Sent. 56/12

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

la Corte dei conti

 Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte

composta dai signori magistrati

Salvatore Sfrecola                                Presidente

Tommaso Parisi                                   Giudice

Gerardo de Marco                                Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto in data 16.06.2011 al n. 18870 del Registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale contro i signori:

- M.G.M., difesa dagli Avv.ti Enrico Piovano (Omissis) e Sabrina Molinar Min (Omissis) del Foro di Torino;

- R.T., difeso dagli Avv.ti Simona Rostagno (Omissis) e Roberta Zanino (Omissis) del Foro di Torino;

- E.N., difesa dagli Avv.ti Clelia Cazzola del Foro di Voghera (Omissis) e Maria Celli del Foro di Torino (Omissis).

FATTO

1. La Procura Regionale ha citato in giudizio dinanzi a questa Corte i signori M., T. e N. (nella loro rispettiva qualità di Sindaco, di Assessore all'Urbanistica, di Responsabile del Servizio di Programmazione Territoriale Urbanistica ed Ambiente del Comune di Arquata, all'epoca dei fatti in contestazione) contestandogli l'erronea applicazione delle tariffe stabilite per la c.d. monetizzazione delle aree destinate a standard urbanistici e chiedendone quindi la condanna al risarcimento in favore dell'ente locale della somma di euro 193.360,24, oltre spese ed accessori.

In particolare, nella citazione si riferisce che:

-        con nota del 15.1.2009 lAssessore allUrbanistica del Comune di Omissis (AL) segnalava il danno procurato alle finanze dellEnte dalla precedente amministrazione a causa della mancata rivalutazione annuale, in base ai coefficienti Istat, delle tariffe stabilite per la cd. monetizzazione delle aree destinate a standard urbanistici;

-        il Comune di Omissis aveva, infatti, previsto nel proprio Piano Regolatore valori di dotazione minima di aree per standard conformi alla normativa regionale, disciplinando minuziosamente (artt. 14 e ss. del Titolo IV delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G.C.) la possibilità per lamministrazione di acconsentire alla monetizzazione;

-        con deliberazione consiliare del 21.7.1992, n. 45, il Comune di Omissis aveva determinato il valore del corrispettivo in denaro da porre a carico del privato promotore del Piano Esecutivo Convenzionato (P.E.C.) in caso di monetizzazione delle aree destinate a parcheggio, quantificando le tariffe in lire 400.000 fino a 15 mq e in lire 40.000 per ogni mq eccedente i 15;

-        al punto 2, lettera f) di quest'ultima deliberazione era stabilito lobbligo di adeguamento annuale delle tariffe sulla base della svalutazione risultante dai dati ISTAT;

-        lamministrazione comunale, invece, non aveva mai provveduto alladeguamento, fino alla determinazione del Responsabile del Servizio Urbanistica n. 04-URB del 31.3.2008;

-        pertanto, per tutti i P.E.C. precedentemente approvati erano state  applicate le tariffe fissate dalla citata deliberazione n. 45/1992 senza operare la rivalutazione;

-        in particolare, con riferimento ai P.E.C. denominati Omissis, Omissis, F.I.M., Omissis, variante Omissis, era stata applicata la tariffa di 20,66 (equivalenti alle 40.000 lire fissate dalla predetta deliberazione);

-        relativamente al P.E.C. approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 30.9.2005, denominato Centro intermodale integrato Omissis (area a destinazione produttiva), poi, era stata applicata una tariffa addirittura inferiore, pari a 13,00 al mq.;

-        peraltro, le tariffe di monetizzazione di cui alla deliberazione n. 45/1992 erano applicabili anche alle aree produttive, giusta le precisazioni fornite al CO.RE.CO. in data 6.8.1992, che costituiscono parte integrante della deliberazione medesima ( per la determinazione del corrispettivo relativo alla monetizzazione delle aree a parcheggio sono stati presi in considerazione i valori di mercato delle aree residenziali e produttive stabilendo, di conseguenza, un valore ritenuto congruo per dette aree...); inoltre, nello schema di convenzione del P.E.C. Omissis il soggetto attuatore si obbligava allart. 5 a monetizzare le aree di standard di cui non è prevista la cessione al Comune al prezzo stabilito dalle vigenti delibere in materia nel Comune di Omissis, cioè con la citata delibera n. 45/1992;

-        analoga questione si era posta inizialmente anche per la vendita di un terreno alla Società A. (fattispecie per la quale, peraltro, la Procura attrice non ha poi mosso contestazioni nell'atto di citazione, in adesione all'eccezione di prescrizione sollevata dai presunti responsabili nelle deduzioni difensive in fase pre-processuale);

-        il mancato adeguamento delle tariffe ha causato al Comune un danno pari a 193.360,24 (da suddividersi, salvo migliore valutazione della Sezione, in parti uguali tra i convenuti), oltre accessori e spese di giustizia;

-        agli effetti degli artt. 1219 e 2943 c.c. il P.M. aveva costituito in mora i presunti responsabili con lettere raccomandate del 27.10.2010; all'interruzione della prescrizione aveva provveduto anche il Sindaco di Omissis con atti ricevuti il 29.10.2010 dalla signora M., il 30.10.2010 dalla signora N. e il 3.11.2010 dal signor T.;

-        ai fini della prescrizione, il momento di decorrenza va individuato nella data di pagamento degli oneri di monetizzazione e non nella data di approvazione delle bozze di convenzione da parte del Consiglio Comunale;

-        costituisce unomissione gravemente colposa, da parte di coloro che avevano il dovere di eseguire la citata delibera C.C. n. 45/92, il mancato adeguamento alla svalutazione monetaria dei valori per la monetizzazione in discorso; infatti, nel comportamento omissivo la gravità della colpa discende dalla consapevolezza dellomissione di unattività doverosa e, nella specie, va tenuto in considerazione che la citata delibera n. 45/92 non era certo di difficile interpretazione o applicazione e che la sua esecuzione non presentava alcuna difficoltà, risolvendosi in un calcolo di semplicità elementare;

-        il Sindaco, signora M., ai sensi dellart. 50 del t.u.e.l., benché titolare degli atti di indirizzo politico e tenuta a rispettare lautonomia dirigenziale, aveva comunque lonere di un costante e diligente controllo sul buon andamento degli uffici comunali;

-        lAssessore con delega allUrbanistica, signor T., il quale partecipava ratione materiae degli stessi poteri e delle responsabilità del Sindaco, non ha adottato gli opportuni provvedimenti per lattuazione delle disposizioni riguardanti il suo specifico settore;

-        il Responsabile del settore Urbanistica, signora N., che ha sottoscritto tutte le convenzioni, in quanto organo tecnico, non poteva ignorare lobbligo delladeguamento periodico; a lei, in primis, competeva il dovere di operare la rivalutazione, ai sensi degli artt. 107 e ss. del t.u.e.l., non certo al Consiglio comunale o alle Commissioni consiliari (non essendovi nulla da deliberare, ma solo da applicare la rivalutazione, la quale è operazione automatica e prettamente tecnica);

-        sotto altro profilo, non poteva configurarsi né la tacita abrogazione della delibera n. 45/92, né una integrazione o modifica della stessa da parte delle convenzioni successivamente stipulate con i privati per i singoli P.E.C.;

-        l'interpretazione difensiva che afferma l'applicabilità delle tariffe di monetizzazione fissate con la delibera n. 45/92 alle sole aree residenziali a capacità insediativa esaurita e aree di insediamento storico, con riguardo agli interventi di tipo commerciale, quindi l'inapplicabilità alle aree interessate dai P.E.C. in contestazione, ad avviso del P.M. contrasta con il fatto incontestabile che la delibera, nelle convenzioni stesse, era stata espressamente richiamata ed applicata (ma senza rivalutazione);

-        ai fini del requisito della attualità del danno in contestazione il Pubblico Ministero non condivide la tesi difensiva secondo cui lAmministrazione sarebbe ancora in grado di adeguare i corrispettivi e di recuperare le somme dovute per rivalutazione, non essendo ancora maturata la prescrizione; ciò perché, ad avviso della Procura, il danno derivante dalla mancata acquisizione di entrate deve ritenersi attuale anche nelle ipotesi in cui sia possibile o addirittura in corso unattività di recupero, per tacere del fatto che la prospettata possibilità di recupero dei maggiori oneri di monetizzazione da parte del Comune parrebbe alquanto dubbia.

2. I convenuti si sono costituiti in giudizio con il patrocinio dei legali indicati in epigrafe, ulteriormente sviluppando gli argomenti e le eccezioni già contenuti nelle deduzioni difensive fatte pervenire alla Procura Regionale a seguito dell'invito ex art. 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19).

2.1. La difesa della Responsabile del Servizio di Programmazione Territoriale Urbanistica e Ambiente, arch. N., può così sintetizzarsi:

-        la delibera n. 45 del 21 luglio 1992 stabiliva i criteri di monetizzazione delle aree a parcheggio (di cui all'art. 21, comma 3, della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56, e alla legge 24 marzo 1989 n. 122) solo ed esclusivamente nelle aree A1, A2 e B1 in quanto aree a capacità insediativa esaurita e, all'interno di queste aree, soltanto in relazione ad interventi con destinazione commerciale e solo dopo avere dimostrato la impossibilità al reperimento di tali aree;

-        al momento dell'approvazione degli strumenti urbanistici esecutivi in contestazione, il P.R.G.C. in vigore era quello approvato con D.G.R. n. 46-18136 del 7.9.1992 (che prevedeva la monetizzazione di aree standard a parcheggio agli artt. 34 e 35, quindi limitatamente agli interventi all'interno del centro storico, nelle aree A1 e A2, e agli interventi con destinazioni commerciali all'interno delle aree B1 a capacità insediativa esaurita), mentre l'art. 14 del Titolo IV delle Norme Tecniche di Attuazione del PRGC, citato dalla Procura, era in realtà l'articolo di Variante Generale al PRGC approvata dalla Regione solo nel 2008, quindi si tratta di una norma che non era in vigore all'epoca dei fatti in contestazione;

-        l'obbligo di rivalutazione non era quindi previsto per la monetizzazione relativa ad interventi ricadenti in zona C (Pec Omissis), in zona D1 (Pec Omissis, parte del Omissis, Omissis), in zona D2 (parte del Pec Omissis), in zona B3 e B4 (variante La Omissis);

-        quanto specificamente al Pec Omissis, il valore di monetizzazione fu fissato in misura inferiore rispetto al valore di riferimento della citata delibera n. 45 del 1992 tenendo conto, a titolo compensativo, del rilevante interesse generale alla realizzazione del centro intermodale e degli oneri di realizzazione di opere di interesse pubblico assunti dalla parte privata a proprio carico, nell'ambito dell'intervento (vedasi, ad esempio, l'adeguamento della Strada Comunale Del Bovo e del relativo svincolo sulla provinciale);

-        quanto specificamente al Pec La Omissis, l'arch. N. (assunta nel 2001) non ebbe alcun ruolo nella convenzione originaria (approvata nel 2003), ma solo relativamente alla variante del 2006;

-        il termine del decorso della prescrizione va individuato nella data di approvazione da parte del Consiglio Comunale delle bozze di convenzione dei singoli Pec, con la conseguenza che alla data di ricezione degli atti di messa in mora (30 ottobre 2010) era già decorso il quinquennio per i Pec Omissis, Omissis, Omissis e Omissis, tutti approvati prima del 30 ottobre 2005;

-        in ogni caso, il danno erariale non si è verificato, essendo il Comune ancora entro il termine di prescrizione decennale ai fini della riscossione del residuo importo di monetizzazione nei confronti delle parti private, trattandosi di una mera rettifica del calcolo del relativo importo ai sensi della delibera n. 45 del 1992 (richiamata espressamente nei Pec);

-        il comportamento omissivo del Comune nel riscuotere il dovuto dalle controparti private ha comunque contribuito ad aggravare il danno, con conseguente responsabilità concorrente degli attuali amministratori;

-        la delibera n. 45 del 1992 non era mai stata applicata tanto da far legittimamente supporre la sua desuetudine;

-        nessuna osservazione era mai stata formulata né dal Consiglio Comunale né dalla Commissione Urbanistica allorché i Pec furono esaminati;

-        l'arch. N., al suo primo impiego, aveva lavorato in quel periodo presso il Comune con contratti a termine e part-time, con collaborazione saltuaria e limitata; solo il 27 dicembre 2005 venne assunta a tempo indeterminato;

-        non sussiste in ogni caso l'elemento soggettivo della colpa grave;

-        l'omissione della rivalutazione Istat (da effettuare anno per anno) non sarebbe peraltro imputabile alla convenuta, in servizio solo dal 2003, per gli undici anni precedenti;

-        le condizioni di lavoro della convenuta devono essere valutate ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo o in via subordinata ai fini della gradazione di una sua eventuale riconosciuta responsabilità.

L'arch. N. conclude quindi per il proscioglimento nel merito  o, in subordine, per la declaratoria di prescrizione o, in via di estremo subordine, per l'esercizio del potere di riduzione dell'addebito o per il riconoscimento del concorso causale di quanti abbiano partecipato all'approvazione delle varie delibere quali consiglieri comunali, membri della Commissione Edilizia o ad altro titolo ancorché non citati in giudizio.

2.2. La difesa dell'assessore all'Urbanistica, sig. T., può così sintetizzarsi:

-        l'Assessore allUrbanistica è privo di legittimazione passiva nella fattispecie, non essendo il soggetto competente per legge ad effettuare i conteggi volta per volta necessari per il rilascio dei vari provvedimenti edilizi né, daltra parte, avendo alcuna competenza in merito allapprovazione e allattuazione dei PEC, quindi non avendo alcuna responsabilità in merito alla contestazione svolta;

-        la delibera comunale n. 45/92, su cui poggia tutto il castello accusatorio della Procura, non è applicabile alle convenzioni contestate, in quanto la monetizzazione cui essa fa riferimento riguarda le aree residenziali a capacità insediativa esaurita di cui allart. 35 del PRG (aree B1) e le aree di insediamento storico di cui allart. 34 del PRG (aree A1 e A2) per interventi di tipo commerciale; la monetizzazione è stata cioè prevista come premio per i soggetti che pongano in essere interventi edilizi in aree a capacità insediativa esaurita;

-        è quindi pacifico che la delibera 45/1992 non si occupa di disciplinare la monetizzazione delle aree a parcheggio nelle aree produttive né nelle aree residenziali esterne alle aree di insediamento storico o nelle aree residenziali diverse da quelle a capacità insediativa esaurita;

-        la circostanza che lart. 21 (aree produttive di nuovo impianto D1) delle NtA del PRG preveda la possibilità di monetizzare parte della quota degli standard urbanistici è priva di rilievo nella presente vicenda; infatti, la norma si limita a prevedere lastratta possibilità di monetizzare gli standard anche per le aree produttive ma non quantifica gli oneri, sicché in tali aree la monetizzazione potrà essere in concreto concessa o previa delibera ad hoc relativa alle aree industriali o previa decisione di volta in volta assunta da parte del Consiglio Comunale;

-        lelemento senzaltro palese è che alle aree industriali non è automaticamente applicabile la delibera CC 45/1992 e, a maggior ragione, la rivalutazione;

-        con riguardo alle singole convenzioni, può notarsi che il P.E.C. Omissisè relativo ad un intervento ricadente in zona  C - Aree residenziali di nuovo impianto; il PEC Omissis  è relativo ad un intervento industriale ricadente in zona D1 Aree produttive di nuovo impianto; il PEC F.I.M.è relativo ad un intervento industriale ricadente in parte in zona D1 Aree produttive di nuovo impianto ed in parte in zona D2 Aree produttive da mantenere, completare e riordinare; il PEC Omissisè relativo alla realizzazione di un centro intermodale integrato da realizzare in zona D1 Aree produttive di nuovo impianto; il PEC variante Omissisè relativo ad interventi residenziali di completamento in zone esterne ai centri abitati e ricade in zona B3;

-        nessuno dei PEC in contestazione ricade quindi in aree residenziali a capacità insediativa esaurita (aree B1) né in aree di insediamento storico (aree A1 e A2); inoltre gli interventi previsti non sono di tipo commerciale bensì residenziale e produttivo; pertanto relativamente ad essi non sussisteva alcun obbligo per lAmministrazione di applicare gli importi rivalutati di cui alla delibera C.C. 45/1992 e, conseguentemente, nessun danno può avere subito lerario comunale da tale mancata applicazione;

-        il chiarimento fornito al Coreco in data 6 agosto 1992 non potrebbe valere a mutare né il contenuto delle norme di piano regolatore né quello della delibera, limitandosi comunque ad esplicitare che il valore di monetizzazione individuato a metro quadro è stato adottato operando una media tra il valore di mercato delle aree produttive e quelle residenziali;

-        non ha rilievo la circostanza che nelle Convenzioni contestate si sia richiamata la delibera 45/1992, in quanto con tale richiamo il Consiglio Comunale ha inteso applicare la tariffa base, prevista per aree diverse, anche per le aree produttive, ma non potendosi ricomprendere nel rinvio anche l'applicazione della rivalutazione, perché nel testo non vi erano i margini;

-        con specifico riferimento al Pec Omissis, il rinvio alle delibere vigenti in materia ai fini della monetizzazione (art. 5 del Pec) non può essere inteso univocamente alla delibera n. 45 del 1992 (applicabile a fattispecie diverse);

-        ad ogni modo, lAssessore allUrbanistica, viste le sue competenze allinterno della macchina comunale, tenuto conto che ai sensi del D.Lgs. 165/2001 ai componenti della Giunta non spetta ladozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano lamministrazione verso lesterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, né sono responsabili dellattività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, non è responsabile del fatto che, in sede di conteggi degli oneri, vengano applicate tariffe diverse da quanto eventualmente deliberato dal Consiglio Comunale e recepito in convenzione;

-        in ordine all'atto di vendita di un terreno alla A. srl, la Procura nellatto di citazione non ha chiarito la propria posizione e pertanto la contestazione continua a restare oscura e comunque infondata;

-        nel caso di specie non si è verificato comunque in concreto alcun danno per lerario (difettando i requisiti della certezza, dellattualità e della concretezza), non essendosi ancora prescritto o consumato in capo al Comune il potere recuperatorio della maggior somma indicata dalla Procura; infatti, qualora lAmministrazione si accorga di avere commesso un errore di calcolo nel quantificare le aree destinate a parcheggio, può legittimamente modificare unilateralmente la convenzione e riscuotere dai privati quanto dovuto (in disparte l'applicabilità dell'art. 1430 c.c. mediante rettifica del contratto viziato da errore di calcolo, o dell'art. 1339 c.c., mediante integrazione automatica del contratto con la clausola di rivalutazione dell'importo di monetizzazione);

-        a fini prescrizionali, bisogna poi ricordare che il contenuto dei P.E.C. è stato compiutamente disciplinato nelle bozze di convenzione approvate con le delibere consiliari, rispetto alle quali latto notarile ha costituito una mera attuazione, sicché il termine prescrizionale non potrà che decorrere dalla data di adozione delle delibere consiliari e non dalla data della susseguente stipula dell'atto, riproduttivo della bozza già approvata in consiglio (diversamente, ove ancorato al momento del pagamento, il termine prescrizionale potrebbe non decorrere mai);

-        infine, se lAmministrazione, nellapprovare i PEC, avesse errato nel non rivalutare le tariffe indicate nella delibera C.C. 45/1992, dovranno essere chiamati a rispondere del presunto danno erariale anche i componenti del Consiglio Comunale, i componenti della Commissione Edilizia, i componenti della Commissione Consiliare Lavori Pubblici, Assetto del Territorio, Ecologia, il Direttore Generale (in quanto rientra tra le sue competenze, ai sensi dellart. 108 del t.u.e.l. e del Regolamento sullordinamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di Omissis , provvedere ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente ed occuparsi della gestione), il Segretario Comunale (che ai sensi dellart. 97 del t.u.e.l. svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti e sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti);

-        di ciò deve tenersi conto nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che il Comune di Omissis abbia subito un danno patrimoniale in parte imputabile al sig. T., al fine di ridurre leventuale risarcimento dovuto dallo stesso.

L'assessore T. conclude quindi per larchiviazione del  procedimento o, in subordine, perché la domanda risarcitoria sia ridotta nel quantum, valutato ruolo, competenze e responsabilità del convenuto; alluopo, chiede che il giudizio sia esteso a coloro che nel periodo de quo hanno ricoperto la carica di consigliere comunale, membro della Commissione edilizia, Direttore Generale affinché, valutate le singole responsabilità, leventuale risarcimento venga suddiviso tra tutti i soggetti responsabili; in via ulteriormente subordinata e in ogni caso, chiede che in sede di esecuzione si tenga conto di quanto il Comune potrà recuperare n via di autotutela nei confronti dei beneficiari delle convenzioni edilizie. Con onorari e spese di giudizio.

2.3. La difesa del Sindaco, signora M., può così sintetizzarsi:

-        non è possibile ravvisare profili di responsabilità a titolo di colpa grave in capo alla signora M. in qualità di Sindaco pro tempore allepoca dei fatti, in applicazione dell'esimente c.d. politica della buona fede;

-        il t.u.e.l. è fortemente improntato ad una netta e distinta separazione delle due sfere gestionale e politica, divisione peraltro già iniziata con la legge n. 142/90, secondo un'impostazione che è stata confermata anche dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n.165 (art. 4); nello stesso senso è lart. 107 del t.u.e.l., cui si conforma il Regolamento sullordinamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di Omissis, approvato con Deliberazione GC n. 7 del 22.01.1999 e da ultimo integrato con deliberazione GC n. 5 del 11.02.2008, allart. 33, laddove dispone che il Responsabile di Servizio, tra le altre competenze enumerate nella norma citata, adotta atti di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa compresi quelli che impegnano lamministrazione verso lesterno (lett. e);

-        lart. 70 D. Lgs. n. 165/05 (recte, 165/01) detta il principio secondo cui le disposizioni che conferiscono agli organi di governo ladozione di atti di gestione e di atti e provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti;

-        tale scelta ha notevoli riflessi sul piano della responsabilità degli organi politici in merito ai fatti, dolosi o colposi, posti in essere dai dirigenti o da altri dipendenti a danno dellamministrazione, nel senso di escludere la stessa in capo a colui che ricopre una carica politica;

-        seppur in capo agli Organi politici vi sia un dovere di controllo al fine di garantire il buon andamento della Pubblica amministrazione, la dimostrazione che lomissione di tale obbligo possa porre in essere una colpa grave è presunzione non ammessa dalla legge, ed in ogni caso la prova della sussistenza dellelemento soggettivo della colpa grave è elemento imprescindibile da porre alla base del giudizio di responsabilità;

-        non pare possibile, pertanto, addebitare né dal punto di vista del profilo dellelemento soggettivo nemmeno della colpa (meno che mai del dolo) leventuale mancata applicazione delladeguamento Istat alle monetizzazioni in oggetto, in quanto il Sindaco è da qualificarsi quale organo politico e, come tale, preposto unicamente, quale organo di governo, allesercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, alla definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, alladozione degli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, ed alla verifica della rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti, mentre ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo; i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati (si veda art. 36 t.u.e.l.);

-        né una simile responsabilità è configurabile in capo alla convenuta nella sua qualità di Presidente del Consiglio Comunale, tenuti a mente gli artt. 5 e 6 del Regolamento comunale di Omissis , nella parte in cui disciplinano i compiti e i poteri dell'organo;

-        in ogni caso, è applicabile la c.d. scriminante politica di cui allart. 3 (recte, art. 1), co. 1-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, essendo evidente la buona fede del Sindaco;

-        inoltre, il danno contestato è privo di certezza, attualità e concretezza; infatti, anche ritenendo vincolante il contenuto della deliberazione n. 45/1992 comunque ad oggi non può ritenersi esaurito il potere dellAmministrazione di adeguare i corrispettivi previsti per la monetizzazione e richiedere ai privati proponenti i PEC le relative corresponsioni;

-        sotto altro profilo, il danno in contestazione è ampiamente assorbito dai vantaggi comunque conseguiti dall'ente locale; infatti, nei pec considerati i privati hanno direttamente provveduto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ivi compresi i parcheggi, per un valore, in un caso, anche fino a 4 volte superiore rispetto al valore degli oneri di urbanizzazione previsto dal progetto di piano di edilizia convenzionata (sicché, nel concreto, lAmministrazione comunale avrebbe operato una compensazione dei valori inerenti le opere di urbanizzazione e gli standard a parcheggio, laddove, anzi, la rivalutazione in base agli indici Istat avrebbe determinato una ingiustificata locupletazione a vantaggio del Comune che, in tal caso, sarebbe stato esposto ad unazione di indebito arricchimento promossa dal privato ex art. 2041 c.c.);

-        del resto, come noto, i piani esecutivi convenzionati costituiscono fattispecie complesse a formazione progressiva il cui valore complessivo deve essere calcolato unitariamente (cioè nel valore economico complessivo dato dal valore delle opere realizzate e dal corrispettivo in opere di urbanizzazione e costo di costruzione ed eventuali monetizzazioni che il Comune deve ricevere quale corrispettivo); in base a tale unitaria visione è plausibile operare delle perequazioni nellambito degli importi versati direttamente (attraverso scomputi o monetizzazioni) ed indirettamente (attraverso la realizzazione diretta, da parte del privato proponente, delle opere richieste, nel caso di specie parcheggi);

-        quanto ai criteri cui riferirsi nel giudizio di congruità dei valori di monetizzazione, in assenza di una disciplina legislativa regionale in materia, pare ragionevole effettuare un richiamo alla legislazione di altre Regioni in materia; nel caso specifico ci si riferisce alla normativa  dettata dalla Regione Lombardia (con legge n. 9 del 1999, segnatamente all'art. 6, e con legge n. 60 del 1977, allart. 12) la quale adotta come criterio la possibilità di poter stabilire, attraverso una convenzione, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e, comunque, non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree; questo criterio di monetizzazione delle aree destinate a standard nelle lottizzazioni, già codificato in svariati ordinamenti regionali, poi, è ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa;

-        soltanto una verifica di congruità del costo da monetizzare può ragionevolmente rendere possibile lacquisizione della prova delleventuale esistenza di un danno erariale.

Il Sindaco M. conclude quindi: in via preliminare, per la declaratoria del proprio difetto di legittimazione passiva; in via principale e nel merito, per l'assoluzione da qualsiasi responsabilità, stante la propria completa estraneità ai fatti di cui è causa, per insussistenza dellelemento soggettivo della colpa grave, per la non imputabilità della condotta dannosa, per applicazione dellesimente della buona fede e/o alternativamente della discrezionalità tecnica, e stante altresì lassenza di danno; in via subordinata, per la limitazione della condanna ad una responsabilità ripartita e/o sussidiaria in applicazione del potere di riduzione delladdebito; in via istruttoria: per l'ammissione di prova testimoniale su capi di prova da formulare successivamente.

3. Alludienza pubblica del 15 febbraio 2012, udito il magistrato relatore, sono intervenuti, come da verbale, i legali di tutti i convenuti e il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Pia Manni. Le parti hanno ripercorso ed illustrato oralmente il contenuto degli atti e documenti depositati in giudizio, confermando le conclusioni in essi rassegnate, come da discussione riportata al verbale d'udienza; l'Avv. Piovano, in particolare, ha depositato la propria nota spese agli effetti dell'art. 75 disp. att. c.p.c.. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. Questa Corte è chiamata a giudicare della responsabilità del Sindaco, dell'Assessore all'Urbanistica e del Responsabile del Servizio di Programmazione Territoriale Urbanistica ed Ambiente del Comune di Omissis  in relazione ad asserite erronee monetizzazioni di aree destinate a standard urbanistici.

In particolare, il Pubblico Ministero contesta che ai fini delle monetizzazioni relative ai P.E.C. Omissis, Omissis, Omissis e variante La Omissisè stato applicato il valore di euro 20,66/mq previsto dalla delibera consiliare n. 45 del 21 luglio 1992 (al par. 3), ma senza che su questo importo fosse mai stata computata la rivalutazione annuale Istat, pur prevista dalla lettera f) del paragrafo 2 della delibera stessa. Quanto, invece, al P.E.C. Omissis, la Procura contesta l'applicazione arbitraria dell'importo di euro 13/mq, anziché dell'importo di euro 20,66/mq rivalutato secondo quanto previsto nella citata delibera n. 45 del 1992.

I convenuti hanno sollevato numerose eccezioni, meglio descritte nella precedente parte in fatto: difetto di legittimazione passiva, prescrizione, scriminante c.d. politica, insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, insussistenza del requisito della colpa grave, insussistenza del danno, insussistenza del requisito di attualità del danno stesso. Nel merito, in estrema sintesi, tutte le difese convergono comunque nell'affermare l'inapplicabilità della deliberazione n. 45 del 1992 alle monetizzazioni in parola, almeno per quanto riguarda la rivalutazione annuale del valore di riferimento in essa stabilito.

II. Va anzi tutto respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalle difese M. e T., essendo evidente che, in base alle contestazioni e alla domanda formulate nei loro confronti dalla Procura, quindi in relazione alla specifica materia del contendere, essi non possono qualificarsi come estranei alla controversia; sono quindi legittimati a contraddire, fermo restando che, ove la domanda della Procura si riveli infondata nei loro confronti, appunto perché riconosciuti in concreto non responsabili della fattispecie dannosa, dovrà pronunciarsi propriamente sentenza di proscioglimento nel merito, anziché di estromissione dal giudizio.

III. L'eccezione di prescrizione, invece, merita accoglimento parziale, reputando la Sezione che il momento di decorrenza della prescrizione, cioè quello del verificarsi del fatto dannoso, non possa essere individuato né nella data di approvazione delle bozze di P.E.C. da parte del Consiglio Comunale (come sostenuto dai convenuti) né nella data dei pagamenti degli oneri da parte dei privati (come propugnato dalla Procura). Piuttosto, il fatto dannoso deve ritenersi perfezionato alla data di effettiva stipula dei singoli P.E.C., cioè nel momento in cui sono divenuti giuridicamente vincolanti per la parte pubblica e per quella privata i contenuti della convenzione (e, nella specie, per quanto qui interessa, le clausole che liquidano l'importo dovuto a titolo di monetizzazione, asseritamente erroneo).

Sulla base del criterio appena enunciato è quindi da considerare prescritta, in questa sede di responsabilità amministrativa, la domanda risarcitoria relativamente alle monetizzazioni dei P.E.C. Omissis e Omissis, in quanto stipulati anteriormente al quinquennio prescrizionale antecedente gli atti di messa in mora (le convenzioni, come incontestato, sono state stipulate rispettivamente il 28 giugno e il 18 ottobre del 2005, mentre il primo atto di messa in mora è del 29 ottobre 2010 per la M., del 30 ottobre 2010 per la N. e del 3 novembre 2010 per il T.).

IV. Sempre in tema di prescrizione, inoltre, con specifico riguardo alla fattispecie relativa alla vendita A. srl, è opportuno rilevare che la stessa Procura, preso atto delle deduzioni difensive svolte dagli interessati in fase pre-processuale, aveva già desistito dall'azione, non riproponendola nell'atto di citazione, in quanto ampiamente prescritta. Sul punto, quindi, in mancanza di domanda, non v'è materia del contendere e può soprassedersi dall'esaminare le correlate eccezioni difensive.

V. Venendo al merito, la questione cruciale dell'intero giudizio si incentra sulla necessità o meno di applicare, ai fini della determinazione dell'importo con cui monetizzare gli standard delle aree a parcheggio, in contestazione, la tariffa stabilita con la citata deliberazione consiliare n. 45 del luglio 1992. Su questa problematica di fondo si innestano le ulteriori questioni relative alla possibilità di applicare comunque la tariffa in discorso ma senza rivalutazione annuale Istat, nonché alle modalità di computo dell'adeguamento stesso.

Al riguardo, le tesi difensive non appaiono fino in fondo convincenti.

In disparte le marginali contraddizioni che, comunque, traspaiono in diversi passaggi delle difese stesse (nella misura in cui parrebbero affermare che il PRGC all'epoca vigente non prevedesse, e quindi verosimilmente neppure consentisse, la monetizzazione degli standard per le aree su cui insistono i PEC in discussione, in quanto diverse dalle aree B1, A1 e A2 destinate a interventi di tipo commerciale, le sole per le quali sarebbe stata per l'appunto prevista la monetizzazione), resta il fatto che le convenzioni Omissis e La Omissis, qui in esame, hanno fatto espresso richiamo alla citata deliberazione n. 45 del 1992, senza alcuna riserva o distinguo, dunque nella sua interezza.

Nello specifico, al di là delle giustificazioni fornite ex post dai convenuti, non può ignorarsi che:

-        per il PEC Omissis, l'art. 5 della convenzione, dopo aver previsto che il proponente si impegnava a monetizzare le aree a standard per mq. 547 stabiliva testualmente che si richiama la delibera della Giunta Comunale n. 45 del 21.07.1992 al fine della quantificazione matematica degli stessi e che di conseguenza la monetizzazione delle aree a standard urbanistici è così quantificata (...): mq. 547 x 20,66 = 11.301,00;

-        per la variante La Omissis, l'art. 4 al par. 4 stabiliva testualmente che il valore delle aree oggetto di monetizzazione è determinato in euro 41.200,00 pari a euro 20,66 al mq (come da delibera C.C. n. 45 del 21.07.1992).

Un caso a se stante è costituito dal PEC Omissis, il cui art. 5 prevedeva che il soggetto attuatore, nei limiti quantitativi previsti dal PEC, si obbliga a monetizzare le aree di standard di cui non è prevista la cessione al Comune al prezzo stabilito dalle vigenti delibere in materia nel Comune di Omissis : su questo aspetto si tornerà tra breve.

Il rinvio puro e semplice alla delibera n. 45 del 1992 (che era comunque l'unica esistente in materia), senza precisare che il richiamo doveva intendersi ad una sola parte della delibera stessa (cioè alla fissazione originaria del valore nominale di monetizzazione) e quindi senza esclusione della previsione applicativa che sanciva la necessità di rivalutare annualmente il valore originario, corrobora l'assunto della Procura, secondo cui la disquisizione sulla applicabilità o meno della delibera n. 45 del 1992 risulta superata, di fatto, dall'avvenuta applicazione della stessa (sebbene incompleta).

Ad ogni modo, per scrupolo di motivazione, va osservato che ove si volesse ipotizzare, con le difese dei convenuti, che la delibera n. 45 del 1992 non fosse applicabile alle convenzioni in questione (perché riguardante aree ed interventi diversi da quelli previsti in convenzione), ancor meno comprensibile sarebbe il ragionamento per cui, nell'ambito asseritamente rientrante nelle proprie scelte discrezionali, l'ente locale avrebbe deciso di monetizzare gli standard in base al valore storicoindicato nella suddetta delibera, ritenuta inapplicabile (valore calcolato prendendo in considerazione i valori di mercato delle aree residenziali e produttive stabilendo, di conseguenza, un valore ritenuto congruo per dette aree () tenuto conto del costo di esecuzione delle opere che dovrebbero essere realizzate in aree già urbanizzate; v. nota 9471 del 1992, in risposta alla richiesta di chiarimenti del Co.Re.Co.) anziché in base al valore di mercato corrente tra il 2005 e il 2006 o, comunque, a quello nominale del 1992 attualizzato alla data dei singoli PEC, secondo il criterio applicativo espressamente fissato dalla stessa delibera n. 45 del 1992 (art. 2, lett. f) e ritenuto corretto dalla Procura.

In particolare, anche ove si volesse ammettere che le aree in questione fossero effettivamente monetizzabili e che il relativo corrispettivo potesse essere liberamente pattuito tra il privato proponente e l'ente locale, nella propria discrezionalità ma in misura non inferiore al costo di acquisizione di aree idonee a soddisfare il rispetto dello standard, nella specie non è dato rinvenire agli atti di causa alcun elemento oggettivo (salvo il semplice rinvio alla delibera del 1992) del procedimento logico di fissazione del corrispettivo stesso; per contro, appare del tutto irragionevole far riferimento scientemente a valori di mercato e a costi di realizzazione delle opere rilevati nel 1992 (non essendo verosimile e non essendo stato infatti documentato che nel periodo 1992-2005 vi sia stata una flessione dei suddetti valori di mercato e dei costi di realizzazione delle opere tale da compensare il tasso di inflazione).

Neppure per il PEC Omissisè stato in alcun modo esplicitato il criterio logico che ha condotto a fissare il corrispettivo della monetizzazione in euro 13, né le difese non sono state in grado di spiegare a quali delibere del Comune vigenti in materia di monetizzazione e fissazione del relativo prezzo avesse voluto far riferimento la convenzione (posto che esisteva solo la delibera n. 45 del 1992 ma che la stessa, secondo la tesi difensiva, non poteva applicarsi all'area del Omissis; il rinvio della convenzione, quindi, sarebbe un rinvio a vuoto inserito quale clausola di mero stile, sicché il costo di monetizzazione di fatto non era fissato nella convenzione, ma restava rimesso a successivi atti discrezionali).

Ne consegue che, stando agli atti, l'invocata discrezionalità amministrativa si è rivelata, nel suo concreto esercizio, in contrasto con i criteri elementari di ragionevolezza, trasparenza e imparzialità dell'azione amministrativa (come se il Comune avesse venduto un proprio terreno sulla base di una stima di valore fatta tredici anni prima). La supposta mancanza di una deliberazione applicabile alle operazioni in parola (cioè la mancanza di una tariffa comunale prestabilita) imponeva, semmai, un'istruttoria ancor più rigorosa e ben motivata, volta a determinare il congruo corrispettivo di monetizzazione sulla base di elementi oggettivi ed uniformi (quali non possono considerarsi, ragionevolmente, i valori e i costi di mercato rilevati nel 1992 e successivamente mai aggiornati).

Questa Corte, dunque, soppesati tutti gli argomenti contenuti negli atti di causa, è pervenuta al convincimento che il Responsabile del Servizio competente e l'Assessore all'Urbanistica (sul punto, v. infra), ove realmente avessero rilevato o dubitato che non esisteva nessuna delibera comunale e nessun criterio prefissato ed oggettivo di determinazione dei valori di monetizzazione, per le aree non ricomprese nella precedente delibera n. 45 del 1992, avrebbero dovuto in ogni caso farsi carico del problema, che non era certo di poco conto, promuovendo l'adozione di una nuova delibera che regolasse la materia o comunque assicurando una istruttoria adeguata per individuare il prezzo congruo di monetizzazione per i PEC in corso di approvazione, sulla base di stime aggiornate.

VI. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, ritiene la Sezione che il danno per il Comune di Omissis  sia stato correttamente commisurato alla (omessa) rivalutazione del prezzo di monetizzazione fissato nel luglio 1992 (non essendovi state contestazioni né sull'indice applicato, né sul periodo di rivalutazione preso in considerazione dalla Procura, come esplicitati in citazione). Si tratta di una stima prudenziale ed equa, basata sulla constatazione, in fatto, dell'avvenuto richiamo alla delibera n. 45 del 1992 (cioè alla sola delibera comunale esistente in materia) operato nelle convenzioni stesse; quest'ultima delibera costituisce quindi, in mancanza di altre stime svolte all'epoca dei fatti, un parametro equo ed attendibile di liquidazione del differenziale di introito negativo per il Comune.

Il danno non difetta del requisito di certezza ed attualità, in quanto i minori incassi per il Comune sono stati pattuiti in convenzioni già perfezionatesi, eseguite e giuridicamente vincolanti per le parti (salvo future eventuali azioni da parte del Comune nei confronti delle controparti private, peraltro con esito che non è possibile prevedere con certezza in questa sede).

VII. Quanto all'elemento soggettivo della gravità della colpa, esso è senz'altro ravvisabile in capo all'arch. N., nella sua qualità di Responsabile del Servizio Programmazione Territoriale Urbanistica Ambiente, la quale ha seguito i procedimenti in questione, in ogni loro fase. Si tratta, infatti, comunque si voglia ricostruire la vicenda in punto di diritto, della commissione di un errore grossolano, non scusabile, essendo stati in definitiva monetizzati degli standard urbanistici, senza alcuna spiegazione valida, sulla base di valori nominali di mercato risalenti al 1992, di cui era peraltro espressamente prevista la rivalutazione annuale. Delle due l'una: o la delibera n. 45 del 1992 era applicabile, per cui la rivalutazione non poteva essere omessa neppure da un impiegato di minima diligenza; o la delibera n. 45 del 1992 non era applicabile, per cui l'individuazione del valore di mercato per le aree da monetizzare avrebbe dovuto avvenire con motivati e trasparenti criteri oggettivi di stima, secondo ragionevolezza, non potendosi certamente far riferimento arbitrario a valori storici del 1992 (per i PEC Omissis e Omissis) o al valore di 13,00 euro per mq (per il PEC Omissis).

VIII. Le stesse considerazioni valgono per l'Assessore T. il quale, pur sostenendo (o avendo il dubbio, o dovendo avere il dubbio, per tutti i motivi da lui stesso esposti nelle proprie difese) che la delibera n. 45 del 1992 non fosse applicabile ai PEC in giudizio, non si domandò mai il perché essa fosse espressamente richiamata in pressoché tutte le bozze di convenzioni sottoposte all'approvazione del Consiglio comunale, né si pose mai il problema di quale criterio si dovesse utilizzare per monetizzare aree diverse da quelle prese in considerazione dalla delibera in parola (cioè diverse dalla A1, A2 e B1). Si noti che, per quanto l'operazione di rivalutazione degli importi fissati nel 1992 fosse relativamente semplice (di qui la gravità della colpa per averla del tutto trascurata), la problematica generale della monetizzazione delle aree destinate a standard urbanistico non poteva certo rappresentare un aspetto marginale della materia urbanistica per il Comune. La deroga agli standard urbanistici dovrebbe costituire, invero, ipotesi a carattere eccezionale e residuale, da affrontare con la dovuta cautela ed attenzione; la relativa monetizzazione, comportando al contempo un interesse non solo urbanistico, ma anche finanziario per l'ente, costituisce un aspetto assai delicato del quale un assessore all'urbanistica, almeno negli aspetti generali, non può disinteressarsi, schermandosi dietro la responsabilità esclusiva del livello tecnico-dirigenziale. Non è infatti pensabile né accettabile che in un Comune come Omissis  l'Assessore competente, pur constandogli conclamate lacune normative (con i connessi profili di incertezza) su un argomento di portata generale e di particolare interesse pubblico, qual è quello della monetizzazione, trascuri di affrontare il problema e di assumere ogni iniziativa a garanzia del buon andamento dell'ente amministrato.

Ciò vale, a maggior ragione, ove si consideri la contestuale qualità di presidente o membro della Commissione Edilizia comunale rivestita dall'Assessore medesimo.

Non giova all'assessore, nel caso di specie, lesimente politica di cui allart. 1, co. 1-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (ai sensi del quale nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione), non tanto perché, essendo qui in contestazione l'omesso adeguamento delle tariffe di monetizzazione alla svalutazione monetaria (o l'omessa predisposizione di tariffe), non v'è a monte un atto cui l'organo politico si sia adeguato, quanto perché il compito di dare compiuta disciplina alla materia non può considerarsi competenza esclusiva degli uffici tecnici o amministrativi. Infine, cade opportuno ricordare che la buona fede dell'interessato per essere esimente deve essere ovviamente incolpevole, cioè non deve derivare da un difetto d'esame delle questioni sottopostegli.

Né è persuasiva la lettura delle norme del t.u.e.l. proposta dal convenuto, ove si tenga anche a mente che:

-        ai sensi dell'art. 48 la giunta collabora nel governo dell'ente con il sindaco, il quale è responsabile della relativa amministrazione (art. 50);

-        ai sensi dell'art. art 77 gli assessori rientrano nella nozione di amministratore locale e ai sensi dell'art 78, comma 3, i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dallesercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato (a dimostrazione non solo della intrinseca delicatezza delle materia in questione, da sempre oggetto di grande attenzione da parte della collettività in quanto crocevia di rilevanti interessi economici e ambientali, privati e pubblici, ma anche del ruolo centrale che gli assessori rivestono nelle suddette materie, dalle quali non possono affatto ritenersi estranei);

-        ai sensi dell'art. 107, agli amministratori dell'ente competono i poteri di indirizzo e controllo politico amministrativo, mentre ai dirigenti compete la relativa attuazione, compresa l'adozione dei i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie (nella specie, la materia della monetizzazione degli standard, almeno per le aree diverse dalle A1, A2 e B1 e per interventi non commerciali, è rimasta priva di atti generali di indirizzo, malgrado tutte le problematiche normative e applicative ben descritte in atti dallo stesso assessore T.);

-        ai sensi dell'art. 93 la responsabilità patrimoniale dinanzi alla Corte dei conti può essere fatta valere tanto nei confronti degli amministratori, quanto del personale degli enti locali, secondo la disciplina prevista per gli impiegati civili dello Stato.

Infine, non giova ai convenuti neppure il principio dell'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, a fronte di fattispecie manifestamente irragionevoli e pregiudizievoli per l'ente amministrato (per quanto fin qui esposto).

IX. Ad avviso di questi Giudici non è invece ravvisabile, in radice, l'elemento psicologico della colpa grave in capo al Sindaco M. dalla quale, nella sua qualità di organo di vertice dell'amministrazione comunale, non poteva pretendersi una minuziosa verifica dell'operato di tutti gli uffici comunali e di tutti i propri assessori, tanto più in un settore a connotazione tecnica cui erano preposti un assessore e un Responsabile di un Servizio. Deve cioè considerarsi come errore fisologico, in linea di principio, ai fini della responsabilità amministrativo-contabile, quello commesso da un Sindaco che, in buona fede, abbia fatto affidamento sulla correttezza dell'operato degli Uffici comunali e dell'attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo svolta su di essi del proprio assessore, competente per materia: nella specie, va considerato non grave l'errore del Sindaco per aver confidato nell'applicabilità della delibera n. 45 del 1992 a tutte le monetizzazioni di standard urbanistici e nella correttezza della liquidazione dell'importo dovuto ad opera del Servizio competente, in mancanza di elementi di segno opposto segnalati dai soggetti preposti al settore o comunque venuti a conoscenza del Sindaco medesimo.

X. In conclusione, il danno in giudizio (liquidabile in complessivi euro 145.593,69 essendo prescritte le poste relative ai Pec Omissis e Omissis) va addebitato a titolo di responsabilità amministrativa ai signori T. e N..

Meritano peraltro accoglimento le domande subordinate di ampia riduzione equitativa dell'addebito, considerata l'entità del danno, la natura non dolosa della fattispecie e l'insieme di tutte le circostanze oggettive e soggettive descritte in atti le quali, se non valgono ad escludere la responsabilità, comunque possono essere prese in considerazione ai fini dell'esercizio del potere in parola. Si ritiene, perciò, di poter limitare l'addebito all'importo complessivo di euro 95.000,00 (pari a poco meno del 60%  del danno, debitamente aumentato di rivalutazione Istat).

L'addebito va ripartito tra i signori T. e N., in ragione del contributo causale riferibile a ciascuno di essi, secondo le quote rispettive del 40% e del 60%, per un totale di euro 38.000,00 (trentottomila/00) a carico del signor T. e di euro 57.000,00 (cinquantasettemila) a carico della signora N..

Sulla somma di condanna spettano gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo.

XI. Restando assorbite nelle suesposte considerazioni tutte le altre questioni e domande svolte in atti, ivi incluse quelle in via sitruttoria.

XII. Le spese del giudizio da versare allo Stato (liquidate a cura della Segreteria con separato provvedimento) fanno carico ai convenuti T. e N., in quanto soccombenti, e vanno tra di essi suddivise in parti uguali e senza vincolo di solidarietà.

XIII. Compete invece alla signora M. - prosciolta con sentenza nel merito - il ristoro delle spese defensionali ai sensi del combinato disposto dellart. 3, co. 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639) e dellart. 18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135), come interpretati dallart. 10-bis, co. 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248), a sua volta modificato dall'art. 17, comma 30-quinquies, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102).

Ciò premesso, vista lapposita notula presentata in udienza dal difensore ai sensi dellart. 75 disp. att. c.p.c., sulla quale la Procura nulla ha obiettato; visto l'art. 9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; viste le tabelle A (parte II) e B allegate al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127; tenuti in considerazione il valore della lite (ex art. 11 c.p.c.) e lattività difensiva svolta; rilevato che, rispetto alla notula depositata, non possono essere ammessi a rimborso diritti per complessivi euro 594,00 (in quanto relativi ad atti non presenti nel fascicolo quali deduzioni di udienza scritte, con relativa dattilo e collazione, e memorie difensive, con relativa dattilo e collazione, nonché precisazione delle conclusioni per il collegio ed esame delle conclusioni di controparte); rilevato altresì che non possono essere ammessi a rimborso onorari per complessivi euro 1.350,00 (in quanti relativi ad attività già computate in altre voci, quali l'assistenza a ciascuna udienza di trattazione, già compresa nella voce discussione in pubblica udienza, e la redazione delle difese, già compresa nella voce redazione comparsa di risposta, non constando ulteriori difese scritte prodotte in giudizio, secondo i criteri fatti palesi nella relazione al citato d.m. 127 del 2004); tutto ciò premesso e considerato le spese defensionali da rimborsare alla signora M. sono liquidate in euro 1.155,00 (millecentocinquantacinque/00) per diritti e in euro 2.260,00 (duemiladuecentosessanta/00) per onorari, salva la maggiorazione per spese generali, iva e cassa avvocati, come per legge.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte,

DICHIARA

il proscioglimento della signora M.G. M., per mancanza dell'elemento psicologico della colpa grave;

CONDANNA

la signora E. N. al pagamento della somma di euro 57.000,00 (cinquantasettemila/00) e il signor R. T. al pagamento della somma di euro 38.000,00 (trentottomila/00) in favore del Comune di Omissis , oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo.

LIQUIDA

le spese defensionali da rimborsarsi alla signora M.G. M. in euro 1.155,00 (millecentocinquantacinque/00) per diritti e in euro 2.260,00 (duemiladuecentosessanta/00) per onorari, salva la maggiorazione per spese generali, iva e cassa avvocati, come per legge, con onere a carico del Comune di Omissis .

Le spese del presente giudizio, da versare allo Stato, liquidate con separato provvedimento a cura della Segreteria, gravano invece sui signori T. e N., in parti uguali e senza vincolo di solidarietà.

Così deciso in Torino il 15 febbraio 2012.

Il Giudice estensore

 

(F.to Gerardo de Marco)

Il Presidente

(F.to Salvatore Sfrecola)

* * *

Depositata in Segreteria il: 16 Aprile 2012

Il Direttore della Segreteria

(F.to Antonio Cinque)