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72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
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dossier COMMISSIONE COMUNALE PER IL PAESAGGIO (nomina membri, compenso, ecc.)
anno 2021

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: E' illegittima la deliberazione di Giunta Comunale che nomina i componenti della Commissione comunale per il paesaggio senza aver preliminarmente operato (e dato conto nel dispositivo) l'obbligatoria “comparazione dei curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali e, più in generale, imposta da principi generali del procedimento amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
La delibera comunale impugnata ha affidato la scelta dei tre componenti della Commissione alla seguente, testuale motivazione: “Ritenuto pertanto di procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale paesaggistica, sulla base dei curriculum e della documentazione presentata, dai quali è desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio richiesto, anche qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio (…)”.
In sostanza, la giunta comunale si è limitata a dare atto che i tre componenti nominati erano risultati in possesso dei requisiti richiesti dal bando, ma ha omesso del tutto di effettuare la “comparazione dei curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali e, più in generale, imposta da principi generali del procedimento amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
La necessità di una valutazione comparativa dei profili dei vari candidati e di una adeguata motivazione in ordine alla scelta effettuata è stata affermata dalla giurisprudenza amministrativa persino in relazione alla designazione degli organi di vertice dell’Amministrazione, notoriamente effettuata con criteri eminentemente fiduciari basati sull’intuitus personae e attraverso atti di alta amministrazione connotati da amplissima discrezionalità; è stato affermato, al riguardo, che:
   - “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire".
Se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell'Amministrazione, a fortiori la stessa deve ritenersi imprescindibile allorquando si tratti di nominare gli esperti di una commissione tecnica che s'inserisce, sia pur con criteri d'elevata professionalità e competenza, nell'ambito dell'esercizio delle ordinarie funzioni amministrative attribuite all'ente locale nello specifico settore della tutela del paesaggio.
In buona sostanza, se persino gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell'obbligo di una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi cd. a motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d'effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed attitudini a ricoprire l'incarico (come emergenti dai rispettivi curricula) -incarico, si ripete, compreso nell'ambito delle ordinarie attribuzioni dell'ente locale, sia pur di natura settoriale- non può prescindersi, a maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico-comparativo, tendente all'emersione delle ragioni della scelta di uno o più candidati in questione, e dalla quale, in particolare, s'evincano le ragioni per le quali i medesimi siano stati considerati i più adatti a rivestire la medesima carica
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Nel caso di specie, la valutazione comparativa dei curricula dei cinque candidati è mancata del tutto o, quantomeno, la stessa -ove mai effettuata- non è stata evidenziata in motivazione, tant’è che la stessa difesa del Comune ha ammesso trattarsi di una motivazione “criptica”.
Una motivazione criptica è di per sé una motivazione illegittima perché contraddice la funzione essenziale attribuitale dall’ordinamento, che è quella di indicare (in modo comprensibile) “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria” (art. 3 L. 241/1990).
Trattandosi di un principio generale applicabile nei più disparati settori in cui si esplica l’azione amministrativa, appare del tutto irrilevante la circostanza, dedotta dalla difesa del Comune, che nel caso di specie non si sia trattato di una gara d’appalto o di un concorso preordinato all’assunzione di un dipendente del Comune; tanto più che, nel caso della nomina della commissione locale per il paesaggio, la necessità di una “comparazione dei curricula delle candidature presentate” è stata esplicitata dalla giunta regionale all’atto di dettare, con citata la D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977, i “criteri per la verifica, nei soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico scientifica”.
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Circa la
dedotta violazione del principio di rotazione, sul rilievo che due dei tre componenti nominati siedono nella medesima commissione rispettivamente da oltre 20 anni e da oltre 10 anni richiamando i principi affermati nel Piano Nazionale Anticorruzione 2016 approvato dall’ANAC con delibera n. 831 del 03.08.2016, va detto che il Piano Nazionale Anticorruzione è “atto generale di indirizzo” rivolto a tutte le amministrazioni che adottano i PTPC (Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione), soggetti a vigilanza dell’ANAC, che all’occorrenza può adottare raccomandazioni o ordini nei confronti di singole amministrazioni.
La rotazione del personale è uno dei criteri organizzativi previsti per prevenire la corruzione, ma è riferita alle modalità di impiego dei “dipendenti” e del “personale”; si tratta, in ogni caso, di un criterio organizzativo “di indirizzo”, e cioè tendenziale e non vincolante, che di massima non è applicabile a quei ruoli tecnici che, come nel caso della Commissione locale per il Paesaggio, vengano affidati a soggetti esterni all’amministrazione, selezionati sulla base di criteri di capacità tecnica e all’esito di valutazione comparativa di merito; in tal caso, infatti, la selezione comparativa effettuata dall’amministrazione sulla base di criteri predeterminati dovrebbe essere sufficiente garanzia di imparzialità della nomina.
Peraltro, nel caso in cui, all’esito della selezione comparativa dei vari candidati, l’amministrazione si trovi ad aver valutato più candidati in modo sostanzialmente equipollente e paritetico, e debba operare una scelta tra i medesimi, principi generali di buona amministrazione e di imparzialità possono rendere opportuno che la scelta tra i candidati sia effettuata attribuendo motivata e favorevole rilevanza anche alla circostanza che uno di questi non abbia mai svolto quella specifica funzione presso il Comune procedente, rispetto ai componenti uscenti della commissione oggetto di selezione, soprattutto se questi ultimi ne abbiano fatto parte per un lungo periodo.
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... per l'annullamento:
   - della delibera della giunta comunale di Paratico n. 107 del 17.09.2019 avente ad oggetto “nomina della commissione per il paesaggio e per la qualità urbana ai sensi dell’articolo 148 del d.lvo 42/2004 e dell’articolo 81 della L.R. 12 del 2005”, affissa all’albo pretorio per 15 giorni consecutivi a partire dal 30.09.2019;
   - ove e per quanto occorra, dell’avviso pubblico del 12.08.2019, per la presentazione delle candidature;
   - occorrendo, del regolamento della Commissione del Paesaggio del Comune di Paratico approvato con delibera di consiglio comunale n. 30 del 29.09.2009;
...
FATTO
1. Con Avviso del 12.08.2019, il Comune di Paratico (BS) indiceva una selezione pubblica finalizzata alla formazione di un elenco di candidati in possesso dei prescritti requisiti, da cui attingere per la nomina della Commissione comunale del Paesaggio e per la Tutela della qualità urbana.
1.1. In particolare, in conformità ai criteri disciplinati dall’Allegato 1 alla D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977 e dall’art. 2 del Regolamento comunale della Commissione per il Paesaggio (approvato con delibera consiliare n. 30 del 29.09.2009), l’Avviso prevedeva che la Commissione sarebbe stata composta da tre membri, in possesso dei seguenti requisiti:
   “- un presidente: soggetto in possesso di laurea e abilitazione all’esercizio della professione oltre ad aver maturato una qualificata esperienza, come libero professionista o in qualità di pubblico dipendente nell’ambito della tutela e valorizzazione dei beni paesistici;
   - due componenti: soggetti in possesso di diploma universitario o laurea o diploma di scuola media superiore in una materia attinente l’uso, la pianificazione e la gestione del territorio e del paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica, la tutela dei beni architettonici e culturali, le scienze geologiche, naturali, geografiche e ambientali; i soggetti dovranno altresì aver maturato una qualificata esperienza, almeno triennale se laureati, e almeno quinquennale se diplomati nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente, in una delle materie sopra indicate
”.
1.2. Inoltre, l’Avviso prevedeva, tra l’altro:
   - che gli interessati avrebbero dovuto allegare alla domanda di partecipazione il proprio curriculum professionale;
   - che la nomina della commissione sarebbe stata effettuata dalla giunta comunale dopo aver valutato le candidature complete di tutta la documentazione;
   - che l’incarico sarebbe stato “gratuito”, non essendo previsti “compensi, gettoni di presenza né rimborsi spese”.
2. Entro il termine del 16.09.2019 previsto dall’Avviso, erano presentate cinque domande di partecipazione, ciascuna corredata dal relativo curriculum professionale, da parte dei seguenti candidati:
   - arch. Fe.Gu.Lu.; - arch. Mi.Gi.; - arch. Fa.Di.; - ing. Za.Lo.; - ing. Za.El..
3. All’esito della valutazione delle domande e dei curricula dei candidati, la giunta comunale, con delibera n. 107 del 17.09.2019, stabiliva di nominare quali membri della Commissione per il Paesaggio i candidati:
   - arch. Fa.Di., in qualità di “esperto con funzione di Presidente”;
   - arch. Mi.Gi., in qualità di “esperto”;
   - arch. Fe.Gu.Lu., in qualità “esperto”.
4. La delibera, dopo aver richiamato la normativa applicabile e gli atti di gara, così motivava la scelta dei tre componenti: “Ritenuto pertanto di procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale paesaggistica, sulla base dei curriculum e della documentazione presentata, dai quali è desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio richiesto, anche qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio (…)”.
5. Con ricorso notificato il 12.12.2019 e ritualmente depositato, l’ing. El.Za. impugnava la predetta delibera di giunta e, occorrendo, gli ulteriori atti della selezione pubblica, e ne chiedeva l’annullamento sulla base di tre motivi, con i quali lamentava, in sintesi:
   5.1) il difetto di motivazione della delibera di nomina;
   5.2) la sussistenza di una stabile, potenziale, situazione di conflitto di interessi, o comunque l’assenza di una situazione di imparzialità in capo al Presidente arch. Fa., nonché l’assenza dei requisiti soggettivi in capo all’arch. Mi.;
   5.3) la violazione del principio di rotazione.
6. Il Comune di Paratico si costituiva in giudizio depositando documentazione e resistendo al ricorso con memoria difensiva, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del decreto regionale 10.10.2019, approvativo della Commissione per il Paesaggio; in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
7. Non si costituivano, invece, i controinteressati arch. Fa.Di., arch. Mi.Gi. e arch. Fe.Gu.Lu., ritualmente intimati con atti portati alla notifica il 12.12.2019 e ricevuti il 17.12.2019.
8. All’udienza pubblica del 14.04.2021, in prossimità della quale la difesa di parte ricorrente depositava una memoria di replica nel termine di rito, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ opportuno preliminarmente ricostruire il quadro normativo in cui si inquadra la vicenda in esame.
1.1. L’istituzione delle commissioni per il paesaggio, quali organismi consultivi di supporto agli enti esercenti le funzioni delegate in materia di autorizzazione paesaggistica, è stata prevista dall’art. 148, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, in forza del quale “Le regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6”. Il comma 2 della stessa norma precisa che “Le commissioni sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio”.
1.2. I predetti principi sono stati dettagliati, in ambito locale, dalla normativa regionale lombarda, e in particolare dalla L.R. 11.03.2005 n. 12, la quale:
   - all’art. 81, comma 1, ha previsto che “ogni ente locale titolare, ai sensi dell’art. 80, di funzioni amministrative riguardanti l’autorizzazione paesaggistica e l’irrogazione delle relative sanzioni, istituisce e disciplina una commissione per il paesaggio, avente i requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica dettati dalla Giunta regionale”;
   - all’art. 80, comma 9, ha previsto che “L’esercizio delle funzioni [in materia di autorizzazione paesaggistica] possono essere esercitate solamente dai comuni […] per i quali la Regione abbia verificato la sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica ai sensi del D.Lgs. 42/2004”.
1.3. I “requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica” di cui al predetto art. 81, comma 1, della L.R. n. 12/2005 sono stati definiti dalla giunta regionale lombarda con D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977; in particolare, nell’Allegato 1 a tale D.G.R. si prevede (per quel che rileva):
   - che nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, la commissione è composta da un numero minimo di 3 componenti;
   - che “Il Presidente della Commissione dovrà essere in possesso di laurea e di abilitazione all’esercizio della professione ed aver maturato una qualificata esperienza, come libero professionista o in qualità di pubblico dipendente, nell’ambito della tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici”;
   - che “I componenti devono essere scelti tra i candidati che siano in possesso di diploma universitario o laurea o diploma di scuola media superiore in una materia attinente l’uso, la pianificazione e la gestione del territorio e del paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica, la tutela dei beni architettonici e culturali, le scienze geologiche, naturali, geografiche ed ambientali”;
   - che i medesimi, inoltre, “devono altresì aver maturato una qualificata esperienza, almeno triennale se laureati ed almeno quinquennale se diplomati, nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente, in una delle materie sopra indicate e con riferimento alla tipologia delle funzioni paesaggistiche attribuite all’Ente locale al quale si presenta la candidatura”;
   - che i componenti della commissione sono nominati “a seguito di comparazione dei curricula delle candidature presentate” e che “il provvedimento di nomina dovrà dare atto della congruenza dei titoli posseduti dai candidati prescelti rispetto a quanto previsto dai presenti criteri”;
   - che, infine, la Regione –a cui gli enti locali trasmettono la documentazione relativa alla istituzione, disciplina e nomina della commissione per il paesaggio– “provvede alla valutazione della documentazione trasmessa al fine di verificarne la rispondenza ai presenti criteri”;
   - che tale verifica “potrà comportare anche controlli a campione relativamente all’attività svolta ed alle modalità utilizzate dall’ente locale per la istituzione e nomina della Commissione per il paesaggio, nonché relativamente alla conformità dei criteri utilizzati per la costituzione/individuazione della struttura tecnica o della specifica professionalità per lo svolgimento delle attività di istruttoria tecnico-amministrativa”;
   - che, all’esito di tale verifica, “sarà predisposto l’elenco degli Enti riconosciuti idonei all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio”, elenco “approvato con specifico provvedimento del direttore generale della D.G. Territorio e Urbanistica” e quindi pubblicato sul BURL e sul sito ufficiale della regione.
1.4. In ossequio ai criteri dettati dalla giunta regionale, il Comune di Paratico si è dotato di un proprio “Regolamento Commissione per il Paesaggio”, approvato con delibera consiliare n. 30 del 29.09.2009, il quale, all’art. 2, disciplina la composizione della commissione e i requisiti soggettivi dei suoi componenti, riproducendo pedissequamente (e letteralmente) i criteri regionali, precisando che il possesso dei requisiti deve risultare dal curriculum individuale di ciascun candidato.
1.5. Analogamente, i medesimi requisiti sono stati riprodotti e richiesti nell’Avviso relativo alla selezione oggetto del presente giudizio.
2. Venendo quindi all’esame del caso di specie, va affrontata in primo luogo l’eccezione preliminare formulata dalla difesa del Comune, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per la mancata impugnazione del decreto regionale n. 14557 del 10.10.2019, con cui la Regione Lombardia ha approvato l’istituzione della Commissione per il Paesaggio del Comune di Paratico.
2.1. L’eccezione, osserva il Collegio, non può essere condivisa dal momento che la Regione si è limitata a verificare, ai sensi dell’art. 80, comma 9, L.R. n. 12/2005, che la Commissione fosse stata nominata nel rispetto dei “requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica” prescritti dal d.lgs. 42/2004, ma non è entrata nel merito delle valutazioni svolte dall’amministrazione comunale in ordine alla scelta dei singoli componenti.
2.2. Di conseguenza, un eventuale annullamento del provvedimento comunale di nomina della commissione avrebbe effetti automaticamente caducanti, in parte qua, anche sul Decreto del Direttore Generale Territorio e Protezione civile della Regione Lombardia n. 14557 del 10.10.2019, concernente il “Settimo aggiornamento 2019 dell’elenco degli enti locali idonei all’esercizio delle funzioni paesaggistiche”.
3. Passando all’esame del merito, con il primo motivo la parte ricorrente ha lamentato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, in ragione del fatto che la giunta comunale si sarebbe limitata a dare atto del possesso, da parte dei tre soggetti nominati, dei requisiti soggettivi previsti dal bando, senza svolgere alcuna valutazione comparativa dei curricula allegati da tutti e cinque i candidati, come peraltro prescritto dai predetti criteri regionali di cui alla D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977, nella parte in cui prevedono che i componenti della commissione sono nominati “a seguito di comparazione dei curricula delle candidature presentate” e come prescritto da principi generali del procedimento amministrativo.
La difesa comunale ha contestato la fondatezza della censura, rilevando che motivazione del provvedimento, per quanto “criptica”, sarebbe nondimeno adeguata, atteso il riferimento testuale in essa contenuto alla valutazione dei curricula e della documentazione presentata dai candidati, in conformità ai criteri predeterminati, tenuto anche conto che nella specie non si tratta di un gara finalizzata alla stipula di un contratto di appalto né di una procedura concorsuale finalizzata all’assunzione di un dipendente pubblico.
La difesa comunale è poi passata ad analizzare, in concreto, i curricula dei cinque candidati e a compararne i profili professionali ed esperienziali, evidenziando in particolare l’assenza in capo alla ricorrente di una specifica esperienza in materia di progettazione, direzione lavori, componente di commissioni edilizie e/o del paesaggio, a differenza dei tre soggetti selezionati.
4. Il Collegio ritiene che gli argomenti addotti dalla difesa comunale non siano convincenti e che la censura di parte ricorrente sia fondata.
4.1. La delibera comunale impugnata, infatti, ha affidato la scelta dei tre componenti della Commissione alla seguente, testuale motivazione: “Ritenuto pertanto di procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale paesaggistica, sulla base dei curriculum e della documentazione presentata, dai quali è desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio richiesto, anche qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio (…)”.
4.2. In sostanza, la giunta comunale si è limitata a dare atto che i tre componenti nominati erano risultati in possesso dei requisiti richiesti dal bando, ma ha omesso del tutto di effettuare la “comparazione dei curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali di cui alla citata D.G.R. e, più in generale, imposta da principi generali del procedimento amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
4.3. La necessità di una valutazione comparativa dei profili dei vari candidati e di una adeguata motivazione in ordine alla scelta effettuata è stata affermata dalla giurisprudenza amministrativa persino in relazione alla designazione degli organi di vertice dell’Amministrazione, notoriamente effettuata con criteri eminentemente fiduciari basati sull’intuitus personae e attraverso atti di alta amministrazione connotati da amplissima discrezionalità; è stato affermato, al riguardo, che:
   - “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire" (TAR Salerno, sez. II, 18.03.2019 n. 406; TAR Lazio-Roma, Sez. I, 05/03/2012, n. 2223; conf. Cons. Stato, sez. V, 15.11.2016, n. 4718).
4.4. Se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell'Amministrazione, a fortiori la stessa deve ritenersi imprescindibile allorquando si tratti di nominare gli esperti di una commissione tecnica che s'inserisce, sia pur con criteri d'elevata professionalità e competenza, nell'ambito dell'esercizio delle ordinarie funzioni amministrative attribuite all'ente locale nello specifico settore della tutela del paesaggio; in sostanza, se persino gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell'obbligo di una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi cd. a motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d'effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed attitudini a ricoprire l'incarico (come emergenti dai rispettivi curricula) -incarico, si ripete, compreso nell'ambito delle ordinarie attribuzioni dell'ente locale, sia pur di natura settoriale- non può prescindersi, a maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico-comparativo, tendente all'emersione delle ragioni della scelta di uno o più candidati in questione, e dalla quale, in particolare, s'evincano le ragioni per le quali i medesimi siano stati considerati i più adatti a rivestire la medesima carica (in tal senso, cfr. TAR Salerno, sez. II, 18.03.2019 n. 406).
4.5. Nel caso di specie, la valutazione comparativa dei curricula dei cinque candidati è mancata del tutto, o quantomeno la stessa, ove mai effettuata, non è stata evidenziata in motivazione, tant’è che la stessa difesa del Comune ha ammesso trattarsi di una motivazione “criptica”.
4.6. Una motivazione criptica è di per sé una motivazione illegittima perché contraddice la funzione essenziale attribuitale dall’ordinamento, che è quella di indicare (in modo comprensibile) “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria” (art. 3 L. 241/1990).
4.7. Trattandosi di un principio generale applicabile nei più disparati settori in cui si esplica l’azione amministrativa, appare del tutto irrilevante la circostanza, dedotta dalla difesa del Comune, che nel caso di specie non si sia trattato di una gara d’appalto o di un concorso preordinato all’assunzione di un dipendente del Comune; tanto più che, nel caso della nomina della commissione locale per il paesaggio, la necessità di una “comparazione dei curricula delle candidature presentate” è stata esplicitata dalla giunta regionale all’atto di dettare, con citata la D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977, i “criteri per la verifica, nei soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico scientifica”.
4.8. Gli ulteriori argomenti addotti dalla difesa comunale (in particolare in relazione all’asserita assenza in capo alla ricorrente di specifica esperienza in materia di progettazione, direzione lavori, componente di commissioni edilizie e/o del paesaggio, a differenza dei tre soggetti selezionati) costituiscono motivazione postuma del provvedimento, che va dichiarata inammissibile sulla scorta di noti principi giurisprudenziali (TAR Milano, sez. II, 11/02/2021, n. 388; Consiglio di Stato, sez. III, 29/09/2020, n. 5719).
5. Con il secondo motivo, la parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato in ragione della sussistenza di una stabile, potenziale, situazione di conflitto di interessi, o comunque l’assenza di una situazione di imparzialità del presidente arch. Fa., in ragione dei rapporti personali e professionali intercorrenti tra il medesimo e l’arch. Ca., Responsabile del settore Edilizia e Urbanistica del Comune di Paratico e titolare delle competenze in materia di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; inoltre, ha dedotto l’assenza dei requisiti in capo all’arch. Mi., in quanto titolare di uno studio professionale ma cancellato dall’Ordine degli Architetti di Brescia e in quanto tale privo di “abilitazione all’esercizio della professione”, prescritta quale requisito di partecipazione sia dall’Avviso di selezione che dai criteri regionali.
Il Collegio osserva che la censura non può essere condivisa.
5.1. La situazione di conflitto di interessi, anche solo potenziale, in capo al presidente della commissione arch. Fa. viene desunta da parte ricorrente dalla circostanza che, in un altro comune (Erbusco), egli ricoprirebbe, quale Responsabile dell’Area Tecnica, una posizione subordinata rispetto al sindaco arch. Ca., ossia rispetto alla stessa persona che, nel Comune di Paratico, ricopre il ruolo di Responsabile del Settore Edilizia e Urbanistica e che, in quanto tale, è deputata all’adozione degli atti di autorizzazione paesaggistica.
5.2. L’argomento, osserva il Collegio, non può essere condiviso, dal momento che nel Comune di Erbusco l’arch. Fa. non ricopre alcun ruolo subordinato rispetto al sindaco all’arch. Ca., svolgendo invece funzioni di responsabilità gestionale in situazione di piena autonomia rispetto all’organo politico, secondo principi generali evincibili dall’art. 107 del d.lgs. 267/2000.
5.3. Non appare quindi ipotizzabile, se non sulla base di mere congetture giuridicamente irrilevanti, alcun rapporto di soggezione del primo nei confronti del secondo, che possa far dubitare dell’imparzialità dell’arch. Fa. nell’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione locale per il Paesaggio di Paratico; tanto più che, secondo la giurisprudenza, l’esistenza di una situazione di conflitto di interessi degli amministratori pubblici deve essere provata in concreto con riferimento a situazioni specifiche, dimostrando la sussistenza di un nesso teleologico tra il contenuto del singolo provvedimento e l’interesse personale dell’amministratore, mentre invece nel caso di specie essa viene predicata in astratto e sulla base di presupposti del tutto ipotetici e indimostrati.
5.4. Quanto all’arch. Mi., è sufficiente osservare che l’abilitazione all’esercizio della professione è stata richiesta dall’Avviso di selezione, conformemente ai criteri regionali, quale requisito per la nomina come “presidente” della commissione e non per la nomina quale semplice “componente esperto” (qual è il Mi.).
6. Infine, con il terzo motivo la parte ricorrente ha dedotto la violazione del principio di rotazione, sul rilievo che due dei tre componenti nominati (l’arch. Fa. e l’arch. Mi.) siedono nella medesima commissione rispettivamente da oltre 20 anni e da oltre 10 anni; ha richiamato i principi affermati nel Piano Nazionale Anticorruzione 2016 approvato dall’ANAC con delibera n. 831 del 03.08.2016.
6.1. La difesa comunale ha replicato che tale principio troverebbe applicazione soltanto in tema di affidamenti di contratti e non in tema di esercizio di funzioni (non retribuite) come quelle per cui è causa.
6.2. Il Collegio osserva che la censura è fondata negli stretti limiti qui di seguito precisati.
Il Piano Nazionale Anticorruzione è “atto generale di indirizzo” rivolto a tutte le amministrazioni che adottano i PTPC (Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione), soggetti a vigilanza dell’ANAC, che all’occorrenza può adottare raccomandazioni o ordini nei confronti di singole amministrazioni.
La rotazione del personale è uno dei criteri organizzativi previsti per prevenire la corruzione, ma è riferita alle modalità di impiego dei “dipendenti” e del “personale”; si tratta, in ogni caso, di un criterio organizzativo “di indirizzo”, e cioè tendenziale e non vincolante, che di massima non è applicabile a quei ruoli tecnici che, come nel caso della Commissione locale per il Paesaggio, vengano affidati a soggetti esterni all’amministrazione, selezionati sulla base di criteri di capacità tecnica e all’esito di valutazione comparativa di merito; in tal caso, infatti, la selezione comparativa effettuata dall’amministrazione sulla base di criteri predeterminati dovrebbe essere sufficiente garanzia di imparzialità della nomina.
Peraltro, nel caso in cui, all’esito della selezione comparativa dei vari candidati, l’amministrazione si trovi ad aver valutato più candidati in modo sostanzialmente equipollente e paritetico, e debba operare una scelta tra i medesimi, principi generali di buona amministrazione e di imparzialità possono rendere opportuno che la scelta tra i candidati sia effettuata attribuendo motivata e favorevole rilevanza anche alla circostanza che uno di questi non abbia mai svolto quella specifica funzione presso il Comune procedente, rispetto ai componenti uscenti della commissione oggetto di selezione, soprattutto se questi ultimi ne abbiano fatto parte per un lungo periodo.
7. In definitiva, alla luce delle considerazioni di cui sopra, il ricorso è fondato e va accolto nei sensi e nei limiti sopra specificati, con il conseguente annullamento della delibera della giunta comunale di Paratico n. 107 del 17.09.2019.
7.1. Per l’effetto, in esecuzione della presente sentenza, la giunta comunale di Paratico procederà, nel termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione del presente provvedimento, a rinnovare la nomina dei componenti della Commissione locale per il Paesaggio attraverso una valutazione comparativa dei curricula dei cinque candidati, concludendo tale procedimento con un provvedimento espresso adeguatamente motivato in ordine alle ragioni della preferenza accordata ai candidati prescelti rispetto a quelli pretermessi, conformandosi alle precedenti statuizioni (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 06.05.2021 n. 410 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Sull'annullamento della designazione a componente esperto della Commissione locale per il paesaggio nella materia della “legislazione dei beni culturali” per difetto di motivazione.
I motivi di appello non possono essere accolti alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza che il Collegio condivide e a cui intende dare continuità.
È stato, infatti, affermato al riguardo (cfr. Cons. di Stato, 15.11.2016, n. 4718, relativo alla nomina del difensore civico regionale) che la fiduciarietà connotante il provvedimento di nomina “è caratteristica che non dispensa l’amministrazione procedente dall’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare, tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri”. È stato altresì statuito che, seppur non occorra “una rigorosa comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si trattasse di un procedimento concorsuale”, il provvedimento di nomina deve comunque “dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire”.
In quella fattispecie, analoga a quella del presente giudizio, fu ritenuto perciò fondato il motivo con cui si allegava l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato “nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e professionalità posseduti” dai candidati, limitandosi il provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del nominato, recante peraltro titoli almeno in parte contestati, poiché il provvedimento di nomina nemmeno consentiva “una sommaria raffrontabilità dei requisiti di competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla carica”.
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Come bene ritenuto dal primo giudice, la delibera gravata difetta di qualsivoglia motivazione, a sostegno della designazione del controinteressato, quale esperto in “legislazione dei beni culturali”.
Al riguardo osserva il Collegio che il profilo della valutazione tra i candidati discende dalle previsioni legislative applicabili, per le quali le Commissioni Locali per il Paesaggio -che trovano il proprio fondamento normativo nell’art. 9 della Costituzione (a mente del quale “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”)– “sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” (art. 148, comma 2, D.Lgs. n. 42 del 2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Ed infatti, in primo luogo, l’art. 146, comma 6, D.Lgs. n. 42 del 2004 dello stesso Codice, nel prevedere la delega ai Comuni dell’esercizio del potere e della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, precisa che ciò può avvenire “purché gli Enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.”.
Dal canto suo, la legge regionale Campania 23.02.1982, n. 10 (recante direttive per l’esercizio delle funzioni amministrative sub delegate dalla Regione ai Comuni), richiamata dall’appellante, all’Allegato I, prevede che l'Ente sub-delegato in materia provvede alla costituzione di un organismo tecnico-amministrativo “tra esperti in materia urbanistica, beni ambientali, storia dell'arte, geografia, discipline agricolo-forestali, naturalistiche, storiche, pittoriche ed arti figurative e legislazione beni culturali”.
Non pare poi superfluo rammentare che l’art. 3, comma 2, del Regolamento della Commissione locale per il paesaggio richiama per la nomina dei componenti la Commissione la “procedura ad evidenza pubblica” (avviata a mezzo di specifico avviso di selezione, da pubblicizzarsi con le modalità e le forme ivi indicate), ribadendo altresì al precedente comma 1 che i membri che la compongono devono essere scelti e nominati tra soggetti esperti “con particolare, pluriennale e qualificate esperienza nelle suddette specifiche materie, maturate nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente” ed “in modo da coprire tutte le competenze e professionalità, come richiesto dalle norme di legge”. Inoltre, il bando ha stabilito pure che: “Compete alla Commissione Straordinaria … la nomina dei cinque componenti esperti scelti sulla base del proprio curriculum da allegare al provvedimento deliberativo”, precisando che ai fini della nomina, valgono titoli preferenziali, tra cui l’essere esperti in “legislazione dei beni culturali”.
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Nessuno degli assunti del Comune appellante, ritiene il Collegio, può essere condiviso.
Rileva infatti la violazione delle disposizioni sia di legge (nazionale e regionale), intese ad assicurare le giuste professionalità (“soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” ex art. 148 D.Lgs. n. 42/2004), sia di quelle dettate dal Regolamento interno e dall’Avviso pubblico, protese a garantire che, in sede di “vaglio delle candidature”, si faccia in modo che le competenze e professionalità nella Commissione Locale Paesaggio “siano armonicamente equilibrate per garantire una interdisciplinarietà come previsto dalla LR 10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr.: Regolamento e Avviso pubblico).
Alla luce della su indicata normativa applicabile, sono dunque corrette e meritano conferma le statuizioni di prime cure che, sulla base di una puntuale analisi del testo della delibera impugnata, hanno rilevato come “la designazione dell’esperto nella materia di interesse è stata compiuta senza l’esplicitazione della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio, di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed alle specifiche competenze e professionalità degli altri professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato il loro interesse, a rivestire la carica di componente della Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione dei beni culturali”.
Ritiene il Collegio che un tale modo di operare si ponga in contrasto con l’obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 07.08.1990, n. 241, che, al comma 2, introduce un’espressa eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti normativi e per quelli a contenuto generale; per il resto la motivazione è requisito indispensabile di ogni atto amministrativo, quale fattore di esternazione dell’iter logico delle determinazioni assunte dall’Amministrazione in esercizio di poteri discrezionali, ai fini della tutela in giustizia.
Su queste premesse, correttamente il primo giudice ha concluso che il singolo provvedimento di nomina, anche se adottato in base a criteri eminentemente fiduciari, deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. La motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsene la ragionevolezza: tale scelta non può, per il vero, esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge; essa importa articolate e talvolta complesse valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale (che hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che sono in grado di assicurare a quello da ricoprire). Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza in tema di nomina di funzionari onorari, il provvedimento di nomina deve dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire.
In definitiva, sono corrette e condivisibili le statuizioni della sentenza laddove evidenzia che –se anche per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non è affatto escluso l'obbligo di motivazione appropriato e coerente alla natura degli atti medesimi- tanto più non può prescindersi da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, dalla quale s’evincano le ragioni della maggiore idoneità del designato a rivestire la carica ogni qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze e attitudini a ricoprire l’incarico cui aspira, compreso nell’ambito delle ordinarie attribuzioni dell’ente locale. Come precisato in giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta alla “verifica dell’esperienza e della capacità professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una scelta motivata della persona da designare.
L’eccepita infondatezza della censura di difetto di motivazione non può allora nemmeno farsi discendere, come sostiene il Comune, dalla precisazione, contenuta nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito”, né ancora dalla considerazione che il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina”: le suddette precisazioni, ritiene il Collegio, non possono incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata, di rispettare, comunque, il generale canone della motivazione degli atti amministrativi.
Del resto, la precisazione contenuta nell’avviso pubblico è anche intrinsecamente contraddittoria: vi era specificato che il curriculum vitae aveva il fine di verificare, nei candidati, “il possesso delle condizioni richieste”, espressione che di suo implica l’effettuazione di un’analisi dei curricula medesimi, tendente a verificare l’idoneità dei candidati a svolgere le funzioni connesse all’espletamento dell’incarico.
È altresì destituita di fondamento, oltre che irrilevante per le ragioni anzidette, l’argomento concernente l’asserita acquiescenza che il candidato odierno avrebbe prestato alle disposizioni in parte qua del bando nella manifestazione d’interesse all’assunzione dell’incarico: a prescindere dall’impossibilità di opinare alcuna interferenza della precisazione suddetta sull’obbligo generale di motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990, l’originario ricorrente ha comunque specificamente impugnato le disposizioni del bando in parola sia per violazione dell’obbligo generale di motivazione sia con riferimento all’art. 3 del citato Regolamento che per la nomina della Commissione locale per il paesaggio prevede la “procedura ad evidenza pubblica”.
In definitiva, per le ragioni esposte anche l’effettuazione di un’adeguata istruttoria da parte della Commissione straordinaria rimane confinata a mera affermazione di principio, come pure infondata è la tesi del Comune appellante secondo cui il giudizio formulato dalla Commissione Straordinaria “avrebbe comportato una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati”.
Ne segue che non è decisiva la modalità del voto (richiamata col primo motivo di gravame) che non può di suo elidere i criteri di trasparenza e di adeguatezza della scelta rispetto ai parametri stabiliti ex lege e ripetuti, a monte della procedura, dal Comune di Scafati nei propri atti e parimenti è infondato anche il secondo motivo di appello sulla insidacabilità da parte del giudice amministrativo della nomina dei componenti della Commissione locale per il paesaggio. Al riguardo si osserva che, se, per un verso, non può prescindersi dalla comparazione tra le professionalità degli interessati, previo accertamento dei requisiti richiesti, e dalla conseguente motivazione della designazione effettuata tra le plurime candidature, per altro verso, per la giurisprudenza, il giudice amministrativo può legittimamente sindacare le valutazioni tecnico-discrezionali della Pubblica Amministrazione se viziate da eccesso di potere per difetto di motivazione
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... per la riforma della
sentenza 18.03.2019 n. 406 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), resa tra le parti;
...
5. - L’appello è infondato e va respinto.
6. - L’appello dell’Amministrazione comunale contesta la sentenza che ha annullato la designazione a componente esperto della Commissione locale per il paesaggio nella materia della “legislazione dei beni culturali” per difetto di motivazione.
7. - L’ente, con l’avviso pubblico del 09.10.2018, aveva indicato le modalità di svolgimento della procedura di nomina degli esperti, nel rispetto delle norme di legge (il d.lgs. n. 42 del 2004; le leggi regionali della Campania 22.12.2004, n. 16 “Norme sul governo del territorio” e 23.02.1982, n. 10 “Indirizzi programmatici e direttive fondamentali per l’esercizio delle deleghe ai sensi dell’art. 1 della L.R. 65/1981”), nonché dei principi costituzionali di trasparenza e legalità.
7.1. Nell’avviso pubblico il Comune aveva chiesto una manifestazione d’interesse, ai fini della nomina a componente della Commissione; e precisava che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa privata; di conseguenza non sarebbe stata stilata una graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito, avendo il curriculum vitae il solo scopo di “manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere l’incarico”.
7.2. A tali regole l’appellato avrebbe prestato acquiescenza, dichiarando nella manifestazione d’interesse di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza dell’avviso pubblico.
7.3. Il Comune, con il primo motivo di appello, evidenzia che la delibera è stata adottata ai sensi dell’art. 43 del Regolamento delle Adunanze consiliari del Comune di Scafati, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 60 del 29.10.2012 (e richiamato altresì dallo Statuto Comunale), a mente del quale “Le votazioni relative a nomine di rappresentanti del Comune, di competenza del Consiglio Comunale, in commissioni, enti, Società od Istituzioni, avverranno a scrutinio segreto”. Per il Comune ne deriva che non poteva essere svolta una comparazione tra le candidature, dovendo la scelta degli esperti avvenire, con voto limitato della Commissione straordinaria (con i poteri del Consiglio Comunale), ovvero in seguito alla votazione di un solo membro tra tutti i profili pervenuti.
7.4. La sentenza poi non avrebbe considerato che la delibera manifesta un’attività amministrativa di natura discrezionale: l’atto di nomina a componente della Commissione locale per il paesaggio è di sola competenza dell’organo deliberativo dell’ente locale (la Commissione straordinaria nominata ai sensi dell'art. 144 del d.lgs. n. 267 del 2000, con i poteri del Consiglio comunale), che può assolvere all'obbligo di motivazione sulla base di ampie valutazioni di opportunità.
7.5. Per il Comune, difettano poi i sintomi dell’eccesso di potere circa le valutazioni tecnico-discrezionali (valutazioni qualitative della preparazione dei candidati) e la sentenza fuoriesce dai limiti della giurisdizione, contro il principio di separazione dei poteri.
7.6. La sentenza poi, per il Comune, riporta orientamenti (in materia di atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria) relativi a fattispecie estranee.
7.7. Il Comune aggiunge, infine, che sussisterebbe comunque una motivazione sostanziale dell’atto impugnato: al riguardo, rammenta l’appellante, la giurisprudenza ha chiarito che l’obbligo di motivazione -da intendersi in senso non meramente formale, ma funzionale- è rispettato se l'atto reca l'esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall'amministrazione per giungere alla decisione adottata e il destinatario è in grado di comprenderne le ragioni e, conseguentemente, di utilmente accedere alla tutela giurisdizionale, in conformità ai principi di cui agli artt. 24 e 113 Cost.
8. I motivi di appello così sintetizzati non possono essere accolti alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza che il Collegio condivide e a cui intende dare continuità.
8.1. È stato, infatti, affermato al riguardo (cfr. Cons. di Stato, 15.11.2016, n. 4718, relativo alla nomina del difensore civico regionale) che la fiduciarietà connotante il provvedimento di nomina “è caratteristica che non dispensa l’amministrazione procedente dall’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare, tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri”. È stato altresì statuito che, seppur non occorra “una rigorosa comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si trattasse di un procedimento concorsuale”, il provvedimento di nomina deve comunque “dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire”.
In quella fattispecie, analoga a quella del presente giudizio, fu ritenuto perciò fondato il motivo con cui si allegava l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato “nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e professionalità posseduti” dai candidati, limitandosi il provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del nominato, recante peraltro titoli almeno in parte contestati, poiché il provvedimento di nomina nemmeno consentiva “una sommaria raffrontabilità dei requisiti di competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla carica”.
8.2. E questo è il caso di specie.
Come bene ritenuto dal primo giudice la delibera gravata difetta di qualsivoglia motivazione, a sostegno della designazione del controinteressato, quale esperto in “legislazione dei beni culturali”.
8.3. Al riguardo osserva il Collegio che il profilo della valutazione tra i candidati discende dalle previsioni legislative applicabili, per le quali le Commissioni Locali per il Paesaggio -che trovano il proprio fondamento normativo nell’art. 9 della Costituzione (a mente del quale “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”)– “sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” (art. 148, comma 2, D.Lgs. n. 42 del 2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Ed infatti, in primo luogo, l’art. 146, comma 6, D.Lgs. n. 42 del 2004 dello stesso Codice, nel prevedere la delega ai Comuni dell’esercizio del potere e della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, precisa che ciò può avvenire “purché gli Enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.”.
Dal canto suo, la legge regionale Campania 23.02.1982, n. 10 (recante direttive per l’esercizio delle funzioni amministrative sub delegate dalla Regione ai Comuni), richiamata dall’appellante, all’ Allegato I, prevede che l'Ente sub-delegato in materia provvede alla costituzione di un organismo tecnico-amministrativo “tra esperti in materia urbanistica, beni ambientali, storia dell'arte, geografia, discipline agricolo-forestali, naturalistiche, storiche, pittoriche ed arti figurative e legislazione beni culturali”.
Non pare poi superfluo rammentare che l’art. 3, comma 2, del Regolamento della Commissione locale per il paesaggio richiama per la nomina dei componenti la Commissione la “procedura ad evidenza pubblica” (avviata a mezzo di specifico avviso di selezione, da pubblicizzarsi con le modalità e le forme ivi indicate), ribadendo altresì al precedente comma 1 che i membri che la compongono devono essere scelti e nominati tra soggetti esperti “con particolare, pluriennale e qualificate esperienza nelle suddette specifiche materie, maturate nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente” ed “in modo da coprire tutte le competenze e professionalità, come richiesto dalle norme di legge”. Inoltre, il bando ha stabilito pure che: “Compete alla Commissione Straordinaria … la nomina dei cinque componenti esperti scelti sulla base del proprio curriculum da allegare al provvedimento deliberativo”, precisando che ai fini della nomina, valgono titoli preferenziali, tra cui l’essere esperti in “legislazione dei beni culturali”.
8.4. Tanto premesso, nessuno degli assunti del Comune appellante, ritiene il Collegio, può essere condiviso.
Rileva infatti la violazione delle disposizioni sia di legge (nazionale e regionale), intese ad assicurare le giuste professionalità (“soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” ex art. 148 D.Lgs. n. 42/2004), sia di quelle dettate dal Regolamento interno e dall’Avviso pubblico, protese a garantire che, in sede di “vaglio delle candidature”, si faccia in modo che le competenze e professionalità nella Commissione Locale Paesaggio “siano armonicamente equilibrate per garantire una interdisciplinarietà come previsto dalla LR 10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr.: Regolamento e Avviso pubblico).
Alla luce della su indicata normativa applicabile, sono dunque corrette e meritano conferma le statuizioni di prime cure che, sulla base di una puntuale analisi del testo della delibera impugnata, hanno rilevato come “la designazione dell’esperto nella materia di interesse è stata compiuta, dalla Commissione Straordinaria, senza l’esplicitazione della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio, di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed alle specifiche competenze e professionalità degli altri professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato il loro interesse, a rivestire la carica di componente della Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione dei beni culturali” (in totale, come si ricava dall’elenco, contenuto nella proposta di deliberazione de qua, sette professionisti, compresi il ricorrente e il controinteressato)”.
8.5. Ritiene il Collegio che un tale modo di operare si ponga in contrasto con l’obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 07.08.1990, n. 241, che, al comma 2, introduce un’espressa eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti normativi e per quelli a contenuto generale; per il resto la motivazione è requisito indispensabile di ogni atto amministrativo, quale fattore di esternazione dell’iter logico delle determinazioni assunte dall’Amministrazione in esercizio di poteri discrezionali, ai fini della tutela in giustizia.
8.5.1. Su queste premesse, correttamente il primo giudice ha concluso che il singolo provvedimento di nomina, anche se adottato in base a criteri eminentemente fiduciari, deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. La motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsene la ragionevolezza: tale scelta non può, per il vero, esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge; essa importa articolate e talvolta complesse valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale (che hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che sono in grado di assicurare a quello da ricoprire). Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza in tema di nomina di funzionari onorari, il provvedimento di nomina deve dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire.
8.6. In definitiva, sono corrette e condivisibili le statuizioni della sentenza laddove evidenzia che –se anche per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non è affatto escluso l'obbligo di motivazione appropriato e coerente alla natura degli atti medesimi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 19.10.2009, n. 6388)- tanto più non può prescindersi da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, dalla quale s’evincano le ragioni della maggiore idoneità del designato a rivestire la carica ogni qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze e attitudini a ricoprire l’incarico cui aspira, compreso nell’ambito delle ordinarie attribuzioni dell’ente locale. Come precisato in giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta alla “verifica dell’esperienza e della capacità professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una scelta motivata della persona da designare.
8.7. L’eccepita infondatezza della censura di difetto di motivazione non può allora nemmeno farsi discendere, come sostiene il Comune, dalla precisazione, contenuta nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para concorsuale, gara di appalto o trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito”, né ancora dalla considerazione che il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina”: le suddette precisazioni, ritiene il Collegio, non possono incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata, di rispettare, comunque, il generale canone della motivazione degli atti amministrativi.
Del resto, la precisazione contenuta nell’avviso pubblico è anche intrinsecamente contraddittoria: vi era specificato che il curriculum vitae aveva il fine di verificare, nei candidati, “il possesso delle condizioni richieste”, espressione che di suo implica l’effettuazione di un’analisi dei curricula medesimi, tendente a verificare l’idoneità dei candidati a svolgere le funzioni connesse all’espletamento dell’incarico.
8.7.1. È altresì destituita di fondamento, oltre che irrilevante per le ragioni anzidette, l’argomento concernente l’asserita acquiescenza che il candidato odierno avrebbe prestato alle disposizioni in parte qua del bando nella manifestazione d’interesse all’assunzione dell’incarico: a prescindere dall’impossibilità di opinare alcuna interferenza della precisazione suddetta sull’obbligo generale di motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990, l’originario ricorrente ha comunque specificamente impugnato le disposizioni del bando in parola sia per violazione dell’obbligo generale di motivazione sia con riferimento all’art. 3 del citato Regolamento che per la nomina della Commissione locale per il paesaggio prevede la “procedura ad evidenza pubblica”.
8.8. In definitiva, per le ragioni esposte anche l’effettuazione di un’adeguata istruttoria da parte della Commissione straordinaria rimane confinata a mera affermazione di principio, come pure infondata è la tesi del Comune appellante secondo cui il giudizio formulato dalla Commissione Straordinaria “avrebbe comportato una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati”.
8.9. Ne segue che non è decisiva la modalità del voto (richiamata col primo motivo di gravame) che non può di suo elidere i criteri di trasparenza e di adeguatezza della scelta rispetto ai parametri stabiliti ex lege e ripetuti, a monte della procedura, dal Comune di Scafati nei propri atti e parimenti è infondato anche il secondo motivo di appello sulla insidacabilità da parte del giudice amministrativo della nomina dei componenti della Commissione locale per il paesaggio. Al riguardo si osserva che, se, per un verso, non può prescindersi dalla comparazione tra le professionalità degli interessati, previo accertamento dei requisiti richiesti, e dalla conseguente motivazione della designazione effettuata tra le plurime candidature, per altro verso, per la giurisprudenza, il giudice amministrativo può legittimamente sindacare le valutazioni tecnico-discrezionali della Pubblica Amministrazione se viziate da eccesso di potere per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.04.2021 n. 3119 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2020

EDILIZIA PRIVATALa Commissione locale per il paesaggio svolge valutazioni di tipo consultivo in materie connotate da discrezionalità tecnica. Ne consegue che il profilo della colorazione politica non avrebbe, e non dovrebbe avere, alcuna conseguenza sulle valutazioni compiute dai singoli membri della C.L.P. chiamati a fornire valutazioni e pareri sulla esclusiva base della propria professionalità, con conseguente natura recessiva delle esigenze di tutela delle minoranze consiliari.
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... per l'annullamento, previa sospensione degli effetti:
   1. Della deliberazione del Consiglio Comunale di Casamicciola Terme n. 36 del 08.10.2019, successivamente pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune, con il quale è stata disposta la Nomina dei 5 Membri esperti della Commissione Locale per il Paesaggio per il triennio dal 01/08/2019 al 31/07/2022, con la quale il Consiglio Comunale ha deliberato i componenti della Commissione Locale per il Paesaggio ex art. 27 R.U.E.C;
   2. Della proposta di Delibera di Consiglio Comunale n. 39 del 26.09.2019 con la quale è stato proposto al Consiglio Comunale di Casamicciola di deliberare la nomina dei 5 membri esperti della Commissione Locale per il Paesaggio per il triennio dal 01/08/2019 al 31/07/2019;
   3. Dell’art. 27 del Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di Casamicciola Terme rubricato "Commissione locale per il Paesaggio", nella parte in cui prevede che: "Ogni Consigliere Comunale sceglie il nominativo dell'esperto, negli elenchi ordinati per ciascuna materia a seguito di procedura ad evidenza pubblica. […] Nel caso in cui non siano presentate candidature per ciascuna delle cinque materie, i consiglieri comunali nominano direttamente gli esperti in tale materia, procedendo in conformità alla legge regionale 10 del 1982. Nel caso in cui i Consiglieri Comunali esprimessero più nominativi per una medesima materia, il Consiglio Comunale nomina l'esperto che ha registrato un numero maggiori di voti. In caso di parità di voti verrà nominato l'esperto più giovane".
...
Con ricorso notificato in data 09.12.2019 e depositato il 07.01.2020, l’ing. Ma.Po. espone di aver partecipato alla procedura selettiva indetta dal Comune di Casamicciola Terme con avviso pubblico del 04.07.2019 approvato con Determina Dirigenziale n. 367 del 04.07.2019 e successiva determina di rettifica n. 368 del 04.07.2019 a cui i professionisti, in possesso degli specifici requisiti prescritti dall’Allegato alla Legge Regionale Campania n. 10/1982, sono stati invitati a manifestare la propria disponibilità alla nomina per la carica di componente della Commissione Locale per il Paesaggio (CLP) di cui all’art. 148 D.lgs. 42/2004.
Con Deliberazione n. 36 dell’08.10.2019 il Consiglio Comunale, ai sensi del novellato art. 27 del Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di Casamicciola Terme (RUEC) adottato nel mese di giugno 2019, ha nominato i 5 Membri esperti della CLP per il triennio dal 01.08.2019-31.07.2022, senza tuttavia includere il ricorrente.
Compiuto l’accesso agli atti della procedura l’ing. Po. verificava che ogni Consigliere aveva potuto esprimere preferenze per ogni singolo membro della CLP in linea con la previsione del RUEC, nonostante il parere negativo del Segretario generale dell’ente locale secondo cui ogni Consigliere comunale avrebbe potuto esprimere una sola preferenza, sicché avverso gli atti del procedimento in discorso e la segnalata previsione del RUEC, proponeva il ricorso introduttivo del presente giudizio, affidando il gravame all’unico articolato motivo che di seguito si sintetizza: ...
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Il motivo è infondato.
Invero l'Allegato I della legge Regione Campania n. 10 del 23.02.1982 dispone che: “Per la nomina dei membri esperti, che non dovranno essere dipendenti o Amministratori del Comune interessato, ogni Consigliere può esprimere un solo nominativo”; su questa previsione si è innestato l'art. 41, comma 2, della legge regionale 22.12.2004, n. 16 stabilendo che: “Nei comuni sprovvisti di commissione edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla commissione edilizia integrata comunale dall'allegato alla legge regionale 23.02.1982, n. 10… sono esercitate da un organo collegiale costituito dal responsabile dell'ufficio che riveste preminente competenza nella materia, con funzioni di presidente, e da quattro esperti designati dal Consiglio comunale con voto limitato”; infine tale disposizione è stata espressamente abrogata dall’art. 4, co. 1, lett. m), della l.r. 05.01.2011, n. 1.
Occorre quindi stabilire se la prima delle norme menzionate, quella di cui alla legge regionale n. 10/1982 che limita ad una sola preferenza il voto dei Consiglieri comunali che eleggono i membri della CLP, sia o meno ancora in vigore.
Deve in primo luogo ritenersi che la legge regionale n. 16/2004 abbia effettivamente abrogato la previsione sui meccanismi di voto per la nomina dei membri della CLP di cui alla legge regionale n. 10/1982 sia sotto il profilo testuale sia sotto quello sistematico.
Con riguardo al primo profilo rileva il riferimento contenuto nella sopravvenuta legge regionale n. 16/2004 in generale al “voto limitato” che esprime, come la precedente legge regionale n. 10/1982, l’intendimento di garantire alle minoranze consiliari la possibilità di esprimere uno o più componenti della CPL; tuttavia a differenza della precedente legge regionale, la l.r. n. 16/2004 non indica uno specifico meccanismo di rappresentanza delle minoranze, atteso che il voto limitato può concretamente realizzarsi attraverso diverse modalità tra cui anche, ma non solo, quella specificamente individuata dalla legge regionale n. 10/1982.
Tale rapporto di genere a specie fra le due norme non deve, tuttavia, indurre a ritenere applicabile nel caso di specie il principio per cui lex posterior generalis non derogat priori speciali (ex multis Cass. civ. Sez. V, 17.05.2017, n. 12302; Corte dei Conti, Sezioni Riunite, 02.03.2018, n. 1), atteso che la legge regionale n. 16/2004 costituisce verosimilmente il frutto di una specifica scelta legislativa volta a demandare ai Comuni una maggiore autonomia nell’individuazione dello specifico sistema di voto, in linea con la tendenza alla sussidiarietà e autonomia degli enti locali impressa dalla legislazione nazionale successiva alla legge regionale n. 10/1982. Ne consegue quindi che tra le due disposizioni è effettivamente riscontrabile un rapporto di incompatibilità con conseguente abrogazione della precedente previsione più limitativa dell’autonomia comunale.
Peraltro, sotto il profilo sistematico, la legge regionale n. 16/2004 ha una portata ampia, tendendo a porsi come unico testo di riferimento per la disciplina edilizia e per la relativa organizzazione delle istituzioni locali coinvolte nei relativi procedimenti, con ciò costituendo espressione della volontà del Legislatore di introdurre un testo omnicomprensivo e sostituivo delle precedenti fonti.
Per gli stessi motivi non può nemmeno predicarsi la riviviscenza della previsione della l.r. n. 10/1982 a seguito dell’abrogazione dell’art. 41, co. 1, lett. m), della l.r. n. 16/2004, atteso che secondo la giurisprudenza “l'abrogazione della disposizione che modifica o sostituisce quella precedente non comporta la sua reviviscenza, tale effetto può predicarsi in caso di abrogazione di una disposizione che abbia come contenuto quello di abrogare una disposizione precedente sicché ciò che viene meno è proprio l'effetto abrogativo” (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 07.12.2007, n. 25551); ora, nel caso di specie, il predetto art. 41, come rilevato, non si è limitato ad abrogare la precedente disciplina sulla nomina dei membri delle CLP ma ha introdotto una disciplina incompatibile con quella precedente. Né può ritenersi che l’abrogazione della legge regionale del 2004 abbia determinato un vuoto normativo, dovendosi in contrario ravvisare una riespansione della regola generale per la quale tutti i membri del consiglio comunale esercitano pienamente il proprio diritto di voto senza limitazioni, dovendosi infatti ritenere che le regole sul voto limitato costituiscano eccezione al principio della piena rappresentanza dei singoli Consiglieri comunali chiamati ad esprimere pienamente il proprio voto.
Peraltro, a tali considerazioni deve aggiungersi che la Commissione locale per il paesaggio svolge valutazioni di tipo consultivo in materie connotate da discrezionalità tecnica, secondo quanto dettagliato nell’allegato alla ripetuta legge regionale n. 10/1982, in base alla quale la commissione è investita dei compiti:
   a) di esprimere parere in merito alle materie di cui all'art. 82 del DPR n. 616 del 24.07.1977, non comprese tra quelle sub-delegate ai Comuni ai sensi del II Comma dell'art. 6 della legge regionale 01.09.1981, n. 65;
   b) di fornire consulenza in materia di Tutela dei Beni Ambientali, Paesistici ed Architettonici e di uso di edifici di particolare pregio e, comunque, su tutte le questioni che l'Amministrazione Comunitaria o Provinciale interessata riterrà opportuno sottoporle.
Ne consegue che il profilo della colorazione politica non avrebbe, e non dovrebbe avere, alcuna conseguenza sulle valutazioni compiute dai singoli membri della CLP chiamati a fornire valutazioni e pareri sulla esclusiva base della propria professionalità, con conseguente natura recessiva delle esigenze di tutela delle minoranze consiliari (cfr. Tar Campania, sez. I, 18.06.2019, n. 3359).
In definitiva il motivo di ricorso si appalesa infondato e il ricorso deve essere conseguentemente respinto (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 26.03.2020 n. 1260 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATACirca la possibilità di riconoscere un compenso e/o un rimborso spese ai membri della Commissione locale per il paesaggio prevista dall’art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), l’art. 183, comma 3, del D.Lgs. n. 42 del 2004 vieta la possibilità di erogare compensi ai membri della Commissione locale per il paesaggio, ai quali, tuttavia, è possibile riconoscere un rimborso delle spese documentate a condizione che l’amministrazione interessata verifichi a monte, sin dalla fase di programmazione, la possibilità di coprire, in concreto, tali spese con nuove entrate (ovvero risparmi di spesa) derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di cui è parte integrante e sostanziale la commissione locale per il paesaggio.
In caso contrario, tali oneri non potranno essere sostenuti, pena la violazione del vincolo di invarianza finanziaria previsto dal comma 3, del citato art. 183 del Codice.
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Il Sindaco del Comune di Novara chiede a questa Corte di pronunciarsi sulla legittimità del riconoscimento di un compenso e/o rimborso spese ai componenti della Commissione locale per il paesaggio (di seguito anche: Commissione).
Al riguardo l’Ente, nel richiamare la normativa che disciplina il predetto organo, precisa che, sino ad ora, non ha riconosciuto alcun compenso ai componenti di tale Commissione, anche se professionisti esterni all’Ente.
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Ciò posto, si evidenzia che il quesito formulato dal Comune di Novara riguarda la possibilità, o meno, di riconoscere un compenso e/o un rimborso spese ai membri della Commissione locale per l’ambiente prevista dall’art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 (c.d. “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, di seguito anche: Codice), con la specificazione che di tale organo vengono chiamati a far parte anche professionisti esterni all’Amministrazione.
La questione sorge dall’esigenza dell’Ente di approvare un nuovo regolamento comunale sulla Commissione locale per il paesaggio, per cui viene evidenziato che, nel corso di dibattiti intercorsi con gli Ordini professionali (ed in particolare con l’Ordine degli architetti) è stato eccepito che “nel caso in cui i professionisti [membri della Commissione – n.d.r.] fossero esterni all’apparato pubblico, risulterebbe ostativa alla tesi interpretativa del Comune [ovvero della preclusione normativa al riconoscimento di compensi – n.d.r.] la regola generale imposta dai codici deontologici degli ordini professionali di appartenenza dei professionisti, secondo cui è vietata la gratuità della prestazione, salvo specifiche ipotesi motivate da ragioni di ‘solidarietà’ ovvero ‘di apprendistato’, non sussistenti nel caso in esame”.
Al riguardo l’Ente precisa poi che “stante la peculiarità dei requisiti richiesti, anche di natura specialistica, nella maggior parte dei casi le Amministrazioni, al fine di comporre le commissioni, si rivolgono a soggetti esterni al comparto pubblico”.
Nel prosieguo, viene evidenziato che l’art. 183, comma 3, del Codice, mentre esclude tassativamente la corresponsione di compensi ai membri della Commissione anche sotto forma di gettoni di presenza per la partecipazione alle sedute, nulla dice in relazione ad eventuali rimborsi spese, sebbene la stessa norma specifichi che dalla partecipazione alle Commissioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In conclusione, l’Ente chiede se “sia corretto, sotto l’aspetto della rispondenza del dettato normativo, prevedere, nel redigendo regolamento sulla Commissione Locale del Paesaggio, il riconoscimento di un compenso e/o di un rimborso spese, quest’ultimo limitato a quei membri residenti fuori dal territorio comunale, previa presentazione di idonee pezze giustificative”.
2. Per la disamina della tematica oggetto del parere richiesto dal Comune di Novara si evidenzia, in primo luogo, che l’art. 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio ha attribuito alla regione la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, specificando che tale funzione viene svolta dalla regione avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Nel contempo, la medesima norma prevede la possibilità per la regione di delegare l’esercizio di tale funzione, con riguardo ai rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali, agli enti parco, ovvero ai comuni, “purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”.
Il comma 16 del medesimo articolo specifica che “[d]all'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
A sua volta, il primo ed il secondo comma dell’art. 148 del Codice prevedono che “1. Le regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6.
2. Le commissioni sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio
”.
In ultimo, il terzo comma dell’art. 183 del Codice prevede che “[l]a partecipazione alle commissioni previste dal presente codice è assicurata nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni interessate, non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso e, comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
La Regione Piemonte ha disciplinato tale materia con la legge regionale 01.12.2008, n. 32 il cui articolo 3, secondo comma, prevede che “[n]ei casi non elencati dal comma 1 e per quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13.02.2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è delegato ai comuni o alle loro forme associative, che si avvalgono, per la valutazione delle istanze, delle competenze tecnico scientifiche delle commissioni locali per il paesaggio di cui all'articolo 4”.
Il predetto articolo 4, primo comma, prevede che “[i] comuni o le loro forme associative istituiscono, ai sensi dell'articolo 148 del codice dei beni culturali e del paesaggio, la commissione locale per il paesaggio con competenze tecnico scientifiche, incaricata di esprimere i pareri previsti dall'articolo 148, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Il secondo comma, invece, stabilisce che “[o]gni commissione locale per il paesaggio è composta da almeno tre componenti di particolare, pluriennale e qualificata esperienza, come definita con apposito provvedimento della Giunta regionale, nella tutela del paesaggio”, specificando poi i titoli che devono possedere i membri di tale organo collegiale.
Per completezza, si evidenzia che quest’ultimo comma è stato modificato dall’art. 93, comma 1, della legge regionale 17.12.2018, n. 19 che ha sostanzialmente ampliato le possibilità di formazione della commissione, prevedendo come titolo ammesso, oltre a specifici diplomi di laurea, anche il diploma di scuola secondaria di secondo grado attinente a determinate discipline, unitamente all’iscrizione ad albi professionali, ovvero ad una qualificata e pluriennale esperienza nelle medesime materie.
La Giunta regionale, con deliberazioni n. 34/10229 e n. 58/10313 del 2008, ha indicato, tra l’altro, i requisiti dei componenti della Commissione locale per il paesaggio, con la specificazione che gli stessi “devono essere scelti tra i tecnici esterni all’amministrazione e comunque non facenti parte dello Sportello unico per l’edilizia” e l’ulteriore indicazione che la scelta dei componenti “dovrà tenere in considerazione, altresì, dell’esperienza almeno triennale maturata nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente, nelle specifiche materie”.
3. Sulla base del predetto quadro normativo deve trovare soluzione il quesito posto dal Comune di Novara per il quale occorre distinguere l’argomento della riconoscibilità di un compenso ai membri della Commissione locale per il paesaggio, da quello della riconoscibilità di un mero rimborso spese.
Venendo al primo argomento, si ritiene che sul punto il legislatore non abbia lasciato alcun margine interpretativo sancendo espressamente il divieto di corresponsione di compensi ai membri della Commissione in parola.
L’art. 183, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio “[l]a partecipazione alle commissioni previste dal presente codice […] non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso”, da intendersi come qualsiasi forma di remunerazione per l’attività svolta dai membri dell’Organo. Divieto imposto per ogni tipo di Commissione prevista dal Codice, tra le quali vi è la Commissione locale per il paesaggio disciplinata prevista dall’art. 148 del medesimo testo normativo.
Tale disposizione, peraltro, non pone alcuna distinzione sulla base della provenienza dei membri dell’Organo collegiale per cui il portato normativo non cambia anche se la regione ha previsto la possibilità che per la composizione della Commissione ci si possa rivolgere pure a professionisti esterni dotati di specifiche competenze. Rimane ad ogni modo fermo che la decisione del professionista di far parte della medesima Commissione rientra nella sua autonoma determinazione. La gratuità della prestazione, in tal caso, sarebbe riconducibile ad un obbligo di legge e non alla volontà del professionista, nell’esercizio della quale lo stesso deve attenersi agli obblighi deontologici.
A margine si ritiene opportuno precisare che, nell’ipotesi in cui un Comune non riesca a formare la Commissione in parola, le funzioni amministrative in materia paesaggistica sono esercitate dalla Regione.
Di concorde avviso è la Sezione regionale di controllo per la Puglia che, con parere 18.04.2012 n. 52, ha concluso che “la partecipazione alle commissioni locali per il paesaggio istituite in attuazione dell’art. 148 del codice dell’art. 8 della legge regionale pugliese n. 20 del 2009 è da ritenersi onorifica”.
4. Per quanto concerne, invece, la possibilità di riconoscere ai membri della Commissione un rimborso spese si evidenzia che il menzionato art. 183, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio non contiene un espresso divieto come per i compensi.
La clausola di invarianza finanziaria ivi contenuta, secondo cui dalla partecipazione alle commissioni previste dal Codice “non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, infatti, costituisce espressione dell’obbligo previsto dall’art. 81, comma 3, della Costituzione secondo cui “[o]gni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”.
Detta clausola, pertanto, impone la neutralità dell’impatto degli oneri derivanti dall’attuazione della norma in termini di equilibrio economico-finanziario complessivo.
In tal senso la Sezione regionale di controllo per la Basilicata, con
parere 07.07.2016 n. 29 ha chiarito che “il comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, per come formulato, non preclud[e] ‘in linea astratta’ il rimborso delle spese di viaggio sostenute dai componenti per la partecipazione alle commissioni in riferimento, e ciò in quanto l’articolato in questione non prevede uno specifico divieto in tal senso, e, comunque, tale divieto non può ritenersi compreso –per via implicita– nel divieto di ‘corrispondere alcun compenso’ sancito dal comma in questione, in quanto non ne condivide i medesimi presupposti ‘remunerativi o compensativi’”.
Conseguentemente, la medesima Sezione specifica che “
alla luce del vincolo di neutralità finanziaria sancito dall’articolato in esame, gli oneri derivanti dal ‘rimborso delle spese’ potranno essere legittimamente previsti e sostenuti dall’amministrazione interessata solo ed esclusivamente all’esito della verifica ‘a monte’, sin dalla fase di programmazione, della possibilità di neutralizzare, in concreto, tali spese con le nuove entrate (ovvero i risparmi di spesa) derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di cui è parte integrante e sostanziale la commissione locale per il paesaggio in esame. In caso contrario, tali oneri non potranno essere sostenuti, pena la violazione del vincolo di invarianza finanziaria” previsto dal comma 3, del citato art. 183 del Codice.
Fermo restando tale imprescindibile verifica circa la possibilità di neutralizzare la spesa per concedere tali rimborsi, si ritiene che i criteri e le modalità di riconoscimento di tali rimborsi spese, da sottoporre ad un rigoroso onere di documentazione, dovranno trovare puntuale disciplina nel redigendo regolamento comunale sulla Commissione locale per il paesaggio (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 27.06.2019 n. 57).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Sulla nomina dell’esperto in “legislazione dei beni culturali” in seno alla "Commissione Locale per il Paesaggio" avvenuta senza la benché minima comparazione tra le varie candidature pervenute.
La designazione del controinteressato, quale esperto in "legislazione dei beni culturali", è stata compiuta senza l’esplicitazione della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio, di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed alle specifiche competenze e professionalità degli altri professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato il loro interesse, a rivestire la carica di componente della Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione dei beni culturali”.
Un tale modo di operare, tuttavia, si pone, ad avviso del Collegio, in netto contrasto con l’obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 241/1990, obbligo cui l’atto in questione, espressione di una scelta, esercitata dalla predetta Commissione nel contesto di poteri amministrativi ordinari, per quanto settoriali, non poteva evidentemente sottrarsi.
Viene in rilievo, a conforto di quanto sopra argomentato, la giurisprudenza seguente: “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire”.
E se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell’Amministrazione, a fortiori la stessa è imprescindibile, allorquando si tratti di nominare gli esperti di una commissione che s’inserisce, sia pur con criteri d’elevata professionalità e competenza, nell’ambito dell’esercizio delle ordinarie funzioni amministrative, attribuite all’ente locale, nello specifico settore della tutela del paesaggio.
Si tenga presente, altresì, l’ulteriore massima che segue: “Alla luce dell'art. 3, comma 2, l. 07.08.1990, n. 241 (che introduce una espressa eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti normativi e per quelli a contenuto generale), la motivazione è requisito indispensabile di ogni atto amministrativo, ivi compresi quelli consistenti in manifestazioni di giudizio interni a procedimenti concorsuali o para-concorsuali, nell’ambito dei quali, anzi, la motivazione svolge un precipuo ruolo pregnante, quale fattore di esternazione dell’iter logico delle determinazioni assunte dalle commissioni esaminatrici in esercizio dell’amplissima discrezionalità loro riconosciuta, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in giudizio. Di conseguenza anche per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non è affatto escluso l'obbligo di motivazione, essendo chiuso nel sistema, dopo l'entrata in vigore della l. n. 241 del 1990, ogni spazio per la categoria dei provvedimenti amministrativi c.d. a motivo libero. Anche allorché, quindi, si debbano adottare atti di nomina di tipo fiduciario, l'Amministrazione deve indicare le qualità professionali sulla base delle quali ha ritenuto il soggetto più adatto rispetto agli obiettivi programmati, dimostrando di aver compiuto un'attenta e seria valutazione del possesso dei requisiti prescritti in capo al soggetto prescelto, sì che risulti la ragionevolezza della scelta”.
In sostanza, se persino “gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria” non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell’obbligo di una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi, cd. a motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed attitudini a ricoprire l’incarico, cui aspira (come emergenti dai rispettivi curricula) –incarico, si ripete, compreso nell’ambito delle ordinarie attribuzioni dell’ente locale, sia pur di natura settoriale– non può prescindersi, a maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, tendente all’emersione delle ragioni della scelta di uno soltanto dei candidati in questione, e dalla quale, in particolare, s’evincano le ragioni per le quali lo stesso sia considerato il più adatto a rivestire la medesima carica.
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Il Comune, costituitosi in giudizio, eccepisce l’inammissibilità e, comunque, sostiene l’infondatezza delle censure attoree, posto che:
   - nell’avviso pubblico, con il quale l’ente aveva chiesto una manifestazione d’interesse, ai fini della nomina a componente della Commissione Locale per il Paesaggio, nel rispetto del D.Lgs. 42/2004 e delle leggi regionali n. 16/2004 e 10/1982, era precisato che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa privata e di conseguenza non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito e che il richiesto curriculum vitae aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere l’incarico”; inoltre,
   - nella domanda di manifestazione d’interesse, presentata e sottoscritta dal ricorrente, si leggeva testualmente: “(...) di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo per la presentazione delle candidature per selezione dei componenti della Commissione Locale per il paesaggio ed in particolare per quanto concerne la disciplina della composizione, durata, attribuzioni e funzionamento della Commissione e della determinazione stessa per quanto concerne le modalità e i criteri di selezione delle candidature, con accettazione delle condizioni ed impegni conseguenti (…)”.
Invero, la censura de qua non può affatto reputarsi inammissibile.
In particolare, l’eccepita inammissibilità non può farsi discendere dalla precisazione, contenuta nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para concorsuale, gara di appalto o trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito”, laddove il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere l’incarico”.
Ciò, in quanto la suddetta precisazione non può incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata, di rispettare, comunque, il generale canone della motivazione degli atti amministrativi, ogni qual volta si tratti di effettuare una selezione tra più aspiranti al medesimo incarico, per quanto fiduciario; del resto, la stessa precisazione è anche intimamente contraddittoria, nella misura in cui viene ivi specificato che il curriculum vitae tendeva al fine di verificare –nei candidati– “il possesso delle condizioni richieste”, espressione circa la quale non possono sorgere equivoci e che, di per se stessa, implica l’effettuazione di un’analisi dei curricula medesimi, tendente a controllare l’idoneità dei candidati a svolgere le funzioni, connesse all’espletamento dell’incarico.
Come precisato in giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta alla “verifica dell’esperienza e della capacità professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una scelta motivata della persona da designare.
Ne deriva l’irrilevanza della circostanza per cui, nella manifestazione d’interesse, presentata dal ricorrente, si leggeva: “(...) di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo per la presentazione delle candidature per selezione dei componenti della Commissione Locale per il paesaggio”, e ciò proprio per le ragioni, dianzi esposte, dell’assoluta non interferenza della precisazione suddetta, con la disciplina generale, dettata dall’art. 3 della l. 241/1990.
Pertanto la convinzione, espressa dalla sua difesa del ricorrente, che il Comune avesse adottato l’atto gravato “solo a seguito di un’adeguata istruttoria, mediante l’esame e la verifica dei curricula inviati, dai quali certamente ha potuto verificare l’idoneità dei partecipanti”, assume piuttosto la valenza di un atto fideistico, posto che l’effettuazione di tale adeguata istruttoria non si ricava affatto, dagli atti a disposizione del Collegio.
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... per l’annullamento, previa sospensione:
   A) della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di Scafati n. 123 del 13.12.2018, successivamente conosciuta, nella parte in cui reca la nomina del componente esperto in “Legislazione Beni Culturali”;
   B) ove e per quanto occorra, dell’avviso pubblico prot. n. 53968 del 09.10.2018, per la presentazione delle candidature;
   C) di tutti gli atti demandati, in base alla delibera di cui sopra sub A), al Responsabile del Settore V, ove intervenuti e comunque mai comunicati né altrimenti conosciuti;
...
Il ricorrente, premesso che:
   - il Comune di Scafati, con atto prot. n. 53968 del 09.10.2018, pubblicava l’avviso “Candidature per la nomina dei membri della Commissione Locale per il Paesaggio” per 5 esperti nelle seguenti materie “a. beni ambientali; b. storia dell’arte, discipline pittoriche ed arti figurative; c. discipline agricole, forestali e naturalistiche; d. discipline storiche; e. legislazione dei beni culturali.”;
   - l’avviso disponeva che la nomina dei componenti sarebbe avvenuta, da parte della Commissione Straordinaria, con i poteri del Consiglio comunale, sulla base del curriculum presentato, prevedendo, tra l’altro, dei titoli preferenziali riferiti a: - professionisti iscritti agli Albi professionali; - professori, ricercatori e/o esperti in determinate materie tra cui “beni ambientali”, “beni culturali” e “legislazione dei beni culturali ambientali e paesaggistici”; - dipendenti pubblici responsabili di una struttura organizzativa per non meno di 3 anni in materia paesaggistica e ambientale;
   - essendo in possesso dei requisiti prescritti, presentava la propria candidatura il 15.10.2018 (prot. n. 55350), per esperto in “legislazione dei beni culturali”, allegando la documentazione richiesta, tra cui il curriculum vitae, ed indicando, come prescritto dall’avviso di partecipazione, quali titoli preferenziali: a) l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati, b) la nomina di esperto di “legislazione dei beni culturali” nella CLP presso il Comune di Battipaglia, c) gli studi in diritto e legislazione ambientale per il diploma post-laurea presso la Scuola di specializzazione in “Diritto amministrativo e Scienza dell’Amministrazione” dell’Università Federico II di Napoli;
   - a seguito della delibera della Commissione Straordinaria n. 123 del 13.12.2018, di nomina dei 5 componenti della CLP, con istanza ex l. n. 241/1990 del 18.12.2018, chiedeva di avere copia: 1) dell’istanza di ammissione alla procedura, in una a tutti i documenti in essa allegati, del componente della CLP nominato quale esperto in “legislazione dei beni culturali”; 2) di tutti gli atti afferenti la valutazione comparativa all’uopo effettuata, ivi compresi quelli istruttori;
tanto premesso, e a seguito dell’accesso agli atti, in data 22.01.2019, riteneva che la delibera impugnata fosse palesemente illegittima, per i seguenti motivi:
I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 146 E 148 D.LGS. 22.01.2004, N. 42; 3 DEL REGOLAMENTO PER LA COMMISSIONE LOCALE PER IL PAESAGGIO DEL COMUNE DI SCAFATI; 3, L. 07.08.1990 N. 241, 9 E 97 COST., 1 E SS. ALLEGATO 1 L.R.C. 23.02.1982, n. 10. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA ASSOLUTA DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO, ILLOGICITÀ E TRAVISAMENTO. SVIAMENTO:
   ● dalla documentazione acquisita in sede di accesso, che esibiva, risultava che la nomina dell’esperto in “legislazione dei beni culturali” era avvenuta, senza la benché minima comparazione tra le varie candidature pervenute; infatti, agli atti della pratica, mostrata in visione, risulta la sola delibera impugnata, che non reca alcuna ragione della scelta compiuta, sebbene nella materia prescelta dal ricorrente fossero state presentate 5 candidature; che, essendo noto l’avviso del G.A. secondo cui, anche in caso di nomina di componenti onorari, la procedura non si sottrae ad un’indefettibile comparazione tra i vari candidati, sulla scorta del rispettivo bagaglio professionale e di esternazione della motivazione circa la scelta, in concreto, effettuata (citava giurisprudenza a sostegno);
   ● si presentava, quindi, del tutto recessivo il “dato atto”, contenuto nella delibera impugnata, secondo cui l’avviso pubblico –che comunque impugnava– era finalizzato al solo scopo di “manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso dei requisiti, non essendo stata posta in essere alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara d’appalto o di graduatoria, attribuzione di punteggi o altre classificazioni di merito”, atteso che tale assunto non poteva assorbire –qualora inteso in termini di discrezionalità assoluta– l’onere, gravante sulla P.A., di dare contezza della scelta, in concreto effettuata;
   ● appariva, del resto, evidente anche il contrasto con il Regolamento che, all’art. 3, richiama per la nomina della C.L.P. la “procedura ad evidenza pubblica” (era citata ulteriore giurisprudenza, a conforto);
   ● per quanto riguardava poi, in particolare, il professionista prescelto, “questi oltre a non aver indicato alcun titolo preferenziale, dal suo curriculum si evince che è sostanzialmente versato nel settore edilizio e delle opere pubbliche, non offrendo alcun apprezzabile elemento di esperienza e/o valutazione nell’ambito della disciplina, per la quale ha proposto la candidatura, e più in generale, nella materia paesaggistica”; parimenti dicasi con riferimento agli incarichi assolti dal medesimo presso le PP.AA., quale componente di Commissioni edilizie ordinarie o di quelle ex l. n. 219/1981;
   ● pure, la delega della funzione autorizzatoria nella materia paesaggistica, ex art. 146, c. VI, D.Lgs. n. 42/2004, è espressamente condizionata alla circostanza che “(…) gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”; e il ricorrente aveva, appunto, indicato e documentato sia i titoli preferenziali, sia il suo bagaglio professionale, versato nell’ambito sia della disciplina per la quale ha chiesto la nomina per la C.L.P., sia del più ampio settore giuridico-amministrativo in cui è naturalmente attratta la disciplina in parola; del resto, la disciplina, prescelta per la candidatura era la “Legislazione Beni Culturali”, la quale “appare propria del settore giuridico piuttosto che di quello tecnico-ingegneristico”, sicché, a fortiori, la scelta operata non poteva essere condivisa;
   ● veniva pertanto in rilievo “la violazione delle disposizioni sia di legge (nazionale e regionale), intese ad assicurare le giuste professionalità (“soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio”, ex art. 148 D.Lgs. n. 42/2004), sia di quelle dettate dal Regolamento interno e dall’Avviso pubblico, che ripetono pedissequamente dalle prime, intese “a garantire che, in sede di “vaglio delle candidature”, le competenze e professionalità nella C.L.P. “sono armonicamente equilibrate per garantire una interdisciplinarietà come previsto dalla LR 10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr. Regolamento e Avviso pubblico)”.
Si costituiva in giudizio il Comune di Scafati, con memoria in cui eccepiva l’inammissibilità e, comunque, sosteneva l’infondatezza delle censure attoree, posto che nell’avviso pubblico del 09.10.2018, con il quale l’ente aveva chiesto una manifestazione d’interesse, ai fini della nomina a componente della Commissione Locale per il Paesaggio, nel rispetto del D.Lgs. 42/2004 e delle leggi regionali n. 16/2004 e 10/1982, era precisato che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa privata e di conseguenza non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito e che il richiesto curriculum vitae aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere l’incarico”; inoltre, nella domanda di manifestazione d’interesse, presentata e sottoscritta dal ricorrente, si leggeva testualmente: “(...) di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo per la presentazione delle candidature per selezione dei componenti della Commissione Locale per il paesaggio ed in particolare per quanto concerne la disciplina della composizione, durata, attribuzioni e funzionamento della Commissione e della determinazione stessa per quanto concerne le modalità e i criteri di selezione delle candidature, con accettazione delle condizioni ed impegni conseguenti (…)”; era, quindi, “evidente che il Comune di Scafati, solo a seguito di un’adeguata istruttoria, mediante l’esame e la verifica dei curricula inviati, dai quali certamente ha potuto verificare l’idoneità dei partecipanti, e nel pieno dei propri poteri discrezionali ha adottato l’atto gravato”.
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Fondata e dirimente, con assorbimento delle ulteriori doglianze, si presenta, in particolare, la censura, impingente nel difetto di qualsivoglia motivazione, a sostegno della designazione del controinteressato, quale esperto in “legislazione dei beni culturali”.
Se si scorre, infatti, il testo della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di Scafati, oggetto di gravame, s’apprende che la stessa Commissione, agente con i poteri del Consiglio Comunale, “Dato atto (…) che alla scadenza dell’avviso pubblico, sulla scorta delle candidature pervenute, l’ufficio tecnico ha compiuto l’istruttoria delle domande ad ha predisposto l’elenco sulla base dei titoli dichiarati da ciascun partecipante distinti per categorie, come segue (omissis)”; “Ritenuto dover nominare i componenti della Commissione Locale per il Paesaggio con le modalità di cui alla citata Legge Regionale n. 10/1982 e come chiarito dalla Circolare esplicativa della Regione Campania prot. 2011.0602279 del 02.08.2011”, proponeva di deliberare “per le motivazioni di cui in premessa, parte integrante e sostanziale della seguente proposta di delibera;
   a) la costituzione della nuova Commissione Locale del Paesaggio, in sostituzione della precedente decaduta, secondo la composizione e i Criteri dettati dall’allegato I della L.R. 10/1982, la quale stabilisce, tra l’altro, la nomina di cinque membri esperti esterni in materia urbanistica, beni ambientali, storia dell’arte, geografia, discipline agricolo–forestali, naturalistiche, storiche, pittoriche ed arti figurative e legislazione beni culturali, e, per l’effetto,
   b) la nomina dei componenti della Commissione Locale per il Paesaggio, con le modalità di cui alla citata Legge Regionale n. 10/1982 e come chiarito dalla Circolare esplicativa della Regione Campania prot. 2011,0602279 del 02.08.2011, tra i soggetti ammessi alla procedura indicati in premessa
”;
quindi, sulla scorta di tale proposta, la Commissione medesima, sempre agente con i poteri del C.C., approvava la detta proposta di deliberazione (…) e per l’effetto nominava componenti della Commissione Locale per il Paesaggio, prevista dall’art. 148 del d.lgs. 42/2004 e ss. mm. ii., i seguenti professionisti esterni, ciascuno esperto nella materia, a fianco, riportata: (…) ing. Fr.Co.Ci. – esperto in materia “Legislazione Beni Culturali” (…).
Come può agevolmente notarsi, la designazione del controinteressato, quale esperto nella prefata materia, è stata compiuta, dalla Commissione Straordinaria, senza l’esplicitazione della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio, di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed alle specifiche competenze e professionalità degli altri professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato il loro interesse, a rivestire la carica di componente della Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione dei beni culturali” (in totale, come si ricava dall’elenco, contenuto nella proposta di deliberazione de qua, sette professionisti, compresi il ricorrente e il controinteressato).
Un tale modo di operare, tuttavia, si pone, ad avviso del Collegio, in netto contrasto con l’obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 241/1990, obbligo cui l’atto in questione, espressione di una scelta, esercitata dalla predetta Commissione nel contesto di poteri amministrativi ordinari, per quanto settoriali, non poteva evidentemente sottrarsi.
Viene in rilievo, a conforto di quanto sopra argomentato, la giurisprudenza seguente: “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire” (TAR Lazio–Roma, Sez. I, 05/03/2012, n. 2223).
E se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell’Amministrazione, a fortiori la stessa è imprescindibile, allorquando si tratti di nominare gli esperti di una commissione che s’inserisce, sia pur con criteri d’elevata professionalità e competenza, nell’ambito dell’esercizio delle ordinarie funzioni amministrative, attribuite all’ente locale, nello specifico settore della tutela del paesaggio.
Si tenga presente, altresì, l’ulteriore massima che segue: “Alla luce dell'art. 3, comma 2, l. 07.08.1990, n. 241 (che introduce una espressa eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti normativi e per quelli a contenuto generale), la motivazione è requisito indispensabile di ogni atto amministrativo, ivi compresi quelli consistenti in manifestazioni di giudizio interni a procedimenti concorsuali o para-concorsuali, nell’ambito dei quali, anzi, la motivazione svolge un precipuo ruolo pregnante, quale fattore di esternazione dell’iter logico delle determinazioni assunte dalle commissioni esaminatrici in esercizio dell’amplissima discrezionalità loro riconosciuta, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in giudizio. Di conseguenza anche per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria non è affatto escluso l'obbligo di motivazione, essendo chiuso nel sistema, dopo l'entrata in vigore della l. n. 241 del 1990, ogni spazio per la categoria dei provvedimenti amministrativi c.d. a motivo libero. Anche allorché, quindi, si debbano adottare atti di nomina di tipo fiduciario, l'Amministrazione deve indicare le qualità professionali sulla base delle quali ha ritenuto il soggetto più adatto rispetto agli obiettivi programmati, dimostrando di aver compiuto un'attenta e seria valutazione del possesso dei requisiti prescritti in capo al soggetto prescelto, sì che risulti la ragionevolezza della scelta” (TAR Lazio–Roma, Sez. I, 08/09/2014, n. 9505; conformi: TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 18.01.2016, n. 15; Consiglio di Stato, Sez. VI, 19.10.2009, n. 6388).
In sostanza, se persino “gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria” non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell’obbligo di una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi, cd. a motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed attitudini a ricoprire l’incarico, cui aspira (come emergenti dai rispettivi curricula) –incarico, si ripete, compreso nell’ambito delle ordinarie attribuzioni dell’ente locale, sia pur di natura settoriale– non può prescindersi, a maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, tendente all’emersione delle ragioni della scelta di uno soltanto dei candidati in questione, e dalla quale, in particolare, s’evincano le ragioni per le quali lo stesso sia considerato il più adatto a rivestire la medesima carica.
Ne deriva che la censura, esposta in ricorso, non può affatto reputarsi inammissibile, come eccepito dalla difesa del Comune di Scafati, nella memoria in atti.
In particolare, l’eccepita inammissibilità non può farsi discendere dalla precisazione, contenuta nell’avviso pubblico, prot. 53968 del 09.10.2018, “che non veniva indetta alcuna procedura concorsuale, para concorsuale, gara di appalto o trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o classificazioni di merito”, laddove il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere l’incarico”.
Ciò, in quanto la suddetta precisazione non può incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata, di rispettare, comunque, il generale canone della motivazione degli atti amministrativi, ogni qual volta si tratti di effettuare una selezione tra più aspiranti al medesimo incarico, per quanto fiduciario; del resto, la stessa precisazione è anche intimamente contraddittoria, nella misura in cui viene ivi specificato che il curriculum vitae tendeva al fine di verificare –nei candidati– “il possesso delle condizioni richieste”, espressione circa la quale non possono sorgere equivoci e che, di per se stessa, implica l’effettuazione di un’analisi dei curricula medesimi, tendente a controllare l’idoneità dei candidati a svolgere le funzioni, connesse all’espletamento dell’incarico.
Come precisato in giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta alla “verifica dell’esperienza e della capacità professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una scelta motivata della persona da designare.
Ne deriva l’irrilevanza –ai fini del giudizio circa l’ammissibilità del gravame– della circostanza per cui, nella manifestazione d’interesse, presentata dal ricorrente, si leggeva: “(...) di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo per la presentazione delle candidature per selezione dei componenti della Commissione Locale per il paesaggio”, e ciò proprio per le ragioni, dianzi esposte, dell’assoluta non interferenza della precisazione suddetta, con la disciplina generale, dettata dall’art. 3 della l. 241/1990.
Pertanto la convinzione, espressa dalla sua difesa, che il Comune di Scafati avesse adottato l’atto gravato “solo a seguito di un’adeguata istruttoria, mediante l’esame e la verifica dei curricula inviati, dai quali certamente ha potuto verificare l’idoneità dei partecipanti”, assume piuttosto la valenza di un atto fideistico, posto che l’effettuazione di tale adeguata istruttoria non si ricava affatto, dagli atti a disposizione del Collegio (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 18.03.2019 n. 406 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
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Al riguardo si legga anche:
   ● Nomina dell’esperto nella Commissione locale per il Paesaggio: motivazione e comparazione dei candidati  (01.05.2019 - link a www.mauriziolucca.com).
...
La II sez. Salerno del TAR Campania, con la sentenza n. 406 del 18.03.2019, interviene nel definire la procedura per individuare l’esperto in “Legislazione Beni Culturali”, a seguito di avviso pubblico su presentazione di appositi titoli professionali ed anche preferenziali, quali quelli riferiti alle materie dei beni culturali, ambientali e paesaggistici o con esperienza (per non meno di tre anni e nelle stesse materie) in ambito della Pubblica Amministrazione. (…continua).

anno 2016

ATTI AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI: Il provvedimento di nomina del difensore civico si fonda su di un rapporto di carattere fiduciario ma ciò non dispensa l’amministrazione procedente dall’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare, tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri.
Fondato è il motivo con cui si allega l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e professionalità posseduti dal dott. Bi. e dal dott. Fo., limitandosi il provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del nominato, recante peraltro titoli almeno in parte contestati ex adverso.
Osserva il Collegio che il profilo della valutazione tra i candidati discende dalle previsioni legislative applicabili, per le quali le nomine a pubblici incarichi di competenza della Regione Campania sono effettuate con riferimento ai “requisiti di competenza, esperienza e professionalità dei candidati prescelti in relazione ai fini ed agli indirizzi da perseguire negli Enti” (art. 1, comma 1, l.r. n. 17 del 1996), e che il difensore civico «deve essere scelto fra persone munite di peculiare competenza giuridico-amministrativa» (art. 8 l.r. n. 23 del 1978).
Il decreto impugnato nemmeno consente una sommaria raffrontabilità dei requisiti di competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla carica di difensore civico regionale.
E’ pur vero che il provvedimento di nomina del difensore civico si fonda su di un rapporto di carattere fiduciario, ma è caratteristica che non dispensa, come afferma la giurisprudenza, l’amministrazione procedente dall’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare, tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri.
In altri termini, non occorre una rigorosa comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si trattasse di un procedimento concorsuale: il provvedimento di nomina piuttosto deve dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire.
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1.- Il dott. Fo.Gi. chiede l’ottemperanza della sentenza di questa V Sezione 17.02.2015, n. 807 (con declaratoria della nullità del d.P.C.R. della Campania n. 25 del 09.03.2015, asseritamente adottato in violazione del giudicato) di accoglimento dell’appello esperito dalle controparti avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. I, n. 985 del 2014, cui è conseguito l’esame dei motivi dichiarati assorbiti in primo grado, e l’accoglimento del ricorso di primo grado, proposto dall’esponente, con conseguente annullamento (sotto altro profilo) del decreto (n. 81 del 26.03.2013) di nomina del dott. Bi. a difensore civico regionale.
2. – Egli allega che, nonostante la portata della sentenza, la Regione Campania, con il d.P.C.R. n. 25 del 09.03.2015, ha inteso nominare nuovamente il dott. Bi. quale difensore civico.
A sostegno del ricorso egli deduce tre motivi di diritto, incentrati sul difetto di motivazione del decreto di nomina (i requisiti del candidato avrebbero dovuto essere motivati in relazione alla peculiarità della competenza richiesta dalla l.r. n. 23 del 1978, e sarebbe stata necessaria una comparazione tra i requisiti posseduti dal dott. Bi. e quelli del dott. Fo.), sul difetto di istruttoria (non avendo l’Amministrazione verificato l’assenza, in capo al dott. Bi., dei requisiti curriculari dichiarati nella domanda di partecipazione), nonché sulla irragionevolezza della scelta (stante la non comparabilità tra i requisiti del nominato e quelli specifici del dott. Fo.).
Il dott. Fo. ha chiesto altresì il risarcimento del danno da ritardo nella nomina a difensore civico regionale.
3. - Con successivo atto, depositato in data 07.04.2016, il dott. Fo. ha riassunto il giudizio di ottemperanza a seguito dell’ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. I, 07.03.2016, n. 1205 che ha dichiarato la propria incompetenza sul ricorso dal medesimo proposto avverso il d.P.C.R. n. 25 del 09.03.2015, di nomina, come già esposto, a difensore civico della Regione Campania del dott. Bi.Fr., in favore del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza. Con tale ricorso, mediante il quale si chiede anche l’annullamento del provvedimento impugnato, vengono svolte censure sovrapponibili a quelle contenute nell’atto introduttivo, con articolazione di ulteriori doglianze, mediante le quali viene dedotto il vizio di incompetenza, nell’assunto che questa appartenga (ai sensi dell’art. 6 della l.r. Campania n. 23 del 1978) al Consiglio regionale e non già al Presidente del medesimo, nonché la violazione dell’art. 6 del d.l. 24.06.2014, n. 90, nella considerazione che il dott. Bi. è stato collocato in quiescenza (con il grado di tenente colonnello dell’Aereonautica), ragione per cui è precluso dalla norma da ultimo indicata conferirgli l’incarico di difensore civico.
4. - Si è costituito in resistenza il dott. Bi. eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
...
1.- Rileva anzitutto il Collegio che il provvedimento del Presidente del Consiglio regionale della Campania n. 25 in data 09.03.2015 non può ritenersi nullo per violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 807 del 2015 di questa Sezione.
I limiti oggettivi del giudicato vanno infatti rinvenuti nell’accertamento della «radicale assenza di motivazione capace di giustificare la scelta del Bi. quale difensore civico. Premesso, infatti, che i canoni di buon andamento, di trasparenza e di imparzialità dell’azione amministrativa, attuati dalla legge 07.08.1990, n. 241, impongono un’adeguata motivazione anche ad atti di alta amministrazione di carattere fiduciario, si deve rimarcare che, nel caso di specie, l’atto finale e gli atti procedimentali a monte non recano alcuna indicazione delle ragioni della scelta del candidato nominato alla stregua della complessiva valutazione dei requisiti posseduti in relazione alle mansioni da svolgere, così rendendo impossibile la decifrazione dell’iter logico seguito al fine di pervenire alla soluzione contestata».
Come noto, la conformazione al giudicato da parte dell’Amministrazione, al cospetto di un annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione, conserva uno spazio assai ampio per il riesercizio dell’attività amministrativa e valutativa; ciò significa che se l’Amministrazione elimina il vizio motivazionale ma adotta un provvedimento ugualmente non satisfattivo della pretesa, si ha violazione od elusione del giudicato solamente allorché l’attività asseritamente esecutiva dell’Amministrazione risulti contrassegnata da uno sviamento manifesto, diretto ad aggirare le prescrizioni stabilite con il giudicato; diversamente, viene in rilievo non già una violazione/elusione del giudicato, ma un’eventuale nuova illegittimità (in termini, ex multis, Cons. Stato, VI, 08.04.2016, n. 1402; IV, 18.03.2011, n. 1692).
L’impugnato decreto n. 25 in data 09.03.2015 espone il ragionamento logico-giuridico sottostante alla decisione di nomina, riconsiderando la posizione del dott. Bi., del quale viene, all’esito, confermata la nomina a difensore civico regionale.
Deve dunque respingersi l’azione di ottemperanza al giudicato.
2. - Procedendo alla disamina dell’azione di annullamento, occorre anzitutto precisare che non occorre disporre la conversione dell’azione ai sensi dell’art. 32 Cod. proc. amm. e secondo le coordinate ermeneutiche di Cons. Stato, Ad. plen., 15.01.2013, n. 2, avendo l’appellante già provveduto alla riassunzione del ricorso a seguito del provvedimento declinatorio della competenza da parte del Tribunale amministrativo regionale della Campania n. 1206 del 2016.
Ciò premesso, con il primo motivo viene dedotta l’incompetenza del presidente del Consiglio regionale a provvedere alla nomina del difensore civico, tale potere spettando al Consiglio regionale ai sensi dell’art. 3 (Competenze), comma 3, lett. b), l.r. 07.08.1996 n. 17 (Nuove norme per la disciplina delle nomine e delle designazioni di competenza della Regione Campania), come novellata dall’art. 2 della l.r. 13.02.2014, n. 7.
Il motivo è fondato, quanto meno sotto il profilo del difetto di motivazione.
Il provvedimento impugnato individua solamente “motivi di urgenza conseguenti alla perdurante vacanza dell’ufficio del difensore civico regionale” che imporrebbero l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’art. 10, comma 2, l.r. n. 17 del 1996, tenendo conto della rilevanza sociale della funzione del difensore civico e del fatto che tali poteri sarebbero già stati esercitati nel corso del procedimento.
Sennonché l’invocata disposizione dell’art. 10, comma 2, ha un ambito di operatività determinato, parametrato alla scadenza della legislatura (consiliatura) e alle nomine o designazioni che rivestono carattere di indifferibilità ed urgenza od al parziale rinnovo di organi, rispetto ai quali la mancanza di uno o più componenti impedisca il funzionamento.
Nel caso di specie non vi è alcun riferimento alla cornice temporale di fine consiliatura; inoltre il carattere di indifferibilità ed urgenza della nomina viene fatto discendere dalla mera rilevanza sociale della funzione.
3. - Analogamente fondato è il motivo con cui si allega l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e professionalità posseduti dal dott. Bi. e dal dott. Fo., limitandosi il provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del nominato, recante peraltro titoli almeno in parte contestati ex adverso.
Osserva il Collegio che il profilo della valutazione tra i candidati discende dalle previsioni legislative applicabili, per le quali le nomine a pubblici incarichi di competenza della Regione Campania sono effettuate con riferimento ai “requisiti di competenza, esperienza e professionalità dei candidati prescelti in relazione ai fini ed agli indirizzi da perseguire negli Enti” (art. 1, comma 1, l.r. n. 17 del 1996), e che il difensore civico «deve essere scelto fra persone munite di peculiare competenza giuridico-amministrativa» (art. 8 l.r. n. 23 del 1978).
Il decreto impugnato nemmeno consente una sommaria raffrontabilità dei requisiti di competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla carica di difensore civico regionale.
E’ pur vero che il provvedimento di nomina del difensore civico si fonda su di un rapporto di carattere fiduciario, ma è caratteristica che non dispensa, come afferma la giurisprudenza, l’amministrazione procedente dall’obbligo di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare, tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri.
In altri termini, non occorre una rigorosa comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si trattasse di un procedimento concorsuale: il provvedimento di nomina piuttosto deve dar conto del fatto che i differenti requisiti di competenza, esperienza e professionalità siano stati valutati in relazione al fine da perseguire.
Tale esigenza appare tanto più evidente nel caso in esame, dove la nomina è stata fatta con provvedimento presidenziale, nell’esercizio di un potere sostitutivo, non già dall’organo assembleare attraverso un meccanismo di tipo elettorale (anche in tale evenienza è comunque necessaria una prima fase di verifica idoneativa o, se si vuole, di prequalifica dei candidati).
4. - L’accoglimento dei motivi esaminati conduce di per sé all’annullamento del provvedimento gravato.
Peraltro, per completezza, vale esaminare anche la quarta censura con cui il ricorrente deduce la violazione dell’art. 6 (Divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza) d.l. 24.06.2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito dalla legge 11.08.2014, n. 114, posto che, essendo il dott. Bi. stato collocato in quiescenza (con il grado di tenente colonnello), non può attualmente conseguire l’incarico di difensore civico regionale.
Anche tale motivo merita condivisione.
Detta norma fa divieto alle amministrazioni pubbliche di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza; analogamente vieta loro di conferire ai medesimi incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni. Tali incarichi sono consentiti solamente a titolo gratuito, e per un periodo non superiore ad un anno.
Non si vedono ragioni per cui la norma, la cui ratio è evidentemente di favorire l’occupazione giovanile, non sia riferibile anche alla nomina a difensore civico regionale. Non ha rilievo la circostanza che i tratti di un incarico onorario, perché si tratta di distinzione non contemplata dalla legge. Del resto una tale figura è comunque caratterizzata da un rapporto di ufficio con attribuzione di funzioni pubbliche, seppure in assenza di un rapporto di lavoro: ma questo non risulta necessario presupposto degli incarichi e collaborazioni cui si riferisce l’art. 6 del d.l. n. 90 del 2014.
Anche il funzionario onorario fruisce di indennità e la sua attività non è ascrivibile nell’ambito di un rapporto a titolo gratuito, di durata peraltro superiore all’anno.
5. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di nomina.
Va invece disattesa la domanda di risarcimento del danno da ritardo perché la pronuncia di annullamento non contiene un accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato (Cons. Stato, V, 10.02.2015, n. 675). Un siffatto accertamento è necessario anche per il riconoscimento del danno da ritardo, il quale non può restare avulso da una valutazione di merito sulla spettanza del bene sostanziale della vita, e va quindi subordinato anche alla dimostrazione che l’aspirazione del provvedimento è comunque destinata a un esito favorevole (in termini, da ultimo, Cons. Stato, V, 22.09.2016, n. 3920) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.11.2016 n. 4718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul rimborso spese ai membri della Commissione Comunale per il Paesaggio.
La Sezione ritiene che non rientri -in linea astratta- tra i vincoli finanziari sanciti dal comma 3, dell’art. 183 del dlgs 42/2004 il divieto di “rimborso delle spese” sostenute e documentate dai componenti le commissioni, e ciò a condizione che sia garantita la neutralità –in termini di impatto sugli equilibri economico-finanziari- della relativa voce di bilancio.
A tale fine
l’Ente potrà riallocare le risorse ordinariamente utilizzate in relazione all’esercizio di tale funzione ovvero utilizzare le maggiori entrate o le minori spese derivanti dall’espletamento della funzione medesima, e ciò anche alla luce delle risorse messe a disposizione dall’ente delegante (la regione) ovvero comunque percepite in ragione ed ai fini dell’esercizio della suddetta funzione delegata.
Si rileva in proposito che
nell’ambito dell’istituzione e del funzionamento delle commissioni locali per il paesaggio di cui all’art. 148 del dlgs 42/2004, le regioni assumono il ruolo fondamentale di “promotore” che non può e non deve limitarsi alla disciplina in via astratta dell’istituto in parola, ma deve connotarsi nei termini prescritti dal legislatore nazionale, cioè come “supporto” in concreto agli enti subdelegati nella composizione e nel funzionamento delle suddette commissioni.
Per l’effetto
si ritiene, altresì, che i professionisti componenti le commissioni in parola debbano essere "terzi” rispetto all’amministrazione delegata ma “interni” al comparto pubblico, inteso come soggetto macro aggregato.
Si ritiene che il legislatore, con il comma 3, dell’art. 183 del Codice, abbia effettuato una specifica opzione a tale riguardo, e ciò alla luce della natura “istituzionale” delle funzioni svolte e del divieto tombale di remunerazione, requisiti che mal si conciliano con il conferimento di incarichi a titolo onorifico a professionisti privati, e ciò alla luce del generale principio di “autosufficienza” e “valorizzazione” delle risorse interne all’apparato pubblico, del generale principio di onerosità della prestazione lavorativa e, non ultimo, della peculiare connotazione di “zona rischio corruzione” del settore in cui si trovano ad operare le commissioni in esame, in termini di potenziale (ed arbitrario) “ampliamento dei diritti dei privati” ed in relazione al quale (rischio) occorre assicurare –almeno in linea astratta- l’indipendenza ed imparzialità dei componenti le commissioni de quibus, e ciò anche per il tramite di una remunerazione sufficiente e proporzionata.
Tale elemento, visto il carattere tombale del divieto di remunerazione di cui al comma 3, dell’art. 183 del Codice, può essere rintracciato esclusivamente con riferimento a professionisti interni al comparto pubblico, in relazione ai quali la prestazione –seppure gratuita in seno alle commissioni de quibus– è già remunerato nell’ambito della restribuzione “madre” ricevuta per effetto del rapporto di servizio o del munus pubblico che lega il professionista alla pubblica amministrazione, complessivamente intesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto,
l’ente delegato dovrà aver previamente “mappato” nell’ambito del proprio piano triennale anticorruzione i rischi connessi all’attività in questione ed averne individuate le misure volte a prevenirlo.
In tale ottica,
il carattere onorifico della prestazione -in assenza di cause giustificatrici ulteriori rispetto al vincolo finanziario in sé- non si presenta –almeno in via astratta– come misura volta a prevenire ovvero ad ovviare il rischio che tale attività “gratuita” venga svolta nel perseguimento di interessi/vantaggi diversi ed opposti rispetto al fine tutelato dalla norma, e ciò proprio in ragione del peculiare assetto degli interessi coinvolti nell’esercizio della funzione de qua, l’interesse dei privati ad ampliare la propria sfera di diritti ed il bene-paesaggio rispetto al quale tali interessi potrebbero risultare recessivi.
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Il Comune di Moliterno (PZ), premettendo:
- che una rilevante porzione del territorio comunale (oltre il 90% del territorio) è compresa nel Parco Nazionale Appenino Lucano-Val d’agri-Lagonegrese;
- che tale circostanza ha comportato la necessità di acquisire “pareri obbligatori in merito alle domande paesaggistiche”;
- che il decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni “all’art. 146, attribuisce alla Regione l’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, consentendo alla stessa tuttavia di delegarne l’esercizio ad una pluralità di enti tra cui i Comuni purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela del paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”;
- che il comma 3 dell’art. 183 del medesimo decreto legislativo “dispone testualmente che <<la partecipazione alle commissioni previste dal presente codice è assicurata nell’ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni interessate, non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso e comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica>>”;
- di non avere “al proprio interno personale idoneo per l’espletamento delle funzioni demandate alla commissione (...)” ;
- e che pertanto, al fine di istituire la commissione prevista dalla legge, “si è reso necessario ricorrere a professionisti esterni”, e ciò anche alla luce della delibera n. 2002 del 29.12.2008, con cui la Regione Basilicata ha previsto l’obbligo di “operare la scelta dei propri componenti tra tecnici esterni all’amministrazione”;
chiede di sapere se sia possibile “riconoscere ai componenti esterni la commissione un rimborso delle spese documentate (spese di viaggio) ancorandolo comunque ad un limite massimo.
A tale riguardo, l’Ente dichiara di essere consapevole che un “eventuale rimborso andrebbe a gravare le finanze comunali”, e ciò in quanto “se è vero che da un lato il rimborso spese non integra gli estremi di un compenso, è altrettanto vero che il dato normativo statuisce che non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Il Comune rappresenta, altresì, che “la delega dell’esercizio del potere da parte della Regione al Comune, accelera l’istruttoria delle pratiche snellendo, di gran lunga l’iter procedimentale e, quindi, riduce notevolmente le lungaggini temporali”.
...
6. Inquadramento del quesito
   6.1 L’istanza di parere in esame verte in tema di esercizio -per delega regionale- della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio e, in particolare, di oneri finanziari connessi alla composizione ed al funzionamento delle “commissioni locali per il paesaggio” istituite nell’ambito dei relativi procedimenti autorizzatori.
La normativa di riferimento è contenuta nel Dlgs 42/2004 (“Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” ovvero per brevità “Codice”) così come successivamente modificato ed integrato e, per quanto qui di specifico interesse, negli artt. 146, comma 6 (che disciplina i presupposti della delega in materia di autorizzazione paesaggistica), 148 (che disciplina l’istituto delle commissioni locali per il paesaggio) e 183, comma 3 (che dispone i vincoli di natura finanziaria sottesi all’istituzione ed al funzionamento delle commissioni in parola).
Nello specifico, il Comune istante chiede di conoscere la portata e la latitudine applicativa della clausola di invarianza finanziaria contenuta nel comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, ai sensi del quale “la partecipazione alle commissioni previste dal presente codice è assicurata nell’ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni interessate, non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso e, comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
In particolare, viene chiesto di sapere se, alla luce del disposto in questione, il rimborso delle spese documentate a favore dei componenti la commissione per il paesaggio (spese di viaggio) –seppure non vietato esplicitamente- risulti comunque inibito alla luce della clausola di invarianza finanziaria ivi codificata, comportando comunque un aggravio per le finanze comunali.
Nella formulazione del quesito, il Comune, dichiarando di essere consapevole che l’attività dei componenti la commissione “rientrando all’interno dei compiti istituzionali, debba essere gratuita”, precisa di aver fatto ricorso a professionisti esterni per mancanza al proprio interno di “personale idoneo per l’espletamento delle funzioni demandate alla commissione”, e ciò anche in considerazione delle direttive contenute nella delibera di Giunta regionale della Basilicata n. 2202 del 29.12.2008 ai sensi della quale “la commissione ha l’obbligo di operare la scelta dei propri componenti tra tecnici esterni all’amministrazione”.
Alla luce di quanto sopra ed al fine di rispondere al quesito in esame, occorre analizzarne–seppure per linee generali– il contesto normativo di riferimento.
7. Autorizzazione in materia di paesaggio: presupposti per conferire la delega di funzione
   7.1 Ai sensi dell’art. 146, comma 1, del Dlgs 42/2004 i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.
A tale fine, i suddetti soggetti hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione.
Il comma 6, nell’attuale formulazione introdotta dal Dlgs 63/2008, prevede espressamente che sia la regione il soggetto titolare dell’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio e che la debba espletare avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e di idonee risorse strumentali .
Le regioni, però, hanno (conservato) la facoltà di delegarne, a loro volta, l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull'ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, al sussistere dei due presupposti essenziali, e cioè “purché gli enti destinatari della delega dispongano di di strutture in grado assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia” (cfr. comma 6, seconda parte art. 146).
Alla luce del rinnovato assetto normativo, pertanto, l’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio potrà essere intestato (rectius conservato) in capo agli enti locali, solo in via eventuale e, comunque, condizionata alla sussistenza dei suddetti presupposti di “adeguatezza” della struttura in termini di competenze professionali e di effettiva capacità/possibilità di differenziare le attività di tutela del paesaggio dalle funzioni (antagoniste) in materia urbanistico-edilizia.
Si precisa, peraltro, che suddetti requisiti devono sussistere in via continuativa per tutta la durata della delega.
Ai sensi dell’art. 159, la verifica della loro sussistenza e permanenza, in concreto ed in via continuativa, è rimessa alla cura e alla responsabilità delle regioni, con la conseguenza che, in caso di mancata verifica ovvero di esito negativo della stessa, la funzione tornerà (ovvero resterà) ad essere esercitata in via diretta dalla regione medesima .
Da ciò ne consegue che, una volta verificata la sussistenza di tali condizioni, gli enti delegati dovranno essere in grado di esercitare in concreto tale funzione.
In tale ottica, le regioni assumono un ruolo fondamentale.
Ci si riferisce in particolare all’istituzione ed al funzionamento delle commissioni locali per il paesaggio previste dall’art. 148 del Codice.
Ai sensi del suddetto articolato normativo “Le regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6.”
Dal combinato disposto del comma 6 dell’art. 146 e del comma 1 dell’art. 148, infatti, discende che gli enti delegati, pur dotati “a monte” di una struttura “interna” adeguata, ai fini dell’esercizio in concreto della funzione devono essere “supportati” dalle commissioni locali di paesaggio.
L’istituzione delle suddette commissioni è affidata, in termini di “promozione”, alle regioni.
In quest’ottica, anche in considerazione della natura “delegata” della funzione autorizzatoria nel cui ambito si innestano tali commissioni, il termine “promozione” si pone come sinonimo di “rendere fattibile”, riducendosi –in caso contrario– ad una mera enunciazione di principio svuotata di effettiva portata applicativa.
E ciò in quanto costituisce “principio fondamentale della finanza pubblica quello secondo il quale, nella ipotesi in cui l’esercizio di funzioni e servizi resi dalla pubblica amministrazione all’utenza, o comunque diretti al perseguimento di pubblici interessi collettivi, venga trasferito o delegato da una ad altra amministrazione, l’autorità che dispone il trasferimento o la delega è, pur nell’ambito della sua discrezionalità, tenuta a disciplinare gli aspetti finanziari dei relativi rapporti attivi e passivi (…)” (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 364/2010).
Ed è alla luce di tali coordinate che, a parere della Sezione, occorre analizzare il quesito in esame, con riferimento ai vincoli finanziari connessi all’istituzione ed al funzionamento delle suddette commissioni.
8. Commissioni locali per il paesaggio: statuto giuridico ed economico
   Lo statuto giuridico ed economico delle suddette commissioni è codificato –a livello di coordinate di principio- dal combinato disposto degli artt. 148 e 183, comma 3, del dlgs 42/2004, mentre la disciplina di dettaglio è affidata al potere normativo e regolamentare delle regioni.
L’art. 148 del Dlgs 42/2004 codifica i requisiti di professionalità e di esperienza dei componenti le commissioni, disponendo che debbano essere “soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio”, e ne determina la funzione svolta, e cioè il rilascio di pareri propedeutici al rilascio dell’autorizzazione in materia di paesaggio.
A seguito della novella di cui al dlgs 63/2008, nell’attuale formulazione dell’art. 148, comma 3, è venuta meno la natura “vincolante” dei pareri resi dalle commissioni.
   8.1 Il comma 3 dell’art. 183 oltre a disegnarne i vincoli finanziari, ne connota la natura, facendo rientrare la partecipazione alle commissioni de quibus nell’ambito dei “compiti istituzionali” dell’amministrazione interessata.
Tale articolato normativo è collocato nell’ambito delle “Disposizioni finali” del Dlgs 42/2004 ed ha subito nel tempo alcune modifiche ed integrazioni.
Nella sua originaria formulazione (vigente sino all’11.05.2006), l’articolato in questione disponeva, oltre al generico vincolo di invarianza finanziaria, uno specifico vincolo di gratuità della partecipazione alle commissioni previste nel Codice (i.e. “la partecipazione alle commissioni previste nel presente codice si intende a titolo gratuito e comunque da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”).
Con il decreto legislativo n.157/2006 è stato modificato, tra gli altri, anche il disposto di cui al comma 3, dell’art. 183.
In particolare, nella proposta di modifica presentata dal Governo, l’art. 30 dello schema di decreto legislativo 157/2006 non riportava più alcun riferimento al sopra citato vincolo di gratuità, limitandosi a codificare (rectius confermare) il divieto di “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” discendente dall’attuazione del complessivo articolato (i.e. “Dall’attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”).
Sul punto la V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione (cfr. Atto 595 - Rilievi alla VIII Commissione), evidenziando l’anomalia della circostanza e ricordando che “in casi analoghi, in base alla prassi consolidata, si è previsto che la partecipazione a Comitati non deve dare luogo ad alcun compenso o rimborso spese”, aveva richiesto di riformulare il disposto in questione, proponendone un precetto più stringente ai sensi del quale “la partecipazioni alle commissioni previste dal presente codice non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso o rimborso spese e comunque da essa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Rispetto a tale proposta di modifica, nella versione definitivamente approvata ed oggi vigente dell’articolato in questione, è stato espunto il riferimento al divieto di rimborso spese ed è stato integrato il contenuto precettivo, specificando la valenza “istituzionale” della partecipazione alle commissioni codificate dal Codice (i.e. “3. La partecipazione alle commissioni previste dal presente codice è assicurata nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni interessate, non da' luogo alla corresponsione di alcun compenso e, comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.).
9. Vincoli finanziari contenuti nel comma 3, dell’art. 183 del Codice
   Alla luce dell’attuale formulazione del disposto in esame, quindi, occorre domandarsi se gli oneri derivanti dal “rimborso delle spese”, seppure non esplicitamente vietati dal dettato in questione (ed anzi, espressamente espunti dal precetto), rientrino comunque nel perimetro di applicazione della norma, in quanto compresi nel cono d’ombra del divieto di corresponsione di “alcun compenso” ovvero, comunque, nel perimetro applicativo del divieto di generare “nuovi o maggiori oneri”, oppure non rientrino in alcuni dei suddetti limiti e pertanto possono essere sostenuti nei limiti delle prescrizioni della normativa vigente.
A tale fine occorre precisare quanto segue.
Il comma 3, dell’art. 183 contiene due tipologie di vincolo: uno di natura specifica, relativo al divieto di “compensare” ossia remunerare, sotto qualsiasi forma, l’attività di partecipazione alle commissioni de quibus; l’altro di natura generica e residuale, inerente al divieto di “alterare” il complessivo equilibrio economico-finanziario della finanza pubblica allargata.
   9.1 Con riferimento alla portata del vincolo di natura specifica, si ritiene che con l’attuale formulazione della norma (“non si dà luogo alla corresponsione di alcun compenso”) s’intenda precludere ogni tipologia di onere finalizzato, anche in via indiretta, alla remunerazione –sotto qualsiasi forma ed “etichetta”- dell’attività svolta dal componente la commissione.
In tale ottica, esulerebbero dal perimetro applicativo del divieto esclusivamente gli oneri aventi natura e funzione meramente “restitutorie”, come il rimborso delle spese documentate.
Tale opzione peraltro sarebbe confermata dalla specifica espunzione del divieto del “rimborso delle spese” dal testo finale del disposto in esame e dalla circostanza che in altre fattispecie assimilabili il legislatore abbia espressamente incluso nel divieto tale voce di spesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si ritiene che esulino dall’ambito di applicazione del vincolo di gratuità di cui al comma 3, dell’art. 183 esclusivamente gli oneri di natura “restitutoria”, come quelli relativi al “rimborso delle spese”, purché la natura “non remunerativa” né “indennitaria” di tali oneri sussista, in concreto, al di là della sua etichetta formale.
   9.2 Fermo quanto sopra, occorre verificare se il rimborso delle spese –per quanto non precluso dal divieto di compensi sopra citato- sia consentito alla luce del vincolo di invarianza della spesa codificato dal medesimo articolato in esame.
Il vincolo di invarianza della spesa costituisce “l’alter ego” dell’obbligo di copertura finanziaria codificato dall’art. 81, comma 4, della Costituzione, in termini di identità di obiettivo perseguito, e cioè la tutela degli equilibri di finanza pubblica.
L’obbligo di copertura finanziaria (nella versione dell’art. 81, comma 3, Cost. post intervento riformatore del 2012 “ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”) impone che la legge provveda, in maniera adeguata ed effettiva, ai mezzi di sostegno dei nuovi e/o maggiori oneri derivanti –in via esplicita ovvero implicita- dall’attuazione della norma.
Il vincolo di invarianza finanziaria presuppone o comunque codifica (e impone) la “neutralità” dell’impatto degli oneri derivanti dall’attuazione della norma, in termini di equilibrio economico-finanziario complessivo.
L’obiettivo perseguito è identico: la tutela degli equilibri della finanza pubblica; ciò che differisce è lo strumento utilizzato per raggiungerlo. Nel prima caso si agisce sulla necessità di “dare copertura finanziaria” agli oneri (nuovi o maggiori, anche in termini di minori entrate) sopravvenuti per effetto della norma; nel secondo caso si agisce sulla necessità che gli oneri, qualora sussistenti, non abbiamo alcun impatto sugli equilibri di bilancio.
Il criterio di invarianza degli oneri finanziari è fissato, infatti, con riguardo agli effetti complessivi della norma e non comporta “in sé” la preclusione di un eventuale aggravio di spesa purché tale aggravio sia “neutralizzato” nei termini sopra precisati, “dal momento che ben potrebbe un singolo aggravio di spesa trovare compensazione in altre disposizioni produttive di risparmi o di maggiori entrate” (cfr. ex pluribus Corte Costituzionale sentenza n. 132/2014).
Ai sensi dell’art. 17, comma 7, della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, tale “neutralità finanziaria” deve essere comprovata nell’ambito di una relazione tecnica che riporta i dati e gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, anche attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse già esistenti e delle somme già stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime.
In tale senso, il comma 3, dell’art. 183 del D.lgs. 42/2004 nel prevedere che dalla partecipazione alle commissioni previste nel Codice non devono “comunque derivare nuovi o maggiori oneri” non comporta un divieto assoluto di sostenere nuovi o maggiori oneri, ma esclusivamente l’obbligo di compensare tali oneri con entrate ovvero con risparmi di spesa derivanti e/o connesse all’attuazione della normativa in questione (cioè le disposizioni che nell’ambito del Codice istituiscono le varie commissioni, tra cui l’art. 148 in tema di commissioni locali per il paesaggio).
   10. Alla luce di quanto sopra e per rispondere all’oggetto del quesito in esame, la Sezione ritiene che il comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, per come formulato, non precluda “in linea astratta” il rimborso delle spese di viaggio sostenute dai componenti per la partecipazione alle commissioni di riferimento, e ciò in quanto l’articolato in questione non prevede uno specifico divieto in tale senso, e, comunque, tale divieto non può ritenersi compreso –per via implicita- nel divieto di “corrispondere alcun compenso” sancito dal comma in questione, in quanto non ne condivide i medesimi presupposti “remunerativi o compensativi”.
Fermo quanto sopra, alla luce del vincolo di neutralità finanziaria sancito dall’articolato in esame, gli oneri derivanti dal “rimborso delle spese” potranno essere legittimamente previsti e sostenuti dall’amministrazione interessata solo ed esclusivamente all’esito della verifica “a monte”, sin dalla fase di programmazione, della possibilità di neutralizzare, in concreto, tali spese con le nuove entrate (ovvero con i risparmi di spesa) derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di cui è parte integrante e sostanziale la commissione locale per il paesaggio in esame.
In caso contrario, tali oneri non potranno essere sostenuti, pena la violazione del vincolo di invarianza finanziaria come sopra codificato a norma del comma 3, dell’art. 183 in esame.
Si ricorda, inoltre, che tale rimborso spese dovrà essere effettuato in conformità ai vincoli della normativa vigente, e ciò in termini di presupposti, tipologia e limiti quantitativi ivi fissati, regolamentandone a monte la fattispecie, pur sempre nella propria discrezionalità gestoria.
Nel caso in esame, peraltro, trattandosi di istituzione e funzionamento di un organo collegiale connesso all’esercizio di una funzione “istituzionale” dell’amministrazione interessata, tale vincolo di invarianza della spesa comporterà –ai fini del suo rispetto- una diversa allocazione delle ordinarie risorse (umane, strumentali ed economiche) disponibili a legislazione vigente, ovvero l’utilizzo delle eventuali maggiori entrate derivanti dalla o per l’effetto dell’istituzione delle suddette commissioni, il tutto avendo riguardo al fatto che si tratta di una funzione “delegata” che le regioni hanno l’onere di “promuovere” ai fini del suo esercizio, in concreto.
A tale fine occorrerà, pertanto, avere riguardo alla normativa regionale emanata al fine di “promuovere” e “disciplinare” il funzionamento delle suddette commissioni.
   10.1 I parametri di riferimento sono, da un lato, la legge regionale n. 50/1993 e successive modifiche ed integrazioni, tra cui la legge regionale n. 7/1999 emanata in attuazione del dlgs 112/1998 per il “conferimento di funzioni e compiti amministrativi al sistema delle autonomie locali” e, dall’altro, la delibera di giunta regionale n. 2202/2008 che, alla luce delle innovazioni introdotte dal Dlgs 63/2008, ha provveduto a disciplinare, nel dettaglio, i presupposti per l’esercizio della delega in questione da parte degli enti delegati.
L’art. 7 della legge 50/1993, andando a modificare ed integrare la legge regionale n. 20/1987 in materia di paesaggio, dispone che sono subdelegate ai comuni le funzioni amministrative esercitate dagli organi e uffici regionali, concernenti il rilascio di nullaosta o divieti relativi e connessi, tra l’altro, alla tutela del paesaggio. A tale fine il competente ufficio comunale rilascia il nullaosta, ovvero respinge l'istanza, sentita la commissione comunale per la tutela del paesaggio.
Ai sensi dell’articolato in questione, cosi come modificato dalla sopra citata legge n. 7/1999, la commissione in esame è un “(...) organo collegiale imperfetto, istituita con deliberazione del Consiglio comunale, è composta dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale, da un architetto, un ingegnere edile, un geologo, un biologo naturalista e un agronomo".
Nell’ambito delle direttive contenute nella sopra citata delibera di Giunta regionale 2202/2008 vengono, invece, esplicitati i presupposti per la delega dell’esercizio della funzione autorizzatoria in parola.
A tale fine, la regione Basilicata assegna un ruolo “essenziale” all’istituzione delle suddette commissioni locali paesaggio (definita nel provvedimento regionale come “Commissione per la qualità architettonica e per il paesaggio”), ponendosi come strumento per il soddisfacimento di entrambi i presupposti fissati dal comma 6, dell’art. 146, e precisamente:
   a) come strumento necessario per “assicurare la richiesta adeguatezza delle istruttorie tecnico-amministrative relative alle istanze di autorizzazione in materia paesaggistica”, prescrivendo che “ogni Comune dovrà garantire che il procedimento venga affidato a strutture che siano in grado di esprimere la necessaria competenza dal punto di vista tecnico scientifico. In particolare la struttura comunale deve necessariamente avvalersi della competenza tecnico-scientifica delle Commissioni per la qualità architettonica e per il paesaggio, istituite in attuazione dell'art. 7 della l.r. n. 50/1993, che dovrà essere rinominata nella composizione prevista dalla l.r. n. 7/1999.” (cfr. punto 1, lett. a) Allegato A); nonché
   b) come strumento per garantire la “differenziazione tra i procedimenti paesaggistico e urbanistico-edilizio (...), in quanto la Commissione comunale per la qualità architettonica e per il paesaggio, è “composta da figure professionali di elevata competenza e specializzazione, esterni alle strutture amministrative comunali.” (cfr. punto 1, lett. b) Allegato A).
Con riferimento ai requisiti “soggettivi” dei componenti, oltre alla specifica tipologia di professionisti richiesta ai sensi dell’art. 7 della legge 7/2009 sopra richiamata (i.e. “(..) responsabile dell'ufficio tecnico comunale, da un architetto, un ingegnere edile, un geologo, un biologo naturalista e un agronomo”), viene ribadito che la Commissione dovrà operare la scelta dei propri componenti tra tecnici “esterni” all'amministrazione e in ogni caso non facenti parte della Sportello unico per edilizia e che i componenti dovranno dimostrare di aver svolto attività attinenti a materie quali l'uso, la pianificazione e la gestione del territorio e del paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica, la tutela dei beni architettonici e culturali e dovranno aver maturato una qualificata esperienza, almeno quinquennale.
In tale contesto, il ruolo di “promotore” della regione si sostanzierebbe unicamente nel consentire ai comuni di costituire Commissioni intercomunali nell'ambito delle forme associative previste dalle leggi regionali e nazionali, con particolare riguardo alle Unioni di Comuni, privilegiando Commissione tra Comuni contermini ovvero, qualora abbiano già istituito una Commissione, ai sensi dell'art. 7 della L.R. n. 50/1993, di non provvedere ad una nuova istituzione qualora quella esistente risulti adeguata e conforme ai criteri come sopra fissati.
Al fine di dare un contenuto “concreto” all’onere di promozione codificato dall’art. 148, comma 1, si ritiene, quindi, che debba aversi riguardo ai principi generali fissati dal sistema in tema di delega di funzione, ed ai sensi dei quali l’ente delegante deve intervenire al fine di rendere in concreto possibile l’esercizio della funzione delegata.
Nel caso di specie, pertanto, tale onere potrà sostanziarsi nel coadiuvare gli enti delegati nella istituzione/composizione delle commissioni de quibus.
   11. A tale specifico riguardo, anche alla luce del peculiare requisito di “terzietà” richiesto nelle direttive in parola con riferimento ai componenti le commissioni in esame, si ritiene necessario verificare se tali professionisti debbano essere “esterni” all’amministrazione interessata ma “interni” al comparto pubblico complessivamente inteso ovvero possano essere anche professioni privati, cioè “esterni” a tale apparato pubblico.
Come noto, per i professionisti legati da un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione vige il tendenziale principio di onnicomprensività della retribuzione alla luce del quale gli importi percepiti per le funzioni svolte in via principale s’intendono sufficienti e proporzionati a remunerare tutti gli eventuali altri incarichi ricoperti nell’ambito ed in ragione del rapporto di impiego alle pubbliche dipendenze (cfr. parere Consiglio di Stato n. 173/2004) nonché il principio, oggi immanente al sistema ai fini di tutela della finanza pubblica allargata, di divieto di “cumulo” degli emolumenti percepiti (tra gli altri, si vedano gli artt. 82 e 83 del TUEL).
In tale ottica, la gratuità delle prestazioni svolte in seno ad organi collegiali, non si presenta come mancanza di sinallagmaticità (e quindi di causa) e quindi eccezione al principio di necessaria onerosità delle prestazioni lavorative, in quanto il professionista s’intende remunerato nell’ambito e per effetto della retribuzione ovvero degli emolumenti già percepiti in virtù del rapporto di servizio ovvero del munus pubblico rivestito nell’ambito della pubblica amministrazione.
   11.1 Nel caso in cui invece i professionisti fossero esterni al complessivo apparato pubblico occorrerà verificare se il tale vincolo di gratuità tombale sia compatibile con il suddetto principio di onerosità delle prestazioni ai sensi del quale “Ogni attività lavorativa è presunta a titolo oneroso salvo che si dimostri la sussistenza di una finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa (...)” (ex pluribus Cass. sentenza 26.01.2009 n. 1833) e, comunque, non vada ad inficiare –almeno in linea potenziale e astratta– sull’indipendenza e sull’imparzialità dei componenti le commissioni, alla luce proprio dell’assenza di qualsiasi remunerazione per l’attività svolta.
In tale caso, infatti, si suole parlare di “funzionario onorifico”, e cioè di professionista esterno che presta la propria attività nell’ambito del comparto pubblico pur non condividendone, neppure in parte, i connotati essenziali, tra cui “la scelta del dipendente di carattere prettamente tecnico-amministrativo effettuata mediante procedure concorsuali (che, si contrappone, nel caso del funzionario onorario, ad una scelta politico-discrezionale), l'inserimento strutturale del dipendente nell'apparato organizzativo della p.a. (rispetto all'inserimento meramente funzionale del funzionario onorario), lo svolgimento del rapporto secondo un apposito statuto per il pubblico impiego (che si contrappone ad una disciplina del rapporto di funzionario onorario derivante pressoché esclusivamente dall'atto di conferimento dell'incarico e dalla natura dello stesso), il carattere retributivo -perché inserito in un rapporto sinallagmatico- del compenso percepito dal pubblico dipendente (rispetto al carattere indennitario rivestito dal compenso percepito dal funzionario onorario), la durata tendenzialmente indeterminata del rapporto di pubblico impiego (a fronte della normale temporaneità dell'incarico onorario)” (cfr. ex pluribus Corte di Cassazione, sentenza n. 5398/2007).
Nel caso di specie, si ritiene che il legislatore abbia effettuato un’opzione, seppure implicita, a favore di componenti “interni” all’apparato pubblico, in quanto legati da un rapporto di dipendenza (nelle sue varie forme) con la pubblica amministrazione, e ciò per le seguenti ragioni:
   a) in primo luogo alla luce del fatto che la partecipazione alle suddette commissioni rientra –per espressa previsione di legge– nei compiti “istituzionali” dell’amministrazione interessata (cfr. comma 3, art. 186 del Codice), con tutti i corollari a questo connessi, anche in termini di sempre più incisiva valorizzazione delle risorse professionali interne da adibire a tali scopi.
Sul punto, peraltro, si segnala che ai sensi dell’ art. 6, comma 7, del DL 78/2010, a decorrere dall’esercizio 2011 il legislatore, al fine di conseguire risparmi nei costi di apparato “valorizzando” al contempo le figure professionali “interne”, vincola la spesa per incarichi di studio e consulenza ad una percentuale del 20% della spesa sostenuta per tale voce nel 2009, pena illecito disciplinare e responsabilità erariale del dirigente responsabile;
   b) per la rilevanza delle funzioni espletate dalle commissioni in esame in termini di “zona a rischio corruzione”, considerato il peculiare settore in cui i componenti si trovano ad operare–quello delle autorizzazione paesaggistiche- in cui si contrappongono interessi pubblici ed interessi privati, con conseguente potenziale ampliamento dei diritti dei privati in danno di quello pubblico di tutela del paesaggio;
   c) per la necessità, quindi, di garantire che le attività dei componenti de quibus siano improntate ai principi di indipendenza ed imparzialità, alla cui base non può non assumere rilievo essenziale una retribuzione sufficiente e proporzionata;
   d) per il carattere tombale del divieto di corrispondere compensi del comma 3, dell’art. 183 che, alla luce di quanto sopra, mal si concilia –almeno in linea di principio- con la necessità di remunerare i professionisti “altamente specializzati” (privati) incaricati in via “onorifica” ;
   e) per gli specifici vincoli imposti dai codici deontologici degli ordini professionali di appartenenza dei professionisti indicati nella normativa regionale (cfr. art. 7 legge regionale Basilicata n. 7/1999), ai sensi dei quali la regola generale vieta la gratuità della prestazione salvo specifiche ipotesi motivate da ragioni di “solidarietà” ovvero di “apprendistato”; ragioni che, nel caso di specie, non è dato intravedere;
   f) per la possibilità di rinvenire le suddette professionalità nell’ambito del comparto organizzativo regionale che –quale titolare della funzione– ha (o comunque dovrebbe avere) al proprio interno le specifiche figure professionali richieste ai fini della composizione delle commissioni in parola.
   11.2 Ed è in quest’ottica che, a parere della Sezione, si ritiene di dover interpretare il punto 2 dell’allegato A (“Requisiti dei componenti della Commissione per la qualità architettonica”) della delibera di giunta della regione Basilicata (n. 2202/2008) ai sensi della quale le commissioni in esame devono essere composte da “tecnici esterni all'amministrazione e in ogni caso non facenti parte della Sportello unico per edilizia”.
La ratio sottesa a tale disposizione –cioè la necessità di garantire le competenze tecnico-scientifiche e la differenziazione tra i due procedimenti, quello paesaggistico e quello urbanistico-edilizio- si appalesa comunque soddisfatta con l’utilizzo di professionisti “esterni” all’amministrazione interessata ma “interni” al comparto pubblico.
In questo caso, peraltro, il vincolo di gratuità tombale previsto dal comma 3, dell’art. 183 si presenterebbe non come deroga al principio immanente al sistema di onerosità della prestazione, ma come diretta attuazione del principio di onnicomprensività della retribuzione come sopra enucleato.
A tale fine, peraltro, potrà essere la stessa regione –in qualità di titolare della funzione autorizzatoria- a dotare l’amministrazione interessata dei professionisti in possesso dei necessari requisiti di competenza ed esperienza cui affidare l’incarico di comporre le commissioni in parola, e ciò in attuazione dell’obbligo di “promozione” delle commissioni di cui al comma 1 dell’art. 148.
   12. Per concludere, anche al fine di riepilogare gli esiti del percorso motivazionale seguito,
la Sezione ritiene che non rientri -in linea astratta- tra i vincoli finanziari sanciti dal comma 3, dell’art. 183 del dlgs 42/2004 il divieto di “rimborso delle spese” sostenute e documentate dai componenti le commissioni, e ciò a condizione che sia garantita la neutralità –in termini di impatto sugli equilibri economico-finanziari- della relativa voce di bilancio.
A tale fine
l’Ente potrà riallocare le risorse ordinariamente utilizzate in relazione all’esercizio di tale funzione ovvero utilizzare le maggiori entrate o le minori spese derivanti dall’espletamento della funzione medesima, e ciò anche alla luce delle risorse messe a disposizione dall’ente delegante (la regione) ovvero comunque percepite in ragione ed ai fini dell’esercizio della suddetta funzione delegata.
Si rileva in proposito che
nell’ambito dell’istituzione e del funzionamento delle commissioni locali per il paesaggio di cui all’art. 148 del dlgs 42/2004, le regioni assumono il ruolo fondamentale di “promotore” che non può e non deve limitarsi alla disciplina in via astratta dell’istituto in parola, ma deve connotarsi nei termini prescritti dal legislatore nazionale, cioè come “supporto” in concreto agli enti subdelegati nella composizione e nel funzionamento delle suddette commissioni.
Per l’effetto
si ritiene, altresì, che i professionisti componenti le commissioni in parola debbano essere "terzi” rispetto all’amministrazione delegata ma “interni” al comparto pubblico, inteso come soggetto macro aggregato.
Si ritiene che il legislatore, con il comma 3, dell’art. 183 del Codice, abbia effettuato una specifica opzione a tale riguardo, e ciò alla luce della natura “istituzionale” delle funzioni svolte e del divieto tombale di remunerazione, requisiti che mal si conciliano con il conferimento di incarichi a titolo onorifico a professionisti privati, e ciò alla luce del generale principio di “autosufficienza” e “valorizzazione” delle risorse interne all’apparato pubblico, del generale principio di onerosità della prestazione lavorativa e, non ultimo, della peculiare connotazione di “zona rischio corruzione” del settore in cui si trovano ad operare le commissioni in esame, in termini di potenziale (ed arbitrario) “ampliamento dei diritti dei privati” ed in relazione al quale (rischio) occorre assicurare –almeno in linea astratta- l’indipendenza ed imparzialità dei componenti le commissioni de quibus, e ciò anche per il tramite di una remunerazione sufficiente e proporzionata.
Tale elemento, visto il carattere tombale del divieto di remunerazione di cui al comma 3, dell’art. 183 del Codice, può essere rintracciato esclusivamente con riferimento a professionisti interni al comparto pubblico, in relazione ai quali la prestazione –seppure gratuita in seno alle commissioni de quibus– è già remunerato nell’ambito della restribuzione “madre” ricevuta per effetto del rapporto di servizio o del munus pubblico che lega il professionista alla pubblica amministrazione, complessivamente intesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto,
l’ente delegato dovrà aver previamente “mappato” nell’ambito del proprio piano triennale anticorruzione i rischi connessi all’attività in questione ed averne individuate le misure volte a prevenirlo.
In tale ottica,
il carattere onorifico della prestazione -in assenza di cause giustificatrici ulteriori rispetto al vincolo finanziario in sé- non si presenta –almeno in via astratta– come misura volta a prevenire ovvero ad ovviare il rischio che tale attività “gratuita” venga svolta nel perseguimento di interessi/vantaggi diversi ed opposti rispetto al fine tutelato dalla norma, e ciò proprio in ragione del peculiare assetto degli interessi coinvolti nell’esercizio della funzione de qua, l’interesse dei privati ad ampliare la propria sfera di diritti ed il bene-paesaggio rispetto al quale tali interessi potrebbero risultare recessivi (Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata, parere 07.07.2016 n. 29).

anno 2012

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Sulla nomina della commissione per il paesaggio.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare, più volte, come gli ordini professionali siano legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria dei soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale, sia quando si assumano violate le norme poste a tutela della professione, sia quando si tratti di conseguire determinati vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla intera categoria, ed anche nell’ipotesi in cui possa ipotizzarsi astrattamente un conflitto di interessi tra gli ordini ed i singoli professionisti beneficiari dell’atto impugnato, che l’Ordine assume invece essere lesivo dell’interesse istituzionale della categoria.
Quanto al supposto conflitto di interessi, poi, l’eccezione non ha parimenti pregio ove si consideri che la ricorrenza di tale conflitto va scrutinata in relazione all’interesse astrattamente perseguito, non essendo rilevante il fatto che tale conflitto ricorra in concreto con alcuni professionisti od associati.
Nel caso di specie, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Salerno, come esattamente è stato rilevato, include ex art. 15 dpr n. 380/2001, gli architetti, i paesaggisti, i pianificatori territoriali ed i conservatori dei beni architettonici ed ambientali, cioè figure professionali con specifiche competenze in materia di progettazione relativa a beni vincolati e tutelati paesaggisticamente, ed ha pertanto, un interesse qualificato alla corretta attuazione della norma che riserva la scelta dei membri tra esperti di beni ambientali, storia dell’Arte, discipline agricolo-forestale, naturalistica, storiche, pittoriche, arti figurative e legislazione dei beni culturali.
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Il requisito dell’esperienza nelle specifiche materie risulta elemento necessario ed indispensabile nonché funzionale a costituire una struttura specialistica in grado di esprimere, a livello comunale, una soglia sufficiente di competenze tecnico-scientifiche integrate idonee a garantire una valutazione separata degli aspetti paesaggistici da quelli urbanistico-edilizi; requisito che necessariamente deve essere garantito, quanto meno, anche da un curriculum recante esplicitazione delle competenze comunque acquisite, nei settori indicati.
Altresì, “l’esperienza acquisita in impieghi pubblici, anche di elevata responsabilità, nel campo -ad esempio- dell’urbanistica, della protezione ambientale o della salvaguardia dei beni culturali può avere sicuramente un valore qualificante pari a quello del libero professionista, atteso che la possibilità di nominare anche componenti, provvisti di curriculum prevalentemente costituito da pubblici incarichi, consente di acquisire quelle esperienze e competenze interdisciplinari necessarie ad arricchire il livello tecnico-specialistico richiesto ai componenti della Commissione”.
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... per l'annullamento:
   - della delibera del consiglio comunale n. 16/2011 del 02.08.2011 con la quale si è proceduto alla nomina dei membri della commissione per il paesaggio, di cui all’art. 148 d.lgs n. 42/2004 ed allegato 1 alla l.r.c. 10/1982, in violazione dell'obbligo di preventivo accertamento della qualifica di "esperti" in capo ai soggetti nominati;
   - ove occorra, delle delibere del consiglio comunale di Corbara, n. 17/2011 e 22/2011, assunte nella seduta del 30.09.2011, con le quali nel rispondere alle interrogazioni dei consiglieri, si confermano implicitamente le nomine, assumendo come non dovuta alcuna risposta alla diffida inoltrata dall’Ordine ricorrente con atto prot. n. 1265/F1-P1_g2 del 15.09.2011;
...
1.- Il ricorso è fondato alla stregua delle considerazioni che seguono:
2.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del provvedimento, in epigrafe meglio specificato, con il quale il Comune di Corbara si è determinato alla designazione dei membri della “Commissione per il paesaggio” ex art. 148 d.lgs. n. 42/2004, con modalità ritenute assolutamente illegittime dall’Ordine ricorrente e cioè senza alcuna previa verifica dell’idoneità degli stessi a ricoprire la carica di componenti della citata commissione; in particolare senza aver provveduto né alla pubblicazione di un avviso per l’acquisizione delle candidature, né ad acquisire le candidature e neppure i curricula degli interessati per l’accertamento dei requisiti tecnico-professionali richiesti dalla legge, per cui i nominativi dei membri della Commissione sarebbero emersi solo in sede di scrutinio, senza alcuna indicazione in ordine alla competenza specialistica di ciascuno di essi e della relativa qualifica professionale, il tutto in aperta violazione del quadro normativo vigente, così come esplicitato dalla nota dell’Assessore regionale all’urbanistica prot. n. 942/SP del 07.07.2011 e dalla circolare prot. n. 2011.0602279 del 02.08.2011, che rinviano all’allegato 1 della l.r. n. 10/1982.
2.a.- La tesi attorea è contestata dalla resistente amministrazione che, nelle proprie difese, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva del ricorrente Ordine, che, nella specie, avrebbe agito in potenziale conflitto d’interessi tra i professionisti rappresentati, ridondando l’azione proposta contro un proprio iscritto, assume, nel merito, che l’intera domanda sarebbe radicata a norme regionali abrogate, quali, appunto, la l.r.c. n. 10/1982, laddove l’intera materia sarebbe, all’attualità, disciplinata soltanto dalla legge statale.
3.- Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Salerno che, nella prospettazione dell’amministrazione comunale, sarebbe legittimato ad agire a tutela degli interessi dell’intera categoria professionale.
3.a.- Il rilievo non può essere condiviso.
Ed invero, la giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. St. n. 2148 del 2011) ha avuto modo di precisare, più volte, come gli ordini professionali siano legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria dei soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale, sia quando si assumano violate le norme poste a tutela della professione, sia quando si tratti di conseguire determinati vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla intera categoria, ed anche nell’ipotesi in cui possa ipotizzarsi astrattamente un conflitto di interessi tra gli ordini ed i singoli professionisti beneficiari dell’atto impugnato, che l’Ordine assume invece essere lesivo dell’interesse istituzionale della categoria (cfr. Cons. St. Sez. V 18.12.2009, n. 8404).
Quanto al supposto conflitto di interessi, poi, l’eccezione non ha parimenti pregio ove si consideri che la ricorrenza di tale conflitto va scrutinata in relazione all’interesse astrattamente perseguito, non essendo rilevante il fatto che tale conflitto ricorra in concreto con alcuni professionisti od associati (Cons. St. Sez. VI, 09.02.2009, n. 710).
Nel caso di specie, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Salerno, come esattamente è stato rilevato, include ex art. 15 dpr n. 380/2001, gli architetti, i paesaggisti, i pianificatori territoriali ed i conservatori dei beni architettonici ed ambientali, cioè figure professionali con specifiche competenze in materia di progettazione relativa a beni vincolati e tutelati paesaggisticamente, ed ha pertanto, un interesse qualificato alla corretta attuazione della norma che riserva la scelta dei membri tra esperti di beni ambientali, storia dell’Arte, discipline agricolo-forestale, naturalistica, storiche, pittoriche, arti figurative e legislazione dei beni culturali.
4.- Sgombrato il campo dalla menzionata eccezione, può addivenirsi alla delibazione della questione di merito, muovendo dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
4.a.- L’art. 148 d.lgs. n. 42 del 2004, (Codice dei beni culturali e del paesaggio) rubricato “Commissioni locali per il paesaggio” così recita: “Le Regioni promuovono l’istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazioni paesaggistica, ai sensi dell’articolo 146, comma 6.
Le commissioni …sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio
”.
Nella Regione Campania, la materia de qua ha trovato diacronicamente la sua disciplina dapprima con l’allegato 1 della legge regionale n. 10/1982 e successivamente con l’art. 41 della legge regionale n. 16 del 2004, relativa al governo del territorio.
L’art. 41 della citata legge regionale risultava, ratione temporis, così formulato:
1. I comuni, anche in forma associata, si dotano di strutture, denominate sportelli urbanistici, ai quali sono affidati i seguenti compiti:
   a) ricezione delle denunce di inizio attività, delle domande per il rilascio di permessi di costruire e dei provvedimenti e certificazioni in materia edilizia;
   b) acquisizione di pareri e nulla-osta di competenza di altre amministrazioni;
   c) rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità e della certificazione in materia edilizia. Il rilascio di titoli abilitativi all’attività edilizia avviene mediante un unico atto comprensivo di autorizzazioni, nulla-osta, pareri, assensi e di ogni altro provvedimento di consenso, comunque denominato, di competenza comunale;
   d) adozione dei provvedimenti in materia di accesso ai documenti, ai sensi della legge 07.08.1990, n. 241;
   e) cura dei rapporti tra l’amministrazione comunale, i privati e le altre amministrazioni coinvolte nei procedimenti preordinati all’adozione degli atti di cui alla lettera c).
2. Nei comuni sprovvisti di commissione edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla commissione edilizia integrata comunale dall’allegato alla legge regionale 23.02.1982, n. 10, “Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative subdelegate dalla regione Campania ai comuni con legge regionale 01.09.1981, n. 65 - Tutela dei beni ambientali”, sono esercitate da un organo collegiale costituito dal responsabile dell’ufficio che riveste preminente competenza nella materia, con funzioni di presidente, e da quattro esperti designati dal consiglio comunale con voto limitato.
3. Nei comuni provvisti di commissione edilizia, i componenti esperti previsti dall’allegato alla legge regionale n. 10/82, sono designati dal consiglio comunale con voto limitato
.”
Oggi, con l’art. 4, comma 1, lett. m), della legge regionale 05.01.2011 n. 1, la citata previsione è stata riformulata, non solo con la modifica del comma 1, che, allo stato, ha il seguente tenore letterale “I comuni, anche in forma associata, si dotano di strutture, denominate sportelli unici per l'edilizia, alle quali sono affidati i compiti definiti dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 43-bis”, ma soprattutto con l’abrogazione dei commi 2 e 3, relativi, rispettivamente, alla commissione edilizia integrata ed all’organo collegiale, nonché alla designazione da parte del consiglio comunale dei componenti esperti previsti dall’allegato alla legge regionale n. 10/1982.
4.b.- Successivamente all’avvenuta abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 41 l.r. n. 10/1982, l’amministrazione regionale, dapprima con la nota assessorile prot. n. 942/SP del 07.07.2011 e, poi con la circolare esplicativa del 02.08.2011, ha rimarcato, tra l’altro che:
   - l’avvenuta abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 41 della l.r. n. 16/2004 non modifica il regime della delega già conferita ai Comuni della Campania, inerente la funzione amministrativa attiva regionale, volta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;
   - è vigente la disciplina di cui all’allegato alla L.R. n. 10/1982, con le procedure ivi previste per la istituzione della Commissione Edilizia Comunale integrata (C.E.C.I.), unitamente alle specifiche modalità di individuazione, elezione dei relativi componenti, nonché della durata della stessa;
   - i comuni sprovvisti di commissione edilizia (C.E.) …per poter continuare ad esercitare la funzione regionale loro conferita devono istituire, con deliberazione del consiglio comunale, la commissione locale per il paesaggio (C.L.P.) ex art. 148 del d.lgs 22.01.2004 e ss.mm.ii., costituita dal responsabile unico del procedimento …nonché da cinque membri esperti in materia di beni ambientali, così come previsti dall’allegato alla L.R. n. 10/1982, con i medesimi criteri ivi disposti, inerenti la relativa composizione, nomina e durata.
4.c.- In merito a quanto innanzi riportato, il Collegio ritiene di non aver obiezioni di sorta, in specie per quanto attiene alla immanenza della funzione attiva della Regione nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, giusta indicazione emergente ex multis dalla recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 2013 del 2012, in ordine alla competenza ad emettere autorizzazione paesaggistica, (con riferimento al riparto di competenze fra Stato ed Enti locali, di cui agli articoli 117 e seguenti della Costituzione). Con la citata pronuncia, il Consiglio di Stato ha ribadito l’attuale assetto delle competenze in materia, escludendo che potesse ritenersi, ex art. 96 T.U.E.L., radicato in capo soltanto all’ente locale “il potere di effettuare scelte che, nei termini appena indicati, implicassero il trasferimento ad un ufficio comunale della competenza ad emettere autorizzazione paesaggistica, trattandosi di competenza dello Stato, da esercitare in concorso con la Regione interessata o ad essa delegata, per ragioni di tutela rilevanti per l’intera collettività e, dunque, non affidabili a valutazioni effettuate in ambito strettamente locale" (Cons. St., sez. VI, 25.05.1996, n. 717; Cons. St., sez. Atti norm., 13.01.2003, n. 4804; cfr. anche, per il principio, Corte Cost., 25.07.2011, n. 244).
4.d.- Ad avviso del Collegio neppure il richiamo alla disciplina di cui all’allegato alla legge regionale n. 10/1982 suscita particolari perplessità e ciò anche a prescindere dalla disamina dell’approccio ermeneutico più corretto alla natura della circolare in questione.
Ciò che preme rilevare è che, nella specie, la Regione ha inteso ribadire le modalità organizzative dell’organo consultivo alle quali i Comuni, nell’esercizio della sub-delega in materia di beni ambientali di cui all’art. 1 l.r. 01.09.1981 n. 65, sono tenuti a conformarsi.
Orbene, il citato allegato stabilisce che i cinque membri sono “nominati dal Consiglio comunale tra esperti di Beni Ambientali, Storia dell’Arte, discipline agricolo forestale, Naturalistica, Storiche, Pittoriche, Arti figurative e Legislazione Beni Culturali.
La delibera consiliare di nomina di detti esperti che dovrà riportare l’annotazione, per ciascuno di essi, della materia di cui è esperto…dovrà essere rimessa, per conoscenza, al Presidente della Giunta regionale
”.
4.e.- Emerge, dunque, dal quadro complessivo sopra richiamato che il requisito dell’esperienza nelle citate materie risulta elemento necessario ed indispensabile nonché funzionale a costituire una struttura specialistica in grado di esprimere, a livello comunale, una soglia sufficiente di competenze tecnico-scientifiche integrate idonee a garantire una valutazione separata degli aspetti paesaggistici da quelli urbanistico-edilizi; requisito che necessariamente deve essere garantito, quanto meno, anche da un curriculum recante esplicitazione delle competenze comunque acquisite, nei settori indicati (vedi, in tale senso, anche Tar Puglia Lecce n. 878 del 2011, dove si afferma che “l’esperienza acquisita in impieghi pubblici, anche di elevata responsabilità, nel campo -ad esempio- dell’urbanistica, della protezione ambientale o della salvaguardia dei beni culturali può avere sicuramente un valore qualificante pari a quello del libero professionista, atteso che la possibilità di nominare anche componenti, provvisti di curriculum prevalentemente costituito da pubblici incarichi, consente di acquisire quelle esperienze e competenze interdisciplinari necessarie ad arricchire il livello tecnico-specialistico richiesto ai componenti della Commissione”).
4.f.- Trasponendo le menzionate acquisizione al caso in esame, risulta che la resistente amministrazione ha espressamente richiamato negli atti impugnati la legge regionale n. 10/1982 con il relativo allegato, nonché la nota assessorile e la relativa circolare, di talché non può assumere, in sede giurisdizionale, a propria difesa, l’inutilizzabilità dei suddetti provvedimenti che, in sede amministrativa, ha dimostrato di voler ergere a regola della propria azione amministrativa (vedi ex multis Tar Campania n. 1844 del 2012).
Risulta, altresì, che i nominativi dei componenti sono emersi solo all’esito della votazione, in carenza di qualunque curriculum vitae, o altra indicazione, utile a dimostrare il possesso dei requisiti, per cui, l’organo di indirizzo politico-amministrativo non è stato posto in grado di annotare l’indicazione della materia in cui ciascuno di essi deve stimarsi esperto.
L’error in procedendo in cui è incorsa l’amministrazione comunale non risulta suscettibile di essere recuperato neppure con le successive integrazioni deliberative, i cui contenuti (vedi dichiarazione del segretario comunale con la quale si precisa che “i curricula dei componenti della Commissione per il Paesaggio… gli sono stati forniti soltanto in via informale ed unicamente per procedere all’identificazione dei membri nominati , ma non costituiscono allegati alla delibera di Consiglio comunale che ha provveduto alla loro nomina”) rimarcano che la scelta dei componenti della Commissione per il Paesaggio è avvenuta in violazione del giusto procedimento tratteggiato dalla normativa regionale e relativi atti applicativi richiamati nelle premesse degli atti impugnati.
Per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso è fondato e va accolto con l’annullamento degli atti impugnati (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 28.05.2012 n. 1032 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa partecipazione agli organi collegiali o monocratici operanti presso la pubblica Amministrazione è da considerarsi onorifica e può dare luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente, ed i gettoni di presenza eventualmente erogati ai componenti di tali organi non possono superare la misura di 30 euro per seduta giornaliera.
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La richiesta di parere in epigrafe ha per oggetto l'art. 6, comma 1, del D.L. 31/05/2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30/07/2010, n. 122, il quale ha disposto che la partecipazione agli organi collegiali o monocratici operanti presso la pubblica Amministrazione è da considerarsi onorifica e può dare luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente, e che i gettoni di presenza eventualmente erogati ai componenti di tali organi non possono superare la misura di 30 euro per seduta giornaliera.
In particolare, il Sindaco del comune di Castellana Grotte (BA) chiede se detta disposizione si applichi anche alla commissione locale per il paesaggio, prevista dal 1° comma dell'art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 nonché dall'art. 8 della Legge Regionale n. 20 del 07.10.2009 ed istituita presso il Comune, tenuto conto che il Consiglio comunale, in sede di regolamento disciplinante il funzionamento di tale organismo -approvato nel 2010- ha previsto l’erogazione di un gettone di presenza ai componenti della suddetta commissione per la partecipazione alle relative sedute in misura non inferiore al gettone percepito dai consiglieri comunali, che è comunque superiore ad € 30.
Ragion per cui chiede se la commissione de qua “rientri nel novero degli organi collegiali considerati onorifici” soggetti alla riduzione di spesa che occupa.
...
 La richiesta di parere che occupa verte sulla inclusione o meno della commissione per il paesaggio, prevista dal 1° comma dell'art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e dall’art. 8 della Legge Regionale pugliese n. 20 del 7.10.2009, nel campo di applicazione dell’art. 6, comma 1, del d.l. 31.05.2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30.07.2010, n. 122. Tale previsione, al fine di ridurre i costi degli apparati amministrativi:
   - stabilisce che la partecipazione agli organi collegiali di cui all'articolo 68, comma 1, del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 06.08.2008, n. 133 ha natura onorifica e può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente;
   - fissa il tetto massimo in caso di eventuale erogazione di gettoni di presenza, che non possono superare l'importo di 30 euro per ogni seduta giornaliera.
La stessa norma poi espressamente esonera dalla previsione testé delineata le commissioni che svolgono funzioni giurisdizionali, gli organi previsti per legge che operano presso il Ministero per l'ambiente, e altre strutture testualmente indicate dalla norma stessa.
È bene precisare che l’art. 68 del citato decreto legge n. 112 del 2008 (rubricato “Riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture”), cui rinvia lo stesso art. 6, comma 1 cit., si colloca a sua volta nella scia dell'articolo 29 del decreto-legge 04.07.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 04.08.2006, n. 248, il quale ha avviato un percorso finalizzato al contenimento della spesa di commissioni, comitati ed altri organismi operanti presso le Amministrazioni statali (e non statali, per evidenti ragioni di coordinamento finanziario, in base al successivo comma 3), disponendone il riordino anche mediante la loro soppressione o accorpamento e previa valutazione della “perdurante utilità” degli stessi (comma 2-bis), il cui esito favorevole avrebbe consentito di assoggettarli ad un regime di proroga e dunque di sopravvivenza ad tempus.
L’art. 68 ha portato avanti tale percorso anche al fine di realizzare, entro il triennio 2009-2011, la graduale riduzione di tali organismi fino al definitivo trasferimento delle attività ad essi demandate alle relative Amministrazioni, e ha escluso ex lege dal regime di proroga sopra indicato una serie di enti collegiali aventi determinate caratteristiche, che dunque dovevano essere assolutamente e immediatamente soppressi.
In questo tessuto normativo si innesta l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale si propone di portarne a compimento l’obiettivo, anche se mediante un meccanismo che non incide più sull’obbligo di eliminazione di tali organi, bensì sulla natura della partecipazione agli stessi, che diviene onorifica; ne consegue l’impossibilità di erogare corrispettivi o emolumenti comunque denominati che non siano riconducibili al mero rimborso delle spese sostenute (ove previsto dalla normativa vigente); una parziale deroga a detto divieto è posto dalla successiva parte della disposizione, che in ogni caso fissa nell'importo massimo di 30 euro a seduta giornaliera la misura massima possibile eventualmente erogabile.
In sostanza, le disposizioni su riportate sono accomunate dalla medesima ratio del raggiungimento dell’obiettivo di contenimento delle spese degli organi collegiali non indispensabili delle pp.AA., le quali sono evidentemente ritenute dal legislatore una delle componenti su cui incidere per ridurre la spesa pubblica.
3.1. Venendo al caso di specie, la risoluzione della connessa questione presuppone una breve indagine sulla natura e sulle funzioni delle commissioni per il paesaggio, previste dal 1° comma dell'art. 148 del codice dei beni culturali e del paesaggio (nel prosieguo, per brevità, “codice”), approvato con il sopra citato D.Lgs. n. 42 del 2004.
È bene premettere che il precedente art. 146 del codice prevede una particolare procedura in materia di richiesta e di rilascio di autorizzazione paesaggistica. Per quanto qui occupa, va osservato che la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio spetta alle regioni (comma 5), le quali la esercitano o avvalendosi di propri uffici ovvero delegandone l'esercizio –tra gli altri- agli enti locali, purché questi dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra l’ufficio che rilascia il titolo abilitativo in materia urbanistico-edilizia e quello preposto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (comma 6).
Non è superfluo osservare che il comma 16 dell’art. 146 citato dispone che l’attuazione dello stesso articolo non deve determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ragion per cui un’eventuale delega di tali funzioni da parte delle regioni agli altri enti territoriali deve avvenire a costo zero.
Il successivo articolo 148 rimette alle regioni la possibilità di prevedere, in caso di delega, l'istituzione di commissioni per il paesaggio (composte da esperti nella materia della tutela del paesaggio), onde supportare tecnicamente i soggetti ai quali sono delegate le suddette competenze ai sensi dell'articolo 146, sub specie di espressione di pareri nel corso dei procedimenti autorizzatori previsti dal codice. Trattasi quindi di attività di amministrazione consultiva di natura endoprocedimentale non avente riflessi diretti nella sfera giuridica dei terzi richiedenti.
Per quanto riguarda la regione Puglia, la legge regionale n. 20 del 07.10.2009, recante “Norme per la pianificazione paesaggistica”, contiene all’art. 7 la delega ai comuni delle funzioni in materia paesaggistica. Il successivo articolo 8 (“Commissioni locali per il paesaggio”) stabilisce che “Gli enti delegati al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica istituiscono, preferibilmente in forma associata, la commissione locale per il paesaggio a norma dell’articolo 148 del d.lgs. 42/2004, che esprime parere nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica”.
Orbene, dall’esame di tali previsioni emerge che nella regione Puglia l’istituzione delle commissioni per il paesaggio è obbligatoria. L’uso dell’indicativo presente da parte del legislatore regionale ("istituiscono") è sicuro indice, infatti, della prescrizione di un obbligo ("devono istituire"), piuttosto che dell’attribuzione di una facoltà ("possono istituire"). Ne consegue che in tale Regione lo stesso legislatore ha effettuato, a monte, la valutazione della indispensabilità di tale organo, valutazione che può ritenersi non irragionevole in quanto finalizzata a fornire un ausilio tecnico agli uffici dei comuni delegati (tra i quali ve ne sono innumerevoli di piccole dimensioni) ai fini del rilascio di un’autorizzazione in una materia che richiede una particolare competenza specialistica (si rammenta che in precedenza tali competenze erano assorbite dalla commissione edilizia, la cui istituzione è ora meramente facoltativa giusto l’art. 4, comma 2, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”).
Tuttavia,
nonostante l’obbligatorietà, la stessa norma che per prima ne ha previsto la possibile istituzione (rimettendone la decisione in tal senso alle regioni: art. 146 del codice), afferma in maniera netta che l’eventuale istituzione di tali organismi non deve comportare nuovi oneri per la finanza pubblica.
Logico corollario, ad avviso della Sezione, è che
il citato art. 146 del codice, letto in combinato disposto con l’art. 8 della l.r. n. 20 del 2009, con l’art. 6, comma 1, del richiamato d.l. n. 78 del 2010 e con i suoi antecedenti normativi, impone di considerare le commissioni de quibus soggette agli obiettivi di contenimento della spesa imposti dal legislatore del 2010.
In conclusione,
il Collegio reputa che la partecipazione alle commissioni locali per il paesaggio istituite in attuazione dell’art. 148 del codice e dell’art. 8 della legge regionale pugliese n. 20 del 2009 è da ritenersi onorifica (Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia, parere 18.04.2012 n. 52 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: La proposta di nomina a componente di una commissione è illegittima laddove inficiata da una totale e assoluta carenza di motivazione.
Come già ritenuto dal giudice di appello, l’assenza di ogni e qualunque motivazione nella proposta di nomina non può trovare giustificazione nel fatto che la proposta rientrasse nel novero degli atti di alta amministrazione, atteso che tale categoria di atti amministrativi soggiace, comunque, alla disciplina generale degli atti amministrativi per i quali non è ipotizzabile, alla luce di quanto previsto dagli artt. 24, 97 e 113 della Cost., alcun vuoto di tutela giurisdizionale.
E invero, per gli atti di nomina pacificamente si ritiene che “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di “alta amministrazione”, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle amministrazioni stesse; si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici.
In altre parole, la motivazione della scelta –sia pure effettuata latamente "intuitu personae"– deve comunque ancorarsi all’esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale, e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire.
L'obbligo di motivazione a carico della p.a. deriva inoltre dalla sussistenza, a fronte della potestà esercitata, di posizioni soggettive direttamente tutelate dall'ordinamento; pertanto, anche tale atto deve essere emanato sulla base di una conoscenza adeguata dello stato dei fatti, di un'esatta interpretazione della volontà della legge e di un soppesamento delle situazioni soggettive rilevanti”.
Deve ancora aggiungersi che, essendo gli atti di alta amministrazione formalmente e sostanzialmente atti amministrativi, essi sono comunque soggetti all’obbligo di motivazione, essendo chiuso nel sistema, dopo l’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, ogni spazio per la categoria dei provvedimenti amministrativi c.d. a motivo libero, e posto che la connotazione di un atto amministrativo come un atto di alta amministrazione non vale di per sé ad escludere l'onere di motivazione a carico dell'Amministrazione.
In aggiunta alle superiori considerazioni, è da ritenere che nel caso in esame l'obbligo motivazionale si imponesse con maggior rigore, dovendo la motivazione assolvere all'obbligo di rendere comunque trasparente ed imparziale la scelta posta in essere dalla P.A., trattandosi di nomina non preceduta da una qualche procedura selettiva introdotta da un bando di partecipazione che provvedesse a specificare criteri e requisiti astrattamente predeterminati dalla legge.
Le considerazioni svolte in ordine all’obbligo di motivazione rendono evidente il vizio invalidante in cui è incorsa l’Amministrazione nella procedura di nomina in contestazione, omettendo ogni motivazione tout court rispetto all’esercizio del potere effettuato con la proposta, vizio nella specie aggravato dalla circostanza che il Ministero procedeva a rettificare la originaria proposta, sostituendo il nominativo originario con un altro, senza motivare né in ordine alla estromissione del primo soggetto, né in ordine alla scelta del secondo.
E in una procedura di nomina quale quella descritta al comma 6, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 261/1999, caratterizzata da una ben amplia discrezionalità, il sindacato giurisdizionale, che non può di certo essere escluso pur dovendo rimanere circoscritto all'accertamento estrinseco della legittimità della nomina -cioè al riscontro dell’esistenza dei presupposti e dell’esistenza e congruità del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusione- intanto può svolgersi, in quanto i criteri seguiti dall'Amministrazione ai fini della scelta o, comunque, le ragioni giustificatrici della stessa, emergano dall’ordito motivazionale dell’atto.

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1. L’avv. Ma.Fi., odierno esponente, premette di essere un professionista con un’amplissima e qualificata esperienza nel settore della regolazione postale.
A decorrere dall’agosto 2004 è il Direttore Generale della Direzione Generale per la Regolamentazione del settore Postale, istituita presso il Ministero dello Sviluppo Economico quale Autorità di settore designata ex lege (art. 2 del d.lgs 261/1999, ante modifiche introdotte dal d.lgs. 58/2011), a seguito della trasposizione della Direttiva europea 97/67/CE.
Sempre dal 2004 l’odierno esponente è membro effettivo e rappresentante nazionale in seno al Comitato Direttiva Postale istituito presso la Commissione Europea (Direttiva 96/67/CE) e rappresentante nazionale in seno all’U.P.U., Unione Postale Universale, operante in ambito O.N.U. per il settore postale.
2. Con d.lgs n. 58 del 31.03.2011 –che ha novellato il d.lgs. n. 261 del 22.7.1999- è stata istituita in Italia l’Agenzia Nazionale di Regolamentazione del Settore Postale (di seguito, anche “ANSP” o “Agenzia”) con funzioni di regolamentazione, programmazione, controllo e vigilanza del settore postale.
Ai sensi dell’art. 2, comma 6, del citato Decreto Legislativo, come novellato, le funzioni di programmazione, indirizzo regolazione e controllo nelle materia di competenza sono affidate ad un Collegio, costituito da tre membri di cui uno con funzione di presidente.
Quanto alla procedura di nomina dei componenti del Collegio, si prevede che essi siano nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari e che “i membri del Collegio sono scelti tra persone dotate di indiscusse moralità e indipendenza, alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore”.
3. Tanto precisato, il Fi. rappresenta che, con nota protocollo n. 9489 del 04.05.2011, il Ministro per lo sviluppo economico, nell’indicare la terna di nominativi per la designazione a componente del Collegio in questione, insieme ad altri due nominativi proponeva anche quello del ricorrente. Tuttavia, lo stesso giorno il Ministro per lo sviluppo economico modificava la proposta sostituendo il suddetto nominativo con quello dell' Avv. Fr.So. e pertanto la proposta di composizione del Collegio veniva riformulata nei mutati termini.
4. Sulla base di tale ultima proposta, il Consiglio dei Ministri nella riunione n. 138 del 05.05.2011 attivava il procedimento per la nomina dei componenti del Collegio de qua; nomina questa che veniva, poi, formalizzata nella seduta del 09.06.2011.
A seguito di ciò, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto del 14.06.2011, definitivamente disponeva la nomina dei componenti, tra i quali non figurava, dunque, l’avv. Fi..
5. Con il ricorso in epigrafe l’odierno esponente impugna tutti gli atti del procedimento, deducendone l’illegittimità, e ne chiede l’annullamento nella parte in cui, nella terna dei nominativi indicati per la designazione a componente del Collegio in questione, poi avvenuta con decreto presidenziale del 14.06.2011, il ricorrente è stato pretermesso e sostituito con l’Avv. Fr.So., odierno controinteressato.
Afferma di avere interesse ad impugnare i succitati provvedimenti in quanto in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la nomina, essendo stato originariamente contemplato e poi immotivatamente estromesso.
6. Il ricorrente affida il gravame ad un unico articolato motivo:
   - violazione dell'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 261/1999 e s.m.i. - violazione degli artt. 3 e 21-octies, comma 1, della legge n. 241/1990 e s.m.i per assoluta carenza motivazionale, violazione ed eccesso di potere, carenza istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, violazione del principio di buon andamento, irragionevolezza, ingiustizia manifesta.
Il contenuto “telegrafico” dell’impugnata nota prot. n. 9619 del 04.05.2011 non consente di comprendere per quale motivo il ricorrente, in possesso di una qualificata e duratura esperienza riconosciuta e maturata proprio nel campo della regolamentazione del settore postale, essendo stato dapprima individuato ai fini della nomina in questione, sia stato poi repentinamente estromesso.
L’illegittimità degli atti impugnati emerge ancor di più alla luce delle disposizioni che disciplinano i requisiti richiesti per la nomina, ed in particolare della “riconosciuta professionalità e competenza nel settore”, tutti posseduti dal ricorrente.
La mutata scelta dell’Organo proponente non appare inoltre giustificabile alla luce della nomina effettuata in favore di altro soggetto, meno titolato del ricorrente quanto ad esperienza professionale nel settore.
7. Nel presente giudizio si costituiva la difesa erariale, in rappresentanza e difesa della Presidenza della Repubblica, del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dello Sviluppo Economico, che chiedeva il rigetto del gravame nel merito; in via preliminare, la stessa eccepiva: il difetto assoluto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 7, comma 1, del c.p.a., per i pareri espressi dalle Commissioni parlamentari sulle designazioni effettuate dal Governo nella procedura di nomina de qua; la carenza di interesse del ricorrente i quale, in assenza di una procedura concorsuale e di una commissione esaminatrice, sarebbe portatore di un mero interesse di fatto, che non lo abiliterebbe a sindacare il merito di una scelta adottata nel rispetto delle previste procedure.
8. Per resistere al ricorso in epigrafe si costituiva, altresì, l’avv. Fr.So., che in via pregiudiziale eccepiva l’inammissibilità del ricorso sotto i seguenti profili:
   - per difetto assoluto di giurisdizione, in quanto la nomina gravata sarebbe un atto politico sottratto al sindacato giurisdizionale e, ove pure essa concretasse un atto di alta amministrazione, non sarebbe scrutinabile perché la scelta posta in essere dai pubblici poteri attiene alla sfera del merito e non potrebbe dunque essere contestata;
   - per carenza di interesse ad agire, atteso che il Fi. non vanterebbe alcun interesse giuridicamente tutelato in ordine alla nomina e, in caso di accoglimento del ricorso, non otterrebbe comunque il bene per cui agisce; lo stesso soggetto non sarebbe titolare neanche di un interesse diffuso, in quanto privo dei requisiti di indipendenza richiesti dalla legge ai fini dell’assunzione dell’incarico in questione, esistendo un collegamento molto stretto tra il ricorrente e l’organo politico che ha il potere di proposizione della nomina.
   - per carenza di interesse ad agire, perché la proposta di nomina si configurerebbe quale atto di natura endoprocedimentale, privo di contenuto provvedimentale e quindi sprovvisto di efficacia lesiva immediata.
9. Con ordinanza n. 3075/2011 del 31.08.2011, la Sezione respingeva la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati; detti provvedimenti venivano poi sospesi a seguito dell’appello cautelare spiegato dal ricorrente, con ordinanza del Consiglio di Stato n. 5144/2011 del 23.11.2011.
10. In pendenza del presente giudizio, l’art. 21 del D.L. n. 201/2011 (conv. con legge n. 214/2011) disponeva la soppressione dell’Agenzia Nazionale di Regolamentazione del Settore Postale e la sua incorporazione all’Autorità Garante per le Comunicazioni.
11. A seguito del mutato quadro normativo, con memoria depositata in data 21.01.2012 il controinteressato spiegava un’ulteriore eccezione di inammissibilità (recte: di improcedibilità) del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ad agire del ricorrente.
12. Con memoria del 06.02.2012 l’odierno deducente replicava manifestando la persistenza dell’“interesse ad ottenere una pronuncia giurisdizionale finalizzata ad accertare ab imis l’illegittimità della procedura amministrativa di nomina, anche in applicazione del criterio della c.d. soccombenza virtuale, e ciò sia ai futuri fini risarcitori per il danno all’immagine professionale, morale ed esistenziale ingiustamente subito, ma anche ai fini delle ripartizione delle spese di lite del presente giudizio”.
...
3. Disattese dunque le eccezioni pregiudiziali, può passarsi all’esame del merito del gravame.
L’odierno deducente denuncia l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto affetti dal vizio di difetto di motivazione: in particolare, egli lamenta che il laconico contenuto della proposta di nomina, come riformulata dopo la sostituzione del suo nominativo con quello del So., odierno controinteressato, non consentisse in alcun modo di comprendere le ragioni della subita estromissione, e ciò ancor più inspiegabilmente a fronte di una qualificata e duratura esperienza del ricorrente nel campo della regolamentazione del settore postale.
Né tale mutata scelta sarebbe giustificabile alla luce della nomina effettuata in favore del predetto soggetto, la cui esperienza professionale nel settore, a dire del ricorrente, risulterebbe inferiore a quella propria.
3.1 Le censure, nella misura in cui sono dirette a contestare il difetto di motivazione degli atti gravati, sono meritevoli di sicura adesione.
3.2 Come già ritenuto dal giudice di appello con la su indicata ordinanza cautelare, l’assenza di ogni e qualunque motivazione nella proposta di nomina non poteva trovare giustificazione nel fatto che la proposta rientrasse nel novero degli atti di alta amministrazione, atteso che tale categoria di atti amministrativi soggiace comunque alla disciplina generale degli atti amministrativi, per i quali non è ipotizzabile, alla luce di quanto previsto dagli artt. 24, 97 e 113 della Cost., alcun vuoto di tutela giurisdizionale.
3.3 E invero, per gli atti di nomina pacificamente si ritiene che “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice delle amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di “alta amministrazione”, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo e di governo delle autorità preposte alle amministrazioni stesse; si deve osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di titoli specifici (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 25.05.2005, n. 2706).
In altre parole, la motivazione della scelta –sia pure effettuata latamente "intuitu personae"– deve comunque ancorarsi all’esito di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro capacità organizzative, sul loro prestigio personale, e sul prestigio che eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire.
L'obbligo di motivazione a carico della p.a. deriva inoltre dalla sussistenza, a fronte della potestà esercitata, di posizioni soggettive direttamente tutelate dall'ordinamento; pertanto, anche tale atto deve essere emanato sulla base di una conoscenza adeguata dello stato dei fatti, di un'esatta interpretazione della volontà della legge e di un soppesamento delle situazioni soggettive rilevanti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 20.12.1996, n. 1304)
” (così: Tar Lazio, Roma, III-quater, 22.01.2009, n. 517).
3.4 Deve ancora aggiungersi che, essendo gli atti di alta amministrazione formalmente e sostanzialmente atti amministrativi, essi sono comunque soggetti all’obbligo di motivazione, essendo chiuso nel sistema, dopo l’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, ogni spazio per la categoria dei provvedimenti amministrativi c.d. a motivo libero, e posto che la connotazione di un atto amministrativo come un atto di alta amministrazione non vale di per sé ad escludere l'onere di motivazione a carico dell'Amministrazione (cfr. Tar Lazio, Roma, II-ter, 28.05.2004, n. 5076).
3.5 In aggiunta alle superiori considerazioni, è da ritenere che nel caso in esame l'obbligo motivazionale si imponesse con maggior rigore, dovendo la motivazione assolvere all'obbligo di rendere comunque trasparente ed imparziale la scelta posta in essere dalla P.A., trattandosi di nomina non preceduta da una qualche procedura selettiva introdotta da un bando di partecipazione che provvedesse a specificare criteri e requisiti astrattamente predeterminati dalla legge.
4. Le considerazioni svolte in ordine all’obbligo di motivazione rendono evidente il vizio invalidante in cui è incorsa l’Amministrazione nella procedura di nomina in contestazione, omettendo ogni motivazione tout court rispetto all’esercizio del potere effettuato con la proposta, vizio nella specie aggravato dalla circostanza che il Ministero procedeva a rettificare la originaria proposta, sostituendo il nominativo originario con un altro, senza motivare né in ordine alla estromissione del primo soggetto, né in ordine alla scelta del secondo.
E in una procedura di nomina quale quella descritta al comma 6, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 261/1999, caratterizzata da una ben amplia discrezionalità, il sindacato giurisdizionale, che non può di certo essere escluso pur dovendo rimanere circoscritto all'accertamento estrinseco della legittimità della nomina -cioè al riscontro dell’esistenza dei presupposti e dell’esistenza e congruità del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusione (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 10.07.2007, n. 3893)- intanto può svolgersi, in quanto i criteri seguiti dall'Amministrazione ai fini della scelta o, comunque, le ragioni giustificatrici della stessa, emergano dall’ordito motivazionale dell’atto.
5. La proposta di nomina gravata, di contro, era inficiata da una totale e assoluta carenza di motivazione, sotto tutti gli anzidetti profili; essa risultava pertanto illegittima e, per l’effetto, determinava l’invalidità di tutti i successivi atti del procedimento.
6. Per le ragioni complessivamente illustrate il ricorso è dunque fondato e, assorbita ogni altra deduzione ed eccezione, deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 05.03.2012 n. 2223 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA: E' illegittimo il regolamento adottato da un Comune per la nomina dei componenti della Commissione locale per il paesaggio, prevista dall'art. 148, D.Lgs. n. 42/2004, nella parte in cui, in modo ingiustificato e quindi irragionevole, ha limitato la candidatura degli aspiranti componenti ai soli liberi professionisti proposti dai rispettivi Ordini.
Il Comune, con l’adozione del Regolamento per il funzionamento della Commissione, ha previsto che:
   - i componenti della commissione, stabiliti in numero di tre, devono aver maturato un’esperienza almeno quinquennale esclusivamente nell’ambito della libera professione (art. 2);
   - la nomina dei tre esperti spetta al Consiglio Comunale sulla base di un rendiconto del Dirigente competente, che valuta tre terne di candidature proposte rispettivamente dagli Ordini professionali degli Architetti, degli Ingegneri, dei Geologi ed Agronomi (art. 3).
In questa prospettiva, visto il quadro normativo, risulta ingiustificata e quindi irragionevole, la scelta discrezionale del Comune di limitare la candidatura ai soli liberi professionisti proposti dai rispettivi Ordini, posto che una tale limitazione restringe aprioristicamente il campo delle scelte possibili e quindi delle competenze e delle esperienze impiegabili nell’attività della Commissione.
L’ordinamento legislativo vigente, sopra richiamato, non prevede infatti una simile discriminazione, stabilendo solo il requisito della “qualificata esperienza” funzionale a costituire una struttura specialistica come la Commissione per il paesaggio che, a livello comunale, consenta di raggiunge una soglia sufficiente di competenze tecnico-scientifiche integrate idonee a garantire una valutazione separata degli aspetti paesaggistici da quelli urbanistico-edilizi; tale requisito appare evidentemente garantito anche da un curriculum svolto nel settore pubblico.
Inutilmente discriminatoria e immotivata risulta dunque la distinzione tra liberi professionisti e pubblici dipendenti, anche alla luce delle richiamate indicazioni regionali, atteso che l’esperienza acquisita in impieghi pubblici, anche di elevata responsabilità, nel campo -ad esempio- dell’urbanistica, della protezione ambientale o della salvaguardia dei beni culturali può avere sicuramente un valore qualificante pari a quello del libero professionista, atteso che la possibilità di nominare anche componenti, provvisti di curriculum prevalentemente costituito da pubblici incarichi, consente di acquisire quelle esperienze e competenze interdisciplinari necessarie ad arricchire il livello tecnico-specialistico richiesto ai componenti della Commissione.
Conseguentemente, nel rispetto del primario interesse di garantire la pluralità della rappresentanza nell’organo consultivo nei termini indicati e al fine di assicurare una composizione della commissione in cui convergano molteplici e variegate esperienze professionali, il Dirigente incaricato di formulare la proposta al Consiglio comunale non dovrà ritenersi vincolato dalla proposta formulata dagli Ordini professionali.

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1. Con il ricorso epigrafe originariamente proposto l’Ing. Ru. ha impugnato la delibera del Consiglio Comunale di Martina Franca con cui è stata istituita e regolata la Commissione locale per il paesaggio, organo consultivo previsto dell’art. 148 D.lgs. 42/2004.
Con successivi motivi aggiunti ha poi impugnato la nota comunale del 29.11.2010 con cui il Comune di Martina Franca gli ha comunicato di non poter tener conto della sua candidatura a componente della citata Commissione.
1.1 - Con il ricorso originariamente proposto vengono dedotte le seguenti censure:
   - violazione artt. 146 e 148 d.lgs. 42/2004 e art. 8 L. 20/2009, violazione delibera GR 2273/2009, violazione artt. 3 e 97 Cost.; violazione dei principi di evidenza pubblica e favor partecipationis, violazione art. 3 L. 241/1990, eccesso di potere;
   - violazione art. 3 e 10-bis L. 241/1990, violazione della par condicio, eccesso di potere.
1.2 - Con i motivi aggiunti si deduce:
   - violazione artt. 146 e 148 d.lgs. 42/2004 e art. 8 L. 20/2009, violazione delibera GR 2273/2009, violazione L. 241/1990, eccesso di potere.
...
2. - Il gravame merita di essere accolto.
2.1 - Il ricorrente lamenta che le modalità di nomina prescelte dal Comune pregiudicherebbero irragionevolmente la possibilità di accesso alla Commissione per chi, come lui, ha acquisito un’esperienza curriculare in qualità di pubblico dipendente e non di libero professionista,.
Il motivo è fondato.
2.2 – Al riguardo il Collegio deve precisare quanto segue:
   - Con deliberazione del 27.09.2010 il Consiglio Comunale ha istituito la Commissione locale per il paesaggio e ne ha approvato il relativo regolamento.
   - La detta Commissione è prevista espressamente dall’art. 148 D.lgs. 42/2004, spettandole funzioni consultive nel corso dei procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
   - In merito alla composizione, l’art. 148 si limita a stabilire che la Commissione deve essere composta “da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio”, senza esprimere alcuna limitazione o preferenza tra distinte categorie professionali.
   - La L.R. Puglia 20/2009 ha poi precisato che le Commissioni per il paesaggio sono composte da “esperti in possesso di diploma di laurea attinente alla tutela paesaggistica, alla storia dell’arte e dell’architettura, al restauro, al recupero e al riuso dei beni architettonici e culturali, alla progettazione urbanistica e ambientale, alla pianificazione territoriale, alle scienze agrarie o forestali e alla gestione del patrimonio naturale”.
   - La Commissione per il paesaggio deve essere costituita nell’ambito dei Comuni, in quanto soggetti delegati al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, fermo comunque un potere di vigilanza in capo all’ente regionale, stabilito dalla legge statale (cfr. art. 148 D.lgs. 42/2004 “le Regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica”) e confermato implicitamente dalla legge regionale (cfr. art. 8 LR 20/2009 “I Comuni trasmettono alla Regione copia del provvedimento istitutivo della commissione locale per il paesaggio, delle nomine dei singoli componenti e dei rispettivi curricula”).
   - In questo ambito la Regione Puglia, con Delibera G.R. n. 2273/2009 ha stabilito i requisiti minimi obbligatori dei componenti della Commissione, anche al fine di rendere omogenea la competenza tecnico-scientifica dei soggetti chiamati ad esprimersi sulle proposte edilizie, nell’ambito delle prerogative delegate; in quest’occasione si è considerata parificata l’esperienza acquisita come libero professionista a quella di dipendente pubblico.
2.3 – Ciò posto si osserva che il Comune, con l’adozione del Regolamento per il funzionamento della Commissione ha invece previsto che:
   - i componenti della commissione, stabiliti in numero di tre, devono aver maturato un’esperienza almeno quinquennale esclusivamente nell’ambito della libera professione (art. 2);
   - la nomina dei tre esperti spetta al Consiglio Comunale sulla base di un rendiconto del Dirigente competente, che valuta tre terne di candidature proposte rispettivamente dagli Ordini professionali degli Architetti, degli Ingegneri, dei Geologi ed Agronomi (art. 3).
2.4 - In questa prospettiva, visto il quadro normativo, risulta ingiustificata e quindi irragionevole, la scelta discrezionale del Comune di Martina Franca di limitare la candidatura ai soli liberi professionisti proposti dai rispettivi Ordini, posto che una tale limitazione restringe aprioristicamente il campo delle scelte possibili e quindi delle competenze e delle esperienze impiegabili nell’attività della Commissione.
L’ordinamento legislativo vigente, sopra richiamato, non prevede infatti una simile discriminazione, stabilendo solo il requisito della “qualificata esperienza” funzionale a costituire una struttura specialistica come la Commissione per il paesaggio che, a livello comunale, consenta di raggiunge una soglia sufficiente di competenze tecnico-scientifiche integrate idonee a garantire una valutazione separata degli aspetti paesaggistici da quelli urbanistico-edilizi; tale requisito appare evidentemente garantito anche da un curriculum svolto nel settore pubblico.
Inutilmente discriminatoria e immotivata risulta dunque la distinzione tra liberi professionisti e pubblici dipendenti, anche alla luce delle richiamate indicazioni regionali, atteso che l’esperienza acquisita in impieghi pubblici, anche di elevata responsabilità, nel campo -ad esempio- dell’urbanistica, della protezione ambientale o della salvaguardia dei beni culturali può avere sicuramente un valore qualificante pari a quello del libero professionista, atteso che la possibilità di nominare anche componenti, provvisti di curriculum prevalentemente costituito da pubblici incarichi, consente di acquisire quelle esperienze e competenze interdisciplinari necessarie ad arricchire il livello tecnico-specialistico richiesto ai componenti della Commissione.
Conseguentemente, nel rispetto del primario interesse di garantire la pluralità della rappresentanza nell’organo consultivo nei termini indicati e al fine di assicurare una composizione della commissione in cui convergano molteplici e variegate esperienze professionali, il Dirigente incaricato di formulare la proposta al Consiglio comunale non dovrà ritenersi vincolato dalla proposta formulata dagli Ordini professionali.
2.5 - Alla luce delle precedenti considerazioni, la scelta di escludere candidati con esperienza maturate in qualità di pubblici impiegati risulta dunque illegittima in quanto frutto di una scelta normativa discrezionale ingiustificata e irragionevole e quindi sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere.
3. - In conclusione, il ricorso originariamente proposto e i motivi aggiunti sono accolti nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, sono annullati gli atti impugnati. Assorbite le ulteriori censure (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 19.05.2011 n. 878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

ENTI LOCALISpese legali, il comune paga tutti. La Corte conti estende il diritto alla rifusione dei costi di giudizio in caso di proscioglimento. Rimborsi anche ai componenti esterni delle commissioni edilizie.
I comuni possono rimborsare le spese legali sostenute dai componenti esterni delle commissioni edilizie nel caso di proscioglimento con sentenza passata in giudicato per fatti relativi alla propria attività istituzionale. Perché possa maturare la responsabilità contabile degli amministratori in sede di rimborso illegittimo delle spese legali occorre che nella loro condotta sia presente il requisito della colpa grave, il che non si realizza nei casi in cui è richiesta una approfondita conoscenza giuridica nonché nei casi in cui i pareri, ivi compreso quello di legittimità del segretario comunale, sono stati favorevoli.
Sono queste le più importanti indicazioni contenute nella sentenza 08.02.2010 n. 30 della II sezione giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei Conti.
La sentenza ha un carattere per molti aspetti innovativo, come dimostrato anche dal fatto che essa ha annullato la condanna inflitta in primo grado ai componenti la giunta di un comune che avevano deliberato il rimborso delle spese legali ai componenti la commissione edilizia.
Da sottolineare che, in precedenza, questa possibilità era stata negata in quanto tali soggetti non sono né dipendenti né amministratori. E ancora, che in presenza di condizioni che fanno giudicare illegittima la scelta dell'ente la decisione è andata nella direzione della condanna per maturare di responsabilità amministrativa ... (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 32 - link a www.corteconti.it).