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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di OTTOBRE 2008

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aggiornamento al 27.10.2008

aggiornamento al 20.10.2008

aggiornamento al 13.10.2008

aggiornamento al 08.10.2008

aggiornamento al 06.10.2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 27.10.2008

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dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATA: La D.I.A. può essere bloccata solo entro 30 gg. dalla data di presentazione.
L’art. 23, comma 6, del D.P.R. l’art. 23 del 06/06/2001 n. 380 stabilisce che il Comune può, ricorrendone le condizioni, inibire la realizzazione delle opere nel termine di 30 giorni dalla presentazione della d.i.a., termine che, come la giurisprudenza ha avuto modo di affermare, è perentorio, con la conseguenza che, in mancanza dell’atto d’inibizione l’Amministrazione può provvedere solo con l’esercizio del potere di autotutela e non direttamente mediante il potere repressivo che presuppone il ritiro del titolo autorizzatorio formatosi per decorso del detto termine (Cfr. anche TAR Campania–NA - Sez. II – 27/01/2005 n. 8787; id. Abruzzo–L’Aquila – 08/06/2005 n. 433)  (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 20.07.2006 n. 1107 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla competenza comunale trascorso il termine dei 30 gg. dalla presentazione della d.i.a..
E' giurisprudenza costante che l’Amministrazione (comunale) conservi il potere di provvedere quando la d.i.a. sia stata presentata al di fuori dei presupposti o in violazione delle prescrizioni urbanistiche. L'Amministrazione, anche una volta decorso il termine di 30 giorni di cui all'art. 23, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, può esercitare il suo generale potere di controllo sulle attività di trasformazioni edilizie del territorio per il quale l'art. 27, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001 non prevede alcun termine di decadenza, sia quando le opere in corso o realizzate non corrispondano a quelle oggetto della Denuncia Inizio Attività, sia quando le opere non possono essere realizzate con una semplice d.i.a. perché richiedono il permesso di costruire: infatti, il suddetto termine di 30 giorni è previsto solo per la verifica della sussistenza delle condizioni richieste dall'art. 23, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, ma non può certo essere riferito al generale potere di controllo sulle attività di trasformazioni edilizie del territorio, previsto dall'art. 27, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, né al generale potere di agire in via amministrativa a tutela dei diritti demaniali e di uso pubblico (TAR Campania Napoli, sez. IV, 02.12.2004, n. 18030).
Poiché la denuncia di inizio attività configura una fattispecie a formazione progressiva, nella quale alla dichiarazione del privato conseguono effetti successivamente al decorso del tempo e alla inerzia della Amministrazione è solo al compimento del trentesimo giorno che si verifica il perfezionamento di detta fattispecie. La denunzia di inizio d'attività (DIA) costituisce una dichiarazione del privato cui la legge, in presenza di specifiche condizioni, ricollega effetti tipici corrispondenti a quelli del permesso di costruire ed è ad esso sostitutiva e produttiva d'effetti decorso il termine di trenta giorni dalla sua presentazione (Tar Marche n. 58 del 03.02.2004). Poiché la produzione degli effetti tipici si verifica al trascorrere del trentesimo giorno dalla presentazione, l’Amministrazione deve considerare la normativa vigente a tale data. L’articolo 39 del d.p.r. 06-06-2001 n. 380 contiene un dato testuale che conferma tale interpretazione. Infatti, disciplinando l’annullamento del permesso di costruire da parte della Regione, prevede al comma 5-bis introdotto dal D.Lgs. 27.12.2002, n. 301 che il potere regionale di annullamento dei provvedimenti autorizzatori edilizi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi si applichi anche agli interventi edilizi soggetti a denuncia di inizio attività non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di 30 giorni dalla presentazione della denuncia di inizio attività (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.01.2006 n. 72 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE

EDILIZIA PRIVATAE' finestrata non solo la parete munita di vedute ma, più in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce).
Il Collegio condivide l’assunto della giurisprudenza di legittimità che ha, di recente, ribadito l’imperatività e inderogabilità delle prescrizioni di cui al D.M. 1444/1968, che non possono essere disattese dalle normative urbanistiche locali, conseguendone che “i comuni sono obbligati -in caso di redazione o revisione dei propri strumenti urbanistici- a non discostarsi dalle regole fissate da tale norma, le quali comunque prevalgono ove i regolamenti locali siano con esse in contrasto” (Cassazione Civile, Sez. II, 11.02.2008, n. 3199) .
Il Tribunale è anche dell’avviso che il D.M. n. 1444/1968 sia una fonte sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici, in quanto contenente norme inderogabili, di ordine pubblico e che in caso di contrasto dei primi con le prescrizioni del Decreto, il Giudice debba disapplicare i predetti regolamenti comunali contrastanti, applicando, in via di sostituzione, la fonte statale imperativa (Cassazione civile, Sez. II, 03.03.2008, n. 5741; nel senso che gli strumenti urbanistici non possono infrangere tali previsioni, TAR Liguria, Sez. I, 07.03.2008, n. 379).
Per la giurisprudenza è finestrata non solo la parete munita di vedute, in quanto “per "pareti finestrate", ai sensi dell'art. 9 d.m. 02.04.1968 n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce)” (Corte d’Appello Catania, 22.11.2003) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (TAR Toscana, Sez. III, 04.12.2001, n. 1734) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 10.10.2008 n. 2565 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'obbligo di rispettare le distanze tra edifici applicazione anche con riferimento ad un precedente fabbricato realizzato in tutto o in parte abusivamente od illegittimamente.
a) la disciplina dell’art. 41-quinquies della legge 17.08.1942 n. 1150, integrato dall'art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444, riguarda espressamente la distanza fra fabbricati e non la distanza di questi dal confine (Cass, II, 16.02.1996 n. 1021), ed in questo senso costituisce un vincolo per i Comuni in sede di predisposizione degli strumenti urbanistici: vincolo a carattere pubblicistico e inderogabile, in quanto diretto, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali in materia urbanistica (igiene, decoro e sicurezza degli abitati);
b) se è vero che l’applicazione dell’art. 17 della legge n. 765/1967 e del DM 1444/1968 sulla distanza minima di 10 metri fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti sono subordinati all’inesistenza di strumenti urbanistici anteriori contenenti norme sulle distanze (Cass, SS.UU n. 9871/1994), tuttavia gli strumenti urbanistici e le relative revisioni approvati successivamente all’entrata in vigore del citato decreto non possono contrastare con le direttive del decreto stesso (Cass, II, 24.07.2001 n. 10062; Cons. Stato, IV, 12.07.2002 n. 3929);
c) le sopraelevazioni, ai fini del rispetto delle distanze fra edifici, rientrano nella nozione di nuova costruzione, dovendosi considerare tale qualsiasi modificazione dei parametri edilizi idonea a creare quelle intercapedini dannose, riduttive di aria e di luce, che la norma appunto vuole evitare (ex multis, Cons. Stato, V, 19,10.1999 n. 1565, TAR Sicilia, Catania, n. 225/2002; TAR Friuli n. 22/2001);
d) la prescrizione opera indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra (TAR per l’Emilia–Romagna, sez. II n. 136/2004; Cons. Stato, IV, n. 3929/2002 e giurisprudenza ivi richiamata sul punto).
e) La disposizione normativa di cui all'art. 873 c.c. in tema di distanze tra fabbricati, diretta a tutelare interessi generali di igiene, decoro e sicurezza degli abitanti, e tale da consentire anche una più rigorosa valutazione in sede locale, non ha alcuna correlazione con la norma di cui all'art. 905 c.c. relativa alla distanza delle vedute, volta a salvaguardare il fondo finitimo dalle indiscrezioni attuabili mediante la realizzazione e l'uso di un'opera obbiettivamente destinata a tale scopo (Cass. civ. II, 05.06.1998 n. 5518).
Come chiarito dalla giurisprudenza anche costituzionale (Corte Costituzionale n. 120 del 18.04.1996) l'obbligo di rispettare le distanze tra edifici, perseguendo il pubblico interesse (igiene, decoro, sicurezza e assetto urbanistico) trova applicazione anche con riferimento ad un precedente fabbricato realizzato in tutto o in parte abusivamente od illegitimamente. Tale aspetto meramente prospettato, pertanto, è irrilevante nel presente giudizio e potrà eventualmente essere accertato in un separato giudizio (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 30.03.2006 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa deroga alle distanze tra fabbricati può trovare applicazione solo relativamente alle distanze tra edifici facenti parte della stessa lottizzazione. Nel caso di un Piano di Recupero, avente natura attuativa alla stessa stregua del piano di lottizzazione, tale deroga può trovare applicazione solo tra edifici compresi nel perimetro del piano stesso.
Secondo la giurisprudenza, l’ultimo comma dell’art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444, che consente una deroga alle distanze tra fabbricati, può trovare applicazione solo relativamente alle distanze tra edifici facenti parte della stessa lottizzazione (Cass., SS.UU., 18.02.1997 n. 1486), sicché, nel caso di che trattasi, concernente un piano di recupero, avente natura attuativa alla stessa stregua del piano di lottizzazione, tale deroga può trovare applicazione solo tra edifici compresi nel perimetro del piano stesso, mentre gli immobili dei ricorrenti sono esterni ad esso.
Peraltro, in tema di distanze tra costruzioni, l’esistenza di un’autorizzazione da parte del Comune all’edificazione fa salvi i diritti dei terzi, pertanto è priva di rilevanza nei rapporti tra privati i quali, ove lesi dalla costruzione realizzata senza il rispetto delle disposizioni sulle distanze, conservano il diritto ad ottenere la riduzione in pristino (Cass., Sez. II, 13.10.2000 n. 13639).
Né giova a far ritenere legittima, sul punto, la concessione edilizia in discorso l’esistenza del presupposto piano di recupero, divenuto inoppugnabile, che prevede la possibilità di derogare alle norme sulle distanze, previste in m. 10 tra pareti finestrate dal PRG vigente.
Infatti, deve ricordarsi che tale distanza rappresenta quella minima inderogabile prestabilita dall’art. 9 del D.M. 02.04.1968 n.1444, decreto che, in quanto emanato in esecuzione della norma sussidiaria dell’art. 41-quinquies della L. 17.08.1942 n. 1150, introdotto dalla L. 06.08.1967 n. 765, ripete dal rango della stessa legge delegante la forza di norma legislativa capace di integrare l’art. 872 cod. civ..
Tanto comporta che, in presenza di contrasto tra norma legislativa e norma regolamentare, deve ritenersi disapplicabile la seconda, giacché, secondo la giurisprudenza, pur in difetto di specifica doglianza di parte, è consentito al Giudice Amministrativo sindacare gli atti di normazione secondaria, incidenti su diritti soggettivi di terzi, al fine di accertarne l’idoneità ad innovare l’ordinamento e, in concreto, a fornire la regola di giudizio per risolvere la questione controversa (Cons. St., Sez.V, 26.02.1992 n. 154; 24.07.1993 n. 799; 07.04.1995 n. 531; Sez. IV, 29.02.1996 n. 222)
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 25.10.2002 n. 1023 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’inderogabile distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima.
Le norme di cui al D.M. 02.04.1968, n. 1444, hanno carattere pubblicistico e inderogabile, in quanto dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali in materia urbanistica, norme che si riferiscono alla distanza fra fabbricati e non alla distanza di questi dal confine (cfr. Cass. civ., II, 16.02.1996, n. 1021). 
Il D.M. 02.04.1968 cit., infatti, emanato in forza dell’art. 17 della <legge ponte> trae da questa la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché l’inderogabile distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima (cfr. Cass. civ., SS.UU., 21.02.1994, n. 1645), essendo consentita alla P.A. solo la fissazione di distanze superiori (cfr. Cons. St., IV, 13.05.1992, n. 511; Cass. civ., 29.10.1994, n. 8944; id., 21.02.1994, n. 1645; id. 04.02.1998, n. 1132); non può, pertanto, escludersi la legittimazione e l’interesse del privato confinante ad impugnare le norme dello strumento urbanistico comunale ed i conseguenti atti applicativi nel momento in cui in base ad essi sia prevista a favore del vicino costruttore una consistente deroga alla rigida osservanza delle distanze tra fabbricati di cui al D.M. n. 1444/1968 cit., nella specie attuata, come dedotto dagli appellati, tramite la demolizione di un edificio preesistente -una villetta- e la ricostruzione al suo posto di un fabbricato di sei piani posto a una distanza inferiore ai dieci metri prescritti; la deroga, infatti, viene ritenuta ammissibile unicamente nei casi di demolizione e ricostruzione in forma fedele (quantomeno nelle medesime dimensioni esterne), non potendosi ritenere sussistente in tal caso una nuova costruzione, ma solo il suo recupero, con una serie di interventi assimilabili alla manutenzione straordinaria (cfr. Cass. civ., 25.08.1989, n. 3762).
Se è vero che l’applicazione dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967 e della disposizione del D.M. n. 1444 del 1968, secondo cui le costruzioni debbono osservare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, sono subordinate all’inesistenza di strumenti urbanistici anteriori contenenti norme sulle distanze (cfr. Cass. civ., SS.UU., 22.11.1994, n. 9871), tuttavia gli strumenti urbanistici (e le relative revisioni) approvati successivamente all’entrata in vigore del citato decreto non possono contrastare con le direttive del decreto stesso (cfr. Cass. civ., II, 24.07.2001, n. 10062)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.07.2002 n. 3929 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier SOTTOTETTI

EDILIZIA PRIVATA: Sul recupero dei sottotetti in deroga al P.R.G..
La previsione espressa nella legge n. 15 del 1996 era giustificata in primo luogo dalla possibilità di modifiche all’altezza e quindi dei volumi dell’edificio.
Tale possibilità non è più ammessa dalla nuova legge regionale (n. 12/2005), in base alla quale è possibile il recupero dei sottotetti solo nella misura in cui siano esistenti, senza alcuna modifica di altezza o di volume, se non l’altezza minima per raggiungere l’abitabilità .
E’ evidente quindi che il sottotetto sia considerato un volume già esistente che può essere recuperato senza alcuna ulteriore valutazione in termini di volumetria ammessa.
Anche il dato testuale conferma tale interpretazione.
Più volte nel testo dell’art 63 si definisce il sottotetto come volume, all’evidenza facendo riferimento ad un volume già considerato tale in senso urbanistico.
Le argomentazioni della difesa del Comune di Milano per cui tale valutazione sarebbe necessaria, in quanto il recupero del sottotetto, che diventa abitabile, comporterebbe comunque un aumento di carico urbanistico non sono condivisibili.
Infatti la ratio della disposizione normativa che consente il recupero dei sottotetti, come espressamente detto dall’articolo 63 citato, è proprio il massimo sfruttamento dei volumi esistenti, al fine di evitare nuove costruzioni.
Se il recupero fosse possibile solo nei limiti dei parametri urbanistici esistenti, non avrebbe alcun senso aver introdotto una disciplina specifica.
Infatti i privati potrebbero già rendere abitabile il sottotetto richiedendo titolo abilitativo in base alla disposizioni urbanistiche vigenti nel Comune
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.01.2006 n. 72 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul recupero dei sottotetti condominiali.
In caso di intervento edilizio afferente un sottotetto (condominiale) da ritenersi non di pertinenza esclusiva dell'appartamento dei richiedenti, siccome insistente contemporaneamente su tre diverse porzioni materiali del fabbricato, occorre, infatti, il previo consenso di tutti i condomini; è al riguardo irrilevante la circostanza che l'intervento inerisca unicamente la parte di sottotetto sovrastante l'unità immobiliare degli istanti, posto che dette opere influirebbero comunque sulla destinazione del sottotetto all'uso comune.
Il sottotetto di un edificio in condominio può considerarsi pertinenza esclusiva dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva la esclusiva funzione di isolare e proteggere l'unità stessa dal caldo, dal freddo e dall'umidità, crei una sorta di camera d'aria, non anche quando abbia dimensioni e carattere strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, nel quale deve presumersi di proprietà condominiale laddove risulti in concreto seppur in via solo potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune (Consiglio Stato, sez. V, 09.10.2003, n. 6049)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.01.2006 n. 72 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione paesistica in sanatoria e condotte penalmente rilevanti.
L’amministrazione, a fronte di una richiesta di sanatoria ai sensi dell’art. 167 del DLgs 42/2004, è sempre obbligata a valutare la sussistenza delle ipotesi ammesse e in caso di riscontro positivo dei presupposti, salvo il parere della Sovrintendenza, deve rilasciare l’autorizzazione. Ciò anche per le ipotesi descritte dall’art. 181-bis.
Il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria porta esclusivamente ad evitare l’applicazione della sanzione amministrativa volta al ripristino della situazione precedente all’abuso e, sulla base di quanto disposto dall’art 181-ter del medesimo decreto, delle sanzioni penali di cui al primo comma dello stesso art 181. Rimane invece sempre applicabile la sanzione penale prevista dall’art. 181-bis del medesimo decreto, per le ipotesi di abuso più grave (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.09.2008 n. 4037 -
link a www.greenlex.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'Autorità ministeriale, nell'esercizio del potere di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica, esercita un potere di riesame con riferimento all'assenza di vizi di legittimità comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse figure sintomatiche, ma non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell'intervento, che appartiene in via esclusiva all'Autorità preposta alla tutela del vincolo.
Il potere di annullamento ministeriale delle autorizzazioni paesaggistiche attribuito all'autorità statale non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico discrezionali compiute dall'ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità, che può tuttavia riguardare anche tutti i possibili profili dell'eccesso di potere (Tar Campania-Napoli n. 8717 del 27.06.2005).
Il potere ministeriale di annullamento d'ufficio del nulla osta paesaggistico, potendo riguardare tutti i vizi di legittimità, consente all'Amministrazione Statale di espletare un sindacato sull'esercizio delle funzioni amministrative connesse al potere autorizzatorio di cui all'art. 7 l. 29.06.1939 n. 1497, non tale da determinare la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell' autorizzazione, ma che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso di potere per difetto di istruttoria o di motivazione. In realtà, l'Autorità ministeriale, nell'esercizio del potere di annullamento esercita un potere di riesame per così dire estrinseco, con riferimento all'assenza di vizi di legittimità comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse figure sintomatiche, ma non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell'intervento, che appartiene in via esclusiva all'Autorità preposta alla tutela del vincolo (TAR Lazio, sez. II, 16.05.2005, n. 3840)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.01.2006 n. 72 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord. al n. 43 del 24.10.2008, "Utilizzo agronomico di letami, liquami, fanghi, acque reflue e fertilizzanti azotati diversi dagli effluenti di allevamento, ai sensi della d.g.r. n. 8/5868 del 21 novembre 2007" (decreto D.G. 22.10.2008 n. 11771 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 43 del 24.10.2008, "Approvazione del 2° bando di finanziamento 2008 per la «Produzione di basi cartografiche attraverso Data base topografici» ai sensi della l.r. 12/2005" (decreto D.U.O. 14.10.2008 n. 11321 - link a www.infopoint.it).

PUBBLICO IMPIEGO: G.U. 23.10.2008 n. 249 "Decreto-legge n. 112 del 2008 convertito in legge  n. 133 del 2008 - «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» - articolo 71 - assenze dal servizio dei pubblici dipendenti - ulteriori chiarimenti" (Dipartimento della Funzione Pubblica, circolare 05.09.2008 n. 8/2008).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 23.10.2008 n. 249 "Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell’autotrasporto, dell’agricoltura e della pesca professionale, nonché¤ di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997" (D.L. 23.10.2008 n. 162).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Commissioni paesaggio:  la presentazione relativa agli incontri territoriali presso gli STER (ottobre 2008) e alcune risposte a domande ricorrenti (FAQ) (link a www.regione.lombardia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Frattini, INQUINAMENTO IDRICO: RIFLESSI OPERATIVI E DI P.G. (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Noè,  1) ULTIME NOVITA’ IN TEMA DI RIFIUTI, DOPO IL T.U.A. - 2) PROBLEMATICHE E SPUNTI SUI REATI INERENTI LE OPERE REALIZZATE SUI BENI PAESAGGISTICI (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: V. Strippoli, LA NECESSITA’ DEL TITOLO EDILIZIO PER I MANUFATTI PUBBLICITARI: I POTERI DEL COMUNE SUL PIANO URBANISTICO/EDILIZIO SULLE STRADE NON DI SUA PROPRIETA’ (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: M. Cantori, TERRE E RIFIUTI DA DEMOLIZIONE IN CANTIERE EDILE ALLA LUCE DEL NUOVO T.U.A. (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: S. Maini, TECNICA DEL CONTROLLO EDILIZIO, VALUTAZIONE DEI RISCONTRI E SUCCESSIVI SVILUPPI (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: B. Zanieri, GLI ATTI URGENTI ED IRRIPETIBILI DI P.G. IN CAMPO EDILIZIO (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. Pierobon, La gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggi (link a www.lexambiente.it).

APPALTI: R. Caponigro, La motivazione della scelta del contraente negli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: G. Molinari e A. Quattrini, I compensi spettanti agli amministratori di società partecipate da enti locali: un caso pratico (link a www.lexitalia.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATALa legge regionale lombarda sui phone center è incostituzionale.
Va dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 4, 9, comma 1, lettera c), e comma 2, e 12, della legge della Regione Lombardia 03.03.2006, n. 6 (Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa).
Va dichiarata, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11.03.1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale delle restanti disposizioni della legge della Regione Lombardia n. 6 del 2006 (Corte Costituzionale, sentenza 24.10.2008 n. 350 -
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APPALTINelle gare per l'aggiudicazione di contratti d'appalto, anche se svolte in via ufficiosa, l'amministrazione è tenuta ad applicare le regole da essa stessa eventualmente fissate nel bando o nella lettera di invito.
La giurisprudenza amministrativa costantemente afferma che l'informalità della gara non può dar luogo ad arbitri, dovendo comunque la scelta del contraente rispondere a criteri di logicità ed attenersi a principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti d'appalto, anche se svolte in via ufficiosa, l'amministrazione è tenuta ad applicare le regole da essa stessa eventualmente fissate nel bando o nella lettera di invito, atteso che queste costituiscono la "lex specialis" della gara e non possono essere disapplicate nel corso del procedimento neppure nel caso in cui talune delle regole stesse risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità, in tal caso, di far luogo, nell'esercizio del potere di autotutela, all'annullamento del bando (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.10.2008 n. 5095 -
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APPALTID.U.R.C. e gravi inadempienze.
Attualmente il nostro ordinamento affida un ruolo fondamentale alla certificazione di regolarità contributiva rilasciato dagli enti previdenziali e dalle Casse edili ai sensi dell'art.2 del d.l. 25.09.2002, n. 210 , così come modificato dalla legge di conversione 22.11.2002, n. 266 e dell'art. 3, comma 8, lett. b-bis), d.lgs. 14.08.1996, n. 494, lettera aggiunta dall'art. 86, comma 10, d.lgs. 10.09.2003, n. 276 (sul ruolo e l'importanza nella disciplina degli appalti pubblici del predetto certificato di regolarità contributiva vedasi: Cons. Stato, V, 01.08.2007 n. 4273). Il che significa che lo strumento principale per ogni accertamento in tema di regolarità contributiva è ormai la predetta certificazione proveniente dai suddetti organismi, mentre la precedente normativa in materia contenuta nell'art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999 deve considerarsi ormai superata.
Nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia, debbono considerarsi “gravi” tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.10.2008 n. 5069 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAValidità ed efficacia del titolo abilitativo.
Per valutare la sussistenza del reato di cui all'art. 44 D.P.R. 380/2001 deve valutarsi la nuova costruzione nel suo complesso, e deve quindi verificarsi se il titolo abilitativo rilasciato per la nuova costruzione sia ancora valido ed efficace durante l'esecuzione dei lavori ovvero sia diventato inefficace prima che i lavori progettati e autorizzati siano ultimati (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38432 -
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AMBIENTE-ECOLOGIARifiuti. Utilizzazione agronomica effluenti da allevamento.
La deroga alla disciplina sui rifiuti in materia di utilizzazione agronomica di effluenti da allevamento è condizionata soltanto alla effettiva utilizzazione agronomica degli effluenti stessi, in qualunque modo questa avvenga: per scarico diretto degli effluenti liquidi tramite condotta; per scarico indiretto attraverso deposito temporaneo in vasche impermeabili e successivo trasporto nel terreno di applicazione tramite autocisterna o altro mezzo; mediante spandimento sulla superficie del terreno; mediante iniezione del terreno; attraverso interramento; attraverso mescolatura con gli strati superficiali del terreno. Non può quindi condividersi quella opinione dottrinale e giurisprudenziale, secondo cui la deroga alla disciplina sui rifiuti riguarda solo le pratiche di fertirrigazione attuate per scarico diretto.
Parimenti non è condivisibile la tesi che non ritiene applicabile la deroga sul rilievo che non sono stati emanati il decreto ministeriale di attuazione e le norme regionali connesse. Infine, non appare sostenibile neppure una tesi restrittiva propugnata in dottrina, secondo cui la deroga andrebbe limitata soltanto alla fase finale della utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, cioè alla fase di applicazione sul terreno, mentre per le fasi precedenti del deposito in vasca impermeabilizzata e del trasporto a mezzo autobotte continuerebbe ad applicarsi la disciplina sui rifiuti, e in particolare quella che prescrive limiti qualitativi, quantitativi e temporali al deposito temporaneo, e che impone l'autorizzazione e l'obbligo dei formulari di identificazione dei rifiuti per il trasporto dei medesimi (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38411 -
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EDILIZIA PRIVATAModificazione sagoma.
La modificazione dell’altezza di ogni vano di un edifico comporta una modificazione dell'intera sagoma. Questa invero identifica il perimetro dell'immobile inteso sia in senso verticale sia orizzontale, in quanto concerne il contorno che l'edificio assume. Inoltre l'aumento d'altezza del sottotetto può comportare anche una modificazione di destinazione perché suscettibile di trasformare in unità abitale un vano tecnico non abitabile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.10.2008 n. 38408 -
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APPALTI SERVIZIIl divieto di cui all'art. 13 del DL n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) opera anche nel caso che la partecipazione dell'ente locale ad una società sia meramente indiretta.
Il divieto di cui all'art. 13 del DL n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2007, è stato interpretato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa in modo conforme alla ratio del medesimo, che è quella, illustrata nell'incipit della citata disposizione, di "evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori ".
Non può, pertanto, considerarsi rilevante, ai fini della non ricorrenza del divieto previsto dalla citata disposizione "la circostanza che la partecipazione dell'ente locale alla società sia meramente indiretta, come nel caso di specie. Infatti, ammettere che i vincoli posti dalla norma speciale riguardino esclusivamente le partecipazioni dirette degli enti pubblici alle società di cui trattasi, varrebbe a sostenere che i vincoli stessi possano agevolmente essere aggirati mediante meccanismi di partecipazioni societarie mediate. Al contrario, anche nelle società c.d. di terzo grado, come nel caso in esame, individuandosi, con detta definizione, quelle società che non sono state costituite da amministrazioni pubbliche e non sono state costituite per soddisfare esigenze strumentali alle amministrazioni pubbliche medesime, rimane pur sempre il rilievo che l'assunzione del rischio avviene con una quota di capitale pubblico, con ciò ponendo in essere meccanismi potenzialmente in contrasto con il principio della par condicio dei concorrenti. L'interpretazione anzidetta trova ulteriore e indiretta conferma nel c.3 del medesimo art. 13 suindicato, laddove il legislatore ha previsto un regime transitorio, durante il quale le società pubbliche o miste dovranno dismettere in particolare le loro partecipazioni in altre società".
Tale interpretazione è l'unica che consente che la norma possa dispiegarsi coerentemente con la ratio della sua introduzione, impedendo che attraverso il collaudato meccanismo delle partecipazioni societarie essa non trovi applicazione in ipotesi del tutto analoghe a quelle oggetto di espressa previsione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
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EDILIZIA PRIVATAMappe catastali.
Le mappe catastali costituiscono un sistema secondario e sussidiario rispetto all'insieme degli elementi acquisiti attraverso l'indagine istruttoria (tant'è che le risultanze di esse possono assumere rilevanza probatoria solo se espressamente richiamate nell’atto di acquisto o se non contraddette da specifiche determinazioni negoziali delle parti.
Le risultanze catastali non possono avere, di per sé, decisivo valore probatorio per L’ovvia considerazione che non vi è alcuna certezza in ordine alla correttezza della indicazione. E' ben possibile, invero, che siffatta indicazione risulti ab origine frutto di errore o che abbia subito modificazioni in relazione alle successive vicende del bene (alienazione parziale o acquisto di terreno contiguo), pur non essendo state queste oggetto di tempestiva e corretta annotazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.10.2008 n. 38044 -
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INCARICHI PROFESSIONALI Risponde del danno erariale l'amministratore comunale che affida una consulenza esterna per mere ragioni di "opportunità.
Rispondono del danno erariale gli amministratori di un Comune i quali conferiscono un incarico di consulenza giuridico-fiscale ad un professionista esterno, senza che la relativa decisione sia fornita di un'adeguata motivazione in ordine alla necessità dell'incarico stesso (Corte dei Conti, Sez. giurisd. Veneto, sentenza 02.10.2008 n. 1046 -
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EDILIZIA PRIVATADistanze dalle linee ferroviarie - Tramvie e metropolitane - Autorizzazione in deroga - Artt. 49-56 e 60 D.P.R. n. 753/1980.
In materia di distanze dalle linee ferroviarie -ai fini di polizia, sicurezza e regolarità del loro esercizio- il D.P.R. n. 753/1980 all'art. 49 (al primo comma) ha previsto per le costruzioni lungo i tracciati delle linee ferroviarie una distanza minima di 30 metri dal limite di occupazione della più vicina rotaia, precisando (al secondo comma) che tale limite si applica "solo alle ferrovie, con esclusione degli altri servizi di pubblico trasporto assimilabili ai sensi del terzo comma dell'art. 1".
L'art. 51 del medesimo D.P.R. fissa, per le costruzioni "lungo i tracciati delle tramvie, ferrovie metropolitane e funicolari terrestri su rotaia", la diversa distanza minima di 6 metri dalla più vicina rotaia, pur aumentabile all'occorrenza a 2 metri dal ciglio degli sterri o dal piede dei rilevati e comunque in modo tale da rendere libera la visuale per la sicurezza della circolazione nei tratti curvilinei.
Infine, l'art. 60 dello stesso testo normativo prevede la c.d. "autorizzazione in deroga" cioè che "quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentono, possono essere autorizzate... (ora dalla Regione) per le ferrovie in concessione riduzioni alle distanze prescritte dagli artt. dal 49 al 56 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 23.09.2008 n. 4591 -
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APPALTIBando gara d’appalto - Natura di provvedimento concreto - Annullamento - Effetti.
Il bando di una gara d’appalto ha natura di provvedimento concreto (Cons. di Stato., sez. V 15/06/2001 n. 3187), non è atto regolamentare a contenuto generale ed il suo annullamento non opera erga omnes. Sicché, in ipotesi di concorso in cui è esclusa una comparazione tra i soggetti la cui partecipazione ed il cui superamento sono finalizzati ad ottenere un’idoneità (necessaria per l’iscrizione ad un albo professionale), l’annullamento di un atto del procedimento (quale quello di nomina della Commissione) non estende i suoi effetti sui giudizi d’idoneità espressi su soggetti terzi estranei ad un giudizio conclusosi con l’annullamento, essendo ravvisabili un pluralità di procedimenti tra loro automi (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2008 n. 4338 -
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APPALTI SERVIZISulla qualificazione di servizio pubblico dell'attività inerente un centro sportivo strutturato in una piscina di proprietà comunale.
Sono servizi pubblici non solo i servizi specificamente denominati tali dalla legge e riservati ai comuni e alle province, ma tutte le attività di produzione di servizi rispondenti a fini di utilità e di promozione sociale.
Un centro sportivo strutturato in una piscina, di proprietà comunale, è un bene che per sua natura è destinata ad essere adibita ad un uso pubblico. L'attività ad essa inerente, pertanto, ha tutte le caratteristiche per essere qualificata come un servizio pubblico.
L'Azienda Servizi Multisettoriali in quanto ha la titolarità, insieme ad altri servizi, della gestione del servizio di cui trattasi, ha la forma di società per azioni, ma è pur sempre, in quanto partecipata dal comune, ai sensi dell'art. 113 del T.U. n. 267 del 2000, un soggetto riconducibile al predetto comune. La predetta Azienda, sebbene sia dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di un proprio statuto, agisce infatti come un ente strumentale del Comune.
Al di là, quindi, del nomen iuris conferito al rapporto da costituire, si è in presenza di una gara avente ad oggetto l'affidamento della gestione di un servizio pubblico da parte dell'ente che ne ha la titolarità e che, in quanto ente strumentale del Comune può essere qualificato come amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 26 dell'art. 1 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163. Conseguentemente, la controversia relativa alla gara indetta dall'Azienda Servizi Multisettoriali "per l'affitto del ramo d'azienda costituito dal Centro sportivo rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo in forza dell'art. 6 della l. 21.07.2000 n. 205, per il quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2008 n. 4265 -
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ESPROPRIAZIONEEspropriazione illegittima, impossibilità della restituzione del bene e conseguenze.
In materia espropriativi, l’amministrazione interessata o chi utilizza il bene può paralizzare le eventuali conseguenze ripristinatorie discendenti dalla favorevole impugnativa di qualsiasi azione restitutoria del bene utilizzato per scopi di interesse pubblico.
L’amministrazione può cioè chiedere in giudizio che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda di impugnazione, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione, senza limiti di tempo.
Effettivamente, con tale norma, il giudice amministrativo si trova investito del potere di ricercare l’equilibrio fra contrapposti interessi, valutandpo se la restaurazione in forma reale, pur possibile materialmente e giuridicamente, non sia eccessivamente onerosa per il danneggiante obbligato
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 03.09.2008 n. 4112 - link a www.altalex.com).

APPALTIE' legittimo il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione disposto dalla stazione appaltante (nel caso di specie da una IPAB) per violazione dell'art. 48 c. 2 del D.Lgs. 163/2006.
In ordine alla natura perentoria ovvero meramente ordinatoria del termine assegnato ai sensi dell'art. 48, c. 2, del D.Lgs. 163/2006 dalla stazione appaltante per l'invio della documentazione di gara si registrano diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo un indirizzo di particolare rigore, il termine è perentorio, tenuto conto dell'esigenza di assicurare celeri tempi di svolgimento della gara pubblica e si evince dalla medesima disposizione che ricollega al suo inutile decorso una serie di conseguenze sfavorevoli per l'impresa.
Altro orientamento, invece, ne esclude la perentorietà, qualificando il termine come meramente ordinatorio, argomentando dalla mancata previsione di un espresso dies ad quem per la presentazione dei documenti da parte dell'aggiudicatario (e del concorrente secondo classificato), ma ritenendo in ogni caso salva la facoltà dell'Amministrazione committente di stabilire un termine perentorio per il predetto adempimento che deve essere espressamente enunciato. Peraltro, anche aderendo alla teoria meno rigorosa, può nondimeno rilevarsi che la perentorietà del termine discende dalle previsioni contenute nella lex specialis ed, in particolare, nel disciplinare di gara, tenuto conto delle sanzioni conseguenti alla inosservanza del medesimo.
Nel caso di specie la normativa di gara ha indicato chiaramente l'essenzialità del termine per l'invio della documentazione, avvisando espressamente i partecipanti di procurarsi in anticipo la documentazione occorrente anche in vista dei controlli documentali da svolgersi in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, come conferma l'espresso richiamo al c. 2 dell'art. 48 D.Lgs. 163/2006 nonché rendendoli edotti delle conseguenze sfavorevoli in caso di mancata produzione dei documenti di gara. Per effetto di tali previsioni, l'impresa aggiudicataria era consapevole della essenzialità e perentorietà del termine per l'invio dei documenti (sia per l'eventuale verifica a campione sia per l'aggiudicazione), potendo diligentemente e tempestivamente procurarsi i titoli di gara necessari ed indicati nella lex specialis.
Invero, la previsione del termine perentorio per l'invio della documentazione di gara è espressione di una scelta discrezionale della stazione appaltante che è esente da profili di illegittimità ed appare altresì coerente con l'esigenza di assicurare celeri tempi di svolgimento della gara pubblica, considerato che ove fosse possibile produrre i documenti richiesti oltre il termine indicato, l'Amministrazione sarebbe costretta a tenere in piedi la struttura organizzativa predisposta per la gara al solo fine di esaminare la documentazione necessaria trasmessa dall'aggiudicatario, senza che sia previsto alcun momento finale che consenta di chiudere definitivamente l'attività di verifica e riscontro dei requisiti (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.08.2008 n. 1971 -
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APPALTI SERVIZISulla necessità di un preventivo atto di revoca o recesso nel caso un singolo Comune non intende più provvedere alla gestione in forma associata.
I Consorzi tra "Enti locali" istituiti ai sensi dell'art. 25 della l. n.142/1990 ed ora dell'art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000 "per la gestione associata di uno o più funzioni" sono modelli organizzativi ed amministrativi ben distinti, anche giuridicamente, dai possibili modi di affidamento a terzi di servizi locali stabiliti, all'epoca, dall'art. 22 della legge n.142/1990 ed ora, per i servizi a rilevanza industriale, dall'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000. Del resto, anche se a questi Consorzi si applicano "in quanto compatibili, le norme previste per le aziende speciali", si deve escludere che i Consorzi siano "aziende speciali" a tutti gli effetti. Essi, in sostanza, sono Enti pubblici strumentali di ciascun Comune associato ed inseriti nel "suo" sistema amministrativo e la particolarità consiste, appunto, nel fatto che ciascun Comune non esplica più il servizio in modo autonomo ed esclusivo, ma congiuntamente agli altri Comuni associati nelle modalità stabilite negli atti costitutivi del Consorzio. Pertanto, ciascun Comune, con l'adesione al Consorzio, ha l'obbligo di provvedere a quel determinato servizio per cui il Consorzio è stato costituito sin tanto che il vincolo associativo permane: ulteriore, ovvia conseguenza, è che se il singolo Comune non intende più provvedere alla gestione in forma associata, deve prima risolvere questo vincolo e ciò può non può che avvenire o a seguito di scioglimento del Consorzio o mediante recesso o, quanto meno, revoca dell'atto di adesione, ovviamente per il servizio o per quelle parti di servizio per i quali la gestione associata non sia obbligatoria.
La nuova disciplina del sistema di "gestione integrata" dei rifiuti urbani (non, quindi, limitata ad alcune fasi del relativo ciclo) introdotto dall'art. 201 del D.Lgs. n. 152/2006, attribuisce, ora, all'Autorità d'ambito territoriale ottimale una propria personalità giuridica, con l'obbligatoria partecipazione degli Enti locali ed il trasferimento dell'esercizio delle loro competenze in materia, appunto, di gestione integrata dei rifiuti: di conseguenza, ai sensi del successivo art. 202, è l'A.T.O. che ha ora l'esclusivo compito di affidare a terzi questa gestione mediante gara indetta nel rispetto delle norme comunitarie.
Proprio perché questo nuovo sistema di gestione non sia nel frattempo compromesso da scelte diverse, l'art. 204, I c., ha stabilito che "i soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata da parte dell'Autorità d'ambito".
E' opportuno rilevare che la norma utilizza l'espressione "i soggetti" senza alcuna limitazione in relazione alla loro particolare natura e, quindi, dai suoi destinatari non possono essere affatto esclusi i Consorzi di che trattasi (TAR Marche, sentenza 14.05.2008 n. 269 -
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EDILIZIA PRIVATAConcetto di ristrutturazione: manufatto crollato e ricostruito non è ''esistente''.
Un manufatto, a seguito del crollo delle sue pareti, non può essere più considerato quale “edificio esistente”, ai fini dell’applicazione delle norme di piano che consentono l’ampliamento di un originario “edificio esistente” giacché per esso, pur continuando a esistere nella sua materiale consistenza, non è consentita la realizzazione di edifici ex novo e divenuti inesistenti.
La ristrutturazione edilizia si caratterizza per la riedificazione che comporti la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.04.2008 n. 1550 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Sul permesso di costruire il Comune deve verificare solamente l'esistenza del titolo di proprietà o della disponibilità a fini edificatori dell’area interessata al progetto costruttivo.
A norma dell’art. dell’art. 4 comma 1 della legge n. 10/1977 (ora art. 9 del D.P.R. n. 380/2001), al Comune è demandata la verifica della sussistenza o meno in capo al richiedente il permesso di costruire del titolo di proprietà o della disponibilità a fini edificatori dell’area interessata al progetto costruttivo senza alcuna altra indagine in ordine all’esistenza e/o natura di diritti vantati da terzi che la legge fa comunque salvi (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 20.07.2006 n. 1107 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 20.10.2008

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dossier D.I.A.

EDILIZIA PRIVATASul potere inibitorio del Comune nel caso di presentazione di una D.I.A..
Sulla base dell’orientamento conforme della giurisprudenza in materia edilizia il Comune può inibire la realizzazione delle opere nel termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA, termine da considerarsi perentorio, con la conseguenza che, oltre detto termine il potere di riscontro a fini inibitori attribuito alla PA è esaurito e la stessa può provvedere solo con l’esercizio del potere di autotutela e al generale potere di controllo sulle attività di trasformazione edilizia del territorio (cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17.01.2006, n. 72; Tar Campania, Salerno, sez. II, 20.07.2006, n. 1107; Cons. Stato, sez. IV, 12.09.2007, n. 4828; Cass. Pen., sez. III, 29.01.2008, n. 11113) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 08.10.2008 n. 8840 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica e disciplina delle zone di tutela.
La Sezione, pur avendo interpretato le disposizioni del regolamento n. 495/1994 nel senso che l’originario richiedente debba essere posto in qualche modo in condizione di sapere che la sua istanza è sottoposta all’esame dell’autorità statale nella nuova fase di controllo, ha tuttavia ritenuto -nel rispetto di una interpretazione attenta più all’elemento sostanziale della possibile partecipazione che al profilo formale dell’osservanza dell’obbligo della comunicazione di rito- che la comunicazione concernente il passaggio alla fase di controllo può essere effettuata, per le sue finalità, in qualsiasi modo e che la medesima può ammettere atti equipollenti.
Il vincolo di inedificabilità assoluta, imposto con il citato decreto sino al 31.12.1985, ha perduto efficacia a causa della mancata pubblicazione del decreto di imposizione del vincolo prima dell’entrata in vigore della legge n. 431/1985 e quindi la dichiarazione delle aree di interesse paesaggistico individuate dallo stesso decreto, emanato dal Ministero in virtù di un concorrente potere statale di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali meritevoli di tutela, mantiene la sua piena efficacia, con ogni conseguenza in ordine al regime di inedificabilità relativa dell’area in questione, la cui attività di trasformazione dovrà essere autorizzata necessariamente ai sensi dell’art. 7 della legge n. 1497/1939
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.02.2008 n. 408 - link a www.altalex.com).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 42 del 16.10.2008, "Modifica del reticolo idrico principale determinato con la d.g.r. 7868/2002" (deliberazione G.R. 01.10.2008 n. 8127 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia serie ordinaria n. 42 del 13.10.2008 "Modifiche ed integrazioni alla d.G.R. n. 7977/2008 «Determinazioni in merito alla verifica della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica per l'esercizio delle funzioni paesaggistiche» (art. 146, c. 6, d.lgs. 42/2004)"  (deliberazione G.R. 01.10.2008 n. 8139 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia serie ordinaria n. 42 del 13.10.2008 "Determinazioni in merito al Piano di Governo del Territorio dei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 15.000 abitanti (art. 7, comma 3, l.r. n. 12/2005"  (deliberazione G.R. 01.10.2008 n. 8138 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 41 del 10.10.2008 "Schema tipo Carta dei servizi del servizio idrico integrato" (deliberazione G.R. 01.10.2008 n. 8129 - link a www.infopoint.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Commissioni paesaggio: fac-simili di dichiarazione (link a www.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA: La Lombardia si adegua al Codice dei beni culturali - Commissioni paesaggio: nuovi criteri per gli Enti Locali (link a www.regione.lombardia.it).

ENTI LOCALICarta dei servizi idrici: schema tipo.
Approvato il modello che fissa i principi per fornire servizi di acquedotto, fognatura e depurazione: indica anche gli standard di qualità che l'azienda gestore del servizio s'impegna a rispettare (
link a www.ors.regione.lombardia.it).

ENTI LOCALI: Il reddito del “nonno vigile” è da lavoro dipendente.
I compensi dei "nonni vigili" costituiscono redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente e sono sottoposti al trattamento fiscale agevolato previsto per i lavoratori socialmente utili, che hanno raggiunto l'età per la pensione di vecchiaia. Sulle somme percepite non vengono riconosciute le detrazioni fissate dall'articolo 13 del Tuir, in quanto gli importi non partecipano alla formazione del reddito complessivo (Agenzia delle Entrate, risoluzione 10.10.2008 n. 378/E - link a www.fiscooggi.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI SERVIZI: M. Nico, Parte la riforma dei servizi pubblici locali, ecco le novità su gare ed affidamenti in house (link a www.filodiritto.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. Giampietro, IL CONFERIMENTO DELLA CARTA DA MACERO DALLE PIATTAFORME ALLE CARTIERE: MATERIA PRIMA SECONDARIA O (ANCORA) RIFIUTO? (note critiche alla sentenza della Cassazione penale n. 5804/2008) (link a www.tuttoambiente.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Cerreto, Recesso della p.a. da un contratto di appalto di lavori pubblici per effetto di informativa antimafia e riparto di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo, con osservazioni alla sentenza Cass. S.U. 29.08.2008 n. 21928 e spiragli di razionalizzazione del sistema di riparto sulla sorte del contratto (link a www.giustizia-amministrativa.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Criteri interpretativi per l’applicazione del D.Lgs. n. 152/2008, terzo decreto correttivo del Codice dei contratti pubblici (comunicato 15.10.2008 n. 54 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 55, comma 6, del d. Lgs. n. 163/2006, nelle procedure ristrette, gli operatori economici presentano la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella lettera di invito. Alle procedure ristrette sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando.
La fase della prequalificazione, in tali procedure, assolve alla funzione di verificare il possesso dei requisiti di partecipazione prescritti dal bando e dal disciplinare di gara, per individuare gli operatori economici che, in possesso dei requisiti minimi prescritti per la partecipazione alla gara, possano essere invitati a presentare offerta.
Come è stato rilevato dal giudice amministrativo, la fase di prequalificazione, connotata da reciproca collaborazione fra stazione appaltante e concorrenti, deve comunque rispondere alla funzione di riscontrare l’effettivo possesso dei requisiti prescritti dal bando, con la conseguenza che la mancanza di uno o più di questi, preclude l’accoglimento della richiesta di invito, né è possibile verificarne la ricorrenza nella successiva fase concorsuale di presentazione dell’offerta.
In particolare, per quanto attiene agli appalti di lavori, è necessario che le imprese che hanno presentato richiesta di invito dimostrino il possesso della prescritta qualificazione.
Nel caso in esame, l’associazione temporanea di che trattasi ha dichiarato di voler partecipare alla gara in forma di raggruppamento temporaneo di tipo verticale, con assunzione in raggruppamento di tipo orizzontale delle lavorazioni della categoria scorporabile OS30.
In particolare, i lavori e le relative quote di partecipazione sono così suddivisi:
- Antonio e Raffaele Giuzio s.r.l., mandataria, in possesso di categoria prevalente OG1, classifica VI, quota lavori 100% e categoria scorporabile OS30, classifica III, quota lavori 33%;
- LC Tecnoimpianti s.r.l., mandante, in possesso di categoria scorporabile OS28, classifica IV, quota lavori 100%;
- Giovanni Putignano & Figli s.r.l., mandante, in possesso di categoria scorporabile OS30, classifica IV, quota lavori 34%;
- Giuzio Rocco e Salvatore s.r.l., mandante, in possesso di categoria scorporabile OS30, classifica III, quota lavori 33%.
Per quanto attiene alle ulteriori categorie scorporabili presenti in appalto, appartenenti alle cd. super specializzate di cui all’articolo 72, comma 4, del d.P.R. 554/1999 ed inferiori al 15% dell’importo complessivo dell’intervento, per le quali l’esecutore deve essere in possesso di specifica qualificazione, l’ATI non ha rilasciato alcuna dichiarazione circa la loro copertura.
Dette categorie, infatti, potrebbero essere coperte dalla impresa capogruppo nell’ambito della classifica di iscrizione (VI) posseduta dalla stessa nella categoria prevalente, tuttavia, dovendo essere eseguite da imprese in possesso di specifica qualificazione, devono necessariamente essere subappaltate.
Poiché l’associazione deve dimostrare il possesso della qualificazione adeguata a coprire l’importo complessivo dell’appalto e poiché, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, occorre far riferimento, ai fini della qualificazione, alla misura della classifica di qualificazione concretamente spesa dalle imprese riunite, è essenziale la dichiarazione da parte della mandataria di voler coprire con la prevalente le categorie scorporabili per le quali il raggruppamento non è specificamente qualificato.
Inoltre, il punto 2 lett. e) del disciplinare di gara, richiedeva, tra la documentazione da allegare alla richiesta di partecipazione, la presentazione di una dichiarazione, ai sensi dell’articolo 118, comma 2, quinto periodo, del d. Lgs. n. 163/2006, con la quale il candidato doveva indicare i lavori scorporabili e subappaltabili obbligatoriamente da subappaltare, in quanto non in possesso di specifica qualificazione.
Tale dichiarazione, che investe i profili di qualificazione del raggruppamento, in quanto privo di attestazione nelle categorie super specializzate, doveva essere presentata nella fase di richiesta di invito, per consentire alla commissione di gara di valutare il possesso dei requisiti del concorrente, nel rispetto delle modalità previste dal bando.
Per quanto attiene alla qualificazione delle associazioni di tipo misto, con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito che l’importo della categoria scorporabile può essere coperto da più di una mandante a condizione che almeno una di esse sia qualificata per almeno il 40 per cento dell’importo e le altre per almeno il 10 per cento, fermo restando la copertura dell’intero importo della categoria scorporabile.
Poiché ai fini del rispetto di quanto prescritto dall’articolo 95, comma 2, del d.P.R. 554/1999, occorre unicamente far riferimento alla misura di classifica concretamente spesa dall’impresa per il raggiungimento dei requisiti minimi di ammissione alla gara, la sub-associazione de qua non copre la qualificazione per la categoria scorporabile.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dell’associazione temporanea di imprese istante è conforme alla normativa di settore (parere 31.07.2008 n. 206 -
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APPALTI: Ritenuto in diritto:
Per quanto riguarda i provvedimenti in autotutela, si rammenta che la questione è stata esaminata dall’Autorità nella determinazione n. 17/2002, ove è stato rilevato che l’adozione di provvedimenti in autotutela rappresenta un potere/dovere in capo alla stazione appaltante, da esplicarsi in qualunque momento nel corso di una procedura ad evidenza pubblica si manifestino vizi determinanti per l’individuazione del contraente, fermo restando, tuttavia, il rispetto degli elementi di principio (obbligo di motivazione, concrete ragioni di pubblico interesse, non riducibili alla mera esigenza del ripristino della legalità, rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale ed adeguata istruttoria), cui l’adozione di provvedimenti in autotutela per la rettifica di atti invalidi è subordinata.
Per consolidato indirizzo giurisprudenziale la sussistenza del potere di agire in annullamento di una procedura di gara è giustificato dall’immanenza del principio costituzionale del buon andamento cui la pubblica amministrazione deve rapportare il suo operato per il miglior perseguimento dei fini pubblici ad essa affidati.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto sostenuto dall’impresa istante, l’annullamento della procedura di gara non è stato determinato dalla mera esigenza del ripristino della legalità, bensì dalla necessità del rispetto del principio della parità di trattamento e della concorrenza. Infatti, la non corretta definizione dei requisiti minimi di qualificazione necessari per la partecipazione all’appalto, può aver influito sulla potenziale platea di concorrenti, tenuto conto della richiesta, di cui al bando, del possesso della qualificazione nelle categorie scorporabili.
Né la commissione di gara, per riammettere le imprese escluse, poteva decidere di non applicare fedelmente la disciplina di gara, “perché l’eventuale disapplicazione o parziale applicazione delle clausole della lex specialis altererebbe la par condicio fra i concorrenti e danneggerebbe coloro che, confidando nella legittimità del bando, si sono attenuti fedelmente alle disposizioni impartite dalla stazione appaltante” (TAR, Puglia, Lecce, sez. III, n. 531/2008).
Sulla base di quanto sopra, correttamente la stazione appaltante ha disposto l’annullamento in autotutela del bando di gara di che trattasi ed ha indetto una nuova procedura di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato del Comune di Orgosolo, nel caso in esame, non presenta profili di non conformità con la normativa di settore (parere 31.07.2008 n. 204 -
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
L’Autorità ha evidenziato come la non corretta indicazione delle categorie di lavoro abbia importanti ricadute sul mercato, in quanto essa condiziona l’accesso delle imprese alle suddette gare.
Nel caso in esame, le lavorazioni, per quanto desumibile dalle voci del computo metrico estimativo in atti, riguardano non opere atte a garantire la stabilità di pendii, bensì opere aventi sostanzialmente la funzione di proteggere la sede stradale dalla caduta di massi sia mediante l’eliminazione di materiale già distaccato (disgaggio e la pulizia delle pareti rocciose) sia mediante il rivestimento dei tratti di parete interessati da degrado geostrutturale con l’applicazione di reti, funi e/o pannelli.
Pertanto, anche alla luce di quanto riportato nella deliberazione n. 83/2005, laddove è chiarito che “la categoria OS 12 indica come “barriere paramassi e simili” le opere che servono “... a proteggere dalla caduta dei massi”, attenendo non già alla stabilità delle scarpate quanto a lavorazioni ben precise non dipendenti dal sito dove le stesse devono svolgersi”, si ritiene che la categoria prevalente da indicare nel bando in questione sia la OS12- barriere e protezioni stradali.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che le opere da appaltare, indicate nel bando indetto dall’ANAS s.p.a.- Compartimento della viabilità per la Calabria, appartengono alla categoria OS12 e non alla OG3 (parere 31.07.2008 n. 203 -
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del d. Lgs. 163/2006, le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazioni di ostacoli ingiustificati all’apertura dei contratti pubblici alla concorrenza. La ratio legis sottesa alla disposizione in commento, come questa Autorità ha già avuto modo di osservare (si vedano pareri n. 51 del 10.10.2007 e n. 97 del 09.04.2008), consiste nell’evitare che la definizione delle specifiche tecniche determini un ostacolo alla libera circolazione delle merci mediante l’imposizione di particolari caratteristiche dei prodotti o dei servizi che implicano un determinato processo produttivo ovvero una determinata provenienza.
In tale ottica, il legislatore ha inteso vietare l’inserimento di specifiche tecniche che menzionino una fabbricazione o provenienza determinata, un procedimento particolare ovvero facciano riferimento ad un marchio, un brevetto, un tipo, un’origine o una produzione specifica a meno che ciò non sia giustificato dal fatto che una descrizione sufficientemente precisa non sia possibile e a condizione che tale menzione sia accompagnata dall’espressione “o equivalente”.
Le medesime argomentazioni sembrano potersi estendere alle ipotesi in cui la stazione appaltante predispone la documentazione progettuale indicando l’oggetto della fornitura in modo particolarmente dettagliato, tale da potersi equiparare al riferimento ad un marchio o ad un brevetto o un particolare tipo di prodotto. Anche in tal caso, infatti, si potrebbe determinare un pregiudizio alla partecipazione alla gara per coloro che non sono in grado di fornire un prodotto identico a quello descritto nel capitolato, ma soltanto un prodotto ad esso analogo.
Nel caso in esame, il progetto posto a base di gara prevede l’impiego di un manufatto sostanzialmente identico, quanto a caratteristiche costruttive, a quello di una determinata produzione e coperto da privativa industriale. Ciò si rileva sia dalla descrizione della voce di elenco prezzi n. 18, articolo N. 09.004/B, sia dalla rappresentazione dei dettagli costruttivi contenuti nelle tavole grafiche di progetto.
La circostanza che nella voce di elenco prezzi le caratteristiche descritte siano intese come “caratteristiche minime”, appare inadeguata a garantire il rispetto dei principi della concorrenza e della par condicio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la descrizione del prodotto (rete metallica) contenuta nella documentazione di progetto relativa all’appalto di che trattasi, è in violazione dell’articolo 68, del d. Lgs. n. 163/2006 (parere 31.07.2008 n. 202 -
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GIURISPRUDENZA

ENTI LOCALI - VARINon si deve versare la quota depurazione (indicata nella bolletta acquedotto) qualora non esista l'impianto di depurazione comunale dei reflui fognari ovvero questo sia temporaneamente inattivo.
1) va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, legge 05.01.1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall'art. 28 della legge 31.07.2002, n. 179 (Disposizioni in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»;
2) va dichiarata, ai sensi dell'art. 27 della legge 11.03.1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 03.04.2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi» (Corte Costituzionale, sentenza 10.10.2008 n. 335 -
link a www.cortecostituzionale.it).

APPALTISul risarcimento del danno nel caso di annullamento di una gara d'appalto.
L'azione di risarcimento conseguente all'annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo implica la valutazione dell'elemento psicologico della colpa, alla luce dei vizi che inficiavano il provvedimento stesso e della gravità delle violazioni imputabili all'Amministrazione, secondo l'ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo amministrativo nonché delle condizioni concrete in cui ha operato l'Amministrazione, non essendo il risarcimento una conseguenza automatica della pronuncia del giudice della legittimità (Consiglio Stato, sez. IV, 01.10.2007, n. 5052).
In tema di risarcimento danni per illegittima aggiudicazione di una gara pubblica, ferma restando la permanente difficoltà di individuare un quid pluris rispetto alla stessa illegittimità dell'atto, la colpa dell'amministrazione deve essere valutata tenendo conto dei vizi che inficiano il provvedimento, della gravità delle violazioni imputabili all'amministrazione, anche alla luce del potere discrezionale da essa concretamente esercitato, delle condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati al procedimento (Consiglio Stato, sez. IV, 11.10.2006, n. 6059) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISolo esperti doc nelle commissioni di gara.
Con riferimento alle competenze tecniche e professionali che devono possedere i componenti delle Commissioni giudicatrici di gare aventi ad oggetto lavori, servizi, e forniture, la giurisprudenza amministrativa formatasi sotto l’usbergo della antevigente disposizione di cui all’art. 21 della legge n. 109/1994 e succ. mod. ha avuto modo in passato di evidenziare che “se nei componenti della commissione giudicatrice di un appalto concorso risiedono le competenze professionali per il vaglio economico e tecnico delle offerte, queste competenze sono anche idonee a valutare gli aspetti correlativi alle varie giustificazioni che possono essere addotte a sostegno della serietà dell'offerta sospettata di anomalia; pertanto, sussiste una discrezionalità tecnica nel vagliare l'adeguatezza dei chiarimenti forniti dall'impresa offerente e ciò che rileva è il possesso, da parte di cui conduce l'esame, dei requisiti professionali necessari” (Consiglio Stato, sez. V, 28.06.2002, n. 3566).
Ne consegue, quindi, che “la composizione della commissione incaricata del vaglio delle offerte presentate per l'aggiudicazione di un contratto ad evidenza pubblica con il sistema dell'appalto concorso deve rispondere, per lo meno, a certi requisiti imposti dalla natura stessa dell'opera da eseguire, nonché dalla razionalità e logicità delle scelte compiute in relazione alle finalità perseguite; pertanto è illegittima la composizione della commissione stessa qualora tra i componenti della stessa prevalgano elementi privi di competenze tecniche specifiche” (Consiglio Stato, sez. VI, 25.07.1994, n. 1261).
Più di recente, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il riferimento al possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, costituisca principio “immanente nell'ordinamento generale, che trascende il settore dei lavori pubblici, per rendersi operativo in qualsiasi gara, in quanto risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa; pertanto, pur in mancanza, nel settore degli appalti di servizi, di un'espressa disposizione concernente la composizione della commissione giudicatrice, questa, avendo anche in detto settore il compito di valutare la qualità del servizio offerto, deve essere composta, almeno prevalentemente, da persone fornite di specifica competenza tecnica o munite di qualificazioni professionali che tale competenza facciano presumere” (Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1408).
Pare al Collegio potere affermare che -senza per questo dovere ricorrere, con sistematicità ad “indagini” sul possesso in capo ai commissari dei requisiti in parola- emerga dal condivisibile orientamento giurisprudenziale succitato, una “tensione” verso la necessità dell’affermazione di un principio che individui i commissari quali “periti peritorum” della materia sulla quale devono esprimere il loro delicato giudizio e che il possesso dei requisiti di cui si è discorso debba essere valutato anche in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio.
Ciò al fine di evitare che sussistano, a monte, elementi che inducano in via anticipata i consociati (ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a dubitare dell’adeguatezza professionale di chi è chiamato a giudicare comparativamente le proposte aggiudicatorie.
Ovviamente, nella impossibilità di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento ad alcuni dati che, in via presuntiva, consentano una prognosi tranquillizzante sul punto.
Tali dati non possono che essere due: possesso di un titolo di studio adeguato, e pregressa esperienza nel settore.
Esigenze di economicità hanno suggerito al legislatore la previsione di un archetipo di composizione formato da funzionari delle stazioni appaltanti.
Come è agevolmente ricavabile dalla disposizione di cui al comma VIII dell’art. 84 del d.lvo n. 163/2006 il principio non è assoluto, ma deve essere coniugato con il dato afferente al possesso della necessaria professionalità (che costituisce “prerequisito” per la nomina, vien fatto di affermare).
Già in passato, a seguito della sentenza della Consulta n. 453/1990 che era intervenuta su alcune disposizioni legislative della Regione Siciliana, si era affermato in giurisprudenza (si noti, in particolare, il richiamo ad una valutazione da formularsi in termini di concretezza) che “le commissioni esaminatrici di pubblici concorsi possono ritenersi legittimamente composte solo quando i membri chiamati a farne parte in qualità di esperto rivestano effettivamente tale qualità nelle materie oggetto d'esame; con la conseguenza che per essi il possesso del titolo di studio, di livello quanto meno pari a quello richiesto per l'ammissione al concorso, deve essere corroborato dal possesso di ulteriori titoli (di studio, di servizio o professionali) idonei a dimostrare la specifica competenza in concreto dell'esaminatore nelle materie delle prove concorsuali" (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 18.10.1996, n. 344).
Conclusivamente, sul punto, può affermarsi quanto segue: l’art. 84 del d.lvo 163/2006, in sostanziale continuità con l’art. 21 della legge n. 109/1994 e succ. mod. e con la previsione regolamentare di cui all’art. 92 del dpr n. 554/1999, laddove ha inteso prevedere che i commissari siano “selezionati tra i funzionari della stazione appaltante” non ha inteso privilegiare in senso assoluto il requisito dell’inserimento nell’organico dell’ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, come può evincersi dalle ulteriori previsioni normative delle citate disposizioni. La valutazione prognostica sulla professionalità di chi giudica quindi, non può prescindere dalla concreta disamina di ciò che costituisce oggetto di giudizio, ed a tal fine il possesso del titolo di studio adeguato è elemento che garantisce a monte, sotto un profilo presuntivo, dell’adeguatezza della scelta (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
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APPALTISulla commissione di gara.
Deve ritenersi che la Commissione di gara costituisca un collegio perfetto, che deve operare con il plenum dei suoi componenti nelle fasi il cui l’organo è chiamato a compiere valutazioni tecnico-discrezionali o ad esercitare prerogative decisorie, rispetto alle quali si configura l’esigenza che tutti i suoi componenti offrano il loro contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale, e che tale collegialità non è indispensabile quando occorre effettuare attività preparatorie, istruttorie o strumentali verificabili a posteriori dall’intero consesso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 05.08.2005 n. 4196; TAR Campania Napoli, Sez. I, 23.03.2006 n. 3136; TAR Sicilia Catania, Sez. II, 14.07.2005 n. 1138; TAR Lombardia Milano, Sez. III, 20.06.2005 n. 1823) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 02.10.2008 n. 10913 -
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EDILIZIA PRIVATA: Sulla capacità edificatoria di un lotto già costruito precedentemente.
Secondo consolidati principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa, il diritto di edificare inerisce alla proprietà dei suoli nei limiti stabiliti dalla legge e dagli strumenti urbanistici (Corte Cost. n. 5 del 1980), tra i quali quelli diretti a regolare la densità di edificazione ed espressi negli indici di fabbricabilità. Il diritto di edificare, pertanto, è conformato anche da tali indici, di modo che ogni area non è idonea ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita dalla legge (cfr. art. 4, u. c., L. 28.01.1977 n. 10) e dallo strumento urbanistico e, corrispondentemente, qualsiasi costruzione, anche se eseguita senza il prescritto titolo, impegna la superficie che, in base allo specifico indice di fabbricabilità applicabile, è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.
Di qui il principio, fermo in giurisprudenza, secondo cui “un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione” (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 12.07.2004 n. 5039), a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa (id., 28.02.2001 n. 1074).
Ai fini del calcolo della volumetria realizzabile, infatti, “non rileva la circostanza che l’unico fondo del proprietario sia stato suddiviso in catasto in più particelle, dovendosi verificare (...) l’esistenza di più manufatti sul fondo dell’originario unico proprietario” (cfr. id., sez. V, 26.11.1994 n. 1382).
Ai fini della determinazione dell’indice massimo di fabbricabilità, ove sussistano precedenti edifici, non è consentito scorporarli dalla superficie complessiva né escludere dal computo la cubatura di manufatti preesistenti e considerare l’area di sedime in quella suscettibile di ulteriore edificazione (Cons. St., V, 12.07.2005, n. 3777).
Allorché un’area edificabile venga successivamente frazionata in più parti tra vari proprietari, la volumetria disponibile ai sensi della normativa urbanistica nell’intera area permane invariata, con la duplice conseguenza che, nell’ipotesi in cui sia stata già realizzata sul fondo originario una costruzione, i proprietari dei vari terreni, in cui detto fondo è stato frazionato, hanno a disposizione solo la volumetria che residua tenuto conto dell'originaria costruzione e in proporzione della rispettiva quota di acquisto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16.02.1987 n. 91) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.09.2008 n. 4647 -
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PUBBLICO IMPIEGONon spetta alcun emolumento aggiuntivo al Segretario Comunale che partecipa a commissioni di concorso pubblico.
La tesi del giudice di primo grado (secondo cui l’attività svolta dal Segretario comunale all’interno delle anzidette commissioni di concorso, non sia compensabile a parte) ha un forte avallo da un lato nel principio della omnicomprensibilità dello stipendio; dall’altro nell’assenza di una normativa che sancisca espressamente la retribuibilità a parte. La presenza di questi due fattori preclude, a giudizio di questo Consiglio, la prospettata possibilità di adottare una interpretazione analogica (C.G.A.R.S., sentenza 23.09.2008 n. 796 -
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EDILIZIA PRIVATAA livello comunale non è possibile introdurre un concetto di “ristrutturazione” diverso da quello prefigurato dal legislatore nazionale.
Le previsioni dell’art. 3 del D.Lgs. 06.06.2001, n. 380 importano che alle norme urbanistiche locali non sia consentito di introdurre un concetto di “ristrutturazione” diverso da quello prefigurato dal legislatore nazionale, cioè che esse non possano qualificare come ristrutturazione un intervento non rientrante nella tipologia delineata dal D.Lgs. n. 380 del 2001, e –correlativamente– non possano escludere da tale definizione tipi di intervento che invece vi rientrano.
Ciò non pregiudica tuttavia il potere delle amministrazioni comunali di disciplinare in concreto le attività edilizie assentibili, attraverso gli strumenti regolatori del territorio (P.R.G., piani attuativi, ecc.), anch’essi previsti dalla legge, in considerazione degli interessi non solo urbanistici, ma anche ambientali, paesaggistici, di tutela dei beni culturali.
Pertanto la definizione o classificazione degli interventi effettuata dal D.Lgs. n. 380 del 2001 non incide direttamente sulla regolamentazione sostanziale delle attività edilizie consentite o vietate in una determinata zona del territorio comunale, ben potendo l’Amministrazione comunale, anche in presenza di una disciplina pianificatoria che ammetta un certo tipo di interventi (come la ristrutturazione), imporre particolari modalità costruttive, come la conservazione di alcune porzioni dell’organismo edilizio preesistente, ove riconosciute di particolare pregio, oppure la limitazione dell’altezza massima del fabbricato, come si è verificato nel caso in esame (TAR Marche, sentenza 19.09.2008 n. 1307 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Mobbing, elementi essenziali, protrazione della condotta nel tempo.
Il mobbing è costituito da una condotta protratta nel tempo diretta a ledere il lavoratore. Caratterizzano questo comportamento:
- la sua protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti;
- la volontà che lo sorregge (diretta alla persecuzione od all’emarginazione del dipendente);
- la conseguente lesione, attuata sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 11.09.2008 n. 22858 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: L’atto amministrativo è di regola irretroattivo.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’ azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono, ad esempio, quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato.
Ulteriore limiti alla retroattività, in presenza di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, discende dalla regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto, solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva.
Le su riferite conclusioni trovano codifica nell’ art. 21-bis della legge n. 241/1990 introdotto dall’art. 14 della legge n. 15/2005: è ivi stabilito che “il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata” o qualora la comunicazione non sia possibile mediante forme di pubblicità idonee stabilite dall’Amministrazione medesima
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.09.2008 n. 4301 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze dal muro di cinta e valutazione delle scelte estetiche.
Il muro di cinta di altezza non superiore ai tre metri, pur essendo una costruzione in senso materiale, non è considerato tale ai fini delle distanze legali per la sua mancanza di autonomia strutturale, costituendo una semplice protezione del fondo: per il computo delle distanze tra costruzioni vanno quindi presi in considerazione gli edifici che si trovano rispettivamente al di qua e al di là del muro di cinta, come se questo non esistesse, per cui la distanza di legge va computata tra l’edificio preesistente e la nuova costruzione ovvero ampliata. Ne consegue, nello specifico, che la distanza minima da rispettare tra i porticati ed il confine non è quella stabilita dall’art. 873 c.c., ma quella tra sagoma limite e confine.
Dal momento che il Giudice amministrativo non può sindacare il merito delle scelte estetico-funzionali dell’amministrazione se non nei limiti della illogicità, quando si discute di concreti valori estetico-tipologici riservati all’amministrazione medesima, è sufficiente appurare che le norme edilizie in vigore ammettono l’intervento di interesse con le caratteristiche morfologiche e strutturali desumibili anche dalla documentazione fotografica agli atti processuali
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.03.2008 n. 931 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 13.10.2008

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dossier ESPROPRIAZIONE

ESPROPRIAZIONE: Sulla motivazione necessaria circa la reiterazione di un vincolo espropriativo.
In merito alla idoneità della motivazione esposta dal Comune a fondamento della propria scelta di reiterare un vincolo espropriativo decaduto si osserva preliminarmente che l’obbligo di motivazione non viene meno per la parziale difformità dell’opera pubblica prevista nel PRG del 2005 rispetto alla localizzazione originaria del PRG del 1983. La prospettiva da cui viene osservata la situazione è quella del proprietario che in conseguenza del vincolo subisce una limitazione all’esercizio dei suoi diritti (nel caso in esame il vincolo non compromette l’uso agricolo ma rende impossibili le edificazioni in zona agricola consentite prima dalla LR 07.06.1980 n. 93 e ora dagli art. 59-60 della LR 11.03.2005 n. 12). Sotto questo profilo è irrilevante che il vincolo originariamente posto per un’opera sia reiterato per un’opera diversa e, a maggior ragione, sono irrilevanti le modifiche introdotte nel tempo alla stessa opera, sia che riguardino le modalità realizzative sia che interessino la localizzazione. Diversamente sarebbe sufficiente reiterare il vincolo con qualche variazione per qualificare sempre la fattispecie come prima previsione ed eludere l’obbligo di motivazione. Circa il contenuto della motivazione si richiama l’orientamento giurisprudenziale che, graduando tale obbligo, lo aggrava nel caso in cui la reiterazione del vincolo riguardi una singola opera pubblica o incida su un proprietario particolare, nonché nel caso di aspettative consolidate in precedenti atti amministrativi o convenzioni urbanistiche, e considera invece sufficiente nelle altre ipotesi l’illustrazione della persistenza dell'interesse pubblico (v. CS AP 24.05.2007 n. 7; CS Sez. IV 08.06.2007 n. 2999).
La reiterazione di un vincolo espropriativo senza previsione di un’indennità commisurata all'entità del danno effettivo non determina l’illegittimità della disciplina urbanistica (v. CS AP 24.05.2007 n. 7). Il diritto a ottenere un ristoro dall’amministrazione si colloca su un piano distinto da quello urbanistico e sorge ex lege con l’approvazione dell’atto di reiterazione del vincolo. Le questioni relative all’inerzia dell’amministrazione nella quantificazione dell’indennità appartengono al giudice ordinario ex art. 39 comma 4 del DPR 327/2001 (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 16.09.2008 n. 1041 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE

EDILIZIA PRIVATA: Pertinenza e ampliamento di edificio.
In tema di pertinenza urbanistica la relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio ", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale), sicché non può ricondursi alla nozione in esame l’ampliamento di un edificio che per la relazione di connessione fisica, costituisce parte di esso quale elemento che attiene all'essenza dell'immobile e lo completa affinché soddisfi ai bisogni cui è destinato
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.10.2008 n. 37460 - link a www.lexambiente.it).

dossier RIFIUTI E BONIFICHE

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Letame.
A norma dell'art. 185, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, la esclusione delle materie fecali dalla disciplina sui rifiuti, contenuta nella parte quarta dello stesso decreto legislativo, opera a condizione che dette materie provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola (nella fattispecie si è affermato che è’ indiscutibile la natura di rifiuto del letame depositato in un lagone e quindi l'applicabilità della disciplina sui rifiuti, non foss'altro perché, trattandosi appunto di "letame", cioè di materiale fecale palabile, e non di "liquame", cioè di materiale non palabile derivante da miscela di feci e urine animali, esso non può essere riutilizzato per la fertirrigazione)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37560 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Abbandono e responsabilità del curatore fallimentare.
In tema di abbandono di rifiuti la norma incriminatrice, invero, sanziona penalmente tale condotta solo se imputabile ai "titolari di impresa" o ai "responsabili di enti", perché fa carico a questi soggetti di un qualificato ruolo di responsabilità nella gestione dei rifiuti connessi alla loro attività, riservando invece ai soggetti "comuni" un carico di responsabilità minore, presidiato da una semplice sanzione amministrativa. Ma quando l'impresa sia dichiarata fallita la responsabilità del suo titolare si trasferisce sul curatore fallimentare, che da una parte è pubblico ufficiale e dall'altra ha il compito di amministrare il patrimonio dell'impresa in sostituzione del suo titolare (ex artt. 30 e 31 Legge fallimentare). Si tratta non già di estensione analogica, ma di interpretazione teleologica della norma incriminatrice, secondo la quale, nella soggetta materia, il ruolo del curatore non può ridursi a quello di soggetto "comune"
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37282 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATARifiuti. Terre e rocce da scavo.
L'art. 186 del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 esclude dall'applicazione della disciplina sui rifiuti le terre e rocce da scavo a determinate condizioni. Poiché la norma costituisce direttamente una deroga alla nozione di rifiuto definita dall'art. 183, lett. a), e indirettamente configura una causa di esclusione della punibilità dei reati che hanno come oggetto o come presupposto i rifiuti (v. rispettivamente da una parte gli artt. 256, 259 e 260, e dall'altra art. 258, comma 4), grava sull'imputato l'onere di provare le condizioni positive per l'applicabilità della deroga (riutilizzazione delle terre e rocce da scavo secondo progetto ambientalmente compatibile), mentre resta compito del pubblico ministero la prova della circostanza di esclusione della deroga (concentrazione di inquinanti superiore ai massimi consentiti)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37280 - link a www.lexambiente.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Ramacci, Ordinanza di rimozione (rifiuti) e principio di inesigibilità della condotta (nota a Cass. pen. n. 14747/2008) (link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: M. Nico, Parte la riforma dei servizi pubblici locali, ecco le novità su gare ed affidamenti in house (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIIL DURC INSOSTITUIBILE PER L’ATTESTAZIONE DELLA REGOLARITA’ CONTRIBUTIVA (link a www.mediagraphic.it).

APPALTIPRINCIPALI NOVITA’ DEL TERZO DECRETO CORRETTIVO (link a www.mediagraphic.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Secondo quanto descritto in narrativa il Comune di Castiglione delle Stiviere in data 03.05.2007 ha pubblicato un bando di gara per l’affidamento del servizio di gestione calore e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti comunali, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In data 27.06.2007, termine massimo fissato per la presentazione delle offerte, sono pervenute 6 offerte. All’esito della procedura di gara sono risultate aggiudicatarie provvisorie le offerte presentate dalla Manutencoop Facility Management S.p.A. partecipante da sola e dall’ATI costituito dalla TEA SEI S.r.l. con la Teckal S.p.A. La terza classificata Energy Service S.r.l. contesta che Manutencoop Facility Management S.p.A. e Teckal S.p.A. sono in rapporto di controllo l’una con l’altra e pertanto abbiano partecipato alla gara illegittimamente.
Ai fini della disamina della censura presentata da Energy Service S.r.l. deve anzitutto precisare come la situazione di collegamento sostanziale, per essere rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, deve sussistere alla data di presentazione delle offerte, posto che è in quel momento che si cristallizza la situazione dichiarata dall’azienda, compresa la dichiarazione della stessa in merito ad eventuali rapporti di collegamento ad altre imprese partecipanti alla stessa gara. Pertanto l’eventuale falsità della dichiarazione fornita in quel momento, rileva ai fini dell’ammissibilità dell’offerta stessa, il che vuol dire che non rilevano circostanze antecedenti (e che siano venute definitivamente meno prima della data dianzi indicata) o sopravvenute. A quest’ultimo riguardo si può pure ritenere che in alcuni casi una circostanza sopravvenuta possa costituire un serio indizio circa la preesistente situazione di collegamento, ma ciò deve costituire oggetto di prova rigorosa, pena un’indebita restrizione dell’autonomia imprenditoriale degli operatori economici; in effetti, soprattutto nei casi in cui le operazioni di gara si protraggano per un periodo lungo, le vicende sopravvenute che coinvolgono in ipotesi due o più delle imprese partecipanti potrebbero danneggiare le imprese medesime, le quali, al momento della presentazione delle offerte, non avevano in ipotesi alcuna intenzione di violare il divieto di cui all’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 ed hanno invece dato vita a fusioni, incorporazioni e quant’altro solo in base a strategie aziendali o per altre ragioni comunque riconducibili alla ordinaria dinamica imprenditoriale. Occorre, pertanto, verificare se si sia concretamente integrata un’alterazione del gioco della concorrenza, la quale si ha quando due o più offerte provengono dallo stesso centro decisionale.
In applicazione del criterio metodologico sopra citato, a seguito di riscontro cronologico, è emerso che l’offerta vincolante di Manutencoop Facility Management S.p.a. è stata presentata in data 13.08.2007, l’attività di due diligence presso la Teckal S.p.A. è stata compiuta nel periodo della seconda metà di agosto, e il contratto di compravendita è stato stipulato in data 12.09.2007 e divenuto efficace in data 04.10.2007 con l’ottenimento dell’autorizzazione Antitrust. Le descritte operazioni sono, pertanto, tutte avvenute successivamente al termine ultimo di presentazione dell’offerta del 27.06.2007. Non sussistono, dunque, elementi idonei a dimostrare che le offerte presentate dalla Manutencoop Facility Management S.p.A. e dalla Teckal S.p.A. siano imputabili ad un unico centro decisionale, in quanto il fatto che il socio di maggioranza avesse intrapreso una trattativa volta alla cessione del 100% del capitale sociale di quest’ultima, in un periodo successivo al termine per la presentazione delle offerte, non costituisce elemento sufficiente ed idoneo a far presupporre la sussistenza di un unico centro decisionale per tale intendendosi quello che si realizza concretamente nelle ipotesi di controllo o collegamento societario ex art. 2359 c.c.
Altra censura presentata dall’istante attiene alla partecipazione della TEA SE S.r.l. ritenuta non conforme in quanto si pone in violazione dell’art. 13 del D.L. 223/2006.
La questione deve essere vagliata alla luce delle limitazioni alla partecipazione imposte dall’art. 13 comma 1, del D.L. 04.07.2006 n. 223, convertito in L. 04.08.2006 n. 248 il quale dispone che: “Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate da enti locali per la produzione di beni e servizi strumentali alla attività di tali enti, in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, (…) non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati né in affidamento diretto né in gara”.
L’affidamento, da parte della Città di Castiglione delle Stiviere, di un servizio di gestione calore e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti comunali di riscaldamento, denominato “servizio energia (e più comunemente “gestione calore”) non sembra possa qualificarsi come “servizio pubblico”, e quindi essere ricompreso nella esclusione espressamente prevista dall’art. 13 al comma 1, in quanto le prestazioni della erogazione del calore, previste dalla gara d’appalto, sono dirette unicamente al Comune, che ne usufruisce alla stregua di qualsiasi altro soggetto, e non alla collettività.
La natura stessa del “servizio calore”, infatti, non costituisce una produzione di beni o attività rivolti a fini sociali e di promozione economica, non potendo rinvenirsi, nella pura e semplice gestione del calore per gli edifici comunali, alcuna finalità sociale e promozionale.
Inoltre desta notevole perplessità il fatto che l’erogazione verrebbe erogata non dal Comune a favore della collettività, ma dalla Società aggiudicataria a favore del Comune. Pertanto la qualificazione “pubblica” risulterebbe svuotata, lasciando spazio alla classificazione di “semplice prestazione economica”, sia pure rivolta nei confronti di un soggetto pubblico (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 10.03.2003, n. 1289). I servizi di gestione del calore, erogati dalla Società aggiudicataria, verrebbero considerati a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare il Comune che provvederebbe poi al perseguimento dei suoi fini istituzionali.
L’attività della Società aggiudicataria sarebbe pertanto rivolta alla pubblica amministrazione e non al pubblico, e pertanto non mirerebbe certo a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- la partecipazione delle Società Manutencoop Facility Management S.p.A. e la Teckal S.p.A. è conforme alla normativa vigente in quanto, al momento di presentazione delle offerte, non era integrata una delle fattispecie di cui all’art. 34, comma 2 del D.Lgs 163/2006;
- che la Società TEA SEI S.r.l. non può concorrere, ai sensi dell’art. 13, comma 1, della L. 248/2006, agli appalti banditi da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale non essendo il servizio in oggetto un servizio pubblico locale
(parere 17.07.2008 n. 201 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
In via preliminare si fa presente che l’eccezione sollevata dall’ATI Capofila Cooperativa Luigi Sturzo, riguardante la richiesta di esclusione del Consorzio Sol.Co Catania e della ATI Capofila Orsa Maggiore per violazione del disposto di cui all’art. 36, comma 5, del D. Lgs. 136/2006, non può trovare accoglimento in quanto, come chiarito dal Consorzio Sol.Co Catania con estratto della Camera di commercio Industria ed Artigianato di Catania – Ufficio Registro delle Imprese, si è in presenza di una società cooperativa consortile e non di un consorzio stabile.
Per ciò detto, il riferimento all’art. 36 comma 5 del D. Lgs. 136/2006 appare del tutto infondato, in quanto quest’ultimo disciplina una diversa forma giuridica, quella dei consorzi stabili.
Rileva, invece, la problematica relativa al fatto che il Consorzio Sol.Co Catania, non abbia indicato in sede di offerta, alcuna delle consorziate quale esecutrice del servizio oggetto di gara.
Per costante giurisprudenza, il rapporto tra i consorzi ex legge 422/1909 e le cooperative ad essi associate, può essere ricondotto al rapporto fra società commerciale e socio. Ne discende, pertanto, che attraverso la struttura comune di impresa il consorzio esercita una funzione d’intermediazione tra le imprese consorziate ed i terzi, strumento di supporto tecnico economico e finanziario che svolge detta attività nell’interesse e per conto delle imprese consorziate, tramite l’imputazione dei contratti e dei rapporti giuridici a sé stesso.
L’attività di impresa prestata nell’interesse mutualistico e/o lucrativo dei singoli consorziati fa sì che il consorzio non esegua in proprio i lavori, ma sempre a mezzo di consorziato.
Si deve, infine, aver riguardo ai disposti di cui al comma 7, dell’art. 37, del D. Lgs. 163/2006, che, al secondo periodo, stabilisce: “i consorzi di cui all’art. 34, comma 1 lettere b) (consorzi fra società di cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25.06.1909 n. 422 e del decreto legislativo del Capo provvisorio della Stato 14.12.1947 n. 1577, nonché dei consorzi fra imprese artigiane di cui alla legge 08.08.1985 n. 443) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara; in caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato”.
La contemporanea partecipazione alla gara del consorzio di cooperative e della cooperativa consorziata, tenuto conto della mancata indicazione da parte del consorzio del consorziato per il quale concorre, determina il ricorrere della fattispecie delle offerte imputabili ad un unico centro decisionale, di cui all’articolo 34, comma 2, del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la mancata indicazione, da parte di un consorzio di cooperative, del consorziato per il quale concorre, comporta l’esclusione dalla gara del consorzio stesso e della consorziata (parere 17.07.2008 n. 200 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Il termine di presentazione delle offerte ha natura perentoria e inderogabile in quanto destinato a garantire la par condicio dei concorrenti tra i partecipanti, mediante la fissazione di uno stesso termine per tutti gli offerenti.
Eventuali offerte pervenute oltre il termine fissato dalla stazione appaltante non sono ammissibili e l’amministrazione è tenuta ad escluderle in quanto, autovincolata a tali clausole della lex specialis, deve salvaguardare le offerte tempestive (in tal senso, TAR Puglia, Bari, sez. I, sentenza 04.07.2007 n. 1735, TAR Lazio, sez. II, sentenza 26.05.2006 n. 3921 e Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 10.04.2002 n. 1960).
Nel caso di specie, appare pertanto corretto l’operato della stazione appaltante che a tutela della par condicio dei concorrenti ha proceduto ad escludere l’offerta tardiva presentata dalla società Ritrama.
La previsione nella lex specialis di una clausola alla stregua della quale l’amministrazione “si riserva la facoltà di non aggiudicare in presenza di una sola offerta” non costituisce un obbligo in capo alla stazione appaltante di non procedere alla aggiudicazione e lascia alla medesima la discrezionalità di aggiudicare o meno in quella circostanza.
Conseguentemente, non sembrano rinvenibili profili di illegittimità nella scelta dell’Istituto di procedere ad aggiudicare il contratto anche in presenza di una sola offerta valida presentata in sede di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, che l’esclusione della società Ritrama e l’aggiudicazione operata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato siano conformi alla normativa vigente di settore (parere 17.07.2008 n. 199 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Con deliberazione n. 78/2004, l’Autorità ha affrontato la questione dell’inserimento del computo metrico estimativo e dell’elenco prezzi unitari tra i documenti di gara resi noti ai partecipanti, statuendo, tra l’altro, che nei casi di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso sull’elenco prezzi, detti documenti devono essere posti in visione ai partecipanti: diversamente opinando, l’aggiudicatario si troverebbe a sottoscrivere un contratto a cui, secondo quanto disposto dall’articolo 110 del d.P.R. 554/1999, deve essere allegato un elenco prezzi unitari a lui non noto, contravvenendo ai principi di correttezza ed equità.
Il principio di trasparenza implica che le stazioni appaltanti consentano una effettiva conoscibilità della documentazione di gara, al fine di mettere in condizione gli operatori economici di formulare una offerta seria e consapevole.
In tal senso, l’articolo 71, comma 1, del d. Lgs. n. 163/2006, prescrive l’accesso libero, diretto e completo al capitolato d’oneri e ad ogni altro documento complementare.
L’effettiva conoscibilità ed il libero accesso a tutta la documentazione di gara, non può essere conseguita consentendo, come nel caso in esame, la sola presa visione senza materiale acquisizione del computo metrico estimativo definitivo: detto documento, che individua la stima dell’intervento, ha una autonoma valenza ad uso dei concorrenti, per la compiuta descrizione delle lavorazioni richieste in progetto.
Consentire la sola visione del computo metrico, quantunque con possibilità di prendere annotazioni, ma senza poterlo materialmente acquisire nella propria disponibilità, limita l’appaltatore nell’effettuare corrette e ponderate valutazioni dell’appalto con conseguenti ricadute sulla formulazione dell’offerta.
Quanto sopra costituisce un ostacolo ed una discriminazione nei confronti degli operatori economici, nonché una violazione del principio di trasparenza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che consentire la sola presa visione del computo metrico senza riconoscere la possibilità di acquisire materialmente detto documento, rappresenta un ostacolo per gli operatori economici ed una violazione del principio di trasparenza (parere 17.07.2008 n. 198 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Preliminarmente questa Autorità evidenzia che la corretta individuazione delle categorie generali o speciali di cui si compone l’appalto, nonché l’effettuazione dell’ulteriore scomposizione ed individuazione dei corpi d’opera rientra nelle specifiche competenze e attribuzioni del progettista.
Si deve, altresì, far presente che, ai sensi dell’articolo 72, comma 2, del d.P.R. 554/1999, per opere generali si intendono le opere o i lavori caratterizzati da una pluralità di lavorazioni, indispensabili per consegnare l’opera o il lavoro finito in ogni sua parte.
Ne consegue che una specifica categoria di lavoro, come nel caso in esame la OG10, comprende non solo le voci relative agli apparati e componenti impiantistici elettrici, ma anche quelle ulteriori lavorazioni, quali scavi, rinterri, pozzetti, necessarie affinché l’impianto esplichi la sua funzione.
Non si ritiene, pertanto, condivisibile l’operazione di scorporazione, dalla lista delle lavorazioni e forniture, delle sole voci relative alle componenti impiantistiche della categoria OG10, effettuata dall’impresa istante.
Occorre tener presente che la lista delle lavorazioni e forniture, negli appalti a corpo e a misura, come quello in esame, rileva ai soli fini dell’aggiudicazione, mentre le lavorazioni e le relative quantità sono valutate dal concorrente direttamente dal progetto, dai grafici e dal computo metrico definitivo.
Merita, inoltre, precisare che, in generale, la struttura della lista delle lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori si ottiene sommando le quantità di tutte le lavorazioni analoghe, indipendentemente dal corpo d’opera di cui fanno parte, dando luogo ad un’unica voce: per esempio, si somma tutto il calcestruzzo occorrente per l’appalto. Detta operazione viene effettuata per evitare di avere offerte di prezzi unitari diverse per lo stesso materiale o lavorazione, presente in più di una categoria.
Una volta che il progettista abbia individuato gli importi della categoria prevalente e delle categorie scorporabili dedotte in appalto, la stazione appaltante, attenendosi alle indicazioni del progettista, riporta nel bando di gara la classifica di iscrizione nelle specifiche categorie generali e/o speciali coerente con gli importi delle citate categorie, necessaria per la qualificazione delle imprese e per l’esecuzione dei lavori.
Ai fini della partecipazione all’appalto, ed alla relativa qualificazione del concorrente, si deve far riferimento esclusivamente alle categorie e classifiche indicate nel bando di gara.
Nel caso in esame, le due imprese costituenti l’associazione sono in possesso di qualificazione nella categoria scorporabile OG10, classifica II, che non è sufficiente a coprire l’importo delle lavorazioni rientranti nella medesima categoria.
In riferimento alla seconda eccezione sollevata dall’impresa istante, relativa al divieto di subappalto delle categorie generali scorporabili, con precedenti espressioni di parere l’Autorità ha chiarito che il divieto di subappalto per le lavorazioni appartenenti alle categorie generali, di importo superiore al 15 per cento dell'importo complessivo dell'appalto, opera solo laddove il bando di gara, che costituisce la lex specialis della stessa, lo preveda espressamente, come nel caso in esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- l’associazione temporanea di imprese Allerta s.r.l./ SO.CO.GE.A. s.r.l., non è in possesso dei requisiti minimi richiesti per la sua qualificazione;
- il bando di gara di che trattasi è conforme alla normativa di settore
(parere 17.07.2008 n. 197 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Con precedenti espressioni di parere, l’Autorità ha affrontato la questione della congruità dei prezziari utilizzati dalle stazioni appaltanti, evidenziando che il loro utilizzo non può prescindere, per il rispetto dei basilari principi di efficienza, efficacia e correttezza, da una verifica sostanziale della loro congruità in relazione alle condizioni di mercato.
Per quanto di interesse in questa sede, la sottostima delle quotazioni delle voci di prezzo, determina un ostacolo nei confronti degli operatori economici, tale da frenare la libera concorrenza fra gli stessi.
Nella fattispecie in esame, occorre far riferimento alla normativa regionale di cui all’articolo 18-bis della legge 109/1994 nel testo coordinato con la legge regionale n. 7/2002 e s.m.i., in base al quale le stazioni appaltanti si attengono al prezziario unico regionale per i lavori pubblici, aggiornato ogni dodici mesi.
Il successivo articolo 18-ter, comma 2, dispone, inoltre, che le stazioni appaltanti, nel caso sia stato pubblicato un nuovo prezziario regionale, prima dell’indizione della gara, devono aggiornare i prezzi dei progetti, salvo che sia espresso parere negativo del responsabile del procedimento, motivato dall’assenza di significative variazioni economiche.
L’aggiornamento è previsto, quindi, nel caso in cui sia stato pubblicato un nuovo Prezziario Regionale e viene effettuato sulla base dei prezzi in questo riportati. In tal caso anche gli eventuali prezzi scaturenti da analisi relative a prezzi non previsti nel Prezziario Regionale devono essere aggiornati.
Il tenore letterale della citata norma induce a ritenere, fermo restando l’obbligo inderogabile di applicare il prezziario regionale vigente al momento della redazione del progetto, che la possibilità di non aggiornare i prezzi costituisce per la stazione appaltante una facoltà residuale, che necessita di puntuale e non generica motivazione, basata sull’assenza di significative variazioni economiche.
Infatti, il prezzo a base d’asta deve riferirsi ai valori effettivi di mercato, quali risultano dal prezziario vigente, in applicazione degli articoli 34 e 43 del d.P.R. 554/1999, che dispongono che il computo metrico definitivo dell’opera deve essere redatto utilizzando prezziari o listini ufficiali correnti nell’area interessata.
Nel caso in esame, tenuto conto della specifica disposizione normativa regionale, assume particolare rilevanza il momento della valutazione, da parte del responsabile del procedimento, dell’assenza “di significative variazioni economiche”, in particolare per quanto attiene alle modalità di individuazione delle stesse variazioni.
Si deve al riguardo tener presente che il progetto posto alla base dell’appalto in esame, approvato nell’ottobre 2006, è stato redatto sulla base del prezziario 2004 nonché, per le voci di prezzo non presenti nel prezziario, sulla base di analisi di prezzo che hanno tenuto conto del costo della manodopera corrente al momento della redazione dello stesso.
Ai fini che rilevano in questa sede, della corretta modalità di valutazione, da parte del responsabile del procedimento, in ordine alla ricorrenza o meno di significative variazioni economiche, nei prezzi posti a base dell’appalto in esame, questa Autorità ritiene di dover effettuare le seguenti osservazioni.
Il prezziario utilizzato al momento della redazione del progetto è stato comparato con il listino prezzi corrente al momento della pubblicazione del bando di gara; ugualmente, per le tabelle della manodopera, il responsabile del procedimento avrebbe dovuto far riferimento a quelle utilizzate al momento della redazione del progetto.
Infatti, per una corretta attività di comparazione, in riferimento alla valutazione delle voci di prezzo non presenti nel prezziario, ma desumibili da analisi, occorre riferirsi al medesimo arco temporale utilizzato per il confronto fra i due listini prezzi.
In relazione, infine, all’elevato numero di concorrenti, non può che ribadirsi quanto già espresso da questa Autorità in analoghe fattispecie, circa l’inconferenza del dato, tenuto conto della primaria esigenza dell'impresa a conquistare lavoro, per motivi di sopravvivenza economica e di qualificazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la valutazione di significative variazioni economiche di cui all’articolo 18-ter della legge 109/1994 nel testo coordinato con la legge regionale n. 7/2002 e s.m.i., deve essere effettuata, per le voci di prezzo desunte da analisi, prendendo a riferimento lo stesso arco temporale di quello utilizzato per il confronto fra i prezziari (parere 17.07.2008 n. 196 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 36, comma 7, del d. Lgs. n. 163/2006, il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.
In particolare, la qualificazione è ottenuta a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti.
Con determinazione n. 18/2003, l’Autorità ha affrontato le problematiche relative ai consorzi stabili, statuendo, in relazione al sistema di attestazione dei predetti consorzi, che, giusto quanto prescritto dal citato articolo 36, “è la qualificazione della singola impresa consorziata ad acquisire una posizione di centralità nell’ambito del sistema di qualificazione del consorzio stabile.”
La medesima determinazione ha chiarito che, per i consorzi stabili, la verifica del possesso delle capacità strutturali non può che essere il riscontro della permanenza nelle imprese consorziate delle qualificazioni che hanno consentito il rilascio dell’attestazione originaria.
Nel caso in cui l’efficacia dell’attestazione di uno o più consorziati scada prima della prescritta verifica triennale o prima della scadenza quinquennale dell’attestazione del consorzio stabile, cd. scadenza intermedia, sussiste l’obbligo per il consorzio di chiedere alla SOA l’adeguamento dell’attestazione.
Ai fini della partecipazione alla gara del consorzio stabile di che trattasi, dalla cui attestazione di qualificazione risultava intervenuta la scadenza intermedia, si richiama quanto disposto dall’Autorità con determinazione n. 6/2004, nella quale viene evidenziato che, ad intervenuta scadenza triennale, l’impresa non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio alla data di effettuazione della verifica con esito positivo.
La circostanza di aver in corso la verifica dell’attestazione, se ottempera all’obbligo del consorzio stabile di richiedere l’adeguamento dell’attestazione, non consente di per sé la partecipazione alla gara nel periodo di effettuazione della verifica da parte della società di attestazione.
Ciò in quanto, proprio in virtù del fatto che il consorzio stabile si qualifica attraverso la sommatoria delle qualificazioni possedute dai singoli consorziati, fintanto che non è intervenuta la verifica con esito positivo dei requisiti dell’impresa consorziata, la cui attestazione è scaduta, il consorzio stabile è privo di efficace attestazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’ammissione alla gara del consorzio stabile Generale Appalti Pubblici soc. cons a r.l. non è conforme alla normativa di settore (parere 17.07.2008 n. 195 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’articolo 41 del Codice dei contratti pubblici al primo comma annovera, a titolo esemplificativo, i mezzi probatori che la stazione appaltante può richiedere ai concorrenti per la dimostrazione della loro capacità economica e finanziaria, indicando le idonee dichiarazioni bancarie, i bilanci o estratti di bilanci dell’impresa, e la dichiarazione concernente il fatturato globale dell’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.
La medesima disposizione, al secondo comma, prevede che le amministrazioni precisino nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere.
In tal modo, il legislatore riconosce la possibilità alla stazione appaltante di prevedere requisiti di capacità economico-finanziaria ulteriori ed eventualmente anche più severi, rispetto a quelli previsti dal Codice dei contratti, lasciando pertanto alla stazione appaltante una discrezionalità nella definizione dei requisiti medesimi.
In relazione a tale discrezionalità sia la giurisprudenza amministrativa, sia l’Autorità, hanno ritenuto che essa trovi il proprio limite nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza con riferimento all’oggetto del contratto, ovvero sia all’importo dell’appalto, sia alle caratteristiche peculiari della relativa prestazione contrattuale.
Nel caso di specie, il bando di gara a capitolato d’oneri prevede l’obbligo per i concorrenti di produrre dichiarazioni bancarie rilasciate da almeno due Istituti di Credito, che attestino l’idoneità economica e finanziaria dell’impresa ai fini dell’assunzione dell’appalto in questione e la concessione o l’impegno a concedere all’impresa partecipante, in caso di aggiudicazione, di una linea di credito dedicata all’assolvimento delle obbligazioni pecuniarie determinate dall’appalto, per un importo non inferiore alla base d’asta, riferita alla durata triennale del contratto (Euro 225.000,00).
Pertanto, la stazione appaltante, avvalendosi della discrezionalità prevista dall’articolo 41 del Codice dei contratti, ha scelto di richiedere ai concorrenti, ai fini della dimostrazione dei requisiti di capacità, non solo la produzione di idonee dichiarazioni bancarie rilasciate da almeno due Istituti di Credito, ma anche la concessione o l’impegno a concedere una linea di credito.
Tale previsione, tuttavia, non risulta essere adeguatamente giustificata, anche in considerazione degli altri requisiti previsti dalla documentazione di gara, nonché dell’importo fissato a base d’asta. Infatti la stazione appaltante, come riportato in narrativa, sostiene che la linea di credito richiesta rappresenti una condizione preliminare a dimostrazione delle capacità finanziarie delle ditte partecipanti, cui non fa in ogni caso seguito l’avvio di una procedura di apertura di credito dopo l’aggiudicazione, procedura che non è prevista nel bando di gara tra i documenti da fornire prima della stipula del contratto. Sul punto deve osservarsi come non sembra ammissibile la previsione in sede di partecipazione alla gara di un requisito strettamente connesso alla fase contrattuale che, tuttavia, non viene effettivamente richiesto poi in sede di esecuzione contrattuale.
Tale requisito di garanzia, sebbene non sia realmente attivato in sede esecutiva, comporta comunque un onere a carico del concorrente, il cui costo si va a sovrapporre a quello dovuto per la cauzione provvisoria e per ottenere l’impegno del fideiussore a rilasciare la cauzione definitiva in caso di aggiudicazione. Detto onere risulta del tutto ultroneo, atteso che, a detta della stazione appaltante, non è prevista nell’appalto una apertura di credito dopo l’aggiudicazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la previsione del bando di gara nella quale, ai fini della dimostrazione della capacità economico-finanziaria, viene richiesto l’impegno a concedere una linea di credito nei termini riportati nel bando stesso appare irragionevole e non giustificata (parere 10.07.2008 n. 194 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità dell’aggiudicazione di un appalto di servizi ad una società cooperativa.
La disciplina codicistica, segnatamente a seguito della riforma del diritto societario di cui al l D.lgs. 17.01.2003, n. 6 (recante "riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative") ha sancito una sostanziale assimilazione delle società cooperative alle società di capitali. In particolare, l’art. 2511 cod. civ. definisce le cooperative come "società a capitale variabile con scopo mutualistico", mentre il successivo art. 2518 stabilisce che "nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio", così sancendo, anche per tali società, la separazione del patrimonio sociale rispetto a quello dei singoli soci, analogamente a quanto accade per le società di capitali. Infine l’art. 2519 cod. civ., a chiusura della disciplina dedicata alle società cooperative, prevede che a queste ultime, "per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni". Inoltre, i principi comunitari sanciti dal Trattato istitutivo della Comunità Europea in materia di del principio di concorrenza (art. 39, 43, 48, 81 del Trattato), in una con le disposizioni comunitarie sugli appalti di servizi, ostano, in ossequio alla giurisprudenza della Corte di giustizia, a discriminazioni fondate sul dato meramente formale della veste assunta ad un operatori economici.
Conseguentemente, è legittima l’aggiudicazione di un appalto di servizi ad una società cooperativa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.10.2008 n. 4901 -
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APPALTI: Incide sull’affidabilità morale e professionale dell’impresa il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali commesso dall’amministratore.
E’ legittima la revoca da parte la stazione appaltante dell’aggiudicazione definitiva nei confronti di una società che all’esito delle verifiche dei requisiti di affidabilità morale e professionale ed in particolare della veridicità delle auto dichiarazioni presentate, per il reato di omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali, commesso dall’amministratore, punito come illecito dalla legge 11.11.1983 n. 638. Secondo anche l’orientamento espresso dall’Autorità di vigilanza dei LL.PP. con determinazione n. 56/2000, l’omesso versamento dei contributi previdenziali è un reato capace di incidere sulla affidabilità morale e professionale perché di ostacolo alla instaurazione di un normale rapporto di fiducia, e tale giudizio risulta immune da irrazionalità od illogicità (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.10.2008 n. 4845 -
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EDILIZIA PRIVATARecinzioni e muri e “concessioni in precario”.
1. La realizzazione di “'recinzioni, muri di cinta e cancellate" può essere effettuata:
- contestualmente alla costruzione di un edificio ed, in tal caso, dovrà essere autorizzata con lo stesso provvedimento abilitativo che riguarda l'edificio medesimo;
- al servizio di un edificio preesistente: ed in tal caso potrebbe essere considerata alla stregua del regime delle opere pertinenziali;
- indipendentemente dall'esistenza e dalla costruzione di un fabbricato (con interventi assai variegati quanto alle caratteristiche costruttive ed ai materiali usati): ed in tal caso potrà farsi ricorso anche alla denuncia di inizio dell'attività, ma la disciplina da applicare dovrà essere individuata caso per caso.
2. Non può essere rilasciata una concessione edilizia c.d. "in precario", con la quale l'amministrazione comunale consenta una situazione di palese abuso edilizio (per contrasto con le prescrizioni urbanistiche di zona) sulla base del solo impegno del costruttore di rimuovere in futuro i manufatti contrastanti con le indicazioni di piano, anche su semplice richiesta dello stesso Comune e breve preavviso, in quanto, oltre a snaturare la tipicità della concessione di costruzione, non potrebbe avere altra funzione che quella di tollerare una situazione di evidente abuso edilizio
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37578 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di un sottotetto in mansarda.
I "volumi tecnici" sono i volumi -non utilizzabili né adattabili ad uso abitativo- strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37575 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di un sottotetto in mansarda.
La trasformazione di un sottotetto in mansarda costituisce mutamento della destinazione d'uso dell'immobile per il quale è necessario il rilascio del permesso di costruire e legittima l'emissione del provvedimento di sequestro preventivo
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.10.2008 n. 37566 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva, confisca e giurisprudenza CEDU.
1.
Il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi.
2. Nei reati di lottizzazione (che sono caratterizzati da una articolazione particolarmente ampia di possibili modalità esecutive ma si configurano già come reati di pericolo) il legislatore ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull'assetto del territorio; non occorre, però, che la volontà dell'agente sia protesa a vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo sufficiente che egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, con inizio di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti giuridici indirizzati a realizzare l'edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi statali o regionali. Il reato si connette sempre e soltanto all'inosservanza delle "prescrizioni" urbanistiche anzidette, sicché il proprietario di un terreno non può predisporne l'alienazione in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui esso è situato ed il soggetto che acquista un fondo per edificare deve essere cauto e diligente nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona riferite all'area in cui vuole costruire. Il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita del venditore.
3. Le nozioni di "reato" (infraction; criminal offence) di cui all'art. 7 della CEDU e di "materia penale" (matière pénale; criminal offence) di cui al precedente art. 6 risultano oggetto di valutazione autonoma da parte degli organi della Convenzione, al fine di poter prescindere (attraverso l'utilizzazione di parametri sostanziali capaci di cogliere l'intima essenza dell'illecito) dalle peculiarità delle legislazioni degli Stati membri, sì da escludere una frammentazione su scala nazionale dei termini e dei concetti utilizzati all'interno della Convenzione. L'ambito applicativo dell'art 7 della CEDU si estende ben al di là degli illeciti e delle sanzioni qualificati come "penali" in base al diritto interno, finendo per ricomprendere tutte le norme e tutte le misure considerate "intrinsecamente penali” in base alla concezione autonomista accolta dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, lasciando comunque alla discrezionalità degli Stati membri la soluzione del problema relativo alla individuazione delle fonti penali legittime e concentrando la propria attenzione sugli aspetti sostanziali della legge e sulle garanzie che da essi derivano. Avuto riguardo a quanto indicato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 348 del 22.10.2007 e considerato che nella decisione del 30.08.2007 della Corte di Strasburgo è stata affermata l'esistenza di un contrasto tra la disposizione censurata (in tema di confisca a seguito di lottizzazione abusiva) ed un diritto garantito dalla CEDU, Può affermarsi che non vi è attualmente questione di possibile interpretazione del nostro ordinamento in modo conforme alla stessa Convenzione né si pone l'alternativa tra interpretazione conforme ed incidente di costituzionalità. Va evidenziato, del resto, che –nella fattispecie- la lottizzazione abusiva sussiste in tutti gli elementi previsti dalla legge penale (è stata accertata, cioè, una condotta "che, al momento in cui è stata commessa, costituiva reato secondo il diritto interno") ed al commesso reato è stata esclusa l'applicazione della pena principale per il solo decorso del tempo, il cui effetto sull'inflizione delle sanzioni penali è regolato dal legislatore interno secondo una discrezionalità sulla quale non sembra che abbiano incidenza le disposizioni della Convenzione europea.
4. I "terreni lottizzati" ovvero "rientranti nel generale progetto lottizzatorio" vanno identificati in quelli che risultano oggetto di un'operazione di frazionamento preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da tale frazionamento nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere urbanizzative, indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere. Nell'ipotesi, invece, non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.10.2008 n. 37472 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque. Reato di superamento dei limiti tabellari.
L’art. 137, comma 5, D.Lv. 152/2006, con formulazione ancora più chiara rispetto al passato, evidenzia che il legislatore ha voluto punire lo scarico di acque reflue industriali che recapita in acque superficiali o in fognatura quando supera i valori limiti fissati nella tabella 3, nonché lo scarico sul suolo di acque reflue industriali quando supera i valori limite fissati nella tabella 4, anche se il superamento tabellare non riguarda le diciotto sostanze più pericolose elencate nella tabella 5.
Ha punito, inoltre, con la stessa pena qualsiasi scarico di acque reflue industriali (in acque superficiali, in fognatura, sul suolo) che superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni, dalle province autonome o dalle autorità di gestione del servizio idrico integrato, in relazione alle diciotto sostanze elencate nella tabella 5, per le quali - in ragione della loro maggior pericolosità - le autorità suddette non possono adottare limiti meno restrittivi
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37279 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICALottizzazione (autorizzazione, sanzioni amministrative, “condono paesaggistico”).
1. Il procedimento amministrativo di formazione dei piani di lottizzazione deve essere ripercorso allorquando si intende apportare ad essi modifiche che, per la loro entità e funzione, possano qualificarsi come rilevanti e diano luogo ad una pianificazione lottizzatoria sostanzialmente divergente da quella adottata. I piani di lottizzazione -anche qualora riguardino zone di territorio non soggette a vincolo paesistico- necessitano, nell'ambito del relativo procedimento di approvazione, di preventiva valutazione paesaggistica, di competenza delle Regioni quale intervento consultivo di carattere generale e programmatorio circa la compatibilità ambientale dello strumento urbanistico attuativo. I due atti possono fondersi in un unico provvedimento avente natura complessa, ma in tal caso è comunque necessario che l'atto complesso compia entrambe le distinte valutazioni che sono proprie dell'attività consultiva e di quella autorizzatoria in senso proprio.
2. Quando il giudice ravvisa l'esistenza di un'ipotesi di lottizzazione abusiva -pure in presenza di atti autorizzatori, che però risultino in contrasto con previsioni di legge o di piano- non opera alcuna disapplicazione del provvedimento amministrativo, ma si limita ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato, poiché, giunge all'accertamento dell'abusività della lottizzazione prescindendo da qualunque giudizio sull'autorizzazione. Ciò ben si spiega con la "ratio" dello stesso reato di lottizzazione abusiva, poiché il legislatore -in situazioni implicanti la trasformazione urbanistico-edilizia di aree territoriali non ancora o parzialmente urbanizzate- ha inteso tutelare non soltanto la potestà pubblica di programmazione territoriale considerata sotto l'aspetto del suo esercizio ma, ed essenzialmente, la risultante di questa, ossia la concreta conformazione del territorio derivata dalle scelte di programmazione effettuate.
3. L'art. art. 30, 7° comma, del T.u. n. 380/2001, nel disciplinare il procedimento sanzionatorio amministrativo, si riferisce alla sola lottizzazione in assenza di autorizzazione, in quanto dispone che l'amministrazione emette ordinanza di sospensione dell'attività illecita soltanto "nel caso in cui accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione".
Ciò vale, però, esclusivamente per l'applicazione delle sanzioni amministrative, ove gli organi competenti dell'amministrazione -qualora accertino l'illegittimità di una lottizzazione già autorizzata- devono prima annullare il provvedimento illegittimo e poi dare inizio alla procedura sanzionatoria.
4. Il c.d. "condono paesaggistico" –introdotto dal comma 37 dell'unico articolo della legge n. 30812004 ed applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30.09.2004- estingue il reato di cui all'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (già art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) e "ogni altro reato in materia paesaggistica". Tale provvedimento sanante non soltanto non estingue il reato di lottizzazione abusiva, non essendo espressamente prevista come causa estintiva di detto reato, ma neppure è incompatibile con la confisca, perché l'autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo paesaggistico difettando, in questa veste, di competenza quanto al governo del territorio non riconosce evidentemente con esso la conformità della lottizzazione alla normativa urbanistica ed edilizia ed agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, né esplicita il proprio intendimento di lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37274 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusiva trasformazione di volumi tecnici in abitativi.
La realizzazione di vani abitativi in numero maggiore di quelli autorizzati, con abusiva trasformazione di volumi tecnici in superfici e volumi destinati ad uso abitativo, non integra affatto una ipotesi di aumento delle "cubature accessorie" o di "diversa distribuzione interna delle singole unità abitative", bensì comporta una significativa modifica delle opere realizzate rispetto a quelle assentite e ha come risultato un "carico abitativo" non previsto
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37253 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAResponsabilità del direttore dei lavori.
Il direttore dei lavori è penalmente responsabile per l'attività edificatoria non conforme alle prescrizioni della concessione edilizia. L'art. 29, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 esonerano lo stesso professionista da tale responsabilità qualora egli:
- abbia contestato al titolare del permesso di costruire, al committente ed al costruttore la violazione delle prescrizioni del provvedimento amministrativo;
- abbia fornito contemporaneamente all'Amministrazione comunale motivata comunicazione della violazione stessa e, nelle ipotesi di totale difformità o di variazione essenziale, abbia altresì rinunziato contestualmente all' incarico.
Il recesso tempestivo dalla direzione dei lavori, in ogni caso, deve ritenersi pienamente scriminante per il professionista e la "tempestività" ricorre quando il recesso intervenga non appena l'illecito edilizio obiettivamente si profili, ovvero appena il direttore dei lavori abbia avuto conoscenza che le corrette direttive da lui impartite siano state disattese o violate.
Il direttore dei lavori è responsabile, invece, nei casi di irregolare vigilanza sull'esecuzione delle opere edilizie, avendo egli l'obbligo di sovrintendere con necessaria continuità a quelle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica 
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37250 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio e documentazione fotografica.
La formulazione della disciplina che introdusse il c.d. "condono edilizio" e la pubblicità che ne precedettero l'emanazione costituirono un fattore oggettivamente incentivante la commissione di illeciti edilizi ed urbanistici, posto che la miscela creatasi fra la definizione di un termine così prossimo per i lavori che potevano usufruire di sanatoria e le obiettive difficoltà di puntuale verifica da parte degli enti preposti al controllo prospettarono elevati margini di impunità per coloro che avessero realizzato nuove opere in tempi rapidi confidando nel mancato accertamento dell'effettiva epoca dei lavori.
Più volte questa Corte ha avuto modo di verificare che sono state avviate indagini penali, da parte degli uffici del Pubblico ministero di propria iniziativa oppure dietro trasmissione degli atti da parte degli organi giudicanti di merito, sussistendo in atti elementi di evidenza circa false attestazioni dei richiedenti in ordine alla conclusione dei lavori entro il mese di marzo 2003.
A fronte dell'evidenza del pericolo che siffatta situazione comportava per il territorio e l'ambiente, molte amministrazioni locali hanno dato corso spontaneamente a tempestive iniziative volte a cristallizzare mediante adeguata documentazione (ove possibile mediante rilevazioni aerofotografiche) la situazione di fatto esistente al momento dell'emanazione della legge. Tale attività ed i suoi risultati devono essere ricondotti alle competenze amministrative proprie degli enti e non assumono, di per sé, alcuna rilevanza sul piano degli atti di indagine.
Ciò non toglie che nei casi in cui si proceda ad indagini che rendono rilevante la data di esecuzione dei lavori non autorizzati la documentazione così acquisita dagli enti territoriali venga legittimamente introdotta fra gli elementi probatori e vengano assunte dal giudicante le dichiarazioni di coloro che procedettero alla rilevazione dello stato dei luoghi in sede amministrativa
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.10.2008 n. 37243 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI1. GARA D'APPALTO - CRITERIO OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU' VANTAGGIOSA - PUBBLICITA' SEDUTE DI GARA - RIGUARDA SOLO L'APERTURA DELL'OFFERTA ECONOMICA.
2. GARA D'APPALTO - BANDO DI GARA - NATURA - ATTO GENERALE E NON ATTO REGOLAMENTARE - DISAPPLICAZIONE CLAUSOLE RITENUTE ILLEGITTIME - INAMMISSIBILITA' - ONERE DI IMPUGNAZIONE.
3. GARA D'APPALTO - BANDO DI GARA - CLAUSOLE RELATIVE A CRITERI DI VALUTAZIONE E COMPOSIZIONE COMMISSIONE - ONERE DI IMMEDIATA IMPUGNAZIONE - INSUSSISTENZA.
4. GARA D'APPALTO - CONFRONTO A COPPIE - IN PRESENZA DI DUE SOLE OFFERTE - INUTILITA'.
1. Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti o dei servizi pubblici, svolte secondo il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la pubblicità è imposta nella sola fase riguardante l'apertura della busta recante l'offerta economica (Consiglio Stato, sez. V, 19.04.2007, n. 1790). La Sezione aveva avuto modo, in passato, di affermare analogo principio,statuendo che “il principio di pubblicità della gara può essere derogato, in relazione all'apertura dei plichi contenenti la documentazione di gara e le offerte, nell'ambito delle procedure regolate dal criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, stante la necessità per la commissione giudicatrice di procedere ad una specifica valutazione tecnica delle offerte” (Consiglio Stato, sez. VI, 04.11.2002, n. 6004).
2. Il bando di gara non ha valenza regolamentare ma integra l’ipotesi di atto generale, facendosi da tale qualificazione discendere la conseguenza che, “a prescindere dal tipo di illegittimità (nazionale o comunitaria), il bando di concorso non può essere mai disapplicato, sussistendo nei suoi confronti esclusivamente l'onere di immediata impugnazione quando esso arrechi un'immediata lesione, per i contenuti concernenti i requisiti di partecipazione, tali da precludere "ex ante" la proposizione, con esito favorevole, della domanda di ammissione, quali quelli che, come nella specie, ammettono od escludono determinate categorie di soggetti (ovvero l'annullamento del bando stesso da parte della p.a. che lo ha emanato). D'altronde, il bando di gara non è un atto a valenza normativa, come invece i regolamenti (per i quali si invoca, al contrario, in quanto tali, il principio della disapplicazione), ma è un atto generale ed al g.a. non è dato il potere di disapplicare atti amministrativi non aventi valenza regolamentare” (Consiglio Stato, sez. IV, 22.09.2005, n. 5005).
3. In tema di gara d'appalto per l'aggiudicazione dei contratti delle p.a., va escluso che debbano essere immediatamente impugnate le clausole del bando o della lettera di invito che non incidano direttamente ed immediatamente sull'interesse del soggetto a partecipare alla gara, e, dunque non determinino, per lo stesso, un immediato arresto procedimentale; pertanto, non sono suscettibili di impugnazione immediata, le clausole relative alle modalità di valutazione delle offerte ed attribuzione dei punteggi e, in generale, alle modalità di svolgimento della gara nonché alla composizione della commissione giudicatrice (Consiglio Stato, sez. V, 16.03.2005, n. 1079).
4. In sede di gara pubblica, allorché i progetti da esaminare sono solo due, il sistema del confronto a coppie è evidentemente inutile, perché c'è una sola coppia di ogni elemento di valutazione e basta effettuare la somma dei punteggi di ciascun commissario e determinare poi la media delle somme, ma non distorsivo, con la conseguenza che la sua applicazione non può essere considerata illegittima (Consiglio Stato, sez. V, 19.06.2006, n. 3579, ma anche Consiglio Stato , sez. V, 09.05.2006, n. 2524)
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.09.2008 n. 4699 -
link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla chiusura di un preesistente balcone con infissi in alluminio.
Sono assoggettate a permesso di costruire non le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale a della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica.
Nella specie, la chiusura del preesistente balcone mediante apposizione di un infisso –per quanto smontabile- in alluminio e vetro comporta trasformazione urbanistica in ragione della sua destinazione ad uso non limitato nel tempo e della alterazione prodotta nello stato del territorio, in considerazione del suo rilievo ambientale e funzionale (Consiglio Stato, sez. V, 08.04.1999, n. 394; TAR Lazio, sez. II, 17.07.1986, n. 1156). Di conseguenza, legittimamente l’amministrazione ha disposto la demolizione dell’opera in questione, non assentibile per violazione dell’art. 32 della variante di salvaguardia al P.R.G. approvato con DPGRC n. 323 dell’11.06.2004, come rilevato nel parere della Commissione Edilizia del 13.07.2006. Infatti nella sottozona B, sottozona Ba, dove è ubicato il fabbricato di cui trattasi, ai sensi dell’art. 32 della variante citata sono consentiti esclusivamente interventi di conservazione di volumi legittimi preesistenti. Nella specie tale requisito non sussiste, in quanto la chiusura del balcone comporta un incremento della volumetria abitabile, così come chiarito dianzi.
Nessuna rilevanza, ai fini della legittimità della demolizione, assume il fatto che l’opera sia di vecchia fattura: la repressione degli abusi edilizi costituisce infatti un preciso obbligo dell'amministrazione, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo  -anche nel caso di abuso commesso in epoca risalente- tanto più che non sussiste alcun legittimo affidamento in capo al contravventore che possa giustificare la conservazione di una situazione di fatto "contra ius" (TAR Veneto, 05.03.2008, n. 569) (TAR Campania-Napoli, Se. IV, sentenza 29.09.2008 n. 11818 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gli alberghi vanno compresi tra gli impianti produttivi.
In merito alla questione circa la natura produttiva o meno delle strutture alberghiere va, preliminarmente, osservato che tali strutture sono entità di interesse pubblico, trattandosi di servizio offerto alla collettività e caratterizzato da una pubblica fruibilità (Cons. St., V, 15.07.1998, n. 1044, e IV, 29.10.2002, n. 5913).
Non a caso (Cons. St., IV, 13.12.2005, n. 7031) la legislazione vigente, in generale e da lungo tempo, disciplina le attività alberghiere ritenendole strettamente collegate, in particolare, agli interessi della sicurezza e della salute pubblica, nonché dello sviluppo turistico (r.d.L. 02.01.1936, n. 726, convertito nella L. 24.07.1936 n. 1692, concernente il c.d. vincolo alberghiero; r.d.L. 21.10.1937, n. 2180, modificato dalla L. 25.03.1950, n. 228, relativo alla dichiarazione di pubblica utilità della costruzione di nuovi alberghi e l’ampliamento o trasformazione di quelli già esistenti).
Come questo Consiglio ha avuto modo di rilevare, in base all’art. 10 della legge 10/1977 ed alla luce della legge quadro per il turismo n. 2217/1983, l’attività alberghiera si deve considerare accorpata in unica destinazione a quella turistica ed a quelle commerciali (Consiglio di Stato V, 12.10.1992, n. 1005 e 04.08.2000, n. 4302).
In definitiva, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune e dal Tar, gli alberghi vanno compresi tra gli impianti produttivi, a termini dell’art. 1, comma 1-bis, D.P.R. 20.10.1988, n. 447, come introdotto dall’art. 1 D.P.R. 07.12.2000 n. 440 e secondo il quale “Rientrano tra gli impianti di cui al comma 1 quelli relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni” (Consiglio di Stato, VI, 07.08.2003, n. 4568).
Ne segue, quanto ai fini dell’edificazione di un albergo in zona c.d. bianca, quale quella di cui si discute, l’applicabilità dell’art. 4, comma 4, lett. c, della legge n. 10 del 1977 (per il quale “le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non possono superare un decimo dell’area di proprietà”)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.09.2008 n. 4661 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROFESSIONALIINCARICHI ESTERNI - MANCATA VALUTAZIONE COMPARATIVA TRA CURRICULA - ASSENZA DI PUBBLICITA' PREVENTIVA - ASSENZA DI MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA SCELTA OPERATA - ILLEGITTIMITA'.
E' illegittimo l’affidamento di un incarico non preceduto da una valutazione comparativa tra i curricula dei candidati e non sorretto da adeguata motivazione circa i criteri della scelta operata (TAR Piemonte, Sez. I, 25.10.2007, n. 3230). Si impone pertanto il rispetto di una procedura comparativa di valutazione di diverse proposte, ovviamente preceduta dalla pubblicazione di un avviso, valutazione da esternare con una motivazione assistita dai consueti attributi dell’adeguateza e della congruità.
Quanto agli incarichi di collaborazione e consulenza conferiti ad avvocati, ancor più di recente si è pronunciato il TAR Napoli, affermando la necessità della previa adozione di procedure comparative rese adeguatamente note attraverso idonea pubblicità, e statuendo l’illegittimità del conferimento di incarichi di collaborazione e di consulenza legale non preceduti dalle predette procedure ad evidenza pubblica, in diretta applicazione dell’art. 7, comma 6-bis, del d.lgs. n. 165/2001 (TAR Campania-Napoli, Sez. II - 21.05.2008 n. 4855)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 29.09.2008 n. 2106 -
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APPALTIGARA D'APPALTO - REGOLARIZZAZIONE DOCUMENTALE - LIMITI - NON PUO' TRADURSI IN INTEGRAZIONE POSTUMA DOCUMENTI MANCANTI.
Nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, dominate dall’esigenza di garantire la parità di trattamento dei concorrenti (v. art. 2 del Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 163/2006), i poteri di regolarizzazione della documentazione richiesta dal bando a pena di esclusione possono essere esercitati solo se non comportino una integrazione di elementi documentali mancanti; e quindi solo se non riguardano il contenuto del documento richiesto a pena di esclusione (sul punto si veda, perspicuamente, Consiglio di Stato, sez. V, 28.06.2006, n. 4222, in cui, condivisibilmente, quanto alla dominanza del principio di parità di trattamento, si osserva che anche «l'evidenza dell'errore materiale, in cui sia incorsa una impresa concorrente nella presentazione della documentazione di gara, non può eliminarne la rilevanza escludente, senza mettere in dubbio con effetti devastanti la certezza delle regole … Non può ignorarsi, infatti, che nelle procedure concorsuali, la pretesa "conservazione" di un atto non conforme alle regole della gara, favorisce il concorrente che lo ha presentato ma danneggia gli altri, i quali hanno il diritto di sfruttare anche l'errore involontario commesso dall'avversario… Quanto alle norme contenute nella legge n. 241 del 1990, la giurisprudenza della sezione è ferma nel ritenere che il potere del responsabile del procedimento, di cui all'art. 6, comma 1, lett. b), l. 07.08.1990 n. 241, di chiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee, non può essere applicato in un procedimento formale e concorsuale nel cui ambito vi siano stati errori o omissioni significativi, perché comporterebbe l'alterazione del principio di parità delle condizioni tra i partecipanti alla gara (Consiglio di Stato, sezione quinta, 22.01.2003, n. 246; 22.06.2004 n. 4360)»; nonché, sull’ampiezza dei poteri di regolarizzazione o del potere di chiedere chiarimenti ai partecipanti a procedure concorsuali, Cons. Stato, sez. IV, 25.03.2005, n. 1284, che individua il confine «fra il dovere dell'amministrazione di provvedere alla regolarizzazione dei documenti presentati dai candidati ed il principio della "par condicio" tra i partecipanti ad una selezione concorsuale … nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale, tenendo presente che quest'ultima non è mai consentita risolvendosi in un effettivo "vulnus" del principio di parità di trattamento, a differenza della regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione»)
(Tar Sardegna, Sez. I, sentenza 29.09.2008 n. 1796 -
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EDILIZIA PRIVATA: Sulla distanza degli allevamenti dalle zone residenziali.
L’intera disciplina delle distanze dagli allevamenti ha natura igienico-sanitaria. Questa caratteristica non consente di equiparare le suddette distanze a quelle aventi finalità propriamente urbanistica, come è il caso delle distanze dai confini. Pertanto anche se inserite negli strumenti urbanistici le norme sulle distanze dagli allevamenti seguono i principi dei RLI e sono derogabili alle condizioni previste dagli stessi (ossia normalmente qualora si dimostri che mediante accorgimenti tecnologici e barriere naturali o artificiali è possibile ottenere un livello di protezione equivalente a quello dato dalla distanza). Sotto un profilo formale le disposizioni dello schema-tipo di RLI approvato dalla ASL prevalgono sulla normativa comunale: l’art. 9 comma 4 della LR 26.10.1981 n. 64 stabilisce, infatti, l’obbligo per i comuni di conformare i propri RLI allo schema-tipo, e il comma 5 della stessa norma prevede che nel caso di mancato recepimento nel termine di 120 giorni si applica direttamente in ambito comunale la disciplina della ASL (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 22.09.2008 n. 1103 -
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APPALTICONTRATTI DELLA P.A. - STIPULA CONTRATTO - TERMINE DILATORIO TRENTA GIORNI EX ART. 11, C. 10, DLGS 163/2006 - STIPULA ANTICIPATA PER RAGIONI DI URGENZA - VALUTAZIONE RIMESSA ALL'AMMINISTRAZIONE - LEGITTIMITA' - FATTISPECIE.
E' legittima la stipula del contratto prima dei trenta giorni previsti dall'art. 11, c. 10, dlgs. 163/2006, con riferimento all'urgenza derivante dall'eccessiva onerosità del rinnovo-proroga della fase transitoria del precedente contratto. L'effettività dell’urgenza per la stipula anticipata del contratto è un valutazione rimessa all’amministrazione, che deve assicurare la "buona amministrazione" (art. 97 cost.)
(TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 12.08.2008 n. 728 -
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APPALTIAppalti pubblici – commissione di gara – consulenti esterni – ammissibilità – limiti – apporto sostitutivo – illegittimità [art. 84, d.lgs. 163/2006].
In tema di valutazioni delle offerte relative ad una gara di appalto, il ricorso a consulenti esterni è ammissibile nei limiti di un apporto cognitivo necessario, ma non può tradursi in un apporto sostitutivo delle valutazioni tecnico-discrezionali di competenza della commissione di gara
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 15.05.2008 n. 481 -
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AGGIORNAMENTO ALL'08.10.2008

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GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: "Modifiche ed integrazioni alla d.GR. n. 7977/2008 «Determinazioni in merito alla verifica della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica per l'esercizio delle funzioni paesaggistiche» (art. 146, c. 6, d.lgs. n. 42/2004)" (deliberazione G.R. 01.10.2008 n. 8139).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Commissioni paesaggio: nuovi criteri per gli Enti Locali (link a www.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Funzioni paesaggistiche e verifica requisiti potestà autorizzativa.
Nel corso di una serie di incontri territoriali, la Direzione territorio illustrerà ai Sindaci, alle Comunità Montane, alle Province e agli Enti Parco, i contenuti della Deliberazione regionale 7977/2008 riguardante l'esercizio delle funzioni paesaggistiche e la verifica dei requisiti della potestà autorizzativa in questo settore da parte degli Enti autorizzatori (
link a www.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Chiarimenti sugli aspetti applicativi della normativa regionale e statale in materia di localizzazione e modifica di impianti di distribuzione carburanti (circolare 23.09.2008 n. 8507 di prot. - link a www.regione.lombardia.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 72, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, nel caso delle procedure ristrette, prevede che: “sempre che siano state richieste in tempo utile, le informazioni complementari sui capitolati d’oneri, sul documento descrittivo o sui documenti complementari, sono comunicate dalle stazioni appaltanti ovvero dallo sportello competente ai sensi dell’articolo 9, almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte”.
Secondo la previsione sopracitata, pertanto, le risposte ai chiarimenti sulla documentazione di gara possono essere fornite dalla stazione appaltante, sempre che siano state richieste “in tempo utile”. Il tempo utile entro cui formulare le richieste di chiarimenti è, nella documentazione della gara in esame, fissato in dieci giorni dalla data di pubblicazione del bando. Pertanto, essendo il bando stato pubblicato in data 05.10.2007, il termine per poter presentare le domande di chiarimenti sulla documentazione di gara veniva a scadere il giorno 15.10.2007. Dopo detto termine, dunque, l’Ambito Territoriale del Comune di San Marco in Lamis non poteva prendere in considerazione le eventuali richieste di chiarimento pervenute successivamente. Per quanto attiene alla proroga del termine di presentazione delle offerte concessa dalla stazione appaltante, deve rilevarsi come tale possibilità rientri nella discrezionalità dell’amministrazione che, ove ravvisi errori materiali ovvero profili di poca chiarezza, può decidere di rettificare la documentazione di gara, concedendo una proroga dei termini di presentazione dell’offerta, al fine di permettere ai partecipanti di preparare l’offerta tenendo in conto le modifiche apportate.
Una volta che viene ristabilito dalla stazione appaltante il termine entro cui le offerte devono pervenire, detto termine è da intendersi perentorio a garanzia della par condicio dei concorrenti e della segretezza dell’offerta e, pertanto, non possono essere accolte offerte pervenute successivamente alla data e all’ora prefissata come termine ultimo di presentazione delle offerte.
Per quanto attiene alla censura in ordine alla mancata presentazione della dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 sulla inesistenza delle cause ostative alla partecipazione alle gare previste dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 questa Autorità, nei propri pareri n. 164 del 21.05.2008 e n. 187 del 19.06.2008 ha già evidenziato quali sono i soggetti tenuti obbligatoriamente a presentare la suddetta autodichiarazione. In particolare l’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede chiaramente, al comma 1, lett. b), che soggetti obbligati sono: “il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società”. Inoltre, ai sensi della lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, i soggetti cui l’esclusione si applica, sono coloro: “nei confronti dei del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio”. Inoltre, solo per la fattispecie descritta dalla lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, l’esclusione e il divieto operano anche “nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.
La ratio della suddetta norma, come già è stato espresso nei precedenti pareri citati, è far sì che le dichiarazioni siano personalmente rese dagli interessati dal momento che il genere di dichiarazioni richieste costituisce frutto di informazioni su qualità personali e sulle relative vicende professionali e/o individuali dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza o dei direttori tecnici che, non necessariamente, possono essere a conoscenza del rappresentante legale dell’impresa, trattandosi di eventi (specie quelli connessi a procedimenti penali) che esulano da fattori rientranti nella organizzazione aziendale, quindi non può costituirsi un onere di conoscenza in capo al legale rappresentante della stessa.
Pertanto, sulla base del principio di etero integrazione, sebbene il bando di gara non riportasse specificamente quali soggetti dovessero rendere la dichiarazione e contenesse il solo riferimento alla norma del codice, le autodichiarazioni, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, sull’assenza delle cause ostative alla partecipazione dalle gare devono essere obbligatoriamente presentate dai soggetti sopra citati, così come disposto dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- la stazione appaltante non doveva considerare le richieste di chiarimento formulate oltre il termine utile;
- la possibilità di rettificare la documentazione di gara e concedere una proroga nella presentazione delle offerte rientra nella discrezionalità della stazione appaltante;
- le offerte pervenute oltre il termine di scadenza non possono essere ammesse;
- i soggetti obbligati a rendere l’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, sull’assenza delle cause ostative alla partecipazione dalle gare, sono indicati chiaramente dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006
(parere 10.07.2008 n. 193 -
link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
La problematica sottoposta all’attenzione dell’Autorità riguarda la possibilità che un consorziato di un consorzio fra imprese artigiane possa eseguire appalti di lavori pubblici in mancanza di attestazione SOA.
I consorzi fra imprese artigiane, costituiti ai sensi della legge 08.08.1985 n. 443, previsti dall’articolo 34, comma 1, lettera b) del d. Lgs. n. 163/2006 (insieme ai consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro ex legge n. 422/1909) quali soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento di contratti pubblici, ai sensi dell’articolo 35 del medesimo decreto devono possedere e comprovare i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di appalto, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
I consorzi fra imprese artigiane si caratterizzano per l'organizzazione comune che gli imprenditori istituiscono per disciplinare o svolgere determinate fasi della propria attività attraverso lo strumento della cooperazione interaziendale, finalizzata alla riduzione dei costi di gestione ed all'accesso a possibilità di sviluppo economico non realizzabili senza l'organizzazione consortile. Al riguardo, l’orientamento del Consiglio di Stato, pronunce n. 2183/2003 e n. 3477/2007, è nel senso che la ratio che sorregge la costituzione di detti consorzi è data dall'esigenza di consentire, grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese, la partecipazione a procedure di gara, di imprese artigiane che, isolatamente considerate, non sarebbero in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, di effettive chances competitive.
Occorre evidenziare la natura del rapporto tra consorzio ed imprese consorziate, in base al quale, attraverso la struttura comune di impresa, il consorzio assume la veste di "procacciatore di contratti di appalto", strumento di supporto tecnico economico e finanziario che svolge detta attività nell'interesse e per conto delle imprese consorziate, tramite l'imputazione dei contratti e dei rapporti giuridici a sé stesso. Ed è per questo motivo che la qualità di appaltatore, e la relativa responsabilità, è propria del solo consorzio.
In virtù del particolare rapporto consortile –rapporto organico- esistente in tale tipologia di consorzi, l’articolo 35 del d. Lgs. n. 163/2006 dispone che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti e comprovati dai consorzi stessi e non dalle singole società consorziate che eseguiranno i lavori, mentre i requisiti di carattere morale devono essere posseduti dal consorzio e da ciascuna delle imprese che partecipano al consorzio stesso.
Con determinazione n. 6/2001, l’Autorità ha espresso l’avviso che i consorzi fra imprese artigiane sono qualificati ex se e per ius receptum ed hanno la facoltà di assegnare la materiale esecuzione delle lavorazioni alle imprese consorziate senza subordinarne l’esercizio alla previa verifica della loro qualificazione.
Pertanto, atteso che i consorzi tra imprese artigiane dimostrano la propria capacità tecnica mediante la qualificazione dell’intero consorzio, le imprese consorziate chiamate ad eseguire i lavori, devono dimostrare il possesso dei requisiti morali e non anche il possesso della capacità tecnica.
Nel caso in esame, quindi, la Commissione di gara doveva limitarsi a verificare il possesso dell’attestazione di qualificazione in capo al consorzio C.S.A.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione del consorzio tra imprese artigiane C.S.A.- Consorzio Servizi e Appalti non è conforme alla normativa di settore (parere 10.07.2008 n. 192 -
link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

INCARICHI PROFESSIONALI: Illegittimo l'affidamento di incarichi esterni senza una previa procedura comparativa.
Le Pubbliche Amministrazioni (ivi comprese le Università) possono legittimamente conferire incarichi di collaborazione a soggetti esterni solamente a seguito dello svolgimento di una procedura comparativa, previamente disciplinata secondo i rispettivi ordinamenti e adeguatamente pubblicizzata (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 29.09.2008 n. 2106 -
link a www.eius.it).

URBANISTICA:  Sui poteri comunale e regionale circa l'adozione del P.R.G..
E’ opinione comune nella giurisprudenza (Consiglio Stato a. plen., 09.03.1982, n. 3; TAR Lombardia, Brescia, 19.06.2006, n. 768) che sussista il potere dell’amministrazione comunale di revocare l’adozione di un piano regolatore prima che esso sia stato approvato dalla Regione. A sua volta la riadozione del piano regolatore è, in alcuni casi, addirittura doverosa, ogni volta che le modifiche apportate dal Comune d'ufficio, o su richiesta della regione, abbiano determinato un mutamento essenziale del suo contenuto, traducendosi in un nuovo progetto di piano (a contrariis Consiglio Stato , sez. IV, 16.03.1998, n. 437).
L’art. 10 della L. 17.08.1942 n. 1150, nel testo modificato dall'art. 3 l. 06.08.1967 n. 765, prevede che con il decreto (regionale) di approvazione possono essere apportate al piano le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del consiglio comunale. Si tratta di un potere ampiamente discrezionale, come riconosciuto anche dalla ricorrente, che non comporta per la Regione, a differenza del Comune, l’obbligo di motivare in merito all’accoglimento od al rigetto delle osservazioni in difformità dalle controdeduzioni del Comune (Consiglio Stato, sez. IV, 27.03.1995, n. 206). Secondo la giurisprudenza di questo Tribunale (TAR Lombardia, Milano, sez. I, 09.05.1984 n. 441), il potere di valutazione della Regione, in sede di approvazione del piano regolatore generale, comprende, però, anche la possibilità di non motivare le ragioni di rigetto delle osservazioni dei privati, assunte in conformità delle controdeduzioni del Comune. In tal caso, infatti, la deliberazione risulta sufficientemente motivata con il rinvio alle controdeduzioni dell’amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 3 della L. 241/1990, secondo il quale le ragioni della decisione possono risultare da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa. Ne consegue che non può ritenersi viziata da difetto di motivazione la deliberazione di approvazione del piano regolatore che non abbia motivato in ordine alla decisione adottata dal Comune in sede di controdeduzioni all’osservazione presentata dalla ricorrente.  
La giurisprudenza (Cons. Stato, IV, 08.06.1971 n. 628) ha da tempo chiarito che, nel caso in cui il Comune abbia preso in considerazione le osservazioni del privato ed abbia controdedotto alle medesime con apposita deliberazione, la Regione può fare semplice riferimento alle controdeduzioni del Comune, nel caso in cui ritenga di condividerle. Deve quindi ritenersi che la mancanza di una nuova valutazione espressa di tutte le osservazioni presentate dai privati non possa considerarsi un indice di difetto di istruttoria.  
La deliberazione di adozione delle controdeduzioni è correttamente motivata con riferimento alla relazione tecnica di accompagnamento in quanto si tratta di una relazione tecnica idonea a sorreggere sotto l’aspetto motivazionale la decisione dell’amministrazione.   
Secondo la giurisprudenza dominante le osservazioni hanno natura collaborativa in quanto hanno la funzione di permettere ai cittadini di formulare proposte per una migliore realizzazione dell’interesse generale. In relazione a tale funzione la giurisprudenza riconosce che esse non costituiscono un rimedio in senso proprio che possa limitare il potere del Comune o della Regione di apportare le modifiche ritenute necessarie al piano adottato, soprattutto quando, come nel caso in questione, l’amministrazione ritenga opportuno aderire alla richiesta del privato di una destinazione uniforme del compendio, motivi in merito e rispetti la destinazione di piano assegnata dal piano in vigore.
E' opinione comune della giurisprudenza che i piani regolatori possano dettare norme a tutela dell’ambiente, con il solo limite del rispetto dei vincoli esistenti (Cons. Stato, Sez. IV, 16/03/2001, n. 1567; Cons. Stato, sez. IV, 15.06.2004, n. 4010 e 01.02.2001, n. 420)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.09.2008 n. 4106 - link a www.giurisprudenza-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Sull’utilizzazione delle graduatorie concorsuali.
Deve ritenersi illegittimo, per contrasto con l’art. 3 della legge 07.08.1990, n. 241, che sancisce l’obbligo della motivazione, il provvedimento con il quale l’Amministrazione bandisce un nuovo concorso senza tenere conto del risultato di una precedente e omologa selezione e senza una motivazione in ordine al mancato previo scorrimento della precedente graduatoria ancora valida ed efficace (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 15.09.2008 n. 4073 - link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: Concorso pubblico: la regole per la valutazione dei titoli.
Il giudizio di un Commissario di concorso, nella parte in cui attesta che sono state prese in considerazione nella valutazione di un candidato anche titoli riferiti, in via generale, all’anno del concorso e conseguiti in epoche posteriori alla data limite di presentazione della domanda di partecipazione, appare violare il divieto di valutazione di titoli conseguiti successivamente a detta data, contenuto nel bando di concorso, divieto rispondente, del resto, a un principio generale in tal senso, immanente a tutte le procedure concorsuali, conseguendone quindi anche la violazione del fondamentale canone di buon andamento, trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa di cui è parola all’art. 97 della Costituzione.
L’omessa e ingiustificata considerazione di titoli prodotti in un concorso, dei quali manca qualsiasi considerazione (pur essendo stati riportati già nell’elenco pubblicazioni presentato dal concorrente, in uno alla domanda di partecipazione al concorso), contestualmente all’affermazione da parte della Commissione di concorso della presenza solo di taluni altri, oltre a sostanziare delle dichiarazioni non veritiere in atto pubblico (processi verbali di prove di concorso) –del che l’Amministrazione vorrà debitamente tener conto e adottare le conseguenti determinazioni, investendo anche la competente Autorità giudiziaria– si traducono anche, a livello di teorica dei vizi dell’atto amministrativo, in un patente vizio di eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e illogicità manifesta, vizio che irrimediabilmente infirma la valutazione finale condotta sulla qualità, l’attività e l’operato del candidato-ricorrente, conferendo manifesta ingiustizia e illogicità alla di lui valutazione finale, la quale va giudicata per ciò solo illegittima e conseguentemente annullata
(TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 09.09.2008 n. 1888 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sul diritto di accesso ai pareri legali.
I pareri legali resi da professionisti anche esterni all'amministrazione, quando sono oggettivamente correlati ad un procedimento amministrativo, assumono valenza endoprocedimentale, decadendo a ruolo di mero elemento istruttorio, e pertanto, debbono ritenersi atti accessibili (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 27.08.2008 n. 7930 - link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: Licenziamento per l'utilizzo del congedo parentale per svolgere una diversa attività.
L’utilizzazione del congedo parentale, di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 151 del 2001, per lo svolgimento di una diversa attività lavorativa (nella specie, l’attività prestata presso la pizzeria di proprietà della moglie da parte del padre lavoratore, beneficiario del congedo) configura un abuso per sviamento della funzione propria del diritto ed è idonea ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 16.06.2008 n. 16207 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Consulenti esterni alle commissioni di gara: limiti di ammissibilità.
La giurisprudenza amministrativa ha avallato, sul piano della legittimità, la prassi di consentire che l’organo deputato alla selezione delle offerte sia coadiuvato, per taluni profili il cui esame richieda conoscenze tecniche approfondite, da uno o più esperti con funzioni di consulenti esterni.
La stessa giurisprudenza rinviene un limite di ragionevolezza entro cui sembra consentito il ricorso alla acquisizione di conoscenze tecniche estranee alla competenza specifica dei componenti l’organo tecnico; limite implicito nel fatto che quel contributo sia pur sempre un apporto cognitivo, mai sostitutivo di quelle autonome valutazioni tecnico-discrezionali che soltanto il seggio di gara è abilitato a compiere. Ben si spiega dunque che la prassi amministrativa in esame sia ritenuta legittima ove si tratti di casi in cui il contributo dell’esperto esterno riguardi singole e ben definite questioni tecniche, la cui piena cognizione postuli il possesso di qualificate nozioni o esperienze tecnico-professionali, di cui possano in tesi risultare privi i singoli componenti della commissione di gara
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 15.05.2008 n. 481 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 06.10.2008

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dossier CONSIGLIERI COMUNALI

CONSIGLIERI COMUNALISul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si estenda ad atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.
Il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del comune assume un connotato particolare, in quanto finalizzato al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale, con la conseguenza che sul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si estenda ad atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.
In definitiva, tra l’accesso ai documenti dei soggetti interessati di cui agli art. 22 ss. della L. 07.08.1990, n. 241, e quello del consigliere comunale di cui al predetto art. 43 del D.Lgs. 267/2000, sussiste una profonda differenza, poiché il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti, al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del comune; pertanto, al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso -da dimostrare- che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione (cfr, sul punto, da ultimo, Cons. St., sez. V, 22.02.2007, n. 929, e sez. IV, 21.08.2006, n. 4855)
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 20.02.2008 n. 123 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto occasione di affermare, con recenti e puntuali decisioni (Cons. St. Sez. V, 09.12.2004, n. 7900; 02.09.2005 n. 4471), che il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del Comune assume un connotato tutto particolare, in quanto finalizzato “al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale”.
Ne consegue che “Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.
Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” -per di più, senza alcuna investitura democratica- delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica.
L’esistenza e l’«attualità» dell’interesse che sostanzia la speciale actio ad exhibendum devono quindi ritenersi presunte juris et de jure dalla legge, in ragione della natura politica e dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato affidato dai cittadini elettori ai componenti del Consiglio comunale
.” (sent. n. 4471/2005)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2007 n. 929 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALIAl consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego in materia di accesso agli atti (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso –da dimostrare– che lo stesso agisca per interesse personale).
Tra l’accesso dei soggetti interessati di cui agli artt. 22 eseguenti della legge n. 241 del 1990 e l’accesso del Consigliere comunale di cui all’art. 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico sull’ordinamento degli enti locali) sussiste una profonda differenza: il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti, al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del Comune.
Da ciò la conseguenza, che è una conseguenza necessitata, che al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso –da dimostrare– che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.08.2006 n. 4855 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dossier RUDERI

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione di un rudere.
Il concetto di ristrutturazione postula necessariamente la esistenza di un manufatto da riedificare e consolidare dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura per cui i ruderi, che non possiedono tali elementi, sono da considerarsi una area non edificata
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2008 n. 36542 - link a www.lexambiente.it).

dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Ragioni dell’autorizzazione paesaggistica.
Per le opere in zona vincolata il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P.A., in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta inosservante rispetto al bene finale, sia posta di fronte al fatto compiuto.
La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare, dunque, sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la P.A. preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.208 n. 35901 - link a www.lexambiente.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

APPALTI: G.U. 02.10.2008 n. 231, suppl. ord n. 227/L, "Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62" (D.Lgs. 11.09.2008 n. 152).

APPALTI: G.U. 29.09.2008 n. 228 "Regolamento concernente l’accesso ai documenti formati o detenuti stabilmente dall’Autorità" (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, deliberazione 10.09.2008).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 40 del 29.09.2008, "Criteri per la definizione degli ambiti destinati all'attività agricola di interesse strategico dei Piani Territoriali di Coordinamento provinciale (comma 4 dell'art. 15 della l.r. 12/2005) - Approvazione" (deliberazione G.R. 19.09.2008 n. 8059 - link a www.infopoint.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di San Genesio ed Uniti (Pv) se “il Sindaco del Comune di San Genesio ed Uniti, avente popolazione pari a 3.794 abitanti al 31.12.2007, di recente eletto Senatore della Repubblica, possa cumulare l’indennità di carica di Sindaco con quelle previste per la carica di Senatore" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 22.09.2008 n. 69 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Cassolnovo (Pv) “sulla legittimità del rientro di personale dalla S.p.A. pubblica, costituita con atto consiliare n. 21 del 05.05.2003, al Comune ai fini del rispetto delle vigenti disposizioni normative sia in materia di assunzioni di personale, sia in materia di contenimento della spesa" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 18.09.2008 n. 68 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Varese (Va) “in relazione all’eventualità che l’introduzione di una specifica norma regolamentare agevolativi, che ricomprenda, tra gli enti che beneficiano della riduzione dell’imposta di pubblicità al 50%, anche tali società di capitali, possa concretamente tradursi in una norma di contrasto con l’espressa disposizione legislativa (D.Lgs. n. 507/1993) che sembra essere di ostacolo al riconoscimento della riduzione in argomento" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 18.09.2008 n. 67 - link a www.corteconti.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Varese (Va) “ai fini della corretta gestione dei rapporti economici con i privati proponenti la realizzazione di interventi edilizi ove è prevista l’esecuzione di opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri, se “risulti legittimo sotto il profilo contabile, il riconoscimento di uno scomputo globale ed indifferenziato, indipendentemente dalla ascrivibilità delle opere realizzate alla categoria delle opere di urbanizzazione primaria o secondaria, sino a concorrenza degli oneri di urbanizzazione complessivamente dovuti, siano essi a loro volta ascrivibili a contributo per opere di urbanizzazione primaria o secondaria" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 15.09.2008 n. 66 - link a www.corteconti.it).

INCARICHI PROFESSIONALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Limbiate (Mi) “sulla legittimità della liquidazione di onorari a favore di un collegio di difensori in misura superiore a quanto stabilito in sentenza (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 12.09.2008 n. 64 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Cernobbio (Co) in merito “alla legittimità della corresponsione a posteriori dell’indennità di risultato al Segretario Comunale, per gli anni pregressi, in assenza dei criteri di valutazione, definiti annualmente, per l’erogazione della stessa (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 11.09.2008 n. 63 - link a www.corteconti.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: L. Cinelli, Gli accatastamenti dei fabbricati non denunciati ed ex rurali (Il Geometra Bresciano n. 4/2008).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Scardaci, ATO e TU ambientale: l’affidamento della gestione integrata dei rifiuti nella forma della società mista (nota a TAR Sicilia, n. 2511/2007) (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. Ficco, Ecopiazzole: Mud, registri e formulari vige il sistema del "Codice ambientale" (link a www.greenreport.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. Ficco, Ecopiazzole, Raee e semplificazione adempimenti: di cosa stiamo parlando? (link a www.greenreport.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: P. Ficco, Veicoli destinati alla demolizione e deposito temporaneo (link a www.greenreport.it).

ENTI LOCALI: G. Lentini, I controlli negli enti locali: evoluzione storica e prospettive future (link a www.diritto.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
La questione giuridica da esaminare nel presente parere è la seguente: il costituendo raggruppamento risulta aver presentato una polizza fideiussoria irregolare sotto diversi profili, in particolare per non essere stata firmata dalla compagnia assicuratrice l’appendice contenente le seguenti previsioni: “La garanzia in conformità all’art. 75 del D. Lgs. 163/2006 prevede l’espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale di cui all’art. 1944 c.c. volendo ed intendendo la Società restare obbligata in solido con il contraente, la rinuncia all’eccezione di cui all’art. 1957, comma 2, del c.c., nonché l’operatività della garanzia medesima entro 15 giorni, a semplice richiesta scritta della Stazione Appaltante come disposto dall’articolo 75, commi 4 e 5 del predetto D.Lgs. La Società si impegna a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di cui all’art. 113, del D.lgs. n. 163/2006.”.
Questa Autorità si è già espressa, sul punto, ritenendo che la fideiussione priva della sottoscrizione del garante è nulla e, quindi, priva di ogni rilievo ai fini del soddisfacimento delle prescrizioni del bando (Parere 09/04/2008, n. 106).
Si è, altresì, rilevato che il fideiussore, nel manifestare in modo espresso ed inequivocabile la volontà di prestare la garanzia, ai sensi dell’articolo 1937 del codice civile, deve anche indicare l’obbligazione principale garantita, il soggetto garantito, le eventuali condizioni e limitazioni soggettive ed oggettive della garanzia rispetto all’obbligazione principale. La mancanza di sottoscrizione del contratto comporta l’impossibilità di imputabilità soggettiva dello stesso ad una determinata persona fisica, in particolare al fideiussore (Deliberazione 12/07/2007, n. 251).
Stesse considerazioni valgono per l’appendice integrativa della stessa che, nel caso di specie, prevede la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale di cui all’articolo 1944 del codice civile, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2, del codice civile, nonché l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni a semplice richiesta della stazione appaltante (articolo 75, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006).
Non può, pertanto, essere condiviso l’assunto della stazione appaltante e della controinteressata secondo cui l’appendice fideiussoria priva della sottoscrizione del garante integrerebbe una mera irregolarità formale, come tale suscettibile di essere emendata.
Il profilo evidenziato risulta assorbente rispetto alle ulteriori censure, di carattere formale, mosse rispetto alla stessa appendice fideiussoria (erroneità della data), nonché della polizza fideiussoria vera e propria (erroneità di indicazione dell’oggetto e del luogo di esecuzione).
D’altra parte, si rammenta come anche la giurisprudenza amministrativa ha affermato che il principio teso ad evitare che l’esigenza di massima partecipazione possa essere compromesso da carenze di ordine meramente formale incontra dei limiti applicativi: in particolare, in presenza di una prescrizione chiara e nell’inosservanza di questa da parte di un’impresa concorrente, un eventuale invito alla regolarizzazione costituirebbe violazione del limite costituito dalla possibilità di porre rimedio a incertezze o equivoci generati dall’ambiguità delle clausole del bando, della lettera di invito o, comunque, presenti nella normativa applicabile alla fattispecie concreta (Consiglio di Stato, sez. IV, 11.04.2007, n. 1653).
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’ammissione alla procedura aperta del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese Camedda Costruzioni s.r.l. e Gamma Impianti s.r.l. non è conforme a quanto previsto dall’art. 75 del decreto legislativo n. 163 del 2006
(parere 10.07.2008 n. 191 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Il bando di gara costituisce la lex specialis della gara, ed è vincolante in modo inderogabile per tutti i soggetti interessati, sia per la stazione appaltante che per i concorrenti.
Infatti, il bando non solo costituisce un vincolo per la stazione appaltante dal momento che essa si è autovincolata a rispettare le prescrizioni in esso contenute, ma rappresenta anche l’insieme delle regole cui gli operatori economici che intendano partecipare ad una procedura di gara devono informarsi.
In tale ottica e nel rispetto dei principi di cui all’articolo 2 del Codice dei Contratti, la lex specialis deve garantire il rispetto dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione trasparenza, proporzionalità e pubblicità.
Conseguentemente, non solo nella disciplina di gara non possono essere inserite clausole lesive di tali principi, ma non può nemmeno darsi ad esse un’interpretazione che di fatto costituisca un’elusione dei principi che informano la materia.
Nel caso di specie, il Comune di Oriolo ha prescritto nel bando di gara, ai fini della partecipazione dei concorrenti, la necessaria dimostrazione del possesso dell’attestazione SOA, per la progettazione e costruzione per le categorie e le classifiche adeguate, prevedendo altresì che in caso di mancato possesso dell’attestazione, il concorrente avrebbe potuto, ai sensi dell’articolo 19, comma 1-ter della legge n. 109/1994, indicare o associare per la redazione del progetto esecutivo un progettista qualificato. Inoltre, la medesima lex specialis, nel definire le regole di presentazione dell’offerta, prevede che l’offerta debba essere sottoscritta, a pena di esclusione dalla gara, da persona abilitata ad impegnare il concorrente.
Non è, invece, rinvenibile alcuna disposizione che imponga anche la sottoscrizione del progetto da parte del progettista.
Conseguentemente, l’operato delle due imprese concorrenti, che hanno provveduto a corredare l’offerta della sottoscrizione del legale rappresentante e non anche del progettista, appare conforme alla disciplina di gara.
Peraltro, è la stessa lex specialis a richiedere che l’offerta sia sottoscritta dal soggetto abilitato ad impegnare il concorrente, ciò, peraltro, senza alcuna ulteriore precisazione che specifichi una discriminazione a seconda che il concorrente sia titolare della necessaria qualificazione prescritta ovvero, in quanto sprovvisto di essa, indichi il nominativo del progettista esterno.
La stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che nell’appalto integrato di cui all’articolo 19 della legge n. 109/1994 il concorrente è l’appaltatore che partecipa alla gara, il quale deve dimostrare nell’offerta il possesso dei requisiti professionali previsti dal bando per la redazione del progetto esecutivo e ciò anche mediante l’eventuale ricorso ai progettisti esterni. Ciò in quanto, a differenza delle gare di incarichi di progettazione, nell’appalto integrato i progettisti non assumono la qualità di concorrenti, né quella di titolari del rapporto contrattuale con l’amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione, trattandosi di semplici collaboratori esterni delle imprese partecipanti alla gara (in tal senso: TAR Lazio, Roma, sez. I, sentenza 17.04.2008 n. 3305 e TAR Sicilia, sez. I, Catania, sentenza 02.10.2006 n. 1544).
Conseguentemente, in ragione dei principi enucleati dalla giurisprudenza in materia di appalto integrato e considerato che la lex specialis non impone alcuna prescrizione in merito alla sottoscrizione dell’offerta anche da parte del progettista, le due imprese concorrenti non possono non essere ammesse alla successiva fase della procedura di gara.
Una diversa interpretazione, infatti, non solo confliggerebbe con lo stesso dettato della lex specialis, ma si tradurrebbe anche in una lesione del principio di massima partecipazione alle procedure di gara e del principio di libera concorrenza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, di comunicare alle Parti interessate l’ammissibilità alla restante fase della procedura di gara delle due imprese concorrenti che hanno presentato l’offerta non sottoscritta anche dal progettista
(parere 10.07.2008 n. 190 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Questa Autorità in più occasioni (si vedano le deliberazioni n. 216 del 27.06.2007; 232 del 12.07.2007) ha chiarito che il versamento del contributo costituisce condizione di ammissibilità e, pertanto, la mancata dimostrazione dell’avvenuto pagamento è causa di esclusione dalla procedura di gara secondo quanto disposto dalla deliberazione dell’Autorità del 24.01.2008,.
Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 3 della citata deliberazione, gli operatori economici che intendono partecipare a procedure di scelta del contraente “sono tenuti al pagamento della contribuzione quale condizione di ammissibilità alla procedura di selezione del contraente. Essi sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione. La mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla procedura di gara”.
D’altra parte il carattere essenziale ai fini della partecipazione alla gara era stato ulteriormente esplicitato da questa Autorità nell’ambito del documento pubblicato sul proprio sito internet, in ordine ai quesiti frequenti ricevuti in materia di contributo. In particolare, nella domanda e riposta n. 19 viene specificato: “D Se nel bando di gara non è espressamente richiesto il versamento del contributo, i soggetti di cui all'art. 1, lett. b) della deliberazione sono ugualmente tenuti a tale versamento? R19. Sì, i soggetti di cui all’art 1, lett. b) sono tenuti al pagamento del contributo a prescindere dal fatto che nel bando di gara o nella lettera di invito sia espressamente richiamato tale obbligo. Per gli operatori economici la dimostrazione dell'avvenuto pagamento è condizione per essere ammessi a presentare l'offerta”. Nella domanda e riposta n. 33 è stato evidenziato quanto segue: “D33. Nel caso di procedura negoziata conseguente a gara risultata deserta è obbligatorio chiedere un nuovo CIG e procedere al pagamento del contributo nuovamente? R33. Sì, poiché trattasi di una nuova procedura di gara”.
Alla luce delle risposte sopra citate, risulta chiaro che nel caso di specie il versamento del contributo risulta essere obbligatorio, anche in considerazione del fatto che la stazione appaltante ha provveduto ad indicare il CIG nella nuova lettera di invito. Pertanto tutti i concorrenti erano tenuti a versare il contributo, pure se tale obbligo non era espressamente stato previsto nella documentazione di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che l’esclusione disposta nei confronti dell’istante sia conforme alla normativa vigente di settore, nonché alle indicazioni fornite da questa Autorità
(parere 19.06.2008 n. 189 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità evidenziato, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, come la stazione appaltante possa fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081). La ragionevolezza dei requisiti non deve essere valutata in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto ed alle specifiche peculiarità dell’oggetto della gara.
In particolare, nelle deliberazioni n. 20, 33 e 62 del 2007 l’Autorità ha ritenuto non incongrua o sproporzionata, né limitativa dell’accesso alla gara la richiesta di un fatturato, nel triennio pregresso, sino al doppio dell’importo posto a base della stessa.
Nel caso di specie si rileva come venga richiesto il possesso di un fatturato minimo globale negli ultimi tre anni pari o superiore a euro 14.000.000,00. Detto importo, risulta essere tre volte superiore all’importo a base della gara, pari a euro 4.886.065,52 per l’intera durata del contratto di quattro anni, corrispondente alla base d’asta della gara. Tenuto conto che la base d’asta è da intendersi riferita ai quattro anni e, pertanto, l’importo annuale richiesto è pari a euro 1.221.516, senza dubbio il fatturato di importo di euro 14.000.000 risulta essere palesemente sproporzionato, anche alla luce delle indicazioni espresse da questa Autorità con le deliberazioni sopra citate.
Per quanto attiene alla replica presentata dal Comune circa la recente costituzione della Alphabet che non le avrebbe permesso comunque di partecipare alla procedura di gara, si rileva che questa Autorità, con la Deliberazione n. 288 del 26 luglio 2001 ha evidenziato come per le imprese di recente costituzione, ai fini della verifica del possesso dei requisiti indicati nel bando, debba essere effettuato il calcolo sugli anni di effettiva esistenza dell’impresa e, pertanto, i bilanci e la documentazione che la stessa è tenuta a presentare sono da riferirsi agli anni di effettiva operatività dell’impresa.
E’ stato, infatti, ritenuto non ipotizzabile una esclusione dalla partecipazione a procedure ad evidenza pubblica di imprese di nuova costituzione, che possano produrre risultanze di bilanci o altra documentazione che evidenzino il possesso dei requisiti richiesti dal bando di gara, anche se per un numero di anni inferiore a quelli indicati nel bando. Una eventuale esclusione si porrebbe, infatti, in violazione del principio di libera concorrenza e comporterebbe una restrizione della stessa, contraria ad ogni principio generale di libera partecipazione al mercato degli appalti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che i requisiti economici–finanziari richiesti non risultano essere conformi alla normativa vigente di settore, nonché alle indicazioni fornite da questa Autorità
(parere 19.06.2008 n. 188 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Questa Autorità, nel proprio parere n. 164 del 21.05.2008, ha già commentato quali sono i soggetti tenuti a dimostrare l’inesistenza delle cause ostative così come elencati dall’art. 38 del D.Lgs. n.163/2006, attraverso una dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000. In particolare detto articolo, al comma 1, lett. b), individua quali soggetti obbligati: “il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società”. Inoltre, ai sensi della lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, i soggetti cui l’esclusione si applica, sono coloro: “nei confronti dei del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio”. Inoltre, solo per la fattispecie descritta dalla lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, l’esclusione e il divieto operano anche “nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.
Dunque i soggetti obbligati a dimostrare l’assenza di cause di esclusione dalle procedure di affidamento sono chiaramente elencati dalle sopra citate disposizioni. Sul punto deve osservarsi come il genere di dichiarazioni richieste costituisca frutto di informazioni su qualità personali e sulle relative vicende professionali e/o individuali dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza o dei direttori tecnici che, non necessariamente, possono essere a conoscenza del rappresentante legale dell’impresa, trattandosi di eventi (specie quelli connessi a procedimenti penali) che esulano da fattori rientranti nella organizzazione aziendale, quindi non può costituirsi un onere di conoscenza in capo al legale rappresentante della stessa. E’ per tale ragione che le relative dichiarazioni devono essere personalmente rese dagli interessati.
In coerenza con le sopra disposizioni citate, nel caso in esame la documentazione di gara all’art. 7, punto A.1, del disciplinare di gara, richiede la presentazione della dichiarazione sostitutiva, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, resa individualmente dai soggetti indicati dalla normativa sopra citata.
Alla luce di quanto evidenziato, non può ritenersi che le disposizioni contenute nella lex specialis di gara non fossero chiare o potessero dare adito a fraintendimenti a danno dei concorrenti i quali, pertanto, erano tenuti in sede di presentazione dell’offerta, a fornire quanto dettagliatamente richiesto, pena l’esclusione prevista dall’art. 8, lett. c) del disciplinare di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la disposta esclusione dell’istante è conforme alla documentazione di gara nonché alla normativa vigente di settore
(parere 19.06.2008 n. 187 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità del direttore dei lavori.
Tra le fondamentali e primarie verifiche a carico del direttore dei lavori, vi è quella della corretta impostazione di colmo e falde, che costituisce un momento decisivo e fondamentale della esecuzione dell'intervento in modo conforme alla concessione edilizia e, per tale fondamentale verifica, non è necessario che il direttore dei lavori sia tutti i giorni presente in cantiere. La legge, invero, attribuisce espressamente al direttore dei lavori l'obbligo di curare la corrispondenza dell'opera al progetto. Nella fattispecie l'elemento psicologico del reato in questione può concretarsi indifferentemente nel dolo o nella colpa e quindi versa certamente in colpa, sotto l'aspetto della negligenza, e non può invocare la buona fede, il direttore dei lavori che non controlli effettivamente e costantemente lo svolgimento delle opere anche riguardo alla loro conformità alle leggi urbanistiche ed al progetto autorizzato
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2008 n. 36567 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione (demolizione e ricostruzione).
L'art. 3, c. l, lett. b, TU 380/2001 considera interventi di ristrutturazione edilizia la demolizione di un fabbricato e la sua ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente; tale condizione non può considerarsi rispettata nel caso in cui il nuovo manufatto abbia una estensione volumetrica maggiore di quello abbattuto. Di conseguenza l'intervento, di ampliamento dell'edificio esistente all'esterno della sua originaria sagoma, è da qualificarsi come nuova costruzione per il disposto dell'art. 3, c. l, sub 3, del TU. Tale intervento, se assistito da previa pianificazione di dettaglio potrebbe essere effettuato, a scelta discrezionale degli interessati, con permesso di costruire o denuncia di inizio di attività
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2008 n. 36565 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Liquami zootecnici.
A norma dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche a seguito delle modifiche ed integrazioni apportate con il decreto legislativo n. 4 del 2008, continuano ad essere sottoposti alla disciplina sui rifiuti, quelli allo stato liquido diversi dalle acque di scarico nonché le materie fecali non utilizzate in agricoltura.
Quindi, per delimitare l'ambito di applicazione delle due discipline possono ancora utilizzarsi i criteri elaborati da questa corte in base ai quali la disciplina sulle acque si applica solo agli scarichi diretti tramite condotta o comunque stabile canalizzazione e dm le materie fecali sono sottratte alla disciplina sui rifiuti a condizione che siano utilizzate nell'attività agricola. L'immissione di rifiuti zootecnici in un torrente da parte del titolare di un'impresa di allevamento configurava sotto la vigenza del decreto Ronchi il reato di cui agli artt. 14 e 51, il cui contenuto è stato sostanzialmente riprodotto negli artt. 192 e 255 del decreto legislativo n 152 del 2006
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.09.2008 n. 36363 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATALa sanzione pecuniaria di cui all'art. 15 L. 29.06.1939 n. 1497 in caso di violazione degli obblighi in materia di tutela del paesaggio è applicabile anche in caso di concesso condono edilizio, rimanendo preclusa solo la possibilità di applicare la misura della demolizione.
Secondo un orientamento del Consiglio di Stato, citato erroneamente dal ricorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30.06.2003 n. 3931, Sez. VI, 31.10.2000, n. 5851 e 02.06.2000, n. 3184), ai sensi dell'art. 2, comma 46, L. 23.12.1996 n. 662, la sanzione pecuniaria di cui all'art. 15 L. 29.06.1939 n. 1497 in caso di violazione degli obblighi in materia di tutela del paesaggio è applicabile anche in caso di concesso condono edilizio, rimanendo preclusa, alla stregua di un elementare principio di non contraddizione, solo la possibilità di applicare la misura della demolizione.
Il Collegio condivide tale impostazione solo in parte, vale a dire solo con riguardo alle fattispecie realizzatesi successivamente all'entrata in vigore della legge n. 662 del 1996 cit..
Infatti, è solo con l'art. 2, comma 46, legge n. 662 del 1996 che viene espressamente chiarito che la inapplicabilità, a seguito di condono edilizio, delle sanzioni amministrative, sancita in termini generali dall'art. 38 legge n. 47 del 1985, non si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all'art. 15 legge n. 1497 del 1939.
Sul punto quindi il giudice di secondo grado ha ritenuto che l’inapplicabilità della norma più volte richiamata sia dettata dal fatto che la concessione edilizia in sanatoria, in tale contesto esaminata, fosse stata in concreto rilasciata prima dell’entrata in vigore della legge n. 662 del 1996
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 22.09.2008 n. 8424 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La presenza del rappresentante dell'impresa alle sedute di gara non fa decorrere il termine per impugnare l'aggiudicazione.
La presenza di rappresentanti delle ditte concorrenti alle sedute di gara non integra gli estremi della piena conoscenza degli atti adottati durante le sedute medesime ai fini della decorrenza del termine di decadenza stabilito dalla legge per l'impugnazione delle relative determinazioni assunte dall'organo di gara e dell'atto finale del sub procedimento di valutazione delle offerte dei concorrenti, tenuto anche conto che, in materia di aggiudicazione di un contratto della P.A., il termine per ricorrere non decorre dall'aggiudicazione provvisoria, ma da quella definitiva, dal momento che la prima comporta soltanto effetti prodromici, onde in occasione dell'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva possono essere fatti valere anche vizi propri di quella provvisoria
(TAR Toscana, Sez. I, sentenza 22.09.2008 n. 2064 - link a www.eius.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abuso edilizio - Irrilevanza dello stato di necessità.
Lo stato di necessità è difficilmente configurabile in materia di abusivismo edilizio o ambientale, in quanto il pericolo di restare senza abitazione è concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dell'assistenza sociale. Invero in tale materia manca, non solo e non tanto il danno grave alla persona (secondo qualche decisione di legittimità per danno grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi diritti fondamentali ivi compreso quello all'abitazione), ma anche e soprattutto l'inevitabilità del pericolo: infatti l'attività edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza collettiva, quali il territorio, l'ambiente ed il paesaggio, che sono tutelati anche dalla Costituzione -art 9-. Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è edificabile il diritto del cittadino a disporre di un'abitazione non può prevalere sull'interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell'ambiente
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35919 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina antisismica e natura permanente del reato.
In tema di contravvenzioni antisismiche, a seguito dell'entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (che ha abrogati, sostituendole, le precedenti fattispecie contemplate dagli artt. 17, 18 e 20 della legge 02.02.1974, n. 64), i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del citato decreto, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprese l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento e il secondo (art. 94), permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35912 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità del proprietario dell’area e onere della prova.
La responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde, per il proprietario dell'area interessata dal manufatto, dall'esistenza di un consapevole contributo all'integrazione dell'illecito, ma grava sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili per convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35907 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Muri di contenimento.
Sono lavori di "nuova costruzione", per i quali occorre il permesso di costruire -ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e.l) del D.P.R. n. 380/2001- tutti quelli di realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ivi compresi i muri di contenimento, che comunque trasformano durevolmente l'area impegnata
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35898 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia.
L'art. 3, I comma – lett. d), del T.u. n. 380/2001 -come modificato dal D.Lgs. 27.12.2002, n. 301- definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35897 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATASulla proroga del permesso di costruire.
In una prospettiva generale, la “proroga” indica la modifica della durata di un termine avente rilevanza giuridica. Nella sua comune accezione, quindi, la “proroga” definisce sia l’effetto di mutamento del termine, sia l’atto che produce l’indicata conseguenza giuridica.
Sul piano effettuale, limitando l’indagine al solo campo dell’attività amministrativa, la proroga può riferirsi, in senso ampio, al termine di efficacia del provvedimento. Ma può riguardare anche soltanto specifici effetti del provvedimento, modificando il solo termine per l’esercizio di una facoltà o per l’adempimento di un obbligo del destinatario. Ancora, la proroga può riferirsi puntualmente, ai soli termini, iniziali o finali, per l’attuazione di un potere pubblicistico, destinato ad incidere sfavorevolmente, nella sfera giuridica di un soggetto privato.
La proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica del “provvedimento di secondo grado”, perché modifica, solo parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall’atto originario.
Per il suo carattere parziale e limitato, la proroga non richiede una rinnovata valutazione di tutti gli elementi istruttori posti a base dell’originario provvedimento, né esige la ripetizione di tutte le tappe procedimentali che hanno condotto all’adozione dell’atto modificato.
I presupposti per l’adozione dell’atto di proroga sono definiti, talvolta, da specifiche disposizioni di settore. In mancanza, essi sono riconducibili ai principi generali dell’attività amministrativa.
Fra questi criteri comuni, si colloca anche la regola generale secondo la quale la proroga –e la correlata semplificazione procedimentale e istruttoria- è riferibile soltanto ai provvedimenti ad “efficacia durevole” e presuppone che gli effetti del provvedimento originario non siano definitivamente esauriti.
Dopo la cessazione degli effetti dell’atto, l’amministrazione potrebbe sempre ravvisare l’opportunità di adottare una determinazione di contenuto identico, destinata a produrre effetti in un diverso e successivo ambito temporale. In tali eventualità, però, si tratterebbe della “rinnovazione” del provvedimento originario, caratterizzata dalla necessaria ripetizione di tutte le fasi procedimentali e dalla completa rivalutazione di tutte le circostanze di fatto e di diritto rilevanti, attuata mediante un’adeguata ponderazione dei diversi interessi pubblici e privati coinvolti.
Secondo un condivisibile indirizzo interpretativo, poi, per disporre la decadenza, è necessario accertare che non sussistano cause impeditive del puntuale rispetto del termine. In presenza di comprovate ragioni oggettive, la decadenza sarebbe illegittima e l’interessato avrebbe titolo ad ottenere la proroga del termine, anche se la richiesta intervenga in epoca successiva alla scadenza del termine originario.
Pertanto, può essere richiamata la puntuale previsione dell’articolo 15 del testo unico dell’edilizia (chiara espressione di un principio generale), il quale prevede che il permesso di costruire decade di diritto in caso di inutile decorso del termine assegnato, a meno che, prima della scadenza, l’interessato richieda la proroga del termine.
La norma, pur non essendo direttamente applicabile alla presente fattispecie, per ragioni di diritto intertemporale, indica una regola di portata più ampia, utile per risolvere la presente controversia. Non va trascurato, del resto, che il testo unico dell’edilizia costituisce l’esito di un’operazione di riordino e razionalizzazione, procedimentale e formale, delle disposizioni vigenti. Pertanto, la diversa formulazione letterale delle norme, riflette la corretta interpretazione di regole preesistenti
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2008 n. 4498 - link a www.giustizia-amministrativa).

PUBBLICO IMPIEGODipendente pubblico attesta falsamente la sua presenza in ufficio. E' reato?
Rispondono del reato di falso ideologico i dipendenti che attestano falsamente l’orario di lavoro, in virtù di una funzione loro affidata dalla pubblica amministrazione, non avendo alcuna rilevanza il fatto che l’ente non abbia subito alcun danno perché gli stessi hanno portato a termine tutti i lavori previsti, posto che non si tratta di liberi professionisti che devono fornire un risultato ma di dipendenti che devono fornire, con regolarità e puntualità, una prestazione di lavoro subordinato, implicante, tra gli altri obblighi da adempiere, anche quello del rispetto dell'orario (Corte di Cassazione, Sez. II penale, sentenza 10.09.2008 n. 35058 - link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: Mobbing: risponde dei danni il datore di lavoro che non interviene per impedire la condotta persecutoria posta in essere dal suo dipendente.
E' tenuto al risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 2049 c.c., il datore di lavoro che, in presenza di una condotta mobbizzante attuata da un suo dipendente nei confronti di un altro suo dipendente, ometta colpevolmente di adottare le misure necessarie a rimuovere tale fatto lesivo
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 09.09.2008 n. 22858 - link a www.eius.it).

APPALTIS. Lazzini, Requisti di capacità tecnica - falsa dichiarazione relativa al fatturato complessivo per servizi analoghi realizzato negli anni precedenti il bando - ammontare dichiarato comprensivo dell’Iva - insufficiente - obbligo della Stazione Appaltante ad escludere l’impresa dalla procedura - richiesta di risarcimento del danno da parte della seconda classificata non ammessa - non sussiste l’imputazione dell’evento dannoso a colpa della p.a. in quanto l’errore commesso risulta connotato da scusabilità attesa la complessità della valutazione in merito al carattere sanabile o meno delle irregolarità.
Poiché l’attestazione dei servizi resi, rilasciata alla società aggiudicataria da una Stazione appaltante, non precisava se l’ammontare fatturato fosse o meno comprensivo dell’Iva, a fronte di una certificazione equivoca –trasfusa, in forza del punto d) del bando, in una più ampia dichiarazione sostitutiva di certificazione- l’amministrazione avrebbe dovuto, di propria iniziativa, effettuare un idoneo controllo della stessa, ai sensi dell’art. 71, d.P.R. n. 445/2000 e dell’art. 41, c.4, d.lgs. n. 163/2006.
Appurato, come poi è risultato essere, che l’ammontare indicato era da considerare al lordo dell’iva, l’amministrazione avrebbe dovuto ritenere tale atto inidoneo a valere come prova del requisito relativo all’importo dei servizi resi nel settore oggetto della gara, realizzati nell’ultimo triennio e valutare le conseguenze di tale inidoneità in ordine alla partecipazione alla gara della società, così come previsto dal bando di gara (il quale sanziona con l’esclusione la falsità, la mancanza o l’incompletezza della documentazione richiesta a corredo dell’offerta e della dichiarazione sostitutiva di cui al punto d).
L’inidoneità delle certificazioni rilasciate a valere come prova del requisito relativo all’importo dei servizi resi nel settore oggetto della gara, avrebbe dovuto quindi comportare l’esclusione della società dalla gara (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.08.2008 n. 2398 -
link a www.diritto.it).

APPALTIS. Lazzini, É inammissibile il ricorso proposto avverso il provvedimento di aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto di servizi, se al momento della notificazione di quest’ultimo era già stato emanato dalla stazione appaltante un secondo autonomo provvedimento di aggiudicazione provvisoria, conosciuto e non impugnato espressamente con autonomo gravame o con atto di motivi aggiunti?
Non è necessario impugnare l’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti; diversamente, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale, pena la improcedibilità del primo ricorso. Che è esattamente quanto accade avuto riguardo alla natura dell’aggiudicazione definitiva che non và considerata atto meramente confermativo o esecutivo ma provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti; coerentemente si ritiene necessaria l’impugnativa autonoma dell’aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell’aggiudicazione provvisoria (che è meramente facoltativa) ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.08.2008 n. 4053 -
link a www.diritto.it).

APPALTI FORNITURES. Lazzini, Discrezionalità della stazione appaltante: Appalto di forniture - autotutela - revoca di aggiudicazione provvisoria - minori consumi rispetto a quelli preventivati - risulta legittima solo se rilevanti ai fini della formulazione della proposta contrattuale da parte del concorrente oppure ai fini della relativa valutazione da parte della commissione aggiudicatrice - illegittimità - va affermata.
É legittima una revoca di un’aggiudicazione provvisoria nel caso in cui si accerti una sopravvenuta contrazione dei consumi stimati? Tale circostanza può rappresentare una sostanziale modifica dell'oggetto del contrarre?
Rileva il Consiglio di Stato che poiché dal disciplinare di gara si trae linearmente che la proposta contrattuale doveva esser formulata, quanto al prezzo, indicando un valore espresso in euro/anno ed un valore espresso in euro/MhW; quanto ai valori da tener presente ai fini della redazione di tale proposta, dallo stesso disciplinare, risulta poi che i valori ivi indicati sono "consumi mensili presunti": ciò vuol dire, come ha già correttamente ritenuto la sentenza impugnata, che il venir meno di alcuni siti da servire non ha rilievo né ai fini della formulazione della proposta contrattuale da parte del concorrente né ai fini della relativa valutazione da parte della commissione aggiudicatrice. Se ne ricava, ancora, che la stipula del contratto non presuppone alcuna rinegoziazione, fermi potendo rimanere i prezzi unitari indicati dall'aggiudicataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.08.2008 n. 4016 -
link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sull’illegittimità della clausola di un bando di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale che prevede che il comune si accolli l’onere di corrispondere al gestore uscente il valore residuo.
E’ illegittima, in quanto in contrasto con le previsioni del d. lgs. n. 164/2000 (decreto Letta), la clausola di un bando di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale che prevede che il comune si accolli l’onere di corrispondere al gestore uscente il valore residuo, intendendo, peraltro, recuperare il cospicuo esborso mediante una previsione di bando che privilegia in modo determinante la componente del corrispettivo economico offerto dalle imprese concorrenti.
Il vulnus, per l’appunto, consiste nell’effetto distorsivo che privilegia, contro la ben evidente ratio della disciplina ivi contenuta, il solo elemento del prezzo al fine di sovvenire alle impellenti esigenze finanziarie del comune divenuto debitore del gestore uscente, obliterando per ineludibile conseguenza tutti gli altri elementi di scelta fondati sui predetti, ulteriori elementi qualitativi, viceversa imposti non soltanto dallo stesso art. 14, c. 6, del d. lgs.164 del 2000, ma anche dall’intrinseca connotazione di "servizio pubblico locale" insita nell’attività resa oggetto dell’affidamento. Tale effetto di lievitazione dei costi, pertanto, nuoce in ultima analisi sia alle economie delle imprese partecipanti alle gare, sia allo stesso pubblico interesse finalizzato, in forza delle anzidette disposizioni di legge, a conseguire il miglioramento qualitativo del servizio
(TAR Veneto, Sez. I, sentenza 04.08.2008 n. 2189 - link a www.diritto.it).

APPALTIS. Lazzini, Illegittimo annullamento di un’aggiudicazione provvisoria (e quindi della relativa escussione della cauzione provvisoria) - la verifica delle regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti - viceversa, il provvedimento di ’esclusione deve essere congruamente motivato e giustificato dall’Amministrazione procedente con riguardo alla sussistenza delle condizioni di gravità e definitività della violazione ((articolo 38, lettera i), del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163).
La regolarità contributiva è requisito indispensabile non solo per la stipulazione del contratto, bensì per la stessa partecipazione alla gara, per cui l'impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura, essendo tale requisito indice rivelatore della correttezza dell'impresa nei rapporti con le proprie maestranze.
Secondo il prevalente insegnamento giurisprudenziale, a seguito dell'entrata in vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva, dettata dall'art. 2 del D.L. 25.09.2002 n. 210, così come modificato dalla legge di conversione 22.11.2002 n. 266 e dall'art. 3, comma 8, lett. b-bis), del d.lgs. 14.08.1996 n. 494 (lettera aggiunta dall'art. 86, comma 10, del d.lgs. 10.09.2003 n. 276), la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli enti previdenziali, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta dal Codice dei contratti (articolo 38, lettera i), del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) sono esclusi dalla partecipazione alla gara e non possono conseguentemente conseguirne l’aggiudicazione, quei soggetti “che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi presidenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”; la formulazione della disposizione testé citata esclude dunque che possano trovare applicazione i principi consolidatisi in materia sotto la vigente disciplina (articolo 75 del d.p.r. 554 del 1999) e impone che il provvedimento che dispone l’esclusione sia congruamente motivato e giustificato dall’Amministrazione procedente con riguardo alla sussistenza delle condizioni di gravità e definitività della violazione (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 23.07.2008 n. 3470 -
link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGONon vi sono controinteressati nell’accesso agli atti di un concorso.
Le domande ed i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l'essenza.
Tali atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, pertanto, non assumono la veste di controinteressati in senso tecnico nel presente giudizio.
Né, in concreto, l'omessa integrale intimazione in giudizio dei concorrenti cui si riferiscono gli atti in esame arreca loro alcun significativo pregiudizio non potendo gli stessi, in ragione di quanto detto, opporsi all'ostensione dei documenti richiesti dalla ricorrente
(TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 08.07.2008 n. 6450 - link a www.altalex.com).

APPALTIDiritto di accesso agli atti di gara e a quelli preparatori.
L’art. 22, L. n. 241 cit., infatti, riconosce il diritto in questione “a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, mentre il regolamento attuativo, approvato prima con D.P.R. n. 352/1992, successivamente integrato e parzialmente sostituito dal D.P.R. n. 184/2006, specifica nell’art. 2, comma 1, di quest’ultimo che il predetto interesse deve essere “diretto, concreto ed attuale”, e nel successivo art. 4 che le disposizioni in materia si applicano, “anche ai soggetti portatori di interessi diffusi o collettivi”.
E’ ammissibile il diritto di accesso con riferimento ad attività, la cui disciplina sostanziale (sia pubblicistica che privatistica) non escluda comunque l’applicazione dei principi di trasparenza e buon andamento, necessari per la corretta gestione di interessi collettivi.
Il soggetto attivamente legittimato, pertanto, può rivolgersi al legittimato passivo -in base alla normativa in esame- per conoscere singoli atti già materialmente posti in essere, atti che possono essere sia conclusivi che interni, ma che debbono in ogni caso incidere in modo diretto sugli interessi del richiedente, che attraverso l’accesso è messo in grado di verificare la corretta ponderazione degli interessi coinvolti, nonché l’esatta assunzione ed elaborazione dei dati decisionali assunti dall’Amministrazione; il medesimo soggetto non può, invece, attivare forme di supervisione di un’attività, che si sospetta inefficiente o inefficace, o di cui si vuole verificare in via generale la legittimità; in senso preclusivo di tale supervisione dispone, del resto, formalmente l’art. 24, comma 3, della legge n. 241/1990, in base al quale “non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato delle pubbliche amministrazioni”
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.02.2008 n. 721 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla proroga della validità del permesso di costruire.
Per pacifica giurisprudenza, la proroga presuppone che non sia intervenuta la scadenza del provvedimento prolungato, in quanto l’esercizio del potere di proroga produce effetti di ordine puramente temporale, essendo inteso a pro-trarre nel tempo, posticipandolo ad un momento successivo, il termine finale di un provvedimento ad efficacia durevole.
Ne consegue, secondo la medesima giurisprudenza, la necessità che il termine sia prorogato con un provvedimento discrezionale dell’Autorità amministrativa competente assunto anteriormente alla sua scadenza, a pena di inesistenza dello stesso (Cass. 26.02.1983, n.1464; Consiglio di Stato VI sez., 26.02.1983 n. 1464, IV sez. n. 954 del 28.10.1993).
In definitiva, la proroga di un atto non può ammettersi qualora l’atto originario sia scaduto: essa è possibile solo se sopraggiunga prima della scadenza del termine, poiché –quale atto avente l’effetto di estendere il termine di efficacia di un provvedimento amministrativo- deve a questo collegarsi senza vuoti temporali ed intervenire dunque nella vigenza ed efficacia dell’atto su cui si salda, costituendo con questo un unicum temporale (Consiglio di Stato sez. VI, n. 3349 del 21.06.2001).
Una volta scaduto il termine l’efficacia del provvedimento non può essere prorogata e per l’eventuale continuazione del rapporto occorre procedere all’adozione di un nuovo provvedimento secondo la tecnica della rinnovazione degli atti giuridici.
Applicando i suddetti consolidati principi giurisprudenziali, in buona sostanza, è indispensabile che non vi sia soluzione di continuità tra il termine originario e quello differito, in quanto altrimenti il periodo di proroga, non essendo più soggetto a data certa, potrebbe essere arbitrariamente dilazionato
(TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 18.10.2007 n. 9665 - link a www.giustizia-amministrativa.it).