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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di NOVEMBRE 2008

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aggiornamento al 24.11.2008

aggiornamento al 03.11.2008
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 24.11.2008

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dossier AFFIDAMENTI IN HOUSE

APPALTI SERVIZI: Affidamenti in house: presupposti e meccanismi dell’affidamento (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, comunicazione 20.10.2008 - link a www.altalex.com).

dossier ESPROPRIAZIONE

ESPROPRIAZIONE: 1. Vincoli finalizzati all'esproprio - Reiterazione - Motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico da soddisfare - Adempimento dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti - Sussiste.
2. Vincoli finalizzati all'esproprio - Reiterazione - Diritto all'indennizzo - Giurisdizione A.G.O. - Sussistenza.

1. L'obbligo di motivare i provvedimenti di reiterazione di vincoli preordinati all'esproprio deve ritenersi assolto con l'indicazione di una motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico da soddisfare.
2. Anche prima del D.P.R. 327/2001, le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilità sostanzialmente espropriativi, doveva essere proposta innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria in base alla previsione dell'art 34, comma 3, lett. b), del d.lg. n. 80 del 1998
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2008 n. 1950 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Vincoli finalizzati all'esproprio - Decadenza - Inerzia dell'Amministrazione - Risarcimento del danno -Diritto - Non sussiste.
2. Vincoli finalizzati all'esproprio - Decadenza - Inerzia dell'Amministrazione - Intervento del privato - Pronuncia che accerta l'inadempimento dell'Amministrazione - Risarcimento del danno -Diritto - Sussiste.

1. La mera scadenza del vincolo espropriativi, in difetto di provvedimenti di reiterazione del vincolo, determina l'obbligo per l'amministrazione comunale di procedere alla nuova zonizzazione delle aree. La violazione di tale obbligo non genera, tuttavia, un danno risarcibile per il privato, ma determina solamente la nascita di un mero interesse procedimentale ad ottenere la zonizzazione delle aree, gravando in capo al privato l'onere di reagire a tale inerzia, attivando i rimedi amministrativi e giurisdizionali che l'ordinamento prevede per superare il comportamento inerte.
2. Nell'ipotesi in cui la P.A. continua a rimanere inerte anche dopo che il privato si è attivato ed ha ottenuto dal giudice amministrativo una pronuncia che ha accertato l'illegittimità del diniego opposto dalla P.A. alla richiesta di effettuare la zonizzazione o il suo silenzio, matura il diritto del proprietario dei terreni al risarcimento del danno che gli deriva dall'ulteriore ritardo da parte del Comune nell'assolvimento dell'obbligo amministrativo 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.06.2008 n. 1929).

dossier L.R. 12/2005

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, non rientra nell'accezione di "ristrutturazione edilizia" la demolizione e ricostruzione di un fabbricato con traslazione dell'area di sedime.
Una ristrutturazione realizzata con traslazione totale dell’area di sedime in un sito completamente diverso è di dubbia legittimità, essendo il concetto di ristrutturazione ancorato ad una preesistenza in situ (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, ordinanza 09.04.2008 n. 547).

dossier PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE

EDILIZIA PRIVATA: 1. Opere pertinenziali - Nozione civilistica e nozione urbanistica - Differenze - Rapporto di pertinenzialità - Quando sussiste.
2. Opere pertinenziali - Rapporto di pertinenzialità - Quando non sussiste - Fattispecie.
1
. La nozione di pertinenza, in materia edilizia, è più ristretta di quella civilistica ed è riferibile a manufatti di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono; pertanto, di carattere pertinenziale può ritenersi l'opera che, pur avendo una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale, sia funzionalmente diretta a realizzare un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, e sia dotata di un volume minimo, che non consenta una sua destinazione autonoma diversa da quella dell'asservimento all'edificio principale. In ogni caso la strumentalità rispetto all'edificio principale deve essere oggettiva, ossia connaturale alla struttura dell'opera e non può desumersi dalla destinazione soggettivamente data dal proprietario o dal possessore.
2. La nozione di pertinenza urbanistica non può consentire la realizzazione di opere di rilevante consistenza solo perché destinate a servizio od ornamento del bene principale; mentre il rapporto pertinenziale non può esonerare dalla concessione opere che, da un punto di vista edilizio ed urbanistico, si pongono come ulteriori in quanto occupano aree e volumi diversi rispetto alla res principalis (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1895/1996, sent. n. 1600/2000). Nella fattispecie, non sono rinvenibili caratteristiche pertinenziali, trattandosi di manufatti (capannoni e tettoia) che per dimensioni eccedono di gran lunga il box di cui sarebbero pertinenza e che sono inoltre adibite ad una funzione -deposito merci per esercizio di attività commerciale- non omogenea a quella -residenziale- propria dell'edificio principale, che si identifica con la casa abitazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2008 n. 2045 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Realizzazione di porticato ligneo in aderenza a preesistente fabbricato - Carattere di pertinenzialità - Sussiste.
2. Opere pertinenziali - Configurabilità come nuova costruzione - Quando ricorre.
1.
La nozione di ristrutturazione edilizia presuppone che la trasformazione dell'organismo edilizio avvenga attraverso "un insieme sistematico di opere", ex art. 3, primo comma, lett. d), D.P.R. 380/2001, ipotesi che non ricorre nel caso in cui, sul fianco di un edificio venga innestata una tettoia, sostenuta da pilastri in legno: essa presenta piuttosto le caratteristiche della pertinenza, trattandosi di opera di dimensione modesta, insuscettibile di utilizzazione autonoma, posta a servizio della cosa principale, al fine di accrescerne il valore e l'utilità (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1174/2000).
2. Gli interventi pertinenziali devono considerarsi interventi di nuova costruzione solo se qualificati come tali dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, ovvero se comportano la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale, ex art. 3, primo comma, lett. d), D.P.R. 380/2001 (nel caso di specie il TAR ha escluso la configurabilità del manufatto in questione come nuova costruzione e lo ha ricondotto negli interventi da realizzare previa presentazione di DIA)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2008 n. 1964 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier RIFIUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica effluenti da allevamento - C.d. fertirrigazione - Norma derogatoria - Ambito di applicazione - Lett. n) art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 03.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4.
In tema di fertirrigazione, sono sottratti alla disciplina dei rifiuti gli effluenti se impiegati nell’effettiva utilizzazione agronomica, in qualunque modo questa avvenga: per scarico diretto degli effluenti liquidi tramite condotta; per scarico indiretto attraverso deposito temporaneo in vasche impermeabili e successivo trasporto nel terreno di applicazione tramite autocisterna o altro mezzo; mediante spandimento sulla superficie del terreno; mediante iniezione del terreno; attraverso interramento; attraverso mescolatura con gli strati superficiali del terreno (per riprendere le modalità di applicazione al terreno indicate nella lett. n) dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4).
Inoltre, l’utilizzazione agronomica contemplata nella norma derogatoria può riguardare sia acque reflue liquide o semiliquide, comunque convogliabili tramite condotta, sia materiali palabili e comunque non convogliabili, come sono gli effluenti di allevamento costituiti da una miscela di lettiera e di deiezioni animali.
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica c.d. fertirrigazione - Norme regolamentari e tecniche - Copertura regolamentare - L. n. 319/1976 - Artt. 38 e 62, c. 8, D.Lgs. 152/1999.
Per effetto dell'art. 62, comma 8, del D.Lgs. 152/1999, fino alla adozione delle specifiche normative secondarie previste, restano in vigore le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi della abrogata legge 10.05.1976 n. 319; e che, in particolare, per effetto dell'art. 62, comma 10, dello stesso decreto legislativo, "fino alla emanazione della disciplina regionale di cui all'art. 38 D.Lgs. 152/1999, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto". Sicché, non è condivisibile la tesi che non ritiene applicabile la deroga introdotta dall'art. 38, sul rilievo che non sono stati emanati il decreto ministeriale di attuazione e le norme regionali connesse (Cass. Sez. III, n. 42201 dell'08.11.2006, dep. 22.12.2006, P.M. in proc. Della Valentina, rv. 235412, nonché Cass. Sez. III, n. 37405, del 24.06.2005, dep. 14.10.2005, Burigotto). In quanto, grazie al combinato disposto di queste norme transitorie, quindi, resta assicurata la "copertura regolamentare" dell'art. 38, anche in mancanza del decreto ministeriale di attuazione e delle conseguenti norme tecniche regionali.
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Effluenti di allevamento - Utilizzazione agronomica - Modalità di utilizzo - C.d. della fertirrigazione.
Per "utilizzazione agronomica", ai sensi D.Lgs. 11.05.1999 n. 152, art. 2, lett. n bis), poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4), si intende "la gestione di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno, finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo".
Mentre, per "applicazione al terreno", ai sensi della lett. n) del medesimo art. 2, si intende l'apporto di materiali al terreno mediante spandimento o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione nel terreno o interramento. Inoltre, secondo la lett. s) del ripetuto art. 2, gli "effluenti di allevamento" sono le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato. Come tali, questi effluenti, se raccolti separatamente e trattati fuori sito, rientrano tra i rifiuti disciplinati dal D.Lgs. 05.02.1997 n. 22, classificati come CER 02 10 06, il quale comprende "feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito". Invero, la raccolta separata e il trattamento fuori del sito di produzione indicano la volontà del produttore o detentore di disfarsi delle sostanze, secondo la definizione di rifiuto formulata nell'art. 6, lett. a) dello stesso decreto legislativo n. 22/1997.
Tuttavia, ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 11.05.1999 n. 152, gli effluenti di allevamento sono sottratti alla disciplina dei rifiuti se utilizzati nella pratica agricola c.d. della fertirrigazione. Questa norma, dispone che l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento (come delle acque di vegetazione e delle acque reflue agricole) è soggetta solo a comunicazione all'autorità competente (comma 1); e assegna alle regioni il compito di disciplinare le attività di utilizzazione agronomica sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del ministro delle politiche agricole e forestali (comma 2).
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Corretta portata della deroga ex art. 38 D.Lgs. 152/1999 (poi D.Lgs. n. 152/2006, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. n. 284/2006 e poi dal D.Lgs. n. 4/2008) - Disciplina di cui al D.Lgs. n. 22/1997 ora D.Lgs. n. 152/2006 e sm..
La deroga prevista dall’art. 38 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4, ha un proprio autonomo fondamento, nel senso che non dipende dalla deroga prevista dalla predetta lett. c) dell'art. 8 D.lgs. 22/1997, rispetto alla quale ha diversa e più ampia portata. Infatti, secondo la formulazione testuale delle disposizioni legislative, la deroga di cui all'art. 38 non è limitata ai rifiuti agricoli e tanto meno alle materie fecali e alle altre sostanze naturali non pericolose di cui all'art. 8, ma si estende anche alle miscele di lettiere e di deiezioni animali.
Inoltre, non è corretta la conclusione, che, per escludere la sottrazione alla disciplina sui rifiuti di una utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, hanno utilizzato l'argomento -per se stesso esatto in relazione all'art. 8- secondo cui "la esclusione delle materie fecali dalla disciplina di cui al D.Lgs. 05.02.1997 n. 22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera a condizione che le stesse provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola".
Infine, non appare sostenibile neppure una tesi restrittiva, secondo cui la deroga prevista dall'art. 38 andrebbe limitata soltanto alla fase finale della utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, cioè alla fase di applicazione sul terreno, mentre per le fasi precedenti del deposito in vasca impermeabilizzata e del trasporto a mezzo autobotte continuerebbe ad applicarsi la disciplina sui rifiuti, e in particolare quella che prescrive limiti qualitativi, quantitativi e temporali al deposito temporaneo, e che impone l'autorizzazione e l'obbligo dei formulari di identificazione dei rifiuti per il trasporto dei medesimi. Una simile tesi, infatti, e chiaramente incompatibile con l'ampia nozione di utilizzazione agronomica adottata dal legislatore (con la citata lett. n bis) dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 e s.m.), che comprende tutte le fasi della sua gestione, da quella della "produzione" a quella della "applicazione al terreno", incluse perciò le fasi intermedie del deposito e del trasporto.
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Effluenti di allevamento - C.d. fertirrigazione - Qualifica di rifiuto - Esclusione - Presupposti - Modalità di utilizzo - Giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Gli effluenti di allevamento possono sfuggire alla qualifica di rifiuti, se vengono utilizzati in modo certo, nello stesso processo produttivo e senza trasformazione preliminare, come fertilizzanti dei terreni nel contesto di una pratica legale di spargimento su terreni ben identificati, e se il loro stoccaggio è limitato alle esigenze delle operazioni di spargimento. Ha inoltre significativamente aggiunto che il fatto che tali effluenti non siano utilizzati sui terreni che appartengono allo stesso stabilimento agricolo che li ha prodotti, ma per il fabbisogno di altri operatori economici, e irrilevante al riguardo. (Corte di Giustizia sez. III, dell'8.9.2005 causa C-416/02 della Commissione contro Regno di Spagna; e nella causa C-12/03 sempre della Commissione contro il Regno di Spagna).
AGRICOLTURA - RIFIUTI - Utilizzazione agronomica - Diritto transitorio e nuova disciplina.
In tema di diritto transitorio, riguardante l’utilizzazione agronomica, la nuova disciplina, D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 08.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4, si pone in perfetta continuità normativa con la disciplina precedente. Pertanto, va ribadito l’orientamento, secondo cui al fine di escludere l'applicabilità della normativa sui rifiuti in caso di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento occorre che tale utilizzazione avvenga nel rispetto delle condizioni indicate dal D.M. 07.04.2006 (Cass. Sez. III, n. 9104 del 15.01.2008, P.G. in proc. Manunta). Per cui, l’utilizzazione agronomica e sempre soggetta alla previa comunicazione all'autorità competente, ferma restando la competenza delle regioni per disciplinare i tempi e le modalità della comunicazione, per emanare norme tecniche in ordine alle operazioni di utilizzazione agronomica, nonché per definire i criteri e le procedure di controllo, sulla base del prescritto decreto ministeriale di attuazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38411 -
link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - AGRICOLTURA - Attività agricola - Letame - Disciplina applicabile - Art. 185, comma 1. lett. c) D.Lgs. 152/2006 - Presupposti - Fattispecie.
Ai sensi dell'art. 185, comma 1. lett. c) del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, l'esclusione delle materie fecali dalla disciplina sui rifiuti, contenuta nella parte quarta dello stesso decreto legislativo, opera a condizione che dette materie provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola. La giurisprudenza è costante in tal senso sulla base della omologa norma oggi abrogata di cui all'art. 8, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 05.02.1997 n. 22 (v. Cass. Sez. III, n. 8890 del 10.02.2005, Gios; Cass. Sez. III, n. 37405 del 24.06.2005, Burigotto).
Nella specie il letame depositato in un lagone, composto da materiale fecale palabile, rientra nella categoria riutilizzabile per la fertirrigazione, mentre il "liquame", cioè il materiale non palabile derivante da miscela di feci e urine animali, non poteva essere riutilizzato per la fertirrigazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37560 -
link a www.ambientediritto.it).

dossier RUDERI

EDILIZIA PRIVATA: Ricostruzione su ruderi - Nuova costruzione - Concetto di ristrutturazione edilizia.
La ricostruzione su ruderi costituisce sempre "nuova costruzione", in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, cioè di un organismo edilizio dotato delle murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura. In mancanza di tali elementi strutturali non è possibile valutare l'esistenza e la consistenza dell'edificio da consolidare ed i ruderi non possono che considerarsi alla stregua di un'area non edificata [vedi Cass., Sez. III: 04.02.2003, Pellegrino e 20.02.2001, ric. Perfetti; nonché C. Stato, Sez. V: 28.05.2004, n. 3452; 15.04.2004, n. 2142; 01.12.1999, n. 2021; 04.08.1999, n. 398; 10.03.1997, n. 240] (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 16.06.2006 n. 20776 -
link a www.ambientediritto.it).

dossier S.U.A.P.

EDILIZIA PRIVATA: 1. Procedimento ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998-Procedimento ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int. - Non sussiste.
2. Destinazione urbanistica della zona - Espressione di potere discrezionale della P.A. - Sussiste - Sindacabilità da parte del giudice amministrativo - Limiti.
3. Procedimento ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 - Possibilità del Comune di apportare modificazioni dopo la conferenza di servizi in sede di deliberazione consiliare - Sussiste - Posizione qualificata del privato - Non sussiste.

1. Il procedimento previsto dall'art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, nella parte che va dalla proposta di variante allo strumento urbanistico, effettuata dalla conferenza di servizi, alla decisione del consiglio comunale, non può considerarsi un procedimento ad istanza di parte ai sensi e per gli effetti dell'art. 10-bis della L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int.
2. La destinazione urbanistica fissata per una determinata zona è frutto di una valutazione discrezionale della Amministrazione, insindacabile da parte del giudice amministrativo se non per vizi logici e di fatto.
3. Nel procedimento ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, il cambiamento nella valutazione espressa dal Comune tra la conferenza di servizi e la deliberazione consiliare finale non è sufficiente a viziare quest'ultima, infatti dalla conferenza di servizi esce soltanto una proposta di variante urbanistica, rispetto alla quale il Comune può introdurre modificazioni e non vi è in capo ai privati una posizione qualificata in grado di condizionare le motivazioni dell'Amministrazione e di indirizzare la decisione finale verso un esito certo o probabile
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 31.07.2008 n. 3125 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 46 del 10.11.2008, "Determinazione per l'anno 2009, dei canoni da porre a base d'asta per l'affidamento dei lavori di sistemazione idraulica mediante escavazione di materiale inerte dagli alvei dei corsi d'acqua" (decreto D.G. 22.10.2008 n. 11737 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 45 del 04.11.2008, "Modifica ed integrazione della d.g.r. n. 3667/2006: «Determinazioni in merito all'espletamento delle procedure previste dalla vigente normativa in materia di valutazione dell'impatto ambientale nell'ambito dei procedimenti autorizzativi connessi all'attività estrattiva di cava»" (deliberazione G.R. 13.10.2008 n. 8210 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 45 del 03.11.2008, "Funzioni amministrative attribuite ai Comuni e alle loro Gestioni Associate in materia di demanio della navigazione interna - Integrazione delle Direttive di cui alla d.g.r. 7967/2008" (deliberazione G.R. 22.10.2008 n. 8260 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 45 del 03.11.2008, "Individuazione degli ambiti normativi di competenza delle guardie ecologiche volontarie" (decreto P.G.R. 22.10.2008 n. 11726 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 21.10.2008 n. 247 "Delega ai soprintendenti di settore, della funzione di autorizzazione degli interventi di demolizione e rimozione definitiva ricompresi nell’articolo 21, comma 1, lettere a) e b) del codice, da eseguirsi su beni architettonici, storici ed etnoantropologici" (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, decreto 27.06.2008).

QUESITI

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, sulla assoggettabilità -o meno- alla d.i.a. per la realizzazione di pannelli fotovoltaici e/o solari (alla luce del d.lgs. n. 115/2008) e sulla necessità -o meno- dell'autorizzazione paesaggistica qualora ricadano in zona vincolata (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 01.10.2008 n. 17773 di prot.).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Simulatore Impianti Fotovoltaici. Calcola costi d'installazione a casa tua e tempi per recuperare le spese.
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DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: R. Bertuzzi, RIFIUTI: SEQUESTRO PENALE AL FINE DELLA CONFISCA DEL MEZZO DI TRASPORTO (link a www.tuttoambiente.it).

APPALTI: C. Volpe, IL PRINCIPIO DI PUBBLICITA’ DELLE OPERAZIONI DI GARA TRA ORDINAMENTO COMUNITARIO E DIRITTO INTERNO (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: A. Barbiero, I nuovi poteri dei Sindaci in materia di sicurezza urbana (link a www.albertobarbiero.net).

PUBBLICO IMPIEGO: A. Barbiero, Riduzione dell’incentivo per la progettazione percepibile dai progettisti interni alle Amministrazioni appaltanti (link a www.albertobarbiero.net).

ENTI LOCALI: A. Barbiero, Disciplina delle assunzioni nelle Società interamente partecipate (link a www.albertobarbiero.net).

ESPROPRIAZIONE: N. Saitta, Prime osservazioni sulla "nuova" retrocessione dei beni espropriati (link a www.lexitalia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Vagli e F. Bartolini, La tariffa di igiene ambientale tra evoluzione legislativa e posizioni giurisprudenziali - ancora molti i nodi da sciogliere (link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Giurisprudenza e legge sul governo del territorio: oscillazioni interpretative (link a www.www.lavatellilatorraca.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Nozione di bosco - Aree parzialmente boscata - Contesto forestale - Impianto di specie ornamentale ad opera del proprietario dell’area - Qualifica di bosco - Esclusione - Giardino privato.
La nozione di bosco deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste, ma anche, per identità di ratio, a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto forestale (TAR Piemonte, Sez. I, 10.03.2007, n. 1174).
Se il coefficiente minimo della natura boscata di un’area è quindi la sua caratteristica di area parzialmente boscata sempre che inserita in un contesto forestale, deve escludersi in radice la qualificabilità in termini di bosco di un terreno utilizzato per l’impianto di specie arboree ornamentali o di pregio ad opera dello stesso proprietario e dotato di dispositivi artificiali di irrigazione. Il terreno de quo presenta infatti le predette caratteristiche che lo pongono al di fuori di una nozione intrinseca e costitutiva di bosco per ascriverlo, invece, più correttamente, ad una nozione di giardino privato (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.10.2008 n. 2723 -
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EDILIZIA PRIVATA: Sagoma di un edificio - Elementi di identificazione - Modificazione sagoma - Conseguenze.
In materia urbanistica, la modificazione dell’altezza, anche di un vano, di un edifico comporta una mutamento dell'intera sagoma. Per sagoma s’identifica il perimetro dell'immobile inteso sia in senso verticale sia orizzontale, in quanto concerne il contorno che l'edificio assume. Inoltre, anche l'aumento d'altezza del sottotetto può comportare una modificazione di destinazione perché suscettibile di trasformare in unità abitale un vano tecnico non abitabile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38408 -
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EDILIZIA PRIVATA: Rustico - Condono edilizio - Applicabilità della sanatoria - Completamento dell’immobile - Completamento di tutte le strutture essenziali - Necessità - Art. 31 c. 2° L. n. 47/1985.
A norma dell'articolo 31 comma secondo della legge n 47 del 1985, richiamato dalla normativa sul condono edilizio, ai fini dell'applicabilità della sanatoria, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura. Un immobile si considera ultimato al rustico dopo il completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali vanno ricompresse le tamponature esterne, posto che queste determinano l'isolamento dell'immobile dall'intemperie e configurano l'opera nella sua volumetria (Cass. 26119 del 2004).
Condono edilizio - Applicabilità - Causa di estinzione del reato - Potere di accertamento - Giudice penale - Competenza - Potestà riservata alla P.A. - Esclusione - C.d. sanatoria "amministrativa".
In tema di condono edilizio, compete al giudice penale il potere di accertamento di tutti gli elementi della fattispecie estintiva, fra i quali vi è l'osservanza del limite temporale e di quello volumetrico costituenti parametri stabiliti dal legislatore per la definizione dell'ambito di operatività del condono medesimo. Il controllo sulla loro ricorrenza non costituisce esercizio di una potestà riservata alla P.A. (alla quale competono tutti gli accertamenti relativi alla sanatoria "amministrativa"), spettando al giudice penale il potere-dovere di espletare ogni accertamento per stabilire l'applicabilità della causa di estinzione del reato (Cass. n. 5031/2000; Cass. n. 5376/1998: Cass. n. 9680/1996) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38408 -
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EDILIZIA PRIVATA: Mappe catastali - Valore probatorio - Limiti.
Le mappe catastali costituiscono un sistema secondario e sussidiario rispetto all'insieme degli elementi acquisiti attraverso l'indagine istruttoria (tant'è che te risultanze di esse possono assumere rilevanza probatoria solo se espressamente richiamate nell’atto di acquisto o se non contraddette da specifiche determinazioni negoziali delle parti), (Cass. civ. sez. 3 n. 711 dei 26.01.1998; Cass. civ. sez. 2 n. 6885 del 03.07.1999; n. 9091 del 24.08.1991). Sicché, le risultanze catastali non possono avere, di per sé, decisivo valore probatorio per l'ovvia considerazione che non vi è alcuna certezza in ordine alla correttezza della indicazione.
E' ben possibile, invero, che siffatta indicazione risulti ab origine frutto di errore o che abbia subito modificazioni in relazione alle successive vicende del bene (alienazione parziale o acquisto di terreno contiguo), pur non essendo state queste oggetto di tempestiva e corretta annotazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.10.2008 n. 38044 -
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EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di un sottotetto in mansarda - Permesso di costruire - Necessità - C.d. "volumi tecnici" - Nozione.
La trasformazione di un sottotetto in mansarda costituisce mutamento della destinazione d'uso dell'immobile per il quale è necessario il rilascio del permesso di costruire e legittima l'emissione del provvedimento di sequestro preventivo. I c.d. "volumi tecnici" sono quelli esclusivamente adibiti alla sistemazione di impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione e che non possono essere ubicati all'interno della parte abitativa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13/05/1997 n. 483) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37566 -
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EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordinanza di demolizione opere abusive - Procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità - Improcedibilità.
2. Ordinanza di demolizione opera abusiva -Procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità - Spostamento dell'interesse del responsabile dell'abuso - Improcedibilità.

1. L'ingiunzione di demolizione di un'opera abusivamente realizzata perde di efficacia qualora l'interessato abbia attivato il procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità, previsti dal D.P.R. 06.06.2001 n. 380, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, comporta la formazione di un nuovo provvedimento che vale, comunque, a superare il procedimento sanzionatorio originariamente adottato dall'Amministrazione.
2. Con l'attivazione del procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità ex D.P.R. 06.06.2001 viene "superato" il provvedimento di demolizione originario con la conseguenza che l'interesse del responsabile dell'abuso edilizio "si sposta" dall'annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato, a quello del nuovo provvedimento, implicito o esplicito, di rigetto dell'istanza di sanatoria, con conseguente improcedibilità del ricorso (pendente all'atto di presentazione dell'istanza di sanatoria)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.08.2008 n. 4011 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego di condono edilizio - Richiesta di pagamento dell'oblazione - Contraddittorietà - Non sussiste.
2. Diniego di condono edilizio - È atto vincolato in mancanza della documentazione necessaria per comprovare la legittimazione all'istanza e la data di conclusione delle opere.

1. In caso di reiezione di domanda di condono, non sussiste contraddittorietà con la richiesta di pagamento dell'oblazione in quanto questo è un presupposto per la presentazione dell'istanza e le relative somme devono essere restituite nel caso di diniego di condono definitivamente accertato.
2. Il diniego di condono è atto vincolato in mancanza della documentazione necessaria per comprovare la legittimazione all'istanza e la data di conclusione delle opere 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.08.2008 n. 4009 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio ex D.L. n. 269/2003 - Diniego di permesso di costruire in sanatoria - Obbligo di motivazione in ordine all'interesse pubblico - Non sussiste.
2. Condono edilizio ex D.L. n. 269/2003 - Diniego di permesso di costruire in sanatoria - Mancata integrazione in riferimento alla legittimazione all'istanza ed al termine dei lavori - Legittimità del diniego.

1. Con riferimento al diniego di sanatoria per mancata integrazione della documentazione presentata, non sussiste alcun obbligo del Comune di motivare in ordine all'interesse pubblico alla reiezione della domanda di condono edilizio in quanto l'adozione del provvedimento di reiezione è vincolato quando mancano i requisiti per l'accoglimento della domanda.
2. E' legittimo il diniego di condono, in quanto atto vincolato, in particolare quando risulta che l'istante non ha dato prova né della sua qualifica di affittuaria alla data di presentazione dell'istanza di condono, né della realizzazione dei lavori entro i termini di legge per la presentazione del condono, richieste dal Comune, non rilevando, all'opposto, la dichiarazione presentata in giudizio circa la conclusione delle opere effettuata da terzi, in quanto non presentata al Comune
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.08.2008 n. 4008 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Sul periodo di prova nelle pubbliche amministrazioni.
Il periodo di prova nelle amministrazioni pubbliche è obbligatorio e le assunzioni sono assoggettate all’esito positivo dello stesso (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 13.08.2008 n. 21586 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di un edificio su un fondo originariamente unico - Asservimento del fondo quanto a volumetria ulteriormente edificabile - Sussiste - Successivo frazionamento del fondo - Non rileva ai fini del calcolo volumetrico.
La realizzazione di un edificio su un fondo originariamente unico è idonea a determinare una situazione di asservimento, quanto a volumetria ulteriormente edificabile dall'altra parte del fondo; sulla situazione così determinata, non influisce il successivo frazionamento del fondo in più lotti, dovendosi in tal caso tener conto, ai fini del calcolo della volumetria edificabile residua, della situazione come determinata dalla parziale utilizzazione, da parte dell'originario ed unico proprietario, della volumetria globalmente disponibile
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 31.07.2008 n. 3127 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio ex L. n. 724/1994 e n. 47/1985 - Diniego di concessione edilizia in sanatoria - Onere della prova sulla data di ultimazione delle opere - Spetta al richiedente la sanatoria.
2. Condono edilizio ex L. n. 724/1994 e n. 47/1985 - Diniego di concessione edilizia in sanatoria - Parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale - Necessità.

1. E' legittimo il diniego di concessione edilizia in sanatoria fondata sul fatto che la costruzione de qua consiste in un edificio nuovo ad uso residenziale realizzato, e quasi del tutto ultimato (a rustico), in luogo della preesistente baracca , in un momento successivo all'apposizione del vincolo di inedificabilità per l'inclusione dell'area nel Parco delle Groane, circostanze già accertate in altro giudizio, se il richiedente la sanatoria (il ricorrente) non fornisce anche solo un principio di prova sulla data di ultimazione delle opere con la produzione di nuovi elementi probatori in tal senso.
2. In relazione alla legittimità di un diniego di concessione edilizia in sanatoria fondato anche sul parere di incompatibilità delle opere con l'ambiente da parte del Consorzio del Parco, secondo il prevalente orientamento, il parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale per la sanatoria degli abusi edilizi è necessario anche per gli abusi realizzati anteriormente all'imposizione del vincolo stesso, essendo necessario valutare la compatibilità dell'opera con il vincolo alla data di pronuncia sulla sanatoria
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2996 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Termine di prescrizione per l'esercizio del diritto al conguaglio - Decorrenza dalla data di perfezionamento del silenzio-assenso formatosi sull'istanza di condono.
In tema di condono edilizio, il termine di prescrizione dell'obbligazione relativa all'oblazione per il relativo condono, previsto dall'art. 35, comma 18, L. n. 47/1985 per l'esercizio del diritto al conguaglio decorre dal momento in cui si è regolarmente perfezionato il silenzio-assenso sull'istanza di condono
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2995).

URBANISTICA: 1. Piano territoriale di coordinamento provinciale - Possibilità di introdurre prescrizioni e vincoli nel PRG di un Comune in ambiti strettamente comunali - Non sussiste.
2. Piano territoriale di coordinamento provinciale - Possibilità di regolamentare la localizzazione grandi strutture di vendita - Sussiste.
3. Preclusione all'apertura di insediamenti commerciali in zone ad alta densità di traffico - Interesse a ricorrere - Sussiste in capo ai titolari di strutture di grande distribuzione.
4. Piano territoriale di coordinamento provinciale - Procedimento di rilascio delle autorizzazioni commerciali per medie e grandi strutture di vendita - Possibilità di introdurre disposizioni di indirizzo - Sussiste.

1. Il Piano territoriale di coordinamento provinciale non può introdurre nel Piano regolatore generale di un Comune prescrizioni e vincoli negli ambiti strettamente comunali.
2. La localizzazione delle grandi strutture di vendita coinvolge interessi urbanistici e commerciali di rango provinciale e sovracomunale, e quindi nel PTCP possono essere poste norme relative alla loro localizzazione, in quanto strumento attraverso cui, ai sensi dell'art. 15 L.R. 12/2005, la Provincia definisce gli obiettivi generali relativi all'assetto e alla tutela del proprio territorio connessi appunto ad interessi di rango provinciale o sovracomunale.
3. I soggetti titolari di strutture di grande distribuzione hanno un interesse attuale e concreto ad impugnare la norma da cui discende un danno rappresentato dalla preclusione all'apertura di insediamenti in zone ad alta densità di traffico.
4. Il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio preordinati alla realizzazione di medie e grandi strutture di vendita e procedimento di rilascio delle connesse autorizzazioni commerciali di cui al D. Lgs. 31.03.1998 n. 114 e alla L.R. Lombardia n. 14/1999 ben può legittimare l'introduzione di una disposizione di indirizzo anche nel PTPC
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2994 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) - Funzione - Principio di coprogrammazione e cogestione di Comune Provincia e Regione.
2. Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) - Limitazione dell'insediamento di nuove strutture di grande distribuzione commerciale - Programmazione urbanistica e programmazione commerciale - Coordinamento.
3. Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) - Limitazione dell'insediamento di nuove strutture di grande distribuzione commerciale - Interesse a ricorre - Sussiste.
4. Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) - Limitazione dell'insediamento di nuove strutture di grande distribuzione commerciale - Disposizione di indirizzo - Legittimità - Criterio generico - Logicità.
1.
Il PTCP è un atto generale che viene adottato nel rispetto delle direttive fissate dalla Regione e ferme restando le competenze pianificatorie del Comune (non potendo il PTCP introdurre nel PRG di un Comune prescrizioni e vincoli negli ambiti strettamente comunali) ma che non ha solo "vocazione ambientalistica" in quanto, ai sensi dell'art. 20 T.U. 267/2000, è anche lo strumento con cui vengono individuate le destinazioni del territorio e si localizzano le principali infrastrutture e linee di comunicazione, in maniera di, nel dare indirizzi ai Comuni, coordinare quelle scelte che hanno una dimensione sovracomunale.
2. Nell'ottica di cogestione e coprogrammazione cui sono chiamati gli Enti (Comune, Provincia e Regione), sempre più con posizioni equiordinate, la programmazione commerciale non può essere disgiunta dalla pianificazione urbanistica, ma anzi presuppone che i due aspetti vengano valutati congiuntamente e contestualmente. Di conseguenza è logico che per gli insediamenti di grande respiro, quali le strutture di grande vendita, che implicano l'uso di vasti territori, con annesse conseguenze sull'impatto territoriale e l'apertura di un numero elevato di attività commerciali, il coordinamento tra aspetto urbanistico e commerciale, che in sede di rilascio delle prescritte autorizzazioni è svolto dalla conferenza di servizi di cui al D.P.R. 447/98, vi sia già nella fase di pianificazione e programmazione.
3. Con riferimento ad una disposizione del PTCP che pone dei criteri per la localizzazione delle grandi strutture di vendita, che possono portare ad escludere l'insediamento delle suddette strutture in determinare aree, una società che opera nel settore immobiliare, con la specifica funzione di reperire aree per collocare le grandi strutture commerciali, ha un interesse attuale e concreto ad impugnare la norma da cui discende un danno, rappresentato dalla preclusione all'apertura di insediamenti in zone ad alta intensità di traffico.
4. E' legittima la norma del PTCP che si limita ad un'indicazione per la localizzazione dei grandi insediamenti commerciali, strutture che incidono sul territorio sovracomunale, con riflessi anche sulla mobilità, il traffico, l'ambiente in genere, ponendo un criterio relativo all'assetto del proprio territorio che dovrà essere seguito dai Comuni nell'ambito, poi, della localizzazione delle grandi strutture, in quanto il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio e commerciale, può legittimare l'introduzione di una disposizione di indirizzo anche nel PTCP. Inoltre, introducendo come criterio generico l'unico limite del divieto di insediamento delle grandi strutture di vendita in (tutte le) arterie interessate dal traffico giornaliero medio di oltre 30.000 veicoli equivalenti/giorno, tale criterio non è illogico dato che è un dato notorio che le grandi strutture comportano un afflusso di vetture di notevoli entità e creano problemi di traffico, non solo per i visitatori, ma anche per l'attività indotta 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2993).

ATTI AMMINISTRATIVI: Conclusione del procedimento - Reiterate richieste dello stesso contenuto - Obbligo di conclusione con provvedimento espresso - Non sussiste in presenza di decisione amministrativa già assunta senza mutamenti della situazione di fatto o di diritto.
L'obbligo di concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso viene meno in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sul punto sia stata adottata una formale decisione amministrativa e non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2991).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di rimessione in pristino - Cambio di destinazione d'uso - Prova -Legittimità.
2. Ordine di rimessione in pristino - Cambio di destinazione d'uso - Mancata effettuazione di opere edilizie - Irrilevanza.
3. Ordine di rimessione in pristino - Cambio di destinazione d'uso - Indeterminatezza del dispositivo dell'ordine - Non sussiste.

1. Con riferimento allo stato di fatto di un locale con destinazione d'uso cantina, un rapporto dei vigili urbani che da atto di come, in verità, lo stesso sia stato trasformato in una cucina per la presenza di lavello, finiture, allacciamenti a luce, acqua e riscaldamento contiene elementi univoci (da considerare complessivamente) della trasformazione del locale, atteso che ciò che è decisivo per qualificare un intervento sotto il profilo urbanistico edilizio è la oggettiva idoneità del locale ad una certa destinazione. Non essendo il Comune tenuto, in mancanza di fatti nuovi, ad effettuare un secondo sopralluogo, risulta legittimo il provvedimento di rimessione in pristino adottata.
2. Con riferimento ad un ordine di rimessione in pristino di un locale, con destinazione cantina, trasformato in cucina, il Comune non è tenuto a replicare in modo specifico alla deduzione sulla mancata effettuazione di opere edilizie, non essendo necessario, in astratto, che siano poste in essere opere per realizzare un mutamento di destinazione d'uso.
3. E' legittimo il provvedimento impugnato perché non sussiste la dedotta indeterminatezza del dispositivo dello stesso, in quanto la rimessione in pristino (che è il contenuto predeterminato dalla legge del provvedimento in esame) di un locale, assoggettato abusivamente a modifica di destinazione d'uso, si effettua ripristinando le condizioni di idoneità oggettiva del locale alla destinazione d'uso pregressa
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.07.2008 n. 2988).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Illecito edilizio realizzato da lungo tempo - Potere repressivo che sanziona una situazione antigiuridica esistente - Legittimità.
2. Misure repressive esercitate in ogni tempo - Obbligo di motivazione - Insussistenza.

1. In presenza di illeciti edilizi che permangono sul territorio, per il diritto amministrativo si è in presenza di una violazione a carattere permanente, caratterizzata dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con la conseguenza che il provvedimento repressivo dell'Amministrazione non è emanato a distanza di tempo ma sanziona una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora esistente.
2. Il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica può essere esercitato in ogni tempo ed i relativi provvedimenti non necessitano di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a sanzionare la realizzazione dell'intervento abusivo 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.07.2008 n. 2977).

EDILIZIA PRIVATA: Ordinanza di demolizione opere abusive - Procedimento di sanatoria o di accertamento di conformità - Sopravvenuta carenza di interesse - Improcedibilità.
La presentazione dell'istanza di sanatoria o condono rende automaticamente inefficace l'ordine di demolizione nel frattempo emesso dal Comune, e, di conseguenza, diviene improcedibile l'impugnazione contro l'atto sanzionatorio per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il riesame dell'abusività dell'opera, provocato dall'istanza, sia pure al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.07.2008 n. 2975).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso - Necessità di uno specifico interesse connesso ad una situazione giuridicamente tutelata - Sussiste - Nell'ipotesi di svolgimento di fatto di un servizio - Non sussiste.
Il diritto di accesso non attribuisce un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso l'acquisizione conoscitiva di atti o documenti in possesso dell'Amministrazione, ma presuppone che il richiedente abbia uno specifico interesse connesso ad una situazione giuridicamente tutelata. Tale ipotesi non ricorre nel caso di svolgimento di fatto della manutenzione del verde comunale, che non fa assumere la posizione di soggetto incaricato di un servizio comunale 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.07.2008 n. 2974 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano regolatore - Pubblicazione - Formalità -Comprendono la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
Le formalità di pubblicazione del piano regolatore non si esauriscono nel deposito del piano presso gli uffici comunali, ma comprendono la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, sostituita dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2008 n. 2936 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Provvedimento di rifiuto di rilascio di autorizzazione edilizia - Chiusura con cancelli carrai di una piazza privata - Servitù pubblica di passaggio su una strada privata - Prova - Non sussiste.
2. Provvedimento di rifiuto di rilascio di autorizzazione edilizia - Chiusura con cancelli carrai di una piazza privata - Motivi di pubblica sicurezza - Limitazione del diritto di proprietà - Illegittimità.

1. L'esistenza di una servitù pubblica di passaggio su una strada o una piazza privata, non si suppone, ma va dimostrata attraverso la prova dell'uso e dell'utilità pubblica di detta strada. In particolare non emergendo dagli atti, e non avendo il Comune fornito in giudizio ulteriori elementi in tal senso, se la transitabilità della piazza in questione si sia protratta nel tempo per una durata almeno ultraventennale, il provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia per la chiusura con cancelli carrai della piazza, motivato sull'esistenza di un diritto di uso pubblico (non dimostrato), è illegittimo.
2. L'esigenza inerente a motivi di pubblica sicurezza di non interrompere un tratto di viabilità (per il passaggio dei mezzi di soccorso) si può porre come limitativa del diritto di proprietà del privato solo qualora fatta valere tramite adeguati strumenti di carattere pubblicistico, che ben l'amministrazione può adottare, volti ad imporre vincoli o limitazioni al diritto dominicale con le modalità e forme previste dalla legge, ma in assenza di tali provvedimenti, la mera sussistenza di esigenze riconducibili ad interesse pubblico non è motivo da solo sufficiente per rifiutare l'autorizzazione edilizia a chiudere l'accesso ad una piazza privata 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.07.2008 n. 2926).

APPALTI: 1. Bando di gara. Mancato rispetto di clausola a pena di esclusione. Esclusione. Violazioni di clausole che dal contesto della lex specialis risultano essenziali pur senza essere espressamente sanzionate con l'esclusione. Legittimità dell'esclusione. Integrazione ammissibile solo se coinvolgono aspetti marginali e non coinvolgono dichiarazioni richieste a pena di esclusione.
2. Annullamento dell'aggiudicazione. Sorte del contratto. Competenza del G.A. Pronuncia incidentale. Caducazione del contratto ex art. 246 d.lgs. 163/2006. Differenza rispetto agli istituti della nullità e dell'annullabilità. Obbligo di ottemperanza da parte della P.A. (La sentenza massimata è antecedente all'Ad. Plenaria del 31.07.2008).

1. L'esclusione di un concorrente da una gara pubblica deve essere disposta tutte le volte in cui non risulti osservata una clausola espressamente posta ad esclusione e, solo eccezionalmente, anche nel caso in cui tale previsione manchi, ove dal contesto della lex specialis di gara emerga con palese evidenza che il mancato rispetto di alcune clausole comporti, comunque ed inevitabilmente, in ragione del loro contenuto, l'esclusione anche senza un'espressa previsione in tal senso (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 11.12.2007, n. 6410; 21.06.2006, n. 3703). Se può ritenersi ammissibile la richiesta di chiarimenti ed anche il completamento di dichiarazioni regolarmente presentate, ma incomplete in aspetti marginali, non è ammissibile e viola il principio della par condicio l'ammissione di un concorrente alla rettifica di una dichiarazione errata che era richiesta a pena di esclusione, in ottemperanza ad una clausola inequivoca del bando di gara (Tar Lombardia, sez. I, 22.11.2007, n. 6410).
2. Il giudice amministrativo, nelle materie in cui non ha giurisdizione, può decidere, con efficacia limitata, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale; di conseguenza, il G.A. può conoscere incidentalmente le questioni relative alla sorte di un contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione. Infatti, una soluzione che precludesse al giudice amministrativo anche solo un accertamento incidentale sul contratto sarebbe difficilmente compatibile con l'ordinamento comunitario, specie in relazione al principio di effettività della tutela giurisdizionale e di tutela della concorrenza. La caducazione ex art. 246, comma 4, del d.lgs. 163/2006 descrive un fenomeno oggettivo di privazione degli effetti del contratto, originato dalla violazione di norme di azione dell'agire amministrativo, non assimilabile alle categorie tipiche della nullità e dell'annullabilità del contratto. Infatti, tale norma ha introdotto un nuovo istituto, la caducazione, quale categoria autonoma dell'efficacia, riconducibile ad una inefficacia successiva dovuta ad un fatto sopravvenuto alla stipula del contratto, l'annullamento dell'aggiudicazione, cui il contratto si ricollega in via funzionale. La pronuncia incidentale sulla sorte del contratto dovrà essere considerata attentamente dall'amministrazione chiamata a confermarsi alla sentenza, altrimenti potendo essere valorizzata nella successiva sede dell'ottemperanza, dove il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione rimasta inerte esercitando una giurisdizione di merito (Cons. St. VI, n. 796/2008)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 26.06.2008 n. 2140).

APPALTI: Esclusione dalla gara. Impugnazione prima dell'aggiudicazione. Impugnazione dell'aggiudicazione definitiva. Necessità a pena di improcedibilità del ricorso.
La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che dalla mancata impugnazione dell'aggiudicazione definitiva deve discendere l'improcedibilità del ricorso di primo grado. Se non vi è dubbio, infatti, che l'esclusione può (ed anzi deve) essere gravata prima dell'aggiudicazione, nell'attuale assetto del sistema di tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici (quale esso risulta anche dai principi di derivazione comunitaria), deve essere affermato il principio che l'impugnazione dell'esclusione va estesa, con lo strumento dei motivi aggiunti, anche all'aggiudicazione, non solo quando questa risulti disposta uno actu con l'esclusione, ma tutte le volte in cui essa intervenga e sia conosciuta prima della pronunzia sul relativo gravame. E' solo questa infatti la via per garantire il soddisfacimento di quelle esigenze di speditezza, di concentrazione processuale e di prevalenza della tutela in forma specifica che permeano e giustificano il peculiare regime normativo della tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici (Cons, Stato, sez. V, 01.08.2007, n. 4268).
Ne discende che la ricorrente aveva l'onere di impugnare espressamente sia il provvedimento di esclusione dalla gara adottato nei suoi confronti sia la delibera di aggiudicazione definitiva della procedura alla controinteressata, pena l'inammissibilità e l'improcedibilità del gravame, non essendo certamente sufficiente il generico riferimento contenuto nell'epigrafe del ricorso agli atti presupposti e consequenziali 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 26.06.2008 n. 2139).

APPALTI: Gara per l'affidamento lavori - Interesse all'impugnazione - Legittimazione attiva - Fattispecie.
E' inammissibile l'impugnativa proposta dai proprietari di un immobile confinante ad un'opera edilizia che assumono lesiva dei loro diritti dominicali, nella parte in cui deducono vizi propri degli atti di aggiudicazione delle opere, in quanto i ricorrenti, non rivestono la qualità di imprenditori interessati -come potenziali aggiudicatari- al rispetto delle regole di gara, e pertanto sono privi di una posizione legittimante che li abiliti ad impugnare la procedura di affidamento dei lavori e gli atti di aggiudicazione 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.06.2008 n. 2127 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Rilascio - Istruttoria della P.A. - Portata.
Ai fini del rilascio del titolo edilizio, l'amministrazione deve tenere conto delle limitazioni anche molto penetranti -di natura sia pubblicistica, sia privatistica- al diritto di costruire, che comprimono la facoltà di godimento dell'immobile, limitandone in misura variabile le concrete possibilità di utilizzazione. Tra queste limitazioni, però, non possono rientrare le immissioni, in quanto esse non formano oggetto di un diritto dei terzi, salvo il caso in cui sia stata costituita apposita servitù a danno del fondo sul quale deve realizzarsi l'opera o diritto personale di analogo contenuto 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.06.2008 n. 2121 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Diniego di condono edilizio - Vincolo cimiteriale - Ratio.
Gli interessi pubblici sottesi all'esistenza del vincolo cimiteriale attengono non solo ad esigenze di natura igienico sanitaria, quanto anche alla salvaguardia della sacralità che caratterizza tali luoghi ed al mantenimento di un'area di possibile estensione della cinta cimiteriale
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.06.2008 n. 2118).

APPALTI: Possesso dei requisiti di partecipazione. Indicazione da parte del concorrente dei provvedimenti penali emessi nei suoi confronti. Autocertificazione. Mancata indicazione di una condanna. Dichiarazione non veritiera. Esclusione.
In materia di appalti e in particolare, di possesso dei requisiti di partecipazione, la richiesta di indicare le sentenze (o in genere, i provvedimenti) di condanna e la necessità di dichiarare tutti i provvedimenti emessi nei confronti del partecipante, risponde alle finalità di consentire all'Amministrazione la più ampia valutazione del caso concreto, per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale (Tar Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1608/2007).
Ne esce quindi confermato che la rilevanza o meno dei fatti (oggetto delle pronunce penali) ai fini della successiva valutazione del possesso dei requisiti da parte del concorrente, non è rimessa all'apprezzamento dell'impresa che ha, invece, l'obbligo di dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi confronti; con la conseguenza che l'omessa indicazione, nell'ambito di un'autocertificazione, di una sentenza di condanna si atteggia come autocertificazione non veritiera cui segue l'esclusione dalla gara. Sotto tale aspetto appare opportuno anche ricordare che il Consiglio di Stato (Sez. V, 06.06.2002, n. 3183), a tal proposito, parla correttamente di dichiarazione non veritiera giungendo alla conclusione che, perciò solo, occorre procedere all'esclusione, senza neppure valutare la gravità del reato scoperto e non dichiarato
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.06.2008 n. 2096 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Comunicazione di avvio - Edilizia ed urbanistica - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio - Verifica interesse culturale - Obbligo - Sussiste.
Il procedimento avviato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la verifica dell'interesse culturale (nel caso di specie si trattava di integrazione del preesistente provvedimento di vincolo sul teatro Lirico di Milano di proprietà del Comune) deve obbligatoriamente essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento indirizzata al proprietario del bene
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2008 n. 2093).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Atto endoprocedimentale inidoneo a ledere interessi legittimi - Impugnativa - Inammissibilità - Fattispecie.
Gli atti interni del procedimento non sono impugnabili immediatamente, ma solo congiuntamente al provvedimento definitivo cui è riconducibile la lesione dell'interesse sostanziale fatto valere dal titolare: è pertanto inammissibile il ricorso che impugni esclusivamente l'atto endoprocedimentale ritenuto illegittimo (nella fattispecie è stato impugnato unicamente il parere negativo endoprocedimentale reso dal Comune in relazione ad una D.I.A., ma non anche il conseguente ordine di non esecuzione lavori fondato su tale parere)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2008 n. 2092 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Misure repressive - Soggetti passivi - Proprietario o titolare di diritto reale - Abuso ante acquisto della proprietà o del diritto reale - Irrilevanza - Ratio.
In caso di manufatto privo di titolo edilizio, la circostanza che il ricorrente possa non essere stato l'autore materiale dell'abuso non rileva qualora egli sia il proprietario delle aree interessate dall'abuso. Infatti, l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale delle aree interessate, anche se non risulti responsabile dell'esecuzione dell'abuso, considerato che l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e che l'ordinanza stessa ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2008 n. 2091 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Campo nomadi - In area agricola - Omissione da parte del Comune nell'applicazione della L.R. 77/1989 - Legittimità dell'insediamento - Non sussiste.
La eventuale omissione da parte del Comune nell'applicazione della L.R. 77/1989 -che prevede la realizzazione da parte dei comuni maggiormente interessati alla presenza di nomadi di realizzare campi di sosta o di transito, reperendo aree da destinare a zone per attrezzature di uso pubblico dei piani regolatori generali dei comuni- non legittima l'uso del territorio, da parte delle persone appartenenti ad etnie nomadi, in modo non conforme alle disposizioni in materia (nella fattispecie sono stati posizionati su area agricola, senza autorizzazione alcuna, manufatti prefabbricati utilizzati a fini abitativi, fari di illuminazione, reti metalliche di recinzione e realizzate opere idrauliche ed elettriche, che, complessivamente considerate, hanno comportato una trasformazione del territorio, dal punto di vista sia edilizio sia urbanistico, in contrasto con la destinazione agricola dell'area)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.06.2008 n. 2090 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Partecipazione preclusa da una clausola del bando. Mancata presentazione della domanda di partecipazione. Possibilità di impugnare gli atti di gara. Sussiste.
Conformemente alla più recente giurisprudenza, ove un potenziale concorrente risulti leso dal bando di gara che ne precluda persino la partecipazione alla procedura selettiva, sussiste l'interesse ad impugnare i relativi atti a prescindere dalla mancata presentazione della domanda posto che l'impugnante ha un proprio specifico interesse ad impedire lo svolgimento della procedura; in presenza di una clausola preclusiva, infatti, la presentazione della domanda si risolverebbe in un mero adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di estromissione con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione (tale filone interpretativo è conforme all'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia CE nella decisione 12.02.2004 in C7230/02 nella quale ha rilevato che nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali avrebbero impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste, essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancor che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.06.2008 nn. 2055 - 2056 - 2057 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Attività edilizia - Cambio di destinazione d'uso senza opere edilizie - Autorizzazione - Non occorre - Fattispecie.
2. Misure repressive - Inapplicabilità - Solo per opere realizzate in epoca in cui la normativa non richiedeva assenso edilizio.
3. Misure repressive - Termine di decadenza o prescrizione - Non sussiste - Affidamento del privato - Inconfigurabilità.
4. Processo amministrativo - Rapporti con il processo penale - Sentenza penale di assoluzione - Rilevanza nei giudizi amministrativi - Limite.

1. In tema di variazione d'uso di un immobile senza opere edilizie, qualora l'impiego del l'immobile - nella fattispecie: box - come deposito di cose o di merci non sia preordinato allo svolgimento diretto di un'attività in situ che richieda un'autorizzazione ad hoc, ma attenga ad un uso di fatto che il proprietario fa della cosa propria, tale impiego non rileva per il diritto (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 77/1997): non occorre pertanto alcuna autorizzazione per la variazione d'uso (nella fattispecie vigeva l'art. 25, ult. comma Legge 47/1985 prima delle modifiche introdotte dal D.L. 498/1993).
2. Un'opera abusiva, anche risalente nel tempo, non può ritenersi perciò solo inamovibile, a meno che non si provi che è stata realizzata in epoca in cui la normativa generale e locale non richiedeva assenso edilizio alcuno, o che ha beneficiato di un condono edilizio, in assenza del quale si applicano le ordinarie sanzioni (art. 40 Legge n. 47/1985).
3. La vetustà dell'opera abusiva non esclude il potere di controllo e il potere sanzionatorio del Comune in materia urbanistico-edilizia, in quanto l'esercizio di tale potere non è soggetto a prescrizione o decadenza; ne consegue che l'accertamento dell'illecito amministrativo e l'applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell'abuso, senza che il ritardo nell'adozione della sanzione comporti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situazioni consolidate.
4. Il proscioglimento in sede penale dei ricorrenti, rinviati a giudizio per costruzione senza concessione edilizia non comporta l'illegittimità dell'eventuale ordinanza di demolizione, in quanto il proscioglimento in sede penale vincola il Giudice Amministrativo solo relativamente alla materialità dei fatti accertati, ma non preclude una diversa valutazione della fattispecie ai fini dell'applicazione delle sanzioni edilizie di carattere amministrativo
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.06.2008 n. 2045 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Concessione di costruzione - Variante - Variante in corso d'opera - Richiesta successiva alla dichiarazione di ultimazione lavori - Inaccoglibilità.
2. Concessione di costruzione - Variante - Variante in corso d'opera - Limiti.
3. Concessione di costruzione - Variante - Variante in corso d'opera - Locale seminterrato - Incremento vani - Variante in corso d'opera- Inconfigurabilità.

1. La variante in corso d'opera così come disciplinata dall'art. 15 Legge 47/1985, deve necessariamente essere richiesta prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
2. Ai sensi dell'art. 15 della Legge 47/1985 le varianti in corso d'opera non debbono comportare modifiche della sagoma né delle superfici utili e non devono modificare la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, nonché il numero di queste ultime, ai sensi dell'art. 13 della stessa Legge.
3. In caso di realizzazione al piano interrato di un locale pertinenziale in aderenza alla cantina esistente, se è vero da un lato che esso, in quanto interrato, non modifica né la sagoma né la superficie coperta generale, è anche vero dall'altro che tale vano aumenta il numero delle unità immobiliari in contrasto con la previsione di legge (nella fattispecie sono stati realizzati nuovi vani destinati a bagno e a ripostiglio, che non costituiscono semplici modifiche interne nella disposizione degli spazi): con la conseguente esclusione che le opere abusivamente realizzate siano riconducibili ai limiti imposti dalla legge alle varianti in corso d'opera 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.06.2008 n. 2043 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Potere sanzionatorio e repressivo - Attività vincolata - Sussiste - Ordinanza di demolizione - Emissione a distanza di lungo tempo dalla commissione dell'abuso - Legittimità - Prevalenza dell'interesse pubblico sull'affidamento del privato - Ratio.
2. Potere sanzionatorio e repressivo - Ordinanza di demolizione - Emissione a distanza di lungo tempo dalla commissione dell'abuso - Legittimità - Prevalenza dell'interesse pubblico sull'affidamento del privato - Motivazione - Non necessita - Fattispecie.

1. Con la Legge 47/1985 (e successivamente con D.P.R. 380/2001) è stata compiuta una valutazione di prevalenza dell'interesse al rispetto del territorio, nonché delle regole che presiedono alla sua tutela, con la previsione di sanzioni vincolate quanto a emanazione e contenuto, espressione di un potere autoritativo, non sottoposto a termini di prescrizione o decadenza, che intende colpire il fenomeno della compromissione del territorio e dei valori ambientali coinvolti: tale potere fa ritenere che debba prevalere l'aspettativa della collettività a vedere rispettate le norme in materia edilizia e urbanistica, piuttosto che quella del contravventore a vedere conservata l'opera abusiva, ancorché realizzata molti anni prima.
2. A fronte di una mancata conformità con le disposizioni vigenti, anche il decorso del tempo non è sufficiente a far insorgere un affidamento sulla legittimità dell'opera o comunque sul consolidamento dell'interesse del privato alla sua conservazione, né, per conseguenza, a imporre la necessità di una specifica motivazione in ordine all'esistenza di un interesse pubblico prevalente: è tra l'altro dubbio che -nel caso di specie- si potesse essere ingenerato un affidamento in capo al privato, dal momento che lo stesso privato aveva chiesto la sanatoria e quindi era ben consapevole della abusività dell'opera e della necessità di ottenere un provvedimento per regolarizzare le difformità presenti
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2008 n. 1977 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi - Sanatoria - Domanda riguardante pluralità di abusi - Pluralità di provvedimenti - Aggravio del procedimento - Non sussiste.
2. Abusi - Sanatoria - Realizzazione di porticato ligneo in luogo di tenda - Assimilabilità - Non sussiste.
3. Abusi - Sanzioni - In assenza di elementi indicativi del carattere sostanziale dell'abuso - Sanzione pecuniaria.

1. La circostanza che il Comune abbia provveduto solo su una parte della domanda di condono, riservandosi la istruttoria della restante parte, non inficia il diniego di condono, giacché nulla vieta, a fronte di una domanda di sanatoria riguardante una pluralità di abusi, indipendenti ed autonomi, di provvedere separatamente su ciascuno di essi, senza che ciò configuri aggravio del procedimento.
2. Non è configurabile come opera edilizia, alla stregua di un porticato in legno, una tenda da sole avvolgibile, ancorché sostenuta da pali di ferro ancorati al suolo, in quanto i suoi elementi essenziali (ubicazione, volume, funzione) non sono assimilabili a quelli del manufatto in legno: pertanto, in caso di richiesta di condono riferita a porticato in legno realizzato -in luogo della tenda- dopo la scadenza del termine utile per fruire del condono,
è legittimo il diniego di sanatoria, non potendo la tenda considerarsi come opera al rustico rispetto al porticato.
3. In assenza di elementi indicativi del carattere sostanziale dell'abuso, che comprovino cioè la non conformità dell'intervento alla disciplina edilizia e urbanistica, è applicabile, ex art. 37 D.P.R. 380/2001, la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e, comunque, in misura non inferiore a euro 516,00
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.06.2008 n. 1964 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 4. L. n. 47/1985 - Abuso edilizio - Ordinanza di sospensione lavori - Scadenza del termine di 45 giorni - Impugnazione dell'ordinanza di sospensione dopo tale termine - Inammissibilità del ricorso.
Secondo giurisprudenza unanime, la norma dell'art. 4 della legge 28.02.1985, n. 47 (trasfuso poi nell'art. 27 D.P.R. 380/2001) dev'essere interpretata nel senso che l'ordinanza di sospensione dei lavori perda efficacia nel momento in cui sono decorsi 45 giorni senza che siano seguiti i successivi provvedimenti sanzionatori. Ne consegue, dal punto di vista processuale, che è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso notificato una volta che sia decorso il predetto termine senza alcun intervento sanzionatorio da parte della P.A.
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2008 n. 1945).

EDILIZIA PRIVATA: Zona agricola - Divieto di edificazione di costruzioni non a servizio dell'attività agricola.
L'utilizzo di un'area agricola per il parcheggio degli autoveicoli determina un utilizzo duraturo del territorio quale area attrezzata per la sosta che si pone in contrasto con la normativa tecnica di piano che vieta la realizzazione di nuove costruzioni non a servizio dell'attività agricola
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2008 n. 1945).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Procedimento amministrativo - Comunicazione di avvio - Atto vincolato - Necessità - Non sussiste.
2. Procedimento amministrativo - Comunicazione di avvio - Atto non vincolato - Necessità - Sussiste.

1. L'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non vizia l'azione amministrativa quando il contenuto del provvedimento sia interamente vincolato, anche con riguardo ai presupposti di fatto: la comunicazione di avvio può infatti ritenersi superflua solo nei casi in cui, in presenza di presupposti di fatto assolutamente incontestati tra le parti, l'adozione del provvedimento finale sia non solo doverosa, ma anche vincolata per la P.A.; la quale, nonostante l'annullamento dell'atto per motivi formali, conserverebbe il potere o addirittura il dovere di adottare un provvedimento di contenuto identico.
2. Qualora il quadro normativo di riferimento presenti margini di incertezza, oppure occorra applicare sanzioni di entità variabile, collegate ad apprezzamenti, stime o valutazioni opinabili -come in caso di procedimenti sanzionatori-, l'apporto dell'interessato non può ritenersi superfluo, ma concorre ad arricchire, sul piano della legittimità e del merito, l'azione amministrativa, non potendosi affatto escludere a priori che il medesimo sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da conformare diversamente le scelte dell'Amministrazione: in tal caso la comunicazione di avvio è conditio sine qua non per la legittimità dei provvedimenti della P.A.
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.06.2008 n. 1939 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Pianificazione territoriale - D.M. 1444/1968 - Limiti di densità fondiaria - Portata.
In materia di limiti inderogabili di densità edilizia, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, il D.M. 02.04.1968 n. 1444 (art. 7, punto 3) non pone alcun limite -né minimo né massimo- agli indici di densità fondiaria delle zone C, rimettendone la fissazione agli strumenti urbanistici 
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.06.2008 n. 1935 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Approvazione PRG - Modifiche regionali d'ufficio al PRG - In assenza di sostanziali innovazioni - Legittimità.
L'art. 10, comma 2, Legge 1150/1942 consente alla Regione di apportare al piano regolatore modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione (nel caso di specie il TAR ha ritenuto legittima la modifica introdotta dalla Regione che ha ristretto le possibilità di intervento sull'immobile produttivo oggetto di causa alla sola manutenzione ordinaria e straordinaria, salvo incremento fino al 10% della volumetria esistente finalizzata esclusivamente ad adeguamenti igienico-tecnologici funzionali al proseguimento dell'attività in essere)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.06.2008 n. 1934 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Pianificazione territoriale - Vincoli paesaggistici e ambientali - Apposizione vincolo nel P.R.G. su area più ampia rispetto alle previsioni di Leggi Statali e Regionali - Possibilità - Requisiti - Adeguata motivazione.
2. Pianificazione territoriale - Vincoli paesaggistici e ambientali - Apposizione vincolo nel P.R.G. su area più ampia rispetto alle previsioni di Leggi Statali e Regionali - In caso di motivazioni generiche e assenza di esatta indicazione delle aree - Illegittimità.

1. L'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse consegue al verificarsi di una situazione non solo del tutto nuova in fatto e in diritto rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, ma che sia pure tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, anche sotto il profilo strumentale e morale (ad esempio, anche nell'ipotesi di adozione di nuova variante urbanistica che abbia attribuito all'immobile la capacità edificatoria oggetto del ricorso, permane in capo al ricorrente l'interesse, almeno in astratto, ad ottenere il risarcimento dei danni).
I vincoli rinvenibili negli strumenti urbanistici si possono distinguere in ricognitivi -ossia costituiti automaticamente in virtù della previsione di legge speciale e la cui previsione nel P.R.G. assolve a fini di pubblicità e coordinamento con lo strumento urbanistico, che non vi può derogare- e costitutivi, ossia scaturenti direttamente dalla previsione del P.R.G.: in questo secondo genere di vincoli rientrano quelli che pongono delle limitazioni all'edificazione per finalità estetiche (es. tutela dei centri storici), ovvero veri e propri vincoli di inedificabilità, come nel caso della tutela paesistico-ambientale.
Non risulta irragionevole né contrastante con la disciplina di cui alla L. n. 431/1985, l'apposizione di un vincolo nel P.R.G. su un'area territoriale più ampia di quella individuata dalla legge, formando un'ulteriore fascia protetta oggetto di un vincolo di natura costitutiva, purché volta a tutelare un'area di particolare rilevanza paesistica.
2. Nell'ambito della pianificazione del territorio, sussiste in capo alla P.A. la possibilità di porre una disciplina generalizzata più rigorosa e limitativa di quella dei vincoli paesistici imposti dallo Stato o dalla Regione relativamente a beni per i quali vi è maggiore interesse alla tutela paesistica: ciò, a condizione che le ragioni di tale scelta vengano puntualmente rappresentate.
E', pertanto, illegittimo il provvedimento che introduce una fascia verde di rispetto (nella fattispecie, in riva al lago) più estesa di quella prevista dalla legge regionale fondato su argomentazioni generiche, quali l'esigenza di riservare a verde pubblico o a pubbliche attrezzature di servizio tutte le aree ancora libere in riva al lago e privo dell'esatta indicazione delle aree da tutelare
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.06.2008 n. 1924 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Approvazione PRG - Modifiche regionali d'ufficio al PRG - In assenza di consenso del Comune - Illegittimità.
2. Approvazione PRG - Modifiche regionali d'ufficio al PRG - Illegittimità- Conseguenze.

1. Le modificazioni apportate d'ufficio al PRG dalla Regione, senza il consenso del Comune, qualora esorbitino dai limiti di cui all'art 10 Legge 1150/1942, sono illegittime.
2. Qualora in sede di approvazione del PRG la Regione introduca modifiche d'ufficio, il loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale, da un lato, incide sul contenuto sostanziale del piano, privandolo delle prescrizioni aggiuntive di cui sia stata accertata l'illegittimità, ma, dall'altro, non fa venire meno l'effetto provvedimentale proprio della delibera di approvazione, con la conseguenza che il PRG deve intendersi approvato e vigente anche in relazione ai terreni per cui è causa secondo l'originaria scelta pianificatoria effettuata dal Comune in sede di adozione
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 03.06.2008 n. 1917 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione e concessione - Passo carraio - Revoca - Assenza di interesse pubblico - Illegittimità.
Considerato che la disciplina dettata dal codice stradale per i passi carrai è finalizzata alla sicurezza della circolazione e che prescinde dal regime dominicale delle aree su cui si esercita il passaggio e che, ex art. 27, comma 4, D.Lgs. 295/1982, le autorizzazioni in materia sono accordate senza pregiudizio dei diritti dei terzi, i quali sono pertanto legittimati a far valere le proprie pretese dinanzi al giudice ordinario, ne consegue che, in caso di revoca dell'autorizzazione dovuta alla sola opposizione al passaggio manifestata dai controinteressati per motivi attinenti unicamente ai rapporti tra proprietà finitime, non essendo ravvisabili ragioni di interesse pubblico sottese alla revoca, la stessa è da ritenersi illegittima
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 03.06.2008 n. 1915 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISull’inderogabilità del principio di pubblicità delle sedute di gara.
La circostanza per cui, nei settori speciali, l’art. 226 del d.lgs. n. 163/2006, il quale stabilisce i contenuti dell’invito a presentare offerte o a negoziare, non prevede alcuna forma di pubblicità delle sedute, non esclude il rispetto del principio di pubblicità, atteso che la ratio ispiratrice della pubblicità delle sedute di gara è comune in ogni procedura concorsuale di scelta del contraente relativa a qualsiasi contratto pubblico di lavori, servizi e forniture, ed è rivolta a tutelare le esigenze di trasparenza e imparzialità che devono guidare l'attività amministrativa e che caratterizzano tutta la disciplina dell’evidenza pubblica (art. 97, comma 1, della Cost. e art. 1, commi 1 e 1-ter, della l. 07.08.1990, n. 241) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.04.2008 n. 1856 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Demolizione - Ristrutturazione edilizia (nozione e limiti) - D.I.A. - Limiti - Ristrutturazioni edilizie di portata minore - T.U. edilizia - Permesso di costruire - Ricostruzione su ruderi - “nuova costruzione”.
Sono sempre realizzabili con d.i.a. le ristrutturazioni edilizie di portata minore quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la iniziale consistenza urbanistica.
Gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, primo comma, lettera c), del T.U. edilizia (non di portata minore) sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati con d.i.a. se “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d’uso”. Se però comportano la preventiva demolizione dell’edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l’edificio precedente. La ricostruzione su ruderi costituisce sempre “nuova costruzione”.
La demolizione, per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di “ristrutturazione edilizia” deve essere contestualizzata temporalmente nell’ambito di un intervento unitario volto alla conservazione dell’edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell’inizio dei lavori (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 16.06.2006 n. 20776 -
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AGGIORNAMENTO AL 03.11.2008

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dossier AFFIDAMENTO IN HOUSE

APPALTI SERVIZI: Una Comunità Montana che agisce quale Ente locale capofila, per la disciplina della gestione associata del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento RSU e assimilabili è incompetente ad individuare il modello dell'affidamento in house.
Le Comunità Montane sono Enti locali sovracomunali, costituiti "per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali" (art. 27, c. 1, del T.U.E.L).
Gli Enti locali possono affidare ad una Comunità Montana, che agisce quale Ente locale capofila, per la disciplina della gestione associata (nel caso di specie, del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento RSU e assimilabili) il compito di individuare la forma di gestione di un più vantaggiosa anche sotto il profilo economico, conservando tuttavia la titolarità dei rispettivi servizi.
Se tuttavia la scelta cade sul modello di delegazione interorganica, la verifica dei requisiti che devono indefettibilmente e cumulativamente concorrere per legittimare l'affidamento diretto ad una società pubblica: l'esercizio su di essa, da parte degli Enti locali soci, di un controllo analogo a quello esercitato sui loro servizi e la realizzazione, da parte della Società, della quota più importante della propria attività con l'Ente o gli Enti pubblici che la controllano, va condotta con riferimento a ciascuna amministrazione titolare del servizio, ossia ad ogni singolo Comune delegante: quest'ultimo non viene espropriato della competenza attribuitagli dal legislatore, e quindi la mediazione realizzata per mezzo della delega rilasciata alla Comunità Montana non esclude che lo stesso debba mantenere in proprio il controllo diretto sulla Società affidataria.
Ne consegue che la Comunità Montana è incompetente ad individuare il modello dell'affidamento in house, in quanto il rapporto di immedesimazione organica deve coinvolgere direttamente il Comune affidante e il suo apparato amministrativo, senza possibilità di delega a soggetti terzi (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.10.2008 n. 1440 -
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APPALTI SERVIZISul legittimo affidamento di un servizio ad una società pubblica.
Come chiarito fin dalla sentenza della Corte di Giustizia 18/11/1999, resa nel procedimento C-107/98 (Teckal), e da ultimo confermato nelle pronunce della sez. II 19/04/2007 (C-295/05) e 17/07/2008 (C-371/05), due elementi devono indefettibilmente e cumulativamente concorrere per legittimare l’affidamento diretto ad una Società pubblica: l’esercizio su di essa, da parte degli Enti locali soci, di un controllo analogo a quello esercitato sui loro servizi e la realizzazione, da parte della Società, della quota più importante della propria attività con l’Ente o gli Enti pubblici che la controllano.
E’ noto che la libera concorrenza è uno dei principi guida del Trattato dell’Unione Europea, ed è finalizzata a garantire parità di accesso alle commesse pubbliche a tutte le imprese che operano entro i suoi confini. L’obiettivo può essere tuttavia vanificato da particolari situazioni economiche capaci di porre alcune imprese in una condizione di privilegio o comunque di favore: ciò si verifica senz’altro quando un operatore usufruisce di un aiuto di Stato, sia nella forma tradizionale della provvidenza economica che riduce o copre totalmente i costi della sua attività, sia mediante la garanzia di una posizione di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese. Per questo le azioni comunitarie tendono da un lato ad assimilare il più possibile la Società partecipata all’amministrazione controllante e dall’altro a preservare il mercato privato dall’elemento di disturbo rappresentato dall’ingresso di tale tipologia di impresa: lo scopo è perseguito applicando il principio del “controllo analogo” e il requisito della “attività prevalente”, vale a dire della tendenziale esclusività dell’attività economica a favore dell’azionista (C.G.A. Sicilia, sez. giurisdizionale – 04/09/2007 n. 719).
La giurisprudenza comunitaria, ad ogni modo, ammette che un’autorità pubblica che sia amministrazione aggiudicatrice possa assolvere i compiti istituzionali e realizzare gli interessi pubblici ad essa affidati mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a ricorrere ad entità esterne estranee alle proprie strutture e ai propri servizi (cfr. Corte di Giustizia CE – 11/01/2005 causa C-26/03 Stadt Halle).
Non è, dunque, vietato all’amministrazione sottrarre al mercato attività in relazione alle quali ritenga di dover provvedere direttamente con la propria organizzazione.
E’ stato sul punto efficacemente rilevato che la creazione di un mercato comune e l’applicazione delle regole di tutela della concorrenza non ostacolano lo svolgimento della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, riconosciuta dalle istituzioni comunitarie agli Stati membri. Non siamo in questo caso di fronte ad una deroga alla disciplina europea delle libertà economiche, ma ad una fattispecie che si colloca al di fuori del mercato: in buona sostanza, le norme che regolano la concorrenza nel settore degli appalti e delle concessioni presuppongono un rapporto con il mercato, per cui l’amministrazione può decidere, in alternativa, di non rivolgersi ad esso per una o più attività di competenza, optando per il ricorso all’autoproduzione (cfr. TAR Sardegna, sez. I – 21/12/2007 n. 2407).

Del resto, nel panorama delineato si inquadra organicamente l’art. 13 del D.L. 223/2006 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006, il quale testualmente dispone che “Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti …”.
La Sezione ha recentemente statuito che la ratio della disposizione citata si rinviene nella circostanza che l’Unione Europea ha reiteratamente imposto agli Stati membri di regolamentare l’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi costituiti o partecipati da Enti pubblici, evitando distorsioni alle dinamiche concorrenziali e pregiudizi nei confronti dei soggetti privati: la finalità della norma, di chiusura del sistema, è pertanto quella di delimitare la posizione di vantaggio competitivo di dette Società, che hanno beneficiato di un accesso privilegiato alle commesse della pubblica amministrazione a danno di altri operatori privati (cfr. sentenza Sezione 27/12/2007 n. 1373).
Nel nostro ordinamento, la materia controversa è regolata dall’art. 113, comma 5, lettera c), del D. Lgs. 267/2000 che permette l’affidamento diretto –senza gara pubblica– della gestione di servizi pubblici locali a “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”. La disposizione si allinea ai principi comunitari diffusamente illustrati, e la sua introduzione è conseguita ad una procedura d’infrazione nei confronti della Repubblica italiana, avviata dalla Commissione europea nel novembre 2000.
Come si evince dalla formulazione letterale della norma –che individua alternativamente l’Ente o gli Enti pubblici “… titolari del capitale sociale”– in linea generale non vi sono ostacoli a ritenere ammissibile che una pluralità di Enti locali proceda all’affidamento diretto di un dato servizio ad una Società di capitali partecipata soltanto da essi, per quote commisurate all’interesse di cui ciascuno è titolare. E’ tuttavia indispensabile la sussistenza della condizione del controllo analogo, riferito alla capacità di influenzare la gestione della Società nel suo complesso e che deve essere accertato caso per caso con riguardo agli elementi che caratterizzano i soggetti interessati.
La Sezione, chiamata ad esprimersi sulla questione in esame in diverse pronunce (cfr. sentenze 05/12/2005 n. 1250; 07/11/2005 n. 1123; 28/02/2006 n. 238; 16/03/2006 n. 301; 02/05/2006 n. 450), ha ritenuto in tutti quei casi insussistente il rispetto delle condizioni necessarie a configurare –da parte dei Comuni che detenevano un’esigua quota percentuale di capitale sociale– una situazione di controllo analogo a quello svolto sui propri servizi: in quelle ipotesi non era riscontrabile un’influenza determinante sugli obiettivi e sulle scelte gestionali delle Società affidatarie, da svolgersi anche collettivamente con gli altri soci al di fuori degli ordinari poteri dell’Assemblea della Società.
Infatti, come affermato anche dalla sentenza della Corte di Giustizia in data 13/10/2005 nella causa C-458/03 (Parking Brixen GmbH), il controllo analogo su una Società pubblica non sussiste ove lo Statuto conferisca al Consiglio di Amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che l’Ente affidante possa influirvi, e configuri un ampio oggetto sociale: in particolare l’impresa non deve aver acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo, la quale può risultare, tra l’altro, dall’ampliamento dell’oggetto sociale, dall’apertura obbligatoria ad altri capitali e dall’espansione territoriale dell’attività a tutto il territorio nazionale e all’estero (cfr. Corte di giustizia – 10/11/2005, C-29/04; Consiglio di Stato, sez. V – 30/08/2006 n. 5072).
In termini positivi, per configurare il controllo analogo è necessario uno strumento di carattere sociale ovvero anche parasociale –ma diverso dai normali poteri che un socio, anche totalitario, esercita in assemblea– che in ogni momento possa vincolare l’affidataria agli indirizzi dell’affidante ossia garantire un’influenza determinante del secondo sulla prima, con riguardo sia agli obiettivi strategici che alle decisioni più importanti (cfr. sentenza Parking Brixen GmbH, cit., par. 65).
In linea generale è pertanto necessaria la previsione, a favore dell’Ente pubblico, di strumenti di controllo più intensi di quelli riconosciuti dal diritto societario alla maggioranza assembleare (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 28/12/2007 n. 6736; sez. VI – 03/04/2007 n. 1514).
La giurisprudenza ha ritenuto sussistere un’incisiva ingerenza ove lo Statuto della Società preveda poteri speciali in capo all’Ente pubblico – quali la nomina del Presidente e di un numero predeterminato di membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio sindacale (cfr. Tar Campania Napoli, sez. I – 30/03/2005 n. 2784) ovvero quando venga costituito un apposito organo con penetranti poteri di controllo sulla gestione straordinaria ed ordinaria della Società, quale ad esempio l’Assemblea di coordinamento intercomunale, costituita dai legali rappresentanti di ciascun Ente locale (o loro delegati), ognuno con responsabilità e diritto di voto pari alla quota di partecipazione (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia – 15/07/2005 n. 634).
Tali elementi devono ricorrere a maggior ragione nei casi in cui l’Ente affidante non dispone della totalità delle quote della Società, ma ha acquisito una partecipazione di minoranza insufficiente, da sola, ad integrare la forma di controllo in questione (Corte di Giustizia CE, Grande sezione – 21/07/2005 causa C-231/03 (Coname - Comune di Cingia De’ Botti).
La Corte di Giustizia ha altresì ripetutamente sostenuto che, trattandosi di un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, la sussistenza del “controllo analogo” deve formare oggetto di un’interpretazione restrittiva, e l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regole grava su colui che intenda avvalersene (cfr. ex plurimis Corte di Giustizia CE, sez. I – 06/04/2006 causa C–410/04 ANAV).
Deve peraltro essere rilevato che l’accertamento di un rapporto assimilabile ad una subordinazione gerarchica del soggetto controllato deve tener conto delle caratteristiche proprie di una Società a responsabilità limitata, chiamata ad agire mediante gli organi di cui è dotata e che assumono rituali deliberazioni.
Se non è certamente sufficiente, alla luce di quanto ampiamente esposto, un mero controllo “a posteriori” per soddisfare il requisito del controllo analogo –dato che non consente all’autorità pubblica di influenzare preventivamente le decisioni degli organismi societari– l’indagine deve necessariamente investire le clausole e le prerogative che attribuiscono agli Enti locali partecipanti effettive possibilità di ingerenza nella sfera decisionale del soggetto affidatario: in particolare esse debbono tradursi in una penetrante azione propulsiva o propositiva sulle linee strategiche ed operative della Società (con la determinazione degli ordini del giorno degli organi sociali, l’indicazione dei dirigenti da nominare e l’elaborazione di direttive sulla politica aziendale) e in incisivi poteri suscettibili di inibire iniziative o decisioni che si pongano in contrasto con i propri interessi.
In buona sostanza ciascun Ente locale –a prescindere dalla quota (più o meno consistente) detenuta– deve poter esercitare un effettivo potere di veto sulle deliberazioni societarie, in modo da paralizzare quelle decisioni o quelle attività ritenute non congrue o non compatibili con gli interessi della collettività e del territorio di riferimento, a favore dei quali è prestato il servizio dato in affidamento (TAR Lazio Roma, sez. II-ter – 16/10/2007 n. 9988).
Il Consiglio di Stato ha di recente riassunto i menzionati elementi evidenziando in particolare la necessità che:
a) lo statuto della Società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati;
b) il Consiglio di Amministrazione della Società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’Ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale;
c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’Ente pubblico e che risulta tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della Società a tutta l’Italia e all’estero;
d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’Ente affidante.
Ne consegue che l’in house esclude la terzietà in quanto l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale –pur dotato di autonoma personalità giuridica– si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’Ente affidante, che è in grado di determinarne le scelte esercitando un’influenza dominante (Consiglio di Stato, adunanza plenaria – 03/03/2008 n. 1)
(TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.10.2008 n. 1440 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier CONSIGLIERI COMUNALI

URBANISTICALe conseguenze della violazione dell'obbligo di astensione -da parte di consiglieri comunali- dalla votazione di piani urbanistici e/o attuativi comporta non l’annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma l’annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali.
Se è pur vero che, secondo un consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa, i consiglieri comunali che siano portatori di interessi personali che possano determinare posizioni di conflittualità in ordine alle decisioni da assumere sono tenuti ad astenersi dalle relative deliberazioni e ad allontanarsi dall’aula (cfr. per tutti Cons. St., IV, 03.09.2001, n. 4622, e V, 23.02.2001, n. 1938), e ciò anche nell’ipotesi di parentela con l’amministratore di una persona giuridica (Cons. St., IV, 30.01.2001, n. 313), deve pur tuttavia evidenziarsi che sulla questione relativa all’obbligo di astensione in sede di pianificazione urbanistica è intervenuta nelle more del giudizio la L. 03.08.1999, n. 265, che all’art. 19 (oggi trasfuso nell’art. 78 del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267), ha legislativamente tipicizzato le conseguenze della violazione di tale obbligo di astensione nell’ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell’annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell’annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali.
In altri termini, la norma sopravvenuta viene oggi nella sostanza a limitare il potere di annullamento di questo Tribunale in relazione alla violazione dell’obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull’atto assunto in violazione di tale obbligo, per cui può allo stato eventualmente disporsi l’annullamento solo parziale del piano, relativo cioè alle sole parti dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi dei consiglieri comunali.
Se tale è la conseguenza nell’ipotesi in cui il vizio dedotto sia fondato, sembra alla Sezione che, con riferimento a tale possibile effetto, i ricorrenti avrebbero necessariamente dovuto dimostrare di trarre una qualche utilità da tale annullamento, pena l’inammissibilità del motivo (TAR Abruzzo, Pescara, 22.02.2002 n. 271). Ne consegue che il ricorrente, per dimostrare il proprio interesse all’impugnazione, deve dedurre in qualche modo che le previsioni urbanistiche che lo riguardino siano collegate a quelle da lui contestate (TAR Piemonte sez. I, 08-03-2006, n. 1157), ed in quale modo sia rilevante, per la sfera giuridica del ricorrente, la futura rinnovazione parziale della programmazione del territorio comunale (TAR Sardegna, sez. II, 25.03.2005 n. 431) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.09.2008 n. 4275 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATAIl decorso dei 30 gg. dalla data di presentazione della d.i.a. non impedisce -al Comune- l'esercizio del suo ordinario potere sanzionatorio-repressivo per ogni trasformazione edilizia contrastante con la disciplina urbanistica.
Nel procedimento di denuncia di inizio di attività, disciplinato dall'art. 23 T.U. 06.06.2001 n. 380, la scadenza del termine perentorio di trenta giorni preclude all'Autorità comunale competente l'esercizio del suo potere di controllo a fini inibitori (previsto dal comma 6, in relazione al comma 1), ma non impedisce l'esercizio del suo ordinario potere sanzionatorio-repressivo per ogni trasformazione edilizia contrastante con la disciplina urbanistica.
Rimane pertanto impregiudicato il potere-dovere del Comune e dell'Autorità giudiziaria di intervenire sul piano sanzionatorio nel caso in cui l'intervento realizzato a seguito della presentazione della denuncia di inizio di attività, risulti sottoposto a permesso di costruire (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1822 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier D.U.R.C.

APPALTI: DURC, Le Amministrazioni procedenti non possono legittimamente arrestarsi alla presa d’atto del responso fornito dall’agenzia delle entrate, bensì devono effettuare un’autonoma istruttoria circa i caratteri della irregolarità tributaria.
Ciascuna impresa che abbia in corso un procedimento di accertamento tributario non può dichiarare di essere in regola, ma deve manifestare fin dall’inizio l’esistenza di tale situazione, alla cui valutazione provvederà l’Autorità destinataria della dichiarazione medesima.
Le imprese che intendano partecipare alle pubbliche gare d’appalto hanno l’onere, allorché rendono le autodichiarazioni previste dalla legge o dal bando, di rendersi particolarmente diligenti nel verificare preliminarmente (attraverso la documentazione in loro possesso o anche accedendo ai dati dei competenti uffici) che tali autodichiarazioni siano veritiere. La falsa o incompleta attestazione dei requisiti di partecipazione ha rilevanza oggettiva, sicché il relativo inadempimento non tollera ulteriori indagini da parte dell’Amministrazione in ordine all’elemento psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla gravità della violazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17.04.2003 n. 2081; Id., 09.12.2002 n. 6768).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di regolarità fiscale, deve perciò distinguersi. E’ illegittima l’esclusione quando l'impresa abbia tempestivamente impugnato, prima della pubblicazione del bando, la richiesta di pagamento di tributi che ritiene non dovuti, ma a diversa conclusione si perviene nel caso in cui l’impresa abbia dichiarato espressamente, nella domanda di partecipazione, di essere in regola con i doveri fiscali, nonostante l’effettiva presenza di contenziosi pendenti: in tal caso infatti la dichiarazione, a pena di esclusione, deve essere completa dell’indicazione di detto contenzioso (in questo senso Cons. Giust. Amm. Sicilia, 28.07.2006 n. 470; TAR Puglia, Bari, sez. prima, 12.06.2008, n. 1479).
Le Amministrazioni procedenti non possono legittimamente arrestarsi alla presa d’atto del responso fornito dall’agenzia delle entrate, bensì devono effettuare un’autonoma istruttoria circa i caratteri della irregolarità tributaria. Tale attività di verifica ed apprezzamento, da svolgersi in contraddittorio con l’impresa interessata, non può essere surrogata dalle attestazioni del soggetto impositore al quale compete solo di attestare l’esistenza e l’entità del rapporto debitorio. Del pari, spetta al giudice amministrativo il sindacato sulla motivazione addotta dalla stazione appaltante, all’atto dell’esclusione dalla gara, circa la ricorrenza dei presupposti e definitività delle pendenze tributarie (condivisibile, in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 20.09.2005 n. 4817, riferita all’art. 75 del previgente regolamento sui lavori pubblici)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I. sentenza 24.10.2008 n. 2373 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIDURC, sulle violazioni gravi in materia previdenziale ed assistenziale.
L'art. 38, comma 1, lett. i), del codice dei contratti pubblici, secondo cui sono escluse dalla partecipazione alle procedure di gara e dalla stipula dei relativi contratti i soggetti che "che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti", nel richiedere il presupposto della gravità delle violazioni ed il loro definitivo accertamento stabilisce, in via generale ed in linea con l’orientamento comunitario (vd. Corte di Giustizia CE, I, 09.02.2006, C-226/04 e C-228/04), che l'inadempimento contributivo può essere considerato causa di esclusione solo ove sia grave e definitivamente accertato (in termini Cons. St., VI, 27.02.2008 n. 716) (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 22.10.2008 n. 537 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier TELEFONIA MOBILE

EDILIZIA PRIVATAPer gli impianti di radio-telecomunicazione vige l'autorizzazione unica di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, la quale assorbe la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento.
Vige il principio dell’autorizzazione unica in materia di impianti di radio–telecomunicazioni di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, la quale assorbe la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento (TAR Piemonte, Sez. I, ord. n. 530/2008 del 14/06/2008; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27.10.2006, n. 6439).
Recente giurisprudenza ha affermato che il permesso di costruire stazioni radio base per la telefonia mobile è sostituito dall’autorizzazione unica di cui al citato art. 87 “in quanto rilasciata a seguito di un procedimento unico che assorbe la verifica della compatibilità urbanistica dell’intervento” (TAR Calabria–Reggio Calabria, 14.01.2008, n. 19).
Il Consiglio di Stato ha delimitato il potere localizzativo dei Comuni, agli ambiti circoscritti dall’art. 8 della L. n. 36/2001, statuendo che “nel caso in cui un Comune non abbia dettato la normativa regolamentare di cui all’art. 8, comma 6, L. 22.02.2001 n. 36, in ordine alla localizzazione nel proprio territorio di impianti per telefonia mobile, l’installazione di antenne o tralicci per detti impianti è soggetta –sotto il profilo urbanistico– ai principi di carattere generale, che vedono tralicci ed antenne di rilevanti dimensioni, da una parte, valutabili come strutture edilizie soggette a permesso di costruire (ora ad assenso autorizzativo, assorbente rispetto a tale permesso) non collocabili in zone di rispetto, o comunque soggette a vincolo di inedificabilità assoluta, ma che dall’altra impongono di considerare tali manufatti –in quanto parte di una rete di infrastrutture, qualificate come opere di urbanizzazione primaria, nonché in quanto impianti tecnologici e volumi tecnici– compatibili con qualsiasi destinazione di P.R.G. delle aree interessate” (Consiglio di Stato, Sez. VI - sentenza 21.04.2008 n. 1767 ).
Il Consiglio ha ribadito l’impossibilità dei Comuni di introdurre attraverso l’esercizio del delineato potere regolamentare, limiti generalizzati alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile, poiché “la concreta individuazione dei siti deve avvenire in modo tale che la realizzazione della rete assicuri la copertura del servizio pubblico nell'intero territorio comunale” (Consiglio di Stato, Sez. VI - sentenza 19.05.2008 n. 2287) ritenuto, pertanto, che il Comune intimato non possa addurre a fondamento dell’impugnato diniego una diposizione di PRG assolutamente generica, non dettata nell’esercizio dello specifico potere regolamentare di localizzazione delle stazioni radio base ai sensi dell’art. 8 della l. n. 36/2001 e opinato altresì che dalla invocata norma di piano non si desume in maniera espressa un divieto di installazione, nella zona urbanistica considerata, di impianti e stazioni radio base di telefonia mobile, divieto che pure sarebbe illegittimo al lume della richiamata giurisprudenza (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 09.10.2008 n. 2538 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATA: L'autorizzazione paesaggistica va motivata ancor più se è favorevole.
Il termine perentorio di sessanta giorni, previsto dall’art. 82, IX comma del DPR n. 616/1977, nel testo modificato dal DL n. 312/1985 convertito con modificazioni dalla legge n. 431/1985, si riferisce solo all’adozione del provvedimento ministeriale di annullamento di nulla osta paesistico, e non anche alla successiva fase di comunicazione o notificazione (cfr., da ultimo, CdS, VI, 29.01.2008 n. 224; 29.03.2007 n. 1472). Così che è irrilevante che la comunicazione dell’atto di annullamento avvenga dopo la scadenza di detto termine, trattandosi di incombente esterno rispetto al perfezionamento dell’iter procedurale relativo al controllo ministeriale. 
Il termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione del provvedimento di annullamento inizia a decorrere solo da quando la documentazione perviene, completa, all’organo competente a decidere (CdS, IV, 04.12.1998 n. 1734), che, all’epoca dei fatti di causa, era il Ministro, e non gli organi periferici dell’Amministrazione dei beni culturali (CdS, VI, 03.03.1994 n. 241). Sicché, se competente è il Ministro (in difetto di delega alla locale Soprintendenza), il termine decorre da quando gli atti pervengono al Ministro e non da quando arrivano agli organi periferici (cfr., da ultimo, CdS, VI, 29.01.2008 n. 224; 19.01.2007 n. 92).
L'esposizione delle ragioni su cui l'atto amministrativo si fonda agevola la concreta attuazione dei principi costituzionali di trasparenza e buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) e che, pertanto, per aversi la concreta “giustizia nell'amministrazione” (art. 100 Cost.) vanno motivati anche i provvedimenti positivi per colui che ne chiede l’emanazione, come ben può evincersi dall'art. 3 della legge 07.08.1990 n. 241 che di tali valori, costantemente enunciati dalla giurisprudenza amministrativa, costituisce esplicita espressione di diritto positivo (cfr. sul punto, ex multis, CdS, V, 17.10.1995 n. 1431). Nel caso di specie, invece, la Provincia ha “ritenuto che il progettato intervento….non rechi sostanzialmente pregiudizio per la tutela dell’ambiente”, conseguentemente autorizzandolo: si tratta, com’è evidente, di mera clausola di stile che non spiega minimamente come il progettato intervento si inserisca nel contesto ambientale tutelato senza pregiudicarne i valori, tenuto conto, in particolare, che un progetto sostanzialmente identico era già stato precedentemente annullato dal Ministero perché contrastante con la morfologia delle costruzioni esistenti sul territorio
(TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.10.2008 n. 3265 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 44 del 28.10.2008, "Piano Regionale Stralcio di bonifica delle aree contaminate indicante le priorità di intervento, a seguito di Valutazione Ambientale, sui siti contaminati presenti sul territorio regionale (art. 245, c. 3, d.lgs. n. 152/2006)" (deliberazione C.R. 30.09.2008 n. 701 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 44 del 28.10.2008, "Valorizzazione del patrimonio culturale immateriale" (L.R. 23.10.2008 n. 27 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 44 del 27.10.2008, "Costituzione dell'Osservatorio permanente della programmazione territoriale, articolo 5 della legge regionale 11.03.2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)" (deliberazione C.R. 30.09.2008 n. 703 - link a www.infopoint.it).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGO: Parere alla città di Anagni in merito alla nomina del medico competente ai sensi del D.Lgs. 09.04.2008, n. 81 e art. 76 D.L. 25.06.2008, n. 112 (parere UPPA 29.09.2008 n. 52/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere all'ufficio per la formazione del personale delle pubbliche amministrazioni in merito agli incarichi individuali conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 7, comma 6, del D.Lgs 30.03.2001, n. 165 (parere UPPA 14.10.2008 n. 51/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

ENTI LOCALI: Parere alla Asl della provincia di Alessandria in merito alla responsabilità amministrativa degli amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica (parere UPPA 16.10.2008 n. 50/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal comune di Potenza in materia di "Trattamento economico spettante agli amministratori locali" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Basilicata, parere 15.10.2008 n. 79 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dal Comune di Viù (TO) in materia di trasformazione a tempo pieno di un contratto di lavoro a tempo parziale (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 14.10.2008 n. 28 - link a www.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: Parere richiesto dalla Regione Piemonte in materia di incarichi esterni (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 14.10.2008 n. 27 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere richiesto dalla Provincia di Cuneo in materia di stabilizzazione (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 14.10.2008 n. 25 - link a www.corteconti.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGOPensione ed esonero nel pubblico impiego.
I dipendenti pubblici (tranne il personale della scuola) con 35 anni di anzianità di servizio, per gli anni 2009-2011 può ottenere un esonero, cioè una sospensione del rapporto di lavoro, di durata variabile, fino ad un massimo di cinque anni e percepire un trattamento economico temporaneo pari al 50% di quello goduto per competenze fisse ed accessorie, e maturare i contributi in misura intera.
Se il dipendente svolge in modo continuativo ed esclusivo attività di volontariato opportunamente documentata, la misura del trattamento economico temporaneo è elevata al 70%. La richiesta di esonero deve essere presentata entro il 1° marzo di ciascun anno (a condizione che entro l'anno solare sia raggiunto il requisito minimo di anzianità contributiva) e non è revocabile. L'esonero non consente l'instaurazione di rapporti di lavoro dipendente con soggetti privati o pubblici. Durante tale periodo il dipendente può svolgere prestazioni di lavoro autonomo con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità, purché non a favore di amministrazioni pubbliche o di società e consorzi dalle stesse partecipati.
Circa il trattenimento in servizio, la nuova normativa distingue una fase transitoria da una a regime. La differenza rispetto alla precedente normativa (art. 16 decreto legislativo 503/1992) è nella facoltà attribuita all'amministrazione di avvalersi o no del dipendente anche dopo che abbia maturato il diritto di andare in pensione. Sulla risoluzione del rapporto di lavoro le norme sono immediatamente applicabili e l'amministrazione pubblica è tenuta a rispettare il preavviso di 6 mesi dopo che il dipendente abbia raggiunto l'anzianità contributiva di 40 anni (
link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI SERVIZI: IL SUBAPPALTO DI SERVIZI E FORNITURE (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: R. Invernizzi, LE INTEGRAZIONI APPORTATE ALL’ISTITUTO DELL’AVVALIMENTO DAL “TERZO CORRETTIVO” AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (link a www.federalismi.it).

ENTI LOCALI: F. Marcellino, Depurazione e fognatura: se non vi è il servizio la tariffa non si paga - E le somme indebitamente versate? (link a www.diritto.it).

APPALTI: M. Porfilio, Genesi del risarcimento da lesione di interesse legittimo ed il risarcimento in forma specifica in subiecta materia (link a www.diritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: L. Perlini, Tutela avverso possibili limitazioni dei diritti di veduta (art. 907 C.C.) (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: B. Zirillo, La validità degli atti amministrativi dipende anche dalla sottoscrizione (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: F. M. Nurra, I connotati del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti ad una società a totale capitale pubblico (nota a TAR Sardegna - Sez. I - sentenza 12.08.2008 n. 1721) (link a www.diritto.it).

APPALTI: L. Olmi, L’istituto dell’avvalimento alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici (link a www.diritto.it).

ENTI LOCALI: A. Bruno, Il Segretario generale: funzioni, costituzionalità del sistema dello spoil system, mantenimento della figura dopo la riforma del titolo V della Costituzione (link a www.diritto.it).

INCARICHI PROGETTAZIONE: V. Latorraca, Nota alla sentenza TAR Milano, Sez. I, 28.07.2008 n. 3091 in materia di requisiti di partecipazione dei componenti di un R.T.P. relativamente ad un appalto di servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria (progettazione) (link a www.diritto.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’articolo 118, al comma 11, definisce subappalto “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare.”
Dal combinato disposto del secondo e ottavo comma dell’articolo 118 si evince che, per avvalersi del subappalto, l’appaltatore deve dichiarare l’intenzione di subappaltare e presentare alla stazione appaltante apposita istanza; entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza la stazione appaltante provvede all’autorizzazione, trascorso tale lasso temporale l’autorizzazione si intende concessa.
Il medesimo comma 8 prescrive altresì che per i subappalti di importo inferiore al due per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell’autorizzazione sono dimezzati.
Il combinato disposto del comma 8 e del comma 11 dell’articolo 118 ha creato difficoltà interpretative dal momento che da un lato si considerano subappalti solo i subcontratti di importo superiore al 2 per cento o a 100.000 euro mentre dall’altro si estende la nozione di subappalto anche ai subcontratti di importo inferiore al 2 per cento dell’importo dei lavori affidati o di importo inferiore a 100.000 euro.
L’Autorità si è pronunciata sull’argomento nella determinazione n. 6 del 27.02.2003 sostenendo che il comma 12 dell’articolo 18 della legge n. 55/1990, ora trasfuso nel comma 11 dell’articolo 118, riguardi i cosiddetti “contratti similari (cioè quei sub-affidamenti relativi a prestazioni che non sono lavori ma prevedono l’impiego di mano d’opera, come nel caso della fornitura con posa in opera e dei noli a caldo), in relazione ai quali vengono stabilite le soglie economiche per considerarli equiparati ai subappalti di lavori ed assoggettarli –conseguentemente– alla medesima disciplina”.
Pertanto, l’Autorità ha ritenuto che “devono essere soggetti al regime di autorizzazione tutti i subappalti di lavori, senza alcun discrimine in ordine all’entità percentuale dell’importo o della manodopera, se non inteso come circoscritto all’abbreviazione dei tempi connessi agli adempimenti di competenza della stazione appaltante”.
Nella medesima determinazione l’Autorità ha anche precisato che per i subaffidamenti di importo inferiore al due per cento o ai 100.000 euro deve comunque essere assicurato il rispetto dei principi o generali che regolano la materia e che spetta alla stazione appaltante il diritto-dovere di esercitare i poteri conferiti dalla legge, in relazione ad alcuni limiti nel ricorso ai subcontratti (tra cui quelli inerenti le forniture con posa in opera ed i noli a caldo).
Nel caso di specie, la società LA PORTA 2000 s.r.l. non ha dichiarato l’intenzione di subappaltare la posa in opera delle pellicole per vetri, pur non essendo in possesso delle caratteristiche tecniche previste dal capitolato speciale d’appalto.
Tuttavia, essa ha dichiarato di aver provveduto ad affidare tale attività ad una ditta titolare di quelle caratteristiche tecniche, adducendo che, in ogni caso, tale subaffidamento è di importo inferiore al due per cento dell’importo contrattuale.
A garanzia del rispetto dei principi in materia di contratti pubblici, la stazione appaltante deve provvedere in sede di gara ad accertare la capacità dell’impresa ad eseguire le prestazioni tecniche previste nel contratto e, conseguentemente, valutare se l’eventuale carenza di specifiche caratteristiche prestazionali richieste dal contratto venga poi colmata con subaffidamenti, non dichiarati, da parte dell’aggiudicataria.
Appare pertanto non conforme alla disciplina di cui all’articolo 118 la mancata dichiarazione da parte dell’impresa di procedere a sub affidare l’attività di posa in opera delle pellicole, che seppure di valore inferiore al due per cento dell’importo contrattuale, sarebbe comunque soggetto ad un procedimento autorizzatorio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, di comunicare alle Parti interessate la non conformità dell’aggiudicazione effettuata dal Comune di Todi nei confronti della società LA PORTA 2000 s.r.l. (parere 31.07.2008 n. 209 -
link a massimario.avlp.it).

APPALTI FORNITURE: Ritenuto in diritto:
Come evidenziato dal CUT e riportato in narrativa, la documentazione amministrativa per la partecipazione alla procedura in esame per l’affidamento del contratto di fornitura gasolio ad uso autotrazione, trova elencazione all’art. 11 del Capitolato speciale. Tra i documenti, al punto 8), viene richiesta la “copia licenza UTIF per l’esercizio del deposito commerciale olii minerali, in particolare gasolio e biodisel, con evidenza della consistenza dell’impianto. La suddetta licenza dovrà essere posseduta da ogni singola impresa in caso di ATI o Consorzio, costituiti o costituendi”.
Pertanto, secondo quanto richiesto chiaramente dal Capitolato speciale, la licenza UTIF che i partecipanti alla gara sono chiamati a produrre deve riferirsi sia al deposito gasolio, sia al biodisel. Detto requisito, che, peraltro, non è stato oggetto di contestazione da parte delle ditte concorrenti in sede di partecipazione, non sembra risultare poco chiaro nella dicitura, ovvero indurre in errore i concorrenti. Le ditte, subordinatamente anche al possesso o meno della licenza per l’esercizio del deposito commerciale di gasolio e biodisel, sono state, pertanto, chiamate a valutare la possibilità di partecipare o meno alla procedura di gara in questione.
Ha agito, dunque, correttamente la Commissione di gara la quale, allorché ha riscontrato che la licenza UTIF della Natalizia Petroli S.r.l. riportava il riferimento al solo gasolio e non anche al biodisel, ha richiesto chiarimenti in merito. La ditta, in riscontro a detti chiarimenti, ha confermato di avere la licenza per il solo gasolio, ed ha giustificato la propria partecipazione sulla base della considerazione che la licenza è idonea allo stoccaggio di gasolio miscelato con biodisel al 5%, che viene prelevato dalla raffineria di origine miscelato. La Commissione di gara ha ritenuto detta giustificazione esauriente, posto che l’oggetto della fornitura è gasolio miscelato con biodisel al 5% ed in considerazione del comma 3 dell’art. 42 del D.Lgs. n. 163/2006. Questa volta l’operato della Commissione di gara non sembra essere conforme ai noti principi della normativa di settore, in accordo ai quali la Commissione di gara non può disattendere o disapplicare la lex specialis di gara (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 01.10.2003, n. 5712; 02.11.1998, n. 1485). In caso contrario si determinerebbe una violazione della par condicio di gara, poiché le ditte che non hanno partecipato alla gara, in quanto prive di quel requisito di gara previsto, si vedrebbero lese dalle ditte che, pur non avendo il requisito, hanno preso comunque parte alla gara.
Inoltre il comma 3 dell’art. 42 del D.Lgs. n. 163/2006 citato dalla Commissione di gara, a giustificazione dell’ammissione della Natalizia Petroli S.r.l., appare inconferente, riferendosi la norma al momento di stesura della documentazione di gara, allorché la stazione appaltante fissa i requisiti di partecipazione e si auto vincola agli stessi. Questi ultimi, una volta che sono stati definiti ed indicati nella documentazione di gara, sono cristallizzati e risultano discriminanti per le imprese ai fini della loro partecipazione o meno alla procedura di gara.
Va ancora osservato come la Commissione di gara, quando si trovi innanzi ad incertezze interpretative, potrà applicare la regola del favor partecipationis solo qualora vi siano previsioni della lex specialis di gara poco chiare, sempre nel rispetto dei principi di certezza del diritto, di par condicio dei concorrenti e di trasparenza amministrativa. Per cui, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, va preclusa alla stazione appaltante e alla Commissione di gara qualsiasi esegesi del testo di gara, se essa non sia giustificata da una obiettiva incertezza del significato e non si basi su un procedimento ermeneutico, che conduca all’integrazione delle regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla lettura della sua originaria formulazione.
Nel caso di specie, la previsione del requisito di partecipazione della licenza di gasolio “e” biodisel con la congiunzione copulativa “e” individua una doppia casistica, che deve intendersi cumulativa, tale per cui le ditte che non posseggono contemporaneamente la licenza di biodisel e di gasolio non possono partecipare alla gara in esame.
Pertanto, la rielaborazione operata dalla Commissione di gara, al fine di ammettere la Natalizia Petroli S.r.l. non sembra essere condivisibile in quanto non può, in questo caso, essere invocato il principio del favor partecipationis, essendo la clausola non equivoca ovvero fonte di incertezze interpretative.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, che l’operato della Commissione di gara non risulti essere conforme alla normativa vigente di settore, in quanto l’impresa Natalizia Petroli S.r.l non sarebbe dovuta essere ammessa al prosieguo della gara, stanti i requisiti previsti dalla lex specialis di gara (parere 31.07.2008 n. 208 -
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
L’Autorità con determinazione n. 8/2002 e con pareri n. 122/2007 e n. 150/2008, ha chiarito che il principio dell’assorbenza fra categorie generali e categorie specializzate trova applicazione esclusivamente in riferimento alla OG11, nel senso che, ove nel bando sia richiesta la qualificazione di cui alle categorie di opere specializzate OS3, OS30, OS28 è consentita la partecipazione anche delle imprese qualificate in categoria OG11. Ciò in quanto detta categoria generale è in effetti la sommatoria di categorie speciali e pertanto sussiste la presunzione che un soggetto qualificato in OG11 sia in grado di svolgere mediamente tutte le lavorazioni speciali contenute in questa categoria generale (TAR Brescia 26.10.2006 n. 1349).
Tuttavia, la qualificazione per la categoria di opere generali OG11 assorbe quella per la categoria di opere speciali, solo nel caso in cui la disciplina speciale della singola gara non rechi alcuna clausola in contrario.
Nel caso in esame, il bando contiene chiara ed esplicita previsione che il requisito delle categorie specialistiche OS28 e OS30 non può essere soddisfatto con l’iscrizione alla categoria OG11.
Per quanto sopra riportato, l’impresa Co.Fa.M. s.r.l., in possesso di qualificazione nella categoria OG11, non può partecipare all’appalto in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che laddove la disciplina di gara rechi specifica clausola, non può essere applicato il principio di assorbenza della categoria OG11 con le categorie specializzate previste nel bando di gara (parere 31.07.2008 n. 207 -
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GIURISPRUDENZA

ATTI AMMINISTRATIVISull'accesso agli atti e sulla salvaguardia o meno del diritto alla riservatezza.
Il diritto alla riservatezza non può essere invocato quando la richiesta di accesso ha per oggetto il nome di coloro che hanno reso segnalazioni, denunce o rapporti informativi nell’ambito di un procedimento ispettivo (cfr., Cons. Stato Sez. V, 27.05.2008 n. 2511; Sez. VI, 23.10.2007 n. 5569; Sez. VI, 25.06.2007 n. 3601; Sez. VI, 12.04.2007, n. 1699; Sez. V, 22.06.1998 n. 923; Ad. Plen. 04.02.1997 n. 5).
In linea generale va premesso che il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza è stato risolto direttamente dal legislatore grazie al vasto intervento riformatore operato dal Codice dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003), dalla Legge n. 15/2005 (recante la novella alla Legge n. 241/1990) e dal D.P.R. n. 184/2006, che hanno, nella sostanza ed in estrema sintesi, cristallizzato gli approdi cui era giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare Ad. Plen. n. 5 del 1997), avanzando in ogni caso la soglia di tutela dell'accesso.
In particolare l'art. 59, del Codice dati personali, fatta salva l'applicazione della disciplina derogatoria sancita dal successivo art. 60 per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, ha demandato interamente alla Legge n. 241 del 1990 la regolamentazione del rapporto accesso-privacy anche per ciò che concerne i dati sensibili e giudiziari.
L'art. 24 della Legge n. 241 del 1990, nel testo novellato, al comma 7 recita che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'art. 60 del decreto legislativo 30.06.2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale” (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.10.2008 n. 1469 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASulla competenza o meno di un geometra a progettare un Piano di Recupero.
In linea generale, la redazione di un piano di lottizzazione (e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica) costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274/1929 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 03.09.2001 n. 4620; Sez. IV, 09.11.1989 n. 765).
Nel caso specifico va tuttavia osservato che il Piano di recupero in oggetto assume solo la connotazione formale di un Piano urbanistico attuativo poiché, nella sostanza, presenta contenuti esclusivamente edilizi che riguardano la ristrutturazione (mediante demolizione e ricostruzione) di un edificio esistente. Non sono invece coinvolti aspetti pianificatori tipici della programmazione urbanistica, come il raccordo tra l’edificazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, sia esistenti che di progetto. Si tratta, pertanto, di un Piano di recupero costituito attraverso valutazioni ed elaborati tipici di un permesso di costruire ed avente ad oggetto un'opera di modesta entità che rientra senz'altro nella competenza professionale del Geometra (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.10.2008 n. 1466 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla illegittimità della scelta del socio della costituenda società mista mediante una forma di negoziazione diretta da parte di un comune.
E' illegittimo il comportamento del Comune, che contraddicendo alle prescrizioni che esso stesso si era imposto, è venuto meno all'obbligo di porre in essere la procedura concorsuale, che aveva stabilito di effettuare e ha proceduto alla scelta del socio di minoranza della costituenda società mista per la gestione dell'impianto di metanizzazione, in base a valutazioni eseguite liberamente senza la previa fissazione di criteri selettivi. Il Comune, nonostante tali presupposti, non ha posto in essere alcun atto che potesse configurare la preannunciata procedura concorsuale (con la predisposizione di criteri di valutazione dei concorrenti, la nomina di una commissione, la valutazione concorrenziale dei concorrenti, ed altro) ma ha individuato direttamente, come socio della costituenda società mista, una società, cioè, che già aveva in gestione il servizio.
Il Comune era invece tenuto al rispetto di tale obbligo, principalmente in considerazione che una procedura concorsuale era stata prevista per dare concretezza ai principi informatori delle gare pubbliche che sono principalmente quelli di trasparenza, di concorrenzialità e di "par condicio".
Ciò senza dire che la scelta del socio, secondo principi divenuti ormai "ius receptum", non si può sottrarre ai suddetti principi di concorrenzialità e di par condicio, sia che si tratti di società miste di maggioranza che di società miste di minoranza, indipendentemente dalla esistenza di specifiche norme, essendo ormai considerato immanente nell'ordinamento il principio dell'evidenza pubblica ogni qualvolta occorra individuare un operatore privato al quale affidare attività per conto e nell'interesse della pubblica amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.10.2008 n. 5392 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità per le cooperative sociali ONLUS senza fini di lucro di partecipare alle gare pubbliche per l'affidamento di un servizio.
La Corte di Giustizia con la sentenza 18/12/2007 (procedimento C-357/06) ha dichiarato l'art. 113, c. 5, lett. a), del D. Lgs. 267/2000, nella parte cui in cui riserva alle sole Società di capitali la partecipazione alle procedure di gara relative all'affidamento dei servizi pubblici locali, contrario alle previsioni del diritto comunitario e, come tale, disapplicabile. Pertanto, nel caso di specie, una cooperativa sociale ONLUS senza fini di lucro è pienamente legittimata a partecipare alle gare pubbliche per l'affidamento del servizio rifiuti.
Le cooperative sociali ex L. 381/1991, comprese quelle di tipo B che esercitano attività commerciali, sono comunque qualificate ONLUS e pertanto l'appartenenza a tale categoria non rappresenta ex se un ostacolo allo svolgimento di attività nel settore economico della raccolta dei rifiuti. Inoltre, il riconoscimento di vantaggi sotto il profilo fiscale e contributivo, nell'ottica di un favor legislativo per le cooperative sociali, e l'assenza di finalità di lucro non precludono peraltro alle ONLUS di competere nelle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.10.2008 n. 1440 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL'annullamento del verbale di aggiudicazione comporta che nessun effetto può essere riconosciuto al provvedimento invalido ed ai diritti soggettivi dallo stesso attribuiti in quanto sorti da un atto non conforme alle condizioni prescritte dalla legge per la sua operatività.
Il sopravvenuto annullamento giurisdizionale del verbale di aggiudicazione comporta che nessun effetto può essere riconosciuto al provvedimento invalido (ed agli atti presupposti ad evidenza pubblica su cui era fondato) e ai diritti soggettivi dallo stesso attribuiti in quanto sorti da un atto non conforme alle condizioni prescritte dalla legge per la sua operatività (cfr. Corte di Cassazione, sez. I civile – 27/03/2007 n. 7481; 15/04/2008 n. 9906). Applicando il principio al caso analogo che ci occupa, l’atto di affidamento permanente del servizio alla controinteressata rappresenta l’atto conclusivo del procedimento condotto per conto degli Enti deleganti, ed il suo sopravvenuto annullamento giurisdizionale comporta che viene posto nel nulla l’intero effetto-vicenda derivato, a cominciare dalla susseguente convenzione che è priva di autonomia propria. Quest’ultima, infatti, è destinata a subire gli effetti del vizio che inficia il provvedimento cui è inscindibilmente collegata ed a restare automaticamente ed immediatamente caducata, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione (cfr. sentenze Sezione 15/03/2007 n. 263; 09/07/2007 n. 621; 30/08/2007 n. 833; 16/06/2008 n. 661; 04/07/2008 n. 803) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.10.2008 n. 1440 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La cauzione provvisoria ha assunto, recentemente, l’ulteriore funzione di garantire la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese, in sede di partecipazione alla gara, circa il possesso dei requisiti prescritti dal bando, così da garantire l’affidabilità dell’offerta.
Nelle procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, la cauzione provvisoria che ha tradizionalmente avuto la funzione di garantire l’amministrazione per il caso in cui l’affidatario dei lavori non si prestasse poi a stipulare il relativo contratto (v. l’art. 332 della L. 20.03.1865, n. 2248, allegato F; gli artt. 2 e 4 del D.P.R. 16.07.1962, n. 1063; l’art. 30, comma 1, della L. 11.02.1994, n. 109 e successive modificazioni), ha assunto recentemente l’ulteriore funzione di garantire la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese, in sede di partecipazione alla gara, circa il possesso dei requisiti prescritti dal bando, così da garantire l’affidabilità dell’offerta, il cui primo indice è rappresentato proprio dalla correttezza e serietà del comportamento del concorrente in relazione agli obblighi derivanti dalla lex specialis di gara, che refluisce sul regolare svolgimento dell’intero procedimento di gara (principio pacifico in giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28.06.2004 n. 4789).
La cauzione provvisoria rappresenta, quindi, salvo prova di maggior danno, una liquidazione anticipata dei danni derivanti all’amministrazione dall’inadempimento di tale obbligo di serietà da parte del concorrente. L’escussione della cauzione, quindi, è conseguenza diretta ed automatica del verificarsi del presupposto correlato alla descritta funzione della cauzione, vale a dire dell’inadempimento del partecipante, senza bisogno che specifica norma di gara disponga espressamente in tal senso (in questo senso Cons. Stato, Sez. V, 30.10.2003 n. 6769).
Così, anche in vigenza dell’art. 48 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163, l’escussione della cauzione è possibile, ed anzi rappresenta atto dovuto, quando le dichiarazioni rese dall’aggiudicatario ai fini della partecipazione alla gara non siano confermate dal successivo riscontro della relativa documentazione e l’Amministrazione provveda, a norma della lex specialis, alla esclusione dell’impresa ed all’annullamento dell’eventuale aggiudicazione, i cui esiti condizionano direttamente la (mancata) stipula del contratto, risultando indifferente la natura del requisito di partecipazione falsamente dichiarato
(TAR Puglia-Bari, Sez. I. sentenza 24.10.2008 n. 2373 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'omessa comunicazione della data di apertura delle offerte vizia l'intera procedura.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, n. 867/2003 e 5823/2003; TAR Campania, Napoli, n. 448/2008; TAR Sicilia, Palermo, 741/2006; TAR Calabria, Catanzaro, n. 1701/2004; TAR Marche n. 330/2003; TAR Piemonte n. 532/2003), condiviso dall'odierno Collegio, il principio di pubblicità delle operazioni di gara deve necessariamente connotare la seduta fissata per l'apertura delle buste contenenti le offerte dei partecipanti alla gara stessa. Di conseguenza, è obbligo del seggio di gara garantire ai concorrenti l'effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi pervenuti alla stazione appaltante. Tale effettiva possibilità di partecipazione alla seduta del seggio di gara costituisce garanzia posta a tutela, nel contempo, dell'interesse pubblico e di quello dei singoli partecipanti, i quali devono poter assistere direttamente allo svolgimento delle operazioni di verifica dell'integrità dei plichi ed all'identificazione del loro contenuto, e ciò a conferma della serietà della procedura concorsuale.
Ne consegue che, anche in assenza di specifiche previsioni della lex specialis, la violazione del principio di pubblicità indotta dalla mancata comunicazione ad uno o più concorrenti della data di svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi contenenti le offerte costituisce vizio insanabile della procedura, il quale si ripercuote sul provvedimento finale di aggiudicazione, invalidandolo, anche ove non sia comprovata l'effettiva lesione sofferta dai concorrenti, trattandosi, come si è detto, di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra gli stessi, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post (cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. V, n. 1445/2006; TAR Basilicata Potenza, Sez. I, n. 72/2008).
A diversa conclusione non può pervenirsi per la circostanza che l'attività di apertura dei plichi sia stata comunque verbalizzata.
La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, avvertito (cfr. Cons. Stato, Sez, V, n. 3166/2005 e TAR Sicilia, Palermo, n. 741/2006 cit.) che la verbalizzazione e la pubblicità delle sedute di gara sono adempimenti procedurali distinti, che rispondono a finalità diverse e come tali non sono fungibili, ma complementari. La prima opera su un piano probatorio, mentre la seconda è la principale manifestazione della trasparenza amministrativa e costituisce un'essenziale garanzia partecipativa dei concorrenti, la quale contribuisce a qualificare un procedimento di evidenza pubblica come "giusto" e rispettoso della par condicio.
Va aggiunto, al riguardo, che la violazione del principio di pubblicità delle operazioni di gara non può essere sanato attraverso la rinnovazione delle stesse, poiché si tratta di fatti ed operazioni irripetibili, come l'apertura dei plichi pervenuti all'Amministrazione chiusi e sigillati (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 16.10.2008 n. 1329 -
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EDILIZIA PRIVATASul vincolo cimiteriale.
La individuazione di fasce di rispetto intorno ai cimiteri risale all’art. 338 del t.u.l.s. (R.D. n. 1265/1934) che, nella sua formulazione originaria, stabiliva, al primo comma, che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati, e poneva, nello stesso, tempo, il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti “entro il raggio di duecento metri”.
Al Prefetto era attribuito il potere di consentire la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza inferiore ai duecento metri dai centri abitati quando, a causa di speciali condizioni, non era consentito provvedere altrimenti.
Inoltre, su motivata richiesta del Consiglio comunale, non ostandovi ragioni igieniche, lo stesso Prefetto poteva ridurre l’ampiezza della zona di rispetto, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, entro il limite di 100 metri per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, e di 50 metri per gli altri Comuni.
A sua volta il regolamento governativo di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10.9.1990, n.285, nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali, all’art. 57 ribadisce che i cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la fascia di rispetto prevista dall’art. 338 del t.u.l.s.
I commi 3 e 4 del precitato art. 57 del d.p.r. n. 285 cit. sono stati abrogati per effetto dell’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e di trasporti, che ha rimodulato la disciplina statale sulle zone limitrofe alle aree cimiteriali attraverso la sostituzione dei commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il legislatore del 2002 ha precisato, con la modifica dei commi quarto, quinto, sesto e settimo del citato art.338 del R.D. n. 1265 del 1934, che “il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile prevedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”.
Inoltre, “per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali e di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici, La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre…All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve quindi osservarsi che la normativa statale in materia si articola attraverso disposizioni aventi duplice valenza, in primo luogo nel porre limiti all’attività edificatoria dei privati nelle aree circostanti il perimetro dei cimiteri ed inoltre nel garantire la osservanza, da parte delle amministrazioni preposte, di determinate distanze dai centri abitati atte a delineare una fascia di rispetto nella costruzione di nuovi cimiteri e/o nell’ampliamento di quelli esistenti e per altri interventi di pubblico interesse.
Con riferimento alla delimitazione delle fasce di rispetto, a fronte della determinazione ex lege di una distanza dei cimiteri dai centri abitati di 200 metri, come detto, è stato previsto il potere eccezionale, prima in capo al prefetto, e poi al consiglio comunale, di ridurre detto limite sino a 50 metri, in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti e/o della costruzione di nuovi cimiteri, oppure, in presenza di determinate circostanze di rilievo pubblicistico, più dettagliatamente definite con le modifiche apportate all’art. 338 t.u.l.s. dall’art. 28 della l. n.166/2002, ossia per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Per ciò che concerne in particolare l’attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri, la disciplina in esame ha subito una modifica sostanziale in quanto il divieto di costruire e di ampliare edifici preesistenti “intorno ai cimiteri”, definito nella fascia di 200 metri dalla formulazione originaria dell’art. 338 t.u.l.s., ha subito una prima modifica nella disciplina di cui all’art. 57, comma 3 del regolamento di polizia mortuaria (d.p.r. 285/1990), che imponeva un esplicito divieto di edificare “entro la fascia di rispetto”, relativamente sia a nuovi edifici che all’ampliamento di preesistenze.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 L. n. 166/2002, sopra testualmente richiamato, il limite all’edificabilità privata è stato comunque fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, visto che il primo comma dell’art. 338 del t.u.l.s., nella nuova formulazione, stabilisce che “è vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di duecento metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura della norma si evince che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato alla “fascia di rispetto”, che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall’autorità Comunale, ma è legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico delineato con riferimento all’attività edilizia dei privati è sicuramente coerente con la ratio delle deroghe ed eccezioni previste dalle legge al limite dei 200 metri, ammesse in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui l’Amministrazione comunale debba dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Si tratta in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona (comma 5).
Che la deroga in oggetto sia limitata alle sole “opere pubbliche e di interesse pubblico” è poi stato recentemente acclarato dal Consiglio di Stato, con sentenza sez. V, 29.03.2006, n. 1593.
Pertanto, non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune, tenuto conto del rilievo preminente di carattere igienico sanitario del vincolo stesso che può ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni pubblicistiche e comunque compatibilmente con le esigenze sottese all’esistenza del vincolo.
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Il vincolo cimiteriale impone un divieto assoluto di edificazione (Cons. di Stato. sez. V, 22.06.1971, n. 606) e persegue una triplice finalità: in primo luogo vuole assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno allo stesso cimitero, in secondo luogo garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di sepoltura, in terzo luogo consentire futuri ampliamenti del cimitero (TAR Piemonte, sez. I, 02.02.1989, n. 111).
Si tratta di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sui beni e non suscettibile di deroghe di fatto, giacché riconducibile a previsione generale, riguardante tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. civ., sez. I, 29.11.2006, n. 25364)
La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l’esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico sanitaria e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo.
Come per tutte le zone soggette a vincoli di rispetto, sono sempre ammessi, anche nella zona di rispetto cimiteriale, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’articolo 31, lettere a), b), c) e d) della legge n. 457/1978, entro i limiti imposti dal vincolo di inedificabilità, oltre i quali si è in presenza di alternazioni di volumi e di superfici (Cons. di stato. sez. V, n. 275/1989) possibili purché non incidano negativamente sull’ambiente cimiteriale, in quanto connaturati al diritto di proprietà (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 14.10.2008 n. 1141 -
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PUBBLICO IMPIEGO: S. Lazzini, Richiesta di parere riguardante la possibilità di procedere alla stipula di apposita polizza assicurativa per responsabilità amministrativa patrimoniale derivante da colpa lieve a favore dei propri dirigenti e dei titolari di posizione organizzativa, responsabili di procedimento con il pagamento del relativo premio per il 50% a carico dell’Ente e per il 50% a carico dell’assicurato.
La richiesta di parere concerne la corretta interpretazione di una norma giuridica e, specificatamente dell’art. 3, comma 59, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) che, secondo un condivisibile orientamento della giurisprudenza contabile, introduce importanti principi a tutela della sana e corretta gestione finanziaria degli enti locali (Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Molise, parere 14.10.208 n.  34 -
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APPALTI: Costituisce dichiarazione non veritiera e, quindi, legittima causa di esclusione dalla gara e non aggiudicazione dell'appalto quella nella quale l'impresa concorrente omette di indicare, in sede di dichiarazione concernente le eventuali sentenze penali riportate, una sentenza patteggiata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., anche attinente ad un reato estinto per decorso del termine quinquennale di cui all'art. 445 c.p.p..
Non è irragionevole la clausola del bando di gara d'appalto che per l'ammissione alla gara richieda un fatturato relativo a servizi analoghi svolti nell'ambito di un triennio, il cui importo complessivo sia almeno pari a quello dell'appalto, atteso che detta clausola contempera ragionevolmente l'esigenza della massima partecipazione con quella dello svolgimento del servizio da parte di un imprenditore in possesso della necessaria esperienza (Consiglio Stato, Sez. VI, 26.01.2007, n. 292; in terminis Tar Puglia-Bari, sez. I, 01.10.2002 n. 4133). Servizi analoghi sono stati giudicati richiedibili da TAR Campania-Napoli, sez. I, 05.05.2006, n. 3971. Si era anche statuito, nella disciplina ante Codice, che “alla stregua delle disposizioni dettate dagli art. 13 e 14, d.lg. 17.03.1995 n. 157, in tema di gare per l'affidamento di appalti per lo svolgimento di pubblici servizi, deve ritenersi legittima la clausola del bando con la quale l'Amministrazione, allo scopo di ottenere la dimostrazione della capacità economica, finanziaria e tecnica dei partecipanti, limiti l'ammissione ai soli concorrenti che abbiano svolto servizi identici” (TAR Campania-Napoli, sez. II, 04.07.2003, n. 7987).
La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di emergenze penali integra infatti una autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere la moralità professionale dell’impresa. Il Consiglio di Stato ha infatti di recente statuito che “l'esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara” (Consiglio Stato, Sez. V, 12.04.2007, n. 1723; in terminis, anche Consiglio di Stato, Sez. V, 06.06.2002, n. 3183).
Già in precedenza il Giudice d’appello aveva ribadito la cogenza di siffatti principi, affermando che “in sede di procedura di gara d’appalto di opere pubbliche, costituisce dichiarazione non veritiera, e quindi legittima causa di esclusione dalla gara e di non aggiudicazione dell’appalto, quella nella quale l’impresa concorrente omette di indicare, in sede di dichiarazione concernente le eventuali sentenze penali riportate, una sentenza patteggiata ai sensi dell’art. 444 c.p.p.“ (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2004 n. 3466).
E' pacifico il principio per il quale la valutazione di incidenza o meno della fattispecie penale consumata, sulla moralità professionale dell’impresa, pertiene esclusivamente all’amministrazione, rientrando nella sua discrezionalità ritenere o meno sussistente siffatta incidenza (Consiglio di Stato, V, 22.02.2007, n. 945).
Nelle pubbliche gare, come in ogni altro settore dell’ordinamento, ai fini della rilevanza della causa di estinzione del reato ex art. 445 c.p.c. necessita immancabilmente l’adozione del provvedimento dichiarativo del giudice dell’esecuzione ex art. 676 c.p.c., senza del quale non può ex lege ed auto-maticamente operare l’invocata causa estintiva. (Consiglio Stato, sez. V, 20.03.2007, n. 1331) come del resto anche la giurisprudenza di questo TAR afferma pacificamente (TAR Piemonte, Sez. II, 17.09.2007, n. 2955; ID, 28.07.2005, n. 2627). Ne consegue che in sede di procedura di gara d'appalto di opere pubbliche costituisce dichiarazione non veritiera e quindi legittima causa di esclusione dalla gara e non aggiudicazione dell'appalto, quella nella quale l'impresa concorrente omette di indicare, in sede di dichiarazione concernente le eventuali sentenze penali riportate, una sentenza patteggiata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., anche attinente ad un reato estinto per decorso del termine quinquennale di cui all'art. 445 c.p.p. (Consiglio Stato, sez. V, 25.01.2003, n. 352)
(TAR Piemonte, sentenza 10.10.2008 n. 2568 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - MODULI PRESTAMPATI - DICHIARAZIONI ALTERNATIVE - ONERE DEL COMPILATORE DI SEGNALARE L'ALTERNATIVA PRESCELTA - SUSSISTE.
2. GARA D'APPALTO - ESCLUSIONE PER MOTIVI FORMALI - APPLICAZIONE VINCOLATA - NATURA IMPERATIVA LEX SPECIALIS.

1. Nelle ipotesi d’utilizzazione di moduli prestampati con dichiarazioni alternative è onere del compilatore di evidenziare sullo stampato, con idonei segni grafici, l’alternativa prescelta o non prescelta ovvero di copiare il modulo eliminando l’alternativa non scelta (Cons. di Stato Sez. V – 01/03/2005 n. 7328).
2. Allorquando la normativa di gara prevede l’esclusione dalla procedura selettiva per l’inosservanza di previsioni anche di carattere solo formale, la stazione appaltante è tenuta al rispetto delle norme a cui si è autovincolata e che essa stessa ha emanato sulla base di un giudizio discrezionale d’utilità, senza alcun residuale momento di valutazione nella fase applicativa (Cons. di Stato Sez. v – 19/02/2008 n. 567; id. Sez. IV – 30/12/2006 n. 8262; TAR Campania–SA – Sez. I – 14/01/2007 n. 747). E va ancora aggiunto che il rispetto delle norme discende dall’imperatività delle stesse (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 09.10.2008 n. 3389 -
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APPALTI: GARA D'APPALTO - DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE - SOTTOSCRIZIONE - SOTTOSCRIZIONE A MARGINE DI TUTTI I FOGLI - NON PUO' CONSIDERARSI EQUIPOLLENTE ALLA SOTTOSCRIZIONE IN CALCE - RAGIONI.
In materia di sottoscrizione di dichiarazioni sostitutive non può considerarsi equipollente ad una sottoscrizione in calce una sottoscrizione a margine di tutti i fogli. In un tale caso, invero, non si può escludere che manchi la consapevolezza dell'impegno in capo all'autore della sottoscrizione e non si può neppure escludere che le sottoscrizioni seriali siano state apposte su fogli in bianco prima della loro compilazione.
Se è vero che per condurre all'esclusione il mancato adempimento alle clausole di gara deve realmente sussistere (o, il che è lo stesso, non deve risultare surrogato da altri adempimenti), è anche certo che, per poter impedire l'esclusione, l'equipollenza dell'adempimento reso rispetto a quello omesso deve risultare in maniera oggettiva e univoca e, quindi, non suscettibile di opposte interpretazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2008 n. 4959 -
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APPALTI SERVIZI: REQUISITI DI PARTECIPAZIONE - POSSESSO CERTIFICAZIONE DI QUALITA' ISO 14001 - LEGITTIMITA' - RAGIONI - FATTISPECIE.
Le stazioni appaltanti possono richiedere, ai fini della partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, requisiti ulteriori rispetto a quelli menzionati, ad esempio, dagli artt. 40, 41 e 42 del D.Lgs. n. 163/2006, con l'unico limite dell'inerenza di tali requisiti all'oggetto dell'appalto. Se così è, ne consegue che anche il possesso della certificazione ISO 14001 ben potrebbe essere richiesto ai concorrenti in assenza di una specifica previsione normativa.
Il fatto che l'art. 42, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163/2006 rimandi al regolamento l'individuazione dei "casi appropriati" non può avere l'effetto di impedire l'applicazione di tali principi, e ciò anche a non voler qualificare come self executing l'art. 48 della Direttiva 18/2004. Non si tratta, in effetti, di un'attribuzione ex novo alle amministrazioni aggiudicatrici di un potere in precedenza non esistente, ma solo della disciplina più puntuale delle ipotesi in cui tale potere può essere esercitato, per cui il potere può essere esercitato anche in assenza del regolamento (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 06.10.2008 n. 2787 -
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EDILIZIA PRIVATAQuando il mutamento della destinazione d'uso necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire.
In materia edilizia, le opere interne e gli interventi di ristrutturazione urbanistica, come pure quelli di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, necessitano del preventivo rilascio del permesso di costruire ogni qual volta comportino mutamento di destinazione d'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea (cfr: Cons. Stato, Sez. V, 11.05.2004, n. 2954) (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 06.10.2008 n. 1822 -
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APPALTI FORNITURE: S. Lazzini, Appalto di forniture da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: se in un’offerta tecnica sono indicati gli elementi meramente descrittivi di un certo prodotto e sia allegata la presentazione di una campionatura recante semplici listini di prezzi al pubblico, tale circostanza può essere forviante per la Commissione e quindi sussiste il rischio di violare i principi di segretezza dell’offerta e di separazione tra elementi tecnici ed economici dell’offerta?
Il Collegio, pur non disconoscendo il consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui le offerte economiche, nel caso di aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, devono restare segrete per tutta la fase procedimentale per evitare che gli elementi di valutazione aventi carattere automatico (quali il prezzo) possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali, e che conseguentemente ove dovesse esistere siffatta commistione sarebbe violata la regola della par condicio, tra i concorrenti e di segretezza delle offerte tuttavia ritiene, con riferimento al caso di specie, di poter affermare che il principio, valevole per tutte le gare di appalto, secondo cui la valutazione tecnica di un’offerta deve precedere quella relativa all'aspetto economico, non appare violato laddove l’offerta si limiti all'indicazione di elementi meramente descrittivi ed alla presentazione di una campionatura recante semplici listini di prezzi al pubblico, sganciati dal contesto della gara, senza alcuna possibilità di indurre la commissione di giudicatrice a formulare giudizi di ordine tecnico inquinati da una previa conoscenza dell’offerta economica (TAR Lazioa-Roma, Sez. I-ter, sentenza 05.09.2008 n. 8098 -
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LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, Modalità di presentazione della cauzione provvisoria - beneficio del dimezzamento - non sussiste se la certificazione di qualità risulta scaduta - ininfluente autonoma dimostrazione di validità - la relativa certificazione deve risultare dall’attestazione SOA come espressamente prescritto dal 3° comma dell’art. 4 del D.P.R. 34/2000 (n.b.: con l’entrata in vigore del terzo decreto correttivo, sarà automatico il dimezzamento anche per le definitive negli appalti di servizi e forniture, senza alcuna doverosa specificazione nella e della lex specialis di gara).
Il possesso delle certificazioni del sistema di qualità deve necessariamente risultare dalle attestazioni SOA in corso di validità, non potendo considerarsi sufficiente la produzione di certificati emessi da società che si autodichiarano rispettose delle norme europee di certificazione di qualità. Infatti, l’attestazione SOA non si limita a rappresentare la presenza della certificazione di qualità rilasciata da un organismo a ciò competente, bensì assolve ad un ulteriore e fondamentale compito, consistente nel certificare che quel documento è stato rilasciato da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000, dotati, cioè, di precisa qualificazione va pertanto esclusa un’impresa che ha prodotto un certificato SOA recante un’annotazione del sistema di qualità scaduta, né ha dimostrato di aver attivato la speciale procedura per il rilascio di una nuova attestazione SOA, recante l’annotazione della certificazione di qualità in corso di validità, volendosi nel contempo comunque avvalere del beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria (TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 05.09.2008 n. 1452 -
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APPALTI: S. Lazzini, Esclusione, escussione della cauzione provvisoria e segnalazione all’Autorità a seguito di irregolarità relative a due cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate, non pagate esclusione legittima ai sensi dell’articolo 38 comma 1, lettera g) del decreto legislativo 163 del 2006 la notifica di copia della cartella alla moglie del legale rappresentante della ricorrente deve ritenersi correttamente eseguita Sorteggio a norma dell’articolo 48 del codice dei contratti (decreto legislativo 163 del 2006) si applica solamente in caso di mancata dimostrazione dei requisiti di ordine speciale illegittimità dell’escussione della garanzia provvisoria e della segnalazione all’Autority (N.B.: la mancata dimostrazione dei requisiti generali ha influenza sull’escussione della cauzione provvisoria solo sull’aggiudicatario comportando il necessario annullamento dell’aggiudicazione provvisoria).
L’irrogazione della triplice sanzione (esclusione dalla gara; escussione della cauzione provvisoria; segnalazione all’autorità di vigilanza) si riferisce alle sole irregolarità accertate con riferimento requisiti di ordine speciale non anche a quelle relative ai requisiti di ordine generale ex articolo 38 del codice degli appalti, sanzionabili solo con l’esclusione dalla gara (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 04.09.2008 n. 9943 -
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PUBBLICO IMPIEGO: S. Lazzini, Nessuna norma di legge autorizza (né mai ha autorizzato) la stipula di polizze a copertura della responsabilità amministrativa dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche con pagamento a carico dell’Ente di appartenenza: va ribadito che la colpa grave, in queste ipotesi, consiste proprio nella violazione delle più basilari regole di corretta amministrazione, laddove si è lasciato che la responsabilità addossata dall'ordinamento ad amministratori e funzionari colpevoli di danno all’erario, sia trasferita all'ente di appartenenza (e a suo carico!), mediante la stipula del contratto e il pagamento del premio. La gravità del comportamento, in questi casi, è palese e consiste, appunto, nell’aver tutelato (illecitamente) amministratori e dipendenti, a spese dell’ente ed in palese contrasto con i suoi interessi e con gli stessi principi dell’ordinamento, di fatto vanificando l’effetto sanzionatorio della responsabilità amministrativa.
Resta fuori del sistema della legittimità dell’assicurazione di RCT con pagamento a carico della pa, l’assunzione da parte dell’ente pubblico dell’onere della tutela assicurativa dei propri amministratori o dipendenti, con riferimento alla responsabilità amministrativa per danni alle pubbliche finanze, oggetto dei giudizi di responsabilità da parte della Corte dei conti, per il suo evidente ed aberrante effetto di deresponsabilizzazione dei pubblici dipendenti, i quali, grazie a tali polizze, pur gestendo risorse pubbliche e svolgendo pubbliche funzioni, non risponderebbero mai personalmente dei danni causati agli enti pubblici di riferimento (e, in ultima analisi, agli stessi cittadini), non sopportando neanche, per di più, l’onere del premio assicurativo (Corte dei Conti, Sez. I Giurisdiz. Centrale, sentenza 02.09.2008 n. 394 -
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APPALTI: S. Lazzini, Ricorso avverso un’esclusione da una gara - censura riguardante un vizio del procedimento - necessario contradditorio - inammissibilità del ricorso per mancata notificazione al raggruppamento classificato primo in graduatoria - confermata dal Consiglio di Stato.
Poiché viene segnalato un vizio del procedimento di gara, ossia il mancato rispetto del termine di cinque giorni fissato per la comunicazione della data della seduta in cui si sarebbero aperte le buste delle offerte, appare evidente che l’accoglimento del motivo avrebbe portato all’annullamento della gara, con evidente pregiudizio per l’interesse differenziato e qualificato del raggruppamento collocatosi al primo posto nella graduatoria, pertanto è dunque onere del ricorrente procedere, in omaggio al principio del contraddittorio, alla notificazione del ricorso alla prima classificata, a pena di inammissibilità (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.08.2008 n. 4049 -
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APPALTI: S. Lazzini, Definizione dei presupposti applicativi dell’art. 10 del D.P.R. 3.6.1998, n. 252, nel contesto della disciplina dettata per i soggetti “indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguano finalità, o agiscano con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso” (art. 1 L. 31.5.1965, n. 575); quanto sopra, al fine di valutare una fattispecie di applicabilità, o meno, di tale disciplina con riferimento a fatti penalmente contestati, ma non ritenuti sufficienti per una condanna, nonché in presenza di stretti rapporti familiari con soggetti, coinvolti negli ambienti di criminalità organizzata di cui si discute.
La norma sopra indicata prevede, al secondo comma, che in presenza di “elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate” –individuati tramite verifiche disposte dal Prefetto– “le Amministrazioni a cui sono fornite le informazioni non possano stipulare, approvare o autorizzare contratti, o sub-contratti, né rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni”, di cui al primo comma del medesimo articolo.
Nella complessa materia delimitata dall’art. 1 della legge 31.05.1965, n. 575, sono state infatti introdotte cautele e garanzie certamente più avanzate di quelle penalistiche, al fine di proteggere la collettività da fenomeni criminosi di vasta portata, spesso incidenti sull’esercizio di attività economiche e imprenditoriali, in misura tale da alterare interi settori dell’economia nazionale.
Alla gravità della situazione sono state pertanto contrapposte –soprattutto nel delicato settore degli appalti pubblici– misure eccezionali, che anche in presenza di soli elementi indiziari, circa la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, consentono di limitare la libera iniziativa di impresa, pur costituzionalmente garantita, ma da bilanciare (in conformità all’art. 41, secondo e terzo comma della Costituzione), con principi di pari rango costituzionale, quali la sicurezza e l’utilità sociale dell’attività economica da svolgere; quanto sopra, nei termini previsti dal legislatore e quindi, per quanto qui interessa, in base al prudente apprezzamento del Prefetto e degli organi di polizia, il cui giudizio –ove espresso nei termini di legge– è sindacabile solo per illogicità manifesta o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.08.2008 n. 3958 -
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APPALTI: S. Lazzini, In tema di il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, che attribuisce alla produzione della copia del documento di identità il valore di elemento costitutivo della fattispecie descritta dall’art. 38 del d.P.R. n. 445/2000, escludendo che si tratti di un mero difetto formale suscettibile di regolarizzazione.
E’ stato evidenziato che nella previsione di cui al combinato disposto degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.P.R. 445/2000, l'allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell'interessato vale a conferire legale autenticità alla sua sottoscrizione apposta in calce a una istanza o a una dichiarazione, e non rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si configura come l'elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l'imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione a una determinata persona fisica; pertanto, la mancata allegazione del documento di identità non costituisce una mera irregolarità sanabile con la sua produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese e insanabile violazione della disciplina regolatrice della procedura amministrativa.
Peraltro, il rispetto delle prescrizioni previste dal citato art. 38 assume rilevanza anche ai fini delle responsabilità cui va incontro il dichiarante in caso di dichiarazioni false: la condotta tipica, penalmente sanzionata, sia esclusivamente quella tassativamente delineata dal combinato disposto della previsione codicistica e dell'art. 76 d.p.r. n. 445/2000, tal che nessuna responsabilità penale potrà mai sorgere qualora il dichiarante, pur avendo sottoscritto una falsa attestazione, non abbia tuttavia rispettato le forme stabilite dagli artt. 47 e 38 del testo unico, tra le quali rientra essenzialmente l'adempimento consistente nell'onere di unire alla dichiarazione la copia fotostatica del documento di identità (Consiglio di Strato, Sez. VI, sentenza 23.07.2008 n. 3651 -
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PUBBLICO IMPIEGODipendenti pubblici: compenso aggiuntivo per festività coincidenti con domenica?
Non è illegittima l’esclusione dell’applicabilità ai dipendenti pubblici della disciplina del compenso aggiuntivo previsto per i lavoratori privati nel caso di festività coincidenti con la domenica (Corte Costituzionale, sentenza 16.05.2008 n. 146 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAConcetto di ristrutturazione: manufatto crollato e ricostruito non è ''esistente''.
Un manufatto, a seguito del crollo delle sue pareti, non può essere più considerato quale “edificio esistente”, ai fini dell’applicazione delle norme di piano che consentono l’ampliamento di un originario “edificio esistente” giacché per esso, pur continuando a esistere nella sua materiale consistenza, non è consentita la realizzazione di edifici ex novo e divenuti inesistenti.
La ristrutturazione edilizia si caratterizza per la riedificazione che comporti la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.04.2008 n. 1550 - link a www.altalex.com).