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AGGIORNAMENTO
AL 27.10.2008 |
ã |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA:
La D.I.A. può essere
bloccata solo entro 30 gg. dalla data di
presentazione.
L’art. 23,
comma 6, del D.P.R. l’art. 23 del 06/06/2001
n. 380 stabilisce che il Comune può,
ricorrendone le condizioni, inibire la
realizzazione delle opere nel termine di 30
giorni dalla presentazione della d.i.a.,
termine che, come la giurisprudenza ha avuto
modo di affermare, è perentorio, con la
conseguenza che, in mancanza dell’atto
d’inibizione l’Amministrazione può
provvedere solo con l’esercizio del potere
di autotutela e non direttamente mediante il
potere repressivo che presuppone il ritiro
del titolo autorizzatorio formatosi per
decorso del detto termine (Cfr. anche TAR
Campania–NA - Sez. II – 27/01/2005 n. 8787;
id. Abruzzo–L’Aquila – 08/06/2005 n. 433)
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 20.07.2006 n. 1107 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla competenza
comunale trascorso il termine dei 30 gg.
dalla presentazione della d.i.a..
E' giurisprudenza costante che
l’Amministrazione (comunale) conservi il
potere di provvedere quando la d.i.a. sia
stata presentata al di fuori dei presupposti
o in violazione delle prescrizioni
urbanistiche. L'Amministrazione, anche una
volta decorso il termine di 30 giorni di cui
all'art. 23, comma 1, d.P.R. n. 380 del
2001, può esercitare il suo generale potere
di controllo sulle attività di
trasformazioni edilizie del territorio per
il quale l'art. 27, comma 1, d.P.R. n. 380
del 2001 non prevede alcun termine di
decadenza, sia quando le opere in corso o
realizzate non corrispondano a quelle
oggetto della Denuncia Inizio Attività, sia
quando le opere non possono essere
realizzate con una semplice d.i.a. perché
richiedono il permesso di costruire:
infatti, il suddetto termine di 30 giorni è
previsto solo per la verifica della
sussistenza delle condizioni richieste
dall'art. 23, comma 1, d.P.R. n. 380 del
2001, ma non può certo essere riferito al
generale potere di controllo sulle attività
di trasformazioni edilizie del territorio,
previsto dall'art. 27, comma 1, d.P.R. n.
380 del 2001, né al generale potere di agire
in via amministrativa a tutela dei diritti
demaniali e di uso pubblico (TAR Campania
Napoli, sez. IV, 02.12.2004, n. 18030).
Poiché la
denuncia di inizio attività configura una
fattispecie a formazione progressiva, nella
quale alla dichiarazione del privato
conseguono effetti successivamente al
decorso del tempo e alla inerzia della
Amministrazione è solo al compimento del
trentesimo giorno che si verifica il
perfezionamento di detta fattispecie. La
denunzia di inizio d'attività (DIA)
costituisce una dichiarazione del privato
cui la legge, in presenza di specifiche
condizioni, ricollega effetti tipici
corrispondenti a quelli del permesso di
costruire ed è ad esso sostitutiva e
produttiva d'effetti decorso il termine di
trenta giorni dalla sua presentazione (Tar
Marche n. 58 del 03.02.2004). Poiché la
produzione degli effetti tipici si verifica
al trascorrere del trentesimo giorno dalla
presentazione, l’Amministrazione deve
considerare la normativa vigente a tale
data. L’articolo 39 del d.p.r. 06-06-2001 n.
380 contiene un dato testuale che conferma
tale interpretazione. Infatti, disciplinando
l’annullamento del permesso di costruire da
parte della Regione, prevede al comma 5-bis
introdotto dal D.Lgs. 27.12.2002, n. 301 che
il potere regionale di annullamento dei
provvedimenti autorizzatori edilizi non
conformi a prescrizioni degli strumenti
urbanistici o dei regolamenti edilizi si
applichi anche agli interventi edilizi
soggetti a denuncia di inizio attività non
conformi a prescrizioni degli strumenti
urbanistici o dei regolamenti edilizi o
comunque in contrasto con la normativa
urbanistico-edilizia vigente al momento
della scadenza del termine di 30 giorni
dalla presentazione della denuncia di inizio
attività
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.01.2006 n. 72 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier DISTANZE PARETI FINESTRATE |
EDILIZIA PRIVATA: E'
finestrata non solo la parete munita di
vedute ma, più in generale, tutte le pareti
munite di aperture di qualsiasi genere verso
l'esterno, quali porte, balconi, finestre di
ogni tipo (di veduta o di luce).
Il Collegio condivide l’assunto della
giurisprudenza di legittimità che ha, di
recente, ribadito l’imperatività e
inderogabilità delle prescrizioni di cui al
D.M. 1444/1968, che non possono essere
disattese dalle normative urbanistiche
locali, conseguendone che “i comuni sono
obbligati -in caso di redazione o revisione
dei propri strumenti urbanistici- a non
discostarsi dalle regole fissate da tale
norma, le quali comunque prevalgono ove i
regolamenti locali siano con esse in
contrasto” (Cassazione Civile, Sez. II,
11.02.2008, n. 3199) .
Il Tribunale è anche dell’avviso che il D.M.
n. 1444/1968 sia una fonte sovraordinata
rispetto agli strumenti urbanistici, in
quanto contenente norme inderogabili, di
ordine pubblico e che in caso di contrasto
dei primi con le prescrizioni del Decreto,
il Giudice debba disapplicare i predetti
regolamenti comunali contrastanti,
applicando, in via di sostituzione, la fonte
statale imperativa (Cassazione civile, Sez.
II, 03.03.2008, n. 5741; nel senso che gli
strumenti urbanistici non possono infrangere
tali previsioni, TAR Liguria, Sez. I,
07.03.2008, n. 379).
Per la giurisprudenza è finestrata non
solo la parete munita di vedute, in quanto
“per "pareti finestrate", ai sensi
dell'art. 9 d.m. 02.04.1968 n. 1444 e di
tutti quei regolamenti edilizi locali che ad
esso si richiamano, devono intendersi, non
(soltanto) le pareti munite di "vedute", ma
più in generale tutte le pareti munite di
aperture di qualsiasi genere verso
l'esterno, quali porte, balconi, finestre di
ogni tipo (di veduta o di luce)” (Corte
d’Appello Catania, 22.11.2003) e considerato
altresì che basta che sia finestrata anche
una sola delle due pareti (TAR Toscana, Sez.
III, 04.12.2001, n. 1734) (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 10.10.2008 n. 2565 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'obbligo
di rispettare le distanze tra edifici
applicazione anche con riferimento ad un
precedente fabbricato realizzato in tutto o
in parte abusivamente od illegittimamente.
a)
la disciplina dell’art. 41-quinquies della
legge 17.08.1942 n. 1150, integrato
dall'art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444,
riguarda espressamente la distanza fra
fabbricati e non la distanza di questi dal
confine (Cass, II, 16.02.1996 n. 1021), ed
in questo senso costituisce un vincolo per i
Comuni in sede di predisposizione degli
strumenti urbanistici: vincolo a carattere
pubblicistico e inderogabile, in quanto
diretto, più che alla tutela di interessi
privati, a quella di interessi generali in
materia urbanistica (igiene, decoro e
sicurezza degli abitati);
b)
se è vero che l’applicazione dell’art. 17
della legge n. 765/1967 e del DM 1444/1968
sulla distanza minima di 10 metri fra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti
sono subordinati all’inesistenza di
strumenti urbanistici anteriori contenenti
norme sulle distanze (Cass, SS.UU n.
9871/1994), tuttavia gli strumenti
urbanistici e le relative revisioni
approvati successivamente all’entrata in
vigore del citato decreto non possono
contrastare con le direttive del decreto
stesso (Cass, II, 24.07.2001 n. 10062; Cons.
Stato, IV, 12.07.2002 n. 3929);
c)
le sopraelevazioni, ai fini del rispetto
delle distanze fra edifici, rientrano nella
nozione di nuova costruzione, dovendosi
considerare tale qualsiasi modificazione dei
parametri edilizi idonea a creare quelle
intercapedini dannose, riduttive di aria e
di luce, che la norma appunto vuole evitare
(ex multis, Cons. Stato, V, 19,10.1999 n.
1565, TAR Sicilia, Catania, n. 225/2002; TAR
Friuli n. 22/2001);
d)
la prescrizione opera indipendentemente
dalla circostanza che una sola delle pareti
fronteggiantesi sia finestrata e che tale
parete sia quella del nuovo edificio o
dell’edificio preesistente, o che si trovi
alla medesima o a diversa altezza rispetto
all’altra (TAR per l’Emilia–Romagna, sez. II
n. 136/2004; Cons. Stato, IV, n. 3929/2002 e
giurisprudenza ivi richiamata sul punto).
e)
La disposizione normativa di cui all'art.
873 c.c. in tema di distanze tra fabbricati,
diretta a tutelare interessi generali di
igiene, decoro e sicurezza degli abitanti, e
tale da consentire anche una più rigorosa
valutazione in sede locale, non ha alcuna
correlazione con la norma di cui all'art.
905 c.c. relativa alla distanza delle
vedute, volta a salvaguardare il fondo
finitimo dalle indiscrezioni attuabili
mediante la realizzazione e l'uso di
un'opera obbiettivamente destinata a tale
scopo (Cass. civ. II, 05.06.1998 n. 5518).
Come chiarito
dalla giurisprudenza anche costituzionale
(Corte Costituzionale n. 120 del 18.04.1996)
l'obbligo di rispettare le distanze tra
edifici, perseguendo il pubblico interesse
(igiene, decoro, sicurezza e assetto
urbanistico) trova applicazione anche con
riferimento ad un precedente fabbricato
realizzato in tutto o in parte abusivamente
od illegitimamente. Tale aspetto meramente
prospettato, pertanto, è irrilevante nel
presente giudizio e potrà eventualmente
essere accertato in un separato giudizio
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez.
II,
sentenza 30.03.2006 n. 348 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
deroga alle distanze tra fabbricati può
trovare applicazione solo relativamente alle
distanze tra edifici facenti parte della
stessa lottizzazione. Nel caso di un Piano
di Recupero, avente natura attuativa alla
stessa stregua del piano di lottizzazione,
tale deroga può trovare applicazione solo
tra edifici compresi nel perimetro del piano
stesso.
Secondo la
giurisprudenza, l’ultimo comma dell’art. 9
del D.M. 02.04.1968 n. 1444, che consente
una deroga alle distanze tra fabbricati, può
trovare applicazione solo relativamente alle
distanze tra edifici facenti parte della
stessa lottizzazione (Cass., SS.UU.,
18.02.1997 n. 1486), sicché, nel caso di che
trattasi, concernente un piano di recupero,
avente natura attuativa alla stessa stregua
del piano di lottizzazione, tale deroga può
trovare applicazione solo tra edifici
compresi nel perimetro del piano stesso,
mentre gli immobili dei ricorrenti sono
esterni ad esso.
Peraltro, in tema di distanze tra
costruzioni, l’esistenza di
un’autorizzazione da parte del Comune
all’edificazione fa salvi i diritti dei
terzi, pertanto è priva di rilevanza nei
rapporti tra privati i quali, ove lesi dalla
costruzione realizzata senza il rispetto
delle disposizioni sulle distanze,
conservano il diritto ad ottenere la
riduzione in pristino (Cass., Sez. II,
13.10.2000 n. 13639).
Né giova a far ritenere legittima, sul
punto, la concessione edilizia in discorso
l’esistenza del presupposto piano di
recupero, divenuto inoppugnabile, che
prevede la possibilità di derogare alle
norme sulle distanze, previste in m. 10 tra
pareti finestrate dal PRG vigente.
Infatti, deve ricordarsi che tale distanza
rappresenta quella minima inderogabile
prestabilita dall’art. 9 del D.M. 02.04.1968
n.1444, decreto che, in quanto emanato in
esecuzione della norma sussidiaria dell’art.
41-quinquies della L. 17.08.1942 n. 1150,
introdotto dalla L. 06.08.1967 n. 765,
ripete dal rango della stessa legge
delegante la forza di norma legislativa
capace di integrare l’art. 872 cod. civ..
Tanto comporta che, in presenza di contrasto
tra norma legislativa e norma regolamentare,
deve ritenersi disapplicabile la seconda,
giacché, secondo la giurisprudenza, pur in
difetto di specifica doglianza di parte, è
consentito al Giudice Amministrativo
sindacare gli atti di normazione secondaria,
incidenti su diritti soggettivi di terzi, al
fine di accertarne l’idoneità ad innovare
l’ordinamento e, in concreto, a fornire la
regola di giudizio per risolvere la
questione controversa (Cons. St., Sez.V,
26.02.1992 n. 154; 24.07.1993 n. 799;
07.04.1995 n. 531; Sez. IV, 29.02.1996 n.
222)
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 25.10.2002 n. 1023 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’inderogabile
distanza di 10 metri tra pareti finestrate e
pareti di edifici antistanti vincola anche i
Comuni in sede di formazione e di revisione
degli strumenti urbanistici, con la
conseguenza che ogni previsione
regolamentare in contrasto con l’anzidetto
limite minimo è illegittima.
Le norme di cui al D.M. 02.04.1968, n.
1444, hanno carattere pubblicistico e
inderogabile, in quanto dirette, più che
alla tutela di interessi privati, a quella
di interessi generali in materia
urbanistica, norme che si riferiscono alla
distanza fra fabbricati e non alla distanza
di questi dal confine (cfr. Cass. civ., II,
16.02.1996, n. 1021).
Il D.M.
02.04.1968 cit., infatti, emanato in forza
dell’art. 17 della <legge ponte>
trae da questa la forza di integrare con
efficacia precettiva il regime delle
distanze nelle costruzioni, sicché
l’inderogabile distanza di dieci metri tra
pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti vincola anche i Comuni in sede di
formazione e di revisione degli strumenti
urbanistici, con la conseguenza che ogni
previsione regolamentare in contrasto con
l’anzidetto limite minimo è illegittima
(cfr. Cass. civ., SS.UU., 21.02.1994, n.
1645), essendo consentita alla P.A. solo la
fissazione di distanze superiori (cfr. Cons.
St., IV, 13.05.1992, n. 511; Cass. civ.,
29.10.1994, n. 8944; id., 21.02.1994, n.
1645; id. 04.02.1998, n. 1132); non può,
pertanto, escludersi la legittimazione e
l’interesse del privato confinante ad
impugnare le norme dello strumento
urbanistico comunale ed i conseguenti atti
applicativi nel momento in cui in base ad
essi sia prevista a favore del vicino
costruttore una consistente deroga alla
rigida osservanza delle distanze tra
fabbricati di cui al D.M. n. 1444/1968 cit.,
nella specie attuata, come dedotto dagli
appellati, tramite la demolizione di un
edificio preesistente -una villetta- e la
ricostruzione al suo posto di un fabbricato
di sei piani posto a una distanza inferiore
ai dieci metri prescritti; la deroga,
infatti, viene ritenuta ammissibile
unicamente nei casi di demolizione e
ricostruzione in forma fedele (quantomeno
nelle medesime dimensioni esterne), non
potendosi ritenere sussistente in tal caso
una nuova costruzione, ma solo il suo
recupero, con una serie di interventi
assimilabili alla manutenzione straordinaria
(cfr. Cass. civ., 25.08.1989, n. 3762).
Se è vero che l’applicazione dell’art. 17
della legge n. 765 del 1967 e della
disposizione del D.M. n. 1444 del 1968,
secondo cui le costruzioni debbono osservare
una distanza minima di 10 metri tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti,
sono subordinate all’inesistenza di
strumenti urbanistici anteriori contenenti
norme sulle distanze (cfr. Cass. civ.,
SS.UU., 22.11.1994, n. 9871), tuttavia gli
strumenti urbanistici (e le relative
revisioni) approvati successivamente
all’entrata in vigore del citato decreto non
possono contrastare con le direttive del
decreto stesso (cfr. Cass. civ., II,
24.07.2001, n. 10062)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.07.2002 n. 3929 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier SOTTOTETTI |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul recupero dei
sottotetti in deroga al P.R.G..
La previsione
espressa nella legge n. 15 del 1996 era
giustificata in primo luogo dalla
possibilità di modifiche all’altezza e
quindi dei volumi dell’edificio.
Tale possibilità non è più ammessa dalla
nuova legge regionale (n. 12/2005), in base
alla quale è possibile il recupero dei
sottotetti solo nella misura in cui siano
esistenti, senza alcuna modifica di altezza
o di volume, se non l’altezza minima per
raggiungere l’abitabilità .
E’ evidente quindi che il sottotetto sia
considerato un volume già esistente che può
essere recuperato senza alcuna ulteriore
valutazione in termini di volumetria
ammessa.
Anche il dato testuale conferma tale
interpretazione.
Più volte nel testo dell’art 63 si definisce
il sottotetto come volume, all’evidenza
facendo riferimento ad un volume già
considerato tale in senso urbanistico.
Le argomentazioni della difesa del Comune di
Milano per cui tale valutazione sarebbe
necessaria, in quanto il recupero del
sottotetto, che diventa abitabile,
comporterebbe comunque un aumento di carico
urbanistico non sono condivisibili.
Infatti la ratio della disposizione
normativa che consente il recupero dei
sottotetti, come espressamente detto
dall’articolo 63 citato, è proprio il
massimo sfruttamento dei volumi esistenti,
al fine di evitare nuove costruzioni.
Se il recupero fosse possibile solo nei
limiti dei parametri urbanistici esistenti,
non avrebbe alcun senso aver introdotto una
disciplina specifica.
Infatti i privati potrebbero già rendere
abitabile il sottotetto richiedendo titolo
abilitativo in base alla disposizioni
urbanistiche vigenti nel Comune
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.01.2006 n. 72 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul recupero dei
sottotetti condominiali.
In caso di
intervento edilizio afferente un sottotetto
(condominiale) da ritenersi non di
pertinenza esclusiva dell'appartamento dei
richiedenti, siccome insistente
contemporaneamente su tre diverse porzioni
materiali del fabbricato, occorre, infatti,
il previo consenso di tutti i condomini; è
al riguardo irrilevante la circostanza che
l'intervento inerisca unicamente la parte di
sottotetto sovrastante l'unità immobiliare
degli istanti, posto che dette opere
influirebbero comunque sulla destinazione
del sottotetto all'uso comune.
Il sottotetto di un edificio in condominio
può considerarsi pertinenza esclusiva
dell'appartamento sito all'ultimo piano solo
quando assolva la esclusiva funzione di
isolare e proteggere l'unità stessa dal
caldo, dal freddo e dall'umidità, crei una
sorta di camera d'aria, non anche quando
abbia dimensioni e carattere strutturali
tali da consentirne l'utilizzazione come
vano autonomo, nel quale deve presumersi di
proprietà condominiale laddove risulti in
concreto seppur in via solo potenziale,
oggettivamente destinato all'uso comune
(Consiglio Stato, sez. V, 09.10.2003, n.
6049)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.01.2006 n. 72 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier
VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione
paesistica in sanatoria e condotte
penalmente rilevanti.
L’amministrazione, a fronte di una richiesta
di sanatoria ai sensi dell’art. 167 del DLgs
42/2004, è sempre obbligata a valutare la
sussistenza delle ipotesi ammesse e in caso
di riscontro positivo dei presupposti, salvo
il parere della Sovrintendenza, deve
rilasciare l’autorizzazione. Ciò anche per
le ipotesi descritte dall’art. 181-bis.
Il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria
porta esclusivamente ad evitare
l’applicazione della sanzione amministrativa
volta al ripristino della situazione
precedente all’abuso e, sulla base di quanto
disposto dall’art 181-ter del medesimo
decreto, delle sanzioni penali di cui al
primo comma dello stesso art 181. Rimane
invece sempre applicabile la sanzione penale
prevista dall’art. 181-bis del medesimo
decreto, per le ipotesi di abuso più grave
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.09.2008 n. 4037 -
link a www.greenlex.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'Autorità
ministeriale, nell'esercizio del potere di
annullamento dell'autorizzazione
paesaggistica, esercita un potere di riesame
con riferimento all'assenza di vizi di
legittimità comprendenti quello di eccesso
di potere nelle diverse figure sintomatiche,
ma non può rinnovare il giudizio tecnico
discrezionale sulla compatibilità
paesaggistico-ambientale dell'intervento,
che appartiene in via esclusiva all'Autorità
preposta alla tutela del vincolo.
Il potere di
annullamento ministeriale delle
autorizzazioni paesaggistiche attribuito
all'autorità statale non può comportare un
riesame complessivo delle valutazioni
tecnico discrezionali compiute dall'ente
locale, tale da consentire la
sovrapposizione o la sostituzione di una
nuova valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio
dell'autorizzazione, ma si estrinseca in un
controllo di mera legittimità, che può
tuttavia riguardare anche tutti i possibili
profili dell'eccesso di potere (Tar
Campania-Napoli n. 8717 del 27.06.2005).
Il potere ministeriale di annullamento
d'ufficio del nulla osta paesaggistico,
potendo riguardare tutti i vizi di
legittimità, consente all'Amministrazione
Statale di espletare un sindacato
sull'esercizio delle funzioni amministrative
connesse al potere autorizzatorio di cui
all'art. 7 l. 29.06.1939 n. 1497, non tale
da determinare la sovrapposizione o
sostituzione di una propria valutazione di
merito a quella compiuta in sede di rilascio
dell' autorizzazione, ma che si estende a
tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso
di potere per difetto di istruttoria o di
motivazione. In realtà, l'Autorità
ministeriale, nell'esercizio del potere di
annullamento esercita un potere di riesame
per così dire estrinseco, con riferimento
all'assenza di vizi di legittimità
comprendenti quello di eccesso di potere
nelle diverse figure sintomatiche, ma non
può rinnovare il giudizio tecnico
discrezionale sulla compatibilità
paesaggistico-ambientale dell'intervento,
che appartiene in via esclusiva all'Autorità
preposta alla tutela del vincolo (TAR Lazio,
sez. II, 16.05.2005, n. 3840)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.01.2006 n. 72 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord. al n.
43 del 24.10.2008, "Utilizzo agronomico
di letami, liquami, fanghi, acque reflue e
fertilizzanti azotati diversi dagli
effluenti di allevamento, ai sensi della
d.g.r. n. 8/5868 del 21 novembre 2007" (decreto
D.G. 22.10.2008 n. 11771 -
link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n.
43 del 24.10.2008, "Approvazione del 2°
bando di finanziamento 2008 per la
«Produzione di basi cartografiche attraverso
Data base topografici» ai sensi della l.r.
12/2005" (decreto
D.U.O. 14.10.2008 n. 11321 -
link a www.infopoint.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
G.U. 23.10.2008 n. 249 "Decreto-legge n. 112 del 2008 convertito in
legge n. 133 del 2008 - «Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria» - articolo 71 -
assenze dal servizio dei pubblici dipendenti - ulteriori chiarimenti"
(Dipartimento della Funzione Pubblica,
circolare 05.09.2008 n. 8/2008). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 23.10.2008 n. 249 "Interventi urgenti in materia di adeguamento
dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori
dell’autotrasporto, dell’agricoltura e della pesca professionale,
nonché¤ di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli
adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli
eventi sismici del 1997" (D.L.
23.10.2008 n. 162). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Commissioni paesaggio: la
presentazione relativa agli incontri
territoriali presso gli STER (ottobre 2008)
e alcune risposte a domande ricorrenti (FAQ)
(link
a www.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: A.
Frattini,
INQUINAMENTO IDRICO: RIFLESSI OPERATIVI E DI
P.G. (link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Noè, 1)
ULTIME NOVITA’ IN TEMA DI RIFIUTI, DOPO IL
T.U.A. - 2) PROBLEMATICHE E SPUNTI SUI REATI
INERENTI LE OPERE REALIZZATE SUI BENI
PAESAGGISTICI (link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: V.
Strippoli,
LA NECESSITA’ DEL TITOLO EDILIZIO PER I
MANUFATTI PUBBLICITARI: I POTERI DEL COMUNE
SUL PIANO URBANISTICO/EDILIZIO SULLE STRADE
NON DI SUA PROPRIETA’ (link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: M.
Cantori,
TERRE E RIFIUTI DA DEMOLIZIONE IN CANTIERE
EDILE ALLA LUCE DEL NUOVO T.U.A.
(link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: S.
Maini,
TECNICA DEL CONTROLLO EDILIZIO, VALUTAZIONE
DEI RISCONTRI E SUCCESSIVI SVILUPPI
(link
a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.
Zanieri,
GLI ATTI URGENTI ED IRRIPETIBILI DI P.G. IN
CAMPO EDILIZIO (link
a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. Pierobon,
La gestione degli imballaggi e dei rifiuti
da imballaggi (link
a www.lexambiente.it). |
APPALTI: R.
Caponigro,
La motivazione della scelta del contraente
negli appalti aggiudicati con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
(link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI: G.
Molinari e A. Quattrini,
I compensi spettanti agli amministratori di
società partecipate da enti locali: un caso
pratico
(link
a www.lexitalia.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: La
legge regionale lombarda sui phone center è
incostituzionale.
Va dichiarata la illegittimità
costituzionale degli artt. 1, 4, 9, comma 1,
lettera c), e comma 2, e 12, della legge
della Regione Lombardia 03.03.2006, n. 6
(Norme per l'insediamento e la gestione di
centri di telefonia in sede fissa).
Va dichiarata, ai sensi dell'articolo 27
della legge 11.03.1953, n. 87,
l'illegittimità costituzionale delle
restanti disposizioni della legge della
Regione Lombardia n. 6 del 2006 (Corte
Costituzionale,
sentenza 24.10.2008 n. 350 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nelle
gare per l'aggiudicazione di contratti
d'appalto, anche se svolte in via ufficiosa,
l'amministrazione è tenuta ad applicare le
regole da essa stessa eventualmente fissate
nel bando o nella lettera di invito.
La giurisprudenza amministrativa
costantemente afferma che l'informalità
della gara non può dar luogo ad arbitri,
dovendo comunque la scelta del contraente
rispondere a criteri di logicità ed
attenersi a principi di trasparenza,
imparzialità e buon andamento.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti
d'appalto, anche se svolte in via ufficiosa,
l'amministrazione è tenuta ad applicare le
regole da essa stessa eventualmente fissate
nel bando o nella lettera di invito, atteso
che queste costituiscono la "lex specialis"
della gara e non possono essere disapplicate
nel corso del procedimento neppure nel caso
in cui talune delle regole stesse risultino
inopportunamente o incongruamente formulate,
salva la possibilità, in tal caso, di far
luogo, nell'esercizio del potere di
autotutela, all'annullamento del bando
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.10.2008 n. 5095 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: D.U.R.C.
e gravi inadempienze.
Attualmente il nostro ordinamento affida un
ruolo fondamentale alla certificazione di
regolarità contributiva rilasciato dagli
enti previdenziali e dalle Casse edili ai
sensi dell'art.2 del d.l. 25.09.2002, n. 210
, così come modificato dalla legge di
conversione 22.11.2002, n. 266 e dell'art.
3, comma 8, lett. b-bis), d.lgs. 14.08.1996,
n. 494, lettera aggiunta dall'art. 86, comma
10, d.lgs. 10.09.2003, n. 276 (sul ruolo e
l'importanza nella disciplina degli appalti
pubblici del predetto certificato di
regolarità contributiva vedasi: Cons. Stato,
V, 01.08.2007 n. 4273). Il che significa che
lo strumento principale per ogni
accertamento in tema di regolarità
contributiva è ormai la predetta
certificazione proveniente dai suddetti
organismi, mentre la precedente normativa in
materia contenuta nell'art. 75 del D.P.R. n.
554 del 1999 deve considerarsi ormai
superata.
Nel settore
previdenziale, in considerazione dei gravi
effetti negativi sui diritti dei lavoratori,
sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza
tra le imprese derivanti dalla mancata
osservanza degli obblighi in materia,
debbono considerarsi “gravi” tutte le
inadempienze rispetto a detti obblighi,
salvo che non siano riscontrabili adeguate
giustificazioni, come, ad esempio, la
sussistenza di contenziosi di non agevole e
pronta definizione sorti a seguito di
verifiche e contestazioni da parte degli
organismi previdenziali ovvero la necessità
di verificare le condizioni per un condono o
per una rateizzazione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.10.2008 n. 5069 -
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EDILIZIA PRIVATA: Validità
ed efficacia del titolo abilitativo.
Per valutare la sussistenza del reato di cui
all'art. 44 D.P.R. 380/2001 deve valutarsi
la nuova costruzione nel suo complesso, e
deve quindi verificarsi se il titolo
abilitativo rilasciato per la nuova
costruzione sia ancora valido ed efficace
durante l'esecuzione dei lavori ovvero sia
diventato inefficace prima che i lavori
progettati e autorizzati siano ultimati
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38432 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti.
Utilizzazione agronomica effluenti da
allevamento.
La deroga alla disciplina sui rifiuti in
materia di utilizzazione agronomica di
effluenti da allevamento è condizionata
soltanto alla effettiva utilizzazione
agronomica degli effluenti stessi, in
qualunque modo questa avvenga: per scarico
diretto degli effluenti liquidi tramite
condotta; per scarico indiretto attraverso
deposito temporaneo in vasche impermeabili e
successivo trasporto nel terreno di
applicazione tramite autocisterna o altro
mezzo; mediante spandimento sulla superficie
del terreno; mediante iniezione del terreno;
attraverso interramento; attraverso
mescolatura con gli strati superficiali del
terreno. Non può quindi condividersi quella
opinione dottrinale e giurisprudenziale,
secondo cui la deroga alla disciplina sui
rifiuti riguarda solo le pratiche di
fertirrigazione attuate per scarico diretto.
Parimenti non è condivisibile la tesi che
non ritiene applicabile la deroga sul
rilievo che non sono stati emanati il
decreto ministeriale di attuazione e le
norme regionali connesse. Infine, non appare
sostenibile neppure una tesi restrittiva
propugnata in dottrina, secondo cui la
deroga andrebbe limitata soltanto alla fase
finale della utilizzazione agronomica degli
effluenti zootecnici, cioè alla fase di
applicazione sul terreno, mentre per le fasi
precedenti del deposito in vasca
impermeabilizzata e del trasporto a mezzo
autobotte continuerebbe ad applicarsi la
disciplina sui rifiuti, e in particolare
quella che prescrive limiti qualitativi,
quantitativi e temporali al deposito
temporaneo, e che impone l'autorizzazione e
l'obbligo dei formulari di identificazione
dei rifiuti per il trasporto dei medesimi
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38411 -
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EDILIZIA PRIVATA: Modificazione
sagoma.
La modificazione dell’altezza di ogni vano
di un edifico comporta una modificazione
dell'intera sagoma. Questa invero identifica
il perimetro dell'immobile inteso sia in
senso verticale sia orizzontale, in quanto
concerne il contorno che l'edificio assume.
Inoltre l'aumento d'altezza del sottotetto
può comportare anche una modificazione di
destinazione perché suscettibile di
trasformare in unità abitale un vano tecnico
non abitabile (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 09.10.2008 n. 38408 -
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APPALTI SERVIZI: Il
divieto di cui all'art. 13 del DL n.
223/2006 (c.d. decreto Bersani) opera anche
nel caso che la partecipazione dell'ente
locale ad una società sia meramente
indiretta.
Il divieto di cui all'art. 13 del DL n.
223/2006, conv. in legge n. 248/2007, è
stato interpretato dalla prevalente
giurisprudenza amministrativa in modo
conforme alla ratio del medesimo, che è
quella, illustrata nell'incipit della citata
disposizione, di "evitare alterazioni o
distorsioni della concorrenza e del mercato
e di assicurare la parità degli operatori ".
Non può, pertanto, considerarsi rilevante,
ai fini della non ricorrenza del divieto
previsto dalla citata disposizione "la
circostanza che la partecipazione dell'ente
locale alla società sia meramente indiretta,
come nel caso di specie. Infatti, ammettere
che i vincoli posti dalla norma speciale
riguardino esclusivamente le partecipazioni
dirette degli enti pubblici alle società di
cui trattasi, varrebbe a sostenere che i
vincoli stessi possano agevolmente essere
aggirati mediante meccanismi di
partecipazioni societarie mediate. Al
contrario, anche nelle società c.d. di terzo
grado, come nel caso in esame,
individuandosi, con detta definizione,
quelle società che non sono state costituite
da amministrazioni pubbliche e non sono
state costituite per soddisfare esigenze
strumentali alle amministrazioni pubbliche
medesime, rimane pur sempre il rilievo che
l'assunzione del rischio avviene con una
quota di capitale pubblico, con ciò ponendo
in essere meccanismi potenzialmente in
contrasto con il principio della par
condicio dei concorrenti. L'interpretazione
anzidetta trova ulteriore e indiretta
conferma nel c.3 del medesimo art. 13
suindicato, laddove il legislatore ha
previsto un regime transitorio, durante il
quale le società pubbliche o miste dovranno
dismettere in particolare le loro
partecipazioni in altre società".
Tale interpretazione è l'unica che consente
che la norma possa dispiegarsi coerentemente
con la ratio della sua introduzione,
impedendo che attraverso il collaudato
meccanismo delle partecipazioni societarie
essa non trovi applicazione in ipotesi del
tutto analoghe a quelle oggetto di espressa
previsione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Mappe
catastali.
Le mappe catastali costituiscono un sistema
secondario e sussidiario rispetto
all'insieme degli elementi acquisiti
attraverso l'indagine istruttoria (tant'è
che le risultanze di esse possono assumere
rilevanza probatoria solo se espressamente
richiamate nell’atto di acquisto o se non
contraddette da specifiche determinazioni
negoziali delle parti.
Le risultanze catastali non possono avere,
di per sé, decisivo valore probatorio per
L’ovvia considerazione che non vi è alcuna
certezza in ordine alla correttezza della
indicazione. E' ben possibile, invero, che
siffatta indicazione risulti ab origine
frutto di errore o che abbia subito
modificazioni in relazione alle successive
vicende del bene (alienazione parziale o
acquisto di terreno contiguo), pur non
essendo state queste oggetto di tempestiva e
corretta annotazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.10.2008 n. 38044 -
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INCARICHI PROFESSIONALI:
Risponde del danno erariale
l'amministratore comunale che affida una
consulenza esterna per mere ragioni di
"opportunità.
Rispondono del danno erariale gli
amministratori di un Comune i quali
conferiscono un incarico di consulenza
giuridico-fiscale ad un professionista
esterno, senza che la relativa decisione sia
fornita di un'adeguata motivazione in ordine
alla necessità dell'incarico stesso (Corte
dei Conti, Sez. giurisd. Veneto,
sentenza 02.10.2008 n. 1046 -
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EDILIZIA PRIVATA: Distanze
dalle linee ferroviarie - Tramvie e
metropolitane - Autorizzazione in deroga -
Artt. 49-56 e 60 D.P.R. n. 753/1980.
In materia di distanze dalle linee
ferroviarie -ai fini di polizia, sicurezza e
regolarità del loro esercizio- il D.P.R. n.
753/1980 all'art. 49 (al primo comma) ha
previsto per le costruzioni lungo i
tracciati delle linee ferroviarie una
distanza minima di 30 metri dal limite di
occupazione della più vicina rotaia,
precisando (al secondo comma) che tale
limite si applica "solo alle ferrovie,
con esclusione degli altri servizi di
pubblico trasporto assimilabili ai sensi del
terzo comma dell'art. 1".
L'art. 51 del medesimo D.P.R. fissa, per le
costruzioni "lungo i tracciati delle
tramvie, ferrovie metropolitane e funicolari
terrestri su rotaia", la diversa
distanza minima di 6 metri dalla più vicina
rotaia, pur aumentabile all'occorrenza a 2
metri dal ciglio degli sterri o dal piede
dei rilevati e comunque in modo tale da
rendere libera la visuale per la sicurezza
della circolazione nei tratti curvilinei.
Infine, l'art. 60 dello stesso testo
normativo prevede la c.d. "autorizzazione in
deroga" cioè che "quando la sicurezza
pubblica, la conservazione delle ferrovie,
la natura dei terreni e le particolari
circostanze locali lo consentono, possono
essere autorizzate... (ora dalla Regione)
per le ferrovie in concessione riduzioni
alle distanze prescritte dagli artt. dal 49
al 56 (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 23.09.2008 n. 4591 -
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APPALTI: Bando
gara d’appalto - Natura di provvedimento
concreto - Annullamento - Effetti.
Il bando di una gara d’appalto ha natura di
provvedimento concreto (Cons. di Stato.,
sez. V 15/06/2001 n. 3187), non è atto
regolamentare a contenuto generale ed il suo
annullamento non opera erga omnes. Sicché,
in ipotesi di concorso in cui è esclusa una
comparazione tra i soggetti la cui
partecipazione ed il cui superamento sono
finalizzati ad ottenere un’idoneità
(necessaria per l’iscrizione ad un albo
professionale), l’annullamento di un atto
del procedimento (quale quello di nomina
della Commissione) non estende i suoi
effetti sui giudizi d’idoneità espressi su
soggetti terzi estranei ad un giudizio
conclusosi con l’annullamento, essendo
ravvisabili un pluralità di procedimenti tra
loro automi (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2008 n. 4338 -
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APPALTI SERVIZI: Sulla
qualificazione di servizio pubblico
dell'attività inerente un centro sportivo
strutturato in una piscina di proprietà
comunale.
Sono servizi pubblici non solo i servizi
specificamente denominati tali dalla legge e
riservati ai comuni e alle province, ma
tutte le attività di produzione di servizi
rispondenti a fini di utilità e di
promozione sociale.
Un centro sportivo strutturato in una
piscina, di proprietà comunale, è un bene
che per sua natura è destinata ad essere
adibita ad un uso pubblico. L'attività ad
essa inerente, pertanto, ha tutte le
caratteristiche per essere qualificata come
un servizio pubblico.
L'Azienda Servizi Multisettoriali in quanto
ha la titolarità, insieme ad altri servizi,
della gestione del servizio di cui trattasi,
ha la forma di società per azioni, ma è pur
sempre, in quanto partecipata dal comune, ai
sensi dell'art. 113 del T.U. n. 267 del
2000, un soggetto riconducibile al predetto
comune. La predetta Azienda, sebbene sia
dotato di personalità giuridica, di
autonomia imprenditoriale e di un proprio
statuto, agisce infatti come un ente
strumentale del Comune.
Al di là, quindi, del nomen iuris conferito
al rapporto da costituire, si è in presenza
di una gara avente ad oggetto l'affidamento
della gestione di un servizio pubblico da
parte dell'ente che ne ha la titolarità e
che, in quanto ente strumentale del Comune
può essere qualificato come amministrazione
aggiudicatrice ai sensi del comma 26
dell'art. 1 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163.
Conseguentemente, la controversia relativa
alla gara indetta dall'Azienda Servizi
Multisettoriali "per l'affitto del ramo
d'azienda costituito dal Centro sportivo
rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo in forza dell'art. 6 della l.
21.07.2000 n. 205, per il quale sono
devolute alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo tutte le controversie
relative a procedure di affidamento di
lavori, servizi o forniture svolte da
soggetti comunque tenuti, nella scelta del
contraente, al rispetto dei procedimenti di
evidenza pubblica previsti dalla normativa
statale o regionale (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.09.2008 n. 4265 -
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ESPROPRIAZIONE: Espropriazione
illegittima, impossibilità della
restituzione del bene e conseguenze.
In materia
espropriativi, l’amministrazione interessata
o chi utilizza il bene può paralizzare le
eventuali conseguenze ripristinatorie
discendenti dalla favorevole impugnativa di
qualsiasi azione restitutoria del bene
utilizzato per scopi di interesse pubblico.
L’amministrazione può cioè chiedere in
giudizio che il giudice amministrativo, nel
caso di fondatezza del ricorso o della
domanda di impugnazione, disponga la
condanna al risarcimento del danno, con
esclusione della restituzione, senza limiti
di tempo.
Effettivamente, con tale norma, il giudice
amministrativo si trova investito del potere
di ricercare l’equilibrio fra contrapposti
interessi, valutandpo se la restaurazione in
forma reale, pur possibile materialmente e
giuridicamente, non sia eccessivamente
onerosa per il danneggiante obbligato
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 03.09.2008 n. 4112 -
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APPALTI: E'
legittimo il provvedimento di revoca
dell'aggiudicazione disposto dalla stazione
appaltante (nel caso di specie da una IPAB)
per violazione dell'art. 48 c. 2 del D.Lgs.
163/2006.
In ordine alla natura perentoria ovvero
meramente ordinatoria del termine assegnato
ai sensi dell'art. 48, c. 2, del D.Lgs.
163/2006 dalla stazione appaltante per
l'invio della documentazione di gara si
registrano diversi orientamenti
giurisprudenziali.
Secondo un indirizzo di particolare rigore,
il termine è perentorio, tenuto conto
dell'esigenza di assicurare celeri tempi di
svolgimento della gara pubblica e si evince
dalla medesima disposizione che ricollega al
suo inutile decorso una serie di conseguenze
sfavorevoli per l'impresa.
Altro orientamento, invece, ne esclude la
perentorietà, qualificando il termine come
meramente ordinatorio, argomentando dalla
mancata previsione di un espresso dies ad
quem per la presentazione dei documenti
da parte dell'aggiudicatario (e del
concorrente secondo classificato), ma
ritenendo in ogni caso salva la facoltà
dell'Amministrazione committente di
stabilire un termine perentorio per il
predetto adempimento che deve essere
espressamente enunciato. Peraltro, anche
aderendo alla teoria meno rigorosa, può
nondimeno rilevarsi che la perentorietà del
termine discende dalle previsioni contenute
nella lex specialis ed, in particolare, nel
disciplinare di gara, tenuto conto delle
sanzioni conseguenti alla inosservanza del
medesimo.
Nel caso di specie la normativa di gara ha
indicato chiaramente l'essenzialità del
termine per l'invio della documentazione,
avvisando espressamente i partecipanti di
procurarsi in anticipo la documentazione
occorrente anche in vista dei controlli
documentali da svolgersi in seguito
all'aggiudicazione dell'appalto, come
conferma l'espresso richiamo al c. 2
dell'art. 48 D.Lgs. 163/2006 nonché
rendendoli edotti delle conseguenze
sfavorevoli in caso di mancata produzione
dei documenti di gara. Per effetto di tali
previsioni, l'impresa aggiudicataria era
consapevole della essenzialità e
perentorietà del termine per l'invio dei
documenti (sia per l'eventuale verifica a
campione sia per l'aggiudicazione), potendo
diligentemente e tempestivamente procurarsi
i titoli di gara necessari ed indicati nella
lex specialis.
Invero, la previsione del termine perentorio
per l'invio della documentazione di gara è
espressione di una scelta discrezionale
della stazione appaltante che è esente da
profili di illegittimità ed appare altresì
coerente con l'esigenza di assicurare celeri
tempi di svolgimento della gara pubblica,
considerato che ove fosse possibile produrre
i documenti richiesti oltre il termine
indicato, l'Amministrazione sarebbe
costretta a tenere in piedi la struttura
organizzativa predisposta per la gara al
solo fine di esaminare la documentazione
necessaria trasmessa dall'aggiudicatario,
senza che sia previsto alcun momento finale
che consenta di chiudere definitivamente
l'attività di verifica e riscontro dei
requisiti
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.08.2008 n. 1971 -
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APPALTI SERVIZI: Sulla
necessità di un preventivo atto di revoca o
recesso nel caso un singolo Comune non
intende più provvedere alla gestione in
forma associata.
I Consorzi tra "Enti locali" istituiti ai
sensi dell'art. 25 della l. n.142/1990 ed
ora dell'art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000 "per
la gestione associata di uno o più funzioni"
sono modelli organizzativi ed amministrativi
ben distinti, anche giuridicamente, dai
possibili modi di affidamento a terzi di
servizi locali stabiliti, all'epoca,
dall'art. 22 della legge n.142/1990 ed ora,
per i servizi a rilevanza industriale,
dall'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000. Del
resto, anche se a questi Consorzi si
applicano "in quanto compatibili, le norme
previste per le aziende speciali", si deve
escludere che i Consorzi siano "aziende
speciali" a tutti gli effetti. Essi, in
sostanza, sono Enti pubblici strumentali di
ciascun Comune associato ed inseriti nel
"suo" sistema amministrativo e la
particolarità consiste, appunto, nel fatto
che ciascun Comune non esplica più il
servizio in modo autonomo ed esclusivo, ma
congiuntamente agli altri Comuni associati
nelle modalità stabilite negli atti
costitutivi del Consorzio. Pertanto, ciascun
Comune, con l'adesione al Consorzio, ha
l'obbligo di provvedere a quel determinato
servizio per cui il Consorzio è stato
costituito sin tanto che il vincolo
associativo permane: ulteriore, ovvia
conseguenza, è che se il singolo Comune non
intende più provvedere alla gestione in
forma associata, deve prima risolvere questo
vincolo e ciò può non può che avvenire o a
seguito di scioglimento del Consorzio o
mediante recesso o, quanto meno, revoca
dell'atto di adesione, ovviamente per il
servizio o per quelle parti di servizio per
i quali la gestione associata non sia
obbligatoria.
La nuova disciplina del sistema di "gestione
integrata" dei rifiuti urbani (non, quindi,
limitata ad alcune fasi del relativo ciclo)
introdotto dall'art. 201 del D.Lgs. n.
152/2006, attribuisce, ora, all'Autorità
d'ambito territoriale ottimale una propria
personalità giuridica, con l'obbligatoria
partecipazione degli Enti locali ed il
trasferimento dell'esercizio delle loro
competenze in materia, appunto, di gestione
integrata dei rifiuti: di conseguenza, ai
sensi del successivo art. 202, è l'A.T.O.
che ha ora l'esclusivo compito di affidare a
terzi questa gestione mediante gara indetta
nel rispetto delle norme comunitarie.
Proprio perché questo nuovo sistema di
gestione non sia nel frattempo compromesso
da scelte diverse, l'art. 204, I c., ha
stabilito che "i soggetti che esercitano il
servizio, anche in economia, alla data di
entrata in vigore della parte quarta del
presente decreto, continuano a gestirlo fino
alla istituzione e organizzazione del
servizio di gestione integrata da parte
dell'Autorità d'ambito".
E' opportuno rilevare che la norma utilizza
l'espressione "i soggetti" senza alcuna
limitazione in relazione alla loro
particolare natura e, quindi, dai suoi
destinatari non possono essere affatto
esclusi i Consorzi di che trattasi (TAR
Marche,
sentenza 14.05.2008 n. 269 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Concetto
di ristrutturazione: manufatto crollato e
ricostruito non è ''esistente''.
Un manufatto, a
seguito del crollo delle sue pareti, non può
essere più considerato quale “edificio
esistente”, ai fini dell’applicazione delle
norme di piano che consentono l’ampliamento
di un originario “edificio esistente”
giacché per esso, pur continuando a esistere
nella sua materiale consistenza, non è
consentita la realizzazione di edifici ex
novo e divenuti inesistenti.
La ristrutturazione edilizia si caratterizza
per la riedificazione che comporti la piena
conformità di sagoma, volume e superficie
tra il vecchio e il nuovo manufatto
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.04.2008 n. 1550 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul permesso di
costruire il Comune deve verificare
solamente l'esistenza del
titolo di
proprietà o della disponibilità a fini
edificatori dell’area interessata al
progetto costruttivo.
A norma
dell’art. dell’art. 4 comma 1 della legge n.
10/1977 (ora art. 9 del D.P.R. n. 380/2001),
al Comune è demandata la verifica della
sussistenza o meno in capo al richiedente il
permesso di costruire del titolo di
proprietà o della disponibilità a fini
edificatori dell’area interessata al
progetto costruttivo senza alcuna altra
indagine in ordine all’esistenza e/o natura
di diritti vantati da terzi che la legge fa
comunque salvi
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 20.07.2006 n. 1107 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO
AL 20.10.2008 |
ã |
dossier D.I.A. |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
potere inibitorio del Comune nel caso di
presentazione di una D.I.A..
Sulla base dell’orientamento conforme della
giurisprudenza in materia edilizia il Comune
può inibire la realizzazione delle opere nel
termine di 30 giorni dalla presentazione
della DIA, termine da considerarsi
perentorio, con la conseguenza che, oltre
detto termine il potere di riscontro a fini
inibitori attribuito alla PA è esaurito e la
stessa può provvedere solo con l’esercizio
del potere di autotutela e al generale
potere di controllo sulle attività di
trasformazione edilizia del territorio (cfr.
Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17.01.2006,
n. 72; Tar Campania, Salerno, sez. II,
20.07.2006, n. 1107; Cons. Stato, sez. IV,
12.09.2007, n. 4828; Cass. Pen., sez. III,
29.01.2008, n. 11113) (TAR Lazio-Roma, Sez.
II-bis,
sentenza 08.10.2008 n. 8840 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier
VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesaggistica e
disciplina delle zone di tutela.
La Sezione, pur
avendo interpretato le disposizioni del
regolamento n. 495/1994 nel senso che
l’originario richiedente debba essere posto
in qualche modo in condizione di sapere che
la sua istanza è sottoposta all’esame
dell’autorità statale nella nuova fase di
controllo, ha tuttavia ritenuto -nel
rispetto di una interpretazione attenta più
all’elemento sostanziale della possibile
partecipazione che al profilo formale
dell’osservanza dell’obbligo della
comunicazione di rito- che la comunicazione
concernente il passaggio alla fase di
controllo può essere effettuata, per le sue
finalità, in qualsiasi modo e che la
medesima può ammettere atti equipollenti.
Il vincolo di inedificabilità assoluta,
imposto con il citato decreto sino al
31.12.1985, ha perduto efficacia a causa
della mancata pubblicazione del decreto di
imposizione del vincolo prima dell’entrata
in vigore della legge n. 431/1985 e quindi
la dichiarazione delle aree di interesse
paesaggistico individuate dallo stesso
decreto, emanato dal Ministero in virtù di
un concorrente potere statale di
integrazione degli elenchi delle bellezze
naturali meritevoli di tutela, mantiene la
sua piena efficacia, con ogni conseguenza in
ordine al regime di inedificabilità relativa
dell’area in questione, la cui attività di
trasformazione dovrà essere autorizzata
necessariamente ai sensi dell’art. 7 della
legge n. 1497/1939
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 08.02.2008 n. 408 -
link a www.altalex.com). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n.
42 del 16.10.2008, "Modifica del reticolo
idrico principale determinato con la d.g.r.
7868/2002" (deliberazione
G.R. 01.10.2008 n. 8127 -
link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia serie ordinaria n. 42 del
13.10.2008 "Modifiche ed integrazioni
alla d.G.R. n. 7977/2008 «Determinazioni in
merito alla verifica della sussistenza dei
requisiti di organizzazione e di competenza
tecnico-scientifica per l'esercizio delle
funzioni paesaggistiche» (art. 146, c. 6,
d.lgs. 42/2004)" (deliberazione
G.R. 01.10.2008 n. 8139 -
link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia serie ordinaria n. 42 del
13.10.2008 "Determinazioni in merito al
Piano di Governo del Territorio dei comuni
con popolazione compresa tra 2.001 e 15.000
abitanti (art. 7, comma 3, l.r. n. 12/2005"
(deliberazione
G.R. 01.10.2008 n. 8138 -
link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n.
41 del 10.10.2008 "Schema tipo Carta dei
servizi del servizio idrico integrato" (deliberazione
G.R. 01.10.2008 n. 8129 -
link a www.infopoint.it). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Commissioni paesaggio: fac-simili
di dichiarazione (link
a www.regione.lombardia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La Lombardia si adegua al Codice dei beni
culturali - Commissioni paesaggio: nuovi
criteri per gli Enti Locali (link
a www.regione.lombardia.it). |
ENTI LOCALI: Carta
dei servizi idrici: schema tipo.
Approvato il modello che fissa i principi
per fornire servizi di acquedotto, fognatura
e depurazione: indica anche gli standard di
qualità che l'azienda gestore del servizio
s'impegna a rispettare (link
a www.ors.regione.lombardia.it). |
ENTI LOCALI:
Il reddito del “nonno vigile” è
da lavoro dipendente.
I compensi dei
"nonni vigili" costituiscono redditi
assimilabili a quelli da lavoro dipendente e
sono sottoposti al trattamento fiscale
agevolato previsto per i lavoratori
socialmente utili, che hanno raggiunto l'età
per la pensione di vecchiaia. Sulle somme
percepite non vengono riconosciute le
detrazioni fissate dall'articolo 13 del Tuir,
in quanto gli importi non partecipano alla
formazione del reddito complessivo
(Agenzia delle Entrate,
risoluzione 10.10.2008 n. 378/E -
link a www.fiscooggi.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI SERVIZI:
M. Nico,
Parte la riforma dei servizi pubblici
locali, ecco le novità su gare ed
affidamenti in house (link
a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: P.
Giampietro,
IL CONFERIMENTO DELLA CARTA DA MACERO DALLE
PIATTAFORME ALLE CARTIERE: MATERIA PRIMA
SECONDARIA O (ANCORA) RIFIUTO? (note
critiche alla sentenza della Cassazione
penale n. 5804/2008)
(link
a www.tuttoambiente.it). |
LAVORI PUBBLICI: A.
Cerreto,
Recesso della p.a. da un contratto di
appalto di lavori pubblici per effetto di
informativa antimafia e riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario ed
amministrativo, con osservazioni
alla sentenza Cass. S.U. 29.08.2008 n. 21928
e spiragli di razionalizzazione del sistema
di riparto sulla sorte del contratto (link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Criteri interpretativi per l’applicazione
del D.Lgs. n. 152/2008, terzo decreto
correttivo del Codice dei contratti pubblici
(comunicato
15.10.2008 n. 54 -
link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Ai sensi dell’articolo 55, comma 6, del d.
Lgs. n. 163/2006, nelle procedure ristrette,
gli operatori economici presentano la
richiesta di invito nel rispetto delle
modalità e dei termini fissati dal bando di
gara e, successivamente, le proprie offerte
nel rispetto delle modalità e dei termini
fissati nella lettera di invito. Alle
procedure ristrette sono invitati tutti i
soggetti che ne abbiano fatto richiesta e
che siano in possesso dei requisiti di
qualificazione previsti dal bando.
La fase della prequalificazione, in tali
procedure, assolve alla funzione di
verificare il possesso dei requisiti di
partecipazione prescritti dal bando e dal
disciplinare di gara, per individuare gli
operatori economici che, in possesso dei
requisiti minimi prescritti per la
partecipazione alla gara, possano essere
invitati a presentare offerta.
Come è stato rilevato dal giudice
amministrativo, la fase di prequalificazione,
connotata da reciproca collaborazione fra
stazione appaltante e concorrenti, deve
comunque rispondere alla funzione di
riscontrare l’effettivo possesso dei
requisiti prescritti dal bando, con la
conseguenza che la mancanza di uno o più di
questi, preclude l’accoglimento della
richiesta di invito, né è possibile
verificarne la ricorrenza nella successiva
fase concorsuale di presentazione
dell’offerta.
In particolare, per quanto attiene agli
appalti di lavori, è necessario che le
imprese che hanno presentato richiesta di
invito dimostrino il possesso della
prescritta qualificazione.
Nel caso in esame, l’associazione temporanea
di che trattasi ha dichiarato di voler
partecipare alla gara in forma di
raggruppamento temporaneo di tipo verticale,
con assunzione in raggruppamento di tipo
orizzontale delle lavorazioni della
categoria scorporabile OS30.
In particolare, i lavori e le relative quote
di partecipazione sono così suddivisi:
- Antonio e Raffaele Giuzio s.r.l.,
mandataria, in possesso di categoria
prevalente OG1, classifica VI, quota lavori
100% e categoria scorporabile OS30,
classifica III, quota lavori 33%;
- LC Tecnoimpianti s.r.l., mandante, in
possesso di categoria scorporabile OS28,
classifica IV, quota lavori 100%;
- Giovanni Putignano & Figli s.r.l.,
mandante, in possesso di categoria
scorporabile OS30, classifica IV, quota
lavori 34%;
- Giuzio Rocco e Salvatore s.r.l., mandante,
in possesso di categoria scorporabile OS30,
classifica III, quota lavori 33%.
Per quanto attiene alle ulteriori categorie
scorporabili presenti in appalto,
appartenenti alle cd. super specializzate di
cui all’articolo 72, comma 4, del d.P.R.
554/1999 ed inferiori al 15% dell’importo
complessivo dell’intervento, per le quali
l’esecutore deve essere in possesso di
specifica qualificazione, l’ATI non ha
rilasciato alcuna dichiarazione circa la
loro copertura.
Dette categorie, infatti, potrebbero essere
coperte dalla impresa capogruppo nell’ambito
della classifica di iscrizione (VI)
posseduta dalla stessa nella categoria
prevalente, tuttavia, dovendo essere
eseguite da imprese in possesso di specifica
qualificazione, devono necessariamente
essere subappaltate.
Poiché l’associazione deve dimostrare il
possesso della qualificazione adeguata a
coprire l’importo complessivo dell’appalto e
poiché, come rilevato dalla giurisprudenza
amministrativa, occorre far riferimento, ai
fini della qualificazione, alla misura della
classifica di qualificazione concretamente
spesa dalle imprese riunite, è essenziale la
dichiarazione da parte della mandataria di
voler coprire con la prevalente le categorie
scorporabili per le quali il raggruppamento
non è specificamente qualificato.
Inoltre, il punto 2 lett. e) del
disciplinare di gara, richiedeva, tra la
documentazione da allegare alla richiesta di
partecipazione, la presentazione di una
dichiarazione, ai sensi dell’articolo 118,
comma 2, quinto periodo, del d. Lgs. n.
163/2006, con la quale il candidato doveva
indicare i lavori scorporabili e
subappaltabili obbligatoriamente da
subappaltare, in quanto non in possesso di
specifica qualificazione.
Tale dichiarazione, che investe i profili di
qualificazione del raggruppamento, in quanto
privo di attestazione nelle categorie super
specializzate, doveva essere presentata
nella fase di richiesta di invito, per
consentire alla commissione di gara di
valutare il possesso dei requisiti del
concorrente, nel rispetto delle modalità
previste dal bando.
Per quanto attiene alla qualificazione delle
associazioni di tipo misto, con
determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha
chiarito che l’importo della categoria
scorporabile può essere coperto da più di
una mandante a condizione che almeno una di
esse sia qualificata per almeno il 40 per
cento dell’importo e le altre per almeno il
10 per cento, fermo restando la copertura
dell’intero importo della categoria
scorporabile.
Poiché ai fini del rispetto di quanto
prescritto dall’articolo 95, comma 2, del
d.P.R. 554/1999, occorre unicamente far
riferimento alla misura di classifica
concretamente spesa dall’impresa per il
raggiungimento dei requisiti minimi di
ammissione alla gara, la sub-associazione de
qua non copre la qualificazione per la
categoria scorporabile.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione
dell’associazione temporanea di imprese
istante è conforme alla normativa di settore
(parere
31.07.2008 n. 206 -
link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Per quanto riguarda i provvedimenti in
autotutela, si rammenta che la questione è
stata esaminata dall’Autorità nella
determinazione n. 17/2002, ove è stato
rilevato che l’adozione di provvedimenti in
autotutela rappresenta un potere/dovere in
capo alla stazione appaltante, da esplicarsi
in qualunque momento nel corso di una
procedura ad evidenza pubblica si
manifestino vizi determinanti per
l’individuazione del contraente, fermo
restando, tuttavia, il rispetto degli
elementi di principio (obbligo di
motivazione, concrete ragioni di pubblico
interesse, non riducibili alla mera esigenza
del ripristino della legalità, rispetto
delle regole del contraddittorio
procedimentale ed adeguata istruttoria), cui
l’adozione di provvedimenti in autotutela
per la rettifica di atti invalidi è
subordinata.
Per consolidato indirizzo giurisprudenziale
la sussistenza del potere di agire in
annullamento di una procedura di gara è
giustificato dall’immanenza del principio
costituzionale del buon andamento cui la
pubblica amministrazione deve rapportare il
suo operato per il miglior perseguimento dei
fini pubblici ad essa affidati.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto
sostenuto dall’impresa istante,
l’annullamento della procedura di gara non è
stato determinato dalla mera esigenza del
ripristino della legalità, bensì dalla
necessità del rispetto del principio della
parità di trattamento e della concorrenza.
Infatti, la non corretta definizione dei
requisiti minimi di qualificazione necessari
per la partecipazione all’appalto, può aver
influito sulla potenziale platea di
concorrenti, tenuto conto della richiesta,
di cui al bando, del possesso della
qualificazione nelle categorie scorporabili.
Né la commissione di gara, per riammettere
le imprese escluse, poteva decidere di non
applicare fedelmente la disciplina di gara,
“perché l’eventuale disapplicazione o
parziale applicazione delle clausole della
lex specialis altererebbe la par condicio
fra i concorrenti e danneggerebbe coloro
che, confidando nella legittimità del bando,
si sono attenuti fedelmente alle
disposizioni impartite dalla stazione
appaltante” (TAR, Puglia, Lecce, sez. III,
n. 531/2008).
Sulla base di quanto sopra, correttamente la
stazione appaltante ha disposto
l’annullamento in autotutela del bando di
gara di che trattasi ed ha indetto una nuova
procedura di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’operato del Comune
di Orgosolo, nel caso in esame, non presenta
profili di non conformità con la normativa
di settore
(parere
31.07.2008 n. 204 -
link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
L’Autorità ha evidenziato come la non
corretta indicazione delle categorie di
lavoro abbia importanti ricadute sul
mercato, in quanto essa condiziona l’accesso
delle imprese alle suddette gare.
Nel caso in esame, le lavorazioni, per
quanto desumibile dalle voci del computo
metrico estimativo in atti, riguardano non
opere atte a garantire la stabilità di
pendii, bensì opere aventi sostanzialmente
la funzione di proteggere la sede stradale
dalla caduta di massi sia mediante
l’eliminazione di materiale già distaccato
(disgaggio e la pulizia delle pareti
rocciose) sia mediante il rivestimento dei
tratti di parete interessati da degrado
geostrutturale con l’applicazione di reti,
funi e/o pannelli.
Pertanto, anche alla luce di quanto
riportato nella deliberazione n. 83/2005,
laddove è chiarito che “la categoria OS 12
indica come “barriere paramassi e simili” le
opere che servono “... a proteggere dalla
caduta dei massi”, attenendo non già alla
stabilità delle scarpate quanto a
lavorazioni ben precise non dipendenti dal
sito dove le stesse devono svolgersi”, si
ritiene che la categoria prevalente da
indicare nel bando in questione sia la OS12-
barriere e protezioni stradali.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che le opere da
appaltare, indicate nel bando indetto
dall’ANAS s.p.a.- Compartimento della
viabilità per la Calabria, appartengono alla
categoria OS12 e non alla OG3
(parere
31.07.2008 n. 203 -
link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del d.
Lgs. 163/2006, le specifiche tecniche devono
consentire pari accesso agli offerenti e non
devono comportare la creazioni di ostacoli
ingiustificati all’apertura dei contratti
pubblici alla concorrenza. La ratio legis
sottesa alla disposizione in commento, come
questa Autorità ha già avuto modo di
osservare (si vedano pareri n. 51 del
10.10.2007 e n. 97 del 09.04.2008), consiste
nell’evitare che la definizione delle
specifiche tecniche determini un ostacolo
alla libera circolazione delle merci
mediante l’imposizione di particolari
caratteristiche dei prodotti o dei servizi
che implicano un determinato processo
produttivo ovvero una determinata
provenienza.
In tale ottica, il legislatore ha inteso
vietare l’inserimento di specifiche tecniche
che menzionino una fabbricazione o
provenienza determinata, un procedimento
particolare ovvero facciano riferimento ad
un marchio, un brevetto, un tipo, un’origine
o una produzione specifica a meno che ciò
non sia giustificato dal fatto che una
descrizione sufficientemente precisa non sia
possibile e a condizione che tale menzione
sia accompagnata dall’espressione “o
equivalente”.
Le medesime argomentazioni sembrano potersi
estendere alle ipotesi in cui la stazione
appaltante predispone la documentazione
progettuale indicando l’oggetto della
fornitura in modo particolarmente
dettagliato, tale da potersi equiparare al
riferimento ad un marchio o ad un brevetto o
un particolare tipo di prodotto. Anche in
tal caso, infatti, si potrebbe determinare
un pregiudizio alla partecipazione alla gara
per coloro che non sono in grado di fornire
un prodotto identico a quello descritto nel
capitolato, ma soltanto un prodotto ad esso
analogo.
Nel caso in esame, il progetto posto a base
di gara prevede l’impiego di un manufatto
sostanzialmente identico, quanto a
caratteristiche costruttive, a quello di una
determinata produzione e coperto da
privativa industriale. Ciò si rileva sia
dalla descrizione della voce di elenco
prezzi n. 18, articolo N. 09.004/B, sia
dalla rappresentazione dei dettagli
costruttivi contenuti nelle tavole grafiche
di progetto.
La circostanza che nella voce di elenco
prezzi le caratteristiche descritte siano
intese come “caratteristiche minime”, appare
inadeguata a garantire il rispetto dei
principi della concorrenza e della par
condicio.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la descrizione del
prodotto (rete metallica) contenuta nella
documentazione di progetto relativa
all’appalto di che trattasi, è in violazione
dell’articolo 68, del d. Lgs. n. 163/2006
(parere
31.07.2008 n. 202 -
link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
ENTI LOCALI - VARI: Non
si deve versare la quota depurazione
(indicata nella bolletta acquedotto) qualora
non esista l'impianto di depurazione
comunale dei reflui fognari ovvero questo
sia temporaneamente inattivo.
1) va dichiarata l'illegittimità
costituzionale dell'art. 14, comma 1, legge
05.01.1994, n. 36 (Disposizioni in materia
di risorse idriche), sia nel testo
originario, sia nel testo modificato
dall'art. 28 della legge 31.07.2002, n. 179
(Disposizioni in materia ambientale), nella
parte in cui prevede che la quota di tariffa
riferita al servizio di depurazione è dovuta
dagli utenti «anche nel caso in cui la
fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi»;
2) va dichiarata, ai sensi dell'art. 27
della legge 11.03.1953, n. 87,
l'illegittimità costituzionale dell'art.
155, comma 1, primo periodo, del decreto
legislativo 03.04.2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), nella parte in cui
prevede che la quota di tariffa riferita al
servizio di depurazione è dovuta dagli
utenti «anche nel caso in cui manchino
impianti di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi» (Corte
Costituzionale,
sentenza 10.10.2008 n. 335 -
link a www.cortecostituzionale.it). |
APPALTI: Sul
risarcimento del danno nel caso di
annullamento di una gara d'appalto.
L'azione di risarcimento conseguente
all'annullamento in sede giurisdizionale di
un provvedimento illegittimo implica la
valutazione dell'elemento psicologico della
colpa, alla luce dei vizi che inficiavano il
provvedimento stesso e della gravità delle
violazioni imputabili all'Amministrazione,
secondo l'ampiezza delle valutazioni
discrezionali rimesse all'organo
amministrativo nonché delle condizioni
concrete in cui ha operato
l'Amministrazione, non essendo il
risarcimento una conseguenza automatica
della pronuncia del giudice della
legittimità (Consiglio Stato, sez. IV,
01.10.2007, n. 5052).
In tema di risarcimento danni per
illegittima aggiudicazione di una gara
pubblica, ferma restando la permanente
difficoltà di individuare un quid pluris
rispetto alla stessa illegittimità
dell'atto, la colpa dell'amministrazione
deve essere valutata tenendo conto dei vizi
che inficiano il provvedimento, della
gravità delle violazioni imputabili
all'amministrazione, anche alla luce del
potere discrezionale da essa concretamente
esercitato, delle condizioni concrete e
dell'apporto eventualmente dato dai privati
al procedimento (Consiglio Stato, sez. IV,
11.10.2006, n. 6059) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Solo
esperti doc nelle commissioni di gara.
Con riferimento alle competenze tecniche e
professionali che devono possedere i
componenti delle Commissioni giudicatrici di
gare aventi ad oggetto lavori, servizi, e
forniture, la giurisprudenza amministrativa
formatasi sotto l’usbergo della antevigente
disposizione di cui all’art. 21 della legge
n. 109/1994 e succ. mod. ha avuto modo in
passato di evidenziare che “se nei
componenti della commissione giudicatrice di
un appalto concorso risiedono le competenze
professionali per il vaglio economico e
tecnico delle offerte, queste competenze
sono anche idonee a valutare gli aspetti
correlativi alle varie giustificazioni che
possono essere addotte a sostegno della
serietà dell'offerta sospettata di anomalia;
pertanto, sussiste una discrezionalità
tecnica nel vagliare l'adeguatezza dei
chiarimenti forniti dall'impresa offerente e
ciò che rileva è il possesso, da parte di
cui conduce l'esame, dei requisiti
professionali necessari” (Consiglio
Stato, sez. V, 28.06.2002, n. 3566).
Ne consegue, quindi, che “la composizione
della commissione incaricata del vaglio
delle offerte presentate per
l'aggiudicazione di un contratto ad evidenza
pubblica con il sistema dell'appalto
concorso deve rispondere, per lo meno, a
certi requisiti imposti dalla natura stessa
dell'opera da eseguire, nonché dalla
razionalità e logicità delle scelte compiute
in relazione alle finalità perseguite;
pertanto è illegittima la composizione della
commissione stessa qualora tra i componenti
della stessa prevalgano elementi privi di
competenze tecniche specifiche”
(Consiglio Stato, sez. VI, 25.07.1994, n.
1261).
Più di recente, la giurisprudenza
amministrativa ha chiarito che il
riferimento al possesso in capo ai
commissari dei requisiti tecnici e della
professionalità necessaria a formulare un
giudizio pienamente consapevole, costituisca
principio “immanente nell'ordinamento
generale, che trascende il settore dei
lavori pubblici, per rendersi operativo in
qualsiasi gara, in quanto risponde ai
criteri di rango costituzionale di buon
andamento ed imparzialità dell'azione
amministrativa; pertanto, pur in mancanza,
nel settore degli appalti di servizi, di
un'espressa disposizione concernente la
composizione della commissione giudicatrice,
questa, avendo anche in detto settore il
compito di valutare la qualità del servizio
offerto, deve essere composta, almeno
prevalentemente, da persone fornite di
specifica competenza tecnica o munite di
qualificazioni professionali che tale
competenza facciano presumere”
(Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n.
1408).
Pare al Collegio potere affermare che -senza
per questo dovere ricorrere, con
sistematicità ad “indagini” sul possesso in
capo ai commissari dei requisiti in parola-
emerga dal condivisibile orientamento
giurisprudenziale succitato, una “tensione”
verso la necessità dell’affermazione di un
principio che individui i commissari quali
“periti peritorum” della materia sulla quale
devono esprimere il loro delicato giudizio e
che il possesso dei requisiti di cui si è
discorso debba essere valutato anche in
relazione ai concreti aspetti sui quali i
medesimi devono formulare il loro giudizio.
Ciò al fine di evitare che sussistano, a
monte, elementi che inducano in via
anticipata i consociati (ed i partecipanti
alla gara, soprattutto) a dubitare
dell’adeguatezza professionale di chi è
chiamato a giudicare comparativamente le
proposte aggiudicatorie.
Ovviamente, nella impossibilità di saggiare
in anticipo ed in concreto la preparazione
specifica dei commissari, può farsi
riferimento ad alcuni dati che, in via
presuntiva, consentano una prognosi
tranquillizzante sul punto.
Tali dati non possono che essere due:
possesso di un titolo di studio adeguato, e
pregressa esperienza nel settore.
Esigenze di economicità hanno suggerito al
legislatore la previsione di un archetipo di
composizione formato da funzionari delle
stazioni appaltanti.
Come è agevolmente ricavabile dalla
disposizione di cui al comma VIII dell’art.
84 del d.lvo n. 163/2006 il principio non è
assoluto, ma deve essere coniugato con il
dato afferente al possesso della necessaria
professionalità (che costituisce
“prerequisito” per la nomina, vien fatto di
affermare).
Già in passato, a seguito della sentenza
della Consulta n. 453/1990 che era
intervenuta su alcune disposizioni
legislative della Regione Siciliana, si era
affermato in giurisprudenza (si noti, in
particolare, il richiamo ad una valutazione
da formularsi in termini di concretezza) che
“le commissioni esaminatrici di pubblici
concorsi possono ritenersi legittimamente
composte solo quando i membri chiamati a
farne parte in qualità di esperto rivestano
effettivamente tale qualità nelle materie
oggetto d'esame; con la conseguenza che per
essi il possesso del titolo di studio, di
livello quanto meno pari a quello richiesto
per l'ammissione al concorso, deve essere
corroborato dal possesso di ulteriori titoli
(di studio, di servizio o professionali)
idonei a dimostrare la specifica competenza
in concreto dell'esaminatore nelle materie
delle prove concorsuali" (Cons. giust.
amm. Sicilia sez. giurisd., 18.10.1996, n.
344).
Conclusivamente, sul punto, può affermarsi
quanto segue: l’art. 84 del d.lvo 163/2006,
in sostanziale continuità con l’art. 21
della legge n. 109/1994 e succ. mod. e con
la previsione regolamentare di cui all’art.
92 del dpr n. 554/1999, laddove ha inteso
prevedere che i commissari siano
“selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante” non ha inteso privilegiare in
senso assoluto il requisito dell’inserimento
nell’organico dell’ente appaltante rispetto
a quello del titolo di studio, come può
evincersi dalle ulteriori previsioni
normative delle citate disposizioni. La
valutazione prognostica sulla
professionalità di chi giudica quindi, non
può prescindere dalla concreta disamina di
ciò che costituisce oggetto di giudizio, ed
a tal fine il possesso del titolo di studio
adeguato è elemento che garantisce a monte,
sotto un profilo presuntivo,
dell’adeguatezza della scelta (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 07.10.2008 n. 4829 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
commissione di gara.
Deve ritenersi che la Commissione di gara
costituisca un collegio perfetto, che deve
operare con il plenum dei suoi componenti
nelle fasi il cui l’organo è chiamato a
compiere valutazioni tecnico-discrezionali o
ad esercitare prerogative decisorie,
rispetto alle quali si configura l’esigenza
che tutti i suoi componenti offrano il loro
contributo ai fini di una corretta
formazione della volontà collegiale, e che
tale collegialità non è indispensabile
quando occorre effettuare attività
preparatorie, istruttorie o strumentali
verificabili a posteriori dall’intero
consesso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV,
05.08.2005 n. 4196; TAR Campania Napoli,
Sez. I, 23.03.2006 n. 3136; TAR Sicilia
Catania, Sez. II, 14.07.2005 n. 1138; TAR
Lombardia Milano, Sez. III, 20.06.2005 n.
1823) (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 02.10.2008 n. 10913 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Sulla capacità edificatoria di un
lotto già costruito precedentemente.
Secondo consolidati principi espressi dalla
giurisprudenza amministrativa, il diritto di
edificare inerisce alla proprietà dei suoli
nei limiti stabiliti dalla legge e dagli
strumenti urbanistici (Corte Cost. n. 5 del
1980), tra i quali quelli diretti a regolare
la densità di edificazione ed espressi negli
indici di fabbricabilità. Il diritto di
edificare, pertanto, è conformato anche da
tali indici, di modo che ogni area non è
idonea ad esprimere una cubatura maggiore di
quella consentita dalla legge (cfr. art. 4,
u. c., L. 28.01.1977 n. 10) e dallo
strumento urbanistico e,
corrispondentemente, qualsiasi costruzione,
anche se eseguita senza il prescritto
titolo, impegna la superficie che, in base
allo specifico indice di fabbricabilità
applicabile, è necessaria per realizzare la
volumetria sviluppata.
Di qui il principio, fermo in
giurisprudenza, secondo cui “un’area
edificatoria già utilizzata a fini edilizi è
suscettibile di ulteriore edificazione solo
quando la costruzione su di essa realizzata
non esaurisca la volumetria consentita dalla
normativa vigente al momento del rilascio
dell’ulteriore permesso di costruire,
dovendosi considerare non solo la superficie
libera ed il volume ad essa corrispondente,
ma anche la cubatura del fabbricato
preesistente al fine di verificare se, in
relazione all’intera superficie dell’area
(superficie scoperta più superficie
impegnata dalla costruzione preesistente),
residui l’ulteriore volumetria di cui si
chiede la realizzazione” (cfr. Cons. di
Stato, sez. V, 12.07.2004 n. 5039), a nulla
rilevando che questa possa insistere su una
parte del lotto catastalmente divisa (id.,
28.02.2001 n. 1074).
Ai fini del calcolo della volumetria
realizzabile, infatti, “non rileva la
circostanza che l’unico fondo del
proprietario sia stato suddiviso in catasto
in più particelle, dovendosi verificare
(...) l’esistenza di più manufatti sul fondo
dell’originario unico proprietario”
(cfr. id., sez. V, 26.11.1994 n. 1382).
Ai fini della determinazione dell’indice
massimo di fabbricabilità, ove sussistano
precedenti edifici, non è consentito
scorporarli dalla superficie complessiva né
escludere dal computo la cubatura di
manufatti preesistenti e considerare l’area
di sedime in quella suscettibile di
ulteriore edificazione (Cons. St., V,
12.07.2005, n. 3777).
Allorché un’area edificabile venga
successivamente frazionata in più parti tra
vari proprietari, la volumetria disponibile
ai sensi della normativa urbanistica
nell’intera area permane invariata, con la
duplice conseguenza che, nell’ipotesi in cui
sia stata già realizzata sul fondo
originario una costruzione, i proprietari
dei vari terreni, in cui detto fondo è stato
frazionato, hanno a disposizione solo la
volumetria che residua tenuto conto
dell'originaria costruzione e in proporzione
della rispettiva quota di acquisto (cfr.
Cons. Stato, sez. IV, 16.02.1987 n. 91)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.09.2008 n. 4647 -
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PUBBLICO IMPIEGO: Non
spetta alcun emolumento aggiuntivo al
Segretario Comunale che partecipa a
commissioni di concorso pubblico.
La tesi del giudice di primo grado (secondo
cui l’attività svolta dal Segretario
comunale all’interno delle anzidette
commissioni di concorso, non sia
compensabile a parte) ha un forte avallo da
un lato nel principio della
omnicomprensibilità dello stipendio;
dall’altro nell’assenza di una normativa che
sancisca espressamente la retribuibilità a
parte. La presenza di questi due fattori
preclude, a giudizio di questo Consiglio, la
prospettata possibilità di adottare una
interpretazione analogica (C.G.A.R.S.,
sentenza 23.09.2008 n. 796 -
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EDILIZIA PRIVATA: A
livello comunale non è possibile introdurre
un concetto di “ristrutturazione” diverso da
quello prefigurato dal legislatore
nazionale.
Le previsioni dell’art. 3 del D.Lgs.
06.06.2001, n. 380 importano che alle norme
urbanistiche locali non sia consentito di
introdurre un concetto di “ristrutturazione”
diverso da quello prefigurato dal
legislatore nazionale, cioè che esse non
possano qualificare come ristrutturazione un
intervento non rientrante nella tipologia
delineata dal D.Lgs. n. 380 del 2001, e
–correlativamente– non possano escludere da
tale definizione tipi di intervento che
invece vi rientrano.
Ciò non pregiudica tuttavia il potere delle
amministrazioni comunali di disciplinare in
concreto le attività edilizie assentibili,
attraverso gli strumenti regolatori del
territorio (P.R.G., piani attuativi, ecc.),
anch’essi previsti dalla legge, in
considerazione degli interessi non solo
urbanistici, ma anche ambientali,
paesaggistici, di tutela dei beni culturali.
Pertanto la definizione o classificazione
degli interventi effettuata dal D.Lgs. n.
380 del 2001 non incide direttamente sulla
regolamentazione sostanziale delle attività
edilizie consentite o vietate in una
determinata zona del territorio comunale,
ben potendo l’Amministrazione comunale,
anche in presenza di una disciplina
pianificatoria che ammetta un certo tipo di
interventi (come la ristrutturazione),
imporre particolari modalità costruttive,
come la conservazione di alcune porzioni
dell’organismo edilizio preesistente, ove
riconosciute di particolare pregio, oppure
la limitazione dell’altezza massima del
fabbricato, come si è verificato nel caso in
esame (TAR Marche,
sentenza 19.09.2008 n. 1307 -
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PUBBLICO IMPIEGO:
Mobbing, elementi essenziali,
protrazione della condotta nel tempo.
Il mobbing è
costituito da una condotta protratta nel
tempo diretta a ledere il lavoratore.
Caratterizzano questo comportamento:
- la sua protrazione nel tempo attraverso
una pluralità di atti;
- la volontà che lo sorregge (diretta alla
persecuzione od all’emarginazione del
dipendente);
- la conseguente lesione, attuata sul piano
professionale o sessuale o morale o
psicologico o fisico
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 11.09.2008 n. 22858 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
L’atto amministrativo è di regola
irretroattivo.
La
giurisprudenza amministrativa ha più volte
posto in rilievo che la regola di
irretroattività dell’ azione amministrativa
è espressione dell’esigenza di garantire la
certezza dei rapporti giuridici, oltreché
del principio di legalità che, segnatamente
in presenza di provvedimenti limitativi
della sfera giuridica del privato (tali
sono, ad esempio, quelli introduttivi di
prestazioni imposte), impedisce di incidere
unilateralmente e con effetto “ex ante”
sulle situazioni soggettive del privato.
Ulteriore limiti alla retroattività, in
presenza di statuizioni provvedimentali che
rivestono valenza regolamentare in quanto
dirette a trovare applicazione ripetuta nel
tempo ad un numero indeterminato di
fattispecie, discende dalla regola di
irretroattività degli atti a contenuto
normativo dettata dall’art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale. Detta
regola può ricevere deroga per effetto di
una disposizione di legge pari ordinata e
non in sede di esercizio del potere
regolamentare che è fonte normativa
gerarchicamente subordinata. Pertanto, solo
in presenza di una norma di legge che a ciò
abiliti gli atti e regolamenti
amministrativi possono avere efficacia
retroattiva.
Le su riferite conclusioni trovano codifica
nell’ art. 21-bis della legge n. 241/1990
introdotto dall’art. 14 della legge n.
15/2005: è ivi stabilito che “il
provvedimento limitativo della sfera
giuridica dei privati acquista efficacia nei
confronti di ciascun destinatario con la
comunicazione allo stesso effettuata” o
qualora la comunicazione non sia possibile
mediante forme di pubblicità idonee
stabilite dall’Amministrazione medesima
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.09.2008 n. 4301 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Distanze dal muro di cinta e
valutazione delle scelte estetiche.
Il muro di
cinta di altezza non superiore ai tre metri,
pur essendo una costruzione in senso
materiale, non è considerato tale ai fini
delle distanze legali per la sua mancanza di
autonomia strutturale, costituendo una
semplice protezione del fondo: per il
computo delle distanze tra costruzioni vanno
quindi presi in considerazione gli edifici
che si trovano rispettivamente al di qua e
al di là del muro di cinta, come se questo
non esistesse, per cui la distanza di legge
va computata tra l’edificio preesistente e
la nuova costruzione ovvero ampliata. Ne
consegue, nello specifico, che la distanza
minima da rispettare tra i porticati ed il
confine non è quella stabilita dall’art. 873
c.c., ma quella tra sagoma limite e confine.
Dal momento che il Giudice amministrativo
non può sindacare il merito delle scelte
estetico-funzionali dell’amministrazione se
non nei limiti della illogicità, quando si
discute di concreti valori
estetico-tipologici riservati
all’amministrazione medesima, è sufficiente
appurare che le norme edilizie in vigore
ammettono l’intervento di interesse con le
caratteristiche morfologiche e strutturali
desumibili anche dalla documentazione
fotografica agli atti processuali
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.03.2008 n. 931 -
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AGGIORNAMENTO
AL 13.10.2008 |
ã |
dossier ESPROPRIAZIONE |
ESPROPRIAZIONE:
Sulla motivazione
necessaria circa la reiterazione di un
vincolo espropriativo.
In merito alla idoneità della motivazione
esposta dal Comune a fondamento della
propria scelta di reiterare un vincolo
espropriativo decaduto si osserva
preliminarmente che l’obbligo di motivazione
non viene meno per la parziale difformità
dell’opera pubblica prevista nel PRG del
2005 rispetto alla localizzazione originaria
del PRG del 1983. La prospettiva da cui
viene osservata la situazione è quella del
proprietario che in conseguenza del vincolo
subisce una limitazione all’esercizio dei
suoi diritti (nel caso in esame il vincolo
non compromette l’uso agricolo ma rende
impossibili le edificazioni in zona agricola
consentite prima dalla LR 07.06.1980 n. 93 e
ora dagli art. 59-60 della LR 11.03.2005 n.
12). Sotto questo profilo è irrilevante che
il vincolo originariamente posto per
un’opera sia reiterato per un’opera diversa
e, a maggior ragione, sono irrilevanti le
modifiche introdotte nel tempo alla stessa
opera, sia che riguardino le modalità
realizzative sia che interessino la
localizzazione. Diversamente sarebbe
sufficiente reiterare il vincolo con qualche
variazione per qualificare sempre la
fattispecie come prima previsione ed eludere
l’obbligo di motivazione. Circa il contenuto
della motivazione si richiama l’orientamento
giurisprudenziale che, graduando tale
obbligo, lo aggrava nel caso in cui la
reiterazione del vincolo riguardi una
singola opera pubblica o incida su un
proprietario particolare, nonché nel caso di
aspettative consolidate in precedenti atti
amministrativi o convenzioni urbanistiche, e
considera invece sufficiente nelle altre
ipotesi l’illustrazione della persistenza
dell'interesse pubblico (v. CS AP 24.05.2007
n. 7; CS Sez. IV 08.06.2007 n. 2999).
La reiterazione di un vincolo espropriativo
senza previsione di un’indennità commisurata
all'entità del danno effettivo non determina
l’illegittimità della disciplina urbanistica
(v. CS AP 24.05.2007 n. 7). Il diritto a
ottenere un ristoro dall’amministrazione si
colloca su un piano distinto da quello
urbanistico e sorge ex lege con
l’approvazione dell’atto di reiterazione del
vincolo. Le questioni relative all’inerzia
dell’amministrazione nella quantificazione
dell’indennità appartengono al giudice
ordinario ex art. 39 comma 4 del DPR
327/2001 (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.09.2008 n. 1041 -
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dossier PERTINENZE EDILIZIE ED
URBANISTICHE |
EDILIZIA PRIVATA:
Pertinenza e ampliamento
di edificio.
In tema di pertinenza urbanistica la
relazione con la costruzione preesistente
deve essere, in ogni caso, non di
integrazione ma "di servizio ", allo scopo
di renderne più agevole e funzionale l'uso
(carattere di strumentalità funzionale),
sicché non può ricondursi alla nozione in
esame l’ampliamento di un edificio che per
la relazione di connessione fisica,
costituisce parte di esso quale elemento che
attiene all'essenza dell'immobile e lo
completa affinché soddisfi ai bisogni cui è
destinato
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.10.2008 n. 37460 -
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dossier RIFIUTI E BONIFICHE |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Letame.
A norma dell'art. 185, comma 1, lett. c),
del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152, la esclusione
delle materie fecali dalla disciplina sui
rifiuti, contenuta nella parte quarta dello
stesso decreto legislativo, opera a
condizione che dette materie provengano da
attività agricola e che siano riutilizzate
nella stessa attività agricola (nella
fattispecie si è affermato che è’
indiscutibile la natura di rifiuto del
letame depositato in un lagone e quindi
l'applicabilità della disciplina sui
rifiuti, non foss'altro perché, trattandosi
appunto di "letame", cioè di materiale
fecale palabile, e non di "liquame", cioè di
materiale non palabile derivante da miscela
di feci e urine animali, esso non può essere
riutilizzato per la fertirrigazione)
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37560 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Abbandono e
responsabilità del curatore fallimentare.
In
tema di abbandono di rifiuti la norma
incriminatrice, invero, sanziona penalmente
tale condotta solo se imputabile ai
"titolari di impresa" o ai "responsabili di
enti", perché fa carico a questi soggetti di
un qualificato ruolo di responsabilità nella
gestione dei rifiuti connessi alla loro
attività, riservando invece ai soggetti
"comuni" un carico di responsabilità minore,
presidiato da una semplice sanzione
amministrativa. Ma quando l'impresa sia
dichiarata fallita la responsabilità del suo
titolare si trasferisce sul curatore
fallimentare, che da una parte è pubblico
ufficiale e dall'altra ha il compito di
amministrare il patrimonio dell'impresa in
sostituzione del suo titolare (ex artt. 30 e
31 Legge fallimentare). Si tratta non già di
estensione analogica, ma di interpretazione
teleologica della norma incriminatrice,
secondo la quale, nella soggetta materia, il
ruolo del curatore non può ridursi a quello
di soggetto "comune"
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37282 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Rifiuti.
Terre e rocce da scavo.
L'art. 186 del D.Lgs. 03.04.2006 n. 152
esclude dall'applicazione della disciplina
sui rifiuti le terre e rocce da scavo a
determinate condizioni. Poiché la norma
costituisce direttamente una deroga alla
nozione di rifiuto definita dall'art. 183,
lett. a), e indirettamente configura una
causa di esclusione della punibilità dei
reati che hanno come oggetto o come
presupposto i rifiuti (v. rispettivamente da
una parte gli artt. 256, 259 e 260, e
dall'altra art. 258, comma 4), grava
sull'imputato l'onere di provare le
condizioni positive per l'applicabilità
della deroga (riutilizzazione delle terre e
rocce da scavo secondo progetto
ambientalmente compatibile), mentre resta
compito del pubblico ministero la prova
della circostanza di esclusione della deroga
(concentrazione di inquinanti superiore ai
massimi consentiti)
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37280 -
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DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L.
Ramacci,
Ordinanza di rimozione (rifiuti) e principio
di inesigibilità della condotta (nota a
Cass. pen. n. 14747/2008)
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI: M.
Nico,
Parte la riforma dei servizi pubblici
locali, ecco le novità su gare ed
affidamenti in house (link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: IL
DURC INSOSTITUIBILE PER L’ATTESTAZIONE DELLA
REGOLARITA’ CONTRIBUTIVA
(link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: PRINCIPALI
NOVITA’ DEL TERZO DECRETO CORRETTIVO
(link
a www.mediagraphic.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI SERVIZI:
Ritenuto in diritto:
Secondo quanto descritto in narrativa il
Comune di Castiglione delle Stiviere in data
03.05.2007 ha pubblicato un bando di gara
per l’affidamento del servizio di gestione
calore e manutenzione ordinaria e
straordinaria degli impianti comunali, da
aggiudicarsi con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. In data
27.06.2007, termine massimo fissato per la
presentazione delle offerte, sono pervenute
6 offerte. All’esito della procedura di gara
sono risultate aggiudicatarie provvisorie le
offerte presentate dalla Manutencoop
Facility Management S.p.A. partecipante da
sola e dall’ATI costituito dalla TEA SEI
S.r.l. con la Teckal S.p.A. La terza
classificata Energy Service S.r.l. contesta
che Manutencoop Facility Management S.p.A. e
Teckal S.p.A. sono in rapporto di controllo
l’una con l’altra e pertanto abbiano
partecipato alla gara illegittimamente.
Ai fini della disamina della censura
presentata da Energy Service S.r.l. deve
anzitutto precisare come la situazione di
collegamento sostanziale, per essere
rilevante ai fini dell’applicazione
dell’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n.
163/2006, deve sussistere alla data di
presentazione delle offerte, posto che è in
quel momento che si cristallizza la
situazione dichiarata dall’azienda, compresa
la dichiarazione della stessa in merito ad
eventuali rapporti di collegamento ad altre
imprese partecipanti alla stessa gara.
Pertanto l’eventuale falsità della
dichiarazione fornita in quel momento,
rileva ai fini dell’ammissibilità
dell’offerta stessa, il che vuol dire che
non rilevano circostanze antecedenti (e che
siano venute definitivamente meno prima
della data dianzi indicata) o sopravvenute.
A quest’ultimo riguardo si può pure ritenere
che in alcuni casi una circostanza
sopravvenuta possa costituire un serio
indizio circa la preesistente situazione di
collegamento, ma ciò deve costituire oggetto
di prova rigorosa, pena un’indebita
restrizione dell’autonomia imprenditoriale
degli operatori economici; in effetti,
soprattutto nei casi in cui le operazioni di
gara si protraggano per un periodo lungo, le
vicende sopravvenute che coinvolgono in
ipotesi due o più delle imprese partecipanti
potrebbero danneggiare le imprese medesime,
le quali, al momento della presentazione
delle offerte, non avevano in ipotesi alcuna
intenzione di violare il divieto di cui
all’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006
ed hanno invece dato vita a fusioni,
incorporazioni e quant’altro solo in base a
strategie aziendali o per altre ragioni
comunque riconducibili alla ordinaria
dinamica imprenditoriale. Occorre, pertanto,
verificare se si sia concretamente integrata
un’alterazione del gioco della concorrenza,
la quale si ha quando due o più offerte
provengono dallo stesso centro decisionale.
In applicazione del criterio metodologico
sopra citato, a seguito di riscontro
cronologico, è emerso che l’offerta
vincolante di Manutencoop Facility
Management S.p.a. è stata presentata in data
13.08.2007, l’attività di due diligence
presso la Teckal S.p.A. è stata compiuta nel
periodo della seconda metà di agosto, e il
contratto di compravendita è stato stipulato
in data 12.09.2007 e divenuto efficace in
data 04.10.2007 con l’ottenimento
dell’autorizzazione Antitrust. Le descritte
operazioni sono, pertanto, tutte avvenute
successivamente al termine ultimo di
presentazione dell’offerta del 27.06.2007.
Non sussistono, dunque, elementi idonei a
dimostrare che le offerte presentate dalla
Manutencoop Facility Management S.p.A. e
dalla Teckal S.p.A. siano imputabili ad un
unico centro decisionale, in quanto il fatto
che il socio di maggioranza avesse
intrapreso una trattativa volta alla
cessione del 100% del capitale sociale di
quest’ultima, in un periodo successivo al
termine per la presentazione delle offerte,
non costituisce elemento sufficiente ed
idoneo a far presupporre la sussistenza di
un unico centro decisionale per tale
intendendosi quello che si realizza
concretamente nelle ipotesi di controllo o
collegamento societario ex art. 2359 c.c.
Altra censura presentata dall’istante
attiene alla partecipazione della TEA SE
S.r.l. ritenuta non conforme in quanto si
pone in violazione dell’art. 13 del D.L.
223/2006.
La questione deve essere vagliata alla luce
delle limitazioni alla partecipazione
imposte dall’art. 13 comma 1, del D.L.
04.07.2006 n. 223, convertito in L.
04.08.2006 n. 248 il quale dispone che: “Al
fine di evitare alterazioni o distorsioni
della concorrenza e del mercato e di
assicurare la parità degli operatori, le
società a capitale interamente pubblico o
misto, costituite o partecipate da enti
locali per la produzione di beni e servizi
strumentali alla attività di tali enti, in
funzione della loro attività, con esclusione
dei servizi pubblici locali, (…) non possono
svolgere prestazioni a favore di altri
soggetti pubblici o privati né in
affidamento diretto né in gara”.
L’affidamento, da parte della Città di
Castiglione delle Stiviere, di un servizio
di gestione calore e manutenzione ordinaria
e straordinaria degli impianti comunali di
riscaldamento, denominato “servizio energia
(e più comunemente “gestione calore”) non
sembra possa qualificarsi come “servizio
pubblico”, e quindi essere ricompreso nella
esclusione espressamente prevista dall’art.
13 al comma 1, in quanto le prestazioni
della erogazione del calore, previste dalla
gara d’appalto, sono dirette unicamente al
Comune, che ne usufruisce alla stregua di
qualsiasi altro soggetto, e non alla
collettività.
La natura stessa del “servizio calore”,
infatti, non costituisce una produzione di
beni o attività rivolti a fini sociali e di
promozione economica, non potendo
rinvenirsi, nella pura e semplice gestione
del calore per gli edifici comunali, alcuna
finalità sociale e promozionale.
Inoltre desta notevole perplessità il fatto
che l’erogazione verrebbe erogata non dal
Comune a favore della collettività, ma dalla
Società aggiudicataria a favore del Comune.
Pertanto la qualificazione “pubblica”
risulterebbe svuotata, lasciando spazio alla
classificazione di “semplice prestazione
economica”, sia pure rivolta nei confronti
di un soggetto pubblico (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. V, 10.03.2003, n. 1289). I
servizi di gestione del calore, erogati
dalla Società aggiudicataria, verrebbero
considerati a supporto di funzioni
amministrative di natura pubblicistica di
cui resta titolare il Comune che
provvederebbe poi al perseguimento dei suoi
fini istituzionali.
L’attività della Società aggiudicataria
sarebbe pertanto rivolta alla pubblica
amministrazione e non al pubblico, e
pertanto non mirerebbe certo a soddisfare
direttamente ed in via immediata esigenze
generali della collettività.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- la partecipazione delle Società
Manutencoop Facility Management S.p.A. e la
Teckal S.p.A. è conforme alla normativa
vigente in quanto, al momento di
presentazione delle offerte, non era
integrata una delle fattispecie di cui
all’art. 34, comma 2 del D.Lgs 163/2006;
- che la Società TEA SEI S.r.l. non può
concorrere, ai sensi dell’art. 13, comma 1,
della L. 248/2006, agli appalti banditi da
amministrazioni diverse da quelle che ne
detengono il capitale non essendo il
servizio in oggetto un servizio pubblico
locale
(parere
17.07.2008 n. 201 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
In via preliminare si fa presente che
l’eccezione sollevata dall’ATI Capofila
Cooperativa Luigi Sturzo, riguardante la
richiesta di esclusione del Consorzio Sol.Co
Catania e della ATI Capofila Orsa Maggiore
per violazione del disposto di cui all’art.
36, comma 5, del D. Lgs. 136/2006, non può
trovare accoglimento in quanto, come
chiarito dal Consorzio Sol.Co Catania con
estratto della Camera di commercio Industria
ed Artigianato di Catania – Ufficio Registro
delle Imprese, si è in presenza di una
società cooperativa consortile e non di un
consorzio stabile.
Per ciò detto, il riferimento all’art. 36
comma 5 del D. Lgs. 136/2006 appare del
tutto infondato, in quanto quest’ultimo
disciplina una diversa forma giuridica,
quella dei consorzi stabili.
Rileva, invece, la problematica relativa al
fatto che il Consorzio Sol.Co Catania, non
abbia indicato in sede di offerta, alcuna
delle consorziate quale esecutrice del
servizio oggetto di gara.
Per costante giurisprudenza, il rapporto tra
i consorzi ex legge 422/1909 e le
cooperative ad essi associate, può essere
ricondotto al rapporto fra società
commerciale e socio. Ne discende, pertanto,
che attraverso la struttura comune di
impresa il consorzio esercita una funzione
d’intermediazione tra le imprese consorziate
ed i terzi, strumento di supporto tecnico
economico e finanziario che svolge detta
attività nell’interesse e per conto delle
imprese consorziate, tramite l’imputazione
dei contratti e dei rapporti giuridici a sé
stesso.
L’attività di impresa prestata
nell’interesse mutualistico e/o lucrativo
dei singoli consorziati fa sì che il
consorzio non esegua in proprio i lavori, ma
sempre a mezzo di consorziato.
Si deve, infine, aver riguardo ai disposti
di cui al comma 7, dell’art. 37, del D. Lgs.
163/2006, che, al secondo periodo,
stabilisce: “i consorzi di cui all’art.
34, comma 1 lettere b) (consorzi fra società
di cooperative di produzione e lavoro
costituiti a norma della legge 25.06.1909 n.
422 e del decreto legislativo del Capo
provvisorio della Stato 14.12.1947 n. 1577,
nonché dei consorzi fra imprese artigiane di
cui alla legge 08.08.1985 n. 443) sono
tenuti ad indicare, in sede di offerta, per
quali consorziati il consorzio concorre; a
questi ultimi è fatto divieto di
partecipare, in qualsiasi altra forma, alla
medesima gara; in caso di violazione sono
esclusi dalla gara sia il consorzio sia il
consorziato”.
La contemporanea partecipazione alla gara
del consorzio di cooperative e della
cooperativa consorziata, tenuto conto della
mancata indicazione da parte del consorzio
del consorziato per il quale concorre,
determina il ricorrere della fattispecie
delle offerte imputabili ad un unico centro
decisionale, di cui all’articolo 34, comma
2, del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la mancata
indicazione, da parte di un consorzio di
cooperative, del consorziato per il quale
concorre, comporta l’esclusione dalla gara
del consorzio stesso e della consorziata
(parere
17.07.2008 n. 200 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Il termine di presentazione delle offerte ha
natura perentoria e inderogabile in quanto
destinato a garantire la par condicio dei
concorrenti tra i partecipanti, mediante la
fissazione di uno stesso termine per tutti
gli offerenti.
Eventuali offerte pervenute oltre il termine
fissato dalla stazione appaltante non sono
ammissibili e l’amministrazione è tenuta ad
escluderle in quanto, autovincolata a tali
clausole della lex specialis, deve
salvaguardare le offerte tempestive (in tal
senso, TAR Puglia, Bari, sez. I, sentenza
04.07.2007 n. 1735, TAR Lazio, sez. II,
sentenza 26.05.2006 n. 3921 e Consiglio di
Stato, sez. V, sentenza 10.04.2002 n. 1960).
Nel caso di specie, appare pertanto corretto
l’operato della stazione appaltante che a
tutela della par condicio dei concorrenti ha
proceduto ad escludere l’offerta tardiva
presentata dalla società Ritrama.
La previsione nella lex specialis di una
clausola alla stregua della quale
l’amministrazione “si riserva la facoltà di
non aggiudicare in presenza di una sola
offerta” non costituisce un obbligo in capo
alla stazione appaltante di non procedere
alla aggiudicazione e lascia alla medesima
la discrezionalità di aggiudicare o meno in
quella circostanza.
Conseguentemente, non sembrano rinvenibili
profili di illegittimità nella scelta
dell’Istituto di procedere ad aggiudicare il
contratto anche in presenza di una sola
offerta valida presentata in sede di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, che
l’esclusione della società Ritrama e
l’aggiudicazione operata dall’Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato siano
conformi alla normativa vigente di settore
(parere
17.07.2008 n. 199 - link a
massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Con deliberazione n. 78/2004, l’Autorità ha
affrontato la questione dell’inserimento del
computo metrico estimativo e dell’elenco
prezzi unitari tra i documenti di gara resi
noti ai partecipanti, statuendo, tra
l’altro, che nei casi di aggiudicazione al
prezzo più basso determinato mediante
massimo ribasso sull’elenco prezzi, detti
documenti devono essere posti in visione ai
partecipanti: diversamente opinando,
l’aggiudicatario si troverebbe a
sottoscrivere un contratto a cui, secondo
quanto disposto dall’articolo 110 del d.P.R.
554/1999, deve essere allegato un elenco
prezzi unitari a lui non noto,
contravvenendo ai principi di correttezza ed
equità.
Il principio di trasparenza implica che le
stazioni appaltanti consentano una effettiva
conoscibilità della documentazione di gara,
al fine di mettere in condizione gli
operatori economici di formulare una offerta
seria e consapevole.
In tal senso, l’articolo 71, comma 1, del d.
Lgs. n. 163/2006, prescrive l’accesso
libero, diretto e completo al capitolato
d’oneri e ad ogni altro documento
complementare.
L’effettiva conoscibilità ed il libero
accesso a tutta la documentazione di gara,
non può essere conseguita consentendo, come
nel caso in esame, la sola presa visione
senza materiale acquisizione del computo
metrico estimativo definitivo: detto
documento, che individua la stima
dell’intervento, ha una autonoma valenza ad
uso dei concorrenti, per la compiuta
descrizione delle lavorazioni richieste in
progetto.
Consentire la sola visione del computo
metrico, quantunque con possibilità di
prendere annotazioni, ma senza poterlo
materialmente acquisire nella propria
disponibilità, limita l’appaltatore
nell’effettuare corrette e ponderate
valutazioni dell’appalto con conseguenti
ricadute sulla formulazione dell’offerta.
Quanto sopra costituisce un ostacolo ed una
discriminazione nei confronti degli
operatori economici, nonché una violazione
del principio di trasparenza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che consentire la sola
presa visione del computo metrico senza
riconoscere la possibilità di acquisire
materialmente detto documento, rappresenta
un ostacolo per gli operatori economici ed
una violazione del principio di trasparenza
(parere
17.07.2008 n. 198 - link a
massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Preliminarmente questa Autorità evidenzia
che la corretta individuazione delle
categorie generali o speciali di cui si
compone l’appalto, nonché l’effettuazione
dell’ulteriore scomposizione ed
individuazione dei corpi d’opera rientra
nelle specifiche competenze e attribuzioni
del progettista.
Si deve, altresì, far presente che, ai sensi
dell’articolo 72, comma 2, del d.P.R.
554/1999, per opere generali si intendono le
opere o i lavori caratterizzati da una
pluralità di lavorazioni, indispensabili per
consegnare l’opera o il lavoro finito in
ogni sua parte.
Ne consegue che una specifica categoria di
lavoro, come nel caso in esame la OG10,
comprende non solo le voci relative agli
apparati e componenti impiantistici
elettrici, ma anche quelle ulteriori
lavorazioni, quali scavi, rinterri,
pozzetti, necessarie affinché l’impianto
esplichi la sua funzione.
Non si ritiene, pertanto, condivisibile
l’operazione di scorporazione, dalla lista
delle lavorazioni e forniture, delle sole
voci relative alle componenti impiantistiche
della categoria OG10, effettuata
dall’impresa istante.
Occorre tener presente che la lista delle
lavorazioni e forniture, negli appalti a
corpo e a misura, come quello in esame,
rileva ai soli fini dell’aggiudicazione,
mentre le lavorazioni e le relative quantità
sono valutate dal concorrente direttamente
dal progetto, dai grafici e dal computo
metrico definitivo.
Merita, inoltre, precisare che, in generale,
la struttura della lista delle lavorazioni e
forniture previste per l’esecuzione dei
lavori si ottiene sommando le quantità di
tutte le lavorazioni analoghe,
indipendentemente dal corpo d’opera di cui
fanno parte, dando luogo ad un’unica voce:
per esempio, si somma tutto il calcestruzzo
occorrente per l’appalto. Detta operazione
viene effettuata per evitare di avere
offerte di prezzi unitari diverse per lo
stesso materiale o lavorazione, presente in
più di una categoria.
Una volta che il progettista abbia
individuato gli importi della categoria
prevalente e delle categorie scorporabili
dedotte in appalto, la stazione appaltante,
attenendosi alle indicazioni del
progettista, riporta nel bando di gara la
classifica di iscrizione nelle specifiche
categorie generali e/o speciali coerente con
gli importi delle citate categorie,
necessaria per la qualificazione delle
imprese e per l’esecuzione dei lavori.
Ai fini della partecipazione all’appalto, ed
alla relativa qualificazione del
concorrente, si deve far riferimento
esclusivamente alle categorie e classifiche
indicate nel bando di gara.
Nel caso in esame, le due imprese
costituenti l’associazione sono in possesso
di qualificazione nella categoria
scorporabile OG10, classifica II, che non è
sufficiente a coprire l’importo delle
lavorazioni rientranti nella medesima
categoria.
In riferimento alla seconda eccezione
sollevata dall’impresa istante, relativa al
divieto di subappalto delle categorie
generali scorporabili, con precedenti
espressioni di parere l’Autorità ha chiarito
che il divieto di subappalto per le
lavorazioni appartenenti alle categorie
generali, di importo superiore al 15 per
cento dell'importo complessivo dell'appalto,
opera solo laddove il bando di gara, che
costituisce la lex specialis della stessa,
lo preveda espressamente, come nel caso in
esame.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che:
- l’associazione temporanea di imprese
Allerta s.r.l./ SO.CO.GE.A. s.r.l., non è in
possesso dei requisiti minimi richiesti per
la sua qualificazione;
- il bando di gara di che trattasi è
conforme alla normativa di settore
(parere
17.07.2008 n. 197 - link a
massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
Con precedenti espressioni di parere,
l’Autorità ha affrontato la questione della
congruità dei prezziari utilizzati dalle
stazioni appaltanti, evidenziando che il
loro utilizzo non può prescindere, per il
rispetto dei basilari principi di
efficienza, efficacia e correttezza, da una
verifica sostanziale della loro congruità in
relazione alle condizioni di mercato.
Per quanto di interesse in questa sede, la
sottostima delle quotazioni delle voci di
prezzo, determina un ostacolo nei confronti
degli operatori economici, tale da frenare
la libera concorrenza fra gli stessi.
Nella fattispecie in esame, occorre far
riferimento alla normativa regionale di cui
all’articolo 18-bis della legge 109/1994 nel
testo coordinato con la legge regionale n.
7/2002 e s.m.i., in base al quale le
stazioni appaltanti si attengono al
prezziario unico regionale per i lavori
pubblici, aggiornato ogni dodici mesi.
Il successivo articolo 18-ter, comma 2,
dispone, inoltre, che le stazioni
appaltanti, nel caso sia stato pubblicato un
nuovo prezziario regionale, prima
dell’indizione della gara, devono aggiornare
i prezzi dei progetti, salvo che sia
espresso parere negativo del responsabile
del procedimento, motivato dall’assenza di
significative variazioni economiche.
L’aggiornamento è previsto, quindi, nel caso
in cui sia stato pubblicato un nuovo
Prezziario Regionale e viene effettuato
sulla base dei prezzi in questo riportati.
In tal caso anche gli eventuali prezzi
scaturenti da analisi relative a prezzi non
previsti nel Prezziario Regionale devono
essere aggiornati.
Il tenore letterale della citata norma
induce a ritenere, fermo restando l’obbligo
inderogabile di applicare il prezziario
regionale vigente al momento della redazione
del progetto, che la possibilità di non
aggiornare i prezzi costituisce per la
stazione appaltante una facoltà residuale,
che necessita di puntuale e non generica
motivazione, basata sull’assenza di
significative variazioni economiche.
Infatti, il prezzo a base d’asta deve
riferirsi ai valori effettivi di mercato,
quali risultano dal prezziario vigente, in
applicazione degli articoli 34 e 43 del
d.P.R. 554/1999, che dispongono che il
computo metrico definitivo dell’opera deve
essere redatto utilizzando prezziari o
listini ufficiali correnti nell’area
interessata.
Nel caso in esame, tenuto conto della
specifica disposizione normativa regionale,
assume particolare rilevanza il momento
della valutazione, da parte del responsabile
del procedimento, dell’assenza “di
significative variazioni economiche”, in
particolare per quanto attiene alle modalità
di individuazione delle stesse variazioni.
Si deve al riguardo tener presente che il
progetto posto alla base dell’appalto in
esame, approvato nell’ottobre 2006, è stato
redatto sulla base del prezziario 2004
nonché, per le voci di prezzo non presenti
nel prezziario, sulla base di analisi di
prezzo che hanno tenuto conto del costo
della manodopera corrente al momento della
redazione dello stesso.
Ai fini che rilevano in questa sede, della
corretta modalità di valutazione, da parte
del responsabile del procedimento, in ordine
alla ricorrenza o meno di significative
variazioni economiche, nei prezzi posti a
base dell’appalto in esame, questa Autorità
ritiene di dover effettuare le seguenti
osservazioni.
Il prezziario utilizzato al momento della
redazione del progetto è stato comparato con
il listino prezzi corrente al momento della
pubblicazione del bando di gara; ugualmente,
per le tabelle della manodopera, il
responsabile del procedimento avrebbe dovuto
far riferimento a quelle utilizzate al
momento della redazione del progetto.
Infatti, per una corretta attività di
comparazione, in riferimento alla
valutazione delle voci di prezzo non
presenti nel prezziario, ma desumibili da
analisi, occorre riferirsi al medesimo arco
temporale utilizzato per il confronto fra i
due listini prezzi.
In relazione, infine, all’elevato numero di
concorrenti, non può che ribadirsi quanto
già espresso da questa Autorità in analoghe
fattispecie, circa l’inconferenza del dato,
tenuto conto della primaria esigenza
dell'impresa a conquistare lavoro, per
motivi di sopravvivenza economica e di
qualificazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la valutazione di
significative variazioni economiche di cui
all’articolo 18-ter della legge 109/1994 nel
testo coordinato con la legge regionale n.
7/2002 e s.m.i., deve essere effettuata, per
le voci di prezzo desunte da analisi,
prendendo a riferimento lo stesso arco
temporale di quello utilizzato per il
confronto fra i prezziari
(parere
17.07.2008 n. 196 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 36, comma 7, del d.
Lgs. n. 163/2006, il consorzio stabile si
qualifica sulla base delle qualificazioni
possedute dalle singole imprese consorziate.
In particolare, la qualificazione è ottenuta
a seguito di verifica dell’effettiva
sussistenza in capo alle singole consorziate
dei corrispondenti requisiti.
Con determinazione n. 18/2003, l’Autorità ha
affrontato le problematiche relative ai
consorzi stabili, statuendo, in relazione al
sistema di attestazione dei predetti
consorzi, che, giusto quanto prescritto dal
citato articolo 36, “è la qualificazione
della singola impresa consorziata ad
acquisire una posizione di centralità
nell’ambito del sistema di qualificazione
del consorzio stabile.”
La medesima determinazione ha chiarito che,
per i consorzi stabili, la verifica del
possesso delle capacità strutturali non può
che essere il riscontro della permanenza
nelle imprese consorziate delle
qualificazioni che hanno consentito il
rilascio dell’attestazione originaria.
Nel caso in cui l’efficacia
dell’attestazione di uno o più consorziati
scada prima della prescritta verifica
triennale o prima della scadenza
quinquennale dell’attestazione del consorzio
stabile, cd. scadenza intermedia, sussiste
l’obbligo per il consorzio di chiedere alla
SOA l’adeguamento dell’attestazione.
Ai fini della partecipazione alla gara del
consorzio stabile di che trattasi, dalla cui
attestazione di qualificazione risultava
intervenuta la scadenza intermedia, si
richiama quanto disposto dall’Autorità con
determinazione n. 6/2004, nella quale viene
evidenziato che, ad intervenuta scadenza
triennale, l’impresa non può partecipare
alle gare nel periodo decorrente dalla data
di scadenza del triennio alla data di
effettuazione della verifica con esito
positivo.
La circostanza di aver in corso la verifica
dell’attestazione, se ottempera all’obbligo
del consorzio stabile di richiedere
l’adeguamento dell’attestazione, non
consente di per sé la partecipazione alla
gara nel periodo di effettuazione della
verifica da parte della società di
attestazione.
Ciò in quanto, proprio in virtù del fatto
che il consorzio stabile si qualifica
attraverso la sommatoria delle
qualificazioni possedute dai singoli
consorziati, fintanto che non è intervenuta
la verifica con esito positivo dei requisiti
dell’impresa consorziata, la cui
attestazione è scaduta, il consorzio stabile
è privo di efficace attestazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’ammissione alla
gara del consorzio stabile Generale Appalti
Pubblici soc. cons a r.l. non è conforme
alla normativa di settore
(parere
17.07.2008 n. 195 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
L’articolo 41 del Codice dei contratti
pubblici al primo comma annovera, a titolo
esemplificativo, i mezzi probatori che la
stazione appaltante può richiedere ai
concorrenti per la dimostrazione della loro
capacità economica e finanziaria, indicando
le idonee dichiarazioni bancarie, i bilanci
o estratti di bilanci dell’impresa, e la
dichiarazione concernente il fatturato
globale dell’impresa e l’importo relativo ai
servizi o forniture oggetto della gara,
realizzati negli ultimi tre esercizi.
La medesima disposizione, al secondo comma,
prevede che le amministrazioni precisino nel
bando di gara i requisiti che devono essere
posseduti dal concorrente, nonché gli altri
eventuali che ritengono di richiedere.
In tal modo, il legislatore riconosce la
possibilità alla stazione appaltante di
prevedere requisiti di capacità
economico-finanziaria ulteriori ed
eventualmente anche più severi, rispetto a
quelli previsti dal Codice dei contratti,
lasciando pertanto alla stazione appaltante
una discrezionalità nella definizione dei
requisiti medesimi.
In relazione a tale discrezionalità sia la
giurisprudenza amministrativa, sia
l’Autorità, hanno ritenuto che essa trovi il
proprio limite nel rispetto dei principi di
proporzionalità e ragionevolezza con
riferimento all’oggetto del contratto,
ovvero sia all’importo dell’appalto, sia
alle caratteristiche peculiari della
relativa prestazione contrattuale.
Nel caso di specie, il bando di gara a
capitolato d’oneri prevede l’obbligo per i
concorrenti di produrre dichiarazioni
bancarie rilasciate da almeno due Istituti
di Credito, che attestino l’idoneità
economica e finanziaria dell’impresa ai fini
dell’assunzione dell’appalto in questione e
la concessione o l’impegno a concedere
all’impresa partecipante, in caso di
aggiudicazione, di una linea di credito
dedicata all’assolvimento delle obbligazioni
pecuniarie determinate dall’appalto, per un
importo non inferiore alla base d’asta,
riferita alla durata triennale del contratto
(Euro 225.000,00).
Pertanto, la stazione appaltante,
avvalendosi della discrezionalità prevista
dall’articolo 41 del Codice dei contratti,
ha scelto di richiedere ai concorrenti, ai
fini della dimostrazione dei requisiti di
capacità, non solo la produzione di idonee
dichiarazioni bancarie rilasciate da almeno
due Istituti di Credito, ma anche la
concessione o l’impegno a concedere una
linea di credito.
Tale previsione, tuttavia, non risulta
essere adeguatamente giustificata, anche in
considerazione degli altri requisiti
previsti dalla documentazione di gara,
nonché dell’importo fissato a base d’asta.
Infatti la stazione appaltante, come
riportato in narrativa, sostiene che la
linea di credito richiesta rappresenti una
condizione preliminare a dimostrazione delle
capacità finanziarie delle ditte
partecipanti, cui non fa in ogni caso
seguito l’avvio di una procedura di apertura
di credito dopo l’aggiudicazione, procedura
che non è prevista nel bando di gara tra i
documenti da fornire prima della stipula del
contratto. Sul punto deve osservarsi come
non sembra ammissibile la previsione in sede
di partecipazione alla gara di un requisito
strettamente connesso alla fase contrattuale
che, tuttavia, non viene effettivamente
richiesto poi in sede di esecuzione
contrattuale.
Tale requisito di garanzia, sebbene non sia
realmente attivato in sede esecutiva,
comporta comunque un onere a carico del
concorrente, il cui costo si va a
sovrapporre a quello dovuto per la cauzione
provvisoria e per ottenere l’impegno del
fideiussore a rilasciare la cauzione
definitiva in caso di aggiudicazione. Detto
onere risulta del tutto ultroneo, atteso
che, a detta della stazione appaltante, non
è prevista nell’appalto una apertura di
credito dopo l’aggiudicazione.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che la previsione del
bando di gara nella quale, ai fini della
dimostrazione della capacità
economico-finanziaria, viene richiesto
l’impegno a concedere una linea di credito
nei termini riportati nel bando stesso
appare irragionevole e non giustificata
(parere
10.07.2008 n. 194 - link a
massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità
dell’aggiudicazione di un appalto di servizi
ad una società cooperativa.
La disciplina codicistica, segnatamente a
seguito della riforma del diritto societario
di cui al l D.lgs. 17.01.2003, n. 6 (recante
"riforma organica della disciplina delle
società di capitali e società cooperative")
ha sancito una sostanziale assimilazione
delle società cooperative alle società di
capitali. In particolare, l’art. 2511 cod.
civ. definisce le cooperative come "società
a capitale variabile con scopo
mutualistico", mentre il successivo art.
2518 stabilisce che "nelle società
cooperative per le obbligazioni sociali
risponde soltanto la società con il suo
patrimonio", così sancendo, anche per
tali società, la separazione del patrimonio
sociale rispetto a quello dei singoli soci,
analogamente a quanto accade per le società
di capitali. Infine l’art. 2519 cod. civ., a
chiusura della disciplina dedicata alle
società cooperative, prevede che a queste
ultime, "per quanto non previsto dal
presente titolo, si applicano in quanto
compatibili le disposizioni sulla società
per azioni". Inoltre, i principi
comunitari sanciti dal Trattato istitutivo
della Comunità Europea in materia di del
principio di concorrenza (art. 39, 43, 48,
81 del Trattato), in una con le disposizioni
comunitarie sugli appalti di servizi,
ostano, in ossequio alla giurisprudenza
della Corte di giustizia, a discriminazioni
fondate sul dato meramente formale della
veste assunta ad un operatori economici.
Conseguentemente, è legittima
l’aggiudicazione di un appalto di servizi ad
una società cooperativa (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 07.10.2008 n. 4901 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Incide sull’affidabilità
morale e professionale dell’impresa il reato
di omesso versamento dei contributi
previdenziali commesso dall’amministratore.
E’ legittima la revoca da parte la stazione
appaltante dell’aggiudicazione definitiva
nei confronti di una società che all’esito
delle verifiche dei requisiti di
affidabilità morale e professionale ed in
particolare della veridicità delle auto
dichiarazioni presentate, per il reato di
omesso versamento di contributi
previdenziali ed assistenziali, commesso
dall’amministratore, punito come illecito
dalla legge 11.11.1983 n. 638. Secondo anche
l’orientamento espresso dall’Autorità di
vigilanza dei LL.PP. con determinazione n.
56/2000, l’omesso versamento dei contributi
previdenziali è un reato capace di incidere
sulla affidabilità morale e professionale
perché di ostacolo alla instaurazione di un
normale rapporto di fiducia, e tale giudizio
risulta immune da irrazionalità od
illogicità (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.10.2008 n. 4845 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Recinzioni
e muri e “concessioni in precario”.
1.
La realizzazione di “'recinzioni, muri di
cinta e cancellate" può essere effettuata:
- contestualmente alla costruzione di un
edificio ed, in tal caso, dovrà essere
autorizzata con lo stesso provvedimento
abilitativo che riguarda l'edificio
medesimo;
- al servizio di un edificio preesistente:
ed in tal caso potrebbe essere considerata
alla stregua del regime delle opere
pertinenziali;
- indipendentemente dall'esistenza e dalla
costruzione di un fabbricato (con interventi
assai variegati quanto alle caratteristiche
costruttive ed ai materiali usati): ed in
tal caso potrà farsi ricorso anche alla
denuncia di inizio dell'attività, ma la
disciplina da applicare dovrà essere
individuata caso per caso.
2. Non può essere rilasciata una concessione
edilizia c.d. "in precario", con la quale
l'amministrazione comunale consenta una
situazione di palese abuso edilizio (per
contrasto con le prescrizioni urbanistiche
di zona) sulla base del solo impegno del
costruttore di rimuovere in futuro i
manufatti contrastanti con le indicazioni di
piano, anche su semplice richiesta dello
stesso Comune e breve preavviso, in quanto,
oltre a snaturare la tipicità della
concessione di costruzione, non potrebbe
avere altra funzione che quella di tollerare
una situazione di evidente abuso edilizio
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37578 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di un
sottotetto in mansarda.
I "volumi tecnici" sono i volumi -non
utilizzabili né adattabili ad uso abitativo-
strettamente necessari a contenere ed a
consentire l'eccesso di quelle parti degli
impianti tecnici che non possono, per
esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti stessi, trovare allocazione
all'interno della parte abitativa
dell'edificio realizzabile nei limiti
imposti dalle norme urbanistiche
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37575 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di un
sottotetto in mansarda.
La trasformazione di un sottotetto in
mansarda costituisce mutamento della
destinazione d'uso dell'immobile per il
quale è necessario il rilascio del permesso
di costruire e legittima l'emissione del
provvedimento di sequestro preventivo
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2008 n. 37566 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva,
confisca e giurisprudenza CEDU.
1.
Il reato di lottizzazione abusiva può
configurarsi in presenza di un intervento
sul territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in
zona non urbanizzata o non sufficientemente
urbanizzata, per cui esiste la necessità di
attuare le previsioni dello strumento
urbanistico generale attraverso la redazione
di un piano esecutivo e la stipula di una
convenzione lottizzatoria adeguata alle
caratteristiche dell'intervento di nuova
realizzazione ma anche allorquando detto
intervento non potrebbe in nessun caso
essere realizzato poiché, per le sue
connotazioni oggettive, si pone in contrasto
con previsioni di zonizzazione e/o di
localizzazione dello strumento generale di
pianificazione che non possono essere
modificate da piani urbanistici attuativi.
2.
Nei reati di lottizzazione (che sono
caratterizzati da una articolazione
particolarmente ampia di possibili modalità
esecutive ma si configurano già come reati
di pericolo) il legislatore ha anticipato il
momento di rilevanza penale del fenomeno,
per evitare che lo stesso possa incidere in
modo irrimediabile sull'assetto del
territorio; non occorre, però, che la
volontà dell'agente sia protesa a vanificare
le anzidette finalità di tutela, essendo
sufficiente che egli compia attività rivolte
alla trasformazione di terreni, con inizio
di opere edilizie o di urbanizzazione, ma
anche soltanto con atti giuridici
indirizzati a realizzare l'edificazione, in
violazione delle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o
comunque stabilite da leggi statali o
regionali. Il reato si connette sempre e
soltanto all'inosservanza delle
"prescrizioni" urbanistiche anzidette,
sicché il proprietario di un terreno non può
predisporne l'alienazione in una situazione
produttrice di alterazione o immutazione
circa la programmata destinazione della zona
in cui esso è situato ed il soggetto che
acquista un fondo per edificare deve essere
cauto e diligente nell'acquisire conoscenza
delle previsioni urbanistiche e
pianificatorie di zona riferite all'area in
cui vuole costruire. Il compratore che
omette di acquisire ogni prudente
informazione circa la legittimità
dell'acquisto si pone colposamente in una
situazione di inconsapevolezza che fornisce,
comunque, un determinante contributo causale
all'attività illecita del venditore.
3.
Le nozioni di "reato" (infraction; criminal
offence) di cui all'art. 7 della CEDU e di
"materia penale" (matière pénale; criminal
offence) di cui al precedente art. 6
risultano oggetto di valutazione autonoma da
parte degli organi della Convenzione, al
fine di poter prescindere (attraverso
l'utilizzazione di parametri sostanziali
capaci di cogliere l'intima essenza
dell'illecito) dalle peculiarità delle
legislazioni degli Stati membri, sì da
escludere una frammentazione su scala
nazionale dei termini e dei concetti
utilizzati all'interno della Convenzione.
L'ambito applicativo dell'art 7 della CEDU
si estende ben al di là degli illeciti e
delle sanzioni qualificati come "penali" in
base al diritto interno, finendo per
ricomprendere tutte le norme e tutte le
misure considerate "intrinsecamente penali”
in base alla concezione autonomista accolta
dalla giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, lasciando comunque alla
discrezionalità degli Stati membri la
soluzione del problema relativo alla
individuazione delle fonti penali legittime
e concentrando la propria attenzione sugli
aspetti sostanziali della legge e sulle
garanzie che da essi derivano. Avuto
riguardo a quanto indicato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 348 del
22.10.2007 e considerato che nella decisione
del 30.08.2007 della Corte di Strasburgo è
stata affermata l'esistenza di un contrasto
tra la disposizione censurata (in tema di
confisca a seguito di lottizzazione abusiva)
ed un diritto garantito dalla CEDU, Può
affermarsi che non vi è attualmente
questione di possibile interpretazione del
nostro ordinamento in modo conforme alla
stessa Convenzione né si pone l'alternativa
tra interpretazione conforme ed incidente di
costituzionalità. Va evidenziato, del resto,
che –nella fattispecie- la lottizzazione
abusiva sussiste in tutti gli elementi
previsti dalla legge penale (è stata
accertata, cioè, una condotta "che, al
momento in cui è stata commessa, costituiva
reato secondo il diritto interno") ed al
commesso reato è stata esclusa
l'applicazione della pena principale per il
solo decorso del tempo, il cui effetto
sull'inflizione delle sanzioni penali è
regolato dal legislatore interno secondo una
discrezionalità sulla quale non sembra che
abbiano incidenza le disposizioni della
Convenzione europea.
4.
I "terreni lottizzati" ovvero "rientranti
nel generale progetto lottizzatorio" vanno
identificati in quelli che risultano oggetto
di un'operazione di frazionamento
preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a
scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un
preventivo frazionamento, va confiscata
tutta l'area interessata da tale
frazionamento nonché dalla previsione delle
relative infrastrutture ed opere
urbanizzative, indipendentemente
dall'attività di edificazione posta
concretamente in essere. Nell'ipotesi,
invece, non sia stato predisposto un
frazionamento fondiario e tuttavia si sia
conferito, di fatto, un diverso assetto ad
una porzione di territorio comunale, la
confisca va limitata a quella porzione
territoriale effettivamente interessata
dalla vendita di lotti separati dalla
edificazione e dalla realizzazione di
infrastrutture
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.10.2008 n. 37472 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Reato di
superamento dei limiti tabellari.
L’art. 137, comma 5, D.Lv. 152/2006, con
formulazione ancora più chiara rispetto al
passato, evidenzia che il legislatore ha
voluto punire lo scarico di acque reflue
industriali che recapita in acque
superficiali o in fognatura quando supera i
valori limiti fissati nella tabella 3,
nonché lo scarico sul suolo di acque reflue
industriali quando supera i valori limite
fissati nella tabella 4, anche se il
superamento tabellare non riguarda le
diciotto sostanze più pericolose elencate
nella tabella 5.
Ha punito, inoltre, con la stessa pena
qualsiasi scarico di acque reflue
industriali (in acque superficiali, in
fognatura, sul suolo) che superi i limiti
più restrittivi fissati dalle regioni, dalle
province autonome o dalle autorità di
gestione del servizio idrico integrato, in
relazione alle diciotto sostanze elencate
nella tabella 5, per le quali - in ragione
della loro maggior pericolosità - le
autorità suddette non possono adottare
limiti meno restrittivi
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37279 -
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URBANISTICA: Lottizzazione
(autorizzazione, sanzioni amministrative,
“condono paesaggistico”).
1. Il procedimento amministrativo di
formazione dei piani di lottizzazione deve
essere ripercorso allorquando si intende
apportare ad essi modifiche che, per la loro
entità e funzione, possano qualificarsi come
rilevanti e diano luogo ad una
pianificazione lottizzatoria sostanzialmente
divergente da quella adottata. I piani di
lottizzazione -anche qualora riguardino zone
di territorio non soggette a vincolo
paesistico- necessitano, nell'ambito del
relativo procedimento di approvazione, di
preventiva valutazione paesaggistica, di
competenza delle Regioni quale intervento
consultivo di carattere generale e
programmatorio circa la compatibilità
ambientale dello strumento urbanistico
attuativo. I due atti possono fondersi in un
unico provvedimento avente natura complessa,
ma in tal caso è comunque necessario che
l'atto complesso compia entrambe le distinte
valutazioni che sono proprie dell'attività
consultiva e di quella autorizzatoria in
senso proprio.
2. Quando il giudice ravvisa l'esistenza di
un'ipotesi di lottizzazione abusiva -pure in
presenza di atti autorizzatori, che però
risultino in contrasto con previsioni di
legge o di piano- non opera alcuna
disapplicazione del provvedimento
amministrativo, ma si limita ad accertare la
conformità del fatto concreto alla
fattispecie astratta descrittiva del reato,
poiché, giunge all'accertamento
dell'abusività della lottizzazione
prescindendo da qualunque giudizio
sull'autorizzazione. Ciò ben si spiega con
la "ratio" dello stesso reato di
lottizzazione abusiva, poiché il legislatore
-in situazioni implicanti la trasformazione
urbanistico-edilizia di aree territoriali
non ancora o parzialmente urbanizzate- ha
inteso tutelare non soltanto la potestà
pubblica di programmazione territoriale
considerata sotto l'aspetto del suo
esercizio ma, ed essenzialmente, la
risultante di questa, ossia la concreta
conformazione del territorio derivata dalle
scelte di programmazione effettuate.
3. L'art. art. 30, 7° comma, del T.u. n.
380/2001, nel disciplinare il procedimento
sanzionatorio amministrativo, si riferisce
alla sola lottizzazione in assenza di
autorizzazione, in quanto dispone che
l'amministrazione emette ordinanza di
sospensione dell'attività illecita soltanto
"nel caso in cui accerti l'effettuazione di
lottizzazione di terreni a scopo
edificatorio senza la prescritta
autorizzazione".
Ciò vale, però, esclusivamente per
l'applicazione delle sanzioni
amministrative, ove gli organi competenti
dell'amministrazione -qualora accertino
l'illegittimità di una lottizzazione già
autorizzata- devono prima annullare il
provvedimento illegittimo e poi dare inizio
alla procedura sanzionatoria.
4. Il c.d. "condono paesaggistico"
–introdotto dal comma 37 dell'unico articolo
della legge n. 30812004 ed applicabile ai
reati paesaggistici compiuti entro e non
oltre il 30.09.2004- estingue il reato di
cui all'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (già
art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) e "ogni
altro reato in materia paesaggistica". Tale
provvedimento sanante non soltanto non
estingue il reato di lottizzazione abusiva,
non essendo espressamente prevista come
causa estintiva di detto reato, ma neppure è
incompatibile con la confisca, perché
l'autorità amministrativa preposta alla
tutela del vincolo paesaggistico difettando,
in questa veste, di competenza quanto al
governo del territorio non riconosce
evidentemente con esso la conformità della
lottizzazione alla normativa urbanistica ed
edilizia ed agli strumenti urbanistici
generali vigenti sul territorio, né
esplicita il proprio intendimento di
lasciare il terreno lottizzato alla
disponibilità dei proprietari, rinunciando
implicitamente ad acquisirlo al patrimonio
indisponibile del Comune
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37274 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Abusiva trasformazione
di volumi tecnici in abitativi.
La
realizzazione di vani abitativi in numero
maggiore di quelli autorizzati, con abusiva
trasformazione di volumi tecnici in
superfici e volumi destinati ad uso
abitativo, non integra affatto una ipotesi
di aumento delle "cubature accessorie" o di
"diversa distribuzione interna delle singole
unità abitative", bensì comporta una
significativa modifica delle opere
realizzate rispetto a quelle assentite e ha
come risultato un "carico abitativo" non
previsto
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37253 -
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EDILIZIA PRIVATA: Responsabilità
del direttore dei lavori.
Il
direttore dei lavori è penalmente
responsabile per l'attività edificatoria non
conforme alle prescrizioni della concessione
edilizia. L'art. 29, 2° comma, del T.U. n.
380/2001 esonerano lo stesso professionista
da tale responsabilità qualora egli:
- abbia contestato al titolare del permesso
di costruire, al committente ed al
costruttore la violazione delle prescrizioni
del provvedimento amministrativo;
- abbia fornito contemporaneamente
all'Amministrazione comunale motivata
comunicazione della violazione stessa e,
nelle ipotesi di totale difformità o di
variazione essenziale, abbia altresì
rinunziato contestualmente all' incarico.
Il recesso tempestivo dalla direzione dei
lavori, in ogni caso, deve ritenersi
pienamente scriminante per il professionista
e la "tempestività" ricorre quando il
recesso intervenga non appena l'illecito
edilizio obiettivamente si profili, ovvero
appena il direttore dei lavori abbia avuto
conoscenza che le corrette direttive da lui
impartite siano state disattese o violate.
Il direttore dei lavori è responsabile,
invece, nei casi di irregolare vigilanza
sull'esecuzione delle opere edilizie, avendo
egli l'obbligo di sovrintendere con
necessaria continuità a quelle opere della
cui esecuzione ha assunto la responsabilità
tecnica (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37250 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Condono edilizio e
documentazione fotografica.
La
formulazione della disciplina che introdusse
il c.d. "condono edilizio" e la pubblicità
che ne precedettero l'emanazione
costituirono un fattore oggettivamente
incentivante la commissione di illeciti
edilizi ed urbanistici, posto che la miscela
creatasi fra la definizione di un termine
così prossimo per i lavori che potevano
usufruire di sanatoria e le obiettive
difficoltà di puntuale verifica da parte
degli enti preposti al controllo
prospettarono elevati margini di impunità
per coloro che avessero realizzato nuove
opere in tempi rapidi confidando nel mancato
accertamento dell'effettiva epoca dei
lavori.
Più volte questa Corte ha avuto modo di
verificare che sono state avviate indagini
penali, da parte degli uffici del Pubblico
ministero di propria iniziativa oppure
dietro trasmissione degli atti da parte
degli organi giudicanti di merito,
sussistendo in atti elementi di evidenza
circa false attestazioni dei richiedenti in
ordine alla conclusione dei lavori entro il
mese di marzo 2003.
A fronte dell'evidenza del pericolo che
siffatta situazione comportava per il
territorio e l'ambiente, molte
amministrazioni locali hanno dato corso
spontaneamente a tempestive iniziative volte
a cristallizzare mediante adeguata
documentazione (ove possibile mediante
rilevazioni aerofotografiche) la situazione
di fatto esistente al momento
dell'emanazione della legge. Tale attività
ed i suoi risultati devono essere ricondotti
alle competenze amministrative proprie degli
enti e non assumono, di per sé, alcuna
rilevanza sul piano degli atti di indagine.
Ciò non toglie che nei casi in cui si
proceda ad indagini che rendono rilevante la
data di esecuzione dei lavori non
autorizzati la documentazione così acquisita
dagli enti territoriali venga legittimamente
introdotta fra gli elementi probatori e
vengano assunte dal giudicante le
dichiarazioni di coloro che procedettero
alla rilevazione dello stato dei luoghi in
sede amministrativa
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.10.2008 n. 37243 -
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APPALTI: 1.
GARA D'APPALTO - CRITERIO OFFERTA
ECONOMICAMENTE PIU' VANTAGGIOSA -
PUBBLICITA' SEDUTE DI GARA - RIGUARDA SOLO
L'APERTURA DELL'OFFERTA ECONOMICA.
2. GARA D'APPALTO - BANDO DI GARA - NATURA -
ATTO GENERALE E NON ATTO REGOLAMENTARE -
DISAPPLICAZIONE CLAUSOLE RITENUTE
ILLEGITTIME - INAMMISSIBILITA' - ONERE DI
IMPUGNAZIONE.
3. GARA D'APPALTO - BANDO DI GARA - CLAUSOLE
RELATIVE A CRITERI DI VALUTAZIONE E
COMPOSIZIONE COMMISSIONE - ONERE DI
IMMEDIATA IMPUGNAZIONE - INSUSSISTENZA.
4. GARA D'APPALTO - CONFRONTO A COPPIE - IN
PRESENZA DI DUE SOLE OFFERTE - INUTILITA'.
1.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti
o dei servizi pubblici, svolte secondo il
metodo dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la pubblicità è imposta nella
sola fase riguardante l'apertura della busta
recante l'offerta economica (Consiglio
Stato, sez. V, 19.04.2007, n. 1790). La
Sezione aveva avuto modo, in passato, di
affermare analogo principio,statuendo che “il
principio di pubblicità della gara può
essere derogato, in relazione all'apertura
dei plichi contenenti la documentazione di
gara e le offerte, nell'ambito delle
procedure regolate dal criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, stante la
necessità per la commissione giudicatrice di
procedere ad una specifica valutazione
tecnica delle offerte” (Consiglio Stato,
sez. VI, 04.11.2002, n. 6004).
2. Il bando di gara non ha valenza
regolamentare ma integra l’ipotesi di atto
generale, facendosi da tale qualificazione
discendere la conseguenza che, “a
prescindere dal tipo di illegittimità
(nazionale o comunitaria), il bando di
concorso non può essere mai disapplicato,
sussistendo nei suoi confronti
esclusivamente l'onere di immediata
impugnazione quando esso arrechi
un'immediata lesione, per i contenuti
concernenti i requisiti di partecipazione,
tali da precludere "ex ante" la
proposizione, con esito favorevole, della
domanda di ammissione, quali quelli che,
come nella specie, ammettono od escludono
determinate categorie di soggetti (ovvero
l'annullamento del bando stesso da parte
della p.a. che lo ha emanato). D'altronde,
il bando di gara non è un atto a valenza
normativa, come invece i regolamenti (per i
quali si invoca, al contrario, in quanto
tali, il principio della disapplicazione),
ma è un atto generale ed al g.a. non è dato
il potere di disapplicare atti
amministrativi non aventi valenza
regolamentare” (Consiglio Stato, sez.
IV, 22.09.2005, n. 5005).
3. In tema di gara d'appalto per
l'aggiudicazione dei contratti delle p.a.,
va escluso che debbano essere immediatamente
impugnate le clausole del bando o della
lettera di invito che non incidano
direttamente ed immediatamente
sull'interesse del soggetto a partecipare
alla gara, e, dunque non determinino, per lo
stesso, un immediato arresto procedimentale;
pertanto, non sono suscettibili di
impugnazione immediata, le clausole relative
alle modalità di valutazione delle offerte
ed attribuzione dei punteggi e, in generale,
alle modalità di svolgimento della gara
nonché alla composizione della commissione
giudicatrice (Consiglio Stato, sez. V,
16.03.2005, n. 1079).
4. In sede di gara pubblica, allorché i
progetti da esaminare sono solo due, il
sistema del confronto a coppie è
evidentemente inutile, perché c'è una sola
coppia di ogni elemento di valutazione e
basta effettuare la somma dei punteggi di
ciascun commissario e determinare poi la
media delle somme, ma non distorsivo, con la
conseguenza che la sua applicazione non può
essere considerata illegittima (Consiglio
Stato, sez. V, 19.06.2006, n. 3579, ma anche
Consiglio Stato , sez. V, 09.05.2006, n.
2524)
(Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 30.09.2008 n. 4699 -
link a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla chiusura di un
preesistente balcone con infissi in
alluminio.
Sono assoggettate a permesso di costruire
non le sole attività di edificazione, ma
tutte quelle consistenti nella modificazione
dello stato materiale a della conformazione
del suolo per adattarlo ad un impiego
diverso da quello che gli è proprio, in
relazione alla sua condizione naturale ed
alla sua qualificazione giuridica.
Nella specie, la chiusura del preesistente
balcone mediante apposizione di un infisso
–per quanto smontabile- in alluminio e vetro
comporta trasformazione urbanistica in
ragione della sua destinazione ad uso non
limitato nel tempo e della alterazione
prodotta nello stato del territorio, in
considerazione del suo rilievo ambientale e
funzionale (Consiglio Stato, sez. V,
08.04.1999, n. 394; TAR Lazio, sez. II,
17.07.1986, n. 1156). Di conseguenza,
legittimamente l’amministrazione ha disposto
la demolizione dell’opera in questione, non
assentibile per violazione dell’art. 32 della
variante di salvaguardia al P.R.G. approvato
con DPGRC n. 323 dell’11.06.2004, come
rilevato nel parere della Commissione
Edilizia del 13.07.2006. Infatti nella
sottozona B, sottozona Ba, dove è ubicato il
fabbricato di cui trattasi, ai sensi
dell’art. 32 della variante citata sono
consentiti esclusivamente interventi di
conservazione di volumi legittimi
preesistenti. Nella specie tale requisito
non sussiste, in quanto la chiusura del
balcone comporta un incremento della
volumetria abitabile, così come chiarito
dianzi.
Nessuna
rilevanza, ai fini della legittimità della
demolizione, assume il fatto che l’opera sia
di vecchia fattura: la repressione degli
abusi edilizi costituisce infatti un preciso
obbligo dell'amministrazione, la quale non
gode di alcuna discrezionalità al riguardo
-anche nel caso di abuso commesso in epoca
risalente- tanto più che non sussiste alcun
legittimo affidamento in capo al
contravventore che possa giustificare la
conservazione di una situazione di fatto
"contra ius" (TAR Veneto, 05.03.2008, n.
569) (TAR
Campania-Napoli, Se. IV,
sentenza 29.09.2008 n. 11818
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Gli alberghi vanno
compresi tra gli impianti produttivi.
In merito alla questione circa la natura
produttiva o meno delle strutture
alberghiere va, preliminarmente, osservato
che tali strutture sono entità di interesse
pubblico, trattandosi di servizio offerto
alla collettività e caratterizzato da una
pubblica fruibilità (Cons. St., V,
15.07.1998, n. 1044, e IV, 29.10.2002, n.
5913).
Non a caso (Cons. St., IV, 13.12.2005, n.
7031) la legislazione vigente, in generale e
da lungo tempo, disciplina le attività
alberghiere ritenendole strettamente
collegate, in particolare, agli interessi
della sicurezza e della salute pubblica,
nonché dello sviluppo turistico (r.d.L.
02.01.1936, n. 726, convertito nella L.
24.07.1936 n. 1692, concernente il c.d.
vincolo alberghiero; r.d.L. 21.10.1937, n.
2180, modificato dalla L. 25.03.1950, n.
228, relativo alla dichiarazione di pubblica
utilità della costruzione di nuovi alberghi
e l’ampliamento o trasformazione di quelli
già esistenti).
Come questo Consiglio ha avuto modo di
rilevare, in base all’art. 10 della legge
10/1977 ed alla luce della legge quadro per
il turismo n. 2217/1983, l’attività
alberghiera si deve considerare accorpata in
unica destinazione a quella turistica ed a
quelle commerciali (Consiglio di Stato V,
12.10.1992, n. 1005 e 04.08.2000, n. 4302).
In definitiva, contrariamente a quanto
ritenuto dal Comune e dal Tar, gli alberghi
vanno compresi tra gli impianti produttivi,
a termini dell’art. 1, comma 1-bis, D.P.R.
20.10.1988, n. 447, come introdotto
dall’art. 1 D.P.R. 07.12.2000 n. 440 e
secondo il quale “Rientrano tra gli
impianti di cui al comma 1 quelli relativi a
tutte le attività di produzione di beni e
servizi, ivi incluse le attività agricole,
commerciali e artigiane, le attività
turistiche ed alberghiere, i servizi resi
dalle banche e dagli intermediari
finanziari, i servizi di telecomunicazioni”
(Consiglio di Stato, VI, 07.08.2003, n.
4568).
Ne segue, quanto ai fini dell’edificazione
di un albergo in zona c.d. bianca, quale
quella di cui si discute, l’applicabilità
dell’art. 4, comma 4, lett. c, della legge
n. 10 del 1977 (per il quale “le superfici
coperte degli edifici o dei complessi
produttivi non possono superare un decimo
dell’area di proprietà”)
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.09.2008 n. 4661
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI: INCARICHI
ESTERNI - MANCATA VALUTAZIONE COMPARATIVA
TRA CURRICULA - ASSENZA DI PUBBLICITA'
PREVENTIVA - ASSENZA DI MOTIVAZIONE IN
ORDINE ALLA SCELTA OPERATA - ILLEGITTIMITA'.
E' illegittimo l’affidamento di un incarico
non preceduto da una valutazione comparativa
tra i curricula dei candidati e non sorretto
da adeguata motivazione circa i criteri
della scelta operata (TAR Piemonte, Sez. I,
25.10.2007, n. 3230). Si impone pertanto il
rispetto di una procedura comparativa di
valutazione di diverse proposte, ovviamente
preceduta dalla pubblicazione di un avviso,
valutazione da esternare con una motivazione
assistita dai consueti attributi dell’adeguateza
e della congruità.
Quanto agli incarichi di collaborazione e
consulenza conferiti ad avvocati, ancor più
di recente si è pronunciato il TAR Napoli,
affermando la necessità della previa
adozione di procedure comparative rese
adeguatamente note attraverso idonea
pubblicità, e statuendo l’illegittimità del
conferimento di incarichi di collaborazione
e di consulenza legale non preceduti dalle
predette procedure ad evidenza pubblica, in
diretta applicazione dell’art. 7, comma
6-bis, del d.lgs. n. 165/2001 (TAR
Campania-Napoli, Sez. II - 21.05.2008 n.
4855)
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 29.09.2008 n. 2106 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: GARA
D'APPALTO - REGOLARIZZAZIONE DOCUMENTALE -
LIMITI - NON PUO' TRADURSI IN INTEGRAZIONE
POSTUMA DOCUMENTI MANCANTI.
Nell’ambito delle procedure di evidenza
pubblica, dominate dall’esigenza di
garantire la parità di trattamento dei
concorrenti (v. art. 2 del Codice dei
contratti pubblici, di cui al d.lgs. n.
163/2006), i poteri di regolarizzazione
della documentazione richiesta dal bando a
pena di esclusione possono essere esercitati
solo se non comportino una integrazione di
elementi documentali mancanti; e quindi solo
se non riguardano il contenuto del documento
richiesto a pena di esclusione (sul punto si
veda, perspicuamente, Consiglio di Stato,
sez. V, 28.06.2006, n. 4222, in cui,
condivisibilmente, quanto alla dominanza del
principio di parità di trattamento, si
osserva che anche «l'evidenza dell'errore
materiale, in cui sia incorsa una impresa
concorrente nella presentazione della
documentazione di gara, non può eliminarne
la rilevanza escludente, senza mettere in
dubbio con effetti devastanti la certezza
delle regole … Non può ignorarsi, infatti,
che nelle procedure concorsuali, la pretesa
"conservazione" di un atto non conforme alle
regole della gara, favorisce il concorrente
che lo ha presentato ma danneggia gli altri,
i quali hanno il diritto di sfruttare anche
l'errore involontario commesso
dall'avversario… Quanto alle norme contenute
nella legge n. 241 del 1990, la
giurisprudenza della sezione è ferma nel
ritenere che il potere del responsabile del
procedimento, di cui all'art. 6, comma 1,
lett. b), l. 07.08.1990 n. 241, di chiedere
la rettifica di dichiarazioni o istanze
erronee, non può essere applicato in un
procedimento formale e concorsuale nel cui
ambito vi siano stati errori o omissioni
significativi, perché comporterebbe
l'alterazione del principio di parità delle
condizioni tra i partecipanti alla gara
(Consiglio di Stato, sezione quinta,
22.01.2003, n. 246; 22.06.2004 n. 4360)»;
nonché, sull’ampiezza dei poteri di
regolarizzazione o del potere di chiedere
chiarimenti ai partecipanti a procedure
concorsuali, Cons. Stato, sez. IV,
25.03.2005, n. 1284, che individua il
confine «fra il dovere
dell'amministrazione di provvedere alla
regolarizzazione dei documenti presentati
dai candidati ed il principio della "par
condicio" tra i partecipanti ad una
selezione concorsuale … nella distinzione
del concetto di regolarizzazione da quello
di integrazione documentale, tenendo
presente che quest'ultima non è mai
consentita risolvendosi in un effettivo
"vulnus" del principio di parità di
trattamento, a differenza della
regolarizzazione, che attiene a circostanze
o elementi estrinseci al contenuto della
documentazione»)
(Tar Sardegna, Sez. I,
sentenza 29.09.2008 n. 1796 -
link a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla distanza degli
allevamenti dalle zone residenziali.
L’intera disciplina delle distanze dagli
allevamenti ha natura igienico-sanitaria.
Questa caratteristica non consente di
equiparare le suddette distanze a quelle
aventi finalità propriamente urbanistica,
come è il caso delle distanze dai confini.
Pertanto anche se inserite negli strumenti
urbanistici le norme sulle distanze dagli
allevamenti seguono i principi dei RLI e
sono derogabili alle condizioni previste
dagli stessi (ossia normalmente qualora si
dimostri che mediante accorgimenti
tecnologici e barriere naturali o
artificiali è possibile ottenere un livello
di protezione equivalente a quello dato
dalla distanza). Sotto un profilo formale le
disposizioni dello schema-tipo di RLI
approvato dalla ASL prevalgono sulla
normativa comunale: l’art. 9 comma 4 della
LR 26.10.1981 n. 64 stabilisce, infatti,
l’obbligo per i comuni di conformare i
propri RLI allo schema-tipo, e il comma 5
della stessa norma prevede che nel caso di
mancato recepimento nel termine di 120
giorni si applica direttamente in ambito
comunale la disciplina della ASL (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 22.09.2008 n. 1103 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: CONTRATTI
DELLA P.A. - STIPULA CONTRATTO - TERMINE
DILATORIO TRENTA GIORNI EX ART. 11, C. 10,
DLGS 163/2006 - STIPULA ANTICIPATA PER
RAGIONI DI URGENZA - VALUTAZIONE RIMESSA
ALL'AMMINISTRAZIONE - LEGITTIMITA' -
FATTISPECIE.
E' legittima la stipula del contratto prima
dei trenta giorni previsti dall'art. 11, c.
10, dlgs. 163/2006, con riferimento
all'urgenza derivante dall'eccessiva
onerosità del rinnovo-proroga della fase
transitoria del precedente contratto.
L'effettività dell’urgenza per la stipula
anticipata del contratto è un valutazione
rimessa all’amministrazione, che deve
assicurare la "buona amministrazione" (art.
97 cost.)
(TAR
Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 12.08.2008 n. 728 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Appalti
pubblici – commissione di gara – consulenti
esterni – ammissibilità – limiti – apporto
sostitutivo – illegittimità [art. 84, d.lgs.
163/2006].
In tema di valutazioni delle offerte
relative ad una gara di appalto, il ricorso
a consulenti esterni è ammissibile nei
limiti di un apporto cognitivo necessario,
ma non può tradursi in un apporto
sostitutivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali di competenza della
commissione di gara
(TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 15.05.2008 n. 481 -
link a www.mediagraphic.it). |
AGGIORNAMENTO
ALL'08.10.2008 |
ã |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
"Modifiche ed integrazioni alla d.GR. n.
7977/2008 «Determinazioni in merito alla
verifica della sussistenza dei requisiti di
organizzazione e di competenza
tecnico-scientifica per l'esercizio delle
funzioni paesaggistiche» (art. 146, c. 6,
d.lgs. n. 42/2004)" (deliberazione
G.R. 01.10.2008 n. 8139). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
Commissioni paesaggio: nuovi criteri per gli
Enti Locali
(link
a www.regione.lombardia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Funzioni paesaggistiche e
verifica requisiti potestà autorizzativa.
Nel corso di una serie di incontri
territoriali, la Direzione territorio
illustrerà ai Sindaci, alle Comunità
Montane, alle Province e agli Enti Parco, i
contenuti della Deliberazione regionale
7977/2008 riguardante l'esercizio delle
funzioni paesaggistiche e la verifica dei
requisiti della potestà autorizzativa in
questo settore da parte degli Enti
autorizzatori (link
a www.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Chiarimenti sugli aspetti
applicativi della normativa regionale e
statale in materia di localizzazione e
modifica di impianti di distribuzione
carburanti (circolare
23.09.2008 n. 8507 di prot. -
link a www.regione.lombardia.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
L’art. 72, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006,
nel caso delle procedure ristrette, prevede
che: “sempre che siano state richieste in
tempo utile, le informazioni complementari
sui capitolati d’oneri, sul documento
descrittivo o sui documenti complementari,
sono comunicate dalle stazioni appaltanti
ovvero dallo sportello competente ai sensi
dell’articolo 9, almeno sei giorni prima
della scadenza del termine stabilito per la
ricezione delle offerte”.
Secondo la previsione sopracitata, pertanto,
le risposte ai chiarimenti sulla
documentazione di gara possono essere
fornite dalla stazione appaltante, sempre
che siano state richieste “in tempo utile”.
Il tempo utile entro cui formulare le
richieste di chiarimenti è, nella
documentazione della gara in esame, fissato
in dieci giorni dalla data di pubblicazione
del bando. Pertanto, essendo il bando stato
pubblicato in data 05.10.2007, il termine
per poter presentare le domande di
chiarimenti sulla documentazione di gara
veniva a scadere il giorno 15.10.2007. Dopo
detto termine, dunque, l’Ambito Territoriale
del Comune di San Marco in Lamis non poteva
prendere in considerazione le eventuali
richieste di chiarimento pervenute
successivamente. Per quanto attiene alla
proroga del termine di presentazione delle
offerte concessa dalla stazione appaltante,
deve rilevarsi come tale possibilità rientri
nella discrezionalità dell’amministrazione
che, ove ravvisi errori materiali ovvero
profili di poca chiarezza, può decidere di
rettificare la documentazione di gara,
concedendo una proroga dei termini di
presentazione dell’offerta, al fine di
permettere ai partecipanti di preparare
l’offerta tenendo in conto le modifiche
apportate.
Una volta che viene ristabilito dalla
stazione appaltante il termine entro cui le
offerte devono pervenire, detto termine è da
intendersi perentorio a garanzia della par
condicio dei concorrenti e della segretezza
dell’offerta e, pertanto, non possono essere
accolte offerte pervenute successivamente
alla data e all’ora prefissata come termine
ultimo di presentazione delle offerte.
Per quanto attiene alla censura in ordine
alla mancata presentazione della
dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e
47 del D.P.R. n. 445/2000 sulla inesistenza
delle cause ostative alla partecipazione
alle gare previste dall’art. 38 del D.Lgs.
n. 163/2006 questa Autorità, nei propri
pareri n. 164 del 21.05.2008 e n. 187 del
19.06.2008 ha già evidenziato quali sono i
soggetti tenuti obbligatoriamente a
presentare la suddetta autodichiarazione. In
particolare l’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006
prevede chiaramente, al comma 1, lett. b),
che soggetti obbligati sono: “il titolare
o il direttore tecnico, se si tratta di
impresa individuale; il socio o il direttore
tecnico se si tratta di società in nome
collettivo, i soci accomandatari o il
direttore tecnico se si tratta di società in
accomandita semplice, gli amministratori
muniti di poteri di rappresentanza o il
direttore tecnico, se si tratta di altro
tipo di società”. Inoltre, ai sensi
della lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, i soggetti cui l’esclusione si
applica, sono coloro: “nei confronti dei
del titolare o del direttore tecnico se si
tratta di impresa individuale; del socio o
del direttore tecnico, se si tratta di
società in nome collettivo; dei soci
accomandatari o del direttore tecnico se si
tratta di società in accomandita semplice;
degli amministratori muniti di potere di
rappresentanza o del direttore tecnico se si
tratta di altro tipo di società o consorzio”.
Inoltre, solo per la fattispecie descritta
dalla lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, l’esclusione e il divieto operano
anche “nei confronti dei soggetti cessati
dalla carica nel triennio antecedente la
data di pubblicazione del bando di gara,
qualora l'impresa non dimostri di aver
adottato atti o misure di completa
dissociazione della condotta penalmente
sanzionata”.
La ratio della suddetta norma, come già è
stato espresso nei precedenti pareri citati,
è far sì che le dichiarazioni siano
personalmente rese dagli interessati dal
momento che il genere di dichiarazioni
richieste costituisce frutto di informazioni
su qualità personali e sulle relative
vicende professionali e/o individuali dei
soggetti muniti di poteri di rappresentanza
o dei direttori tecnici che, non
necessariamente, possono essere a conoscenza
del rappresentante legale dell’impresa,
trattandosi di eventi (specie quelli
connessi a procedimenti penali) che esulano
da fattori rientranti nella organizzazione
aziendale, quindi non può costituirsi un
onere di conoscenza in capo al legale
rappresentante della stessa.
Pertanto, sulla base del principio di etero
integrazione, sebbene il bando di gara non
riportasse specificamente quali soggetti
dovessero rendere la dichiarazione e
contenesse il solo riferimento alla norma
del codice, le autodichiarazioni, rese ai
sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n.
445/2000, sull’assenza delle cause ostative
alla partecipazione dalle gare devono essere
obbligatoriamente presentate dai soggetti
sopra citati, così come disposto dall’art.
38 del D.Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che:
- la stazione appaltante non doveva
considerare le richieste di chiarimento
formulate oltre il termine utile;
- la possibilità di rettificare la
documentazione di gara e concedere una
proroga nella presentazione delle offerte
rientra nella discrezionalità della stazione
appaltante;
- le offerte pervenute oltre il termine di
scadenza non possono essere ammesse;
- i soggetti obbligati a rendere
l’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46
e 47 del D.P.R. n. 445/2000, sull’assenza
delle cause ostative alla partecipazione
dalle gare, sono indicati chiaramente
dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006
(parere
10.07.2008 n. 193 -
link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
La problematica sottoposta all’attenzione
dell’Autorità riguarda la possibilità che un
consorziato di un consorzio fra imprese
artigiane possa eseguire appalti di lavori
pubblici in mancanza di attestazione SOA.
I consorzi fra imprese artigiane, costituiti
ai sensi della legge 08.08.1985 n. 443,
previsti dall’articolo 34, comma 1, lettera
b) del d. Lgs. n. 163/2006 (insieme ai
consorzi fra società cooperative di
produzione e lavoro ex legge n. 422/1909)
quali soggetti ammessi a partecipare alle
procedure di affidamento di contratti
pubblici, ai sensi dell’articolo 35 del
medesimo decreto devono possedere e
comprovare i requisiti di idoneità tecnica e
finanziaria per l’ammissione alle procedure
di appalto, salvo che per quelli relativi
alla disponibilità delle attrezzature e dei
mezzi d’opera, nonché all’organico medio
annuo, che sono computati cumulativamente in
capo al consorzio ancorché posseduti dalle
singole imprese consorziate.
I consorzi fra imprese artigiane si
caratterizzano per l'organizzazione comune
che gli imprenditori istituiscono per
disciplinare o svolgere determinate fasi
della propria attività attraverso lo
strumento della cooperazione interaziendale,
finalizzata alla riduzione dei costi di
gestione ed all'accesso a possibilità di
sviluppo economico non realizzabili senza
l'organizzazione consortile. Al riguardo,
l’orientamento del Consiglio di Stato,
pronunce n. 2183/2003 e n. 3477/2007, è nel
senso che la ratio che sorregge la
costituzione di detti consorzi è data
dall'esigenza di consentire, grazie alla
sommatoria dei requisiti posseduti dalle
singole imprese, la partecipazione a
procedure di gara, di imprese artigiane che,
isolatamente considerate, non sarebbero in
possesso dei requisiti richiesti o,
comunque, di effettive chances competitive.
Occorre evidenziare la natura del rapporto
tra consorzio ed imprese consorziate, in
base al quale, attraverso la struttura
comune di impresa, il consorzio assume la
veste di "procacciatore di contratti di
appalto", strumento di supporto tecnico
economico e finanziario che svolge detta
attività nell'interesse e per conto delle
imprese consorziate, tramite l'imputazione
dei contratti e dei rapporti giuridici a sé
stesso. Ed è per questo motivo che la
qualità di appaltatore, e la relativa
responsabilità, è propria del solo
consorzio.
In virtù del particolare rapporto consortile
–rapporto organico- esistente in tale
tipologia di consorzi, l’articolo 35 del d.
Lgs. n. 163/2006 dispone che i requisiti di
idoneità tecnica e finanziaria devono essere
posseduti e comprovati dai consorzi stessi e
non dalle singole società consorziate che
eseguiranno i lavori, mentre i requisiti di
carattere morale devono essere posseduti dal
consorzio e da ciascuna delle imprese che
partecipano al consorzio stesso.
Con determinazione n. 6/2001, l’Autorità ha
espresso l’avviso che i consorzi fra imprese
artigiane sono qualificati ex se e per ius
receptum ed hanno la facoltà di assegnare la
materiale esecuzione delle lavorazioni alle
imprese consorziate senza subordinarne
l’esercizio alla previa verifica della loro
qualificazione.
Pertanto, atteso che i consorzi tra imprese
artigiane dimostrano la propria capacità
tecnica mediante la qualificazione
dell’intero consorzio, le imprese
consorziate chiamate ad eseguire i lavori,
devono dimostrare il possesso dei requisiti
morali e non anche il possesso della
capacità tecnica.
Nel caso in esame, quindi, la Commissione di
gara doveva limitarsi a verificare il
possesso dell’attestazione di qualificazione
in capo al consorzio C.S.A.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di
cui in motivazione, che l’esclusione del
consorzio tra imprese artigiane C.S.A.-
Consorzio Servizi e Appalti non è conforme
alla normativa di settore
(parere
10.07.2008 n. 192 -
link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Illegittimo
l'affidamento di incarichi esterni senza una
previa procedura comparativa.
Le Pubbliche Amministrazioni (ivi comprese
le Università) possono legittimamente
conferire incarichi di collaborazione a
soggetti esterni solamente a seguito dello
svolgimento di una procedura comparativa,
previamente disciplinata secondo i
rispettivi ordinamenti e adeguatamente
pubblicizzata (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 29.09.2008 n. 2106 -
link a www.eius.it). |
URBANISTICA: Sui
poteri comunale e regionale circa l'adozione
del P.R.G..
E’ opinione comune nella giurisprudenza
(Consiglio Stato a. plen., 09.03.1982, n. 3;
TAR Lombardia, Brescia, 19.06.2006, n. 768)
che sussista il potere dell’amministrazione
comunale di revocare l’adozione di un piano
regolatore prima che esso sia stato
approvato dalla Regione. A sua volta la
riadozione del piano regolatore è, in alcuni
casi, addirittura doverosa, ogni volta che
le modifiche apportate dal Comune d'ufficio,
o su richiesta della regione, abbiano
determinato un mutamento essenziale del suo
contenuto, traducendosi in un nuovo progetto
di piano (a contrariis Consiglio Stato ,
sez. IV, 16.03.1998, n. 437).
L’art. 10 della
L. 17.08.1942 n. 1150, nel testo modificato
dall'art. 3 l. 06.08.1967 n. 765, prevede
che con il decreto (regionale) di
approvazione possono essere apportate al
piano le modifiche conseguenti
all'accoglimento di osservazioni presentate
al piano ed accettate con deliberazione del
consiglio comunale. Si tratta di un potere
ampiamente discrezionale, come riconosciuto
anche dalla ricorrente, che non comporta per
la Regione, a differenza del Comune,
l’obbligo di motivare in merito
all’accoglimento od al rigetto delle
osservazioni in difformità dalle
controdeduzioni del Comune (Consiglio Stato,
sez. IV, 27.03.1995, n. 206). Secondo la
giurisprudenza di questo Tribunale (TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 09.05.1984 n.
441), il potere di valutazione della
Regione, in sede di approvazione del piano
regolatore generale, comprende, però, anche
la possibilità di non motivare le ragioni di
rigetto delle osservazioni dei privati,
assunte in conformità delle controdeduzioni
del Comune. In tal caso, infatti, la
deliberazione risulta sufficientemente
motivata con il rinvio alle controdeduzioni
dell’amministrazione comunale, ai sensi
dell’art. 3 della L. 241/1990, secondo il
quale le ragioni della decisione possono
risultare da altro atto dell'amministrazione
richiamato dalla decisione stessa. Ne
consegue che non può ritenersi viziata da
difetto di motivazione la deliberazione di
approvazione del piano regolatore che non
abbia motivato in ordine alla decisione
adottata dal Comune in sede di
controdeduzioni all’osservazione presentata
dalla ricorrente.
La
giurisprudenza (Cons. Stato, IV, 08.06.1971
n. 628) ha da tempo chiarito che, nel caso
in cui il Comune abbia preso in
considerazione le osservazioni del privato
ed abbia controdedotto alle medesime con
apposita deliberazione, la Regione può fare
semplice riferimento alle controdeduzioni
del Comune, nel caso in cui ritenga di
condividerle. Deve quindi ritenersi che la
mancanza di una nuova valutazione espressa
di tutte le osservazioni presentate dai
privati non possa considerarsi un indice di
difetto di istruttoria.
La
deliberazione di adozione delle
controdeduzioni è correttamente motivata con
riferimento alla relazione tecnica di
accompagnamento in quanto si tratta di una
relazione tecnica idonea a sorreggere sotto
l’aspetto motivazionale la decisione
dell’amministrazione.
Secondo la
giurisprudenza dominante le osservazioni
hanno natura collaborativa in quanto hanno
la funzione di permettere ai cittadini di
formulare proposte per una migliore
realizzazione dell’interesse generale. In
relazione a tale funzione la giurisprudenza
riconosce che esse non costituiscono un
rimedio in senso proprio che possa limitare
il potere del Comune o della Regione di
apportare le modifiche ritenute necessarie
al piano adottato, soprattutto quando, come
nel caso in questione, l’amministrazione
ritenga opportuno aderire alla richiesta del
privato di una destinazione uniforme del
compendio, motivi in merito e rispetti la
destinazione di piano assegnata dal piano in
vigore.
E' opinione comune della giurisprudenza che
i piani regolatori possano dettare norme a
tutela dell’ambiente, con il solo limite del
rispetto dei vincoli esistenti (Cons. Stato,
Sez. IV, 16/03/2001, n. 1567; Cons. Stato,
sez. IV, 15.06.2004, n. 4010 e 01.02.2001,
n. 420)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.09.2008 n. 4106 -
link a
www.giurisprudenza-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sull’utilizzazione delle
graduatorie concorsuali.
Deve ritenersi
illegittimo, per contrasto con l’art. 3
della legge 07.08.1990, n. 241, che sancisce
l’obbligo della motivazione, il
provvedimento con il quale l’Amministrazione
bandisce un nuovo concorso senza tenere
conto del risultato di una precedente e
omologa selezione e senza una motivazione in
ordine al mancato previo scorrimento della
precedente graduatoria ancora valida ed
efficace
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 15.09.2008 n. 4073 -
link a www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Concorso pubblico: la
regole per la valutazione dei titoli.
Il giudizio di
un Commissario di concorso, nella parte in
cui attesta che sono state prese in
considerazione nella valutazione di un
candidato anche titoli riferiti, in via
generale, all’anno del concorso e conseguiti
in epoche posteriori alla data limite di
presentazione della domanda di
partecipazione, appare violare il divieto di
valutazione di titoli conseguiti
successivamente a detta data, contenuto nel
bando di concorso, divieto rispondente, del
resto, a un principio generale in tal senso,
immanente a tutte le procedure concorsuali,
conseguendone quindi anche la violazione del
fondamentale canone di buon andamento,
trasparenza e imparzialità dell’azione
amministrativa di cui è parola all’art. 97
della Costituzione.
L’omessa e ingiustificata considerazione di
titoli prodotti in un concorso, dei quali
manca qualsiasi considerazione (pur essendo
stati riportati già nell’elenco
pubblicazioni presentato dal concorrente, in
uno alla domanda di partecipazione al
concorso), contestualmente all’affermazione
da parte della Commissione di concorso della
presenza solo di taluni altri, oltre a
sostanziare delle dichiarazioni non
veritiere in atto pubblico (processi verbali
di prove di concorso) –del che
l’Amministrazione vorrà debitamente tener
conto e adottare le conseguenti
determinazioni, investendo anche la
competente Autorità giudiziaria– si
traducono anche, a livello di teorica dei
vizi dell’atto amministrativo, in un patente
vizio di eccesso di potere per ingiustizia
manifesta, disparità di trattamento e
illogicità manifesta, vizio che
irrimediabilmente infirma la valutazione
finale condotta sulla qualità, l’attività e
l’operato del candidato-ricorrente,
conferendo manifesta ingiustizia e
illogicità alla di lui valutazione finale,
la quale va giudicata per ciò solo
illegittima e conseguentemente annullata
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 09.09.2008 n. 1888 -
link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sul diritto di accesso
ai pareri legali.
I pareri legali
resi da professionisti anche esterni
all'amministrazione, quando sono
oggettivamente correlati ad un procedimento
amministrativo, assumono valenza
endoprocedimentale, decadendo a ruolo di
mero elemento istruttorio, e pertanto,
debbono ritenersi atti accessibili
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 27.08.2008 n. 7930 -
link a www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Licenziamento per
l'utilizzo del congedo parentale per
svolgere una diversa attività.
L’utilizzazione
del congedo parentale, di cui all’art. 32
del D.Lgs. n. 151 del 2001, per lo
svolgimento di una diversa attività
lavorativa (nella specie, l’attività
prestata presso la pizzeria di proprietà
della moglie da parte del padre lavoratore,
beneficiario del congedo) configura un abuso
per sviamento della funzione propria del
diritto ed è idonea ad essere valutato dal
giudice ai fini della sussistenza di una
giusta causa di licenziamento
(Corte di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 16.06.2008 n. 16207 -
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APPALTI:
Consulenti esterni alle
commissioni di gara: limiti di
ammissibilità.
La
giurisprudenza amministrativa ha avallato,
sul piano della legittimità, la prassi di
consentire che l’organo deputato alla
selezione delle offerte sia coadiuvato, per
taluni profili il cui esame richieda
conoscenze tecniche approfondite, da uno o
più esperti con funzioni di consulenti
esterni.
La stessa giurisprudenza rinviene un limite
di ragionevolezza entro cui sembra
consentito il ricorso alla acquisizione di
conoscenze tecniche estranee alla competenza
specifica dei componenti l’organo tecnico;
limite implicito nel fatto che quel
contributo sia pur sempre un apporto
cognitivo, mai sostitutivo di quelle
autonome valutazioni tecnico-discrezionali
che soltanto il seggio di gara è abilitato a
compiere. Ben si spiega dunque che la prassi
amministrativa in esame sia ritenuta
legittima ove si tratti di casi in cui il
contributo dell’esperto esterno riguardi
singole e ben definite questioni tecniche,
la cui piena cognizione postuli il possesso
di qualificate nozioni o esperienze
tecnico-professionali, di cui possano in
tesi risultare privi i singoli componenti
della commissione di gara
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 15.05.2008 n. 481 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO
AL 06.10.2008 |
ã |
dossier CONSIGLIERI COMUNALI |
CONSIGLIERI COMUNALI: Sul
consigliere comunale non grava alcun onere
di motivare le proprie richieste
d'informazione, né gli uffici comunali hanno
titolo a richiederle ed conoscerle ancorché
l’esercizio del diritto in questione si
estenda ad atti e documenti relativi a
procedimenti ormai conclusi o risalenti ad
epoche remote.
Il diritto di accesso del consigliere
comunale agli atti del comune assume un
connotato particolare, in quanto finalizzato
al pieno ed effettivo svolgimento delle
funzioni assegnate al Consiglio comunale,
con la conseguenza che sul consigliere
comunale non grava alcun onere di motivare
le proprie richieste d'informazione, né gli
uffici comunali hanno titolo a richiederle
ed conoscerle ancorché l’esercizio del
diritto in questione si estenda ad atti e
documenti relativi a procedimenti ormai
conclusi o risalenti ad epoche remote.
In definitiva, tra l’accesso ai documenti
dei soggetti interessati di cui agli art. 22
ss. della L. 07.08.1990, n. 241, e quello
del consigliere comunale di cui al predetto
art. 43 del D.Lgs. 267/2000, sussiste una
profonda differenza, poiché il primo è un
istituto che consente ai singoli soggetti di
conoscere atti e documenti, al fine di poter
predisporre la tutela delle proprie
posizioni soggettive eventualmente lese,
mentre il secondo è un istituto giuridico
posto al fine di consentire al consigliere
comunale di poter esercitare il proprio
mandato, verificando e controllando il
comportamento degli organi istituzionali
decisionali del comune; pertanto, al
consigliere comunale non può essere opposto
alcun diniego (salvo i pochi casi
eccezionali e contingenti, da motivare
puntualmente e adeguatamente, e salvo il
caso -da dimostrare- che lo stesso agisca
per interesse personale), determinandosi
altrimenti un illegittimo ostacolo al
concreto esercizio della sua funzione, che è
quella di verificare che il sindaco e la
giunta municipale esercitino correttamente
la loro funzione (cfr, sul punto, da ultimo,
Cons. St., sez. V, 22.02.2007, n. 929, e
sez. IV, 21.08.2006, n. 4855)
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 20.02.2008 n. 123
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Sul consigliere
comunale, pertanto, non grava, né può
gravare, alcun onere di motivare le proprie
richieste d’informazione, né gli uffici
comunali hanno titolo a richiederle ed
conoscerle ancorché l’esercizio del diritto
in questione si diriga verso atti e
documenti relativi a procedimenti ormai
conclusi o risalenti ad epoche remote.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto
occasione di affermare, con recenti e
puntuali decisioni (Cons. St. Sez. V,
09.12.2004, n. 7900; 02.09.2005 n. 4471),
che il diritto di accesso del consigliere
comunale agli atti del Comune assume un
connotato tutto particolare, in quanto
finalizzato “al pieno ed effettivo
svolgimento delle funzioni assegnate al
Consiglio comunale”.
Ne consegue che “Sul consigliere
comunale, pertanto, non grava, né può
gravare, alcun onere di motivare le proprie
richieste d’informazione, né gli uffici
comunali hanno titolo a richiederle ed
conoscerle ancorché l’esercizio del diritto
in questione si diriga verso atti e
documenti relativi a procedimenti ormai
conclusi o risalenti ad epoche remote.
Diversamente opinando, infatti, la struttura
burocratica comunale, da oggetto del
controllo riservato al Consiglio, si
ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” -per
di più, senza alcuna investitura
democratica- delle forme di esercizio della
potestà pubbliche proprie dell’organo
deputato all’individuazione ed al miglior
perseguimento dei fini della collettività
civica.
L’esistenza e l’«attualità» dell’interesse
che sostanzia la speciale actio ad
exhibendum devono quindi ritenersi presunte
juris et de jure dalla legge, in ragione
della natura politica e dei fini generali
connessi allo svolgimento del mandato
affidato dai cittadini elettori ai
componenti del Consiglio comunale.”
(sent. n. 4471/2005)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.02.2007 n. 929
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI: Al
consigliere comunale non può essere opposto
alcun diniego in materia di accesso agli
atti (salvo i pochi casi eccezionali e
contingenti, da motivare puntualmente e
adeguatamente, e salvo il caso –da
dimostrare– che lo stesso agisca per
interesse personale).
Tra l’accesso dei soggetti interessati di
cui agli artt. 22 eseguenti della legge n.
241 del 1990 e l’accesso del Consigliere
comunale di cui all’art. 43 del decreto
legislativo n. 267 del 2000 (testo unico
sull’ordinamento degli enti locali) sussiste
una profonda differenza: il primo è un
istituto che consente ai singoli soggetti di
conoscere atti e documenti, al fine di poter
predisporre la tutela delle proprie
posizioni soggettive eventualmente lese,
mentre il secondo è un istituto giuridico
posto al fine di consentire al consigliere
comunale di poter esercitare il proprio
mandato, verificando e controllando il
comportamento degli organi istituzionali
decisionali del Comune.
Da ciò la conseguenza, che è una conseguenza
necessitata, che al consigliere comunale non
può essere opposto alcun diniego (salvo i
pochi casi eccezionali e contingenti, da
motivare puntualmente e adeguatamente, e
salvo il caso –da dimostrare– che lo stesso
agisca per interesse personale),
determinandosi altrimenti un illegittimo
ostacolo al concreto esercizio della sua
funzione, che è quella di verificare che il
Sindaco e la Giunta municipale esercitino
correttamente la loro funzione
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.08.2006 n. 4855
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
dossier RUDERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione di un
rudere.
Il concetto di ristrutturazione postula
necessariamente la esistenza di un manufatto
da riedificare e consolidare dotato di mura
perimetrali, strutture orizzontali e
copertura per cui i ruderi, che non
possiedono tali elementi, sono da
considerarsi una area non edificata
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2008 n. 36542 -
link a www.lexambiente.it). |
dossier VINCOLO PAESAGGISTICO ED
ESAME IMPATTO PAESISTICO |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Ragioni
dell’autorizzazione paesaggistica.
Per le opere in zona vincolata il
legislatore, imponendo la necessità
dell'autorizzazione, ha inteso assicurare
una immediata informazione e la preventiva
valutazione, da parte della pubblica
Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio
nel caso di interventi (consistenti in opere
edilizie ovvero in altre attività
antropiche) intrinsecamente capaci di
comportare modificazioni ambientali e
paesaggistiche, al fine di impedire che la
stessa P.A., in una situazione di astratta
idoneità lesiva della condotta inosservante
rispetto al bene finale, sia posta di fronte
al fatto compiuto.
La fattispecie incriminatrice è rivolta a
tutelare, dunque, sia l'ambiente sia,
strumentalmente e mediatamente, l'interesse
a che la P.A. preposta al controllo venga
posta in condizioni di esercitare
efficacemente e tempestivamente detta
funzione: la salvaguardia del bene
ambientale, in tal modo, viene anticipata
mediante la previsione di adempimenti
formali finalizzati alla protezione finale
del bene sostanziale ed anche a tali
adempimenti è apprestata tutela penale
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.208 n. 35901
- link a www.lexambiente.it). |
GURI - GUUE - BURL (e anteprima) |
APPALTI: G.U.
02.10.2008 n. 231, suppl. ord n. 227/L, "Ulteriori
disposizioni correttive e integrative del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
recante il Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, a
norma dell’articolo 25, comma 3, della legge
18 aprile 2005, n. 62"
(D.Lgs.
11.09.2008 n. 152). |
APPALTI: G.U.
29.09.2008 n. 228 "Regolamento
concernente l’accesso ai documenti formati o
detenuti stabilmente dall’Autorità"
(Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture,
deliberazione 10.09.2008). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 40 del
29.09.2008, "Criteri per la definizione
degli ambiti destinati all'attività agricola
di interesse strategico dei Piani
Territoriali di Coordinamento provinciale
(comma 4 dell'art. 15 della l.r. 12/2005) -
Approvazione"
(deliberazione
G.R. 19.09.2008 n. 8059
- link a www.infopoint.it). |
CORTE DEI CONTI |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
San Genesio ed Uniti (Pv)
se “il Sindaco del Comune
di San Genesio ed Uniti, avente popolazione
pari a 3.794 abitanti al 31.12.2007, di
recente eletto Senatore della Repubblica,
possa cumulare l’indennità di carica di
Sindaco con quelle previste per la carica di
Senatore"
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 22.09.2008 n. 69
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Cassolnovo (Pv) “sulla
legittimità del rientro di personale dalla
S.p.A. pubblica, costituita con atto
consiliare n. 21 del 05.05.2003, al Comune
ai fini del rispetto delle vigenti
disposizioni normative sia in materia di
assunzioni di personale, sia in materia di
contenimento della spesa"
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 18.09.2008 n. 68
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Varese (Va) “in relazione
all’eventualità che l’introduzione di una
specifica norma regolamentare agevolativi,
che ricomprenda, tra gli enti che
beneficiano della riduzione dell’imposta di
pubblicità al 50%, anche tali società di
capitali, possa concretamente tradursi in
una norma di contrasto con l’espressa
disposizione legislativa (D.Lgs. n.
507/1993) che sembra essere di ostacolo al
riconoscimento della riduzione in argomento"
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 18.09.2008 n. 67
- link a www.corteconti.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Varese (Va) “ai fini della corretta gestione
dei rapporti economici con i privati
proponenti la realizzazione di interventi
edilizi ove è prevista l’esecuzione di opere
di urbanizzazione a scomputo dei relativi
oneri,
se “risulti legittimo sotto
il profilo contabile, il riconoscimento di
uno scomputo globale ed indifferenziato,
indipendentemente dalla ascrivibilità delle
opere realizzate alla categoria delle opere
di urbanizzazione primaria o secondaria,
sino a concorrenza degli oneri di
urbanizzazione complessivamente dovuti,
siano essi a loro volta ascrivibili a
contributo per opere di urbanizzazione
primaria o secondaria"
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 15.09.2008 n. 66
- link a www.corteconti.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Limbiate (Mi) “sulla
legittimità della liquidazione di onorari a
favore di un collegio di difensori in misura
superiore a quanto stabilito in sentenza”
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 12.09.2008 n. 64
- link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Cernobbio (Co) in merito “alla
legittimità della corresponsione a
posteriori dell’indennità di risultato al
Segretario Comunale, per gli anni pregressi,
in assenza dei criteri di valutazione,
definiti annualmente, per l’erogazione della
stessa”
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 11.09.2008 n. 63
- link a www.corteconti.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA: L.
Cinelli,
Gli accatastamenti dei fabbricati non
denunciati ed ex rurali
(Il Geometra Bresciano n. 4/2008). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
C. Scardaci,
ATO e TU ambientale: l’affidamento della
gestione integrata dei rifiuti nella forma
della società mista (nota a TAR Sicilia, n.
2511/2007)
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: P.
Ficco,
Ecopiazzole: Mud, registri e formulari vige
il sistema del "Codice ambientale"
(link a www.greenreport.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
P. Ficco,
Ecopiazzole, Raee e semplificazione
adempimenti: di cosa stiamo parlando?
(link a www.greenreport.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: P.
Ficco,
Veicoli destinati alla demolizione e
deposito temporaneo
(link a www.greenreport.it). |
ENTI LOCALI: G.
Lentini,
I controlli negli enti locali: evoluzione
storica e prospettive future
(link a www.diritto.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La questione giuridica da esaminare nel
presente parere è la seguente: il
costituendo raggruppamento risulta aver
presentato una polizza fideiussoria
irregolare sotto diversi profili, in
particolare per non essere stata firmata
dalla compagnia assicuratrice l’appendice
contenente le seguenti previsioni: “La
garanzia in conformità all’art. 75 del D.
Lgs. 163/2006 prevede l’espressa rinuncia al
beneficio della preventiva escussione del
debitore principale di cui all’art. 1944
c.c. volendo ed intendendo la Società
restare obbligata in solido con il
contraente, la rinuncia all’eccezione di cui
all’art. 1957, comma 2, del c.c., nonché
l’operatività della garanzia medesima entro
15 giorni, a semplice richiesta scritta
della Stazione Appaltante come disposto
dall’articolo 75, commi 4 e 5 del predetto
D.Lgs. La Società si impegna a rilasciare la
garanzia fideiussoria per l’esecuzione del
contratto, di cui all’art. 113, del D.lgs.
n. 163/2006.”.
Questa Autorità si è già espressa, sul
punto, ritenendo che la fideiussione priva
della sottoscrizione del garante è nulla e,
quindi, priva di ogni rilievo ai fini del
soddisfacimento delle prescrizioni del bando
(Parere 09/04/2008, n. 106).
Si è, altresì, rilevato che il fideiussore,
nel manifestare in modo espresso ed
inequivocabile la volontà di prestare la
garanzia, ai sensi dell’articolo 1937 del
codice civile, deve anche indicare
l’obbligazione principale garantita, il
soggetto garantito, le eventuali condizioni
e limitazioni soggettive ed oggettive della
garanzia rispetto all’obbligazione
principale. La mancanza di sottoscrizione
del contratto comporta l’impossibilità di
imputabilità soggettiva dello stesso ad una
determinata persona fisica, in particolare
al fideiussore (Deliberazione 12/07/2007, n.
251).
Stesse considerazioni valgono per
l’appendice integrativa della stessa che,
nel caso di specie, prevede la rinuncia al
beneficio della preventiva escussione del
debitore principale di cui all’articolo 1944
del codice civile, la rinuncia all’eccezione
di cui all’articolo 1957, comma 2, del
codice civile, nonché l’operatività della
garanzia medesima entro quindici giorni a
semplice richiesta della stazione appaltante
(articolo 75, commi 4 e 5, del decreto
legislativo n. 163 del 2006).
Non può, pertanto, essere condiviso
l’assunto della stazione appaltante e della
controinteressata secondo cui l’appendice
fideiussoria priva della sottoscrizione del
garante integrerebbe una mera irregolarità
formale, come tale suscettibile di essere
emendata.
Il profilo evidenziato risulta assorbente
rispetto alle ulteriori censure, di
carattere formale, mosse rispetto alla
stessa appendice fideiussoria (erroneità
della data), nonché della polizza
fideiussoria vera e propria (erroneità di
indicazione dell’oggetto e del luogo di
esecuzione).
D’altra parte, si rammenta come anche la
giurisprudenza amministrativa ha affermato
che il principio teso ad evitare che
l’esigenza di massima partecipazione possa
essere compromesso da carenze di ordine
meramente formale incontra dei limiti
applicativi: in particolare, in presenza di
una prescrizione chiara e nell’inosservanza
di questa da parte di un’impresa
concorrente, un eventuale invito alla
regolarizzazione costituirebbe violazione
del limite costituito dalla possibilità di
porre rimedio a incertezze o equivoci
generati dall’ambiguità delle clausole del
bando, della lettera di invito o, comunque,
presenti nella normativa applicabile alla
fattispecie concreta (Consiglio di Stato,
sez. IV, 11.04.2007, n. 1653).
In base a quanto sopra considerato Il
Consiglio ritiene, nei limiti di cui in
motivazione, che l’ammissione alla procedura
aperta del costituendo raggruppamento
temporaneo di imprese Camedda Costruzioni
s.r.l. e Gamma Impianti s.r.l. non è
conforme a quanto previsto dall’art. 75 del
decreto legislativo n. 163 del 2006
(parere
10.07.2008 n. 191
- link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Il bando di gara costituisce la lex
specialis della gara, ed è vincolante in
modo inderogabile per tutti i soggetti
interessati, sia per la stazione appaltante
che per i concorrenti.
Infatti, il bando non solo costituisce un
vincolo per la stazione appaltante dal
momento che essa si è autovincolata a
rispettare le prescrizioni in esso
contenute, ma rappresenta anche l’insieme
delle regole cui gli operatori economici che
intendano partecipare ad una procedura di
gara devono informarsi.
In tale ottica e nel rispetto dei principi
di cui all’articolo 2 del Codice dei
Contratti, la lex specialis deve garantire
il rispetto dei principi di libera
concorrenza, parità di trattamento, non
discriminazione trasparenza, proporzionalità
e pubblicità.
Conseguentemente, non solo nella disciplina
di gara non possono essere inserite clausole
lesive di tali principi, ma non può nemmeno
darsi ad esse un’interpretazione che di
fatto costituisca un’elusione dei principi
che informano la materia.
Nel caso di specie, il Comune di Oriolo ha
prescritto nel bando di gara, ai fini della
partecipazione dei concorrenti, la
necessaria dimostrazione del possesso
dell’attestazione SOA, per la progettazione
e costruzione per le categorie e le
classifiche adeguate, prevedendo altresì che
in caso di mancato possesso
dell’attestazione, il concorrente avrebbe
potuto, ai sensi dell’articolo 19, comma
1-ter della legge n. 109/1994, indicare o
associare per la redazione del progetto
esecutivo un progettista qualificato.
Inoltre, la medesima lex specialis, nel
definire le regole di presentazione
dell’offerta, prevede che l’offerta debba
essere sottoscritta, a pena di esclusione
dalla gara, da persona abilitata ad
impegnare il concorrente.
Non è, invece, rinvenibile alcuna
disposizione che imponga anche la
sottoscrizione del progetto da parte del
progettista.
Conseguentemente, l’operato delle due
imprese concorrenti, che hanno provveduto a
corredare l’offerta della sottoscrizione del
legale rappresentante e non anche del
progettista, appare conforme alla disciplina
di gara.
Peraltro, è la stessa lex specialis a
richiedere che l’offerta sia sottoscritta
dal soggetto abilitato ad impegnare il
concorrente, ciò, peraltro, senza alcuna
ulteriore precisazione che specifichi una
discriminazione a seconda che il concorrente
sia titolare della necessaria qualificazione
prescritta ovvero, in quanto sprovvisto di
essa, indichi il nominativo del progettista
esterno.
La stessa giurisprudenza amministrativa ha
avuto modo di precisare che nell’appalto
integrato di cui all’articolo 19 della legge
n. 109/1994 il concorrente è l’appaltatore
che partecipa alla gara, il quale deve
dimostrare nell’offerta il possesso dei
requisiti professionali previsti dal bando
per la redazione del progetto esecutivo e
ciò anche mediante l’eventuale ricorso ai
progettisti esterni. Ciò in quanto, a
differenza delle gare di incarichi di
progettazione, nell’appalto integrato i
progettisti non assumono la qualità di
concorrenti, né quella di titolari del
rapporto contrattuale con l’amministrazione
in caso di eventuale aggiudicazione,
trattandosi di semplici collaboratori
esterni delle imprese partecipanti alla gara
(in tal senso: TAR Lazio, Roma, sez. I,
sentenza 17.04.2008 n. 3305 e TAR Sicilia,
sez. I, Catania, sentenza 02.10.2006 n.
1544).
Conseguentemente, in ragione dei principi
enucleati dalla giurisprudenza in materia di
appalto integrato e considerato che la lex
specialis non impone alcuna prescrizione in
merito alla sottoscrizione dell’offerta
anche da parte del progettista, le due
imprese concorrenti non possono non essere
ammesse alla successiva fase della procedura
di gara.
Una diversa interpretazione, infatti, non
solo confliggerebbe con lo stesso dettato
della lex specialis, ma si tradurrebbe anche
in una lesione del principio di massima
partecipazione alle procedure di gara e del
principio di libera concorrenza.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, di comunicare
alle Parti interessate l’ammissibilità alla
restante fase della procedura di gara delle
due imprese concorrenti che hanno presentato
l’offerta non sottoscritta anche dal
progettista
(parere
10.07.2008 n. 190
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Questa Autorità in più occasioni (si vedano
le deliberazioni n. 216 del 27.06.2007; 232
del 12.07.2007) ha chiarito che il
versamento del contributo costituisce
condizione di ammissibilità e, pertanto, la
mancata dimostrazione dell’avvenuto
pagamento è causa di esclusione dalla
procedura di gara secondo quanto disposto
dalla deliberazione dell’Autorità del
24.01.2008,.
Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 3
della citata deliberazione, gli operatori
economici che intendono partecipare a
procedure di scelta del contraente “sono
tenuti al pagamento della contribuzione
quale condizione di ammissibilità alla
procedura di selezione del contraente. Essi
sono tenuti a dimostrare, al momento di
presentazione dell’offerta, di avere versato
la somma dovuta a titolo di contribuzione.
La mancata dimostrazione dell’avvenuto
versamento di tale somma è causa di
esclusione dalla procedura di gara”.
D’altra parte il carattere essenziale ai
fini della partecipazione alla gara era
stato ulteriormente esplicitato da questa
Autorità nell’ambito del documento
pubblicato sul proprio sito internet, in
ordine ai quesiti frequenti ricevuti in
materia di contributo. In particolare, nella
domanda e riposta n. 19 viene specificato: “D
Se nel bando di gara non è espressamente
richiesto il versamento del contributo, i
soggetti di cui all'art. 1, lett. b) della
deliberazione sono ugualmente tenuti a tale
versamento? R19. Sì, i soggetti di cui
all’art 1, lett. b) sono tenuti al pagamento
del contributo a prescindere dal fatto che
nel bando di gara o nella lettera di invito
sia espressamente richiamato tale obbligo.
Per gli operatori economici la dimostrazione
dell'avvenuto pagamento è condizione per
essere ammessi a presentare l'offerta”.
Nella domanda e riposta n. 33 è stato
evidenziato quanto segue: “D33. Nel caso
di procedura negoziata conseguente a gara
risultata deserta è obbligatorio chiedere un
nuovo CIG e procedere al pagamento del
contributo nuovamente? R33. Sì, poiché
trattasi di una nuova procedura di gara”.
Alla luce delle risposte sopra citate,
risulta chiaro che nel caso di specie il
versamento del contributo risulta essere
obbligatorio, anche in considerazione del
fatto che la stazione appaltante ha
provveduto ad indicare il CIG nella nuova
lettera di invito. Pertanto tutti i
concorrenti erano tenuti a versare il
contributo, pure se tale obbligo non era
espressamente stato previsto nella
documentazione di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che
l’esclusione disposta nei confronti
dell’istante sia conforme alla normativa
vigente di settore, nonché alle indicazioni
fornite da questa Autorità
(parere
19.06.2008 n. 189
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
E’ stato più volte da questa Autorità
evidenziato, alla stregua della
giurisprudenza amministrativa, come la
stazione appaltante possa fissare
discrezionalmente i requisiti di
partecipazione, anche superiori rispetto a
quelli previsti dalla legge, purché essi non
siano manifestamente irragionevoli,
irrazionali, sproporzionati, illogici,
nonché lesivi della concorrenza (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons.
Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081). La
ragionevolezza dei requisiti non deve essere
valutata in astratto, ma in correlazione al
valore dell’appalto ed alle specifiche
peculiarità dell’oggetto della gara.
In particolare, nelle deliberazioni n. 20,
33 e 62 del 2007 l’Autorità ha ritenuto non
incongrua o sproporzionata, né limitativa
dell’accesso alla gara la richiesta di un
fatturato, nel triennio pregresso, sino al
doppio dell’importo posto a base della
stessa.
Nel caso di specie si rileva come venga
richiesto il possesso di un fatturato minimo
globale negli ultimi tre anni pari o
superiore a euro 14.000.000,00. Detto
importo, risulta essere tre volte superiore
all’importo a base della gara, pari a euro
4.886.065,52 per l’intera durata del
contratto di quattro anni, corrispondente
alla base d’asta della gara. Tenuto conto
che la base d’asta è da intendersi riferita
ai quattro anni e, pertanto, l’importo
annuale richiesto è pari a euro 1.221.516,
senza dubbio il fatturato di importo di euro
14.000.000 risulta essere palesemente
sproporzionato, anche alla luce delle
indicazioni espresse da questa Autorità con
le deliberazioni sopra citate.
Per quanto attiene alla replica presentata
dal Comune circa la recente costituzione
della Alphabet che non le avrebbe permesso
comunque di partecipare alla procedura di
gara, si rileva che questa Autorità, con la
Deliberazione n. 288 del 26 luglio 2001 ha
evidenziato come per le imprese di recente
costituzione, ai fini della verifica del
possesso dei requisiti indicati nel bando,
debba essere effettuato il calcolo sugli
anni di effettiva esistenza dell’impresa e,
pertanto, i bilanci e la documentazione che
la stessa è tenuta a presentare sono da
riferirsi agli anni di effettiva operatività
dell’impresa.
E’ stato, infatti, ritenuto non ipotizzabile
una esclusione dalla partecipazione a
procedure ad evidenza pubblica di imprese di
nuova costituzione, che possano produrre
risultanze di bilanci o altra documentazione
che evidenzino il possesso dei requisiti
richiesti dal bando di gara, anche se per un
numero di anni inferiore a quelli indicati
nel bando. Una eventuale esclusione si
porrebbe, infatti, in violazione del
principio di libera concorrenza e
comporterebbe una restrizione della stessa,
contraria ad ogni principio generale di
libera partecipazione al mercato degli
appalti.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che i
requisiti economici–finanziari richiesti non
risultano essere conformi alla normativa
vigente di settore, nonché alle indicazioni
fornite da questa Autorità
(parere
19.06.2008 n. 188
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Questa Autorità, nel proprio parere n. 164
del 21.05.2008, ha già commentato quali sono
i soggetti tenuti a dimostrare l’inesistenza
delle cause ostative così come elencati
dall’art. 38 del D.Lgs. n.163/2006,
attraverso una dichiarazione resa ai sensi
degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000.
In particolare detto articolo, al comma 1,
lett. b), individua quali soggetti
obbligati: “il titolare o il direttore
tecnico, se si tratta di impresa
individuale; il socio o il direttore tecnico
se si tratta di società in nome collettivo,
i soci accomandatari o il direttore tecnico
se si tratta di società in accomandita
semplice, gli amministratori muniti di
poteri di rappresentanza o il direttore
tecnico, se si tratta di altro tipo di
società”. Inoltre, ai sensi della lett.
c) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, i
soggetti cui l’esclusione si applica, sono
coloro: “nei confronti dei del titolare o
del direttore tecnico se si tratta di
impresa individuale; del socio o del
direttore tecnico, se si tratta di società
in nome collettivo; dei soci accomandatari o
del direttore tecnico se si tratta di
società in accomandita semplice; degli
amministratori muniti di potere di
rappresentanza o del direttore tecnico se si
tratta di altro tipo di società o consorzio”.
Inoltre, solo per la fattispecie descritta
dalla lett. c) dell’art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, l’esclusione e il divieto operano
anche “nei confronti dei soggetti cessati
dalla carica nel triennio antecedente la
data di pubblicazione del bando di gara,
qualora l'impresa non dimostri di aver
adottato atti o misure di completa
dissociazione della condotta penalmente
sanzionata”.
Dunque i soggetti obbligati a dimostrare
l’assenza di cause di esclusione dalle
procedure di affidamento sono chiaramente
elencati dalle sopra citate disposizioni.
Sul punto deve osservarsi come il genere di
dichiarazioni richieste costituisca frutto
di informazioni su qualità personali e sulle
relative vicende professionali e/o
individuali dei soggetti muniti di poteri di
rappresentanza o dei direttori tecnici che,
non necessariamente, possono essere a
conoscenza del rappresentante legale
dell’impresa, trattandosi di eventi (specie
quelli connessi a procedimenti penali) che
esulano da fattori rientranti nella
organizzazione aziendale, quindi non può
costituirsi un onere di conoscenza in capo
al legale rappresentante della stessa. E’
per tale ragione che le relative
dichiarazioni devono essere personalmente
rese dagli interessati.
In coerenza con le sopra disposizioni
citate, nel caso in esame la documentazione
di gara all’art. 7, punto A.1, del
disciplinare di gara, richiede la
presentazione della dichiarazione
sostitutiva, ai sensi degli artt. 46 e 47
del D.P.R. n. 445/2000, resa individualmente
dai soggetti indicati dalla normativa sopra
citata.
Alla luce di quanto evidenziato, non può
ritenersi che le disposizioni contenute
nella lex specialis di gara non fossero
chiare o potessero dare adito a
fraintendimenti a danno dei concorrenti i
quali, pertanto, erano tenuti in sede di
presentazione dell’offerta, a fornire quanto
dettagliatamente richiesto, pena
l’esclusione prevista dall’art. 8, lett. c)
del disciplinare di gara.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene che la
disposta esclusione dell’istante è conforme
alla documentazione di gara nonché alla
normativa vigente di settore
(parere
19.06.2008 n. 187
- link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Responsabilità del
direttore dei lavori.
Tra le fondamentali e primarie verifiche a
carico del direttore dei lavori, vi è quella
della corretta impostazione di colmo e
falde, che costituisce un momento decisivo e
fondamentale della esecuzione
dell'intervento in modo conforme alla
concessione edilizia e, per tale
fondamentale verifica, non è necessario che
il direttore dei lavori sia tutti i giorni
presente in cantiere. La legge, invero,
attribuisce espressamente al direttore dei
lavori l'obbligo di curare la corrispondenza
dell'opera al progetto. Nella fattispecie
l'elemento psicologico del reato in
questione può concretarsi indifferentemente
nel dolo o nella colpa e quindi versa
certamente in colpa, sotto l'aspetto della
negligenza, e non può invocare la buona
fede, il direttore dei lavori che non
controlli effettivamente e costantemente lo
svolgimento delle opere anche riguardo alla
loro conformità alle leggi urbanistiche ed
al progetto autorizzato
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2008 n. 36567 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione
(demolizione e ricostruzione).
L'art. 3, c. l, lett. b, TU 380/2001
considera interventi di ristrutturazione
edilizia la demolizione di un fabbricato e
la sua ricostruzione con la stessa
volumetria e sagoma di quello preesistente;
tale condizione non può considerarsi
rispettata nel caso in cui il nuovo
manufatto abbia una estensione volumetrica
maggiore di quello abbattuto. Di conseguenza
l'intervento, di ampliamento dell'edificio
esistente all'esterno della sua originaria
sagoma, è da qualificarsi come nuova
costruzione per il disposto dell'art. 3, c.
l, sub 3, del TU. Tale intervento, se
assistito da previa pianificazione di
dettaglio potrebbe essere effettuato, a
scelta discrezionale degli interessati, con
permesso di costruire o denuncia di inizio
di attività
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2008 n. 36565 -
link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Liquami
zootecnici.
A norma dell'articolo 185 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, anche a seguito
delle modifiche ed integrazioni apportate
con il decreto legislativo n. 4 del 2008,
continuano ad essere sottoposti alla
disciplina sui rifiuti, quelli allo stato
liquido diversi dalle acque di scarico
nonché le materie fecali non utilizzate in
agricoltura.
Quindi, per delimitare l'ambito di
applicazione delle due discipline possono
ancora utilizzarsi i criteri elaborati da
questa corte in base ai quali la disciplina
sulle acque si applica solo agli scarichi
diretti tramite condotta o comunque stabile
canalizzazione e dm le materie fecali sono
sottratte alla disciplina sui rifiuti a
condizione che siano utilizzate
nell'attività agricola. L'immissione di
rifiuti zootecnici in un torrente da parte
del titolare di un'impresa di allevamento
configurava sotto la vigenza del decreto
Ronchi il reato di cui agli artt. 14 e 51,
il cui contenuto è stato sostanzialmente
riprodotto negli artt. 192 e 255 del decreto
legislativo n 152 del 2006
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.09.2008 n. 36363 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sanzione pecuniaria di cui all'art. 15 L.
29.06.1939 n. 1497 in caso di violazione
degli obblighi in materia di tutela del
paesaggio è applicabile anche in caso di
concesso condono edilizio, rimanendo
preclusa solo la possibilità di applicare la
misura della demolizione.
Secondo un orientamento del Consiglio di
Stato, citato erroneamente dal ricorrente
(cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30.06.2003 n.
3931, Sez. VI, 31.10.2000, n. 5851 e
02.06.2000, n. 3184), ai sensi dell'art. 2,
comma 46, L. 23.12.1996 n. 662, la sanzione
pecuniaria di cui all'art. 15 L. 29.06.1939
n. 1497 in caso di violazione degli obblighi
in materia di tutela del paesaggio è
applicabile anche in caso di concesso
condono edilizio, rimanendo preclusa, alla
stregua di un elementare principio di non
contraddizione, solo la possibilità di
applicare la misura della demolizione.
Il Collegio condivide tale impostazione solo
in parte, vale a dire solo con riguardo alle
fattispecie realizzatesi successivamente
all'entrata in vigore della legge n. 662 del
1996 cit..
Infatti, è solo con l'art. 2, comma 46,
legge n. 662 del 1996 che viene
espressamente chiarito che la
inapplicabilità, a seguito di condono
edilizio, delle sanzioni amministrative,
sancita in termini generali dall'art. 38
legge n. 47 del 1985, non si estende alle
sanzioni in materia paesistica di cui
all'art. 15 legge n. 1497 del 1939.
Sul punto quindi il giudice di secondo grado
ha ritenuto che l’inapplicabilità della
norma più volte richiamata sia dettata dal
fatto che la concessione edilizia in
sanatoria, in tale contesto esaminata, fosse
stata in concreto rilasciata prima
dell’entrata in vigore della legge n. 662
del 1996
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 22.09.2008 n. 8424
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La presenza del
rappresentante dell'impresa alle sedute di
gara non fa decorrere il termine per
impugnare l'aggiudicazione.
La presenza di rappresentanti delle ditte
concorrenti alle sedute di gara non integra
gli estremi della piena conoscenza degli
atti adottati durante le sedute medesime ai
fini della decorrenza del termine di
decadenza stabilito dalla legge per
l'impugnazione delle relative determinazioni
assunte dall'organo di gara e dell'atto
finale del sub procedimento di valutazione
delle offerte dei concorrenti, tenuto anche
conto che, in materia di aggiudicazione di
un contratto della P.A., il termine per
ricorrere non decorre dall'aggiudicazione
provvisoria, ma da quella definitiva, dal
momento che la prima comporta soltanto
effetti prodromici, onde in occasione
dell'impugnazione dell'aggiudicazione
definitiva possono essere fatti valere anche
vizi propri di quella provvisoria
(TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 22.09.2008 n. 2064 -
link a www.eius.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abuso edilizio -
Irrilevanza dello stato di necessità.
Lo stato di necessità è difficilmente
configurabile in materia di abusivismo
edilizio o ambientale, in quanto il pericolo
di restare senza abitazione è concretamente
evitabile attraverso i meccanismi del
mercato o dell'assistenza sociale. Invero in
tale materia manca, non solo e non tanto il
danno grave alla persona (secondo qualche
decisione di legittimità per danno grave
alla persona deve intendersi ogni danno
grave ai suoi diritti fondamentali ivi
compreso quello all'abitazione), ma anche e
soprattutto l'inevitabilità del pericolo:
infatti l'attività edificatoria non è
vietata in modo assoluto, ma è consentita
nei limiti imposti dalla legge a tutela di
beni di rilevanza collettiva, quali il
territorio, l'ambiente ed il paesaggio, che
sono tutelati anche dalla Costituzione -art
9-. Di conseguenza, se il suolo è
edificabile, le disagiate condizioni
economiche non impediscono al cittadino di
chiedere il permesso di costruire. Se il
suolo non è edificabile il diritto del
cittadino a disporre di un'abitazione non
può prevalere sull'interesse della
collettività alla tutela del paesaggio e
dell'ambiente
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35919 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Disciplina antisismica e
natura permanente del reato.
In tema di contravvenzioni antisismiche, a
seguito dell'entrata in vigore del d.p.r.
06.06.2001, n. 380 (che ha abrogati,
sostituendole, le precedenti fattispecie
contemplate dagli artt. 17, 18 e 20 della
legge 02.02.1974, n. 64), i reati previsti
dagli artt. 93 e 94 del citato decreto,
sanzionati dall'art. 95, hanno natura di
reati permanenti, in quanto il primo (art.
93) permane sino a quando chi intraprese
l'intervento edilizio in zona sismica non
presenta la relativa denuncia con l'allegato
progetto, ovvero non termina l'intervento e
il secondo (art. 94), permane sino a quando
chi intraprende l'intervento edilizio in
zona sismica lo termina ovvero ottiene la
relativa autorizzazione
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35912 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Responsabilità del
proprietario dell’area e onere della prova.
La responsabilità per la realizzazione di
una costruzione abusiva non prescinde, per
il proprietario dell'area interessata dal
manufatto, dall'esistenza di un consapevole
contributo all'integrazione dell'illecito,
ma grava sull'interessato l'onere di
allegare circostanze utili per convalidare
la tesi che, nella specie, si tratti di
opere realizzate da terzi a sua insaputa e
senza la sua volontà
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35907 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Muri di contenimento.
Sono lavori di "nuova costruzione", per i
quali occorre il permesso di costruire -ai
sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e.l) del
D.P.R. n. 380/2001- tutti quelli di
realizzazione di manufatti che si elevano al
di sopra del suolo, ivi compresi i muri di
contenimento, che comunque trasformano
durevolmente l'area impegnata
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35898 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione
edilizia.
L'art. 3, I comma – lett. d), del T.u. n.
380/2001 -come modificato dal D.Lgs.
27.12.2002, n. 301- definisce interventi di
ristrutturazione edilizia quelli "rivolti
a trasformare gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è
vincolata, pertanto, al rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali
dell'edificio esistente e differisce sia
dalla manutenzione straordinaria (che non
può comportare aumento della superficie
utile o del numero delle unità immobiliari,
né modifica della sagoma o mutamento della
destinazione d'uso) sia dal restauro e
risanamento conservativo (che non può
modificare in modo sostanziale l'assetto
edilizio preesistente e consente soltanto
variazioni d'uso "compatibili" con
l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del
resto, può attuarsi attraverso una serie di
interventi che, singolarmente considerati,
ben potrebbero ricondursi agli altri tipi
dianzi enunciati. L'elemento
caratterizzante, però, è la connessione
finalistica delle opere eseguite, che non
devono essere riguardate analiticamente ma
valutate nel loro complesso al fine di
individuare se esse siano o meno rivolte al
recupero edilizio dello spazio attraverso la
realizzazione di un edificio in tutto o in
parte nuovo
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35897 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
proroga del permesso di costruire.
In una prospettiva generale, la “proroga”
indica la modifica della durata di un
termine avente rilevanza giuridica. Nella
sua comune accezione, quindi, la “proroga”
definisce sia l’effetto di mutamento del
termine, sia l’atto che produce l’indicata
conseguenza giuridica.
Sul piano effettuale, limitando l’indagine
al solo campo dell’attività amministrativa,
la proroga può riferirsi, in senso ampio, al
termine di efficacia del provvedimento. Ma
può riguardare anche soltanto specifici
effetti del provvedimento, modificando il
solo termine per l’esercizio di una facoltà
o per l’adempimento di un obbligo del
destinatario. Ancora, la proroga può
riferirsi puntualmente, ai soli termini,
iniziali o finali, per l’attuazione di un
potere pubblicistico, destinato ad incidere
sfavorevolmente, nella sfera giuridica di un
soggetto privato.
La proroga dei termini stabiliti da un atto
amministrativo ha la natura giuridica del
“provvedimento di secondo grado”, perché
modifica, solo parzialmente, il complesso
degli effetti giuridici delineati dall’atto
originario.
Per il suo carattere parziale e limitato, la
proroga non richiede una rinnovata
valutazione di tutti gli elementi istruttori
posti a base dell’originario provvedimento,
né esige la ripetizione di tutte le tappe
procedimentali che hanno condotto
all’adozione dell’atto modificato.
I presupposti per l’adozione dell’atto di
proroga sono definiti, talvolta, da
specifiche disposizioni di settore. In
mancanza, essi sono riconducibili ai
principi generali dell’attività
amministrativa.
Fra questi criteri comuni, si colloca anche
la regola generale secondo la quale la
proroga –e la correlata semplificazione
procedimentale e istruttoria- è riferibile
soltanto ai provvedimenti ad “efficacia
durevole” e presuppone che gli effetti del
provvedimento originario non siano
definitivamente esauriti.
Dopo la cessazione degli effetti dell’atto,
l’amministrazione potrebbe sempre ravvisare
l’opportunità di adottare una determinazione
di contenuto identico, destinata a produrre
effetti in un diverso e successivo ambito
temporale. In tali eventualità, però, si
tratterebbe della “rinnovazione” del
provvedimento originario, caratterizzata
dalla necessaria ripetizione di tutte le
fasi procedimentali e dalla completa
rivalutazione di tutte le circostanze di
fatto e di diritto rilevanti, attuata
mediante un’adeguata ponderazione dei
diversi interessi pubblici e privati
coinvolti.
Secondo un condivisibile indirizzo
interpretativo, poi, per disporre la
decadenza, è necessario accertare che non
sussistano cause impeditive del puntuale
rispetto del termine. In presenza di
comprovate ragioni oggettive, la decadenza
sarebbe illegittima e l’interessato avrebbe
titolo ad ottenere la proroga del termine,
anche se la richiesta intervenga in epoca
successiva alla scadenza del termine
originario.
Pertanto, può
essere richiamata la puntuale previsione
dell’articolo 15 del testo unico
dell’edilizia (chiara espressione di un
principio generale), il quale prevede che il
permesso di costruire decade di diritto in
caso di inutile decorso del termine
assegnato, a meno che, prima della scadenza,
l’interessato richieda la proroga del
termine.
La norma, pur non essendo direttamente
applicabile alla presente fattispecie, per
ragioni di diritto intertemporale, indica
una regola di portata più ampia, utile per
risolvere la presente controversia. Non va
trascurato, del resto, che il testo unico
dell’edilizia costituisce l’esito di
un’operazione di riordino e
razionalizzazione, procedimentale e formale,
delle disposizioni vigenti. Pertanto, la
diversa formulazione letterale delle norme,
riflette la corretta interpretazione di
regole preesistenti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2008 n. 4498
- link a www.giustizia-amministrativa). |
PUBBLICO IMPIEGO: Dipendente
pubblico attesta falsamente la sua presenza
in ufficio. E' reato?
Rispondono del
reato di falso ideologico i dipendenti che
attestano falsamente l’orario di lavoro, in
virtù di una funzione loro affidata dalla
pubblica amministrazione, non avendo alcuna
rilevanza il fatto che l’ente non abbia
subito alcun danno perché gli stessi hanno
portato a termine tutti i lavori previsti,
posto che non si tratta di liberi
professionisti che devono fornire un
risultato ma di dipendenti che devono
fornire, con regolarità e puntualità, una
prestazione di lavoro subordinato,
implicante, tra gli altri obblighi da
adempiere, anche quello del rispetto
dell'orario (Corte
di Cassazione, Sez. II penale,
sentenza 10.09.2008 n. 35058 -
link a www.altalex.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Mobbing: risponde dei
danni il datore di lavoro che non interviene
per impedire la condotta persecutoria posta
in essere dal suo dipendente.
E' tenuto al risarcimento dei danni, ai
sensi dell'art. 2049 c.c., il datore di
lavoro che, in presenza di una condotta
mobbizzante attuata da un suo dipendente nei
confronti di un altro suo dipendente, ometta
colpevolmente di adottare le misure
necessarie a rimuovere tale fatto lesivo
(Corte
di Cassazione, Sez. lavoro,
sentenza 09.09.2008 n. 22858 -
link a www.eius.it). |
APPALTI: S.
Lazzini, Requisti di capacità tecnica -
falsa dichiarazione relativa al fatturato
complessivo per servizi analoghi realizzato
negli anni precedenti il bando - ammontare
dichiarato comprensivo dell’Iva -
insufficiente - obbligo della Stazione
Appaltante ad escludere l’impresa dalla
procedura - richiesta di risarcimento del
danno da parte della seconda classificata
non ammessa - non sussiste l’imputazione
dell’evento dannoso a colpa della p.a. in
quanto l’errore commesso risulta connotato
da scusabilità attesa la complessità della
valutazione in merito al carattere sanabile
o meno delle irregolarità.
Poiché l’attestazione dei servizi resi,
rilasciata alla società aggiudicataria da
una Stazione appaltante, non precisava se
l’ammontare fatturato fosse o meno
comprensivo dell’Iva, a fronte di una
certificazione equivoca –trasfusa, in forza
del punto d) del bando, in una più ampia
dichiarazione sostitutiva di certificazione-
l’amministrazione avrebbe dovuto, di propria
iniziativa, effettuare un idoneo controllo
della stessa, ai sensi dell’art. 71, d.P.R.
n. 445/2000 e dell’art. 41, c.4, d.lgs. n.
163/2006.
Appurato, come poi è risultato essere, che
l’ammontare indicato era da considerare al
lordo dell’iva, l’amministrazione avrebbe
dovuto ritenere tale atto inidoneo a valere
come prova del requisito relativo
all’importo dei servizi resi nel settore
oggetto della gara, realizzati nell’ultimo
triennio e valutare le conseguenze di tale
inidoneità in ordine alla partecipazione
alla gara della società, così come previsto
dal bando di gara (il quale sanziona con
l’esclusione la falsità, la mancanza o
l’incompletezza della documentazione
richiesta a corredo dell’offerta e della
dichiarazione sostitutiva di cui al punto
d).
L’inidoneità delle certificazioni rilasciate
a valere come prova del requisito relativo
all’importo dei servizi resi nel settore
oggetto della gara, avrebbe dovuto quindi
comportare l’esclusione della società dalla
gara (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 28.08.2008 n. 2398 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI: S.
Lazzini, É inammissibile il ricorso proposto
avverso il provvedimento di aggiudicazione
provvisoria di una gara di appalto di
servizi, se al momento della notificazione
di quest’ultimo era già stato emanato dalla
stazione appaltante un secondo autonomo
provvedimento di aggiudicazione provvisoria,
conosciuto e non impugnato espressamente con
autonomo gravame o con atto di motivi
aggiunti?
Non è necessario impugnare l’atto finale,
quando sia stato già impugnato quello
preparatorio, solo quando fra i due atti vi
sia un rapporto di
presupposizione-consequenzialità immediata,
diretta e necessaria, nel senso che l’atto
successivo si pone come inevitabile
conseguenza di quello precedente, perché non
vi sono nuove e ulteriori valutazioni di
interessi, né del destinatario dell’atto
presupposto, né di altri soggetti;
diversamente, quando l’atto finale, pur
facendo parte della stessa sequenza
procedimentale in cui si colloca l’atto
preparatorio, non ne costituisca conseguenza
inevitabile perché la sua adozione implica
nuove ed ulteriori valutazioni di interessi,
anche di terzi soggetti, la immediata
impugnazione dell’atto preparatorio non fa
venir meno la necessità di impugnare l’atto
finale, pena la improcedibilità del primo
ricorso. Che è esattamente quanto accade
avuto riguardo alla natura
dell’aggiudicazione definitiva che non và
considerata atto meramente confermativo o
esecutivo ma provvedimento che, anche quando
recepisca i risultati dell’aggiudicazione
provvisoria, comporta comunque una nuova ed
autonoma valutazione degli interessi
pubblici sottostanti; coerentemente si
ritiene necessaria l’impugnativa autonoma
dell’aggiudicazione definitiva nonostante la
precedente contestazione giudiziale
dell’aggiudicazione provvisoria (che è
meramente facoltativa) ovvero del
provvedimento di esclusione dalla gara
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.08.2008 n. 4053 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI FORNITURE: S.
Lazzini, Discrezionalità della stazione
appaltante: Appalto di forniture -
autotutela - revoca di aggiudicazione
provvisoria - minori consumi rispetto a
quelli preventivati - risulta legittima solo
se rilevanti ai fini della formulazione
della proposta contrattuale da parte del
concorrente oppure ai fini della relativa
valutazione da parte della commissione
aggiudicatrice - illegittimità - va
affermata.
É legittima una revoca
di un’aggiudicazione provvisoria nel caso in
cui si accerti una sopravvenuta contrazione
dei consumi stimati? Tale circostanza può
rappresentare una sostanziale modifica
dell'oggetto del contrarre?
Rileva il Consiglio di Stato che poiché dal
disciplinare di gara si trae linearmente che
la proposta contrattuale doveva esser
formulata, quanto al prezzo, indicando un
valore espresso in euro/anno ed un valore
espresso in euro/MhW; quanto ai valori da
tener presente ai fini della redazione di
tale proposta, dallo stesso disciplinare,
risulta poi che i valori ivi indicati sono
"consumi mensili presunti": ciò vuol dire,
come ha già correttamente ritenuto la
sentenza impugnata, che il venir meno di
alcuni siti da servire non ha rilievo né ai
fini della formulazione della proposta
contrattuale da parte del concorrente né ai
fini della relativa valutazione da parte
della commissione aggiudicatrice. Se ne
ricava, ancora, che la stipula del contratto
non presuppone alcuna rinegoziazione, fermi
potendo rimanere i prezzi unitari indicati
dall'aggiudicataria (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 25.08.2008 n. 4016 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull’illegittimità della
clausola di un bando di gara per
l’affidamento del servizio di distribuzione
di gas naturale che prevede che il comune si
accolli l’onere di corrispondere al gestore
uscente il valore residuo.
E’ illegittima, in quanto in contrasto con
le previsioni del d. lgs. n. 164/2000
(decreto Letta), la clausola di un bando di
gara per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale che prevede
che il comune si accolli l’onere di
corrispondere al gestore uscente il valore
residuo, intendendo, peraltro, recuperare il
cospicuo esborso mediante una previsione di
bando che privilegia in modo determinante la
componente del corrispettivo economico
offerto dalle imprese concorrenti.
Il vulnus, per l’appunto, consiste
nell’effetto distorsivo che privilegia,
contro la ben evidente ratio della
disciplina ivi contenuta, il solo elemento
del prezzo al fine di sovvenire alle
impellenti esigenze finanziarie del comune
divenuto debitore del gestore uscente,
obliterando per ineludibile conseguenza
tutti gli altri elementi di scelta fondati
sui predetti, ulteriori elementi
qualitativi, viceversa imposti non soltanto
dallo stesso art. 14, c. 6, del d. lgs.164
del 2000, ma anche dall’intrinseca
connotazione di "servizio pubblico locale"
insita nell’attività resa oggetto
dell’affidamento. Tale effetto di
lievitazione dei costi, pertanto, nuoce in
ultima analisi sia alle economie delle
imprese partecipanti alle gare, sia allo
stesso pubblico interesse finalizzato, in
forza delle anzidette disposizioni di legge,
a conseguire il miglioramento qualitativo
del servizio
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 04.08.2008 n. 2189
- link a www.diritto.it). |
APPALTI: S.
Lazzini, Illegittimo annullamento di
un’aggiudicazione provvisoria (e quindi
della relativa escussione della cauzione
provvisoria) - la verifica delle regolarità
contributiva non è più di competenza delle
stazioni appaltanti - viceversa, il
provvedimento di ’esclusione deve essere
congruamente motivato e giustificato
dall’Amministrazione procedente con riguardo
alla sussistenza delle condizioni di gravità
e definitività della violazione ((articolo
38, lettera i), del D.Lgs. 12.04.2006 n.
163).
La regolarità contributiva è requisito
indispensabile non solo per la stipulazione
del contratto, bensì per la stessa
partecipazione alla gara, per cui l'impresa
deve essere in regola con i relativi
obblighi fin dalla presentazione della
domanda e conservare tale regolarità per
tutto lo svolgimento della procedura,
essendo tale requisito indice rivelatore
della correttezza dell'impresa nei rapporti
con le proprie maestranze.
Secondo il prevalente insegnamento
giurisprudenziale, a seguito dell'entrata in
vigore della disciplina sul certificato di
regolarità contributiva, dettata dall'art. 2
del D.L. 25.09.2002 n. 210, così come
modificato dalla legge di conversione
22.11.2002 n. 266 e dall'art. 3, comma 8,
lett. b-bis), del d.lgs. 14.08.1996 n. 494
(lettera aggiunta dall'art. 86, comma 10,
del d.lgs. 10.09.2003 n. 276), la verifica
della regolarità contributiva non è più di
competenza delle stazioni appaltanti, ma è
demandata agli enti previdenziali, le cui
certificazioni si impongono alle stazioni
appaltanti, che non possono sindacarne il
contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta dal
Codice dei contratti (articolo 38, lettera
i), del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) sono
esclusi dalla partecipazione alla gara e non
possono conseguentemente conseguirne
l’aggiudicazione, quei soggetti “che
hanno commesso violazioni gravi,
definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi presidenziali e
assistenziali, secondo la legislazione
italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”;
la formulazione della disposizione testé
citata esclude dunque che possano trovare
applicazione i principi consolidatisi in
materia sotto la vigente disciplina
(articolo 75 del d.p.r. 554 del 1999) e
impone che il provvedimento che dispone
l’esclusione sia congruamente motivato e
giustificato dall’Amministrazione procedente
con riguardo alla sussistenza delle
condizioni di gravità e definitività della
violazione (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez.
I,
sentenza 23.07.2008 n. 3470 -
link a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Non
vi sono controinteressati nell’accesso agli
atti di un concorso.
Le domande ed i
documenti prodotti dai candidati, i verbali,
le schede di valutazione e gli stessi
elaborati costituiscono documenti rispetto
ai quali deve essere esclusa in radice
l'esigenza di riservatezza a tutela dei
terzi, posto che i concorrenti, prendendo
parte alla selezione, hanno evidentemente
acconsentito a misurarsi in una competizione
di cui la comparazione dei valori di
ciascuno costituisce l'essenza.
Tali atti, quindi, una volta acquisiti alla
procedura, escono dalla sfera personale dei
partecipanti che, pertanto, non assumono la
veste di controinteressati in senso tecnico
nel presente giudizio.
Né, in concreto, l'omessa integrale
intimazione in giudizio dei concorrenti cui
si riferiscono gli atti in esame arreca loro
alcun significativo pregiudizio non potendo
gli stessi, in ragione di quanto detto,
opporsi all'ostensione dei documenti
richiesti dalla ricorrente
(TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 08.07.2008 n. 6450 -
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APPALTI: Diritto
di accesso agli atti di gara e a quelli
preparatori.
L’art. 22, L.
n. 241 cit., infatti, riconosce il diritto
in questione “a chiunque vi abbia interesse,
per la tutela di situazioni giuridicamente
rilevanti”, mentre il regolamento attuativo,
approvato prima con D.P.R. n. 352/1992,
successivamente integrato e parzialmente
sostituito dal D.P.R. n. 184/2006, specifica
nell’art. 2, comma 1, di quest’ultimo che il
predetto interesse deve essere “diretto,
concreto ed attuale”, e nel successivo art.
4 che le disposizioni in materia si
applicano, “anche ai soggetti portatori di
interessi diffusi o collettivi”.
E’ ammissibile il diritto di accesso con
riferimento ad attività, la cui disciplina
sostanziale (sia pubblicistica che
privatistica) non escluda comunque
l’applicazione dei principi di trasparenza e
buon andamento, necessari per la corretta
gestione di interessi collettivi.
Il soggetto attivamente legittimato,
pertanto, può rivolgersi al legittimato
passivo -in base alla normativa in esame-
per conoscere singoli atti già materialmente
posti in essere, atti che possono essere sia
conclusivi che interni, ma che debbono in
ogni caso incidere in modo diretto sugli
interessi del richiedente, che attraverso
l’accesso è messo in grado di verificare la
corretta ponderazione degli interessi
coinvolti, nonché l’esatta assunzione ed
elaborazione dei dati decisionali assunti
dall’Amministrazione; il medesimo soggetto
non può, invece, attivare forme di
supervisione di un’attività, che si sospetta
inefficiente o inefficace, o di cui si vuole
verificare in via generale la legittimità;
in senso preclusivo di tale supervisione
dispone, del resto, formalmente l’art. 24,
comma 3, della legge n. 241/1990, in base al
quale “non sono ammissibili istanze di
accesso, preordinate ad un controllo
generalizzato delle pubbliche
amministrazioni”
(Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.02.2008 n. 721 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Sulla proroga della
validità del permesso di costruire.
Per pacifica giurisprudenza, la proroga
presuppone che non sia intervenuta la
scadenza del provvedimento prolungato, in
quanto l’esercizio del potere di proroga
produce effetti di ordine puramente
temporale, essendo inteso a pro-trarre nel
tempo, posticipandolo ad un momento
successivo, il termine finale di un
provvedimento ad efficacia durevole.
Ne consegue, secondo la medesima
giurisprudenza, la necessità che il termine
sia prorogato con un provvedimento
discrezionale dell’Autorità amministrativa
competente assunto anteriormente alla sua
scadenza, a pena di inesistenza dello stesso
(Cass. 26.02.1983, n.1464; Consiglio di
Stato VI sez., 26.02.1983 n. 1464, IV sez.
n. 954 del 28.10.1993).
In definitiva, la proroga di un atto non può
ammettersi qualora l’atto originario sia
scaduto: essa è possibile solo se
sopraggiunga prima della scadenza del
termine, poiché –quale atto avente l’effetto
di estendere il termine di efficacia di un
provvedimento amministrativo- deve a questo
collegarsi senza vuoti temporali ed
intervenire dunque nella vigenza ed
efficacia dell’atto su cui si salda,
costituendo con questo un unicum temporale
(Consiglio di Stato sez. VI, n. 3349 del
21.06.2001).
Una volta scaduto il termine l’efficacia del
provvedimento non può essere prorogata e per
l’eventuale continuazione del rapporto
occorre procedere all’adozione di un nuovo
provvedimento secondo la tecnica della
rinnovazione degli atti giuridici.
Applicando i suddetti consolidati principi
giurisprudenziali, in buona sostanza, è
indispensabile che non vi sia soluzione di
continuità tra il termine originario e
quello differito, in quanto altrimenti il
periodo di proroga, non essendo più soggetto
a data certa, potrebbe essere
arbitrariamente dilazionato
(TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 18.10.2007 n. 9665
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