REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la regione
Piemonte
composta dai signori magistrati
Salvatore Sfrecola Presidente
Tommaso Parisi Giudice
Gerardo de Marco Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto in data 16.06.2011 al
n. 18870 del Registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale
contro i signori:
- M.G.M., difesa
dagli Avv.ti Enrico Piovano (Omissis) e Sabrina Molinar Min (Omissis) del Foro
di Torino;
- R.T., difeso
dagli Avv.ti Simona Rostagno (Omissis) e Roberta Zanino (Omissis) del Foro di
Torino;
- E.N., difesa
dagli Avv.ti Clelia Cazzola del Foro di Voghera (Omissis) e Maria Celli del
Foro di Torino (Omissis).
FATTO
1. La
Procura Regionale ha citato in giudizio dinanzi a questa Corte i signori M., T.
e N. (nella loro rispettiva qualità di Sindaco, di Assessore all'Urbanistica, di Responsabile
del Servizio di Programmazione Territoriale Urbanistica ed Ambiente del Comune
di Arquata, all'epoca dei fatti in contestazione) contestandogli l'erronea
applicazione delle tariffe stabilite per la c.d. “monetizzazione” delle aree destinate a standard urbanistici e chiedendone
quindi la condanna al risarcimento in favore dell'ente locale della somma di
euro 193.360,24, oltre spese ed accessori.
In
particolare, nella citazione si riferisce che:
- con
nota del 15.1.2009 l’Assessore all’Urbanistica
del Comune di Omissis (AL) segnalava il danno procurato alle finanze dell’Ente dalla precedente amministrazione a causa della mancata
rivalutazione annuale, in base ai coefficienti Istat, delle tariffe stabilite
per la cd. “monetizzazione”
delle aree destinate a standard urbanistici;
- il
Comune di Omissis aveva, infatti, previsto nel proprio Piano Regolatore valori
di dotazione minima di aree per standard conformi alla normativa regionale,
disciplinando minuziosamente (artt. 14 e ss. del Titolo IV delle Norme Tecniche
di Attuazione del P.R.G.C.) la possibilità per l’amministrazione di
acconsentire alla monetizzazione;
- con
deliberazione consiliare del 21.7.1992, n. 45, il Comune di Omissis aveva
determinato il valore del corrispettivo in denaro da porre a carico del privato
promotore del Piano Esecutivo Convenzionato (P.E.C.) in caso di monetizzazione
delle aree destinate a parcheggio, quantificando le tariffe in lire 400.000
fino a 15 mq e in lire 40.000 per ogni mq eccedente i 15;
- al
punto 2, lettera f) di quest'ultima deliberazione era stabilito l’obbligo di adeguamento annuale delle tariffe “sulla base della svalutazione risultante dai dati ISTAT”;
- l’amministrazione comunale, invece, non aveva mai provveduto
all’adeguamento, fino alla determinazione del
Responsabile del Servizio Urbanistica n. 04-URB del 31.3.2008;
- pertanto,
per tutti i P.E.C. precedentemente approvati erano state applicate le tariffe fissate dalla citata
deliberazione n. 45/1992 senza operare la rivalutazione;
- in
particolare, con riferimento ai P.E.C. denominati “Omissis”, “Omissis”,
“F.I.M.”, “Omissis”, variante “Omissis”,
era stata applicata la tariffa di € 20,66 (equivalenti
alle 40.000 lire fissate dalla predetta deliberazione);
- relativamente
al P.E.C. approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 30.9.2005,
denominato “Centro intermodale integrato – Omissis” (area a destinazione
produttiva), poi, era stata applicata una tariffa addirittura inferiore, pari a
€ 13,00 al mq.;
- peraltro,
le tariffe di monetizzazione di cui alla deliberazione n. 45/1992 erano
applicabili anche alle aree produttive, giusta le precisazioni fornite al
CO.RE.CO. in data 6.8.1992, che costituiscono parte integrante della deliberazione
medesima (… per la determinazione del corrispettivo
relativo alla monetizzazione delle aree a parcheggio sono stati presi in
considerazione i valori di mercato delle aree residenziali e produttive
stabilendo, di conseguenza, un valore ritenuto congruo per dette aree...);
inoltre, nello schema di convenzione del P.E.C. “Omissis” il soggetto attuatore si obbligava all’art.
5 “a monetizzare le aree di standard di cui non è prevista la cessione al Comune
al prezzo stabilito dalle vigenti delibere in materia nel Comune di Omissis”, cioè con la
citata delibera n. 45/1992;
- analoga
questione si era posta inizialmente anche per la vendita di un terreno alla
Società A.
(fattispecie per la quale, peraltro, la Procura attrice non ha poi mosso
contestazioni nell'atto di citazione, in adesione all'eccezione di prescrizione
sollevata dai presunti responsabili nelle deduzioni difensive in fase
pre-processuale);
- il
mancato adeguamento delle tariffe ha causato al Comune un danno pari a € 193.360,24 (da suddividersi, salvo migliore valutazione
della Sezione, in parti uguali tra i convenuti), oltre accessori e spese di
giustizia;
- agli
effetti degli artt. 1219 e 2943 c.c. il P.M. aveva costituito in mora i
presunti responsabili con lettere raccomandate del 27.10.2010; all'interruzione
della prescrizione aveva provveduto anche il Sindaco di Omissis con atti
ricevuti il 29.10.2010 dalla signora M., il 30.10.2010 dalla signora N. e il
3.11.2010 dal signor T.;
- ai
fini della prescrizione, il momento di decorrenza va individuato nella data di
pagamento degli oneri di “monetizzazione” e non nella data di approvazione delle bozze di convenzione
da parte del Consiglio Comunale;
- costituisce
un’omissione gravemente colposa, da parte di coloro che
avevano il dovere di eseguire la citata delibera C.C. n. 45/92, il mancato
adeguamento alla svalutazione monetaria dei valori per la monetizzazione in discorso;
infatti, nel comportamento omissivo la gravità della colpa discende dalla consapevolezza dell’omissione di un’attività doverosa e, nella specie, va
tenuto in considerazione che la citata delibera n. 45/92 non era certo di
difficile interpretazione o applicazione e che la sua esecuzione non presentava
alcuna difficoltà,
risolvendosi in un calcolo di semplicità elementare;
- il
Sindaco, signora M., ai sensi dell’art. 50 del
t.u.e.l., benché titolare
degli atti di indirizzo politico e tenuta a rispettare l’autonomia
dirigenziale, aveva comunque l’onere di un costante e
diligente controllo sul buon andamento degli uffici comunali;
- l’Assessore con delega all’Urbanistica,
signor T., il quale partecipava ratione materiae degli stessi poteri e
delle responsabilità del
Sindaco, non ha adottato gli opportuni provvedimenti per l’attuazione
delle disposizioni riguardanti il suo specifico settore;
- il
Responsabile del settore Urbanistica, signora N., che ha sottoscritto tutte le
convenzioni, in quanto organo “tecnico”,
non poteva ignorare l’obbligo dell’adeguamento
periodico; a lei, in primis, competeva il dovere di operare la
rivalutazione, ai sensi degli artt. 107 e ss. del t.u.e.l., non certo al
Consiglio comunale o alle Commissioni consiliari (non essendovi nulla da
deliberare, ma solo da applicare la rivalutazione, la quale è operazione automatica e prettamente
tecnica);
- sotto
altro profilo, non poteva configurarsi né la “tacita abrogazione” della delibera n. 45/92, né una integrazione o modifica della stessa da parte delle
convenzioni successivamente stipulate con i privati per i singoli P.E.C.;
- l'interpretazione
difensiva che afferma l'applicabilità delle tariffe di monetizzazione fissate con la delibera n.
45/92 alle sole aree residenziali a capacità insediativa esaurita e aree di insediamento storico, con
riguardo agli interventi di tipo commerciale, quindi l'inapplicabilità alle aree interessate dai P.E.C.
in contestazione, ad avviso del P.M. contrasta con il fatto incontestabile che
la delibera, nelle convenzioni stesse, era stata espressamente richiamata ed
applicata (ma senza rivalutazione);
- ai
fini del requisito della “attualità” del danno in
contestazione il Pubblico Ministero non condivide la tesi difensiva secondo cui
l’Amministrazione sarebbe ancora in grado di adeguare i
corrispettivi e di recuperare le somme dovute per rivalutazione, non essendo
ancora maturata la prescrizione; ciò perché, ad
avviso della Procura, il danno derivante dalla mancata acquisizione di entrate
deve ritenersi attuale anche nelle ipotesi in cui sia possibile o addirittura
in corso un’attività di recupero, per tacere del fatto che la prospettata
possibilità di
recupero dei maggiori oneri di monetizzazione da parte del Comune parrebbe
alquanto dubbia.
2. I convenuti
si sono costituiti in giudizio con il patrocinio dei legali indicati in
epigrafe, ulteriormente sviluppando gli argomenti e le eccezioni già contenuti nelle deduzioni
difensive fatte pervenire alla Procura Regionale a seguito dell'invito ex
art. 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19).
2.1. La difesa
della Responsabile del Servizio di Programmazione Territoriale Urbanistica e
Ambiente, arch. N., può così sintetizzarsi:
- la
delibera n. 45 del 21 luglio 1992 stabiliva i criteri di monetizzazione delle
aree a parcheggio (di cui all'art. 21, comma 3, della legge regionale 5
dicembre 1977, n. 56, e alla legge 24 marzo 1989 n. 122) “solo
ed esclusivamente nelle aree A1, A2 e B1 in quanto aree a capacità insediativa esaurita e,
all'interno di queste aree, soltanto in relazione ad interventi con
destinazione commerciale e solo dopo avere dimostrato la impossibilità al reperimento di tali aree”;
- al
momento dell'approvazione degli strumenti urbanistici esecutivi in
contestazione, il P.R.G.C. in vigore era quello approvato con D.G.R. n.
46-18136 del 7.9.1992 (che prevedeva la monetizzazione di aree standard a parcheggio
agli artt. 34 e 35, quindi limitatamente agli interventi all'interno del centro
storico, nelle aree A1 e A2, e agli interventi con destinazioni commerciali
all'interno delle aree B1 a capacità insediativa esaurita), mentre l'art. 14 del Titolo IV
delle Norme Tecniche di Attuazione del PRGC, citato dalla Procura, era in realtà l'articolo di Variante Generale
al PRGC approvata dalla Regione solo nel 2008, quindi si tratta di una norma
che non era in vigore all'epoca dei fatti in contestazione;
- l'obbligo
di rivalutazione non era quindi previsto per la monetizzazione relativa ad interventi
ricadenti in zona C (Pec “Omissis”),
in zona D1 (Pec “Omissis”,
parte del “Omissis”, “Omissis”), in zona D2 (parte del Pec
“Omissis”), in zona B3 e B4
(variante “La Omissis”);
- quanto
specificamente al Pec “Omissis”,
il valore di monetizzazione fu fissato in misura inferiore rispetto al valore
di riferimento della citata delibera n. 45 del 1992 tenendo conto, a titolo
compensativo, del rilevante interesse generale alla realizzazione del centro
intermodale e degli oneri di realizzazione di opere di interesse pubblico assunti
dalla parte privata a proprio carico, nell'ambito dell'intervento (vedasi, ad
esempio, l'adeguamento della Strada Comunale Del Bovo e del relativo svincolo
sulla provinciale);
- quanto
specificamente al Pec “La Omissis”,
l'arch. N. (assunta nel 2001) non ebbe alcun ruolo nella convenzione originaria
(approvata nel 2003), ma solo relativamente alla variante del 2006;
- il
termine del decorso della prescrizione va individuato nella data di
approvazione da parte del Consiglio Comunale delle bozze di convenzione dei
singoli Pec, con la conseguenza che alla data di ricezione degli atti di messa
in mora (30 ottobre 2010) era già decorso il quinquennio per i Pec “Omissis”, “Omissis”,
“Omissis” e “Omissis”, tutti approvati prima del 30 ottobre 2005;
- in
ogni caso, il danno erariale non si è verificato, essendo il Comune ancora entro il termine di
prescrizione decennale ai fini della riscossione del residuo importo di
monetizzazione nei confronti delle parti private, trattandosi di una mera
rettifica del calcolo del relativo importo ai sensi della delibera n. 45 del
1992 (richiamata espressamente nei Pec);
- il
comportamento omissivo del Comune nel riscuotere il dovuto dalle controparti
private ha comunque contribuito ad aggravare il danno, con conseguente
responsabilità
concorrente degli attuali amministratori;
- la
delibera n. 45 del 1992 non era mai stata applicata tanto da far legittimamente
supporre la sua desuetudine;
- nessuna
osservazione era mai stata formulata né dal Consiglio Comunale né dalla Commissione Urbanistica allorché i Pec furono esaminati;
- l'arch.
N., al suo primo impiego, aveva lavorato in quel periodo presso il Comune con
contratti a termine e part-time, con collaborazione saltuaria e limitata; solo
il 27 dicembre 2005 venne assunta a tempo indeterminato;
- non
sussiste in ogni caso l'elemento soggettivo della colpa grave;
- l'omissione
della rivalutazione Istat (da effettuare anno per anno) non sarebbe peraltro imputabile
alla convenuta, in servizio solo dal 2003, per gli undici anni precedenti;
- le
condizioni di lavoro della convenuta devono essere valutate ai fini della
sussistenza dell'elemento soggettivo o in via subordinata ai fini della
gradazione di una sua eventuale riconosciuta responsabilità.
L'arch.
N. conclude quindi per il proscioglimento nel merito o, in subordine, per la declaratoria di
prescrizione o, in via di estremo subordine, per l'esercizio del potere di
riduzione dell'addebito o per il riconoscimento del concorso causale di quanti
abbiano partecipato all'approvazione delle varie delibere quali consiglieri
comunali, membri della Commissione Edilizia o ad altro titolo ancorché non citati in giudizio.
2.2. La difesa
dell'assessore all'Urbanistica, sig. T., può così
sintetizzarsi:
- l'Assessore
all’Urbanistica è privo di legittimazione passiva nella fattispecie, non
essendo il soggetto competente per legge ad effettuare i conteggi volta per
volta necessari per il rilascio dei vari provvedimenti edilizi né, d’altra
parte, avendo alcuna competenza in merito all’approvazione
e all’attuazione dei PEC, quindi non avendo alcuna responsabilità in merito alla contestazione
svolta;
- la
delibera comunale n. 45/92, su cui poggia tutto il castello accusatorio della
Procura, non è
applicabile alle convenzioni contestate, in quanto la monetizzazione cui essa
fa riferimento riguarda le “aree residenziali a capacità insediativa esaurita” di cui all’art. 35 del PRG (aree
B1) e le “aree di insediamento storico”
di cui all’art. 34 del PRG (aree A1 e A2) per
interventi “di tipo commerciale”;
la monetizzazione è stata
cioè prevista come “premio” per i soggetti che pongano in essere interventi edilizi in
aree a capacità
insediativa esaurita;
- è quindi pacifico che la delibera
45/1992 non si occupa di disciplinare la monetizzazione delle aree a parcheggio
nelle aree produttive né nelle
aree residenziali esterne alle aree di insediamento storico o nelle aree
residenziali diverse da quelle a capacità insediativa esaurita;
- la
circostanza che l’art. 21 (aree produttive di nuovo
impianto – D1) delle NtA del PRG preveda la possibilità di monetizzare parte della quota
degli standard urbanistici è priva di
rilievo nella presente vicenda; infatti, la norma si limita a prevedere l’astratta possibilità di monetizzare gli standard anche per le aree produttive
ma non quantifica gli oneri, sicché in tali aree la monetizzazione potrà essere in concreto concessa o
previa delibera ad hoc relativa alle aree industriali o previa decisione
di volta in volta assunta da parte del Consiglio Comunale;
- l’elemento senz’altro palese è che alle aree industriali non è automaticamente applicabile la
delibera CC 45/1992 e, a maggior ragione, la rivalutazione;
- con
riguardo alle singole convenzioni, può notarsi che il P.E.C. “Omissis” è relativo
ad un intervento ricadente in “zona C - Aree residenziali di nuovo impianto”; il PEC “Omissis” è relativo ad un intervento industriale ricadente in “zona D1 – Aree produttive di nuovo
impianto”; il PEC “F.I.M.” è relativo
ad un intervento industriale ricadente in parte in “zona
D1 – Aree produttive di nuovo impianto”
ed in parte in “zona D2 – Aree
produttive da mantenere, completare e riordinare”; il
PEC “Omissis” è relativo alla realizzazione di
un centro intermodale integrato da realizzare in “zona
D1 – Aree produttive di nuovo impianto”;
il PEC “variante Omissis” è relativo ad interventi ”residenziali di completamento in zone esterne ai centri
abitati” e ricade in zona B3;
- nessuno
dei PEC in contestazione ricade quindi in “aree
residenziali a capacità
insediativa esaurita” (aree B1) né in “aree
di insediamento storico” (aree A1 e A2); inoltre gli
interventi previsti non sono di tipo commerciale bensì residenziale e produttivo;
pertanto relativamente ad essi non sussisteva alcun obbligo per l’Amministrazione di applicare gli importi rivalutati di cui
alla delibera C.C. 45/1992 e, conseguentemente, nessun danno può avere subito l’erario
comunale da tale mancata applicazione;
- il
chiarimento fornito al Coreco in data 6 agosto 1992 non potrebbe valere a
mutare né il
contenuto delle norme di piano regolatore né quello della delibera, limitandosi comunque ad esplicitare
che il valore di “monetizzazione”
individuato a metro quadro è stato
adottato operando una media tra il valore di mercato delle aree produttive e
quelle residenziali;
- non
ha rilievo la circostanza che nelle Convenzioni contestate si sia richiamata la
delibera 45/1992, in quanto con tale richiamo il Consiglio Comunale ha inteso
applicare la tariffa base, prevista per aree diverse, anche per le aree
produttive, ma non potendosi ricomprendere nel rinvio anche l'applicazione
della rivalutazione, perché nel
testo non vi erano i “margini”;
- con
specifico riferimento al Pec “Omissis”,
il rinvio alle delibere vigenti in materia ai fini della monetizzazione (art. 5
del Pec) non può essere
inteso univocamente alla delibera n. 45 del 1992 (applicabile a fattispecie
diverse);
- ad
ogni modo, l’Assessore all’Urbanistica,
viste le sue competenze all’interno della macchina
comunale, tenuto conto che ai sensi del D.Lgs. 165/2001 ai componenti della
Giunta non spetta l’adozione degli atti e provvedimenti
amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione
verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, né sono responsabili dell’attività
amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, non è responsabile del fatto che, in
sede di conteggi degli oneri, vengano applicate tariffe diverse da quanto
eventualmente deliberato dal Consiglio Comunale e recepito in convenzione;
- in
ordine all'atto di vendita di un terreno alla “A.” srl, la Procura nell’atto di
citazione non ha chiarito la propria posizione e pertanto la contestazione
continua a restare oscura e comunque infondata;
- nel
caso di specie non si è
verificato comunque in concreto alcun danno per l’erario
(difettando i requisiti della certezza, dell’attualità e della concretezza), non
essendosi ancora prescritto o consumato in capo al Comune il potere recuperatorio
della maggior somma indicata dalla Procura; infatti, qualora l’Amministrazione
si accorga di avere commesso un errore di calcolo nel quantificare le aree
destinate a parcheggio, può
legittimamente modificare unilateralmente la convenzione e riscuotere dai
privati quanto dovuto (in disparte l'applicabilità dell'art. 1430 c.c. mediante rettifica del contratto
viziato da errore di calcolo, o dell'art. 1339 c.c., mediante integrazione
automatica del contratto con la clausola di rivalutazione dell'importo di monetizzazione);
- a
fini prescrizionali, bisogna poi ricordare che il contenuto dei P.E.C. è stato compiutamente disciplinato
nelle bozze di convenzione approvate con le delibere consiliari, rispetto alle
quali l’atto notarile ha costituito una mera attuazione,
sicché il termine prescrizionale non
potrà che decorrere dalla data di
adozione delle delibere consiliari e non dalla data della susseguente stipula
dell'atto, riproduttivo della bozza già approvata in consiglio (diversamente, ove ancorato al
momento del pagamento, il termine prescrizionale potrebbe non decorrere mai);
- infine,
se l’Amministrazione, nell’approvare
i PEC, avesse errato nel non rivalutare le tariffe indicate nella delibera C.C.
45/1992, dovranno essere chiamati a rispondere del presunto danno erariale
anche i componenti del Consiglio Comunale, i componenti della Commissione
Edilizia, i componenti della Commissione Consiliare Lavori Pubblici, Assetto
del Territorio, Ecologia, il Direttore Generale (in quanto rientra tra le sue
competenze, ai sensi dell’art. 108 del t.u.e.l. e del
Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e dei Servizi
del Comune di Omissis , provvedere ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi
stabiliti dagli organi di governo dell'ente ed occuparsi della gestione), il Segretario
Comunale (che ai sensi dell’art. 97 del t.u.e.l. svolge
compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei
confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, allo statuto ed ai regolamenti e sovrintende allo svolgimento delle
funzioni dei dirigenti);
- di
ciò deve tenersi conto nella
denegata ipotesi in cui si ritenesse che il Comune di Omissis abbia subito un
danno patrimoniale in parte imputabile al sig. T., al fine di ridurre l’eventuale risarcimento dovuto dallo stesso.
L'assessore
T. conclude quindi per l’archiviazione del procedimento o, in subordine, perché la domanda risarcitoria sia
ridotta nel quantum, valutato ruolo, competenze e responsabilità del convenuto; all’uopo, chiede che il giudizio sia esteso a coloro che nel
periodo de quo hanno ricoperto la carica di consigliere comunale, membro
della Commissione edilizia, Direttore Generale affinché, valutate le singole
responsabilità, l’eventuale risarcimento venga suddiviso tra tutti i soggetti
responsabili; in via ulteriormente subordinata e in ogni caso, chiede che in
sede di esecuzione si tenga conto di quanto il Comune potrà recuperare n via di autotutela
nei confronti dei beneficiari delle convenzioni edilizie. Con onorari e spese
di giudizio.
2.3. La difesa
del Sindaco, signora M., può così sintetizzarsi:
- non
è possibile ravvisare profili di
responsabilità a titolo
di colpa grave in capo alla signora M. in qualità di Sindaco pro tempore all’epoca
dei fatti, in applicazione dell'esimente c.d. politica della buona fede;
- il
t.u.e.l. è
fortemente improntato ad una netta e distinta separazione delle due sfere
gestionale e politica, divisione peraltro già iniziata con la legge n. 142/90, secondo un'impostazione
che è stata confermata anche dal Decreto
Legislativo 30 marzo 2001, n.165 (art. 4); nello stesso senso è l’art.
107 del t.u.e.l., cui si conforma il Regolamento sull’ordinamento
degli Uffici e dei Servizi del Comune di Omissis, approvato con Deliberazione
GC n. 7 del 22.01.1999 e da ultimo integrato con deliberazione GC n. 5 del
11.02.2008, all’art. 33, laddove dispone che il Responsabile
di Servizio, tra le altre competenze enumerate nella norma citata, “adotta atti di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa
compresi quelli che impegnano l’amministrazione verso l’esterno” (lett. e);
- l’art. 70 D. Lgs. n. 165/05 (recte, 165/01) detta il
principio secondo cui “le disposizioni che conferiscono
agli organi di governo l’adozione di atti di gestione e
di atti e provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa
competenza spetta ai dirigenti”;
- tale
scelta ha notevoli riflessi sul piano della responsabilità degli organi politici in merito
ai fatti, dolosi o colposi, posti in essere dai dirigenti o da altri dipendenti
a danno dell’amministrazione, nel senso di escludere la
stessa in capo a colui che ricopre una carica politica;
- seppur
in capo agli Organi politici vi sia un dovere di controllo al fine di garantire
il buon andamento della Pubblica amministrazione, la dimostrazione che l’omissione di tale obbligo possa porre in essere una colpa
grave è
presunzione non ammessa dalla legge, ed in ogni caso la prova della sussistenza
dell’elemento soggettivo della colpa grave è elemento imprescindibile da
porre alla base del giudizio di responsabilità;
- non
pare possibile, pertanto, addebitare né dal punto di vista del profilo dell’elemento
soggettivo nemmeno della colpa (meno che mai del dolo) l’eventuale
mancata applicazione dell’adeguamento Istat alle
monetizzazioni in oggetto, in quanto il Sindaco è da qualificarsi quale organo politico e, come tale,
preposto unicamente, quale organo di governo, all’esercizio
delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, alla definizione degli
obiettivi e dei programmi da attuare, all’adozione
degli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, ed alla
verifica della rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione
agli indirizzi impartiti, mentre ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante
autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e
di controllo; i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e
dei relativi risultati (si veda art. 36 t.u.e.l.);
- né una simile responsabilità è configurabile in capo alla convenuta nella sua qualità di Presidente del Consiglio
Comunale, tenuti a mente gli artt. 5 e 6 del Regolamento comunale di Omissis ,
nella parte in cui disciplinano i compiti e i poteri dell'organo;
- in
ogni caso, è
applicabile la c.d. “scriminante politica” di cui all’art. 3 (recte, art.
1), co. 1-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, essendo evidente la buona
fede del Sindaco;
- inoltre,
il danno contestato è privo di
certezza, attualità e
concretezza; infatti, anche ritenendo vincolante il contenuto della
deliberazione n. 45/1992 comunque ad oggi non può ritenersi esaurito il potere dell’Amministrazione
di adeguare i corrispettivi previsti per la monetizzazione e richiedere ai
privati proponenti i PEC le relative corresponsioni;
- sotto
altro profilo, il danno in contestazione è ampiamente assorbito dai vantaggi comunque conseguiti
dall'ente locale; infatti, nei pec considerati i privati hanno direttamente
provveduto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ivi compresi i
parcheggi, per un valore, in un caso, anche fino a 4 volte superiore rispetto
al valore degli oneri di urbanizzazione previsto dal progetto di piano di
edilizia convenzionata (sicché, nel
concreto, l’Amministrazione comunale avrebbe operato
una compensazione dei valori inerenti le opere di urbanizzazione e gli standard
a parcheggio, laddove, anzi, la rivalutazione in base agli indici Istat avrebbe
determinato una ingiustificata locupletazione a vantaggio del Comune che, in
tal caso, sarebbe stato esposto ad un’azione di indebito
arricchimento promossa dal privato ex art. 2041 c.c.);
- del
resto, come noto, i piani esecutivi convenzionati costituiscono fattispecie
complesse a formazione progressiva il cui valore complessivo deve essere
calcolato unitariamente (cioè nel
valore economico complessivo dato dal valore delle opere realizzate e dal
corrispettivo in opere di urbanizzazione e costo di costruzione ed eventuali
monetizzazioni che il Comune deve ricevere quale “corrispettivo”); in base a tale unitaria visione è plausibile operare delle
perequazioni nell’ambito degli importi versati
direttamente (attraverso scomputi o monetizzazioni) ed indirettamente
(attraverso la realizzazione diretta, da parte del privato proponente, delle
opere richieste, nel caso di specie parcheggi);
- quanto
ai criteri cui riferirsi nel giudizio di congruità dei valori di monetizzazione, in assenza di una disciplina
legislativa regionale in materia, pare ragionevole effettuare un richiamo alla
legislazione di altre Regioni in materia; nel caso specifico ci si riferisce
alla normativa dettata dalla Regione
Lombardia (con legge n. 9 del 1999, segnatamente all'art. 6, e con legge n. 60
del 1977, all’art. 12) la quale adotta come criterio la
possibilità di poter
stabilire, attraverso una convenzione, in alternativa totale o parziale della
cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al
comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e,
comunque, non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree; questo
criterio di monetizzazione delle aree destinate a standard nelle lottizzazioni,
già codificato in svariati
ordinamenti regionali, poi, è
ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa;
- soltanto
una verifica di congruità del
costo “da monetizzare” può ragionevolmente rendere
possibile l’acquisizione della prova dell’eventuale esistenza di un danno erariale.
Il
Sindaco M. conclude quindi: in via preliminare, per la declaratoria del proprio
difetto di legittimazione passiva; in via principale e nel merito, per
l'assoluzione da qualsiasi responsabilità, stante la propria completa estraneità ai fatti di cui è causa, per insussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, per la non
imputabilità della condotta
dannosa, per applicazione dell’esimente della buona
fede e/o alternativamente della discrezionalità tecnica, e stante altresì l’assenza di danno; in via
subordinata, per la limitazione della condanna ad una responsabilità ripartita e/o sussidiaria in
applicazione del potere di riduzione dell’addebito; in
via istruttoria: per l'ammissione di prova testimoniale su capi di prova da
formulare successivamente.
3. All’udienza pubblica del 15 febbraio 2012, udito il magistrato
relatore, sono intervenuti, come da verbale, i legali di tutti i convenuti e il
Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Pia Manni.
Le parti hanno ripercorso ed illustrato oralmente il contenuto degli atti e
documenti depositati in giudizio, confermando le conclusioni in essi
rassegnate, come da discussione riportata al verbale d'udienza; l'Avv. Piovano,
in particolare, ha depositato la propria nota spese agli effetti dell'art. 75
disp. att. c.p.c.. La causa è stata
quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
I. Questa Corte
è chiamata a giudicare della
responsabilità del
Sindaco, dell'Assessore all'Urbanistica e del Responsabile del Servizio di
Programmazione Territoriale Urbanistica ed Ambiente del Comune di Omissis in relazione ad asserite erronee “monetizzazioni” di aree destinate a
standard urbanistici.
In
particolare, il Pubblico Ministero contesta che ai fini delle “monetizzazioni” relative ai P.E.C. “Omissis”, “Omissis”,
“Omissis” e “variante
La Omissis” è stato applicato il valore di euro 20,66/mq previsto dalla delibera
consiliare n. 45 del 21 luglio 1992 (al par. 3), ma senza che su questo importo
fosse mai stata computata la rivalutazione annuale Istat, pur prevista dalla
lettera f) del paragrafo 2 della delibera stessa. Quanto, invece, al P.E.C. “Omissis”, la Procura contesta
l'applicazione arbitraria dell'importo di euro 13/mq, anziché dell'importo di euro 20,66/mq
rivalutato secondo quanto previsto nella citata delibera n. 45 del 1992.
I
convenuti hanno sollevato numerose eccezioni, meglio descritte nella precedente
parte in “fatto”: difetto di
legittimazione passiva, prescrizione, scriminante c.d. “politica”, insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, insussistenza del
requisito della colpa grave, insussistenza del danno, insussistenza del requisito
di attualità del
danno stesso. Nel merito, in estrema sintesi, tutte le difese convergono
comunque nell'affermare l'inapplicabilità della deliberazione n. 45 del 1992 alle “monetizzazioni” in parola, almeno per quanto riguarda la rivalutazione
annuale del valore di riferimento in essa stabilito.
II. Va anzi
tutto respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata
dalle difese M. e T., essendo evidente che, in base alle contestazioni e alla
domanda formulate nei loro confronti dalla Procura, quindi in relazione alla
specifica materia del contendere, essi non possono qualificarsi come “estranei” alla controversia; sono
quindi legittimati a contraddire, fermo restando che, ove la domanda della
Procura si riveli infondata nei loro confronti, appunto perché riconosciuti in concreto non
responsabili della fattispecie dannosa, dovrà pronunciarsi propriamente sentenza di proscioglimento nel
merito, anziché di
estromissione dal giudizio.
III.
L'eccezione di prescrizione, invece, merita accoglimento parziale, reputando la
Sezione che il momento di decorrenza della prescrizione, cioè quello del verificarsi del fatto
dannoso, non possa essere individuato né nella data di approvazione delle bozze di P.E.C. da parte
del Consiglio Comunale (come sostenuto dai convenuti) né nella data dei pagamenti degli
oneri da parte dei privati (come propugnato dalla Procura). Piuttosto, il fatto
dannoso deve ritenersi perfezionato alla data di effettiva stipula dei singoli
P.E.C., cioè nel
momento in cui sono divenuti giuridicamente vincolanti per la parte pubblica e
per quella privata i contenuti della convenzione (e, nella specie, per quanto
qui interessa, le clausole che liquidano l'importo dovuto a titolo di
monetizzazione, asseritamente erroneo).
Sulla
base del criterio appena enunciato è quindi da considerare prescritta, in questa sede di
responsabilità
amministrativa, la domanda risarcitoria relativamente alle monetizzazioni dei
P.E.C. “Omissis” e “Omissis”, in quanto stipulati
anteriormente al quinquennio prescrizionale antecedente gli atti di messa in
mora (le convenzioni, come incontestato, sono state stipulate rispettivamente
il 28 giugno e il 18 ottobre del 2005, mentre il primo atto di messa in mora è del 29 ottobre 2010 per la M.,
del 30 ottobre 2010 per la N. e del 3 novembre 2010 per il T.).
IV. Sempre
in tema di prescrizione, inoltre, con specifico riguardo alla fattispecie
relativa alla vendita “A. srl”,
è opportuno rilevare che la stessa
Procura, preso atto delle deduzioni difensive svolte dagli interessati in fase
pre-processuale, aveva già
desistito dall'azione, non riproponendola nell'atto di citazione, in quanto
ampiamente prescritta. Sul punto, quindi, in mancanza di domanda, non v'è materia del contendere e può soprassedersi dall'esaminare le
correlate eccezioni difensive.
V. Venendo
al merito, la questione cruciale dell'intero giudizio si incentra sulla
necessità o meno
di applicare, ai fini della determinazione dell'importo con cui monetizzare gli
standard delle aree a parcheggio, in contestazione, la tariffa stabilita con la
citata deliberazione consiliare n. 45 del luglio 1992. Su questa problematica
di fondo si innestano le ulteriori questioni relative alla possibilità di applicare comunque la tariffa
in discorso ma senza rivalutazione annuale Istat, nonché alle modalità di computo dell'adeguamento
stesso.
Al
riguardo, le tesi difensive non appaiono fino in fondo convincenti.
In
disparte le marginali contraddizioni che, comunque, traspaiono in diversi
passaggi delle difese stesse (nella misura in cui parrebbero affermare che il
PRGC all'epoca vigente non prevedesse, e quindi verosimilmente neppure
consentisse, la monetizzazione degli standard per le aree su cui insistono i
PEC in discussione, in quanto diverse dalle aree B1, A1 e A2 destinate a interventi
di tipo commerciale, le sole per le quali sarebbe stata per l'appunto prevista
la monetizzazione), resta il fatto che le convenzioni “Omissis” e “La Omissis”,
qui in esame, hanno fatto espresso richiamo alla citata deliberazione n. 45 del
1992, senza alcuna riserva o distinguo, dunque nella sua interezza.
Nello
specifico, al di là delle
giustificazioni fornite ex post dai convenuti, non può ignorarsi che:
- per
il PEC “Omissis”, l'art. 5
della convenzione, dopo aver previsto che il proponente si impegnava a monetizzare
le aree a standard per mq. 547 stabiliva testualmente che “si
richiama la delibera della Giunta Comunale n. 45 del 21.07.1992 al fine della
quantificazione matematica degli stessi” e che “di conseguenza la monetizzazione delle aree a standard
urbanistici è così quantificata (...): mq. 547 x € 20,66 = € 11.301,00”;
- per
la variante “La Omissis”,
l'art. 4 al par. 4 stabiliva testualmente che “il
valore delle aree oggetto di monetizzazione è determinato in euro 41.200,00
pari a euro 20,66 al mq (come da delibera C.C. n. 45 del 21.07.1992)”.
Un caso a
se stante è
costituito dal PEC “Omissis”,
il cui art. 5 prevedeva che “il soggetto attuatore,
nei limiti quantitativi previsti dal PEC, si obbliga a monetizzare le aree di
standard di cui non è prevista
la cessione al Comune al prezzo stabilito dalle vigenti delibere in materia nel
Comune di Omissis ”: su questo aspetto
si tornerà tra breve.
Il rinvio
puro e semplice alla delibera n. 45 del 1992 (che era comunque l'unica esistente
“in materia”), senza precisare
che il richiamo doveva intendersi ad una sola parte della delibera stessa (cioè alla fissazione originaria del
valore nominale di monetizzazione) e quindi senza esclusione della previsione
applicativa che sanciva la necessità di rivalutare annualmente il valore originario, corrobora
l'assunto della Procura, secondo cui la disquisizione sulla applicabilità o meno della delibera n. 45 del
1992 risulta superata, di fatto, dall'avvenuta applicazione della stessa
(sebbene incompleta).
Ad ogni
modo, per scrupolo di motivazione, va osservato che ove si volesse ipotizzare,
con le difese dei convenuti, che la delibera n. 45 del 1992 non fosse
applicabile alle convenzioni in questione (perché riguardante aree ed interventi diversi da quelli previsti
in convenzione), ancor meno comprensibile sarebbe il ragionamento per cui,
nell'ambito asseritamente rientrante nelle proprie scelte discrezionali, l'ente
locale avrebbe deciso di monetizzare gli standard in base al valore “storico” indicato nella suddetta
delibera, ritenuta inapplicabile (valore calcolato prendendo in considerazione “i valori di mercato delle aree residenziali e produttive
stabilendo, di conseguenza, un valore ritenuto congruo per dette aree (…) tenuto conto del costo di esecuzione delle opere che
dovrebbero essere realizzate in aree già urbanizzate”; v. nota
9471 del 1992, in risposta alla richiesta di chiarimenti del Co.Re.Co.) anziché in base al valore di mercato
corrente tra il 2005 e il 2006 o, comunque, a quello nominale del 1992
attualizzato alla data dei singoli PEC, secondo il criterio applicativo
espressamente fissato dalla stessa delibera n. 45 del 1992 (art. 2, lett. f) e
ritenuto corretto dalla Procura.
In particolare,
anche ove si volesse ammettere che le aree in questione fossero effettivamente
monetizzabili e che il relativo corrispettivo potesse essere liberamente
pattuito tra il privato proponente e l'ente locale, nella propria
discrezionalità ma in
misura non inferiore al costo di acquisizione di aree idonee a soddisfare il
rispetto dello standard, nella specie non è dato rinvenire agli atti di causa alcun elemento oggettivo
(salvo il semplice rinvio alla delibera del 1992) del procedimento logico di
fissazione del corrispettivo stesso; per contro, appare del tutto irragionevole
far riferimento scientemente a valori di mercato e a costi di realizzazione
delle opere rilevati nel 1992 (non essendo verosimile e non essendo stato
infatti documentato che nel periodo 1992-2005 vi sia stata una flessione dei
suddetti valori di mercato e dei costi di realizzazione delle opere tale da
compensare il tasso di inflazione).
Neppure
per il PEC “Omissis” è stato in alcun modo esplicitato
il criterio logico che ha condotto a fissare il corrispettivo della
monetizzazione in euro 13, né le
difese non sono state in grado di spiegare a quali delibere del Comune vigenti “in materia” di monetizzazione e
fissazione del relativo prezzo avesse voluto far riferimento la convenzione (posto
che esisteva solo la delibera n. 45 del 1992 ma che la stessa, secondo la tesi
difensiva, non poteva applicarsi all'area del “Omissis”; il rinvio della convenzione, quindi, sarebbe un rinvio “ a vuoto” inserito quale clausola di
mero stile, sicché il costo
di monetizzazione di fatto non era fissato nella convenzione, ma restava rimesso
a successivi atti discrezionali).
Ne
consegue che, stando agli atti, l'invocata discrezionalità amministrativa si è rivelata, nel suo concreto esercizio,
in contrasto con i criteri elementari di ragionevolezza, trasparenza e
imparzialità
dell'azione amministrativa (come se il Comune avesse venduto un proprio terreno
sulla base di una stima di valore fatta tredici anni prima). La supposta
mancanza di una deliberazione applicabile alle operazioni in parola (cioè la mancanza di una tariffa comunale
prestabilita) imponeva, semmai, un'istruttoria ancor più rigorosa e ben motivata, volta a
determinare il congruo corrispettivo di monetizzazione sulla base di elementi
oggettivi ed uniformi (quali non possono considerarsi, ragionevolmente, i
valori e i costi di mercato rilevati nel 1992 e successivamente mai
aggiornati).
Questa
Corte, dunque, soppesati tutti gli argomenti contenuti negli atti di causa, è pervenuta al convincimento che
il Responsabile del Servizio competente e l'Assessore all'Urbanistica (sul
punto, v. infra), ove realmente avessero rilevato o dubitato che non
esisteva nessuna delibera comunale e nessun criterio prefissato ed oggettivo di
determinazione dei valori di monetizzazione, per le aree non ricomprese nella
precedente delibera n. 45 del 1992, avrebbero dovuto in ogni caso farsi carico
del problema, che non era certo di poco conto, promuovendo l'adozione di una
nuova delibera che regolasse la materia o comunque assicurando una istruttoria
adeguata per individuare il prezzo congruo di monetizzazione per i PEC in corso
di approvazione, sulla base di stime aggiornate.
VI. Alla luce
delle considerazioni sin qui svolte, ritiene la Sezione che il danno per il
Comune di Omissis sia stato
correttamente commisurato alla (omessa) rivalutazione del prezzo di “monetizzazione” fissato nel luglio
1992 (non essendovi state contestazioni né sull'indice applicato, né sul periodo di rivalutazione preso in considerazione dalla
Procura, come esplicitati in citazione). Si tratta di una stima prudenziale ed
equa, basata sulla constatazione, in fatto, dell'avvenuto richiamo alla
delibera n. 45 del 1992 (cioè alla
sola delibera comunale esistente “in materia”) operato nelle convenzioni stesse; quest'ultima delibera
costituisce quindi, in mancanza di altre stime svolte all'epoca dei fatti, un
parametro equo ed attendibile di liquidazione del differenziale di introito
negativo per il Comune.
Il danno
non difetta del requisito di certezza ed attualità, in quanto i minori incassi per il Comune sono stati pattuiti
in convenzioni già
perfezionatesi, eseguite e giuridicamente vincolanti per le parti (salvo future
eventuali azioni da parte del Comune nei confronti delle controparti private,
peraltro con esito che non è
possibile prevedere con certezza in questa sede).
VII. Quanto
all'elemento soggettivo della “gravità” della colpa, esso è senz'altro ravvisabile in capo
all'arch. N., nella sua qualità di
Responsabile del Servizio Programmazione Territoriale Urbanistica – Ambiente, la quale ha seguito i procedimenti in questione,
in ogni loro fase. Si tratta, infatti, comunque si voglia ricostruire la
vicenda in punto di diritto, della commissione di un errore grossolano, non
scusabile, essendo stati in definitiva monetizzati degli standard urbanistici,
senza alcuna spiegazione valida, sulla base di valori nominali di mercato
risalenti al 1992, di cui era peraltro espressamente prevista la rivalutazione
annuale. Delle due l'una: o la delibera n. 45 del 1992 era applicabile, per cui
la rivalutazione non poteva essere omessa neppure da un impiegato di minima
diligenza; o la delibera n. 45 del 1992 non era applicabile, per cui
l'individuazione del valore di mercato per le aree da monetizzare avrebbe dovuto
avvenire con motivati e trasparenti criteri oggettivi di stima, secondo
ragionevolezza, non potendosi certamente far riferimento arbitrario a valori
storici del 1992 (per i PEC “Omissis”
e “Omissis”) o al valore di
13,00 euro per mq (per il PEC “Omissis”).
VIII. Le
stesse considerazioni valgono per l'Assessore T. il quale, pur sostenendo (o
avendo il dubbio, o dovendo avere il dubbio, per tutti i motivi da lui stesso
esposti nelle proprie difese) che la delibera n. 45 del 1992 non fosse
applicabile ai PEC in giudizio, non si domandò mai il perché essa fosse espressamente richiamata in pressoché tutte le bozze di convenzioni
sottoposte all'approvazione del Consiglio comunale, né si pose mai il problema di quale
criterio si dovesse utilizzare per monetizzare aree diverse da quelle prese in
considerazione dalla delibera in parola (cioè diverse dalla A1, A2 e B1). Si noti che, per quanto
l'operazione di rivalutazione degli importi fissati nel 1992 fosse
relativamente semplice (di qui la gravità della colpa per averla del tutto trascurata), la
problematica generale della “monetizzazione” delle aree destinate a standard urbanistico non poteva
certo rappresentare un aspetto marginale della materia urbanistica per il
Comune. La deroga agli standard urbanistici dovrebbe costituire, invero,
ipotesi a carattere eccezionale e residuale, da affrontare con la dovuta
cautela ed attenzione; la relativa monetizzazione, comportando al contempo un
interesse non solo urbanistico, ma anche finanziario per l'ente, costituisce un
aspetto assai delicato del quale un assessore all'urbanistica, almeno negli
aspetti generali, non può
disinteressarsi, schermandosi dietro la responsabilità esclusiva del livello
tecnico-dirigenziale. Non è infatti
pensabile né
accettabile che in un Comune come Omissis
l'Assessore competente, pur constandogli conclamate lacune normative
(con i connessi profili di incertezza) su un argomento di portata generale e di
particolare interesse pubblico, qual è quello della monetizzazione, trascuri di affrontare il
problema e di assumere ogni iniziativa a garanzia del buon andamento dell'ente
amministrato.
Ciò vale, a maggior ragione, ove si
consideri la contestuale qualità di
presidente o membro della Commissione Edilizia comunale rivestita
dall'Assessore medesimo.
Non giova
all'assessore, nel caso di specie, l’esimente “politica” di cui all’art. 1, co. 1-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (ai
sensi del quale “nel caso di atti che rientrano nella
competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli
organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano
autorizzato o consentito l'esecuzione”), non tanto
perché, essendo qui in contestazione
l'omesso adeguamento delle tariffe di monetizzazione alla svalutazione
monetaria (o l'omessa predisposizione di tariffe), non v'è a monte un “atto” cui l'organo politico si sia adeguato, quanto perché il compito di dare compiuta
disciplina alla materia non può
considerarsi competenza esclusiva degli uffici tecnici o amministrativi.
Infine, cade opportuno ricordare che la buona fede dell'interessato per essere
esimente deve essere ovviamente incolpevole, cioè non deve derivare da un difetto d'esame delle questioni
sottopostegli.
Né è persuasiva la lettura delle norme del t.u.e.l. proposta
dal convenuto, ove si tenga anche a mente che:
- ai
sensi dell'art. 48 la giunta collabora nel governo dell'ente con il sindaco, il
quale è
responsabile della relativa amministrazione (art. 50);
- ai
sensi dell'art. art 77 gli assessori rientrano nella nozione di “amministratore locale” e ai sensi
dell'art 78, comma 3, i componenti la giunta comunale competenti in materia di
urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività
professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi
amministrato (a dimostrazione non solo della intrinseca delicatezza delle
materia in questione, da sempre oggetto di grande attenzione da parte della
collettività in
quanto crocevia di rilevanti interessi economici e ambientali, privati e
pubblici, ma anche del ruolo centrale che gli assessori rivestono nelle
suddette materie, dalle quali non possono affatto ritenersi estranei);
- ai
sensi dell'art. 107, agli amministratori dell'ente competono i poteri di
indirizzo e controllo politico amministrativo, mentre ai dirigenti compete la
relativa attuazione, compresa l'adozione dei “i
provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel
rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti
generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie” (nella specie, la materia della monetizzazione degli
standard, almeno per le aree diverse dalle A1, A2 e B1 e per interventi non
commerciali, è rimasta
priva di atti generali di indirizzo, malgrado tutte le problematiche normative
e applicative ben descritte in atti dallo stesso assessore T.);
- ai
sensi dell'art. 93 la responsabilità patrimoniale dinanzi alla Corte dei conti può essere fatta valere tanto nei
confronti degli amministratori, quanto del personale degli enti locali, secondo
la disciplina prevista per gli impiegati civili dello Stato.
Infine,
non giova ai convenuti neppure il principio dell'insindacabilità nel merito delle scelte
discrezionali, a fronte di fattispecie manifestamente irragionevoli e
pregiudizievoli per l'ente amministrato (per quanto fin qui esposto).
IX. Ad
avviso di questi Giudici non è invece
ravvisabile, in radice, l'elemento psicologico della colpa grave in capo al
Sindaco M. dalla quale, nella sua qualità di organo di vertice dell'amministrazione comunale, non
poteva pretendersi una minuziosa verifica dell'operato di tutti gli uffici
comunali e di tutti i propri assessori, tanto più in un settore a connotazione tecnica cui erano preposti un
assessore e un Responsabile di un Servizio. Deve cioè considerarsi come errore “fisologico”, in linea di principio,
ai fini della responsabilità
amministrativo-contabile, quello commesso da un Sindaco che, in buona fede,
abbia fatto affidamento sulla correttezza dell'operato degli Uffici comunali e
dell'attività di
indirizzo e controllo politico-amministrativo svolta su di essi del proprio
assessore, competente per materia: nella specie, va considerato non grave
l'errore del Sindaco per aver confidato nell'applicabilità della delibera n. 45 del 1992 a
tutte le “monetizzazioni” di
standard urbanistici e nella correttezza della liquidazione dell'importo dovuto
ad opera del Servizio competente, in mancanza di elementi di segno opposto
segnalati dai soggetti preposti al settore o comunque venuti a conoscenza del
Sindaco medesimo.
X. In
conclusione, il danno in giudizio (liquidabile in complessivi euro 145.593,69
essendo prescritte le poste relative ai Pec “Omissis” e “Omissis”)
va addebitato a titolo di responsabilità amministrativa ai signori T. e N..
Meritano
peraltro accoglimento le domande subordinate di ampia riduzione equitativa
dell'addebito, considerata l'entità del danno, la natura non dolosa della fattispecie e
l'insieme di tutte le circostanze oggettive e soggettive descritte in atti le
quali, se non valgono ad escludere la responsabilità, comunque possono essere prese
in considerazione ai fini dell'esercizio del potere in parola. Si ritiene,
perciò, di poter limitare l'addebito
all'importo complessivo di euro 95.000,00 (pari a poco meno del 60% del danno, debitamente aumentato di
rivalutazione Istat).
L'addebito
va ripartito tra i signori T. e N., in ragione del contributo causale
riferibile a ciascuno di essi, secondo le quote rispettive del 40% e del 60%,
per un totale di euro 38.000,00 (trentottomila/00) a carico del signor T. e di
euro 57.000,00 (cinquantasettemila) a carico della signora N..
Sulla
somma di condanna spettano gli interessi legali dalla data della sentenza al
saldo.
XI. Restando
assorbite nelle suesposte considerazioni tutte le altre questioni e domande
svolte in atti, ivi incluse quelle in via sitruttoria.
XII. Le spese
del giudizio da versare allo Stato (liquidate a cura della Segreteria con
separato provvedimento) fanno carico ai convenuti T. e N., in quanto
soccombenti, e vanno tra di essi suddivise in parti uguali e senza vincolo di
solidarietà.
XIII. Compete
invece alla signora M. - prosciolta con sentenza nel merito - il ristoro delle
spese defensionali ai sensi del combinato disposto dell’art.
3, co. 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (convertito, con modificazioni,
dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639) e dell’art. 18 del
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (convertito, con modificazioni, dalla legge
23 maggio 1997, n. 135), come interpretati dall’art.
10-bis, co. 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248), a sua volta modificato
dall'art. 17, comma 30-quinquies, del decreto-legge 1°
luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,
n. 102).
Ciò premesso, vista l’apposita “notula”
presentata in udienza dal difensore ai sensi dell’art.
75 disp. att. c.p.c., sulla quale la Procura nulla ha obiettato; visto l'art.
9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; viste le tabelle A (parte II)
e B allegate al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127;
tenuti in considerazione il valore della lite (ex art. 11 c.p.c.) e l’attività
difensiva svolta; rilevato che, rispetto alla notula depositata, non possono
essere ammessi a rimborso diritti per complessivi euro 594,00 (in quanto
relativi ad atti non presenti nel fascicolo quali deduzioni di udienza scritte,
con relativa dattilo e collazione, e memorie difensive, con relativa dattilo e
collazione, nonché
precisazione delle conclusioni per il collegio ed esame delle conclusioni di
controparte); rilevato altresì che non
possono essere ammessi a rimborso onorari per complessivi euro 1.350,00 (in
quanti relativi ad attività già computate in altre voci, quali
l'assistenza a ciascuna udienza di trattazione, già compresa nella voce “discussione in pubblica udienza”, e
la “redazione delle difese”, già compresa nella voce “redazione comparsa di risposta”, non
constando ulteriori difese scritte prodotte in giudizio, secondo i criteri
fatti palesi nella relazione al citato d.m. 127 del 2004); tutto ciò premesso e considerato le spese
defensionali da rimborsare alla signora M. sono liquidate in euro 1.155,00
(millecentocinquantacinque/00) per diritti e in euro 2.260,00
(duemiladuecentosessanta/00) per onorari, salva la maggiorazione per spese
generali, iva e cassa avvocati, come per legge.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione
Piemonte,
DICHIARA
il
proscioglimento della signora M.G. M., per mancanza dell'elemento psicologico della
colpa grave;
CONDANNA
la signora E. N. al pagamento
della somma di euro 57.000,00 (cinquantasettemila/00) e il signor R. T. al
pagamento della somma di euro 38.000,00 (trentottomila/00) in favore del Comune
di Omissis , oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo.
LIQUIDA
le spese defensionali da
rimborsarsi alla signora M.G. M. in euro 1.155,00
(millecentocinquantacinque/00) per diritti e in euro 2.260,00
(duemiladuecentosessanta/00) per onorari, salva la maggiorazione per spese
generali, iva e cassa avvocati, come per legge, con onere a carico del Comune
di Omissis .
Le spese del presente giudizio,
da versare allo Stato, liquidate con separato provvedimento a cura della
Segreteria, gravano invece sui signori T. e N., in parti uguali e senza vincolo
di solidarietà.
Così deciso in Torino il 15 febbraio 2012.
Il
Giudice estensore
(F.to Gerardo
de Marco)
Il
Presidente
(F.to Salvatore
Sfrecola)
* * *
Depositata
in Segreteria il: 16 Aprile 2012
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio Cinque)