dossier COMMISSIONE
COMUNALE PER IL PAESAGGIO (nomina membri, compenso,
ecc.) |
anno 2021 |
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ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: E'
illegittima la deliberazione di Giunta Comunale che nomina i componenti
della Commissione comunale per il paesaggio senza aver preliminarmente
operato (e dato conto nel dispositivo) l'obbligatoria “comparazione dei
curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali
e, più in generale, imposta da principi generali del procedimento
amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
La delibera comunale impugnata ha affidato la scelta dei
tre componenti della Commissione alla seguente, testuale motivazione: “Ritenuto
pertanto di procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale
paesaggistica, sulla base dei curriculum e della documentazione presentata,
dai quali è desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio
richiesto, anche qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio
(…)”.
In sostanza, la giunta comunale si è limitata a dare atto che i tre
componenti nominati erano risultati in possesso dei requisiti richiesti dal
bando, ma ha omesso del tutto di effettuare la “comparazione dei
curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali e, più in generale, imposta da principi generali
del procedimento amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
La necessità di una valutazione comparativa dei profili dei vari
candidati e di una adeguata motivazione in ordine alla scelta effettuata è
stata affermata dalla giurisprudenza amministrativa persino in relazione
alla designazione degli organi di vertice dell’Amministrazione, notoriamente
effettuata con criteri eminentemente fiduciari basati sull’intuitus
personae e attraverso atti di alta amministrazione connotati da
amplissima discrezionalità; è stato affermato, al riguardo, che:
- “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice
delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base
a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di
alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo
e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve
osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le
ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una
scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di
titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure
effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito
di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi
la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi
nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti
dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura
sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che
eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e
che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire".
Se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in
giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell'Amministrazione, a fortiori la stessa deve ritenersi imprescindibile allorquando si
tratti di nominare gli esperti di una commissione tecnica che s'inserisce,
sia pur con criteri d'elevata professionalità e competenza, nell'ambito
dell'esercizio delle ordinarie funzioni amministrative attribuite all'ente
locale nello specifico settore della tutela del paesaggio.
In buona sostanza, se persino gli atti di alta amministrazione a valenza
fiduciaria non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell'obbligo di
una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non
residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi cd. a
motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue
che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d'effettuare una scelta
tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed
attitudini a ricoprire l'incarico (come emergenti dai rispettivi curricula)
-incarico, si ripete, compreso nell'ambito delle ordinarie attribuzioni
dell'ente locale, sia pur di natura settoriale- non può prescindersi, a
maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico-comparativo, tendente
all'emersione delle ragioni della scelta di uno o più candidati in
questione, e dalla quale, in particolare, s'evincano le ragioni per le quali
i medesimi siano stati considerati i più adatti a rivestire la medesima
carica
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Nel caso di specie, la valutazione comparativa dei curricula dei cinque
candidati è mancata del tutto o, quantomeno, la stessa -ove mai effettuata-
non è stata evidenziata in motivazione, tant’è che la stessa difesa del
Comune ha ammesso trattarsi di una motivazione “criptica”.
Una motivazione criptica è di per sé una motivazione illegittima perché
contraddice la funzione essenziale attribuitale dall’ordinamento, che è
quella di indicare (in modo comprensibile) “i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione,
in relazione alle risultanze dell'istruttoria” (art. 3 L. 241/1990).
Trattandosi di un principio generale applicabile nei più disparati
settori in cui si esplica l’azione amministrativa, appare del tutto
irrilevante la circostanza, dedotta dalla difesa del Comune, che nel caso di
specie non si sia trattato di una gara d’appalto o di un concorso
preordinato all’assunzione di un dipendente del Comune; tanto più che, nel
caso della nomina della commissione locale per il paesaggio, la necessità di
una “comparazione dei curricula delle candidature presentate” è stata
esplicitata dalla giunta regionale all’atto di dettare, con citata la D.G.R.
06.08.2008 n. 8/7977, i “criteri per la verifica, nei soggetti delegati
all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, della
sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico
scientifica”.
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Circa la
dedotta violazione del principio di rotazione, sul rilievo che due dei tre
componenti nominati siedono nella medesima commissione rispettivamente da
oltre 20 anni e da oltre 10 anni richiamando i principi affermati nel Piano
Nazionale Anticorruzione 2016 approvato dall’ANAC con delibera n. 831 del
03.08.2016, va detto che il Piano Nazionale Anticorruzione è “atto generale di indirizzo”
rivolto a tutte le amministrazioni che adottano i PTPC (Piani Triennali per
la Prevenzione della Corruzione), soggetti a vigilanza dell’ANAC, che
all’occorrenza può adottare raccomandazioni o ordini nei confronti di
singole amministrazioni.
La rotazione del personale è uno dei criteri organizzativi previsti per
prevenire la corruzione, ma è riferita alle modalità di impiego dei “dipendenti”
e del “personale”; si tratta, in ogni caso, di un criterio
organizzativo “di indirizzo”, e cioè tendenziale e non vincolante,
che di massima non è applicabile a quei ruoli tecnici che, come nel caso
della Commissione locale per il Paesaggio, vengano affidati a soggetti
esterni all’amministrazione, selezionati sulla base di criteri di capacità
tecnica e all’esito di valutazione comparativa di merito; in tal caso,
infatti, la selezione comparativa effettuata dall’amministrazione sulla base
di criteri predeterminati dovrebbe essere sufficiente garanzia di
imparzialità della nomina.
Peraltro, nel caso in cui, all’esito della selezione comparativa dei vari
candidati, l’amministrazione si trovi ad aver valutato più candidati in modo
sostanzialmente equipollente e paritetico, e debba operare una scelta tra i
medesimi, principi generali di buona amministrazione e di imparzialità
possono rendere opportuno che la scelta tra i candidati sia effettuata
attribuendo motivata e favorevole rilevanza anche alla circostanza che uno
di questi non abbia mai svolto quella specifica funzione presso il Comune
procedente, rispetto ai componenti uscenti della commissione oggetto di
selezione, soprattutto se questi ultimi ne abbiano fatto parte per un lungo
periodo.
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... per l'annullamento:
- della delibera della giunta comunale di Paratico n. 107 del
17.09.2019 avente ad oggetto “nomina della commissione per il paesaggio e per
la qualità urbana ai sensi dell’articolo 148 del d.lvo 42/2004 e
dell’articolo 81 della L.R. 12 del 2005”, affissa all’albo pretorio per 15
giorni consecutivi a partire dal 30.09.2019;
- ove e per quanto occorra, dell’avviso pubblico del 12.08.2019, per
la presentazione delle candidature;
- occorrendo, del regolamento della Commissione del Paesaggio del
Comune di Paratico approvato con delibera di consiglio comunale n. 30 del
29.09.2009;
...
FATTO
1. Con Avviso del 12.08.2019, il Comune di Paratico (BS) indiceva una
selezione pubblica finalizzata alla formazione di un elenco di candidati in
possesso dei prescritti requisiti, da cui attingere per la nomina della
Commissione comunale del Paesaggio e per la Tutela della qualità urbana.
1.1. In particolare, in conformità ai criteri disciplinati dall’Allegato 1
alla D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977 e dall’art. 2 del Regolamento comunale
della Commissione per il Paesaggio (approvato con delibera consiliare n. 30
del 29.09.2009), l’Avviso prevedeva che la Commissione sarebbe stata
composta da tre membri, in possesso dei seguenti requisiti:
“- un presidente: soggetto in possesso di laurea e abilitazione
all’esercizio della professione oltre ad aver maturato una qualificata
esperienza, come libero professionista o in qualità di pubblico dipendente
nell’ambito della tutela e valorizzazione dei beni paesistici;
- due componenti: soggetti in possesso di diploma universitario o
laurea o diploma di scuola media superiore in una materia attinente l’uso,
la pianificazione e la gestione del territorio e del paesaggio, la
progettazione edilizia e urbanistica, la tutela dei beni architettonici e
culturali, le scienze geologiche, naturali, geografiche e ambientali; i
soggetti dovranno altresì aver maturato una qualificata esperienza, almeno
triennale se laureati, e almeno quinquennale se diplomati nell’ambito della
libera professione o in qualità di pubblico dipendente, in una delle materie
sopra indicate”.
1.2. Inoltre, l’Avviso prevedeva, tra l’altro:
- che gli interessati avrebbero dovuto allegare alla domanda di
partecipazione il proprio curriculum professionale;
- che la nomina della commissione sarebbe stata effettuata dalla
giunta comunale dopo aver valutato le candidature complete di tutta la
documentazione;
- che l’incarico sarebbe stato “gratuito”, non essendo previsti
“compensi, gettoni di presenza né rimborsi spese”.
2. Entro il termine del 16.09.2019 previsto dall’Avviso, erano
presentate cinque domande di partecipazione, ciascuna corredata dal relativo
curriculum professionale, da parte dei seguenti candidati:
- arch. Fe.Gu.Lu.; - arch. Mi.Gi.; - arch. Fa.Di.; - ing. Za.Lo.; - ing. Za.El..
3. All’esito della valutazione delle domande e dei curricula dei candidati,
la giunta comunale, con delibera n. 107 del 17.09.2019, stabiliva di
nominare quali membri della Commissione per il Paesaggio i candidati:
- arch. Fa.Di., in qualità di “esperto con funzione di
Presidente”;
- arch. Mi.Gi., in qualità di “esperto”;
- arch. Fe.Gu.Lu., in qualità “esperto”.
4. La delibera, dopo aver richiamato la normativa applicabile e gli atti di
gara, così motivava la scelta dei tre componenti: “Ritenuto pertanto di
procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale paesaggistica,
sulla base dei curriculum e della documentazione presentata, dai quali è
desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio richiesto, anche
qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio (…)”.
5. Con ricorso notificato il 12.12.2019 e ritualmente depositato,
l’ing. El.Za. impugnava la predetta delibera di giunta e, occorrendo,
gli ulteriori atti della selezione pubblica, e ne chiedeva l’annullamento
sulla base di tre motivi, con i quali lamentava, in sintesi:
5.1) il difetto di motivazione della delibera di nomina;
5.2) la sussistenza di una stabile, potenziale, situazione di
conflitto di interessi, o comunque l’assenza di una situazione di
imparzialità in capo al Presidente arch. Fa., nonché l’assenza dei
requisiti soggettivi in capo all’arch. Mi.;
5.3) la violazione del principio di rotazione.
6. Il Comune di Paratico si costituiva in giudizio depositando
documentazione e resistendo al ricorso con memoria difensiva, eccependo
preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione
del decreto regionale 10.10.2019, approvativo della Commissione per il
Paesaggio; in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso e
chiedendone il rigetto.
7. Non si costituivano, invece, i controinteressati arch. Fa.Di.,
arch. Mi.Gi. e arch. Fe.Gu.Lu., ritualmente intimati con
atti portati alla notifica il 12.12.2019 e ricevuti il 17.12.2019.
8. All’udienza pubblica del 14.04.2021, in prossimità della quale la
difesa di parte ricorrente depositava una memoria di replica nel termine di
rito, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ opportuno preliminarmente ricostruire il quadro normativo in cui si
inquadra la vicenda in esame.
1.1. L’istituzione delle commissioni per il paesaggio, quali organismi
consultivi di supporto agli enti esercenti le funzioni delegate in materia
di autorizzazione paesaggistica, è stata prevista dall’art. 148, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, in forza del quale “Le regioni promuovono l'istituzione
e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di
supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di
autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6”. Il comma
2 della stessa norma precisa che “Le commissioni sono composte da soggetti
con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del
paesaggio”.
1.2. I predetti principi sono stati dettagliati, in ambito locale, dalla
normativa regionale lombarda, e in particolare dalla L.R. 11.03.2005 n.
12, la quale:
- all’art. 81, comma 1, ha previsto che “ogni ente locale titolare,
ai sensi dell’art. 80, di funzioni amministrative riguardanti
l’autorizzazione paesaggistica e l’irrogazione delle relative sanzioni,
istituisce e disciplina una commissione per il paesaggio, avente i requisiti
di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica dettati dalla Giunta
regionale”;
- all’art. 80, comma 9, ha previsto che “L’esercizio delle funzioni
[in materia di autorizzazione paesaggistica] possono essere esercitate
solamente dai comuni […] per i quali la Regione abbia verificato la
sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza
tecnico-scientifica ai sensi del D.Lgs. 42/2004”.
1.3. I “requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica” di
cui al predetto art. 81, comma 1, della L.R. n. 12/2005 sono stati definiti
dalla giunta regionale lombarda con D.G.R. 06.08.2008 n. 8/7977; in
particolare, nell’Allegato 1 a tale D.G.R. si prevede (per quel che rileva):
- che nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, la
commissione è composta da un numero minimo di 3 componenti;
- che “Il Presidente della Commissione dovrà essere in possesso di
laurea e di abilitazione all’esercizio della professione ed aver maturato
una qualificata esperienza, come libero professionista o in qualità di
pubblico dipendente, nell’ambito della tutela e valorizzazione dei beni
paesaggistici”;
- che “I componenti devono essere scelti tra i candidati che siano
in possesso di diploma universitario o laurea o diploma di scuola media
superiore in una materia attinente l’uso, la pianificazione e la gestione
del territorio e del paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica, la
tutela dei beni architettonici e culturali, le scienze geologiche, naturali,
geografiche ed ambientali”;
- che i medesimi, inoltre, “devono altresì aver maturato una
qualificata esperienza, almeno triennale se laureati ed almeno quinquennale
se diplomati, nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico
dipendente, in una delle materie sopra indicate e con riferimento alla
tipologia delle funzioni paesaggistiche attribuite all’Ente locale al quale
si presenta la candidatura”;
- che i componenti della commissione sono nominati “a seguito di
comparazione dei curricula delle candidature presentate” e che “il
provvedimento di nomina dovrà dare atto della congruenza dei titoli
posseduti dai candidati prescelti rispetto a quanto previsto dai presenti
criteri”;
- che, infine, la Regione –a cui gli enti locali trasmettono la
documentazione relativa alla istituzione, disciplina e nomina della
commissione per il paesaggio– “provvede alla valutazione della
documentazione trasmessa al fine di verificarne la rispondenza ai presenti
criteri”;
- che tale verifica “potrà comportare anche controlli a campione
relativamente all’attività svolta ed alle modalità utilizzate dall’ente
locale per la istituzione e nomina della Commissione per il paesaggio,
nonché relativamente alla conformità dei criteri utilizzati per la
costituzione/individuazione della struttura tecnica o della specifica
professionalità per lo svolgimento delle attività di istruttoria
tecnico-amministrativa”;
- che, all’esito di tale verifica, “sarà predisposto l’elenco degli
Enti riconosciuti idonei all’esercizio della funzione autorizzatoria in
materia di paesaggio”, elenco “approvato con specifico provvedimento del
direttore generale della D.G. Territorio e Urbanistica” e quindi pubblicato
sul BURL e sul sito ufficiale della regione.
1.4. In ossequio ai criteri dettati dalla giunta regionale, il Comune di
Paratico si è dotato di un proprio “Regolamento Commissione per il
Paesaggio”, approvato con delibera consiliare n. 30 del 29.09.2009,
il quale, all’art. 2, disciplina la composizione della commissione e i
requisiti soggettivi dei suoi componenti, riproducendo pedissequamente (e
letteralmente) i criteri regionali, precisando che il possesso dei requisiti
deve risultare dal curriculum individuale di ciascun candidato.
1.5. Analogamente, i medesimi requisiti sono stati riprodotti e richiesti
nell’Avviso relativo alla selezione oggetto del presente giudizio.
2. Venendo quindi all’esame del caso di specie, va affrontata in primo luogo
l’eccezione preliminare formulata dalla difesa del Comune, secondo cui il
ricorso sarebbe inammissibile per la mancata impugnazione del decreto
regionale n. 14557 del 10.10.2019, con cui la Regione Lombardia ha
approvato l’istituzione della Commissione per il Paesaggio del Comune di Paratico.
2.1. L’eccezione, osserva il Collegio, non può essere condivisa dal momento
che la Regione si è limitata a verificare, ai sensi dell’art. 80, comma 9, L.R. n. 12/2005, che la Commissione fosse stata nominata nel rispetto dei
“requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica” prescritti
dal d.lgs. 42/2004, ma non è entrata nel merito delle valutazioni svolte
dall’amministrazione comunale in ordine alla scelta dei singoli componenti.
2.2. Di conseguenza, un eventuale annullamento del provvedimento comunale di
nomina della commissione avrebbe effetti automaticamente caducanti, in parte
qua, anche sul Decreto del Direttore Generale Territorio e Protezione civile
della Regione Lombardia n. 14557 del 10.10.2019, concernente il
“Settimo aggiornamento 2019 dell’elenco degli enti locali idonei
all’esercizio delle funzioni paesaggistiche”.
3. Passando all’esame del merito, con il primo motivo la parte
ricorrente ha lamentato il difetto di motivazione del provvedimento
impugnato, in ragione del fatto che la giunta comunale si sarebbe limitata a
dare atto del possesso, da parte dei tre soggetti nominati, dei requisiti
soggettivi previsti dal bando, senza svolgere alcuna valutazione comparativa
dei curricula allegati da tutti e cinque i candidati, come peraltro
prescritto dai predetti criteri regionali di cui alla D.G.R. 06.08.2008
n. 8/7977, nella parte in cui prevedono che i componenti della commissione
sono nominati “a seguito di comparazione dei curricula delle candidature
presentate” e come prescritto da principi generali del procedimento
amministrativo.
La difesa comunale ha contestato la fondatezza della censura, rilevando che
motivazione del provvedimento, per quanto “criptica”, sarebbe nondimeno
adeguata, atteso il riferimento testuale in essa contenuto alla valutazione
dei curricula e della documentazione presentata dai candidati, in conformità
ai criteri predeterminati, tenuto anche conto che nella specie non si tratta
di un gara finalizzata alla stipula di un contratto di appalto né di una
procedura concorsuale finalizzata all’assunzione di un dipendente pubblico.
La difesa comunale è poi passata ad analizzare, in concreto, i curricula dei
cinque candidati e a compararne i profili professionali ed esperienziali,
evidenziando in particolare l’assenza in capo alla ricorrente di una
specifica esperienza in materia di progettazione, direzione lavori,
componente di commissioni edilizie e/o del paesaggio, a differenza dei tre
soggetti selezionati.
4. Il Collegio ritiene che gli argomenti addotti dalla difesa comunale non
siano convincenti e che la censura di parte ricorrente sia fondata.
4.1. La delibera comunale impugnata, infatti, ha affidato la scelta dei tre
componenti della Commissione alla seguente, testuale motivazione: “Ritenuto
pertanto di procedere alla scelta di n. 3 esperti in materia ambientale
paesaggistica, sulla base dei curriculum e della documentazione presentata,
dai quali è desumibile, oltre che il possesso del titolo di studio
richiesto, anche qualificata esperienza pregressa nella tutela del paesaggio
(…)”.
4.2. In sostanza, la giunta comunale si è limitata a dare atto che i tre
componenti nominati erano risultati in possesso dei requisiti richiesti dal
bando, ma ha omesso del tutto di effettuare la “comparazione dei
curricula delle candidature presentate” prescritta dai criteri regionali
di cui alla citata D.G.R. e, più in generale, imposta da principi generali
del procedimento amministrativo (art. 3 L. 241/1990).
4.3. La necessità di una valutazione comparativa dei profili dei vari
candidati e di una adeguata motivazione in ordine alla scelta effettuata è
stata affermata dalla giurisprudenza amministrativa persino in relazione
alla designazione degli organi di vertice dell’Amministrazione, notoriamente
effettuata con criteri eminentemente fiduciari basati sull’intuitus
personae e attraverso atti di alta amministrazione connotati da
amplissima discrezionalità; è stato affermato, al riguardo, che:
- “Se pure, in linea generale, le designazioni degli organi di vertice
delle Amministrazioni si configurano come provvedimenti da adottare in base
a criteri eminentemente fiduciari, riconducibili nell'ambito degli atti di
alta amministrazione, in quanto sono espressione della potestà di indirizzo
e di governo delle autorità preposte alle Amministrazioni stesse, si deve
osservare nondimeno che il singolo provvedimento di nomina deve esporre le
ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di essi, comportando una
scelta nell'ambito di una categoria di determinati soggetti in possesso di
titoli specifici. In altre parole, la motivazione della scelta -sia pure
effettuata latamente "intuitu personae"- deve comunque ancorarsi all'esito
di un apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa dimostrarsi
la ragionevolezza della scelta effettuata che non può logicamente esaurirsi
nel mero riscontro da parte dei singoli candidati dei requisiti prescritti
dalla legge ma che importa articolate, delicate e talvolta addirittura
sfumate valutazioni sulla stessa personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio personale e sul prestigio che
eventualmente hanno già conferito agli uffici precedentemente ricoperti e
che astrattamente sono in grado di assicurare a quello da ricoprire"
(TAR Salerno, sez. II, 18.03.2019 n. 406; TAR Lazio-Roma, Sez. I,
05/03/2012, n. 2223; conf. Cons. Stato, sez. V, 15.11.2016, n. 4718).
4.4. Se la necessità di una penetrante motivazione è stata affermata, in
giurisprudenza, per la scelta degli organi di vertice dell'Amministrazione,
a fortiori la stessa deve ritenersi imprescindibile allorquando si
tratti di nominare gli esperti di una commissione tecnica che s'inserisce,
sia pur con criteri d'elevata professionalità e competenza, nell'ambito
dell'esercizio delle ordinarie funzioni amministrative attribuite all'ente
locale nello specifico settore della tutela del paesaggio; in sostanza, se persino gli atti di alta amministrazione a valenza
fiduciaria non possono essere ritenuti avulsi dal rispetto dell'obbligo di
una motivazione, congruente con la natura degli atti medesimi, e se non
residua, quindi, più alcuno spazio per i provvedimenti amministrativi cd. a
motivo libero (id est, espressione di discrezionalità assoluta), ne consegue
che ogni qual volta, come nella specie, si tratti d'effettuare una scelta
tra più candidati, ognuno dei quali dotato di specifiche competenze ed
attitudini a ricoprire l'incarico (come emergenti dai rispettivi curricula)
-incarico, si ripete, compreso nell'ambito delle ordinarie attribuzioni
dell'ente locale, sia pur di natura settoriale- non può prescindersi, a
maggior ragione, da una motivazione, di tipo analitico-comparativo, tendente
all'emersione delle ragioni della scelta di uno o più candidati in
questione, e dalla quale, in particolare, s'evincano le ragioni per le quali
i medesimi siano stati considerati i più adatti a rivestire la medesima
carica (in tal senso, cfr. TAR Salerno, sez. II, 18.03.2019 n. 406).
4.5. Nel caso di specie, la valutazione comparativa dei curricula dei cinque
candidati è mancata del tutto, o quantomeno la stessa, ove mai effettuata,
non è stata evidenziata in motivazione, tant’è che la stessa difesa del
Comune ha ammesso trattarsi di una motivazione “criptica”.
4.6. Una motivazione criptica è di per sé una motivazione illegittima perché
contraddice la funzione essenziale attribuitale dall’ordinamento, che è
quella di indicare (in modo comprensibile) “i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione,
in relazione alle risultanze dell'istruttoria” (art. 3 L. 241/1990).
4.7. Trattandosi di un principio generale applicabile nei più disparati
settori in cui si esplica l’azione amministrativa, appare del tutto
irrilevante la circostanza, dedotta dalla difesa del Comune, che nel caso di
specie non si sia trattato di una gara d’appalto o di un concorso
preordinato all’assunzione di un dipendente del Comune; tanto più che, nel
caso della nomina della commissione locale per il paesaggio, la necessità di
una “comparazione dei curricula delle candidature presentate” è stata
esplicitata dalla giunta regionale all’atto di dettare, con citata la D.G.R.
06.08.2008 n. 8/7977, i “criteri per la verifica, nei soggetti delegati
all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, della
sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico
scientifica”.
4.8. Gli ulteriori argomenti addotti dalla difesa comunale (in particolare
in relazione all’asserita assenza in capo alla ricorrente di specifica
esperienza in materia di progettazione, direzione lavori, componente di
commissioni edilizie e/o del paesaggio, a differenza dei tre soggetti
selezionati) costituiscono motivazione postuma del provvedimento, che va
dichiarata inammissibile sulla scorta di noti principi giurisprudenziali
(TAR Milano, sez. II, 11/02/2021, n. 388; Consiglio di Stato, sez. III,
29/09/2020, n. 5719).
5. Con il secondo motivo, la parte ricorrente ha dedotto
l’illegittimità del provvedimento impugnato in ragione della sussistenza di
una stabile, potenziale, situazione di conflitto di interessi, o comunque
l’assenza di una situazione di imparzialità del presidente arch. Fa.,
in ragione dei rapporti personali e professionali intercorrenti tra il
medesimo e l’arch. Ca., Responsabile del settore Edilizia e
Urbanistica del Comune di Paratico e titolare delle competenze in materia di
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; inoltre, ha dedotto l’assenza
dei requisiti in capo all’arch. Mi., in quanto titolare di uno studio
professionale ma cancellato dall’Ordine degli Architetti di Brescia e in
quanto tale privo di “abilitazione all’esercizio della professione”,
prescritta quale requisito di partecipazione sia dall’Avviso di selezione
che dai criteri regionali.
Il Collegio osserva che la censura non può essere condivisa.
5.1. La situazione di conflitto di interessi, anche solo potenziale, in capo
al presidente della commissione arch. Fa. viene desunta da parte
ricorrente dalla circostanza che, in un altro comune (Erbusco), egli
ricoprirebbe, quale Responsabile dell’Area Tecnica, una posizione
subordinata rispetto al sindaco arch. Ca., ossia rispetto alla stessa
persona che, nel Comune di Paratico, ricopre il ruolo di Responsabile del
Settore Edilizia e Urbanistica e che, in quanto tale, è deputata
all’adozione degli atti di autorizzazione paesaggistica.
5.2. L’argomento, osserva il Collegio, non può essere condiviso, dal momento
che nel Comune di Erbusco l’arch. Fa. non ricopre alcun ruolo
subordinato rispetto al sindaco all’arch. Ca., svolgendo invece
funzioni di responsabilità gestionale in situazione di piena autonomia
rispetto all’organo politico, secondo principi generali evincibili dall’art.
107 del d.lgs. 267/2000.
5.3. Non appare quindi ipotizzabile, se non sulla base di mere congetture
giuridicamente irrilevanti, alcun rapporto di soggezione del primo nei
confronti del secondo, che possa far dubitare dell’imparzialità dell’arch.
Fa. nell’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione
locale per il Paesaggio di Paratico; tanto più che, secondo la
giurisprudenza, l’esistenza di una situazione di conflitto di interessi
degli amministratori pubblici deve essere provata in concreto con
riferimento a situazioni specifiche, dimostrando la sussistenza di un nesso
teleologico tra il contenuto del singolo provvedimento e l’interesse
personale dell’amministratore, mentre invece nel caso di specie essa viene
predicata in astratto e sulla base di presupposti del tutto ipotetici e
indimostrati.
5.4. Quanto all’arch. Mi., è sufficiente osservare che l’abilitazione
all’esercizio della professione è stata richiesta dall’Avviso di selezione,
conformemente ai criteri regionali, quale requisito per la nomina come
“presidente” della commissione e non per la nomina quale semplice
“componente esperto” (qual è il Mi.).
6. Infine, con il terzo motivo la parte ricorrente ha dedotto la
violazione del principio di rotazione, sul rilievo che due dei tre
componenti nominati (l’arch. Fa. e l’arch. Mi.) siedono nella
medesima commissione rispettivamente da oltre 20 anni e da oltre 10 anni; ha
richiamato i principi affermati nel Piano Nazionale Anticorruzione 2016
approvato dall’ANAC con delibera n. 831 del 03.08.2016.
6.1. La difesa comunale ha replicato che tale principio troverebbe
applicazione soltanto in tema di affidamenti di contratti e non in tema di
esercizio di funzioni (non retribuite) come quelle per cui è causa.
6.2. Il Collegio osserva che la censura è fondata negli stretti limiti qui
di seguito precisati.
Il Piano Nazionale Anticorruzione è “atto generale di indirizzo”
rivolto a tutte le amministrazioni che adottano i PTPC (Piani Triennali per
la Prevenzione della Corruzione), soggetti a vigilanza dell’ANAC, che
all’occorrenza può adottare raccomandazioni o ordini nei confronti di
singole amministrazioni.
La rotazione del personale è uno dei criteri organizzativi previsti per
prevenire la corruzione, ma è riferita alle modalità di impiego dei “dipendenti”
e del “personale”; si tratta, in ogni caso, di un criterio
organizzativo “di indirizzo”, e cioè tendenziale e non vincolante,
che di massima non è applicabile a quei ruoli tecnici che, come nel caso
della Commissione locale per il Paesaggio, vengano affidati a soggetti
esterni all’amministrazione, selezionati sulla base di criteri di capacità
tecnica e all’esito di valutazione comparativa di merito; in tal caso,
infatti, la selezione comparativa effettuata dall’amministrazione sulla base
di criteri predeterminati dovrebbe essere sufficiente garanzia di
imparzialità della nomina.
Peraltro, nel caso in cui, all’esito della selezione comparativa dei vari
candidati, l’amministrazione si trovi ad aver valutato più candidati in modo
sostanzialmente equipollente e paritetico, e debba operare una scelta tra i
medesimi, principi generali di buona amministrazione e di imparzialità
possono rendere opportuno che la scelta tra i candidati sia effettuata
attribuendo motivata e favorevole rilevanza anche alla circostanza che uno
di questi non abbia mai svolto quella specifica funzione presso il Comune
procedente, rispetto ai componenti uscenti della commissione oggetto di
selezione, soprattutto se questi ultimi ne abbiano fatto parte per un lungo
periodo.
7. In definitiva, alla luce delle considerazioni di cui sopra, il ricorso è
fondato e va accolto nei sensi e nei limiti sopra specificati, con il
conseguente annullamento della delibera della giunta comunale di Paratico n.
107 del 17.09.2019.
7.1. Per l’effetto, in esecuzione della presente sentenza, la giunta
comunale di Paratico procederà, nel termine di giorni 30 (trenta) dalla
comunicazione del presente provvedimento, a rinnovare la nomina dei
componenti della Commissione locale per il Paesaggio attraverso una
valutazione comparativa dei curricula dei cinque candidati,
concludendo tale procedimento con un provvedimento espresso adeguatamente
motivato in ordine alle ragioni della preferenza accordata ai candidati
prescelti rispetto a quelli pretermessi, conformandosi alle precedenti
statuizioni
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 06.05.2021 n. 410 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA:
Sull'annullamento della
designazione a componente esperto della Commissione locale
per il paesaggio nella materia della “legislazione dei beni culturali”
per difetto di motivazione.
I motivi di appello non possono essere
accolti alla luce dei principi affermati dalla
giurisprudenza che il Collegio condivide e a cui intende
dare continuità.
È stato, infatti, affermato al riguardo (cfr. Cons. di
Stato, 15.11.2016, n. 4718, relativo alla nomina del
difensore civico regionale) che la fiduciarietà connotante
il provvedimento di nomina “è caratteristica che non
dispensa l’amministrazione procedente dall’obbligo di
esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare,
tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri”. È
stato altresì statuito che, seppur non occorra “una rigorosa
comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con
conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si
trattasse di un procedimento concorsuale”, il provvedimento
di nomina deve comunque “dar conto del fatto che i
differenti requisiti di competenza, esperienza e
professionalità siano stati valutati in relazione al fine da
perseguire”.
In quella fattispecie, analoga a quella del presente
giudizio, fu ritenuto perciò fondato il motivo con cui si
allegava l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato
“nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e
professionalità posseduti” dai candidati, limitandosi il
provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del
nominato, recante peraltro titoli almeno in parte
contestati, poiché il provvedimento di nomina nemmeno
consentiva “una sommaria raffrontabilità dei requisiti di
competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla
carica”.
---------------
Come bene ritenuto dal primo giudice, la delibera gravata
difetta di qualsivoglia motivazione, a sostegno della
designazione del controinteressato, quale esperto in
“legislazione dei beni culturali”.
Al riguardo osserva il Collegio che il profilo della
valutazione tra i candidati discende dalle previsioni
legislative applicabili, per le quali le Commissioni Locali
per il Paesaggio -che trovano il proprio fondamento
normativo nell’art. 9 della Costituzione (a mente del quale
“la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione”)– “sono composte da soggetti con
particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella
tutela del paesaggio” (art. 148, comma 2, D.Lgs. n. 42 del
2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Ed infatti, in primo luogo, l’art. 146, comma 6, D.Lgs. n.
42 del 2004 dello stesso Codice, nel prevedere la delega ai
Comuni dell’esercizio del potere e della funzione
autorizzatoria in materia di paesaggio, precisa che ciò può
avvenire “purché gli Enti destinatari della delega
dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato
livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché di
garantire la differenziazione tra attività di tutela
paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in
materia urbanistico-edilizia.”.
Dal canto suo, la legge regionale Campania 23.02.1982,
n. 10 (recante direttive per l’esercizio delle funzioni
amministrative sub delegate dalla Regione ai Comuni),
richiamata dall’appellante, all’Allegato I, prevede che
l'Ente sub-delegato in materia provvede alla costituzione di
un organismo tecnico-amministrativo “tra esperti in materia
urbanistica, beni ambientali, storia dell'arte, geografia,
discipline agricolo-forestali, naturalistiche, storiche,
pittoriche ed arti figurative e legislazione beni
culturali”.
Non pare poi superfluo rammentare che l’art. 3, comma 2, del
Regolamento della Commissione locale per il paesaggio
richiama per la nomina dei componenti la Commissione la
“procedura ad evidenza pubblica” (avviata a mezzo di
specifico avviso di selezione, da pubblicizzarsi con le
modalità e le forme ivi indicate), ribadendo altresì al
precedente comma 1 che i membri che la compongono devono
essere scelti e nominati tra soggetti esperti “con
particolare, pluriennale e qualificate esperienza nelle
suddette specifiche materie, maturate nell’ambito della
libera professione o in qualità di pubblico dipendente” ed
“in modo da coprire tutte le competenze e professionalità,
come richiesto dalle norme di legge”. Inoltre, il bando ha
stabilito pure che: “Compete alla Commissione Straordinaria
… la nomina dei cinque componenti esperti scelti sulla base
del proprio curriculum da allegare al provvedimento
deliberativo”, precisando che ai fini della nomina, valgono
titoli preferenziali, tra cui l’essere esperti in
“legislazione dei beni culturali”.
---------------
Nessuno degli assunti del Comune appellante, ritiene il
Collegio, può essere condiviso.
Rileva infatti la violazione delle disposizioni sia di legge
(nazionale e regionale), intese ad assicurare le giuste
professionalità (“soggetti con particolare, pluriennale e
qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” ex art.
148 D.Lgs. n. 42/2004), sia di quelle dettate dal
Regolamento interno e dall’Avviso pubblico, protese a
garantire che, in sede di “vaglio delle candidature”, si
faccia in modo che le competenze e professionalità nella
Commissione Locale Paesaggio “siano armonicamente
equilibrate per garantire una interdisciplinarietà come
previsto dalla LR 10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr.:
Regolamento e Avviso pubblico).
Alla luce della su indicata normativa applicabile, sono
dunque corrette e meritano conferma le statuizioni di prime
cure che, sulla base di una puntuale analisi del testo della
delibera impugnata, hanno rilevato come “la designazione
dell’esperto nella materia di interesse è stata compiuta senza l’esplicitazione
della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a
ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna
valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle
professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum
presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio,
di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed
alle specifiche competenze e professionalità degli altri
professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato
il loro interesse, a rivestire la carica di componente della
Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti
in “legislazione dei beni culturali”.
Ritiene il Collegio che un tale modo di operare si
ponga in contrasto con l’obbligo generale di motivazione
degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 07.08.1990, n. 241, che, al comma 2, introduce un’espressa
eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti
normativi e per quelli a contenuto generale; per il resto la
motivazione è requisito indispensabile di ogni atto
amministrativo, quale fattore di esternazione dell’iter
logico delle determinazioni assunte dall’Amministrazione in
esercizio di poteri discrezionali, ai fini della tutela in
giustizia.
Su queste premesse, correttamente il primo giudice ha
concluso che il singolo provvedimento di nomina, anche se
adottato in base a criteri eminentemente fiduciari, deve
esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di
essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di
determinati soggetti in possesso di titoli specifici. La
motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un
apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa
dimostrarsene la ragionevolezza: tale scelta non può, per il
vero, esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli
candidati dei requisiti prescritti dalla legge; essa importa
articolate e talvolta complesse valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro capacità
organizzative, sul loro prestigio personale (che hanno già
conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che sono
in grado di assicurare a quello da ricoprire). Pertanto,
come chiarito dalla giurisprudenza in tema di nomina di
funzionari onorari, il provvedimento di nomina deve dar
conto del fatto che i differenti requisiti di competenza,
esperienza e professionalità siano stati valutati in
relazione al fine da perseguire.
In definitiva, sono corrette e condivisibili le
statuizioni della sentenza laddove evidenzia che –se anche
per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria
non è affatto escluso l'obbligo di motivazione appropriato e
coerente alla natura degli atti medesimi- tanto più non
può prescindersi da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, dalla quale s’evincano le ragioni della
maggiore idoneità del designato a rivestire la carica ogni
qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una
scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di
specifiche competenze e attitudini a ricoprire l’incarico
cui aspira, compreso nell’ambito delle ordinarie
attribuzioni dell’ente locale. Come precisato in
giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova
spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta
alla “verifica dell’esperienza e della capacità
professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover
rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una
scelta motivata della persona da designare.
L’eccepita infondatezza della censura di difetto di
motivazione non può allora nemmeno farsi discendere, come
sostiene il Comune, dalla precisazione, contenuta
nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta alcuna
procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o
trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe
stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o
classificazioni di merito”, né ancora dalla considerazione
che il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di
manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina”:
le suddette precisazioni, ritiene il Collegio, non possono
incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata,
di rispettare, comunque, il generale canone della
motivazione degli atti amministrativi.
Del resto, la precisazione contenuta nell’avviso pubblico è
anche intrinsecamente contraddittoria: vi era specificato
che il curriculum vitae aveva il fine di verificare, nei
candidati, “il possesso delle condizioni richieste”,
espressione che di suo implica l’effettuazione di un’analisi
dei curricula medesimi, tendente a verificare l’idoneità dei
candidati a svolgere le funzioni connesse all’espletamento
dell’incarico.
È altresì destituita di fondamento, oltre che
irrilevante per le ragioni anzidette, l’argomento
concernente l’asserita acquiescenza che il candidato odierno
avrebbe prestato alle disposizioni in parte qua del bando
nella manifestazione d’interesse all’assunzione
dell’incarico: a prescindere dall’impossibilità di opinare
alcuna interferenza della precisazione suddetta sull’obbligo
generale di motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990,
l’originario ricorrente ha comunque specificamente impugnato
le disposizioni del bando in parola sia per violazione
dell’obbligo generale di motivazione sia con riferimento
all’art. 3 del citato Regolamento che per la nomina della
Commissione locale per il paesaggio prevede la “procedura ad
evidenza pubblica”.
In definitiva, per le ragioni esposte anche
l’effettuazione di un’adeguata istruttoria da parte della
Commissione straordinaria rimane confinata a mera
affermazione di principio, come pure infondata è la tesi del
Comune appellante secondo cui il giudizio formulato dalla
Commissione Straordinaria “avrebbe comportato una
valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione
dei candidati”.
Ne segue che non è decisiva la modalità del voto (richiamata
col primo motivo di gravame) che non può di suo
elidere i criteri di trasparenza e di adeguatezza della
scelta rispetto ai parametri stabiliti ex lege e ripetuti, a
monte della procedura, dal Comune di Scafati nei propri atti
e parimenti è infondato anche il secondo motivo di appello
sulla insidacabilità da parte del giudice amministrativo
della nomina dei componenti della Commissione locale per il
paesaggio. Al riguardo si osserva che, se, per un verso, non
può prescindersi dalla comparazione tra le professionalità
degli interessati, previo accertamento dei requisiti
richiesti, e dalla conseguente motivazione della
designazione effettuata tra le plurime candidature, per
altro verso, per la giurisprudenza, il giudice
amministrativo può legittimamente sindacare le valutazioni
tecnico-discrezionali della Pubblica Amministrazione se
viziate da eccesso di potere per difetto di motivazione
---------------
... per la riforma della
sentenza 18.03.2019 n. 406
del Tribunale amministrativo regionale per la Campania -
Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), resa tra le
parti;
...
5. - L’appello è infondato e va respinto.
6. - L’appello dell’Amministrazione comunale contesta la
sentenza che ha annullato la designazione a componente
esperto della Commissione locale per il paesaggio nella
materia della “legislazione dei beni culturali” per difetto
di motivazione.
7. - L’ente, con l’avviso pubblico del 09.10.2018, aveva
indicato le modalità di svolgimento della procedura di
nomina degli esperti, nel rispetto delle norme di legge (il d.lgs. n. 42 del 2004; le leggi regionali della Campania 22.12.2004, n. 16 “Norme sul governo del territorio” e 23.02.1982, n. 10 “Indirizzi programmatici e direttive
fondamentali per l’esercizio delle deleghe ai sensi
dell’art. 1 della L.R. 65/1981”), nonché dei principi
costituzionali di trasparenza e legalità.
7.1. Nell’avviso pubblico il Comune aveva chiesto una
manifestazione d’interesse, ai fini della nomina a
componente della Commissione; e precisava che non veniva
indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara
di appalto o trattativa privata; di conseguenza non sarebbe
stata stilata una graduatoria, né attribuiti punteggi o
classificazioni di merito, avendo il curriculum vitae il
solo scopo di “manifestare la disponibilità all’assunzione
della nomina, il possesso delle condizioni richieste e la
conoscibilità dei soggetti disponibili ad assumere
l’incarico”.
7.2. A tali regole l’appellato avrebbe prestato
acquiescenza, dichiarando nella manifestazione d’interesse
di aver preso visione integrale e acquisito piena conoscenza
dell’avviso pubblico.
7.3. Il Comune, con il primo motivo di appello, evidenzia
che la delibera è stata adottata ai sensi dell’art. 43 del
Regolamento delle Adunanze consiliari del Comune di Scafati,
approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 60 del
29.10.2012 (e richiamato altresì dallo Statuto
Comunale), a mente del quale “Le votazioni relative a nomine
di rappresentanti del Comune, di competenza del Consiglio
Comunale, in commissioni, enti, Società od Istituzioni,
avverranno a scrutinio segreto”. Per il Comune ne deriva che
non poteva essere svolta una comparazione tra le
candidature, dovendo la scelta degli esperti avvenire, con
voto limitato della Commissione straordinaria (con i poteri
del Consiglio Comunale), ovvero in seguito alla votazione di
un solo membro tra tutti i profili pervenuti.
7.4. La sentenza poi non avrebbe considerato che la delibera
manifesta un’attività amministrativa di natura
discrezionale: l’atto di nomina a componente della
Commissione locale per il paesaggio è di sola competenza
dell’organo deliberativo dell’ente locale (la Commissione
straordinaria nominata ai sensi dell'art. 144 del d.lgs. n.
267 del 2000, con i poteri del Consiglio comunale), che può
assolvere all'obbligo di motivazione sulla base di ampie
valutazioni di opportunità.
7.5. Per il Comune, difettano poi i sintomi dell’eccesso di
potere circa le valutazioni tecnico-discrezionali
(valutazioni qualitative della preparazione dei candidati) e
la sentenza fuoriesce dai limiti della giurisdizione, contro
il principio di separazione dei poteri.
7.6. La sentenza poi, per il Comune, riporta orientamenti
(in materia di atti di alta amministrazione a valenza
fiduciaria) relativi a fattispecie estranee.
7.7. Il Comune aggiunge, infine, che sussisterebbe comunque
una motivazione sostanziale dell’atto impugnato: al
riguardo, rammenta l’appellante, la giurisprudenza ha
chiarito che l’obbligo di motivazione -da intendersi in
senso non meramente formale, ma funzionale- è rispettato se
l'atto reca l'esternazione del percorso logico-giuridico
seguito dall'amministrazione per giungere alla decisione
adottata e il destinatario è in grado di comprenderne le
ragioni e, conseguentemente, di utilmente accedere alla
tutela giurisdizionale, in conformità ai principi di cui
agli artt. 24 e 113 Cost.
8. I motivi di appello così sintetizzati non possono essere
accolti alla luce dei principi affermati dalla
giurisprudenza che il Collegio condivide e a cui intende
dare continuità.
8.1. È stato, infatti, affermato al riguardo (cfr. Cons. di
Stato, 15.11.2016, n. 4718, relativo alla nomina del
difensore civico regionale) che la fiduciarietà connotante
il provvedimento di nomina “è caratteristica che non
dispensa l’amministrazione procedente dall’obbligo di
esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a privilegiare,
tra più candidati, un aspirante rispetto agli altri”. È
stato altresì statuito che, seppur non occorra “una rigorosa
comparazione tra i requisiti dei singoli candidati, con
conseguente motivazione puntuale e specifica, come se si
trattasse di un procedimento concorsuale”, il provvedimento
di nomina deve comunque “dar conto del fatto che i
differenti requisiti di competenza, esperienza e
professionalità siano stati valutati in relazione al fine da
perseguire”.
In quella fattispecie, analoga a quella del presente
giudizio, fu ritenuto perciò fondato il motivo con cui si
allegava l’inadeguatezza motivazionale del decreto impugnato
“nella prospettiva della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza, esperienza e
professionalità posseduti” dai candidati, limitandosi il
provvedimento alla mera enunciazione del curriculum del
nominato, recante peraltro titoli almeno in parte
contestati, poiché il provvedimento di nomina nemmeno
consentiva “una sommaria raffrontabilità dei requisiti di
competenza giuridico-amministrativa dei candidati alla
carica”.
8.2. E questo è il caso di specie.
Come bene ritenuto dal primo giudice la delibera gravata
difetta di qualsivoglia motivazione, a sostegno della
designazione del controinteressato, quale esperto in
“legislazione dei beni culturali”.
8.3. Al riguardo osserva il Collegio che il profilo della
valutazione tra i candidati discende dalle previsioni
legislative applicabili, per le quali le Commissioni Locali
per il Paesaggio -che trovano il proprio fondamento
normativo nell’art. 9 della Costituzione (a mente del quale
“la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione”)– “sono composte da soggetti con
particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella
tutela del paesaggio” (art. 148, comma 2, D.Lgs. n. 42 del
2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Ed infatti, in primo luogo, l’art. 146, comma 6, D.Lgs. n.
42 del 2004 dello stesso Codice, nel prevedere la delega ai
Comuni dell’esercizio del potere e della funzione
autorizzatoria in materia di paesaggio, precisa che ciò può
avvenire “purché gli Enti destinatari della delega
dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato
livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché di
garantire la differenziazione tra attività di tutela
paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in
materia urbanistico-edilizia.”.
Dal canto suo, la legge regionale Campania 23.02.1982,
n. 10 (recante direttive per l’esercizio delle funzioni
amministrative sub delegate dalla Regione ai Comuni),
richiamata dall’appellante, all’ Allegato I, prevede che
l'Ente sub-delegato in materia provvede alla costituzione di
un organismo tecnico-amministrativo “tra esperti in materia
urbanistica, beni ambientali, storia dell'arte, geografia,
discipline agricolo-forestali, naturalistiche, storiche,
pittoriche ed arti figurative e legislazione beni
culturali”.
Non pare poi superfluo rammentare che l’art. 3, comma 2, del
Regolamento della Commissione locale per il paesaggio
richiama per la nomina dei componenti la Commissione la
“procedura ad evidenza pubblica” (avviata a mezzo di
specifico avviso di selezione, da pubblicizzarsi con le
modalità e le forme ivi indicate), ribadendo altresì al
precedente comma 1 che i membri che la compongono devono
essere scelti e nominati tra soggetti esperti “con
particolare, pluriennale e qualificate esperienza nelle
suddette specifiche materie, maturate nell’ambito della
libera professione o in qualità di pubblico dipendente” ed
“in modo da coprire tutte le competenze e professionalità,
come richiesto dalle norme di legge”. Inoltre, il bando ha
stabilito pure che: “Compete alla Commissione Straordinaria
… la nomina dei cinque componenti esperti scelti sulla base
del proprio curriculum da allegare al provvedimento
deliberativo”, precisando che ai fini della nomina, valgono
titoli preferenziali, tra cui l’essere esperti in
“legislazione dei beni culturali”.
8.4. Tanto premesso, nessuno degli assunti del Comune
appellante, ritiene il Collegio, può essere condiviso.
Rileva infatti la violazione delle disposizioni sia di legge
(nazionale e regionale), intese ad assicurare le giuste
professionalità (“soggetti con particolare, pluriennale e
qualificata esperienza nella tutela del paesaggio” ex art.
148 D.Lgs. n. 42/2004), sia di quelle dettate dal
Regolamento interno e dall’Avviso pubblico, protese a
garantire che, in sede di “vaglio delle candidature”, si
faccia in modo che le competenze e professionalità nella
Commissione Locale Paesaggio “siano armonicamente
equilibrate per garantire una interdisciplinarietà come
previsto dalla LR 10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr.:
Regolamento e Avviso pubblico).
Alla luce della su indicata normativa applicabile, sono
dunque corrette e meritano conferma le statuizioni di prime
cure che, sulla base di una puntuale analisi del testo della
delibera impugnata, hanno rilevato come “la designazione
dell’esperto nella materia di interesse è stata compiuta,
dalla Commissione Straordinaria, senza l’esplicitazione
della benché minima giustificazione, circa la sua idoneità a
ricoprire l’incarico in questione, nonché senza alcuna
valutazione delle sue specifiche competenze, ovvero delle
professionalità acquisite, quali ricavabili dal curriculum
presentato, e, ancora, senza l’espressione d’alcun giudizio,
di tipo analitico–comparativo, rispetto ai curricula ed
alle specifiche competenze e professionalità degli altri
professionisti che, come il ricorrente, avevano manifestato
il loro interesse, a rivestire la carica di componente della
Commissione Locale per il Paesaggio, in qualità di esperti
in “legislazione dei beni culturali” (in totale, come si
ricava dall’elenco, contenuto nella proposta di
deliberazione de qua, sette professionisti, compresi il
ricorrente e il controinteressato)”.
8.5. Ritiene il Collegio che un tale modo di operare si
ponga in contrasto con l’obbligo generale di motivazione
degli atti amministrativi, sancito dall’art. 3 della l. 07.08.1990, n. 241, che, al comma 2, introduce un’espressa
eccezione alla necessità della motivazione per i soli atti
normativi e per quelli a contenuto generale; per il resto la
motivazione è requisito indispensabile di ogni atto
amministrativo, quale fattore di esternazione dell’iter
logico delle determinazioni assunte dall’Amministrazione in
esercizio di poteri discrezionali, ai fini della tutela in
giustizia.
8.5.1. Su queste premesse, correttamente il primo giudice ha
concluso che il singolo provvedimento di nomina, anche se
adottato in base a criteri eminentemente fiduciari, deve
esporre le ragioni che hanno condotto alla nomina di uno di
essi, comportando una scelta nell'ambito di una categoria di
determinati soggetti in possesso di titoli specifici. La
motivazione della scelta -sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"- deve comunque ancorarsi all'esito di un
apprezzamento complessivo del candidato, in modo che possa
dimostrarsene la ragionevolezza: tale scelta non può, per il
vero, esaurirsi nel mero riscontro da parte dei singoli
candidati dei requisiti prescritti dalla legge; essa importa
articolate e talvolta complesse valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro capacità
organizzative, sul loro prestigio personale (che hanno già
conferito agli uffici precedentemente ricoperti e che sono
in grado di assicurare a quello da ricoprire). Pertanto,
come chiarito dalla giurisprudenza in tema di nomina di
funzionari onorari, il provvedimento di nomina deve dar
conto del fatto che i differenti requisiti di competenza,
esperienza e professionalità siano stati valutati in
relazione al fine da perseguire.
8.6. In definitiva, sono corrette e condivisibili le
statuizioni della sentenza laddove evidenzia che –se anche
per gli atti di alta amministrazione a valenza fiduciaria
non è affatto escluso l'obbligo di motivazione appropriato e
coerente alla natura degli atti medesimi (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. VI, 19.10.2009, n. 6388)- tanto più non
può prescindersi da una motivazione, di tipo analitico–comparativo, dalla quale s’evincano le ragioni della
maggiore idoneità del designato a rivestire la carica ogni
qual volta, come nella specie, si tratti d’effettuare una
scelta tra più candidati, ognuno dei quali dotato di
specifiche competenze e attitudini a ricoprire l’incarico
cui aspira, compreso nell’ambito delle ordinarie
attribuzioni dell’ente locale. Come precisato in
giurisprudenza, infatti, anche nel caso in esame trova
spazio una tipica fase procedimentale amministrativa, volta
alla “verifica dell’esperienza e della capacità
professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover
rispondere all’avviso pubblico, destinata a sfociare in una
scelta motivata della persona da designare.
8.7. L’eccepita infondatezza della censura di difetto di
motivazione non può allora nemmeno farsi discendere, come
sostiene il Comune, dalla precisazione, contenuta
nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta alcuna
procedura concorsuale, para concorsuale, gara di appalto o
trattativa privata” e che, di conseguenza, “non sarebbe
stata stilata alcuna graduatoria, né attribuiti punteggi o
classificazioni di merito”, né ancora dalla considerazione
che il richiesto “curriculum vitae” aveva “il solo scopo di
manifestare la disponibilità all’assunzione della nomina”:
le suddette precisazioni, ritiene il Collegio, non possono
incidere, in alcun modo, sulla necessità, sopra evidenziata,
di rispettare, comunque, il generale canone della
motivazione degli atti amministrativi.
Del resto, la precisazione contenuta nell’avviso pubblico è
anche intrinsecamente contraddittoria: vi era specificato
che il curriculum vitae aveva il fine di verificare, nei
candidati, “il possesso delle condizioni richieste”,
espressione che di suo implica l’effettuazione di un’analisi
dei curricula medesimi, tendente a verificare l’idoneità dei
candidati a svolgere le funzioni connesse all’espletamento
dell’incarico.
8.7.1. È altresì destituita di fondamento, oltre che
irrilevante per le ragioni anzidette, l’argomento
concernente l’asserita acquiescenza che il candidato odierno
avrebbe prestato alle disposizioni in parte qua del bando
nella manifestazione d’interesse all’assunzione
dell’incarico: a prescindere dall’impossibilità di opinare
alcuna interferenza della precisazione suddetta sull’obbligo
generale di motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990,
l’originario ricorrente ha comunque specificamente impugnato
le disposizioni del bando in parola sia per violazione
dell’obbligo generale di motivazione sia con riferimento
all’art. 3 del citato Regolamento che per la nomina della
Commissione locale per il paesaggio prevede la “procedura ad
evidenza pubblica”.
8.8. In definitiva, per le ragioni esposte anche
l’effettuazione di un’adeguata istruttoria da parte della
Commissione straordinaria rimane confinata a mera
affermazione di principio, come pure infondata è la tesi del
Comune appellante secondo cui il giudizio formulato dalla
Commissione Straordinaria “avrebbe comportato una
valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione
dei candidati”.
8.9. Ne segue che non è decisiva la modalità del voto
(richiamata col primo motivo di gravame) che non può di suo
elidere i criteri di trasparenza e di adeguatezza della
scelta rispetto ai parametri stabiliti ex lege e ripetuti, a
monte della procedura, dal Comune di Scafati nei propri atti
e parimenti è infondato anche il secondo motivo di appello
sulla insidacabilità da parte del giudice amministrativo
della nomina dei componenti della Commissione locale per il
paesaggio. Al riguardo si osserva che, se, per un verso, non
può prescindersi dalla comparazione tra le professionalità
degli interessati, previo accertamento dei requisiti
richiesti, e dalla conseguente motivazione della
designazione effettuata tra le plurime candidature, per
altro verso, per la giurisprudenza, il giudice
amministrativo può legittimamente sindacare le valutazioni
tecnico-discrezionali della Pubblica Amministrazione se
viziate da eccesso di potere per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.04.2021 n. 3119 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2020 |
|
EDILIZIA PRIVATA: La
Commissione locale per il paesaggio svolge
valutazioni di tipo consultivo in materie
connotate da discrezionalità tecnica. Ne
consegue che il profilo della colorazione
politica non avrebbe, e non dovrebbe avere,
alcuna conseguenza sulle valutazioni
compiute dai singoli membri della C.L.P.
chiamati a fornire valutazioni e pareri
sulla esclusiva base della propria
professionalità, con conseguente natura
recessiva delle esigenze di tutela delle
minoranze consiliari.
---------------
... per l'annullamento, previa sospensione
degli effetti:
1. Della deliberazione del Consiglio Comunale di Casamicciola Terme
n. 36 del 08.10.2019, successivamente
pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune,
con il quale è stata disposta la Nomina dei
5 Membri esperti della Commissione Locale
per il Paesaggio per il triennio dal
01/08/2019 al 31/07/2022, con la quale il
Consiglio Comunale ha deliberato i
componenti della Commissione Locale per il
Paesaggio ex art. 27 R.U.E.C;
2. Della proposta di Delibera di Consiglio Comunale n. 39 del
26.09.2019 con la quale è stato proposto al
Consiglio Comunale di Casamicciola di
deliberare la nomina dei 5 membri esperti
della Commissione Locale per il Paesaggio
per il triennio dal 01/08/2019 al
31/07/2019;
3. Dell’art. 27 del Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di
Casamicciola Terme rubricato "Commissione
locale per il Paesaggio", nella parte in cui
prevede che: "Ogni Consigliere Comunale
sceglie il nominativo dell'esperto, negli
elenchi ordinati per ciascuna materia a
seguito di procedura ad evidenza pubblica.
[…] Nel caso in cui non siano presentate
candidature per ciascuna delle cinque
materie, i consiglieri comunali nominano
direttamente gli esperti in tale materia,
procedendo in conformità alla legge
regionale 10 del 1982. Nel caso in cui i
Consiglieri Comunali esprimessero più
nominativi per una medesima materia, il
Consiglio Comunale nomina l'esperto che ha
registrato un numero maggiori di voti. In
caso di parità di voti verrà nominato
l'esperto più giovane".
...
Con ricorso notificato in data 09.12.2019 e depositato il
07.01.2020, l’ing.
Ma.Po. espone di aver partecipato
alla procedura selettiva indetta dal Comune
di Casamicciola Terme con avviso pubblico
del 04.07.2019 approvato con Determina
Dirigenziale n. 367 del 04.07.2019 e
successiva determina di rettifica n. 368 del
04.07.2019 a cui i professionisti, in
possesso degli specifici requisiti
prescritti dall’Allegato alla Legge
Regionale Campania n. 10/1982, sono stati
invitati a manifestare la propria
disponibilità alla nomina per la carica di
componente della Commissione Locale per il
Paesaggio (CLP) di cui all’art. 148 D.lgs.
42/2004.
Con Deliberazione n. 36 dell’08.10.2019
il Consiglio Comunale, ai sensi del
novellato art. 27 del Regolamento
Urbanistico Edilizio del Comune di Casamicciola Terme (RUEC) adottato nel mese
di giugno 2019, ha nominato i 5 Membri
esperti della CLP per il triennio dal 01.08.2019-31.07.2022, senza tuttavia
includere il ricorrente.
Compiuto l’accesso agli atti della procedura
l’ing. Po. verificava che ogni
Consigliere aveva potuto esprimere
preferenze per ogni singolo membro della CLP
in linea con la previsione del RUEC,
nonostante il parere negativo del Segretario
generale dell’ente locale secondo cui ogni
Consigliere comunale avrebbe potuto
esprimere una sola preferenza, sicché
avverso gli atti del procedimento in
discorso e la segnalata previsione del RUEC,
proponeva il ricorso introduttivo del
presente giudizio, affidando il gravame
all’unico articolato motivo che di seguito
si sintetizza: ...
...
Il motivo è infondato.
Invero l'Allegato I della legge Regione
Campania n. 10 del 23.02.1982 dispone
che: “Per la nomina dei membri esperti, che
non dovranno essere dipendenti o
Amministratori del Comune interessato, ogni
Consigliere può esprimere un solo
nominativo”; su questa previsione si è
innestato l'art. 41, comma 2, della legge
regionale 22.12.2004, n. 16 stabilendo
che: “Nei comuni sprovvisti di commissione
edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla
commissione edilizia integrata comunale
dall'allegato alla legge regionale 23.02.1982, n. 10… sono esercitate da un
organo collegiale costituito dal
responsabile dell'ufficio che riveste
preminente competenza nella materia, con
funzioni di presidente, e da quattro esperti
designati dal Consiglio comunale con voto
limitato”; infine tale disposizione è stata
espressamente abrogata dall’art. 4, co. 1,
lett. m), della l.r. 05.01.2011, n. 1.
Occorre quindi stabilire se la prima delle
norme menzionate, quella di cui alla legge
regionale n. 10/1982 che limita ad una sola
preferenza il voto dei Consiglieri comunali
che eleggono i membri della CLP, sia o meno
ancora in vigore.
Deve in primo luogo ritenersi che la legge
regionale n. 16/2004 abbia effettivamente
abrogato la previsione sui meccanismi di
voto per la nomina dei membri della CLP di
cui alla legge regionale n. 10/1982 sia
sotto il profilo testuale sia sotto quello
sistematico.
Con riguardo al primo profilo rileva il
riferimento contenuto nella sopravvenuta
legge regionale n. 16/2004 in generale al
“voto limitato” che esprime, come la
precedente legge regionale n. 10/1982,
l’intendimento di garantire alle minoranze
consiliari la possibilità di esprimere uno o
più componenti della CPL; tuttavia a
differenza della precedente legge regionale,
la l.r. n. 16/2004 non indica uno specifico
meccanismo di rappresentanza delle
minoranze, atteso che il voto limitato può
concretamente realizzarsi attraverso diverse
modalità tra cui anche, ma non solo, quella
specificamente individuata dalla legge
regionale n. 10/1982.
Tale rapporto di
genere a specie fra le due norme non deve,
tuttavia, indurre a ritenere applicabile nel
caso di specie il principio per cui lex
posterior generalis non derogat priori
speciali (ex multis Cass. civ. Sez. V,
17.05.2017, n. 12302; Corte dei Conti,
Sezioni Riunite, 02.03.2018, n. 1), atteso
che la legge regionale n. 16/2004
costituisce verosimilmente il frutto di una
specifica scelta legislativa volta a
demandare ai Comuni una maggiore autonomia
nell’individuazione dello specifico sistema
di voto, in linea con la tendenza alla sussidiarietà e autonomia degli enti locali
impressa dalla legislazione nazionale
successiva alla legge regionale n. 10/1982.
Ne consegue quindi che tra le due
disposizioni è effettivamente riscontrabile
un rapporto di incompatibilità con
conseguente abrogazione della precedente
previsione più limitativa dell’autonomia
comunale.
Peraltro, sotto il profilo sistematico, la
legge regionale n. 16/2004 ha una portata
ampia, tendendo a porsi come unico testo di
riferimento per la disciplina edilizia e per
la relativa organizzazione delle istituzioni
locali coinvolte nei relativi procedimenti,
con ciò costituendo espressione della
volontà del Legislatore di introdurre un
testo omnicomprensivo e sostituivo delle
precedenti fonti.
Per gli stessi motivi non può nemmeno
predicarsi la riviviscenza della previsione
della l.r. n. 10/1982 a seguito
dell’abrogazione dell’art. 41, co. 1, lett.
m), della l.r. n. 16/2004, atteso che
secondo la giurisprudenza “l'abrogazione
della disposizione che modifica o
sostituisce quella precedente non comporta
la sua reviviscenza, tale effetto può
predicarsi in caso di abrogazione di una
disposizione che abbia come contenuto quello
di abrogare una disposizione precedente
sicché ciò che viene meno è proprio
l'effetto abrogativo” (Corte di
Cassazione, Sezioni Unite, 07.12.2007, n.
25551); ora, nel caso di specie, il predetto
art. 41, come rilevato, non si è limitato ad
abrogare la precedente disciplina sulla
nomina dei membri delle CLP ma ha introdotto
una disciplina incompatibile con quella
precedente. Né può ritenersi che
l’abrogazione della legge regionale del 2004
abbia determinato un vuoto normativo,
dovendosi in contrario ravvisare una
riespansione della regola generale per la
quale tutti i membri del consiglio comunale
esercitano pienamente il proprio diritto di
voto senza limitazioni, dovendosi infatti
ritenere che le regole sul voto limitato
costituiscano eccezione al principio della
piena rappresentanza dei singoli Consiglieri
comunali chiamati ad esprimere pienamente il
proprio voto.
Peraltro, a tali considerazioni deve
aggiungersi che la Commissione locale per il
paesaggio svolge valutazioni di tipo
consultivo in materie connotate da
discrezionalità tecnica, secondo quanto
dettagliato nell’allegato alla ripetuta
legge regionale n. 10/1982, in base alla
quale la commissione è investita dei
compiti:
a) di esprimere parere in merito alle materie di cui all'art. 82
del DPR n. 616 del 24.07.1977, non comprese
tra quelle sub-delegate ai Comuni ai sensi
del II Comma dell'art. 6 della legge
regionale 01.09.1981, n. 65;
b) di fornire consulenza in materia di Tutela dei Beni Ambientali,
Paesistici ed Architettonici e di uso di
edifici di particolare pregio e, comunque,
su tutte le questioni che l'Amministrazione
Comunitaria o Provinciale interessata
riterrà opportuno sottoporle.
Ne consegue che il profilo della colorazione
politica non avrebbe, e non dovrebbe avere,
alcuna conseguenza sulle valutazioni
compiute dai singoli membri della CLP
chiamati a fornire valutazioni e pareri
sulla esclusiva base della propria
professionalità, con conseguente natura
recessiva delle esigenze di tutela delle
minoranze consiliari (cfr. Tar Campania,
sez. I, 18.06.2019, n. 3359).
In definitiva il motivo di ricorso si
appalesa infondato e il ricorso deve essere
conseguentemente respinto
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 26.03.2020 n. 1260 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2019 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Circa
la possibilità di riconoscere un compenso
e/o un rimborso spese ai membri della
Commissione locale per il paesaggio prevista
dall’art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio),
l’art. 183, comma 3, del D.Lgs. n. 42 del
2004 vieta la possibilità di erogare
compensi ai membri della Commissione locale
per il paesaggio, ai quali, tuttavia, è
possibile riconoscere un rimborso delle
spese documentate a condizione che
l’amministrazione interessata verifichi a
monte, sin dalla fase di programmazione, la
possibilità di coprire, in concreto, tali
spese con nuove entrate (ovvero risparmi di
spesa) derivanti dall’esercizio della
funzione delegata, di cui è parte integrante
e sostanziale la commissione locale per il
paesaggio.
In caso contrario, tali oneri non potranno
essere sostenuti, pena la violazione del
vincolo di invarianza finanziaria previsto
dal comma 3, del citato art. 183 del Codice.
---------------
Il Sindaco del Comune di Novara chiede
a questa Corte di pronunciarsi sulla
legittimità del riconoscimento di un
compenso e/o rimborso spese ai componenti
della Commissione locale per il paesaggio
(di seguito anche: Commissione).
Al riguardo l’Ente, nel richiamare la
normativa che disciplina il predetto organo,
precisa che, sino ad ora, non ha
riconosciuto alcun compenso ai componenti di
tale Commissione, anche se professionisti
esterni all’Ente.
...
Ciò posto, si evidenzia che il quesito
formulato dal Comune di Novara riguarda la
possibilità, o meno, di riconoscere un
compenso e/o un rimborso spese ai membri
della Commissione locale per l’ambiente
prevista dall’art. 148 del D.Lgs.
22.01.2004, n. 42 (c.d. “Codice dei beni
culturali e del paesaggio”, di seguito
anche: Codice), con la specificazione che di
tale organo vengono chiamati a far parte
anche professionisti esterni
all’Amministrazione.
La questione sorge dall’esigenza dell’Ente
di approvare un nuovo regolamento comunale
sulla Commissione locale per il paesaggio,
per cui viene evidenziato che, nel corso di
dibattiti intercorsi con gli Ordini
professionali (ed in particolare con
l’Ordine degli architetti) è stato eccepito
che “nel caso in cui i professionisti
[membri della Commissione – n.d.r.] fossero
esterni all’apparato pubblico, risulterebbe
ostativa alla tesi interpretativa del Comune
[ovvero della preclusione normativa al
riconoscimento di compensi – n.d.r.] la
regola generale imposta dai codici
deontologici degli ordini professionali di
appartenenza dei professionisti, secondo cui
è vietata la gratuità della prestazione,
salvo specifiche ipotesi motivate da ragioni
di ‘solidarietà’ ovvero ‘di apprendistato’,
non sussistenti nel caso in esame”.
Al riguardo l’Ente precisa poi che “stante
la peculiarità dei requisiti richiesti,
anche di natura specialistica, nella maggior
parte dei casi le Amministrazioni, al fine
di comporre le commissioni, si rivolgono a
soggetti esterni al comparto pubblico”.
Nel prosieguo, viene evidenziato che l’art.
183, comma 3, del Codice, mentre esclude
tassativamente la corresponsione di compensi
ai membri della Commissione anche sotto
forma di gettoni di presenza per la
partecipazione alle sedute, nulla dice in
relazione ad eventuali rimborsi spese,
sebbene la stessa norma specifichi che dalla
partecipazione alle Commissioni non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
In conclusione, l’Ente chiede se “sia
corretto, sotto l’aspetto della rispondenza
del dettato normativo, prevedere, nel
redigendo regolamento sulla Commissione
Locale del Paesaggio, il riconoscimento di
un compenso e/o di un rimborso spese, quest’ultimo
limitato a quei membri residenti fuori dal
territorio comunale, previa presentazione di
idonee pezze giustificative”.
2. Per la disamina della tematica oggetto
del parere richiesto dal Comune di Novara si
evidenzia, in primo luogo, che l’art. 146,
comma 6, del Codice dei beni culturali e del
paesaggio ha attribuito alla regione la
funzione autorizzatoria in materia di
paesaggio, specificando che tale funzione
viene svolta dalla regione avvalendosi di
propri uffici dotati di adeguate competenze
tecnico-scientifiche e idonee risorse
strumentali. Nel contempo, la medesima norma
prevede la possibilità per la regione di
delegare l’esercizio di tale funzione, con
riguardo ai rispettivi territori, a
province, a forme associative e di
cooperazione fra enti locali, agli enti
parco, ovvero ai comuni, “purché gli enti
destinatari della delega dispongano di
strutture in grado di assicurare un adeguato
livello di competenze tecnico-scientifiche
nonché di garantire la differenziazione tra
attività di tutela paesaggistica ed
esercizio di funzioni amministrative in
materia urbanistico-edilizia”.
Il comma 16 del medesimo articolo specifica
che “[d]all'attuazione del presente
articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza
pubblica”.
A sua volta, il primo ed il secondo comma
dell’art. 148 del Codice prevedono che “1.
Le regioni promuovono l'istituzione e
disciplinano il funzionamento delle
commissioni per il paesaggio di supporto ai
soggetti ai quali sono delegate le
competenze in materia di autorizzazione
paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146,
comma 6.
2. Le commissioni sono composte da soggetti
con particolare, pluriennale e qualificata
esperienza nella tutela del paesaggio”.
In ultimo, il terzo comma dell’art. 183 del
Codice prevede che “[l]a partecipazione
alle commissioni previste dal presente
codice è assicurata nell'ambito dei compiti
istituzionali delle amministrazioni
interessate, non dà luogo alla
corresponsione di alcun compenso e,
comunque, da essa non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza
pubblica”.
La Regione Piemonte ha disciplinato tale
materia con la legge regionale 01.12.2008,
n. 32 il cui articolo 3, secondo comma,
prevede che “[n]ei casi non elencati dal
comma 1 e per quelli di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 13.02.2017, n.
31 (Regolamento recante individuazione degli
interventi esclusi dall'autorizzazione
paesaggistica o sottoposti a procedura
autorizzatoria semplificata), il rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica è delegato
ai comuni o alle loro forme associative, che
si avvalgono, per la valutazione delle
istanze, delle competenze tecnico
scientifiche delle commissioni locali per il
paesaggio di cui all'articolo 4”.
Il predetto articolo 4, primo comma, prevede
che “[i] comuni o le loro forme
associative istituiscono, ai sensi
dell'articolo 148 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, la commissione
locale per il paesaggio con competenze
tecnico scientifiche, incaricata di
esprimere i pareri previsti dall'articolo
148, comma 3, del codice dei beni culturali
e del paesaggio”.
Il secondo comma, invece, stabilisce che “[o]gni
commissione locale per il paesaggio è
composta da almeno tre componenti di
particolare, pluriennale e qualificata
esperienza, come definita con apposito
provvedimento della Giunta regionale, nella
tutela del paesaggio”, specificando poi
i titoli che devono possedere i membri di
tale organo collegiale.
Per completezza, si evidenzia che quest’ultimo
comma è stato modificato dall’art. 93, comma
1, della legge regionale 17.12.2018, n. 19
che ha sostanzialmente ampliato le
possibilità di formazione della commissione,
prevedendo come titolo ammesso, oltre a
specifici diplomi di laurea, anche il
diploma di scuola secondaria di secondo
grado attinente a determinate discipline,
unitamente all’iscrizione ad albi
professionali, ovvero ad una qualificata e
pluriennale esperienza nelle medesime
materie.
La Giunta regionale, con deliberazioni n.
34/10229 e n. 58/10313 del 2008, ha
indicato, tra l’altro, i requisiti dei
componenti della Commissione locale per il
paesaggio, con la specificazione che gli
stessi “devono essere scelti tra i
tecnici esterni all’amministrazione e
comunque non facenti parte dello Sportello
unico per l’edilizia” e l’ulteriore
indicazione che la scelta dei componenti “dovrà
tenere in considerazione, altresì,
dell’esperienza almeno triennale maturata
nell’ambito della libera professione o in
qualità di pubblico dipendente, nelle
specifiche materie”.
3. Sulla base del predetto quadro normativo
deve trovare soluzione il quesito posto dal
Comune di Novara per il quale occorre
distinguere l’argomento della
riconoscibilità di un compenso ai
membri della Commissione locale per il
paesaggio, da quello della riconoscibilità
di un mero rimborso spese.
Venendo al primo argomento, si ritiene che
sul punto il legislatore non abbia lasciato
alcun margine interpretativo sancendo
espressamente il divieto di corresponsione
di compensi ai membri della Commissione in
parola.
L’art. 183, comma 3, del Codice dei beni
culturali e del paesaggio “[l]a
partecipazione alle commissioni previste dal
presente codice […] non dà luogo alla
corresponsione di alcun compenso”, da
intendersi come qualsiasi forma di
remunerazione per l’attività svolta dai
membri dell’Organo. Divieto imposto per ogni
tipo di Commissione prevista dal Codice, tra
le quali vi è la Commissione locale per il
paesaggio disciplinata prevista dall’art.
148 del medesimo testo normativo.
Tale disposizione, peraltro, non pone alcuna
distinzione sulla base della provenienza dei
membri dell’Organo collegiale per cui il
portato normativo non cambia anche se la
regione ha previsto la possibilità che per
la composizione della Commissione ci si
possa rivolgere pure a professionisti
esterni dotati di specifiche competenze.
Rimane ad ogni modo fermo che la decisione
del professionista di far parte della
medesima Commissione rientra nella sua
autonoma determinazione. La gratuità della
prestazione, in tal caso, sarebbe
riconducibile ad un obbligo di legge e non
alla volontà del professionista,
nell’esercizio della quale lo stesso deve
attenersi agli obblighi deontologici.
A margine si ritiene opportuno precisare
che, nell’ipotesi in cui un Comune non
riesca a formare la Commissione in parola,
le funzioni amministrative in materia
paesaggistica sono esercitate dalla Regione.
Di concorde avviso è la Sezione regionale di
controllo per la Puglia che, con
parere 18.04.2012 n.
52, ha concluso che “la
partecipazione alle commissioni locali per
il paesaggio istituite in attuazione
dell’art. 148 del codice dell’art. 8 della
legge regionale pugliese n. 20 del 2009 è da
ritenersi onorifica”.
4. Per quanto concerne, invece, la
possibilità di riconoscere ai membri della
Commissione un rimborso spese si
evidenzia che il menzionato art. 183, comma
3, del Codice dei beni culturali e del
paesaggio non contiene un espresso divieto
come per i compensi.
La clausola di invarianza finanziaria ivi
contenuta, secondo cui dalla partecipazione
alle commissioni previste dal Codice “non
derivano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica”, infatti,
costituisce espressione dell’obbligo
previsto dall’art. 81, comma 3, della
Costituzione secondo cui “[o]gni legge
che importi nuovi o maggiori oneri provvede
ai mezzi per farvi fronte”.
Detta clausola, pertanto, impone la
neutralità dell’impatto degli oneri
derivanti dall’attuazione della norma in
termini di equilibrio economico-finanziario
complessivo.
In tal senso la Sezione regionale di
controllo per la Basilicata, con
parere 07.07.2016 n. 29
ha chiarito che “il comma 3, dell’art.
183 del Dlgs 42/2004, per come formulato,
non preclud[e] ‘in linea astratta’ il
rimborso delle spese di viaggio sostenute
dai componenti per la partecipazione alle
commissioni in riferimento, e ciò in quanto
l’articolato in questione non prevede uno
specifico divieto in tal senso, e, comunque,
tale divieto non può ritenersi compreso –per
via implicita– nel divieto di ‘corrispondere
alcun compenso’ sancito dal comma in
questione, in quanto non ne condivide i
medesimi presupposti ‘remunerativi o
compensativi’”.
Conseguentemente, la medesima Sezione
specifica che “alla luce del vincolo di
neutralità finanziaria sancito
dall’articolato in esame, gli oneri
derivanti dal ‘rimborso delle spese’
potranno essere legittimamente previsti e
sostenuti dall’amministrazione interessata
solo ed esclusivamente all’esito della
verifica ‘a monte’, sin dalla fase di
programmazione, della possibilità di
neutralizzare, in concreto, tali spese con
le nuove entrate (ovvero i risparmi di
spesa) derivanti dall’esercizio della
funzione delegata, di cui è parte integrante
e sostanziale la commissione locale per il
paesaggio in esame. In caso contrario, tali
oneri non potranno essere sostenuti, pena la
violazione del vincolo di invarianza
finanziaria” previsto dal comma 3, del
citato art. 183 del Codice.
Fermo restando tale imprescindibile verifica
circa la possibilità di neutralizzare la
spesa per concedere tali rimborsi, si
ritiene che i criteri e le modalità di
riconoscimento di tali rimborsi spese,
da sottoporre ad un rigoroso onere di
documentazione, dovranno trovare puntuale
disciplina nel redigendo regolamento
comunale sulla Commissione locale per il
paesaggio (Corte dei Conti, Sez. controllo
Piemonte,
parere
27.06.2019 n. 57). |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
nomina dell’esperto in “legislazione
dei beni culturali” in seno alla "Commissione
Locale per il Paesaggio" avvenuta senza
la benché minima comparazione tra le varie
candidature pervenute.
La designazione del controinteressato, quale
esperto in "legislazione dei beni culturali", è stata
compiuta
senza l’esplicitazione della benché minima
giustificazione, circa la sua idoneità a
ricoprire l’incarico in questione, nonché
senza alcuna valutazione delle sue
specifiche competenze, ovvero delle
professionalità acquisite, quali ricavabili
dal curriculum presentato, e, ancora, senza
l’espressione d’alcun giudizio, di tipo
analitico–comparativo, rispetto ai
curricula ed alle specifiche competenze
e professionalità degli altri professionisti
che, come il ricorrente, avevano manifestato
il loro interesse, a rivestire la carica di
componente della Commissione Locale per il
Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione
dei beni culturali”.
Un tale modo di operare, tuttavia, si pone,
ad avviso del Collegio, in netto contrasto
con l’obbligo generale di motivazione degli
atti amministrativi, sancito dall’art. 3
della l. 241/1990, obbligo cui l’atto in
questione, espressione di una scelta,
esercitata dalla predetta Commissione nel
contesto di poteri amministrativi ordinari,
per quanto settoriali, non poteva
evidentemente sottrarsi.
Viene in rilievo, a conforto di quanto sopra
argomentato, la giurisprudenza seguente: “Se
pure, in linea generale, le designazioni
degli organi di vertice delle
Amministrazioni si configurano come
provvedimenti da adottare in base a criteri
eminentemente fiduciari, riconducibili
nell'ambito degli atti di alta
amministrazione, in quanto sono espressione
della potestà di indirizzo e di governo
delle autorità preposte alle Amministrazioni
stesse, si deve osservare nondimeno che il
singolo provvedimento di nomina deve esporre
le ragioni che hanno condotto alla nomina di
uno di essi, comportando una scelta
nell'ambito di una categoria di determinati
soggetti in possesso di titoli specifici. In
altre parole, la motivazione della scelta
-sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"- deve comunque ancorarsi all'esito
di un apprezzamento complessivo del
candidato, in modo che possa dimostrarsi la
ragionevolezza della scelta effettuata che
non può logicamente esaurirsi nel mero
riscontro da parte dei singoli candidati dei
requisiti prescritti dalla legge ma che
importa articolate, delicate e talvolta
addirittura sfumate valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio
personale e sul prestigio che eventualmente
hanno già conferito agli uffici
precedentemente ricoperti e che
astrattamente sono in grado di assicurare a
quello da ricoprire”.
E se la necessità di una penetrante
motivazione è stata affermata, in
giurisprudenza, per la scelta degli organi
di vertice dell’Amministrazione, a
fortiori la stessa è imprescindibile,
allorquando si tratti di nominare gli
esperti di una commissione che s’inserisce,
sia pur con criteri d’elevata
professionalità e competenza, nell’ambito
dell’esercizio delle ordinarie funzioni
amministrative, attribuite all’ente locale,
nello specifico settore della tutela del
paesaggio.
Si tenga presente, altresì, l’ulteriore
massima che segue: “Alla luce dell'art.
3, comma 2, l. 07.08.1990, n. 241 (che
introduce una espressa eccezione alla
necessità della motivazione per i soli atti
normativi e per quelli a contenuto
generale), la motivazione è requisito
indispensabile di ogni atto amministrativo,
ivi compresi quelli consistenti in
manifestazioni di giudizio interni a
procedimenti concorsuali o para-concorsuali,
nell’ambito dei quali, anzi, la motivazione
svolge un precipuo ruolo pregnante, quale
fattore di esternazione dell’iter logico
delle determinazioni assunte dalle
commissioni esaminatrici in esercizio
dell’amplissima discrezionalità loro
riconosciuta, ai fini dell’esercizio del
diritto di difesa in giudizio. Di
conseguenza anche per gli atti di alta
amministrazione a valenza fiduciaria non è
affatto escluso l'obbligo di motivazione,
essendo chiuso nel sistema, dopo l'entrata
in vigore della l. n. 241 del 1990, ogni
spazio per la categoria dei provvedimenti
amministrativi c.d. a motivo libero. Anche
allorché, quindi, si debbano adottare atti
di nomina di tipo fiduciario,
l'Amministrazione deve indicare le qualità
professionali sulla base delle quali ha
ritenuto il soggetto più adatto rispetto
agli obiettivi programmati, dimostrando di
aver compiuto un'attenta e seria valutazione
del possesso dei requisiti prescritti in
capo al soggetto prescelto, sì che risulti
la ragionevolezza della scelta”.
In sostanza, se persino “gli atti di alta
amministrazione a valenza fiduciaria”
non possono essere ritenuti avulsi dal
rispetto dell’obbligo di una motivazione,
congruente con la natura degli atti
medesimi, e se non residua, quindi, più
alcuno spazio per i provvedimenti
amministrativi, cd. a motivo libero (id
est, espressione di discrezionalità
assoluta), ne consegue che ogni qual volta,
come nella specie, si tratti d’effettuare
una scelta tra più candidati, ognuno dei
quali dotato di specifiche competenze ed
attitudini a ricoprire l’incarico, cui
aspira (come emergenti dai rispettivi
curricula) –incarico, si ripete,
compreso nell’ambito delle ordinarie
attribuzioni dell’ente locale, sia pur di
natura settoriale– non può prescindersi, a
maggior ragione, da una motivazione, di tipo
analitico–comparativo, tendente
all’emersione delle ragioni della scelta di
uno soltanto dei candidati in questione, e
dalla quale, in particolare, s’evincano le
ragioni per le quali lo stesso sia
considerato il più adatto a rivestire la
medesima carica.
---------------
Il Comune, costituitosi in giudizio, eccepisce
l’inammissibilità e, comunque, sostiene
l’infondatezza delle censure attoree, posto
che:
- nell’avviso pubblico,
con il quale l’ente aveva chiesto una
manifestazione d’interesse, ai fini della
nomina a componente della Commissione Locale
per il Paesaggio, nel rispetto del D.Lgs.
42/2004 e delle leggi regionali n. 16/2004 e
10/1982, era precisato che non veniva
indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa
privata e di conseguenza non sarebbe stata
stilata alcuna graduatoria, né attribuiti
punteggi o classificazioni di merito e che
il richiesto curriculum vitae aveva “il
solo scopo di manifestare la disponibilità
all’assunzione della nomina, il possesso
delle condizioni richieste e la
conoscibilità dei soggetti disponibili ad
assumere l’incarico”; inoltre,
- nella
domanda di manifestazione d’interesse,
presentata e sottoscritta dal ricorrente, si
leggeva testualmente: “(...) di aver
preso visione integrale e acquisito piena
conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo
per la presentazione delle candidature per
selezione dei componenti della Commissione
Locale per il paesaggio ed in particolare
per quanto concerne la disciplina della
composizione, durata, attribuzioni e
funzionamento della Commissione e della
determinazione stessa per quanto concerne le
modalità e i criteri di selezione delle
candidature, con accettazione delle
condizioni ed impegni conseguenti (…)”.
Invero, la censura de qua non può affatto
reputarsi inammissibile.
In particolare, l’eccepita inammissibilità
non può farsi discendere dalla precisazione,
contenuta nell’avviso pubblico, “che non veniva indetta
alcuna procedura concorsuale, para
concorsuale, gara di appalto o trattativa
privata” e che, di conseguenza, “non
sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né
attribuiti punteggi o classificazioni di
merito”, laddove il richiesto “curriculum
vitae” aveva “il solo scopo di
manifestare la disponibilità all’assunzione
della nomina, il possesso delle condizioni
richieste e la conoscibilità dei soggetti
disponibili ad assumere l’incarico”.
Ciò, in quanto la suddetta precisazione non
può incidere, in alcun modo, sulla
necessità, sopra evidenziata, di rispettare,
comunque, il generale canone della
motivazione degli atti amministrativi, ogni
qual volta si tratti di effettuare una
selezione tra più aspiranti al medesimo
incarico, per quanto fiduciario; del resto,
la stessa precisazione è anche intimamente
contraddittoria, nella misura in cui viene
ivi specificato che il curriculum vitae
tendeva al fine di verificare –nei
candidati– “il possesso delle condizioni
richieste”, espressione circa la quale
non possono sorgere equivoci e che, di per
se stessa, implica l’effettuazione di
un’analisi dei curricula medesimi,
tendente a controllare l’idoneità dei
candidati a svolgere le funzioni, connesse
all’espletamento dell’incarico.
Come precisato in giurisprudenza, infatti,
anche nel caso in esame trova spazio una
tipica fase procedimentale amministrativa,
volta alla “verifica dell’esperienza e
della capacità professionale” di coloro
che hanno ritenuto di dover rispondere
all’avviso pubblico, destinata a sfociare in
una scelta motivata della persona da
designare.
Ne deriva l’irrilevanza
della circostanza per cui, nella
manifestazione d’interesse, presentata dal
ricorrente, si leggeva: “(...) di aver
preso visione integrale e acquisito piena
conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo
per la presentazione delle candidature per
selezione dei componenti della Commissione
Locale per il paesaggio”, e ciò proprio
per le ragioni, dianzi esposte,
dell’assoluta non interferenza della
precisazione suddetta, con la disciplina
generale, dettata dall’art. 3 della l.
241/1990.
Pertanto la convinzione, espressa dalla sua
difesa del ricorrente, che il Comune avesse
adottato l’atto gravato “solo a seguito
di un’adeguata istruttoria, mediante l’esame
e la verifica dei curricula inviati, dai
quali certamente ha potuto verificare
l’idoneità dei partecipanti”, assume
piuttosto la valenza di un atto fideistico,
posto che l’effettuazione di tale adeguata
istruttoria non si ricava affatto, dagli
atti a disposizione del Collegio.
---------------
... per l’annullamento, previa sospensione:
A) della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune
di Scafati n. 123 del 13.12.2018,
successivamente conosciuta, nella parte in
cui reca la nomina del componente esperto in
“Legislazione Beni Culturali”;
B) ove e per quanto occorra, dell’avviso pubblico prot. n. 53968
del 09.10.2018, per la presentazione delle
candidature;
C) di tutti gli atti demandati, in base alla delibera di cui sopra
sub A), al Responsabile del Settore V, ove
intervenuti e comunque mai comunicati né
altrimenti conosciuti;
...
Il ricorrente, premesso che:
- il Comune di Scafati, con atto prot. n. 53968 del 09.10.2018,
pubblicava l’avviso “Candidature per la
nomina dei membri della Commissione Locale
per il Paesaggio” per 5 esperti nelle
seguenti materie “a. beni ambientali; b.
storia dell’arte, discipline pittoriche ed
arti figurative; c. discipline agricole,
forestali e naturalistiche; d. discipline
storiche; e. legislazione dei beni culturali.”;
- l’avviso disponeva che la nomina dei componenti sarebbe avvenuta,
da parte della Commissione Straordinaria,
con i poteri del Consiglio comunale, sulla
base del curriculum presentato, prevedendo,
tra l’altro, dei titoli preferenziali
riferiti a: - professionisti iscritti agli
Albi professionali; - professori,
ricercatori e/o esperti in determinate
materie tra cui “beni ambientali”, “beni
culturali” e “legislazione dei beni
culturali ambientali e paesaggistici”; -
dipendenti pubblici responsabili di una
struttura organizzativa per non meno di 3
anni in materia paesaggistica e ambientale;
- essendo in possesso dei requisiti prescritti, presentava la
propria candidatura il 15.10.2018 (prot. n.
55350), per esperto in “legislazione dei
beni culturali”, allegando la
documentazione richiesta, tra cui il
curriculum vitae, ed indicando, come
prescritto dall’avviso di partecipazione,
quali titoli preferenziali: a) l’iscrizione
all’Ordine degli Avvocati, b) la nomina di
esperto di “legislazione dei beni
culturali” nella CLP presso il Comune di
Battipaglia, c) gli studi in diritto e
legislazione ambientale per il diploma
post-laurea presso la Scuola di
specializzazione in “Diritto
amministrativo e Scienza
dell’Amministrazione” dell’Università
Federico II di Napoli;
- a seguito della delibera della Commissione Straordinaria n. 123
del 13.12.2018, di nomina dei 5 componenti
della CLP, con istanza ex l. n. 241/1990 del
18.12.2018, chiedeva di avere copia: 1)
dell’istanza di ammissione alla procedura,
in una a tutti i documenti in essa allegati,
del componente della CLP nominato quale
esperto in “legislazione dei beni
culturali”; 2) di tutti gli atti
afferenti la valutazione comparativa
all’uopo effettuata, ivi compresi quelli
istruttori;
tanto premesso, e a seguito dell’accesso
agli atti, in data 22.01.2019, riteneva che
la delibera impugnata fosse palesemente
illegittima, per i seguenti motivi:
I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI
ARTT. 146 E 148 D.LGS. 22.01.2004, N. 42; 3
DEL REGOLAMENTO PER LA COMMISSIONE LOCALE
PER IL PAESAGGIO DEL COMUNE DI SCAFATI; 3,
L. 07.08.1990 N. 241, 9 E 97 COST., 1 E SS.
ALLEGATO 1 L.R.C. 23.02.1982, n. 10. ECCESSO
DI POTERE PER CARENZA ASSOLUTA DI
ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, VIOLAZIONE DEL
GIUSTO PROCEDIMENTO, ILLOGICITÀ E
TRAVISAMENTO. SVIAMENTO:
● dalla documentazione acquisita in sede di accesso, che esibiva,
risultava che la nomina dell’esperto in “legislazione
dei beni culturali” era avvenuta, senza
la benché minima comparazione tra le varie
candidature pervenute; infatti, agli atti
della pratica, mostrata in visione, risulta
la sola delibera impugnata, che non reca
alcuna ragione della scelta compiuta,
sebbene nella materia prescelta dal
ricorrente fossero state presentate 5
candidature; che, essendo noto l’avviso del
G.A. secondo cui, anche in caso di nomina di
componenti onorari, la procedura non si
sottrae ad un’indefettibile comparazione tra
i vari candidati, sulla scorta del
rispettivo bagaglio professionale e di
esternazione della motivazione circa la
scelta, in concreto, effettuata (citava
giurisprudenza a sostegno);
● si presentava, quindi, del tutto recessivo il “dato atto”,
contenuto nella delibera impugnata, secondo
cui l’avviso pubblico –che comunque
impugnava– era finalizzato al solo scopo di
“manifestare la disponibilità
all’assunzione della nomina, il possesso dei
requisiti, non essendo stata posta in essere
alcuna procedura concorsuale,
para-concorsuale, gara d’appalto o di
graduatoria, attribuzione di punteggi o
altre classificazioni di merito”, atteso
che tale assunto non poteva assorbire
–qualora inteso in termini di
discrezionalità assoluta– l’onere, gravante
sulla P.A., di dare contezza della scelta,
in concreto effettuata;
● appariva, del resto, evidente anche il contrasto con il Regolamento
che, all’art. 3, richiama per la nomina
della C.L.P. la “procedura ad evidenza
pubblica” (era citata ulteriore
giurisprudenza, a conforto);
● per quanto riguardava poi, in particolare, il professionista
prescelto, “questi oltre a non aver
indicato alcun titolo preferenziale, dal suo
curriculum si evince che è sostanzialmente
versato nel settore edilizio e delle opere
pubbliche, non offrendo alcun apprezzabile
elemento di esperienza e/o valutazione
nell’ambito della disciplina, per la quale
ha proposto la candidatura, e più in
generale, nella materia paesaggistica”;
parimenti dicasi con riferimento agli
incarichi assolti dal medesimo presso le
PP.AA., quale componente di Commissioni
edilizie ordinarie o di quelle ex l. n.
219/1981;
● pure, la delega della funzione autorizzatoria nella materia
paesaggistica, ex art. 146, c. VI, D.Lgs. n.
42/2004, è espressamente condizionata alla
circostanza che “(…) gli enti destinatari
della delega dispongano di strutture in
grado di assicurare un adeguato livello di
competenze tecnico-scientifiche nonché di
garantire la differenziazione tra attività
di tutela paesaggistica ed esercizio di
funzioni amministrative in materia
urbanistico-edilizia”; e il ricorrente
aveva, appunto, indicato e documentato sia i
titoli preferenziali, sia il suo bagaglio
professionale, versato nell’ambito sia della
disciplina per la quale ha chiesto la nomina
per la C.L.P., sia del più ampio settore
giuridico-amministrativo in cui è
naturalmente attratta la disciplina in
parola; del resto, la disciplina, prescelta
per la candidatura era la “Legislazione
Beni Culturali”, la quale “appare
propria del settore giuridico piuttosto che
di quello tecnico-ingegneristico”,
sicché, a fortiori, la scelta operata
non poteva essere condivisa;
● veniva pertanto in rilievo “la violazione delle disposizioni sia
di legge (nazionale e regionale), intese ad
assicurare le giuste professionalità
(“soggetti con particolare, pluriennale e
qualificata esperienza nella tutela del
paesaggio”, ex art. 148 D.Lgs. n. 42/2004),
sia di quelle dettate dal Regolamento
interno e dall’Avviso pubblico, che ripetono
pedissequamente dalle prime, intese “a
garantire che, in sede di “vaglio delle
candidature”, le competenze e
professionalità nella C.L.P. “sono
armonicamente equilibrate per garantire una
interdisciplinarietà come previsto dalla LR
10/1982 e dalla circolare regionale” (cfr.
Regolamento e Avviso pubblico)”.
Si costituiva in giudizio il Comune di
Scafati, con memoria in cui eccepiva
l’inammissibilità e, comunque, sosteneva
l’infondatezza delle censure attoree, posto
che nell’avviso pubblico del 09.10.2018,
con il quale l’ente aveva chiesto una
manifestazione d’interesse, ai fini della
nomina a componente della Commissione Locale
per il Paesaggio, nel rispetto del D.Lgs.
42/2004 e delle leggi regionali n. 16/2004 e
10/1982, era precisato che non veniva
indetta alcuna procedura concorsuale, para-concorsuale, gara di appalto o trattativa
privata e di conseguenza non sarebbe stata
stilata alcuna graduatoria, né attribuiti
punteggi o classificazioni di merito e che
il richiesto curriculum vitae aveva “il
solo scopo di manifestare la disponibilità
all’assunzione della nomina, il possesso
delle condizioni richieste e la
conoscibilità dei soggetti disponibili ad
assumere l’incarico”; inoltre, nella
domanda di manifestazione d’interesse,
presentata e sottoscritta dal ricorrente, si
leggeva testualmente: “(...) di aver
preso visione integrale e acquisito piena
conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo
per la presentazione delle candidature per
selezione dei componenti della Commissione
Locale per il paesaggio ed in particolare
per quanto concerne la disciplina della
composizione, durata, attribuzioni e
funzionamento della Commissione e della
determinazione stessa per quanto concerne le
modalità e i criteri di selezione delle
candidature, con accettazione delle
condizioni ed impegni conseguenti (…)”;
era, quindi, “evidente che il Comune di
Scafati, solo a seguito di un’adeguata
istruttoria, mediante l’esame e la verifica
dei curricula inviati, dai quali certamente
ha potuto verificare l’idoneità dei
partecipanti, e nel pieno dei propri poteri
discrezionali ha adottato l’atto gravato”.
...
Fondata e dirimente, con assorbimento delle
ulteriori doglianze, si presenta, in
particolare, la censura, impingente nel
difetto di qualsivoglia motivazione, a
sostegno della designazione del
controinteressato, quale esperto in
“legislazione dei beni culturali”.
Se si scorre, infatti, il testo della
deliberazione della Commissione
Straordinaria del Comune di Scafati, oggetto
di gravame, s’apprende che la stessa
Commissione, agente con i poteri del
Consiglio Comunale, “Dato atto (…) che
alla scadenza dell’avviso pubblico, sulla
scorta delle candidature pervenute,
l’ufficio tecnico ha compiuto l’istruttoria
delle domande ad ha predisposto l’elenco
sulla base dei titoli dichiarati da ciascun
partecipante distinti per categorie, come
segue (omissis)”; “Ritenuto dover
nominare i componenti della Commissione
Locale per il Paesaggio con le modalità di
cui alla citata Legge Regionale n. 10/1982 e
come chiarito dalla Circolare esplicativa
della Regione Campania prot. 2011.0602279
del 02.08.2011”, proponeva di deliberare
“per le motivazioni di cui in premessa,
parte integrante e sostanziale della
seguente proposta di delibera;
a) la costituzione della nuova Commissione Locale del Paesaggio, in
sostituzione della precedente decaduta,
secondo la composizione e i Criteri dettati
dall’allegato I della L.R. 10/1982, la quale
stabilisce, tra l’altro, la nomina di cinque
membri esperti esterni in materia
urbanistica, beni ambientali, storia
dell’arte, geografia, discipline
agricolo–forestali, naturalistiche,
storiche, pittoriche ed arti figurative e
legislazione beni culturali, e, per
l’effetto,
b) la nomina dei componenti della Commissione Locale per il
Paesaggio, con le modalità di cui alla
citata Legge Regionale n. 10/1982 e come
chiarito dalla Circolare esplicativa della
Regione Campania prot. 2011,0602279 del
02.08.2011, tra i soggetti ammessi alla
procedura indicati in premessa”;
quindi, sulla scorta di tale proposta, la
Commissione medesima, sempre agente con i
poteri del C.C., approvava la detta proposta
di deliberazione (…) e per l’effetto
nominava componenti della Commissione Locale
per il Paesaggio, prevista dall’art. 148 del
d.lgs. 42/2004 e ss. mm. ii., i seguenti
professionisti esterni, ciascuno esperto
nella materia, a fianco, riportata: (…) ing.
Fr.Co.Ci. – esperto in materia “Legislazione
Beni Culturali” (…).
Come può agevolmente notarsi, la
designazione del controinteressato, quale
esperto nella prefata materia, è stata
compiuta, dalla Commissione Straordinaria,
senza l’esplicitazione della benché minima
giustificazione, circa la sua idoneità a
ricoprire l’incarico in questione, nonché
senza alcuna valutazione delle sue
specifiche competenze, ovvero delle
professionalità acquisite, quali ricavabili
dal curriculum presentato, e, ancora, senza
l’espressione d’alcun giudizio, di tipo
analitico–comparativo, rispetto ai
curricula ed alle specifiche competenze
e professionalità degli altri professionisti
che, come il ricorrente, avevano manifestato
il loro interesse, a rivestire la carica di
componente della Commissione Locale per il
Paesaggio, in qualità di esperti in “legislazione
dei beni culturali” (in totale, come si
ricava dall’elenco, contenuto nella proposta
di deliberazione de qua, sette
professionisti, compresi il ricorrente e il
controinteressato).
Un tale modo di operare, tuttavia, si pone,
ad avviso del Collegio, in netto contrasto
con l’obbligo generale di motivazione degli
atti amministrativi, sancito dall’art. 3
della l. 241/1990, obbligo cui l’atto in
questione, espressione di una scelta,
esercitata dalla predetta Commissione nel
contesto di poteri amministrativi ordinari,
per quanto settoriali, non poteva
evidentemente sottrarsi.
Viene in rilievo, a conforto di quanto sopra
argomentato, la giurisprudenza seguente: “Se
pure, in linea generale, le designazioni
degli organi di vertice delle
Amministrazioni si configurano come
provvedimenti da adottare in base a criteri
eminentemente fiduciari, riconducibili
nell'ambito degli atti di alta
amministrazione, in quanto sono espressione
della potestà di indirizzo e di governo
delle autorità preposte alle Amministrazioni
stesse, si deve osservare nondimeno che il
singolo provvedimento di nomina deve esporre
le ragioni che hanno condotto alla nomina di
uno di essi, comportando una scelta
nell'ambito di una categoria di determinati
soggetti in possesso di titoli specifici. In
altre parole, la motivazione della scelta
-sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"- deve comunque ancorarsi all'esito
di un apprezzamento complessivo del
candidato, in modo che possa dimostrarsi la
ragionevolezza della scelta effettuata che
non può logicamente esaurirsi nel mero
riscontro da parte dei singoli candidati dei
requisiti prescritti dalla legge ma che
importa articolate, delicate e talvolta
addirittura sfumate valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio
personale e sul prestigio che eventualmente
hanno già conferito agli uffici
precedentemente ricoperti e che
astrattamente sono in grado di assicurare a
quello da ricoprire” (TAR Lazio–Roma,
Sez. I, 05/03/2012, n. 2223).
E se la necessità di una penetrante
motivazione è stata affermata, in
giurisprudenza, per la scelta degli organi
di vertice dell’Amministrazione, a
fortiori la stessa è imprescindibile,
allorquando si tratti di nominare gli
esperti di una commissione che s’inserisce,
sia pur con criteri d’elevata
professionalità e competenza, nell’ambito
dell’esercizio delle ordinarie funzioni
amministrative, attribuite all’ente locale,
nello specifico settore della tutela del
paesaggio.
Si tenga presente, altresì, l’ulteriore
massima che segue: “Alla luce dell'art.
3, comma 2, l. 07.08.1990, n. 241 (che
introduce una espressa eccezione alla
necessità della motivazione per i soli atti
normativi e per quelli a contenuto
generale), la motivazione è requisito
indispensabile di ogni atto amministrativo,
ivi compresi quelli consistenti in
manifestazioni di giudizio interni a
procedimenti concorsuali o para-concorsuali,
nell’ambito dei quali, anzi, la motivazione
svolge un precipuo ruolo pregnante, quale
fattore di esternazione dell’iter logico
delle determinazioni assunte dalle
commissioni esaminatrici in esercizio
dell’amplissima discrezionalità loro
riconosciuta, ai fini dell’esercizio del
diritto di difesa in giudizio. Di
conseguenza anche per gli atti di alta
amministrazione a valenza fiduciaria non è
affatto escluso l'obbligo di motivazione,
essendo chiuso nel sistema, dopo l'entrata
in vigore della l. n. 241 del 1990, ogni
spazio per la categoria dei provvedimenti
amministrativi c.d. a motivo libero. Anche
allorché, quindi, si debbano adottare atti
di nomina di tipo fiduciario,
l'Amministrazione deve indicare le qualità
professionali sulla base delle quali ha
ritenuto il soggetto più adatto rispetto
agli obiettivi programmati, dimostrando di
aver compiuto un'attenta e seria valutazione
del possesso dei requisiti prescritti in
capo al soggetto prescelto, sì che risulti
la ragionevolezza della scelta” (TAR
Lazio–Roma, Sez. I, 08/09/2014, n. 9505;
conformi: TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
18.01.2016, n. 15; Consiglio di Stato, Sez.
VI, 19.10.2009, n. 6388).
In sostanza, se persino “gli atti di alta
amministrazione a valenza fiduciaria”
non possono essere ritenuti avulsi dal
rispetto dell’obbligo di una motivazione,
congruente con la natura degli atti
medesimi, e se non residua, quindi, più
alcuno spazio per i provvedimenti
amministrativi, cd. a motivo libero (id
est, espressione di discrezionalità
assoluta), ne consegue che ogni qual volta,
come nella specie, si tratti d’effettuare
una scelta tra più candidati, ognuno dei
quali dotato di specifiche competenze ed
attitudini a ricoprire l’incarico, cui
aspira (come emergenti dai rispettivi
curricula) –incarico, si ripete,
compreso nell’ambito delle ordinarie
attribuzioni dell’ente locale, sia pur di
natura settoriale– non può prescindersi, a
maggior ragione, da una motivazione, di tipo
analitico–comparativo, tendente
all’emersione delle ragioni della scelta di
uno soltanto dei candidati in questione, e
dalla quale, in particolare, s’evincano le
ragioni per le quali lo stesso sia
considerato il più adatto a rivestire la
medesima carica.
Ne deriva che la censura, esposta in
ricorso, non può affatto reputarsi
inammissibile, come eccepito dalla difesa
del Comune di Scafati, nella memoria in
atti.
In particolare, l’eccepita inammissibilità
non può farsi discendere dalla precisazione,
contenuta nell’avviso pubblico, prot. 53968
del 09.10.2018, “che non veniva indetta
alcuna procedura concorsuale, para
concorsuale, gara di appalto o trattativa
privata” e che, di conseguenza, “non
sarebbe stata stilata alcuna graduatoria, né
attribuiti punteggi o classificazioni di
merito”, laddove il richiesto “curriculum
vitae” aveva “il solo scopo di
manifestare la disponibilità all’assunzione
della nomina, il possesso delle condizioni
richieste e la conoscibilità dei soggetti
disponibili ad assumere l’incarico”.
Ciò, in quanto la suddetta precisazione non
può incidere, in alcun modo, sulla
necessità, sopra evidenziata, di rispettare,
comunque, il generale canone della
motivazione degli atti amministrativi, ogni
qual volta si tratti di effettuare una
selezione tra più aspiranti al medesimo
incarico, per quanto fiduciario; del resto,
la stessa precisazione è anche intimamente
contraddittoria, nella misura in cui viene
ivi specificato che il curriculum vitae
tendeva al fine di verificare –nei
candidati– “il possesso delle condizioni
richieste”, espressione circa la quale
non possono sorgere equivoci e che, di per
se stessa, implica l’effettuazione di
un’analisi dei curricula medesimi,
tendente a controllare l’idoneità dei
candidati a svolgere le funzioni, connesse
all’espletamento dell’incarico.
Come precisato in giurisprudenza, infatti,
anche nel caso in esame trova spazio una
tipica fase procedimentale amministrativa,
volta alla “verifica dell’esperienza e
della capacità professionale” di coloro
che hanno ritenuto di dover rispondere
all’avviso pubblico, destinata a sfociare in
una scelta motivata della persona da
designare.
Ne deriva l’irrilevanza –ai fini del
giudizio circa l’ammissibilità del gravame–
della circostanza per cui, nella
manifestazione d’interesse, presentata dal
ricorrente, si leggeva: “(...) di aver
preso visione integrale e acquisito piena
conoscenza dell’avviso pubblico esplorativo
per la presentazione delle candidature per
selezione dei componenti della Commissione
Locale per il paesaggio”, e ciò proprio
per le ragioni, dianzi esposte,
dell’assoluta non interferenza della
precisazione suddetta, con la disciplina
generale, dettata dall’art. 3 della l.
241/1990.
Pertanto la convinzione, espressa dalla sua
difesa, che il Comune di Scafati avesse
adottato l’atto gravato “solo a seguito
di un’adeguata istruttoria, mediante l’esame
e la verifica dei curricula inviati, dai
quali certamente ha potuto verificare
l’idoneità dei partecipanti”, assume
piuttosto la valenza di un atto fideistico,
posto che l’effettuazione di tale adeguata
istruttoria non si ricava affatto, dagli
atti a disposizione del Collegio
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 18.03.2019 n. 406 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
Al riguardo si legga anche:
●
Nomina dell’esperto nella Commissione locale
per il Paesaggio: motivazione e comparazione
dei candidati (01.05.2019
- link a www.mauriziolucca.com).
...
La II sez. Salerno del TAR Campania, con la
sentenza n. 406 del 18.03.2019, interviene
nel definire la procedura per individuare
l’esperto in “Legislazione Beni Culturali”,
a seguito di avviso pubblico su
presentazione di appositi titoli
professionali ed anche preferenziali, quali
quelli riferiti alle materie dei beni
culturali, ambientali e paesaggistici o con
esperienza (per non meno di tre anni e nelle
stesse materie) in ambito della Pubblica
Amministrazione. (…continua). |
anno 2016 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI - ENTI LOCALI: Il provvedimento di nomina
del difensore civico si fonda su di un
rapporto di carattere fiduciario ma ciò non dispensa l’amministrazione
procedente dall’obbligo di esplicitare le
ragioni che l’hanno indotta a privilegiare,
tra più candidati, un aspirante rispetto
agli altri.
Fondato è il motivo con
cui si allega l’inadeguatezza motivazionale
del decreto impugnato nella prospettiva
della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza,
esperienza e professionalità posseduti dal
dott. Bi. e dal dott. Fo.,
limitandosi il provvedimento alla mera
enunciazione del curriculum del nominato,
recante peraltro titoli almeno in parte
contestati ex adverso.
Osserva il Collegio che il profilo della
valutazione tra i candidati discende dalle
previsioni legislative applicabili, per le
quali le nomine a pubblici incarichi di
competenza della Regione Campania sono
effettuate con riferimento ai “requisiti
di competenza, esperienza e professionalità
dei candidati prescelti in relazione ai fini
ed agli indirizzi da perseguire negli Enti”
(art. 1, comma 1, l.r. n. 17 del 1996), e
che il difensore civico «deve essere
scelto fra persone munite di peculiare
competenza giuridico-amministrativa»
(art. 8 l.r. n. 23 del 1978).
Il decreto impugnato nemmeno consente una
sommaria raffrontabilità dei requisiti di
competenza giuridico-amministrativa dei
candidati alla carica di difensore civico
regionale.
E’ pur vero che il provvedimento di nomina
del difensore civico si fonda su di un
rapporto di carattere fiduciario, ma è
caratteristica che non dispensa, come
afferma la giurisprudenza, l’amministrazione
procedente dall’obbligo di esplicitare le
ragioni che l’hanno indotta a privilegiare,
tra più candidati, un aspirante rispetto
agli altri.
In altri termini, non occorre una rigorosa
comparazione tra i requisiti dei singoli
candidati, con conseguente motivazione
puntuale e specifica, come se si trattasse
di un procedimento concorsuale: il
provvedimento di nomina piuttosto deve dar
conto del fatto che i differenti requisiti
di competenza, esperienza e professionalità
siano stati valutati in relazione al fine da
perseguire.
---------------
1.- Il dott. Fo.Gi. chiede l’ottemperanza
della sentenza di questa V Sezione
17.02.2015, n. 807 (con declaratoria della
nullità del d.P.C.R. della Campania n. 25
del 09.03.2015, asseritamente adottato in
violazione del giudicato) di accoglimento
dell’appello esperito dalle controparti
avverso la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale per la Campania,
sez. I, n. 985 del 2014, cui è conseguito
l’esame dei motivi dichiarati assorbiti in
primo grado, e l’accoglimento del ricorso di
primo grado, proposto dall’esponente, con
conseguente annullamento (sotto altro
profilo) del decreto (n. 81 del 26.03.2013)
di nomina del dott. Bi. a difensore civico
regionale.
2. – Egli allega che, nonostante la portata
della sentenza, la Regione Campania, con il
d.P.C.R. n. 25 del 09.03.2015, ha inteso
nominare nuovamente il dott. Bi. quale
difensore civico.
A sostegno del ricorso egli deduce tre
motivi di diritto, incentrati sul difetto di
motivazione del decreto di nomina (i
requisiti del candidato avrebbero dovuto
essere motivati in relazione alla
peculiarità della competenza richiesta dalla
l.r. n. 23 del 1978, e sarebbe stata
necessaria una comparazione tra i requisiti
posseduti dal dott. Bi. e quelli del dott.
Fo.), sul difetto di istruttoria (non avendo
l’Amministrazione verificato l’assenza, in
capo al dott. Bi., dei requisiti curriculari
dichiarati nella domanda di partecipazione),
nonché sulla irragionevolezza della scelta
(stante la non comparabilità tra i requisiti
del nominato e quelli specifici del dott.
Fo.).
Il dott. Fo. ha chiesto altresì il
risarcimento del danno da ritardo nella
nomina a difensore civico regionale.
3. - Con successivo atto, depositato in data
07.04.2016, il dott. Fo. ha riassunto il
giudizio di ottemperanza a seguito
dell’ordinanza del Tribunale amministrativo
regionale per la Campania, sez. I, 07.03.2016, n. 1205 che ha dichiarato la propria
incompetenza sul ricorso dal medesimo
proposto avverso il d.P.C.R. n. 25 del
09.03.2015, di nomina, come già esposto, a
difensore civico della Regione Campania del
dott. Bi.Fr., in favore del Consiglio di
Stato in sede di ottemperanza. Con tale
ricorso, mediante il quale si chiede anche
l’annullamento del provvedimento impugnato,
vengono svolte censure sovrapponibili a
quelle contenute nell’atto introduttivo, con
articolazione di ulteriori doglianze,
mediante le quali viene dedotto il vizio di
incompetenza, nell’assunto che questa
appartenga (ai sensi dell’art. 6 della l.r.
Campania n. 23 del 1978) al Consiglio
regionale e non già al Presidente del
medesimo, nonché la violazione dell’art. 6
del d.l. 24.06.2014, n. 90, nella
considerazione che il dott. Bi. è stato
collocato in quiescenza (con il grado di
tenente colonnello dell’Aereonautica),
ragione per cui è precluso dalla norma da
ultimo indicata conferirgli l’incarico di
difensore civico.
4. - Si è costituito in resistenza il dott.
Bi. eccependo l’inammissibilità e comunque
l’infondatezza del ricorso.
...
1.- Rileva anzitutto il Collegio che il
provvedimento del Presidente del Consiglio
regionale della Campania n. 25 in data
09.03.2015 non può ritenersi nullo per
violazione del giudicato di cui alla
sentenza n. 807 del 2015 di questa Sezione.
I limiti oggettivi del giudicato vanno
infatti rinvenuti nell’accertamento della
«radicale assenza di motivazione capace di
giustificare la scelta del Bi. quale
difensore civico. Premesso, infatti, che i
canoni di buon andamento, di trasparenza e
di imparzialità dell’azione amministrativa,
attuati dalla legge 07.08.1990, n. 241,
impongono un’adeguata motivazione anche ad
atti di alta amministrazione di carattere
fiduciario, si deve rimarcare che, nel caso
di specie, l’atto finale e gli atti procedimentali a monte non recano alcuna
indicazione delle ragioni della scelta del
candidato nominato alla stregua della
complessiva valutazione dei requisiti
posseduti in relazione alle mansioni da
svolgere, così rendendo impossibile la
decifrazione dell’iter logico seguito al
fine di pervenire alla soluzione
contestata».
Come noto, la conformazione al giudicato da
parte dell’Amministrazione, al cospetto di
un annullamento giurisdizionale per difetto
di motivazione, conserva uno spazio assai
ampio per il riesercizio dell’attività
amministrativa e valutativa; ciò significa
che se l’Amministrazione elimina il vizio
motivazionale ma adotta un provvedimento
ugualmente non satisfattivo della pretesa,
si ha violazione od elusione del giudicato
solamente allorché l’attività asseritamente
esecutiva dell’Amministrazione risulti
contrassegnata da uno sviamento manifesto,
diretto ad aggirare le prescrizioni
stabilite con il giudicato; diversamente,
viene in rilievo non già una violazione/elusione
del giudicato, ma un’eventuale nuova
illegittimità (in termini, ex multis,
Cons. Stato, VI, 08.04.2016, n. 1402; IV,
18.03.2011, n. 1692).
L’impugnato decreto n. 25 in data 09.03.2015
espone il ragionamento logico-giuridico
sottostante alla decisione di nomina,
riconsiderando la posizione del dott.
Bi., del quale viene, all’esito,
confermata la nomina a difensore civico
regionale.
Deve dunque respingersi l’azione di
ottemperanza al giudicato.
2. - Procedendo alla disamina dell’azione di
annullamento, occorre anzitutto precisare
che non occorre disporre la conversione
dell’azione ai sensi dell’art. 32 Cod. proc.
amm. e secondo le coordinate ermeneutiche di
Cons. Stato, Ad. plen., 15.01.2013, n. 2,
avendo l’appellante già provveduto alla
riassunzione del ricorso a seguito del
provvedimento declinatorio della competenza
da parte del Tribunale amministrativo
regionale della Campania n. 1206 del 2016.
Ciò premesso, con il primo motivo viene
dedotta l’incompetenza del presidente del
Consiglio regionale a provvedere alla nomina
del difensore civico, tale potere spettando
al Consiglio regionale ai sensi dell’art. 3
(Competenze), comma 3, lett. b), l.r.
07.08.1996 n. 17 (Nuove norme per la
disciplina delle nomine e delle designazioni
di competenza della Regione Campania), come
novellata dall’art. 2 della l.r. 13.02.2014,
n. 7.
Il motivo è fondato, quanto meno sotto il
profilo del difetto di motivazione.
Il provvedimento impugnato individua
solamente “motivi di urgenza conseguenti
alla perdurante vacanza dell’ufficio del
difensore civico regionale” che
imporrebbero l’esercizio dei poteri
sostitutivi di cui all’art. 10, comma 2,
l.r. n. 17 del 1996, tenendo conto della
rilevanza sociale della funzione del
difensore civico e del fatto che tali poteri
sarebbero già stati esercitati nel corso del
procedimento.
Sennonché l’invocata disposizione dell’art.
10, comma 2, ha un ambito di operatività
determinato, parametrato alla scadenza della
legislatura (consiliatura) e alle nomine o
designazioni che rivestono carattere di
indifferibilità ed urgenza od al parziale
rinnovo di organi, rispetto ai quali la
mancanza di uno o più componenti impedisca
il funzionamento.
Nel caso di specie non vi è alcun
riferimento alla cornice temporale di fine
consiliatura; inoltre il carattere di
indifferibilità ed urgenza della nomina
viene fatto discendere dalla mera rilevanza
sociale della funzione.
3. - Analogamente fondato è il motivo con
cui si allega l’inadeguatezza motivazionale
del decreto impugnato nella prospettiva
della mancata “comparazione” (in senso atecnico) tra i requisiti di competenza,
esperienza e professionalità posseduti dal
dott. Bi. e dal dott. Fo.,
limitandosi il provvedimento alla mera
enunciazione del curriculum del nominato,
recante peraltro titoli almeno in parte
contestati ex adverso.
Osserva il Collegio che il profilo della
valutazione tra i candidati discende dalle
previsioni legislative applicabili, per le
quali le nomine a pubblici incarichi di
competenza della Regione Campania sono
effettuate con riferimento ai “requisiti
di competenza, esperienza e professionalità
dei candidati prescelti in relazione ai fini
ed agli indirizzi da perseguire negli Enti”
(art. 1, comma 1, l.r. n. 17 del 1996), e
che il difensore civico «deve essere
scelto fra persone munite di peculiare
competenza giuridico-amministrativa»
(art. 8 l.r. n. 23 del 1978).
Il decreto impugnato nemmeno consente una
sommaria raffrontabilità dei requisiti di
competenza giuridico-amministrativa dei
candidati alla carica di difensore civico
regionale.
E’ pur vero che il provvedimento di nomina
del difensore civico si fonda su di un
rapporto di carattere fiduciario, ma è
caratteristica che non dispensa, come
afferma la giurisprudenza, l’amministrazione
procedente dall’obbligo di esplicitare le
ragioni che l’hanno indotta a privilegiare,
tra più candidati, un aspirante rispetto
agli altri.
In altri termini, non occorre una rigorosa
comparazione tra i requisiti dei singoli
candidati, con conseguente motivazione
puntuale e specifica, come se si trattasse
di un procedimento concorsuale: il
provvedimento di nomina piuttosto deve dar
conto del fatto che i differenti requisiti
di competenza, esperienza e professionalità
siano stati valutati in relazione al fine da
perseguire.
Tale esigenza appare tanto più evidente nel
caso in esame, dove la nomina è stata fatta
con provvedimento presidenziale,
nell’esercizio di un potere sostitutivo, non
già dall’organo assembleare attraverso un
meccanismo di tipo elettorale (anche in tale
evenienza è comunque necessaria una prima
fase di verifica idoneativa o, se si vuole,
di prequalifica dei candidati).
4. - L’accoglimento dei motivi esaminati
conduce di per sé all’annullamento del
provvedimento gravato.
Peraltro, per completezza, vale esaminare
anche la quarta censura con cui il
ricorrente deduce la violazione dell’art. 6
(Divieto di incarichi dirigenziali a
soggetti in quiescenza) d.l. 24.06.2014, n.
90 (Misure urgenti per la semplificazione e
la trasparenza amministrativa e per
l'efficienza degli uffici giudiziari),
convertito dalla legge 11.08.2014, n. 114,
posto che, essendo il dott. Bi. stato
collocato in quiescenza (con il grado di
tenente colonnello), non può attualmente
conseguire l’incarico di difensore civico
regionale.
Anche tale motivo merita condivisione.
Detta norma fa divieto alle amministrazioni
pubbliche di attribuire incarichi di studio
e di consulenza a soggetti già lavoratori
privati o pubblici collocati in quiescenza;
analogamente vieta loro di conferire ai
medesimi incarichi dirigenziali o direttivi
o cariche in organi di governo delle
amministrazioni. Tali incarichi sono
consentiti solamente a titolo gratuito, e
per un periodo non superiore ad un anno.
Non si vedono ragioni per cui la norma, la
cui ratio è evidentemente di favorire
l’occupazione giovanile, non sia riferibile
anche alla nomina a difensore civico
regionale. Non ha rilievo la circostanza che
i tratti di un incarico onorario, perché si
tratta di distinzione non contemplata dalla
legge. Del resto una tale figura è comunque
caratterizzata da un rapporto di ufficio con
attribuzione di funzioni pubbliche, seppure
in assenza di un rapporto di lavoro: ma
questo non risulta necessario presupposto
degli incarichi e collaborazioni cui si
riferisce l’art. 6 del d.l. n. 90 del 2014.
Anche il funzionario onorario fruisce di
indennità e la sua attività non è
ascrivibile nell’ambito di un rapporto a
titolo gratuito, di durata peraltro
superiore all’anno.
5. - In conclusione, alla stregua di quanto
esposto, il ricorso va accolto nei termini
di cui in motivazione con conseguente
annullamento dell’impugnato provvedimento di
nomina.
Va invece disattesa la domanda di
risarcimento del danno da ritardo perché la
pronuncia di annullamento non contiene un
accertamento in ordine alla spettanza del
bene della vita coinvolto dal provvedimento
impugnato (Cons. Stato, V, 10.02.2015,
n. 675). Un siffatto accertamento è
necessario anche per il riconoscimento del
danno da ritardo, il quale non può restare
avulso da una valutazione di merito sulla
spettanza del bene sostanziale della vita, e
va quindi subordinato anche alla
dimostrazione che l’aspirazione del
provvedimento è comunque destinata a un
esito favorevole (in termini, da ultimo, Cons. Stato, V, 22.09.2016, n. 3920)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.11.2016 n. 4718 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sul
rimborso spese ai membri della Commissione Comunale
per il Paesaggio.
La Sezione ritiene che non
rientri -in linea astratta- tra i vincoli finanziari
sanciti dal comma 3, dell’art. 183 del dlgs 42/2004
il divieto di “rimborso delle spese” sostenute e
documentate dai componenti le commissioni, e ciò a
condizione che sia garantita la neutralità –in
termini di impatto sugli equilibri
economico-finanziari- della relativa voce di
bilancio.
A tale fine l’Ente potrà riallocare
le risorse ordinariamente utilizzate in relazione
all’esercizio di tale funzione ovvero utilizzare le
maggiori entrate o le minori spese derivanti
dall’espletamento della funzione medesima, e ciò
anche alla luce delle risorse messe a disposizione
dall’ente delegante (la regione) ovvero comunque
percepite in ragione ed ai fini dell’esercizio della
suddetta funzione delegata.
Si rileva in proposito che
nell’ambito dell’istituzione e del funzionamento
delle commissioni locali per il paesaggio di cui
all’art. 148 del dlgs 42/2004, le regioni assumono
il ruolo fondamentale di “promotore” che non può e
non deve limitarsi alla disciplina in via astratta
dell’istituto in parola, ma deve connotarsi nei
termini prescritti dal legislatore nazionale, cioè
come “supporto” in concreto agli enti subdelegati
nella composizione e nel funzionamento delle
suddette commissioni.
Per l’effetto si ritiene,
altresì, che i professionisti componenti le
commissioni in parola debbano essere "terzi”
rispetto all’amministrazione delegata ma “interni”
al comparto pubblico, inteso come soggetto macro
aggregato.
Si ritiene che il
legislatore, con il comma 3, dell’art. 183 del
Codice, abbia effettuato una specifica opzione a
tale riguardo, e ciò alla luce della natura
“istituzionale” delle funzioni svolte e del divieto
tombale di remunerazione, requisiti che mal si
conciliano con il conferimento di incarichi a titolo
onorifico a professionisti privati, e ciò alla luce
del generale principio di “autosufficienza” e
“valorizzazione” delle risorse interne all’apparato
pubblico, del generale principio di onerosità della
prestazione lavorativa e, non ultimo, della
peculiare connotazione di “zona rischio corruzione”
del settore in cui si trovano ad operare le
commissioni in esame, in termini di potenziale (ed
arbitrario) “ampliamento dei diritti dei privati” ed
in relazione al quale (rischio) occorre assicurare
–almeno in linea astratta- l’indipendenza ed
imparzialità dei componenti le commissioni de quibus,
e ciò anche per il tramite di una remunerazione
sufficiente e proporzionata.
Tale elemento, visto il
carattere tombale del divieto di remunerazione di
cui al comma 3, dell’art. 183 del Codice, può essere
rintracciato esclusivamente con riferimento a
professionisti interni al comparto pubblico, in
relazione ai quali la prestazione –seppure gratuita
in seno alle commissioni de quibus– è già remunerato
nell’ambito della restribuzione “madre” ricevuta per
effetto del rapporto di servizio o del munus
pubblico che lega il professionista alla pubblica
amministrazione, complessivamente intesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto,
l’ente delegato dovrà aver previamente
“mappato” nell’ambito del proprio piano triennale
anticorruzione i rischi connessi all’attività in
questione ed averne individuate le misure volte a
prevenirlo.
In tale ottica, il carattere
onorifico della prestazione -in assenza di cause
giustificatrici ulteriori rispetto al vincolo
finanziario in sé- non si presenta –almeno in via
astratta– come misura volta a prevenire ovvero ad
ovviare il rischio che tale attività “gratuita”
venga svolta nel perseguimento di interessi/vantaggi
diversi ed opposti rispetto al fine tutelato dalla
norma, e ciò proprio in ragione del peculiare
assetto degli interessi coinvolti nell’esercizio
della funzione de qua, l’interesse dei privati ad
ampliare la propria sfera di diritti ed il
bene-paesaggio rispetto al quale tali interessi
potrebbero risultare recessivi.
---------------
Il Comune di Moliterno (PZ), premettendo:
- che una rilevante porzione del territorio comunale
(oltre il 90% del territorio) è compresa nel Parco
Nazionale Appenino Lucano-Val d’agri-Lagonegrese;
- che tale circostanza ha comportato la necessità di
acquisire “pareri obbligatori in merito alle
domande paesaggistiche”;
- che il decreto legislativo n. 42/2004 e successive
modifiche ed integrazioni “all’art. 146,
attribuisce alla Regione l’esercizio della funzione
autorizzatoria in materia di paesaggio, consentendo
alla stessa tuttavia di delegarne l’esercizio ad una
pluralità di enti tra cui i Comuni purché gli enti
destinatari della delega dispongano di strutture in
grado di assicurare un adeguato livello di
competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire
la differenziazione tra attività di tutela del
paesaggistica ed esercizio di funzioni
amministrative in materia urbanistico-edilizia”;
- che il comma 3 dell’art. 183 del medesimo decreto
legislativo “dispone testualmente che <<la
partecipazione alle commissioni previste dal
presente codice è assicurata nell’ambito dei compiti
istituzionali delle amministrazioni interessate, non
dà luogo alla corresponsione di alcun compenso e
comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica>>”;
- di non avere “al proprio interno personale
idoneo per l’espletamento delle funzioni demandate
alla commissione (...)” ;
- e che pertanto, al fine di istituire la
commissione prevista dalla legge, “si è
reso necessario ricorrere a professionisti esterni”,
e ciò anche alla luce della delibera n. 2002 del
29.12.2008, con cui la Regione Basilicata ha
previsto l’obbligo di “operare la scelta dei propri
componenti tra tecnici esterni all’amministrazione”;
chiede di sapere se sia possibile “riconoscere
ai componenti esterni la commissione un rimborso
delle spese documentate (spese di viaggio)
ancorandolo comunque ad un limite massimo”.
A tale riguardo, l’Ente dichiara di essere
consapevole che un “eventuale rimborso andrebbe a
gravare le finanze comunali”, e ciò in quanto “se
è vero che da un lato il rimborso spese non integra
gli estremi di un compenso, è altrettanto vero che
il dato normativo statuisce che non debbano derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica”.
Il Comune rappresenta, altresì, che “la delega
dell’esercizio del potere da parte della Regione al
Comune, accelera l’istruttoria delle pratiche
snellendo, di gran lunga l’iter procedimentale e,
quindi, riduce notevolmente le lungaggini temporali”.
...
6. Inquadramento del quesito
6.1 L’istanza di parere in esame verte in tema di
esercizio -per delega regionale- della funzione
autorizzatoria in materia di paesaggio e, in
particolare, di oneri finanziari connessi alla
composizione ed al funzionamento delle “commissioni
locali per il paesaggio” istituite nell’ambito
dei relativi procedimenti autorizzatori.
La normativa di riferimento è contenuta nel Dlgs
42/2004 (“Codice dei Beni Culturali e del
Paesaggio” ovvero per brevità “Codice”)
così come successivamente modificato ed integrato e,
per quanto qui di specifico interesse, negli artt.
146, comma 6 (che disciplina i presupposti della
delega in materia di autorizzazione paesaggistica),
148 (che disciplina l’istituto delle commissioni
locali per il paesaggio) e 183, comma 3 (che dispone
i vincoli di natura finanziaria sottesi
all’istituzione ed al funzionamento delle
commissioni in parola).
Nello specifico, il Comune istante chiede di
conoscere la portata e la latitudine applicativa
della clausola di invarianza finanziaria contenuta
nel comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, ai
sensi del quale “la partecipazione alle
commissioni previste dal presente codice è
assicurata nell’ambito dei compiti istituzionali
delle amministrazioni interessate, non dà luogo alla
corresponsione di alcun compenso e, comunque, da
essa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica”.
In particolare, viene chiesto di sapere se, alla
luce del disposto in questione, il rimborso delle
spese documentate a favore dei componenti la
commissione per il paesaggio (spese di viaggio)
–seppure non vietato esplicitamente- risulti
comunque inibito alla luce della clausola di
invarianza finanziaria ivi codificata, comportando
comunque un aggravio per le finanze comunali.
Nella formulazione del quesito, il Comune,
dichiarando di essere consapevole che l’attività dei
componenti la commissione “rientrando all’interno
dei compiti istituzionali, debba essere gratuita”,
precisa di aver fatto ricorso a professionisti
esterni per mancanza al proprio interno di “personale
idoneo per l’espletamento delle funzioni demandate
alla commissione”, e ciò anche in considerazione
delle direttive contenute nella delibera di Giunta
regionale della Basilicata n. 2202 del 29.12.2008 ai
sensi della quale “la commissione ha l’obbligo di
operare la scelta dei propri componenti tra tecnici
esterni all’amministrazione”.
Alla luce di quanto sopra ed al fine di rispondere
al quesito in esame, occorre analizzarne–seppure per
linee generali– il contesto normativo di
riferimento.
7. Autorizzazione in materia di paesaggio:
presupposti per conferire la delega di funzione
7.1 Ai sensi dell’art. 146, comma 1, del Dlgs
42/2004 i proprietari, possessori o detentori a
qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse
paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini
dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini
degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157,
non possono distruggerli, né introdurvi
modificazioni che rechino pregiudizio ai valori
paesaggistici oggetto di protezione.
A tale fine, i suddetti soggetti hanno l'obbligo di
presentare alle amministrazioni competenti il
progetto degli interventi che intendano
intraprendere, corredato della prescritta
documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori
fino a quando non ne abbiano ottenuta
l'autorizzazione.
Il comma 6, nell’attuale formulazione introdotta dal
Dlgs 63/2008, prevede espressamente che sia la
regione il soggetto titolare dell’esercizio della
funzione autorizzatoria in materia di paesaggio e
che la debba espletare avvalendosi di propri uffici
dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e
di idonee risorse strumentali .
Le regioni, però, hanno (conservato) la facoltà di
delegarne, a loro volta, l’esercizio, per i
rispettivi territori, a province, a forme
associative e di cooperazione fra enti locali come
definite dalle vigenti disposizioni sull'ordinamento
degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni,
al sussistere dei due presupposti essenziali, e cioè
“purché gli enti destinatari della delega
dispongano di di strutture in grado assicurare un
adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche
nonché di garantire la differenziazione tra attività
di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni
amministrative in materia urbanistico-edilizia”
(cfr. comma 6, seconda parte art. 146).
Alla luce del rinnovato assetto normativo, pertanto,
l’esercizio della funzione autorizzatoria in materia
di paesaggio potrà essere intestato (rectius
conservato) in capo agli enti locali, solo in via
eventuale e, comunque, condizionata alla sussistenza
dei suddetti presupposti di “adeguatezza”
della struttura in termini di competenze
professionali e di effettiva capacità/possibilità di
differenziare le attività di tutela del paesaggio
dalle funzioni (antagoniste) in materia
urbanistico-edilizia.
Si precisa, peraltro, che suddetti requisiti devono
sussistere in via continuativa per tutta la durata
della delega.
Ai sensi dell’art. 159, la verifica della loro
sussistenza e permanenza, in concreto ed in via
continuativa, è rimessa alla cura e alla
responsabilità delle regioni, con la conseguenza
che, in caso di mancata verifica ovvero di esito
negativo della stessa, la funzione tornerà (ovvero
resterà) ad essere esercitata in via diretta dalla
regione medesima .
Da ciò ne consegue che, una volta verificata la
sussistenza di tali condizioni, gli enti delegati
dovranno essere in grado di esercitare in concreto
tale funzione.
In tale ottica, le regioni assumono un ruolo
fondamentale.
Ci si riferisce in particolare all’istituzione ed al
funzionamento delle commissioni locali per il
paesaggio previste dall’art. 148 del Codice.
Ai sensi del suddetto articolato normativo “Le
regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il
funzionamento delle commissioni per il paesaggio di
supporto ai soggetti ai quali sono delegate le
competenze in materia di autorizzazione
paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6.”
Dal combinato disposto del comma 6 dell’art. 146 e
del comma 1 dell’art. 148, infatti, discende che gli
enti delegati, pur dotati “a monte” di una
struttura “interna” adeguata, ai fini
dell’esercizio in concreto della funzione devono
essere “supportati” dalle commissioni locali
di paesaggio.
L’istituzione delle suddette commissioni è affidata,
in termini di “promozione”, alle regioni.
In quest’ottica, anche in considerazione della
natura “delegata” della funzione
autorizzatoria nel cui ambito si innestano tali
commissioni, il termine “promozione” si pone
come sinonimo di “rendere fattibile”,
riducendosi –in caso contrario– ad una mera
enunciazione di principio svuotata di effettiva
portata applicativa.
E ciò in quanto costituisce “principio
fondamentale della finanza pubblica quello secondo
il quale, nella ipotesi in cui l’esercizio di
funzioni e servizi resi dalla pubblica
amministrazione all’utenza, o comunque diretti al
perseguimento di pubblici interessi collettivi,
venga trasferito o delegato da una ad altra
amministrazione, l’autorità che dispone il
trasferimento o la delega è, pur nell’ambito della
sua discrezionalità, tenuta a disciplinare gli
aspetti finanziari dei relativi rapporti attivi e
passivi (…)” (cfr. Corte Costituzionale,
sentenza 364/2010).
Ed è alla luce di tali coordinate che, a parere
della Sezione, occorre analizzare il quesito in
esame, con riferimento ai vincoli finanziari
connessi all’istituzione ed al funzionamento delle
suddette commissioni.
8. Commissioni locali per il paesaggio: statuto
giuridico ed economico
Lo statuto giuridico ed economico delle suddette
commissioni è codificato –a livello di coordinate di
principio- dal combinato disposto degli artt. 148 e
183, comma 3, del dlgs 42/2004, mentre la disciplina
di dettaglio è affidata al potere normativo e
regolamentare delle regioni.
L’art. 148 del Dlgs 42/2004 codifica i requisiti di
professionalità e di esperienza dei componenti le
commissioni, disponendo che debbano essere “soggetti
con particolare, pluriennale e qualificata
esperienza nella tutela del paesaggio”, e ne
determina la funzione svolta, e cioè il rilascio di
pareri propedeutici al rilascio dell’autorizzazione
in materia di paesaggio.
A seguito della novella di cui al dlgs 63/2008,
nell’attuale formulazione dell’art. 148, comma 3, è
venuta meno la natura “vincolante” dei pareri
resi dalle commissioni.
8.1 Il comma 3 dell’art. 183 oltre a disegnarne i
vincoli finanziari, ne connota la natura, facendo
rientrare la partecipazione alle commissioni de
quibus nell’ambito dei “compiti istituzionali”
dell’amministrazione interessata.
Tale articolato normativo è collocato nell’ambito
delle “Disposizioni finali” del Dlgs 42/2004
ed ha subito nel tempo alcune modifiche ed
integrazioni.
Nella sua originaria formulazione (vigente sino
all’11.05.2006), l’articolato in questione
disponeva, oltre al generico vincolo di invarianza
finanziaria, uno specifico vincolo di gratuità della
partecipazione alle commissioni previste nel Codice
(i.e. “la partecipazione alle commissioni
previste nel presente codice si intende a titolo
gratuito e comunque da essa non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica”).
Con il decreto legislativo n.157/2006 è stato
modificato, tra gli altri, anche il disposto di cui
al comma 3, dell’art. 183.
In particolare, nella proposta di modifica
presentata dal Governo, l’art. 30 dello schema di
decreto legislativo 157/2006 non riportava più alcun
riferimento al sopra citato vincolo di gratuità,
limitandosi a codificare (rectius confermare)
il divieto di “nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica” discendente
dall’attuazione del complessivo articolato (i.e. “Dall’attuazione
del presente decreto non derivano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica”).
Sul punto la V Commissione Bilancio, tesoro e
programmazione (cfr. Atto 595 - Rilievi alla VIII
Commissione), evidenziando l’anomalia della
circostanza e ricordando che “in casi analoghi,
in base alla prassi consolidata, si è previsto che
la partecipazione a Comitati non deve dare luogo ad
alcun compenso o rimborso spese”, aveva
richiesto di riformulare il disposto in questione,
proponendone un precetto più stringente ai sensi del
quale “la partecipazioni alle commissioni
previste dal presente codice non dà luogo alla
corresponsione di alcun compenso o rimborso spese e
comunque da essa non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Rispetto a tale proposta di modifica, nella versione
definitivamente approvata ed oggi vigente
dell’articolato in questione, è stato espunto il
riferimento al divieto di rimborso spese ed è stato
integrato il contenuto precettivo, specificando la
valenza “istituzionale” della partecipazione
alle commissioni codificate dal Codice (i.e. “3.
La partecipazione alle commissioni previste dal
presente codice è assicurata nell'ambito dei compiti
istituzionali delle amministrazioni interessate, non
da' luogo alla corresponsione di alcun compenso e,
comunque, da essa non derivano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica”.).
9. Vincoli finanziari contenuti nel comma 3,
dell’art. 183 del Codice
Alla luce dell’attuale formulazione del disposto
in esame, quindi, occorre domandarsi se gli oneri
derivanti dal “rimborso delle spese”, seppure
non esplicitamente vietati dal dettato in questione
(ed anzi, espressamente espunti dal precetto),
rientrino comunque nel perimetro di applicazione
della norma, in quanto compresi nel cono d’ombra del
divieto di corresponsione di “alcun compenso”
ovvero, comunque, nel perimetro applicativo del
divieto di generare “nuovi o maggiori oneri”,
oppure non rientrino in alcuni dei suddetti limiti e
pertanto possono essere sostenuti nei limiti delle
prescrizioni della normativa vigente.
A tale fine occorre precisare quanto segue.
Il comma 3, dell’art. 183 contiene due tipologie di
vincolo: uno di natura specifica, relativo al
divieto di “compensare” ossia remunerare,
sotto qualsiasi forma, l’attività di partecipazione
alle commissioni de quibus; l’altro di natura
generica e residuale, inerente al divieto di “alterare”
il complessivo equilibrio economico-finanziario
della finanza pubblica allargata.
9.1 Con riferimento alla portata del vincolo di
natura specifica, si ritiene che con l’attuale
formulazione della norma (“non si dà luogo alla
corresponsione di alcun compenso”) s’intenda
precludere ogni tipologia di onere finalizzato,
anche in via indiretta, alla remunerazione –sotto
qualsiasi forma ed “etichetta”- dell’attività
svolta dal componente la commissione.
In tale ottica, esulerebbero dal perimetro
applicativo del divieto esclusivamente gli oneri
aventi natura e funzione meramente “restitutorie”,
come il rimborso delle spese documentate.
Tale opzione peraltro sarebbe confermata dalla
specifica espunzione del divieto del “rimborso
delle spese” dal testo finale del disposto in
esame e dalla circostanza che in altre fattispecie
assimilabili il legislatore abbia espressamente
incluso nel divieto tale voce di spesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si ritiene che
esulino dall’ambito di applicazione del vincolo di
gratuità di cui al comma 3, dell’art. 183
esclusivamente gli oneri di natura “restitutoria”,
come quelli relativi al “rimborso delle spese”,
purché la natura “non remunerativa” né “indennitaria”
di tali oneri sussista, in concreto, al di là della
sua etichetta formale.
9.2 Fermo quanto sopra, occorre verificare se il
rimborso delle spese –per quanto non precluso dal
divieto di compensi sopra citato- sia consentito
alla luce del vincolo di invarianza della spesa
codificato dal medesimo articolato in esame.
Il vincolo di invarianza della spesa costituisce “l’alter
ego” dell’obbligo di copertura finanziaria
codificato dall’art. 81, comma 4, della
Costituzione, in termini di identità di obiettivo
perseguito, e cioè la tutela degli equilibri di
finanza pubblica.
L’obbligo di copertura finanziaria (nella versione
dell’art. 81, comma 3, Cost. post intervento
riformatore del 2012 “ogni legge che importi
nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi
fronte”) impone che la legge provveda, in
maniera adeguata ed effettiva, ai mezzi di sostegno
dei nuovi e/o maggiori oneri derivanti –in via
esplicita ovvero implicita- dall’attuazione della
norma.
Il vincolo di invarianza finanziaria presuppone o
comunque codifica (e impone) la “neutralità”
dell’impatto degli oneri derivanti dall’attuazione
della norma, in termini di equilibrio
economico-finanziario complessivo.
L’obiettivo perseguito è identico: la tutela degli
equilibri della finanza pubblica; ciò che differisce
è lo strumento utilizzato per raggiungerlo. Nel
prima caso si agisce sulla necessità di “dare
copertura finanziaria” agli oneri (nuovi o
maggiori, anche in termini di minori entrate)
sopravvenuti per effetto della norma; nel secondo
caso si agisce sulla necessità che gli oneri,
qualora sussistenti, non abbiamo alcun impatto sugli
equilibri di bilancio.
Il criterio di invarianza degli oneri finanziari è
fissato, infatti, con riguardo agli effetti
complessivi della norma e non comporta “in sé”
la preclusione di un eventuale aggravio di spesa
purché tale aggravio sia “neutralizzato” nei
termini sopra precisati, “dal momento che ben
potrebbe un singolo aggravio di spesa trovare
compensazione in altre disposizioni produttive di
risparmi o di maggiori entrate” (cfr. ex
pluribus Corte Costituzionale sentenza n.
132/2014).
Ai sensi dell’art. 17, comma 7, della legge di
contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, tale “neutralità
finanziaria” deve essere comprovata nell’ambito
di una relazione tecnica che riporta i dati e gli
elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza
degli effetti sui saldi di finanza pubblica, anche
attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse
già esistenti e delle somme già stanziate in
bilancio, utilizzabili per le finalità indicate
dalle disposizioni medesime.
In tale senso, il comma 3, dell’art. 183 del D.lgs.
42/2004 nel prevedere che dalla partecipazione alle
commissioni previste nel Codice non devono “comunque
derivare nuovi o maggiori oneri” non comporta un
divieto assoluto di sostenere nuovi o maggiori
oneri, ma esclusivamente l’obbligo di compensare
tali oneri con entrate ovvero con risparmi di spesa
derivanti e/o connesse all’attuazione della
normativa in questione (cioè le disposizioni che
nell’ambito del Codice istituiscono le varie
commissioni, tra cui l’art. 148 in tema di
commissioni locali per il paesaggio).
10. Alla luce di quanto sopra e per rispondere
all’oggetto del quesito in esame, la Sezione ritiene
che il comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, per
come formulato, non precluda “in linea astratta”
il rimborso delle spese di viaggio sostenute dai
componenti per la partecipazione alle commissioni di
riferimento, e ciò in quanto l’articolato in
questione non prevede uno specifico divieto in tale
senso, e, comunque, tale divieto non può ritenersi
compreso –per via implicita- nel divieto di “corrispondere
alcun compenso” sancito dal comma in questione,
in quanto non ne condivide i medesimi presupposti “remunerativi
o compensativi”.
Fermo quanto sopra, alla luce del vincolo di
neutralità finanziaria sancito dall’articolato in
esame, gli oneri derivanti dal “rimborso delle
spese” potranno essere legittimamente previsti e
sostenuti dall’amministrazione interessata solo ed
esclusivamente all’esito della verifica “a monte”,
sin dalla fase di programmazione, della possibilità
di neutralizzare, in concreto, tali spese con le
nuove entrate (ovvero con i risparmi di spesa)
derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di
cui è parte integrante e sostanziale la commissione
locale per il paesaggio in esame.
In caso contrario, tali oneri non potranno essere
sostenuti, pena la violazione del vincolo di
invarianza finanziaria come sopra codificato a norma
del comma 3, dell’art. 183 in esame.
Si ricorda, inoltre, che tale rimborso spese dovrà
essere effettuato in conformità ai vincoli della
normativa vigente, e ciò in termini di presupposti,
tipologia e limiti quantitativi ivi fissati,
regolamentandone a monte la fattispecie, pur sempre
nella propria discrezionalità gestoria.
Nel caso in esame, peraltro, trattandosi di
istituzione e funzionamento di un organo collegiale
connesso all’esercizio di una funzione “istituzionale”
dell’amministrazione interessata, tale vincolo di
invarianza della spesa comporterà –ai fini del suo
rispetto- una diversa allocazione delle ordinarie
risorse (umane, strumentali ed economiche)
disponibili a legislazione vigente, ovvero
l’utilizzo delle eventuali maggiori entrate
derivanti dalla o per l’effetto dell’istituzione
delle suddette commissioni, il tutto avendo riguardo
al fatto che si tratta di una funzione “delegata”
che le regioni hanno l’onere di “promuovere”
ai fini del suo esercizio, in concreto.
A tale fine occorrerà, pertanto, avere riguardo alla
normativa regionale emanata al fine di “promuovere”
e “disciplinare” il funzionamento delle
suddette commissioni.
10.1 I parametri di riferimento sono, da un lato,
la legge regionale n. 50/1993 e successive modifiche
ed integrazioni, tra cui la legge regionale n.
7/1999 emanata in attuazione del dlgs 112/1998 per
il “conferimento di funzioni e compiti
amministrativi al sistema delle autonomie locali”
e, dall’altro, la delibera di giunta regionale n.
2202/2008 che, alla luce delle innovazioni
introdotte dal Dlgs 63/2008, ha provveduto a
disciplinare, nel dettaglio, i presupposti per
l’esercizio della delega in questione da parte degli
enti delegati.
L’art. 7 della legge 50/1993, andando a modificare
ed integrare la legge regionale n. 20/1987 in
materia di paesaggio, dispone che sono subdelegate
ai comuni le funzioni amministrative esercitate
dagli organi e uffici regionali, concernenti il
rilascio di nullaosta o divieti relativi e connessi,
tra l’altro, alla tutela del paesaggio. A tale fine
il competente ufficio comunale rilascia il
nullaosta, ovvero respinge l'istanza, sentita la
commissione comunale per la tutela del paesaggio.
Ai sensi dell’articolato in questione, cosi come
modificato dalla sopra citata legge n. 7/1999, la
commissione in esame è un “(...) organo
collegiale imperfetto, istituita con deliberazione
del Consiglio comunale, è composta dal responsabile
dell'ufficio tecnico comunale, da un architetto, un
ingegnere edile, un geologo, un biologo naturalista
e un agronomo".
Nell’ambito delle direttive contenute nella sopra
citata delibera di Giunta regionale 2202/2008
vengono, invece, esplicitati i presupposti per la
delega dell’esercizio della funzione autorizzatoria
in parola.
A tale fine, la regione Basilicata assegna un ruolo
“essenziale” all’istituzione delle suddette
commissioni locali paesaggio (definita nel
provvedimento regionale come “Commissione per la
qualità architettonica e per il paesaggio”),
ponendosi come strumento per il soddisfacimento di
entrambi i presupposti fissati dal comma 6,
dell’art. 146, e precisamente:
a) come strumento necessario per “assicurare
la richiesta adeguatezza delle istruttorie
tecnico-amministrative relative alle istanze di
autorizzazione in materia paesaggistica”,
prescrivendo che “ogni Comune dovrà garantire che
il procedimento venga affidato a strutture che siano
in grado di esprimere la necessaria competenza dal
punto di vista tecnico scientifico. In particolare
la struttura comunale deve necessariamente avvalersi
della competenza tecnico-scientifica delle
Commissioni per la qualità architettonica e per il
paesaggio, istituite in attuazione dell'art. 7 della
l.r. n. 50/1993, che dovrà essere rinominata nella
composizione prevista dalla l.r. n. 7/1999.” (cfr.
punto 1, lett. a) Allegato A); nonché
b) come strumento per garantire la
“differenziazione tra i procedimenti paesaggistico e
urbanistico-edilizio (...), in quanto la Commissione
comunale per la qualità architettonica e per il
paesaggio, è “composta da figure professionali di
elevata competenza e specializzazione, esterni alle
strutture amministrative comunali.” (cfr. punto
1, lett. b) Allegato A).
Con riferimento ai requisiti “soggettivi” dei
componenti, oltre alla specifica tipologia di
professionisti richiesta ai sensi dell’art. 7 della
legge 7/2009 sopra richiamata (i.e. “(..)
responsabile dell'ufficio tecnico comunale, da un
architetto, un ingegnere edile, un geologo, un
biologo naturalista e un agronomo”), viene
ribadito che la Commissione dovrà operare la scelta
dei propri componenti tra tecnici “esterni”
all'amministrazione e in ogni caso non facenti parte
della Sportello unico per edilizia e che i
componenti dovranno dimostrare di aver svolto
attività attinenti a materie quali l'uso, la
pianificazione e la gestione del territorio e del
paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica,
la tutela dei beni architettonici e culturali e
dovranno aver maturato una qualificata esperienza,
almeno quinquennale.
In tale contesto, il ruolo di “promotore”
della regione si sostanzierebbe unicamente nel
consentire ai comuni di costituire Commissioni
intercomunali nell'ambito delle forme associative
previste dalle leggi regionali e nazionali, con
particolare riguardo alle Unioni di Comuni,
privilegiando Commissione tra Comuni contermini
ovvero, qualora abbiano già istituito una
Commissione, ai sensi dell'art. 7 della L.R. n.
50/1993, di non provvedere ad una nuova istituzione
qualora quella esistente risulti adeguata e conforme
ai criteri come sopra fissati.
Al fine di dare un contenuto “concreto”
all’onere di promozione codificato dall’art. 148,
comma 1, si ritiene, quindi, che debba aversi
riguardo ai principi generali fissati dal sistema in
tema di delega di funzione, ed ai sensi dei quali
l’ente delegante deve intervenire al fine di rendere
in concreto possibile l’esercizio della funzione
delegata.
Nel caso di specie, pertanto, tale onere potrà
sostanziarsi nel coadiuvare gli enti delegati nella
istituzione/composizione delle commissioni de
quibus.
11. A tale specifico riguardo, anche alla luce
del peculiare requisito di “terzietà”
richiesto nelle direttive in parola con riferimento
ai componenti le commissioni in esame, si ritiene
necessario verificare se tali professionisti debbano
essere “esterni” all’amministrazione
interessata ma “interni” al comparto pubblico
complessivamente inteso ovvero possano essere anche
professioni privati, cioè “esterni” a tale
apparato pubblico.
Come noto, per i professionisti legati da un
rapporto di servizio con la pubblica amministrazione
vige il tendenziale principio di onnicomprensività
della retribuzione alla luce del quale gli importi
percepiti per le funzioni svolte in via principale
s’intendono sufficienti e proporzionati a remunerare
tutti gli eventuali altri incarichi ricoperti
nell’ambito ed in ragione del rapporto di impiego
alle pubbliche dipendenze (cfr. parere Consiglio di
Stato n. 173/2004) nonché il principio, oggi
immanente al sistema ai fini di tutela della finanza
pubblica allargata, di divieto di “cumulo”
degli emolumenti percepiti (tra gli altri, si vedano
gli artt. 82 e 83 del TUEL).
In tale ottica, la gratuità delle prestazioni svolte
in seno ad organi collegiali, non si presenta come
mancanza di sinallagmaticità (e quindi di causa) e
quindi eccezione al principio di necessaria
onerosità delle prestazioni lavorative, in quanto il
professionista s’intende remunerato nell’ambito e
per effetto della retribuzione ovvero degli
emolumenti già percepiti in virtù del rapporto di
servizio ovvero del munus pubblico rivestito
nell’ambito della pubblica amministrazione.
11.1 Nel caso in cui invece i professionisti
fossero esterni al complessivo apparato pubblico
occorrerà verificare se il tale vincolo di gratuità
tombale sia compatibile con il suddetto principio di
onerosità delle prestazioni ai sensi del quale “Ogni
attività lavorativa è presunta a titolo oneroso
salvo che si dimostri la sussistenza di una finalità
di solidarietà in luogo di quella lucrativa (...)”
(ex pluribus Cass. sentenza 26.01.2009 n.
1833) e, comunque, non vada ad inficiare –almeno in
linea potenziale e astratta– sull’indipendenza e
sull’imparzialità dei componenti le commissioni,
alla luce proprio dell’assenza di qualsiasi
remunerazione per l’attività svolta.
In tale caso, infatti, si suole parlare di “funzionario
onorifico”, e cioè di professionista esterno che
presta la propria attività nell’ambito del comparto
pubblico pur non condividendone, neppure in parte, i
connotati essenziali, tra cui “la scelta del
dipendente di carattere prettamente
tecnico-amministrativo effettuata mediante procedure
concorsuali (che, si contrappone, nel caso del
funzionario onorario, ad una scelta
politico-discrezionale), l'inserimento strutturale
del dipendente nell'apparato organizzativo della
p.a. (rispetto all'inserimento meramente funzionale
del funzionario onorario), lo svolgimento del
rapporto secondo un apposito statuto per il pubblico
impiego (che si contrappone ad una disciplina del
rapporto di funzionario onorario derivante pressoché
esclusivamente dall'atto di conferimento
dell'incarico e dalla natura dello stesso), il
carattere retributivo -perché inserito in un
rapporto sinallagmatico- del compenso percepito dal
pubblico dipendente (rispetto al carattere
indennitario rivestito dal compenso percepito dal
funzionario onorario), la durata tendenzialmente
indeterminata del rapporto di pubblico impiego (a
fronte della normale temporaneità dell'incarico
onorario)” (cfr. ex pluribus Corte di
Cassazione, sentenza n. 5398/2007).
Nel caso di specie, si ritiene che il legislatore
abbia effettuato un’opzione, seppure implicita, a
favore di componenti “interni” all’apparato
pubblico, in quanto legati da un rapporto di
dipendenza (nelle sue varie forme) con la pubblica
amministrazione, e ciò per le seguenti ragioni:
a) in primo luogo alla luce del fatto che la
partecipazione alle suddette commissioni rientra
–per espressa previsione di legge– nei compiti “istituzionali”
dell’amministrazione interessata (cfr. comma 3, art.
186 del Codice), con tutti i corollari a questo
connessi, anche in termini di sempre più incisiva
valorizzazione delle risorse professionali interne
da adibire a tali scopi.
Sul punto, peraltro, si segnala che ai sensi dell’
art. 6, comma 7, del DL 78/2010, a decorrere
dall’esercizio 2011 il legislatore, al fine di
conseguire risparmi nei costi di apparato “valorizzando”
al contempo le figure professionali “interne”,
vincola la spesa per incarichi di studio e
consulenza ad una percentuale del 20% della spesa
sostenuta per tale voce nel 2009, pena illecito
disciplinare e responsabilità erariale del dirigente
responsabile;
b) per la rilevanza delle funzioni espletate
dalle commissioni in esame in termini di “zona a
rischio corruzione”, considerato il peculiare
settore in cui i componenti si trovano ad
operare–quello delle autorizzazione paesaggistiche-
in cui si contrappongono interessi pubblici ed
interessi privati, con conseguente potenziale
ampliamento dei diritti dei privati in danno di
quello pubblico di tutela del paesaggio;
c) per la necessità, quindi, di garantire che le
attività dei componenti de quibus siano
improntate ai principi di indipendenza ed
imparzialità, alla cui base non può non assumere
rilievo essenziale una retribuzione sufficiente e
proporzionata;
d) per il carattere tombale del divieto di
corrispondere compensi del comma 3, dell’art. 183
che, alla luce di quanto sopra, mal si concilia
–almeno in linea di principio- con la necessità di
remunerare i professionisti “altamente
specializzati” (privati) incaricati in via “onorifica”
;
e) per gli specifici vincoli imposti dai codici
deontologici degli ordini professionali di
appartenenza dei professionisti indicati nella
normativa regionale (cfr. art. 7 legge regionale
Basilicata n. 7/1999), ai sensi dei quali la regola
generale vieta la gratuità della prestazione salvo
specifiche ipotesi motivate da ragioni di “solidarietà”
ovvero di “apprendistato”; ragioni che, nel
caso di specie, non è dato intravedere;
f) per la possibilità di rinvenire le suddette
professionalità nell’ambito del comparto
organizzativo regionale che –quale titolare della
funzione– ha (o comunque dovrebbe avere) al proprio
interno le specifiche figure professionali richieste
ai fini della composizione delle commissioni in
parola.
11.2 Ed è in quest’ottica che, a parere della
Sezione, si ritiene di dover interpretare il punto 2
dell’allegato A (“Requisiti dei componenti della
Commissione per la qualità architettonica”)
della delibera di giunta della regione Basilicata
(n. 2202/2008) ai sensi della quale le commissioni
in esame devono essere composte da “tecnici
esterni all'amministrazione e in ogni caso non
facenti parte della Sportello unico per edilizia”.
La ratio sottesa a tale disposizione –cioè la
necessità di garantire le competenze
tecnico-scientifiche e la differenziazione tra i due
procedimenti, quello paesaggistico e quello
urbanistico-edilizio- si appalesa comunque
soddisfatta con l’utilizzo di professionisti
“esterni” all’amministrazione interessata ma “interni”
al comparto pubblico.
In questo caso, peraltro, il vincolo di gratuità
tombale previsto dal comma 3, dell’art. 183 si
presenterebbe non come deroga al principio immanente
al sistema di onerosità della prestazione, ma come
diretta attuazione del principio di
onnicomprensività della retribuzione come sopra
enucleato.
A tale fine, peraltro, potrà essere la stessa
regione –in qualità di titolare della funzione
autorizzatoria- a dotare l’amministrazione
interessata dei professionisti in possesso dei
necessari requisiti di competenza ed esperienza cui
affidare l’incarico di comporre le commissioni in
parola, e ciò in attuazione dell’obbligo di “promozione”
delle commissioni di cui al comma 1 dell’art. 148.
12. Per concludere, anche al fine di riepilogare
gli esiti del percorso motivazionale seguito,
la Sezione ritiene che non rientri
-in linea astratta- tra i vincoli finanziari sanciti
dal comma 3, dell’art. 183 del dlgs 42/2004 il
divieto di “rimborso delle spese” sostenute e
documentate dai componenti le commissioni, e ciò a
condizione che sia garantita la neutralità –in
termini di impatto sugli equilibri
economico-finanziari- della relativa voce di
bilancio.
A tale fine l’Ente potrà riallocare
le risorse ordinariamente utilizzate in relazione
all’esercizio di tale funzione ovvero utilizzare le
maggiori entrate o le minori spese derivanti
dall’espletamento della funzione medesima, e ciò
anche alla luce delle risorse messe a disposizione
dall’ente delegante (la regione) ovvero comunque
percepite in ragione ed ai fini dell’esercizio della
suddetta funzione delegata.
Si rileva in proposito che
nell’ambito dell’istituzione e del funzionamento
delle commissioni locali per il paesaggio di cui
all’art. 148 del dlgs 42/2004, le regioni assumono
il ruolo fondamentale di “promotore” che non
può e non deve limitarsi alla disciplina in via
astratta dell’istituto in parola, ma deve connotarsi
nei termini prescritti dal legislatore nazionale,
cioè come “supporto” in concreto agli enti
subdelegati nella composizione e nel funzionamento
delle suddette commissioni.
Per l’effetto si ritiene, altresì,
che i professionisti componenti le commissioni in
parola debbano essere "terzi” rispetto
all’amministrazione delegata ma “interni” al
comparto pubblico, inteso come soggetto macro
aggregato.
Si ritiene che il legislatore, con
il comma 3, dell’art. 183 del Codice, abbia
effettuato una specifica opzione a tale riguardo, e
ciò alla luce della natura “istituzionale”
delle funzioni svolte e del divieto tombale di
remunerazione, requisiti che mal si conciliano con
il conferimento di incarichi a titolo onorifico a
professionisti privati, e ciò alla luce del generale
principio di “autosufficienza” e “valorizzazione”
delle risorse interne all’apparato pubblico, del
generale principio di onerosità della prestazione
lavorativa e, non ultimo, della peculiare
connotazione di “zona rischio corruzione” del
settore in cui si trovano ad operare le commissioni
in esame, in termini di potenziale (ed arbitrario) “ampliamento
dei diritti dei privati” ed in relazione al
quale (rischio) occorre assicurare –almeno in linea
astratta- l’indipendenza ed imparzialità dei
componenti le commissioni de quibus, e ciò
anche per il tramite di una remunerazione
sufficiente e proporzionata.
Tale elemento, visto il carattere
tombale del divieto di remunerazione di cui al comma
3, dell’art. 183 del Codice, può essere rintracciato
esclusivamente con riferimento a professionisti
interni al comparto pubblico, in relazione ai quali
la prestazione –seppure gratuita in seno alle
commissioni de quibus– è già remunerato
nell’ambito della restribuzione “madre”
ricevuta per effetto del rapporto di servizio o del
munus pubblico che lega il professionista
alla pubblica amministrazione, complessivamente
intesa.
Alla luce di quanto sopra, pertanto,
l’ente delegato dovrà aver previamente “mappato”
nell’ambito del proprio piano triennale
anticorruzione i rischi connessi all’attività in
questione ed averne individuate le misure volte a
prevenirlo.
In tale ottica, il carattere
onorifico della prestazione -in assenza di cause
giustificatrici ulteriori rispetto al vincolo
finanziario in sé- non si presenta –almeno in via
astratta– come misura volta a prevenire ovvero ad
ovviare il rischio che tale attività “gratuita”
venga svolta nel perseguimento di interessi/vantaggi
diversi ed opposti rispetto al fine tutelato dalla
norma, e ciò proprio in ragione del peculiare
assetto degli interessi coinvolti nell’esercizio
della funzione de qua, l’interesse dei privati ad
ampliare la propria sfera di diritti ed il
bene-paesaggio rispetto al quale tali interessi
potrebbero risultare recessivi
(Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata,
parere 07.07.2016 n. 29). |
anno 2012 |
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ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
nomina della commissione per il paesaggio.
La giurisprudenza
amministrativa ha avuto modo di precisare,
più volte, come gli ordini professionali
siano legittimati a difendere in sede
giurisdizionale gli interessi della
categoria dei soggetti di cui abbiano la
rappresentanza istituzionale, sia quando si
assumano violate le norme poste a tutela
della professione, sia quando si tratti di
conseguire determinati vantaggi, sia pure di
carattere puramente strumentale,
giuridicamente riferibili alla intera
categoria, ed anche nell’ipotesi in cui
possa ipotizzarsi astrattamente un conflitto
di interessi tra gli ordini ed i singoli
professionisti beneficiari dell’atto
impugnato, che l’Ordine assume invece essere
lesivo dell’interesse istituzionale della
categoria.
Quanto al supposto conflitto di interessi,
poi, l’eccezione non ha parimenti pregio ove
si consideri che la ricorrenza di tale
conflitto va scrutinata in relazione
all’interesse astrattamente perseguito, non
essendo rilevante il fatto che tale
conflitto ricorra in concreto con alcuni
professionisti od associati.
Nel caso di specie, l’Ordine degli
Architetti Pianificatori Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Salerno,
come esattamente è stato rilevato, include
ex art. 15 dpr n. 380/2001, gli architetti,
i paesaggisti, i pianificatori territoriali
ed i conservatori dei beni architettonici ed
ambientali, cioè figure professionali con
specifiche competenze in materia di
progettazione relativa a beni vincolati e
tutelati paesaggisticamente, ed ha pertanto,
un interesse qualificato alla corretta
attuazione della norma che riserva la scelta
dei membri tra esperti di beni ambientali,
storia dell’Arte, discipline
agricolo-forestale, naturalistica, storiche,
pittoriche, arti figurative e legislazione
dei beni culturali.
---------------
Il requisito dell’esperienza nelle
specifiche materie risulta elemento
necessario ed indispensabile nonché
funzionale a costituire una struttura
specialistica in grado di esprimere, a
livello comunale, una soglia sufficiente di
competenze tecnico-scientifiche integrate
idonee a garantire una valutazione separata
degli aspetti paesaggistici da quelli
urbanistico-edilizi; requisito che
necessariamente deve essere garantito,
quanto meno, anche da un curriculum recante
esplicitazione delle competenze comunque
acquisite, nei settori indicati.
Altresì, “l’esperienza acquisita in impieghi
pubblici, anche di elevata responsabilità,
nel campo -ad esempio- dell’urbanistica,
della protezione ambientale o della
salvaguardia dei beni culturali può avere
sicuramente un valore qualificante pari a
quello del libero professionista, atteso che
la possibilità di nominare anche componenti,
provvisti di curriculum prevalentemente
costituito da pubblici incarichi, consente
di acquisire quelle esperienze e competenze
interdisciplinari necessarie ad arricchire
il livello tecnico-specialistico richiesto
ai componenti della Commissione”.
---------------
... per l'annullamento:
- della delibera del consiglio comunale n. 16/2011 del 02.08.2011 con
la quale si è proceduto alla nomina dei
membri della commissione per il paesaggio,
di cui all’art. 148 d.lgs n. 42/2004 ed
allegato 1 alla l.r.c. 10/1982, in
violazione dell'obbligo di preventivo
accertamento della qualifica di "esperti"
in capo ai soggetti nominati;
- ove occorra, delle delibere del consiglio comunale di Corbara, n.
17/2011 e 22/2011, assunte nella seduta del
30.09.2011, con le quali nel rispondere alle
interrogazioni dei consiglieri, si
confermano implicitamente le nomine,
assumendo come non dovuta alcuna risposta
alla diffida inoltrata dall’Ordine
ricorrente con atto prot. n. 1265/F1-P1_g2
del 15.09.2011;
...
1.- Il ricorso è fondato alla stregua delle
considerazioni che seguono:
2.- E’ controversa nel presente giudizio la
legittimità del provvedimento, in epigrafe
meglio specificato, con il quale il Comune
di Corbara si è determinato alla
designazione dei membri della “Commissione
per il paesaggio” ex art. 148 d.lgs. n.
42/2004, con modalità ritenute assolutamente
illegittime dall’Ordine ricorrente e cioè
senza alcuna previa verifica dell’idoneità
degli stessi a ricoprire la carica di
componenti della citata commissione; in
particolare senza aver provveduto né alla
pubblicazione di un avviso per
l’acquisizione delle candidature, né ad
acquisire le candidature e neppure i
curricula degli interessati per
l’accertamento dei requisiti
tecnico-professionali richiesti dalla legge,
per cui i nominativi dei membri della
Commissione sarebbero emersi solo in sede di
scrutinio, senza alcuna indicazione in
ordine alla competenza specialistica di
ciascuno di essi e della relativa qualifica
professionale, il tutto in aperta violazione
del quadro normativo vigente, così come
esplicitato dalla nota dell’Assessore
regionale all’urbanistica prot. n. 942/SP
del 07.07.2011 e dalla circolare prot. n.
2011.0602279 del 02.08.2011, che rinviano
all’allegato 1 della l.r. n. 10/1982.
2.a.- La tesi attorea è contestata dalla
resistente amministrazione che, nelle
proprie difese, dopo aver eccepito
l’inammissibilità del ricorso per carenza di
legittimazione attiva del ricorrente Ordine,
che, nella specie, avrebbe agito in
potenziale conflitto d’interessi tra i
professionisti rappresentati, ridondando
l’azione proposta contro un proprio
iscritto, assume, nel merito, che l’intera
domanda sarebbe radicata a norme regionali
abrogate, quali, appunto, la l.r.c. n.
10/1982, laddove l’intera materia sarebbe,
all’attualità, disciplinata soltanto dalla
legge statale.
3.- Preliminarmente va respinta l’eccezione
di inammissibilità del ricorso per carenza
di legittimazione dell’Ordine degli
Architetti Pianificatori Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Salerno che,
nella prospettazione dell’amministrazione
comunale, sarebbe legittimato ad agire a
tutela degli interessi dell’intera categoria
professionale.
3.a.- Il rilievo non può essere condiviso.
Ed invero, la giurisprudenza amministrativa
(ex multis Cons. St. n. 2148 del
2011) ha avuto modo di precisare, più volte,
come gli ordini professionali siano
legittimati a difendere in sede
giurisdizionale gli interessi della
categoria dei soggetti di cui abbiano la
rappresentanza istituzionale, sia quando si
assumano violate le norme poste a tutela
della professione, sia quando si tratti di
conseguire determinati vantaggi, sia pure di
carattere puramente strumentale,
giuridicamente riferibili alla intera
categoria, ed anche nell’ipotesi in cui
possa ipotizzarsi astrattamente un conflitto
di interessi tra gli ordini ed i singoli
professionisti beneficiari dell’atto
impugnato, che l’Ordine assume invece essere
lesivo dell’interesse istituzionale della
categoria (cfr. Cons. St. Sez. V 18.12.2009,
n. 8404).
Quanto al supposto conflitto di interessi,
poi, l’eccezione non ha parimenti pregio ove
si consideri che la ricorrenza di tale
conflitto va scrutinata in relazione
all’interesse astrattamente perseguito, non
essendo rilevante il fatto che tale
conflitto ricorra in concreto con alcuni
professionisti od associati (Cons. St. Sez.
VI, 09.02.2009, n. 710).
Nel caso di specie, l’Ordine degli
Architetti Pianificatori Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Salerno,
come esattamente è stato rilevato, include
ex art. 15 dpr n. 380/2001, gli architetti,
i paesaggisti, i pianificatori territoriali
ed i conservatori dei beni architettonici ed
ambientali, cioè figure professionali con
specifiche competenze in materia di
progettazione relativa a beni vincolati e
tutelati paesaggisticamente, ed ha pertanto,
un interesse qualificato alla corretta
attuazione della norma che riserva la scelta
dei membri tra esperti di beni ambientali,
storia dell’Arte, discipline
agricolo-forestale, naturalistica, storiche,
pittoriche, arti figurative e legislazione
dei beni culturali.
4.- Sgombrato il campo dalla menzionata
eccezione, può addivenirsi alla delibazione
della questione di merito, muovendo dalla
ricostruzione del quadro normativo di
riferimento.
4.a.- L’art. 148 d.lgs. n. 42 del 2004,
(Codice dei beni culturali e del paesaggio)
rubricato “Commissioni locali per il
paesaggio” così recita: “Le Regioni
promuovono l’istituzione e disciplinano il
funzionamento delle commissioni per il
paesaggio di supporto ai soggetti ai quali
sono delegate le competenze in materia di
autorizzazioni paesaggistica, ai sensi
dell’articolo 146, comma 6.
Le commissioni …sono composte da soggetti
con particolare, pluriennale e qualificata
esperienza nella tutela del paesaggio”.
Nella Regione Campania, la materia de qua
ha trovato diacronicamente la sua disciplina
dapprima con l’allegato 1 della legge
regionale n. 10/1982 e successivamente con
l’art. 41 della legge regionale n. 16 del
2004, relativa al governo del territorio.
L’art. 41 della citata legge regionale
risultava, ratione temporis, così
formulato:
“1. I comuni, anche in forma associata,
si dotano di strutture, denominate sportelli
urbanistici, ai quali sono affidati i
seguenti compiti:
a) ricezione delle denunce di inizio attività, delle domande per il
rilascio di permessi di costruire e dei
provvedimenti e certificazioni in materia
edilizia;
b) acquisizione di pareri e nulla-osta di competenza di altre
amministrazioni;
c) rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità
e della certificazione in materia edilizia.
Il rilascio di titoli abilitativi
all’attività edilizia avviene mediante un
unico atto comprensivo di autorizzazioni,
nulla-osta, pareri, assensi e di ogni altro
provvedimento di consenso, comunque
denominato, di competenza comunale;
d) adozione dei provvedimenti in materia di accesso ai documenti,
ai sensi della legge 07.08.1990, n. 241;
e) cura dei rapporti tra l’amministrazione comunale, i privati e le
altre amministrazioni coinvolte nei
procedimenti preordinati all’adozione degli
atti di cui alla lettera c).
2. Nei comuni sprovvisti di commissione
edilizia, le funzioni consultive in materia
paesaggistico-ambientale, attribuite alla
commissione edilizia integrata comunale
dall’allegato alla legge regionale
23.02.1982, n. 10, “Direttive per
l'esercizio delle funzioni amministrative
subdelegate dalla regione Campania ai comuni
con legge regionale 01.09.1981, n. 65 -
Tutela dei beni ambientali”, sono esercitate
da un organo collegiale costituito dal
responsabile dell’ufficio che riveste
preminente competenza nella materia, con
funzioni di presidente, e da quattro esperti
designati dal consiglio comunale con voto
limitato.
3. Nei comuni provvisti di commissione
edilizia, i componenti esperti previsti
dall’allegato alla legge regionale n. 10/82,
sono designati dal consiglio comunale con
voto limitato.”
Oggi, con l’art. 4, comma 1, lett. m), della
legge regionale 05.01.2011 n. 1, la citata
previsione è stata riformulata, non solo con
la modifica del comma 1, che, allo stato, ha
il seguente tenore letterale “I comuni,
anche in forma associata, si dotano di
strutture, denominate sportelli unici per
l'edilizia, alle quali sono affidati i
compiti definiti dal regolamento di
attuazione di cui all'articolo 43-bis”,
ma soprattutto con l’abrogazione dei commi 2
e 3, relativi, rispettivamente, alla
commissione edilizia integrata ed all’organo
collegiale, nonché alla designazione da
parte del consiglio comunale dei componenti
esperti previsti dall’allegato alla legge
regionale n. 10/1982.
4.b.- Successivamente all’avvenuta
abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 41 l.r. n. 10/1982, l’amministrazione regionale,
dapprima con la nota assessorile prot. n.
942/SP del 07.07.2011 e, poi con la
circolare esplicativa del 02.08.2011, ha
rimarcato, tra l’altro che:
- l’avvenuta abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 41 della l.r. n.
16/2004 non modifica il regime della delega
già conferita ai Comuni della Campania,
inerente la funzione amministrativa attiva
regionale, volta al rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica;
- è vigente la disciplina di cui all’allegato alla L.R. n. 10/1982,
con le procedure ivi previste per la
istituzione della Commissione Edilizia
Comunale integrata (C.E.C.I.), unitamente
alle specifiche modalità di individuazione,
elezione dei relativi componenti, nonché
della durata della stessa;
- i comuni sprovvisti di commissione edilizia (C.E.) …per poter
continuare ad esercitare la funzione
regionale loro conferita devono istituire,
con deliberazione del consiglio comunale, la
commissione locale per il paesaggio (C.L.P.)
ex art. 148 del d.lgs 22.01.2004 e ss.mm.ii.,
costituita dal responsabile unico del
procedimento …nonché da cinque membri
esperti in materia di beni ambientali, così
come previsti dall’allegato alla L.R. n.
10/1982, con i medesimi criteri ivi
disposti, inerenti la relativa composizione,
nomina e durata.
4.c.- In merito a quanto innanzi riportato,
il Collegio ritiene di non aver obiezioni di
sorta, in specie per quanto attiene alla
immanenza della funzione attiva della
Regione nel rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica, giusta indicazione emergente
ex multis dalla recente pronuncia del
Consiglio di Stato n. 2013 del 2012, in
ordine alla competenza ad emettere
autorizzazione paesaggistica, (con
riferimento al riparto di competenze fra
Stato ed Enti locali, di cui agli articoli
117 e seguenti della Costituzione). Con la
citata pronuncia, il Consiglio di Stato ha
ribadito l’attuale assetto delle competenze
in materia, escludendo che potesse
ritenersi, ex art. 96 T.U.E.L., radicato in
capo soltanto all’ente locale “il potere
di effettuare scelte che, nei termini appena
indicati, implicassero il trasferimento ad
un ufficio comunale della competenza ad
emettere autorizzazione paesaggistica,
trattandosi di competenza dello Stato, da
esercitare in concorso con la Regione
interessata o ad essa delegata, per ragioni
di tutela rilevanti per l’intera
collettività e, dunque, non affidabili a
valutazioni effettuate in ambito
strettamente locale" (Cons. St., sez.
VI, 25.05.1996, n. 717; Cons. St., sez. Atti
norm., 13.01.2003, n. 4804; cfr. anche, per
il principio, Corte Cost., 25.07.2011, n.
244).
4.d.- Ad avviso del Collegio neppure il
richiamo alla disciplina di cui all’allegato
alla legge regionale n. 10/1982 suscita
particolari perplessità e ciò anche a
prescindere dalla disamina dell’approccio
ermeneutico più corretto alla natura della
circolare in questione.
Ciò che preme rilevare è che, nella specie,
la Regione ha inteso ribadire le modalità
organizzative dell’organo consultivo alle
quali i Comuni, nell’esercizio della
sub-delega in materia di beni ambientali di
cui all’art. 1 l.r. 01.09.1981 n. 65, sono
tenuti a conformarsi.
Orbene, il citato allegato stabilisce che i
cinque membri sono “nominati dal
Consiglio comunale tra esperti di Beni
Ambientali, Storia dell’Arte, discipline
agricolo forestale, Naturalistica, Storiche,
Pittoriche, Arti figurative e Legislazione
Beni Culturali.
La delibera consiliare di nomina di detti
esperti che dovrà riportare l’annotazione,
per ciascuno di essi, della materia di cui è
esperto…dovrà essere rimessa, per
conoscenza, al Presidente della Giunta
regionale”.
4.e.- Emerge, dunque, dal quadro complessivo
sopra richiamato che il requisito
dell’esperienza nelle citate materie risulta
elemento necessario ed indispensabile nonché
funzionale a costituire una struttura
specialistica in grado di esprimere, a
livello comunale, una soglia sufficiente di
competenze tecnico-scientifiche integrate
idonee a garantire una valutazione separata
degli aspetti paesaggistici da quelli
urbanistico-edilizi; requisito che
necessariamente deve essere garantito,
quanto meno, anche da un curriculum
recante esplicitazione delle competenze
comunque acquisite, nei settori indicati
(vedi, in tale senso, anche Tar Puglia Lecce
n. 878 del 2011, dove si afferma che “l’esperienza
acquisita in impieghi pubblici, anche di
elevata responsabilità, nel campo -ad
esempio- dell’urbanistica, della protezione
ambientale o della salvaguardia dei beni
culturali può avere sicuramente un valore
qualificante pari a quello del libero
professionista, atteso che la possibilità di
nominare anche componenti, provvisti di
curriculum prevalentemente costituito da
pubblici incarichi, consente di acquisire
quelle esperienze e competenze
interdisciplinari necessarie ad arricchire
il livello tecnico-specialistico richiesto
ai componenti della Commissione”).
4.f.- Trasponendo le menzionate acquisizione
al caso in esame, risulta che la resistente
amministrazione ha espressamente richiamato
negli atti impugnati la legge regionale n.
10/1982 con il relativo allegato, nonché la
nota assessorile e la relativa circolare, di
talché non può assumere, in sede
giurisdizionale, a propria difesa,
l’inutilizzabilità dei suddetti
provvedimenti che, in sede amministrativa,
ha dimostrato di voler ergere a regola della
propria azione amministrativa (vedi ex
multis Tar Campania n. 1844 del 2012).
Risulta, altresì, che i nominativi dei
componenti sono emersi solo all’esito della
votazione, in carenza di qualunque
curriculum vitae, o altra indicazione,
utile a dimostrare il possesso dei
requisiti, per cui, l’organo di indirizzo
politico-amministrativo non è stato posto in
grado di annotare l’indicazione della
materia in cui ciascuno di essi deve
stimarsi esperto.
L’error in procedendo in cui è
incorsa l’amministrazione comunale non
risulta suscettibile di essere recuperato
neppure con le successive integrazioni
deliberative, i cui contenuti (vedi
dichiarazione del segretario comunale con la
quale si precisa che “i curricula dei
componenti della Commissione per il
Paesaggio… gli sono stati forniti soltanto
in via informale ed unicamente per procedere
all’identificazione dei membri nominati , ma
non costituiscono allegati alla delibera di
Consiglio comunale che ha provveduto alla
loro nomina”) rimarcano che la scelta
dei componenti della Commissione per il
Paesaggio è avvenuta in violazione del
giusto procedimento tratteggiato dalla
normativa regionale e relativi atti
applicativi richiamati nelle premesse degli
atti impugnati.
Per tutte le suesposte considerazioni, il
ricorso è fondato e va accolto con
l’annullamento degli atti impugnati
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 28.05.2012 n. 1032 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
partecipazione agli organi collegiali o monocratici operanti presso la pubblica
Amministrazione è da considerarsi onorifica
e può dare luogo esclusivamente al rimborso
delle spese sostenute, ove previsto dalla
normativa vigente, ed i gettoni di
presenza eventualmente erogati ai componenti
di tali organi non possono superare la
misura di 30 euro per seduta giornaliera.
---------------
La richiesta di parere in epigrafe
ha per oggetto l'art. 6, comma 1, del D.L.
31/05/2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30/07/2010, n.
122, il quale ha disposto che la
partecipazione agli organi collegiali o
monocratici operanti presso la pubblica
Amministrazione è da considerarsi onorifica
e può dare luogo esclusivamente al rimborso
delle spese sostenute, ove previsto
dalla normativa vigente, e che i gettoni di
presenza eventualmente erogati ai componenti
di tali organi non possono superare la
misura di 30 euro per seduta giornaliera.
In particolare, il Sindaco del comune di
Castellana Grotte (BA) chiede se detta
disposizione si applichi anche alla
commissione locale per il paesaggio,
prevista dal 1° comma dell'art. 148 del
D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 nonché
dall'art. 8 della Legge Regionale n. 20 del
07.10.2009 ed istituita presso il Comune,
tenuto conto che il Consiglio comunale, in
sede di regolamento disciplinante il
funzionamento di tale organismo -approvato
nel 2010- ha previsto l’erogazione di un
gettone di presenza ai componenti della
suddetta commissione per la partecipazione
alle relative sedute in misura non inferiore
al gettone percepito dai consiglieri
comunali, che è comunque superiore ad € 30.
Ragion per cui chiede se la commissione
de qua “rientri nel novero degli organi
collegiali considerati onorifici”
soggetti alla riduzione di spesa che occupa.
...
La richiesta di parere che occupa
verte sulla inclusione o meno della
commissione per il paesaggio, prevista dal
1° comma dell'art. 148 del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio) e dall’art. 8 della Legge
Regionale pugliese n. 20 del 7.10.2009, nel
campo di applicazione dell’art. 6, comma 1,
del d.l. 31.05.2010, n. 78, convertito
con modificazioni dalla legge 30.07.2010, n. 122. Tale previsione, al fine di
ridurre i costi degli apparati
amministrativi:
- stabilisce che la partecipazione agli organi collegiali di cui
all'articolo 68, comma 1, del decreto-legge
25.06.2008, n. 112, convertito con
modificazioni dalla legge 06.08.2008, n.
133 ha natura onorifica e può dar luogo
esclusivamente al rimborso delle spese
sostenute, ove previsto dalla normativa
vigente;
- fissa il tetto massimo in caso di eventuale erogazione di gettoni
di presenza, che non possono superare
l'importo di 30 euro per ogni seduta
giornaliera.
La stessa norma poi espressamente esonera
dalla previsione testé delineata le
commissioni che svolgono funzioni
giurisdizionali, gli organi previsti per
legge che operano presso il Ministero per
l'ambiente, e altre strutture testualmente
indicate dalla norma stessa.
È bene precisare che l’art. 68 del citato
decreto legge n. 112 del 2008 (rubricato
“Riduzione degli organismi collegiali e di
duplicazioni di strutture”), cui rinvia lo
stesso art. 6, comma 1 cit., si colloca a
sua volta nella scia dell'articolo 29 del
decreto-legge 04.07.2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 04.08.2006, n. 248, il quale ha avviato un
percorso finalizzato al contenimento della
spesa di commissioni, comitati ed altri
organismi operanti presso le Amministrazioni
statali (e non statali, per evidenti ragioni
di coordinamento finanziario, in base al
successivo comma 3), disponendone il
riordino anche mediante la loro soppressione
o accorpamento e previa valutazione della
“perdurante utilità” degli stessi (comma
2-bis), il cui esito favorevole avrebbe
consentito di assoggettarli ad un regime di
proroga e dunque di sopravvivenza ad tempus.
L’art. 68 ha portato avanti tale percorso
anche al fine di realizzare, entro il
triennio 2009-2011, la graduale riduzione di
tali organismi fino al definitivo
trasferimento delle attività ad essi
demandate alle relative Amministrazioni, e
ha escluso ex lege dal regime di proroga
sopra indicato una serie di enti collegiali
aventi determinate caratteristiche, che
dunque dovevano essere assolutamente e
immediatamente soppressi.
In questo tessuto normativo si innesta
l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,
il quale si propone di portarne a compimento
l’obiettivo, anche se mediante un meccanismo
che non incide più sull’obbligo di
eliminazione di tali organi, bensì sulla
natura della partecipazione agli stessi, che
diviene onorifica; ne consegue
l’impossibilità di erogare corrispettivi o
emolumenti comunque denominati che non siano
riconducibili al mero rimborso delle spese
sostenute (ove previsto dalla normativa
vigente); una parziale deroga a detto
divieto è posto dalla successiva parte della
disposizione, che in ogni caso fissa
nell'importo massimo di 30 euro a seduta
giornaliera la misura massima possibile
eventualmente erogabile.
In sostanza, le disposizioni su riportate
sono accomunate dalla medesima ratio del
raggiungimento dell’obiettivo di
contenimento delle spese degli organi
collegiali non indispensabili delle pp.AA.,
le quali sono evidentemente ritenute dal
legislatore una delle componenti su cui
incidere per ridurre la spesa pubblica.
3.1. Venendo al caso di specie, la
risoluzione della connessa questione
presuppone una breve indagine sulla natura e
sulle funzioni delle commissioni per il
paesaggio, previste dal 1° comma dell'art.
148 del codice dei beni culturali e del
paesaggio (nel prosieguo, per brevità,
“codice”), approvato con il sopra citato D.Lgs. n. 42 del 2004.
È bene premettere che il precedente art. 146
del codice prevede una particolare procedura
in materia di richiesta e di rilascio di
autorizzazione paesaggistica. Per quanto qui
occupa, va osservato che la funzione
autorizzatoria in materia di paesaggio
spetta alle regioni (comma 5), le quali la
esercitano o avvalendosi di propri uffici
ovvero delegandone l'esercizio –tra gli
altri- agli enti locali, purché questi
dispongano di strutture in grado di
assicurare un adeguato livello di competenze
tecnico-scientifiche nonché di garantire la
differenziazione tra l’ufficio che rilascia
il titolo abilitativo in materia
urbanistico-edilizia e quello preposto al
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica
(comma 6).
Non è superfluo osservare che il comma 16
dell’art. 146 citato dispone che
l’attuazione dello stesso articolo non deve
determinare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, ragion per cui
un’eventuale delega di tali funzioni da
parte delle regioni agli altri enti
territoriali deve avvenire a costo zero.
Il successivo articolo 148 rimette alle
regioni la possibilità di prevedere, in caso
di delega, l'istituzione di commissioni per
il paesaggio (composte da esperti nella
materia della tutela del paesaggio), onde
supportare tecnicamente i soggetti ai quali
sono delegate le suddette competenze ai
sensi dell'articolo 146, sub specie di
espressione di pareri nel corso dei
procedimenti autorizzatori previsti dal
codice. Trattasi quindi di attività di
amministrazione consultiva di natura
endoprocedimentale non avente riflessi
diretti nella sfera giuridica dei terzi
richiedenti.
Per quanto riguarda la regione Puglia, la
legge regionale n. 20 del 07.10.2009,
recante “Norme per la pianificazione
paesaggistica”, contiene all’art. 7 la
delega ai comuni delle funzioni in materia
paesaggistica. Il successivo articolo 8
(“Commissioni locali per il paesaggio”)
stabilisce che “Gli enti delegati al
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica
istituiscono, preferibilmente in forma
associata, la commissione locale per il
paesaggio a norma dell’articolo 148 del d.lgs. 42/2004, che esprime parere nel
procedimento di rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica”.
Orbene, dall’esame di tali previsioni emerge
che nella regione Puglia l’istituzione delle
commissioni per il paesaggio è obbligatoria.
L’uso dell’indicativo presente da parte del
legislatore regionale ("istituiscono") è
sicuro indice, infatti, della prescrizione
di un obbligo ("devono istituire"),
piuttosto che dell’attribuzione di una
facoltà ("possono istituire"). Ne consegue
che in tale Regione lo stesso legislatore ha
effettuato, a monte, la valutazione della
indispensabilità di tale organo, valutazione
che può ritenersi non irragionevole in
quanto finalizzata a fornire un ausilio
tecnico agli uffici dei comuni delegati (tra
i quali ve ne sono innumerevoli di piccole
dimensioni) ai fini del rilascio di
un’autorizzazione in una materia che
richiede una particolare competenza
specialistica (si rammenta che in precedenza
tali competenze erano assorbite dalla
commissione edilizia, la cui istituzione è
ora meramente facoltativa giusto l’art. 4,
comma 2, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, recante
il “Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia
edilizia”).
Tuttavia, nonostante l’obbligatorietà, la
stessa norma che per prima ne ha previsto la
possibile istituzione (rimettendone la
decisione in tal senso alle regioni: art.
146 del codice), afferma in maniera netta
che l’eventuale istituzione di tali
organismi non deve comportare nuovi oneri
per la finanza pubblica.
Logico corollario, ad avviso della Sezione,
è che il citato art. 146 del codice, letto
in combinato disposto con l’art. 8 della l.r. n. 20 del 2009, con l’art. 6, comma 1,
del richiamato d.l. n. 78 del 2010 e con i
suoi antecedenti normativi, impone di
considerare le commissioni de quibus
soggette agli obiettivi di contenimento
della spesa imposti dal legislatore del
2010.
In conclusione, il Collegio reputa che la
partecipazione alle commissioni locali per
il paesaggio istituite in attuazione
dell’art. 148 del codice e dell’art. 8 della
legge regionale pugliese n. 20 del 2009 è da
ritenersi onorifica
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 18.04.2012 n.
52 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: La
proposta di nomina a componente di una
commissione è illegittima laddove inficiata
da una totale e assoluta carenza di
motivazione.
Come già ritenuto dal
giudice di appello, l’assenza di ogni e
qualunque motivazione nella proposta di
nomina non può trovare giustificazione nel
fatto che la proposta rientrasse nel novero
degli atti di alta amministrazione, atteso
che tale categoria di atti amministrativi
soggiace, comunque, alla disciplina generale
degli atti amministrativi per i quali non è
ipotizzabile, alla luce di quanto previsto
dagli artt. 24, 97 e 113 della Cost., alcun
vuoto di tutela giurisdizionale.
E invero, per gli atti di nomina
pacificamente si ritiene che “Se pure, in
linea generale, le designazioni degli organi
di vertice delle amministrazioni si
configurano come provvedimenti da adottare
in base a criteri eminentemente fiduciari,
riconducibili nell'ambito degli atti di
“alta amministrazione”, in quanto sono
espressione della potestà di indirizzo e di
governo delle autorità preposte alle
amministrazioni stesse; si deve osservare
nondimeno che il singolo provvedimento di
nomina deve esporre le ragioni che hanno
condotto alla nomina di uno di essi,
comportando una scelta nell'ambito di una
categoria di determinati soggetti in
possesso di titoli specifici.
In altre parole, la motivazione della scelta
–sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"– deve comunque ancorarsi
all’esito di un apprezzamento complessivo
del candidato, in modo che possa dimostrarsi
la ragionevolezza della scelta effettuata
che non può logicamente esaurirsi nel mero
riscontro da parte dei singoli candidati dei
requisiti prescritti dalla legge ma che
importa articolate, delicate e talvolta
addirittura sfumate valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio
personale, e sul prestigio che eventualmente
hanno già conferito agli uffici
precedentemente ricoperti e che
astrattamente sono in grado di assicurare a
quello da ricoprire.
L'obbligo di motivazione a carico della p.a.
deriva inoltre dalla sussistenza, a fronte
della potestà esercitata, di posizioni
soggettive direttamente tutelate
dall'ordinamento; pertanto, anche tale atto
deve essere emanato sulla base di una
conoscenza adeguata dello stato dei fatti,
di un'esatta interpretazione della volontà
della legge e di un soppesamento delle
situazioni soggettive rilevanti”.
Deve ancora aggiungersi che, essendo gli
atti di alta amministrazione formalmente e
sostanzialmente atti amministrativi, essi
sono comunque soggetti all’obbligo di
motivazione, essendo chiuso nel sistema,
dopo l’entrata in vigore della legge n. 241
del 1990, ogni spazio per la categoria dei
provvedimenti amministrativi c.d. a motivo
libero, e posto che la connotazione di un
atto amministrativo come un atto di alta
amministrazione non vale di per sé ad
escludere l'onere di motivazione a carico
dell'Amministrazione.
In aggiunta alle superiori
considerazioni, è da ritenere che nel caso
in esame l'obbligo motivazionale si
imponesse con maggior rigore, dovendo la
motivazione assolvere all'obbligo di rendere
comunque trasparente ed imparziale la scelta
posta in essere dalla P.A., trattandosi di
nomina non preceduta da una qualche
procedura selettiva introdotta da un bando
di partecipazione che provvedesse a
specificare criteri e requisiti
astrattamente predeterminati dalla legge.
Le considerazioni svolte in ordine
all’obbligo di motivazione rendono evidente
il vizio invalidante in cui è incorsa
l’Amministrazione nella procedura di nomina
in contestazione, omettendo ogni motivazione tout court rispetto all’esercizio del potere
effettuato con la proposta, vizio nella
specie aggravato dalla circostanza che il
Ministero procedeva a rettificare la
originaria proposta, sostituendo il
nominativo originario con un altro, senza
motivare né in ordine alla estromissione del
primo soggetto, né in ordine alla scelta del
secondo.
E in una procedura di nomina quale quella
descritta al comma 6, dell’art. 2 del D.Lgs.
n. 261/1999, caratterizzata da una ben
amplia discrezionalità, il sindacato
giurisdizionale, che non può di certo essere
escluso pur dovendo rimanere circoscritto
all'accertamento estrinseco della
legittimità della nomina -cioè al riscontro
dell’esistenza dei presupposti e
dell’esistenza e congruità del nesso logico
di consequenzialità fra presupposti e
conclusione- intanto può svolgersi,
in quanto i criteri seguiti
dall'Amministrazione ai fini della scelta o,
comunque, le ragioni giustificatrici della
stessa, emergano dall’ordito motivazionale
dell’atto.
---------------
1. L’avv. Ma.Fi., odierno esponente,
premette di essere un professionista con
un’amplissima e qualificata esperienza nel
settore della regolazione postale.
A decorrere dall’agosto 2004 è il Direttore
Generale della Direzione Generale per la
Regolamentazione del settore Postale,
istituita presso il Ministero dello Sviluppo
Economico quale Autorità di settore
designata ex lege (art. 2 del d.lgs
261/1999, ante modifiche introdotte dal d.lgs.
58/2011), a seguito della trasposizione
della Direttiva europea 97/67/CE.
Sempre dal 2004 l’odierno esponente è membro
effettivo e rappresentante nazionale in seno
al Comitato Direttiva Postale istituito
presso la Commissione Europea (Direttiva
96/67/CE) e rappresentante nazionale in seno
all’U.P.U., Unione Postale Universale,
operante in ambito O.N.U. per il settore
postale.
2. Con d.lgs n. 58 del 31.03.2011 –che ha
novellato il d.lgs. n. 261 del 22.7.1999- è
stata istituita in Italia l’Agenzia
Nazionale di Regolamentazione del Settore
Postale (di seguito, anche “ANSP” o
“Agenzia”) con funzioni di regolamentazione,
programmazione, controllo e vigilanza del
settore postale.
Ai sensi dell’art. 2, comma 6, del citato
Decreto Legislativo, come novellato, le
funzioni di programmazione, indirizzo
regolazione e controllo nelle materia di
competenza sono affidate ad un Collegio,
costituito da tre membri di cui uno con
funzione di presidente.
Quanto alla procedura di nomina dei
componenti del Collegio, si prevede che essi
siano nominati con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dello sviluppo economico, previo
parere favorevole delle competenti
Commissioni parlamentari e che “i membri del
Collegio sono scelti tra persone dotate di
indiscusse moralità e indipendenza, alta e
riconosciuta professionalità e competenza
nel settore”.
3. Tanto precisato, il Fi. rappresenta che,
con nota protocollo n. 9489 del 04.05.2011, il Ministro per lo sviluppo economico,
nell’indicare la terna di nominativi per la
designazione a componente del Collegio in
questione, insieme ad altri due nominativi
proponeva anche quello del ricorrente.
Tuttavia, lo stesso giorno il Ministro per
lo sviluppo economico modificava la proposta
sostituendo il suddetto nominativo con
quello dell' Avv. Fr.So. e pertanto la
proposta di composizione del Collegio veniva
riformulata nei mutati termini.
4. Sulla base di tale ultima proposta, il
Consiglio dei Ministri nella riunione n. 138
del 05.05.2011 attivava il procedimento per la
nomina dei componenti del Collegio de qua;
nomina questa che veniva, poi, formalizzata
nella seduta del 09.06.2011.
A seguito di ciò, il Presidente della
Repubblica, con proprio decreto del
14.06.2011, definitivamente disponeva la
nomina dei componenti, tra i quali non
figurava, dunque, l’avv. Fi..
5. Con il ricorso in epigrafe l’odierno
esponente impugna tutti gli atti del
procedimento, deducendone l’illegittimità, e
ne chiede l’annullamento nella parte in cui,
nella terna dei nominativi indicati per la
designazione a componente del Collegio in
questione, poi avvenuta con decreto
presidenziale del 14.06.2011, il ricorrente
è stato pretermesso e sostituito con l’Avv.
Fr.So., odierno controinteressato.
Afferma di avere interesse ad impugnare i
succitati provvedimenti in quanto in
possesso di tutti i requisiti richiesti
dalla legge per la nomina, essendo stato
originariamente contemplato e poi
immotivatamente estromesso.
6. Il ricorrente affida il gravame ad un
unico articolato motivo:
- violazione dell'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 261/1999 e s.m.i.
- violazione degli artt. 3 e 21-octies,
comma 1, della legge n. 241/1990 e s.m.i per
assoluta carenza motivazionale, violazione
ed eccesso di potere, carenza istruttoria,
perplessità dell’azione amministrativa,
violazione del principio di buon andamento,
irragionevolezza, ingiustizia manifesta.
Il contenuto “telegrafico” dell’impugnata
nota prot. n. 9619 del 04.05.2011 non consente
di comprendere per quale motivo il
ricorrente, in possesso di una qualificata e
duratura esperienza riconosciuta e maturata
proprio nel campo della regolamentazione del
settore postale, essendo stato dapprima
individuato ai fini della nomina in
questione, sia stato poi repentinamente
estromesso.
L’illegittimità degli atti impugnati emerge
ancor di più alla luce delle disposizioni
che disciplinano i requisiti richiesti per
la nomina, ed in particolare della
“riconosciuta professionalità e competenza
nel settore”, tutti posseduti dal
ricorrente.
La mutata scelta dell’Organo proponente non
appare inoltre giustificabile alla luce
della nomina effettuata in favore di altro
soggetto, meno titolato del ricorrente
quanto ad esperienza professionale nel
settore.
7. Nel presente giudizio si costituiva la
difesa erariale, in rappresentanza e difesa
della Presidenza della Repubblica, del
Senato della Repubblica, della Camera dei
Deputati, della Presidenza del Consiglio dei
Ministri e del Ministero dello Sviluppo
Economico, che chiedeva il rigetto del
gravame nel merito; in via preliminare, la
stessa eccepiva: il difetto assoluto di
giurisdizione, ai sensi dell’art. 7, comma
1, del c.p.a., per i pareri espressi dalle
Commissioni parlamentari sulle designazioni
effettuate dal Governo nella procedura di
nomina de qua; la carenza di interesse del
ricorrente i quale, in assenza di una
procedura concorsuale e di una commissione
esaminatrice, sarebbe portatore di un mero
interesse di fatto, che non lo abiliterebbe
a sindacare il merito di una scelta adottata
nel rispetto delle previste procedure.
8. Per resistere al ricorso in epigrafe si
costituiva, altresì, l’avv. Fr.So., che in
via pregiudiziale eccepiva l’inammissibilità
del ricorso sotto i seguenti profili:
- per difetto assoluto di giurisdizione, in quanto la nomina
gravata sarebbe un atto politico sottratto
al sindacato giurisdizionale e, ove pure
essa concretasse un atto di alta
amministrazione, non sarebbe scrutinabile
perché la scelta posta in essere dai
pubblici poteri attiene alla sfera del
merito e non potrebbe dunque essere
contestata;
- per carenza di interesse ad agire, atteso che il Fi. non
vanterebbe alcun interesse giuridicamente
tutelato in ordine alla nomina e, in caso di
accoglimento del ricorso, non otterrebbe
comunque il bene per cui agisce; lo stesso
soggetto non sarebbe titolare neanche di un
interesse diffuso, in quanto privo dei
requisiti di indipendenza richiesti dalla
legge ai fini dell’assunzione dell’incarico
in questione, esistendo un collegamento
molto stretto tra il ricorrente e l’organo
politico che ha il potere di proposizione
della nomina.
- per carenza di interesse ad agire, perché la proposta di nomina
si configurerebbe quale atto di natura
endoprocedimentale, privo di contenuto
provvedimentale e quindi sprovvisto di
efficacia lesiva immediata.
9. Con ordinanza n. 3075/2011 del 31.08.2011, la Sezione respingeva la domanda
incidentale di sospensione degli atti
impugnati; detti provvedimenti venivano poi
sospesi a seguito dell’appello cautelare
spiegato dal ricorrente, con ordinanza del
Consiglio di Stato n. 5144/2011 del 23.11.2011.
10. In pendenza del presente giudizio,
l’art. 21 del D.L. n. 201/2011 (conv. con
legge n. 214/2011) disponeva la soppressione
dell’Agenzia Nazionale di Regolamentazione
del Settore Postale e la sua incorporazione
all’Autorità Garante per le Comunicazioni.
11. A seguito del mutato quadro normativo,
con memoria depositata in data 21.01.2012 il controinteressato spiegava
un’ulteriore eccezione di inammissibilità (recte:
di improcedibilità) del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse ad agire
del ricorrente.
12. Con memoria del 06.02.2012
l’odierno deducente replicava manifestando
la persistenza dell’“interesse ad ottenere
una pronuncia giurisdizionale finalizzata ad
accertare ab imis l’illegittimità della
procedura amministrativa di nomina, anche in
applicazione del criterio della c.d.
soccombenza virtuale, e ciò sia ai futuri
fini risarcitori per il danno all’immagine
professionale, morale ed esistenziale
ingiustamente subito, ma anche ai fini delle
ripartizione delle spese di lite del
presente giudizio”.
...
3. Disattese dunque le eccezioni
pregiudiziali, può passarsi all’esame del
merito del gravame.
L’odierno deducente denuncia l’illegittimità
dei provvedimenti impugnati in quanto
affetti dal vizio di difetto di motivazione:
in particolare, egli lamenta che il laconico
contenuto della proposta di nomina, come
riformulata dopo la sostituzione del suo
nominativo con quello del So., odierno
controinteressato, non consentisse in alcun
modo di comprendere le ragioni della subita
estromissione, e ciò ancor più
inspiegabilmente a fronte di una qualificata
e duratura esperienza del ricorrente nel
campo della regolamentazione del settore
postale.
Né tale mutata scelta sarebbe giustificabile
alla luce della nomina effettuata in favore
del predetto soggetto, la cui esperienza
professionale nel settore, a dire del
ricorrente, risulterebbe inferiore a quella
propria.
3.1 Le censure, nella misura in cui sono
dirette a contestare il difetto di
motivazione degli atti gravati, sono
meritevoli di sicura adesione.
3.2 Come già ritenuto dal giudice di appello
con la su indicata ordinanza cautelare,
l’assenza di ogni e qualunque motivazione
nella proposta di nomina non poteva trovare
giustificazione nel fatto che la proposta
rientrasse nel novero degli atti di alta
amministrazione, atteso che tale categoria
di atti amministrativi soggiace comunque
alla disciplina generale degli atti
amministrativi, per i quali non è
ipotizzabile, alla luce di quanto previsto
dagli artt. 24, 97 e 113 della Cost., alcun
vuoto di tutela giurisdizionale.
3.3 E invero, per gli atti di nomina
pacificamente si ritiene che “Se pure, in
linea generale, le designazioni degli organi
di vertice delle amministrazioni si
configurano come provvedimenti da adottare
in base a criteri eminentemente fiduciari,
riconducibili nell'ambito degli atti di
“alta amministrazione”, in quanto sono
espressione della potestà di indirizzo e di
governo delle autorità preposte alle
amministrazioni stesse; si deve osservare
nondimeno che il singolo provvedimento di
nomina deve esporre le ragioni che hanno
condotto alla nomina di uno di essi,
comportando una scelta nell'ambito di una
categoria di determinati soggetti in
possesso di titoli specifici (cfr. Consiglio
Stato, sez. IV, 25.05.2005, n. 2706).
In altre parole, la motivazione della scelta
–sia pure effettuata latamente "intuitu
personae"– deve comunque ancorarsi
all’esito di un apprezzamento complessivo
del candidato, in modo che possa dimostrarsi
la ragionevolezza della scelta effettuata
che non può logicamente esaurirsi nel mero
riscontro da parte dei singoli candidati dei
requisiti prescritti dalla legge ma che
importa articolate, delicate e talvolta
addirittura sfumate valutazioni sulla stessa
personalità dei candidati, sulle loro
capacità organizzative, sul loro prestigio
personale, e sul prestigio che eventualmente
hanno già conferito agli uffici
precedentemente ricoperti e che
astrattamente sono in grado di assicurare a
quello da ricoprire.
L'obbligo di motivazione a carico della p.a.
deriva inoltre dalla sussistenza, a fronte
della potestà esercitata, di posizioni
soggettive direttamente tutelate
dall'ordinamento; pertanto, anche tale atto
deve essere emanato sulla base di una
conoscenza adeguata dello stato dei fatti,
di un'esatta interpretazione della volontà
della legge e di un soppesamento delle
situazioni soggettive rilevanti (cfr.
Consiglio Stato, sez. IV, 20.12.1996, n.
1304)” (così: Tar Lazio, Roma, III-quater,
22.01.2009, n. 517).
3.4 Deve ancora aggiungersi che, essendo gli
atti di alta amministrazione formalmente e
sostanzialmente atti amministrativi, essi
sono comunque soggetti all’obbligo di
motivazione, essendo chiuso nel sistema,
dopo l’entrata in vigore della legge n. 241
del 1990, ogni spazio per la categoria dei
provvedimenti amministrativi c.d. a motivo
libero, e posto che la connotazione di un
atto amministrativo come un atto di alta
amministrazione non vale di per sé ad
escludere l'onere di motivazione a carico
dell'Amministrazione (cfr. Tar Lazio, Roma,
II-ter, 28.05.2004, n. 5076).
3.5 In aggiunta alle superiori
considerazioni, è da ritenere che nel caso
in esame l'obbligo motivazionale si
imponesse con maggior rigore, dovendo la
motivazione assolvere all'obbligo di rendere
comunque trasparente ed imparziale la scelta
posta in essere dalla P.A., trattandosi di
nomina non preceduta da una qualche
procedura selettiva introdotta da un bando
di partecipazione che provvedesse a
specificare criteri e requisiti
astrattamente predeterminati dalla legge.
4. Le considerazioni svolte in ordine
all’obbligo di motivazione rendono evidente
il vizio invalidante in cui è incorsa
l’Amministrazione nella procedura di nomina
in contestazione, omettendo ogni motivazione
tout court rispetto all’esercizio del potere
effettuato con la proposta, vizio nella
specie aggravato dalla circostanza che il
Ministero procedeva a rettificare la
originaria proposta, sostituendo il
nominativo originario con un altro, senza
motivare né in ordine alla estromissione del
primo soggetto, né in ordine alla scelta del
secondo.
E in una procedura di nomina quale quella
descritta al comma 6, dell’art. 2 del D.Lgs.
n. 261/1999, caratterizzata da una ben amplia
discrezionalità, il sindacato
giurisdizionale, che non può di certo essere
escluso pur dovendo rimanere circoscritto
all'accertamento estrinseco della
legittimità della nomina -cioè al riscontro
dell’esistenza dei presupposti e
dell’esistenza e congruità del nesso logico
di consequenzialità fra presupposti e
conclusione (cfr. Consiglio Stato, sez. IV,
10.07.2007, n. 3893)- intanto può svolgersi,
in quanto i criteri seguiti
dall'Amministrazione ai fini della scelta o,
comunque, le ragioni giustificatrici della
stessa, emergano dall’ordito motivazionale
dell’atto.
5. La proposta di nomina gravata, di contro,
era inficiata da una totale e assoluta
carenza di motivazione, sotto tutti gli
anzidetti profili; essa risultava pertanto
illegittima e, per l’effetto, determinava
l’invalidità di tutti i successivi atti del
procedimento.
6. Per le ragioni complessivamente
illustrate il ricorso è dunque fondato e,
assorbita ogni altra deduzione ed eccezione,
deve essere accolto, con conseguente
annullamento degli atti impugnati
(TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 05.03.2012 n. 2223 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
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EDILIZIA PRIVATA: E' illegittimo il regolamento adottato da un
Comune per la nomina dei componenti della
Commissione locale per il paesaggio,
prevista dall'art. 148, D.Lgs. n. 42/2004,
nella parte in cui, in modo ingiustificato e
quindi irragionevole, ha limitato la
candidatura degli aspiranti componenti ai
soli liberi professionisti proposti dai
rispettivi Ordini.
Il Comune, con
l’adozione del Regolamento per il
funzionamento della Commissione, ha previsto
che:
- i componenti della commissione, stabiliti in numero di tre,
devono aver maturato un’esperienza almeno
quinquennale esclusivamente nell’ambito
della libera professione (art. 2);
- la nomina dei tre esperti spetta al Consiglio Comunale sulla base
di un rendiconto del Dirigente competente,
che valuta tre terne di candidature proposte
rispettivamente dagli Ordini professionali
degli Architetti, degli Ingegneri, dei
Geologi ed Agronomi (art. 3).
In questa prospettiva, visto il quadro
normativo, risulta ingiustificata e quindi
irragionevole, la scelta discrezionale del
Comune di limitare la candidatura ai soli
liberi professionisti proposti dai
rispettivi Ordini, posto che una tale
limitazione restringe aprioristicamente il
campo delle scelte possibili e quindi delle
competenze e delle esperienze impiegabili
nell’attività della Commissione.
L’ordinamento legislativo vigente, sopra
richiamato, non prevede infatti una simile
discriminazione, stabilendo solo il
requisito della “qualificata esperienza”
funzionale a costituire una struttura
specialistica come la Commissione per il
paesaggio che, a livello comunale, consenta
di raggiunge una soglia sufficiente di
competenze tecnico-scientifiche integrate
idonee a garantire una valutazione separata
degli aspetti paesaggistici da quelli
urbanistico-edilizi; tale requisito appare
evidentemente garantito anche da un
curriculum svolto nel settore pubblico.
Inutilmente discriminatoria e immotivata
risulta dunque la distinzione tra liberi
professionisti e pubblici dipendenti, anche
alla luce delle richiamate indicazioni
regionali, atteso che l’esperienza acquisita
in impieghi pubblici, anche di elevata
responsabilità, nel campo -ad esempio-
dell’urbanistica, della protezione
ambientale o della salvaguardia dei beni
culturali può avere sicuramente un valore
qualificante pari a quello del libero
professionista, atteso che la possibilità di
nominare anche componenti, provvisti di
curriculum prevalentemente costituito da
pubblici incarichi, consente di acquisire
quelle esperienze e competenze
interdisciplinari necessarie ad arricchire
il livello tecnico-specialistico richiesto
ai componenti della Commissione.
Conseguentemente, nel rispetto del primario
interesse di garantire la pluralità della
rappresentanza nell’organo consultivo nei
termini indicati e al fine di assicurare una
composizione della commissione in cui
convergano molteplici e variegate esperienze
professionali, il Dirigente incaricato di
formulare la proposta al Consiglio comunale
non dovrà ritenersi vincolato dalla proposta
formulata dagli Ordini professionali.
---------------
1. Con il ricorso epigrafe originariamente
proposto l’Ing. Ru. ha impugnato la delibera
del Consiglio Comunale di Martina Franca con
cui è stata istituita e regolata la
Commissione locale per il paesaggio, organo
consultivo previsto dell’art. 148 D.lgs.
42/2004.
Con successivi motivi aggiunti ha poi
impugnato la nota comunale del 29.11.2010
con cui il Comune di Martina Franca gli ha
comunicato di non poter tener conto della
sua candidatura a componente della citata
Commissione.
1.1 - Con il ricorso originariamente
proposto vengono dedotte le seguenti
censure:
- violazione artt. 146 e 148 d.lgs. 42/2004 e art. 8 L. 20/2009,
violazione delibera GR 2273/2009, violazione
artt. 3 e 97 Cost.; violazione dei principi
di evidenza pubblica e favor
partecipationis, violazione art. 3 L.
241/1990, eccesso di potere;
- violazione art. 3 e 10-bis L. 241/1990, violazione della par
condicio, eccesso di potere.
1.2 - Con i motivi aggiunti si deduce:
- violazione artt. 146 e 148 d.lgs. 42/2004 e art. 8 L. 20/2009,
violazione delibera GR 2273/2009, violazione
L. 241/1990, eccesso di potere.
...
2. - Il gravame merita di essere accolto.
2.1 - Il ricorrente lamenta che le modalità
di nomina prescelte dal Comune
pregiudicherebbero irragionevolmente la
possibilità di accesso alla Commissione per
chi, come lui, ha acquisito un’esperienza
curriculare in qualità di pubblico
dipendente e non di libero professionista,.
Il motivo è fondato.
2.2 – Al riguardo il Collegio deve precisare
quanto segue:
- Con deliberazione del 27.09.2010 il Consiglio Comunale ha
istituito la Commissione locale per il
paesaggio e ne ha approvato il relativo
regolamento.
- La detta Commissione è prevista espressamente dall’art. 148
D.lgs. 42/2004, spettandole funzioni
consultive nel corso dei procedimenti di
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
- In merito alla composizione, l’art. 148 si limita a stabilire che
la Commissione deve essere composta “da
soggetti con particolare, pluriennale e
qualificata esperienza nella tutela del
paesaggio”, senza esprimere alcuna
limitazione o preferenza tra distinte
categorie professionali.
- La L.R. Puglia 20/2009 ha poi precisato che le Commissioni per il
paesaggio sono composte da “esperti in
possesso di diploma di laurea attinente alla
tutela paesaggistica, alla storia dell’arte
e dell’architettura, al restauro, al
recupero e al riuso dei beni architettonici
e culturali, alla progettazione urbanistica
e ambientale, alla pianificazione
territoriale, alle scienze agrarie o
forestali e alla gestione del patrimonio
naturale”.
- La Commissione per il paesaggio deve essere costituita
nell’ambito dei Comuni, in quanto soggetti
delegati al rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica, fermo comunque un potere di
vigilanza in capo all’ente regionale,
stabilito dalla legge statale (cfr. art. 148
D.lgs. 42/2004 “le Regioni promuovono
l'istituzione e disciplinano il
funzionamento delle commissioni per il
paesaggio di supporto ai soggetti ai quali
sono delegate le competenze in materia di
autorizzazione paesaggistica”) e
confermato implicitamente dalla legge
regionale (cfr. art. 8 LR 20/2009 “I
Comuni trasmettono alla Regione copia del
provvedimento istitutivo della commissione
locale per il paesaggio, delle nomine dei
singoli componenti e dei rispettivi
curricula”).
- In questo ambito la Regione Puglia, con Delibera G.R. n.
2273/2009 ha stabilito i requisiti minimi
obbligatori dei componenti della
Commissione, anche al fine di rendere
omogenea la competenza tecnico-scientifica
dei soggetti chiamati ad esprimersi sulle
proposte edilizie, nell’ambito delle
prerogative delegate; in quest’occasione si
è considerata parificata l’esperienza
acquisita come libero professionista a
quella di dipendente pubblico.
2.3 – Ciò posto si osserva che il Comune,
con l’adozione del Regolamento per il
funzionamento della Commissione ha invece
previsto che:
- i componenti della commissione, stabiliti in numero di tre,
devono aver maturato un’esperienza almeno
quinquennale esclusivamente nell’ambito
della libera professione (art. 2);
- la nomina dei tre esperti spetta al Consiglio Comunale sulla base
di un rendiconto del Dirigente competente,
che valuta tre terne di candidature proposte
rispettivamente dagli Ordini professionali
degli Architetti, degli Ingegneri, dei
Geologi ed Agronomi (art. 3).
2.4 - In questa prospettiva, visto il quadro
normativo, risulta ingiustificata e quindi
irragionevole, la scelta discrezionale del
Comune di Martina Franca di limitare la
candidatura ai soli liberi professionisti
proposti dai rispettivi Ordini, posto che
una tale limitazione restringe
aprioristicamente il campo delle scelte
possibili e quindi delle competenze e delle
esperienze impiegabili nell’attività della
Commissione.
L’ordinamento legislativo vigente, sopra
richiamato, non prevede infatti una simile
discriminazione, stabilendo solo il
requisito della “qualificata esperienza”
funzionale a costituire una struttura
specialistica come la Commissione per il
paesaggio che, a livello comunale, consenta
di raggiunge una soglia sufficiente di
competenze tecnico-scientifiche integrate
idonee a garantire una valutazione separata
degli aspetti paesaggistici da quelli
urbanistico-edilizi; tale requisito appare
evidentemente garantito anche da un
curriculum svolto nel settore pubblico.
Inutilmente discriminatoria e immotivata
risulta dunque la distinzione tra liberi
professionisti e pubblici dipendenti, anche
alla luce delle richiamate indicazioni
regionali, atteso che l’esperienza acquisita
in impieghi pubblici, anche di elevata
responsabilità, nel campo -ad esempio-
dell’urbanistica, della protezione
ambientale o della salvaguardia dei beni
culturali può avere sicuramente un valore
qualificante pari a quello del libero
professionista, atteso che la possibilità di
nominare anche componenti, provvisti di
curriculum prevalentemente costituito da
pubblici incarichi, consente di acquisire
quelle esperienze e competenze
interdisciplinari necessarie ad arricchire
il livello tecnico-specialistico richiesto
ai componenti della Commissione.
Conseguentemente, nel rispetto del primario
interesse di garantire la pluralità della
rappresentanza nell’organo consultivo nei
termini indicati e al fine di assicurare una
composizione della commissione in cui
convergano molteplici e variegate esperienze
professionali, il Dirigente incaricato di
formulare la proposta al Consiglio comunale
non dovrà ritenersi vincolato dalla proposta
formulata dagli Ordini professionali.
2.5 - Alla luce delle precedenti
considerazioni, la scelta di escludere
candidati con esperienza maturate in qualità
di pubblici impiegati risulta dunque
illegittima in quanto frutto di una scelta
normativa discrezionale ingiustificata e
irragionevole e quindi sindacabile sotto il
profilo dell’eccesso di potere.
3. - In conclusione, il ricorso
originariamente proposto e i motivi aggiunti
sono accolti nei termini di cui in
motivazione e, per l’effetto, sono annullati
gli atti impugnati. Assorbite le ulteriori
censure
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza
19.05.2011 n. 878 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
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ENTI
LOCALI: Spese
legali, il comune paga tutti. La Corte conti estende
il diritto alla rifusione dei costi di giudizio in
caso di proscioglimento. Rimborsi anche ai
componenti esterni delle commissioni edilizie.
I comuni possono rimborsare le
spese legali sostenute dai componenti esterni delle
commissioni edilizie nel caso di proscioglimento con
sentenza passata in giudicato per fatti relativi
alla propria attività istituzionale. Perché possa
maturare la responsabilità contabile degli
amministratori in sede di rimborso illegittimo delle
spese legali occorre che nella loro condotta sia
presente il requisito della colpa grave, il che non
si realizza nei casi in cui è richiesta una
approfondita conoscenza giuridica nonché nei casi in
cui i pareri, ivi compreso quello di legittimità del
segretario comunale, sono stati favorevoli.
Sono queste le più importanti indicazioni contenute
nella
sentenza 08.02.2010 n. 30 della II
sezione giurisdizionale centrale d'appello della
Corte dei Conti.
La sentenza ha un carattere per molti aspetti
innovativo, come dimostrato anche dal fatto che essa
ha annullato la condanna inflitta in primo grado ai
componenti la giunta di un comune che avevano
deliberato il rimborso delle spese legali ai
componenti la commissione edilizia.
Da sottolineare che, in precedenza, questa
possibilità era stata negata in quanto tali soggetti
non sono né dipendenti né amministratori. E ancora,
che in presenza di condizioni che fanno giudicare
illegittima la scelta dell'ente la decisione è
andata nella direzione della condanna per maturare
di responsabilità amministrativa ... (articolo
ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 32 - link
a www.corteconti.it). |
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