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AGGIORNAMENTO AL 24.11.2008 |
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dossier AFFIDAMENTI IN HOUSE |
APPALTI SERVIZI: Affidamenti
in house: presupposti e meccanismi
dell’affidamento (Autorità Garante per la
Concorrenza e il Mercato,
comunicazione 20.10.2008 - link
a www.altalex.com). |
dossier ESPROPRIAZIONE |
ESPROPRIAZIONE:
1.
Vincoli finalizzati all'esproprio -
Reiterazione - Motivazione in ordine
all'attualità dell'interesse pubblico da
soddisfare - Adempimento dell'obbligo di
motivazione dei provvedimenti - Sussiste.
2. Vincoli
finalizzati all'esproprio - Reiterazione -
Diritto all'indennizzo - Giurisdizione A.G.O. - Sussistenza.
1. L'obbligo di motivare i provvedimenti di
reiterazione di vincoli preordinati
all'esproprio deve ritenersi assolto con
l'indicazione di una motivazione in ordine
all'attualità dell'interesse pubblico da
soddisfare.
2. Anche prima del D.P.R. 327/2001, le
controversie concernenti il riconoscimento
del diritto all'indennizzo per reiterazione
di vincoli di inedificabilità
sostanzialmente espropriativi, doveva essere
proposta innanzi all'autorità giudiziaria
ordinaria in base alla previsione dell'art
34, comma 3, lett. b), del d.lg. n. 80 del
1998
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2008 n.
1950 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE:
1.
Vincoli finalizzati all'esproprio -
Decadenza - Inerzia dell'Amministrazione -
Risarcimento del danno -Diritto - Non
sussiste.
2.
Vincoli finalizzati all'esproprio -
Decadenza - Inerzia dell'Amministrazione -
Intervento del privato - Pronuncia che
accerta l'inadempimento dell'Amministrazione
- Risarcimento del danno -Diritto -
Sussiste.
1. La mera scadenza del vincolo
espropriativi, in difetto di provvedimenti
di reiterazione del vincolo, determina
l'obbligo per l'amministrazione comunale di
procedere alla nuova zonizzazione delle
aree. La violazione di tale obbligo non
genera, tuttavia, un danno risarcibile per
il privato, ma determina solamente la
nascita di un mero interesse procedimentale
ad ottenere la zonizzazione delle aree,
gravando in capo al privato l'onere di
reagire a tale inerzia, attivando i rimedi
amministrativi e giurisdizionali che
l'ordinamento prevede per superare il
comportamento inerte.
2. Nell'ipotesi in cui la P.A. continua a
rimanere inerte anche dopo che il privato si
è attivato ed ha ottenuto dal giudice
amministrativo una pronuncia che ha
accertato l'illegittimità del diniego
opposto dalla P.A. alla richiesta di
effettuare la zonizzazione o il suo
silenzio, matura il diritto del proprietario
dei terreni al risarcimento del danno che
gli deriva dall'ulteriore ritardo da parte
del Comune nell'assolvimento dell'obbligo
amministrativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.06.2008 n.
1929). |
dossier L.R. 12/2005 |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, non rientra
nell'accezione di "ristrutturazione
edilizia" la demolizione e ricostruzione di
un fabbricato con traslazione dell'area di
sedime.
Una ristrutturazione realizzata con
traslazione totale dell’area di sedime in un
sito completamente diverso è di dubbia
legittimità, essendo il concetto di
ristrutturazione ancorato ad una
preesistenza in situ
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
ordinanza 09.04.2008
n. 547). |
dossier PERTINENZE EDILIZIE ED
URBANISTICHE |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Opere pertinenziali - Nozione civilistica e
nozione urbanistica - Differenze - Rapporto
di pertinenzialità - Quando sussiste.
2. Opere pertinenziali - Rapporto di pertinenzialità
- Quando non sussiste - Fattispecie.
1. La nozione di pertinenza, in materia
edilizia, è più ristretta di quella
civilistica ed è riferibile a manufatti di
dimensioni modeste e ridotte rispetto alla
cosa cui ineriscono; pertanto, di carattere pertinenziale può ritenersi l'opera che, pur
avendo una propria individualità fisica ed
una propria conformazione strutturale, sia
funzionalmente diretta a realizzare
un'oggettiva esigenza dell'edificio
principale, e sia dotata di un volume
minimo, che non consenta una sua
destinazione autonoma diversa da quella
dell'asservimento all'edificio principale.
In ogni caso la strumentalità rispetto
all'edificio principale deve essere
oggettiva, ossia connaturale alla struttura
dell'opera e non può desumersi dalla
destinazione soggettivamente data dal
proprietario o dal possessore.
2. La nozione di pertinenza urbanistica non
può consentire la realizzazione di opere di
rilevante consistenza solo perché destinate
a servizio od ornamento del bene principale;
mentre il rapporto pertinenziale non può
esonerare dalla concessione opere che, da un
punto di vista edilizio ed urbanistico, si
pongono come ulteriori in quanto occupano
aree e volumi diversi rispetto alla res
principalis (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
1895/1996, sent. n. 1600/2000). Nella
fattispecie, non sono rinvenibili
caratteristiche pertinenziali, trattandosi
di manufatti (capannoni e tettoia) che per
dimensioni eccedono di gran lunga il box di
cui sarebbero pertinenza e che sono inoltre
adibite ad una funzione -deposito merci per
esercizio di attività commerciale- non
omogenea a quella -residenziale- propria
dell'edificio principale, che si identifica
con la casa abitazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 17.06.2008 n.
2045 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Realizzazione
di porticato ligneo in aderenza a preesistente fabbricato - Carattere di pertinenzialità - Sussiste.
2. Opere pertinenziali - Configurabilità come nuova
costruzione - Quando ricorre.
1. La nozione di ristrutturazione edilizia
presuppone che la trasformazione
dell'organismo edilizio avvenga attraverso
"un insieme sistematico di opere", ex art.
3, primo comma, lett. d), D.P.R. 380/2001,
ipotesi che non ricorre nel caso in cui, sul
fianco di un edificio venga innestata una
tettoia, sostenuta da pilastri in legno:
essa presenta piuttosto le caratteristiche
della pertinenza, trattandosi di opera di
dimensione modesta, insuscettibile di
utilizzazione autonoma, posta a servizio
della cosa principale, al fine di
accrescerne il valore e l'utilità (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 1174/2000).
2. Gli interventi pertinenziali
devono considerarsi interventi di nuova
costruzione solo se qualificati come tali
dalle norme tecniche degli strumenti
urbanistici, in relazione alla zonizzazione
e al pregio ambientale e paesaggistico delle
aree, ovvero se comportano la realizzazione
di un volume superiore al 20% del volume
dell'edificio principale, ex art. 3, primo
comma, lett. d), D.P.R. 380/2001 (nel caso
di specie il TAR ha escluso la
configurabilità del manufatto in questione
come nuova costruzione e lo ha ricondotto
negli interventi da realizzare previa
presentazione di DIA)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2008 n.
1964 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier RIFIUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Utilizzazione agronomica effluenti da
allevamento - C.d. fertirrigazione - Norma
derogatoria - Ambito di applicazione - Lett.
n) art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs.
03.4.2006 n. 152, in seguito corretto e
integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284
e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4.
In tema di fertirrigazione, sono sottratti
alla disciplina dei rifiuti gli effluenti se
impiegati nell’effettiva utilizzazione
agronomica, in qualunque modo questa
avvenga: per scarico diretto degli effluenti
liquidi tramite condotta; per scarico
indiretto attraverso deposito temporaneo in
vasche impermeabili e successivo trasporto
nel terreno di applicazione tramite
autocisterna o altro mezzo; mediante
spandimento sulla superficie del terreno;
mediante iniezione del terreno; attraverso
interramento; attraverso mescolatura con gli
strati superficiali del terreno (per
riprendere le modalità di applicazione al
terreno indicate nella lett. n) dell'art. 2
D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 03.04.2006 n.
152, in seguito corretto e integrato prima
dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal
D.Lgs. 16.01.2008 n. 4).
Inoltre, l’utilizzazione agronomica
contemplata nella norma derogatoria può
riguardare sia acque reflue liquide o
semiliquide, comunque convogliabili tramite
condotta, sia materiali palabili e comunque
non convogliabili, come sono gli effluenti
di allevamento costituiti da una miscela di
lettiera e di deiezioni animali.
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Utilizzazione agronomica c.d.
fertirrigazione - Norme regolamentari e
tecniche - Copertura regolamentare - L. n.
319/1976 - Artt. 38 e 62, c. 8, D.Lgs.
152/1999.
Per effetto dell'art. 62, comma 8, del
D.Lgs. 152/1999, fino alla adozione delle
specifiche normative secondarie previste,
restano in vigore le norme regolamentari e
tecniche emanate ai sensi della abrogata
legge 10.05.1976 n. 319; e che, in
particolare, per effetto dell'art. 62, comma
10, dello stesso decreto legislativo, "fino
alla emanazione della disciplina regionale
di cui all'art. 38 D.Lgs. 152/1999, le
attività di utilizzazione agronomica sono
effettuate secondo le disposizioni regionali
vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto". Sicché, non è
condivisibile la tesi che non ritiene
applicabile la deroga introdotta dall'art.
38, sul rilievo che non sono stati emanati
il decreto ministeriale di attuazione e le
norme regionali connesse (Cass. Sez. III, n.
42201 dell'08.11.2006, dep. 22.12.2006, P.M.
in proc. Della Valentina, rv. 235412, nonché
Cass. Sez. III, n. 37405, del 24.06.2005,
dep. 14.10.2005, Burigotto). In quanto,
grazie al combinato disposto di queste norme
transitorie, quindi, resta assicurata la
"copertura regolamentare" dell'art. 38,
anche in mancanza del decreto ministeriale
di attuazione e delle conseguenti norme
tecniche regionali.
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Effluenti di allevamento - Utilizzazione
agronomica - Modalità di utilizzo - C.d.
della fertirrigazione.
Per "utilizzazione agronomica", ai sensi
D.Lgs. 11.05.1999 n. 152, art. 2, lett. n
bis), poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in
seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs.
16.01.2008 n. 4), si intende "la gestione
di effluenti di allevamento, di acque di
vegetazione residuate dalla lavorazione
delle olive ovvero di acque reflue
provenienti da aziende agricole e piccole
aziende agroalimentari, dalla loro
produzione all'applicazione al terreno,
finalizzata all'utilizzo delle sostanze
nutritive ed ammendanti nei medesimi
contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o
fertirriguo".
Mentre, per "applicazione al terreno", ai
sensi della lett. n) del medesimo art. 2, si
intende l'apporto di materiali al terreno
mediante spandimento o mescolamento con gli
strati superficiali, iniezione nel terreno o
interramento. Inoltre, secondo la lett. s)
del ripetuto art. 2, gli "effluenti di
allevamento" sono le deiezioni del bestiame
o una miscela di lettiera e di deiezione di
bestiame, anche sotto forma di prodotto
trasformato. Come tali, questi effluenti, se
raccolti separatamente e trattati fuori
sito, rientrano tra i rifiuti disciplinati
dal D.Lgs. 05.02.1997 n. 22, classificati
come CER 02 10 06, il quale comprende "feci
animali, urine e letame (comprese le
lettiere usate), effluenti, raccolti
separatamente e trattati fuori sito".
Invero, la raccolta separata e il
trattamento fuori del sito di produzione
indicano la volontà del produttore o
detentore di disfarsi delle sostanze,
secondo la definizione di rifiuto formulata
nell'art. 6, lett. a) dello stesso decreto
legislativo n. 22/1997.
Tuttavia, ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs.
11.05.1999 n. 152, gli effluenti di
allevamento sono sottratti alla disciplina
dei rifiuti se utilizzati nella pratica
agricola c.d. della fertirrigazione. Questa
norma, dispone che l'utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento
(come delle acque di vegetazione e delle
acque reflue agricole) è soggetta solo a
comunicazione all'autorità competente (comma
1); e assegna alle regioni il compito di
disciplinare le attività di utilizzazione
agronomica sulla base dei criteri e delle
norme tecniche generali adottati con decreto
del ministro delle politiche agricole e
forestali (comma 2).
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Corretta portata della deroga ex art. 38
D.Lgs. 152/1999 (poi D.Lgs. n. 152/2006, in
seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. n. 284/2006 e poi dal D.Lgs. n.
4/2008) - Disciplina di cui al D.Lgs. n.
22/1997 ora D.Lgs. n. 152/2006 e sm..
La deroga prevista dall’art. 38 D.Lgs.
152/1999 poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in
seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs.
16.01.2008 n. 4, ha un proprio autonomo
fondamento, nel senso che non dipende dalla
deroga prevista dalla predetta lett. c)
dell'art. 8 D.lgs. 22/1997, rispetto alla
quale ha diversa e più ampia portata.
Infatti, secondo la formulazione testuale
delle disposizioni legislative, la deroga di
cui all'art. 38 non è limitata ai rifiuti
agricoli e tanto meno alle materie fecali e
alle altre sostanze naturali non pericolose
di cui all'art. 8, ma si estende anche alle
miscele di lettiere e di deiezioni animali.
Inoltre, non è corretta la conclusione, che,
per escludere la sottrazione alla disciplina
sui rifiuti di una utilizzazione agronomica
di effluenti di allevamento, hanno
utilizzato l'argomento -per se stesso esatto
in relazione all'art. 8- secondo cui "la
esclusione delle materie fecali dalla
disciplina di cui al D.Lgs. 05.02.1997 n.
22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera a
condizione che le stesse provengano da
attività agricola e che siano riutilizzate
nella stessa attività agricola".
Infine, non appare sostenibile neppure una
tesi restrittiva, secondo cui la deroga
prevista dall'art. 38 andrebbe limitata
soltanto alla fase finale della
utilizzazione agronomica degli effluenti
zootecnici, cioè alla fase di applicazione
sul terreno, mentre per le fasi precedenti
del deposito in vasca impermeabilizzata e
del trasporto a mezzo autobotte
continuerebbe ad applicarsi la disciplina
sui rifiuti, e in particolare quella che
prescrive limiti qualitativi, quantitativi e
temporali al deposito temporaneo, e che
impone l'autorizzazione e l'obbligo dei
formulari di identificazione dei rifiuti per
il trasporto dei medesimi. Una simile tesi,
infatti, e chiaramente incompatibile con
l'ampia nozione di utilizzazione agronomica
adottata dal legislatore (con la citata
lett. n bis) dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi
D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 e s.m.), che
comprende tutte le fasi della sua gestione,
da quella della "produzione" a quella della
"applicazione al terreno", incluse perciò le
fasi intermedie del deposito e del
trasporto.
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Effluenti di allevamento - C.d.
fertirrigazione - Qualifica di rifiuto -
Esclusione - Presupposti - Modalità di
utilizzo - Giurisprudenza della Corte di
Giustizia.
Gli effluenti di allevamento possono
sfuggire alla qualifica di rifiuti, se
vengono utilizzati in modo certo, nello
stesso processo produttivo e senza
trasformazione preliminare, come
fertilizzanti dei terreni nel contesto di
una pratica legale di spargimento su terreni
ben identificati, e se il loro stoccaggio è
limitato alle esigenze delle operazioni di
spargimento. Ha inoltre significativamente
aggiunto che il fatto che tali effluenti non
siano utilizzati sui terreni che
appartengono allo stesso stabilimento
agricolo che li ha prodotti, ma per il
fabbisogno di altri operatori economici, e
irrilevante al riguardo. (Corte di Giustizia
sez. III, dell'8.9.2005 causa C-416/02 della
Commissione contro Regno di Spagna; e nella
causa C-12/03 sempre della Commissione
contro il Regno di Spagna).
AGRICOLTURA - RIFIUTI -
Utilizzazione agronomica - Diritto
transitorio e nuova disciplina.
In tema di diritto transitorio, riguardante
l’utilizzazione agronomica, la nuova
disciplina, D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in
seguito corretto e integrato prima dal
D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs.
16.01.2008 n. 4, si pone in perfetta
continuità normativa con la disciplina
precedente. Pertanto, va ribadito
l’orientamento, secondo cui al fine di
escludere l'applicabilità della normativa
sui rifiuti in caso di utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento
occorre che tale utilizzazione avvenga nel
rispetto delle condizioni indicate dal D.M.
07.04.2006 (Cass. Sez. III, n. 9104 del
15.01.2008, P.G. in proc. Manunta). Per cui,
l’utilizzazione agronomica e sempre soggetta
alla previa comunicazione all'autorità
competente, ferma restando la competenza
delle regioni per disciplinare i tempi e le
modalità della comunicazione, per emanare
norme tecniche in ordine alle operazioni di
utilizzazione agronomica, nonché per
definire i criteri e le procedure di
controllo, sulla base del prescritto decreto
ministeriale di attuazione (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38411 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Attività
agricola - Letame - Disciplina applicabile -
Art. 185, comma 1. lett. c) D.Lgs. 152/2006
- Presupposti - Fattispecie.
Ai sensi dell'art. 185, comma 1. lett. c)
del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, l'esclusione
delle materie fecali dalla disciplina sui
rifiuti, contenuta nella parte quarta dello
stesso decreto legislativo, opera a
condizione che dette materie provengano da
attività agricola e che siano riutilizzate
nella stessa attività agricola. La
giurisprudenza è costante in tal senso sulla
base della omologa norma oggi abrogata di
cui all'art. 8, comma 1, lett. e) del D.Lgs.
05.02.1997 n. 22 (v. Cass. Sez. III, n. 8890
del 10.02.2005, Gios; Cass. Sez. III, n.
37405 del 24.06.2005, Burigotto).
Nella specie il letame depositato in un
lagone, composto da materiale fecale
palabile, rientra nella categoria
riutilizzabile per la fertirrigazione,
mentre il "liquame", cioè il materiale non
palabile derivante da miscela di feci e
urine animali, non poteva essere
riutilizzato per la fertirrigazione (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37560 - link
a www.ambientediritto.it). |
dossier RUDERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Ricostruzione su ruderi - Nuova
costruzione - Concetto di ristrutturazione
edilizia.
La ricostruzione su ruderi costituisce
sempre "nuova costruzione", in quanto il
concetto di ristrutturazione edilizia
postula necessariamente la preesistenza di
un fabbricato da ristrutturare, cioè di un
organismo edilizio dotato delle murature
perimetrali, strutture orizzontali e
copertura. In mancanza di tali elementi
strutturali non è possibile valutare
l'esistenza e la consistenza dell'edificio
da consolidare ed i ruderi non possono che
considerarsi alla stregua di un'area non
edificata [vedi Cass., Sez. III: 04.02.2003,
Pellegrino e 20.02.2001, ric. Perfetti;
nonché C. Stato, Sez. V: 28.05.2004, n.
3452; 15.04.2004, n. 2142; 01.12.1999, n.
2021; 04.08.1999, n. 398; 10.03.1997, n.
240] (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.06.2006 n. 20776 - link
a
www.ambientediritto.it). |
dossier S.U.A.P. |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Procedimento ex
art. 5 del D.P.R. n. 447/1998-Procedimento
ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 e succ.
mod. ed int. - Non sussiste.
2. Destinazione
urbanistica della zona - Espressione di
potere discrezionale della P.A. - Sussiste - Sindacabilità da parte del giudice
amministrativo - Limiti.
3. Procedimento ex
art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 - Possibilità
del Comune di apportare modificazioni dopo
la conferenza di servizi in sede di
deliberazione consiliare - Sussiste -
Posizione qualificata del privato - Non
sussiste.
1. Il procedimento previsto dall'art. 5 del
D.P.R. n. 447/1998, nella parte che va dalla
proposta di variante allo strumento
urbanistico, effettuata dalla conferenza di
servizi, alla decisione del consiglio
comunale, non può considerarsi un
procedimento ad istanza di parte ai sensi e
per gli effetti dell'art. 10-bis della L. n.
241/1990 e succ. mod. ed int.
2. La destinazione urbanistica fissata per
una determinata zona è frutto di una
valutazione discrezionale della
Amministrazione, insindacabile da parte del
giudice amministrativo se non per vizi
logici e di fatto.
3.
Nel procedimento ex art. 5 del D.P.R. n.
447/1998, il cambiamento nella valutazione
espressa dal Comune tra la conferenza di
servizi e la deliberazione consiliare finale
non è sufficiente a viziare quest'ultima,
infatti dalla conferenza di servizi esce
soltanto una proposta di variante
urbanistica, rispetto alla quale il Comune
può introdurre modificazioni e non vi è in
capo ai privati una posizione qualificata in
grado di condizionare le motivazioni
dell'Amministrazione e di indirizzare la
decisione finale verso un esito certo o
probabile
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 31.07.2008 n.
3125 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 46
del 10.11.2008, "Determinazione per
l'anno 2009, dei canoni da porre a base
d'asta per l'affidamento dei lavori di
sistemazione idraulica mediante escavazione
di materiale inerte dagli alvei dei corsi
d'acqua" (decreto
D.G. 22.10.2008 n. 11737 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al
n. 45 del 04.11.2008, "Modifica ed
integrazione della d.g.r. n. 3667/2006:
«Determinazioni in merito all'espletamento
delle procedure previste dalla vigente
normativa in materia di valutazione
dell'impatto ambientale nell'ambito dei
procedimenti autorizzativi connessi
all'attività estrattiva di cava»" (deliberazione
G.R. 13.10.2008 n. 8210 - link
a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, B.U.R. Lombardia, serie
ordinaria n. 45 del 03.11.2008, "Funzioni
amministrative attribuite ai Comuni e alle
loro Gestioni Associate in materia di
demanio della navigazione interna -
Integrazione delle Direttive di cui alla
d.g.r. 7967/2008" (deliberazione
G.R. 22.10.2008 n. 8260 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 45
del 03.11.2008, "Individuazione degli
ambiti normativi di competenza delle guardie
ecologiche volontarie" (decreto
P.G.R. 22.10.2008 n. 11726 - link
a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 21.10.2008 n. 247 "Delega ai
soprintendenti di settore, della funzione di
autorizzazione degli interventi di
demolizione e rimozione definitiva
ricompresi nell’articolo 21, comma 1,
lettere a) e b) del codice, da eseguirsi su
beni architettonici, storici ed
etnoantropologici" (Ministero per i Beni
e le Attività Culturali,
decreto 27.06.2008). |
QUESITI |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, sulla assoggettabilità -o
meno- alla d.i.a. per la realizzazione di
pannelli fotovoltaici e/o solari (alla luce
del d.lgs. n. 115/2008) e sulla necessità -o
meno- dell'autorizzazione paesaggistica
qualora ricadano in zona vincolata
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Territorio e Urbanistica,
nota 01.10.2008 n.
17773
di prot.). |
NEWS |
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DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
R. Bertuzzi,
RIFIUTI: SEQUESTRO PENALE AL FINE DELLA
CONFISCA DEL MEZZO DI TRASPORTO (link
a www.tuttoambiente.it). |
APPALTI:
C. Volpe,
IL PRINCIPIO DI PUBBLICITA’ DELLE OPERAZIONI
DI GARA TRA ORDINAMENTO COMUNITARIO E
DIRITTO INTERNO (link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
A. Barbiero,
I nuovi poteri dei Sindaci in materia di
sicurezza urbana (link
a www.albertobarbiero.net). |
PUBBLICO IMPIEGO:
A. Barbiero,
Riduzione dell’incentivo per la
progettazione percepibile dai progettisti
interni alle Amministrazioni appaltanti
(link
a www.albertobarbiero.net). |
ENTI LOCALI:
A. Barbiero,
Disciplina delle assunzioni nelle Società
interamente partecipate (link
a www.albertobarbiero.net). |
ESPROPRIAZIONE:
N. Saitta,
Prime osservazioni sulla "nuova"
retrocessione dei beni espropriati
(link
a
www.lexitalia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Vagli e F. Bartolini,
La tariffa di igiene ambientale tra
evoluzione legislativa e posizioni
giurisprudenziali - ancora molti i nodi da
sciogliere
(link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Giurisprudenza e legge sul
governo del territorio: oscillazioni
interpretative
(link
a
www.www.lavatellilatorraca.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Nozione di bosco - Aree
parzialmente boscata - Contesto forestale -
Impianto di specie ornamentale ad opera del
proprietario dell’area - Qualifica di bosco
- Esclusione - Giardino privato.
La nozione di bosco deve essere riferita non
soltanto ai terreni completamente coperti da
boschi o foreste, ma anche, per identità di
ratio, a tutte le aree parzialmente boscate,
a condizione che siano concretamente
inserite in un contesto forestale (TAR
Piemonte, Sez. I, 10.03.2007, n. 1174).
Se il coefficiente minimo della natura
boscata di un’area è quindi la sua
caratteristica di area parzialmente boscata
sempre che inserita in un contesto
forestale, deve escludersi in radice la
qualificabilità in termini di bosco di un
terreno utilizzato per l’impianto di specie
arboree ornamentali o di pregio ad opera
dello stesso proprietario e dotato di
dispositivi artificiali di irrigazione. Il
terreno de quo presenta infatti le predette
caratteristiche che lo pongono al di fuori
di una nozione intrinseca e costitutiva di
bosco per ascriverlo, invece, più
correttamente, ad una nozione di giardino
privato (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.10.2008 n. 2723 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sagoma di un edificio - Elementi
di identificazione - Modificazione sagoma -
Conseguenze.
In materia urbanistica, la modificazione
dell’altezza, anche di un vano, di un
edifico comporta una mutamento dell'intera
sagoma. Per sagoma s’identifica il perimetro
dell'immobile inteso sia in senso verticale
sia orizzontale, in quanto concerne il
contorno che l'edificio assume. Inoltre,
anche l'aumento d'altezza del sottotetto può
comportare una modificazione di destinazione
perché suscettibile di trasformare in unità
abitale un vano tecnico non abitabile (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38408 -
link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rustico - Condono
edilizio - Applicabilità della sanatoria -
Completamento dell’immobile - Completamento
di tutte le strutture essenziali - Necessità
- Art. 31 c. 2° L. n. 47/1985.
A norma dell'articolo 31 comma secondo della
legge n 47 del 1985, richiamato dalla
normativa sul condono edilizio, ai fini
dell'applicabilità della sanatoria, si
intendono ultimati gli edifici nei quali sia
stato eseguito il rustico e completata la
copertura. Un immobile si considera ultimato
al rustico dopo il completamento di tutte le
strutture essenziali, tra le quali vanno
ricompresse le tamponature esterne, posto
che queste determinano l'isolamento
dell'immobile dall'intemperie e configurano
l'opera nella sua volumetria (Cass. 26119
del 2004).
Condono edilizio -
Applicabilità - Causa di estinzione del
reato - Potere di accertamento - Giudice
penale - Competenza - Potestà riservata alla
P.A. - Esclusione - C.d. sanatoria
"amministrativa".
In tema di condono edilizio, compete al
giudice penale il potere di accertamento di
tutti gli elementi della fattispecie
estintiva, fra i quali vi è l'osservanza del
limite temporale e di quello volumetrico
costituenti parametri stabiliti dal
legislatore per la definizione dell'ambito
di operatività del condono medesimo. Il
controllo sulla loro ricorrenza non
costituisce esercizio di una potestà
riservata alla P.A. (alla quale competono
tutti gli accertamenti relativi alla
sanatoria "amministrativa"), spettando al
giudice penale il potere-dovere di espletare
ogni accertamento per stabilire
l'applicabilità della causa di estinzione
del reato (Cass. n. 5031/2000; Cass. n.
5376/1998: Cass. n. 9680/1996) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38408 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Mappe catastali - Valore
probatorio - Limiti.
Le mappe catastali costituiscono un sistema
secondario e sussidiario rispetto
all'insieme degli elementi acquisiti
attraverso l'indagine istruttoria (tant'è
che te risultanze di esse possono assumere
rilevanza probatoria solo se espressamente
richiamate nell’atto di acquisto o se non
contraddette da specifiche determinazioni
negoziali delle parti), (Cass. civ. sez. 3
n. 711 dei 26.01.1998; Cass. civ. sez. 2 n.
6885 del 03.07.1999; n. 9091 del
24.08.1991). Sicché, le risultanze catastali
non possono avere, di per sé, decisivo
valore probatorio per l'ovvia considerazione
che non vi è alcuna certezza in ordine alla
correttezza della indicazione.
E' ben possibile, invero, che siffatta
indicazione risulti ab origine frutto di
errore o che abbia subito modificazioni in
relazione alle successive vicende del bene
(alienazione parziale o acquisto di terreno
contiguo), pur non essendo state queste
oggetto di tempestiva e corretta annotazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.10.2008 n. 38044 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di un sottotetto
in mansarda - Permesso di costruire -
Necessità - C.d. "volumi tecnici" - Nozione.
La trasformazione di un sottotetto in
mansarda costituisce mutamento della
destinazione d'uso dell'immobile per il
quale è necessario il rilascio del permesso
di costruire e legittima l'emissione del
provvedimento di sequestro preventivo. I
c.d. "volumi tecnici" sono quelli
esclusivamente adibiti alla sistemazione di
impianti aventi un rapporto di strumentalità
necessaria con l'utilizzo della costruzione
e che non possono essere ubicati all'interno
della parte abitativa (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, 13/05/1997 n. 483) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37566 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordinanza di
demolizione opere abusive - Procedimento di
sanatoria o di accertamento di conformità -
Improcedibilità.
2. Ordinanza di
demolizione opera abusiva -Procedimento di
sanatoria o di accertamento di conformità -
Spostamento dell'interesse del responsabile
dell'abuso - Improcedibilità.
1. L'ingiunzione di demolizione di un'opera
abusivamente realizzata perde di efficacia
qualora l'interessato abbia attivato il
procedimento di sanatoria o di accertamento
di conformità, previsti dal D.P.R. 06.06.2001 n. 380, in quanto il riesame
dell'abusività dell'opera al fine di
verificarne l'eventuale sanabilità, comporta
la formazione di un nuovo provvedimento che
vale, comunque, a superare il procedimento
sanzionatorio originariamente adottato
dall'Amministrazione.
2.
Con l'attivazione del procedimento di
sanatoria o di accertamento di conformità ex
D.P.R. 06.06.2001 viene "superato" il
provvedimento di demolizione originario con
la conseguenza che l'interesse del
responsabile dell'abuso edilizio "si sposta"
dall'annullamento del provvedimento
sanzionatorio già adottato, a quello del
nuovo provvedimento, implicito o esplicito,
di rigetto dell'istanza di sanatoria, con
conseguente improcedibilità del ricorso
(pendente all'atto di presentazione
dell'istanza di sanatoria)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.08.2008 n.
4011 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego di
condono edilizio - Richiesta di pagamento
dell'oblazione - Contraddittorietà - Non
sussiste.
2. Diniego di
condono edilizio - È atto vincolato in
mancanza della documentazione necessaria per
comprovare la legittimazione all'istanza e
la data di conclusione delle opere.
1. In caso di reiezione di domanda di
condono, non sussiste contraddittorietà con
la richiesta di pagamento dell'oblazione in
quanto questo è un presupposto per la
presentazione dell'istanza e le relative
somme devono essere restituite nel caso di
diniego di condono definitivamente
accertato.
2. Il diniego di condono è atto vincolato in
mancanza della documentazione necessaria per
comprovare la legittimazione all'istanza e
la data di conclusione delle opere (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.08.2008 n.
4009 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono
edilizio ex D.L. n. 269/2003 - Diniego di
permesso di costruire in sanatoria - Obbligo
di motivazione in ordine all'interesse
pubblico - Non sussiste.
2. Condono
edilizio ex D.L. n. 269/2003 - Diniego di
permesso di costruire in sanatoria - Mancata
integrazione in riferimento alla
legittimazione all'istanza ed al termine dei
lavori - Legittimità del diniego.
1. Con riferimento al diniego di sanatoria
per mancata integrazione della
documentazione presentata, non sussiste
alcun obbligo del Comune di motivare in
ordine all'interesse pubblico alla reiezione
della domanda di condono edilizio in quanto
l'adozione del provvedimento di reiezione è
vincolato quando mancano i requisiti per
l'accoglimento della domanda.
2. E' legittimo il diniego di condono, in
quanto atto vincolato, in particolare quando
risulta che l'istante non ha dato prova né
della sua qualifica di affittuaria alla data
di presentazione dell'istanza di condono, né
della realizzazione dei lavori entro i
termini di legge per la presentazione del
condono, richieste dal Comune, non
rilevando, all'opposto, la dichiarazione
presentata in giudizio circa la conclusione
delle opere effettuata da terzi, in quanto
non presentata al Comune
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.08.2008 n.
4008 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sul periodo di prova nelle
pubbliche amministrazioni.
Il periodo di
prova nelle amministrazioni pubbliche è
obbligatorio e le assunzioni sono
assoggettate all’esito positivo dello stesso
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 13.08.2008 n. 21586 - link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di un edificio su
un fondo originariamente unico -
Asservimento del fondo quanto a volumetria
ulteriormente edificabile - Sussiste -
Successivo frazionamento del fondo - Non
rileva ai fini del calcolo volumetrico.
La realizzazione di un edificio su un fondo
originariamente unico è idonea a determinare
una situazione di asservimento, quanto a
volumetria ulteriormente edificabile
dall'altra parte del fondo; sulla situazione
così determinata, non influisce il
successivo frazionamento del fondo in più
lotti, dovendosi in tal caso tener conto, ai
fini del calcolo della volumetria
edificabile residua, della situazione come
determinata dalla parziale utilizzazione, da
parte dell'originario ed unico proprietario,
della volumetria globalmente disponibile
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 31.07.2008 n.
3127 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono
edilizio ex L. n. 724/1994 e n. 47/1985 -
Diniego di concessione edilizia in sanatoria
- Onere della prova sulla data di
ultimazione delle opere - Spetta al
richiedente la sanatoria.
2. Condono
edilizio ex L. n. 724/1994 e n. 47/1985 -
Diniego di concessione edilizia in sanatoria
- Parere dell'autorità preposta alla tutela
del vincolo ambientale - Necessità.
1. E' legittimo il diniego di concessione
edilizia in sanatoria fondata sul fatto che
la costruzione de qua consiste in un
edificio nuovo ad uso residenziale
realizzato, e quasi del tutto ultimato (a
rustico), in luogo della preesistente
baracca , in un momento successivo
all'apposizione del vincolo di inedificabilità per l'inclusione dell'area
nel Parco delle Groane, circostanze già
accertate in altro giudizio, se il
richiedente la sanatoria (il ricorrente) non
fornisce anche solo un principio di prova
sulla data di ultimazione delle opere con la
produzione di nuovi elementi probatori in
tal senso.
2. In relazione alla legittimità di un
diniego di concessione edilizia in sanatoria
fondato anche sul parere di incompatibilità
delle opere con l'ambiente da parte del
Consorzio del Parco, secondo il prevalente
orientamento, il parere dell'autorità
preposta alla tutela del vincolo ambientale
per la sanatoria degli abusi edilizi è
necessario anche per gli abusi realizzati
anteriormente all'imposizione del vincolo
stesso, essendo necessario valutare la
compatibilità dell'opera con il vincolo alla
data di pronuncia sulla sanatoria
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2996 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio - Termine di prescrizione
per l'esercizio del diritto al conguaglio -
Decorrenza dalla data di perfezionamento del
silenzio-assenso formatosi sull'istanza di
condono.
In tema di condono edilizio, il termine di
prescrizione dell'obbligazione relativa
all'oblazione per il relativo condono,
previsto dall'art. 35, comma 18, L. n. 47/1985
per l'esercizio del diritto al conguaglio
decorre dal momento in cui si è regolarmente
perfezionato il silenzio-assenso
sull'istanza di condono
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2995). |
URBANISTICA:
1. Piano
territoriale di coordinamento provinciale -
Possibilità di introdurre prescrizioni e
vincoli nel PRG di un Comune in ambiti
strettamente comunali - Non sussiste.
2. Piano
territoriale di coordinamento provinciale -
Possibilità di regolamentare la
localizzazione grandi strutture di vendita -
Sussiste.
3. Preclusione
all'apertura di insediamenti commerciali in
zone ad alta densità di traffico - Interesse
a ricorrere - Sussiste in capo ai titolari
di strutture di grande distribuzione.
4. Piano
territoriale di coordinamento provinciale -
Procedimento di rilascio delle
autorizzazioni commerciali per medie e
grandi strutture di vendita - Possibilità di
introdurre disposizioni di indirizzo -
Sussiste.
1. Il Piano territoriale di coordinamento
provinciale non può introdurre nel Piano
regolatore generale di un Comune
prescrizioni e vincoli negli ambiti
strettamente comunali.
2. La localizzazione delle grandi strutture
di vendita coinvolge interessi urbanistici e
commerciali di rango provinciale e sovracomunale, e quindi nel PTCP possono
essere poste norme relative alla loro
localizzazione, in quanto strumento
attraverso cui, ai sensi dell'art. 15 L.R.
12/2005, la Provincia definisce gli obiettivi
generali relativi all'assetto e alla tutela
del proprio territorio connessi appunto ad
interessi di rango provinciale o sovracomunale.
3. I soggetti titolari di strutture di
grande distribuzione hanno un interesse
attuale e concreto ad impugnare la norma da
cui discende un danno rappresentato dalla
preclusione all'apertura di insediamenti in
zone ad alta densità di traffico.
4. Il principio di contestualità tra
procedimento urbanistico-edilizio
preordinati alla realizzazione di medie e
grandi strutture di vendita e procedimento
di rilascio delle connesse autorizzazioni
commerciali di cui al D. Lgs. 31.03.1998
n. 114 e alla L.R. Lombardia n. 14/1999 ben
può legittimare l'introduzione di una
disposizione di indirizzo anche nel PTPC
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2994 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Approvazione
del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP)
- Funzione - Principio di coprogrammazione e
cogestione di Comune Provincia e Regione.
2. Approvazione
del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP)
- Limitazione dell'insediamento di nuove
strutture di grande distribuzione
commerciale - Programmazione urbanistica e
programmazione commerciale - Coordinamento.
3. Approvazione
del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP)
- Limitazione dell'insediamento di nuove
strutture di grande distribuzione
commerciale - Interesse a ricorre -
Sussiste.
4. Approvazione
del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP)
- Limitazione dell'insediamento di nuove
strutture di grande distribuzione
commerciale - Disposizione di indirizzo -
Legittimità - Criterio generico - Logicità.
1.
Il PTCP è un atto generale che viene
adottato nel rispetto delle direttive
fissate dalla Regione e ferme restando le
competenze pianificatorie del Comune (non
potendo il PTCP introdurre nel PRG di un
Comune prescrizioni e vincoli negli ambiti
strettamente comunali) ma che non ha solo
"vocazione ambientalistica" in quanto, ai
sensi dell'art. 20 T.U. 267/2000, è anche lo
strumento con cui vengono individuate le
destinazioni del territorio e si localizzano
le principali infrastrutture e linee di
comunicazione, in maniera di, nel dare
indirizzi ai Comuni, coordinare quelle
scelte che hanno una dimensione
sovracomunale.
2. Nell'ottica di cogestione e coprogrammazione cui sono chiamati gli Enti
(Comune, Provincia e Regione), sempre più
con posizioni equiordinate, la
programmazione commerciale non può essere
disgiunta dalla pianificazione urbanistica,
ma anzi presuppone che i due aspetti vengano
valutati congiuntamente e contestualmente.
Di conseguenza è logico che per gli
insediamenti di grande respiro, quali le
strutture di grande vendita, che implicano
l'uso di vasti territori, con annesse
conseguenze sull'impatto territoriale e
l'apertura di un numero elevato di attività
commerciali, il coordinamento tra aspetto
urbanistico e commerciale, che in sede di
rilascio delle prescritte autorizzazioni è
svolto dalla conferenza di servizi di cui al
D.P.R. 447/98, vi sia già nella fase di
pianificazione e programmazione.
3. Con riferimento ad una disposizione del PTCP che pone dei criteri per la
localizzazione delle grandi strutture di
vendita, che possono portare ad escludere
l'insediamento delle suddette strutture in
determinare aree, una società che opera nel
settore immobiliare, con la specifica
funzione di reperire aree per collocare le
grandi strutture commerciali, ha un
interesse attuale e concreto ad impugnare la
norma da cui discende un danno,
rappresentato dalla preclusione all'apertura
di insediamenti in zone ad alta intensità di
traffico.
4. E' legittima la norma del PTCP che si
limita ad un'indicazione per la
localizzazione dei grandi insediamenti
commerciali, strutture che incidono sul
territorio sovracomunale, con riflessi anche
sulla mobilità, il traffico, l'ambiente in
genere, ponendo un criterio relativo
all'assetto del proprio territorio che dovrà
essere seguito dai Comuni nell'ambito, poi,
della localizzazione delle grandi strutture,
in quanto il principio di contestualità tra
procedimento urbanistico-edilizio e
commerciale, può legittimare l'introduzione
di una disposizione di indirizzo anche nel
PTCP. Inoltre, introducendo come criterio
generico l'unico limite del divieto di
insediamento delle grandi strutture di
vendita in (tutte le) arterie interessate
dal traffico giornaliero medio di oltre
30.000 veicoli equivalenti/giorno, tale
criterio non è illogico dato che è un dato
notorio che le grandi strutture comportano
un afflusso di vetture di notevoli entità e
creano problemi di traffico, non solo per i
visitatori, ma anche per l'attività indotta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2993). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Conclusione del procedimento -
Reiterate richieste dello stesso contenuto -
Obbligo di conclusione con provvedimento
espresso - Non sussiste in presenza di
decisione amministrativa già assunta senza
mutamenti della situazione di fatto o di
diritto.
L'obbligo di concludere il procedimento
amministrativo con un provvedimento espresso
viene meno in presenza di reiterate
richieste aventi il medesimo contenuto,
qualora sul punto sia stata adottata una
formale decisione amministrativa e non siano
sopravvenuti mutamenti della situazione di
fatto o di diritto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2991). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ordine di
rimessione in pristino - Cambio di
destinazione d'uso - Prova -Legittimità.
2. Ordine di
rimessione in pristino - Cambio di
destinazione d'uso - Mancata effettuazione
di opere edilizie - Irrilevanza.
3. Ordine di
rimessione in pristino - Cambio di
destinazione d'uso - Indeterminatezza del
dispositivo dell'ordine - Non sussiste.
1. Con riferimento allo stato di fatto di un
locale con destinazione d'uso cantina, un
rapporto dei vigili urbani che da atto di
come, in verità, lo stesso sia stato
trasformato in una cucina per la presenza di
lavello, finiture, allacciamenti a luce,
acqua e riscaldamento contiene elementi
univoci (da considerare complessivamente)
della trasformazione del locale, atteso che
ciò che è decisivo per qualificare un
intervento sotto il profilo urbanistico
edilizio è la oggettiva idoneità del locale
ad una certa destinazione. Non essendo il
Comune tenuto, in mancanza di fatti nuovi,
ad effettuare un secondo sopralluogo,
risulta legittimo il provvedimento di
rimessione in pristino adottata.
2. Con riferimento ad un ordine di
rimessione in pristino di un locale, con
destinazione cantina, trasformato in cucina,
il Comune non è tenuto a replicare in modo
specifico alla deduzione sulla mancata
effettuazione di opere edilizie, non essendo
necessario, in astratto, che siano poste in
essere opere per realizzare un mutamento di
destinazione d'uso.
3.
E' legittimo il provvedimento impugnato
perché non sussiste la dedotta
indeterminatezza del dispositivo dello
stesso, in quanto la rimessione in pristino
(che è il contenuto predeterminato dalla
legge del provvedimento in esame) di un
locale, assoggettato abusivamente a modifica
di destinazione d'uso, si effettua
ripristinando le condizioni di idoneità
oggettiva del locale alla destinazione d'uso
pregressa
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.07.2008 n.
2988). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Illecito
edilizio realizzato da lungo tempo - Potere
repressivo che sanziona una situazione
antigiuridica esistente - Legittimità.
2. Misure
repressive esercitate in ogni tempo -
Obbligo di motivazione - Insussistenza.
1. In presenza di illeciti edilizi che
permangono sul territorio, per il diritto
amministrativo si è in presenza di una
violazione a carattere permanente,
caratterizzata dall'omissione dell'obbligo,
perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con la
conseguenza che il provvedimento repressivo
dell'Amministrazione non è emanato a
distanza di tempo ma sanziona una situazione
antigiuridica contestualmente contra jus,
ancora esistente.
2. Il potere di applicare misure repressive
in materia urbanistica può essere esercitato
in ogni tempo ed i relativi provvedimenti
non necessitano di alcuna specifica
motivazione in ordine alla sussistenza
dell'interesse pubblico a sanzionare la
realizzazione dell'intervento abusivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.07.2008 n.
2977). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordinanza di demolizione opere
abusive - Procedimento di sanatoria o di
accertamento di conformità - Sopravvenuta
carenza di interesse - Improcedibilità.
La presentazione dell'istanza di sanatoria o
condono rende automaticamente inefficace
l'ordine di demolizione nel frattempo emesso
dal Comune, e, di conseguenza, diviene
improcedibile l'impugnazione contro l'atto
sanzionatorio per sopravvenuta carenza di
interesse, posto che il riesame
dell'abusività dell'opera, provocato
dall'istanza, sia pure al fine di
verificarne l'eventuale sanabilità, comporta
la necessaria formazione di un nuovo
provvedimento, esplicito o implicito (di
accoglimento o di rigetto), che vale
comunque a superare il provvedimento
sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 24.07.2008 n.
2975). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Diritto di accesso - Necessità di
uno specifico interesse connesso ad una
situazione giuridicamente tutelata -
Sussiste - Nell'ipotesi di svolgimento di
fatto di un servizio - Non sussiste.
Il diritto di accesso non attribuisce un
potere esplorativo di vigilanza da
esercitare attraverso l'acquisizione
conoscitiva di atti o documenti in possesso
dell'Amministrazione, ma presuppone che il
richiedente abbia uno specifico interesse
connesso ad una situazione giuridicamente
tutelata. Tale ipotesi non ricorre nel caso
di svolgimento di fatto della manutenzione
del verde comunale, che non fa assumere la
posizione di soggetto incaricato di un
servizio comunale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.07.2008 n.
2974 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano regolatore - Pubblicazione
- Formalità -Comprendono la pubblicazione
nel Bollettino ufficiale della Regione.
Le formalità di pubblicazione del piano
regolatore non si esauriscono nel deposito
del piano presso gli uffici comunali, ma
comprendono la pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale, sostituita dalla pubblicazione
nel Bollettino ufficiale della Regione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.07.2008 n.
2936 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Provvedimento
di rifiuto di rilascio di autorizzazione
edilizia - Chiusura con cancelli carrai di
una piazza privata - Servitù pubblica di
passaggio su una strada privata - Prova -
Non sussiste.
2. Provvedimento
di rifiuto di rilascio di autorizzazione
edilizia - Chiusura con cancelli carrai di
una piazza privata - Motivi di pubblica
sicurezza - Limitazione del diritto di
proprietà - Illegittimità.
1. L'esistenza di una servitù pubblica di
passaggio su una strada o una piazza
privata, non si suppone, ma va dimostrata
attraverso la prova dell'uso e dell'utilità
pubblica di detta strada. In particolare non
emergendo dagli atti, e non avendo il Comune
fornito in giudizio ulteriori elementi in
tal senso, se la transitabilità della piazza
in questione si sia protratta nel tempo per
una durata almeno ultraventennale, il
provvedimento di diniego di autorizzazione
edilizia per la chiusura con cancelli carrai
della piazza, motivato sull'esistenza di un
diritto di uso pubblico (non dimostrato), è
illegittimo.
2. L'esigenza inerente a motivi di pubblica
sicurezza di non interrompere un tratto di
viabilità (per il passaggio dei mezzi di
soccorso) si può porre come limitativa del
diritto di proprietà del privato solo
qualora fatta valere tramite adeguati
strumenti di carattere pubblicistico, che
ben l'amministrazione può adottare, volti ad
imporre vincoli o limitazioni al diritto
dominicale con le modalità e forme previste
dalla legge, ma in assenza di tali
provvedimenti, la mera sussistenza di
esigenze riconducibili ad interesse pubblico
non è motivo da solo sufficiente per
rifiutare l'autorizzazione edilizia a
chiudere l'accesso ad una piazza privata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 16.07.2008 n.
2926). |
APPALTI:
1. Bando di gara. Mancato rispetto di
clausola a pena di esclusione. Esclusione.
Violazioni di clausole che dal contesto
della lex specialis risultano essenziali pur
senza essere espressamente sanzionate con
l'esclusione. Legittimità dell'esclusione.
Integrazione ammissibile solo se coinvolgono
aspetti marginali e non coinvolgono
dichiarazioni richieste a pena di
esclusione.
2. Annullamento dell'aggiudicazione. Sorte
del contratto. Competenza del G.A. Pronuncia
incidentale. Caducazione del contratto ex
art. 246 d.lgs. 163/2006. Differenza rispetto
agli istituti della nullità e
dell'annullabilità. Obbligo di ottemperanza
da parte della P.A. (La sentenza massimata è
antecedente all'Ad. Plenaria del 31.07.2008).
1. L'esclusione di un concorrente da una
gara pubblica deve essere disposta tutte le
volte in cui non risulti osservata una
clausola espressamente posta ad esclusione
e, solo eccezionalmente, anche nel caso in
cui tale previsione manchi, ove dal contesto
della lex specialis di gara emerga con
palese evidenza che il mancato rispetto di
alcune clausole comporti, comunque ed
inevitabilmente, in ragione del loro
contenuto, l'esclusione anche senza
un'espressa previsione in tal senso (cfr.,
fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 11.12.2007, n. 6410; 21.06.2006, n.
3703). Se può ritenersi ammissibile la
richiesta di chiarimenti ed anche il
completamento di dichiarazioni regolarmente
presentate, ma incomplete in aspetti
marginali, non è ammissibile e viola il
principio della par condicio l'ammissione di
un concorrente alla rettifica di una
dichiarazione errata che era richiesta a
pena di esclusione, in ottemperanza ad una
clausola inequivoca del bando di gara (Tar
Lombardia, sez. I, 22.11.2007, n.
6410).
2. Il giudice amministrativo, nelle materie
in cui non ha giurisdizione, può decidere,
con efficacia limitata, di tutte le
questioni pregiudiziali o incidentali
relative a diritti, la cui risoluzione sia
necessaria per pronunciare sulla questione
principale; di conseguenza, il G.A. può
conoscere incidentalmente le questioni
relative alla sorte di un contratto a
seguito dell'annullamento
dell'aggiudicazione. Infatti, una soluzione
che precludesse al giudice amministrativo
anche solo un accertamento incidentale sul
contratto sarebbe difficilmente compatibile
con l'ordinamento comunitario, specie in
relazione al principio di effettività della
tutela giurisdizionale e di tutela della
concorrenza. La caducazione ex art. 246,
comma 4, del d.lgs. 163/2006 descrive un
fenomeno oggettivo di privazione degli
effetti del contratto, originato dalla
violazione di norme di azione dell'agire
amministrativo, non assimilabile alle
categorie tipiche della nullità e
dell'annullabilità del contratto. Infatti,
tale norma ha introdotto un nuovo istituto,
la caducazione, quale categoria autonoma
dell'efficacia, riconducibile ad una
inefficacia successiva dovuta ad un fatto
sopravvenuto alla stipula del contratto,
l'annullamento dell'aggiudicazione, cui il
contratto si ricollega in via funzionale. La
pronuncia incidentale sulla sorte del
contratto dovrà essere considerata
attentamente dall'amministrazione chiamata a
confermarsi alla sentenza, altrimenti
potendo essere valorizzata nella successiva
sede dell'ottemperanza, dove il giudice
amministrativo può sostituirsi
all'amministrazione rimasta inerte
esercitando una giurisdizione di merito
(Cons. St. VI, n. 796/2008)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 26.06.2008 n.
2140). |
APPALTI:
Esclusione dalla gara.
Impugnazione prima dell'aggiudicazione.
Impugnazione dell'aggiudicazione definitiva.
Necessità a pena di improcedibilità del
ricorso.
La giurisprudenza amministrativa è
costante nel ritenere che dalla mancata
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva
deve discendere l'improcedibilità del
ricorso di primo grado. Se non vi è dubbio,
infatti, che l'esclusione può (ed anzi deve)
essere gravata prima dell'aggiudicazione,
nell'attuale assetto del sistema di tutela
giurisdizionale in materia di appalti
pubblici (quale esso risulta anche dai
principi di derivazione comunitaria), deve
essere affermato il principio che
l'impugnazione dell'esclusione va estesa,
con lo strumento dei motivi aggiunti, anche
all'aggiudicazione, non solo quando questa
risulti disposta uno actu con l'esclusione,
ma tutte le volte in cui essa intervenga e
sia conosciuta prima della pronunzia sul
relativo gravame. E' solo questa infatti la
via per garantire il soddisfacimento di
quelle esigenze di speditezza, di
concentrazione processuale e di prevalenza
della tutela in forma specifica che permeano
e giustificano il peculiare regime normativo
della tutela giurisdizionale in materia di
appalti pubblici (Cons, Stato, sez. V,
01.08.2007, n. 4268).
Ne discende che la
ricorrente aveva l'onere di impugnare
espressamente sia il provvedimento di
esclusione dalla gara adottato nei suoi
confronti sia la delibera di aggiudicazione
definitiva della procedura alla controinteressata, pena l'inammissibilità e
l'improcedibilità del gravame, non essendo
certamente sufficiente il generico
riferimento contenuto nell'epigrafe del
ricorso agli atti presupposti e
consequenziali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 26.06.2008 n.
2139). |
APPALTI:
Gara per l'affidamento lavori -
Interesse all'impugnazione - Legittimazione
attiva - Fattispecie.
E' inammissibile l'impugnativa proposta
dai proprietari di un immobile confinante ad
un'opera edilizia che assumono lesiva dei
loro diritti dominicali, nella parte in cui
deducono vizi propri degli atti di
aggiudicazione delle opere, in quanto i
ricorrenti, non rivestono la qualità di
imprenditori interessati -come potenziali
aggiudicatari- al rispetto delle regole di
gara, e pertanto sono privi di una posizione
legittimante che li abiliti ad impugnare la
procedura di affidamento dei lavori e gli
atti di aggiudicazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.06.2008 n.
2127 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione di costruzione -
Rilascio - Istruttoria della P.A. - Portata.
Ai fini del rilascio del titolo edilizio,
l'amministrazione deve tenere conto delle
limitazioni anche molto penetranti -di
natura sia pubblicistica, sia privatistica-
al diritto di costruire, che comprimono la
facoltà di godimento dell'immobile,
limitandone in misura variabile le concrete
possibilità di utilizzazione. Tra queste
limitazioni, però, non possono rientrare le
immissioni, in quanto esse non formano
oggetto di un diritto dei terzi, salvo il
caso in cui sia stata costituita apposita
servitù a danno del fondo sul quale deve
realizzarsi l'opera o diritto personale di
analogo contenuto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.06.2008 n.
2121 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Diniego di
condono edilizio - Vincolo cimiteriale - Ratio.
Gli interessi pubblici sottesi
all'esistenza del vincolo cimiteriale
attengono non solo ad esigenze di natura
igienico sanitaria, quanto anche alla
salvaguardia della sacralità che
caratterizza tali luoghi ed al mantenimento
di un'area di possibile estensione della
cinta cimiteriale
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 23.06.2008 n.
2118). |
APPALTI:
Possesso dei requisiti di
partecipazione. Indicazione da parte del
concorrente dei provvedimenti penali emessi
nei suoi confronti. Autocertificazione.
Mancata indicazione di una condanna.
Dichiarazione non veritiera. Esclusione.
In materia di appalti e in particolare,
di possesso dei requisiti di partecipazione,
la richiesta di indicare le sentenze (o in
genere, i provvedimenti) di condanna e la
necessità di dichiarare tutti i
provvedimenti emessi nei confronti del
partecipante, risponde alle finalità di
consentire all'Amministrazione la più ampia
valutazione del caso concreto, per stabilire
la rilevanza o meno di una data condanna
penale (Tar Lombardia, Milano, Sez. I, n.
1608/2007).
Ne esce quindi confermato che la
rilevanza o meno dei fatti (oggetto delle
pronunce penali) ai fini della successiva
valutazione del possesso dei requisiti da
parte del concorrente, non è rimessa
all'apprezzamento dell'impresa che ha,
invece, l'obbligo di dichiarare tutte le
sentenze emesse nei suoi confronti; con la
conseguenza che l'omessa indicazione,
nell'ambito di un'autocertificazione, di una
sentenza di condanna si atteggia come
autocertificazione non veritiera cui segue
l'esclusione dalla gara. Sotto tale aspetto
appare opportuno anche ricordare che il
Consiglio di Stato (Sez. V, 06.06.2002,
n. 3183), a tal proposito, parla
correttamente di dichiarazione non veritiera
giungendo alla conclusione che, perciò solo,
occorre procedere all'esclusione, senza
neppure valutare la gravità del reato
scoperto e non dichiarato
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 19.06.2008 n.
2096 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo -
Comunicazione di avvio - Edilizia ed
urbanistica - Soprintendenza per i beni
architettonici e per il paesaggio - Verifica
interesse culturale - Obbligo - Sussiste.
Il procedimento avviato dalla Soprintendenza
per i beni architettonici e per il paesaggio
per la verifica dell'interesse culturale
(nel caso di specie si trattava di
integrazione del preesistente provvedimento
di vincolo sul teatro Lirico di Milano di
proprietà del Comune) deve obbligatoriamente
essere preceduto dalla comunicazione di
avvio del procedimento indirizzata al
proprietario del bene
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.06.2008 n.
2093). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo - Atto
endoprocedimentale inidoneo a ledere
interessi legittimi - Impugnativa -
Inammissibilità - Fattispecie.
Gli atti interni del procedimento non sono
impugnabili immediatamente, ma solo
congiuntamente al provvedimento definitivo
cui è riconducibile la lesione
dell'interesse sostanziale fatto valere dal
titolare: è pertanto inammissibile il
ricorso che impugni esclusivamente l'atto
endoprocedimentale ritenuto illegittimo
(nella fattispecie è stato impugnato
unicamente il parere negativo endoprocedimentale
reso dal Comune in relazione ad una D.I.A.,
ma non anche il conseguente ordine di non
esecuzione lavori fondato su tale parere)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.06.2008 n.
2092 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi - Misure
repressive - Soggetti passivi - Proprietario
o titolare di diritto reale - Abuso ante
acquisto della proprietà o del diritto reale
- Irrilevanza - Ratio.
In caso di manufatto privo di titolo
edilizio, la circostanza che il ricorrente
possa non essere stato l'autore materiale
dell'abuso non rileva qualora egli sia il
proprietario delle aree interessate
dall'abuso. Infatti, l'ordinanza di
demolizione di una costruzione abusiva può
legittimamente essere emanata nei confronti
del proprietario attuale delle aree
interessate, anche se non risulti
responsabile dell'esecuzione dell'abuso,
considerato che l'abuso edilizio costituisce
illecito permanente e che l'ordinanza stessa
ha carattere ripristinatorio e non prevede
l'accertamento del dolo o della colpa del
soggetto cui si imputa la trasgressione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.06.2008 n.
2091 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Campo nomadi - In
area agricola - Omissione da parte del
Comune nell'applicazione della L.R. 77/1989
- Legittimità dell'insediamento - Non
sussiste.
La eventuale omissione da parte del Comune
nell'applicazione della L.R. 77/1989 -che
prevede la realizzazione da parte dei comuni
maggiormente interessati alla presenza di
nomadi di realizzare campi di sosta o di
transito, reperendo aree da destinare a zone
per attrezzature di uso pubblico dei piani
regolatori generali dei comuni- non
legittima l'uso del territorio, da parte
delle persone appartenenti ad etnie nomadi,
in modo non conforme alle disposizioni in
materia (nella fattispecie sono stati
posizionati su area agricola, senza
autorizzazione alcuna, manufatti
prefabbricati utilizzati a fini abitativi,
fari di illuminazione, reti metalliche di
recinzione e realizzate opere idrauliche ed
elettriche, che, complessivamente
considerate, hanno comportato una
trasformazione del territorio, dal punto di
vista sia edilizio sia urbanistico, in
contrasto con la destinazione agricola
dell'area)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 18.06.2008 n.
2090 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Partecipazione preclusa da una
clausola del bando. Mancata presentazione
della domanda di partecipazione. Possibilità
di impugnare gli atti di gara. Sussiste.
Conformemente alla più recente
giurisprudenza, ove un potenziale
concorrente risulti leso dal bando di gara
che ne precluda persino la partecipazione
alla procedura selettiva, sussiste
l'interesse ad impugnare i relativi atti a
prescindere dalla mancata presentazione
della domanda posto che l'impugnante ha un
proprio specifico interesse ad impedire lo
svolgimento della procedura; in presenza di
una clausola preclusiva, infatti, la
presentazione della domanda si risolverebbe
in un mero adempimento formale
inevitabilmente seguito da un atto di
estromissione con un risultato analogo a
quello di un'originaria preclusione (tale
filone interpretativo è conforme
all'orientamento espresso dalla Corte di
Giustizia CE nella decisione 12.02.2004 in
C7230/02 nella quale ha rilevato che
nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia
presentato un'offerta a causa della presenza
di specifiche che asserisce discriminatorie
nei documenti relativi al bando di gara o
nel disciplinare, le quali avrebbero
impedito di essere in grado di fornire
l'insieme delle prestazioni richieste, essa
avrebbe tuttavia il diritto di presentare un
ricorso direttamente avverso tali
specifiche, e ciò prima ancor che si
concluda il procedimento di aggiudicazione
dell'appalto pubblico interessato)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 17.06.2008 nn.
2055 - 2056 - 2057 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Attività
edilizia - Cambio di destinazione d'uso
senza opere edilizie - Autorizzazione - Non
occorre - Fattispecie.
2. Misure
repressive - Inapplicabilità - Solo per
opere realizzate in epoca in cui la
normativa non richiedeva assenso edilizio.
3. Misure
repressive - Termine di decadenza o
prescrizione - Non sussiste - Affidamento
del privato - Inconfigurabilità.
4. Processo amministrativo - Rapporti con il
processo penale - Sentenza penale di
assoluzione - Rilevanza nei giudizi
amministrativi - Limite.
1. In tema di variazione d'uso di un
immobile senza opere edilizie, qualora
l'impiego del l'immobile - nella
fattispecie: box - come deposito di cose o
di merci non sia preordinato allo
svolgimento diretto di un'attività in situ
che richieda un'autorizzazione ad hoc, ma
attenga ad un uso di fatto che il
proprietario fa della cosa propria, tale
impiego non rileva per il diritto (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 77/1997): non
occorre pertanto alcuna autorizzazione per
la variazione d'uso (nella fattispecie
vigeva l'art. 25, ult. comma Legge 47/1985
prima delle modifiche introdotte dal D.L.
498/1993).
2. Un'opera abusiva, anche risalente nel
tempo, non può ritenersi perciò solo
inamovibile, a meno che non si provi che è
stata realizzata in epoca in cui la
normativa generale e locale non richiedeva
assenso edilizio alcuno, o che ha
beneficiato di un condono edilizio, in
assenza del quale si applicano le ordinarie
sanzioni (art. 40 Legge n. 47/1985).
3. La vetustà dell'opera abusiva non esclude
il potere di controllo e il potere
sanzionatorio del Comune in materia urbanistico-edilizia, in quanto l'esercizio
di tale potere non è soggetto a prescrizione
o decadenza; ne consegue che l'accertamento
dell'illecito amministrativo e
l'applicazione della relativa sanzione può
intervenire anche a notevole distanza di
tempo dalla commissione dell'abuso, senza
che il ritardo nell'adozione della sanzione
comporti sanatoria o il sorgere di
affidamenti o situazioni consolidate.
4.
Il proscioglimento in sede penale dei
ricorrenti, rinviati a giudizio per
costruzione senza concessione edilizia non
comporta l'illegittimità dell'eventuale
ordinanza di demolizione, in quanto il
proscioglimento in sede penale vincola il
Giudice Amministrativo solo relativamente
alla materialità dei fatti accertati, ma non
preclude una diversa valutazione della
fattispecie ai fini dell'applicazione delle
sanzioni edilizie di carattere
amministrativo
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 17.06.2008 n.
2045 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Concessione di
costruzione - Variante - Variante in corso
d'opera - Richiesta successiva alla
dichiarazione di ultimazione lavori - Inaccoglibilità.
2. Concessione di
costruzione - Variante - Variante in corso
d'opera - Limiti.
3. Concessione di
costruzione - Variante - Variante in corso
d'opera - Locale seminterrato - Incremento
vani - Variante in corso d'opera- Inconfigurabilità.
1. La variante in corso d'opera così come
disciplinata dall'art. 15 Legge 47/1985,
deve necessariamente essere richiesta prima
della dichiarazione di ultimazione dei
lavori.
2. Ai sensi dell'art. 15 della Legge 47/1985
le varianti in corso d'opera non debbono
comportare modifiche della sagoma né delle
superfici utili e non devono modificare la
destinazione d'uso delle costruzioni e delle
singole unità immobiliari, nonché il numero
di queste ultime, ai sensi dell'art. 13
della stessa Legge.
3. In caso di realizzazione al piano
interrato di un locale pertinenziale in
aderenza alla cantina esistente, se è vero
da un lato che esso, in quanto interrato,
non modifica né la sagoma né la superficie
coperta generale, è anche vero dall'altro
che tale vano aumenta il numero delle unità
immobiliari in contrasto con la previsione
di legge (nella fattispecie sono stati
realizzati nuovi vani destinati a bagno e a
ripostiglio, che non costituiscono semplici
modifiche interne nella disposizione degli
spazi): con la conseguente esclusione che le
opere abusivamente realizzate siano
riconducibili ai limiti imposti dalla legge
alle varianti in corso d'opera (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 16.06.2008 n.
2043 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Potere
sanzionatorio e repressivo - Attività
vincolata - Sussiste - Ordinanza di
demolizione - Emissione a distanza di lungo
tempo dalla commissione dell'abuso -
Legittimità - Prevalenza dell'interesse
pubblico sull'affidamento del privato - Ratio.
2. Potere
sanzionatorio e repressivo - Ordinanza di
demolizione - Emissione a distanza di lungo
tempo dalla commissione dell'abuso -
Legittimità - Prevalenza dell'interesse
pubblico sull'affidamento del privato -
Motivazione - Non necessita - Fattispecie.
1. Con la Legge 47/1985 (e successivamente
con D.P.R. 380/2001) è stata compiuta una
valutazione di prevalenza dell'interesse al
rispetto del territorio, nonché delle regole
che presiedono alla sua tutela, con la
previsione di sanzioni vincolate quanto a
emanazione e contenuto, espressione di un
potere autoritativo, non sottoposto a
termini di prescrizione o decadenza, che
intende colpire il fenomeno della
compromissione del territorio e dei valori
ambientali coinvolti: tale potere fa
ritenere che debba prevalere l'aspettativa
della collettività a vedere rispettate le
norme in materia edilizia e urbanistica,
piuttosto che quella del contravventore a
vedere conservata l'opera abusiva, ancorché
realizzata molti anni prima.
2.
A fronte di una mancata conformità con le
disposizioni vigenti, anche il decorso del
tempo non è sufficiente a far insorgere un
affidamento sulla legittimità dell'opera o
comunque sul consolidamento dell'interesse
del privato alla sua conservazione, né, per
conseguenza, a imporre la necessità di una
specifica motivazione in ordine
all'esistenza di un interesse pubblico
prevalente: è tra l'altro dubbio che -nel
caso di specie- si potesse essere ingenerato
un affidamento in capo al privato, dal
momento che lo stesso privato aveva chiesto
la sanatoria e quindi era ben consapevole
della abusività dell'opera e della necessità
di ottenere un provvedimento per
regolarizzare le difformità presenti
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2008 n.
1977 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi -
Sanatoria - Domanda riguardante pluralità di
abusi - Pluralità di provvedimenti -
Aggravio del procedimento - Non sussiste.
2. Abusi -
Sanatoria - Realizzazione di porticato
ligneo in luogo di tenda - Assimilabilità -
Non sussiste.
3. Abusi - Sanzioni
- In assenza di elementi indicativi del
carattere sostanziale dell'abuso - Sanzione
pecuniaria.
1. La circostanza che il Comune abbia
provveduto solo su una parte della domanda
di condono, riservandosi la istruttoria
della restante parte, non inficia il diniego
di condono, giacché nulla vieta, a fronte di
una domanda di sanatoria riguardante una
pluralità di abusi, indipendenti ed
autonomi, di provvedere separatamente su
ciascuno di essi, senza che ciò configuri
aggravio del procedimento.
2. Non è configurabile come opera edilizia,
alla stregua di un porticato in legno, una
tenda da sole avvolgibile, ancorché
sostenuta da pali di ferro ancorati al
suolo, in quanto i suoi elementi essenziali
(ubicazione, volume, funzione) non sono
assimilabili a quelli del manufatto in
legno: pertanto, in caso di richiesta di
condono riferita a porticato in legno
realizzato -in luogo della tenda- dopo la
scadenza del termine utile per fruire del
condono,
è legittimo il diniego di sanatoria, non
potendo la tenda considerarsi come opera al
rustico rispetto al porticato.
3.
In assenza di elementi indicativi del
carattere sostanziale dell'abuso, che
comprovino cioè la non conformità
dell'intervento alla disciplina edilizia e
urbanistica, è applicabile, ex art. 37
D.P.R. 380/2001, la sanzione pecuniaria pari
al doppio dell'aumento del valore venale
dell'immobile conseguente alla realizzazione
degli interventi stessi e, comunque, in
misura non inferiore a euro 516,00
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 11.06.2008 n.
1964 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 4. L. n. 47/1985 - Abuso
edilizio - Ordinanza di sospensione lavori -
Scadenza del termine di 45 giorni -
Impugnazione dell'ordinanza di sospensione
dopo tale termine - Inammissibilità del
ricorso.
Secondo giurisprudenza unanime, la norma
dell'art. 4 della legge 28.02.1985, n.
47 (trasfuso poi nell'art. 27 D.P.R. 380/2001) dev'essere
interpretata nel senso che l'ordinanza di
sospensione dei lavori perda efficacia nel
momento in cui sono decorsi 45 giorni senza
che siano seguiti i successivi provvedimenti
sanzionatori. Ne consegue, dal punto di
vista processuale, che è inammissibile, per
difetto di interesse, il ricorso notificato
una volta che sia decorso il predetto
termine senza alcun intervento sanzionatorio
da parte della P.A.
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2008 n.
1945). |
EDILIZIA PRIVATA:
Zona agricola - Divieto di
edificazione di costruzioni non a servizio
dell'attività agricola.
L'utilizzo di un'area agricola per il
parcheggio degli autoveicoli determina un
utilizzo duraturo del territorio quale area
attrezzata per la sosta che si pone in
contrasto con la normativa tecnica di piano
che vieta la realizzazione di nuove
costruzioni non a servizio dell'attività
agricola
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2008 n.
1945). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Procedimento
amministrativo - Comunicazione di avvio -
Atto vincolato - Necessità - Non sussiste.
2. Procedimento
amministrativo - Comunicazione di avvio -
Atto non vincolato - Necessità - Sussiste.
1. L'omissione della comunicazione di avvio
del procedimento non vizia l'azione
amministrativa quando il contenuto del
provvedimento sia interamente vincolato,
anche con riguardo ai presupposti di fatto:
la comunicazione di avvio può infatti
ritenersi superflua solo nei casi in cui, in
presenza di presupposti di fatto
assolutamente incontestati tra le parti,
l'adozione del provvedimento finale sia non
solo doverosa, ma anche vincolata per la
P.A.; la quale, nonostante l'annullamento
dell'atto per motivi formali, conserverebbe
il potere o addirittura il dovere di
adottare un provvedimento di contenuto
identico.
2. Qualora il quadro normativo di
riferimento presenti margini di incertezza,
oppure occorra applicare sanzioni di entità
variabile, collegate ad apprezzamenti, stime
o valutazioni opinabili -come in caso di
procedimenti sanzionatori-, l'apporto
dell'interessato non può ritenersi
superfluo, ma concorre ad arricchire, sul
piano della legittimità e del merito,
l'azione amministrativa, non potendosi
affatto escludere a priori che il medesimo
sarebbe stato in grado di fornire elementi
di conoscenza e di giudizio tali da
conformare diversamente le scelte
dell'Amministrazione: in tal caso la
comunicazione di avvio è conditio sine qua
non per la legittimità dei provvedimenti
della P.A.
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 09.06.2008 n.
1939 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Pianificazione territoriale -
D.M. 1444/1968 - Limiti di densità fondiaria
- Portata.
In materia di limiti inderogabili di densità
edilizia, da osservare ai fini della
formazione dei nuovi strumenti urbanistici o
della revisione di quelli esistenti, il D.M.
02.04.1968 n. 1444 (art. 7, punto 3) non
pone alcun limite -né minimo né massimo-
agli indici di densità fondiaria delle zone
C, rimettendone la fissazione agli strumenti
urbanistici (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.06.2008 n.
1935 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Approvazione PRG -
Modifiche regionali d'ufficio al PRG - In
assenza di sostanziali innovazioni -
Legittimità.
L'art. 10, comma 2, Legge 1150/1942 consente
alla Regione di apportare al piano
regolatore modifiche che non comportino
sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare
le caratteristiche essenziali del piano
stesso ed i criteri di impostazione (nel
caso di specie il TAR ha ritenuto legittima
la modifica introdotta dalla Regione che ha
ristretto le possibilità di intervento
sull'immobile produttivo oggetto di causa
alla sola manutenzione ordinaria e
straordinaria, salvo incremento fino al 10%
della volumetria esistente finalizzata
esclusivamente ad adeguamenti
igienico-tecnologici funzionali al
proseguimento dell'attività in essere)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.06.2008 n.
1934 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Pianificazione
territoriale - Vincoli paesaggistici e
ambientali - Apposizione vincolo nel P.R.G.
su area più ampia rispetto alle previsioni
di Leggi Statali e Regionali - Possibilità -
Requisiti - Adeguata motivazione.
2. Pianificazione
territoriale - Vincoli paesaggistici e
ambientali - Apposizione vincolo nel P.R.G.
su area più ampia rispetto alle previsioni
di Leggi Statali e Regionali - In caso di
motivazioni generiche e assenza di esatta
indicazione delle aree - Illegittimità.
1. L'improcedibilità del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse consegue
al verificarsi di una situazione non solo
del tutto nuova in fatto e in diritto
rispetto a quella esistente al momento della
proposizione del ricorso, ma che sia pure
tale da rendere certa e definitiva
l'inutilità della sentenza, anche sotto il
profilo strumentale e morale (ad esempio,
anche nell'ipotesi di adozione di nuova
variante urbanistica che abbia attribuito
all'immobile la capacità edificatoria
oggetto del ricorso, permane in capo al
ricorrente l'interesse, almeno in astratto,
ad ottenere il risarcimento dei danni).
I vincoli rinvenibili negli strumenti
urbanistici si possono distinguere in
ricognitivi -ossia costituiti
automaticamente in virtù della previsione di
legge speciale e la cui previsione nel
P.R.G. assolve a fini di pubblicità e
coordinamento con lo strumento urbanistico,
che non vi può derogare- e costitutivi,
ossia scaturenti direttamente dalla
previsione del P.R.G.: in questo secondo
genere di vincoli rientrano quelli che
pongono delle limitazioni all'edificazione
per finalità estetiche (es. tutela dei
centri storici), ovvero veri e propri
vincoli di inedificabilità, come nel caso
della tutela paesistico-ambientale.
Non risulta irragionevole né contrastante
con la disciplina di cui alla L. n.
431/1985, l'apposizione di un vincolo nel
P.R.G. su un'area territoriale più ampia di
quella individuata dalla legge, formando
un'ulteriore fascia protetta oggetto di un
vincolo di natura costitutiva, purché volta
a tutelare un'area di particolare rilevanza
paesistica.
2. Nell'ambito della pianificazione del
territorio, sussiste in capo alla P.A. la
possibilità di porre una disciplina
generalizzata più rigorosa e limitativa di
quella dei vincoli paesistici imposti dallo
Stato o dalla Regione relativamente a beni
per i quali vi è maggiore interesse alla
tutela paesistica: ciò, a condizione che le
ragioni di tale scelta vengano puntualmente
rappresentate.
E', pertanto, illegittimo il provvedimento
che introduce una fascia verde di rispetto
(nella fattispecie, in riva al lago) più
estesa di quella prevista dalla legge
regionale fondato su argomentazioni
generiche, quali l'esigenza di riservare a
verde pubblico o a pubbliche attrezzature di
servizio tutte le aree ancora libere in riva
al lago e privo dell'esatta indicazione
delle aree da tutelare
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.06.2008 n.
1924 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Approvazione PRG
- Modifiche regionali d'ufficio al PRG - In
assenza di consenso del Comune -
Illegittimità.
2. Approvazione PRG
- Modifiche regionali d'ufficio al PRG -
Illegittimità- Conseguenze.
1. Le modificazioni apportate d'ufficio al PRG dalla Regione, senza il consenso del
Comune, qualora esorbitino dai limiti di cui
all'art 10 Legge 1150/1942, sono illegittime.
2. Qualora in sede di approvazione del PRG
la Regione introduca modifiche d'ufficio, il
loro eventuale annullamento in sede
giurisdizionale, da un lato, incide sul
contenuto sostanziale del piano, privandolo
delle prescrizioni aggiuntive di cui sia
stata accertata l'illegittimità, ma,
dall'altro, non fa venire meno l'effetto
provvedimentale proprio della delibera di
approvazione, con la conseguenza che il PRG
deve intendersi approvato e vigente anche in
relazione ai terreni per cui è causa secondo
l'originaria scelta pianificatoria
effettuata dal Comune in sede di adozione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 03.06.2008 n.
1917 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione e concessione - Passo carraio
- Revoca - Assenza di interesse pubblico -
Illegittimità.
Considerato che la disciplina dettata dal
codice stradale per i passi carrai è
finalizzata alla sicurezza della
circolazione e che prescinde dal regime
dominicale delle aree su cui si esercita il
passaggio e che, ex art. 27, comma 4, D.Lgs.
295/1982, le autorizzazioni in materia sono
accordate senza pregiudizio dei diritti dei
terzi, i quali sono pertanto legittimati a
far valere le proprie pretese dinanzi al
giudice ordinario, ne consegue che, in caso
di revoca dell'autorizzazione dovuta alla
sola opposizione al passaggio manifestata
dai controinteressati per motivi attinenti
unicamente ai rapporti tra proprietà
finitime, non essendo ravvisabili ragioni di
interesse pubblico sottese alla revoca, la
stessa è da ritenersi illegittima
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 03.06.2008 n.
1915 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sull’inderogabilità
del principio di pubblicità delle sedute di
gara.
La circostanza
per cui, nei settori speciali, l’art. 226
del d.lgs. n. 163/2006, il quale stabilisce
i contenuti dell’invito a presentare offerte
o a negoziare, non prevede alcuna forma di
pubblicità delle sedute, non esclude il
rispetto del principio di pubblicità, atteso
che la ratio ispiratrice della pubblicità
delle sedute di gara è comune in ogni
procedura concorsuale di scelta del
contraente relativa a qualsiasi contratto
pubblico di lavori, servizi e forniture, ed
è rivolta a tutelare le esigenze di
trasparenza e imparzialità che devono
guidare l'attività amministrativa e che
caratterizzano tutta la disciplina
dell’evidenza pubblica (art. 97, comma 1,
della Cost. e art. 1, commi 1 e 1-ter, della
l. 07.08.1990, n. 241)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.04.2008 n. 1856 - link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Demolizione - Ristrutturazione
edilizia (nozione e limiti) - D.I.A. -
Limiti - Ristrutturazioni edilizie di
portata minore - T.U. edilizia - Permesso di
costruire - Ricostruzione su ruderi - “nuova
costruzione”.
Sono sempre realizzabili con d.i.a. le
ristrutturazioni edilizie di portata minore
quelle, cioè, che determinano una semplice
modifica dell’ordine in cui sono disposte le
diverse parti che compongono la costruzione,
in modo che, pur risultando complessivamente
innovata, questa conserva la iniziale
consistenza urbanistica.
Gli interventi di ristrutturazione di cui
all’articolo 10, primo comma, lettera c),
del T.U. edilizia (non di portata minore)
sono subordinati a permesso di costruire ma,
in alternativa, possono essere realizzati
con d.i.a. se “portino ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente e comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti o delle superfici,
ovvero che, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A), comportino
mutamenti della destinazione d’uso”. Se
però comportano la preventiva demolizione
dell’edificio, il risultato finale deve
coincidere nella volumetria e nella sagoma
con l’edificio precedente. La ricostruzione
su ruderi costituisce sempre “nuova
costruzione”.
La demolizione, per essere ricondotta anche
alla nuova nozione legislativa di
“ristrutturazione edilizia” deve essere
contestualizzata temporalmente nell’ambito
di un intervento unitario volto alla
conservazione dell’edificio che risulti
ancora esistente e strutturalmente
identificabile al momento dell’inizio dei
lavori (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 16.06.2006 n. 20776 - link
a
www.ambientediritto.it). |
AGGIORNAMENTO AL 03.11.2008 |
ã |
dossier AFFIDAMENTO IN HOUSE |
APPALTI SERVIZI:
Una Comunità Montana che agisce quale Ente
locale capofila, per la disciplina della
gestione associata del servizio di raccolta,
trasporto e smaltimento RSU e assimilabili è
incompetente ad individuare il modello
dell'affidamento in house.
Le Comunità Montane sono Enti locali
sovracomunali, costituiti "per l'esercizio
di funzioni proprie, di funzioni conferite e
per l'esercizio associato delle funzioni
comunali" (art. 27, c. 1, del T.U.E.L).
Gli Enti locali possono affidare ad una
Comunità Montana, che agisce quale Ente
locale capofila, per la disciplina della
gestione associata (nel caso di specie, del
servizio di raccolta, trasporto e
smaltimento RSU e assimilabili) il compito
di individuare la forma di gestione di un
più vantaggiosa anche sotto il profilo
economico, conservando tuttavia la
titolarità dei rispettivi servizi.
Se tuttavia la scelta cade sul modello di
delegazione interorganica, la verifica dei
requisiti che devono indefettibilmente e
cumulativamente concorrere per legittimare
l'affidamento diretto ad una società
pubblica: l'esercizio su di essa, da parte
degli Enti locali soci, di un controllo
analogo a quello esercitato sui loro servizi
e la realizzazione, da parte della Società,
della quota più importante della propria
attività con l'Ente o gli Enti pubblici che
la controllano, va condotta con riferimento
a ciascuna amministrazione titolare del
servizio, ossia ad ogni singolo Comune
delegante: quest'ultimo non viene
espropriato della competenza attribuitagli
dal legislatore, e quindi la mediazione
realizzata per mezzo della delega rilasciata
alla Comunità Montana non esclude che lo
stesso debba mantenere in proprio il
controllo diretto sulla Società affidataria.
Ne consegue che la Comunità Montana è
incompetente ad individuare il modello
dell'affidamento in house, in quanto il
rapporto di immedesimazione organica deve
coinvolgere direttamente il Comune affidante
e il suo apparato amministrativo, senza
possibilità di delega a soggetti terzi (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 27.10.2008 n. 1440 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sul
legittimo affidamento di un servizio ad una
società pubblica.
Come chiarito fin dalla sentenza della Corte
di Giustizia 18/11/1999, resa nel
procedimento C-107/98 (Teckal), e da ultimo
confermato nelle pronunce della sez. II
19/04/2007 (C-295/05) e 17/07/2008
(C-371/05), due elementi devono
indefettibilmente e cumulativamente
concorrere per legittimare l’affidamento
diretto ad una Società pubblica: l’esercizio
su di essa, da parte degli Enti locali soci,
di un controllo analogo a quello esercitato
sui loro servizi e la realizzazione, da
parte della Società, della quota più
importante della propria attività con l’Ente
o gli Enti pubblici che la controllano.
E’ noto che la libera concorrenza è uno dei
principi guida del Trattato dell’Unione
Europea, ed è finalizzata a garantire parità
di accesso alle commesse pubbliche a tutte
le imprese che operano entro i suoi confini.
L’obiettivo può essere tuttavia vanificato
da particolari situazioni economiche capaci
di porre alcune imprese in una condizione di
privilegio o comunque di favore: ciò si
verifica senz’altro quando un operatore
usufruisce di un aiuto di Stato, sia nella
forma tradizionale della provvidenza
economica che riduce o copre totalmente i
costi della sua attività, sia mediante la
garanzia di una posizione di mercato
avvantaggiata rispetto alle altre imprese.
Per questo le azioni comunitarie tendono da
un lato ad assimilare il più possibile la
Società partecipata all’amministrazione
controllante e dall’altro a preservare il
mercato privato dall’elemento di disturbo
rappresentato dall’ingresso di tale
tipologia di impresa: lo scopo è perseguito
applicando il principio del “controllo
analogo” e il requisito della “attività
prevalente”, vale a dire della tendenziale
esclusività dell’attività economica a favore
dell’azionista (C.G.A. Sicilia, sez.
giurisdizionale – 04/09/2007 n. 719).
La giurisprudenza comunitaria, ad ogni modo,
ammette che un’autorità pubblica che sia
amministrazione aggiudicatrice possa
assolvere i compiti istituzionali e
realizzare gli interessi pubblici ad essa
affidati mediante propri strumenti,
amministrativi, tecnici e di altro tipo,
senza essere obbligata a ricorrere ad entità
esterne estranee alle proprie strutture e ai
propri servizi (cfr. Corte di Giustizia CE –
11/01/2005 causa C-26/03 Stadt Halle).
Non è, dunque, vietato all’amministrazione
sottrarre al mercato attività in relazione
alle quali ritenga di dover provvedere
direttamente con la propria organizzazione.
E’ stato sul punto efficacemente rilevato
che la creazione di un mercato comune e
l’applicazione delle regole di tutela della
concorrenza non ostacolano lo svolgimento
della potestà organizzatoria della pubblica
amministrazione, riconosciuta dalle
istituzioni comunitarie agli Stati membri.
Non siamo in questo caso di fronte ad una
deroga alla disciplina europea delle libertà
economiche, ma ad una fattispecie che si
colloca al di fuori del mercato: in buona
sostanza, le norme che regolano la
concorrenza nel settore degli appalti e
delle concessioni presuppongono un rapporto
con il mercato, per cui l’amministrazione
può decidere, in alternativa, di non
rivolgersi ad esso per una o più attività di
competenza, optando per il ricorso
all’autoproduzione (cfr. TAR Sardegna, sez.
I – 21/12/2007 n. 2407).
Del resto, nel panorama delineato si
inquadra organicamente l’art. 13 del D.L.
223/2006 convertito con modificazioni nella
Legge n. 248/2006, il quale testualmente
dispone che “Al fine di evitare alterazioni
o distorsioni della concorrenza e del
mercato e di assicurare la parità degli
operatori, le società, a capitale
interamente pubblico o misto, costituite o
partecipate dalle amministrazioni pubbliche
regionali e locali per la produzione di beni
e servizi strumentali all'attività di tali
enti in funzione della loro attività, con
esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per
lo svolgimento esternalizzato di funzioni
amministrative di loro competenza, devono
operare esclusivamente con gli enti
costituenti o partecipanti o affidanti, non
possono svolgere prestazioni a favore di
altri soggetti pubblici o privati, né in
affidamento diretto né con gara, e non
possono partecipare ad altre società o enti
…”.
La Sezione ha recentemente statuito che la
ratio della disposizione citata si rinviene
nella circostanza che l’Unione Europea ha
reiteratamente imposto agli Stati membri di
regolamentare l’accesso al mercato degli
appalti pubblici da parte di organismi
costituiti o partecipati da Enti pubblici,
evitando distorsioni alle dinamiche
concorrenziali e pregiudizi nei confronti
dei soggetti privati: la finalità della
norma, di chiusura del sistema, è pertanto
quella di delimitare la posizione di
vantaggio competitivo di dette Società, che
hanno beneficiato di un accesso privilegiato
alle commesse della pubblica amministrazione
a danno di altri operatori privati (cfr.
sentenza Sezione 27/12/2007 n. 1373).
Nel nostro ordinamento, la materia
controversa è regolata dall’art. 113, comma
5, lettera c), del D. Lgs. 267/2000 che
permette l’affidamento diretto –senza gara
pubblica– della gestione di servizi pubblici
locali a “società a capitale interamente
pubblico a condizione che l’ente o gli enti
pubblici titolari del capitale sociale
esercitino sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri
servizi e che la società realizzi la parte
più importante della propria attività con
l’ente o gli enti pubblici che la
controllano”. La disposizione si allinea
ai principi comunitari diffusamente
illustrati, e la sua introduzione è
conseguita ad una procedura d’infrazione nei
confronti della Repubblica italiana, avviata
dalla Commissione europea nel novembre 2000.
Come si evince dalla formulazione letterale
della norma –che individua alternativamente
l’Ente o gli Enti pubblici “… titolari del
capitale sociale”– in linea generale non vi
sono ostacoli a ritenere ammissibile che una
pluralità di Enti locali proceda
all’affidamento diretto di un dato servizio
ad una Società di capitali partecipata
soltanto da essi, per quote commisurate
all’interesse di cui ciascuno è titolare. E’
tuttavia indispensabile la sussistenza della
condizione del controllo analogo, riferito
alla capacità di influenzare la gestione
della Società nel suo complesso e che deve
essere accertato caso per caso con riguardo
agli elementi che caratterizzano i soggetti
interessati.
La Sezione, chiamata ad esprimersi sulla
questione in esame in diverse pronunce (cfr.
sentenze 05/12/2005 n. 1250; 07/11/2005 n.
1123; 28/02/2006 n. 238; 16/03/2006 n. 301;
02/05/2006 n. 450), ha ritenuto in tutti
quei casi insussistente il rispetto delle
condizioni necessarie a configurare –da
parte dei Comuni che detenevano un’esigua
quota percentuale di capitale sociale– una
situazione di controllo analogo a quello
svolto sui propri servizi: in quelle ipotesi
non era riscontrabile un’influenza
determinante sugli obiettivi e sulle scelte
gestionali delle Società affidatarie, da
svolgersi anche collettivamente con gli
altri soci al di fuori degli ordinari poteri
dell’Assemblea della Società.
Infatti, come affermato anche dalla sentenza
della Corte di Giustizia in data 13/10/2005
nella causa C-458/03 (Parking Brixen GmbH),
il controllo analogo su una Società pubblica
non sussiste ove lo Statuto conferisca al
Consiglio di Amministrazione poteri
teoricamente illimitati, senza che l’Ente
affidante possa influirvi, e configuri un
ampio oggetto sociale: in particolare
l’impresa non deve aver acquisito una
vocazione commerciale che rende precario il
controllo, la quale può risultare, tra
l’altro, dall’ampliamento dell’oggetto
sociale, dall’apertura obbligatoria ad altri
capitali e dall’espansione territoriale
dell’attività a tutto il territorio
nazionale e all’estero (cfr. Corte di
giustizia – 10/11/2005, C-29/04; Consiglio
di Stato, sez. V – 30/08/2006 n. 5072).
In termini positivi, per configurare il
controllo analogo è necessario uno strumento
di carattere sociale ovvero anche
parasociale –ma diverso dai normali poteri
che un socio, anche totalitario, esercita in
assemblea– che in ogni momento possa
vincolare l’affidataria agli indirizzi
dell’affidante ossia garantire un’influenza
determinante del secondo sulla prima, con
riguardo sia agli obiettivi strategici che
alle decisioni più importanti (cfr. sentenza
Parking Brixen GmbH, cit., par. 65).
In linea generale è pertanto necessaria la
previsione, a favore dell’Ente pubblico, di
strumenti di controllo più intensi di quelli
riconosciuti dal diritto societario alla
maggioranza assembleare (cfr. Consiglio di
Stato, sez. V – 28/12/2007 n. 6736; sez. VI
– 03/04/2007 n. 1514).
La giurisprudenza ha ritenuto sussistere
un’incisiva ingerenza ove lo Statuto della
Società preveda poteri speciali in capo
all’Ente pubblico – quali la nomina del
Presidente e di un numero predeterminato di
membri del Consiglio di Amministrazione e
del Collegio sindacale (cfr. Tar Campania
Napoli, sez. I – 30/03/2005 n. 2784) ovvero
quando venga costituito un apposito organo
con penetranti poteri di controllo sulla
gestione straordinaria ed ordinaria della
Società, quale ad esempio l’Assemblea di
coordinamento intercomunale, costituita dai
legali rappresentanti di ciascun Ente locale
(o loro delegati), ognuno con responsabilità
e diritto di voto pari alla quota di
partecipazione (cfr. Tar Friuli Venezia
Giulia – 15/07/2005 n. 634).
Tali elementi devono ricorrere a maggior
ragione nei casi in cui l’Ente affidante non
dispone della totalità delle quote della
Società, ma ha acquisito una partecipazione
di minoranza insufficiente, da sola, ad
integrare la forma di controllo in questione
(Corte di Giustizia CE, Grande sezione –
21/07/2005 causa C-231/03 (Coname - Comune
di Cingia De’ Botti).
La Corte di Giustizia ha altresì
ripetutamente sostenuto che, trattandosi di
un’eccezione alle regole generali del
diritto comunitario, la sussistenza del
“controllo analogo” deve formare oggetto di
un’interpretazione restrittiva, e l’onere di
dimostrare l’effettiva esistenza delle
circostanze eccezionali che giustificano la
deroga a quelle regole grava su colui che
intenda avvalersene (cfr. ex plurimis Corte
di Giustizia CE, sez. I – 06/04/2006 causa C–410/04 ANAV).
Deve peraltro essere rilevato che
l’accertamento di un rapporto assimilabile
ad una subordinazione gerarchica del
soggetto controllato deve tener conto delle
caratteristiche proprie di una Società a
responsabilità limitata, chiamata ad agire
mediante gli organi di cui è dotata e che
assumono rituali deliberazioni.
Se non è certamente sufficiente, alla luce
di quanto ampiamente esposto, un mero
controllo “a posteriori” per soddisfare il
requisito del controllo analogo –dato che
non consente all’autorità pubblica di
influenzare preventivamente le decisioni
degli organismi societari– l’indagine deve
necessariamente investire le clausole e le
prerogative che attribuiscono agli Enti
locali partecipanti effettive possibilità di
ingerenza nella sfera decisionale del
soggetto affidatario: in particolare esse
debbono tradursi in una penetrante azione
propulsiva o propositiva sulle linee
strategiche ed operative della Società (con
la determinazione degli ordini del giorno
degli organi sociali, l’indicazione dei
dirigenti da nominare e l’elaborazione di
direttive sulla politica aziendale) e in
incisivi poteri suscettibili di inibire
iniziative o decisioni che si pongano in
contrasto con i propri interessi.
In buona sostanza ciascun Ente locale –a
prescindere dalla quota (più o meno
consistente) detenuta– deve poter
esercitare un effettivo potere di veto sulle
deliberazioni societarie, in modo da
paralizzare quelle decisioni o quelle
attività ritenute non congrue o non
compatibili con gli interessi della
collettività e del territorio di
riferimento, a favore dei quali è prestato
il servizio dato in affidamento (TAR Lazio
Roma, sez. II-ter – 16/10/2007 n. 9988).
Il Consiglio di Stato ha di recente
riassunto i menzionati elementi evidenziando
in particolare la necessità che:
a) lo statuto della Società non deve
consentire che una quota del capitale
sociale, anche minoritaria, possa essere
alienata a soggetti privati;
b) il Consiglio di Amministrazione della
Società non deve avere rilevanti poteri
gestionali e all’Ente pubblico controllante
deve essere consentito esercitare poteri
maggiori rispetto a quelli che il diritto
societario riconosce normalmente alla
maggioranza sociale;
c) l’impresa non deve avere acquisito una
vocazione commerciale che rende precario il
controllo dell’Ente pubblico e che risulta
tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto
sociale; dall’apertura obbligatoria della
società, a breve termine, ad altri capitali;
dall’espansione territoriale dell’attività
della Società a tutta l’Italia e all’estero;
d) le decisioni più importanti devono essere
sottoposte al vaglio preventivo dell’Ente
affidante.
Ne consegue che l’in house esclude la
terzietà in quanto l’affidamento avviene a
favore di un soggetto il quale –pur dotato
di autonoma personalità giuridica– si trova
in condizioni di soggezione nei confronti
dell’Ente affidante, che è in grado di
determinarne le scelte esercitando
un’influenza dominante (Consiglio di Stato,
adunanza plenaria – 03/03/2008 n. 1)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.10.2008 n. 1440 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier CONSIGLIERI COMUNALI |
URBANISTICA: Le
conseguenze della violazione dell'obbligo di
astensione -da parte di consiglieri
comunali- dalla votazione di piani
urbanistici e/o attuativi comporta non
l’annullamento in toto dello strumento
urbanistico, ma l’annullamento delle sole
parti dello strumento urbanistico che
costituiscono oggetto di correlazione con
gli specifici interessi dei consiglieri
comunali.
Se è pur vero che, secondo un consolidato
orientamento degli organi di giustizia
amministrativa, i consiglieri comunali che
siano portatori di interessi personali che
possano determinare posizioni di
conflittualità in ordine alle decisioni da
assumere sono tenuti ad astenersi dalle
relative deliberazioni e ad allontanarsi
dall’aula (cfr. per tutti Cons. St., IV,
03.09.2001, n. 4622, e V, 23.02.2001, n.
1938), e ciò anche nell’ipotesi di parentela
con l’amministratore di una persona
giuridica (Cons. St., IV, 30.01.2001, n.
313), deve pur tuttavia evidenziarsi che
sulla questione relativa all’obbligo di
astensione in sede di pianificazione
urbanistica è intervenuta nelle more del
giudizio la L. 03.08.1999, n. 265, che
all’art. 19 (oggi trasfuso nell’art. 78 del
decreto legislativo 18.08.2000, n. 267), ha
legislativamente tipicizzato le conseguenze
della violazione di tale obbligo di
astensione nell’ipotesi di provvedimenti di
carattere generale quali i piani
urbanistici, individuandole non
nell’annullamento in toto dello strumento
urbanistico, ma nell’annullamento delle sole
parti dello strumento urbanistico che
costituiscono oggetto di correlazione con
gli specifici interessi dei consiglieri
comunali.
In altri termini, la norma sopravvenuta
viene oggi nella sostanza a limitare il
potere di annullamento di questo Tribunale
in relazione alla violazione dell’obbligo di
astensione, nel senso cioè che il vizio in
parola incide solo parzialmente sull’atto
assunto in violazione di tale obbligo, per
cui può allo stato eventualmente disporsi
l’annullamento solo parziale del piano,
relativo cioè alle sole parti dello
strumento urbanistico oggetto di
correlazione con gli interessi dei
consiglieri comunali.
Se tale è la conseguenza nell’ipotesi in cui
il vizio dedotto sia fondato, sembra alla
Sezione che, con riferimento a tale
possibile effetto, i ricorrenti avrebbero
necessariamente dovuto dimostrare di trarre
una qualche utilità da tale annullamento,
pena l’inammissibilità del motivo (TAR
Abruzzo, Pescara, 22.02.2002 n. 271). Ne
consegue che il ricorrente, per dimostrare
il proprio interesse all’impugnazione, deve
dedurre in qualche modo che le previsioni
urbanistiche che lo riguardino siano
collegate a quelle da lui contestate (TAR
Piemonte sez. I, 08-03-2006, n. 1157), ed in
quale modo sia rilevante, per la sfera
giuridica del ricorrente, la futura
rinnovazione parziale della programmazione
del territorio comunale (TAR Sardegna, sez.
II, 25.03.2005 n. 431) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 26.09.2008 n. 4275 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA: Il
decorso dei 30 gg. dalla data di
presentazione della d.i.a. non impedisce -al
Comune- l'esercizio del suo ordinario potere
sanzionatorio-repressivo per ogni
trasformazione edilizia contrastante con la
disciplina urbanistica.
Nel procedimento di denuncia di inizio di
attività, disciplinato dall'art. 23 T.U.
06.06.2001 n. 380, la scadenza del termine
perentorio di trenta giorni preclude
all'Autorità comunale competente l'esercizio
del suo potere di controllo a fini inibitori
(previsto dal comma 6, in relazione al comma
1), ma non impedisce l'esercizio del suo
ordinario potere sanzionatorio-repressivo
per ogni trasformazione edilizia
contrastante con la disciplina urbanistica.
Rimane pertanto impregiudicato il
potere-dovere del Comune e dell'Autorità
giudiziaria di intervenire sul piano
sanzionatorio nel caso in cui l'intervento
realizzato a seguito della presentazione
della denuncia di inizio di attività,
risulti sottoposto a permesso di costruire
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1822 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier D.U.R.C. |
APPALTI:
DURC,
Le
Amministrazioni procedenti non possono
legittimamente arrestarsi alla presa d’atto
del responso fornito dall’agenzia delle
entrate, bensì devono effettuare un’autonoma
istruttoria circa i caratteri della
irregolarità tributaria.
Ciascuna impresa che abbia in corso un
procedimento di accertamento tributario non
può dichiarare di essere in regola, ma deve
manifestare fin dall’inizio l’esistenza di
tale situazione, alla cui valutazione
provvederà l’Autorità destinataria della
dichiarazione medesima.
Le imprese che
intendano partecipare alle pubbliche gare
d’appalto hanno l’onere, allorché rendono le
autodichiarazioni previste dalla legge o dal
bando, di rendersi particolarmente diligenti
nel verificare preliminarmente (attraverso
la documentazione in loro possesso o anche
accedendo ai dati dei competenti uffici) che
tali autodichiarazioni siano veritiere. La
falsa o incompleta attestazione dei
requisiti di partecipazione ha rilevanza
oggettiva, sicché il relativo inadempimento
non tollera ulteriori indagini da parte
dell’Amministrazione in ordine all’elemento
psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta
a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla
gravità della violazione (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, 17.04.2003 n. 2081; Id., 09.12.2002
n. 6768).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di
regolarità fiscale, deve perciò
distinguersi. E’ illegittima l’esclusione
quando l'impresa abbia tempestivamente
impugnato, prima della pubblicazione del
bando, la richiesta di pagamento di tributi
che ritiene non dovuti, ma a diversa
conclusione si perviene nel caso in cui
l’impresa abbia dichiarato espressamente,
nella domanda di partecipazione, di essere
in regola con i doveri fiscali, nonostante
l’effettiva presenza di contenziosi
pendenti: in tal caso infatti la
dichiarazione, a pena di esclusione, deve
essere completa dell’indicazione di detto
contenzioso (in questo senso Cons. Giust.
Amm. Sicilia, 28.07.2006 n. 470; TAR Puglia,
Bari, sez. prima, 12.06.2008, n. 1479).
Le Amministrazioni procedenti non possono
legittimamente arrestarsi alla presa d’atto
del responso fornito dall’agenzia delle
entrate, bensì devono effettuare un’autonoma
istruttoria circa i caratteri della
irregolarità tributaria. Tale attività di
verifica ed apprezzamento, da svolgersi in
contraddittorio con l’impresa interessata,
non può essere surrogata dalle attestazioni
del soggetto impositore al quale compete
solo di attestare l’esistenza e l’entità del
rapporto debitorio. Del pari, spetta al
giudice amministrativo il sindacato sulla
motivazione addotta dalla stazione
appaltante, all’atto dell’esclusione dalla
gara, circa la ricorrenza dei presupposti e
definitività delle pendenze tributarie
(condivisibile, in tal senso, Cons. Stato,
Sez. IV, 20.09.2005 n. 4817, riferita
all’art. 75 del previgente regolamento sui
lavori pubblici)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I.
sentenza 24.10.2008 n. 2373 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: DURC,
sulle violazioni gravi in materia
previdenziale ed assistenziale.
L'art. 38, comma 1, lett. i), del codice dei
contratti pubblici, secondo cui sono escluse
dalla partecipazione alle procedure di gara
e dalla stipula dei relativi contratti i
soggetti che "che hanno commesso
violazioni gravi, definitivamente accertate,
alle norme in materia di contributi
previdenziali e assistenziali, secondo la
legislazione italiana o dello Stato in cui
sono stabiliti", nel richiedere il
presupposto della gravità delle violazioni
ed il loro definitivo accertamento
stabilisce, in via generale ed in linea con
l’orientamento comunitario (vd. Corte di
Giustizia CE, I, 09.02.2006, C-226/04 e
C-228/04), che l'inadempimento contributivo
può essere considerato causa di esclusione
solo ove sia grave e definitivamente
accertato (in termini Cons. St., VI,
27.02.2008 n. 716)
(TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 22.10.2008 n. 537 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier TELEFONIA MOBILE |
EDILIZIA PRIVATA: Per
gli impianti di radio-telecomunicazione vige
l'autorizzazione unica di cui all’art. 87
del d.lgs. n. 259/2003, la quale assorbe la
verifica della compatibilità
urbanistico-edilizia dell’intervento.
Vige il principio dell’autorizzazione unica
in materia di impianti di
radio–telecomunicazioni di cui all’art. 87
del d.lgs. n. 259/2003, la quale assorbe la
verifica della compatibilità
urbanistico-edilizia dell’intervento (TAR
Piemonte, Sez. I, ord. n. 530/2008 del
14/06/2008; Consiglio di Stato, Sez. VI,
27.10.2006, n. 6439).
Recente giurisprudenza ha affermato che il
permesso di costruire stazioni radio base
per la telefonia mobile è sostituito
dall’autorizzazione unica di cui al citato
art. 87 “in quanto rilasciata a seguito
di un procedimento unico che assorbe la
verifica della compatibilità urbanistica
dell’intervento” (TAR Calabria–Reggio
Calabria, 14.01.2008, n. 19).
Il Consiglio di Stato ha delimitato il
potere localizzativo dei Comuni, agli ambiti
circoscritti dall’art. 8 della L. n.
36/2001, statuendo che “nel caso in cui
un Comune non abbia dettato la normativa
regolamentare di cui all’art. 8, comma 6, L.
22.02.2001 n. 36, in ordine alla
localizzazione nel proprio territorio di
impianti per telefonia mobile,
l’installazione di antenne o tralicci per
detti impianti è soggetta –sotto il profilo
urbanistico– ai principi di carattere
generale, che vedono tralicci ed antenne di
rilevanti dimensioni, da una parte,
valutabili come strutture edilizie soggette
a permesso di costruire (ora ad assenso
autorizzativo, assorbente rispetto a tale
permesso) non collocabili in zone di
rispetto, o comunque soggette a vincolo di
inedificabilità assoluta, ma che dall’altra
impongono di considerare tali manufatti –in
quanto parte di una rete di infrastrutture,
qualificate come opere di urbanizzazione
primaria, nonché in quanto impianti
tecnologici e volumi tecnici– compatibili
con qualsiasi destinazione di P.R.G. delle
aree interessate” (Consiglio di Stato,
Sez. VI - sentenza 21.04.2008 n. 1767 ).
Il Consiglio ha ribadito l’impossibilità dei
Comuni di introdurre attraverso l’esercizio
del delineato potere regolamentare, limiti
generalizzati alla localizzazione degli
impianti di telefonia mobile, poiché “la
concreta individuazione dei siti deve
avvenire in modo tale che la realizzazione
della rete assicuri la copertura del
servizio pubblico nell'intero territorio
comunale” (Consiglio di Stato, Sez. VI -
sentenza 19.05.2008 n. 2287) ritenuto,
pertanto, che il Comune intimato non possa
addurre a fondamento dell’impugnato diniego
una diposizione di PRG assolutamente
generica, non dettata nell’esercizio dello
specifico potere regolamentare di
localizzazione delle stazioni radio base ai
sensi dell’art. 8 della l. n. 36/2001 e
opinato altresì che dalla invocata norma di
piano non si desume in maniera espressa un
divieto di installazione, nella zona
urbanistica considerata, di impianti e
stazioni radio base di telefonia mobile,
divieto che pure sarebbe illegittimo al lume
della richiamata giurisprudenza
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 09.10.2008 n. 2538 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier
VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA:
L'autorizzazione paesaggistica va
motivata ancor più se è favorevole.
Il termine perentorio di sessanta giorni,
previsto dall’art. 82, IX comma del DPR n.
616/1977, nel testo modificato dal DL n.
312/1985 convertito con modificazioni dalla
legge n. 431/1985, si riferisce solo
all’adozione del provvedimento ministeriale
di annullamento di nulla osta paesistico, e
non anche alla successiva fase di
comunicazione o notificazione (cfr., da
ultimo, CdS, VI, 29.01.2008 n. 224;
29.03.2007 n. 1472). Così che è irrilevante
che la comunicazione dell’atto di
annullamento avvenga dopo la scadenza di
detto termine, trattandosi di incombente
esterno rispetto al perfezionamento
dell’iter procedurale relativo al controllo
ministeriale.
Il termine
perentorio di sessanta giorni per l’adozione
del provvedimento di annullamento inizia a
decorrere solo da quando la documentazione
perviene, completa, all’organo competente a
decidere (CdS, IV, 04.12.1998 n. 1734), che,
all’epoca dei fatti di causa, era il
Ministro, e non gli organi periferici
dell’Amministrazione dei beni culturali (CdS,
VI, 03.03.1994 n. 241). Sicché, se
competente è il Ministro (in difetto di
delega alla locale Soprintendenza), il
termine decorre da quando gli atti
pervengono al Ministro e non da quando
arrivano agli organi periferici (cfr., da
ultimo, CdS, VI, 29.01.2008 n. 224;
19.01.2007 n. 92).
L'esposizione delle ragioni su cui l'atto
amministrativo si fonda agevola la concreta
attuazione dei principi costituzionali di
trasparenza e buon andamento dell'azione
amministrativa (art. 97 Cost.) e che,
pertanto, per aversi la concreta “giustizia
nell'amministrazione” (art. 100 Cost.) vanno
motivati anche i provvedimenti positivi per
colui che ne chiede l’emanazione, come ben
può evincersi dall'art. 3 della legge
07.08.1990 n. 241 che di tali valori,
costantemente enunciati dalla giurisprudenza
amministrativa, costituisce esplicita
espressione di diritto positivo (cfr. sul
punto, ex multis, CdS, V, 17.10.1995 n.
1431). Nel caso di specie, invece, la
Provincia ha “ritenuto che il progettato
intervento….non rechi sostanzialmente
pregiudizio per la tutela dell’ambiente”,
conseguentemente autorizzandolo: si tratta,
com’è evidente, di mera clausola di stile
che non spiega minimamente come il
progettato intervento si inserisca nel
contesto ambientale tutelato senza
pregiudicarne i valori, tenuto conto, in
particolare, che un progetto sostanzialmente
identico era già stato precedentemente
annullato dal Ministero perché contrastante
con la morfologia delle costruzioni
esistenti sul territorio (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.10.2008 n.
3265 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al
n. 44 del 28.10.2008, "Piano Regionale
Stralcio di bonifica delle aree contaminate
indicante le priorità di intervento, a
seguito di Valutazione Ambientale, sui siti
contaminati presenti sul territorio
regionale (art. 245, c. 3, d.lgs. n.
152/2006)"
(deliberazione
C.R. 30.09.2008 n. 701 - link
a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 44
del 28.10.2008, "Valorizzazione del
patrimonio culturale immateriale"
(L.R.
23.10.2008 n. 27 - link
a www.infopoint.it). |
URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 44
del 27.10.2008, "Costituzione
dell'Osservatorio permanente della
programmazione territoriale, articolo 5
della legge regionale 11.03.2005, n. 12
(Legge per il governo del territorio)"
(deliberazione
C.R. 30.09.2008 n. 703 - link
a www.infopoint.it). |
DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere alla città di Anagni in merito alla
nomina del medico competente ai
sensi del D.Lgs. 09.04.2008, n. 81 e art. 76
D.L. 25.06.2008, n. 112
(parere
UPPA 29.09.2008 n. 52/2008 - link
a www.innovazionepa.gov.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere all'ufficio per la formazione del
personale delle pubbliche amministrazioni in
merito agli incarichi
individuali conferiti dalle pubbliche
amministrazioni ai sensi dell'art. 7, comma
6, del D.Lgs 30.03.2001, n. 165
(parere
UPPA 14.10.2008 n. 51/2008 - link
a www.innovazionepa.gov.it). |
ENTI LOCALI:
Parere alla Asl della provincia di
Alessandria in merito alla
responsabilità amministrativa degli
amministratori per i rischi derivanti
dall'espletamento dei compiti istituzionali
connessi con la carica
(parere
UPPA 16.10.2008 n. 50/2008 - link
a www.innovazionepa.gov.it). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal comune di Potenza
in materia di "Trattamento economico
spettante agli amministratori locali"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Basilicata,
parere
15.10.2008 n. 79
- link
a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Parere
richiesto dal Comune di Viù (TO)
in materia di trasformazione a tempo
pieno di un contratto di lavoro a tempo
parziale
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere
14.10.2008 n. 28
- link
a www.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Parere richiesto dalla Regione Piemonte
in materia di incarichi esterni
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere
14.10.2008 n. 27
- link
a www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere richiesto dalla Provincia di Cuneo
in materia di stabilizzazione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere
14.10.2008 n. 25
- link
a www.corteconti.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO: Pensione
ed esonero nel pubblico impiego.
I dipendenti pubblici (tranne il personale
della scuola) con 35 anni di anzianità di
servizio, per gli anni 2009-2011 può
ottenere un esonero, cioè una sospensione
del rapporto di lavoro, di durata variabile,
fino ad un massimo di cinque anni e
percepire un trattamento economico
temporaneo pari al 50% di quello goduto per
competenze fisse ed accessorie, e maturare i
contributi in misura intera.
Se il dipendente svolge in modo continuativo
ed esclusivo attività di volontariato
opportunamente documentata, la misura del
trattamento economico temporaneo è elevata
al 70%. La richiesta di esonero deve essere
presentata entro il 1° marzo di ciascun anno
(a condizione che entro l'anno solare sia
raggiunto il requisito minimo di anzianità
contributiva) e non è revocabile. L'esonero
non consente l'instaurazione di rapporti di
lavoro dipendente con soggetti privati o
pubblici. Durante tale periodo il dipendente
può svolgere prestazioni di lavoro autonomo
con carattere di occasionalità,
continuatività e professionalità, purché non
a favore di amministrazioni pubbliche o di
società e consorzi dalle stesse partecipati.
Circa il trattenimento in servizio, la nuova
normativa distingue una fase transitoria da
una a regime. La differenza rispetto alla
precedente normativa (art. 16 decreto
legislativo 503/1992) è nella facoltà
attribuita all'amministrazione di avvalersi
o no del dipendente anche dopo che abbia
maturato il diritto di andare in pensione.
Sulla risoluzione del rapporto di lavoro le
norme sono immediatamente applicabili e
l'amministrazione pubblica è tenuta a
rispettare il preavviso di 6 mesi dopo che
il dipendente abbia raggiunto l'anzianità
contributiva di 40 anni
(link
a www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI SERVIZI:
IL SUBAPPALTO DI SERVIZI E FORNITURE
(link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
R. Invernizzi, LE
INTEGRAZIONI APPORTATE ALL’ISTITUTO
DELL’AVVALIMENTO DAL “TERZO CORRETTIVO” AL
CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
(link
a www.federalismi.it). |
ENTI LOCALI:
F. Marcellino,
Depurazione e fognatura: se non vi è il
servizio la tariffa non si paga - E le somme
indebitamente versate? (link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
M. Porfilio,
Genesi del risarcimento da lesione di
interesse legittimo ed il risarcimento in
forma specifica in subiecta materia
(link
a www.diritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L. Perlini,
Tutela avverso possibili limitazioni dei
diritti di veduta (art. 907 C.C.)
(link
a www.diritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
B. Zirillo,
La validità degli atti amministrativi
dipende anche dalla sottoscrizione
(link
a www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
F. M. Nurra,
I connotati del controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi
nell’affidamento diretto del servizio di
raccolta dei rifiuti ad una società a totale
capitale pubblico (nota a TAR Sardegna -
Sez. I - sentenza 12.08.2008 n. 1721)
(link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
L. Olmi,
L’istituto dell’avvalimento alla luce del
nuovo codice dei contratti pubblici
(link
a www.diritto.it). |
ENTI LOCALI:
A. Bruno,
Il Segretario generale: funzioni,
costituzionalità del sistema dello spoil
system, mantenimento della figura dopo la
riforma del titolo V della Costituzione
(link
a www.diritto.it). |
INCARICHI PROGETTAZIONE:
V. Latorraca,
Nota alla sentenza TAR Milano, Sez. I,
28.07.2008 n. 3091 in materia di requisiti
di partecipazione dei componenti di un
R.T.P. relativamente ad un appalto di
servizi attinenti l’architettura e
l’ingegneria (progettazione) (link
a www.diritto.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
L’articolo 118, al comma 11, definisce
subappalto “qualsiasi contratto avente ad
oggetto attività ovunque espletate che
richiedono l'impiego di manodopera, quali le
forniture con posa in opera e i noli a
caldo, se singolarmente di importo superiore
al 2 per cento dell'importo delle
prestazioni affidate o di importo superiore
a 100.000 euro e qualora l'incidenza del
costo della manodopera e del personale sia
superiore al 50 per cento dell'importo del
contratto da affidare.”
Dal combinato disposto del secondo e ottavo
comma dell’articolo 118 si evince che, per
avvalersi del subappalto, l’appaltatore deve
dichiarare l’intenzione di subappaltare e
presentare alla stazione appaltante apposita
istanza; entro trenta giorni dalla
presentazione dell’istanza la stazione
appaltante provvede all’autorizzazione,
trascorso tale lasso temporale
l’autorizzazione si intende concessa.
Il medesimo comma 8 prescrive altresì che
per i subappalti di importo inferiore al due
per cento dell’importo delle prestazioni
affidate o di importo inferiore a 100.000
euro, i termini per il rilascio
dell’autorizzazione sono dimezzati.
Il combinato disposto del comma 8 e del
comma 11 dell’articolo 118 ha creato
difficoltà interpretative dal momento che da
un lato si considerano subappalti solo i
subcontratti di importo superiore al 2 per
cento o a 100.000 euro mentre dall’altro si
estende la nozione di subappalto anche ai
subcontratti di importo inferiore al 2 per
cento dell’importo dei lavori affidati o di
importo inferiore a 100.000 euro.
L’Autorità si è pronunciata sull’argomento
nella determinazione n. 6 del 27.02.2003
sostenendo che il comma 12 dell’articolo 18
della legge n. 55/1990, ora trasfuso nel
comma 11 dell’articolo 118, riguardi i
cosiddetti “contratti similari (cioè
quei sub-affidamenti relativi a prestazioni
che non sono lavori ma prevedono l’impiego
di mano d’opera, come nel caso della
fornitura con posa in opera e dei noli a
caldo), in relazione ai quali vengono
stabilite le soglie economiche per
considerarli equiparati ai subappalti di
lavori ed assoggettarli –conseguentemente–
alla medesima disciplina”.
Pertanto, l’Autorità ha ritenuto che “devono
essere soggetti al regime di autorizzazione
tutti i subappalti di lavori, senza alcun
discrimine in ordine all’entità percentuale
dell’importo o della manodopera, se non
inteso come circoscritto all’abbreviazione
dei tempi connessi agli adempimenti di
competenza della stazione appaltante”.
Nella medesima determinazione l’Autorità ha
anche precisato che per i subaffidamenti di
importo inferiore al due per cento o ai
100.000 euro deve comunque essere assicurato
il rispetto dei principi o generali che
regolano la materia e che spetta alla
stazione appaltante il diritto-dovere di
esercitare i poteri conferiti dalla legge,
in relazione ad alcuni limiti nel ricorso ai
subcontratti (tra cui quelli inerenti le
forniture con posa in opera ed i noli a
caldo).
Nel caso di specie, la società LA PORTA 2000
s.r.l. non ha dichiarato l’intenzione di
subappaltare la posa in opera delle
pellicole per vetri, pur non essendo in
possesso delle caratteristiche tecniche
previste dal capitolato speciale d’appalto.
Tuttavia, essa ha dichiarato di aver
provveduto ad affidare tale attività ad una
ditta titolare di quelle caratteristiche
tecniche, adducendo che, in ogni caso, tale
subaffidamento è di importo inferiore al due
per cento dell’importo contrattuale.
A garanzia del rispetto dei principi in
materia di contratti pubblici, la stazione
appaltante deve provvedere in sede di gara
ad accertare la capacità dell’impresa ad
eseguire le prestazioni tecniche previste
nel contratto e, conseguentemente, valutare
se l’eventuale carenza di specifiche
caratteristiche prestazionali richieste dal
contratto venga poi colmata con
subaffidamenti, non dichiarati, da parte
dell’aggiudicataria.
Appare pertanto non conforme alla disciplina
di cui all’articolo 118 la mancata
dichiarazione da parte dell’impresa di
procedere a sub affidare l’attività di posa
in opera delle pellicole, che seppure di
valore inferiore al due per cento
dell’importo contrattuale, sarebbe comunque
soggetto ad un procedimento autorizzatorio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, di comunicare alle Parti
interessate la non conformità
dell’aggiudicazione effettuata dal Comune di
Todi nei confronti della società LA PORTA
2000 s.r.l. (parere
31.07.2008 n. 209 - link
a massimario.avlp.it). |
APPALTI FORNITURE:
Ritenuto in diritto:
Come evidenziato dal CUT e riportato in
narrativa, la documentazione amministrativa
per la partecipazione alla procedura in
esame per l’affidamento del contratto di
fornitura gasolio ad uso autotrazione, trova
elencazione all’art. 11 del Capitolato
speciale. Tra i documenti, al punto 8),
viene richiesta la “copia licenza UTIF
per l’esercizio del deposito commerciale
olii minerali, in particolare gasolio e
biodisel, con evidenza della consistenza
dell’impianto. La suddetta licenza dovrà
essere posseduta da ogni singola impresa in
caso di ATI o Consorzio, costituiti o
costituendi”.
Pertanto, secondo quanto richiesto
chiaramente dal Capitolato speciale, la
licenza UTIF che i partecipanti alla gara
sono chiamati a produrre deve riferirsi sia
al deposito gasolio, sia al biodisel. Detto
requisito, che, peraltro, non è stato
oggetto di contestazione da parte delle
ditte concorrenti in sede di partecipazione,
non sembra risultare poco chiaro nella
dicitura, ovvero indurre in errore i
concorrenti. Le ditte, subordinatamente
anche al possesso o meno della licenza per
l’esercizio del deposito commerciale di
gasolio e biodisel, sono state, pertanto,
chiamate a valutare la possibilità di
partecipare o meno alla procedura di gara in
questione.
Ha agito, dunque, correttamente la
Commissione di gara la quale, allorché ha
riscontrato che la licenza UTIF della
Natalizia Petroli S.r.l. riportava il
riferimento al solo gasolio e non anche al
biodisel, ha richiesto chiarimenti in
merito. La ditta, in riscontro a detti
chiarimenti, ha confermato di avere la
licenza per il solo gasolio, ed ha
giustificato la propria partecipazione sulla
base della considerazione che la licenza è
idonea allo stoccaggio di gasolio miscelato
con biodisel al 5%, che viene prelevato
dalla raffineria di origine miscelato. La
Commissione di gara ha ritenuto detta
giustificazione esauriente, posto che
l’oggetto della fornitura è gasolio
miscelato con biodisel al 5% ed in
considerazione del comma 3 dell’art. 42 del
D.Lgs. n. 163/2006. Questa volta l’operato
della Commissione di gara non sembra essere
conforme ai noti principi della normativa di
settore, in accordo ai quali la Commissione
di gara non può disattendere o disapplicare
la lex specialis di gara (cfr., fra le
tante, Cons. Stato, Sez. VI, 01.10.2003, n.
5712; 02.11.1998, n. 1485). In caso
contrario si determinerebbe una violazione
della par condicio di gara, poiché le ditte
che non hanno partecipato alla gara, in
quanto prive di quel requisito di gara
previsto, si vedrebbero lese dalle ditte
che, pur non avendo il requisito, hanno
preso comunque parte alla gara.
Inoltre il comma 3 dell’art. 42 del D.Lgs.
n. 163/2006 citato dalla Commissione di
gara, a giustificazione dell’ammissione
della Natalizia Petroli S.r.l., appare
inconferente, riferendosi la norma al
momento di stesura della documentazione di
gara, allorché la stazione appaltante fissa
i requisiti di partecipazione e si auto
vincola agli stessi. Questi ultimi, una
volta che sono stati definiti ed indicati
nella documentazione di gara, sono
cristallizzati e risultano discriminanti per
le imprese ai fini della loro partecipazione
o meno alla procedura di gara.
Va ancora osservato come la Commissione di
gara, quando si trovi innanzi ad incertezze
interpretative, potrà applicare la regola
del favor partecipationis solo qualora vi
siano previsioni della lex specialis di gara
poco chiare, sempre nel rispetto dei
principi di certezza del diritto, di par
condicio dei concorrenti e di trasparenza
amministrativa. Per cui, secondo
l’orientamento giurisprudenziale
consolidato, va preclusa alla stazione
appaltante e alla Commissione di gara
qualsiasi esegesi del testo di gara, se essa
non sia giustificata da una obiettiva
incertezza del significato e non si basi su
un procedimento ermeneutico, che conduca
all’integrazione delle regole di gara,
palesando significati del bando non
chiaramente desumibili dalla lettura della
sua originaria formulazione.
Nel caso di specie, la previsione del
requisito di partecipazione della licenza di
gasolio “e” biodisel con la congiunzione
copulativa “e” individua una doppia
casistica, che deve intendersi cumulativa,
tale per cui le ditte che non posseggono
contemporaneamente la licenza di biodisel e
di gasolio non possono partecipare alla gara
in esame.
Pertanto, la rielaborazione operata dalla
Commissione di gara, al fine di ammettere la
Natalizia Petroli S.r.l. non sembra essere
condivisibile in quanto non può, in questo
caso, essere invocato il principio del favor
partecipationis, essendo la clausola non
equivoca ovvero fonte di incertezze
interpretative.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, che l’operato
della Commissione di gara non risulti essere
conforme alla normativa vigente di settore,
in quanto l’impresa Natalizia Petroli S.r.l
non sarebbe dovuta essere ammessa al
prosieguo della gara, stanti i requisiti
previsti dalla lex specialis di gara (parere
31.07.2008 n. 208 - link
a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
L’Autorità con determinazione n. 8/2002 e
con pareri n. 122/2007 e n. 150/2008, ha
chiarito che il principio dell’assorbenza
fra categorie generali e categorie
specializzate trova applicazione
esclusivamente in riferimento alla OG11, nel
senso che, ove nel bando sia richiesta la
qualificazione di cui alle categorie di
opere specializzate OS3, OS30, OS28 è
consentita la partecipazione anche delle
imprese qualificate in categoria OG11. Ciò
in quanto detta categoria generale è in
effetti la sommatoria di categorie speciali
e pertanto sussiste la presunzione che un
soggetto qualificato in OG11 sia in grado di
svolgere mediamente tutte le lavorazioni
speciali contenute in questa categoria
generale (TAR Brescia 26.10.2006 n. 1349).
Tuttavia, la qualificazione per la categoria
di opere generali OG11 assorbe quella per la
categoria di opere speciali, solo nel caso
in cui la disciplina speciale della singola
gara non rechi alcuna clausola in contrario.
Nel caso in esame, il bando contiene chiara
ed esplicita previsione che il requisito
delle categorie specialistiche OS28 e OS30
non può essere soddisfatto con l’iscrizione
alla categoria OG11.
Per quanto sopra riportato, l’impresa
Co.Fa.M. s.r.l., in possesso di
qualificazione nella categoria OG11, non può
partecipare all’appalto in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che laddove la
disciplina di gara rechi specifica clausola,
non può essere applicato il principio di
assorbenza della categoria OG11 con le
categorie specializzate previste nel bando
di gara (parere
31.07.2008 n. 207 - link
a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
ATTI AMMINISTRATIVI: Sull'accesso
agli atti e sulla salvaguardia o meno del
diritto alla riservatezza.
Il diritto alla riservatezza non può essere
invocato quando la richiesta di accesso ha
per oggetto il nome di coloro che hanno reso
segnalazioni, denunce o rapporti informativi
nell’ambito di un procedimento ispettivo
(cfr., Cons. Stato Sez. V, 27.05.2008 n.
2511; Sez. VI, 23.10.2007 n. 5569; Sez. VI,
25.06.2007 n. 3601; Sez. VI, 12.04.2007, n.
1699; Sez. V, 22.06.1998 n. 923; Ad. Plen.
04.02.1997 n. 5).
In linea generale va premesso che il
rapporto tra diritto di accesso e diritto
alla riservatezza è stato risolto
direttamente dal legislatore grazie al vasto
intervento riformatore operato dal Codice
dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003),
dalla Legge n. 15/2005 (recante la novella
alla Legge n. 241/1990) e dal D.P.R. n.
184/2006, che hanno, nella sostanza ed in
estrema sintesi, cristallizzato gli approdi
cui era giunta la giurisprudenza del
Consiglio di Stato (in particolare Ad. Plen.
n. 5 del 1997), avanzando in ogni caso la
soglia di tutela dell'accesso.
In particolare l'art. 59, del Codice dati
personali, fatta salva l'applicazione della
disciplina derogatoria sancita dal
successivo art. 60 per i dati idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale, ha demandato interamente alla
Legge n. 241 del 1990 la regolamentazione
del rapporto accesso-privacy anche per ciò
che concerne i dati sensibili e giudiziari.
L'art. 24 della Legge n. 241 del 1990, nel
testo novellato, al comma 7 recita che “deve
comunque essere garantito ai richiedenti
l'accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici. Nel
caso di documenti contenenti dati sensibili
e giudiziari, l'accesso è consentito nei
limiti in sia strettamente indispensabile e
nei termini previsti dall'art. 60 del
decreto legislativo 30.06.2003, n. 196, in
caso di dati idonei a rivelare lo stato di
salute e la vita sessuale”
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 29.10.2008 n. 1469 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
competenza o meno di un geometra a
progettare un Piano di Recupero.
In linea generale, la redazione di un piano
di lottizzazione (e, in genere, di uno
strumento di programmazione urbanistica)
costituisce attività che richiede una
competenza specifica in tale settore
attraverso una visione di insieme e la
capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del Geometra, così come definita dall'art.
16 del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 03.09.2001 n. 4620; Sez. IV,
09.11.1989 n. 765).
Nel caso specifico va tuttavia osservato che
il Piano di recupero in oggetto assume solo
la connotazione formale di un Piano
urbanistico attuativo poiché, nella
sostanza, presenta contenuti esclusivamente
edilizi che riguardano la ristrutturazione
(mediante demolizione e ricostruzione) di un
edificio esistente. Non sono invece
coinvolti aspetti pianificatori tipici della
programmazione urbanistica, come il raccordo
tra l’edificazione e le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, sia
esistenti che di progetto. Si tratta,
pertanto, di un Piano di recupero costituito
attraverso valutazioni ed elaborati tipici
di un permesso di costruire ed avente ad
oggetto un'opera di modesta entità che
rientra senz'altro nella competenza
professionale del Geometra
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 29.10.2008 n. 1466 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla illegittimità della scelta
del socio della costituenda società mista
mediante una forma di negoziazione diretta
da parte di un comune.
E' illegittimo il comportamento del Comune,
che contraddicendo alle prescrizioni che
esso stesso si era imposto, è venuto meno
all'obbligo di porre in essere la procedura
concorsuale, che aveva stabilito di
effettuare e ha proceduto alla scelta del
socio di minoranza della costituenda società
mista per la gestione dell'impianto di
metanizzazione, in base a valutazioni
eseguite liberamente senza la previa
fissazione di criteri selettivi. Il Comune,
nonostante tali presupposti, non ha posto in
essere alcun atto che potesse configurare la
preannunciata procedura concorsuale (con la
predisposizione di criteri di valutazione
dei concorrenti, la nomina di una
commissione, la valutazione concorrenziale
dei concorrenti, ed altro) ma ha individuato
direttamente, come socio della costituenda
società mista, una società, cioè, che già
aveva in gestione il servizio.
Il Comune era invece tenuto al rispetto di
tale obbligo, principalmente in
considerazione che una procedura concorsuale
era stata prevista per dare concretezza ai
principi informatori delle gare pubbliche
che sono principalmente quelli di
trasparenza, di concorrenzialità e di "par
condicio".
Ciò senza dire che la scelta del socio,
secondo principi divenuti ormai "ius
receptum", non si può sottrarre ai suddetti
principi di concorrenzialità e di par
condicio, sia che si tratti di società miste
di maggioranza che di società miste di
minoranza, indipendentemente dalla esistenza
di specifiche norme, essendo ormai
considerato immanente nell'ordinamento il
principio dell'evidenza pubblica ogni
qualvolta occorra individuare un operatore
privato al quale affidare attività per conto
e nell'interesse della pubblica
amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.10.2008 n. 5392 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità per le
cooperative sociali ONLUS senza fini di
lucro di partecipare alle gare pubbliche per
l'affidamento di un servizio.
La Corte di Giustizia con la sentenza
18/12/2007 (procedimento C-357/06) ha
dichiarato l'art. 113, c. 5, lett. a), del D. Lgs. 267/2000, nella parte cui in cui
riserva alle sole Società di capitali la
partecipazione alle procedure di gara
relative all'affidamento dei servizi
pubblici locali, contrario alle previsioni
del diritto comunitario e, come tale,
disapplicabile. Pertanto, nel caso di
specie, una cooperativa sociale ONLUS senza
fini di lucro è pienamente legittimata a
partecipare alle gare pubbliche per
l'affidamento del servizio rifiuti.
Le cooperative sociali ex L. 381/1991,
comprese quelle di tipo B che esercitano
attività commerciali, sono comunque
qualificate ONLUS e pertanto l'appartenenza
a tale categoria non rappresenta ex se un
ostacolo allo svolgimento di attività nel
settore economico della raccolta dei
rifiuti. Inoltre, il riconoscimento di
vantaggi sotto il profilo fiscale e
contributivo, nell'ottica di un favor
legislativo per le cooperative sociali, e
l'assenza di finalità di lucro non
precludono peraltro alle ONLUS di competere
nelle procedure per l'aggiudicazione degli
appalti pubblici (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.10.2008 n. 1440 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L'annullamento
del verbale di aggiudicazione
comporta che
nessun effetto può essere riconosciuto al
provvedimento invalido ed ai diritti
soggettivi dallo stesso attribuiti in quanto
sorti da un atto non conforme alle
condizioni prescritte dalla legge per la sua
operatività.
Il sopravvenuto
annullamento giurisdizionale del verbale di
aggiudicazione comporta che nessun effetto
può essere riconosciuto al provvedimento
invalido (ed agli atti presupposti ad
evidenza pubblica su cui era fondato) e ai
diritti soggettivi dallo stesso attribuiti
in quanto sorti da un atto non conforme alle
condizioni prescritte dalla legge per la sua
operatività (cfr. Corte di Cassazione, sez.
I civile – 27/03/2007 n. 7481; 15/04/2008 n.
9906). Applicando il principio al caso
analogo che ci occupa, l’atto di affidamento
permanente del servizio alla
controinteressata rappresenta l’atto
conclusivo del procedimento condotto per
conto degli Enti deleganti, ed il suo
sopravvenuto annullamento giurisdizionale
comporta che viene posto nel nulla l’intero
effetto-vicenda derivato, a cominciare dalla
susseguente convenzione che è priva di
autonomia propria. Quest’ultima, infatti, è
destinata a subire gli effetti del vizio che
inficia il provvedimento cui è
inscindibilmente collegata ed a restare
automaticamente ed immediatamente caducata,
senza necessità di pronunce costitutive del
suo cessato effetto o di atti di ritiro
dell’amministrazione (cfr. sentenze Sezione
15/03/2007 n. 263; 09/07/2007 n. 621;
30/08/2007 n. 833; 16/06/2008 n. 661;
04/07/2008 n. 803)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.10.2008 n. 1440 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La cauzione
provvisoria ha assunto, recentemente,
l’ulteriore funzione di garantire la
veridicità delle dichiarazioni fornite dalle
imprese, in sede di partecipazione alla
gara, circa il possesso dei requisiti
prescritti dal bando, così da garantire
l’affidabilità dell’offerta.
Nelle procedure
ad evidenza pubblica per la scelta del
contraente, la cauzione provvisoria che ha
tradizionalmente avuto la funzione di
garantire l’amministrazione per il caso in
cui l’affidatario dei lavori non si
prestasse poi a stipulare il relativo
contratto (v. l’art. 332 della L.
20.03.1865, n. 2248, allegato F; gli artt. 2
e 4 del D.P.R. 16.07.1962, n. 1063; l’art.
30, comma 1, della L. 11.02.1994, n. 109 e
successive modificazioni), ha assunto
recentemente l’ulteriore funzione di
garantire la veridicità delle dichiarazioni
fornite dalle imprese, in sede di
partecipazione alla gara, circa il possesso
dei requisiti prescritti dal bando, così da
garantire l’affidabilità dell’offerta, il
cui primo indice è rappresentato proprio
dalla correttezza e serietà del
comportamento del concorrente in relazione
agli obblighi derivanti dalla lex specialis
di gara, che refluisce sul regolare
svolgimento dell’intero procedimento di gara
(principio pacifico in giurisprudenza: cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 28.06.2004 n. 4789).
La cauzione provvisoria rappresenta, quindi,
salvo prova di maggior danno, una
liquidazione anticipata dei danni derivanti
all’amministrazione dall’inadempimento di
tale obbligo di serietà da parte del
concorrente. L’escussione della cauzione,
quindi, è conseguenza diretta ed automatica
del verificarsi del presupposto correlato
alla descritta funzione della cauzione, vale
a dire dell’inadempimento del partecipante,
senza bisogno che specifica norma di gara
disponga espressamente in tal senso (in
questo senso Cons. Stato, Sez. V, 30.10.2003
n. 6769).
Così, anche in vigenza dell’art. 48 del
D.Lgs. 12.04.2006 n. 163, l’escussione della
cauzione è possibile, ed anzi rappresenta
atto dovuto, quando le dichiarazioni rese
dall’aggiudicatario ai fini della
partecipazione alla gara non siano
confermate dal successivo riscontro della
relativa documentazione e l’Amministrazione
provveda, a norma della lex specialis, alla
esclusione dell’impresa ed all’annullamento
dell’eventuale aggiudicazione, i cui esiti
condizionano direttamente la (mancata)
stipula del contratto, risultando
indifferente la natura del requisito di
partecipazione falsamente dichiarato
(TAR Puglia-Bari, Sez. I.
sentenza 24.10.2008 n. 2373 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'omessa comunicazione della data
di apertura delle offerte vizia l'intera
procedura.
Per consolidato orientamento
giurisprudenziale (cfr. ex multis, Cons.
Stato, Sez. V, n. 867/2003 e 5823/2003; TAR
Campania, Napoli, n. 448/2008; TAR Sicilia,
Palermo, 741/2006; TAR Calabria, Catanzaro,
n. 1701/2004; TAR Marche n. 330/2003; TAR
Piemonte n. 532/2003), condiviso
dall'odierno Collegio, il principio di
pubblicità delle operazioni di gara deve
necessariamente connotare la seduta fissata
per l'apertura delle buste contenenti le
offerte dei partecipanti alla gara stessa.
Di conseguenza, è obbligo del seggio di gara
garantire ai concorrenti l'effettiva
possibilità di presenziare allo svolgimento
delle operazioni di apertura dei plichi
pervenuti alla stazione appaltante. Tale
effettiva possibilità di partecipazione alla
seduta del seggio di gara costituisce
garanzia posta a tutela, nel contempo,
dell'interesse pubblico e di quello dei
singoli partecipanti, i quali devono poter
assistere direttamente allo svolgimento
delle operazioni di verifica dell'integrità
dei plichi ed all'identificazione del loro
contenuto, e ciò a conferma della serietà
della procedura concorsuale.
Ne consegue che, anche in assenza di
specifiche previsioni della lex specialis,
la violazione del principio di pubblicità
indotta dalla mancata comunicazione ad uno o
più concorrenti della data di svolgimento
delle operazioni di apertura dei plichi
contenenti le offerte costituisce vizio
insanabile della procedura, il quale si
ripercuote sul provvedimento finale di
aggiudicazione, invalidandolo, anche ove non
sia comprovata l'effettiva lesione sofferta
dai concorrenti, trattandosi, come si è
detto, di adempimento posto a tutela non
solo della parità di trattamento tra gli
stessi, ma anche dell'interesse pubblico
alla trasparenza ed all'imparzialità
dell'azione amministrativa, le cui
conseguenze negative sono difficilmente
apprezzabili ex post (cfr. in termini, Cons.
Stato, Sez. V, n. 1445/2006; TAR Basilicata
Potenza, Sez. I, n. 72/2008).
A diversa conclusione non può pervenirsi per
la circostanza che l'attività di apertura
dei plichi sia stata comunque verbalizzata.
La giurisprudenza amministrativa ha,
infatti, avvertito (cfr. Cons. Stato, Sez,
V, n. 3166/2005 e TAR Sicilia, Palermo, n.
741/2006 cit.) che la verbalizzazione e la
pubblicità delle sedute di gara sono
adempimenti procedurali distinti, che
rispondono a finalità diverse e come tali
non sono fungibili, ma complementari. La
prima opera su un piano probatorio, mentre
la seconda è la principale manifestazione
della trasparenza amministrativa e
costituisce un'essenziale garanzia
partecipativa dei concorrenti, la quale
contribuisce a qualificare un procedimento
di evidenza pubblica come "giusto" e
rispettoso della par condicio.
Va aggiunto, al riguardo, che la violazione
del principio di pubblicità delle operazioni
di gara non può essere sanato attraverso la
rinnovazione delle stesse, poiché si tratta
di fatti ed operazioni irripetibili, come
l'apertura dei plichi pervenuti
all'Amministrazione chiusi e sigillati (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2008 n. 1329 - link
a www.eius.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
vincolo cimiteriale.
La individuazione di fasce di
rispetto intorno ai cimiteri risale all’art.
338 del t.u.l.s. (R.D. n. 1265/1934) che,
nella sua formulazione originaria,
stabiliva, al primo comma, che i cimiteri
devono essere collocati alla distanza di
almeno duecento metri dai centri abitati, e
poneva, nello stesso, tempo, il divieto di
costruire intorno agli stessi nuovi edifici
e di ampliare quelli esistenti “entro il
raggio di duecento metri”.
Al Prefetto era attribuito il potere di
consentire la costruzione e l’ampliamento
dei cimiteri a distanza inferiore ai
duecento metri dai centri abitati quando, a
causa di speciali condizioni, non era
consentito provvedere altrimenti.
Inoltre, su motivata richiesta del Consiglio
comunale, non ostandovi ragioni igieniche,
lo stesso Prefetto poteva ridurre l’ampiezza
della zona di rispetto, delimitandone il
perimetro in relazione alla situazione dei
luoghi, entro il limite di 100 metri per i
Comuni con popolazione superiore ai 20.000
abitanti, e di 50 metri per gli altri
Comuni.
A sua volta il regolamento governativo di
polizia mortuaria approvato con D.P.R.
10.9.1990, n.285, nel disciplinare i piani
regolatori cimiteriali, all’art. 57
ribadisce che i cimiteri devono essere
isolati dall’abitato mediante la fascia di
rispetto prevista dall’art. 338 del t.u.l.s.
I commi 3 e 4 del precitato art. 57 del
d.p.r. n. 285 cit. sono stati abrogati per
effetto dell’art. 28 della legge 01.08.2002
n. 166, recante disposizioni in materia di
infrastrutture e di trasporti, che ha
rimodulato la disciplina statale sulle zone
limitrofe alle aree cimiteriali attraverso
la sostituzione dei commi 1, 4, 5, 6 e 7
dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il legislatore del 2002 ha precisato, con la
modifica dei commi quarto, quinto, sesto e
settimo del citato art.338 del R.D. n. 1265
del 1934, che “il consiglio comunale può
approvare, previo parere favorevole della
competente azienda sanitaria locale, la
costruzione di nuovi cimiteri o
l’ampliamento di quelli già esistenti ad una
distanza inferiore a 200 metri dal centro
abitato, purché non oltre il limite di 50
metri, quando ricorrano, anche
alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio
comunale che, per particolari condizioni
locali, non sia possibile prevedere
altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della
classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o
dislivelli naturali rilevanti, ovvero da
ponti o da impianti ferroviari”.
Inoltre, “per dare esecuzione ad un’opera
pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale
può consentire, previo parere favorevole
della competente azienda sanitaria locale,
la riduzione della zona di rispetto tenendo
conto degli elementi ambientali e di pregio
dell’area, autorizzando l’ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici, La riduzione di cui al
periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi
pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre…All’interno della
zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero
ovvero interventi funzionali all’utilizzo
dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento
nella percentuale massima del 10 per cento e
i cambi di destinazione d’uso, oltre a
quelli previsti dalle lettere a), b), c) e
d) del primo comma dell’articolo 31 della
legge 05.08.1978, n. 457”.
Tale essendo il quadro normativo di
riferimento, deve quindi osservarsi che la
normativa statale in materia si articola
attraverso disposizioni aventi duplice
valenza, in primo luogo nel porre limiti
all’attività edificatoria dei privati nelle
aree circostanti il perimetro dei cimiteri
ed inoltre nel garantire la osservanza, da
parte delle amministrazioni preposte, di
determinate distanze dai centri abitati atte
a delineare una fascia di rispetto nella
costruzione di nuovi cimiteri e/o
nell’ampliamento di quelli esistenti e per
altri interventi di pubblico interesse.
Con riferimento alla delimitazione delle
fasce di rispetto, a fronte della
determinazione ex lege di una distanza dei
cimiteri dai centri abitati di 200 metri,
come detto, è stato previsto il potere
eccezionale, prima in capo al prefetto, e
poi al consiglio comunale, di ridurre detto
limite sino a 50 metri, in funzione
dell’ampliamento dei cimiteri esistenti e/o
della costruzione di nuovi cimiteri, oppure,
in presenza di determinate circostanze di
rilievo pubblicistico, più dettagliatamente
definite con le modifiche apportate all’art.
338 t.u.l.s. dall’art. 28 della l.
n.166/2002, ossia per dare esecuzione ad
un’opera pubblica o all’attuazione di un
intervento urbanistico.
Per ciò che concerne in particolare
l’attività edificatoria dei privati in
prossimità dei cimiteri, la disciplina in
esame ha subito una modifica sostanziale in
quanto il divieto di costruire e di ampliare
edifici preesistenti “intorno ai cimiteri”,
definito nella fascia di 200 metri dalla
formulazione originaria dell’art. 338
t.u.l.s., ha subito una prima modifica nella
disciplina di cui all’art. 57, comma 3 del
regolamento di polizia mortuaria (d.p.r.
285/1990), che imponeva un esplicito divieto
di edificare “entro la fascia di rispetto”,
relativamente sia a nuovi edifici che
all’ampliamento di preesistenze.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 L.
n. 166/2002, sopra testualmente richiamato,
il limite all’edificabilità privata è stato
comunque fissato in 200 metri dal perimetro
dell’impianto cimiteriale, visto che il
primo comma dell’art. 338 del t.u.l.s.,
nella nuova formulazione, stabilisce che “è
vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi
edifici entro il raggio di duecento metri
dal perimetro dell’impianto cimiteriale,
quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi,
comunque quale esistente in fatto, salve le
deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura della norma si evince che il
limite all’edificabilità privata non è più
ancorato alla “fascia di rispetto”, che può
variare in relazione alle determinazioni
adottate dall’autorità Comunale, ma è
legislativamente fissata in ogni caso entro
il limite di 200 metri da calcolarsi dal
perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico delineato con
riferimento all’attività edilizia dei
privati è sicuramente coerente con la ratio
delle deroghe ed eccezioni previste dalle
legge al limite dei 200 metri, ammesse in
funzione dell’ampliamento dei cimiteri
esistenti o della costruzione di nuovi
cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui
l’Amministrazione comunale debba dare
esecuzione ad un’opera pubblica o
all’attuazione di un intervento urbanistico.
Si tratta in entrambi i casi di eccezioni
giustificate da esigenze pubblicistiche
correlate alla stessa edilizia cimiteriale,
oppure ad altri interventi pubblici purché
compatibili con le concorrenti ragioni di
tutela della zona (comma 5).
Che la deroga in oggetto sia limitata alle
sole “opere pubbliche e di interesse
pubblico” è poi stato recentemente acclarato
dal Consiglio di Stato, con sentenza sez. V,
29.03.2006, n. 1593.
Pertanto, non vi è motivo di dubitare della
ragionevolezza di una interpretazione che
svincola l’ambito di operatività del vincolo
cimiteriale di inedificabilità dalla
delimitazione “in concreto” delle fasce di
rispetto da parte del Comune, tenuto conto
del rilievo preminente di carattere igienico
sanitario del vincolo stesso che può
ammettere deroghe solo in presenza di
concorrenti ragioni pubblicistiche e
comunque compatibilmente con le esigenze
sottese all’esistenza del vincolo.
------------------
Il vincolo
cimiteriale impone un divieto assoluto di
edificazione (Cons. di Stato. sez. V,
22.06.1971, n. 606) e persegue una triplice
finalità: in primo luogo vuole assicurare
condizioni di igiene e di salubrità mediante
la conservazione di una “cintura sanitaria”
intorno allo stesso cimitero, in secondo
luogo garantire la tranquillità e il decoro
ai luoghi di sepoltura, in terzo luogo
consentire futuri ampliamenti del cimitero
(TAR Piemonte, sez. I, 02.02.1989, n. 111).
Si tratta di una limitazione legale della
proprietà a carattere assoluto, direttamente
incidente sui beni e non suscettibile di
deroghe di fatto, giacché riconducibile a
previsione generale, riguardante tutti i
cittadini, in quanto proprietari di beni che
si trovino in una determinata situazione, e
perciò individuabili a priori (Cass. civ.,
sez. I, 29.11.2006, n. 25364)
La natura assoluta del vincolo non si pone
in contraddizione con la possibilità che
nell’area indicata insistano delle
preesistenze, e/o che ad esse vengano
assegnate destinazioni compatibili con
l’esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I,
n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad
impedire l’ulteriore addensamento edilizio
dell’area giudicato ex lege incompatibile
con le prioritarie esigenze di tutela
igienico sanitaria e di tutela del culto
sottese alla imposizione del vincolo.
Come per tutte le zone soggette a vincoli di
rispetto, sono sempre ammessi, anche nella
zona di rispetto cimiteriale, gli interventi
di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’articolo 31,
lettere a), b), c) e d) della legge n.
457/1978, entro i limiti imposti dal vincolo
di inedificabilità, oltre i quali si è in
presenza di alternazioni di volumi e di
superfici (Cons. di stato. sez. V, n.
275/1989) possibili purché non incidano
negativamente sull’ambiente cimiteriale, in
quanto connaturati al diritto di proprietà
(TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 14.10.2008 n. 1141 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
S. Lazzini, Richiesta di parere
riguardante la possibilità di procedere alla
stipula di apposita polizza assicurativa per
responsabilità amministrativa patrimoniale
derivante da colpa lieve a favore dei propri
dirigenti e dei titolari di posizione
organizzativa, responsabili di procedimento
con il pagamento del relativo premio per il
50% a carico dell’Ente e per il 50% a carico
dell’assicurato.
La richiesta di parere concerne la corretta
interpretazione di una norma giuridica e,
specificatamente dell’art. 3, comma 59,
della legge n. 244 del 2007 (legge
finanziaria per il 2008) che, secondo un
condivisibile orientamento della
giurisprudenza contabile, introduce
importanti principi a tutela della sana e
corretta gestione finanziaria degli enti
locali (Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz.
Molise,
parere 14.10.208 n. 34 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI: Costituisce
dichiarazione non veritiera e, quindi,
legittima causa di esclusione dalla gara e
non aggiudicazione dell'appalto quella nella
quale l'impresa concorrente omette di
indicare, in sede di dichiarazione
concernente le eventuali sentenze penali
riportate, una sentenza patteggiata ai sensi
dell'art. 444 c.p.p., anche attinente ad un
reato estinto per decorso del termine
quinquennale di cui all'art. 445 c.p.p..
Non è irragionevole la clausola del bando di
gara d'appalto che per l'ammissione alla
gara richieda un fatturato relativo a
servizi analoghi svolti nell'ambito di un
triennio, il cui importo complessivo sia
almeno pari a quello dell'appalto, atteso
che detta clausola contempera
ragionevolmente l'esigenza della massima
partecipazione con quella dello svolgimento
del servizio da parte di un imprenditore in
possesso della necessaria esperienza
(Consiglio Stato, Sez. VI, 26.01.2007, n.
292; in terminis Tar Puglia-Bari, sez. I,
01.10.2002 n. 4133). Servizi analoghi sono
stati giudicati richiedibili da TAR
Campania-Napoli, sez. I, 05.05.2006, n.
3971. Si era anche statuito, nella
disciplina ante Codice, che “alla stregua
delle disposizioni dettate dagli art. 13 e
14, d.lg. 17.03.1995 n. 157, in tema di gare
per l'affidamento di appalti per lo
svolgimento di pubblici servizi, deve
ritenersi legittima la clausola del bando
con la quale l'Amministrazione, allo scopo
di ottenere la dimostrazione della capacità
economica, finanziaria e tecnica dei
partecipanti, limiti l'ammissione ai soli
concorrenti che abbiano svolto servizi
identici” (TAR Campania-Napoli, sez. II,
04.07.2003, n. 7987).
La non
veridicità della dichiarazione circa la
sussistenza di emergenze penali integra
infatti una autonoma causa di esclusione
dalla gara, a prescindere dalla valutazione
in ordine all’idoneità della condanna
riportata ad incidere la moralità
professionale dell’impresa. Il Consiglio di
Stato ha infatti di recente statuito che “l'esistenza
di false dichiarazioni sul possesso dei
requisiti, quali la mancata dichiarazione di
sentenze penali di condanna, si configura
come causa autonoma di esclusione dalla gara”
(Consiglio Stato, Sez. V, 12.04.2007, n.
1723; in terminis, anche Consiglio di Stato,
Sez. V, 06.06.2002, n. 3183).
Già in precedenza il Giudice d’appello aveva
ribadito la cogenza di siffatti principi,
affermando che “in sede di procedura di
gara d’appalto di opere pubbliche,
costituisce dichiarazione non veritiera, e
quindi legittima causa di esclusione dalla
gara e di non aggiudicazione dell’appalto,
quella nella quale l’impresa concorrente
omette di indicare, in sede di dichiarazione
concernente le eventuali sentenze penali
riportate, una sentenza patteggiata ai sensi
dell’art. 444 c.p.p.“ (Consiglio di
Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2004 n. 3466).
E' pacifico il principio per il quale la
valutazione di incidenza o meno della
fattispecie penale consumata, sulla moralità
professionale dell’impresa, pertiene
esclusivamente all’amministrazione,
rientrando nella sua discrezionalità
ritenere o meno sussistente siffatta
incidenza (Consiglio di Stato, V,
22.02.2007, n. 945).
Nelle pubbliche gare, come in ogni altro
settore dell’ordinamento, ai fini della
rilevanza della causa di estinzione del
reato ex art. 445 c.p.c. necessita
immancabilmente l’adozione del provvedimento
dichiarativo del giudice dell’esecuzione ex
art. 676 c.p.c., senza del quale non può ex
lege ed auto-maticamente operare l’invocata
causa estintiva. (Consiglio Stato, sez. V,
20.03.2007, n. 1331) come del resto anche la
giurisprudenza di questo TAR afferma
pacificamente (TAR Piemonte, Sez. II,
17.09.2007, n. 2955; ID, 28.07.2005, n.
2627). Ne consegue che in sede di procedura
di gara d'appalto di opere pubbliche
costituisce dichiarazione non veritiera e
quindi legittima causa di esclusione dalla
gara e non aggiudicazione dell'appalto,
quella nella quale l'impresa concorrente
omette di indicare, in sede di dichiarazione
concernente le eventuali sentenze penali
riportate, una sentenza patteggiata ai sensi
dell'art. 444 c.p.p., anche attinente ad un
reato estinto per decorso del termine
quinquennale di cui all'art. 445 c.p.p.
(Consiglio Stato, sez. V, 25.01.2003, n.
352)
(TAR Piemonte,
sentenza 10.10.2008 n. 2568 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO - MODULI
PRESTAMPATI - DICHIARAZIONI ALTERNATIVE -
ONERE DEL COMPILATORE DI SEGNALARE
L'ALTERNATIVA PRESCELTA - SUSSISTE.
2. GARA D'APPALTO - ESCLUSIONE PER MOTIVI
FORMALI - APPLICAZIONE VINCOLATA - NATURA
IMPERATIVA LEX SPECIALIS.
1. Nelle ipotesi d’utilizzazione di moduli
prestampati con dichiarazioni alternative è
onere del compilatore di evidenziare sullo
stampato, con idonei segni grafici,
l’alternativa prescelta o non prescelta
ovvero di copiare il modulo eliminando
l’alternativa non scelta (Cons. di Stato
Sez. V – 01/03/2005 n. 7328).
2. Allorquando la normativa di gara prevede
l’esclusione dalla procedura selettiva per
l’inosservanza di previsioni anche di
carattere solo formale, la stazione
appaltante è tenuta al rispetto delle norme
a cui si è autovincolata e che essa stessa
ha emanato sulla base di un giudizio
discrezionale d’utilità, senza alcun
residuale momento di valutazione nella fase
applicativa (Cons. di Stato Sez. v –
19/02/2008 n. 567; id. Sez. IV – 30/12/2006
n. 8262; TAR Campania–SA – Sez. I –
14/01/2007 n. 747). E va ancora aggiunto che
il rispetto delle norme discende
dall’imperatività delle stesse (TAR
Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 09.10.2008 n. 3389 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - DICHIARAZIONI
SOSTITUTIVE - SOTTOSCRIZIONE -
SOTTOSCRIZIONE A MARGINE DI TUTTI I FOGLI -
NON PUO' CONSIDERARSI EQUIPOLLENTE ALLA
SOTTOSCRIZIONE IN CALCE - RAGIONI.
In materia di sottoscrizione di
dichiarazioni sostitutive non può
considerarsi equipollente ad una
sottoscrizione in calce una sottoscrizione a
margine di tutti i fogli. In un tale caso,
invero, non si può escludere che manchi la
consapevolezza dell'impegno in capo
all'autore della sottoscrizione e non si può
neppure escludere che le sottoscrizioni
seriali siano state apposte su fogli in
bianco prima della loro compilazione.
Se è vero che per condurre all'esclusione il
mancato adempimento alle clausole di gara
deve realmente sussistere (o, il che è lo
stesso, non deve risultare surrogato da
altri adempimenti), è anche certo che, per
poter impedire l'esclusione, l'equipollenza
dell'adempimento reso rispetto a quello
omesso deve risultare in maniera oggettiva e
univoca e, quindi, non suscettibile di
opposte interpretazioni (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.10.2008 n. 4959 -link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
REQUISITI DI PARTECIPAZIONE -
POSSESSO CERTIFICAZIONE DI QUALITA' ISO
14001 - LEGITTIMITA' - RAGIONI -
FATTISPECIE.
Le stazioni appaltanti possono richiedere,
ai fini della partecipazione alle gare ad
evidenza pubblica, requisiti ulteriori
rispetto a quelli menzionati, ad esempio,
dagli artt. 40, 41 e 42 del D.Lgs. n.
163/2006, con l'unico limite dell'inerenza
di tali requisiti all'oggetto dell'appalto.
Se così è, ne consegue che anche il possesso
della certificazione ISO 14001 ben potrebbe
essere richiesto ai concorrenti in assenza
di una specifica previsione normativa.
Il fatto che l'art. 42, comma 1, lett. f),
del D.Lgs. n. 163/2006 rimandi al
regolamento l'individuazione dei "casi
appropriati" non può avere l'effetto di
impedire l'applicazione di tali principi, e
ciò anche a non voler qualificare come self
executing l'art. 48 della Direttiva 18/2004.
Non si tratta, in effetti, di
un'attribuzione ex novo alle amministrazioni
aggiudicatrici di un potere in precedenza
non esistente, ma solo della disciplina più
puntuale delle ipotesi in cui tale potere
può essere esercitato, per cui il potere può
essere esercitato anche in assenza del
regolamento (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 06.10.2008 n. 2787 -
link a
www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Quando
il mutamento della destinazione d'uso
necessita del preventivo rilascio del
permesso di costruire.
In materia edilizia, le opere interne e gli
interventi di ristrutturazione urbanistica,
come pure quelli di manutenzione
straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo, necessitano del preventivo
rilascio del permesso di costruire ogni qual
volta comportino mutamento di destinazione
d'uso tra categorie funzionalmente autonome
dal punto di vista urbanistico e, qualora
debbano essere realizzati nei centri
storici, anche nel caso in cui comportino
mutamento di destinazione d'uso all'interno
di una categoria omogenea (cfr: Cons. Stato,
Sez. V, 11.05.2004, n. 2954)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 06.10.2008 n. 1822 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE:
S. Lazzini, Appalto di forniture
da aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa: se in
un’offerta tecnica sono indicati gli
elementi meramente descrittivi di un certo
prodotto e sia allegata la presentazione di
una campionatura recante semplici listini di
prezzi al pubblico, tale circostanza può
essere forviante per la Commissione e quindi
sussiste il rischio di violare i principi di
segretezza dell’offerta e di separazione tra
elementi tecnici ed economici dell’offerta?
Il Collegio, pur non disconoscendo il
consolidato insegnamento giurisprudenziale
secondo cui le offerte economiche, nel caso
di aggiudicazione secondo il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
devono restare segrete per tutta la fase
procedimentale per evitare che gli elementi
di valutazione aventi carattere automatico
(quali il prezzo) possano influenzare la
valutazione degli elementi discrezionali, e
che conseguentemente ove dovesse esistere
siffatta commistione sarebbe violata la
regola della par condicio, tra i concorrenti
e di segretezza delle offerte tuttavia
ritiene, con riferimento al caso di specie,
di poter affermare che il principio,
valevole per tutte le gare di appalto,
secondo cui la valutazione tecnica di
un’offerta deve precedere quella relativa
all'aspetto economico, non appare violato
laddove l’offerta si limiti all'indicazione
di elementi meramente descrittivi ed alla
presentazione di una campionatura recante
semplici listini di prezzi al pubblico,
sganciati dal contesto della gara, senza
alcuna possibilità di indurre la commissione
di giudicatrice a formulare giudizi di
ordine tecnico inquinati da una previa
conoscenza dell’offerta economica (TAR
Lazioa-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 05.09.2008 n. 8098 - link
a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, Modalità di presentazione
della cauzione provvisoria - beneficio del
dimezzamento - non sussiste se la
certificazione di qualità risulta scaduta -
ininfluente autonoma dimostrazione di
validità - la relativa certificazione deve
risultare dall’attestazione SOA come
espressamente prescritto dal 3° comma
dell’art. 4 del D.P.R. 34/2000 (n.b.: con
l’entrata in vigore del terzo decreto
correttivo, sarà automatico il dimezzamento
anche per le definitive negli appalti di
servizi e forniture, senza alcuna doverosa
specificazione nella e della lex specialis
di gara).
Il
possesso delle certificazioni del sistema di
qualità deve necessariamente risultare dalle
attestazioni SOA in corso di validità, non
potendo considerarsi sufficiente la
produzione di certificati emessi da società
che si autodichiarano rispettose delle norme
europee di certificazione di qualità.
Infatti, l’attestazione SOA non si limita a
rappresentare la presenza della
certificazione di qualità rilasciata da un
organismo a ciò competente, bensì assolve ad
un ulteriore e fondamentale compito,
consistente nel certificare che quel
documento è stato rilasciato da soggetti
accreditati ai sensi delle norme europee
della serie UNI CEI EN 45000, dotati, cioè,
di precisa qualificazione va pertanto
esclusa un’impresa che ha prodotto un
certificato SOA recante un’annotazione del
sistema di qualità scaduta, né ha dimostrato
di aver attivato la speciale procedura per
il rilascio di una nuova attestazione SOA,
recante l’annotazione della certificazione
di qualità in corso di validità, volendosi
nel contempo comunque avvalere del beneficio
del dimezzamento della cauzione provvisoria
(TAR Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza 05.09.2008 n. 1452 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Esclusione,
escussione della cauzione provvisoria e
segnalazione all’Autorità a seguito di
irregolarità relative a due cartelle
esattoriali dell’Agenzia delle Entrate, non
pagate esclusione legittima ai sensi
dell’articolo 38 comma 1, lettera g) del
decreto legislativo 163 del 2006 la notifica
di copia della cartella alla moglie del
legale rappresentante della ricorrente deve
ritenersi correttamente eseguita Sorteggio a
norma dell’articolo 48 del codice dei
contratti (decreto legislativo 163 del 2006)
si applica solamente in caso di mancata
dimostrazione dei requisiti di ordine
speciale illegittimità dell’escussione della
garanzia provvisoria e della segnalazione
all’Autority (N.B.: la mancata dimostrazione
dei requisiti generali ha influenza
sull’escussione della cauzione provvisoria
solo sull’aggiudicatario comportando il
necessario annullamento dell’aggiudicazione
provvisoria).
L’irrogazione della triplice sanzione
(esclusione dalla gara; escussione della
cauzione provvisoria; segnalazione
all’autorità di vigilanza) si riferisce alle
sole irregolarità accertate con riferimento
requisiti di ordine speciale non anche a
quelle relative ai requisiti di ordine
generale ex articolo 38 del codice degli
appalti, sanzionabili solo con l’esclusione
dalla gara (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 04.09.2008 n. 9943 - link
a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
S. Lazzini, Nessuna norma di
legge autorizza (né mai ha autorizzato) la
stipula di polizze a copertura della
responsabilità amministrativa dei dipendenti
delle amministrazioni pubbliche con
pagamento a carico dell’Ente di
appartenenza: va ribadito che la colpa
grave, in queste ipotesi, consiste proprio
nella violazione delle più basilari regole
di corretta amministrazione, laddove si è
lasciato che la responsabilità addossata
dall'ordinamento ad amministratori e
funzionari colpevoli di danno all’erario,
sia trasferita all'ente di appartenenza (e a
suo carico!), mediante la stipula del
contratto e il pagamento del premio. La
gravità del comportamento, in questi casi, è
palese e consiste, appunto, nell’aver
tutelato (illecitamente) amministratori e
dipendenti, a spese dell’ente ed in palese
contrasto con i suoi interessi e con gli
stessi principi dell’ordinamento, di fatto
vanificando l’effetto sanzionatorio della
responsabilità amministrativa.
Resta fuori del sistema della legittimità
dell’assicurazione di RCT con pagamento a
carico della pa, l’assunzione da parte
dell’ente pubblico dell’onere della tutela
assicurativa dei propri amministratori o
dipendenti, con riferimento alla
responsabilità amministrativa per danni alle
pubbliche finanze, oggetto dei giudizi di
responsabilità da parte della Corte dei
conti, per il suo evidente ed aberrante
effetto di deresponsabilizzazione dei
pubblici dipendenti, i quali, grazie a tali
polizze, pur gestendo risorse pubbliche e
svolgendo pubbliche funzioni, non
risponderebbero mai personalmente dei danni
causati agli enti pubblici di riferimento
(e, in ultima analisi, agli stessi
cittadini), non sopportando neanche, per di
più, l’onere del premio assicurativo (Corte
dei Conti, Sez. I Giurisdiz. Centrale,
sentenza 02.09.2008 n. 394 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Ricorso avverso
un’esclusione da una gara - censura
riguardante un vizio del procedimento -
necessario contradditorio - inammissibilità
del ricorso per mancata notificazione al
raggruppamento classificato primo in
graduatoria - confermata dal Consiglio di
Stato.
Poiché viene segnalato un vizio del
procedimento di gara, ossia il mancato
rispetto del termine di cinque giorni
fissato per la comunicazione della data
della seduta in cui si sarebbero aperte le
buste delle offerte, appare evidente che
l’accoglimento del motivo avrebbe portato
all’annullamento della gara, con evidente
pregiudizio per l’interesse differenziato e
qualificato del raggruppamento collocatosi
al primo posto nella graduatoria, pertanto è
dunque onere del ricorrente procedere, in
omaggio al principio del contraddittorio,
alla notificazione del ricorso alla prima
classificata, a pena di inammissibilità
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.08.2008 n. 4049 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Definizione dei
presupposti applicativi dell’art. 10 del
D.P.R. 3.6.1998, n. 252, nel contesto della
disciplina dettata per i soggetti “indiziati
di appartenere ad associazioni di tipo
mafioso, alla camorra o ad altre
associazioni, comunque localmente
denominate, che perseguano finalità, o
agiscano con metodi corrispondenti a quelli
delle associazioni di tipo mafioso” (art. 1
L. 31.5.1965, n. 575); quanto sopra, al fine
di valutare una fattispecie di
applicabilità, o meno, di tale disciplina
con riferimento a fatti penalmente
contestati, ma non ritenuti sufficienti per
una condanna, nonché in presenza di stretti
rapporti familiari con soggetti, coinvolti
negli ambienti di criminalità organizzata di
cui si discute.
La norma sopra indicata prevede, al secondo
comma, che in presenza di “elementi
relativi a tentativi di infiltrazione
mafiosa nelle società o imprese interessate”
–individuati tramite verifiche disposte dal
Prefetto– “le Amministrazioni a cui sono
fornite le informazioni non possano
stipulare, approvare o autorizzare
contratti, o sub-contratti, né rilasciare o
comunque consentire le concessioni e le
erogazioni”, di cui al primo comma del
medesimo articolo.
Nella complessa materia delimitata dall’art.
1 della legge 31.05.1965, n. 575, sono state
infatti introdotte cautele e garanzie
certamente più avanzate di quelle
penalistiche, al fine di proteggere la
collettività da fenomeni criminosi di vasta
portata, spesso incidenti sull’esercizio di
attività economiche e imprenditoriali, in
misura tale da alterare interi settori
dell’economia nazionale.
Alla gravità della situazione sono state
pertanto contrapposte –soprattutto nel
delicato settore degli appalti pubblici–
misure eccezionali, che anche in presenza di
soli elementi indiziari, circa la
sussistenza di tentativi di infiltrazione
mafiosa, consentono di limitare la libera
iniziativa di impresa, pur
costituzionalmente garantita, ma da
bilanciare (in conformità all’art. 41,
secondo e terzo comma della Costituzione),
con principi di pari rango costituzionale,
quali la sicurezza e l’utilità sociale
dell’attività economica da svolgere; quanto
sopra, nei termini previsti dal legislatore
e quindi, per quanto qui interessa, in base
al prudente apprezzamento del Prefetto e
degli organi di polizia, il cui giudizio
–ove espresso nei termini di legge– è
sindacabile solo per illogicità manifesta o
travisamento dei fatti (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.08.2008 n. 3958 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, In tema di il
consolidato orientamento del Consiglio di
Stato, che attribuisce alla produzione della
copia del documento di identità il valore di
elemento costitutivo della fattispecie
descritta dall’art. 38 del d.P.R. n.
445/2000, escludendo che si tratti di un
mero difetto formale suscettibile di
regolarizzazione.
E’ stato evidenziato che nella previsione di
cui al combinato disposto degli art. 21,
comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.P.R. 445/2000,
l'allegazione della copia fotostatica, sia
pure non autenticata, del documento di
identità dell'interessato vale a conferire
legale autenticità alla sua sottoscrizione
apposta in calce a una istanza o a una
dichiarazione, e non rappresenta un vuoto
formalismo ma semmai si configura come
l'elemento della fattispecie normativa
diretto a comprovare, oltre alle generalità
del dichiarante, l'imprescindibile nesso di
imputabilità soggettiva della dichiarazione
a una determinata persona fisica; pertanto,
la mancata allegazione del documento di
identità non costituisce una mera
irregolarità sanabile con la sua produzione
postuma, ma integra gli estremi di una
palese e insanabile violazione della
disciplina regolatrice della procedura
amministrativa.
Peraltro, il rispetto delle prescrizioni
previste dal citato art. 38 assume rilevanza
anche ai fini delle responsabilità cui va
incontro il dichiarante in caso di
dichiarazioni false: la condotta tipica,
penalmente sanzionata, sia esclusivamente
quella tassativamente delineata dal
combinato disposto della previsione
codicistica e dell'art. 76 d.p.r. n.
445/2000, tal che nessuna responsabilità
penale potrà mai sorgere qualora il
dichiarante, pur avendo sottoscritto una
falsa attestazione, non abbia tuttavia
rispettato le forme stabilite dagli artt. 47
e 38 del testo unico, tra le quali rientra
essenzialmente l'adempimento consistente
nell'onere di unire alla dichiarazione la
copia fotostatica del documento di identità
(Consiglio di Strato, Sez. VI,
sentenza 23.07.2008 n. 3651 - link
a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Dipendenti
pubblici: compenso aggiuntivo per festività
coincidenti con domenica?
Non è
illegittima l’esclusione dell’applicabilità
ai dipendenti pubblici della disciplina del
compenso aggiuntivo previsto per i
lavoratori privati nel caso di festività
coincidenti con la domenica
(Corte Costituzionale,
sentenza 16.05.2008 n. 146 - link
a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Concetto
di ristrutturazione: manufatto crollato e
ricostruito non è ''esistente''.
Un manufatto, a
seguito del crollo delle sue pareti, non può
essere più considerato quale “edificio
esistente”, ai fini dell’applicazione delle
norme di piano che consentono l’ampliamento
di un originario “edificio esistente”
giacché per esso, pur continuando a esistere
nella sua materiale consistenza, non è
consentita la realizzazione di edifici ex
novo e divenuti inesistenti.
La ristrutturazione edilizia si caratterizza
per la riedificazione che comporti la piena
conformità di sagoma, volume e superficie
tra il vecchio e il nuovo manufatto
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.04.2008 n. 1550 -
link a www.altalex.com). |
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