
Codice dei contratti pubblici, a decorrere
dall'01.08.2007, la lettera m-bis) («Sono
esclusi dalla partecipazione alle procedure
di affidamento delle concessioni e degli
appalti di lavori, forniture e servizi, né
possono essere affidatari di subappalti, e
non possono stipulare i relativi contratti i
soggetti: […] m-bis) nei cui confronti sia
stata applicata la sospensione o la
decadenza dell'attestazione SOA per aver
prodotto falsa documentazione o
dichiarazioni mendaci, risultanti dal
casellario informatico»), la cui ratio
si ravvisa nell’esigenza di precludere la
partecipazione alle gare degli operatori
economici responsabili di false
dichiarazioni o false informazioni, rese ai
fini del conseguimento della qualificazione
e a causa delle quali l’attestazione Soa sia
stata sospesa o revocata.
Il dato normativo richiamato ha un assoluto
nitore precettivo nel disporre che i
concorrenti sono esclusi dalle gare per
l’affidamento di concessioni o appalti,
siano essi di lavori, forniture o servizi,
se incorrono in una delle condizioni
ostative elencate nell’art. 38, comma 1,
lettere da a) a m-bis), del Codice dei
contratti pubblici.
Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo
stabilisce, in un’ottica di celerità e di
semplificazione nello svolgimento delle
gare, che il singolo partecipante deve
attestare con una dichiarazione sostitutiva
ai sensi del D.P.R. 445/2000 e s.m. il
possesso dei requisiti di ordine generale
previsti al comma 1.
Ne consegue chiaramente l’obbligo di rendere
detta autodichiarazione per tutte le cause
ostative elencate dal suddetto art. 38 e per
tutte le gare, ivi comprese quelle per
l’affidamento di servizi.
Non appare, quindi, condivisibile l’assunto
dell’impresa istante, secondo cui la stessa
non era tenuta a rendere la dichiarazione
relativa al requisito di cui alla lettera
m-bis del citato art. 38, perché, se è
pacifico che non occorre l’attestazione di
qualificazione per partecipare alle gare per
l’affidamento di servizi, è comunque
esigenza primaria del sistema garantire che
l’aspirante contraente della PA per
l’affidamento di un appalto di servizi sia
un soggetto moralmente affidabile, che non
abbia mai reso dichiarazioni false che hanno
condotto alla sospensione o alla revoca
dell’attestazione Soa, ben potendo
verificarsi l’ipotesi che il prestatore di
servizi sia in possesso di un attestato di
qualificazione Soa.
Si evidenzia, altresì, che le dichiarazioni
richieste dalla documentazione di gara ai
sensi dell’art. 38 sopra richiamato, per
costante orientamento di questa Autorità e
della giurisprudenza amministrativa devono
essere rese anche se di tenore negativo.
Peraltro, la disposizione dell’art. 38,
comma 1, lettera m-bis), del Codice dei
contratti pubblici è chiaramente richiamata
nella clausola del bando della gara in
oggetto che richiede, espressamente a pena
di esclusione, l’autocertificazione anche
con riferimento al requisito della mancata
revoca o sospensione dell’attestazione Soa
per falso («Unitamente alla domanda […]
deve essere fornita, pena nullità della
stessa, la sottonotata documentazione: […]
autocertificazione […] ai sensi dell’art.38
[…]»).
La S.A., pertanto, riscontrata l’assenza
della dichiarazione sostituiva richiesta, ha
legittimamente escluso l’impresa
concorrente. È, infatti, principio generale
che la lex specialis, quando impone a carico
delle imprese concorrenti adempimenti
formali a pena di esclusione, deve essere
applicata in modo rigoroso, atteso che il
formalismo che caratterizza la disciplina
delle procedure di gara risponde ad esigenze
pratiche di certezza e di celerità e alla
necessità di garantire l’imparzialità
dell’azione amministrativa e la parità di
condizioni tra i concorrenti.
Si evidenzia, inoltre, che la dichiarazione
resa dall’istante ai sensi dell’art.38,
comma 1, lettera h), del D.Lgs. n. 163/2006
e s.m. non può, contrariamente a quanto
asserito dall’impresa istante, ritenersi
equipollente alla dichiarazione omessa in
relazione al requisito di cui alla lettera
m-bis). È differente, infatti, l’ambito
applicativo delle due disposizioni, giacché
la lettera h) riguarda le false
dichiarazioni rese nell’anno antecedente la
gara in merito ai requisiti e alle
condizioni rilevanti per la partecipazione
alle procedure di gara, mentre la lettera
m-bis) non ha un riferimento temporale
circoscritto all’anno, valendo per tutti i
casi di applicazione in ogni tempo della
misura della sospensione o della revoca
dell’attestazione Soa per avere prodotto
falsa documentazione o reso dichiarazioni
mendaci.
Non può, pertanto, ritenersi che la
dichiarazione sostitutiva resa dal
concorrente con riguardo all’art. 38, comma
1, lettera h), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.
possa surrogare l’omessa autocertificazione
relativa all’art. 38, comma 1, lettera
m-bis). Né la S.A. avrebbe potuto invitare
l’impresa ad integrare la documentazione
carente, giacché non è consentita
l’integrazione postuma dei requisiti
richiesti a pena di esclusione, se, come nel
caso in esame, la documentazione è del tutto
mancante e la sanzione dell’esclusione è
espressamente comminata da una disposizione
del bando di gara.
Fermo restando quanto appena esposto sul
rispetto del principio del formalismo in
tema di gare, si osserva altresì che nella
presente fattispecie la S.A. è incorsa nella
violazione del principio della par condicio
dei concorrenti. Infatti, l’invio
dell’autocertificazione sul requisito di cui
all’art.38, comma 1, lettera m-bis), del
Codice dei contratti pubblici, previsto solo
dal secondo bando e non anche dal primo, non
è stato richiesto alle imprese che erano
state invitate alla prima gara, annullata in
autotutela, ed espressamente esonerate dalla
S.A. a presentare una nuova domanda di
partecipazione.
La mancata previsione nel primo bando
dell’autocertificazione sul requisito di cui
all’art. 38, comma 1, lettera m-bis) del
D.Lgs. n. 163/2006 e s.m. si giustifica
tenendo in debito conto che la novella
legislativa che ha aggiunto la lettera
m-bis) all’art. 38 è entrata in vigore il 1°
agosto 2007, ossia il giorno stesso della
pubblicazione del primo bando.
In ogni caso, tuttavia, la S.A. è tenuta a
garantire la parità di trattamento a tutti i
concorrenti, disponendo una riapertura dei
termini in favore delle sole imprese già
invitate alla prima procedura di gara, che
per scelta discrezionale della S.A. stessa
non avevano inviato la domanda di
partecipazione alla seconda gara,
invitandole a presentare istanza di
partecipazione alla gara da ultimo indetta
nel rispetto delle previsioni contenute nel
relativo bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- l’esclusione dalla gara dell’impresa
istante è conforme alla normativa vigente di
settore;
- la S.A. è tenuta a garantire la parità di
trattamento a tutti i concorrenti,
disponendo la riapertura dei termini per le
sole imprese partecipanti alla prima
procedura di gara, invitandole a presentare
istanza di partecipazione alla gara da
ultimo indetta con modalità conformi al
relativo bando
(parere
20.11.2008 n. 248 -
link
a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che, per
gli appalti il cui corrispettivo è calcolato
a corpo ovvero parte a corpo e parte a
misura, l’articolo 53, comma 4, del decreto
legislativo n. 163 del 2006 (nel testo
vigente al momento della pubblicazione del
bando di gara) dispone che, per le
prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non
può essere modificato sulla base della
verifica della quantità o della qualità
della prestazione. Per le prestazioni a
misura, invece, il prezzo convenuto può
variare, in aumento o in diminuzione,
secondo la quantità effettiva della
prestazione.
Inoltre, l’articolo 90, comma 1, del D.P.R.
n. 554/1999 specifica che, in caso di
aggiudicazione al prezzo più basso con il
metodo dell’offerta a prezzi unitari, è
predisposta la lista delle lavorazioni e
forniture previste per l’esecuzione
dell’opera o dei lavori, composta da sette
colonne ove sono riportati, per ogni
lavorazione e fornitura, nella prima colonna
il numero di riferimento dell’elenco delle
descrizioni delle varie lavorazioni e
forniture individuate in progetto, nella
seconda colonna la descrizione sintetica
delle varie lavorazioni e forniture, nella
terza colonna le unità di misura, nella
quarta colonna il quantitativo previsto in
progetto per ogni voce.
L’articolo 90, comma 2, del citato
Regolamento stabilisce, altresì, che nella
quinta e nella sesta colonna siano riportati
i prezzi unitari offerti per ogni
lavorazione e fornitura espressi,
rispettivamente, in cifre e in lettere e
nella settima colonna i prodotti dei
quantitativi risultanti dalla quarta colonna
per i prezzi indicati nella sesta. Il prezzo
complessivo offerto, rappresentato dalla
somma di tali prodotti, è indicato dal
concorrente in calce al modulo stesso,
unitamente al conseguente ribasso
percentuale rispetto al prezzo complessivo
posto a base di gara, da indicare in cifre
ed in lettere.
Precisato il quadro normativo di
riferimento, per quanto attiene al caso di
specie si rileva che la “lista delle
lavorazioni per offerta a prezzi unitari”
relativa al “Progetto esecutivo variante 2°
lotto funzionale”, così come descritta nel
disciplinare di gara (punto b) tra i
documenti che devono essere contenuti, a
pena di esclusione, nella busta “B-Offerta
economica”, appare conforme nelle linee
generali alle suddette prescrizioni.
In particolare si ritiene che la previsione
contenuta nel disciplinare, secondo cui “in
calce all’ultima pagina della lista è
indicato il prezzo globale offerto,
rappresentato dalla somma dei prodotti
riportati nella settima colonna ed il
conseguente ribasso percentuale rispetto al
prezzo posto a base di gara. Il prezzo
globale ed il ribasso sono espressi in cifre
ed in lettere e vengono riportati nella
dichiarazione” sia tale da determinare
la legittimità delle offerte presentate.
Si ritiene opportuno, tuttavia, richiamare
la stazione appaltante, in primo luogo, ad
una maggiore attenzione nella qualificazione
delle lavorazioni come “a corpo” o “a
misura”, ferma restando la discrezionalità
tecnica e la conseguente responsabilità del
progettista. Nello specifico, sarebbe
risultata più opportuna, in relazione alle
“Barre lineare a led”, l’indicazione “a
misura” piuttosto che “a corpo” (Articolo
NPE-23 e 24); mentre nel caso del “Quadro
elettrico di distribuzione per impianti”,
indicato “a misura” nella lista delle
lavorazioni, sarebbe risultata più consona
l’indicazione “a corpo” (Articolo NPE-01).
In secondo luogo, si ritiene di richiamare
la stazione appaltante ad una più corretta
distinzione delle lavorazioni a corpo da
quelle a misura anche da un punto di vista
strettamente formale, da attuare mediante
una netta separazione grafica all’interno
della lista delle lavorazioni.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti
di cui in motivazione, l’aggiudicazione
provvisoria disposta in favore dell’impresa
Chianese s.r.l. è conforme alla normativa di
settore
(parere
20.11.2008 n. 247 -
link
a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
La questione oggetto del presente
procedimento risulta poco chiara in punto di
fatto, pertanto, al fine di stabilire se la
disposta esclusione sia conforme o meno alla
normativa vigente, occorre, in via
preliminare, ricostruire la vicenda in
ordine temporale e le relative discipline
che si sono succedute.
Il bando di gara, come rappresentato è stato
pubblicato in data 16.01.2008, e dunque
sotto la vigenza della Deliberazione
dell’Autorità del 10.01.2007. Ai sensi di
detta Deliberazione il contributo alle gare
doveva essere versato a partire da un
importo posto a base di gara fissato in euro
150.00,00. Nelle istruzioni presenti nelle
risposte ai quesiti frequenti pubblicate sul
sito internet dell’Autorità era previsto che
“nel caso in cui con un’unica gara si
intenda assegnare contemporaneamente più
lotti, sia la stazione appaltante che le
imprese versano il contributo in base
all’importo complessivo di gara anche se
partecipano per l’aggiudicazione di alcuni
lotti; ove la fornitura o il servizio
vengano acquisiti per lotti successivi e per
ogni lotto si abbia una gara diversa, la
stazione appaltante e le imprese eseguono il
versamento in ragione dell’importo di quella
specifica gara”. Pertanto, sulla base di
tali istruzioni, gli operatori economici che
partecipavano a procedure di gara per
l’affidamento di servizi e forniture, pur
presentando l’offerta relativamente ad
alcuni lotti, erano tenuti a versare il
contributo per l’importo totale della gara.
Il Disciplinare della gara predisposto
dall’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio
di Agrigento, si discosta da tali
istruzioni, prevedendo il versamento del
contributo sulla base del valore dei lotti
cui l’impresa partecipa e disponendo
all’art. 8 quanto segue “l’importo di
euro 30.00 nel caso in cui la ditta
partecipante presenti offerta per più lotti
i cui importi complessivamente superano la
somma di euro 150.000,00; in caso contrario
non è dovuto alcun versamento”.
Successivamente, secondo quanto
rappresentato, la stazione appaltante ha
rettificato l’importo da versare in euro
20,00. Tale rettifica ha indotto la Novico
S.p.A. a ritenere che fosse applicabile la
nuova Deliberazione dell’Autorità del
24.01.2008 in vigore dal 1° febbraio 2008 e
pertanto a non versare affatto il
contributo.
Sul punto occorre chiarire che il mancato
versamento del contributo da parte della
Novico S.p.A. è giustificabile non sulla
base della nuova Deliberazione
dell’Autorità, che nulla ha disposto in
merito al versamento in relazione ai singoli
lotti (bisognerà aspettare infatti la
successiva Deliberazione 30.07.2008 che ha
previsto che “gli operatori economici che
partecipano a uno o più lotti devono versare
il contributo per ogni singolo lotto in
ragione del relativo importo”), ma sulla
lex specialis di gara che aveva introdotto
un canone interpretativo diverso da quello
dettato dall’Autorità.
In particolare, da quanto emerge
dall’istruttoria, la Novico S.p.A. ha
presentato offerta relativamente a quei
lotti il cui ammontare totale è inferiore a
150.000,00 euro. In particolare, secondo
quanto risulta dai verbali di gara la
società ha presentato l’offerta per i lotti
1 – 2 – 7 – 8 i cui corrispondenti importi
triennali, secondo quanto previsto dall’art.
1 del disciplinare di gara, sono: lotto 1:
euro 4.050,00; lotto 2: euro 9.900,00; lotto
7: euro 122.165,10; lotto 8: euro 9.090,00.
Essendo la somma degli importi dei lotti cui
la società istante ha presentato l’offerta
inferiore a euro 150.000,00, ai sensi del
sopracitato art. 8 del disciplinare di gara,
la Novico S.p.A. non era tenuta a versare il
contributo.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione dell’istante dalla gara non è
conforme alla lex specialis di gara
(parere
20.11.2008 n. 246 -
link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Nel caso in esame il bando di gara prevede,
tra i requisiti di partecipazione, al punto
III.2.1.1. c), che non è ammessa la
partecipazione alla gara dei concorrenti per
i quali sussiste “l’esistenza dei piani
individuali di emersione di cui all’art.
1-bis, comma 14 della legge n. 383/2001”.
Il punto IV.3.1) del bando di gara dispone
che il disciplinare di gara deve dettare le
norme integrative “in ordine alle
modalità di partecipazione alla gara, alle
modalità di compilazione e presentazione
dell’offerta, ai documenti da presentare a
corredo della stessa ed alle procedure di
aggiudicazione dell’appalto, nonché i
documenti tecnico-amministrativi”. Il
punto 7 del disciplinare di gara relativo
alla documentazione amministrativa, oltre ad
indicare quali documenti devono essere
presentati nella Busta A (domanda di
partecipazione, dichiarazioni sostitutive ai
sensi del D.P.R. n. 445/2000 e attestazione
del sopralluogo), descrive nel dettaglio, in
applicazione del succitato punto IV.3.1) del
bando di gara, il contenuto che detti
documenti devono avere.
In particolare, con riferimento alla
dichiarazione sostitutiva descritta al punto
2, il disciplinare elenca tutte le
situazioni soggettive, che numera con
lettere dalla a) alla z), che il
partecipante alla gara è obbligato a
dichiarare. Nell’ambito di tali situazioni,
sono ricompresi anche tutti i requisiti di
partecipazione indicati al punto III.2.1.1)
del bando di gara, fatta eccezione per uno
solo, costituito proprio dalla dichiarazione
di cui alla lettera c) riferita
all’esistenza dei piani individuali di
emersione di cui all’art. 1-bis, comma 14,
della legge n. 383/2001 la cui omissione è
contestata alla S.I.C.E. S.r.l..
Dalle sopradescritte previsioni della
documentazione di gara, risulta evidente che
si è in presenza di un mancato coordinamento
tra le disposizioni del bando e quelle del
disciplinare di gara, il quale non ha
riportato tutte le prescrizioni del bando.
Tale omissione del disciplinare risulta
grave, in quanto è idonea ad indurre in
errore i partecipanti di gara.
Alla luce di quanto sopra, la richiesta di
regolarizzazione documentale decisa dalla
commissione di gara è da ritenersi corretta
e conforme ai principi di favor
partecipationis, e non si risolve in una
violazione della par condicio nei confronti
di quelle imprese concorrenti, che abbiano,
invece, rispettato la disciplina prevista
dalla lex specialis di gara data
l’equivocità della documentazione di gara.
E’ principio noto, infatti, che le stazioni
appaltanti, nel predisporre gli atti di una
gara d’appalto, hanno l’onere di indicare
con estrema chiarezza i requisiti richiesti
alle imprese partecipanti, onde evitare che
il principio di massima concorrenza tra le
stesse imprese, cui si correla l’interesse
pubblico all’individuazione della migliore
offerta, possa essere in concreto vanificato
da clausole equivoche non chiaramente
percepibili dai soggetti partecipanti.
Pertanto, le disposizioni con le quali siano
prescritti particolari adempimenti per
l’ammissione alla gara, ove indichino in
modo equivoco taluni dei detti adempimenti,
vanno interpretate nel senso più favorevole
all’ammissione degli aspiranti,
corrispondendo all’interesse pubblico di
assicurare un ambito più vasto di
valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione
alle condizioni migliori possibili (cfr. per
tutti Pareri dell’Autorità 21.05.2008 n.
167; 23.04.2008 n. 126 e Cons. Stato, VI,
12.06.1992, n. 481).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’operato
della commissione di gara risulta conforme
al principio del favor partecipationis,
stante la poca chiarezza della
documentazione di gara
(parere
20.11.2008 n. 245 -
link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Il Disciplinare della gara in oggetto
prescrive al paragrafo 4.1 che
«unitamente all’offerta […] devono essere
prodotte, a pena di esclusione, le seguenti
dichiarazioni rese anche congiuntamente
[...] attestanti quanto segue: […] 2.
l’inesistenza delle cause di esclusione di
cui all’art.38 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163
e cioè: a) […]; m-bis)» e il bando, al
paragrafo VI.3, sanziona con l’esclusione
dalla procedura di gara «la mancata
presentazione anche di una sola delle
dichiarazioni di cui ai paragrafi […] 4.1
[…] del Disciplinare di gara».
Ora, l’impresa I.C.E.I. Srl ha presentato
una parziale dichiarazione sostitutiva
relativa ai requisiti di cui all’art. 38,
comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.,
indicando l’assenza solo delle cause di
esclusione dalla lettera a) alla lettera m),
omettendo la dichiarazione relativa al
requisito di cui all’art.38, comma 1,
lettera m-bis).
L’art. 38 del Codice dei contratti pubblici
disciplina i c.d. requisiti di ordine
generale, il cui mancato possesso comporta
l’esclusione dalla partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti di lavori, forniture e
servizi. La disposizione in esame è stata
novellata ad opera del D.Lgs. 31.07.2007 n.
113, che ha aggiunto nel primo comma
dell’art. 38 del Codice la lettera m-bis),
secondo cui sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti, né
possono essere affidatari di subappalti, né
possono stipulare i relativi contratti i
soggetti «nei cui confronti sia stata
applicata la sospensione o la decadenza
dell'attestazione SOA per aver prodotto
falsa documentazione o dichiarazioni
mendaci, risultanti dal casellario
informatico».
La ratio della norma si ravvisa
nell’esigenza di precludere la
partecipazione alle gare degli operatori
economici che si siano resi responsabili di
false dichiarazioni o false informazioni ai
fini del conseguimento della qualificazione,
con la conseguente adozione della misura
della sospensione o della revoca
dell’attestazione Soa.
Inoltre, la disposizione dell’art. 38, comma
1, lettera m-bis), del Codice dei contratti
pubblici è chiaramente richiamata nella
clausola del disciplinare della gara in
oggetto che richiede, espressamente a pena
di esclusione, l’autocertificazione anche
con riferimento al requisito della mancata
revoca o sospensione dell’attestazione Soa
per falso.
E non si può ritenere che la dichiarazione
resa dall’impresa circa l’assenza di
variazioni dell’attestazione Soa sia
equipollente alla omessa dichiarazione
relativa al requisito di cui alla lettera
m-bis). Invero, le variazioni attengono a
modifiche, ad esempio, delle categorie o
delle classifiche di uno specifico attestato
di qualificazione singolarmente individuato,
mentre la lettera m-bis) si riferisce a
tutti i casi di applicazione nei confronti
dell’operatore economico della misura
“sanzionatoria” della sospensione o della
revoca di un’attestazione Soa, per avere
prodotto falsa documentazione o reso
dichiarazioni mendaci.
Né appare corretto, come invece vorrebbe
argomentare l’impresa, ritenere esigibile
una verifica da parte della S.A. circa
l’eventuale adozione della misura della
sospensione o della revoca delle
attestazioni Soa presentate dai concorrenti.
A tale lettura osta, oltre al chiaro dettato
normativo, anche il principio generale
secondo cui, quando la normativa di gara
impone a carico delle imprese concorrenti
adempimenti formali previsti a pena di
esclusione, la lex specialis deve essere
applicata dall’amministrazione in modo
pedissequo ed uniforme, essendo inibito alla
stessa di valutare, dal punto di vista
sostanziale, la necessità di ulteriori
adempimenti. Infatti, in conformità alla
consolidata giurisprudenza amministrativa,
il formalismo che caratterizza la disciplina
delle procedure di gara risponde ad esigenze
pratiche di certezza e celerità, oltre che
alla necessità di garantire l’imparzialità
dell’azione amministrativa e la parità di
condizioni tra i concorrenti.
La S.A., pertanto, riscontrata l’assenza
della dichiarazione sostituiva da rendere a
pena di esclusione con l’indicazione di
tutte le fattispecie tassativamente
individuate dall’art. 38, comma 1, del
D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., così come
richiesto inequivocabilmente dagli atti di
gara, ha legittimamente escluso l’impresa
I.C.E.I. Srl.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti
di cui in motivazione, l’operato della S.A.
risulta essere conforme alla normativa
vigente di settore
(parere
20.11.2008 n. 244 -
link
a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla questione se gli appalti
pubblici possano essere affidati a società
miste in via diretta, o se occorra seguire
procedure di evidenza pubblica.
Sull'inammissibilità di una società mista
aperta o generalista cui affidare in via
diretta, dopo la sua costituzione, un numero
indeterminato di appalti o di servizi
pubblici.
In merito alla questione se gli appalti
pubblici possano essere affidati a società
miste in via diretta, o se occorra seguire
procedure di evidenza pubblica, la risposta
deve essere differenziata, occorrendo
distinguere l'ipotesi di costituzione di una
società mista per una specifica missione,
sulla base di una gara che abbia per oggetto
sia la scelta del socio che l'affidamento
della specifica missione, e l'ipotesi in cui
si intendano affidare ulteriori appalti ad
una società mista già costituita. Con
riferimento al primo caso, a seguito di una
complessa evoluzione, la giurisprudenza
nazionale (cfr. da ultimo Cons. St.,
ad.plen., 03.03.2008, n. 1; sez. V,
23.10.2007, n. 5587; sez. II, 18.04.2007, n.
456/2007) e comunitaria (cfr. Corte giust.
CE, sez. I, 11.01.2005, n. C-26/03) è
pervenuta alla conclusione che, nel rispetto
di precisi paletti, è sufficiente una unica
gara. Nel secondo caso (che caratterizza il
caso di specie), invece, occorre una gara
per l'affidamento degli appalti ulteriori e
successivi rispetto all'originaria missione.
Prima del d.lgs. n. 163 del 2006, si
preferiva la soluzione secondo cui,
limitatamente ai lavori e servizi specifici
e originari, per i quali fosse stata
costituita una società mista, fosse
sufficiente una sola procedura di evidenza
pubblica, e dunque bastasse quella
utilizzata per la scelta dei soci privati,
da intendersi come finalizzata alla
selezione dei soci più idonei anche in
relazione ai lavori e servizi da affidare
alla società. Tale soluzione è stata
sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163
del 2006 c.d. codice dei contratti pubblici.
Dispone infatti l'art. 32, co. 3, del d.lgs.
n. 163 cit., che le società miste non sono
tenute ad applicare le disposizioni del
medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a
seguire procedure di evidenza pubblica),
limitatamente alla realizzazione dell'opera
pubblica o alla gestione del servizio per i
quali sono state specificamente costituite,
se ricorrono le condizioni specificamente
indicate dalla norma. Ne discende che la
società mista opera nei limiti
dell'affidamento iniziale e non può ottenere
senza gara ulteriori missioni che non siano
già previste nel bando originario. Con
riferimento alla materia degli appalti e
delle concessioni in caso di partenariato
pubblico-privato, anche la Commissione
europea, con la comunicazione 05.02.2008, si
è mossa lungo la medesima traiettoria
argomentativa, affermando che sia
sufficiente una sola procedura di gara se la
scelta del partner oggetto di preventiva
gara è limitata all'affidamento della
missione originaria, il ché si verifica
quando la scelta di quest'ultimo è
accompagnata sia dalla costituzione del
partenariato pubblico privato istituzionale
(id est attraverso la costituzione di
società mista), sia dall'affidamento della
missione al socio operativo.
Non è dunque ammissibile una società mista
aperta o generalista cui affidare in via
diretta, dopo la sua costituzione, un numero
indeterminato di appalti o di servizi
pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.02.2009 n. 824 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In merito al difetto di
motivazione del parere negativo della
Commissione per la qualità architettonica ed
il paesaggio e sulla conseguente
illegittimità del provvedimento finale che a
quel parere ha fatto rinvio.
Come la giurisprudenza ha avuto occasione di
rilevare (v. TAR Campania, Salerno, Sez. II,
10.10.2006 n. 1635), l’insufficiente
motivazione di un parere si risolve in una
carenza procedimentale cui l’Amministrazione
è tenuta a rimediare con la richiesta di una
pronuncia integrativa dell’organo consultivo
o, se questo non è possibile, provvedendo in
sede di determinazione finale a chiarire le
ragioni del rigetto dell’istanza, onde
rendere comprensibile al privato l’iter
logico seguito, in ottemperanza alla regola
generale di cui all’art. 3 della legge n.
241 del 1990 (TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 11.02.2009 n. 36 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il concorrente ad una gara
d'appalto che intende avvalersi dei
requisiti di un altro soggetto deve produrre
il contratto di avvalimento.
Ai sensi dell'art. 49 D.L.vo n. 163/2006,
l'avvalimento di altro soggetto è
subordinato, tra l'altro, alla produzione
del contratto in virtù del quale l'impresa
ausiliaria si obbliga nei confronti del
concorrente a fornire i requisiti ed a
mettere a disposizione le risorse necessarie
per tutta la durata dell'appalto, per cui se
non è necessaria una particolare forma del
contratto di avvalimento comunque occorre
che un contratto del genere sia accertabile
e veritiero. Pertanto, nel caso di specie, è
legittima l'esclusione di un concorrente
dalla gara, che si avvaleva dei requisiti di
un altro soggetto, per non aver prodotto un
contratto del genere, atteso che il
disciplinare di gara, in conformità a quanto
previsto dal citato art. 49 del d.L.vo n.
163/2006, stabilisce che il concorrente può
avvalersi dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico ed
organizzativo di altro soggetto, ma in tal
caso è tenuto ad allegare alla propria
domanda di partecipazione, tra l'altro, in
originale o copia autentica, il contratto in
virtù del quale l'impresa ausiliaria si
obbliga nei confronti del concorrente a
fornire i requisiti ed a mettere a
disposizione le risorse necessarie per tutta
la durata dell'appalto (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 10.02.2009 n. 743 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il
potere regolamentare -in materia di
ubicazione delle antenne per la telefonia
mobile- non può spingersi fino ad impedire
–o a rendere eccessivamente onerosa– la
possibilità di installare impianti di
telefonia sul territorio comunale.
In base alla L.
22.02.2001 n. 36 si ammette che i Comuni
adottino misure programmatorie integrative
per la localizzazione degli impianti di cui
si discute, in modo tale da minimizzare
l’esposizione dei cittadini residenti ai
campi elettromagnetici, ma anche in
un’ottica di ottimale disciplina d’uso del
territorio (cfr. Cons. St., sez. VI,
03.06.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274;
10.02.2003, n. 673; 26.08.2003, n. 4841).
Al riguardo, la giurisprudenza ha tuttavia
chiarito che il potere regolamentare in
questione non può spingersi fino ad impedire
–o a rendere eccessivamente onerosa– la
possibilità di installare impianti di
telefonia sul territorio comunale
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2009 n.
733 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Non
è ammesso alcun sindacato dei Consiglieri
comunali sulla nomina degli assessori
comunali.
È noto come la giurisprudenza abbia
circoscritto la legittimazione dei
consiglieri comunali ad impugnare gli atti
dell’organo di cui fanno parte entro limiti
ben precisi, connaturati alla posizione
dagli stessi rivestita ed alla natura del
giudizio amministrativo.
In particolare, atteso che il giudizio
amministrativo non è nella normalità dei
casi deputato a risolvere controversie tra
organi appartenenti ad uno stesso ente
ovvero tra i componenti di uno stesso
organo, un ricorso di singoli consiglieri
contro l’amministrazione di appartenenza può
ipotizzarsi soltanto allorché vengano in
rilievo atti incidenti in via diretta sul
diritto all’ufficio dei medesimi e quindi
sul diritto spettante alla persona fisica
investita della carica di consigliere (C.S.,
sez. V 15.12.2005 n. 7122, TAR Toscana sez.
I 28.06.2006 n. 2961, TAR Lombardia, Milano
17.10.2006 n. 2014). Pertanto, la
legittimazione dei componenti di un organo
collegiale dell’ente locale deve essere
ammessa in quelle ipotesi in cui vengono
dedotti vizi propri del subprocedimento di
deliberazione che si concretano in
violazioni procedurali direttamente lesive
del munus rivestito dal componente
dell’organo, quali irritualità della
convocazione, violazione dell’ordine del
giorno, difetto di costituzione del
collegio, ipotesi in cui si sostanzia la
violazione dello ius ad officium (TAR
Toscana sez. I, 28.06.2004 n. 23000, TAR
Lombardia Brescia, 14.05.2002 n. 857, TAR,
Umbria 22.11.2002 n. 847).
Deve rilevarsi come la riforma degli enti
locali abbia attribuito al Sindaco la nomina
e la revoca degli assessori comunali, di
talché la Giunta comunale, organo distinto e
separato dal Consiglio comunale (art. 36
d.lgs. 267/2000), costituisce emanazione del
Sindaco stesso e non già del Consiglio
comunale come avveniva precedentemente.
Con queste premesse, nel decreto di nomina
di un assessore non si ravvisa alcuna
violazione delle prerogative, dello
status e dello ius ad officium
del consiglieri comunali.
La nomina di un assessore, infatti,
quand’anche assunta in spregio delle norme
di legge o statutarie che la disciplinano
non interferisce in alcun modo con lo ius
od officium del Consigliere comunale che
potrà esercitare le proprie prerogative,
proponendo ad esempio una mozione di
sfiducia, per contrastare le scelte del
Sindaco.
Ammettere, quindi, un sindacato dei
Consiglieri comunali sulla nomina degli
assessori configurerebbe in capo a questi
una sorta di azione popolare inammissibile
nel nostro ordinamento in assenza di una
specifica norma legislativa che tale
possibilità consenta
(TAR Liguria, Sez. II,
sentenza 09.02.2009 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’individuazione
delle opere e dell’area di pertinenza della res abusiva non deve necessariamente
compiersi al momento dell’emanazione
dell’ingiunzione di demolizione, bensì in
quello successivo in cui viene accertata la
inottemperanza e si procede all’acquisizione
del bene al patrimonio del Comune.
I
provvedimenti che ordinano la demolizione di
manufatti abusivi sono sufficientemente
motivati con riferimento all’oggettivo
riscontro dell’abusività delle opere e
all’assoggettabilità di queste al regime
concessorio, non essendo necessario alcun
obbligo motivazionale con riferimento ad
eventuali ragioni di interesse pubblico.
Un costante, preciso orientamento
giurisprudenziale, cui la Sezione ancora una
volta ritiene di dover aderire, ha chiarito
che “l’individuazione delle opere e
del’area di pertinenza della res abusiva non
deve necessariamente compiersi al momento
dell’emanazione dell’ingiunzione di
demolizione, bensì in quello successivo in
cui viene accertata la inottemperanza e si
procede all’acquisizione del bene al
patrimonio del Comune” (cfr. questa
Sezione 22/02/1996 n. 159; idem 04/02/1995
n.3; TAR Campania Sez. IV 21/09/2002 n. 5429;
TAR Puglia Lecce Sez. III 04/06/2004 n.
3371).
Come più volte
sancito in giurisprudenza i provvedimenti
che ordinano la demolizione di manufatti
abusivi sono sufficientemente motivati con
riferimento all’oggettivo riscontro
dell’abusività delle opere e
all’assoggettabilità di queste al regime
concessorio, non essendo necessario alcun
obbligo motivazionale con riferimento ad
eventuali ragioni di interesse pubblico (cfr.
TAR Campania Sez. VI 10/11/2005). In
particolare, poi, è stato statuito che la
natura vincolata dell’ordine di demolizione
e il carattere di illecito permanente
dell’abuso fanno sì che non si rende
necessario esternare una motivazione in
ordine all’interesse pubblico anche quando
la sanzione è adottata a distanza di anni
dalla realizzazione delle opere (vedi TAR
Campania Sez. IV 24/09/2002 n. 5556)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.02.2009 n. 218 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Formalità della comunicazione
sulle modifiche di un bando di un concorso
in atto.
Le eventuali
modifiche o integrazioni apportate ad un
concorso pubblico dopo l’emanazione del
bando originario, ai fini della legittimità
della procedura, non devono essere
comunicate personalmente ai partecipanti, ma
è sufficiente la pubblicazione, nelle stesse
forme previste per la comunicazione
dell’originario bando di concorso
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 05.02.2009 n. 638 - link
a www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Non è legittima l'elargizione del
compenso incentivante per la produttività in
modo indistinto e sulla base della sola
presenza in servizio del personale.
L’art. 30 del
d.P.R. n. 347 del 1983 stabilisce che i
compensi incentivanti in favore degli
impiegati siano erogati sulla base della
preventiva formulazione di specifici
programmi di attività delle singole unità
organiche e della successiva attività di
valutazione del risultato globale realizzato
da ciascuna di esse, nonché dell’apporto
individuale di ogni impiegato al
raggiungimento del risultato stesso; non è
legittima, dunque, l’elargizione
dell’erogazione in modo indistinto e sulla
base della sola presenza in servizio del
personale (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic.,
23.10.1998, n. 626); ciò è, del resto,
conforme alla ratio dell’istituto
dell’incentivazione, che -mirando a
conseguire l’efficienza dei servizi e ad
elevare il livello di produttività- mal
tollererebbe una distribuzione “a pioggia”
di emolumenti.
Va osservato, altresì, che l’art. 8 del
d.P.R. n. 333 del 1990 esclude expressis
verbis la possibilità di erogazione
generalizzata dei compensi incentivanti
collegata solo alla presenza, ribadendo anzi
la necessità di correlare la misura degli
incentivi ad una valutazione delle singole
prestazioni da effettuare (in mancanza di
specifici parametri) tenendo conto dei
risultati conseguiti rispetto ai programmi
ed ai progetti-obiettivo predisposti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 05.02.2009 n. 617 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di un
affidamento diretto di un servizio pubblico
a favore di una società il cui capitale è
interamente pubblico, in quanto lo statuto
di quest'ultima non garantisce in via certa
e permanente l'incedibilità a privati delle
azioni.
E' illegittimo l'affidamento diretto del
servizio di trasporto pubblico locale a
favore di una società il cui capitale
sociale è interamente posseduto dallo stesso
Comune, in quanto lo statuto di quest'ultima
non garantisce, infatti, in via certa e
permanente l'incedibilità a privati delle
azioni.
Nel caso in cui, infatti, nel corso della
durata di un rapporto di concessione sorto
per affidamento diretto muta la compagine
sociale dell'affidatario (con l'ingresso
anche minoritario di privati) ciò comporta
la vulnerazione dei principi sanciti dal
Trattato in materia di concorrenza.
Pertanto, la proprietà pubblica della
totalità del capitale sociale, oltre a dover
sussistere nel momento genetico del
rapporto, non solo deve permanere per tutta
la durata del rapporto ma deve anche essere
garantita da appositi e stabili strumenti
giuridici, quali il divieto di cedibilità
delle azioni posto ad opera dello statuto.
Il possesso dell'intero capitale sociale da
parte dell'ente pubblico, pur astrattamente
idoneo a garantire il controllo analogo a
quello esercitato sui servizi interni, perde
tale qualità se lo statuto della società
consente che una quota di esso, anche
minoritaria, possa essere alienata a terzi
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 03.02.2009 n. 591 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L’eccessiva
onerosità del prezzo indicato nell'offerta
risultata aggiudicataria provvisoria
costituisce grave motivo di interesse
pubblico tale da giustificare il diniego di
approvazione dell'aggiudicazione definitiva.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva, specie in mancanza di risorse
finanziarie; circostanza, questa, già idonea
di per sé ad integrare una motivazione
congrua e sufficiente alla stregua dei
principi fondamentali del corretto
svolgimento dell’azione amministrativa ex
art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura
finanziaria di contabilità pubblica di ogni
provvedimento comportante una spesa,
riconducibile all’art. 81 Cost. (cfr., Cons.
St., sez. IV, 31.05.2007 n. 2838, nonché
cit. Cons. St., sez. IV, n. 1457/2003)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 526 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: L’accertata
illegittimità del provvedimento
amministrativo non integra di per sé gli
estremi della condotta colposa, cui
ricollegare automaticamente l’obbligo
risarcitorio.
Secondo il consolidato indirizzo
giurisprudenziale, l’accertata illegittimità
del provvedimento amministrativo non integra
di per sé gli estremi della condotta
colposa, cui ricollegare automaticamente
l’obbligo risarcitorio, dovendosi prendere
in considerazione, a tal fine, il
comportamento complessivo degli organi che
sono intervenuti nel procedimento, il quadro
delle norme rilevanti ai fini dell’adozione
della statuizione finale, la presenza di
possibili incertezze interpretative in
relazione al contenuto prescrittivo delle
disposizioni medesime (cfr. da ultimo: Cons.
Stato, Sez. IV, 24.12.2008 n. 6538)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.01.2009 n. 516 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Il
consigliere comunale ha diritto di accedere
alle registrazioni audio delle sedute
consiliari.
Il Collegio osserva che il ricorrente, in
quanto consigliere comunale, ha un diritto
di accesso più esteso e più tutelato di
quello spettante alla generalità dei
cittadini.
Viene in considerazione l’art. 43, comma 2,
del t.u. n. 267/2000, a norma del quale «i
consiglieri comunali e provinciali hanno
diritto di ottenere dagli uffici,
rispettivamente, del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti
dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato».
L’accesso dei consiglieri comunali, dunque,
non è strettamente limitato agli atti
qualificabili come “documento
amministrativo” in senso stretto.
E’ vero che la registrazione audio non è
richiesta dalla legge e neppure dal
regolamento consiliare, ma se di fatto gli
uffici comunali vi provvedono, non si vede
per quale ragione le registrazioni non
debbano essere messe a disposizione dei
membri del consiglio.
Non si può certo dire che si tratti di
materiale segreto o comunque riservato,
giacché le discussioni del consiglio
comunale di norma sono pubbliche. Ma, anche
in quei casi particolari in cui esse si
svolgono a porte chiuse il segreto, per
ovvie ragioni, non è opponibile ai membri
del consiglio (i quali semmai saranno essi
stessi tenuti al segreto verso i terzi, come
previsto dall’art. 43, cit.).
Non si può neppure negare che i consiglieri
comunali abbiano un apprezzabile interesse
ad avere accesso alle registrazioni, se non
altro per poter verificare la correttezza
della verbalizzazione ufficiale, prima di
approvarla; ma anche, e più in generale, per
poter disporre di una documentazione più
completa ed accurata.
Si può dunque concludere, sul punto, che il
Comune dovrà consentire al ricorrente
l’ascolto delle registrazioni, all’interno
della sede comunale – salvo il dovere
dell’interessato di osservare il segreto
d’ufficio ove ne sia il caso.
Tuttavia il ricorrente chiede di avere la
«traduzione cartacea e/o digitale» delle
registrazioni.
Per questa parte, il ricorso non può essere
accolto, perché la “traduzione” (rectius,
trascrizione) è un’attività ulteriore,
complessa e dispendiosa, che il Comune non è
tenuto ad effettuare. Potrà, semmai,
chiedere che gli venga consentito
provvedervi a propria cura e spese.
Resta nella disponibilità e nella
discrezionalità del consiglio comunale
disporre che si proceda regolarmente a tali
trascrizioni, ed eventualmente che esse
vengano rilasciate in copia ai consiglieri
(TAR Umbria,
sentenza 30.01.2009 n. 21 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Al fine di escludere la necessità
della concessione edilizia la precarietà
della costruzione va desunta dalla funzione
assolta dal manufatto e non dalla struttura
o dalla qualità dei materiali usati.
Per costante giurisprudenza, al fine di
escludere la necessità della concessione
edilizia –ora permesso di costruire–, la
precarietà della costruzione va desunta
dalla funzione assolta dal manufatto, non
dalla struttura o dalla qualità dei
materiali usati, essendo in ogni caso
subordinata al previo titolo abilitativo
l’opera destinata a dare un’utilità
prolungata nel tempo (v., ex multis, Cons.
Stato, Sez. V, 28.03.2008 n. 1354).
Non è dunque significativo che il manufatto
sia solo aderente al suolo e non anche
infisso allo stesso, se alteri tuttavia in
modo rilevante e duraturo lo stato del
territorio, e cioè non si traduca in un uso
oggettivamente preordinato a soddisfare
esigenze del tutto contingenti e transitorie
(v., tra le altre, TAR Emilia-Romagna,
Parma, 19.02.2008 n. 102)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 27.01.2009 n. 22 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La nozione
urbanistica di pertinenza è assai più
ristretta di quella prevista dall’art. 817 cod.civ.,
essendo configurabile solo quando l’opera
non abbia un consistente ed autonomo impatto
sul territorio.
Nel caso di
costruzione, senza previo titolo
abilitativo, di un capanno per ricovero
attrezzi e di due tettoie per la copertura
di auto e per la conservazione di legna
(strutture in legno obiettivamente idonee a
determinare una duratura e rilevante,
ancorché non irreversibile, modificazione
dello stato dei luoghi) non si può parlare
di opere pertinenziali, in quanto la nozione
urbanistica di pertinenza è assai più
ristretta di quella prevista dall’art. 817
cod.civ., essendo configurabile solo quando
l’opera non abbia un consistente ed autonomo
impatto sul territorio (v., tra le altre,
TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II,
11.10.2007 n. 2286); e, in effetti, le
dimensioni dei manufatti oggetto della
controversia ne evidenziano la capacità di
alterare in modo significativo l’assetto del
territorio
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 27.01.2009 n. 22 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla necessità o meno di motivazione
sottesa all'ordine di demolizione di opere
abusive.
L’ingiunzione a demolire ex art. 7 della
legge n. 47 del 1985 si configura come atto
dovuto, per il quale non esiste uno
specifico obbligo di motivazione oltre la
descrizione dell’abuso commesso e la sua
identificazione oggettiva, salvi i casi
eccezionali di lunghissimo lasso di tempo
trascorso tra la realizzazione dell’opera
abusiva e l’adozione dell’ordine demolitorio
(v. Cons. Stato, Sez. IV, 06.06.2008 n.
2705)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 27.01.2009 n. 22 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Sulla
decadenza dall'impiego di un pubblico
dipendente che si assenta dal lavoro, senza
la preventiva autorizzazione dell'Ente di
appartenenza, per svolgere la propria
attività di rappresentante sindacale.
Il dipendente (pubblico) con qualifica di
rappresentante sindacale può assentarsi
dall’ufficio per svolgere la relativa
attività soltanto ed unicamente a seguito di
espressa autorizzazione, come da tempo
precisato dalla giurisprudenza (v. Cons.
Stato, Sez. VI, 03.07.1981, n. 349).
E' legittimo, quindi, il provvedimento di
decadenza dell'impiego per assenza
arbitraria da parte del rappresentante
sindacale che, avendo usufruito dei permessi
concessi in dipendenza dello svolgimento
della sua attività di rappresentante, non
abbia ripreso servizio nonostante i ripetuti
inviti dell'Amministrazione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.01.2009 n. 386 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Insidia: il Comune è responsabile
anche se appalta la manutenzione delle
strade.
L'affidamento
della manutenzione stradale in appalto ad
imprese esterne non vale ad escludere la
responsabilità del Comune committente nei
confronti degli utenti delle singole strade
a titolo di responsabilità per danni
cagionati da cose in custodia
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 23.01.2009 n. 1691 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
termine di 30 giorni entro il quale
l’amministrazione comunale può esercitare il
potere inibitorio in relazione alla denuncia
di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n.
380 del 2001 è da ritenersi perentorio.
E' ius receptum che la DIA prevista
dal testo unico edilizia (TUEd) rappresenti
autocertificazione della sussistenza delle
condizioni stabilite dalla legge per la
realizzazione dell’intervento: in merito ad
essa la PA svolge una eventuale attività di
controllo –nel termine di 30 giorni dalla
presentazione della DIA stessa– che è
prodromica e funzionale al formarsi (a
seguito del mero decorso del tempo) del
titolo legittimante l’inizio dei lavori.
Ora, il termine di 30 giorni entro il quale
l’amministrazione comunale può esercitare il
potere inibitorio in relazione alla denuncia
di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n.
380 del 2001 è da ritenersi perentorio, sia
per la certezza dei rapporti giuridici, sia
perché la norma introduce nella peculiare
fattispecie normativa (realizzazione di
impianti di energia rinnovabile) una duplice
limitazione temporanea: da un lato, allo
jus aedificandi, che è facoltà attinente
al diritto di proprietà; dall’altro lato,
alla libera iniziativa privata in materia di
attività energetica (art. 1, comma 2, legge
n. 239 del 2004). Pertanto, detta
limitazione temporanea non può che avere
carattere perentorio, non potendo lasciarsi
al mero arbitrio dell’amministrazione la
disponibilità dei diritti sopra indicati,
costituzionalmente garantito. Ove, pertanto,
dopo la presentazione della denuncia di
inizio attività decorra infruttuosamente il
termine di 30 giorni previsto, la
conseguenza che da ciò deriva è la
formazione dell’autorizzazione edilizia
implicita (cfr., in termini, TAR Abruzzo
L'Aquila, 08.06.2005, n. 433).
Prima la giurisprudenza e poi il legislatore
(legge n. 80 del 2005) hanno inoltre
stabilito che, una volta decorsi i termini
previsti dall’art. 23 TUED,
all’amministrazione residua unicamente
l’attivazione del procedimento di autotutela
secondo i criteri ed i parametri stabiliti
al riguardo dagli artt. 21-quinquies e
21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Secondo lo schema delineato dall’art. 23
TUED non è consentita la inibitoria
dell’intervento che si intende realizzare se
non per la riscontrata assenza di una o più
delle condizioni stabilite dalla normativa
vigente al momento della scadenza dei
termini previsti per la formazione del
titolo edilizio, senza poter mai invocare al
medesimo fine atti regolamentari che allo
stato risultano solo in corso di
predisposizione
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 15.01.2009 n. 59 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
favor legislativo per le fonti rinnovabili
si riverbera sulla possibilità di installare
gli impianti fotovoltaici anche in zona
agricola.
E’ infondata la
censura relativa all’assenza, in capo al
Comune, del potere di disciplinare la
realizzazione e, più in particolare,
l’ubicazione degli impianti di energia
rinnovabile.
Il favor legislativo per le fonti
rinnovabili, che si riverbera tra l’altro
sulla possibilità di installare gli impianti
suddetti anche in zona agricola, non è
infatti senza limiti.
Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 12, comma
7, del decreto legislativo n. 387 del 2003,
i Comuni possono certamente prevedere,
nell’esercizio della propria discrezionalità
in materia di governo del territorio, aree
specificamente destinate o meno a tal fine.
La disposizione citata sottintende proprio
tale potere, laddove prevede che “nell’ubicazione
si dovrà tenere conto delle disposizioni in
materia di sostegno nel settore agricolo,
con particolare riferimento alla
valorizzazione delle tradizioni
agroalimentari locali, alla tutela della
biodiversità, così come del patrimonio
culturale e del paesaggio rurale” (cfr.
TAR Umbria, 15.06.2007, n. 518).
Emerge dunque come le amministrazioni
comunali, nel favorire l’installazione di
impianti di energia pulita, conservino in
ogni caso un certo potere discrezionale teso
a disciplinare –se del caso anche mediante
atti regolamentari a carattere generale,
come nella specie– il corretto inserimento
di tali strutture nel rispetto dei
fondamentali valori della tradizione
agroalimentare locale e del paesaggio rurale
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 15.01.2009 n. 59 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
carattere di precarietà di una costruzione,
ai fini edilizi, non va desunto dalla
eventualmente facile e rapida rimovibilità
dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso
del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto
che la costruzione appaia destinata a
soddisfare una necessità contingente ed
essere, poi, prontamente rimossa.
Nemmeno è sufficiente ad attribuire il
carattere di precarietà ai fini
dell’esenzione dalla concessione edilizia,
il fatto che si tratti di manufatto
smontabile e non fisso al suolo.
Il carattere di precarietà di una
costruzione, ai fini edilizi, non va desunto
dalla eventualmente facile e rapida
rimovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più
o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma
dal fatto che la costruzione appaia
destinata a soddisfare una necessità
contingente ed essere, poi, prontamente
rimossa (TAR Campania, Napoli, sez. IV
01.08.2008 n. 9710; TAR Pescara, Abruzzo,
04.06.2008 n. 558), a nulla rilevando la
circostanza che l’impiego del bene sia
circoscritto ad una parte sola dell’anno
(TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I
19.02.2008 n. 102; 22.01.2008 n. 35; TAR
Basilicata, Potenza, sez. I 27.06.2008 n.
337; TAR Lombardia, Milano, sez. II
04.12.2007 n. 6544; 23.11.2006 n. 2834; TAR
Sicilia, Palermo, sez. I 08.07.2002 n.
1936).
Nemmeno è sufficiente ad attribuire il
carattere di precarietà ai fini
dell’esenzione dalla concessione edilizia,
il fatto che si tratti di manufatto
smontabile e non fisso al suolo (cfr. TAR
Umbria, 21.08.2003 n. 692), così come il
carattere stagionale non implica precarietà
dell’opera ben potendo essere la stessa
destinata a soddisfare un bisogno non
provvisorio ma regolarmente ripetibile (cfr.
Cass. Penale sez. III 19.02.2004 n. 11880)
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 19 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Gli
atti di repressione degli abusi edilizi non
devono necessariamente essere preceduti da
una comunicazione di avvio del relativo
procedimento.
Nel caso di un abuso edilizio
sussiste a
carico del proprietario dell'immobile una
presunzione di responsabilità dell'abuso
edilizio accertato, cui egli può sottrarsi
solo dimostrando la sua estraneità all’abuso
commesso da altri.
Gli atti di
repressione degli abusi edilizi non devono
necessariamente essere preceduti da una
comunicazione di avvio del relativo
procedimento (cfr. ex multis: TAR Lazio,
Latina, 29.08.2008 n. 1004; C. di Stato sez.
VI 07.07.2008 n. 3351; TAR Campania,
Napoli, sez. IV, 18.04.2008 n. 2344;
01.08.2008 n. 9710; 08.07.2008 n.7798; TAR
Basilicata, Potenza, sez I 19.01.2008 n. 11,
TAR Toscana, Firenze , sez. III 07.07.2004
n. 2417; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez.
II n. 75/2001; n. 1060/2000 e n. 541/2000),
che è oggetto di una specifica ed esaustiva
disciplina normativa.
Peraltro, quando lo scopo partecipativo sia
stato in qualsiasi modo raggiunto, una
comunicazione formale all’avvio del
procedimento è superflua e la sua omissione
non rende mai illegittimo il provvedimento
(cfr. C. Stato sez. V 26.09.1995 n. 1364).
La giurisprudenza amministrativa è
prevalente nell’affermare che, a norma degli
artt. 6 e 7 L. 47/1985 sussiste, a carico
del proprietario, una presunzione di
responsabilità degli abusi edilizi
accertati, cui egli può sottrarsi solo
dimostrando la sua estraneità all’abuso
commesso da altri (cfr. ex multis: TAR
Toscana, Firenze, sez. III 07.07.2004 n.
2421; TAR Campania, Napoli, 04.02.2003 n.
614; TAR Piemonte, 13.11.2002 n. 1843; TAR
Emilia Romagna, Bologna, sez II n. 75/2001;
TAR Abruzzo, l’Aquila, 30.12.1994 n. 1026;
Cons. Stato, sez. V, n. 308/1993).
Ciò in quanto il proprietario trae comunque
beneficio dalla commissione dell’illecito
urbanistico anche se la costruzione è stata
realizzata da diverso soggetto (cfr. TAR
Toscana, 21.11.2000 n. 2345, TAR Abruzzo,
Pescara, 01.07.2000 n. 542; TAR Liguria,
sez. I, 18.01.1993 n. 10) (TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 14.01.2009 n. 19 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
E' legittimo un affidamento in
house anche nel caso di una partecipazione
esigua di un comune al capitale sociale di
una società affidataria di un servizio
pubblico.
Sulla verifica della sussistenza del
controllo analogo.
L'esiguità della partecipazione al capitale
di una società affidataria di un servizio
pubblico da parte di un comune non è di per
sé indice dell'impossibilità, per il comune,
di esercitare sulla predetta società il cd.
controllo analogo. Ed invero, nel caso di
specie, essendo statutariamente imposto che
società affidataria indirizzi la parte più
rilevante della propria attività alla
collettività degli Enti locali soci, è in
tal maniera soddisfatto uno dei due
requisiti che la costante giurisprudenza
della Corte di Giustizia CE richiede perché
si possa ammettere la configurazione di un
affidamento in house.
La verifica del controllo analogo non può
che effettuarsi sul piano dell'esistenza di
previsioni che conferiscano, agli Enti
aventi una partecipazione esigua alla
società affidataria, dei poteri di controllo
nell'ambito in cui si esplica l'attività
decisionale della società tramite gli organi
di questa: poteri che si esplichino non solo
in forma propulsiva, sub specie di proposte
da portare all'ordine del giorno di detti
organi, ma anche e principalmente di poteri
di inibizione di iniziative o decisioni che
contrastino con gli interessi dell'Ente
locale nel cui territorio si esplica il
servizio, quali rappresentati dall'Ente
stesso con le suindicate proposte. Occorre,
inoltre, che i predetti poteri inibitivi
siano esercitabili dall'Ente pubblico come
tale, a prescindere dalla misura della
partecipazione di esso al capitale della
società affidataria, ma per il semplice
fatto che l'Ente, nel cui territorio si
svolge il servizio, consideri le
deliberazioni o le attività societarie
contrastanti con i propri interessi ed abbia
per tal ragione il potere di paralizzare le
suddette deliberazioni e attività.
La giurisprudenza ha in particolare
rinvenuto l'esistenza del controllo analogo
in presenza di clausole, contenute nello
statuto societario e nel contratto di
servizio, attributive all'Ente locale
affidante delle seguenti prerogative, che
l'Ente stesso può esercitare, ai fini del
controllo sul servizio, indipendentemente
dalla quota di capitale posseduta:
- potere dell'Ente di effettuare nei
confronti dell'organo amministrativo
proposte di iniziative attuative del
contratto di servizio;
- diritto di veto sulle deliberazioni
assunte in modo difforme dal contenuto delle
proposte;
- diritto di recesso dalla società, con
revoca dell'affidamento del servizio,
qualora il Comune abbia diritto di far
valere la risoluzione o comunque lo
scioglimento del contratto di servizio,
nonché nel caso di violazione delle
competenze assembleari, quando cioè l'organo
amministrativo assuma iniziative rientranti
nelle competenze dell'assemblea senza
l'autorizzazione di questa.
A ciò si sono poi aggiunte la riserva
all'assemblea ordinaria del potere di
trattare argomenti inerenti a pretese o
diritti delle società sugli Enti locali
nascenti dal contratto di servizio e il
diritto di veto di ogni Ente locale
interessato sulle relative determinazioni.
Nel caso di specie, sussistono un complesso
di elementi sufficiente, per quantità ed
importanza, a configurare il cd. controllo
analogo e, per l'effetto, a far rientrare la
fattispecie stessa nell'in house providing,
essendo fuori discussione l'altro requisito
prescritto (cioè lo svolgimento, da parte
della società, della parte più importante
della propria attività con l'Ente o gli Enti
pubblici che ne detengono il capitale: Corte
di Giustizia CE, 17.07.2008, in C-371/05)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.12.2008 n. 5759 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA: Sulla
natura espropriativa o meno del vincolo di
PRG che destina un terreno ad edilizia
popolare.
In termini generali, è noto che non vanno
considerati espropriativi i vincoli che
importano destinazioni, anche di contenuto
specifico, realizzabili ad iniziativa
privata o promiscua, ovvero sia pubblica sia
privata, e non postulino di necessità
espropriazione o interventi ad esclusiva
iniziativa pubblica; a ben vedere, infatti,
detti vincoli non privano il contenuto del
diritto di proprietà ma si limitano a
imporre al titolare intenzionato a trarne le
relative utilità di seguire una data
procedura (così nella giurisprudenza di
questo Tribunale la sentenza 11.06.2007 n.
507; sul principio in generale si vedano poi
C.d.S. sez. IV 25.05.2005 n. 2718 e sez. V
06.10.2000 n. 5327)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.11.2008 n. 1699 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sul
concetto di pianificazione urbanistica
perequativa.
Com’è noto, in termini generali, si
definisce pianificazione urbanistica
perequativa la pianificazione la quale in
primo luogo conferisce un indice
edificatorio a tutti i suoli dell’area da
essa interessata, e quindi conferisce
diritti edificatori a tutti i proprietari di
essi; in secondo luogo prevede la autonoma
trasferibilità di detti diritti; da ultimo,
impone di edificare solo su determinate
aree, individuate per lo più nel corso della
fase attuativa, concentrando solo su di esse
i diritti generati da tutti gli altri suoli.
In tali termini, i proprietari che non
possono sfruttare in via diretta i diritti
relativi ai loro terreni, perché su di essi
non possono intervenire di loro iniziativa,
li possono cedere a terzi, incassando il
valore relativo.
Ciò posto, allora, un problema di
perequazione si pone solo assumendo appunto
che su una data area il proprietario, in
virtù di un vincolo preordinato
all’esproprio, non possa intervenire. Tale
premessa è stata però esclusa, poiché si è
affermato che nell’ambito ATR3 di cui si
tratta è possibile procedere anche per mezzo
di piano di iniziativa privata
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.11.2008 n. 1699 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Un parere interlocutorio non
esclude la configurabilità del silenzio
della p.a..
Il Comune che
ha dato inizio ad un procedimento, con la
convocazione anche di una apposita
conferenza di servizi, e che non è giunto
alla sua conclusione con l’adozione di un
provvedimento espresso, viola l’obbligo di
cui all’articolo 2 della l. n. 241/1990.
Non vale ad escludere l’illegittimità del
silenzio serbato dal Comune il fatto che nel
procedimento attivato dall’ente si riscontri
la presenza di un parere negativo, dal
momento che, se esso ha carattere
interlocutorio, non può surrogare il
necessario provvedimento finale, come
dispone l’articolo 2 della l. n. 241/1990
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 05.09.2008 n. 8118 -
link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Silenzio della p.a.: nessun
potere del giudice sull’istanza di esercizio
di potere discrezionale.
La possibilità
di pronunziarsi sulla fondatezza
dell’istanza ai sensi dell’art. 2 co. 5 L.
241/1990 non è obbligatoria («il giudice
amministrativo può conoscere della
fondatezza dell’istanza») e deve ritenersi
limitata ai casi in cui venga in rilievo
un'attività interamente vincolata della P.A.
che non postuli accertamenti valutativi
complessi e sempre che non sia prevalente il
profilo afferente alla sussistenza
dell’obbligo dell’amministrazione di
emettere una pronuncia esplicita sulla
domanda del privato.
Se si riconoscesse al giudice amministrativo
il potere di pronunciarsi in ogni caso sulla
fondatezza della pretesa fatta valere,
quindi anche nei casi di esercizio della
potestà discrezionale o nei casi in cui
l'attività vincolata comporti valutazioni
complesse, si finirebbe per ammettere una
completa sostituzione del giudice
all'Amministrazione, in contrasto sia con i
principi generali riguardanti i poteri del
giudice amministrativo, sia con la natura
semplificata del giudizio sul silenzio e
della decisione che deve definirlo e che
deve essere “succintamente motivata”, così
come prescrive il legislatore
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 11.08.2008 n. 1960 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è precaria una struttura
saldamente ancorata al terreno e che non è
destinata a soddisfare una necessità
contingente.
Come affermato in fattispecie analoga da
questa Sezione (cfr. 22.03.2007, n. 2725),
deve escludersi per la realizzazione di una
struttura, saldamente ancorata al terreno,
di rilevanti dimensioni, avente una propria
autonomia funzionale (struttura in
tubolari di ferro e plastica che ricopre
un’area di mq. 50 circa ed alta mt. 5 circa,
… ancorata al suolo mediante bullonatura;
per tale condizione e visto l’ingombro ha
caratteristica di inamovibilità e destinata
al gioco per bambini) il carattere della
precarietà del manufatto, sia per il sistema
fisso di ancoraggio al suolo, sia
–soprattutto- per il fatto che la
costruzione non è destinata a soddisfare una
necessità contingente (per essere, poi,
prontamente rimossa), ma durevole nel tempo.
Deve altresì escludersi la prospettata
natura pertinenziale (rispetto al locale di
ristorazione), trattandosi di struttura
chiaramente suscettibile di utilizzazione
autonoma e separata (cfr. questa Sezione,
08.06.2007, n. 6038); in definitiva, più che
un “intervento di ristrutturazione
edilizia”, appare configurabile, nel caso di
specie, un “intervento di nuova
costruzione”, in quanto non si è proceduto
alla trasformazione di un organismo edilizio
preesistente, ma alla costruzione ex novo di
un manufatto fuori terra, non pertinenziale,
ancorché avente carattere “leggero” (cfr.
art. 3, comma 1°, lett. e.5), D.P.R. n.
380/2001); si tratta comunque, in ogni caso,
di un intervento sempre subordinato a
permesso di costruire (come stabilito, in
relazione ad entrambe le ipotesi, dal
successivo art. 10, comma 1°, lett. a-c),
con conseguente applicabilità, in caso di
assenza di titolo edilizio, della disciplina
sanzionatoria prevista dall’art. 33 dello
stesso D.P.R.
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.08.2008 n. 9710 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non necessita
di congrua motivazione in ordine
all'attualità dell'interesse pubblico alla
rimozione dell’abuso il provvedimento che
ordina la demolizione di manufatti abusivi.
Il
provvedimento che ordina la demolizione di
manufatti abusivi è atto dovuto in presenza
di opere realizzate senza alcun titolo
abilitativo (fra le tante, C.d.S., VI,
28.06.2004, n. 4743) e, dunque, non
necessita di congrua motivazione in ordine
all'attualità dell'interesse pubblico alla
rimozione dell’abuso, il quale è in re
ipsa, consistendo nell’esigenza del
ripristino dell’assetto urbanistico violato
(T.A.R. Campania, sez. IV, 04.07.2001, n.
3071; 13.06.2002, n. 3485; 04.02.2003, n.
617; 20.10.2003, n. 12962);
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.08.2008 n. 9710 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’ordine
di demolizione di opera edilizia abusiva è
sufficientemente motivato con l’affermazione
dell’accertata abusività dell’opera.
Qualora sia trascorso molto tempo dalla
commissione dell’abuso, sicché nel privato
si sia ingenerata una posizione
d’affidamento, l’atto sanzionatorio deve
essere sorretto da una congrua motivazione
che indichi il pubblico interesse,
evidentemente diverso da quello al
ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
interesse privato.
L’ordine di demolizione di opera edilizia
abusiva è, in via generale, sufficientemente
motivato con l’affermazione dell’accertata
abusività dell’opera, salva l’ipotesi in
cui, per il lungo lasso di tempo trascorso
dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi
dell’inerzia dell’Amministrazione preposta
alla vigilanza, si sia ingenerata una
posizione d’affidamento nel privato; in tale
ipotesi l’atto sanzionatorio deve essere
sorretto da una congrua motivazione che,
avuto riguardo anche all’entità e alla
tipologia dell’abuso, indichi il pubblico
interesse, evidentemente diverso da quello
al ripristino della legalità, idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
interesse privato (Cons. St., sez. IV,
14.05.2007 , n. 2441).
Pur tuttavia, va anche ricordato che,
diversamente alla ipotesi sopra indicata, la
sanzione demolitoria costituisce l’ordinaria
e legittima reazione ordinamentale
all’accertata abusività di un’opera in un
territorio comunale sottoposto, nella sua
interezza, al vincolo paesaggistico (TAR
Campania, sede Napoli, sez. VI, 14.01.2008 ,
n. 173).
Per cui il Tribunale è dell’avviso che
nell’ipotesi di realizzazione di un’opera
edilizia in area sottoposta ad un vincolo
paesaggistico l’atto sanzionatorio di un
manufatto abusivo, sia pur realizzato da
tempo, è adeguatamente motivato con il solo
riferimento alla esistenza del predetto
vincolo, specie ove tale vincolo era
preesistente alla realizzazione dell’opera
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 04.06.2008 n. 558 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 16.02.2009 |
QUESITI & PARERI |
APPALTI: Partecipazione
impresa ad appalto pubblico.
Il Sindaco del Comune di XXX chiede se, in
presenza di contenzioso con una impresa in
materia di abusi edilizi e di lavori
pubblici, sia legittimo non ammettere a gara
l’impresa con cui si contende, pur avendo
quest’ultima i requisiti di legge per
partecipare ad appalti pubblici di lavori (Regione Piemonte,
parere n.
191/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Conflitto
di interessi.
Il sindaco del Comune di XXX riferisce che
si è proceduto ad aggiudicare con asta
pubblica un bene del patrimonio disponibile
e che l’aggiudicatario è figlia di
consigliere comunale dell’ente.
Tale circostanza ha indotto
l’amministrazione a ritenere provvisoria
l’aggiudicazione, in attesa di approfondire
il divieto posto dall’art. 1471 C.C. e la
sua applicabilità a prossimi congiunti, come
si desumerebbe dal parere n. 81/2007,
espresso da questo consulente (Regione Piemonte,
parere n.
183/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Conflitto
di interessi.
Il sindaco del Comune di XXX, riferisce che
ad un asta pubblica per la vendita di
terreno comunale ha partecipato,
aggiudicandosi il bene, una S.p.A., che
annovera tra gli amministratori della
società, con poteri di rappresentanza, un
consigliere comunale.
Il sindaco chiede se nel caso in ispecie
ricorra la disciplina di cui all’art. 1471
C.C. in tema di nullità dell’atto di vendita
del terreno comunale ed in caso di risposta
affermativa quali soluzioni possono
legittimamente suggerirsi (Regione Piemonte,
parere n.
180/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Recesso
contrattuale.
Il sindaco del Comune di XXX pone una serie
di questioni connesse al recesso
contrattuale.
In particolare, per un secondo lotto di
lavori relativi a rifacimento pavimentazione
di strade, piazze e arredo urbano nel borgo
storico, la popolazione ha testimoniato
forte opposizione per l’eccessiva rumorosità
al passaggio di autoveicoli, per le
difficoltà di movimento per le carrozzelle
di disabili e per le carrozzine degli
infanti, per le difficoltà di deambulazione
degli anziani.
Il sindaco chiede:
a) se le motivazioni espresse dalla
popolazione siano sufficienti per motivare
l’atto di recesso;
b) in caso di responsabilità contabile, chi
debba risponderne;
c) se eventuale referendum tra la
popolazione possa essere motivo di esimente
dalla responsabilità;
d) se una variante in corso d’opera,
superiore al 50% dell’importo contrattuale,
per sostituire la pietra di luserna con
altre tipologie di pavimentazione, sia
legittima o se, in ogni caso, bisogna prima
recedere dal contratto originario (Regione Piemonte,
parere n.
178/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI SERVIZI: Possibilità
gestione in economia di servizio appaltato.
Il sindaco del Comune di XXX, in riferimento
al servizio di raccolta e trasporto rifiuti
solidi urbani, chiede se sia possibile
espletare per un ente consorziato autonoma
gara d’appalto per l’affidamento della
gestione del servizio a terzi.
Il sindaco lamenta che il Consorzio di
bacino che opera nel territorio comunale ha
affidato, senza gara, a società pubblica, la
gestione del servizio e che, operando la
suddetta società in regime di monopolio,
senza un confronto concorrenziale, i costi
subiscono incrementi anomali non verificati
dal mercato, su semplice richiesta del
soggetto gestore.
Stante l’attuale crisi finanziaria degli
enti, il sindaco chiede se sia possibile
gestire autonomamente il servizio in oggetto (Regione Piemonte,
parere n.
135/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI: Applicabilità
art. 3, comma 59, legge finanziaria
24.12.2007.
Il Comune di XXX, con nota telematica del
19.05.2008, ha proposto un quesito a
proposito della applicabilità dell’art. 3,
comma 59, della legge finanziaria
24.12.2007, n. 244 (nullità dei contratti di
assicurazione con i quali un ente pubblico
assicuri propri amministratori per i rischi
derivanti dall'espletamento dei compiti
istituzionali connessi con la carica e
riguardanti la responsabilità per danni
cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la
responsabilità contabile) anche al caso di
polizza assicurativa stipulata dal Comune
che copra anche tali responsabilità, ma che
addebiti la quota di premio ascrivibile a
tale rischio ai singoli soggetti beneficiari (Regione Piemonte,
parere n.
89/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: Codice
contratti pubblici (valore dell’appalto).
Il sindaco della città XXX chiede
chiarimenti sull’art. 29 –comma 10– del
D.Lgs. n. 163/2006 –Codice dei contratti
pubblici– ed in particolare interroga sulle
modalità di calcolo per stimare il valore
dell’appalto (Regione Piemonte,
parere n.
71/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Gestione
area proprietà comunale.
Il sindaco del Comune XXX segnala che una
ditta privata ha richiesto la disponibilità
di una area di proprietà comunale al fine di
realizzare, mantenere e gestire un parco
eolico.
Il sindaco chiede se è necessario
predisporre bando di gara per verificare
l’interessamento di altre ditte al terreno o
se è possibile procedere con affidamento
diretto, negoziando con la ditta interessata
le condizioni contrattuali.
Nel quesito non vengono chiariti né i
profili urbanistici dell’operazione
(destinazione del terreno compatibile con
l’uso per il quale viene richiesto), né la
tipologia di contratto da assumere per
trasferire nella disponibilità del privato
l’area di proprietà comunale (Regione Piemonte,
parere n.
60/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Incarico
progettazione opere pubbliche.
Il Sindaco del Comune XXX richiama l’art. 3,
commi da 53 a 56 della legge 24.12.2007, n.
244 (Legge finanziaria 2008) e chiede se
tali disposizioni siano da applicare agli
incarichi di progettazione di opere
pubbliche e a quelli di redazione di piani
regolatori (Regione Piemonte,
parere n.
27/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Incentivo
alla progettazione interna.
Il Sindaco del Comune XXX chiede se sia
legittimo riconoscere l’incentivo per la
progettazione, disciplinato dall’art. 92 del
Codice appalti, anche in assenza totale di
prestazioni che rientrino nell’attività di
progettazione, nelle sue diverse fasi, del
piano di sicurezza, della direzione lavori e
del collaudo (Regione Piemonte,
parere n.
11/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 6
del 13.02.2009, "Linee guida per la
progettazione paesaggistica delle
infrastrutture della mobilità in
aggiornamento dei Piani di Sistema del Piano
Territoriale Paesistico Regionale (art.
102-bis, l.r. n. 12/2005)"
(deliberazione
G.R. 30.12.2008 n. 8837 -
link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 6
del 12.02.2009, "Direzione Centrale
Programmazione Integrata - Approvazione
degli schemi di dichiarazione e dei relativi
allegati in attuazione della d.g.r. del
03.12.2008 n. 8547 «Semplificazione
amministrativa in attuazione della l.r.
02.02.2007, n. 1, art. 5 - Semplificazione
dei procedimenti per l'avvio di attività
economiche - 3° provvedimento»"
(decreto
D.C. 02.02.2009 n. 790 - link a
www.infopoint.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 10.02.2009 n. 33 "Intesa, ai sensi
dell’articolo 8, comma 6, della legge
05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le
regioni, le province autonome di Trento e
Bolzano, le autonomie locali sugli
«indirizzi per prevenire e fronteggiare
eventuali situazioni di rischio connesse
alla vulnerabilità di elementi anche non
strutturali negli edifici scolastici»
(4.13/2008/19 CU). (Repertorio atti n. 7/CU
del 28 gennaio 2009)" (Conferenza
Unificata Stato-Regioni,
provvedimento
28.01.2009). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
Chiarimenti tecnici in riferimento
all'interpretazione della definizione di
“strati superficiali del sottosuolo” (C.R.A.
Consiglio per la Ricerca e la
sperimentazione in Agricoltura, Istituto
Sperimentale per la Nutrizione delle Piante,
nota 13.06.2005 n. 2976 di prot.
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Applicazione dei divieti di scarico di
acque reflue sul suolo e negli strati
superficiali del sottosuolo - Richiesta
parere applicazione decreto legislativo
152/1999 e successive modifiche ed
integrazioni (Ministero dell'Ambiente e
Tutela del Territorio,
parere 07.08.2002 n. 6983/TAI/DI/PRO di
prot. - link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. L. Vergine,
Nuovi orizzonti del diritto penale
ambientale? (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Fanizzi,
LE NOZIONI DI SUOLO E STRATI SUPERFICIALI
DEL SOTTOSUOLO AI FINI DEL DISPOSTO DI CUI
ALL’ART. 103 DEL TUA (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
R. Felici,
“Autodemolizione” di manufatto abusivo: via
di fuga o inutile pentimento?
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L. Magnani,
ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO: PROCEDIMENTO
DI PERIMETRAZIONE E COMPETENZE
AMMINISTRATIVE (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. G. Zamburlin,
Il concetto di zone boscate ai fini del
vincolo paesaggistico (http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI: TRASMISSIONE
DEI DATI RELATIVI AI CONTRATTI PUBBLICI DI
LAVORI, SERVIZI E FORNITURE NEI SETTORI
ORDINARI E SPECIALI DI IMPORTO SUPERIORE AI
150.000,00 € (link a www.mediagraphic.it). |
INCARICHI PROGETTUALI: Affidamento
incarichi professionali - Modalità per
importi inferiori a 100.000,00 €
(link a www.mediagraphic.it). |
ENTI LOCALI:
B. Spatola,
Le sponsorizzazioni nella P.A.
(link a www.diritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
G. Lentini,
Silenzio della pubblica amministrazione e
tutela dei cittadini (link a www.diritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
C. Ferro,
Il principio di buona fede nell’azione
amministrativa (link a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini,
Sul DURC richiesto dalla P.A.
(link a www.diritto.it). |
VARI: N.
Fabiano,
PEC (Posta Elettronica Certificata): il
legislatore italiano la rende obbligatoria
per professionisti ed imprese
(link a www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO: L.
Bragoli,
Il potere disciplinare nell'ambito del
rapporto di lavoro subordinato
(link a www.filodiritto.com). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI: Comune
di Lendinara (RO) - Parere in
tema di risorse finanziarie destinate alla
contrattazione decentrata integrativa, anche
alla luce delle novità introdotte dal D.L.
112/2008, come convertito con L. 133/2008,
in relazione al limite di cui all'art. 1,
comma 557 della L.F. 2007 (incidenza
percentuale delle spese di personale
rispetto al complesso delle spese correnti)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere 29.01.2009 n. 8
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: Parere
richiesto dal Sindaco del Comune di Mercato
Saraceno (FC) riguardante
"l'interpretazione della norma di
cui all'art. 3, comma 59, della legge
24.12.2007 (legge finanziaria 2008), nella
quale viene disposta la nullità dei
contratti con i quali un ente pubblico
assicura i propri amministratori per i
rischi derivanti dall'espletamento dei
compiti istituzionali, connessi con la
carica e riguardanti la responsabilità per
danni cagionati allo Stato o ad enti
pubblici, oltre alla responsabilità
contabile"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Emilia Romagna,
parere 27.01.2009 n. 3
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: Parere
richiesto dal Presidente della Regione
Emilia Romagna riguardante
"l'applicazione dell'art. 76, comma
4 del D.L. 25.06.2008 n. 112, convertito
con modificazioni nella legge 06.08.2008,
n 133, laddove si dispone che in caso di
mancato rispetto del patto di stabilità
interno nell'esercizio precedente è fatto
divieto agli enti di procedere ad assunzioni
di personale a qualsiasi titolo"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Emilia Romagna,
parere
27.01.2009 n. 2
- link a www.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI: Comune
di Marcon (TV) - Parere
in tema di conferimento di incarichi
esterni da parte degli enti locali (in
particolare di rappresentanza e difesa in
giudizio), alla luce delle novità introdotte
dall'art. 46 del DL. 25.06.2008, n. 112,
convertito nella legge 06.08.2008, n. 133
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere 21.01.2009 n. 7
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: Comune
di Rossano Veneto (VI) - Parere
in merito alla differibilità o meno
del rientro a tempo pieno del dipendente in
part-time ai fini del rispetto dei limiti di
spesa per il personale
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere 15.01.2009 n. 2
- link a www.corteconti.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Per quanto riguarda l’omessa allegazione del
documento attinente alla cantierizzazione,
occorre preliminarmente puntualizzare che
con la Determinazione n. 4 del 2001
l’Autorità ha chiarito che la
“cantierizzazione”, ove richiesta, è
attività posta a carico dell’appaltatore e
consiste nella redazione degli eventuali
documenti di interfaccia tra il progetto e
l’esecuzione, consentendo di coniugare le
esigenze progettuali con quelle di
realizzazione delle opere, nel rispetto
dell’autonomia imprenditoriale
dell’esecutore. In altri termini, la stessa
costituisce l’insieme di quelle attività e
relativi documenti (piani operativi, piani
di approvvigionamento e calcoli e grafici
delle opere provvisionali) che l’art. 35 del
D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e s.m. non prevede
facciano parte del progetto esecutivo. La
cantierizzazione non è, quindi, una
componente del progetto esecutivo e si
traduce nella produzione della
documentazione che l’appaltatore elabora per
tradurre le indicazioni e le scelte
contenute nel progetto in istruzioni e piani
operativi.
Ora, il bando di gara in oggetto individuava
specificamente, in modo chiaro ed inequivoco,
il contenuto dell’offerta tecnica,
prescrivendo, nel punto 2) “BUSTA B -
Offerta Tecnica, che la stessa “dovrà
contenere: documentazione descrittiva,
grafica, fotografica (a scelta del
concorrente) atta ad illustrare le varianti
migliorative proposte, con riferimento ai
materiali e alle corrispondenti
caratteristiche, ai sistemi, ai componenti,
agli impianti tecnologici, alla
organizzazione del cantiere”, richiedendo
inoltre la redazione della indicata
documentazione per ciascuno degli elementi
di cui è composta l’offerta tecnica
(iniziative promozionali in tema di
risparmio energetico; migliorie tecnologiche
ed impiantistiche sotto il profilo del
fabbisogno energetico dell’edificio;
interventi aggiuntivi o migliorativi in
ambito di risparmio e recupero di risorse
ambientali).
È di tutta evidenza che la S.A. ha
individuato in modo puntuale e vincolante
con una clausola della lex specialis, benché
non corredata dalla locuzione “a pena di
esclusione”, gli elaborati che costituiscono
contenuto obbligato dell’offerta tecnica e,
quindi, oggetto di valutazione da parte
della Commissione sulla base dei criteri
tecnici individuati nel bando ed è noto che
tutte le clausole del bando, ivi compresa
quella relativa alla documentazione
dell’offerta tecnica, devono valere (per il
principio della par condicio) in modo
uniforme per tutti i concorrenti, che
possono così contare su regole stabili
valide per tutti, a garanzia di una cornice
di certezza e di trasparenza competitiva
nell'applicazione delle clausole di gara.
Ne segue che, nel caso in esame,
l’incompletezza dell’offerta tecnica
costituisce una difformità rispetto al bando
di gara e, quindi, un vizio dell’offerta che
non consentiva alla stazione appaltante di
ammettere al procedimento di gara
l’offerente, a prescindere dal fatto che
l’organizzazione del cantiere fosse o meno
oggetto di attribuzione in senso stretto di
un punteggio.
Né può rilevare, in senso contrario, il
fatto che il bando non sanzioni
esplicitamente con l’esclusione la sopra
descritta incompletezza dell’offerta,
giacché la giurisprudenza amministrativa
(Cons. St., sez. V, nn. 7835 del 2003 e 226
del 2002) ha ripetutamente segnalato che
l’esclusione da una gara può essere disposta
anche in assenza di una esplicita previsione
nella lex specialis, qualora, in
applicazione del principio teleologico,
emerga che non è stata osservata una
clausola da ritenersi essenziale in quanto
rispondente ad un particolare interesse
della P.A., ravvisabile nel caso di specie
nella necessità di “contestualizzare” le
varianti migliorative proposte e di
avallarne la fattibilità tecnica.
Per quanto concerne, poi, la censura
relativa alla mancata sottoscrizione di un
importo nella lista delle categorie di
lavorazioni, si è accertato -attraverso
l’esame dei documenti inviati- che la lista
dell’ATI aggiudicataria presenta, a pag. 23,
una correzione relativamente ad una somma
parziale da riportare, cifra poi
correttamente riportata ad inizio colonna
della pagina successiva.
Occorre evidenziare che la ratio della
richiesta del bando di gara, sotto pena di
esclusione, della sottoscrizione in ciascun
foglio e della conferma e sottoscrizione di
ciascuna correzione -in applicazione del
terzo comma dell’art. 90 del D.P.R. n.
554/1999 e s.m.- si ravvisa nell’esigenza di
individuare l’offerta con certezza (come
documento effettivamente imputabile al
soggetto indicato come dichiarante) e con
chiarezza quanto al contenuto, in modo da
fugare perplessità ed equivoci e da
prevenire contestazioni circa l’effettiva
volontà della parte privata sul prezzo ed il
ribasso offerti, nell’ottica della certezza
e della trasparenza delle operazioni di
affidamento degli appalti.
Nel caso di specie, la correzione ha
interessato solo una somma da riportare
nella pagina successiva e la sottoscrizione
della pagina con la correzione doveva
ritenersi già di per sé significativa e
confermativa, oltre che delle singole voci,
anche della correzione ivi apportata, senza
possibilità di equivoci sugli importi
indicati dall’ATI.
In conclusione, alla luce del principio di
conservazione delle offerte sotteso alla
disposizione di cui all’art. 90 citato del
Regolamento (Consiglio di Stato, sezione VI,
sentenza 11.07.2003, n. 4145), la singola
omissione della sottoscrizione specifica
della correzione del riporto non incide
sulla regolarità dell’offerta.
Infine, dal verbale delle operazioni di gara
si evince che la Commissione non ha
considerato la parte dell’offerta tecnica
dell’impresa istante, relativamente alla
“classificazione energetica” prodotta
dall’impresa con riferimento al criterio
“Iniziative promozionali in tema di
risparmio energetico e tecnologie
ecosostenibili”, che risulta invece
espressamente indicato ai fini della
valutazione dell’offerta presentata da un
altro concorrente (C.M.E. Cons. imprendit.
Edili soc. coop. Modena), con evidente
violazione del principio della par condicio
dei partecipanti alla gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti
di cui in motivazione, l’operato del Comune
di Guastalla non risulta essere conforme
alla normativa vigente di settore
(parere
12.11.2008 n. 243 -
link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Con la legge 03.08.2007, n.123 è stato
introdotto l’obbligo di redigere, tra i
documenti a corredo dell’appalto, un “documento
unico di valutazione dei rischi da
interferenze” (di seguito DUVRI) che
indichi le misure adottate per
l’eliminazione delle “interferenze” ed è
stato modificato l’art. 86 del Codice degli
appalti relativo al “criteri di valutazione
delle offerte anormalmente basse”
soprattutto con riguardo all’esclusione di
ribassi d’asta per il costo relativo alla
sicurezza. Come è stato precisato nella
Determinazione di questa Autorità n. 3/2008,
si parla di interferenza nella circostanza
in cui si verifica un “contatto rischioso”
tra il personale del committente e quello
dell’appaltatore o tra il personale di
imprese diverse che operano nella stessa
sede aziendale con contratti differenti.
In linea di principio, secondo quanto
indicato dall’Autorità, devono essere messi
in relazione i rischi presenti nei luoghi in
cui verrà espletato il servizio o la
fornitura, con i rischi derivanti
dall’esecuzione del contratto e non devono
essere riportati i rischi propri
dell’attività delle singole imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi. Nella Determinazione viene
evidenziato, inoltre, come la valutazione
dei rischi da interferenza, deve essere
eseguita con riferimento, non solo al
personale interno ed ai lavoratori delle
imprese appaltatrici, ma anche agli utenti
che, a vario titolo, possono essere presenti
presso la struttura stessa quali i degenti,
gli alunni ed anche il pubblico esterno in
particolare negli edifici quali, a titolo
esemplificativo, ospedali e scuole.
Nel caso in esame l’appalto riguarda
l’affidamento del servizio di pulizia e
attività ad esso complementari dei Presidi
Ospedalieri e dei Presidi Territoriali
dell’Azienda Sanitaria Locale per un importo
complessivo massimo presunto del valore di
euro 44.272.760. Secondo quanto definito
dall’art. 1 del Capitolato speciale,
l’oggetto dell’appalto ricomprende le
seguenti attività: la pulizia, sanificazione
e disinfezione degli immobili aziendali; il
trasporto dai reparti ai diversi
laboratori/servizi e viceversa di materiali
vari; fornitura e distribuzione dei prodotti
per l’igiene; distribuzione ai
reparti/servizi dei beni sanitari e non
sanitari nel P.O. SS Trinità; Presidio
giornaliero delle aree critiche nel P.O. SS
Trinità. Le caratteristiche delle dette
attività, secondo quanto nel dettaglio
previsto dal Capitolato speciale, lasciano
ragionevolmente presumere che possano
sussistere interferenze che, come
evidenziato, nelle strutture sanitarie sono
frequentemente presenti. A mero titolo
esemplificativo, come indicato nella
Determinazione n. 3/2008, devono essere
considerati come interferenti i seguenti
rischi: derivanti da sovrapposizioni di più
attività svolte da operatori di appaltatori
diversi; immessi nel luogo di lavoro del
committente dalle lavorazioni
dell’appaltatore; esistenti nel luogo di
lavoro del committente, ove è previsto che
debba operare l’appaltatore, ulteriori
rispetto a quelli specifici dell’attività
propria dell’appaltatore; derivanti da
modalità di esecuzione particolari richieste
esplicitamente dal committente (che
comportino pericoli aggiuntivi rispetto a
quelli specifici dell’attività appaltata).
Tutto quanto posto, la stazione appaltante
avrebbe dovuto predisporre il DUVRI, a
corredo della documentazione, nel quale
indicare le misure da adottare per
l’eliminazione delle eventuali interferenze.
Per quanto attiene alla eccezione sollevata
relativamente al requisito di capacità
economica e finanziaria, si rileva che
l’importo richiesto del patrimonio netto
pari ad almeno euro 1.000.000,00 risulta
essere ben al di sotto dell’importo a base
d’asta e, pertanto, non rappresenta un
requisito sproporzionato. Inoltre, come è
stato specificato dall’amministrazione, è
possibile per i partecipanti alla gara
dimostrare il possesso di tali requisiti
attraverso l’istituto dell’avvalimento.
In ordine alla censura relativa al divieto
di rinnovo dei contratti, si rileva che
l’art. 23 della legge comunitaria n. 62/2005
ha soppresso la disposizione della legge n.
537/1993 che prevedeva la facoltà di
rinnovare i contratti di fornitura di beni e
servizi (art. 6 comma 2, come modificato
dall’art. 44 della legge 724/1994). Tale
abrogazione secondo un recente orientamento
giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez.
IV 31/10/2006 n. 6458) deve essere
interpretata come un divieto generalizzato
di rinnovo dei contratti operante per tutti
gli appalti di forniture e servizi.
Nonostante, tuttavia, la caducazione
dell’art. 6, 2° comma della legge 537/93,
residuano margini di applicabilità del
rinnovo espresso a determinate condizioni e
nel rispetto dei principi comunitari di
trasparenza e par condicio alla base
dell’evidenza pubblica. In particolare,
l’art. 57, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n.
163/2007 ripristina indirettamente la
possibilità di ricorrere al rinnovo dei
contratti, ammettendo la ripetizione dei
servizi analoghi, purché il rinnovo sia
stato espressamente previsto e stimato nel
bando e rientri in determinati limiti
temporali. Questo sembra essere il caso di
specie, dove è stata indicata, sin dalla
pubblicazione del bando, la possibilità per
la stazione appaltante di rinnovare il
contratto per una durata di ulteriori tre
anni, attraverso la forma della ripetizione
di servizi analoghi.
Infine anche la censura relativa alla
mancata indicazione dei criteri di
attribuzione dei punteggi, non sembra essere
condivisibile dal momento che gli stessi
sono chiaramente presenti all’art. 10.2 del
capitolato speciale d’appalto, dove sono
contenuti i criteri di valutazione degli
elementi qualitativi e la relativa
ponderazione, nonché in dettaglio i
sub-criteri e i sub-punteggi.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- in considerazione delle caratteristiche
dell’attività oggetto dell’appalto la
stazione appaltante dovrà valutare sulla
base di quanto sopra individuato,
relativamente al costo della sicurezza
afferente il rischio da interferenza, se
ricorrano i presupposti per un annullamento
in via di autotutela della documentazione di
gara;
- i requisiti di capacità economica
finanziaria risultano essere proporzionati
rispetto all’importo posto a base di gara;
- non si configurano i caratteri di un
rinnovo, dal momento che, come rappresentato
dalla stazione appaltante, è stata prevista
nel bando la possibilità di ripetere servizi
analoghi ai sensi dell’art. 57, comma 5,
lett. b), del D.Lgs. n. 163/2007;
- i criteri di valutazione e i rispettivi
sub–criteri e sub-punteggi sono stati
correttamente indicati
(parere
12.11.2008 n. 242 -
link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità
evidenziato, alla stregua della
giurisprudenza amministrativa, come la
stazione appaltante possa fissare
discrezionalmente i requisiti di
partecipazione, anche superiori rispetto a
quelli previsti dalla legge, purché essi non
siano manifestamente irragionevoli,
irrazionali, sproporzionati, illogici,
nonché lesivi della concorrenza (cfr. parere
dell’Autorità 19.06.2008 n. 188; nonché
Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460;
Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081).
Come è stato sottolineato, la ragionevolezza
dei requisiti non deve essere valutata in
astratto, ma in correlazione all’oggetto del
contratto, ovvero sia all’importo
dell’appalto, sia alle caratteristiche
peculiari della relativa prestazione
contrattuale.
Nel caso di specie il Comune di Verona ha
ritenuto, come descritto in fatto,
necessario, al fine di assicurarsi la
partecipazione di imprese con una
consolidata esperienza nel settore, non
limitarsi a richiedere tra i requisiti di
partecipazione la sola iscrizione delle
imprese ad una determinata fascia di
classificazione ma, in aggiunta, che la
detta iscrizione fosse posseduta per un
periodo di tempo minimo (cinque anni).
Tale scelta compiuta dalla stazione
appaltante, considerate le informazioni
fornite in istruttoria, in accordo alle
quali avrebbero superato la fase di
preselezione ben ventidue imprese, sembra
aver raggiunto l’obiettivo prefissatosi
dall’amministrazione di garantire, da una
parte, la serietà delle imprese partecipanti
e, allo stesso tempo, dall’altra, il
rispetto del principio di concorrenza tra
gli operatori.
Pertanto, alla luce di quanto sopra
evidenziato il principio di ragionevolezza
richiamato, cui si deve informare ogni
attività dell’amministrazione ed ogni scelta
discrezionale della stessa, in particolare
nella fissazione di requisiti di
partecipazione ulteriori e più stringenti di
quelli previsti dalla legge, nel caso in
esame può dirsi senza dubbio rispettato,
posto che l’anzianità di iscrizione alla
classificazione richiesta non ha determinato
un anomalo svolgimento della gara.
Di conseguenza, l’istante avrebbe dovuto
possedere, per poter partecipare
legittimamente alla procedura di gara de
quo, l’anzianità di iscrizione richiesta dal
bando.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione dell’istante dalla gara è
conforme alla lex specialis di gara (parere
05.11.2008 n. 241 - link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La questione sottoposta a questa Autorità ha
ad oggetto l’esame dell’offerta aggiudicata
provvisoriamente dal Ministero della
Giustizia al fine di valutarne, sulla base
dei documenti forniti nella presente
istruttoria, la legittimità e la completezza
in relazione al Capitolato di gara e con
riferimento ai requisiti dubbi descritti in
narrativa.
Preliminarmente occorre tenere presente che,
come emerge dagli atti forniti
dall’Amministrazione nel corso
dell’istruttoria, l’offerta della Subaru
Italia S.p.A., si compone di una relazione
tecnica del prodotto offerto, cui sono
allegati una serie di documenti che
costituiscono parte integrante l’offerta
quali: la scheda tecnica della vettura; i
certificati; il libretto di garanzia e
servizio e programma di manutenzione
contrattualizzata etc. Pertanto, al fine di
valutare compiutamente la corrispondenza
dell’offerta ai requisiti prescritti dalla
lex specialis di gara, occorrerà esaminare
la stessa nella sua completezza, verificando
la conformità dei documenti di cui si
compone alla documentazione di gara.
Per quanto attiene ai centri di assistenza,
il bando di gara al punto III.2.1) e l’art.
4.7 del Capitolato tecnico richiedono, a
pena di esclusione, che l’offerta deve
contenere “l’elenco dei punti di
assistenza come indicati nel successivo
punto 5.1, anche non esclusivi, presenti sul
territorio nazionale, ovvero, in assenza, la
disponibilità alla riparazione del veicolo,
a propria cura o spese, presso l’officina
più vicina e sempre nel rispetto delle
tempistiche indicate nel punto 5.3 o quelli
migliorativi offerti (…). I punti di
assistenza di cui sopra dovranno essere in
numero non inferiore a 110 e dislocati sul
territorio nazionale”. Il suddetto
requisito sembra essere rispettato
dall’offerta, laddove nel libretto di
garanzia e servizio e programma di
manutenzione contrattualizzata è stato
previsto un elenco di tutti i punti di
assistenza Subaru il cui numero risulta
essere notevolmente superiore a 110.
Altra clausola, oggetto di valutazione del
presente procedimento, riguarda quanto
contenuto all’art. 4.1.13 del Capitolato
tecnico “Garanzia e assistenza”, che prevede
la presenza “di una garanzia totale,
anche per gli accessori, e prestata per 3
anni o 100.000 Km. L’offerente dovrà fornire
una garanzia per la verniciatura per tre
anni e di sei anni sulla corrosione passante”.
Anche tale requisito sembra essere
soddisfatto dalla società in quanto, nel
libretto di garanzia e servizio e programma
di manutenzione contrattualizzata, al punto
2, è prevista la produzione di una garanzia
generale per i Paesi europei di durata pari
ad anni tre.
Infine, l’ultimo requisito posto in
discussione attiene a quanto previsto
dall’art. 4.4. del Capitolato tecnico ai
sensi del quale “la società dovrà
garantire la fornitura delle parti di
ricambio del veicolo per un periodo di
almeno 10 anni dalla consegna dell’ultimo
veicolo. Tali ricambi dovranno essere
mantenuti a listino almeno per la durata
suddetta”. Tale condizione sembra essere
rispettata, dal momento che il punto 2 del
supplemento per la manutenzione programmata
contrattualizzata dispone che “tutti gli
interventi siano eseguiti presso la rete
assistenziale Subaru e che siano rispettate
le scadenze programmate”. Dette scadenze
programmate sono elencate in appositi
moduli, attraverso cui è possibile
certificare l’avvenuta effettuazione degli
interventi di manutenzione periodica
previsti dal Libretto di Garanzia e
Servizio. Nell’ambito di tale attività di
manutenzione, è ricompresa la garanzia in
capo alla società di fornire pezzi di
ricambio la cui durata è pari a dieci anni,
dal momento che è stata prevista
l’obbligatorietà della manutenzione fino al
120° mese successivo all’acquisto. Tale
attività, indicata nel supplemento per la
manutenzione programmata contrattualizzata,
permette di considerare anche il terzo
requisito posto in discussione conforme a
quanto richiesto dalla documentazione di
gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’offerta
aggiudicata in via provvisoria risulta
essere conforme alla lex specialis di gara
(parere
05.11.2008 n. 240 - link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
L’art. 38, comma 1, lett. m), del D.Lgs. n.
163/2006, così come modificato dal D.Lgs n.
113/2007, prevede quale causa ostativa alla
partecipazione alle procedure di gara
l’esistenza in capo al concorrente, tra
l’altro, di “provvedimenti interdittivi
di cui all’art. 36-bis, comma 1, del
decreto-legge 04.07.2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge
04.08.2006, n. 248”.
Tali provvedimenti interdittivi alla
contrattazione con le pubbliche
amministrazioni ed alla partecipazione a
gare pubbliche vengono adottati, così come
previsto dall’art. 36-bis richiamato (ora
trasfuso, con modificazioni, nell’art. 14
del D.Lgs. n. 81/2008), dai competenti
uffici del Ministero delle Infrastrutture,
successivamente alla comunicazione da parte
del Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale del provvedimento di sospensione dei
lavori, disposto dal proprio personale
ispettivo nei casi in cui, nel cantiere
edile soggetto a verifica, venga riscontrato
l’impiego di personale non risultante dalle
scritture o da altra documentazione
obbligatoria, in misura superiore al 20% del
totale dei lavoratori regolarmente occupati
nel cantiere, ovvero reiterate violazioni
della disciplina in materia di superamento
dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e
settimanale.
Dal tenore della richiamata normativa si
evince che, affinché possa determinarsi
l’esclusione dalla procedura di gara, non è
sufficiente la pendenza del procedimento di
cui all’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006,
convertito in Legge n. 248/2006, ma è
necessario che vi sia stata l’adozione, nei
confronti del concorrente, di un
provvedimento interdittivo da parte del
Ministero delle Infrastrutture.
Nel caso di specie, dalla documentazione in
atti risulta che nessun provvedimento
interdittivo è stato ancora adottato nei
confronti della Termoclima s.r.l., e si
ritiene, pertanto, che nulla osta -sotto
tale profilo- all’aggiudicazione definitiva
e alla stipula del relativo contratto di
appalto.
Tuttavia, si evidenzia che l’infrazione
commessa dalla Termoclima s.r.l., che ha
condotto al provvedimento di sospensione dei
lavori da parte dell’Ispettorato del Lavoro
di Asti, successivamente revocato e oggetto
di impugnazione dinanzi al giudice
amministrativo, può costituire causa
ostativa all’aggiudicazione definitiva in
relazione all’ipotesi di esclusione prevista
dall’art. 38, comma 1, lett. e), del D.Lgs.
n. 163/2006, che si riferisce agli operatori
economici “che hanno commesso gravi
infrazioni debitamente accertate alle norme
in materia di sicurezza e a ogni altro
obbligo derivante dai rapporti di lavoro,
risultanti dai dati in possesso
dell’Osservatorio”.
L’Autorità si è più volte soffermata su tale
requisito di partecipazione -si vedano le
determinazioni n. 13/2003 e n. 4/2006-
precisando che compete alla stazione
appaltante l’accertamento, di natura
discrezionale e comportante l’obbligo di
motivazione, della esistenza e della gravità
della violazione commessa e sostenendo che
l’espressione “debitamente accertate” non
può essere letta nel senso di
“definitivamente accertate”, ma sta ad
indicare che dell’infrazione deve esservi
stato accertamento nelle forme previste
dalla normativa di settore e che la
“gravità” vada desunta dalla specifica
tipologia dell’infrazione commessa, sulla
base del tipo di sanzione (arresto o
ammenda) per essa irrogata, dell’eventuale
reiterazione della condotta, del grado di
colpevolezza e delle ulteriori conseguenze
dannose che ne sono derivate (es. infortunio
sul lavoro). Si precisa, altresì, come
rilevato nel parere n. 138/2008, che la
stazione appaltante è legittimata ad
effettuare le suddette valutazioni anche in
presenza di un ricorso giurisdizionale o
amministrativo avverso gli accertamenti
effettuati dagli Organi agli stessi
deputati.
Il Comune di Cellarengo dovrà, pertanto,
verificare -sulla base di un apprezzamento
di natura discrezionale- se l’infrazione
commessa dalla società Termoclima s.r.l.
presenti i requisiti che il suddetto art.
38, comma 1, lett. e), richiede, al fine di
stabilire se, nel caso di specie, sia
configurabile l’ipotesi ostativa alla
conclusione del contratto di appalto ivi
contemplata.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che:
- la causa di esclusione prevista dall’art.
38, comma 1, lett. m,) del D.Lgs. n.
163/2006 si configura solo in presenza di un
provvedimento interdittivo, adottato dal
Ministero delle Infrastrutture, ai sensi
dell’art. 36-bis, comma 1, del D.M.
04.07.2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 04.08.2006, n.
248;
- spetta alla S.A. verificare se
l’infrazione commessa dalla società
Termoclima s.r.l., che ha condotto alla
sospensione dei lavori, ai sensi dell’art.
36-bis del D.M. n. 223/2006, si configuri
quale causa ostativa, ai sensi dell’art. 38,
comma 1, lett. e), del D. Lgs. n. 163/2006
(parere
05.11.2008 n. 239 - link
a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che questa
Autorità -con la Determinazione n. 25/2001-
ha ammesso la possibilità per le imprese
qualificate di avvalersi della facoltà di
subappaltare, nei limiti del 30%, le
lavorazioni altamente specializzate di
importo superiore al 15% del valore
dell’appalto, per le quali, fino all’entrata
in vigore del terzo correttivo al Codice dei
contratti pubblici (D.Lgs. 11.09.2008, n.
152 - S.O. 02.10.2008, n. 231), era previsto
il divieto di subappalto.
Al riguardo l’Autorità ha sostenuto che i
concorrenti, in fase di gara, hanno
l’obbligo di dimostrare di essere in
possesso delle specifiche qualificazioni in
tutte le categorie scorporabili per le quali
era previsto il divieto di subappalto e che
l’aggiudicatario, in fase esecutiva, avrebbe
potuto subappaltare, a soggetti in possesso
delle specifiche qualificazioni, fino al 30%
dei loro singoli importi, le lavorazioni
delle categorie scorporabili non
subappaltabili.
Tale orientamento, peraltro, è stato
confermato da questa Autorità con la
successiva determinazione n. 31 del
18.12.2002, secondo la quale “in ordine
al problema del divieto di subappalto si può
affermare che i sottoinsiemi delle
lavorazioni qualora: c) siano di importo
superiori al 15% dell’importo complessivo
dell’appalto e siano appartenenti ad una
categoria generale o alle categorie di cui
all’art. 72, comma 4, del D.P.R. n. 554/1999
non sono subappaltabili, con la conseguenza
che l’aggiudicatario deve eseguirle
direttamente (nella misura non inferiore al
settanta per cento secondo l’avviso espresso
nella determinazione n. 25/2001) e, quindi,
essere qualificato oltre che nella categoria
prevalente anche con riferimento alle stesse”.
Ne consegue, pertanto, che, nel caso di
specie, a cui si applica ratione temporis la
previsione normativa del divieto di
subappalto, tenuto conto della richiamata
interpretazione fornita dall’Autorità, la
dichiarazione di subappalto, nei limiti del
30%, delle lavorazioni di cui alla categoria
OS21, resa dall’impresa istante, che ha
comprovato in sede di gara di essere in
possesso della relativa qualificazione, non
poteva condurre all’esclusione della stessa
dalla procedura di affidamento.
Peraltro, il provvedimento di esclusione non
avrebbe potuto essere disposto dalla RFI
S.p.A. neppure a voler considerare tale
dichiarazione resa in violazione della lex
specialis e dell’art. 37, comma 11, del
D.Lgs. n. 163/2006, contenenti il suddetto
divieto di subappalto, proprio perché la
COSBAU S.p.A. ha dimostrato, in sede di
gara, di possedere la qualificazione per la
categoria scorporabile OS21.
Difatti, secondo principio consolidato in
giurisprudenza, la dichiarazione di
subappalto, resa all’atto di presentazione
dell’offerta, non è di per sé un requisito
di partecipazione alle procedure di gara,
con la conseguenza che la sua mancanza, la
sua irregolarità o la sua incompletezza non
costituiscono causa di esclusione dalla gara
ma semplicemente preclude a chi ne sia
risultato aggiudicatario la possibilità, in
fase di esecuzione dei lavori, di fare
ricorso al subappalto. In altre parole, non
si tratta di un vizio che inficia la
validità o l’ammissibilità dell’offerta, a
meno che non venga in rilievo il diverso
profilo del difetto in capo alla ditta
concorrente della qualificazione necessaria
per poter svolgere quei lavori (Consiglio
Stato n. 557/2004; TAR Lazio Latina n.
499/2008; TAR Campania Napoli n. 3968/2006;
TAR Sardegna n. 1764/2007; CGA Sicilia n.
30/2007).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che non è conforme alla
normativa di settore il provvedimento di
esclusione adottato dalla Rete Ferroviaria
Italiana S.p.A. nei confronti della COSBAU
S.p.A.
(parere
05.11.2008 n. 238 - link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La questione oggetto del caso di specie e,
in particolare, il motivo di esclusione del
raggruppamento temporaneo con mandataria la
Cooperativa Sette Rue a r.l., non deve
fondarsi, come sostenuto da quest’ultima, su
una errata interpretazione dell’articolo 38,
comma 1, lettera f), del d. Lgs. n. 163/2006
da parte della stazione appaltante, nella
misura in cui la stessa avrebbe dovuto
eseguire una verifica prima di disporre
l’esclusione.
La problematica riguarda, piuttosto,
l’obbligo o meno in capo alle società
partecipanti di rilasciare dichiarazioni,
anche se di tenore negativo, relativamente
alle situazioni soggettive che la
documentazione di gara ha stabilito debbano
essere auto dichiarate. Sul punto questa
Autorità si è già pronunciata in una
situazione analoga (si veda parere n. 11 del
20.09.2007), relativamente ad una
contestazione di una esclusione dalla gara
da parte di un’impresa che aveva omesso di
produrre in sede di gara la dichiarazione
del direttore tecnico di cui all’articolo
38, comma 1, lettera c), del d.Lgs. n.
163/2006, chiarendo che la dichiarazione in
questione deve essere rilasciata anche se di
tenore negativo, nel caso in cui il
direttore tecnico non abbia subito condanne.
Il bando della gara in esame, all’art. 15,
punto 1, lett. d), ha espressamente
previsto, in conformità a quanto disposto
dall’art. 38, commi 1 e 2, pena
l’esclusione, l’obbligo dell’impresa
partecipante “di dichiarare che l’impresa
non versa nelle condizioni di esclusione
previste dall’art. 38, comma 1, lett. f) del
D.Lgs. n. 163/2006. Tali condizioni dovranno
essere indicate specificatamente”.
Pertanto, a prescindere dalla disamina in
ordine al corretto significato da dare alla
norma invocato dall’istante e approfondito,
relativamente ad alcuni aspetti, da questa
Autorità nella propria determinazione n.
8/2004, il rilievo in questa sede pertinente
e dirimente alla soluzione del quesito
posto, deve limitarsi all’esclusiva mancata
presentazione da parte del raggruppamento
escluso della autodichiarazione che, secondo
quanto sostenuto dall’istante, sarebbe stata
in senso negativo, la cui assenza era
prevista a pena di esclusione dal bando di
gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione disposta dalla stazione
appaltante risulta conforme alla lex
specialis di gara
(parere
05.11.2008 n. 237 - link
a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Appare preliminarmente opportuno chiarire
che l’A.T.I. istante, qualificatasi nella
domanda di partecipazione alla gara come
A.T.I. di tipo orizzontale, sembra
configurarsi piuttosto come un’A.T.I. di
tipo misto.
È infatti noto che, quando sono previste
anche opere scorporabili sono ammissibili
tre modelli di A.T.I.: orizzontale (con una
distribuzione meramente quantitativa del
lavoro appaltato); verticale (quando
un’impresa assume i lavori della categoria
prevalente e una o più imprese mandanti
assumono le opere scorporabili); mista (cioè
orizzontale per i lavori prevalenti e
verticale per quelli scorporabili).
Come risulta dalla narrativa in fatto e
dalle attestazioni di qualificazione delle
due imprese, l’impresa capogruppo I.CO.G.I.
Spa è qualificata solo nella categoria
prevalente OG1, mentre la mandante
C.E.C.I.M.S. Srl è in possesso della
qualificazione sia nella categoria
prevalente OG1 sia nella categoria
scorporabile OG 11, assumendo da sola i
lavori riconducibili alla suddetta categoria
scorporabile. Ne discende che le due imprese
hanno creato un’A.T.I. di tipo misto, con la
combinazione di una subassociazione
orizzontale (costituita ai fini della
qualificazione nella categoria prevalente) e
di un’associazione verticale (costituita ai
fini della qualificazione nella categoria
scorporabile).
Così chiarita la natura dell’A.T.I. istante,
occorre passare alla verifica della
sussistenza in capo alla stessa dei
requisiti minimi di qualificazione
separatamente per le due categorie oggetto
dell’appalto.
Cominciando l’analisi dalla categoria
scorporabile, si rappresenta che -come
chiarito dall’Autorità con determinazione n.
25/2001- nelle A.T.I. di tipo misto la
mandante che assume lavori nella categoria
scorporabile deve possedere la
qualificazione nella categoria scorporabile
stessa per il relativo importo. Nel caso di
specie, la mandante C.E.C.I.M.S. Srl è in
possesso della qualificazione nella
categoria OG 11, classifica II (€ 516.457),
mentre nel bando di gara la categoria
scorporabile è la OG 11, classifica III, per
un importo di € 644.214,73: è evidente che,
anche con l’incremento di un quinto, ex
articolo 3, comma 2, del D.P.R. 25.01.2000,
n. 34 e s.m., si arriva ad un importo di €
619.748,40, inferiore all’importo richiesto
nel bando per la categoria scorporabile e,
di conseguenza, la mandante non possiede la
qualificazione per assumere le lavorazioni
scorporabili.
Anche con riferimento alla categoria
prevalente, correttamente la S.A. ha escluso
l’A.T.I. istante dalla procedura di gara.
Infatti, le due imprese hanno dichiarato di
partecipare al raggruppamento nella misura
del 50% ciascuna, il che è stato ritenuto
dalla S.A. in contrasto con quanto previsto
dall’art. 95, comma 2, ultimo alinea del
D.P.R. n. 554/1999 e s.m.
Il thema decidendum consiste nella verifica
del possesso maggioritario da parte della
mandataria dei requisiti, secondo quanto
richiede l’art. 95, comma 2, ultimo periodo,
del D.P.R. n. 554/1999 e s.m., peraltro
precisando che il requisito del possesso
maggioritario, nel caso di specie, non è
riferito all’importo complessivo dei lavori,
bensì all’importo della categoria
prevalente, giacché «in un appalto […] le
categorie scorporabili determinano,
concettualmente, una sorta di suddivisione
della prestazione» (CGA, sez.
giurisdizionale, 11.04.2008, n. 306).
L’Autorità ha già affrontato la problematica
in esame con la determinazione n. 25/2001 e
con il parere n. 54 del 22.02.2007,
osservando che il periodo «l'impresa
mandataria in ogni caso possiede i requisiti
in misura maggioritaria» deve essere inteso
con riferimento ai requisiti minimi
richiesti per la partecipazione allo
specifico appalto, in relazione alla
classifica posseduta risultante
dall'attestazione SOA e spesa ai fini
dell’esecuzione dei lavori e non in
assoluto. Non è, pertanto, consentito che,
al fine di dimostrare da parte della
associazione temporanea il possesso del 100%
dei requisiti minimi, una mandante abbia una
quota di importo superiore o uguale a quella
della mandataria, rinvenendosi la ratio
della norma nell’esigenza di assicurare che
la mandataria sia effettivamente e non
astrattamente il soggetto più qualificato in
rapporto all’importo dei lavori a base
d’asta o, come nella presente fattispecie,
della categoria prevalente.
In particolare, il criterio di verifica
della «misura maggioritaria» non si
identifica nel "contributo potenziale" della
capogruppo alla copertura del requisito
(cioè nella capacità della mandataria di
assumere una quota dei lavori appaltati, da
valutare sulla scorta delle qualificazioni
da essa possedute), bensì occorre
valorizzare il principio di corrispondenza
sostanziale tra la quota di qualificazione,
la quota di partecipazione all'associazione
e quella di esecuzione dei lavori,
desumibile dal combinato disposto dell’art.
37 del decreto legislativo 12.04.2006, n.
163 e s.m., degli artt. 93, comma 4, e 95
del D.P.R. n. 554/1999 e s.m. e dell’art. 3
del D.P.R. n. 34/2000 e s.m.
In altri termini, per la verifica
dell'osservanza dell'art. 95, comma 2, del
D.P.R. n. 554/1999, occorre unicamente far
riferimento alla misura della classifica di
qualificazione concretamente spesa dalle
imprese raggruppate ai fini del
raggiungimento dei requisiti minimi di
ammissione alla gara e tale misura è
esattamente segnata dalle rispettive quote
di partecipazione al raggruppamento.
In ragione delle osservazioni appena
esposte, quando all’A.T.I. partecipano due
sole imprese, l’aggettivo maggioritario -che
connota la percentuale del possesso dei
requisiti da parte della capogruppo- indica
che la mandataria deve spendere nella
specifica gara una qualifica superiore al 50
per cento dell’importo dei lavori e, quindi,
maggiore dell’altra associata, perché solo
in tal modo essa potrà possedere anche una
qualifica superiore a quella del suo unico
associato: la capogruppo deve così
partecipare nella misura almeno del 50 per
cento più uno dell’importo dei lavori (cfr.
CGA, sez. giurisdizionale, n. 306 del 2008
cit.).
Ne segue che, nel caso di specie, l’A.T.I.
I.CO.G.I. SpA - C.E.C.I.M.S. S.r.l. non può
ritenersi qualificata né nella categoria
scorporabile per le ragioni prima esposte né
nella categoria prevalente, con riguardo
alla quale la mandataria avrebbe dovuto
eseguire lavorazioni per almeno il 51 per
cento.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, nei limiti
di cui in motivazione, l’operato del Comune
di Roma risulta essere conforme alla
normativa vigente di settore
(parere
05.11.2008 n. 236 - link
a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI: Sulla
discrezionalità della stazione appaltante
nel fissare i requisiti di partecipazione
alla singola gara, in modo più rigoroso ed
anche in numero superiore rispetto a quelli
minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa
discrezionalità nel fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, in modo
più rigoroso ed anche in numero superiore
rispetto a quelli minimi previsti dalla
legge. Perciò, l’Amministrazione è
legittimata ad introdurre, nella lex
specialis della gara d’appalto che intende
indire, disposizioni atte a limitare la
platea dei concorrenti onde consentire la
partecipazione alla gara stessa di soggetti
particolarmente qualificati, specie per ciò
che attiene al possesso di requisiti di
capacità tecnica e finanziaria, tutte
le volte in cui tale scelta non sia
eccessivamente quanto irragionevolmente
limitativa della concorrenza. Inoltre, la
relativa scelta può essere sindacata dal
giudice amministrativo in sede di
legittimità solo in quanto sia
manifestamente irragionevole, irrazionale,
arbitraria, sproporzionata, illogica o
contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 525 - link
a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Difformità totale e parziale.
A norma dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001,
devono ritenersi eseguite in totale
difformità dal permesso di costruire quelle
opere "che comportano la realizzazione di
un organismo edilizio integralmente diverso
per caratteristiche tipologiche,
planivolumetriche o di utilizzazione da
quello oggetto del permesso stesso ovvero
l'esecuzione di volumi edilizi oltre i
limiti indicati nel progetto e tali da
costituire un organismo edilizio o parte di
esso con specifica rilevanza ed
autonomamente utilizzabile".
La difformità totale si verifica, dunque,
allorché si costruisca "aliud pro alio"
e ciò è riscontrabile allorché i lavori
eseguiti tendano a realizzare opere non
rientranti tra quelle consentite, che
abbiano una toro autonomia e novità, oltre
che sul piano costruttivo, anche su quello
della valutazione economico-sociale.
Il concetto di difformità parziale si
riferisce, invece, ad ipotesi tra le quali
possono farsi rientrare gli aumenti di
cubatura o di superficie di scarsa
consistenza, nonché le variazioni relative a
parti accessorie che non abbiano specifica
rilevanza (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 27.01.2009 n. 3593 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Aria. Autorizzazioni ambientali e
sospensione attività.
La sentenza fissa un principio di
infungibilità delle autorizzazioni
ambientali già affermato dalla cassazione
penale (per cui l'autorizzazione ex art. 27
e 28 d.lgs. 22/1997 non sostituisce di per
sé quella alle emissioni in atmosfera).
Conferma che la sospensione dell'attività di
un impianto è assoggettata a due condizioni:
la prima che sia stata violata una diffida
(atto pregiudiziale necessario), la seconda
che oltre a non eseguire le prescrizioni
sussista un pericolo per la salute e
l'ambiente, che deve essere attestato.
Infine, afferma la responsabilità
dell'amministrazione per risarcimento del
danno provocato da reiterate illegittimità
(in particolare sulle modalità di
campionamento, effettuate in contrasto con
la normativa tecnica ed i richiami
dell'Arpa) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 16.01.2009 n. 97 - link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI: Sul
giudizio di congruità dell'offerta e sul
termine per la presentazione delle offerte
nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006,
attribuisce alla stazione appaltante la
possibilità "in ogni caso", ovvero al di
fuori dei casi previsti ai precedenti commi
1 e 2, in cui, invece, tale verifica è
senz'altro obbligata, di valutare la
congruità "di ogni altra offerta che, in
base ad elementi specifici, appaia
anormalmente bassa". Ne consegue che, è
legittimo nel caso di specie, il sub
procedimento volto a verificare la congruità
dell'offerta, sebbene non previsto dalla lex
specialis di gara, in quanto la P.A. ha
attivato il sub procedimento volto ad
accertare l'effettiva consistenza
dell'offerta risultata essere la migliore in
relazione ai parametri indicati nel bando di
gara, ma non sufficientemente credibile
quanto a remunerabilità, al fine di
soddisfare l'ineludibile esigenza di
acquisire, previa verifica istruttoria degli
elementi giustificativi dei ribassi offerti,
una sufficiente, quanto soddisfacente
dimostrazione dei dati sui quali la società
ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d. lgs. n. 163 del
2006, prevede: "Nelle procedure
ristrette, il termine per la ricezione delle
offerte non può essere inferiore a quaranta
giorni
dalla data di invio dell'invito a presentare
le offerte." La prescrizione di un
intervallo minimo da lasciare ai concorrenti
per la presentazione delle offerte risponde
all'esigenza di consentire agli stessi di
approntare la documentazione che il bando
richiede ai fini della qualificazione alla
gara e di formulare un'offerta
sufficientemente ponderata ed idonea a
conseguire l'aggiudicazione.
Ne deriva che, qualora non ricorrano le
condizioni di urgenza che possono consentire
la riduzione del termine ordinario, come nel
caso di specie, la stazione appaltante deve
consentire un margine di tempo non inferiore
a quello
normativamente previsto -nella specie di 40
giorni- per permettere ai concorrenti la
presentazione di un'offerta, non solo valida
ed adeguatamente documentata, ma anche
potenzialmente suscettibile di conseguire
l'aggiudicazione in quanto "economicamente
più vantaggiosa". La violazione del suddetto
limite temporale, posto a presidio non solo
dell'interesse delle partecipanti ai
pubblici appalti, ma anche dell'interesse
pubblico dell'Amministrazione a ricevere
offerte adeguatamente soppesate in relazione
alle esigenze rappresentate con le norme
concorsuali, incrina inesorabilmente i
detti principi, a nulla rilevando eventuali
considerazioni in fatto, spendibili solo ex
post, circa l'irrilevanza nel caso concreto
della abbreviazione dei termini (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-bis,
sentenza 15.01.2009 n. 196 - link
a www.mediagraphic.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sul
dies a quo di commissione dell’illecito in
caso di occupazioni sine titulo.
L'omissione dei
termini di inizio e fine dei lavori non
determina la nullità ma soltanto
l'annullabilità della dichiarazione di
pubblica utilità, il che ne impone
l’impugnazione nei termini decadenziali di
cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971
(cfr. Cons. St., Ad. Plenaria, n. 4/2003 e,
più di recente, TAR Lazio, sez. II, n.
6377/2008).
Va altresì specificato che mentre la
distinzione tra occupazione appropriativa ed
usurpativa (quella realizzata in assenza di
una valida dichiarazione di pubblica
utilità) ha perso di significato sia con
riferimento alla giurisdizione (nel senso
che residuano al giudice ordinario le sole
ipotesi in cui ab origine manchi del tutto
una dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera) che alla decorrenza del termine
di prescrizione trattandosi nei due casi di
un illecito permanente come affermato dalla
più recente giurisprudenza amministrativa
(aderendo alle argomentazioni svolte in più
occasioni dalla Corte Europea dei diritti
umani e dalle previsioni contenute nell’art.
43 del D.P.R. n. 327/2001 - di recente, cit.
Cons. St., sez. IV, 27.06.2007 n. 3752,
16.11.2007, n. 5830 e 30.11.2007, n. 6124),
l’unico elemento di differenziazione ancora
esistente riguarda invero l’individuazione
del dies a quo di commissione dell’illecito
posto che, in caso di occupazione
usurpativa, esso va fatto decorrere dal
momento dell’immissione in possesso da parte
dell’amministrazione mentre, in caso di
occupazione appropriativa, dalla scadenza
del termine di occupazione legittima del
terreno (ciò rileva al fine di individuare
il momento in cui misurare il valore venale
ai fini della quantificazione del
risarcimento del danno)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 14.01.2009 n. 162 - link
a www.altalex.com). |
URBANISTICA:
Le “innovazioni sostanziali” a un
PRG devono investire l'ossatura del piano
e/o variante, modificandola "in radice”
attraverso una “rielaborazione complessiva”,
ovvero portare ad un ridisegno dell'assetto
urbanistico del territorio.
La questione centrale del gravame è sul
carattere di innovazione sostanziale o meno
della limitazione delle modalità attuative
del piano di recupero (solo pubblica e non
più privata) e, quindi, sulla necessità
della ripubblicazione per consentire la “partecipazione”
degli abitanti e proprietari interessati,
che confidavano sulla “adozione” del
2004.
L’art. 10 della L. n. 1150/1942 prevede, in
sede di approvazione, la possibilità di
modifiche al PRG, distinguendo tra
innovazioni sostanziali e non , definendo le
prime come quelle che sono “tali .. da
mutare le caratteristiche essenziali del
piano stesso ed i criteri di impostazione”;
le modifiche possono conseguire
all’accoglimento delle osservazioni
presentate, oppure s’impongono come “indispensabili”
per il rispetto di piani territoriali
sovraordinati, per realizzare opere
d’interesse dello Stato, per la tutela del
paesaggio e di complessi storici,
monumentali, ambientali ed archeologici.
Tale norma è stata costantemente
interpretata dalla giurisprudenza nel senso
che, se le modificazioni sono tassative,
obbligatorie, necessitate o vincolate, non
danno luogo ad alcuna ripubblicazione,
essendo superfluo ogni apporto collaborativo
del cittadino (C., IV, n.n. 1197 e
4980/2003; IV, n. 2297/2006); per le
innovazioni facoltative si pone il distinguo
della natura “sostanziale o meno”.
L’art. 10 cit. definisce innovazioni
sostanziali quelle che mutano le “caratteristiche
essenziali del piano ed i suoi criteri di
impostazione”; la prima deduzione è che
esse devono investire l’ossatura del piano
e/o variante, modificandola “in radice”
attraverso una “rielaborazione
complessiva” (C.S., IV, n. 5492/2004),
ovvero portare ad un ridisegno dell’assetto
urbanistico del territorio comunale (C.S.,
IV, n. 2297/2006).
Quelli che sono modifiche minori o non
essenziali non possono avere un valore
incidente in base alla sola considerazione
che siano configurabili particolari
aspettative di tutela degli interessi
privatistici, coinvolti dalla pianificazione
urbanistica
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 12.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Non
sono accessibili le informazioni in possesso
di una pubblica amministrazione che non
abbiano forma di documento amministrativo.
L’art. 22, comma 4, della L. n. 241/90 e
ss.mm.ii., stabilisce che non sono
accessibili le informazioni in possesso di
una pubblica amministrazione che non abbiano
forma di documento amministrativo
La ratio dell’istituto dell’accesso ai
documenti amministrativi è quella di
consentire, a chi sia titolare di un
interesse legittimante, la conoscenza di
documenti fisicamente individuati o
individuabili ed esistenti presso
l’Amministrazione che li ha formati o li
detiene, e non già ad imporre ad essa
un’attività di elaborazione di dati e
documenti, allo scopo di rispondere alle
esigenze conoscitive del richiedente.
In proposito, la giurisprudenza del
Consiglio di Stato ha chiarito in più
occasioni che la tutela riconosciuta con la
normativa sull’accesso non può dilatarsi al
punto tale da imporre alla PA un vero e
proprio facere specifico; ciò, invero, esula
completamente dal concetto di accesso
configurato dalla legge, consistente solo
nel lasciare prendere visione –quindi in un
pati– o, tutt’al più, in un facere
strumentale, cioè una semplice attività
materiale di estrazione dei documenti
richiesti, al fine di metterli a
disposizione del richiedente (Consiglio di
Stato, Sez. V, 27.09.2004, n. 6326; Sez. V,
24.05.2004, n. 3364; in senso conforme: TAR
Toscana, Sez. I, 06.12.2007, n. 4694)
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 12.01.2009 n. 37 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
La
destinazione di un’area a “verde pubblico -
verde urbano” non costituisce un vincolo
soggetto a decadenza ai sensi dell’art. 2
della L. 19.11.1968, n. 1187, bensì
espressione della potestà conformativa
dell’Amministrazione comunale, con validità
a tempo indeterminato.
Le scelte effettuate dalla Amministrazione
in sede di variante ad uno strumento
urbanistico non necessitano di apposita
motivazione oltre quella che si può evincere
dai criteri generali -di ordine tecnico
discrezionale- seguiti per l’impostazione
del piano stesso.
Le
scelte effettuate dall’Amministrazione
all’atto dell’approvazione del piano
regolatore generale costituiscono
apprezzamento di merito sottratto in via
generale al sindacato di legittimità del
Giudice amministrativo a meno che non siano
inficiate da errori di fatto o da abnormi
illogicità.
La reiterazione di un vincolo preordinato
all’espropriazione, adottata in sede di
formazione del piano regolatore generale, è
legittima anche se non è accompagnata da una
motivazione specifica, essendo sufficiente
per la prova della persistenza e attualità
delle esigenze urbanistiche sottese alla
reiterazione la motivazione evincibile dalle
linee guida generali che hanno ispirato
l’attività pianificatoria.
La reiterazione dei vincoli urbanistici a
contenuto espropriativo non richiede, in via
generale, una motivazione specifica in
relazione alla destinazione di zona delle
singole aree, essendo sufficiente che venga
evidenziata la sussistenza dell'attualità e
della persistenza delle esigenze
urbanistiche ovvero i criteri di ordine
tecnico seguiti per la redazione del piano.
L’atto di reiterazione del vincolo
preordinato all’esproprio può ritenersi in
via generale adeguatamente motivato se da
esso emergono con chiarezza e precisione gli
accertamenti effettuati e le finalità di
interesse pubblico concretamente perseguite.
La destinazione
di un’area a “verde pubblico - verde
urbano” non costituisce un vincolo
soggetto a decadenza ai sensi dell’art. 2
della L. 19.11.1968, n. 1187, bensì
espressione della potestà conformativa
dell’Amministrazione comunale, con validità
a tempo indeterminato, laddove sia
consentita, anche ad iniziativa del
proprietario (come nel caso di specie), la
realizzazione di opere e strutture intese
all’effettivo godimento del bene,
circostanza questa che esclude la
configurabilità di uno svuotamento incisivo
del contenuto del diritto di proprietà,
permanendo, comunque, la utilizzabilità
dell’area rispetto alla sua destinazione
naturale (così, da ultimo, Cons. St., sez.
IV, 12.05.2008, n. 2159, e 31.05.2007, n.
2797).
Secondo il costante orientamento della
giurisprudenza, le scelte effettuate dalla
Amministrazione in sede di variante ad uno
strumento urbanistico non necessitano di
apposita motivazione oltre quella che si può
evincere dai criteri generali -di ordine
tecnico discrezionale- seguiti per
l’impostazione del piano stesso, essendo
sufficiente l’espresso riferimento alla
relazione di accompagnamento al progetto di
modificazione al P.R.G., salvo che
particolari situazioni non abbiano creato
aspettative o affidamenti in favore di
soggetti le cui posizioni appaiono
meritevoli di specifiche considerazioni.
Cioè nell’emanare nuove previsioni
urbanistiche, l’Amministrazione ha l’onere
di fornire una specifica motivazione sulla
destinazione di singole zone solo quando
tale destinazione incida, in senso
peggiorativo, su situazioni meritevoli di
particolari considerazioni o per la
singolarità del sacrificio imposto al
privato o per la preesistenza di legittime
aspettative in quest’ultimo ingenerate (cfr.
per tutti e da ultimo, Cons. St., sez. IV,
30.09.2008, n. 4712).
Deve, inoltre, ricordarsi che la stessa
giurisprudenza ha anche costantemente
affermato che le scelte effettuate
dall’Amministrazione all’atto
dell’approvazione del piano regolatore
generale costituiscono apprezzamento di
merito sottratto in via generale al
sindacato di legittimità del Giudice
amministrativo a meno che non siano
inficiate da errori di fatto o da abnormi
illogicità. Poiché, infatti,
l’Amministrazione comunale fruisce di
un’ampia discrezionalità nel definire la
tipologia delle utilizzazioni delle singole
parti del territorio, le scelte effettuate
non sono sindacabili da questo Giudice,
salvo che risultino incoerenti con
l’impostazione di fondo dell’intervento
pianificatorio o siano manifestamente
incompatibili con le caratteristiche
oggettive del territorio.
Secondo un
costante orientamento della giurisprudenza
amministrativa, la reiterazione di un
vincolo preordinato all’espropriazione,
adottata in sede di formazione del piano
regolatore generale, è legittima anche se
non è accompagnata da una motivazione
specifica, essendo sufficiente per la prova
della persistenza e attualità delle esigenze
urbanistiche sottese alla reiterazione la
motivazione evincibile dalle linee guida
generali che hanno ispirato l’attività
pianificatoria (cfr., per tutti, Cons. St.,
sez. IV, 08.06.2007, n. 2999).
In particolare -come questa stessa Sezione
ha già più volte precisato (da ultimo con
sentenza 31.07.2008, n. 720, in adesione a
quanto autorevolmente precisato
dall’Adunanza plenaria del Consiglio di
Stato con decisione 24.05.2007, n. 7- in
caso di reiterazione di vincoli urbanistici
preordinati all’espropriazione,
l’adeguatezza della motivazione va valutata
tenendo conto, fra l’altro, delle seguenti
circostanze:
a) se la reiterazione riguardi o meno una
pluralità di aree, o comunque una
consistente parte del territorio comunale;
b) se la reiterazione riguardi soltanto una
parte delle aree già incise dai vincoli
decaduti, mentre per l’altra parte non sia
disposta la reiterazione perché ulteriori
terreni sono individuati per il rispetto
degli standard;
c) se la reiterazione sia stata disposta per
la prima volta sull'area.
In definitiva, la reiterazione dei vincoli
urbanistici a contenuto espropriativo non
richiede, in via generale, una motivazione
specifica in relazione alla destinazione di
zona delle singole aree, essendo sufficiente
che venga evidenziata la sussistenza
dell'attualità e della persistenza delle
esigenze urbanistiche ovvero i criteri di
ordine tecnico seguiti per la redazione del
piano; mentre tale motivazione è necessaria
solo nel caso di superamento degli standard
minimi di cui al D.M. 02.04.1968 (con
riferimento alle previsioni urbanistiche
complessive di sovradimensionamento,
indipendentemente dal riferimento alla
destinazione di zona di determinate aree),
di lesione dell’affidamento qualificato del
privato (derivante da convenzioni di
lottizzazione, accordi di diritto privato
intercorsi tra il Comune ed i proprietari
delle aree, aspettative nascenti da
giudicati di annullamento di dinieghi di
concessioni edilizia o di silenzio rifiuto
su domanda di concessione) e di modifica in
zona agricola della destinazione di un’area
limitata, interclusa da fondi edificati in
modo non abusivo.
Conclusivamente, l’atto di reiterazione del
vincolo preordinato all’esproprio può
ritenersi in via generale adeguatamente
motivato se da esso emergono con chiarezza e
precisione gli accertamenti effettuati e le
finalità di interesse pubblico concretamente
perseguite (Cons. St., sez. IV, 26.02.2008,
n. 683)
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 12.01.2009 n. 35 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sull'illegittimità
di una lex specialis che, pur richiamando il
criterio di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
la necessità di stabilire ulteriori
sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve
essere valutata di volta in volta in
relazione all'analiticità dei criteri
principali, all'idoneità di questi ad
assicurare il rispetto del principio di
trasparenza e ai poteri integrativi
riconosciuti alla Commissione giudicatrice.
A detta Commissione è quindi inibito
integrare i criteri di valutazione
dell'offerta tecnica (individuando sub-criteri e sub-punteggi, che devono invece
essere indicati nel capitolato d'oneri);
l'importanza relativa delle sottovoci deve,
infatti, essere rese nota ai potenziali
concorrenti già al momento della produzione
delle loro offerte, alfine di evitare il
pericolo che la Commissione possa orientare
a proprio piacimento ed a posteriori
l'attribuzione di tale determinante
punteggio e, quindi, all'esito della gara
dopo averne conosciuto gli effettivi
concorrenti. La violazione di detta regola
innovativa posta dall'art. 83 del Codice dei
contratti (D.Lgs. n. 163 del 2006) può
infatti astrattamente contrastare con il
principio della par condicio, nella misura
in cui altera gli elementi di valutazione in
relazione ai quali tutti i concorrenti hanno
potuto predisporre la propria offerta
tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex
specialis che, pur richiamando il criterio
di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi,
nell'ipotesi che la loro fissazione sia
necessaria o prevista dalla normativa di
gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 09.01.2009 n. 82 - link
a www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI: La
mera trasformazione di un bene, seppur
finalizzata al suo uso pubblico, non ne
comporta la sua acquisizione al patrimonio
dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne
può divenire proprietario solo ove esperisca
il particolare procedimento previsto
dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001.
Il Consiglio di Stato ha avuto modo di
chiarire che “L'istituto
giurisprudenziale dell'occupazione
espropriativa -secondo il quale, anche in
assenza di un atto di natura ablatoria,
l'amministrazione acquisirebbe a titolo
originario la proprietà dell'area altrui,
quando su di essa ha realizzato in tutto o
in parte un'opera pubblica, in attuazione
della dichiarazione della pubblica utilità,
con conseguente decorso, dalla data in cui
si verifica tale acquisto, del termine
quinquennale per il risarcimento del danno-
non può ritenersi vigente, sia in quanto non
è conforme ai principi della convenzione
europea del diritti dell'uomo e del diritto
comunitario, che precludono di ravvisare
un'espropriazione "indiretta" o
"sostanziale" in assenza di un idoneo titolo
legale, sia in quanto è incompatibile con
l'art. 43 d.P.R. 327/2001, che attribuisce
all'amministrazione il potere discrezionale
di acquisire in sanatoria, con atto ablativo
formale, la proprietà delle aree occupate
nell'interesse pubblico in carenza di
titolo, escludendo così che una simile
acquisizione possa avvenire in via di mero
fatto” (Consiglio Stato, sez. IV,
21.05.2007, n. 2582).
Conseguentemente la mera trasformazione di
un bene, seppur finalizzata al suo uso
pubblico, non ne comporta la sua
acquisizione al patrimonio dell’ente
pubblico che lo utilizza, che ne può
divenire proprietario solo ove esperisca il
particolare procedimento previsto dall’art.
43 D.P.R. n. 327/2001 (Cons. di Stato. A.P.
n. 2/2005; Cons. di Stato, IV, 16.11.2007 n.
5830 e Cons. di Stato, IV, 27.06.2007 n.
3752) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 08.01.2009 n. 10 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Concorsi
pubblici: l'uso di penne colorate è motivo
valido per l'esclusione?
In un concorso
pubblico, l’utilizzo di due penne di diverso
colore (blu e nera) per la stesura della
prova scritta non può essere di per sé
qualificato oggettivo “segno di
riconoscimento” impeditivo alla correzione,
con la conseguenza dell’esclusione per non
valutabilità
(TAR Sardegna-Cagliari, Sez. I,
sentenza 11.12.2008 n. 5108 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Anche dopo il decorso del termine di 30
giorni previsto per la verifica dei
presupposti e requisiti di legge,
l'Amministrazione non perde i propri poteri
di autotutela, né nel senso di poteri di
vigilanza e sanzionatori, né nel senso di
poteri espressione dell’esercizio di una
attività di secondo grado (estrinsecantisi
nell’annullamento d’ufficio e nella révoca);
mentre i terzi, che si assumano lesi dal
silenzio prestato dall’Amministrazione a
fronte della presentazione della d.i.a., si
graveranno legittimamente non avverso il
silenzio stesso, ma, nelle forme
dell’ordinario giudizio di impugnazione,
avverso il titolo, che, formatosi e
consolidatosi nei modi di cui sopra, si
configura in definitiva come fattispecie
provvedimentale a formazione implicita.
In relazione all’istituto della D.I.A.,
previsto in via generale dall’art. 19 della
legge n. 241/1990 (che ad ogni modo fa salve
le discipline di settore: cfr. il comma 4),
il moltiplicarsi della normativa in materia
ha portato ad una vera e propria
frantumazione dell'istituto in parola in una
pluralità di istituti diversi, ciascuno dei
quali assoggettato ad un regime più o meno
peculiare (v., sul punto, Cons. St., sez. IV,
22.07.2005, n. 3916).
Sulla base dell'interpretazione
tradizionale, che della denuncia d'inizio
attività hanno dato sia ampi settori della
giurisprudenza (cfr., ex plurimis, C.d.S.,
Sez. VI, 04.09.2002, n. 4453), sia parte
della dottrina, va escluso che dalla D.I.A.
possa nascere un atto amministrativo, perché
si tratterebbe di atto soggettivamente e
oggettivamente privato, che ha soltanto il
valore di una comunicazione fatta dal
privato alla Pubblica Amministrazione circa
la propria intenzione di realizzare
un'attività direttamente conformata dalla
legge e non necessita di titoli
provvedimentali (sulla natura di mera
informativa della D.I.A. v. anche Cass.
civ., Sez. I, 24.07.2003, n. 11478); sì che,
si conclude sulla base di tali premesse, la
domanda di annullamento della D.I.A. è
inammissibile, in quanto la D.I.A. è e
rimane un mero atto di iniziativa privata,
per ciò solo non impugnabile davanti al
Giudice Amministrativo.
Da una tale ricostruzione dell'istituto
sorgono tuttavia rilevanti problemi
sostanziali e processuali.
Si è posto in particolare l’articolato
problema dell'esatta natura giuridica del
silenzio eventualmente mantenuto
dall'amministrazione nei venti giorni
successivi alla presentazione di una
denuncia di inizio attività (nello specifico
modulo delineato in materia edilizia dalla
legge n. 662/1996), dei rimedi
giurisdizionali di cui il terzo dispone per
opporsi all'esecuzione dei lavori intrapresi
in base alla semplice denuncia del loro
inizio da parte dell'interessato (in
particolare nel caso che l'Amministrazione
non adotti un formale provvedimento
inibitorio nel termine dei venti giorni
prescritti dalla norma, prima che l'attività
denunciata possa essere intrapresa
dall'interessato) e, dunque, se il
comportamento silente in questione sia
giuridicamente qualificabile come
"inadempimento" e come tale sia quindi
giustiziabile (solo) secondo il rito
speciale di cui all'art. 21-bis della legge
n. 1034 del 1971 (tesi appunto sostenuta qui
dall’appellante principale).
Alla risoluzione del problema concorrono,
sottolinea il Collegio, una serie di
elementi logico-normativi.
Occorre premettere che l'art. 2, comma 60,
della legge 23.12.1996, n. 662 e successive
modificazioni (sostituendo il testo
dell'art. 4 del decreto legge 05.10.1993, n.
398, convertito nella legge 04.12.1993, n.
493) ha introdotto nel nostro ordinamento la
facoltà di eseguire taluni specifici
interventi edilizi previa mera Denuncia di
Inizio di Attività, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 19 della legge 07.08.1990,
n. 241 (nel testo sostituito dall'art. 2
della legge 24.12.1993, n. 537), per cui in
tali casi l'atto di consenso
dell’Amministrazione si intende sostituito
dalla D.I.A. (c.d. "deregulation").
Il comma undicesimo dell'art. 4 della citata
legge 04.12.1993 n. 493 e ss. mm. statuiva,
in particolare, che: "Nei casi di cui al
comma 7°, venti giorni prima dell'effettivo
inizio dei lavori, l'interessato deve
presentare la denuncia di inizio
dell'attività, accompagnata da una
dettagliata relazione a firma di un
progettista abilitato, nonché dagli
opportuni elaborati progettuali, che
asseveri la conformità delle opere da
realizzare agli strumenti urbanistici
adottati o approvati ed ai regolamenti
edilizi vigenti ...".
Disponeva, poi, il comma quindicesimo del
medesimo art. 4 che: "Nei casi di cui al
comma 7°, il Sindaco, ove entro il termine
indicato al comma 11°, sia riscontrata
l'assenza di una o più delle condizioni
stabilite, notifica agli interessati
l'ordine motivato di non effettuare le
previste trasformazioni e, nei casi di false
attestazioni dei professionisti abilitati,
ne dà contestuale notizia all'autorità
giudiziaria ed al consiglio dell'ordine di
appartenenza".
Insomma, alla stregua di dette norme,
spettava all'Autorità Comunale, nel termine
di venti giorni dalla presentazione della
denuncia (periodo che doveva essere lasciato
libero prima di iniziare i lavori),
verificare d'ufficio la sussistenza dei
presupposti della procedura ed il rispetto
delle prescrizioni di legge; qualora venisse
riscontrata l'assenza di una o più delle
condizioni stabilite, spettava al dirigente
del competente ufficio comunale (in virtù
dello spostamento di competenze gestorie
operato dall'art. 45 del decreto legislativo
31.03.1998, n. 80) ordinare agli
interessati, con provvedimento motivato da
notificarsi entro il termine anzidetto, di
non effettuare le previste trasformazioni.
A disciplinare siffatta D.I.A. è poi
sopravvenuto il T.U. in materia edilizia
06.06.2001, n. 380.
Esso, nell’abrogare il ridetto art. 4 del
decreto legge 05.10.1993, n. 398, convertito
nella legge 04.12.1993, n. 493 (art. 136,
comma 1, lett. g)), ha modificato il veduto
assetto normativo.
In particolare, l'art 23 (R) [ la cui
rubrica reca: - (L comma 3 e 4 - R comma 1,
2, 5, 6 e 7) (Disciplina della denuncia di
inizio attività) - (legge 24.12.1993, n.
537, art. 2, comma 10, che sostituisce
l'art. 19 della legge 07.08.1990, n. 241;
decreto-legge 05.10.1993, n. 398, art. 4,
commi 8-bis, 9, 10, 11, 14, e 15, come
modificato dall'art. 2, comma 60, della
legge 23.12.1996, n. 662, nel testo
risultante dalle modifiche introdotte
dall'art. 10 del decreto-legge 31.12.1996,
n. 669) ] prescrive che:
- comma 1: "il proprietario dell'immobile
o chi abbia titolo per presentare la
denuncia di inizio attività, almeno trenta
giorni prima dell'effettivo inizio dei
lavori, presenta allo sportello unico la
denuncia ...";
- comma 5: “la sussistenza del titolo è
provata con la copia della denuncia di
inizio attività da cui risulti la data di
ricevimento della denuncia, l'elenco di
quanto presentato a corredo del progetto,
l'attestazione del professionista abilitato,
nonché gli atti di assenso eventualmente
necessari”;
- comma 6: "il dirigente o il
responsabile del competente ufficio
comunale, ove entro il termine indicato al
comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o
più delle condizioni stabilite, notifica
all'interessato l'ordine motivato di non
effettuare il previsto intervento ... ".
Il T.U. per l'edilizia ha, quindi,
espressamente collocato allo scadere del
trentesimo giorno dalla notificazione della
D.I.A. il termine dopo il quale
l'interessato può iniziare i lavori ed il
termine ultimo entro il quale la P.A. può
inibire l'inizio delle opere; in altre
parole, ha unificato i due termini in
questione, ampliando quello relativo
all'inizio dei lavori e dimezzando quello
relativo all'adozione di eventuali misure
inibitorie preventive (Cons. St., V,
29.01.2004, n. 308).
Ciò premesso, va poi ricordato che la D.I.A.
edilizia costituisce species (la cui
disciplina prevale sui quella generale) di
un particolare tipo di procedimento
semplificato ed accelerato, introdotto, come
s’è già detto, in via generale dall'art. 19
della legge 07.08.1990, n. 241, riguardante,
appunto, la c.d. denuncia di inizio di
attività, il cui aspetto contenutistico e
sostanziale va oggi valutato alla luce delle
modificazioni apportate all’istituto dalla
legge 14.05.2005, n. 80.
Si tratta invero di un istituto del tutto
peculiare (che consente oggi al privato
l’esercizio di una certa attività comunque
rilevante per l’ordinamento, già subordinato
a qualsivoglia forma di autorizzazione -il
cui rilascio dipendesse esclusivamente
dall'accertamento dei presupposti e dei
requisiti fissati dalla legge o da atto
amministrativo generale- a prescindere dalla
emanazione di un espresso provvedimento
amministrativo), comunque assimilabile ad
una istanza autorizzatòria, che, con il
decorso del términe di legge, provoca la
formazione di un “titolo”, che rende lecito
l’esercizio dell’attività e cioè di un
provvedimento tacito di accoglimento di una
siffatta istanza.
Si prevede a tal fine una doppia
comunicazione da parte del privato.
La prima consiste in una
dichiarazione dell’interessato, “corredata,
anche per mezzo di autocertificazioni, delle
certificazioni e delle attestazioni
normativamente richieste”.
Con la seconda, il soggetto comunica
che ad una certa data (non anteriore ai
trenta giorni dalla presentazione della
anzidetta dichiarazione) inizierà una certa
attività (di solito produttiva) e, se entro
un termine stabilito decorrente da tale
comunicazione (trenta giorni, il cui computo
inizia dal momento in cui la stessa sia
stata ricevuta al protocollo generale
dell’ente) l'Amministrazione non ne inibisce
la prosecuzione (con un atto che ha natura
di accertamento dei motivi
giuridico-fattuali ostativi allo svolgimento
dell’attività e dunque del tutto analogo ad
un provvedimento di diniego di un atto
autorizzatòrio dell’attività medesima, sì
che deve ritenersi in tal caso applicabile
il disposto dell’art. 10-bis della legge n.
241/1990 e che invece, verificandosi in tale
ipotesi una sorta di inversione
procedimentale, non necessita di previa
comunicazione dell’avvio del procedimento:
Consiglio Stato, sez. VI, 23.12.2005, n.
7359), il titolo si consolida, salvo,
naturalmente, l'intervento successivo di
interdizione dell'attività, che può
intervenire in tutti i casi di accertamento
della mancanza, originaria o sopravvenuta,
dei requisiti, al cui possesso l’ordinamento
di settore subordini l’espletamento
dell’attività medesima (Cons. St., IV,
26.07.2004, n. 5323).
L’atto di comunicazione dell’avvio
dell'attività, a differenza di quanto accade
nel caso del c.d. silenzio-assenso,
disciplinato dall'articolo 20 della stessa
legge n. 241/1990, non è una domanda, ma una
informativa, cui è subordinato l'esercizio
del diritto.
E il provvedimento, rispetto al quale
l'amministrazione potrà esercitare poteri di
autotutela (non solo vincolati a carattere
repressivo, ma anche discrezionali di
secondo grado, come oggi espressamente
previsto dal secondo periodo del comma 3 del
nuovo art. 19), si forma con l’esperimento
di un ben delineato mòdulo procedimentale,
all’interno del quale la D.I.A. costituisce
pur sempre una autocertificazione della
sussistenza delle condizioni stabilite dalla
legge per la realizzazione dell’intervento,
sulla quale la pubblica amministrazione
svolge una attività eventuale di controllo,
al tempo stesso prodromica e funzionale al
formarsi, a séguito del mero decorso di
detto periodo di tempo (e non, dunque,
dell’effettivo svolgimento della attività
medesima), del titolo necessario per il
lecito dispiegarsi della attività del
privato.
Quanto al decorso del termine di trenta
giorni, sembra ormai chiaro:
- che il consolidamento del titolo non possa
comportare la possibilità che l'attività del
privato, ancorché del tutto difforme dal
paradigma normativo, possa considerarsi
lecitamente effettuata e, dunque, possa
andare esente dalle sanzioni previste
dall’ordinamento per il caso di sua mancata
rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi;
- che il titolo stesso, in tal caso, possa
esser fatto oggetto, alle condizioni
previste in via generale dall’ordinamento,
di interventi di annullamento d’ufficio o
révoca da parte dell’Amministrazione.
In proposito, sembra decisivo:
- il fatto che l'art. 21 della legge n. 241
del 1990 stabilisce che le sanzioni già
previste per le attività svolte senza la
prescritta autorizzazione siano applicate
quando una attività, pur dopo la
comunicazione all'amministrazione, venga
iniziata in mancanza dei requisiti richiesti
o comunque in contrasto con le disposizioni
di legge (comma 2) e che lo stesso art. 21,
al comma 2-bis, configura l’inizio della
attività “ai sensi degli articoli 19 e 20”
non preclusivo dell’esercizio delle
“attribuzioni di vigilanza, prevenzione e
controllo su attività soggette ad atti di
assenso da parte di pubbliche
amministrazioni previste da leggi vigenti”;
- che la veduta odierna previsione espressa
del potere dell’Amministrazione di assumere
determinazioni in via di autotutela (v. il
comma 3 del nuovo art. 19) presuppone un
provvedimento, o comunque un titolo, su cui
intervenire;
- che, con specifico riferimento alla D.I.A.
edilizia, il comma 2-bis dell’art. 38 del
D.P.R. n. 380/2001 prevede la possibilità di
“accertamento dell'inesistenza dei
presupposti per la formazione del titolo”,
detta ipotesi equiparando ai casi di
“permesso annullato”;
- che l’esercizio dei poteri di vigilanza e
repressivi rappresenta, in via generale, una
delle imprescindibili modalità di cura
dell’interesse pubblico affidato all’una od
all’altra branca dell’Amministrazione ed è
espressione del principio di buon andamento
di cui all’art. 97 Cost.;
- che, nella specifica materia dell’attività
urbanistico-edilizia, un potere specifico di
vigilanza (esercitabile, per la sua stessa
natura, anche mediante provvedimenti
innominati), vòlto ad “assicurarne la
rispondenza alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici ed alle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi”,
è affidato dalla legge al dirigente o al
responsabile del competente ufficio comunale
(art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001).
Pertanto, anche dopo il decorso del termine
di trenta giorni previsto per la verifica
dei presupposti e requisiti di legge,
l'Amministrazione non perde i propri poteri
di autotutela, né nel senso di poteri di
vigilanza e sanzionatori, né nel senso di
poteri espressione dell’esercizio di una
attività di secondo grado (estrinsecantisi
nell’annullamento d’ufficio e nella révoca,
a proposito dei quali va peraltro rilevato
che, nell'ipotesi in cui la legittimità
dell'opera edilizia dipenda da valutazioni
discrezionali e di merito tecnico che
possono mutare nel tempo, il potere di
autotutela, esercitabile con riferimento ad
una d.i.a. anche quando sia ormai decorso il
termine di decadenza per l'esercizio dei
poteri inibitori ex art. 23, comma 6, del
D.P.R. n. 380/2001, deve essere
opportunamente coordinato con il principio
di certezza dei rapporti giuridici e di
salvaguardia del legittimo affidamento del
privato nei confronti dell'attività
amministrativa); mentre i terzi, che si
assumano lesi dal silenzio prestato
dall’Amministrazione a fronte della
presentazione della d.i.a., si graveranno
legittimamente non avverso il silenzio
stesso, ma, nelle forme dell’ordinario
giudizio di impugnazione, avverso il titolo,
che, formatosi e consolidatosi nei modi di
cui sopra, si configura in definitiva come
fattispecie provvedimentale a formazione
implicita.
Né alla opposta tesi, di cui si fa in questa
sede portatore l’appellante principale, può
aderirsi nemmeno in relazione al periodo,
che viene appunto qui in considerazione in
relazione alla data di formazione del titolo
oggetto del giudizio, anteriore alle
modifiche apportate all’istituto dalla legge
n. 80/2005, atteso che la veduta
introduzione, ad opera di detta legge, di
poteri di autotutela in capo
all’amministrazione, pur certamente
significativa ai fini della ricostruzione
dell’istituto come sopra operata, non sembra
tuttavia decisiva, ed autonomamente
rilevante, ai fini della stessa e della
risultante qualificazione dell’istituto
stesso; la quale, legata, come s’è visto a
ben più ampi e diversificati presupposti e
riscontri di carattere logico e normativo,
non può che essere riferita anche ai
provvedimenti formatisi anteriormente alla
novellazione della legge n. 241/1990 operata
dal legislatore del 2005, rilevando in
particolare, per quanto specificamente
attiene alla D.I.A. edilizia, l'art. 38,
comma 2-bis e dall'art. 39, comma 5-bis, del
D.P.R. n. 380/2001, in forza dei quali
risultano estese agli interventi realizzati
con D.I.A. sia la disciplina degli
interventi eseguiti in base a permesso
annullato (il che presuppone evidentemente
che la D.I.A. costituisca un titolo
suscettibile di annullamento), sia la
possibilità di annullamento straordinario da
parte della Regione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 25.11.2008 n. 5811 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sul diritto di accesso o meno
agli atti amministrativi detenuti da
soggetti di diritto pubblico e da soggetti
di diritto privato limitatamente alla loro
attività di pubblico interesse.
Sono tenuti a consentire l’esercizio del
diritto di accesso ai documenti
amministrativi detenuti tutti i soggetti di
diritto pubblico ed i soggetti di diritto
privato limitatamente alla loro attività di
pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o comunitario, compresi i gestori
di pubblici servizi (art. 22, comma 1, lett.
e, ed art. 23 L. 07.08.1990 n. 241 e
successive modificazioni).
Inoltre, hanno titolo all’accesso tutti i
soggetti privati, compresi quelli portatori
di interessi pubblici o diffusi, che abbiano
un interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l’accesso.
Invece, l’acquisizione di documenti
amministrativo da parte dei soggetti
pubblici, salva l’ipotesi di cui all’art.
43, comma 2, D.P.R. 28.12.2000 n. 445
(consultazione diretta da parte di una
pubblica amministrazione o gestore di
servizio pubblico degli archivi
dell’amministrazione certificante per
l’accertamento d’ufficio di stati, qualità e
fatti ovvero di dichiarazioni sostitutive
presentate dai cittadini), è regolamentata
dal principio di leale collaborazione
istituzionale (art. 22, comma 1, lett. b, e
comma 5, L. n. 241/1990 e successive
modificazioni), per cui la relativa esigenza
deve trovare soluzione in rapporti di tipo
interorganico o intersoggetivo, avvalendosi
a seconda dei casi di soluzioni di
coordinamento, vigilanza, direzione o
semplice collaborazione. Ciò non esclude che
possa configurarsi in concreto la
fattispecie di una pubblica amministrazione
che si trovi in posizione di soggetto
amministrato rispetto al altra pubblica
amministrazione (ad es. in materia di
sovvenzioni o contributi oppure in materia
tributaria) ed in quanto tale avente titolo
all’accesso alla stessa stregua di un
soggetto privato, come del resto confermato
dall’art. 3, comma 4, D.P.R. 27.06.1992 n.
354 (cfr. parere del Consiglio di Stato-
commissione speciale, n. 1137/1995 del
03.02.1997).
Il giudizio in materia di accesso di cui
all’art. 25 L. n. 241/1990 e successive
modificazioni, anche se si atteggia come
impugnatorio nella fase della proposizione
del ricorso, in quanto rivolto contro l’atto
di diniego o avverso il silenzio diniego
formatosi sulla relativa istanza ed il
ricorso è da esperire nel termine perentorio
di 30 giorni (V. le decisioni di questo
Consiglio, A.P., 24.06.1999 n. 16 e
18.04.2006 n. 6), è sostanzialmente rivolto
ad accertare la sussistenza o meno del
titolo all’accesso nella specifica
situazione alla luce dei parametri
normativi, indipendentemente dalla maggiore
o minore correttezza delle ragioni addotte
dall’Amministrazione per giustificarne il
diniego (V. le decisioni di questo
Consiglio, sez. V, 11.05.2004 n. 2966 e ,
sez. VI , 09.05.2002 n. 2542). Tanto è vero
che, anche nel caso di censure avverso il
silenzio diniego sull’accesso,
l’Amministrazione può dedurre in giudizio le
ragioni che precludono all’interessato di
avere copia o di visionare i relativi
documenti e la decisione da assumere, che
deve comunque accertare la sussistenza o
meno del titolo all’esibizione (ai sensi
dell’ultimo comma del menzionato art. 25),
si deve formare tenendo conto anche di tali
deduzioni (V., in materia di silenzio
diniego su istanza di accesso, la decisione
di questo Consiglio, sez. IV, 02.07.2002 n.
3620)
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.11.2008 n. 5573 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: La
responsabilità della p.a. ex art. 2051 cod.
civ..
La
responsabilità per i danni cagionati da cose
in custodia ha natura oggettiva e la P.A.
(custode) ne risponde ex art. 2051 cod. civ..
La vicenda riguarda il caso di un pedone che
ha evocato in giudizio il Comune di ... per
sentirlo dichiarare responsabile dell’evento
dannoso occorsogli e, per l’effetto,
condannare al risarcimento di tutti i danni
subiti, a seguito della caduta avvenuta in
strada per la presenza di buche, non
visibili, perché colme d’acqua piovana e,
comunque, non distinguibili perché non
segnalate. Nel caso di specie la buca (e la
pericolosa insidia che essa rappresentava
per qualsiasi utente) non poteva essere
scorta, atteso che nell’occorso (in un
giorno di pioggia) il manto stradale si
presentava uniformemente lucido e allagato.
Di talché, per l’istante non è stato
possibile prevedere che in quel punto
l’acqua era più profonda perché celava un
avallamento ...
(Tribunale di Trani, Sez. civile,
sentenza 07.11.2008 n. 1241 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
41-sexies della legge 1150 del 1942 si
applica solamente alle nuove costruzioni e
non anche alle ristrutturazioni edilizie.
La dotazione
minima di parcheggi privati dettata
dall’art. 2 della L. 122 del 1989 non si
applica a qualunque intervento edilizio,
bensì esclusivamente a quelli rientranti
nella nozione di “nuova costruzione” nella
quale, pertanto, non possono farsi rientrare
gli interventi di recupero del patrimonio
edilizio esistente di cui all’art. 31 della
L. 457 del 1978, come vorrebbe parte
appellante, trattandosi di ristrutturazioni
edilizie di immobile ricadente in un ambito
territoriale assoggettato a piano di
recupero
(Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 06.11.2008 n. 5503 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: Affidamento
della locazione di un immobile della p.a.:
le regole da osservare.
E' principio
generale quello secondo cui anche in assenza
di specifica disposizione normativa che
imponga l'adozione di procedure
concorrenziali per la selezione del
contraente privato l'Amministrazione deve
osservare i fondamentali canoni della
trasparenza, dell'imparzialità e della par
condicio.
Onde passare all'affidamento della locazione
dell'immobile di sua proprietà, il Comune
doveva osservare le regole di trasparenza e
non discriminazione e procedere alla
preliminare pubblicazione di un avviso, solo
mediante l'esperimento di idonea procedura
concorrenziale, che consentisse a tutti i
potenziali aspiranti di parteciparvi ed
esprimere la propria offerta. È
conseguentemente illegittimo l'affidamento
del contratto de quo in via diretta, in
violazione delle descritte elementari e
minime regole di trasparenza.
E’ nullo per caducazione automatica il
contratto di locazione la cui aggiudicazione
sia stata annullata
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 05.11.2008 n. 878 - link
a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
La nozione di bosco deve essere
riferita non soltanto ai terreni
completamente coperti da boschi o foreste,
ma anche, per identità di ratio, a tutte le
aree parzialmente boscate, a condizione che
siano concretamente inserite in un contesto
forestale.
Osserva il Collegio che l'art. 2, comma 3,
lettera b, del D.Lgs. n. 227/2001 assimila a
bosco i terreni temporaneamente privi di
vegetazione arborea o forestale per via di
utilizzazioni forestali, avversità biotiche
o incendi, allo scopo di evitare che l’opera
dell’uomo –ceduazione– o eventi accidentali
possano distrarre dalla disciplina e dal
regime formale del bosco, terreni che invece
presentano ordinariamente caratteri tali da
farli ascrivere al concetto di bosco.
Vuole la norma anche, a parere del Collegio,
che l’opera dell’uomo non sottragga dei
terreni a fini strumentali alla disciplina
delle aree boschive, semplicemente
effettuandone la ceduazione.
Invero il Collegio richiama l’orientamento
della Sezione, secondo il quale “la
nozione di bosco deve essere riferita non
soltanto ai terreni completamente coperti da
boschi o foreste, ma anche, per identità di
ratio, a tutte le aree parzialmente boscate,
a condizione che siano concretamente
inserite in un contesto forestale” (TAR
Piemonte, Sez. I, 10.03.2007, n. 1174).
La riportata decisione è quindi in linea con
il dettato di cui all’art. 2, comma 3, lett.
b), del D.Lgs. n. 227/2001, secondo il quale
se il coefficiente minimo della natura
boscata di un’area è la sua caratteristica
di area parzialmente boscata sempre che
inserita in un contesto forestale (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.10.2008 n. 2722 -
link
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EDILIZIA PRIVATA: Sulle
superfici da computare per la determinazione
del costo di costruzione.
Quanto al mancato calcolo delle superfici
non residenziali destinate a servizi comuni
ed accessori, osserva il comune che gli
immobili in questione sono privi di
cantinole, soffitte, lavatoi comuni, cabine
idriche, centrali termiche, astrattamente
utili ai fini del computo ex art. 2 d.m.
ll.pp. 801/1977, e che i cd. androni, in
concreto, sono costituiti da spazi assai
esigui di consistenza irrisoria ai fini
dell’incremento del costo di costruzione e
costituenti un tutt’uno con i vani scala.
A quest’ultimo proposito, appunto, le scale
sono escluse dal computo delle superfici non
residenziali per servizi ed accessori
computabili per la determinazione del costo
di costruzione (cfr. TAR Lombardia,
21/01/1984 n. 84); di conseguenza, sono
prive di incidenza sul costo di costruzione
dell’edificio (cfr. Mod. 7-bis allegato
all’art. 11 del d.m. ll.pp. 801/1977)
(TAR
Basilicata,
sentenza 29.10.2008 n. 721 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTUALI: Incarichi
di progettazione al professionista: norme
applicabili e regime tariffario.
L’Autorità per
i Lavori Pubblici, oggi Autorità di
Vigilanza sui contratti pubblici, ha il
compito di vigilare affinché fosse
assicurata l’economicità di esecuzione dei
lavori pubblici e sull’osservanza della
disciplina legislativa e regolamentare in
materia verificando, anche con indagine
campionarie, la regolarità delle procedure
di affidamento dei medesimi; tali compiti
costituiscono per l’Autorità un obbligo, non
una mera facoltà e l’adempimento al suddetto
obbligo non è condizionato dall’iniziativa
di terzi, per cui palesemente l’Autorità è
legittimata ad agire d’ufficio.
I poteri dell’Autorità attengono
all’affidamento ed esecuzione dei lavori
pubblici e comprendono le problematiche
relative all’affidamento ed esecuzione degli
incarichi di progettazione e direzione
lavori, dal momento che i meccanismi di
assegnazione dei relativi incarichi
soggiacciono agli stessi principi che
presiedono all’assegnazione dei contratti di
appalto.
Nel caso in cui il Comune abbia affidato un
incarico ad un professionista, incardinato
nella propria struttura, un incarico
professionale che poi ha retribuito secondo
il regime proprio dei rapporti con i
professionisti esterni alla struttura,
confonde i due regimi, giungendo ad affidare
contratti di rilevanza esterna con la
libertà di scelta che gli è propria
nell’ambito delle decisioni interne alla
gestione della propria struttura; la
suddetta confusione di procedimenti ha
quindi portato a conferire incarichi esterni
sulla base di un mero intuitus personae. Di
modo che l’affidamento di incarichi di
progettazione e direzione nei confronti del
suddetto professionista deve avvenire nel
rispetto della normativa dettata per
l’affidamento dei suddetti incarichi a
dipendenti dell’ente e gli stessi devono
essere retribuiti secondo il sistema
normativo proprio dei dipendenti
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.10.2008 n. 5175
- link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 12.02.2009 |
QUESITI & PARERI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Permessi brevi.
Il
Comune richiedente osserva che nell'ambito
di taluni contratti decentrati era stata
introdotta la possibilità di richiedere dei
permessi brevi senza obbligo di recupero per
effettuare le visite specialistiche o gli
esami diagnostici presso le strutture
sanitarie pubbliche. Ciò premesso, chiede:
se è legittima la concessione di tali
permessi brevi al di fuori della disciplina
dell'art. 15 del D.P.R 268/1987;
in caso di risposta affermativa come ci si
debba regolare alla luce della nuova
normativa introdotta con la legge n.
133/2008;
se tali permessi debbano essere assoggettati
alla stessa disciplina delle assenze per
malattia (Regione Piemonte,
parere n.
189/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Rapporti di lavoro autonomo aventi
carattere occasionale.
La
fattispecie delineata nel quesito posto dal
Comune XXX riguarda i rapporti di lavoro
autonomo aventi carattere occasionale.
Per rispondere adeguatamente, si ritiene
utile sviluppare la tematica sotto i diversi
profili normativi che la caratterizzano (Regione Piemonte,
parere n.
188/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Trasformazione posto in dotazione
organica da categoria D a categoria C.
Il
Comune di XXX chiede se sia possibile, a
seguito di mobilità volontaria dipendente di
categoria D, trasformare il posto lasciato
vacante in posto di categoria C, con lo
stesso profilo (Regione Piemonte,
parere n.
140/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Competenze Istruttore tecnico -
geometra.
Il
Comune di XXX dispone alle proprie
dipendenze di n. 1 unità di personale,
assunta con contratto individuale di lavoro
a tempo indeterminato stipulato il
14.12.2007 nel profilo professionale di
"ISTRUTTORE TECNICO", categoria C.,
assegnata al Servizio Urbanistica–Edilizia
Privata, attualmente non iscritta all’Ordine
degli Ingegneri ed in possesso dei seguenti
titoli di studio:
- diploma di Geometra;
- diploma di Laurea in Ingegneria per
l’Ambiente e il Territorio.
Il Comune chiede, ai sensi dell’art. 79
della L.R. 05/12/1977, n. 56:
1) se detto personale possa progettare per
il Comune gli strumenti urbanistici generali
ed esecutivi, relative revisioni, varianti
(strutturali, parziali) e loro modifiche,
come contemplati dalla vigente Legge
Regionale Urbanistica;
2) se per lo svolgimento di dette o talune
di dette prestazioni il dipendente debba
necessariamente essere iscritto all’Albo
degli Ingegneri;
3) quali siano gli elaborati, previsti
dall’art. 14 comma 1 della Legge Regionale
56/1977 e s.m.i., che eventualmente detto
lavoratore NON è legittimato a formare (Regione Piemonte,
parere n.
137/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Progressione
verticale del personale.
Premesso che nel biennio 2006-2007, il
Comune richiedente (con circa 7.500 abitanti
e n. 36 dipendenti a tempo indeterminato) ha
assunto mediante concorso pubblico a
copertura di posti vacanti nella vigente
dotazione organica, nell’ambito
rispettivamente della Programmazione dei
fabbisogni di personale per il triennio
2006-2008 e per il triennio 2007-2009, le
seguenti due unità di personale a tempo
pieno ed indeterminato:
- n. 1 Agente di P.M. – cat. C (nel 2006);
- n. 1 Istruttore tecnico – cat. C (nel
2007).
L’attuale programmazione, relativa al
triennio 2008-2010, non prevede nuove
assunzioni dall’esterno.
Il Comune chiede parere circa la legittimità
di una eventuale modifica alla suddetta
programmazione, prevedendo una variazione
della vigente dotazione organica e la
contestuale copertura di n. 2 nuovi posti
mediante procedura selettiva interna
(progressione verticale) (Regione Piemonte,
parere n.
121/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Requisiti direttore lavori.
Il
sindaco del Comune di XXX chiede se un
dipendente dell’ente, con la laurea in
architettura, può assumere il ruolo di
direttore di lavori relativi alla
costruzione di una strada comunale (Regione Piemonte,
parere n.
120/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Procedura richiesta
part-time.
Nel Comune di XXX con una dotazione organica
di 5 unità di cui 2 in categoria D il
dipendente Istruttore Direttivo Area
Contabile ha richiesto la trasformazione
temporanea del rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale.
Poiché, come si evince dalla dotazione
organica, all'interno della categoria D, vi
è già un part-time nell'area tecnica
(rapporto che era anche a tempo pieno e
trasformato in data 1/10/1998 in tempo
parziale al 50%), il Comune chiede, quindi,
se sia possibile concedere, anche solo
temporaneamente, un altro part-time cat. D
nell'area contabile (art 4 comma 2 delle
"Code contrattuali" in data 14/09/2000) (Regione Piemonte,
parere n.
110/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Sicurezza sul lavoro.
Il Comune istante pone il seguente
articolato quesito:
In riferimento all’entrata in vigore il
15/05/2008 del D.Lgs. 09/04/2008, n. 81 in
materia di "Tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro”, si richiede
cortesemente di conoscere l'interpretazione
in merito ai commi 9 e 10 dell'art. 90 del
citato D.Lgs., in quanto il nuovo testo,
contrariamente a quanto indicato dal comma 8
- art. 3 del D.Lgs. 494/1996 ora abrogato,
prevede una differenziazione degli Enti
coinvolti e più precisamente:
- al punto c) del comma 9 viene prescritta
la trasmissione della documentazione
"all'Amministrazione competente";
- al comma 10 viene invece indicato che le
inadempienze devono essere comunicate
"all'Amministrazione concedente".
Dall'esame di quanto sopra si ritiene che il
legislatore abbia voluto inequivocabilmente
differenziare/diversificare le competenze
degli Enti preposti all'applicazione del
citato art. 90.
In merito questo Ufficio rileva che con la
vecchia norma venivano allegati soltanto
alcuni documenti di facile controllo
(iscrizione C.C.I.A.A., organico medio
annuo, contratto collettivo dei dipendenti,
D.U.R.C.), invece ora la nuova norma prevede
tra i vari documenti da presentarsi anche
una autocertificazione dell'idoneità
tecnico-professionale (come da Allegato XVII),
per la quale il relativo controllo
presuppone delle specifiche competenze che
si ritiene non siano in capo ai Comuni, ma
all’A.S.L. ed in particolare al relativo
Servizio sugli ambienti di lavoro (S.PRE.S.A.L.) (Regione Piemonte,
parere n.
104/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Progressioni
verticali.
Il Comune di XXX, di entità demografica minima (molto inferiore ai 1.000
abitanti), chiede parere circa la
possibilità di effettuare progressione
verticale (dalla categoria C alla categoria
professionale D) dei propri due (soli)
dipendenti già incaricati di posizione
organizzativa (l’uno responsabile dei
servizi tecnici, l’altro responsabile dei
servizi demografici e di ragioneria).
Aggiunge che i medesimi non sono laureati e
prestano servizio parziale presso altri enti
pubblici nell’ambito di gestioni
convenzionate (Regione Piemonte,
parere n.
86/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Incarico geometra.
Il Comune XXX chiede al servizio di
consulenza regionale se potrà continuare la
gestione del servizio urbanistico mediante
affidamento a geometra delle seguenti
funzioni:
- istruttoria delle pratiche edilizie
presentate, con eventuale predisposizione di
richieste integrative;
- sopraluoghi, contatti con l’utenza, ecc.;
- consulenza in materia tecnico–urbanistica
agli uffici comunali, al segretario comunale
e agli amministratori;
- eventuale predisposizione di studi di
fattibilità (Regione Piemonte,
parere n.
43/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
APPALTI:
Lo
schema di "Regolamento di esecuzione del
Codice dei Contratti Pubblici" (articolo 5
decreto legislativo 163/2006) nel
testo ricevuto dal Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici (link a www.giurdanella.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del
09.02.2009, "D.g.r. 01.10.2008, n. 8/8139
«Modifiche ed integrazioni alla d.g.r. n.
7977/2008 "Determinazioni in merito alla
verifica della sussistenza dei requisiti di
organizzazione e di competenza
tecnico-scientifica per l'esercizio delle
funzioni paesaggistiche"(art. 146, comma 6
d.lgs. n. 42/2004)», pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia
n. 42 Serie Ordinaria del 13.10.2008" (errata-corrige
n. 6/01-Se.O. 2008 - link a
www.infopoint.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
La Cassazione conferma: circolari, atti
interni all'Amministrazione.
I giudici
tornano sulla valenza dei documenti di
prassi, illustrando una serie di principi di
carattere generale
Natura ed effetti delle circolari. Potrebbe
così intitolarsi la sentenza n. 237,
depositata il 09.01.2009, con cui la
Cassazione, riprendendo il noto precedente
rappresentato dalla pronuncia n. 23031 del
09.10.2007, è tornata nuovamente sul tema
della valenza dei documenti di prassi
dell'Amministrazione finanziaria,
illustrando, quasi didatticamente, una serie
di principi generali relativi al ruolo delle
circolari rispetto alla gerarchia delle
fonti e alla portata che esse possono
assumere tanto nei confronti della stessa
Amministrazione emanante, globalmente
considerata, quanto nei confronti dei
contribuenti solo "impropriamente"
destinatari delle medesime
(link a www.nuovofiscooggi.it). |
CORTE DEI CONTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune
di Samarate (Va) in merito
"alla corretta interpretazione e conseguente
applicazione dell'articolo 32 comma 1,
lettera g), del codice dei contratti
pubblici anche ai sensi dell'art. 253, comma
1, del codice degli appalti, come dalla nota
prot. 26734 del 23.10.2008 dell'Ente stesso".
Il quesito posto dal Comune di Samarate si
inserisce nella complessa evoluzione del
quadro normativo riguardante il Codice dei
Contratti pubblici che, anche con
riferimento all’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo dei relativi
contributi, ha come obiettivo fondamentale
l’applicazione dei principi generali di
trasparenza, libera concorrenza e parità di
trattamento nella realizzazione dei lavori
pubblici, compresi quelli di importo
inferiore alla soglia comunitaria.
Il Sindaco chiede, in particolare, il parere
della Sezione in merito alla nuova
formulazione dell’art. 32, comma 1, lettera
g), introdotta dal decreto legislativo
152/2008 quando “la convenzione tra
amministrazione comunale e lottizzante
risulti già essere stata sottoscritta in
data antecedente il 17.10.2008 ma non sia
stato ancora rilasciato il permesso a
costruire al lottizzante”.
La Sezione osserva, in primo luogo, che il
disegno del legislatore è quello di evitare
che attraverso l’affidamento diretto al
privato titolare del permesso di costruire
della realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo venga elusa la
necessità del ricorso alle procedure ad
evidenza pubblica.
Ed infatti l’art. 32, comma 1, lettera g),
sia nell’attuale formulazione che in quella
previgente, ha previsto per tali opere di
importo superiore alla soglia comunitaria
una serie di adempimenti che hanno come
scopo principale quello dell’esperimento
della gara di appalto.
Poiché dal quesito risulta che la
convenzione fra amministrazione comunale e
lottizzante sia già stata sottoscritta, ma
non sia stato ancora rilasciato il permesso
di costruire, si ritiene che il Comune non
si possa sottrarre all’obbligo, di
rispettare, al momento del rilascio del
permesso di costruire, gli adempimenti
fissati dall’art. 32, comma 1, lettera g).
Il permesso di costruzione costituisce, in
altre parole, il presupposto per l’adozione
delle procedure di gara previste dalla
legge.
Va rilevato peraltro che la nuova
formulazione dello stesso articolo disposta
dal decreto legislativo 11.09.2008 n. 152
(c.d. terzo decreto correttivo) ha
rafforzato i principi richiamati, avendo
soppresso l’eventualità che i titolari del
permesso di costruzione potessero agire in
veste di promotori e che potessero avvalersi
del diritto di prelazione successivamente
alla conclusione della gara.
Si deve ritenere inoltre coerente con i
criteri generali prima citati anche
l’abolizione dell’obbligo di trasmissione
degli atti alla competente Procura regionale
della Corte dei Conti disposta con la
modifica dell’art. 122, comma 8, del Codice
dei contratti, così come sostituito
dall’art. 1 del decreto leg.vo 152/2008 in
conseguenza dell’estensione alle opere di
urbanizzazione a scomputo sotto soglia di
una procedura negoziata secondo le modalità
di cui all’art. 57, comma 6 dello stesso
codice.
Occorre infine segnalare che per la natura
transitoria della disciplina di cui all’art.
253 Codice dei contratti pubblici, le
disposizioni in esso contenute non possono
essere riferite a fattispecie intervenute
con la recente modifica apportata al codice.
Il legislatore avrebbe potuto espressamente
dettare norme di diritto transitorio che, al
contrario, non si rinvengono nel testo del
decreto legislativo n. 152/2008 e questo
conferma l'applicabilità dei principi
generali in caso di successione delle leggi
nel tempo ai rapporti giuridici pendenti
(cioè già sorti sotto il vigore della legge
precedente ma non ancora esauriti nel
momento in cui entra in vigore quella nuova)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 26.11.2008 n. 95
- link a www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Anche in Lombardia la
ristrutturazione edilizia, intesa come
demolizione/ricostruzione di fabbricato
esistente, deve rispettare, oltre al volume
della costruzione preesistente, anche la
sagoma.
Le regioni esercitano la potestà legislativa
concorrente in materia edilizia nel rispetto
dei principi fondamentali della legislazione
statale desumibili dalle disposizioni
contenute nel testo unico (DPR 380/2001).
L’art. 27, c. 1, lett. d), della L.R.
11.03.2005, n. 12 prevede che “nell’ambito
degli interventi di ristrutturazione
edilizia sono ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e
ricostruzione parziale o totale nel rispetto
della volumetria preesistente fatte salve le
sole innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica”.
La norma tace in particolare in merito al
profilo della sagoma lasciando il dubbio in
merito alla sorte di questo elemento. In
considerazione del fatto che l’art. 3, comma
1, lettera d), del D.P.R. 380/2001
stabilisce che nell'ambito degli interventi
di ristrutturazione edilizia sono ricompresi
anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione purché mantengano la stessa
volumetria e sagoma di quello preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie
per l'adeguamento alla normativa
antisismica.
Occorre chiarire quindi se in caso di
demolizione e ricostruzione il rispetto della sagoma
previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R.
380/2001 costituisca espressione di un principio generale
che orienti anche l’interpretazione della legislazione
regionale. In primo luogo occorre chiarire che all’utilizzo
a tale scopo dell’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R.
380/2001 non osta la sua disapplicazione ad opera dell’art.
103 della legge regionale 11.03.2005, n. 12, in quanto la
norma in questione è sicuramente, in tutto o in parte, norma
di principi in quanto contiene le definizioni degli
interventi edilizi, che
costituiscono l’architrave di tutto l’impianto normativo del
D.P.R. 380/2001 (vedi TAR
Abruzzo, Pescara 14.04.2005 n. 185; TAR Abruzzo, Pescara,
20.12.2002, n.
1182; TAR
Abruzzo, L’Aquila,
22.09.2008 n. 1114 in materia di
ristrutturazione edilizia).
Tali principi prevalgono sulla normativa
regionale, così come previsto dal comma 1 dell’art. 2 del
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, secondo il quale "le regioni
esercitano la potestà legislativa concorrente in materia
edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della
legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute
nel testo unico" (vedi in merito Cons. Stato, Adunanza
Plenaria, sentenza 07.04.2008 n. 2).
Il D.P.R. 380/2001 ha “positivizzato” la
distinzione degli interventi di ristrutturazione edilizia in
due tipologie principali, sottoposte a differente
disciplina:
a) le ristrutturazioni che non comportino
demolizione e ricostruzione, per le quali sono ammesse anche
modifiche di volumetria e di sagoma (c.d. intervento
conservativo);
b) le ristrutturazioni con demolizione e
ricostruzione, soggette al vincolo del rispetto delle
precedenti volumetria e sagoma (c.d. intervento
ricostruttivo).
In questo secondo caso il rispetto della
sagoma è richiesto perché, eliminati tutti gli elementi
materiali dell’edificio preesistente, la sagoma è il solo
elemento fisico che permette di individuare quel
collegamento con l’edificio abbattuto che costituisce la
ratio della qualificazione di un intervento come di
ristrutturazione edilizia.
In secondo luogo il suo ampliamento oltre i
limiti del volume e della sagoma comporterebbe il venir meno
della finalità della normativa statale e regionale, che è
quello del recupero del patrimonio esistente mediante la
liberalizzazione degli interventi sul patrimonio
immobiliare, al fine di migliorare e ammodernare i
fabbricati più vecchi e malridotti. Come chiarito dalla
giurisprudenza, infatti, l’art. 3 del D.P.R. 380/2001, c. 1,
lett. d), così come modificato dall'art.
1,
D.Lgs. 27.12.2002, n. 301, “è norma di principio ………, in
base alla sua logica ………… che è quella di fornire uno
strumento per il recupero del patrimonio esistente:
abbandonando il limite della sagoma preesistente, tale
obiettivo non verrebbe più raggiunto, nel senso che si
realizzerebbe un nuovo edificio di volume identico al
preesistente, che certo ne mantiene il carico urbanistico,
ma non ne conserva necessariamente alcuno dei valori
estetici e funzionali. Appare allora incongruo che tale
esigenza possa venire accantonata senz’altro dalla
legislazione regionale” (TAR Lombardia, Brescia,
13.05.2008 n. 504).
Ulteriori perplessità in ordine
all’ampliamento del concetto di ristrutturazione fino a
comprendervi anche le modifiche di sagoma, deriva dal regime
giuridico connesso agli interventi di ristrutturazione.
Infatti è opinione comune della giurisprudenza (Cass. civ.,
sez. II, 12.06.2001, n. 7909; TAR Calabria, Reggio Calabria,
24.01.2001, n. 36; Cons. Stato, sez. V, 14.11.1996, n. 1359;
Puglia, Bari, sez. III, 22.07.2004 n. 3210)
che per la ristrutturazione edilizia, anche mediante
ricostruzione dell'edificio demolito, restano ferme le norme
urbanistiche vigenti al tempo in cui venne rilasciato
l’originario titolo edilizio, con la conseguenza che non
sono applicabili le prescrizioni ed i vincoli imposti dagli
strumenti urbanistici sopravvenuti.
La ratio di questa disciplina tipica
della ristrutturazione edilizia è quello di favorire
l’attuazione di tutti quegli interventi migliorativi del
patrimonio edilizio esistente che lasciano inalterato il
tessuto urbanistico ed architettonico preesistente, ancorché
difformi dalle nuove norme che regolano l’attività di
trasformazione del territorio.
La modifica senza alcun limite della sagoma delle
costruzioni è chiaramente elemento che modifica fortemente
il tessuto urbano e dà vita ad una trasformazione edilizia
ed urbanistica del territorio che, secondo la legislazione
statale (art. 3, c. 1, lett. e), D.P.R. 380/2001) e
regionale (art. 27, c. 1, lett. e), L.R. 12/2005), è effetto
tipico delle nuove costruzioni e richiede che sia
disciplinato dalla normativa urbanistica ed edilizia
vigente.
E’ il caso, come quello in decisione, nel
quale si verifica un aumento del carico urbanistico. Infatti
nel progetto presentato dalla ricorrente il volume che
costituiva piano interrato doveva essere utilizzato per
creare un nuovo piano fuori terra, con conseguente aumento
del carico urbanistico. In tal caso l’aumento del peso
insediativo creato dall’immobile richiede la necessaria
valutazione dei servizi da realizzare e dell’impatto sul
tessuto urbanistico esistente, di competenza degli strumenti
di pianificazione comunale.
In quest’ottica, inoltre, il superamento
delle prescrizioni e dei vincoli imposti dagli strumenti
urbanistici sopravvenuti, costituisce un vulnus della
competenza comunale in materia urbanistica che dev’essere
interpretato restrittivamente, giustificando così, anche
sotto questo aspetto, un’interpretazione della nozione di
ristrutturazione dettata in sede regionale in senso conforme
a quella nazionale.
Deve quindi ritenersi condivisibile la
considerazione fatta in giurisprudenza (TAR Lombardia,
Brescia, 13.05.2008 n. 504) secondo la quale “il concetto
di ristrutturazione previa demolizione come intervento che
rispetta sia il volume sia la sagoma dell’edificio
preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in
giurisprudenza, sì che è poco credibile che il legislatore
regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una
innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare
con termini espressi tale intento”
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.01.2009 n. 153). |
EDILIZIA PRIVATA:
Anche in Lombardia, dopo la l.r. n. 12/2005,
la demolizione/ricostruzione di un
fabbricato (intesa come ristrutturazione
edilizia) deve rispettare la sagoma
esistente.
L'art. 103 della l.r. lombarda n. 12/2005
non può disapplicare l'art. 3
del T.U. dell'edilizia per cui le disposizioni dell’art.
27 della l.r. prevarrebbero sull’art. 3 del
T.U. nazionale: la legge regionale, pur dopo
la riforma del titolo V parte II della
Costituzione, incontra pur sempre una serie
di limiti rispetto alla legge statale, e non
può derogarvi a piacimento. Il concetto di
ristrutturazione delimitato dalla legge
nazionale è una norma di principio ai sensi
dell’art. 117 Cost..
Il Collegio è dell’avviso che di norma di
principio si debba parlare, in base alla sua
logica come sopra ricostruita, che è quella
di fornire uno strumento per il recupero del
patrimonio esistente: abbandonando il limite
della sagoma preesistente, tale obiettivo
non verrebbe più raggiunto, nel senso che si
realizzerebbe un nuovo edificio di volume
identico al preesistente, che certo ne
mantiene il carico urbanistico, ma non ne
conserva necessariamente alcuno dei valori
estetici e funzionali. Appare allora
incongruo che tale esigenza possa venire
accantonata senz’altro dalla legislazione
regionale. In tali termini, seguendo il
costante insegnamento della Corte
costituzionale, per cui sin quando possibile
una legge ordinaria va interpretata in modo
conforme a Costituzione, si deve concludere
che il limite della sagoma, attinente ad un
principio, nella norma lombarda che non lo
prevede espressamente, vada ricavato per via
di interpretazione logica e sistematica
Nella normativa nazionale, gli interventi di
ristrutturazione edilizia sono definiti
dall’art. 3, comma 1, lettera d), del T.U.
06.06.2001 n. 380, come “interventi
rivolti a trasformare gli organismi edilizi
mediante un insieme sistematico di opere che
possono portare ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o
la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione,
la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti”. La norma poi
prosegue affermando che “nell'ambito
degli interventi di ristrutturazione
edilizia sono ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria e
sagoma di quello preesistente, fatte salve
le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica.”
La norma in questione, peraltro di per sé
non oscura, è interpretata dalla
giurisprudenza costante nel senso che per
aversi la ristrutturazione contemplata dalla
sua seconda parte, ovvero sia la
ristrutturazione che passa per la previa
demolizione dell’esistente, non si possa
prescindere dal rispetto, nella successiva
ricostruzione del manufatto, sia della
volumetria sia della sagoma dell’edificio
preesistente, osservandosi che in caso
contrario la distinzione fra
ristrutturazione e costruzione nuova
svanirebbe di fatto, potendosi altrimenti
definire ristrutturazione qualsiasi edificio
nuovo sorto là dove preesisteva qualunque
altro edificio con lo stesso volume (C.d.S.
sez. IV 22.03.2007 n. 1388 e 16.03.2007 n.
1276, nonché C.d.S. sez. V 19.02.2007 n.
827, per non citare che le più recenti).
La ragione ultima di tale scelta legislativa
è spiegata, in termini che il Collegio
condivide, nell’ampia motivazione di C.d.S.
sez. V 30.08.2006 n. 5061, ove si ricorda
che antecedente storico dell’art. 3 citato è
l’art. 31 della l. 457/1978, volta a
disciplinare nel loro complesso gli “interventi
di recupero del patrimonio edilizio
esistente”: in tale contesto, la
demolizione rappresenta un caso limite,
quello in cui per recuperare un dato
edificio, compromesso in modo serio, è
necessario abbatterlo e rifarlo dalle
fondamenta; è quindi intesa come uno
strumento, se pure riservato a casi
particolari, per raggiungere il fine di
riportare l’esistente alla primitiva
condizione, il che ovviamente non si avrebbe
se il nuovo edificio avesse una sagoma
diversa.
Per completezza si osserva come l’art. 3
citato preveda alla lettera d) due distinte
ipotesi di ristrutturazione: quella appena
descritta, per la quale si demolisce, e
quella prevista dalla prima parte della
norma, che può comportare anche
l’inserimento di nuovi volumi, ed anche
modifiche della sagoma che ad essi possono
ben conseguire, ma dall’esistente non
prescinde, perché lo altera senza
distruggerlo. Ciò posto, è ben comprensibile
come il successivo art. 10 del T.U.
distingua, prevedendo per taluni interventi
di ristrutturazione, fra i quali appunto
quelli che modificano il volume, il più
oneroso titolo abilitativo costituito dal
permesso di costruire. Ciò tuttavia, come
correttamente osservato dalla difesa del
Comune, non comporta una contraddizione in
termini definitori, ma solo una diversa
disciplina dei titoli abilitativi
all’interno di una stessa categoria, che ad
altri fini, tra i quali la stessa
possibilità di procedervi a norma del Piano
che qui rileva, rimane unitaria.
In tale contesto, l’art. 27, comma 1, della
l.r. Lombardia 11.03.2005 n. 12 definisce,
così come fa l’art. 3 del T.U. nazionale, i
vari interventi edilizi, con norme che, ai
sensi del successivo art. 103, si dichiarano
prevalenti sulla normativa nazionale, e alla
lettera d) considera interventi di
ristrutturazione edilizia “gli interventi
rivolti a trasformare gli organismi edilizi
mediante un insieme sistematico di opere che
possono portare ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o
la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione,
la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti. Nell'ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono
ricompresi anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione parziale o
totale nel rispetto della volumetria
preesistente fatte salve le sole innovazioni
necessarie per l'adeguamento alla normativa
antisismica.”
La lettera della norma differisce da quella
dell’art. 3 perché nella seconda parte,
sempre relativa alla ristrutturazione che
passa per la demolizione, di rispetto della
sagoma non si parla. Si tratta allora di
stabilire se il limite in parola sia
scomparso, e la ristrutturazione previa
demolizione in Lombardia sia tale sol che
sia rispettato il volume preesistente, come
sostiene il ricorrente, ovvero se il limite
rimanga implicito, e vada desunto in via
interpretativa, come ritiene il Comune.
Il Collegio è per la seconda alternativa. Si
osserva preliminarmente, in termini
generali, che il concetto di
ristrutturazione previa demolizione come
intervento che rispetta sia il volume sia la
sagoma dell’edificio preesistente è ben
fermo e ripetuto di frequente in
giurisprudenza, sì che è poco credibile che
il legislatore regionale, il quale
intendesse abbandonarlo per proporre una
innovazione, lo abbia fatto per implicito,
senza palesare con termini espressi tale
intento.
Va poi osservato che non è decisivo sul
punto l’art. 103 citato della stessa l.r.,
per cui le disposizioni dell’art. 27
prevarrebbero sull’art. 3 del T.U.
nazionale, comportandone la disapplicazione:
la legge regionale, pur dopo la riforma del
titolo V parte II della Costituzione,
incontra pur sempre una serie di limiti
rispetto alla legge statale, e non può
derogarvi a piacimento. Occorre pertanto
chiedersi se una deroga consimile sia o non
sia consentita dalla Costituzione, ovvero in
termini più espliciti se il concetto di
ristrutturazione delimitato dalla legge
nazionale sia o non sia una norma di
principio ai sensi dell’art. 117 Cost.
Il Collegio è dell’avviso che di norma di
principio si debba parlare, in base alla sua
logica come sopra ricostruita, che è quella
di fornire uno strumento per il recupero del
patrimonio esistente: abbandonando il limite
della sagoma preesistente, tale obiettivo
non verrebbe più raggiunto, nel senso che si
realizzerebbe un nuovo edificio di volume
identico al preesistente, che certo ne
mantiene il carico urbanistico, ma non ne
conserva necessariamente alcuno dei valori
estetici e funzionali. Appare allora
incongruo che tale esigenza possa venire
accantonata senz’altro dalla legislazione
regionale. In tali termini, seguendo il
costante insegnamento della Corte
costituzionale, per cui sin quando possibile
una legge ordinaria va interpretata in modo
conforme a Costituzione, si deve concludere
che il limite della sagoma, attinente ad un
principio, nella norma lombarda che non lo
prevede espressamente, vada ricavato per via
di interpretazione logica e sistematica (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 13.05.2008 n. 504 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 09.02.2009 |
QUESITI & PARERI |
ENTI LOCALI:
Non sono incompatibili le cariche
di consigliere comunale e di assessore in
due comuni della stessa Regione.
Lo afferma il Consiglio di Stato in un
parere su un quesito rivolto dalla Direzione
centrale per le autonomie del Ministero
dell'Interno (Consiglio di Stato, Sez. I,
parere 22.10.2008 n. 3376 - link
a www.interno.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Categoria destinazione d’uso
“Pensione per cani”.
Viene chiesto quale sia la categoria di
destinazioni d’uso in cui rientra una
“pensione” per cani; conseguentemente, in
quali ambiti urbanistici essa sia
localizzabile (Regione Piemonte,
parere n. 204/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Acquisizione fabbricato rurale.
Viene chiesto
un parere in merito alla possibilità, per il
Comune XXX, di acquisire un fabbricato
rurale abbandonato ed in precarie condizioni
strutturali, costituente pericolo per
l’incolumità pubblica; subordinatamente, si
chiede quale procedura risulti applicabile,
al caso di specie, al fine di provvedere
alla messa in sicurezza dell’immobile;
infine, se il Comune XXX possa autorizzare
il proprietario dell’edificio adiacente ad
accedere al fabbricato in questione per
eseguire, a proprie spese, le opere di
ripristino, alle quali è anch’egli
interessato
(Regione Piemonte,
parere n. 199/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Piano di recupero.
Si chiede
parere in merito ad un Piano di Recupero,
comportante la demolizione e la successiva
fedele ricostruzione di un edificio a tre
piani fuori terra, il cui termine decennale
di efficacia risulta ormai scaduto
(Regione Piemonte,
parere n. 186/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Compatibilità lavoro pubblico e
libera professione.
Il quesito è
del seguente tenore:
“Si vorrebbe conoscere se un geometra che
ricopra nella pianta organica comunale il
posto di istruttore tecnico categoria "C1"
(part-time), può esercitare previa
autorizzazione dell'Amministrazione la
libera professione.
Si è a conoscenza che tale possibilità
esiste se il part-time è svolto per un
massimo di 18 ore settimanali.
Si vorrebbe conoscere se esiste la
possibilità di derogare tale limite con un
massimo di 25 ore settimanali”
(Regione Piemonte,
parere n. 42/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Utilizzo personale proveniente da
altro Comune.
Il Comune XXX
ha intenzione di utilizzare un istruttore
dipendente di ruolo a tempo pieno di altro
Comune vicino, ai sensi dell'art. 1, comma
557 della legge 311/2004.
Il servizio sarà prestato a scavalco in
orario non coincidente con quello svolto
presso il Comune di provenienza che potrà
operare al di fuori del proprio normale
orario, nei modi previsti dall’art. 53 del
D.Lgs. 165/2001.
L’interessato sarà assunto con un rapporto
di lavoro subordinato, a tempo determinato
ed a part-time, con una prestazione
settimanale non superiore a 12 ore
settimanali, regolarmente retribuito
direttamente dal Comune utilizzatore, in
base alla categoria contrattuale di
appartenenza previa autorizzazione
dell’Amministrazione di provenienza.
Si richiede di conoscere se la procedura
come sopra esposta, in base alla normativa
vigente, è corretta
(Regione Piemonte,
parere n. 40/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Affidamento incarichi esterni a
personale dipendente.
Il quesito è
del seguente tenore:
“Alla luce della Finanziaria 2008 –e
premettendo che si tratta di Enti sotto i
5.000 abitanti– è ancora possibile che il
Comune A autorizzi un proprio dipendente a
svolgere servizio presso il Comune B al di
fuori dell’orario di lavoro (cosiddetto
“scavalco” di dipendente ai sensi dell’art.
1 comma 557 della legge n. 311/2004) per un
tempo medio/lungo (oltre l’anno) per
sopperire a carenze organiche fisiologiche
(non si tratta di maternità o di
aspettativa) del Comune B?
Questo tipo di incarico esula
dall’applicazione della normativa relativa
agli incarichi per
consulenze/studio/ricerche di cui all’art. 7
del D.Lgs. 165/2001?”
(Regione Piemonte,
parere n. 32/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Possibilità di trasformare a
tempo pieno posto coperto a tempo parziale.
Il Comune XXX
chiede se, in base alle disposizioni della
legge finanziaria 2008, è possibile in un
Comune inferiore a 2000 abitanti,
trasformare un posto, già coperto a tempo
parziale (32 ore settimanali), in un posto a
tempo pieno (36 ore settimanali) e a quali
condizioni?
(Regione Piemonte,
parere n. 31/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Comune privo di Ufficio Tecnico.
Il quesito è del seguente tenore:
“Questo Comune, che ha soli 350 abitanti, è
privo di un ufficio tecnico e non ha un
posto vacante in pianta organica per
l’assunzione, anche solo a tempo parziale,
di un tecnico comunale. Le funzioni di
responsabile del servizio tecnico sono
svolte dal sindaco ma, nonostante ciò,
esiste la reale necessità di ricorrere alla
prestazioni di un tecnico per le principali
incombenze relative all’edilizia,
all’urbanistica ed ai lavori pubblici.
In Comuni vicini la sezione regionale della
Corte dei Conti ha censurato il ricorso a
contratti di lavoro autonomo con liberi
professionisti considerandolo un illegittimo
rapporto di consulenza.
Come si può legittimamente risolvere tale
problema?
Il segretario comunale ci ha suggerito di
convenzionarci con altri Comuni delle nostre
dimensioni per risolvere in modo organico il
problema.
Può lo strumento della convenzione
rappresentare una soluzione valida?
Può, altrimenti, conferirsi un incarico di
lavoro autonomo anche se, di fatto, si
tratta dello svolgimento di mansioni tipiche
del lavoro subordinato?
Nel caso si venisse a concretare anche
secondo codesto servizio di consulenza un
rapporto di consulenza di importo superiore
a € 5.000,00 esiste l’obbligo di
segnalazione alla Corte dei Conti?
Esiste tale obbligo anche in caso di
incarico conferito per un compenso di
importo inferiore a tale cifra?” (Regione
Piemonte,
parere n. 13/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
ENTI LOCALI:
Mobilità tra diversi profili
professionali.
Il Comune XXX,
ente non soggetto al patto di stabilità,
chiede:
1) Se è possibile attivare l'assunzione di
un nuovo Agente di polizia municipale,
mediante l'istituto della mobilità tra Enti,
alla luce dell'entrata in vigore
dell'attuale Legge Finanziaria 2008.
2) Se è possibile attivare la mobilità di un
dipendente ARPA - "C3 Assistente Tecnico"
per coprire un posto di "Agente di Polizia
Municipale" presso questo Comune - cat. C1
(Regione Piemonte,
parere n. 12/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl. straord. n. 5 del
06.02.2009, "Approvazione degli allegati
tecnici relativi alle autorizzazioni in via
generale per attività in deroga ex art. 272,
comma 2, del d.lgs. - Attuazione della
d.g.r. n. 8/8832 del 30.12.2008"
(decreto
D.S. 26.01.2009 n. 532 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 5 del
06.02.2009, "Modifiche e integrazioni
alla legge regionale 16.07.2007, n. 15
(Testo unico delle leggi regionali in
materia di turismo) - Disposizioni sulle
strutture alpinistiche"
(L.R.
03.02.2009 n. 2 - link a www.infopoint.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Ministero Finanze: saggio
interessi per ritardo nei pagamenti.
Il Ministero delle finanze ha comunicato, ai
sensi dell'articolo 5, comma 2, del Decreto
Legislativo 09.10.2002, n. 231, che il
saggio d'interesse applicabile per i ritardi
nei pagamenti nelle transazioni commerciali,
al netto della maggiorazione ivi prevista (7
o 9 punti percentuali a seconda dei beni
oggetto di transazione), è pari al 2,50% per
il semestre 1° gennaio-30 giugno 2009. Ciò
significa che il saggio di interesse a
favore del creditore nei casi di ritardo di
pagamento nelle transazioni commerciali sarà
del 9,50%.
Ricordiamo che il decreto (e pertanto la
disciplina sugli interessi di mora) è
applicabile ai contratti stipulati
successivamente all'08.08.2002. La
successione degli interessi da tale data è
la seguente:
08.08.2002 - 31.12.2002 tasso applicabile
del 10,35 %;
01.01.2003 - 30.06.2003 tasso applicabile
del 9.85 %;
01.07.2003 - 31.12.2003 tasso applicabile
del 9,10 %;
01.01.2004 - 30.06.2004 tasso applicabile
del 9,02 %;
01.07.2004 - 31.12.2004 tasso applicabile
del 9,01 %;
01.01.2005 - 30.06.2005 tasso applicabile
del 9,09 %;
01.07.2005 - 31.12.2005 tasso applicabile
del 9.05 %;
01.01.2006 - 30.06.2006 tasso applicabile
del 9,25 %;
01.07.2006 - 31.12.2006 tasso applicabile
del 9,83 %;
01.01.2007 - 30.06.2007 tasso applicabile
del 10,58%;
01.07.2007 - 31.12.2007 tasso applicabile
del 11,07%;
01.01.2008 - 30.06.2008 tasso applicabile
del 11,20%;
01.07.2008 - 31.12.2008 tasso applicabile
del 11,10%;
01.01.2009 - 30.06.2009 tasso applicabile
del 9,50%.
(Ministero dell'Economia e delle Finanze,
Comunicato: Saggio degli interessi da
applicare a favore del creditore nei casi di
ritardi nei pagamenti nelle transazioni
commerciali - pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 02.02.2009, n. 26) (tratto da
www.filodiritto.com). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
S. Civitarese Matteucci,
Note sulla realizzazione delle opere di
urbanizzazione nell'ambito dei comparti
edilizi e dei "programmi complessi" sulla
base della disciplina del codice dei
contratti pubblici (link a
www.pausania.it). |
APPALTI:
S. Lazzini,
Dossier sull’impegno ad emettere la cauzione
definitiva abbinato alla cauzione
provvisoria e le clausole di cui al dm
123/2004 (link a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
D. A. Modaffari,
Il delitto di peculato e il rapporto con il
reato di abuso di ufficio (link a
www.diritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
Impianti radioelettrici già realizzati e
silenzio-assenso ex art. 87 D.lgs. n. 259
del 2003 (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G. Ianni,
VINCOLO PAESAGGISTICO E INTERESSE
ARCHEOLOGICO: LA COMPETENZA DELLA
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI AD
ESPRIMERE IL PARERE DI CUI ALL'ART. 2, COMMA
78, L. N. 662 DEL 1996 (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. di Rubbo,
NATURA DELL'ORDINANZA CHE DISPONE LA
RIMOZIONE DEI CARTELLI PUBBLICITARI A
SEGUITO DI INDEBITA AFFISSIONE E
GIURISDIZIONE DEI GIUDICI ORDINARI
(link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
C. Russo,
I TITOLI ABILITATIVI DEGLI INTERVENTI
EDILIZI (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Finazzi,
CRITERI GENERALI PER L’ASSIMILAZIONE DELLE
ACQUE REFLUE ALLE ACQUE REFLUE DOMESTICHE
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Rizzuto,
Vigilanza e controllo (in materia
ambientale) (link a
www.industrieambiente.it). |
ENTI LOCALI:
Rassegna della giurisprudenza amministrativa
e delle sezioni consultive del Consiglio di
Stato – ANNO 2008 (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
P. de Lise,
Effettività della tutela e processo sui
contratti pubblici (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
G. Penzo Doria,
Siamo tutti pubblici ufficiali?
(link a www.lexitalia.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
A. Bruno,
Gli obblighi di fare infungibili (fungibili)
nel pubblico impiego privatizzato
(link a www.lexitalia.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Nel caso di specie trova applicazione la
disciplina prevista dalla deliberazione
dell’Autorità del 10.01.2007,
concernente l’ammontare delle contribuzioni
dovute ai sensi dell’art. 1, commi 65 e 67,
della legge n. 266/2005, poiché il bando di
gara in questione è stato pubblicato sulla G.U.R.I. in data 25.01.2008.
Nel documento “Istruzioni relative alle
contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1
comma 67, della legge 23.12.2005, n. 266, da
soggetti pubblici e privati”, pubblicato
sul sito internet istituzionale al punto
concernente le “modalità e termini di
versamento della contribuzione”, si
stabilisce che le stazioni appaltanti che
intendono avviare una procedura di
affidamento devono connettersi al Sistema
Informativo di Monitoraggio delle Gare (SIMOG)
sul sito dell’Autorità, il quale attribuisce
alla procedura un codice identificativo
gara, denominato CIG e determina, sulla base
delle informazioni fornite dalla stazione
appaltante, l’importo delle contribuzioni a
carico delle stazioni appaltanti e dei
partecipanti, nonché il termine di scadenza
dei pagamenti.
Si fa inoltre presente che, nelle medesime
Istruzioni, l’Autorità ha chiarito che “…nel
caso di appalti di lavori pubblici,
l’importo a base di gara, da considerare ai
fini della individuazione delle soglie di
contribuzione, deve intendersi comprensivo
degli oneri di sicurezza”.
Ne consegue, pertanto, che avendo la
stazione appaltante comunicato al SIMOG un
erroneo importo, ossia € 966.774,29, e non
l’importo complessivo di € 1.025.973,60,
comprensivo degli oneri di sicurezza pari a
€ 59.199,31, il Sistema ha determinato il
contributo da versare all’Autorità nella
misura di € 50,00, facendo riferimento al
secondo scaglione (da 500 fino ad un importo
inferiore a 1.000 in migliaia di euro) della
tabella di cui all’art. 2 della
deliberazione succitata; viceversa l’appalto
era di importo complessivo rientrante nel
terzo scaglione (da 1.000 fino ad un importo
inferiore a 5.000 in migliaia di euro),
pertanto il contributo da versare doveva
essere pari a €80,00.
Deve osservarsi, tuttavia, che il punto 12)
del bando di gara, relativo all’obbligo del
versamento in favore dell’Autorità, risulta
alquanto generico, non riportando l’importo
del contributo da versare e rimandando alle
istruzioni operative presenti sul sito
dell’Autorità.
Conseguentemente, come l’Autorità ha più
volte espresso (anche con parere n. 34 del
31.01.2008), l’adempimento richiesto non può
considerarsi sufficientemente chiaro.
In particolare, la stazione appaltante
avrebbe dovuto considerare che la mancata
indicazione dell’esatto importo del
contributo da versare avrebbe potuto, come
si è verificato nel caso in questione,
indurre in errore le imprese e che,
pertanto, sarebbe stato, senza dubbio, più
agevole per i concorrenti veder riportato
direttamente sulla documentazione di gara
l’importo da pagare.
In considerazione di quanto sopra
evidenziato, correttamente il Comune di
Scorrano, a fronte di un importo inesatto
del contributo, non ha disposto l’esclusione
delle imprese in errore, non potendosi
consentire che il comportamento negligente
dell’Amministrazione si risolva in un danno
per il partecipante alla procedura di
affidamento (pareri n. 164/2008 e n.
1/2007).
Tuttavia, una volta accortasi dell’errore la
stazione appaltante avrebbe dovuto quanto
meno rettificare -mediante richiesta
all’Osservatorio dei contratti pubblici-
l’importo del contributo da versare e
richiedere una integrazione dell’importo
corrisposto.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che, nel caso di specie,
l’inesattezza dell’importo pagato a titolo
di contributo non può comportare
l’esclusione delle ditte che lo hanno
versato, dovendosi consentire ai
partecipanti alla gara di provvedere alla
relativa integrazione
(parere
05.11.2008 n. 235 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Nella presente fattispecie, le disposizioni
da applicare alle dichiarazioni rese in sede
di gara sono due: l’art. 38 del D.Lgs.
12.04.2006 n.163 e s.m. e l’art. 75 del
D.P.R. 28.12.2000, n. 445 e s.m.
L’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m., sui
requisiti di ordine generale, prevede che
sono esclusi dalla partecipazione alle
procedure di affidamento dei pubblici
appalti e non possono stipulare i relativi
contratti i soggetti nei cui confronti, ai
sensi della lettera c), è stata pronunciata
sentenza di condanna passata in giudicato o
emesso decreto penale di condanna divenuto
irrevocabile, oppure sentenza di
applicazione della pena su richiesta, ai
sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, per reati gravi in danno
dello Stato o della Comunità che incidono
sulla moralità professionale. E ai sensi del
successivo comma 2, «il concorrente
attesta il possesso dei requisiti mediante
dichiarazione sostitutiva […] in cui indica
anche le eventuali condanne per le quali
abbia beneficiato della non menzione»,
prescrizione ripetuta anche nel Disciplinare
di gara.
Invero, poiché il certificato del Casellario
giudiziale rilasciato all’interessato, ai
sensi del D.P.R. 14.12.2002 n. 313, non
riporta tutte le condanne emesse a suo
carico, essendo escluse, tra le altre,
quelle per le quali è stato concesso il
beneficio della non menzione, il
legislatore, al fine della prova del
requisito dell'assenza di reati incidenti
sulla idoneità morale e professionale (ai
sensi del disposto dell’art. 38 del D.Lgs.
n. 163/2006 e s.m. e del previgente art. 75,
comma 1, lett. c), del D.P.R. 21.12.1999
n.554 e s.m.) pone in capo ai concorrenti
l’onere di produrre una autodichiarazione
relativa in modo specifico all’assenza delle
condanne penali con beneficio della non
menzione, al fine di consentire
all’amministrazione di valutare
integralmente la condotta passata dei
rappresentanti legali delle ditte
concorrenti, indipendentemente dal contenuto
del Casellario Giudiziale “non integrale”.
Nel caso in cui la dichiarazione resa e
richiesta ai sensi dell’art. 38, comma 2,
citato risulti non veritiera, trova
applicazione l’art. 75 del D.P.R. n.
445/2000 e s.m., secondo cui, fermo restando
quanto previsto relativamente alle sanzioni
penali, qualora dal controllo effettuato
dall’amministrazione sulle dichiarazioni
sostitutive rese dai singoli sotto la loro
responsabilità emerga la non veridicità del
contenuto della dichiarazione, il
dichiarante decade dai benefici
eventualmente conseguenti al provvedimento
emanato sulla base della dichiarazione non
veritiera.
Di qui la legittimità dell’annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria da parte
della S.A. a seguito della constatata
difformità tra quanto autocertificato
dall’impresa in sede di gara e quanto emerso
dal Casellario giudiziale , atteso che nella
specie il “beneficio conseguito”, in
funzione del quale la falsa dichiarazione è
stata resa, è propriamente costituito
dall’aver partecipato alla gara e dall’aver
ottenuto l’aggiudicazione provvisoria
dell’appalto.
Giova, peraltro, puntualizzare che esula
dalla presente fattispecie la natura del
reato non dichiarato dall’istante, ossia la
sua incidenza sulla moralità e affidabilità
dell'impresa, essendo assorbente la
considerazione della falsità commessa in
sede di dichiarazione sui requisiti di gara.
Si evidenzia, infine, l’irrilevanza della
tardiva dichiarazione di estinzione del
reato ascritto all’istante. Infatti,
l’estinzione non opera ipso iure, ma
richiede una formale pronuncia da parte del
giudice dell’esecuzione, secondo quanto
prescritto dall’art. 676, commi 1 e 3,
c.p.p. (Tar Piemonte n. 2627/2005; TAR
Veneto n. 1221/2007; TAR Parma n. 23/2005).
Nel caso di specie, la pronuncia giudiziale
è intervenuta solo nel mese di febbraio 2008
e, quindi, in epoca successiva sia alla data
di presentazione della domanda sia alla data
dell’aggiudicazione provvisoria.
Dalle suesposte considerazioni discende che
la Stazione appaltante correttamente ha
ritenuto sussistente una falsa dichiarazione
sulle condizioni rilevanti per l’ammissione
all’appalto e, per l’effetto di cui all’art.
75 del D.P.R. n. 445/2000 e s.m., ha
legittimamente annullato l’aggiudicazione
provvisoria nei confronti dell’Impresa
Individuale Luchetta Domenico.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria nei
confronti dell’Impresa Individuale Luchetta
Domenico è conforme alla normativa di
settore
(parere
23.10.2008 n.
234 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Come sostenuto dall’Autorità con la
Determinazione n. 13/2003, nonostante l’art.
75, del D.P.R. n. 554/1999, non menzioni,
nella lett. c), le condanne inflitte con
decreto penale, facendo esplicito
riferimento solo a quelle riportate con
sentenza di condanna passata in giudicato e
di applicazione della pena su richiesta, ai
sensi dell’art. 444 c.p.p, il concorrente,
tuttavia ha l’obbligo di dichiarare, in sede
di offerta, anche le condanne riportate con
decreto penale.
Difatti, assume l’Autorità in conformità
all’indirizzo giurisprudenziale, “le
condanne che incidono sull’affidabilità
morale e professionale, indipendentemente
dalla modalità di irrogazione della
sanzione, stante la formula generica
adoperata dall’art. 75, consentono
all’Amministrazione una lata valutazione
discrezionale del caso concreto per
stabilire la rilevanza o meno di una data
condanna penale, ancorché questa sia
estranea alla qualità dell’imprenditore. Dal
che consegue l’obbligo per il partecipante
alle gare di dichiarare anche i decreti
penali di condanna”.
Tale orientamento trova conferma nella
stessa giurisprudenza, la quale ha, altresì,
sostenuto che “le conseguenze a cui il
partecipante si espone con il suo
atteggiamento omissivo (ossia la mancata
menzione del decreto penale di condanna) non
possono essere evitate con argomenti formali
-sia pure apprezzabili- che doveva essere il
bando a prevedere fra le cause di esclusione
l’esistenza del decreto penale di condanna
perché non espressamente contemplato
dall’art. 75, comma 1, lett. c) D.P.R. n.
554/1999. La norma è sufficientemente chiara
per far percepire agli interessati l’obbligo
di dichiarare i provvedimenti che incidono
sull’affidabilità morale e professionale e
le conseguenze del loro comportamento
omissivo” (Cons. Stato, Sez. V, n.
7195/2006).
Ne discende che, nel caso di specie,
l’impresa istante avrebbe dovuto indicare
nella dichiarazione a corredo dell’offerta
la sussistenza a carico del legale
rappresentante di un decreto penale di
condanna, incorrendo pertanto, in ragione
della propria condotta omissiva, in una
dichiarazione mendace.
Nel caso in cui la dichiarazione richiesta e
resa ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n.
554/1999 e s.m. risulti non veritiera trova
applicazione, innanzitutto, l’art. 75 del
D.P.R. n. 445/2000, secondo il quale, fermo
restando quanto previsto relativamente alle
sanzioni penali, il dichiarante decade dai
benefici eventualmente conseguenti al
provvedimento emanato sulla base della
dichiarazione non veritiera. Di qui la
legittimità dell’annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria da parte
della S.A., dato che nella specie il
“beneficio conseguito”, in funzione del
quale la falsa dichiarazione è stata resa, è
propriamente costituito dall’aver
partecipato alla gara e dall’aver ottenuto
l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto.
Inoltre, trattandosi di dichiarazione
mendace, sussiste anche l’obbligo di
segnalazione a questa Autorità, ai sensi
dell’art. 10, comma 1-quater della legge n.
109/1994, nel testo coordinato con la Legge
Regionale della Sicilia n. 7/2002 e s.m.
Né può essere utilmente richiamato
dall’istante il parere dell’Autorità n. 52
del 05.03.2008, il quale considera, al fine
di escludere la mendacità della
dichiarazione, la particolare circostanza,
che non risulta ricorrere nella fattispecie
in esame, in cui il testo della
dichiarazione omissiva del riferimento alla
sussistenza di decreti penali di condanna in
capo al legale rappresentante sia stato
formulato dalla stessa Amministrazione in
apposito modulo, che i concorrenti sono
tenuti a completare nelle parti bianche,
timbrare e firmare.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria nei
confronti dell’Impresa LANERI Costruzioni è
conforme alla normativa di settore
(parere
23.10.2008 n.
233 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
La fattispecie rappresentata sottende un
duplice ordine di problematiche giuridiche.
La prima questione consiste nella
valutazione di legittimità dell’avviso per
la costituzione dell’elenco di soggetti
qualificati ad assumere incarichi ex art. 91
D.Lgs. n. 163/2006, nonché incarichi di
supporto tecnico-amministrativo alle
attività del responsabile del procedimento e
del dirigente competente alla formazione del
programma triennale dei lavori pubblici
relativi a prestazioni di importo superiore
a 20.000 € ed inferiore a 100.000,00 €.
Al riguardo è opportuno preliminarmente
richiamare il quadro normativo di
riferimento, costituito dal combinato
disposto dell’art. 91, comma 2, e dell’art.
57, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.
La prima disposizione riguarda in modo
specifico l’affidamento degli incarichi di
progettazione di importo inferiore a 100.000
€ e stabilisce che detti incarichi possono
essere affidati “nel rispetto dei
principi di non discriminazione, parità di
trattamento, proporzionalità e trasparenza,
e secondo la procedura prevista
dall’articolo 57, comma 6; l’invito è
rivolto ad almeno cinque soggetti, se
sussistono in tale numero aspiranti idonei".
L’art. 57, comma 6, invece, ha carattere
generale e stabilisce che “ove possibile, la
stazione appaltante individua gli operatori
economici da consultare sulla base di
informazioni riguardanti caratteristiche di
qualificazione economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa desunte dal mercato,
nel rispetto dei principi di trasparenza,
concorrenza, rotazione, e seleziona almeno
tre operatori economici, se sussistono in
tale numero soggetti idonei".
Occorre peraltro evidenziare che, già prima
dell’entrata in vigore delle citate
disposizioni normative di rango primario,
questa Autorità, con specifico riguardo
all’ipotesi in cui l’Amministrazione compia
la scelta di istituire un elenco di
professionisti, ha fornito, con propria
determinazione n. 1 del 19.01.2006, una
serie di indicazioni operative che, in
quanto volte ad assicurare la corretta
applicazione degli stessi principi
comunitari richiamati nelle disposizioni
normative attualmente in vigore, già
recepiti dalla disciplina legislativa allora
vigente (art. 17, comma 12, legge n.
109/1994 come modificata dalla legge n.
62/2005) sono da ritenersi tuttora un valido
riferimento operativo per le Stazioni
Appaltanti.
In particolare, nella citata determinazione
l’Autorità ha esplicitato i suddetti
principi, prevedendo criteri e requisiti per
la formazione dell’elenco dei
professionisti, quali, a titolo
esemplificativo:
1) adozione di idonei meccanismi riguardanti
l’aggiornamento periodico dell’elenco, anche
semestrale;
2) divieto di partecipazione del
professionista singolarmente e come
componente di un raggruppamento di
professionisti, nonché divieto di
contemporanea partecipazione a più di un
raggruppamento;
3) principio della rotazione nella scelta
dei nominativi inseriti nell’albo ai quali
rivolgere la richiesta di offerta;
4) divieto del cumulo di incarichi, che può
concretizzarsi nell’affidamento di non più
di un incarico all’anno allo stesso
professionista;
5) correlazione effettiva dell’esperienza
pregressa richiesta al professionista alle
tipologie progettuali delle quali necessita
l’Amministrazione, così che le
professionalità richieste rispondano
concretamente alle classi e categorie cui si
riferiscono i servizi da affidare.
Passando all’esame dei singoli punti
dell’avviso contestato, alla luce delle
indicazioni operative contenute nella
determinazione richiamata e nelle more
dell’adozione del nuovo regolamento di
esecuzione e di attuazione ex art. 5 del
D.Lgs. n. 163/2006 si osserva, in
particolare in ordine al principio di
rotazione degli incarichi, che l’aleatorietà
tipica dell’operazione di sorteggio e
l’imprevedibilità degli esiti dello stesso
potrebbero non garantire in maniera adeguata
la rotazione prescritta dall’art. 57, comma
6, del Codice.
Quanto alla previsione relativa ai requisiti
di capacità tecnica e professionale (Capo II
- Clausole e specificazioni sui servizi e
sulle modalità di partecipazione delle
selezioni- punto C3), -“aver espletato
nei tre anni antecedenti al momento in cui
si chiede l’iscrizione in elenco almeno n. 4
incarichi di ciascuna categoria di cui si
chiede l’iscrizione”- la stessa non
risulta conforme:
1) ai criteri quantitativi che debbono
informare l’accertamento degli incarichi
espletati, in quanto non viene operato alcun
riferimento all’importo dei lavori
appartenenti alle stesse classi e categorie
dell’opera oggetto dell’incarico, laddove il
tuttora vigente art. 63, comma 1, lett. o)
del D.P.R. n. 554/1999 -per l’affidamento
di servizi di importo inferiore a 200.000 DSP- prescrive che tali importi devono
essere stabiliti tra tre e cinque volte
l’importo globale stimato dell’intervento;
2) ad un criterio di ragionevolezza in
ordine all’indicazione del periodo utile per
l’avvenuto svolgimento degli incarichi,
stante la vigente previsione regolamentare
di dieci e cinque anni, nonché l’indicazione
contenuta nella circolare ministeriale di
cinque anni.
Inoltre, si ritiene non conforme l’avviso di
selezione in esame con riferimento alla
mancata previsione della presentazione dei
singoli curricula degli offerenti in ordine
alla valutazione dei requisiti minimi di
professionalità, così come previsto dalla
citata determinazione n. 1/2006.
In merito alla seconda questione sollevata
dall’istante, concernente la “precettività”
delle disposizioni della circolare del
Ministero delle infrastrutture, n. 24734 del
16.11. 2007, anche nei confronti di stazioni
appaltanti diverse dai Provveditorati
regionali ed interregionali alle opere
pubbliche, strutture periferiche del
predetto Dicastero, si osserva che, come
rilevato dalla stessa Associazione di
categoria controinteressata, la stessa non
può che costituire un modello operativo di
riferimento di “best practises”.
Si ritiene, infine, opportuno distinguere le
attività di progettazione, di cui all’art.
91 del D.Lgs. n. 163/2006, dalle attività di
supporto tecnico-amministrativo alle
attività del responsabile del procedimento,
previste nel medesimo avviso; in merito, si
rinvia ai principi fissati dalla
determinazione n. 3/2004, su “Appalti di
progettazione e di supporto alla
progettazione”.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’avviso relativo
alla procedura di selezione per la
costituzione di un elenco di soggetti
qualificati ad assumere incarichi ex art. 91
D.Lgs. n. 163/2006, nonché di supporto
tecnico-amministrativo alle attività del
responsabile del procedimento e del
dirigente competente alla formazione del
programma triennale dei lavori pubblici
relativi a prestazioni di importo superiore
a 20.000 € ed inferiore a 100.000,00 € non è
conforme alla normativa vigente
(parere
23.10.2008 n.
232 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sulla insussistenza dell’obbligo
dell’amministrazione di comunicare agli
interessati l’avvio del procedimento in caso
di mancata approvazione di una
aggiudicazione provvisoria.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva.
Non sussiste l’obbligo dell’amministrazione
di comunicare agli interessati l’avvio del
procedimento ai sensi dell’art. 7 della l.
n. 241 del 1990, in caso di mancata
approvazione di una aggiudicazione
provvisoria, giacché il procedimento è già
stato avviato con l’atto di indizione della
gara; procedimento al cui interno si
colloca, appunto, l’aggiudicazione
provvisoria e che è destinato a concludersi
positivamente, con l’aggiudicazione
definitiva, ovvero –com’è accaduto
sostanzialmente nel caso di specie–
negativamente, con il diniego di
aggiudicazione definitiva .
Inoltre, non si applica l’art. 21-quinquies
della l. n. 241 del 1990 (nel testo di cui
all’art. 14, co. 1, della legge 11.02.2005
n. 15, all’epoca vigente nel caso di specie)
in quanto non vi era ancora il
"provvedimento amministrativo ad efficacia
durevole", richiesto da tale norma per
l’insorgenza dell’obbligo
dell’amministrazione di corrispondere
l’indennizzo al privato direttamente
interessato.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva, specie in mancanza di risorse
finanziarie; circostanza, questa, già idonea
di per sé ad integrare una motivazione
congrua e sufficiente alla stregua dei
principi fondamentali del corretto
svolgimento dell’azione amministrativa ex
art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura
finanziaria di contabilità pubblica di ogni
provvedimento comportante una spesa,
riconducibile all’art. 81 Cost. (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 526 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla discrezionalità della
stazione appaltante nel fissare i requisiti
di partecipazione alla singola gara, in modo
più rigoroso ed anche in numero superiore
rispetto a quelli minimi previsti dalla
legge.
La stazione appaltante dispone di una certa
discrezionalità nel fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, in modo
più rigoroso ed anche in numero superiore
rispetto a quelli minimi previsti dalla
legge. Perciò, l’Amministrazione è
legittimata ad introdurre, nella lex
specialis della gara d’appalto che intende
indire, disposizioni atte a limitare la
platea dei concorrenti onde consentire la
partecipazione alla gara stessa di soggetti
particolarmente qualificati, specie per ciò
che attiene al possesso di requisiti di
capacità tecnica e finanziaria, tutte le
volte in cui tale scelta non sia
eccessivamente quanto irragionevolmente
limitativa della concorrenza . Inoltre, la
relativa scelta può essere sindacata dal
giudice amministrativo in sede di
legittimità solo in quanto sia
manifestamente irragionevole, irrazionale,
arbitraria, sproporzionata, illogica o
contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 525 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Volumi tecnici.
"Volumi tecnici" sono i volumi -non
utilizzabili né adattabili ad uso abitativo-
strettamente necessari a contenere ed a
consentire l'eccesso di quelle parti degli
impianti tecnici che non possono, per
esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti stessi, trovare allocazione
all'interno della parte abitativa
dell'edificio realizzabile nei limiti
imposti dalle norme urbanistiche (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.01.2009 n. 3590 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono (efficacia verso terzi).
Nessuna efficacia può riconoscersi alla
procedura di condono edilizio instaurata dal
committente dei lavori abusivi nei confronti
dell’esecutore dei lavori poiché qualora la
domanda di oblazione ed il versamento della
somma dovuta siano effettuate da persona
diversa dall'imputato, quest'ultimo non può
trarre vantaggio dall'iniziativa di altro
soggetto (salvo che si tratti di
comproprietario e tale qualità venga
dimostrata in maniera incontrovertibile),
sia per il carattere personale della causa
estintiva (art. 182 cod. pen.) sia per
l'espresso disposto dell'art. 38, 5° comma,
della legge n. 47/1985 (la cui perdurante
applicabilità discende dalla previsione
dell'art. 32, comma 28 della legge n.
326/2003), che ha ribadito il principio
codicistico, quanto ai limiti personali del
beneficio della oblazione, prevedendo
un'unica eccezione per il solo
comproprietario, con una disposizione che è
di stretta interpretazione proprio perché
derogatoria della regola generale. Tale
interpretazione è avvalorata dalle
caratteristiche "fiscali" della sanatoria
edilizia e dalla possibilità di fruire di
sconti e dilazioni collegati a qualità o
condizioni personali dell'istante (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.01.2009 n. 3584 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva.
Il reato di lottizzazione abusiva può
configurarsi in presenza di un intervento
sul territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in
zona non urbanizzata o non sufficientemente
urbanizzata. per cui esiste la necessità di
attuare le previsioni dello strumento
urbanistico generale attraverso la redazione
e la stipula di una convenzione
lottizzatoria adeguata alle caratteristiche
dell'intervento di nuova realizzazione; ma
anche allorquando detto intervento non
potrebbe essere in nessun caso realizzato,
poiché per le sue connotazioni oggettive, si
pone in contrasto con previsioni di
zonizzazione e/o localizzazione dello
strumento generale di pianificazione, che
non possono esser modificati da piani
urbanistici attuativi (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 26.01.2009 n. 3481 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzione abusiva -
Inottemperanza all'ordine di demolizione -
Archiviazione e restituzione immobile
all’amministrazione comunale - Sequenza
amministrativa - Notifica all'interessato -
Effetti - Art. 7 L. n. 47/1985 e ora
dall'art. 31, D.P.R. n. 380/2001 (Testo
unico in materia edilizia).
La procedura disciplinata prima dall'art. 7
della legge 28.02.1985 n. 47 e ora dall'art.
31 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (testo unico
in materia edilizia), prevede questa
sequenza amministrativa:
a) l'autorità comunale, accertato l'abuso
edilizio, ingiunge al proprietario e al
responsabile dell'abuso la demolizione
dell'immobile abusivo;
b) se il responsabile non provvede alla
demolizione nel termine di novanta giorni
dall'ingiunzione, l'immobile è acquisito di
diritto gratuitamente al patrimonio
comunale;
c) l'autorità comunale accerta formalmente
l'inottemperanza all'ordine di demolizione e
notifica detto accertamento all'interessato;
d) la notifica dell'accertamento costituisce
titolo per l'immissione nel possesso da
parte del comune e per la trascrizione nei
registri immobiliari.
Pertanto, la ingiustificata inottemperanza
all'ordine di demolizione di una costruzione
abusiva, emesso dall'autorità comunale,
comporta l'automatica acquisizione
dell'immobile, indipendentemente dalla
notifica all'interessato dell'accertamento
formale della inottemperanza (Cass. sent. n.
35785 del 09.06.2004, PG e Di Meglio; Cass.
sent. n. 14638 del 16.02.2005, P.G. in proc.
Di Giacomo; Cass. sent. n. 16283 del
16.03.2005, Greco; Cass. sent. n. 4962 del
28.11.2007, P.G. in proc. Manicni e altri).
Ordine di demolizione -
Inottemperanza - Effetti - Rapporti con i
terzi - D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico in
materia edilizia) - Art. 2644 cod. civ..
L'effetto ablatorio si verifica "ope legis"
alla inutile scadenza del termine fissato
per ottemperare all'ingiunzione di demolire,
mentre la notifica dell'accertamento formale
dell'inottemperanza si configura solo come
titolo necessario per l'immissione in
possesso e per la trascrizione nei registri
immobiliari (art. 31 del D.P.R. 06.06.2001
n. 380 (testo unico in materia edilizia).
Sicché, è la scadenza del termine per
ottemperare a configurare il presupposto per
l'applicazione automatica della sanzione
amministrativa, che consiste nel
trasferimento coattivo all'ente comunale
della proprietà sull'immobile non demolito.
Scopo evidente di questa sanzione è quello
di consentire all'ente pubblico di
provvedere d'ufficio alla demolizione
dell'immobile a spese del responsabile
dell'abuso, salvo che si accerti in concreto
un prevalente interesse pubblico alla
conservazione dell'immobile stesso (comma 5
dell'art. 31 D.P.R. 06.06.2001 n. 380). Per
quanto invece riguarda i rapporti con i
terzi, la predetta notifica
dell'accertamento di inottemperanza consente
all'ente comunale di trascrivere il
trasferimento della proprietà nei registri
immobiliari al fine di poter opporre ai
sensi dell'art. 2644 cod. civ. il
trasferimento stesso ai terzi che abbiano
acquistato diritti sull'immobile.
PROCEDURE - Dissequestro
dell'immobile abusivo - Avente diritto alla
restituzione - Individuazione - Poteri del
giudice - Artt. 2643 ss. Cod - Trascrizione
immobiliare - Funzione.
Il giudice penale che decide sul
dissequestro dell'immobile abusivo resta
estraneo al regime di pubblicità
dichiarativa della trascrizione immobiliare,
che è disciplinato dagli artt. 2643 ss. cod.
civ. al solo fine di dirimere eventuali
conflitti tra più soggetti aventi causa da
un medesimo dante causa. In altri termini,
il provvedimento giudiziale sulla
restituzione dell'immobile abusivo non ha
nulla a che vedere con le esigenze di
certezza nella circolazione dei beni nel
mercato, che ispirano l'istituto della
trascrizione. Per individuare l'avente
diritto alla restituzione, non è sufficiente
il "favor possessionis", occorrendo invece
la prova positiva dello "jus possidendi",
che non compete più al privato
inottemperante (Corte di cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 19.01.2009 n. 1819 -
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EDILIZIA PRIVATA:
D.i.a. (denuncia di inizio
attività) - Asseverazione “falsa” del
progettista - Responsabilità del
professionista "abilitato" - Art. 481 c.p. -
Configurabilità - Art. 359 c.p. - Artt. 23 e
29 D.P.R. n. 380/2001, (l'art. 23 succ.
sost. d.lgs. n. 301/2002).
La decisione del committente e del suo
professionista di non sollecitare mediante
richiesta di permesso di costruire il
preventivo controllo dell'ente pubblico, e
di procedere piuttosto con D.i.a. porta con
sé una particolare assunzione di
responsabilità del progettista stesso. Per
questo motivo, le disposizione contenute
negli artt. 23 e 29 del d.P.R. 06.06.2001,
n. 380 (l'art. 23 sostituito dal d.lgs. n.
301 del 2002) non lasciano dubbi, nel loro
significato letterale, oltre che, nella loro
"ratio", che il professionista "abilitato"
abbia un duplice obbligo:
a) formare una relazione preventiva in cui
si assume l'onere di "asseverare": la
conformità delle opere agli strumenti
urbanistici approvati e la mancanza di
contrasto con quelli adottati e con i
regolamenti edilizi, nonché il rispetto
delle norme di sicurezza e di quelle
igienico-sanitarie;
b) rilasciare al termine dei lavori (ove non
lo faccia altro tecnico che se ne assume la
responsabilità) un certificato di collaudo
circa la conformità di quanto realizzato al
progetto iniziale.
Di conseguenza, la disciplina prevista dal
comma terzo dell'art. 29 non può, non essere
letta in coerenza con l'art. 23 sopra
ricordato e che in tale contesto assume
valore decisivo la circostanza che al
progettista abilitato venga attribuita la
qualità di "persona esercente un servizio di
pubblica necessità", ai sensi degli artt.
359 e 481 c.p. e relative responsabilità.
D.i.a. (denuncia di
inizio attività) - Rilevanza pubblicistica
del professionista abilitato -
Responsabilità penale - Sussistenza -
Fondamento - Segnalazione di reato
all'autorità giudiziaria da parte dell’Ente
- Obbligo - Artt. 23 e 29 D.P.R. n.
380/2001, (l'art. 23 succ. sost. d.lgs. n.
301/2002).
La condotta del professionista abilitato
assume una specifica rilevanza pubblicistica
(art. 29, comma terzo d.P.R. 06.06.2001, n.
380) muovendo da quell'affidamento, che
incide sulle previsioni dei commi primo e
sesto dell'art. 23 (poi sostituito dal
d.lgs. n. 301 del 2002). In particolare, il
sesto comma dell'art. 23, dispone in caso di
"falsa attestazione" del professionista
l'obbligo per l'ente territoriale di
inoltrare segnalazione di reato all'autorità
giudiziaria anche con riferimento alle
disposizioni contenute nel comma settimo
dell'art. 23 e nel comma secondo dell'art.
29, in quanto la responsabilità del
direttore dei lavori per la difformità delle
opere edificate rispetto a quelle contenute
nel progetto iniziale allegato alla D.i.a.
rafforza il valore della relazione del
progettista, che integra la dichiarazione
stessa di inizio attività, come atto dotato
di piena autonomia e di valore
pubblicistico: solo un atto definitivo e in
sé compiuto può originare la responsabilità
penale per chi esegue in difformità. In
altri termini, la costruzione della D.i.a.
come atto a controllo successivo rafforza
concetto di delega di potestà pubblica al
soggetto qualificato, con dichiarazione del
progettista che assume valore sostitutivo e
quindi "certificativo".
D.i.a - Falsa
attestazione posta in essere dal progettista
- Tempestivo controllo dell'ente
amministrativo - Effetti - Art. 481 c.p..
In materia di D.i.a., l'intervento dell'ente
amministrativo che prevenga l'effettuazione
dei lavori mediante un tempestivo controllo
seguito da immediato ordine di non procedere
non esclude la rilevanza penale della
condotta di falsa attestazione posta in
essere dal progettista.
Permesso di costruire e
Dia - Valore ed effetti delle certificazioni
dei documenti e delle attestazioni.
In materia edilizia, non hanno valore di
certificazione i documenti e le attestazioni
allegate alla domanda di concessione, che
non assume efficacia se non dopo il vaglio
positivo dell'ente pubblico, mentre a
diverse conclusioni deve giungersi per la
domanda di inizio attività, dotata di
autonoma efficacia (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 19.01.2009 n. 1818 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO ACUSTICO - Mancata
approvazione del piano di zonizzazione
acustica - Applicabilità del criterio
differenziale - Zone non esclusivamente
industriali - Zonizzazione urbanistica
operata tramite PRG - Equiparazione -
Esclusione - Circostanze di fatto.
La mancata approvazione del piano di
zonizzazione acustica comporta, ai sensi di
quanto previsto dall’art. 8 DPCM 14/11/1997,
la sopravvivenza dei limiti di emissioni
previsti dall’art. 6 DPCM 01/03/1991, limiti
che prevedono (art. 6 comma 2 DPCM
01/03/1991) il rispetto del c.d. “criterio
differenziale” per tutte le zone “non
esclusivamente industriali”. La natura non
esclusivamente industriale non va desunta
tramite mera equiparazione tra la
zonizzazione effettuata dal PRG con la
zonizzazione che il Comune deve effettuare
ai sensi dell’art. 2 DPCM 01/03/1991: in
mancanza del piano di zonizzazione acustica
di competenza comunale, infatti, la
classificazione di una zona va effettuata in
base alle circostanze di fatto.
INQUINAMENTO ACUSTICO -
Impianti a ciclo continuo - Criterio
differenziale - Applicabilità in caso di
superamento dei limiti assoluti.
Il criterio differenziale viene applicato
agli impianti “a ciclo continuo” solo quando
la attività da essi svolta dia luogo a
superamento dei limiti assoluti: ne deriva
l’illegittimità della prescrizione che
impone comunque il rispetto del criterio
differenziale, salvo che non ricorrano le
cause di esclusione di cui all’art. 4 DPCM
14/11/1997 (TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 47 - link
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Ordinanza di rimozione e
smaltimento.
È legittima l’ordinanza di rimozione e
smaltimento dei rifiuti, adottata dal
Sindaco ai sensi dell’art. 192 del D.lgs.
03.04.2006, n. 152, considerato che in
disparte la considerazione per la quale
l’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del
2006, che è norma speciale sopravvenuta
rispetto all’art. 107, comma 5, del D.lgs.
n. 267 del 2000, attribuisce espressamente
al Sindaco la competenza a disporre con
ordinanza le operazioni necessarie alla
rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti,
prevalendo per il criterio della specialità
e quello cronologico sul disposto dell’art.
107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000
(cfr. Consiglio di Stato, Sez. V,
25.08.2008, n. 4061), il provvedimento
impugnato riproduce testualmente ampi
stralci della relazione tecnica pervenuta
all’Amministrazione comunale, da cui
risultava un “forte, concreto e immediato
rischio di propagazione degli inquinanti
nell’ambiente circostante, sia tramite
perdite liquide che in forma areale, con
grave pericolo per la salute pubblica e
l’ambiente”, in ragione del cattivo
stato di conservazione dei contenitori dei
rifiuti e il rischio di sviluppo di reazioni
chimiche tra rifiuti differenti con
emissioni tossiche in atmosfera.
Risultano pertanto senz’altro sussistenti
quelle situazioni di carattere eccezionale e
impreviste costituenti concreta minaccia per
la pubblica incolumità richieste dalla norma
per l’esercizio del potere di urgenza da
parte del Sindaco, e in tale contesto il
carattere eccezionale ed imprevedibile della
minaccia non può dirsi insussistente perché
l’abbandono dei rifiuti nel sito costituiva
una situazione temporalmente preesistente.
Infatti il ritardo ulteriore nell'agire da
parte del Sindaco rispetto alle circostanze
emerse per la prima volta nella relazione
tecnica avrebbe comportato un aggravamento
della situazione, e il ricorrente non allega
alcun elemento idoneo ad inficiare la
descrizione dello stato dei luoghi compiuta
dal tecnico (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 40 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Sulla responsabilità del
produttore e del detentore per la corretta
gestione dei rifiuti.
Ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. n.
152/2006, recante norme in materia
ambientale, la responsabilità per la
corretta gestione dei rifiuti grava, su
tutti i soggetti che sono coinvolti nella
loro produzione, detenzione, trasporto e
smaltimento. Di conseguenza, anche il
produttore e il detentore sono investiti di
una posizione di garanzia in ordine al
corretto smaltimento. Per quanto riguarda
più in particolare il produttore o detentore
di rifiuti speciali, gli obblighi sono
assolti solo qualora siano stati conferiti
ad un soggetto autorizzato allo smaltimento
e il produttore sia in grado di esibire il
formulario di identificazione dei rifiuti
datato e controfirmato dal destinatario. In
caso contrario il produttore e il detentore
rispondono del non corretto recupero o
smaltimento dei rifiuti.
Peraltro, a causa dell’estensione della
suddetta posizione di garanzia che si fonda
sull’esigenza di assicurare un elevato
livello di tutela all’ambiente (principio
cardine della politica ambientale
comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del
Trattato), la consegna dei rifiuti a degli
intermediari muniti di autorizzazione non
vale a trasferire su di loro la
responsabilità per il corretto smaltimento e
non autorizza pertanto il produttore a
disinteressarsi della destinazione finale
dei rifiuti. Poiché inoltre, i formulari di
identificazione dei rifiuti recano
l’indicazione dell’impianto di destinazione
e del nome e indirizzo del destinatario
(art. 193, coma 1, lett. c ed e del Dlgs. n.
152 del 2006), la verifica ed il controllo
del possesso delle necessarie autorizzazioni
in capo al destinatario rientra senz’altro
tra gli obblighi di diligenza esigibili dal
produttore o detentore dei rifiuti (TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 40 - link
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ATTI AMMINISTRATIVI:
I
pareri espressi dai responsabili dell’area
tecnica e del servizio finanziario dei
comuni costituiscono atti preparatori che
legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti
pareri, perciò, rispetto alla validità
formale della medesime deliberazioni operano
quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto
esercizio dei poteri spettanti all’organo
deliberante.
Nella specie
sia il responsabile dell’area tecnica che il
responsabile dell’area economico finanziaria
hanno espresso i pareri dovuti sulla
delibera di riconoscimento di debito fuori
bilancio secondo la delimitazione che a
detti pareri sono conferiti dalla legge.
E tali limitazioni vanno individuate da un
lato, nella verifica di legittimità, in
linea tecnica, che la materia in
deliberazione rientri nella effettiva
competenza dell’organo deliberante e che sul
piano della regolarità
tecnico-amministrativa sussistono i
presupposti di fatto che legittimano il
ricorso ad una tale deliberazione a
prescindere da ogni valutazione e sindacato
nel merito degli atti prodromici che hanno
resa necessaria l’assunzione della
deliberazione, nella specie, di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
Merito e ragioni le cui valutazioni
appartengono esclusivamente all’organo
deliberante, libero di determinarsi in
ordine alle stesse, non essendo il parere
predetto vincolante per l’organo deliberante
medesimo. A maggior ragione deve ritenersi
non pertinente la pretesa di attribuire al
responsabile dell’area economico-finanziaria
valutazioni di legittimità generale, al
quale, invece, spettano valutazioni solo
riferite alla regolarità contabile, qualora,
come nella specie, la deliberazione proposta
comporti impegno di spesa o diminuzione di
entrata.
Il richiamato parere di legittimità
contenuto nell’art. 58, comma 4, lett. A)
del regolamento sull’ordinamento del comune
di Calatafimi Segesta, nello stabilire che
il parere in questione riguardi anche “la
legalità della spesa”, va inteso nei termini
sopradetti e, quindi solo con riferimento
agli aspetti puramente contabili e
finanziari e di validità formale.
La giurisprudenza, peraltro, è concorde nel
ritenere che i pareri espressi dai
responsabili dell’area tecnica e del
servizio finanziario dei comuni
costituiscono atti preparatori che
legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti
pareri, perciò, rispetto alla validità
formale della medesime deliberazioni operano
quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto
esercizio dei poteri spettanti all’organo
deliberante; a questi spetta la ponderazione
concreta e corretta dei pubblici interessi,
al di là della mera relazione funzionale dei
pareri stessi che sono resi "ex ante" sulla
proposta di deliberazione e costituiscono il
presupposto al corretto esercizio dei poteri
amministrativi dell’organo deliberante,
senza intervenire sulla volontà di questo
nei casi in cui, come nella specie, la
competenza a provvedere spetta allo stesso
Consiglio comunale e non già ad altri uffici
tecnici o amministrativi
dell’amministrazione comunale (cfr. C. Conti
Marche, sez. giurisdiz., 22/02/1994, n. 1)
Poiché nel caso specifico la competenza ad
adottare la delibera approvativa del debito
fuori bilancio è di esclusiva pertinenza del
Consiglio comunale, e che il parere del
responsabile dell’area tecnica e del
responsabile dell’area economico finanziaria
si sono correttamente ispirati, nei confini
delle valutazioni tecniche e contabili
attribuiti dall’ordinamento, alla verifica
della positiva sussistenza dei presupposti
legittimanti l’adozione della delibera n. 65
del 12.09.2001, il Collegio ritiene che,
come espressamente intendono con la domanda
gli appellanti, nessun nesso causale corre
nella specie tra i pareri espressi
nell’ambito della loro competenza dai
signori De Gaetano e Morsellino Giovanni ed
il dedotto danno erariale, che, pertanto,
non è riconducibile alla loro responsabilità
(Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. d'Appello
per la Sicilia,
sentenza 13.01.2009 n. 1 - link a
www.corteconti.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull’inapplicabilità del divieto
di cui all’art. 13 D.L. n. 223/2006 (c.d.
decreto Bersani) per le forme di
partecipazione societaria indiretta o
mediata.
Il divieto di cui all’art. 13 D.L. n.
223/2006 (c.d. decreto Bersani) di svolgere
prestazioni a favore di soggetti diversi
dagli enti pubblici costituenti,
partecipanti o affidanti non si estende alle
forme di partecipazione indiretta o mediata.
Tale divieto è riferito solo per le società
"a capitale interamente pubblico o misto,
costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e
locali": infatti, il riferimento al capitale
sociale ed alla figura della costituzione e
della partecipazione evoca chiaramente la
necessità che l’ente locale sia socio, come
tale titolare di una partecipazione al
capitale sociale. A sostegno di tale
interpretazione si sottolinea che il
legislatore, diversamente da altri casi in
cui parimenti si trattava di vietare la
partecipazione alle gare di determinate
società a tutela dei valori della par
condicio e della concorrenza (cfr., per
esempio, l’art. 34 c. 2 e 90 c. 8 del D. Lgs.
n. 163/2006), non ha fatto alcun riferimento
alle figure del controllo e del collegamento
societario ex art. 2359 c.c., idonee a
ricomprendere nello specchio applicativo
della norma anche le società di terza
generazione (TAR Liguria, Sez. II,
sentenza 09.01.2009 n. 39 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Indennità ex art. 167, c. 1, D.Lgs. n.
42/2004 - Natura - Sanzione amministrativa.
L’indennità ex art. 15, comma 1, R.D. n.
1497/1939 (cfr. ora art. 167, comma 1,
D.Lg.vo n. 42/2004) va qualificata come una
sanzione amministrativa e non come una forma
di risarcimento del danno per le seguenti
ragioni:
1) dal tenore letterale del citato art. 15,
comma 1, R.D. n. 1497/1939 si desume che la
sanzione pecuniaria è alternativa alla
sanzione della demolizione e va applicata
non solo per le violazioni di carattere
sostanziale, ma anche per le violazioni
meramente formali che non hanno provocato
alcun danno ambientale come per es. la sola
inottemperanza all’obbligo previsto dalla
legge di chiedere ed ottenere prima
dell’inizio dei lavori il nulla osta
paesistico, per cui tale sanzione pecuniaria
ha una funzione deterrente, in quanto
prescinde dalla sussistenza di un danno
all’ambiente;
2) il danno arrecato all’ambiente è previsto
dalla norma in commento solo come un
criterio di quantificazione alternativo al
profitto conseguito, cioè solo in sede di
quantum debeatur e non di an debeatur;
3) inoltre, l’ordinamento giuridico prevede
lo specifico strumento dell’azione di
risarcimento del danno ambientale ex art. 18
L. n. 349/1986, “promossa dallo Stato,
nonché dagli Enti territoriali sui quali
incidono i beni ambientali oggetto del fatto
lesivo” e dalle associazioni di
protezione ambientale individuate ai sensi
dell’art. 13 della medesima L. n. 349/1986
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 17.12.2008 n. 3875 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire - Cd. opere
precarie, funzionali - Disciplina - Artt. 3
e 10 del d.p.r. 380/2001.
Ai sensi del combinato disposto degli artt.
3 e 10 del d.p.r. 380/2001, è richiesto il
permesso di costruire per tutte le attività
qualificabili come interventi di nuova
costruzione che comportano la trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio.
Tanto, però, deve ritenersi necessario solo
in riferimento alle ipotesi di
trasformazioni potenzialmente durevoli e non
già nel caso di costruzioni provvisorie.
Restano, invece, sottratte al regime
autorizzatorio le opere cd. precarie,
funzionali cioè ad esigenze contingenti e
temporalmente circoscritte, cessate le quali
sono destinate ad essere rimosse.
P.R.G. - Deroga allo
strumento urbanistico - Clausola di
“precarieta” di un’opera - Esclusione -
Profilo cd. Funzionale - Oggettiva
destinazione impressa al manufatto -
Permesso di costruire.
E’ escluso dall’ordinamento la possibilità
di apporre una clausola di “precarieta” ad
un titolo autorizzatorio operante in deroga
allo strumento urbanistico vigente ed alle
sue previsioni. Diversamente opinando, anche
la realizzazione di un consistente
fabbricato potrebbe paradossalmente ottenere
la qualificazione di opera precaria per il
solo fatto che il relativo titolo di
legittimazione venga rilasciato sotto
l’irrituale condizione di un successivo
riesame da condurre alla stregua dell’esito
(peraltro del tutto incerto) del
procedimento di approvazione di uno
strumento urbanistico in itinere. Sicché,
neppure valgono, a reggere il permesso di
costruire oggetto di gravame le prescrizioni
-ancorché favorevoli- del P.R.G. in itinere.
Opere precarie -
Requisito della temporaneità - Criterio
oggettivo - Fini specifici e
cronologicamente delimitabili -
Giurisprudenza.
In tema di opere precarie, il requisito
della temporaneità va apprezzato con
criterio oggettivo avuto riguardo
all’oggetto della costruzione nei suoi
obiettivi dati tecnici e deve, dunque,
ricollegarsi alla sua destinazione
materiale, che ne evidenzi un uso realmente
precario o temporaneo, per fini specifici e
cronologicamente delimitabili (cfr.
Consiglio Stato, sez. V, 24.02.2003, n. 986;
Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5828 del
30.10.2000; Consiglio Stato, sez. V,
24.02.1996, n. 226; CdS Sez. V 23.01.1995;
Cass. Sez. III 28.01.1997; Cass. Sez. III
04.10.1996) (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 23.04.2007 n. 4217 -
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URBANISTICA:
Iter PRG - Adozione del piano
regolatore - Natura - Fattispecie complessa
- Approvazione regionale - Efficacia - Cd.
misure di salvaguardia - Termini.
La delibera di adozione del piano regolatore
si atteggia come elemento di una fattispecie
complessa che si perfeziona solo con l'atto
di approvazione regionale, cui consegue la
piena efficacia delle prescrizioni
urbanistiche volte a disciplinare l’uso del
territorio. (cfr. Tar Campania, Seconda
Sezione n. 713 del 25.01.2007). E’ evidente,
dunque, che eventuali prescrizioni
favorevoli compendiate nella delibera di
adozione del P.R.G., in quanto radicalmente
prive di efficacia, non potrebbero giammai
reggere determinazioni volitive
dell’Amministrazione ad esse conformi. Prima
di tale momento, è possibile assegnare alla
delibera di adozione del P.R.G. una ridotta
efficacia imperativa diretta e propria, che
si risolve (in una prospettiva radicalmente
diversa) nell’impedire interventi edilizi ed
urbanistici contrastanti con esso. Ciò
avviene per effetto dell’obbligatoria
applicazione delle cd. misure di
salvaguardia la cui efficacia, sotto il
profilo temporale, resta circoscritta ad un
periodo di tre anni elevabile a cinque anni
per i piani tempestivamente inoltrati per
l'approvazione (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 23.04.2007 n. 4217 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio di un titolo
autorizzatorio di natura edilizia -
Posizione legittimante all’impugnativa -
Elementi.
In materia edilizia, a seguito del rilascio
di un titolo autorizzatorio di natura
edilizia, la posizione legittimante
all’impugnativa sussiste in capo a coloro
che si trovino in una situazione di stabile
collegamento giuridico con il terreno
oggetto dell'intervento costruttivo
autorizzato e che facciano valere un
interesse giuridicamente protetto di natura
urbanistica, quale è quello della osservanza
delle prescrizioni regolatrici
dell'edificazione. Pertanto, non occorre
procedere ad alcuna ulteriore indagine al
fine di accertare, in concreto, se i lavori
assentiti dall'atto impugnato comportino o
meno un effettivo pregiudizio per il
soggetto che propone l'impugnazione; infatti
l'esistenza della posizione legittimante
abilita il soggetto ad agire per il rispetto
delle norme urbanistiche che assume violate,
a prescindere da qualsivoglia esame sul tipo
di lesione che i lavori in concreto
potrebbero arrecare (cfr. ad es. Consiglio
Stato sez. V, 18.09.1998, n. 1289, Tar
Campania, Seconda Sezione n. 713 del
25.01.2007) (TAR Campania-Napoli, Sez.
II,
sentenza 23.04.2007 n. 4217 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio del permesso di
costruire - Assenza della preventiva
autorizzazione paesaggistico-ambientale,
ex art. 146 del d. lgs. 42/2004 -
Illegittimità - Interventi di manutenzione
ordinaria, straordinaria, di consolidamento
statico e di restauro conservativo -
Esenzione - Art. 149 c. 1 lett. A) d. lgs.
42/2004 - Limite di applicabilità.
E’ illegittimo il rilascio del permesso di
costruire quando non risulta preceduto
dall’acquisizione della indispensabile
autorizzazione paesaggistico-ambientale, ex
art. 146 del d. lgs. 42/2004, che conferisce
all'autorizzazione la dignità giuridica di
atto autonomo e presupposto di legittimità
del permesso di costruire o degli altri
titoli legittimanti l'intervento edilizio.
Né è possibile invocare l’esenzione di cui
all’art. 149, comma 1, lett. A) del
suindicato testo normativo, nella parte in
cui prevede che non è comunque richiesta
l'autorizzazione per gli interventi di
manutenzione ordinaria, straordinaria, di
consolidamento statico e di restauro
conservativo che non alterino lo stato dei
luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici,
quando le opere per natura, tipologia, forme
e dimensioni, comportano un’apprezzabile e
durevole trasformazione dello stato dei
luoghi e, come tali, risultano
manifestamente incompatibili con la
suindicata deroga (TAR Campania-Napoli, Sez.
II,
sentenza 23.04.2007 n. 4217 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Natura del provvedimento relativo
alla concessione edilizia e quello relativo
al nulla osta ambientale - il nulla osta
regionale costituisce un mero requisito di
efficacia (e non, dunque, un presupposto di
legittimità) della concessione edilizia - la
legittima esecuzione dell’attività edilizia
è condizionata dal rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica.
E’ stato affermato, con orientamento qui
condiviso, che il provvedimento relativo
alla concessione edilizia e quello relativo
al nulla osta ambientale sono tra loro
autonomi ed indipendenti, realizzando
interessi distinti e fondandosi su
presupposti diversi, e che, quindi, il
rilascio della prima non risulta
condizionato dalla previa emanazione del
secondo (Cons. Stato, Sez. VI, 19.06.2001,
n. 3242). Si è, inoltre, chiarito, in
coerenza con il predetto principio, che il
nulla osta regionale costituisce un mero
requisito di efficacia (e non, dunque, un
presupposto di legittimità) della
concessione edilizia, nel senso che solo la
realizzazione dell’opera assentita con
quest’ultima, in zona soggetta a vincolo
paesaggistico, postula il previo
conseguimento dell’assenso ambientale (Cons.
Stato, Sez. VI, 20.11.2000, n. 6193). E’
solo la legittima esecuzione dell’attività
edilizia ad essere condizionata dal rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica, e non
anche l’adozione della concessione.
Diversamente opinando, peraltro, si
perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di
giudicare illegittima una concessione
edilizia espressamente condizionata al
conseguimento del nulla osta regionale,
quando questo è stato rilasciato prima
dell’inizio dei lavori assentiti.
Appare, in definitiva, chiaro che, nella
situazione appena descritta, risultano
compiutamente soddisfatti tutti gli
interessi pubblici sottesi alla normativa
edilizia ed ambientale di riferimento,
puntualmente valutati dagli organi
rispettivamente competenti e ritenuti
compatibili con l’intervento assentito, e
che solo un eventuale diniego di
autorizzazione paesaggistica avrebbe potuto
fondare un giudizio di inefficacia (non di
illegittimità) della concessione edilizia in
questione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.01.2003 n. 87 - link
a www.ambientediritto.it). |
AGGIORNAMENTO AL 05.02.2009 |
QUESITI |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
l'interpretazione autentica della l.r. n.
12/2005 circa il versamento degli oneri di
urbanizzazione sia nel caso di permesso di
costruire sia nel caso di d.i.a.
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Territorio e Urbanistica,
nota 29.01.2009 n.
1983 di prot.). |
NEWS |
APPALTI: Nota
ANCI sulle novità introdotte dal decreto n.
152/2008.
Una nota
elaborata dall’ANCI contiene tutte le novità
introdotte dal decreto legislativo n.
152/2008. Il decreto in questione, entrato
in vigore il 17.10.2008 (è stato pubblicato
in Gazzetta Ufficiale n. 231 del
02.10.2008), proseguendo la graduale
revisione del Codice dei Contratti (decreto
legislativo n. 163/2006) consentita dalla
legge delega n. 62/2005, lo integra e
modifica in modo sostanziale.
In particolare, la nota ANCI evidenzia tutte
le novità più significative per le
amministrazioni comunali, soffermando
l’attenzione su quelle disposizioni dove si
sono riscontrate maggiori criticità di
attuazione
(link a www.anci.it). |
ENTI LOCALI - VARI: 803
001: risponde Linea Amica.
Un numero verde (803.001), un sito web
(www.lineaamica.it): nasce Linea Amica, la
rete multicanale dei centri di contatto
della P.A. italiana.
Questa la definizione usata dal Ministro
Renato Brunetta, per presentare il nuovo
progetto del Ministero per la Pubblica
Amministrazione e l'Innovazione. Sono sempre
di più i cittadini che hanno bisogno di
mettersi in contatto con le amministrazioni
pubbliche per richiedere informazioni o
lamentarsi di un servizio. Gli URP (Uffici
di Relazione con il Pubblico) e i contact
center sono nati per rispondere all'esigenza
che hanno le amministrazioni pubbliche di
creare servizi di risposta al cittadino.
Ogni giorno, infatti, i circa 5000 centri di
contatto del sistema P.A., ricevono e
rispondono a oltre 500.000 richieste di
informazioni e servizi via telefono o web,
evitando ai propri utenti un dispendioso
pellegrinaggio tra gli uffici
amministrativi. Tali strutture però non sono
tutte allo stesso livello: accanto a servizi
con standard qualitativi vicini
all'eccellenza ci sono realtà i cui
risultati sono insufficienti per diversi
fattori, quali ad esempio l'utilizzo di
tecnologe obsolete, risorse finanziarie
scarse, risorse umane scarsamente formate.
Tale frammentazione fa sì che non si abbia
una reale percezione della customer
satisfaction.
"Linea amica" si colloca in questo scenario
come struttura di raccordo per favorire la
percezione unitaria del servizio presso gli
utenti. Il cittadino che contatterà "Linea
amica" attraverso telefono, e-mail, sms o
fax, sarà dirottato dagli operatori verso
l'amministrazione competente a risolvere il
problema e, nel caso di richieste più
articolate, fungerà da URP di ultima
istanza. Da prossimo mese di marzo, inoltre,
chi non ha padronanza delle nuove
tecnologie, potrà utilizzare un assistente
virtuale come guida per usufruire dei
servizi della P.A.; mentre dal mese di
aprile saranno integrati nuovi servizi di
assistenza ai disabili. Parallelamente,
partirà un piano di formazione per
diffondere a tutti gli operatori del network
le stesse informazioni
(link a www.governo.it). |
LAVORI PUBBLICI: Un
Piano per l'edilizia scolastica.
È stata raggiunta con regioni, province e
comuni un'intesa sull'edilizia scolastica.
"Con l'intesa raggiunta ci sono tutte le
condizioni per acquisire i dati necessari e
verificare il grado di sicurezza del
patrimonio edilizio delle nostre scuole", ha
affermato il Ministro dell'Istruzione,
Mariastella Gelmini, nel corso della
conferenza stampa che si è svolta a Palazzo
Chigi il 29 gennaio scorso dopo l'accordo
sottoscritto in sede di conferenza unificata
il 28.01.2009. È così possibile superare la
frammentazione delle competenze, creare un
tavolo di lavoro che si dà tempi certi e
obiettivi precisi. La messa in sicurezza del
patrimonio edilizio riguarda 9 milioni di
persone (alunni, docenti e personale
amministrativo) e 45 mila scuole.
Il Ministero dell'Istruzione ha promosso un
grosso sforzo organizzativo per prevenire
eventuali situazioni di rischio presenti
nelle scuole italiane di ogni ordine e
grado, convocando tavoli di confronto con
gli enti locali e chiedendo alle Regioni un
impegno vincolante per stilare l'anagrafe
strutturale e non strutturale delle scuole
italiane (link a www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
PUBBLICO IMPIEGO:
A. Barbiero,
Riduzione dell’incentivo per la
progettazione percepibile dai progettisti
interni alle Amministrazioni appaltanti
(art. 18, comma 4-sexies legge 2/2009)
(link a www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Di Feo,
Denuncia d’inizio di attività: natura
giuridica e tutela dei terzi
controinteressati (link a
www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO: S.
Gennai,
Potere organizzativo del datore di lavoro
pubblico e azione sindacale nei luoghi di
lavoro (link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Dalla Pria,
Restituzione degli oneri concessori e
decorrenza degli interessi legali nel
diniego di sanatoria dell’illecito
urbanistico (link a
www.lexitalia.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: C.
Ferro,
Il principio di buona fede nell’azione
amministrativa (link a
www.lexitalia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
La
"tolleranza zero" e il paesaggio (AL
n. 12/2008). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI FORNITURE:
Ritenuto in diritto:
In via generale, deve evidenziarsi come
l’articolo 68 del D.Lgs. n. 163/2006, nel
dettare la disciplina relativa alle
specifiche tecniche, precisi, al comma 2,
che esse devono consentire pari accesso agli
offerenti e non devono comportare la
creazione di ostacoli ingiustificati
all’apertura dei contratti pubblici alla
concorrenza. La ratio legis sottesa alla
disposizione in commento consiste, dunque,
nell’evitare che la definizione delle
specifiche tecniche determini un ostacolo
alla libera circolazione delle merci, nonché
una limitata partecipazione delle imprese,
mediante l’imposizione di particolari
caratteristiche dei prodotti o dei servizi.
L’Autorità si è occupata in passato spesso
di problematiche afferenti al divieto di
apposizione nella documentazione di gara di
riferimenti a una determinata fabbricazione
o provenienza o ad un marchio, ad un
brevetto o ad un’origine o produzione
specifica, evidenziando, ove non fosse
possibile altrimenti individuare in modo
preciso l’oggetto della prestazione, il
dettato di cui all’art. 68, comma 13, del
D.Lgs. n. 163/2006, che prevede l’obbligo
comunque di indicare l’espressione “o
equivalente” (si vedano i pareri n. 48 del
9.10.2007; n. 51 del 10.10.2007 n. 64 del
10.10.2007; n. 96 dell'08.11.2007; n. 97 del
09.04.2008).
Nella propria determinazione n. 2 del
29.03.2007 questa Autorità ha, inoltre,
sottolineato la rilevanza dell’introduzione
dell’obbligo espresso di citare
l’espressione “o equivalente” (ultimo
periodo della lettera a), comma 3, art. 68
citato). Conseguenza rilevante di tale
disposizione è da un lato l’onere in capo
all’offerente di dimostrare con ogni mezzo
ritenuto soddisfacente dall’amministrazione
aggiudicatrice l’equivalenza del prodotto
(comma 4) e dall’altro il potere/dovere
dell’amministrazione aggiudicatrice di
valutare l’idoneità delle alternative,
respingendo l’offerta qualora la prova
fornita non sia ritenuta adeguata.
Nel caso di specie l’art. 6 del Capitolato
tecnico presenta un elenco contenente le
caratteristiche minime che i parcometri
devono obbligatoriamente avere. In tale
elenco si rileva come non sia stato
riportato il termine “o equivalente”, in
quanto i requisiti minimi descritti appaiono
formulati in termini generali e non indicano
riferimenti a una determinata fabbricazione
o provenienza o ad un marchio, ad un
brevetto o ad un’origine o produzione
specifica.
Le caratteristiche elencate nel suddetto
articolo 6 del Capitolato rappresentano i
requisiti minimi che l’amministrazione ha
predeterminato ed individuano,
inequivocabilmente, il prodotto di cui la
stazione appaltante ha bisogno, nonché
concorrono alla garanzia di una esauriente
esecuzione del contratto. Tali requisiti,
costituiscono le caratteristiche essenziali
della fornitura richiesta e non consentono
l’ammissibilità di prodotti con qualità
specifiche di grado diverso e minore
rispetto a quanto prescritto nel Capitolato.
In sede di verifica delle offerte, pertanto,
la commissione di gara è tenuta ad escludere
quei concorrenti che non presentino i
requisiti fissati nel Capitolato, non
risultando, viceversa, legittimo l’operato
della commissione di gara che, a seguito
della rilevata divergenza di
caratteristiche, invitasse l’impresa a
fornire dei campioni delle apparecchiature,
onde verificare la loro corrispondenza alle
caratteristiche tecniche stabilite in
capitolato. Infatti, in questo modo, sarebbe
oggettivamente consentito ad un soggetto che
andava immediatamente escluso dalla gara di
sostituire i prodotti originariamente
offerti con altri emendati dalle carenze
riscontrate, con evidente conseguente
violazione del generale principio della par
condicio dei concorrenti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione dell’istante dalla gara è
conforme alla lex specialis di gara
(parere
29.10.2008 n. 231 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera
i), del D.Lgs. n. 163/2006, sono esclusi
dalla partecipazione agli appalti i soggetti
che hanno commesso violazioni gravi,
definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi previdenziali e
assistenziali, secondo la legislazione
italiana o dello Stato in cui sono
stabiliti.
L’Autorità con precedenti pareri (si vedano
le deliberazione n. 89 del 28.11.2006; n. 28
del 06.02.2007; parere 08.11.2007 n. 102) ha
evidenziato come sulla base della normativa
di settore e della giurisprudenza
amministrativa, l’impresa che partecipa ad
una gara d’appalto deve dimostrare la
sussistenza e la persistenza del possesso
del requisito di regolarità contributiva fin
dal momento della presentazione della
domanda di partecipazione, essendo
irrilevanti eventuali adempimenti tardivi.
L’Autorità ha, altresì, espresso l’avviso,
con deliberazione n. 28 del 06.02.2007 che,
tenuto conto che l’articolo 38, comma 1,
lettera i), richiede la sussistenza di
“violazioni gravi”, abbia preminente
rilevanza l’attività di verifica che
l’amministrazione deve effettuare per
valutare, sia la gravità dell’inadempimento,
sia la definitività e che, pertanto,
l’impresa potesse non essere esclusa solo in
quanto risultata non in regola.
Nel caso di specie, dalla documentazione
prodotta nel corso dell’istruttoria, risulta
che la stazione appaltante ha eseguito un
approfondimento istruttorio, in
contraddittorio con la Holiday s.a.s., al
fine di verificare l’entità ed i motivi
dell’inadempimento, nonché l’eventuale
gravità dello stesso. Nel provvedimento di
esclusione viene evidenziato dal Comune di
Bari che le giustificazioni rese
dall’impresa non sono considerate “esaustive
a superare l’irregolarità acclarata
dall’INAIL”, tenuto conto che l’adempimento
volto a sanare l’omissione è intervenuto
tardivamente. La stazione appaltante,
inoltre, ha ritenuto che la violazione
commessa vada considerata grave, sulla base
di quanto disposto dall’art. 8, co.3, del
Decreto del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale del 24.10.2007, ai sensi
del quale “non si considera grave lo
scostamento inferiore ad euro 100,00”. Su
tale punto si rende opportuna una
precisazione.
In data 30.12.2007 è entrato in vigore il
Decreto del 24.10.2007 del Ministero del
Lavoro e della Previdenza sociale sul
Documento unico di regolarità contributiva
(“DURC”) che, tra le novità, ha introdotto
dei parametri di valutazione della gravità
dell’inadempimento fornendo, così, un
fondamento oggettivo di valutazione e,
limitando, di fatto, la possibile
discrezionalità delle stazioni appaltanti in
ordine alla verifica di tale requisito. In
particolare, l’art. 8 del Decreto individua,
quali cause non ostative al rilascio del
DURC, due parametri:
- uno scostamento “inferiore o pari al 5%
tra le somme dovute e quelle versate con
riferimento a ciascun periodo di paga o di
contribuzione”;
- o, comunque, “uno scostamento inferiore ad
Euro 100,00”, fermo restando un obbligo di
pagamento di tali importi entro 30 giorni
dal rilascio del DURC.
I suddetti parametri devono essere
utilizzati dalle stazioni appaltanti in via
cumulativa, secondo anche quanto specificato
dalla Circolare del Ministero del Lavoro n.
5/2008.
Nel caso in esame si rileva che la stazione
appaltante, sembra aver fondato il giudizio
di gravità sulla sola verifica del
superamento della soglia di Euro 100,00, con
la conseguenza che la stessa dovrà integrare
l’istruttoria già condotta in
contraddittorio con la società, per appurare
se lo scostamento contestato alla Holiday
s.a.s. sia pari o superiore al 5% tra le
somme dovute e quelle versate con
riferimento a ciascun periodo di paga o di
contribuzione. Tale dato, infatti, non è
desumibile dal DURC e risulta essere
dirimente al fine di una completa ed
esaustiva valutazione della gravità della
violazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la stazione
appaltante è tenuta ad integrare
l’istruttoria nel rispetto della normativa
vigente di settore
(parere
23.10.2008 n. 230 - link a
massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
L'alterazione della par condicio
dei concorrenti si verifica se le offerte
provengono da un medesimo centro decisionale
o, comunque, provengono da due o più imprese
collegate e sussistano elementi tali da far
ritenere che si tratti di offerte
previamente conosciute, anche se non
concordate dalle partecipanti.
L'esclusione dalla gara d'appalto per
collegamento sostanziale può configurarsi
solo previo accertamento della presenza di
una pluralità di indizi gravi, precisi e
concordanti univocamente volti a configurare
il presupposto applicativo della esclusione.
Tali indici rivelatori (Tar Lazio, III,
08.05.2007, n. 4096; Tar Lombardia, Milano,
III, 04.04.2006, n. 896), alla stregua
dell'insegnamento giurisprudenziale, devono
essere tali "da ingenerare il più che
ragionevole sospetto che l'accordo tra le
partecipanti possa pregiudicare
l'imparzialità e la regolarità della gara"
(CdS, IV, 15.02.2002, n. 949).
In particolare, quanto all'individuazione
degli elementi univoci indicatori della
riconducibilità delle offerte a un unico
centro decisionale, la giurisprudenza ha
desunto la sussistenza del collegamento da
una serie di elementi indiziari, ritenuti
espressivi della comunanza delle imprese
interessate, sulla base di una nutrita
esemplificazione cui ha fatto peraltro
puntualmente riferimento lo stesso
ricorrente (indicazione nelle stesse buste
spedite dalle imprese dalla medesima sede
amministrativa; spedizione degli stessi
plichi dal medesimo ufficio postale, nello
stesso giorno e con le stesse modalità;
rilascio delle polizze fideiussorie,
presentate come cauzione, da parte della
stessa compagnia e agenzia di assicurazioni,
nella medesima data e con numero progressivo
successivo; coincidenza del numero di fax e
dell'indirizzo di posta elettronica;
rapporti di parentela tra gli amministratori
unici di suddette società e gli intrecci
azionari esistenti e facenti capo agli
stessi soggetti; ecc.).
L'alterazione della par condicio dei
concorrenti e la violazione dei principi di
concorrenza e di segretezza dell'offerta
possono ritenersi provate qualora ricorrano
elementi di fatto dai quali possano trarsi
indizi gravi, precisi e concordanti, che
inducano a ritenere verosimile, secondo l'id
quod pleriumque accidit, il venir meno
della correttezza della gara. Ciò si
verifica se le offerte provengono da un
medesimo centro decisionale o, comunque,
provengono da due o più imprese collegate e
sussistano elementi tali da far ritenere che
si tratti di offerte previamente conosciute,
anche se non concordate dalle partecipanti
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 14.01.2009 n. 99 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La d.i.a. costituisce
un’autorizzazione implicita di natura
provvedimentale.
Il Collegio
ritiene, in presenza di una serie di
differenziate ricostruzioni dell’istituto
della d.i.a., preferibile il più recente
insegnamento espresso al riguardo dal
Consiglio di Stato (cfr. Cons. St. Sez VI,
05.04.2007 n. 1550, Sez. IV 29.07.2008 n.
3742, v. ora anche Sez. IV 25.11.2008 n.
5811) con il quale è stato rilevato che "il
terzo che si oppone ai lavori edilizi
intrapresi tramite d.i.a., non deve chiedere
al Comune di porre in essere i provvedimenti
sanzionatori previsti in genere per gli
abusi edilizi, facendo ricorso, in caso di
inerzia, alla procedura del
silenzio-rifiuto; né deve agire innanzi al
giudice per chiedere l’adempimento delle
prestazioni che la p.a. avrebbe omesso di
svolgere, ovvero chiedere l’annullamento
della determinazione formatasi in forma
tacita, o comunque contestare la
realizzabilità dell’intervento. Né, ancora,
il terzo è tenuto, entro il termine di
decadenza, ad instaurare un giudizio di
cognizione, tendente ad ottenere
l’accertamento della insussistenza dei
requisiti e dei presupposti previsti dalla
legge, per la legittima intrapresa dei
lavori a seguito di d.i.a."
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 10.01.2009 n. 15 - link
a www.altalex.com): |
ESPROPRIAZIONE: Non
sussiste un obbligo, per la amministrazione
che procede alla realizzazione di un’opera
pubblica, di depositare, già al momento in
cui sottopone il progetto per la
approvazione definitiva e per la
dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco
dei terreni soggetti ad occupazione
temporanea finalizzata alla corretta
esecuzione dei terreni.
Il piano particellare delle aree soggette ad
occupazione temporanea non è elemento
necessario per la valida approvazione del
progetto definitivo e non sussiste l’obbligo
di comunicare, ai proprietari delle aree
medesime, l’avvio del procedimento
finalizzato alla approvazione dell’opera
pubblica o la avvenuta approvazione del
progetto definitivo.
Allo stato attuale della legislazione, non
si può affermare che sussista un obbligo,
per la amministrazione che procede alla
realizzazione di un’opera pubblica, di
depositare, già al momento in cui sottopone
il progetto per la approvazione definitiva e
per la dichiarazione di pubblica utilità,
l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione
temporanea finalizzata alla corretta
esecuzione dei terreni.
Infatti, l’art. 16 d.p.r. 327/2001 statuisce
che l’autorità espropriante, al fine di
promuovere la adozione della dichiarazione
di pubblica utilità, deve depositare, oltre
agli elaborati progettuali, tutti gli atti
utili e necessari a descrivere la natura e
lo scopo delle opere da eseguire e “in
ogni caso lo schema dell’atto di
approvazione del progetto deve richiamare
gli elaborati contenenti la descrizione dei
terreni e degli edifici di cui é prevista
l’espropriazione, con l’indicazione
dell’estensione e dei confini, nonché
possibilmente dei dati identificativi
catastali e con il nome e cognome dei
proprietari iscritti nei registri catastali”
(art. 16 comma 2 d.p.r. 327/2001). Dalla
norma citata si evince, dunque, che solo
relativamente alle aree soggette a esproprio
vi é l’obbligo di depositare l’elencazione
dei terreni.
Tale impostazione trova conferma nell’art.
l’art. 13 dell’allegato tecnico al codice
dei contratti pubblici, approvato con D.
L.vo 163/2006, il quale statuisce oggi, a
differenza dell’art. 33 D.P.R. 554/1999, che
“1. Il piano particellare degli espropri,
degli asservimenti e delle interferenze con
i servizi é redatto in base alle mappe
catastali aggiornate, e comprende anche le
espropriazioni e gli asservimenti necessari
per gli attraversamenti e le deviazioni di
strade e corsi d’acqua e le altre
interferenze che richiedono espropriazioni.
2…….3. Il piano é corredato dall’elenco
delle ditte che in catasto risultano
proprietarie dell’immobile da espropriare e
asservire, ed é corredato dalla indicazione
di tutti i dati castali nonché delle
superfici interessate”. Come si vede,
dalla norma confluita nell’allegato tecnico
al codice dei contratti pubblici, é stato
espunto ogni riferimento alle aree soggette
ad occupazione temporanea.
Si evidenzia, dunque, una chiara tendenza
del legislatore ad alleggerire gli oneri a
carico delle autorità esproprianti, tra
l’altro anche mediante il venir meno degli
obblighi correlati alla immediata
individuazione delle c.d. aree di cantiere.
Tale considerazione conferma che l’art. 16
d.p.r. 327/01 deve essere letto esattamente
nel senso che impone, al fine della
approvazione del progetto definitivo, solo
il deposito del piano particellare delle
aree ad espropriare, e non anche delle aree
soggette ad occupazione temporanea.
Allo stesso modo gli artt. 16 e 17 d.p.r.
327/01 prevedono l’obbligo di dare
comunicazione, rispettivamente dell’avvio
del procedimento e della avvenuta
approvazione del progetto definitivo, al “proprietario
dell’area ove é prevista la realizzazione
dell’opera”, locuzione questa che può
ragionevolmente riferirsi solo al
proprietario di aree da espropriare: ciò si
desume chiaramente dagli artt. 16 comma 11 e
17 comma 3, i quali sottendono entrambi la
qualità di soggetto ad espropriazione nel
“proprietario dell’area “: nel primo caso,
infatti, la norma facoltizza tale soggetto a
“chiedere che l’espropriazione riguardi
anche le frazioni residue dei suoi beni”,
mentre nel secondo caso gli conferisce la
possibilità di interloquire sul valore
dell’area ai fini della determinazione della
indennità di esproprio.
Si deve pertanto ritenere che il piano
particellare delle aree soggette ad
occupazione temporanea non sia elemento
necessario per la valida approvazione del
progetto definitivo e che, correlativamente
non sussista l’obbligo di comunicare, ai
proprietari delle aree medesime, l’avvio del
procedimento finalizzato alla approvazione
dell’opera pubblica o la avvenuta
approvazione del progetto definitivo.
Peraltro, l’art. 49 d.p.r. 327/2001
statuisce che l’autorità espropriante può
disporre l’occupazione temporanea di aree
non soggette al procedimento espropriativo “se
ciò risulta necessario per la corretta
esecuzione dei lavori previsti”.
La norma limita quindi la discrezionalità
della amministrazione procedente, statuendo
che alla occupazione temporanea di aree si
possa far luogo solo in caso di bisogno
effettivo della cui ricorrenza
l’Amministrazione procedente deve
evidentemente –onde evitare che la
disposizione in esame venga sistematicamente
disapplicata- dare conto nella motivazione
del provvedimento che dispone la occupazione
temporanea. Si noti che l’art. 49, comma 1,
d.p.r. 327/2001 legittima l’occupazione
temporanea non in relazione ad una necessità
qualsiasi, ma solo in relazione alla
necessità di eseguire correttamente le
opere. Si deve quindi ritenere, ad esempio,
che un’area privata possa essere occupata
temporaneamente per la necessità di
collocarvi ponteggi o altri macchinari
necessari per dar corso a opere collocate in
prossimità del confine, ma non anche per
disporre, in prossimità di un cantiere, di
un deposito di materiali facilmente
trasportabili. L’Amministrazione, in altre
parole, deve organizzare i cantieri in modo
da non arrecare alcun disturbo quantomeno a
chi non sia soggetto ad espropriazione, e
quindi il decreto che dispone l’occupazione
temporanea deve essere motivato
specificamente a dimostrazione della
sussistenza delle ragioni che la
legittimano.
Va preliminarmente rilevato che
l’occupazione temporanea priva il
proprietario, sia pur transitoriamente, del
godimento dell’area, e quindi incide
fortemente nella di lui sfera giuridica. E’
quindi essenziale, onde assicurare un
effettivo ed equo contemperamento tra
l’interesse pubblico e quello del privato
che deve subìre l’occupazione temporanea,
che tale indennizzo venga offerto, e quindi
quantificato, contestualmente al decreto che
dispone l’occupazione temporanea, allo
stesso modo in cui l’indennità di esproprio
deve essere offerta e quantificata con il
decreto che dispone l’espropriazione o
l’occupazione anticipata preordinata
all’esproprio: in altre parole, il privato
ha diritto a conoscere da subito l’esatto
ammontare che gli viene offerto a titolo di
indennizzo, onde essere messo in grado di
valutare quali azioni intraprendere a tutela
dei propri diritti (TAR Puglia-Bari, Sez.
III,
sentenza 17.12.2008 n. 2891 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Licenza di abitabilità presuppone
la conformità urbanistico edilizia
dell'edificio.
La licenza di
abitabilità di un edificio, pur avendo una
funzione diversa da quella della concessione
edilizia, presuppone che il manufatto sia
conforme alla disciplina urbanistica.
Non può essere rilasciata l’autorizzazione
sanitaria che renderebbe i locali agibili,
qualora gli stessi risultino non conformi
alla disciplina urbanistico-edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.12.2008 n. 6174 -
link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Schiamazzi notturni, ordinanza
sindacale di necessità, presupposti,
legittimità.
Gli schiamazzi
notturni degli avventori di un esercizio
pubblico possono essere un elemento in base
al quale il Sindaco adotta un’ordinanza di
necessità, allorché il disagio provocato
agli abitanti del posto raggiunge un grado
di intollerabilità, oggettivamente
accertato, tale da assurgere a una forma di
vero e proprio inquinamento acustico con
danno alla salute delle persone.
La mancata comunicazione di avvio del
procedimento nel caso di ordinanza di
necessità non rileva laddove, rammentata la
finalità a base dell’art. 7 della legge 241
del 1990 di rendere edotto l’interessato
dell’esistenza di un procedimento, essa
risulta raggiunta in sede di accertamenti
compiuti dai vigili urbani, i quali a tale
compito –nella fattispecie– assolvono
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 25.09.2008 n. 4041 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 02.02.2009 |
UTILITA' |
ENTI LOCALI: Dossier
TESTO UNICO SULLA SICUREZZA
(link a www.consulentidellavoro.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA - VARI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n.
4 del 30.01.2009, "Modifiche alle
disposizioni generali del servizio idrico
integrato di cui alla legge regionale 12.12.2003, n. 26 «Disciplina dei servizi
locali di interesse economico generale.
Norme in materia di gestione dei rifiuti, di
energia, di utilizzo del sottosuolo e
di risorse idriche»" (L.R.
29.01.2009 n. 1 - link a
www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI -
LAVORI PUBBLICI - VARI:
G.U. 28.01.2009 n. 22, suppl. ord. n. 14/L,
"Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 29.11.2008, n. 185,
recante misure urgenti per il sostegno a
famiglie, lavoro, occupazione e impresa e
per ridisegnare in funzione anti-crisi il
quadro strategico nazionale.
Testo del
decreto-legge 29.11.2008, n. 185, coordinato
con la legge di conversione 28.01.2009, n. 2,
recante: «Misure urgenti per il sostegno a
famiglie, lavoro, occupazione e impresa e
per ridisegnare in funzione anti-crisi il
quadro strategico nazionale»".
N.B.: l'art. 18, comma
4-sexies, riporta l'incentivo alla
progettazione interna agli uffici pubblici
(con decorrenza 01.01.2009) nella misura
dello 0,5%. |
AMBIENTE-ECOLOGIA - LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 4
del 27.01.2009, "Determinazioni in merito
alla gestione organizzativa e funzionale del
sistema di allerta per i rischi naturali ai
fini di protezione civile" (deliberazione
G.R. 22.12.2008 n. 8753 - link a
www.infopoint.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI - VARI:
Alza la cornetta, l’amministrazione pubblica
è un’amica che ti aspetta.
Presentato oggi il contact center del
ministero per la Pa e l’Innovazione che
risponde ai cittadini (link a
www.nuovofiscooggi.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
A. Giordano,
IL DIVIETO DI RINNOVO DEI CONTRATTI PUBBLICI
DI APPALTO (link a www.neldirittoeditore.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B. Albertazzi,
IL SUPERAMENTO DEI VALORI LIMITE PER GLI
SCARICHI DI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI E’
SEMPRE SANZIONATO PENALMENTE
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Falleni,
Processi naturali di trattamento delle acque
e aspetti dimensionali (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Sanna,
Rifiuti, miscelare non è recuperare
(link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
A. Lisi,
Tra le rassicuranti novità in materia di
digitalizzazione documentale, che fine fa la
PEC? (link a www.ergaomnes.net). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI SERVIZI:
Ritenuto in diritto:
Le istruzioni relative alla Deliberazione
dell’Autorità del 24.01.2008 al punto B),
concernente le “modalità e termini di
versamento della contribuzione”,
stabiliscono che le S.A. che intendono
avviare una procedura di affidamento devono
connettersi al Sistema Informativo di
Monitoraggio delle Gare (SIMOG) sul sito
dell’Autorità, il quale attribuisce alla
procedura un codice identificativo gara,
denominato CIG e, determina, sulla base
delle informazioni fornite dalla S.A.,
l’importo delle contribuzioni a carico delle
S.A. e dei partecipanti, nonché il termine
di scadenza dei pagamenti.
Tale termine di scadenza deve, almeno,
coincidere con quello di presentazione delle
offerte, al fine di consentire ai
partecipanti di usufruire della modalità di
versamento on line della contribuzione,
collegandosi al “Servizio riscossione
contributi” del sito dell’Autorità, fino
alla data di scadenza del bando di gara.
Nel caso di specie, l’Istituto Nazionale
Tumori “Fondazione G. Pascale”, nel
richiedere, in data 15 gennaio 2008, al
SIMOG il CIG relativo alla procedura di
affidamento in oggetto, ha indicato quale
data di scadenza dei pagamenti quella del
18.03.2008, fissando, successivamente, il
termine di presentazione delle offerte al
10.04.2008, poiché, per difficoltà interne
all’amministrazione, aveva provveduto a
pubblicare in ritardo il bando di gara sulla
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
La S.A. avrebbe dovuto, pertanto,
rettificare –mediante richiesta
all’Osservatorio dei contratti pubblici– la
data di scadenza dei pagamenti, consentendo,
in tal modo, ai partecipanti di utilizzare
il sistema di versamento on line fino alla
data di presentazione delle offerte.
Ne consegue, pertanto, che l’utilizzo della
modalità di riscossione on line –che
determina automaticamente l’importo del
versamento– avrebbe consentito alla società
istante, che ha dovuto poi effettuare il
pagamento tramite bollettino postale, di
versare l’importo esatto del contributo e di
non incorrere nell’errore commesso.
Come più volte ribadito dalla stessa
Autorità (parere n. 164/2008 e n. 1/2007)
non può consentirsi che il comportamento
negligente dell’Amministrazione si risolva
in un danno per il partecipante alla
procedura di affidamento.
Ciò, peraltro, viene confermato dalla stessa
giurisprudenza, la quale afferma che
l’applicazione dei principi di tutela
dell’affidamento e di correttezza
dell’azione amministrativa, in correlazione
con la clausola generale di buona fede che
informa l’azione amministrativa nel suo
complesso, impedisce che le conseguenze di
una condotta colposa della stazione
appaltante possano essere traslate a carico
del soggetto partecipante con la
comminatoria dell’esclusione dalla procedura
(Cons. Stato n. 3384/2007; Cons. Stato n.
6190/2006).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione disposta dalla stazione
appaltante non è conforme al principio del
favor partecipationis, in quanto la stessa
avrebbe dovuto richiedere alla soc. SIEME
S.r.l. una integrazione dell’importo del
contributo (parere
23.10.2008 n. 229 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI:
Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. 12.04.2006
n.163 e s.m., il computo metrico fa parte
del progetto, il quale a sua volta
costituisce l’oggetto del contratto di
appalto e, quindi, la prestazione dedotta
nell’obbligazione assunta dall’appaltatore.
In particolare, il computo metrico, in
quanto specifica dettagliata dei lavori da
eseguirsi, con determinazione ed elencazione
della quantità, qualità e prezzi, si
configura quale indispensabile strumento di
raffronto unitario e parametro soggettivo di
una valida verifica di congruità
dell'offerta ed è, peraltro, inserito (come
nel caso di specie) tra gli elaborati
contenuti nel disciplinare di gara, che
costituisce parte integrante del bando.
La centralità del computo metrico si evince
anche dal fatto che lo stesso deve essere
posto in visione dei partecipanti nei casi
di aggiudicazione al prezzo più basso, senza
possibilità di negarne l’ostensione, come
tra l’altro chiarito da questa Autorità con
la Deliberazione n. 78 del 2004.
Con specifico riguardo all’aggiudicazione al
prezzo più basso mediante offerta a prezzi
unitari l’art. 90, comma 5, del D.P.R.
21.12.1999, n.554 e s.m. prevede che
«[…]prima della formulazione dell’offerta,
il concorrente ha l’obbligo di controllare
le voci riportate nella lista attraverso
l’esame degli elaborati progettuali,
comprendenti anche il computo metrico» e, a
tal fine, l’art. 71, comma 2, stabilisce che
«l’offerta da presentare deve essere
accompagnata da una dichiarazione con la
quale i concorrenti attestano di aver
esaminato gli elaborati progettuali,
compreso il computo metrico».
Di analogo tenore è, poi, l’art.36
dell’Allegato XXI del D. Lgs. 163/2006,
secondo cui «l'offerta da presentare per
l'affidamento degli appalti e delle
concessioni di lavori pubblici è
accompagnata dalla dichiarazione con la
quale i concorrenti attestano di avere
esaminato gli elaborati progettuali,
compreso il computo metrico».
Dalla suesposte considerazioni discende che
il computo metrico ha una sua pregnante
valenza, prevalente rispetto alla lista
delle categorie che i concorrenti devono
compilare. Con la conseguenza che in caso di
divergenza tra le indicazioni contenute nel
computo metrico e quelle presenti nelle
corrispondenti voci della lista delle
categorie, prevalgono le indicazioni
contenute nel computo metrico.
Nel caso di specie, si deve altresì
considerare che l’errore nel quale è incorsa
l’impresa aggiudicataria è stato determinato
dal refuso della Stazione appaltante nella
predisposizione del modello della lista
delle categorie delle lavorazioni e che
anche altre imprese, oltre alla
aggiudicataria, hanno calcolato il ribasso
con le stesse erronee modalità. Si pone,
quindi, un problema di tutela
dell’affidamento della buona fede dei
concorrenti alla gara d’appalto e di
contemperamento di questa esigenza con la
tutela della par condicio, principio cardine
in materia di appalti pubblici.
Ed invero, l’applicazione dei principi di
tutela dell’affidamento e di correttezza
dell’azione amministrativa, in correlazione
con la generale clausola di buona fede che
informa l’azione amministrativa nel suo
complesso, impedisce che le conseguenze di
una condotta colposa della stazione
appaltante possano essere traslate a carico
del soggetto partecipante con la
comminatoria dell’esclusione dalla procedura
(Cons. Stato, Sez. VI, n. 6190/2006),
salvaguardando così l’ammissibilità delle
offerte e consentendo la maggiore
partecipazione di offerenti, attesa la
duplice necessità di tutelare sia
l'affidamento ingenerato nelle imprese
partecipanti, sia l'interesse pubblico al
più ampio possibile confronto
concorrenziale.
Al contempo, però, l’esigenza di garantire
la par condicio dei concorrenti impone di
considerare che altre imprese partecipanti
hanno formulato correttamente le loro
offerte, provvedendo -dopo essersi avviste
dell’errore materiale della S.A.- secondo
quanto stabilito dal disciplinare di gara
che, a pag 10, precisa che «il
concorrente ha l’obbligo di controllare le
voci riportate nella lista suddetta
relativamente alla parte a corpo, previo
accurato esame degli elaborati progettuali
comprendenti il computo metrico […] in esito
a tale verifica il concorrente è tenuto ad
integrare o ridurre le quantità che valuta
carenti o eccessive […]rispetto a quanto
previsto negli elaborati grafici e nel
capitolato speciale, nonché negli altri
documenti che è previsto facciano parte del
contratto».
Si ritiene, pertanto, opportuno che la S.A.
effettui una prova di resistenza,
verificando se, anche a seguito della
rideterminazione dei ribassi offerti,
correttamente calcolati sulla base della
quantità indicata nel computo metrico, si
giunga ad individuare lo stesso
aggiudicatario.
In caso affermativo, si confermerà la
precedente aggiudicazione; in caso negativo,
si procederà ad una nuova aggiudicazione,
con annullamento della precedente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che, quando
un’impresa partecipante ad una gara
d’appalto compila la lista delle categorie
delle lavorazioni in difformità dalle
indicazioni contenute nel computo metrico, a
causa di un errore materiale commesso dalla
Stazione Appaltante, alla stregua
dell’esigenza di tutela dell’affidamento
delle parti in bilanciamento con il
principio di garanzia della par condicio dei
concorrenti, è opportuno che
l’amministrazione effettui una prova di
resistenza per verificare se, a seguito del
rinnovo dei calcoli delle offerte e dei
ribassi, sia possibile confermare
l’aggiudicazione provvisoria medio tempore
disposta (parere
09.10.2008 n. 228 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 15, comma 5, del
d.P.R. 25.01.2000, n. 34 e s.m., la durata
dell'efficacia dell'attestato di
qualificazione è pari a cinque anni con
verifica triennale del mantenimento dei
requisiti di ordine generale, nonché dei
requisiti di capacità strutturale di cui
all'articolo 15-bis. Almeno tre mesi prima
della scadenza del termine, l'impresa che
intende conseguire il rinnovo
dell'attestazione deve stipulare un nuovo
contratto con la medesima SOA o con un'altra
autorizzata.
Come l’Autorità ha già affermato con la
Determinazione del 21.04.2004, n. 6,
(successiva alle modifiche introdotte dal
d.P.R. 10.03.2004, n. 93), se un’impresa si
sottopone a verifica dopo la data di
scadenza del triennio di validità
dell’attestazione, ai sensi dell’art. 15-bis
del d.P.R. 34/2000 e s.m., l’impresa non può
partecipare alle gare nel periodo compreso
tra la data di scadenza del triennio e la
data di effettuazione della verifica con
esito positivo. Infatti, il rinnovo
dell’attestazione avviene, ai sensi del
comma 7 dell’art. 15 citato, alle stesse
condizioni e con le stesse modalità previste
per il rilascio dell’attestazione, dovendo
la Soa effettuare un’attività istruttoria
tesa ad accertare il permanere in capo al
richiedente dei requisiti di qualificazione.
Ma il punto principale e dirimente delle
questioni sollevate è che la revisione
triennale, considerate le sue finalità e le
relative modalità di svolgimento, ha natura
costitutiva, non potendo attribuirsi ad essa
un mero valore ricognitivo. Ne segue che,
decorso inutiliter il termine per la
revisione triennale, l’attestazione non è
più efficace e il concorrente resta privo
del requisito della qualificazione.
La perdita del predetto titolo di
partecipazione inficia la legittimità della
partecipazione alla gara e, di conseguenza,
la regolarità della procedura, giacché -come
chiarito anche con la Deliberazione n.
234/2007- il requisito della qualificazione
deve sussistere al momento della scadenza
per la presentazione delle offerte,
permanere per tutta la durata del
procedimento di gara e, in caso l’impresa
risulti aggiudicataria, per tutta la durata
dell’appalto.
Anche la giurisprudenza condivide
l’orientamento dell’Autorità, ritenendo che
l’impresa ha l’onere di sottoporsi alla
verifica nell’imminenza della scadenza del
triennio e che, in caso di verifica tardiva
con esito positivo, i relativi effetti
decorrono ex nunc dalla data della
comunicazione all’impresa, avendo la
verifica un valore costitutivo e non
meramente ricognitivo (Tar Campania, n.
111/2007; Tar Molise n. 496/2006; Tar
Sicilia-Catania n. 353/2006, n. 539/2006. n.
831/2006).
Nel caso di specie, considerata
l’evidenziata natura costitutiva e non
dichiarativa della verifica triennale,
risulta non corretto l’operato della S.A.
sia con riferimento all’impresa provvisoria
aggiudicataria, che è rimasta priva di
qualificazione Soa nel periodo intercorso
tra l’11.10.2007 e il 04.12.2007, sia con
riferimento alla società 3R Costruzioni che
era priva di attestazione Soa alla data di
scadenza per la presentazione delle offerte
(04.10.2007), essendo del tutto irrilevante
la dichiarazione della Soa circa la
conclusione dell’istruttoria per la
revisione dell’attestazione.
Per quanto concerne, poi, la posizione delle
altre due imprese segnalate dall’istante, si
rappresenta che, ove il bando richieda un
documento specificandone le caratteristiche
formali (originale o copia autenticata,
identificazione dell’ufficio che lo
rilascia), la S.A. si autovincola e deve
rispettare e imporre a tutti i partecipanti
alla procedura l’osservanza delle regole
della lex specialis. Di conseguenza, secondo
un costante orientamento della
giurisprudenza, la S.A. è tenuta ad
escludere il partecipante per documentazione
non conforme al bando qualora, come nel caso
di specie, l'adempimento formale sia
richiesto a pena di esclusione.
Passando infine all’esame dell’ultima
censura relativa alla partecipazione della
Ediltrivellazioni di Piccoli Giovanni & C.,
si rappresenta che l’art. 49, comma 6, del
Codice dispone che il concorrente “può
avvalersi di una sola impresa ausiliaria per
ciascun requisito o categoria”, formula
legislativa che deve essere interpretata
-contrariamente a quanto ritenuto
dall’istante- nel senso che non è possibile
per una medesima categoria avvalersi di più
di un’impresa e non nel senso che sia
precluso avvalersi di una stessa impresa per
più categorie o requisiti. È sufficiente in
tal senso, infatti, leggere il secondo
periodo della norma considerata nella parte
in cui prevede, come eccezione alla regola,
che il bando di gara può ammettere, tranne
per i lavori con riferimento ad una stessa
categoria, il cumulo tra attestazioni di
qualificazione SOA di più imprese ausiliarie
in ragione dell'importo dell'appalto o della
peculiarità delle prestazioni. Inoltre, lo
stesso Disciplinare di gara, al punto 10),
lettera d), stabilisce che il concorrente
può avvalersi di una sola impresa
ausiliaria.
In merito infine alla censura relativa al
requisito della qualità di cui all’art. 4
del DPR 34/2000, si evidenzia che, per
quanto risulta in atti, l’impresa ausiliaria
Parrella Pellegrino s.r.l. ha presentato
un’attestazione SOA con certificazione di
qualità scaduta.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’operato della
Stazione Appaltante non appare conforme alla
normativa di settore (parere
09.10.2008 n. 227 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI:
Ritenuto in diritto:
Dalla descrizione dei servizi oggetto del
presente appalto, come elencati dall’art. 1
del Capitolato speciale, emerge che non è
stato indicato il servizio di bonifica siti,
attività ben distinta dagli ordinari servizi
di igiene urbana costituiti da servizi quali
la raccolta differenziata, svuotamento
cassonetti, lavaggio strade, pulizia e
manutenzione del verde e altri servizi
complementari. Pertanto, la previsione
dell’iscrizione alla categoria 9, classe E,
quale requisito di partecipazione non sembra
essere pertinente all’oggetto della gara.
Inoltre l’Autorità in precedenza (si vedano
deliberazioni nn. 93/2007, 95/2007 e
96/2007), ha già avuto modo di evidenziare
come il requisito di iscrizione all’Albo
Nazionale dei Gestori Ambientali è requisito
di esecuzione e non di partecipazione ad un
appalto e, pertanto, i bandi di gara devono
prevedere specifica clausola in base alla
quale non si procederà alla stipulazione del
contratto in caso di mancato possesso della
relativa iscrizione.
In merito alla errata indicazione del CIG si
ribadisce, che l’Autorità ha osservato già
in altre occasioni, come il CIG valga ad
identificare univocamente la gara alla quale
si riferisce il contributo. La stazione
appaltante può, in caso di errore,
provvedere a rettificare lo stesso
attraverso il sistema SIMOG.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la
previsione dell’iscrizione alla categoria 9,
classe E, quale requisito di partecipazione
non è pertinente all’oggetto del bando di
gara, né alla normativa vigente di settore (parere
09.10.2008 n. 226 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
L’articolo 19, comma 12-bis, della legge n.
109 del 1994, nel testo coordinato con le
norme delle leggi della Regione Sicilia
29.11.2005, n. 16 e 21.08.2007, dispone che:
“Relativamente ai soli lavori pubblici di
valore inferiore alla soglia comunitaria,
per la partecipazione alle procedure di
affidamento degli appalti e delle
concessioni, i concorrenti unitamente alla
documentazione prevista dalle vigenti leggi,
dimostrano la regolarità contributiva
mediante la produzione di certificazione
rilasciata dall’INPS, dall’INAIL e dalla
Cassa edile. In difetto di tale produzione i
concorrenti sono esclusi dalla
partecipazione a dette procedure e non
possono stipulare i relativi contratti. Ai
soli fini della detta partecipazione, le
certificazioni hanno validità per tre mesi
dal rilascio.”.
Con decreto dell’Assessorato regionale
lavori pubblici n. 26/Gab del 24.02.2006
sono state dettate le modalità attuative
della predetta disposizione. Nello
specifico, all’art. 2 è previsto che “La
regolarità contributiva è certificabile e/o
attestabile anche attraverso la produzione
del DURC. Ai fini dell’art. 19, comma
12-bis, della legge 11.02.1994, n. 109, non
sono valide le attestazioni rilasciate dalle
casse edili se riferite a uno o più
cantieri, dovendo le casse attestare la
regolarità contributiva senza limitazione a
singoli appalti.”.
Il disciplinare di gara indica nella
documentazione da allegare a pena di
esclusione al punto n. 3) “Documentazione
dimostrante il possesso del requisito di
capacità contributiva, ai sensi dell’art.
19, comma 12-bis, del testo coordinato,
secondo le modalità attuative contenute nel
decreto dell’Assessore regionale per i
lavori pubblici n. 26/Gab del 24.02.2006; ai
soli fini della partecipazione le
certificazioni hanno validità tre mesi dal
rilascio.”.
Nel caso di specie, poiché il DURC relativo
all’impresa risultata aggiudicataria è stato
rilasciato in data 28.11.2007, il bando di
gara è stato pubblicato il 07.12.2007 e la
procedura si è conclusa con l’aggiudicazione
provvisoria il 17.01.2008, Il DURC medesimo
risulta conforme alle previsioni di legge,
attuative e del bando di gara in ordine alla
validità temporale dello stesso.
Il predetto documento risulta, altresì,
conforme alle prescrizioni delle norme di
attuazione, in quanto nel citato decreto
assessoriale n. 26 del 2006 nulla è
prescritto in merito a specifiche diciture
da apporre sul certificato DURC in caso di
partecipazione a gare di appalto pubbliche.
Il DURC prodotto dall’impresa aggiudicataria
è conforme al quadro normativo vigente anche
per l’ulteriore profilo contestato, in
quanto risulta attestata la regolarità
contributiva della società senza limitazione
a singoli appalti o riferimenti a uno o più
cantieri.
Il Consiglio dell’Autorità si è già espresso
in senso conforme in ordine ad analoga
fattispecie nel parere n. 7 del 27.09.2007.
Si evidenzia, infine, che non risulta
applicabile al caso di specie, in virtù del
principio “tempus regit actum” il
successivo decreto dell’Assessorato dei
lavori pubblici 15.01.2008, recante
“Modifiche al decreto 24.02.2006,
concernente modalità attuative della
disposizione di cui al comma 12-bis
dell’art. 19 della legge 11.02.1994, n.
109”, in quanto il bando di gara è stato
emanato in data antecedente.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’aggiudicazione
provvisoria disposta dal Comune di Raffadali
in favore della C.E.V.I.G. s.r.l. è conforme
alla normativa di settore (parere
09.10.2008 n. 225 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Per quanto concerne il primo motivo di
censura relativo al termine di presentazione
delle offerte, si rileva come l’appalto di
servizi in esame abbia un valore che si pone
al di sotto della soglia comunitaria,
essendo l’importo a basa d’asta pari a euro
90.000,00. Pertanto, essendo la procedura
scelta di tipo aperto, l’appalto va a
ricadere nell’ambito di applicazione
dell’art. 124, comma 6, lett. a), il quale
espressamente prevede che “nelle
procedure aperte, il termine per la
ricezione delle offerte, decorrente dalla
pubblicazione del bando sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana non può
essere inferiore a quindici giorni”.
Alla luce del succitato dettato, il termine
previsto dall’amministrazione comunale
risulta essere conforme alla normativa di
settore.
In ordine all’indicazione dei criteri
motivazionali, si rileva come l’art. 83,
comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006 disponga che
“il bando per ciascun criterio di
valutazione prescelto prevede, ove
necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i
sub-punteggi. Ove la stazione appaltante non
sia in grado di stabilirli tramite la
propria organizzazione, provvede a nominare
uno o più esperti con il decreto o la
determina a contrarre, affidando ad essi
l’incarico di redigere i criteri, i pesi, i
punteggi e le relative specificazioni, che
verranno indicati nel bando di gara. La
commissione giudicatrice, prima
dell’apertura delle buste contenenti le
offerte, fissa in via generale i criteri
motivazionali cui si atterrà per attribuire
a ciascun criterio e sub-criterio di
valutazione il punteggio tra il minimo e il
massimo prestabiliti dal bando".
Nel caso di specie l’allegato 2 al bando di
gara ha correttamente previsto i criteri di
valutazione, fissando per ognuno, così come
previsto dalla citata disposizione del
Codice, un punteggio massimo e minimo. In
ordine alla censurata mancata fissazione dei
criteri motivazionali, si rileva che essi,
secondo quanto disposto dall’art. 83, comma
4, del D.Lgs. n. 163/2006, devono essere
fissati, prima dell’apertura delle buste,
dalla commissione di gara. Nel caso di
specie, sulla base dei verbali di gara
trasmessi nel corso dell’istruttoria, non è
possibile verificare se la commissione ha
operato correttamente nel senso previsto
dalla norma.
Per quanto attiene, infine, alla
composizione della commissione di gara, deve
essere evidenziato che l’art. 84, comma 8,
del D.Lgs. n. 163/2006 dispone che “I
commissari diversi dal presidente sono
selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante”. Ai sensi della citata
previsione, dunque, i commissari devono
essere scelti, in via prioritaria,
nell’ambito della stazione appaltante. Solo
ove ricorrano particolari condizioni e, nei
casi tassativamente previsti, in caso di
accertata carenza in organico di adeguate
professionalità, è possibile nominare
commissari esterni. Tale scelta del
legislatore è giustificata dalla finalità di
contenimento dei costi, che impone un
criterio di sussidiarietà nella nomina di
consulenti esterni. Ricade, pertanto,
nell’ambito discrezionale della stazione
appaltante verificare se, al proprio
interno, vi siano competenze adeguate al
tipo di appalto, al fine di evitare di
ricorrere ad ausili esterni. Nel caso di
specie, l’amministrazione comunale
rappresenta di aver condotto detta verifica
e, posto che il P.E.G. non prevedeva la
possibilità di rivolgersi a professionalità
esterne “non avendo stanziato per altro
alcuna somma a tal fine”, ha provveduto
a nominare una commissione composta da tre
membri, presieduta da un ingegnere,
responsabile del procedimento, che ha
ritenuto possedere le competenze necessarie
per gestire la procedura di appalto in
esame. Pertanto sulla base di quanto
rappresentato dal Comune di Albanella, non
disponendo questa Autorità di informazioni o
documenti (ad esempio i curricula) atti a
dimostrare le effettive competenze dei
componenti della Commissione, la commissione
di gara così composta, sembra essere
conforme alla normativa vigente di settore.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- il termine previsto dall’amministrazione
comunale per la presentazione delle offerte
è conforme alla normativa di settore;
- sono presenti nell’allegato 2 al bando di
gara i criteri di valutazione, contenenti
per ognuno, così come previsto dalla
normativa, un punteggio massimo e minimo.
- la valutazione delle professionalità dei
funzionari interni alla stazione appaltante
è di esclusiva competenza di quest’ultima.
Sulla base di quanto dal Comune
rappresentato, la composizione della
Commissione di gara sembra essere conforme
alla normativa vigente di settore (parere
09.10.2008 n. 224 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Preliminarmente è necessario affrontare la
questione attinente la composizione della
commissione di gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006
impone la scelta dei commissari diversi dal
Presidente tra i funzionari della stazione
appaltante. Solo in caso di accertata
carenza in organico di adeguate
professionalità (oltre che negli altri casi
previsti dal regolamento), questi sono
scelti tra funzionari di altre
amministrazioni aggiudicatrici, ovvero con
un criterio di rotazione, tra gli
appartenenti alle diverse categorie dei
professionisti con almeno dieci anni di
iscrizione nei rispettivi albi professionali
e dei professori universitari di ruolo,
nell'ambito di elenchi, formati sulla base
di rose di candidati fornite dagli stessi
ordini professionali e dalle facoltà di
appartenenza.
L’obiettivo del legislatore, ispirato
all’esigenza di contenimento dei costi, è
quello di privilegiare, nella scelta dei
componenti delle commissioni giudicatrici,
gli “interni”, essendo consentito il ricorso
a commissari “esterni” solamente in caso di
accertata carenza in organico di adeguate
professionalità, ovvero negli altri casi
previsti dal regolamento, e dunque come
criterio sussidiario, e non già alternativo
(TAR Lazio Roma sez. III-ter 04/02/2008 n.
905).
Nel caso di specie, i componenti della
Commissione giudicatrice, diversi dal
Presidente, sono due geometri
“convenzionati” presso l’Ente da 6 anni
l’uno e da 14 anni l’altro, in possesso di
conoscenze e competenze per le mansioni
svolte all’interno del Comune, per i quali,
tuttavia, la sola S.A. potrà verificare
l’effettiva ascrivibilità nelle categorie di
soggetti di cui al comma 8 dell’art. 84 del
d.lgs. n. 163/2006, alla luce delle
specifiche caratteristiche della convenzione
con essi stipulata.
Infatti, laddove i suddetti commissari non
fossero qualificabili come funzionari della
stazione appaltante, ma meri collaboratori
esterni, non facenti parte dell’organico,
non si rientrerebbe nella citata previsione
normativa e, pertanto, la loro nomina non
sarebbe avvenuta in conformità dell’art. 84
del d.lgs. n. 163/2006.
Per quanto attiene la valutazione
dell’offerta dell’impresa aggiudicataria, si
fa rilevare che il bando prevede come
criterio di aggiudicazione l’offerta
economicamente più vantaggiosa. La stazione
appaltante, come si evince dagli atti di
gara, ha ritenuto opportuno, in relazione al
contratto da stipulare, attribuire un certo
punteggio anche alla qualità estetico
funzionale dei miglioramenti (max 20),
specificando che le varianti migliorative
dovranno contenere soluzioni migliorative
e/o finalizzate alla ulteriore mitigazione
ambientale delle opere di cui al progetto
posto a base di gara, in modo da garantire
un ottimale e più efficace ripristino delle
caratteristiche ambientali e naturalistiche
delle aree interessate.
La determinazione del fattore d'incidenza
dei singoli elementi di valutazione
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
in relazione alle caratteristiche del
contratto dal stipulare, rientra nel potere
discrezionale dell'Amministrazione,
suscettibile di sindacato da parte del
giudice amministrativo solo se si riveli
manifestamente irrazionale o costituisca
sintomo di sviamento di potere, in quanto
palesemente volto a porre in condizioni di
vantaggio taluni concorrenti rispetto ad
altri (Cons.St., Sez.VI, 23.02.1999, n.
194).
Gli apprezzamenti compiuti poi, in sede di
valutazione delle offerte, dalla commissione
giudicatrice, che ha ritenuto la proposta
formulata dall’impresa aggiudicataria
particolarmente vantaggiosa per
l’Amministrazione, in relazione ad una serie
di elementi tecnici quali la lavorazione, il
trattamento, la messa in opera del materiale
vegetale, l’impiego di materiali vegetali,
aspetti migliorativi intrinseci allo
sviluppo dei materiali vegetali e materiali
inerti, non sono sindacabili da parte
dell’Autorità, costituendo espressione di un
potere di natura tecnico-discrezionale della
commissione, che può e deve svolgere il
giudizio tecnico sulla congruità, serietà,
sostenibilità e realizzabilità dell’offerta,
senza alcuna possibilità di una
sostituzione/supplenza nell’esercizio di
tale potere di valutazione da parte
dell’Autorità.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che non si rilevano
profili di non conformità nell’operato della
Commissione giudicatrice, fermo restando che
la S.A. dovrà verificare l’effettiva
qualificabilità come funzionari in organico
dei commissari “convenzionati” (parere
09.10.2008 n. 223 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Modifica della destinazione
d’uso.
Per quanto concerne la modifica della
destinazione d'uso, a parte il potere
attribuito alle regioni di stabilire quali
mutamenti debbano essere sottoposti al
permesso di costruire e quali alla denuncia
d'inizio attività, è comunque richiesto il
permesso di costruire allorché il mutamento
si riferisce ad immobili compresi nelle zone
omogenee A) o comunque allorché comportino
interventi che modifichino la sagoma o il
volume del manufatto preesistente (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.01.2009 n. 3445 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Estensione ordine di demolizione
ad altri manufatti.
L'estensione di un ordine di demolizione,
disposto con una sentenza passata in
giudicato, ad altri manufatti è consentito a
condizione che questi ultimi siano stati
realizzati successivamente e, per la loro
accessorietà all'opera abusiva, rendano
ineseguibile l'ordine medesimo. Non può,
invero, consentirsi che un qualunque
intervento additivo, abusivamente
realizzato, possa in qualche modo ostacolare
l'integrale attuazione dell'ordine
giudiziale di demolizione dell'opera cui
accede e, quindi, impedire la completa
restitutio in integrum dello stato dei
luoghi disposta dal giudice con sentenza
definitiva. Se così non fosse si finirebbe
per incentivare le più diverse forme di
abusivismo, funzionali ad impedire o a
ritardare a tempo indefinito la demolizione
di opere in precedenza ed illegalmente
realizzate (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 22.01.2009 n. 2872 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
D.I.A. e manufatti abusivi.
Non è applicabile il regime della D.I.A. a
lavori edilizi che interessino manufatti
abusivi che non siano stati sanati né
condonati, in quanto gli interventi
ulteriori (sia pure riconducibili, nella
loro oggettività, alle categorie della
manutenzione straordinaria, del restauro e/o
risanamento conservativo, della
ristrutturazione, della realizzazione di
opere costituenti pertinenze urbanistiche)
ripetono le caratteristiche di illegittimità
dell'opera principale alla quale ineriscono
strutturalmente (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 20.01.2009 n. 2112 -
link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: il principio
di pubblicità delle sedute vale per
qualunque tipo di gara.
Il principio di pubblicità delle sedute di
gara per la scelta del contraente è
inderogabile per tutti i tipi di gara (ivi
comprese quelle di carattere informale),
almeno per quanto riguarda la fase di
verifica dell'integrità dei plichi
contenenti la documentazione amministrativa
e l'offerta economica e di apertura dei
plichi stessi, a pena di invalidità
dell'intera procedura selettiva, compreso il
provvedimento terminale di aggiudicazione,
anche ove non sia comprovata l'effettiva
lesione sofferta dai concorrenti, poiché il
ridetto adempimento è predisposto a tutela
non solo della "par condicio" ma anche
dell'interesse pubblico alla trasparenza e
all'imparzialità dell'azione amministrativa
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 82 - link
a www.eius.it). |
VARI:
Circolazione stradale: gli
ausiliari del traffico non possono multare i
motorini parcheggiati sul marciapiede.
Gli ausiliari del traffico in tanto sono
legittimati ad accertare e contestare
violazioni a norme del codice della strada,
in quanto dette violazioni concernano
disposizioni in materia strettamente
connessa all'attività svolta dall'impresa
-di gestione dei posteggi pubblici o di
trasporto pubblico delle persone- dalla
quale dipendono, ove l'ordinato e corretto
esercizio di tale attività impediscano od in
qualsiasi modo ostacolino o limitino;
laddove, invece, le violazioni consistano in
condotte diverse -quale, nella specie, il
posteggio su di un marciapiedi non
funzionale al posteggio od alla manovra in
un'area in concessione e neppure alla
circolazione in corsie riservate ai mezzi
pubblici- l'accertamento può essere compiuto
esclusivamente dagli agenti di cui all'art.
12 c.d.s. e non anche dagli ausiliari del
traffico (Corte di Cassazione, Sez. II
civile,
sentenza 13.01.2009 n. 551 - link
a www.eius.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Diritto di accesso: non può
essere negato l'accesso del cittadino al
ruolo di riscossione su cui si fonda la
cartella esattoriale.
In base ad una lettura costituzionalmente
orientata dell'art. 24 della l. 241/1990
(come sostituito dall'art. 16, comma 1,
della l. 11.02.2005, n. 15), deve ritenersi
che l'inaccessibilità agli atti del
procedimento tributario, colà prevista, sia
temporalmente limitata alla sola fase di
pendenza del procedimento stesso, non
rilevandosi esigenze di "segretezza" nella
fase successiva, e cioè quella che concerne
l'adozione dell'atto d'accertamento
definitivo o di riscossione dei tributi da
parte del Fisco (TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 07.01.2009 n. 22 - link
a www.eius.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Processo amministrativo: la
"sospensiva" di un provvedimento di
carattere negativo obbliga l'Amministrazione
a riesaminare la situazione controversa
secondo il "dictum" del giudice.
La pronuncia giurisdizionale che sospende in
via cautelare un atto amministrativo di
carattere negativo fa sorgere in capo alla
Pubblica Amministrazione l'obbligo di
riesaminare (c.d. "remand") la situazione
controversa, regolandola nuovamente (sia
pure a titolo provvisorio) in conformità al
"dictum" del giudice, e cioè concedendo al
ricorrente il richiesto provvedimento
ampliativo, ovvero negandolo qualora
sussistano altre legittime ragioni ostative
non evidenziate in precedenza (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 07.01.2009 n. 10 - link
a www.eius.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
illegittimo il provvedimento amministrativo
che non limita la dichiarazione di
inagibilità ai soli fabbricati costruiti in
assenza dei permessi prescritti dalla legge
e al blocco dei servizi ubicato sotto la
“piscina ad onde”, sprovvisto di
certificazione di agibilità, ma la estende
all’intera struttura (nella fattispecie,
parco acquatico).
L'adozione di provvedimenti quali quello
oggetto del presente giudizio deve essere
supportata da adeguati ed idonei pareri di
organi tecnici, in modo da conciliare i
primari e fondamentali interessi pubblici
alla sicurezza, alla igiene e alla salubrità
con l’interesse del privato all’esercizio
della propria attività imprenditoriale nel
rispetto del principio della libertà di
iniziativa economica.
In particolare dalla relazione tecnica
redatta in data 13.08.2007, a seguito della
richiesta del certificato di agibilità da
parte della Stefania a r.l., emerge che “…gli
accessi sotto la piscina ad onde erano
chiusi, ed a lato degli stessi erano
presenti alcuni telai per porte, pronti per
il montaggio; all’interno del blocco servizi
nord c’è una scala che scende ai servizi,
completamente bagnata dall’acqua che filtra
abbondantemente dal soffitto e che rende
scivolosi i gradini; mancano alcune porte
interne; mancano le protezioni dei tubi di
condotta dell’acqua calda; mancano le
scatole di protezione elettrica e ci sono
fili non protetti. Tale circostanza risulta
particolarmente grave in quanto le
infiltrazioni d’acqua dal soffitto
interferiscono con il passaggio delle
derivazioni elettriche. La messa in funzione
della corrente potrebbe generare il rischio
di folgorazione: sulla parete opposta alle
porte di ingresso ai servizi è stato
ricavato uno spazio aggiuntivo, rispetto a
quello descritto dalle planimetrie catastali
allegate all’istanza di agibilità…”.
Orbene l’amministrazione comunale, preso
atto della presenza all’interno del parco di
alcuni fabbricati costruiti senza i
prescritti permessi edilizi e soprattutto
dell’assenza delle certificazioni di
agibilità relativamente al blocco servizi
ubicato al di sotto della “piscina ad onde”
con conseguente inefficacia della
quantificazione della capacità ricettiva di
2500 persone dell’impianto sportivo, come
individuata dalla Commissione Provinciale
Pubblici Spettacoli il 04.07.2000,
dichiarava inagibile il “Parco Acquatico –
Sporting Club Villabella”, disponendo
altresì la comunicazione del provvedimento
agli enti fornitori di servizi affinché
provvedessero ad interrompere l’erogazione
degli stessi.
Il Collegio ritiene di dover confermare nel
merito quanto già statuito in sede cautelare
e, quindi, di dover dichiarare illegittimo
il provvedimento gravato nella parte in cui
non limita la dichiarazione di inagibilità
ai soli fabbricati costruiti in assenza dei
permessi prescritti dalla legge e al blocco
dei servizi ubicato sotto la “piscina ad
onde”, sprovvisto di certificazione di
agibilità, ma la estende all’intera
struttura denominata “Parco Acquatico –
Sporting Club Villabella”.
Secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa dal quale il
Collegio non ravvisa valide ragioni per
discostarsi, l’autorità procedente, anche
qualora eserciti un potere di natura
ampiamente discrezionale, nell’emanare il
provvedimento, per quanto attiene al suo
contenuto intrinseco, è sempre vincolata al
rispetto dei principi di utilità e di
congruità del mezzo prescelto con
riferimento allo scopo dichiarato, nonché ai
principi di proporzionalità e coerenza tra
le circostanze di fatto e il contenuto
dell'atto e a quello del minor sacrificio
possibile per i privati destinatari del
provvedimento idoneo ad incidere
negativamente sulla loro sfera giuridica
(cfr. Cons. Stato, 23.08.2000, n. 4568).
Per questi motivi, in linea di massima,
l'adozione di provvedimenti quali quello
oggetto del presente giudizio deve essere
supportata da adeguati ed idonei pareri di
organi tecnici, in modo da conciliare i
primari e fondamentali interessi pubblici
alla sicurezza, alla igiene e alla salubrità
con l’interesse del privato all’esercizio
della propria attività imprenditoriale nel
rispetto del principio della libertà di
iniziativa economica
(TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 02.01.2009 n. 6 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Sulla reiterazione dei vincoli
espropriativi.
L’atto di
reiterazione del vincolo preordinato
all’esproprio deve essere adeguatamente
giustificato sulla base di una idonea
istruttoria e di una adeguata motivazione,
da cui possano evincersi con chiarezza e
precisione non solo le finalità di interesse
pubblico che l’ente intende concretamente
perseguire ma anche la loro perdurante
attualità; attualità che, tuttavia, può
legittimamente evincersi dalle linee guida
che hanno ispirato l’attività pianificatoria.
Il Collegio ritiene che l’oggetto e
l’idoneità della motivazione di un
provvedimento di reiterazione di vincoli
espropriativi debbano essere correlati al
contenuto del provvedimento stesso, con la
conseguenza che l’Amministrazione
interessata è tenuta ad indicare
espressamente le ragioni che giustificano la
predetta reiterazione in riferimento alle
seguenti situazioni:
mancanza di aree più idonee della stessa
zona destinate ad uso pubblico;
perdurante conformità all’interesse pubblico
della originaria destinazione, alle esigenze
della collettività che richiedono la
realizzazione dell’opera ed alla prevalenza
delle stesse sull’interesse del privato
proprietario del bene.
Sicché, non inficia la legittimità del
provvedimento di reiterazione di un vincolo
espropriativo l’omessa previsione
dell’indennizzo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.12.2008 n. 6605 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'"interpretazione
comunitaria” dei requisiti dell’in house.
Il meccanismo
dell'affidamento diretto a soggetti in
house deve essere strutturato in modo da
evitare che esso possa risolversi in una
ingiustificata compromissione dei principi
che presiedono al funzionamento del mercato
e, dunque, in una violazione delle
prescrizioni contenute nel Trattato CE a
tutela della concorrenza.
Nella prospettiva comunitaria, pertanto, da
un lato, è necessario che gli Stati membri
attivino ampi processi di liberalizzazione
finalizzati ad abbattere progressivamente le
barriere all'entrata, mediante, tra l'altro,
l'eliminazione di diritti speciali ed
esclusivi a favore delle imprese, ed attuare
la concorrenza "nel mercato"; dall'altro, si
impone alle pubbliche amministrazioni di
osservare, nella scelta del gestore del
servizio, adeguate procedure di evidenza
pubblica finalizzate a garantire il rispetto
della concorrenza "per il mercato" (cfr.
Corte cost. sent. 401/2007)
Secondo la Corte di giustizia europea
affinché possa parlarsi di gestione in
house (con deroga alle regole della
concorrenza) sono necessari ed indefettibili
due requisiti:
- l'ente pubblico deve svolgere sul soggetto
affidatario un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi;
- il soggetto affidatario deve realizzare la
parte più importante della propria attività
con l'ente o con gli enti che la controllano
(Corte Costituzionale,
sentenza 23.12.2008 n. 43 - link
a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, La facoltà delle
stazioni appaltanti di richiedere nel bando
di gara requisiti di partecipazione e di
qualificazione ulteriori rispetto a quelli
espressamente stabiliti dalla legge rientra
nella piena discrezionalità
dell’amministrazione con l’unico limite
della propor-zionalità e della
ragionevolezza.
In tema di dimostrazione
dei requisiti speciali per un appalto di
lavori inferiore ai 150.000 euro in assenza
di certificazione SOA.
In ordine alla violazione e falsa
applicazione dell’art. 28 del DPR 34/2000 va
detto che, in effetti, l'articolo 28 del
d.P.R. sulla qualificazione, invocato dalla
ricorrente (relativo ai requisiti per lavori
pubblici di importo pari o inferiore a
150.000 euro), esso si limita a richiedere
-quale requisito tecnico-organizzativo-
l'aver eseguito lavori nel quinquennio
antecedente la data di pubblicazione del
bando per un importo non inferiore a quello
del contratto da stipulare, senza richiedere
che tali pregressi lavori appartengano alla
categoria o alle categorie di lavori oggetto
di appalto, invece la previsione generale,
di cui all’art. 18, del citato DPR, si
esprime in modo da rendere di norma
necessaria tale corrispondenza di categoria
(v. art. 18 comma 5: “La adeguata
idoneità tecnica è dimostrata: . . .b)
dall'esecuzione di lavori, realizzati in
ciascuna delle categorie oggetto della
richiesta, di importo non inferiore al 90%
di quello della classifica richiesta;
l'importo è determinato secondo quanto
previsto dall'articolo 22; c)
dall'esecuzione di un singolo lavoro, in
ogni singola categoria oggetto della
richiesta, di importo non inferiore al 40%
dell'importo della qualificazione richiesta,
ovvero, in alternativa, di due lavori, nella
stessa singola categoria, di importo
complessivo non inferiore al 55%
dell'importo della qualificazione richiesta,
ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella
stessa singola categoria, di importo
complessivo, non inferiore al 65%
dell'importo della qualificazione richiesta;
gli importi sono determinati secondo quanto
previsto dall'articolo 22").
Ritiene, inoltre, il Collegio che la
previsione di cui all’art. 28 dpr 34/2000
non si traduca in un divieto per le stazioni
appaltanti di prevedere requisiti più
specificamente miranti alla verifica della
idoneità dell'impresa a svolgere i lavori
oggetto dell'appalto e che, nella
fattispecie, la previsione di cui al punto
11 del bando (che estende in sostanza la
previsione generale di cui al citato
articolo 18) non si ponga in termini di
illogicità o palese sproporzione, dovendosi
sotto tale profilo giudicare esente dalle
censure di eccesso di potere in proposito
sollevate (TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 05.12.2008 n. 1618 -
link a www.diritto.it). |
URBANISTICA:
L'impugnazione delle previsioni e
delle prescrizioni di un piano urbanistico
può provenire solo da coloro che si trovino
in posizione legittimante rispetto a
specifici beni e che perciò possano trarre
un'effettiva utilità -ristoratrice della
loro posizione incisa- dal concreto
provvedimento chiesto al giudice.
La disciplina dettata con lo strumento
urbanistico è costituita essenzialmente da
un insieme di prescrizioni valevoli per le
singole zone omogenee del territorio
comunale o per singole aree o fabbricati;
ciò importa che dette prescrizioni devono
essere considerate scindibili ai fini del
loro eventuale annullamento in sede
giurisdizione e di conseguenza
l’annullamento medesimo deve essere
circoscritto alle aree o ai lotti
interessati dalle prescrizioni giudicate
illegittime (in termini: cfr. Cons. Stato
sez. IV, 17.04.2003 n. 2017).
Ove si ammettesse la legittimazione attiva
dei cittadini residenti (nel senso prima
indicato) per il mero fatto che una qualche
prescrizione dello strumento urbanistico
generale possa contenere degli aspetti
lesivi, si avrebbe una deroga ingiustificata
al pacifico principio sulla (normale)
scindibilità delle prescrizioni dettate in
sede di pianificazione generale. Infatti, se
si consentisse a qualunque cittadino
residente di proporre ricorso
giurisdizionale avverso lo strumento
urbanistico, senza che vi sia alcuna
incidenza delle prescrizioni censurate su un
suo peculiare interesse, i vizi
eventualmente riscontrati dovrebbero
comportare l’annullamento dell’intero piano,
al fine di far conseguire al ricorrente una
qualche e solo asserita utilità strumentale.
Una simile soluzione si pone tuttavia in
evidente contrasto con diversi principi
generali: il principio costituzionale di
buona amministrazione, il principio generale
sull’interesse al ricorso di cui all’art.
100 del c.p.c. e i principi elaborati dalla
giurisprudenza e dalla dottrina in materia
di interessi legittimi. Si avrebbe, quanto
al primo aspetto, la caducazione di un
intero piano per la tutela di un asserito e
solo ipotetico (perché non dimostrato)
interesse del ricorrente, a discapito di
quell’interesse pubblico che la disciplina
urbanistica é fisiologicamente destinata a
perseguire. Quanto al secondo aspetto si
introdurrebbe un ricorso giurisdizionale per
la tutela di un generico interesse, mentre
ai sensi dell’art. 100 del C.P.C. per
proporre un’azione in sede giurisdizionale
occorre avere un interesse specifico, inteso
quale concreta utilità (bene della vita) che
il ricorrente si prefigge di conseguire con
l’annullamento (totale o parziale) dell’atto
amministrativo ritenuto illegittimo (cfr.
Cass. Civile, sez, lavoro, 22.08.2006 n.
18273; Cons. Stato, sez. V, 01.03.2003 n.
1161; TAR Sardegna, sez. I, 12.04.2006 n.
609).
La giurisprudenza ha ulteriormente chiarito
che l'impugnazione delle previsioni e delle
prescrizioni di un piano urbanistico, non
vertendosi in tema di azione popolare, può
provenire solo da coloro che si trovino in
posizione legittimante rispetto a specifici
beni (per esempio dal proprietario che veda
annullate o gravemente compromesse le
facoltà di disposizione e/o di godimento
degli stessi) e che perciò possano trarre
un'effettiva utilità -ristoratrice della
loro posizione incisa- dal concreto
provvedimento chiesto al giudice: ciò
esclude che il vizio da cui siano
asseritamente affette le previsioni e le
prescrizioni del piano possano, come prima
rilevato, comportare, in linea generale,
l'annullamento dell'intero strumento
urbanistico (cfr. Cons. Stato, 2017/2003
cit.).
Infine, deve rilevarsi che l’ordinamento
attribuisce tutela giurisdizionale
amministrativa a quelle posizioni giuridiche
soggettive -dette “interessi legittimi”- che
risultino differenziate e qualificate: ciò
che, nel caso di specie, il Collegio non
rileva, avendo il ricorrente una posizione
giuridica del tutto indifferenziata rispetto
alla generalità dei cittadini
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
L’obbligo di astensione per i
Consiglieri comunale che hanno un interesse,
anche solo potenziale, nella deliberazione
da assumere, comporta non solo il divieto di
partecipare alla discussione ed alla
votazione finale, ma anche l’obbligo di
allontanamento dalla seduta prima della
discussione e dell'approvazione della
relativa proposta di deliberazione.
La giurisprudenza è pacifica nel ritenere
che è regola generale dell'ordinamento
giuridico quella che vuole che i soggetti
interessati (o comun-que parenti ed affini
entro il quarto grado di soggetti
interessati) si astengano dalla
partecipazione alla discussione e
all'approvazione di provvedimenti che
possano produrre effetti nella loro sfera
giuridica.
L'obbligo di astensione, fondato sui
principi di legalità, imparzialità e
trasparenza che debbono caratterizzare
l'azione amministrativa ai sensi dell'art.
97 Cost., non ammette deroghe, neppure con
riferimento alle realtà di piccoli comuni,
nei quali al più, si ammette la possibilità
di fare luogo a votazioni frazionate su
singole componenti del piano, di volta in
volta senza la presenza di quei consiglieri
che possano astrattamente ritenersi
interessati, in modo da conciliare l'obbligo
di astensione con l'esigenza -improntata al
rispetto del principio di democraticità- di
evitare il ricorso sistematico al
commissario ad acta (Cons. Stato, sez. IV,
16.10.2006 n. 6172 e 26.05.2003 n. 2826; TAR
Liguria, sez. I, 19.10. 2007, n. 1773).
L’obbligo di astensione per i Consiglieri
comunale che hanno un interesse, anche solo
potenziale, nella deliberazione da assumere,
comporta non solo il divieto di partecipare
alla discussione ed alla votazione finale,
ma anche l’obbligo di allontanamento dalla
seduta prima della discussione e
dell'approvazione della relativa proposta di
deliberazione, in quanto la presenza in aula
del Consigliere interessato è potenzialmente
idonea a incidere negativamente sulla
serenità dei colleghi Consiglieri comunali
sia nella fase della discussione e sia nella
fase della votazione finale. In dette fasi,
nelle quali deve essere salvaguardata
l'assoluta imparzialità e serenità di
giudizio dei componenti l’organo
deliberante, la mera presenza di tale
soggetto non può che essere presuntivamente
considerata quale fonte di perturbazione del
processo logico-valutativo che è alla base
del provvedimento collegiale; da ciò
consegue l’irrilevanza della c.d. prova di
resistenza ai fini della legittimità della
delibera collegiale assunta con la presenza
alla seduta del soggetto in situazione di
incompatibilità (in termini: Consiglio
Stato, sez. IV, 03.09.2001, n. 4622; TAR
Lombardia Brescia, 30.05.2006, n. 648; TAR
Abruzzo Pescara, 13.02.2004, n. 208; TAR
Umbria Perugia, 19.07.2002, n. 546)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il consigliere
comunale è legittimato ad impugnare gli atti adottati
dall’organo collegiale di cui è componente
solo ove deduca vizi procedurali
direttamente lesivi del munus di cui è
investito.
La Sezione
ritiene di non doversi discostare dal
prevalente indirizzo giurisprudenziale per
il quale il consigliere comunale è
legittimato ad impugnare gli atti adottati
dall’organo collegiale di cui è componente
solo ove deduca vizi procedurali
direttamente lesivi del munus di cui è
investito, interferenti sul corretto
esercizio del mandato conferitogli dagli
elettori, quali irritualità della
convocazione dell'organo collegiale,
violazione dell'ordine del giorno e difetti
di costituzione del collegio, dovendosi
invece svolgere nell'aula consiliare
eventuali contestazioni sul contenuto dei
deliberati (Tar Molise Campobasso, sez. I,
21.11.2007, n. 817).
Anche il Tar Trento, Sez. II, con la
sentenza n. 797 - 11.04.2006, condivisa dal
Collegio, ha avuto modo di ribadire il
principio su indicato, precisando che il
consigliere comunale “non è legittimato
ad agire contro l’Amministrazione di
appartenenza, in quanto il processo
amministrativo è finalizzato alla
risoluzione di controversie intersoggettive
e non è, di regola, aperto anche a quelle
tra organi o componenti di organi dello
stesso Ente; peraltro, deve ammettersi il
ricorso di un organo o di singoli componenti
dello stesso contro l’Ente di appartenenza
allorquando vengano in rilievo atti
incidenti in via diretta sul diritto
all’ufficio dei medesimi e quindi su un
diritto spettante alla persona investita
della carica di Sindaco (o consigliere o
assessore), interferenti come tali sul
corretto esercizio del mandato” (in
termini, Tar Trento, 16.01.2008 n. 3; TAR
Veneto, Sez. I, 25.06.2007 n. 2033)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Il
titolare di un
pubblico ufficio deve astersi dal
procedimento di adozione di atti nei quali
sia interessato egli stesso od un suo
prossimo congiunto.
L'obbligo di
astensione del titolare di un pubblico
ufficio dal procedimento di adozione di atti
nei quali sia interessato egli stesso od un
suo prossimo congiunto sussiste per il solo
fatto che risulti portatore di interessi
personali, che possano trovarsi in
conflitto, o anche solo in posizione di
divergenza, con quello generale affidato
alle cure dell'organo di cui fa parte, ed
opera a prescindere dall'applicazione della
cosiddetta prova di resistenza
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1815 - link a www.giustizia-amministrativa.it.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla consistenza dei lavori
edilizi iniziati tali da reputarsi idonei da
integrare di per sé un valido inizio dei
lavori.
Sulla proroga termine di inizio e fine
lavori.
Secondo la consolidata giurisprudenza, la
parziale recinzione del fondo e finanche lo
sbancamento del terreno e l’esecuzione dei
lavori di scavo non sono idonei ad integrare
di per sé un valido inizio dei lavori (cfr.
TAR Lombardia, Milano, Sezione II,
08.03.2007 n. 372; TAR Campania, Napoli,
Sezione IV, 05.01.2006 n. 59; TAR Lazio,
Roma, Sezione II, 28.06.2005 n. 5370;
Consiglio di Stato, Sezione IV, 03.10.2000,
n. 5242). Facendo applicazione dei
richiamati criteri al caso in trattazione,
il Collegio ritiene, dunque, che le modeste
attività intraprese, non accompagnate dalla
compiuta organizzazione del cantiere, sono
state legittimamente considerate come non
sufficienti a dimostrare l’effettivo
intendimento del titolare del permesso di
realizzare la costruzione assentita.
In merito alla proroga del termine di inizio
dei lavori, va osservato che, ai sensi
dell'art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del
2001, i termini per l'inizio e per il
compimento dei lavori "possono essere
prorogati, con provvedimento motivato, per
fatti sopravvenuti estranei alla volontà del
titolare del permesso". Dunque, per il
legislatore, tali "fatti sopravvenuti" (che
possono consistere nel factum principis
o in altri casi di forza maggiore) non hanno
un rilievo automatico, ma possono costituire
oggetto di valutazione in sede
amministrativa solo quando l'interessato
proponga una domanda di proroga, il cui
accoglimento è indefettibile perché non vi
sia la pronuncia di decadenza (cfr.
Consiglio di Stato, Sezione IV, 10.08.2007
n. 4423)
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 25.09.2008 n. 10890 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, offerta
economica e tecnica.
Anche
ammettendo che l’art. 83, comma 5, del
D.Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle
stazioni appaltanti di stabilire il criterio
di valutazione dell’offerta economica, in
conformità con quanto previsto dal
considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va
rilevato che in una gara in cui il prezzo a
base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro)
risulta più ragionevole un metodo di calcolo
del punteggio per l’offerta economica che
non comporti una posizione eccessivamente
recessiva della valutazione del progetto
tecnico.
Come dimostrato dagli esempi illustrati
dalla ricorrente di primo grado, il metodo
utilizzato dalla commissione comporta
rilevanti differenze di punteggio a fronte
di non rilevanti differenze di prezzo ed, in
presenza di una disposizione di non chiara
lettura, è preferibile optare per una
interpretazione che conduce ad un criterio
di valutazione più ragionevole e
maggiormente conforme alle richiamate norme
di legge, oltre che al dato testuale del
punto 1 del citato art. 7
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.09.2008 n. 4348 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Divieto di collegamento fra
imprese, effetti, potere di accertamento.
E’ pacifico
che, anche qualora nel bando di gara non sia
inserita un’apposita clausola, in presenza
di indizi gravi, precisi e concordanti che
attestino la provenienza delle offerte da un
unico centro decisionale deve procedersi
all’esclusione delle imprese interessate dal
collegamento perché è ragionevole presumere
che si sia potuta verificare l’alterazione
della par condicio dei concorrenti. A
maggior ragione, ciò è ancor più vero
laddove bando di gara prescriva, a pena di
esclusione, che nella domanda di
partecipazione le imprese dichiarino, fra
l'altro, l'inesistenza di forme di controllo
con altre imprese concorrenti ai sensi
dell’art. 2359 c.c..
E’ costante l’indirizzo giurisprudenziale
che afferma che il divieto di partecipare
alle gare per gli appalti pubblici per le
imprese che siano tra loro in condizioni di
collegamento opera indipendentemente
dall’accertamento che la stazione appaltante
abbia condotto sul punto o dal non essere la
stessa stata posta in condizioni di
effettuarlo; resta, in ogni caso, fermo che
spetta al giudice e non all’amministrazione
“conoscere della doglianza” con la quale
viene dedotta la violazione di detto
divieto.
E’ lasciata alla stazione appaltante (od, in
suo difetto, al giudice amministrativo) di
valutare anche senza la previa tipizzazione
di fatti e situazioni, i vari fenomeni di
collegamento suscettibili comunque di
intaccare i principi che presiedono allo
svolgimento delle gare pubbliche tra i quali
la segretezza delle offerte e la par
condicio dei concorrenti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.05.2008 n. 2087 -
link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, In tema di appalti
pubblici, l’art. 10 della legge 11.02.1994,
n. 109 (ora articolo 48 del codice di
contratti), in caso di mancata prova del
possesso dei requisiti prescritti per la
partecipazione alla gara, non distingue tra
inadempimento formale (per errore ed altro)
ed inadempimento sostanziale (mancanza dei
requisiti per partecipare alla gara), con la
conseguenza che non solo l’esclusione dalla
gara, ma anche l’incameramento della
cauzione e la segnalazione del fatto
all’Autorità di vigilanza conseguono
automaticamente.
Legittima escussione della cauzione
provvisoria di un’impresa per aver
partecipato alla gara in due diverse
AA.TT.II., pur avendo dichiarato di non
partecipare alla gara in più di una ATI o
Consorzio.
Poiché la ricorrente ha falsamente
dichiarato di non partecipare alla gara in
più di una ATI o Consorzio, e tenuto conto
che tale dichiarazione rifluisce, almeno
indirettamente, sugli elementi relativi al
possesso, in capo alle due AA.TT.II. dei
requisiti di capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando
di gara; risulta corretta l’esclusione e
l’escussione della cauzione provvisoria in
quanto è pur vero che l’art. 10 comma
1-quater (ora articolo 48 del codice dei
contratti), prevede una disciplina
sanzionatoria con riferimento specifico alla
seconda fase della gara, ossia dopo che sono
state operate le esclusioni e le ammissioni
dei partecipanti, e cioè quando, prima di
procedere all’apertura delle buste, l’Ente
richiede “ad un numero di offerenti non
inferiore al 10% delle offerte presentate …
di comprovare, entro dieci giorni dalla data
della richiesta medesima, il possesso dei
requisiti …” ma è altrettanto vero che
sul piano logico non si vede ragione per
escludere una medesima potestà in capo ella
Amministrazione ove la erroneità delle
dichiarazioni sia verificabile a priori
senza dovere procedere alla verifica ex lege
(CGARS,
sentenza 29.01.2007 n. 8 - link a
www.diritto.it). |
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