dossier PARERE COMMISSIONE
COMUNALE PER L'EDILIZIA e/o PER IL PAESAGGIO per il rilascio del Permesso di
Costruire e/o dell'Autorizzazione Paesaggistica |
anno 2021 |
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ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA: Secondo
il consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudizio di compatibilità
paesaggistica di un intervento edilizio richiede l’applicazione di complesse
e specifiche cognizioni, e come tale assume carattere ampiamente
discrezionale.
Pertanto, «il
sindacato del Giudice amministrativo, lungi dal poter investire il merito
della determinazione adottata, è limitato alla sola verifica della
sussistenza di vizi sintomatici dell’eccesso di potere, quali la carenza di
istruttoria e il travisamento dei fatti, l’illogicità e l’incongruenza delle
valutazioni espresse».
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Per giurisprudenza costante, in presenza di un atto plurimotivato, basato
cioè su ragioni tra loro indipendenti e autonome, in grado ognuna di
giustificare di per sé sola la decisione assunta dall’Amministrazione, è
sufficiente che anche una sola di tali ragioni superi il vaglio di
legittimità di questo Giudice amministrativo perché il provvedimento gravato
non possa essere annullato in sede giurisdizionale.
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Il parere della Commissione comunale per il paesaggio è atto
endoprocedimentale non vincolante, dunque ben poteva essere disatteso dalla
Soprintendenza, prima, e dal Comune, poi, senza peraltro necessità di una
analitica confutazione, essendo sufficiente il rilievo di criticità nel
progetto incompatibili con il bene tutelato.
Il parere della Soprintendenza, quale titolare del potere di cogestione del
vincolo, assorbe e supera quello eventualmente contrario della Commissione
comunale.
D’altro canto, proprio per la natura del parere che è chiamata a rendere, la
Commissione comunale del paesaggio non doveva essere nuovamente investita
della questione sol perché la Soprintendenza si era espressa fuori termine
in senso contrario.
Il Comune restava, infatti, libero di disattendere il parere non vincolante
della Commissione stessa, sicché la pretesa delle ricorrenti a un secondo
parere da parte di questa si risolve in un ingiustificato aggravamento del
procedimento, vietato dall’articolo 1, comma 2, L. n. 241/1990.
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... per l’annullamento del provvedimento del Comune di Toscolano Maderno n.
Reg. 46 del 19.04.2017, prot. n. 6049, notificato via PEC il 20.04.2017, con il quale il Responsabile dell'Ufficio Tecnico Edilizia ed
Urbanistica ha negato l’autorizzazione paesaggistica relativamente
all’istanza presentata da Or. d. La. in data 29.12.2015 prot.
n. 17665 per la realizzazione di otto ville in Località ... di Toscolano
Maderno, nonché del presupposto parere negativo in data 11.11.2016 prot. n. 4112 della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di
Brescia;
...
1. Viene in decisione il ricorso promosso dalle società Or. d. La.
S.r.l. e Pr. S.a.s. di Ai.In. S.r.l. avverso il diniego di
autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di otto edifici
residenziali in località ... nel Comune di Toscolano Maderno.
2.1. Come ricordato nella parte in fatto, sul progetto si era espressa
negativamente la competente Soprintendenza.
Il parere negativo dell’Organo ministeriale è sostanzialmente motivato per relationem alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento
dell’istanza, che viene confermata anche dopo l’esame delle osservazione
presentate dalle interessate. Le ragioni della posizione assunta dalla
Soprintendenza possono così essere sintetizzate:
- le otto ville, per come distribuite nel comparto, l’una vicino
all’altra ancorché sfalsate su più livelli sovrapposti, finiscono per essere
percepite come un unico complesso, con un di circa 80 metri e un’altezza
oltre 10 metri;
- il sistema tipologico e insediativo prescelto e financo gli
stessi materiali impiegati risultano del tutto estranei al contesto;
- le otto ville, proprio per la loro collocazione spaziale, formano
una edilizia maglia fitta e unitaria, che determina un’irreversibile
alterazione del quadro panoramico e percettivo dell’intero versante che
dalla piana di Maclino degrada verso il Lago di Garda;
- l’intervento provoca la perdita degli elementi storicamente
caratterizzanti la presenza dell’uomo in un contesto ad alta valenza
paesaggistica.
2.2. A sua volta, il diniego di autorizzazione paesaggistica tiene conto del
parere della Soprintendenza (quantunque ritenuto non vincolante perché reso
oltre il termine normativamente fissato), ma si fonda anche sulle ragioni
esplicitate nel preavviso di rigetto, e precisamente:
- sulla circostanza che la fitta maglia edilizia creata dalle
ville, dalle piscine e dai camminamenti di accesso, che non trova riscontro
negli insediamenti antropici della zona, ma anzi si pone in netto contrasto
con l’esistente, determina “una forte anomalia nella lettura del quadro
panoramico e percettivo della piana di Maclino”;
- sulla circostanza che l’intervento progettato produce “una
trasformazione totale di un riconosciuto punto panoramico di assoluta
bellezza, ovverosia la piana di Maclino”;
- sulla circostanza che la trasformazione è “tale da far perdere
completamente la leggibilità del paesaggio rurale esistente, caratterizzato
dalle balze ad uliveto in cui si inseriscono isolati interventi edificatori,
(peculiarità che costituiscono oggetto diretto della tutela apposta dal
decreto ministeriale di vincolo)”.
...
3.1. Con il primo motivo di impugnazione le ricorrenti sostengono che
il diniego si fonda su ragioni eccentriche rispetto ai valori paesaggistici
tutelati del decreto ministeriale di vincolo, che infatti non ha a oggetto
la piana di Maclino, bensì tutta la zona costiera di Toscolano Maderno e di
Gargnano, quale bellezza panoramica d’insieme. E rispetto al bene tutelato
l’intervento edilizio progettato non arrecherebbe alcuna lesione,
inserendosi perfettamente nel contesto, vuoi per i materiali costruttivi,
vuoi per i colori prescelti, vuoi, infine, per le opere di mitigazione
previste.
Sicché, sempre secondo le deducenti alla base del diniego vi sarebbe la
volontà delle Amministrazioni coinvolte di perseguire la cd. opzione zero.
3.2. La censura impone al Collegio di svolgere alcune considerazioni
preliminari sul contenuto e l’estensione del vincolo paesaggistico e sui
limiti del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni dell’Autorità
preposta alla tutela paesaggistica.
Con riguardo al primo profilo, dalla documentazione in atti risulta
che la piana di Maclino è anch’essa assoggettata a vincolo paesaggistico,
sebbene non in quanto bene individuale, ma come bellezza d’insieme, come
parte cioè di quel tratto della costiera gardesana compreso tra Toscolano
Maderno e Gargnano. Inequivoco in tal senso è il decreto ministeriale di
vincolo laddove rileva che si tratta, testualmente, di «un quadro di non
comune bellezza per il caratteristico susseguirsi di sontuose ville e
artistici giardini ricchi di essenze pregiate e per la caratteristica zona
rocciosa di acceso colore, a picco sul lago, e per la caratteristica
vegetazione di ulivi, vigneti, cipressi, oleandri e agrumi», il quale offre
«numerosi punti di vista accessibili al pubblico dai quali si può godere la
visuale panoramica del lago di Garda e dei monti che lo circondano e
dell’opposta sponda veronese» (cfr., doc. 3 fascicolo del Comune).
Con riguardo al secondo profilo va ricordato che la Sezione aderisce
(si vedano, recentemente, sentenze n. 714/2020 e n. 907/2020) al consolidato
orientamento giurisprudenziale per cui il giudizio di compatibilità
paesaggistica di un intervento edilizio richiede l’applicazione di complesse
e specifiche cognizioni, e come tale assume carattere ampiamente
discrezionale (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 2847/2020). Pertanto, «il
sindacato del Giudice amministrativo, lungi dal poter investire il merito
della determinazione adottata, è limitato alla sola verifica della
sussistenza di vizi sintomatici dell’eccesso di potere, quali la carenza di
istruttoria e il travisamento dei fatti, l’illogicità e l’incongruenza delle
valutazioni espresse» (così, testualmente, TAR Campania–Napoli, Sez.
VIII, sentenza n. 268/2020; nello stesso senso, ex plurimis, TAR Lombardia–Milano, Sez. III, sentenza n. 472/2019).
3.3.1. Fatta questa premessa, va osservato come non vi sia stato né da parte
della Soprintendenza (il cui parere negativo integra la motivazione del
diniego in quanto espressamente richiamato), né da parte del Comune che ha
emesso il provvedimento conclusivo del procedimento, alcun travisamento del
dato fattuale. Vero è, infatti, (i) che gli edifici progettati presentano le
caratteristiche materiche e tipologiche individuate dalle Amministrazioni; (ii)
che quelle caratteristiche rendono gli edifici progettati molto diversi
dall’esistente; (iii) che per la loro collocazione e le loro dimensioni, le
otto ville finiscono per realizzare una fitta maglia.
3.3.2. Del pari, la valutazione espressa non appare macroscopicamente
incongrua.
Le ricorrenti colgono nel segno laddove rilevano una certa eccentricità di
alcune delle motivazioni del diniego rispetto al contenuto del vincolo.
Nello specifico, l’intervento edilizio progettato non può essere denegato
perché cancella i segni che contraddistinguono il paesaggio rurale
esistente, gli elementi storicamente caratterizzanti la presenza dell’uomo
nella piana di Maclino, perché la piana di Maclino non è vincolata per le
sue caratteristiche intrinseche, ma quale parte di quel tratto della costa
gardesana.
Tuttavia, altrettanto non può dirsi per le ulteriori motivazioni che reggono
il diniego, e, segnatamente, il fatto che gli edifici progettati per le loro
caratteristiche tipologiche (con particolare riguardo alla copertura) e
materiche, così diverse rispetto a quanto costruito all’intorno, e per la
collocazione ravvicinata e le loro complessive dimensioni determinano una
cesura particolarmente evidente nel panorama, e dunque provocano una lesione
al bene tutelato, rappresentato per l’appunto dalla bellezza d’insieme.
Sotto questo profilo la contrarietà della Soprintendenza e del Comune al
progetto sottoposto al loro esame perché altera il quadro percettivo
dell’intero versante che degrada verso il lago risulta coerente con il
vincolo apposto al bene, con la conseguenza di sottrarsi alle censure svolte
dalle ricorrenti e, in definitiva, al sindacato caducatorio di questo
Giudice.
3.3. Ora, per giurisprudenza costante, da cui il Collegio non vede ragione
di discostarsi, in presenza di un atto plurimotivato, basato cioè su ragioni
tra loro indipendenti e autonome, in grado ognuna di giustificare di per sé
sola la decisione assunta dall’Amministrazione, come -per quanto visto- il
diniego qui impugnato, è sufficiente che anche una sola di tali ragioni
superi il vaglio di legittimità di questo Giudice amministrativo perché il
provvedimento gravato non possa essere annullato in sede giurisdizionale (cfr.,
ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 4866/2020).
Per tale ragione il primo motivo di ricorso non può essere accolto.
4.1. Con il secondo motivo di impugnazione le ricorrenti ritengono
che, poiché la Commissione comunale per il paesaggio aveva dato parere
positivo al progetto e poiché il parere della Soprintendenza non era più
vincolante perché emesso oltre il termine normativamente fissato, il Comune
prima di denegare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, avrebbe
dovuto consultare nuovamente la Commissione per il paesaggio.
Lamentano ulteriormente le deducenti che Soprintendenza prima e Comune poi
abbiano travisato il parere della Commissione comunale per il paesaggio e lo
stesso progetto che esse avevano presentato per la realizzazione delle otto
ville.
4.2. La censura è infondata.
Il parere della Commissione comunale per il paesaggio è atto
endoprocedimentale non vincolante, dunque ben poteva essere disatteso dalla
Soprintendenza, prima, e dal Comune, poi, senza peraltro necessità di una
analitica confutazione, essendo sufficiente il rilievo di criticità nel
progetto incompatibili con il bene tutelato (cfr., TAR Campania–Napoli, Sez. III, sentenza n. 5317/2018). Il parere della Soprintendenza, quale
titolare del potere di cogestione del vincolo, assorbe e supera quello
eventualmente contrario della Commissione comunale (cfr., TAR Lazio–Roma, Sez. II-quater, sentenza n. 9528/2020).
D’altro canto, proprio per la natura del parere che è chiamata a rendere, la
Commissione comunale del paesaggio non doveva essere nuovamente investita
della questione sol perché la Soprintendenza si era espressa fuori termine
in senso contrario. Il Comune restava, infatti, libero di disattendere il
parere non vincolante della Commissione stessa, sicché la pretesa delle
ricorrenti a un secondo parere da parte di questa si risolve in un
ingiustificato aggravamento del procedimento, vietato dall’articolo 1, comma
2, L. n. 241/1990.
Infine, per le ragioni esposte in relazione al primo motivo di ricorso, non
vi è stato alcun travisamento del progetto presentato da parte
dell’Amministrazione statale e di quella locale che lo hanno esaminato
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.03.2021 n. 198 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
Commissione locale per il paesaggio svolge
valutazioni di tipo consultivo in materie
connotate da discrezionalità tecnica. Ne
consegue che il profilo della colorazione
politica non avrebbe, e non dovrebbe avere,
alcuna conseguenza sulle valutazioni
compiute dai singoli membri della C.L.P.
chiamati a fornire valutazioni e pareri
sulla esclusiva base della propria
professionalità, con conseguente natura
recessiva delle esigenze di tutela delle
minoranze consiliari.
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... per l'annullamento, previa sospensione
degli effetti:
1. Della deliberazione del Consiglio Comunale di Casamicciola Terme
n. 36 del 08.10.2019, successivamente
pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune,
con il quale è stata disposta la Nomina dei
5 Membri esperti della Commissione Locale
per il Paesaggio per il triennio dal
01/08/2019 al 31/07/2022, con la quale il
Consiglio Comunale ha deliberato i
componenti della Commissione Locale per il
Paesaggio ex art. 27 R.U.E.C;
2. Della proposta di Delibera di Consiglio Comunale n. 39 del
26.09.2019 con la quale è stato proposto al
Consiglio Comunale di Casamicciola di
deliberare la nomina dei 5 membri esperti
della Commissione Locale per il Paesaggio
per il triennio dal 01/08/2019 al
31/07/2019;
3. Dell’art. 27 del Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di
Casamicciola Terme rubricato "Commissione
locale per il Paesaggio", nella parte in cui
prevede che: "Ogni Consigliere Comunale
sceglie il nominativo dell'esperto, negli
elenchi ordinati per ciascuna materia a
seguito di procedura ad evidenza pubblica.
[…] Nel caso in cui non siano presentate
candidature per ciascuna delle cinque
materie, i consiglieri comunali nominano
direttamente gli esperti in tale materia,
procedendo in conformità alla legge
regionale 10 del 1982. Nel caso in cui i
Consiglieri Comunali esprimessero più
nominativi per una medesima materia, il
Consiglio Comunale nomina l'esperto che ha
registrato un numero maggiori di voti. In
caso di parità di voti verrà nominato
l'esperto più giovane".
...
Con ricorso notificato in data 09.12.2019 e depositato il
07.01.2020, l’ing.
Ma.Po. espone di aver partecipato
alla procedura selettiva indetta dal Comune
di Casamicciola Terme con avviso pubblico
del 04.07.2019 approvato con Determina
Dirigenziale n. 367 del 04.07.2019 e
successiva determina di rettifica n. 368 del
04.07.2019 a cui i professionisti, in
possesso degli specifici requisiti
prescritti dall’Allegato alla Legge
Regionale Campania n. 10/1982, sono stati
invitati a manifestare la propria
disponibilità alla nomina per la carica di
componente della Commissione Locale per il
Paesaggio (CLP) di cui all’art. 148 D.lgs.
42/2004.
Con Deliberazione n. 36 dell’08.10.2019
il Consiglio Comunale, ai sensi del
novellato art. 27 del Regolamento
Urbanistico Edilizio del Comune di Casamicciola Terme (RUEC) adottato nel mese
di giugno 2019, ha nominato i 5 Membri
esperti della CLP per il triennio dal 01.08.2019-31.07.2022, senza tuttavia
includere il ricorrente.
Compiuto l’accesso agli atti della procedura
l’ing. Po. verificava che ogni
Consigliere aveva potuto esprimere
preferenze per ogni singolo membro della CLP
in linea con la previsione del RUEC,
nonostante il parere negativo del Segretario
generale dell’ente locale secondo cui ogni
Consigliere comunale avrebbe potuto
esprimere una sola preferenza, sicché
avverso gli atti del procedimento in
discorso e la segnalata previsione del RUEC,
proponeva il ricorso introduttivo del
presente giudizio, affidando il gravame
all’unico articolato motivo che di seguito
si sintetizza: ...
...
Il motivo è infondato.
Invero l'Allegato I della legge Regione
Campania n. 10 del 23.02.1982 dispone
che: “Per la nomina dei membri esperti, che
non dovranno essere dipendenti o
Amministratori del Comune interessato, ogni
Consigliere può esprimere un solo
nominativo”; su questa previsione si è
innestato l'art. 41, comma 2, della legge
regionale 22.12.2004, n. 16 stabilendo
che: “Nei comuni sprovvisti di commissione
edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla
commissione edilizia integrata comunale
dall'allegato alla legge regionale 23.02.1982, n. 10… sono esercitate da un
organo collegiale costituito dal
responsabile dell'ufficio che riveste
preminente competenza nella materia, con
funzioni di presidente, e da quattro esperti
designati dal Consiglio comunale con voto
limitato”; infine tale disposizione è stata
espressamente abrogata dall’art. 4, co. 1,
lett. m), della l.r. 05.01.2011, n. 1.
Occorre quindi stabilire se la prima delle
norme menzionate, quella di cui alla legge
regionale n. 10/1982 che limita ad una sola
preferenza il voto dei Consiglieri comunali
che eleggono i membri della CLP, sia o meno
ancora in vigore.
Deve in primo luogo ritenersi che la legge
regionale n. 16/2004 abbia effettivamente
abrogato la previsione sui meccanismi di
voto per la nomina dei membri della CLP di
cui alla legge regionale n. 10/1982 sia
sotto il profilo testuale sia sotto quello
sistematico.
Con riguardo al primo profilo rileva il
riferimento contenuto nella sopravvenuta
legge regionale n. 16/2004 in generale al
“voto limitato” che esprime, come la
precedente legge regionale n. 10/1982,
l’intendimento di garantire alle minoranze
consiliari la possibilità di esprimere uno o
più componenti della CPL; tuttavia a
differenza della precedente legge regionale,
la l.r. n. 16/2004 non indica uno specifico
meccanismo di rappresentanza delle
minoranze, atteso che il voto limitato può
concretamente realizzarsi attraverso diverse
modalità tra cui anche, ma non solo, quella
specificamente individuata dalla legge
regionale n. 10/1982.
Tale rapporto di
genere a specie fra le due norme non deve,
tuttavia, indurre a ritenere applicabile nel
caso di specie il principio per cui lex
posterior generalis non derogat priori
speciali (ex multis Cass. civ. Sez. V,
17.05.2017, n. 12302; Corte dei Conti,
Sezioni Riunite, 02.03.2018, n. 1), atteso
che la legge regionale n. 16/2004
costituisce verosimilmente il frutto di una
specifica scelta legislativa volta a
demandare ai Comuni una maggiore autonomia
nell’individuazione dello specifico sistema
di voto, in linea con la tendenza alla sussidiarietà e autonomia degli enti locali
impressa dalla legislazione nazionale
successiva alla legge regionale n. 10/1982.
Ne consegue quindi che tra le due
disposizioni è effettivamente riscontrabile
un rapporto di incompatibilità con
conseguente abrogazione della precedente
previsione più limitativa dell’autonomia
comunale.
Peraltro, sotto il profilo sistematico, la
legge regionale n. 16/2004 ha una portata
ampia, tendendo a porsi come unico testo di
riferimento per la disciplina edilizia e per
la relativa organizzazione delle istituzioni
locali coinvolte nei relativi procedimenti,
con ciò costituendo espressione della
volontà del Legislatore di introdurre un
testo omnicomprensivo e sostituivo delle
precedenti fonti.
Per gli stessi motivi non può nemmeno
predicarsi la riviviscenza della previsione
della l.r. n. 10/1982 a seguito
dell’abrogazione dell’art. 41, co. 1, lett.
m), della l.r. n. 16/2004, atteso che
secondo la giurisprudenza “l'abrogazione
della disposizione che modifica o
sostituisce quella precedente non comporta
la sua reviviscenza, tale effetto può
predicarsi in caso di abrogazione di una
disposizione che abbia come contenuto quello
di abrogare una disposizione precedente
sicché ciò che viene meno è proprio
l'effetto abrogativo” (Corte di
Cassazione, Sezioni Unite, 07.12.2007, n.
25551); ora, nel caso di specie, il predetto
art. 41, come rilevato, non si è limitato ad
abrogare la precedente disciplina sulla
nomina dei membri delle CLP ma ha introdotto
una disciplina incompatibile con quella
precedente. Né può ritenersi che
l’abrogazione della legge regionale del 2004
abbia determinato un vuoto normativo,
dovendosi in contrario ravvisare una
riespansione della regola generale per la
quale tutti i membri del consiglio comunale
esercitano pienamente il proprio diritto di
voto senza limitazioni, dovendosi infatti
ritenere che le regole sul voto limitato
costituiscano eccezione al principio della
piena rappresentanza dei singoli Consiglieri
comunali chiamati ad esprimere pienamente il
proprio voto.
Peraltro, a tali considerazioni deve
aggiungersi che la Commissione locale per il
paesaggio svolge valutazioni di tipo
consultivo in materie connotate da
discrezionalità tecnica, secondo quanto
dettagliato nell’allegato alla ripetuta
legge regionale n. 10/1982, in base alla
quale la commissione è investita dei
compiti:
a) di esprimere parere in merito alle materie di cui all'art. 82
del DPR n. 616 del 24.07.1977, non comprese
tra quelle sub-delegate ai Comuni ai sensi
del II Comma dell'art. 6 della legge
regionale 01.09.1981, n. 65;
b) di fornire consulenza in materia di Tutela dei Beni Ambientali,
Paesistici ed Architettonici e di uso di
edifici di particolare pregio e, comunque,
su tutte le questioni che l'Amministrazione
Comunitaria o Provinciale interessata
riterrà opportuno sottoporle.
Ne consegue che il profilo della colorazione
politica non avrebbe, e non dovrebbe avere,
alcuna conseguenza sulle valutazioni
compiute dai singoli membri della CLP
chiamati a fornire valutazioni e pareri
sulla esclusiva base della propria
professionalità, con conseguente natura
recessiva delle esigenze di tutela delle
minoranze consiliari (cfr. Tar Campania,
sez. I, 18.06.2019, n. 3359).
In definitiva il motivo di ricorso si
appalesa infondato e il ricorso deve essere
conseguentemente respinto
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 26.03.2020 n. 1260 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA: Il
parere reso dalla Commissione per il
Paesaggio del Comune, così come dispone la
legge, è consultivo e, pertanto, non esplica
alcun effetto vincolante rispetto alle
valutazioni della Soprintendenza,
esaurendosi in una proposta, da qualificarsi
atto endoprocedimentale che viene inoltrato
alla Soprintendenza.
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Con la sesta censura si deduce
l’illegittimità del provvedimento anche
perché viziato da una immotivata ed
infondata contraddittorietà con il parere
della Commissione Locale per il Paesaggio.
Al riguardo, parte ricorrente, dopo aver
sottolineato che l’art. 146 del D.L.vo
42/2004 prevede, ai fini del giudizio di
compatibilità paesaggistica un procedimento
articolato in due fasi, la prima di
competenza dell’Amministrazione deputata al
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica
(il Comune, quale ente delegato dalla
Regione Campania), e la seconda di
competenza della Soprintendenza che rende il
parere, deduce che la scansione procedimentale presuppone ed impone che il
parere soprintendentizio prenda in esame la
prima valutazione effettuata dal Comune e la
relativa proposta di provvedimento, per poi
confermarla o modificarla motivatamente e,
nella specie, tale onere istruttorio è stato
completamente pretermesso dalla
Soprintendenza.
La censura è priva di fondatezza.
Secondo parte ricorrente, a fronte di una
valutazione comunale espressa seguendo le
doverose coordinate valutative del giudizio
di compatibilità paesaggistica -ossia con
la descrizione dell’edificio e del contesto
paesaggistico in cui si colloca- la
Soprintendenza si è orientata per una
determinazione di segno completamente
opposto, senza tuttavia indicarne le
ragioni, atteso che l’enfatizzazione della
grandezza dell’immobile operata
dall’Autorità ministeriale non troverebbe
una giustificazione su un raffronto
obiettivo rispetto al contesto di
riferimento così come, allo stesso modo,
mancherebbe completamente la valutazione -dirimente- dell’eventuale impatto visivo e
panoramico (impatto tuttavia inesistente,
come accertato dal Comune). Ne deriverebbe
che l’esame compiuto dalla Soprintendenza,
oltre ad essere inficiato da un palese
difetto di istruttoria e di motivazione
(primo motivo di ricorso) è altresì viziato
perché è stato assunto in palese
ingiustificata contraddizione con la
valutazione comunale, svilendo completamente
la ratio della doppia fase valutativa della
scansione procedimentale prevista dall’art.
146, D.L.vo 42/2004.
In contrario deve preliminarmente rilevarsi
che il parere reso dalla Commissione per il
Paesaggio del Comune, così come dispone la
legge, è consultivo e, pertanto, non esplica
alcun effetto vincolante rispetto alle
valutazioni della Soprintendenza,
esaurendosi in una proposta, da qualificarsi
atto endoprocedimentale che viene inoltrato
alla Soprintendenza.
In ogni caso le ragioni di non compatibilità
del parere reso dalla Soprintendenza con il
parere dell’organo consultivo locale,
possono ritenersi in re ipsa con
l’espressione di un parere (se non
antitetico, anche soltanto) diverso rispetto
al primo, senza necessità di un’analitica
confutazione di quest’ultimo.
Ma, nel caso di specie la proposta
favorevole del Comune non può dirsi che non
sia stata contestata (anche) con
argomentazioni di merito, atteso che, a
fronte del parere favorevole espresso dal
Responsabile per il Paesaggio il quale
asserisce che “per dimensioni proporzioni e
tipologia, non contrasti con i valori paesaggistico-ambientale presenti al
contorno, non alterando lo skyline
dell’assetto percettivo, scenico o
panoramico, inserendosi, di fatto, in un
contesto già urbanizzato caratterizzato da
edilizia spontanea con medesime
caratteristiche tipologiche”, la resistente
Soprintendenza, dapprima ha chiarito che la
richiesta di condono è in palese contrasto
con l’art. 13 del Piano Paesaggistico, poi,
nel merito, ha osservato come l’opera consta
di: “una costruzione abnorme, una massa di
consistenti dimensioni con tipologia ambigua
fatta di vetrate continue, tonde e
rettilinee, di enormi terrazzi, di tettoie
abusive che, nell’insieme, contribuisce ad
alterar il già depauperato ambiente in cui è
inserito, che, come afferma lo stesso
Comune, è caratterizzato da costruzioni
spontanee (probabilmente anch’esse
abusive”).
Ne consegue la esaustività e prevalenza del
parere adottato dalla resistente
Soprintendenza e l’infondatezza della
censura, fermo restando che le valutazioni
espresse nel parere non sono suscettibili di
sindacato nel merito in sede di legittimità
innanzi al giudice amministrativo, salvo che
non emerga una manifesta ingiustizia o
irragionevolezza del giudizio manifestato
con l’atto impugnato
(TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 03.09.2018 n. 5317 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
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EDILIZIA PRIVATA: Il
parere della Commissione edilizia comunale è privo di
propria autonomia funzionale e strutturale e non ha né
formalmente, né sostanzialmente, valore provvedimentale di
atto di assentimento o diniego della concessione edilizia
richiesta, pur quando ne sia ravvisata obbligatoria
l'acquisizione per il rilascio o diniego del provvedimento
di concessione.
Esso è immediatamente impugnabile solo quando il sindaco,
con la notifica del parere medesimo, lo abbia implicitamente
fatto proprio e vi abbia impresso, come autorità competente
al rilascio dei titoli edilizi, la configurazione di una
definitiva determinazione dell'amministrazione sull'istanza
di concessione edilizia.
Secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi,
il parere della Commissione edilizia comunale è privo di
propria autonomia funzionale e strutturale (ex plurimis,
C.d.S., sez. V, 04.03.2008, n. 881; 29.01.2002, n.
489) e non ha né formalmente, né sostanzialmente, valore provvedimentale di atto di assentimento o diniego della
concessione edilizia richiesta (C.d.S., sez. V, 29.07.2003, n. 4325), pur quando ne sia ravvisata obbligatoria
l'acquisizione per il rilascio o diniego del provvedimento
di concessione (C.d.S., sez. VI, 29.01.2002, n. 489); esso è
immediatamente impugnabile solo quando il sindaco, con la
notifica del parere medesimo, lo abbia implicitamente fatto
proprio e vi abbia impresso, come autorità competente al
rilascio dei titoli edilizi, la configurazione di una
definitiva determinazione dell'amministrazione sull'istanza
di concessione edilizia (C.d.S., sez. V, 24.03.2001, n.
1702); circostanza che non si rileva nella fattispecie in
esame, tanto più che solo in data 27.12.1995, come ricordato
nell’esposizione in fatto, è stato emanato effettivamente
l’atto di sdoppiamento della originaria concessione edilizia
n. 40/1994 dell’08.10.1994 (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.09.2013 n. 4532 - link a www.giustizia-amministrativa). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel procedimento di
rilascio della concessione edilizia in sanatoria, il parere
della Commissione edilizia comunale, considerata la mancanza
di espressa previsione normativa e la specialità del
procedimento, deve essere considerato facoltativo.
Così dicasi
anche per il mancato parere della Commissione edilizia
comunale: la giurisprudenza della Sezione è nel senso che
nel procedimento di rilascio della concessione edilizia in
sanatoria, il parere della Commissione edilizia comunale,
considerata la mancanza di espressa previsione normativa e
la specialità del procedimento, deve essere considerato
facoltativo (Cfr. Consiglio Stato sez. IV, 02.11.2009, n.
6784) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 09.05.2013 n. 2513 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai sensi dell’art. 4,
comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, spetta al regolamento
edilizio indicare gli interventi sottoposti al “preventivo”
parere della commissione edilizia.
Con il secondo
motivo i ricorrenti si dolgono della mancata acquisizione
del necessario parere della commissione edilizia.
Anche questo motivo è infondato.
E’ noto che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del D.P.R. n.
380/2001, spetta al regolamento edilizio indicare gli
interventi sottoposti al “preventivo” parere di tale
organo consultivo.
Nel caso di specie, da un lato i ricorrenti non hanno citato
la disposizione del regolamento edilizio che renderebbe
obbligatorio tale parere per interventi della natura di
quello in questione; dall’altro, stante la ontologica
diversità del procedimento di accertamento di conformità (in
cui il parere é privato della sua naturale funzione di
consulenza preventiva) e di quello per il rilascio del
titolo edilizio ordinario, non può ritenersi che le
disposizioni sul parere obbligatorio della C.E. dettate per
il secondo siano automaticamente estensibili al primo (in
tal senso cfr. TAR Campania, VIII, 10.09.2010, n. 17398),
ostandovi il principio generale di divieto di inutile
aggravamento del procedimento di cui all’art. 1, comma 2, L.
n. 241/1990
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 25.03.2013 n. 524 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA:
Anche in ambito
procedimentale vero e proprio, i pareri obbligatori ma non
vincolanti, rilasciati dagli organi consultivi, non sono
autonomamente impugnabili, atteso che tali pareri non
definiscono il procedimento e che quindi l’organo competente
ad adottare il provvedimento finale può sempre
disattenderli.
Proprio rifacendosi a questo principio, altra parte della
giurisprudenza afferma che il parere obbligatorio della
commissione edilizia sull'istanza dell’interessato (volta al
rilascio di un titolo edilizio vero e proprio) non definisce
il procedimento e, pertanto, non è atto autonomamente
impugnabile.
A maggior ragione deve ritenersi non impugnabile un parere
preventivo (reso quindi addirittura al di fuori del
procedimento) richiesto proprio al fine di valutare se dare
o meno corso ad esso.
Va invero
rilevato che l’atto impugnato con i motivi aggiunti consiste
in una nota con la quale il Responsabile del Servizio
Edilizia Privata e Pianificazione del Comune di Sondrio ha
riscontrato una richiesta di parere preventivo circa l’assentibilità
di una recinzione, di una pavimentazione in ghiaia e di un
impianto di illuminazione da realizzarsi presso un’area di
proprietà della ricorrente.
L’atto impugnato dunque non consiste in un diniego di
permesso di costruire ma, semplicemente, in un parere
negativo espresso da un tecnico incardinato
nell’Amministrazione.
Il Collegio non ignora che, secondo una parte della
giurisprudenza, il parere preventivo negativo riguardante la
possibilità di rilascio di un titolo edilizio costituisce
atto autonomamente impugnabile (cfr. TAR Friuli Venezia
Giulia, sez. I, 10.06.2011 n. 278; nel caso di specie si
trattava di un parere preventivo espresso dalla commissione
edilizia).
Questa giurisprudenza tuttavia si scontra con un
principio generalmente riconosciuto nel diritto
amministrativo secondo il quale, anche in ambito
procedimentale vero e proprio, i pareri obbligatori ma non
vincolanti, rilasciati dagli organi consultivi, non sono
autonomamente impugnabili, atteso che tali pareri non
definiscono il procedimento e che quindi l’organo competente
ad adottare il provvedimento finale può sempre
disattenderli.
Proprio rifacendosi a questo principio, altra parte
della giurisprudenza afferma che il parere obbligatorio
della commissione edilizia sull'istanza dell’interessato
(volta al rilascio di un titolo edilizio vero e proprio) non
definisce il procedimento e, pertanto, non è atto
autonomamente impugnabile (cfr. TAR Roma Lazio sez. II,
16.03.2010 n. 4170; cfr. anche TAR Lombardia Brescia,
sez. II, 20.04.2011 n. 588).
A maggior ragione deve ritenersi non impugnabile un
parere preventivo (reso quindi addirittura al di fuori del
procedimento) richiesto proprio al fine di valutare se dare
o meno corso ad esso
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.02.2013 n. 536 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Dalla L. 28.01.1977 n.
10, la comunicazione del parere favorevole della Commissione
edilizia -atto tipicamente endoprocedimentale del tutto
privo di una propria autonomia funzionale e strutturale- non
ha più né formalmente, né sostanzialmente valore
provvedimentale di atto di assentimento della concessione
edilizia richiesta.
Il parere della C.E. e gli atti endoprocedimentali non
possono essere considerati equivalenti e non possono avere,
anche implicitamente, un rilievo autorizzatorio in quanto
solo il perfezionamento dell’iter normativo avrebbe
consentito l’edificazione legittima.
In linea preliminare si osserva che, dalla L. 28.01.1977 n.
10, la comunicazione del parere favorevole della Commissione
edilizia -atto tipicamente endoprocedimentale del tutto
privo di una propria autonomia funzionale e strutturale- non
ha più né formalmente, né sostanzialmente valore
provvedimentale di atto di assentimento della concessione
edilizia richiesta (cfr. Consiglio di Stato sez. IV
10.05.2011 n. 2759; Consiglio di Stato sez. IV 07.02.2011 n.
813; Consiglio Stato sez. V 04.03.2008 n. 881).
Il parere della C.E. e gli atti endoprocedimentali non
possono essere considerati equivalenti e non possono avere,
anche implicitamente, un rilievo autorizzatorio in quanto
solo il perfezionamento dell’iter normativo avrebbe
consentito l’edificazione legittima.
In tale prospettiva anche l’eventuale inerzia del Comune è
del tutto inconferente in quanto una costruzione eseguita
senza che sia stato emesso il permesso è, in ogni caso,
abusiva anche in presenza di un parere favorevole della
C.E.C. .
Devono poi essere del tutto disattese le insinuazioni sul
comportamento contraddittorio e sviatorio
dell’amministrazione dato che l’intervento realizzato era
solo l’ultimo di una lunga serie di abusi che avevano dato
luogo ad un’estesa lottizzazione abusiva materiale. Al
riguardo basti ricordare le considerazioni sulla complessiva
vicenda di cui alle sentenze infra partes, decise in
data odierna in senso sfavorevole agli appellanti, sulle
sentenze del TAR che ritenevano legittimi i provvedimenti di
annullamento in autotutela dei provvedimenti di sanatoria
(es. rispettivamente sui ricorsi riuniti n. 7959/2008; n.
7960/ 2008; n. 7961/2008, n. 7962/2008; n. 7963/2008; n.
7967/ 2008; n. 7964/2008) e sulla lottizzazione (n.
7964/2008 ).
Né ha alcun rilievo l’asserita inattività
dell’Amministrazione in quanto, in caso di inerzia
dell’Amministrazione, si sarebbe semmai dovuto esperito il
rimedio avverso l’inerzia della P.A., (cfr. Consiglio Stato
sez. V 03.12.2010 n. 8404).
Non può ravvisarsi né alcuna violazione dell’art. 7 della
legge n. 47/1985, né si rinviene un intento sviatorio o
persecutorio da parte del Comune. L'esercizio del potere
repressivo degli abusi edilizi costituisce attività
obbligatoria per legge della p.a. con la conseguenza che i
relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione,
costituiscono atti vincolati (cfr. Consiglio di Stato Sez. V
06.06.2012 n. 3337) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 22.02.2013 n. 1111 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
L'acquisizione
del parere della commissione edilizia comunale, in sede di
esame dell'istanza di conformità ex art. 36, d.P.R. n. 380
del 2001, è da reputarsi facoltativa, considerata la
mancanza di una sua espressa previsione normativa e la
specialità del procedimento di sanatoria edilizia.
Infine, non è meritevole di accoglimento l’ultimo motivo, in
quanto, secondo un orientamento giurisprudenziale condiviso
dalla Sezione (TAR Campania VIII Sezione 10.09.2010 n.
17398), l'acquisizione del parere della commissione edilizia
comunale, in sede di esame dell'istanza di conformità ex
art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, è da reputarsi facoltativa,
considerata la mancanza di una sua espressa previsione
normativa e la specialità del procedimento di sanatoria
edilizia (Consiglio di Stato Sez. IV, 02.11.2009, n. 6784;
TAR Campania, Napoli, Sezione IV, 16.07.2003, n. 8434; Tar
Campania Sezione II, 30.10.2006, n. 9243; TAR Campania
Sezione VII, 21.05.2007, n. 5489; TAR Campania 05.12.2008,
n. 21230; TAR Campania Sezione VI, 22.04.2009, n. 2097; TAR
Campania Sezione VII, 03.11.2009, n. 6809) (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 21.11.2012 n. 4698 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L'acquisizione del parere della
commissione edilizia è necessaria solo quando il comune è
tenuto a procedere a valutazioni tecniche delle opere
progettate, ma non quando fa applicazione di valutazioni di
natura squisitamente giuridica.
Quanto al terzo motivo, ove si
lamenta la mancata acquisizione del parere della Commissione
edilizia, osserva il Collegio che l’acquisizione del parere
del suddetto organo è necessaria solo quando il comune è
tenuto a procedere a valutazioni tecniche delle opere
progettate, ma non quando fa applicazione di valutazioni di
natura squisitamente giuridica, come nel caso di specie
(cfr., ex plurimis, TAR Campania, Sezione VI,
17.12.2007 n. 16268; Sezione II, 12.01.2009 n. 53 e
15.03.2010 n. 1448)
(TAR Campania-Napoli, Sez.
II,
sentenza 04.07.2012 n. 3200 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - ENTI LOCALI:
Potere per i Comuni di sopprimere
organismi non indispensabili. Impossibilità di esercitare
tale potere con riferimento alle autorizzazioni
paesaggistiche.
Illegittimità di una delibera di soppressione della
Commissione edilizia integrata e di una autorizzazione
paesaggistica rilasciata senza il parere di tale
Commissione.
L’art. 96 del D.Lgs. n. 267/2000, nel richiedere agli organi
rappresentativi dei Comuni di individuare "i comitati, le
commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con
funzioni amministrative, ritenuti indispensabili per la
realizzazione dei fini istituzionali dell’amministrazione o
dell’ente", con soppressione degli organismi non
identificati come indispensabili e attribuzione delle
relative funzioni all’ufficio, con "preminente competenza
nella materia", non poteva conferire ai medesimi Comuni,
a pena di incostituzionalità della norma (con riferimento al
riparto di competenze fra Stato ed Enti locali, di cui agli
articoli 117 e seguenti della Costituzione), il potere di
effettuare scelte che, nei termini appena indicati,
implicassero il trasferimento ad un ufficio comunale della
competenza ad emettere autorizzazione paesaggistica,
trattandosi di competenza dello Stato, da esercitare in
concorso con la Regione interessata o ad essa delegata, per
ragioni di tutela rilevanti per l’intera collettività e,
dunque, non affidabili a valutazioni effettuate in ambito
strettamente locale (1).
---------------
E’ illegittima la delibera con la quale l’Unione di due
Comuni ha soppresso la Commissione Edilizia Integrata con
due esperti in materia di bellezze naturali e di tutela
dell’ambiente, in base all’art. 4, comma 11, del D.P.R. n.
380/2001, nonché la successiva autorizzazione paesaggistica
di cui all’art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 (oggi art. 146
del D.Lgs. n. 42/2004) rilasciata in assenza di parere di
detta Commissione, nel caso in cui le funzioni statali in
materia di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche
siano state trasferite dallo Stato ai Comuni, con la
previsione del parere della C.E.I.
In tal caso, infatti, l’organo così costituito (C.E.I.) non
può al pari della Commissione Edilizia (C.E., esclusivamente
comunale) essere ritenuto "non indispensabile" ai
sensi e per gli effetti dell’art. 96 D.Lgs. 267/2000,
potendo quest’ultima norma riferirsi all’organo comunale
previsto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R. 06.06.2001, n. 380
(quale organo, il cui carattere facoltativo era previsto
dalla stessa normativa), ma non anche al diverso organismo
(C.E.I.) direttamente istituito da una legge regionale e
portatore di competenze già delegate dallo Stato alla
Regione e che solo l’autorità delegante (o sub-delegante)
avrebbe potuto sopprimere avocando a sé le relative
funzioni, con atto normativo primario o sub-primario (2).
---------------
(1) Cons. Stato, sez. VI, 25.05.1996, n. 717; Cons.
Stato, sez. Atti norm., 13.01.2003, n. 4804; cfr. anche, per
il principio, Corte Cost., 25.07.2011, n. 244.
(2) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che, in assenza di
qualsiasi legittimazione del Comune ad incidere sulle
competenze in questione –ed esulando pertanto la C.E.I. dal
novero degli organi collegiali, di cui il Comune potesse
essere legittimamente chiamato a valutare il carattere
indispensabile o meno– correttamente la Soprintendenza aveva
rilevato l’assenza del parere obbligatorio di un organo, che
non poteva ritenersi soppresso ed aveva conseguentemente
ritenuta illegittima l’autorizzazione paesaggistica
rilasciata dal Comune (massima tratta da
www.regione.piemonte.it - Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 05.04.2012 n. 2013 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Decadenza
del permesso di costruire per mancata osservanza del termine
annuale per l’inizio dei lavori e di quello triennale per il
loro completamento. Termini di efficacia del Permesso di
costruire. Istituzione della commissione edilizia comunale e
sue competenze.
La decadenza del permesso di costruire, per mancata
osservanza del termine annuale per l’inizio dei lavori e di
quello triennale per il loro completamento, disciplinata
dall’art. 15 del t.u. 06.06.2001 n. 380: a) è espressione di
un potere strettamente vincolato; b) ha una natura
ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del
titolo edilizio in conseguenza dell'inerzia del titolare
ovvero della sopravvenienza di un nuovo piano regolatore; c)
pertanto ha decorrenza ex tunc (1).
Il termine di durata del permesso edilizio non può mai
intendersi automaticamente sospeso, essendo, al contrario,
sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una
formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un
provvedimento da parte della stessa amministrazione che ha
rilasciato il titolo ablativo, che accerti l’impossibilità
del rispetto del termine; e solamente nei casi in cui possa
ritenersi sopravvenuto un "factum principis" ovvero
l’insorgenza di una causa di forza maggiore (2).
Una istanza con la quale il titolare di un permesso di
costruire ha dichiarato di aver iniziato le opere, è
meramente formale ed è comunque ininfluente ai fini del
rispetto del termine di decadenza per l’inizio dei lavori,
nel caso in cui sia stata effettuata in totale assenza di
una qualsiasi attività edilizia per la realizzazione
dell'edificio, non testimoniando affatto un effettivo e
significativo inizio dei lavori edilizi nel termine
stabilito (3).
Nel caso in cui sia stata presentata una istanza di proroga
del termine annuale per l’inizio dei lavori previsti dal
permesso di costruire, il Comune deve comunque valutare
l'idoneità delle opere realizzande a costituire un inizio
effettivo dei lavori edilizi in rapporto al contesto
complessivo del progetto stesso (4).
L'art. 4 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia), nel rendere
per i Comuni facoltativa l'istituzione della Commissione
edilizia, ha introdotto un principio fondamentale in materia
di governo del territorio, al quale deve sottostare la
normativa regionale, ai sensi dell'art. 117 Cost. (5). A
seguito dell’entrata in vigore di tale disposizione, le
norme regionali in materia devono essere interpretate in
senso costituzionalmente coerente con i principi generali
introdotti in materia dal predetto T.U. (6) e deve quindi
ritenersi che le eventuali norme legislative regionali che
prevedano l’obbligatorietà del parere della C.E.C. sono
state implicitamente abrogate ai sensi dell’art. 10 della L.
n. 62/1953.
La Commissione edilizia comunale ha competenza in materia di
specifiche valutazioni sul merito tecnico, urbanistico,
costruttivo ed architettonico dei progetti, ma non è
titolare di alcun potere in ordine alla verifica
dell'inesistenza o al venir meno dei presupposti legali
dell’edificazione effettuata (7); ne discende che la
dichiarazione di decadenza della concessione di costruzione
non richiede l'acquisizione del parere della Commissione
edilizia comunale (8).
---------------
(1) Cfr. infra multa: Cons. Stato, sez. IV, 10.08.2007,
n. 4423; Cons. Stato, sez. IV, 18.06.2008, n. 3030
(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15.07.2008, n. 3527; Cons.
Stato, sez. IV, 08.02.2008, n. 434.
(3) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29.11.2004, n. 7748
(4) Cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 18.06.2008, n. 3030;
Cons. Stato, sez. IV, 15.07.2008, n. 3527.
(5) Cfr, Cons. Stato, sez. IV, 02.10.2008, n. 4793
(6) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 02.10.2008, n. 4793
(7) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 01.10.2007, n. 5049.
(8) V. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 31.08.2010, n. 3955 e
Cons. Stato, sez. V, 11.01.2011, n. 79 (massima tratta
da www.regione.piemonte.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV, sentenza
23.02.2012 n. 974 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Secondo
un consolidato orientamento nella materia, dopo l'entrata in
vigore della legge 28.01.1977, n. 10, il rilascio del parere
favorevole della commissione edilizia comunale e la sua
comunicazione non possono più essere considerati equivalenti
al rilascio della concessione edilizia comunale.
Detto parere, infatti, va considerato alla stregua di un
atto informativo di una fase non ancora conclusa del
procedimento; detto parere costituisce, infatti, un atto
preparatorio ed interno al procedimento amministrativo di
rilascio della concessione edilizia e non equivale, né
formalmente né sostanzialmente, all'adozione di
quest'ultima.
Secondo altro orientamento, poi, soltanto allorquando il
competente responsabile del servizio tecnico non si sia
limitato a comunicare all'interessato il parere favorevole
della commissione edilizia comunale, ma ne abbia fatto
proprie le determinazioni e abbia formulato la nota come
comunicazione di accoglimento dell'istanza e del rilascio
della concessione secondo specifiche condizioni e
prescrizioni, deve ritenersi che in tal modo egli abbia
espresso la sua autonoma e conclusiva valutazione in ordine
all'assentibilità dell'intervento edilizio, con ciò
consumando il relativo potere, con la conseguenza che il
rilascio del documento formale di concessione edilizia, pur
necessario, diventa atto esecutivo e dovuto, a contenuto
ricognitivo.
Vero è che, all’epoca della proposizione del ricorso
all’esame, la giurisprudenza sul punto non era uniforme, ma
il Collegio non può che attenersi all’orientamento divenuto
ora consolidato.
Secondo un consolidato
orientamento nella materia, dopo l'entrata in vigore della
legge 28.01.1977, n. 10, il rilascio del parere favorevole
della commissione edilizia comunale e la sua comunicazione
non possono più essere considerati equivalenti al rilascio
della concessione edilizia comunale (cfr. ex multis,
da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 07.02.2011, n. 813).
Detto parere, infatti, va considerato alla stregua di un
atto informativo di una fase non ancora conclusa del
procedimento; detto parere costituisce, infatti, un atto
preparatorio ed interno al procedimento amministrativo di
rilascio della concessione edilizia e non equivale, né
formalmente né sostanzialmente, all'adozione di quest'ultima
(TAR Lazio-Roma, sez. II, 24.04.2007, n. 3674).
Secondo altro orientamento, poi, soltanto allorquando il
competente responsabile del servizio tecnico non si sia
limitato a comunicare all'interessato il parere favorevole
della commissione edilizia comunale, ma ne abbia fatto
proprie le determinazioni e abbia formulato la nota come
comunicazione di accoglimento dell'istanza e del rilascio
della concessione secondo specifiche condizioni e
prescrizioni, deve ritenersi che in tal modo egli abbia
espresso la sua autonoma e conclusiva valutazione in ordine
all'assentibilità dell'intervento edilizio, con ciò
consumando il relativo potere, con la conseguenza che il
rilascio del documento formale di concessione edilizia, pur
necessario, diventa atto esecutivo e dovuto, a contenuto
ricognitivo (TAR Lazio-Roma, sez. II, 02.07.2008, n. 6371;
TAR Sardegna-Cagliari, sez. II, 08.08.2008, n. 1664).
Vero è che, all’epoca della proposizione del ricorso
all’esame, la giurisprudenza sul punto non era uniforme, ma
il Collegio non può che attenersi all’orientamento divenuto
ora consolidato
(TAR Lazio-Roma, Sez.
II-ter,
sentenza 24.01.2012 n. 765 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
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EDILIZIA
PRIVATA: In
assenza di una specifica norma, il parere della Commissione
edilizia non risulta obbligatorio con riferimento
all’istanza di concessione in sanatoria. Comunque, può
prescindersi dal parere della Commissione edilizia, quando
non sia necessario procedere a valutazioni tecniche del
progetto o nei casi di palese insanabilità dell’abuso.
Va
innanzitutto precisato che, in assenza di una specifica
norma, il parere della Commissione edilizia non risulta
obbligatorio con riferimento all’istanza di concessione in
sanatoria. Comunque, può prescindersi dal parere della
Commissione edilizia, quando non sia necessario procedere a
valutazioni tecniche del progetto (cfr. TAR Parma, n. 620
del 13.12.2007) o nei casi di palese insanabilità dell’abuso
(cfr. TAR Napoli, IV, n. 10676 del 06.11.2007).
Va, poi, affermata la irrilevanza della violazione dell’art
10-bis, L. 241/1990, in quanto il successivo art. 21-octies,
comma 2, prima frase, statuisce la “non annullabilità”,
in tutti i casi di violazione di qualsiasi norma di
carattere procedimentale o sulla forma degli atti, se “sia
palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato”.
Al riguardo, va anche evidenziato che, pur tenendo conto
della nota Dirigente Settore Assetto del Territorio Comune
di Lauria prot. n. 5934 del 12.04.2006, in seguito il Comune
resistente non ha più formato e/o esternato in forma scritta
il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 DPR n.
380/2001 (TAR Basilicata,
sentenza 06.12.2011 n. 567 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Istituzione della Commissione edilizia
comunale e suoi poteri.
L’art. 4 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.L.), nel delineare i
contenuti dei regolamenti edilizi comunali adottati ai sensi
dell'articolo 2, comma 4, prevede che, nel caso in cui il
Comune intenda istituire la commissione edilizia, il
regolamento indica gli interventi sottoposti al preventivo
parere di tale organo consultivo. In base a tale
disposizione, pertanto, non vi è alcun limite imposto agli
enti locali in ordine al’obbligatorietà della istituzione
della Commissione in discorso né, tampoco, in ordine ai casi
in cui può essere richiesto il parere dell’organo tecnico,
che vanno previsti dal regolamento edilizio comunale.
Il T.U. 380/2001 prevede la facoltà del Comune di
individuare, a mezzo del regolamento edilizio comunale, i
casi di rimessione alla Commissione per la qualità
architettonica e il paesaggio affinché essa renda pareri
facoltativi, in aggiunta alle ipotesi in cui l’organismo
tecnico è tenuto a rendere i pareri obbligatoriamente; ciò
purché si tratti di attività edilizia che richiede il
rilascio di un titolo edilizio. Inoltre, nulla vieta che
l’Amministrazione comunale, in casi particolarmente
delicati, possa interpellare la Commissione anche su casi
diversi da quelli espressamente previsti, su segnalazione
dell’ufficio competente per materia (1).
---------------
(1) Alla stregua del principio nella specie è stata
respinta la censura con la quale si era sostenuto che era
illegittimo il parere espresso (su di una domanda di
permesso di costruire) dalla Commissione per la qualità
architettonica e il paesaggio, nella cui competenza
consultiva non rientrerebbero, ai sensi del d.P.R. 380/2001,
tutti gli interventi che invece il Comune ha inteso
attribuirgli, in tal modo tutelando il territorio "a
posteriori", caso per caso, esaminando le singole domande di
titoli edilizi (massima tratta da
www.regione.piemonte.it - TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 12.07.2011 n. 252 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Appare poco ragionevole pretendere che
un soggetto che ha richiesto il parere preventivo in merito
ad un’opera edilizia, sul quale la competente Commissione
Edilizia si è espressa negativamente, debba comunque
presentare la domanda di titolo (il cui esito,
ragionevolmente, coinciderà col parere negativo) senza poter
contestare il parere stesso che, pur non concludendo il
procedimento (per vero non ancora iniziato) di rilascio del
titolo, quanto meno costituisce un arresto procedimentale.
In altre parole, il Collegio ritiene che l’interessato,
nella evidenziata situazione, pur se non ha l’obbligo (a
pena di inammissibilità del ricorso avverso il diniego di
titolo) di impugnare il parere preventivo di segno negativo,
ne abbia tuttavia la facoltà.
La ricorrente Società impugna il provvedimento n. 7515 del
05.06.2000 del Comune di Ronchi dei Legionari, con cui si
comunica la sfavorevole determinazione della Commissione
Edilizia sulla richiesta di parere preventivo per la
realizzazione di un capannone in area di cava.
Dapprima, benché l’atto di cui si controverte non chiuda un
procedimento, ma esprima solo un parere di massima, esso
tuttavia, per il suo contenuto, è idoneo a determinare un
arresto procedimentale, come tale immediatamente impugnabile
.
Il Collegio non ignora che vi è giurisprudenza che si è
espressa nel senso indicato dal Comune (si veda, ad esempio
TAR Lombardia-Brescia n. 588/2011), tuttavia non ritiene di
poter aderire a tale prospettazione poiché appare poco
ragionevole pretendere che un soggetto che ha richiesto il
parere preventivo in merito ad un’opera edilizia, sul quale
la competente Commissione Edilizia si è espressa
negativamente, debba comunque presentare la domanda di
titolo (il cui esito, ragionevolmente, coinciderà col parere
negativo) senza poter contestare il parere stesso che, pur
non concludendo il procedimento (per vero non ancora
iniziato) di rilascio del titolo, quanto meno costituisce un
arresto procedimentale.
In altre parole, il Collegio ritiene che l’interessato,
nella evidenziata situazione, pur se non ha l’obbligo (a
pena di inammissibilità del ricorso avverso il diniego di
titolo) di impugnare il parere preventivo di segno negativo,
ne abbia tuttavia la facoltà (in questo senso, ad esempio:
TAR Emilia Romagna-Bologna n. 419/2011) (TAR Friuli Venezia
Giulia,
sentenza 10.06.2011 n. 278 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
comunicazione del parere favorevole della Commissione
Edilizia non equivale a rilascio del relativo titolo.
Il comunicare che una concessione “può essere” rilasciata
non equivale, sotto il profilo sia lessicale che logico, ad
una volizione costitutiva recante direttamente il rilascio
del provvedimento richiesto, ma prefigura una futura
ulteriore (ed eventuale) volizione di rilascio.
Secondo la costante
giurisprudenza, già dopo l’entrata in vigore della L.
28.01.1977 n. 10, la comunicazione del parere favorevole
della Commissione Edilizia non equivale a rilascio del
relativo titolo (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons.
Stato, Sez. IV, 12.12.1997 n. 1409 e Sez. V, 29.07.2003 n.
4325); senza sottacere che, come a ragione rimarcato dalla
difesa del Comune, il comunicare che una concessione “può
essere” rilasciata non equivale, sotto il profilo sia
lessicale che logico, ad una volizione costitutiva recante
direttamente il rilascio del provvedimento richiesto, ma
prefigura una futura ulteriore (ed eventuale) volizione di
rilascio
(Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 10.05.2011 n. 2759 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La motivazione del parere della
Commissione edilizia può essere anche sintetica e scarna,
purché sia possibile inferirne gli estremi logici
dell’apprezzamento negativo compiuto.
In linea di diritto, si osserva che la motivazione del
parere della Commissione edilizia può essere anche sintetica
e scarna, purché sia possibile inferirne gli estremi logici
dell’apprezzamento negativo compiuto, e che, in caso di
apprezzamenti di natura estetica, la valutazione deve essere
sorretta da correlative prescrizioni contenute negli
strumenti urbanistici (rispettivamente nelle relative norme
tecniche di attuazione) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 24.02.2011 n. 1204 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Concessione
implicita ammessa solo in casi-limite
I semplici atti preparatori di regola non possono sostituire
il provvedimento a meno che non ci siano tutti gli elementi
costitutivi.
In linea di massima nel nostro ordinamento non è possibile
ottenere un permesso di costruire in forma "implicita",
ma ciò può accadere in ipotesi assai particolari, come nel
caso esaminato dalla IV Sez. del Consiglio di Stato (sentenza
07.02.2011 n. 813) e riferito all'annullamento di
una ordinanza di rimessione in pristino –cioè di
demolizione– per la realizzazione di opere in difformità dai
titoli assentiti.
Nel giudizio era intervenuto anche il vicino di casa della
parte ricorrente, sostenendo che non si trattava di una
semplice difformità dal titolo rilasciato, ma che l'intera
opera era abusiva, in quanto carente della concessione
edilizia.
La sentenza richiama innanzitutto il costante orientamento
giurisprudenziale in base al quale deve oggi tendenzialmente
escludersi il provvedimento concessorio implicito. Infatti,
nell'ordinamento preesistente alla legge 10/1977, vigeva il
principio di libertà delle forme, che consentiva la
sostanziale equiparazione della comunicazione del parere
favorevole della commissione edilizia al rilascio della
licenza.
Tuttavia, dopo l'entrata in vigore della legge Bucalossi, la
normativa ha stabilito il contenuto minimo inderogabile
della concessione, che deve includere elementi determinativi
e conformativi della volontà dell'ente locale, non
sostituibili dalla semplice comunicazione del parere
(Consiglio di Stato, sezione V, 6256/2002, 6476/2002 e
881/2008).
L'autorizzazione di altri organi e il parere favorevole
della commissione edilizia comunale non hanno, di norma,
alcuna valenza provvedimentale, ma soltanto valore di atti
preparatori, e non possono né sostituire la concessione
edilizia, né, tantomeno, giustificare una pretesa buona fede
di colui che abbia costruito senza attendere il formale
rilascio del titolo abilitativo (Consiglio di Stato, sezione
IV, 3594/2005; Tar Campania-Salerno, sezione II, 8154/2010).
I giudici di Palazzo Spada hanno però ammesso la
configurabilità di una concessione edilizia "provvedimento
implicito", osservando che tale istituto opererebbe
tutte le volte in cui la Pa, pur non adottando formalmente
un provvedimento, «ne determina univocamente i contenuti
sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente,
ovvero determinandosi in una direzione, anche con
riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui
non può essere ricondotto altro volere che quello
equivalente al contenuto del provvedimento formale
corrispondente».
Nel caso esaminato, prosegue la pronuncia, emerge
chiaramente che il Comune, con l'ordinanza impugnata, «ha
voluto sanare definitivamente sanare la struttura,
esprimendo assenso alla sua avvenuta realizzazione con una
determinazione la cui valenza giuridica ed effettuale deve
essere ricondotta all'ipotesi, univocamente emergente dagli
atti di causa, del rilascio implicito della concessione
edilizia». E questo anche perché il Comune, acquisito il
parere della commissione, aveva quantificato gli oneri
concessori, «il cui pagamento com'è noto è univocamente
connesso al rilascio della concessione edilizia» (articolo
Il Sole 24 Ore del 09.05.2011). |
EDILIZIA
PRIVATA: Sanatoria
edilizia con provvedimento «implicito». Il Consiglio di
Stato: ammissibile la sanatoria edilizia per fatti
concludenti.
A seguito dell’entrata in vigore della
L. 10/1977, non è più sostenibile che il rilascio del parere
della commissione edilizia comunale e la sua comunicazione
equivalgono al rilascio della concessione edilizia comunale
(ora permesso di costruire).
E' quanto ha ribadito il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la
sentenza 07.02.2011 n. 813.
Con la pronuncia in esame la Corte ha peraltro ammesso il
riferimento all’ipotesi, di creazione prevalentemente
giurisprudenziale, che è posta sotto la denominazione di «provvedimento
implicito», che proprio dall’esame delle fattispecie di
sanatoria degli abusi edilizi ha tratto più diffusa
applicazione.
Tale istituto emerge in particolare le quante volte
l’Amministrazione pur non adottando formalmente un
provvedimento, ne determina univocamente i contenuti
sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente,
ovvero determinandosi in una direzione, anche con
riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui
non può essere ricondotto altro volere che quello
equivalente al contenuto del provvedimento formale
corrispondente.
Nel caso particolare esaminato dalla sentenza era stata
prefigurata quantificazione degli oneri concessori, il cui
pagamento com’è noto è univocamente connesso al rilascio
della concessione edilizia (commento tratto da
www.legislazionetecnica.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
|
URBANISTICA:
Per l'approvazione di un Piano di
Recupero non è necessario il parere della Commissione
Edilizia.
Non è fondato neanche il secondo motivo di ricorso in cui si
deduce che la delibera approvata sarebbe illegittima per
aver omesso in corso di procedimento l’acquisizione del
parere della Commissione edilizia comunale.
A giudizio della giurisprudenza amministrativa, non è
necessaria l’acquisizione del parere per la procedura di
approvazione del piano di recupero (cfr. Tar Venezia, I,
443/1998: il piano di recupero di iniziativa privata deve
chiudersi con un provvedimento espresso da parte del
consiglio comunale. Non è obbligatorio richiedere il parere
della commissione edilizia; ma nel caso in cui tale parere
venga richiesto, esso non può sostituire il necessariamente
espresso e formale provvedimento terminale del procedimento
che solo il consiglio comunale è deputato ad emettere)
(TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 17.06.2010 n. 2329 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
comunicazione del parere negativo della Commissione edilizia
da parte del funzionario competente al rilascio del titolo
edificatorio costituisce manifestazione della volontà di
aderire alla decisione e, rappresentando l’atto conclusivo
del relativo procedimento, è immediatamente impugnabile.
In linea di principio, la comunicazione del parere negativo
della Commissione edilizia da parte del funzionario
competente al rilascio del titolo edificatorio costituisce,
salvo diverse indicazioni emergenti dal contenuto dell’atto,
manifestazione della volontà di aderire alla decisione e,
rappresentando l’atto conclusivo del relativo procedimento,
è immediatamente impugnabile (cfr., ex multis, TAR
Piemonte, sez. I, 04.09.2009, n. 2253).
Nel caso in esame, tale valutazione trova conferma nel fatto
che il provvedimento si chiude con l’indicazione del termine
e dell’autorità cui è possibile ricorrere, elementi che
avvalorano la qualificazione dell’atto come definitivo
diniego dell’istanza edificatoria (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 15.06.2010 n. 2842 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
V'è
l’obbligo di astensione del
titolare di un pubblico ufficio dal procedimento di adozione
di atti nei quali sia interessato egli stesso o un suo
prossimo congiunto.
E' stato dimostrato che nella
seduta della Commissione edilizia che ha rilasciato il
parere il 06.07.2001 fosse presente, quale componente il
signor ... cognato del controinteressato (in quanto
coniugato con la di lui sorella ...).
E’ evidente che nel caso in questione il signor ... si
doveva astenere dal partecipare alla seduta della
commissione edilizia che trattava la pratica di suo cognato
in ossequio alla disposizione di cui all’art. 78 del
t.u.e.l. (D.lgs. n. 267/2000), che sancisce l’obbligo di
astensione del titolare di un pubblico ufficio dal
procedimento di adozione di atti nei quali sia interessato
egli stesso o un suo prossimo congiunto; tale obbligo
sussiste per il fatto che chi è portatore di un interesse
personale, potenzialmente in conflitto con l’interesse
pubblico di cui deve avere cura, non può prendere parte alla
discussione e alla votazione in cui è implicato il proprio
interesse o quello di propri parenti o affini entro il
quarto grado.
“Tale obbligo comporta non solo il divieto di partecipare
alla votazione finale, ma anche di partecipare alla
discussione e l’obbligo di allontanamento dalla seduta prima
della discussione dell’approvazione della relativa proposta
di deliberazione” (così. TAR Emilia Romagna-Parma, sez.
I, 22.09.2009, n. 675)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 22.03.2010 n. 356 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Parere negativo della commissione
edilizia su richiesta di autorizzazione paesaggistica - Atto
endoprocedimentale - Impugnazione - Inammissibilità.
Il parere
negativo della commissione edilizia sull'istanza di
autorizzazione paesaggistica è un mero atto
endoprocedimentale e, come tale, non può essere oggetto di
impugnazione (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.12.2009 n. 5602 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Nuovo provvedimento emesso su progetto
diverso sottoposto a commissione edilizia e motivato in
maniera diversa da un precedente provvedimento - Natura
confermativa del provvedimento - Non sussiste.
Non può essere ritenuto confermativo del precedente un
provvedimento emesso su un progetto diverso, nuovamente
sottoposto alla commissione edilizia comunale che abbia
espresso un nuovo giudizio supportato da nuova e diversa
motivazione (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.12.2009 n. 5337 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
comunicazione del parere sfavorevole della Commissione
edilizia costituisce rigetto della relativa domanda ed è
pertanto immediatamente impugnabile.
Il principio in questione è pacifico in giurisprudenza ed è
stato di recente riaffermato da questo Tribunale con
sentenza n. 1994 del 2008, con argomentazioni che necessita
ribadire in questa sede : “… costituisce indirizzo
giurisprudenziale costante, dal quale non si ravvisano
ragioni per discostarsi nel caso di specie, quello secondo
cui la comunicazione del parere sfavorevole della
Commissione edilizia costituisce rigetto della relativa
domanda ed è pertanto immediatamente impugnabile (cfr., da
ultimo e per tutte, Cons. Stato, sez. V, 23.01.2007 e TAR
Campania, Napoli, sez. IV, 20.11.2006, n. 9983), e ciò
perché, se è vero che la comunicazione del parere favorevole
della Commissione Edilizia non ha valore di rilascio della
concessione, non altrettanto può dirsi della comunicazione
del parere contrario, che -se effettuata, come nel caso di
specie, da parte dell'organo competente a rilasciare il
titolo abilitativo richiesto- costituisce manifestazione
della volontà di aderire alla decisione negativa della
Commissione e, quindi, avendo tutti gli elementi necessari
del diniego, costituisce atto immediatamente lesivo ed
autonomamente impugnabile …." (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 30.07.2009 n. 4229 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
comunicazione del parere sfavorevole della Commissione
edilizia costituisce rigetto della relativa domanda ed è
pertanto immediatamente impugnabile.
Costituisce indirizzo giurisprudenziale costante, dal quale
non si ravvisano ragioni per discostarsi nel caso di specie,
quello secondo cui la comunicazione del parere sfavorevole
della Commissione edilizia costituisce rigetto della
relativa domanda ed è pertanto immediatamente impugnabile
(cfr., da ultimo e per tutte, Cons. Stato, sez. V,
23.01.2007 e TAR Campania, Napoli, sez. IV, 20.11.2006, n.
9983), e ciò perché, se è vero che la comunicazione del
parere favorevole della Commissione Edilizia non ha valore
di rilascio della concessione, non altrettanto può dirsi
della comunicazione del parere contrario, che -se effettuata
da parte dell'organo competente a rilasciare il titolo
abilitativo richiesto- costituisce manifestazione della
volontà di aderire alla decisione negativa della Commissione
e, quindi, avendo tutti gli elementi necessari del diniego,
costituisce atto immediatamente lesivo ed autonomamente
impugnabile (questo TAR sentenza n. 1994 del 2008) (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 30.07.2009 n. 4229 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
1. Concessione - Diniego -
Perfezionamento - Comunicazione del parere negativo della
Commissione edilizia - Conseguenze.
2. Asservimento di un fondo - Condizioni.
1. La comunicazione del parere sfavorevole della Commissione
edilizia costituisce rigetto della relativa domanda ed è
pertanto immediatamente impugnabile e ciò perché, se è vero
che la comunicazione del parere favorevole della Commissione
Edilizia non ha valore di rilascio della concessione, non
altrettanto può dirsi della comunicazione del parere
contrario, che - se effettuata da parte dell'organo
competente a rilasciare il titolo abilitativo richiesto -
costituisce manifestazione della volontà di aderire alla
decisione negativa della Commissione e, quindi, avendo tutti
gli elementi necessari del diniego, costituisce atto
immediatamente lesivo ed autonomamente impugnabile (Cons.
Stato, sez. V, 23.01.2007; TAR Campania Napoli, sez. IV,
20.11.2006 n. 9983).
2. Vi è asservimento allorquando un'area non sia
semplicemente, in via di fatto a servizio di un edificio, ma
abbia giuridicamente ricevuto tale destinazione attraverso
uno strumento urbanistico ovvero le norme del regolamento
edilizio ovvero un impegno privato: per effetto di ciò, il
fondo asservito resta inedificabile (Cons. Stato, sez. V, n.
1278/2003) (link a
www.giustizia-amministrativa.it -
TAR Campania-Salerno, Sez.
II,
sentenza 30.07.2009 n. 4229
- tratto da
http://mondolegale.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Parere della Commissione Edilizia -
Deficit motivazionale - Non influisce sul provvedimento
finale se adeguatamente motivato.
L'eventuale laconicità dei pareri obbligatori non rifluisce
ex sé nell'illegittimità del provvedimento finale salvo lo
stesso non sia autonomamente inficiato da difetto di
motivazione; pertanto, ove i pareri siano stati espressi in
forma superficiale, il provvedimento finale ben può reggersi
autonomamente ove la motivazione adottata sia comunque
congrua e idonea a superare l'eventuale deficit degli atti
endoprocedimentali (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 10.04.2009 n. 3248). |
anno 2008 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
1. Parere Commissione edilizia - Atto
endoprocedimentale - Inidoneità a ledere interessi legittimi
- Impugnativa - Inammissibilità.
2. Edificabilità - Prescrizioni e vincoli - Normativa
previgente - Irrilevanza.
1.
Il parere della commissione edilizia è atto
endoprocedimentale insuscettibile, ancorché esternato, di
impugnazione autonoma: ciò a maggior ragione quando il
parere venga comunicato non per chiudere il procedimento, ma
per acquisire memorie, osservazioni, documenti, cioè
all'espresso fine di instaurare con l'interessato il
doveroso contraddittorio procedimentale.
2.
La situazione urbanistica delle aree e le condizioni della
loro edificabilità sono disciplinate dagli strumenti
urbanistici vigenti (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
5928/2001; sent. n. 749/2000), posto che eventuali
limitazioni volumetriche apposte in epoca passata devono
ritenersi superate dalle nuove previsioni
urbanistiche (massima tratta da www.solom.it - massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.10.2008 n. 5156 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Aree
boschive - Costruzione abusiva - Nozione di bosco - Vincolo
ambientale - Fattispecie - D.Lgs n. 227/2001 - Art. 44 lett.
C d.p.r. n. 380/2001.
Al fine di individuare i territori boschivi protetti da
vincolo, dopo l'entrata in vigore del d.lgs 18.05.2001, n.
227, deve qualificarsi come bosco, ogni terreno coperto da
vegetazione forestale arborea associata o meno a quella
arbustiva, da castagneti, da sughereti o da macchia
mediterranea (Cass. pen. sez. 1111 sent. 16/11/2006, n.
1874). Sicché, nei casi di riscontro positivo del vincolo è
corretto applicare l'art. 44 lettera C del d.p.r. n. 380 del
2001 che sanziona la violazione del vincolo ambientale.
Nella specie, la zona in cui era stata eseguita la
costruzione abusiva, in ragione delle colture arboree in
esse esistenti, era naturalmente sottoposta a vincolo
boschivo in quanto interamente coperta da sughereta,
consociata con roverella, precisando che l'ispezione dei
luoghi aveva evidenziato che erano stati eseguiti lavori sul
terreno dal quale erano stati rimossi massi di basalto ed
altro materiale roccioso e al contempo estirpati ceppi
vitali di sughera, roverella, lentisco, olivastro ed altre
piante tipiche della macchia mediterranea che, in
precedenza, erano stati danneggiati da un violento incendio
e che erano in fase di crescita.
Domanda di sanatoria - Commissione edilizia - Parere
favorevole - Equivalenza di permesso di costruire in
sanatoria - Esclusione.
Il parere favorevole formulato dalla Commissione edilizia
sulla domanda di sanatoria non equivale al rilascio del
permesso di costruire in sanatoria.
AGRICOLTURA - Attività di silvicoltura - Presupposti -
Conservazione delle colture.
L’attività di silvicolutura presuppone, in linea generale,
la conservazione delle colture e non la loro eliminazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.06.2008 n. 23071
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
1. Ordinanza demolizione emanata prima del
perfezionamento della procedura di condono - Impugnativa -
Fondatezza-Sussiste.
2. Parere Commissione edilizia - Atto endoprocedimentale
inidoneo a ledere interessi legittimi - Impugnativa -
Inammissibilità.
1. E' fondato il ricorso proposto avverso l'ordinanza
di demolizione notificata dall'Amministrazione comunale
prima del perfezionamento della procedura di condono.
2. E' inammissibile l'atto di motivi aggiunti
proposto avverso il parere della Commissione edilizia reso
durante la procedura di condono non perfezionata,
trattandosi, il detto parere, di atto di natura
endoprocedimentale inidoneo a ledere gli interessi legittimi
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
17.03.2008 n. 543
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Il
rilascio di una concessione o autorizzazione in sanatoria
(accertamento di conformità), ai sensi dell’art. 13 della
legge n. 47 del 1985 (e oggi ai sensi dell’art. 36 del
D.P.R. 06.06.2001, n. 380), è possibile solo quando l’opera
realizzata in assenza del preventivo titolo abilitativo
risulti conforme agli strumenti urbanistici generali e di
attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati
sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento
della presentazione della domanda.
Per il procedimento volto al rilascio di concessioni
edilizie in sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n.
47 del 1985 (ed oggi dell’art. 36 del nuovo T. U.
dell’edilizia), nel quale occorre una verifica sulla
conformità urbanistica delle opere realizzate in assenza del
necessario previo titolo abilitativo, si deve ritenere
normalmente necessario il parere della Commissione Edilizia
a meno che l’eventuale diniego al rilascio del titolo
abilitativo non si fondi su ragioni puramente giuridiche o,
come è oggi ammesso, la Commissione Edilizia, sia stata
soppressa dal Comune o dichiarata non legittimata ad
esprimersi su alcuni determinati tipi di interventi edilizi.
Il rilascio di una concessione o autorizzazione in sanatoria
(accertamento di conformità), ai sensi dell’art. 13 della
legge n. 47 del 1985 (e oggi ai sensi dell’art. 36 del
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, recante il Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia), è possibile solo quando l’opera realizzata in
assenza del preventivo titolo abilitativo risulti conforme
agli strumenti urbanistici generali e di attuazione
approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al
momento della realizzazione dell’opera sia al momento della
presentazione della domanda.
La giurisprudenza che ritiene superfluo il parere della
Commissione Edilizia per il rilascio delle concessione in
sanatoria, peraltro sul punto oscillante, si riferisce al
procedimento di rilascio di concessioni edilizie in
sanatoria ai sensi degli articoli 31 e seguenti della legge
n. 47 del 1985
(condono edilizio) e cioè a
quei casi nei quali non occorre una verifica sulla
compatibilità urbanistica delle opere abusive realizzate. La
questione si pone in modo diverso invece per il procedimento
volto al rilascio di concessioni edilizie in sanatoria ai
sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 (ed oggi
dell’art. 36 del nuovo T. U. dell’edilizia) nel quale
occorre al contrario proprio una verifica sulla conformità
urbanistica delle opere realizzate in assenza del necessario
previo titolo abilitativo.
In tale procedimento si deve ritenere normalmente necessario
il parere della Commissione Edilizia a meno che l’eventuale
diniego al rilascio del titolo abilitativo non si fondi su
ragioni puramente giuridiche o, come è oggi ammesso, la
Commissione Edilizia, sia stata soppressa dal Comune o
dichiarata non legittimata ad esprimersi su alcuni
determinati tipi di interventi edilizi
(TAR Campania-Napoli, Sez.
IV,
sentenza 13.09.2004 n. 11950 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
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